LAVORI DI RICONFIGURAZIONE IN AMBITO LOGISTICO/INDUSTRIALE E RETROPORTUALE NELL’AREA COMPRESA NELLO STABILIMENTO WARSTILA S.P.A. SITO NEL C.C. DI BAGNOLI DELLA ROSANDRA

Documentazione tecnica per l’ottenimento della VIA

RELAZIONE GENERALE

Allegato 2 – Relazione di Impatto di Incidenza

COMUNE DI SAN DORLIGO DELLA VALLE

RELAZIONE DI VALUTAZIONE DI INCIDENZA Ai sensi del DPR 357/1997

Il tecnico: dott.agr.Paolo Parmegiani Interporto

Il committente

Interporto SpA

Trieste – gennaio 2020

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Premessa

Il presente studio di valutazione di incidenza viene redatto su incarico del committente Interporto SpA al fine dell’ottenimento delle autorizzazioni per la realizzazione di un intervento di sistemazione delle aree scoperte da adibire a zona di interscambio merci all’interno del comprensorio di recente acquisizione prossimo allo stabilimento Warsila in amministrativo di San Dorligo della Valle (TS), il tutto come meglio descritto negli elaborati progettuali a firma dell’ing.Paolo Buzzi.

Riferimenti normativi e metodologici

La procedura di Valutazione di incidenza è stata introdotta dall’articolo 6, comma 3, della Direttiva 92/43/CEE "Habitat" con lo scopo di salvaguardare l’integrità dei Siti attraverso l’esame delle interferenze di piani, progetti e interventi non direttamente connessi alla conservazione degli habitat e delle specie per cui essi sono stati individuati, ma in grado di condizionarne l’equilibrio ambientale.

A livello nazionale la valutazione d’incidenza è stata recepita con l’art.5 del DPR 357/1997, successivamente modificato dall’art. 6 del DPR 120/2003 (G.U. n. 124 del 30 maggio 2003). Tale norma prevede che le Regioni regolamentino alcuni aspetti dell’applicazione della valutazione di incidenza.

L’applicazione della procedura di Valutazione di incidenza si applica in caso di possibile incidenza non solo sui SIC (Siti di Importanza Comunitaria – ora ZSC Zona Speciale di Conservazione) previsti dalla direttiva “Habitat” 92/43/CEE, ma anche nelle zone ZPS – Zone di Protezione Speciale che fanno riferimento alla “Direttiva Uccelli” 79/409/CEE.

In la D.G.R. 11 luglio 2014, n.1323 fissa gli “Indirizzi applicativi in materia di valutazione di incidenza”.

La documentazione di supporto alla redazione della presente relazione fa riferimento ai seguenti documenti:

- Commissione Europea “Valutazione di piani e progetti aventi un’incidenza significativa su siti della rete Natura 2000 - Guida metodologica alle disposizioni dell’articolo 6, paragrafi 3 e 4 della direttiva “Habitat” 92/43/CEE (novembre 2001);

- Commissione Europea: “La gestione dei siti della rete natura 2000 - Guida all´interpretazione dell´articolo 6 della direttiva «Habitat» 92/43/CEE” (anno 2000);

- POLDINI L., ORIOLO G., VIDALI M., TOMASELLA M., STOCH F. & OREL G., 2006. Manuale degli habitat del Friuli Venezia Giulia. Strumento a supporto della valutazione d’impatto ambientale (VIA), ambientale strategica (VAS) e d’incidenza ecologica (VIEc). Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia – 2

Direz. Centrale ambiente e lavori pubblici – Servizio valutazione impatto ambientale, Univ. Studi – Dipart. Biologia (Trieste, 2006)

La documentazione normativa e metodologica è stata integrata con conoscenze personali dell’ambiente oggetto di studio in relazione alle peculiarità botaniche, faunistiche, agro-silvo- zootecniche ed antropiche del territorio.

Analisi del progetto

Il progetto in esame è localizzato in comune di San Dorligo della Valle, provincia di Trieste, in zona pianeggiante all’interno del comprensorio della Warsila (industria di fabbricazione di motori marini e terrestri) che ha venduto al proponente una vasta area già recintata e strutturata. L’intera area è già ricompresa in zona D – aree produttive del Piano Regolatore Generale Comunale del comune di San Dorligo della Valle. L’esistenza del comprensorio strutturato risale alla metà degli anni ’60 del secolo scorso con l’edificazione dell’allora “Grandi Motori Trieste” su un’area occupata da coltivazioni (seminativi, vigneti e pascoli). Il suolo è di natura flyschioide e alluvionale, in relazione al trasporto di materiali da parte del vicino torrente Rosandra che nel corso dei millenni ha creato la piana alluvionale sulla quale è inserito il sito di intervento. Nelle immediate vicinanze l’orografia del terreno si presenta collinare, con suoli di natura marnoso arenacea e corsi d’acqua a regime torrentizio; prossima risulta pure la linea di contatto fra i suoli marnoso arenacei e quelli carbonatici del Carso Triestino e del Carso di San Servolo, divisi dalla profonda solcatura della Val Rosandra.

L’area circostante è caratterizzata dai nuclei abitati di San Dorligo della Valle – Dolina, Bagnoli della Rosandra, Moccò e Sant’Antonio in Bosco, Mattonaia e Lacotisce. La rete infrastrutturale risulta marcata dalla presenza della Grande Viabilità Triestina di raccordo fra la città, il porto, le zone industriali e la direttrice autostradale verso Venezia da un lato e verso Capodistria e Lubiana dall’altro. La linea ferroviaria, di cui un tratto entra nell’area oggetto di intervento, arriva fino alla periferia della città di Trieste. In tale contesto territoriale risultano presenti inoltre aree a destinazione produttiva (zona Industriale Est ed Ovest di Trieste, Depositi Serbatoi Petrolio della SIOT - Società Italiana Oleodotto Transalpino con lo Scalo Marittimo Petroli, la Zona Artigianale di San Dorligo). Parimenti nel territorio limitrofo risultano presenti aree a destinazione agricola con abbondanza di coltivazioni a Vigneti ed Oliveti (Monte Celo, Comprensorio di Dolga Krona, terreni ricompresi nel triangolo agricolo fra i paesi di Bagnoli, Sant’Antonio e San Giuseppe), nonché aree a destinazione boschiva. Ultima, non tuttavia in ordine di importanza, l’area della Val Rosandra che costituisce elemento di pregio naturalistico (Botanico, faunistico, geologico) oggetto di tutela ambientale come Parco, Riserva e Area SIC/ZPS della Rete Natura 2000.

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A B R R A

ZI

S B

A S

B

Ripresa aerea della zona di intervento cerchiata in rosso A) aree agricole; B) aree boscate; R) Val Rosandra S) Serbatoi Petrolio della SIOT ZI) Zona Industriale di Trieste

L’area di intervento risulta totalmente esterna alle aree protette, dalle quali dista tuttavia appena 300 metri circa, in corrispondenza dell’abitato di Crogole, come evidenziato nella successiva mappa. Tale distanza, seppur limitata, rappresenta uno stato di fatto; la perimetrazione del sito protetto ai sensi delle direttive comunitarie risulta infatti essere successivo di almeno trent’anni rispetto alla realizzazione dello stabilimento produttivo della Warsila.

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Estratto dalla tavola dei vincoli allegata al PRGC di San Dorligo;

la freccia rossa rappresenta il punto di minima distanza

Le caratteristiche principali del progetto, così come meglio specificate nello Studio di Impatto Ambientale a firma dell’ing.Paolo Buzzi, possono essere di seguito così riassunte:

- realizzazione di un polo intermodale a servizio di attività produttive e di interscambio merci gomma/ferrovia su un’area già parzialmente stutturata ed attualmente sottoutilizzata e/o inutilizzata;

- pavimentazione (asfaltatura) di una superficie piana di 90.000 metri quadrati per la circolazione e la sosta di mezzi motorizzati e per lo stoccaggio ci container, in adiacenza al tronco ferroviario di interscambio; preliminarmente all’asfaltatura risulterà necessario provvedere allo scotico del manto erboso per una profondità di trenta centimetri ed al suo allontanamento, al fine di trattare opportunamente (calce e cemento) il substrato sottostante e renderlo idoneo all’asfaltatura;

- riutilizzo dei due capannoni attualmente non utilizzati per le finalità di interscambio;

- realizzazione di rete scolante e di vasche di accumulo dell’acqua dei piazzali, al fine di un trattamento delle prime acque di pioggia e di lavaggio dei piazzali potenzialmente inquinate; le vasche, assieme alle tubature di raccordo fra le stesso di grosse dimensioni, costituiranno “casse di espansione” per lo stoccaggio temporaneo dell’acqua di pioggia al fine di non determinare, in caso di eventi piovosi critici 5

(intensità e durata), un incremento abnorme delle quantità immesse nel torrente Rosandra, in relazione alla sua portata ed alla sezione idraulica del suo alveo: in tal modo risulterà possibile regolare il flusso idrico del Rosandra senza pericolo di fenomeni di piena in conseguenza all’annullata capacità di trattenuta idrica del suolo nel piazzale pavimentato;

- realizzazione di torri illuminati a servizio dell’attività programmata;

- nuova edificazione limitata alla garritta d’ingresso.

Le tempistiche di intervento (circa 240 giorni) sono dettagliatamente descritte nello Studio di Impatto Ambientale. Nel corso degli interventi la movimentazione di materiale nell’area sarà pari a circa 120.000 metri cubi, di cui 80.000 di scotico e 40.000 di asfalto bituminoso; il materiale su camion (circa 8.000 in totale pari a 90 al giorno per un periodo di tre mesi) verrà incanalato sulla Grande Viabilità Triestina confinante con la struttura della Warsila.

Gli interventi previsti risultano pienamente compatibili con gli strumenti urbanistici in vigore, nello specifico le Norme Tecniche di Attuazione del Piano Regolatore Generale Comunale del Comune di San Dorligo della Valle.

Risultano altressì acquisite le autorizzazioni Paesaggistica ex Dlgs 42/2004, il nulla osta idraulico e il permesso di costruire rilasciato dal Comune di San Dorligo della Valle.

Descrizione piani/progetti complementari e influenze sul SIC/ZPS

Il progetto di cui alla presente relazione appare l’unico di una certa consistenza in comune di San Dorligo della Valle e nelle aree limitrofe. Il territorio comunale appare infatti già abbondantemente trasformato nelle aree pianeggianti con gli stabilimenti della Warsila (di cui il presente progetto prevede una parziale trasformazione di un tessuto produttivo già esistente), della SIOT – Società Italiana Oleodotto Transalpino, della Zona Artigianale di San Dorligo e con la Grande Viabilità Triestina che attraversa il territorio comunale. Nelle aree limitrofe trovano insediamento la Zona Industriale di Trieste (area Est e area Ovest) nonché lo scalo petrolifero. L’impatto ambientale determinato da codeste attività risulta decisamente superiore a quello che potrebbe generarsi all’interno del progetto di cui alla presente analisi. Le aree limitrofe al sito di intervento ed attualmente occupate da attività agricole oppure coperte da formazioni boschive presentano una orografia del terreno con pendenze che con consento la realizzazione di attività di carattere produttivo con impatti significativi su flora e fauna oggetto di tutela.

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Si ritiene quindi che non esistano piani o progetti complementari che possano influire sul sito oggetto di tutela.

Descrizione del sito Natura 2000

Il Sito Natura 2000 interessato è la “ZPS - IT3341002 AREE CARSICHE DELLA VENEZIA GIULIA / ZSC- IT3340006 CARSO TRIESTINO E GORIZIANO” che interessa i comuni di Fogliano Redipuglia, Doberdò del Lago, Ronchi dei Legionari, Monfalcone, Duino Aurisina, , , Trieste, San Dorligo della Valle, ricompresi nelle province di Gorizia e Trieste.

Relativamente all’estensione, la superficie totale della ZPS è di ha 12.189, mentre quella del SIC è di ha 9.648.

A livello di tutela vi è relazione con altri siti quali la Riserva Naturale Regionale dei Laghi di Doberdò, Riserva Naturale Regionale delle Falesie di Duino, Riserva Naturale Regionale del Monte Lanaro, Riserva Naturale Regionale del Monte Orsario, Riserva Naturale Regionale della Val Rosandra, Parco della Val Rosandra e Area protetta di Pesek. Il SIC è totalmente ricompreso nella ZPS IT3341002 Aree carsiche della Venezia Giulia.

La Riserva Naturale della Val Rosandra è stata istituita con la Legge Regionale 42/96 del 30.09.1996, art. 52 pubblicata sul II supplemento straordinario n. 28 del 30.09.1996 al BUR n. 39 del 25.09.1996. Il Regolamento di gestione è stato approvato con DPReg. del 27 ottobre 2005, n. 0376/Pres. e pubblicato sul BUR n. 45 del 09.11.2005. E’ in corso di elaborazione il Piano di Conservazione e Sviluppo.

L’area della Val Rosandra con i suoi 772 ettari di superfice rappresenta l’appendice est del sistema SIC/ZPS del Carso nel quale è integralmente compresa.

Con deliberazione della Giunta Regionale dd. 10 febbraio 2006 n. 228, BUR FVG n. 9 dd. 1 marzo 2006 “Rete Natura 2000 - Attuazione direttiva 92/43/CEE "Habitat" e direttiva 79/409//CEE Uccelli, Individuazione sito di importanza comunitaria e zona protezione speciale: IT3340006 Carso Triestino e Goriziano” è stato ufficialmente individuato il perimetro dell’area protetta.

In attesa del Piano di Gestione elaborato a partire dal 2011 ma non ancora attivo, sono attualmente in vigore le Misure di Conservazione Sitospecifiche di 32 SIC della regione biogeografica continentale del Friuli Venezia Giulia approvate con DGR n. 1964 del 21.10.2016 e pubblicate sul I s.o. n.49 del 09.11.2016 al BUR n.45, che sostituiscono quelle adottate con DGR 546 del 28.03.13, in vigore dal 10.04.2013. Le misure saranno superate dall’entrata in vigore del piano di gestione dei siti Natura 2000 (SIC e ZPS) del Carso.

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Dall' 08.11.2013 il SIC è designato ZSC - zona speciale di conservazione.

Descrizione delle caratteristiche ambientali

Il sito della Rete Natura del Carso si sviluppa nella sua completezza su suoli calcarei caratterizzati da matrice carbonatica e terre rosse, con una idrografia superficiale assente, eccezion fatta per alcune situazioni particolari. I depositi marini a seguito di innalzamento tettonico hanno creato l’altipiano sul quale nel corso del tempo si sono avute importanti modificazioni ancor oggi visibili, quali i fenomeni di dissoluzione dei calcari originari con formazione di grotte e doline (queste ultime con depositi anche potenti di terre rosse), il tracciato del paleo-Timavo con asse longitudinale sud-est nord-ovest, la Val Rosandra. Quest’ultima rappresenta l’unico solco naturale fra la zona costiera e l’entroterra con la presenza dell’unico corso d’acqua superficiale, il Torrente Rosandra, che si origina e scorre in primo tratto su suoli marnoso arenacei. Geologicamente complessa in quanto caratterizzata da anticlinali e sinclinali, fratture e sovrascorrimenti, presenta morfologicamente pareti a picco e depositi di materiale detritico di natura calcarea, zone di contatto con matrici marnoso arenacee e limitate aree a vocazione agricola.

Descrizione degli habitat presenti

La complessa struttura pedologica del Carso, ma nello specifico dell’area della Val Rosandra prossima al sito di intervento, presenta una ricchezza di habitat, alcuni di interesse comunitario e soggetti a protezione particolare. Da un punto di vista botanico molteplici sono gli endemismi e le specie vegetali con ridotto areale di distribuzione.

I principali habitat possono essere così di seguito descritti sulla base dei codici e del Manuale degli Habitat del Friuli Venezia Giulia (ed. Regione FVG):

RU4 Rupi calcaree soleggiate montane a Potentilla caulescens: L’habitat RU4 rappresenta le vegetazioni rupestri formazioni rupestri esposte a sud, caratteristiche del piano montano (fino a 1700 m) su substrati calcareo-dolomitici. Si tratta di formazioni lacunose dove la copertura vegetale rappresenta una bassa percentuale. Fra le specie che dominano vi sono numerose camefite in conseguenza alle condizioni ecologiche estreme. Fra le specie tipiche e caratteristiche vi sono Potentilla caulescens e Spiraea decumbens, alle quali si uniscono solitamente specie come Physoplexis comosa. Le particolari condizioni stazionali fanno di questo habitat una buona probabilità di presenza di endemismi. Esso è presente nell’area della Val Rosandra dove in realtà è caratterizzato da una certa commistione di elementi collinari-montani e di elementi più termofili. Risulta comunque difficile per la Val Rosandra discriminare chiaramente l’habitat delle rupi termofile da quello delle rupi montane.

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RG4 Ghiaioni a granulometria media sciolti con Drypis jacquiniana: I ghiaioni termofili rappresentati dall’habitat RG4 sono localizzati nella nostra regione unicamente in ambiente carsico litoraneo, e nel carso montano sloveno. Si tratta di suoli pietrosi mobili scarsamente vegetati dove le specie caratteristiche sono Festuca spectabilis/carniolica e Drypis jacquiniana. Quest’ultima contribuisce in maniera determinante alla fisionomia della cenosi e dal punto di vista fitogeografico si può affermare che essa è nota in Italia unicamente per le stazioni triestine. Alla particolarità dell’habitat, estremamente localizzato e a rischio di degradazione, si associa quindi la rilevanza naturalistica delle specie che lo caratterizzano. Questo habitat è esclusivo della Val Rosandra.

BC16 Pineta d’impianto a pino nero: L’utilizzo del pino nero per vasti rimboschimenti su suoli carbonatici poco evoluti risale alla metà dell’ottocento ed è continuata in varie fasi fino ad alcuni decenni fa. Tutto il Carso presenta quindi pinete di origine artificiale a diverso grado di compattezza e con diverse tendenze evolutive. Infatti, pur essendo una specie molto frugale per quanto riguarda il suolo, Pinus nigra preferisce condizioni di umidità atmosferica elevata e soffre quindi nelle fasce più calde del Carso monfalconese. Questa specie pioniera è anche in grado di rinnovarsi autonomamente su lande e su sfattici rocciosi, come è possibile osservare lungo il tracciato autostradale. Altro aspetto interessante è il fatto che le pinete oggi sono in dinamica con l’ostrio-querceto le cui specie più importanti si diffondo sotto la copertura del pino. A ciò va aggiunto il fatto che la stessa gestione selvicolturale oggi tende ad assecondare questa dinamica. In alcuni casi quindi non è facile distinguere tra pinete con numerose latifoglie o boschi carsici con alcuni pini.

RU12 Cave abbandonate : In alcune aree carsiche (es. comune di Monrupino) sono molto diffuse le cave spesso coltivate in verticale. Sono testimonianze di un uso tipico del territorio ed alcune di esse, di dimensioni significative, sono tutt’ora aperte o sono state riattivate di recente. Le cave abbandonate da alcune decine di anni formano interessanti mosaici di habitat spesso a grana molto fine. Vi sono significative pareti calcaree anche di notevole sviluppo e con elementi di discontinuità (fratture, scalini, etc.) che sono importanti sia per la fauna che per la flora. Poi vi sono stati diversi di incespugliamento da parte tipiche dell’ostrio-querceto o dei cespuglieti pionieri. Su alcuni sfattici si instaurano praterelli aridi, mentre su alcune superfici di più antico abbandono si osservano stadi pionieri di ricostruzione della landa, caratterizzati da molta Satureja montana/variegata. E’ presente anche una ricolonizzazione di cumuli di detriti da parte di salici e pioppi. In altri casi sono inclusi cigli di cave di grandi dimensioni oggi in abbandono (Sistiana, Cava Facanoni, Cava presso Bagnoli, etc.). Si tratta in generale di importanti punti di raccolta di flora e fauna che si potrebbero considerare oggetti di particolari azioni di gestione.

BL17 Querceti su suoli colluviali e terre rosse del Carso: Sono inclusi in questo habitat i boschi dominati dalla rovere (Quercus petraea) a cui si accompagna molto spesso il cerro (Quercus cerris). 9

Sono boschi che necessitano di suoli profondi quali le terre rosse o quelli derivati dal flysch. E’ possibile osservare esemplari di querce di notevoli dimensioni con buona copertura ed uno strato erbaceo occupato quasi completamente da Sesleria autumnalis (Seslerio-Quercetum petraeae). La caratterizzazione illirica è molto forte e per questo sono inclusi nell’alleanza Ostryo- Carpinion orientalis anche se ne rappresentano l’elemento più mesofilo con presenza di elementi di Eythronio- Carpinion. Alcune ipotesi indicano che questi boschi prima dei grandi disboscamenti e di secoli di pascolamento fossero ben più diffusi sul Carso. Oggi invece sono limitati dalle precise esigenze edafiche e quindi si trovano alle spalle della città di Trieste e sugli accumuli di terre rosse, spesso localizzati in alcune doline o in alcune lunghe depressioni. Non sempre è facile separare questi boschi da forme ben evolute di ostrio-querceto carsico, anche perché si riducono alla presenza di pochi esemplari di rovere.

BL18 Ostrio-querceti del Carso: si tratta dell’habitat certamente più complesso ed articolato che si presenta in stadi e forme tra le più varie. Il tipico bosco carsico è dominato da carpino nero (Ostrya carpinifolia), orniello (Fraxinus ornus) e roverella (Quercus pubescens), ma sono nella realtà presenti diversi stadi strutturali a partire dai cespuglieti con qualche albero fino a veri boschi, peraltro limitati ai rilievi più interni (catena del monte Lanaro). Spesso è presente un mosaico assai fine di boscaglia, cespuglieti e lembi di landa o di orlo. Anche nelle forme più evolute questa boscaglia rimane chiara con un sottobosco dalle elevate coperture di Sesleria autumnalis. Sono anche presenti varianti legate a particolari substrati o esposizioni. In alcuni casi infatti domina nettamente la roverella (e il carpino nero quasi scompare), in altre, con pietrosità superficiale può diventare dominante perfino l’acero trilobo (Acer monspessulanum). La presenza di molte specie a gravitazione balcanica ne garantisce l’afferenza all’alleanza illirica Ostryo-Carpinion orientalis. L’abbandono del pascolo ha enormemente favorito questo habitat che oggi ricopre superfici molto significative e che spesso rappresenta la matrice dominante del paesaggio in cui emergono i rari lembi di pascoli o prati, i boschi di rovere e le doline. Nei casi di forme non mature può risultare difficile distinguere tra questo habitat e stadi di ricostruzioni di rovereti con sesleria.

BL20 Ostrieti delle rupi e dei ghiaioni calcarei carsici e prealpini: Nelle formazioni rupestri o di ghiaioni stabilizzati sono presenti dei cespuglieti durevoli dominati da carpino nero e pero corvino (Amelanchier ovalis). A causa della povertà del substrato le specie legnose non riescono a raggiungere elevate dimensioni. Questi boschi radi con sottobosco molto poco sviluppato costituiscono un tratto importane del paesaggio della Val Rosandra, di alcune superfici del ciglione carsico orientale e del margine della Conca di Orlek. Questo habitat è ben rappresentato sulle Prealpi giulie e carniche.

PC4 Praterie (landa) xero-termofile su substrato calcareo del Carso: si tratta della “landa carsica”, tipico pascolo dei suoli carbonatici superficiali che si sviluppa in tutta l’area carsica. Si articola in 10 un’associazione più termofila (Chrysopogono-Centaureetum), tipica del Carso monfalconese ma che si spinge anche verso oriente nei pendii più assolati, e quella tipica del Carso interno (Carici humilis- Chrysopogonetum) che si presenta anche in varianti montane. Questi pascoli sono chiaramente riferibili al gruppo delle praterie illiriche (Scorzoneretalia) e ne costituiscono il sottotipo carsico (alleanza Saturejon, suballenza Saturenjon) ove un cospicuo numero di specie illiriche fanno da differenziali rispetto a cenosi isoecie magredili. Si tratta di habitat secondari derivati da antichi disboscamenti e successivo pascolo prolungato, generalmente ovino e caprino. Erano molto diffusi fino agli anni cinquanta del secolo scorso, ma a causa dei successivi cambiamenti socio-economici, sono oggi in forte regressione per un consistente fenomeno di incespugliamento e rimboschimento naturale. Nonostante ciò esistono ancora delle aree in cui questi habitat presentano una certa diffusione, anche se spesso sono evidenti incipienti fenomeni di inorlamento o incespugliamento. Fra le aree più significative possiamo ricordare la porzione occidentale del Carso Monfalconese, l’area presso Medeazza, l’area fra Sgonico e Rupinpiccolo, la piana di Monte Grisa, l’ex poligono Militare di Rupingrande, l’ex polveriera di Borgo Grotta Gigante, l’ex Campo carri di Banne, l’area di Monte dei Pini, alcuni versanti del Monte Cocusso e il Monte Stena. Ognuna di queste aree ha peculiarità e diversi fenomeni di incespugliamento in atto e può costituire un’unità gestionale di recupero della landa.

PC3 Praterie primarie su substrato calcareo del Carso dominate da Sesleria juncifolia: l’habitat PC3 rappresenta le praterie primarie illiriche del piano collinare (200-500 m) su substrati carbonatici primitivi. Esse sono caratterizzate da Sesleria juncifolia e Genista sericea che colonizzano aree quasi rupestri e presentano una cotica spesso lacunosa. Tali formazioni si originano e si conservano grazie ad un forte e frequente vento di che ne impedisce l’incespugliamento e alla scarsità di sostanza organica che ne blocca l’evoluzione. Dal punto di vista fitosociologico sono riferibili al gruppo delle praterie illiriche carsiche (suballenza Saturenjon, alleanza Saturejon, di Scorzoneretalia). Esse sono limitate al ciglione carsico e solo in Val Rosandra occupano superfici significative anche lungo versanti rupestri. Sono rilevanti oltre che per la loro rarità anche per la presenza di specie di pregio ed al limite del loro areale.

D6 Boschetti nitrofili a Robinia pseudacacia e Sambucus nigra: le aree con suoli più profondi (prevalentemente terre rosse) sono state le più favorevoli alla trasformazione colturale. In particolare, molti fondi di dolina sono diventati nel tempo piccole colture o prati da sfalcio. Oggi l’abbandono sta favorendo lo sviluppo della robinia per altro coltivata per il legno duro e a crescita rapida. Per questo motivo alcune doline oggi presentano veri e proprio robinieti o boschi carsici mesofili ricchi in robinia. In altre aree della regione ad esempio sul flysch i robinieti raggiungono estese dimensioni e sostituiscono vasti tratti di bosco.

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L’insieme di tutti questi habitat costituisce un complesso naturalistico di grande valore per le specie presenti. In relazione alla loro estensione nel sito della rete Natura 2000 – “Carso Triestino e Goriziano” si possono evidenziare le seguenti presenze:

Habitat Superficie ha n. poligoni Sup media ha RU4 Rupi calcaree soleggiate montane a Potentilla 9,75 21 0,46 caulescens RG4 Ghiaioni a granulometria media sciolti con 9,08 36 0,25 Drypis jacquiniana BC16 Pineta d’impianto a pino nero 2.120,75 334 6,35 RU12 Cave abbandonate 23,95 40 0,60 BL17 Querceti su suoli colluviali e terre rosse del 389,16 269 1,45 Carso BL18 Ostrio-querceti del Carso 6.173,46 750 8,23 BL20 Ostrieti delle rupi e dei ghiaioni calcarei carsici 47,22 29 1,63 e prealpini PC4 Praterie (landa) xero-termofile su substrato 1.075,50 1050 1,05 calcareo del Carso: PC3 Praterie primarie su substrato calcareo del 23,13 29 0,80 Carso dominate da Sesleria juncifolia D6 Boschetti nitrofili a Robinia pseudacacia e 138,62 411 0,34 Sambucus nigra

La cartografia che segue rappresenta la distribuzione degli habitat (FVG) come in precedenza descritti. Nella seconda cartografia vengono rappresentati invece solo gli habitat che hanno interesse comunitario i sensi della direttiva 92/43/CEE, mentre la maggior parte del territorio è occupata da habitat che, seppur di valore anche ai fini faunistici, non sono di importanza comunitaria (aree in colore rosa).

Gli habitat di interesse comunitario, così come elencati, fanno riferimento agli habitat del FVG descritti in precedenza in modo dettagliato. Essi rappresentano quindi quelle porzioni di territorio che sono oggetto di particolare tutela ai fini ambientali e che vanno assolutamente protette nella loro specificità.

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Carta degli Habitat del Friuli Venezia Giulia

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Carta degli habitat Natura 2000

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Aspetti faunistici

Anche la fauna è variegata. Pur essendo un territorio prevalentemente carsico, è una delle aree più ricche di acqua nella provincia di Trieste e questo porta la presenza di un popolamento di rettili e anfibi unica a livello regionale e nazionale. Sul territorio della Riserva Naturale Regionale della Val Rosandra sono state segnalate finora oltre 130 specie di uccelli, delle quali circa 70 sono nidificanti; questi valori, specialmente in considerazione della limitata estensione dell'area, confermano l'alto valore naturalistico della zona. I mammiferi, pur non essendo specie facilmente contattabili, sono numerosi: il capriolo, il camoscio, il cervo, la lepre, lo scoiattolo, il ghiro, la volpe, il riccio, il mustiolo, la lince, l'ermellino e molte altre specie. L'alto numero di grotte e cavità presenti nella valle caratterizzano un'alta presenza di chirotteri, in particolare i Rinolofidi, scelti anche come simbolo della Riserva Naturale della Val Rosandra.

Analisi delle relazioni strutturali e funzionali del Sito Protetto

In relazione al progetto proposto, si evidenzia la presenza esterna dello stesso rispetto ai confini del SIC/ZPS. All’interno della Val Rosandra e delle aree limitrofe la presenza di ambienti ad elevata valenza naturalistiche con le proprie componenti floristiche e faunistiche è caratterizzata da un’assenza totale di viabilità veicolare eccezzion fatta per i pochi residente dell’abitato di Bottazzo e per gli eventuali mezzi di soccorso. L’integrità territoriale è garantita da misure regolamentari e dall’accesso solamente tramite sentieri segnati. La stessa attività alpinistica viene limitata sulle pareti rocciose nei periodi di nidificazione di particolari specie di uccelli.

La maggior pressione antropica si verifica nei periodi del fine settimana con la percorrenza da parte dei turisti/gitanti dei sentieri (principalmente quello di fondovalle) e con la presenza notevole di cicli sulla pista ciclabile realizzata sul sedime della vecchia ferrovia.

Analisi dell’incidenza

Un primo dato da prendere in considerazione relativamente al progetto in esame è la sua posizione esterna rispetto al perimetro dell’area protetta dal quale dista circa 300 metri nel punto più vicino. Si rileva che questa distanza interessa un’area già esterna alla Val Rosandra vera e propria. Gli habitat di maggior interesse, specie quelli comunitari, si trovano ad almeno 500 metri (cava di Bagnoli). Tale dato va tuttavia letto anche in relazione al tipo di interventi progettati che risultano di per sé molto poco impattanti.

Il dato della distanza va letto inoltre in relazione alla destinazione d’uso del territorio presente fra l’intervento e l’area protetta: tale fascia di terreno non risulta naturale o agricola, ma già

15 fortemente antropizzata in quanto sono presenti gli abitati di Bagnoli, San Dorligo della Valle e Crogole, la Zona Artigianale di Dolina, la rete stradale. La stessa area compresa fra l’esistente muro di confine della zona di intervento ed il corso del torrente Rosandra presenta attività produttive e commerciali con un impatto sul territorio. L’area di progetto e il sito Protetto sono a tutti gli effetti separati da una zona già ad elevata antropizzazione.

Relativamente allo scarico di una maggior quantità di acque piovane all’interno dell’alveo del Torrente Rosandra si evidenzia che, oltre alla regolazione del flusso consentita dalle vasche di accumulo, il punto di immissione si trova a valle dell’area protetta e quindi l’eventuale presenza di inquinanti non potrebbe in nessun caso incidere sulla componente faunistica acquatica a monte.

Il potenziale inquinamento luminoso dato dalle torri faro non interferisce con la fauna del sito, in quanto bisogna considerare due principali aspetti: a) la distanza dal sito (300 mt) e l’orientamento dei fari stessi i cui fasci luminosi sono concentrati al suolo oggetto di interscambio; b) la presenza in zona, anche molto più prossima al SIC/ZPS, di impianti luminosi stradali, delle aree abitate (San Dorligo, Bagnoli, Crogole), della zona artigianale di San Dorligo.

L’incremento di traffico di autoveicoli pesanti a progetto ultimato, compresa la linea ferroviaria, appare trascurabile in relazione alla distanza dal sito, principalmente se messo a confronto con il massiccio traffico sulla Grande Viabilità Triestina in corrispondenza del Monte Celo e del Capannone principale dello stabilimento Warsila: le variazioni di traffico generate dall’intervento risultano di gran lunga inferiori all’incremento di traffico sulla viabilità in occasione dei flussi turistici verso la nei periodi estivi. Relativamente all’incremento di traffico veicolare durante l’esecuzione dei lavori per l’allontanamento dello scotico erboso ed il trasporto del manto bituminoso, questo avverrà lungo una direttrice opposta al sito protetto, allontanandosi da questo in direzione della Grande Viabilità Triestina e non lambendo le aree più prossime alla Val Rosandra quale la strada che attraversa i paesi di Bagnoli e Sant’Antonio in Bosco.

L’emissione di sostanze inquinanti dalla combustione dei motori diesel dei camion deve essere messa in relazione alla direzione dei venti dominanti, quali lo scirocco e la bora. Relativamente allo scirocco che soffia dal mare verso l’entroterra, la possibile penetrazione all’interno della Val Rosandra è limitata da due fattori. In primis il monte San Rocco che trovandosi proprio davanti all’ingresso dell’interporto lo protegge dal vento che soffia verso la Valle. In secondo luogo dalla conformazione stessa della Val Rosandra stessa che dopo l’abitato di Bagnoli Superiore ed il primo tratto presenta un angolo a 90° e che quindi non è direttamente in contatto con i venti da sud.

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Relativamente alla bora, tale vento soffia in direzione opposta (Est Nord Est), incanalandosi nella Val Rosandra e scendendo con forza impetuosa dalla cosiddetta “Sella della Bora” sul Monte Carso. Tale vento spinge i possibili elementi inquinanti lontano dal sito protetto garantendo una buona qualità dell’aria.

Gli aspetti relativi al calore generato dal manto di copertura della superfice di 9 ettari pavimentata vengono attutiti dal colore chiaro della pavimentazione; nel complesso la portata del fenomeno appare di modesto effetto se messa in relazione alle pareti rocciose della Val Rosandra che già di per sé, di colore bianco, rifletteno il sole e determinano una produzione di calore.

Individuazione dei possibili impatti del progetto sul sito Natura 2000

Si individuano di seguito i possibili impatti che il progetto in esame può avere sul sito Natura 2000 “ZPS - IT3341002 AREE CARSICHE DELLA VENEZIA GIULIA / ZSC- IT3340006 CARSO TRIESTINO E GORIZIANO” e sulla Riserva Naturale della Val Rosandra che in esso risulta ricompresa. A livello metodologico si è fatto riferimento al documento della Commissione Europea “Valutazione di piani e progetti aventi un’incidenza significativa su siti della rete Natura 2000 - Guida metodologica alle disposizioni dell’articolo 6, paragrafi 3 e 4 della direttiva “Habitat” 92/43/CEE (novembre 2001). a) Riduzione di superficie di habitat naturale: No, il sito di intervento risulta esterno all’area protetta; b) Danneggiamento e/o degrado di habitat: No, il sito di intervento è esterno all’area protetta e i potenziali inquinanti prodotti non sono in grado di raggiungere l’area sottoposta a tutela; c) frammentazione: No, l’area risulta esterna e recintata e i possibili corridoi ecologici sono già interrotti dalla muratura perimetrale esistente da cinquant’anni. d) diminuzione o scomparsa dei processi ecologici funzionali in seguito ad alterazioni delle componenti strutturali degli habitat: non sono previste alterazioni delle reti trofiche e della disponibilità di risorse in diretta relazione con il sito protetto; la variazione della circolazione idrica superficiale interessa aree ed aste fluviali a valle del sito protetto e non a monte; e) Riduzione del numero di specie floristiche: No, le condizioni edafiche risultano esterne al sito protetto; le variazioni climatiche non sono percettibili; la presenza di eventuali specie alloctone (p.ed. Ailanthus) durante i lavori e successivamente, in ogni caso rimarranno esterne al sito protetto; in caso di presenza a lavori ultimati sarà necessario una eradicazione.

17 f) Riduzione del numero di soggetti delle specie faunistiche o loro scomparsa: non ipotizzabile in quanto il sito di intervento è esterno ed i possibili inquinanti (acque) si trovano a valle dell’area protetta; g) Perturbazione delle specie animali; in relazione all’incremento di disturbo alle popolazioni animali legato alla presenza di personale, al rumore e al transito di autoveicoli, il livello di incremento dei fattori negativi per l’ambiente appare estremamente limitato se confrontato con la pressione antropica già esistente nell’area. h) variazioni climatiche: non previste, neppure in relazione al possibile aumento di calore della superficie pavimentata;

Si ritiene che a seguito della realizzazione del progetto non possano verificarsi variazioni dello stato degli habitat e della componente faunistica del sito protetto.

Misure di mitigazione

Non si ritiene debbano essere adottate misure di mitigazione in quanto non si individuano possibili affetti negativi sul sito protetto in relazione agli interventi proposti nel progetto. Gli accorgimenti previsti in fase progettuale al fine della riduzione dell’impatto ambientale in senso più ampio del termine e non legati specificatamente al sito Natura 2000 appaiono ampiamente sufficienti per garantire una non interferenza con le aree protette.

Conclusioni

A conclusione del processo di analisi, alla luce degli obiettivi di conservazione del sito Natura 2000 e nello specifico dell’area della Riserva della Val Rosandra, si ritiene che il progetto elaborato per la realizzazione di un piazzale di interscambio nella zona Interporto adiacente allo stabilimento Warsila non determinerà una incidenza negativa e non pregiudicherà il mantenimento dell’integrità del sito stesso con riferimento agli obiettivi specifici di conservazione di habitat e specie.

Dott.agr.Paolo Parmegiani

Interporto

Trieste, 21 gennaio 2020

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