Piano Di Controllo Del Cinghiale Nel Parco Di Montemarcello-Magra
Total Page:16
File Type:pdf, Size:1020Kb
Programma di riassetto faunistico, dell’attività venatoria e della pesca PIANO DI CONTROLLO DEL CINGHIALE NEL PARCO DI MONTEMARCELLO-MAGRA Il Presidente: Dr. Walter Baruzzo Il Direttore: Ing. Patrizio Scarpellini Il Tecnico: Dr. Stefano Macchio FEBBRAIO 2004 PIANO DI CONTROLLO DEL CINGHIALE NEL PARCO MONTEMARCELLO-MAGRA PREMESSA Le caratteristiche biologiche, la commistione artificiale avvenuta in Italia con molteplici razze alloctone e con il Maiale domestico e l’abbandono delle attività agricole nei territori collinari e montani, hanno causato l’incremento esplosivo del Cinghiale in buona parte del territorio nazionale. Quanto detto vale in particolare per la provincia della Spezia, caratterizzata da elevata copertura boschiva (in rapida espansione) e da un clima particolarmente favorevole. Il Cinghiale è in grado di provocare danni consistenti alle attività agricole residue e, per l’elevata acclività media del territorio spezzino, anche alla stabilità dei versanti e dei sentieri. L’ alto grado di boscosità del territorio provinciale e la veloce rarefazione delle aree coltivate ed a vegetazione erbacea rendono il territorio sempre più vocato al Cinghiale, riducendo nel contempo l’idoneità ambientale per le specie legate agli spazi aperti ed alle situazioni di ecotono. Su tali specie il Cinghiale esercita un impatto doppiamente negativo: a) diretto, predando individui di altre specie sia giovani sia adulti e distruggendo i nidi, b) indiretto, favorendo l’abbandono dell’attività agricola. Numerose e pressanti sono le istanze per ridurre anche all’interno del Parco di Montemarcello-Magra i disagi provocati dall’ungulato in questione. Gli enti parco sono tenuti a dotarsi di un piano faunistico nell’ambito del quale è necessario prevedere un piano di gestione per il Cinghiale. In generale un piano di gestione analizza e fornisce indicazioni operative attinenti alla conservazione e sfruttamento di una specie, nonché al contenimento dei disagi da essa creati. Il Piano di Controllo numerico riguarda in particolare gli abbattimenti o le catture, può quindi essere inteso come una componente di un più ampio Piano di Gestione. VERSIONE DEL 9.3.2004 1 Un Piano di Controllo completo deve stabilire, basandosi su dati oggettivi, faunistici ed ambientali, Quando effettuare gli interventi, Dove effettuarli, Come condurli e la Quantità da prelevare suddivisa per classi di età e sesso. Quest’ultimo aspetto, più di altri, può essere stabilito sulla base della capacità portante di un determinato comprensorio, fissando quindi una densità da perseguire per la specie, oppure sulla base della capacità agro – forestale, fissando come obiettivo una soglia per l’entità dei danni, oltre la quale si decide di intervenire. Entrambi gli approcci presuppongono serie pluriennali di dati faunistici ed ambientali rilevati con protocolli standardizzati. Lo stato di avvio delle azioni di studio e gestione della fauna nel Parco di Montemarcello–Magra implica ovviamente la mancanza delle suddette serie storiche, con la conseguente necessità di dover temporaneamente rimandare la determinazione su base scientifica del numero di capi da abbattere per classi di età e sesso. Alla luce dell’attuale stato delle conoscenze pregresse e dei dati disponibili, si prospetta un processo di riorganizzazione e impostazione ex novo delle procedure di raccolta, archiviazione ed analisi dei dati. VERSIONE DEL 9.3.2004 2 Si propone quindi di procedere con la necessaria gradualità ed in tale ottica possono essere individuate tre fasi operative: FASE A (durata 1 anno): immediatamente attuativa, questa fase è finalizzata a far fronte alle emergenze, regolamentare le modalità di controllo ed a predisporre i sistemi di raccolta ed archiviazione dei dati per le successive fasi. I sistemi di riduzione degli impatti che verranno adottati in via prioritaria saranno il foraggiamento dissuasivo (tramite offerta di cibo ed acqua e/o la dislocazione di “colture a perdere”) e l’abbattimento selettivo da punti di appostamento fissi. Al fine di stabilire un’idonea la rete di monitoraggio verranno effettuati rilevamenti faunistici ed ambientali esplorativi che, insieme ai risultati ed alle esperienze derivanti dalle azioni di foraggiamento e di controllo di cui sopra, forniranno le basi per la fase successiva. FASE B (durata 2 anni): raccolta, informatizzazione e georeferenziazione di dati faunistici, venatori ed ambientali, con i quali si procederà, tramite opportune analisi, all’aggiornamento e ad una più dettagliata definizione degli obiettivi. In questa fase si prevede di portare a regime la regolare archiviazione informatizzata dei dati relativi ai danni, agli abbattimenti durante l’attività venatoria (con i relativi indicatori dello sforzo quali numero ore, cani e cacciatori per braccata), a quelli realizzati durante le azioni di controllo ed alle morfometrie dei capi abbattuti. Verrà inoltre fissata una rete di punti e/o transetti per il monitoraggio faunistico e degli aspetti ambientali più direttamente coinvolti nella gestione, individuando i siti adatti alla collocazione di altane per l’osservazione e/o l’abbattimento selettivo dei cinghiali. Sulla base delle esperienze acquisite nella fase precedente verranno definite le zone, le colture, i periodi dell’anno e le modalità per l’applicazione di: a) sistemi di dissuasione incruenti (foraggiamento artificiale, colture a perdere, recinzioni elettrificate, eventuale estirpazione dei roveti, ecc.), b) sistemi di cattura con trappole, c) appostamenti fissi attrezzati (altane), d) controllo tramite “girata”. FASE C (permanente): una volta organizzato il flusso dei dati ed attivati gli interventi gestionali, si procederà ad una costante azione di monitoraggio di tutte le situazioni attinenti al Cinghiale (popolazione, prelievo venatorio, controllo, prevenzione, danni, ecc.), aggiornando di conseguenza le linee operative. VERSIONE DEL 9.3.2004 3 Si rimarca sin d’ora la necessità di avviare una stretta collaborazione con la Provincia della Spezia. La constatazione infatti che il territorio del parco si insinua all’interno del più vasto territorio venabile circostante, e che esso può fungere da rifugio per il Cinghiale durante l’attività venatoria, esige una marcata convergenza di intenti e di procedure tra i due enti. A ciò si deve aggiungere che la Provincia è l’Ente presso il quale pervengono le informazioni relative allo sforzo (numero di cacciatori, cani e ore di attività per singola zona e giornata) ed al successo (numero di animali abbattuti) dell’attività venatoria, nonché quelle relative al risarcimento dei danni. VERSIONE DEL 9.3.2004 4 RIFERIMENTI NORMATIVI L’art.22, comma 6, della legge n. 394/1991, come modificato dalla legge 426/1998, vieta l’attività venatoria all’interno dei parchi e delle riserve naturali regionali, consentendo prelievi faunistici ed abbattimenti selettivi soltanto quando necessari per ricomporre squilibri ecologici. Nel medesimo articolo viene stabilito inoltre che tali interventi avvengano in conformità con il regolamento del Parco o, in mancanza di questo, alle direttive regionali. Le DIRETTIVE REGIONALI AGLI ENTI DI GESTIONE DEI PARCHI NATURALI REGIONALI PER IL CONTROLLO FAUNISTICO DEL CINGHIALE dell’anno 2000 ed il successivo aggiornamento del 2002 - il cui riferimento tecnico-scientifico è rappresentato dal documento dell’Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica:“Linee guida per la gestione del Cinghiale (Sus scrofa) nelle aree protette” (1999) - hanno il dichiarato scopo di fornire un primo ed urgente rimedio ai danni arrecati dai cinghiali al patrimonio ambientale ed all’agricoltura; ed è in funzione di tale stato di emergenza che la Regione stabilisce nelle suddette Direttive e nell’aggiornamento successivo che “…nel caso del cinghiale, l’esistenza di danni alle coltivazioni e di conflitti tra l’attività agricola e la presenza della specie è sufficiente per giustificare gli interventi di controllo…”. In questa fase, quindi, viene formalmente concessa all’Ente Parco la facoltà di effettuare il controllo numerico del Cinghiale anche in assenza di dati quantitativi e analisi dettagliate. Nonostante ciò nel documento di AGGIORNAMENTO ALLE DIRETTIVE REGIONALI AGLI ENTI DI GESTIONE DEI PARCHI NATURALI REGIONALI PER IL CONTROLLO FAUNISTICO DEL CINGHIALE si raccomanda che con il Piano di Controllo venga perseguito, oltre all’obiettivo primario del contenimento, anche la costruzione di uno strumento conoscitivo ai fini dell’analisi della distribuzione e dell’evoluzione della popolazione di Cinghiale, strumento che consentirà in futuro una gestione della specie sempre più consapevole ed efficace. FASE A VERSIONE DEL 9.3.2004 5 Avvio del Piano di Controllo e riorganizzazione dei sistemi di raccolta ed informatizzazione dei dati FINALITA’ Si intende provvedere alle indicazioni operative desumibili dai dati e dalle conoscenze oggettive ad oggi disponibili, sufficienti a fornire da subito un supporto tecnico agli interventi di controllo del Cinghiale all’interno del Parco. In questa prima fase si intendono individuare tempi, luoghi e modalità di esecuzione delle operazioni di controllo, delineando nel contempo i futuri sistemi di raccolta, archiviazione ed analisi dei dati necessari ad una sempre migliore pianificazione faunistica. OBIETTIVI 1. Individuazione e mappaggio delle zone vulnerabili al Cinghiale. 2. Definizione delle modalità e delle tipologie degli interventi di controllo. 3. Prima ipotesi di contingente abbattibile a fini di controllo, ripartito per classi di età. 4. Definizione del calendario del rischio