Rivista MuseoTorino | giugno 2011 RIVISTA /3

Torino nel risorgimento

ISSN 2038-4068 | Giugno 2011 www.museotorino.it La città negli anni in cui si faceva l’Italia giugno 2011 | torino nel risorgimento

MuseoTorino è un progetto della Città di Torino per il 150° anniversario dell’Unità d’Italia

Numero 3 Sindaco Piero Fassino Giugno 2011 ISSN 2038-4068 Assessorato alla Cultura Direttore Divisione Cultura Periodico di MuseoTorino Comunicazione e Promozione Città di Torino Divisione Cultura, Anna Martina Comunicazione e Promozione della Città Comitato di indirizzo Anna Martina «Rivista MuseoTorino» è lo strumento Stefano Benedetto con cui MuseoTorino comunica Franco Carcillo Francesco De Biase i propri obiettivi, progetti, attività Daniele Jalla e presenta la città e la sua storia Livio Mandrile attraverso i luoghi, le persone, Paolo Messina Enrica Pagella gli edifici, le idee, le memorie. Vincenzo Simone Francesca Soncini Direttore Direttore responsabile Daniele Jalla – Coordinamento dei Daniele Jalla Servizi museali della Città di Torino Curatore capo NUMERO A CURA DI Maria Paola Soffiantino Alessandro Federico Martini Curatori Nicola Pirulli Paola Elena Boccalatte Laura Carle Francesca Benedetta Filippi Progetto grafico e impaginazione Alessandro Federico Martini Paolo Sacchetti Alessandro Vivanti Con la collaborazione di coordinamento grafico-tecnico Stefano Boselli Nicola Pirulli Antonino Varsallona Paolo Sacchetti Stampa Silvia Canavesio Carla Caroppo Stargrafica, San Mauro T.se Anna Continisio Guido Fontana Tiratura Paola Manchinu Ivana Mezzetta 5.000 copie Anna Perretta Davide Rolfo Registrazione Luca Spanu Antonino Varsallona Tribunale di Torino n. 30/2010 Amministrazione Tiziana Avico Clara Soffietti Via S. Francesco da Paola, 3 Segreteria 10122 Torino Barbara Bosco Tel: 011 443 4440 Comunicazione Fax: 011 443 4494 Laura Danzi [email protected] Ufficio stampa Spaini & partners www.museotorino.it/rivista

Si ringraziano per la collaborazione gli autori che hanno cortesemente Con il sostegno di partecipato a questo numero con i loro Compagnia di San Paolo scritti, le persone e gli enti che hanno GTT fornito le immagini, le colleghe e i col- IREN spa Italgas leghi della Città di Torino che con i loro consigli e il loro apporto hanno aiutato a realizzare questo numero nei modi e nei tempi sperati.

2 Rivista MuseoTorino | giugno 2011 editoriale 42 Le guide turistiche alla città 03 Fiorenzo Alfieri, Assessore alla Cultura Rosanna Roccia e al 150° dell’Unità d’Italia 44 Risorgimento e alta cucina torino nel risorgimento Luciana Manzo e Fulvio Peirone

06 Dalla Restaurazione all’Unità d’Italia 47 Una capitale alla moda Umberto Levra Anna Bondi

10 Torino 1814-1864: un cinquantennio in chiaroscuro 50 Così si divertivano Gian Carlo Jocteau Piergiuseppe Menietti

14 Urbanistica e architettura: la “forma” della città 52 I giornali nella “culla della libertà” Sergio Pace Emanuele Menietti

19 Muoversi tra le strade della capitale 54 Torino dopo il Risorgimento: una città Silvia Cavicchioli che lavora e che pensa Le parole di Edmondo De Amicis 22 Le scienze a Torino a metà Ottocento e Vittorio Bersezio nel 1880

Marco Galloni dossier fotografico 26 Malattia, cura e nuove invenzioni Marco Galloni 58 Torino è tutta un monumento Elena Dellapiana 28 I luoghi della formazione e del dibattito artistico Sara Abram e Monica Tomiato documento storico

31 Il “nuovo” Museo Nazionale 63 Verso la capitale dell’industria del Risorgimento italiano I discorsi di Emanuele Luserna di Rorà

32 Torino e le armi, una storia millenaria i cantieri di museotorino Andrea Bruno jr 68 Una storia di generali e di caserme 34 Società segrete e moti di piazza Francesca Rocci 72 La città che inventò lo sport 36 Le nuove vie della religiosità nella città dell’emancipazione Francesca Rocci dall’italia e dal mondo

37 Chiese e templi. I luoghi di tutte le religioni 76 Una rete di mostre virtuali

Mauro Volpiano Museotorino 40 Tra associazionismo e mutuo soccorso Dora Marucco 78 Il Risorgimento è qui!

Luigi Vacca, Veduta di Torino da Nord, 1818-21, tem- pera su cartoncino (ASCT-Compagnia di San Paolo)

3 Pietro Costa, Monumento a Vittorio Ema- nuele II (particolare della statua), 1882-99 (Fotografia di M. Boero per MuseoTorino). Editoriale | giugno 2011

La Torino del e nel Risorgi- italiano, in una posizione che tutt’Italia, ma anche con gli realizzato durante il mandato mento è il tema di questo non aveva mai avuto in prece- immigrati che giungono dalla di Sergio Chiamparino, esce numero, interamente dedicato denza e che, una volta persa, campagna e dalla montagna; ora con un quadro mutato: a ricostruire e illustrare la città le imporrà di reinventarsi un arrivano la ferrovia e il gas un nuovo sindaco, Piero e le sue trasformazioni: dal ruolo e un’identità. illuminante, si formano una Fassino, e un nuovo assessore ritorno dei Savoia nel 1814, Ognuno dei contributi della classe imprenditoriale e una ai quali, con MuseoTorino, dopo l’occupazione francese, Rivista illumina un aspetto manodopera industriale; si faccio gli auguri, fiducioso, al momento della perdita del della città, per ridare corpo e modernizzano l’università e la per la sfida che li attende nei ruolo – da poco acquisito – volto alla Torino che i Savoia ricerca scientifica, si estende prossimi anni. di capitale del nuovo Regno trovano al ritorno dall’esilio, l’istruzione primaria, nascono d’Italia nel 1864, sino agli ini- a quella dei moti del 1821 e nuove istituzioni culturali, zi degli anni Ottanta dell’Ot- del ’30-31, a quella del 1848, sociali e assistenziali, cambia- tocento quando Torino inizia anno che infiamma l’intera no i costumi e sorgono nuove ad assumere una nuova identi- Europa e che qui coincide con forme associative. tà, quella di una grande città la promulgazione dello Statu- La città del 1861 non è più industriale, che ha segnato il to Albertino, ma anche con quella del 1814 e vent’anni suo ruolo e la sua immagine la partenza delle truppe per la dopo sarà un’altra ancora: per tutto il secolo scorso. prima guerra d’indipendenza ecco cosa si propone di comu- Ci è parso che il contributo di e l’emancipazione dei Valdesi nicare e far capire questo nu- MuseoTorino potesse essere, e degli Ebrei. Alla Torino da mero di «Rivista MuseoTori- in questo 150° anniversario cui ha inizio la seconda guerra no», che esce in concomitanza dell’Unità d’Italia, quello di d’indipendenza e dove si deci- con un’altra iniziativa del Mu- ricostruire il contesto urbano, de la cessione della Savoia e di seo: la mostra Il Risorgimento economico, sociale e cultu- Nizza appena un anno prima è qui! 150 luoghi dove si è fatta rale della città. Non solo per della proclamazione del Re- l’Italia a Torino presente nel dare uno sfondo agli eventi gno d’Italia e dove, nel 1864, sito www.museotorino.it e che hanno fatto di Torino la si rinuncerà a mantenervi la contemporaneamente come “culla” e il punto di forza e capitale, spostandola prima a applicazione per smartphone di riferimento del Risorgi- Firenze e poi a Roma. che permette di illustrare in mento, ma per seguire le sue Intanto Torino cambia e si situ luoghi, eventi, personaggi, trasformazioni in un periodo trasforma: la città si estende temi e immagini della Torino decisivo della storia nazio- oltre la cinta muraria in cui risorgimentale. Una speri- nale, e tuttavia strettamente era stata racchiusa da oltre mentazione, un nuovo modo legato a quella della città, nel due secoli, muta di struttura e di fare mostre, ma anche di momento in cui quest’ultima, di aspetto; la sua popolazione offrire una innovativa guida Fiorenzo Alfieri per quasi un cinquantennio, si aumenta a un ritmo crescen- tematica alla città. Assessore alla Cultura trova al centro dello scenario te con l’arrivo degli esuli da Questo numero, pensato e e al 150° dell’Unità d’Italia

5 Piazza Statuto fu l’ultima delle grandes places di Torino. Edificata con capitali stranieri e su progetto dell’architetto Giuseppe Bollati tra 1864 e 1865, nel 1879 divenne la quinta scenografica del monumento al Traforo del Cenisio-Frejus realizzato da Luigi Belli nel 1879 (fotogra- fia di F. Di Rovasenda per MuseoTorino). torino nel risorgimento giugno 2011 | torino nel risorgimento

Dalla restaurazione all’unità d’italia Torino nel Risorgimento, numero /3 della «Rivista MuseoTorino», si apre con una descrizione del rientro dei Savoia a Torino, una città che, dopo gli anni della dominazione napoleonica, con la Restaurazione torna capitale del Regno. Attraverso profonde trasformazioni sociali e urbanistiche, la città diviene centro propulsore di riforme e processi di innovazione politica, economica e culturale che, nell’arco di un cinquantennio, porteranno all’Unità d’Italia. Il testo pubblicato è tratto dall’Introduzione di Umberto Levra a La città nel Risorgimento 1798-1864, VI volume della Storia di Torino, da lui stesso curato e pubblicato da Einaudi nel 2000.

Un maggio radioso dopo, riferita alle manifestazioni di piaz- essersi risvegliato da quattordici anni di za degli interventisti, quando il Paese fu letargo, avendo dormito durante tutta Tornarono i Savoia. Quel 20 maggio 1814 trascinato nello sconquasso della prima l’occupazione francese. Ma la Torino che la città che attendeva plaudente Vittorio guerra mondiale. gli si presentava dinanzi ridente proprio Emanuele I brillava di una luce intensa I torinesi del 1814 erano invece festanti, non la riconosceva: non era più la solida sotto un cielo azzurro e si specchiava nel assiepati ma ordinatissimi. Il re, prima fortezza cinta dalle possenti mura e dai Po, coronata dalle montagne, con in pri- di attraversare uno dei superbi simboli colossali bastioni che aveva lasciato, era mo piano il candido ponte napoleonico dell’età imperiale, conservato perché di ora una grande esplanade ricca di verde, in pietra, sul quale sarebbe transitato il pubblica utilità e umiliato dall’essere cal- di vasti spazi da edificare, una città aper- corteo reale. L’acquerello di Giuseppe Ba- pestato dai «reali sacri calcagni», proba- ta e non più rinserrata contro possibili getti evoca alla perfezione la definizione bilmente strabuzzò gli occhi. È vero che, invasori. Era perplesso il buon re, ma la data a caldo da alcuni contemporanei, stando alla testimonianza di Brofferio cerimonia doveva continuare, anche per di «maggio radioso»: un’espressione che che riferiva un’espressione del sovrano, la felicità dei sudditi. ritornerà nella storia d’Italia 101 anni Vittorio Emanuele andava dicendo di I quali, fin dall’alba, ci dice un testimone

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Giuseppe Pietro Bagetti, lI ritorno dei “felici regnanti” a Torino il 20 maggio 1814, acquerello (Palazzo Reale di Torino). oculare, si erano assiepati dietro il tripli- Speculare ed opposto alla tragica partenza ove la Guardia nobile fu ammessa all’alto ce cordone di guardie urbane e di truppe fu il cerimoniale del felice ritorno: onore di fare il servizio interno. V’entrò austriache predisposto lungo tutto il tra- l’adorato Sovrano fra le acclamazioni del gitto. Sceso di carrozza a metà strada tra Recossi dapprima il religiosissimo So- festoso popolo non mai sazio di contem- Moncalieri e Torino e montato a cavallo, vrano“ alla Cattedrale, ove stava schierato plare que’ tratti del Regio volto da cui verso le dieci del mattino il re fu accolto uno scelto drappello di Guardia nobile; assi- spirava la più tenera commozione e la più all’ingresso del sobborgo di Po dallo sta- stette ivi al divino ufficio ed alTe Deum, che soave bontà. Trovò la M. S. accolto nelle to maggiore austriaco e piemontese, dai venne cantato dal popolo con tutta quella Regie sale il fiore dellaN obiltà piemontese, nobili e dai decurioni della città, che gli effusione d’animo che è figlia della più sin- che si era fatta la massima premura di venir porsero le chiavi di Torino. Oltrepassato cera allegrezza. deporre ai piedi del Regio Trono l’omaggio il ponte e passato sotto l’arco di trion- Portossi quindi al Santuario, ove si conser- di quella fedeltà e devozione ond’essa è ani- fo innalzato all’inizio di via Po, Vittorio va il prezioso pegno di quella tranquillità mata per l’incomparabile nostro Sovrano e Emanuele entrò in città preceduto e se- di cui, in mezzo al generale sconvolgimen- per la Reale sua Famiglia1”. guito da squadroni a cavallo, austriaci e di to d’Europa, godette imperturbabilmente guardie urbane, a cui si era aggiunto l’avventuroso Piemonte. Fermatosi alquan- Cinquant’anni dopo, con l’ironia bonaria to il pio Vittorio Emmanuele a venerare dell’uomo del Risorgimento che descrive- un innumerevole numero di persone e la SS. Sindone, si degnò appagare di bel va a fini di pedagogia nazionale - per «gli di “contadini ch’erano scesi dalle sovrastanti nuovo le fervide brame de’ fedelissimi suoi italianini in erba», come diceva lui - quei colline e venuti da circonvicini paesi per es- sudditi, tornando in mezzo a loro; all’usci- tempi di reazione contrapposti alla suc- sere spettatori di questo ingresso veramente re della Chiesa ricominciarono gli applausi cessiva luce di libertà e unità, Massimo trionfale. Tutte le vie che il Sovrano ha per- e gli evviva, con cui fu accompagnato per d’Azeglio racconterà, avendola vissuta a corse echeggiavano talmente di applausi e di tutte le vie per le quali passò per recarsi alla sedici anni, la stessa scena, facendo ricor- mille e mille reiterati «Viva Vittorio Ema- Cittadella, quindi fuori di porta Susina, ove so alle pennellate rapide e brillanti della nuele», «Viva il nostro Sovrano, il nostro passò la rivista delle truppe, che ivi stavano propria tavolozza: buon Padre», che più non si distinguevano in ordine di battaglia e che lo salutarono né il rimbombo de’ concavi metalli, né il con un triplice sparo di moschetteria, a cui Ma finalmente venne pure quel gior- suono generale delle campane, né i tamburi rispose il cannone della fortezza. no“ benedetto della gran nuova, che Na- delle truppe schierate”. Ritornò finalmente S. M. al Reale Palazzo, poleone non era più il nostro padrone, e 9 giugno 2011 | torino nel risorgimento

che eravamo o stavamo per tornar liberi questo buon principe in modo da toglier- in­cessante spazzolare da sinistra a diritta ed indipendenti! gli ogni dubbio sull’affetto e le simpatie di quella sua coda, tanto curiosa ormai pei Chi non ha veduto Torino in quel giorno de’ suoi fedelissimi Torinesi. giovani della mia età2”. non sa cosa sia l’allegrezza d’un popolo La sera, s’intende, grand’illuminazione; e portato al delirio. davvero fu spontanea quanto magnifica.­ Non lo dico senza rammarico, perché La Corte v’andò, cioè il Re, la regina, le 1 Il nuovo perché, corredata di varj oggetti utili nessuno sente più di me profonda la gra- figlie, se non erro, senza seguito af­fatto, e dilettevoli a chi vive in società, e non isdegna titudine che dobbiamo alla casa di Napo- proprio in famiglia. Non so se i cavalli e di sapere le cose del mondo, oltre a varie altre leone! nessuno più di me conosce il valore le carrozze del principe Borghese fos­sero interessanti notizie concernenti l’arrivo dall’Ame- d’ogni stilla di quel generoso sangue fran- sparite; più probabilmente, se pure c’era- rica del celebre Generale Moreau al campo de’ cese che venne bevuto dalla terra italiana no, non volle la famiglia reale usarle. So confederati in faccia a Dresda, i fasti importanti e ne operò la redenzione; ma bisogna la- bene che S. M. non avea neppure un le- che precedettero la di lui morte e che lo faranno sciarlo dire perché cosi è la verità: vedere gno e un paio di cavalli; onde mio padre brillare nel Tempio dell’immortalità; indi la fie- andarsene i Francesi fu allora un’immen- gli offrí in dono un carrozzone di gala che ra persecuzione di Bonaparte contro il Venerando sa, un’ineffabile felicità. [...] aveva servito pel suo matrimonio, tutto Capo della Chiesa e i suoi ministri; e infine la Il 20 di maggio finalmente arrivò questo dorato e a cristalli, cogli amorini idropici di lui caduta e concentrazione all’Isola d’Elba, Re tanto annunziato e benedetto. Io mi sugli sportelli. presso Giuseppe Baratta Libraio, Torino trovavo in rango in piazza Castello, ed ho In questo cocchio il buon Re con quel- s.d. [1815], pp. 78-81 (ASCT, Collezione presente benissimo il gruppo del Re col la sua faccia – via, diciamolo – un po’ di Simeom, f. 523). suo stato maggiore. Vestiti all’uso anti- babbeo ma altrettanto di galantuomo – e 2 M. D’Azeglio, I miei ricordi, a cura di A.M. co colla cipria, il codino e certi cappelli si vide nel ’21 – girò fino al tocco dopo Ghisalberti, Einaudi, Torino 1971, pp. 88, 3. alla Federico II, tutt’insieme erano figure mezzanotte passo passo le vie di Torino, abbastanza buffe; che però a me, come a fra gli evviva della folla, distribuendo I nove volumi dell'opera completa Storia di Torino, tutti, parvero bellissime ed in piena rego- sor­risi e saluti a dritta e a sinistra; il che pubblicata da Einaudi, sono sfogliabili e scaricabili la; ed i soliti cris mille fois répétés accolse­ro portava, per meccanica conseguenza, un liberamente nella Biblioteca di www.museotorino.it

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Giacomo Spalla, Il ritorno di Vittorio Emanuele I (20 maggio 1814), 1823-31 (Museo Nazionale del Risorgimento di Torino ; fotografia di M. D’Ottavio).

Cronologia

1814 Rientro dei Savoia a Torino. Si avvia la Restaurazione 1847 Fondato il quotidiano «Il Risorgimento» 1821 Insurrezione a Torino, Vittorio Emanuele I abdica in favore 1848 Il 4 marzo il re Carlo Alberto concede lo Statuto. Il Senato inizia a di Carlo Felice riunirsi a Palazzo Madama 1828 La popolazione di Torino supera quota 100.000 abitanti 1849 Carlo Alberto, dopo aver abdicato in favore di Vittorio Emanuele II, muore a Oporto 1830 Inaugurazione della nuova piazza Vittorio 1850 Approvazione della Legge Siccardi, che abolisce alcuni privilegi ecclesiastici 1831 Carlo Alberto è il nuovo re di Sardegna 1852 Viene decisa lo smantellamento della Cittadella. Primo governo di Cavour 1833 Dura repressione dei cospiratori guidati da Mazzini 1853 Entra in funzione la linea ferroviaria per Genova 1835 Un’epidemia di colera decima la popolazione 1855 Soppressione degli ordini religiosi 1837 Promulgato il nuovo Codice civile 1859 Promulgata la legge sulla pubblica istruzione (legge Casati) 1840 Entra in vigore il nuovo Codice penale 1860 Un plebiscito approva l’annessione del Regno delle Due Sicilie al Regno di Sardegna 1841 Cavour è tra i fondatori della Società del Whist 1861 Il 14 marzo il Parlamento elegge Vittorio Emanuele II primo Re d’Italia 1844 Abolite le corporazioni di arti e mestieri 1864 Convenzione con la Francia per il trasferimento della capitale da Torino a Firenze

11 giugno 2011 | torino nel risorgimento torino 1814-1864: un cinquantennio in chiaroscuro

Movimenti migratori, trasformazioni produttive e urbanistiche, rapporti tra le classi: il percorso di una città che si prepara a diventare capitale

di Gian Carlo Jocteau

l termine del mezzo secolo che va di vani gravemente insufficiente, quartieri dalla Restaurazione ai primi anni fatiscenti e un’edilizia finalizzata soprat- ASessanta dell’Ottocento, Torino ave- tutto alla rendita, che solo nella seconda va conosciuto importanti trasformazioni, metà del secolo conobbe un’espansione ma presentava ancora elementi di gracilità significativa, quando, dopo le periodiche strutturale che contribuivano a prospetta- gravi epidemie di vaiolo e di colera dei de- re un futuro piuttosto incerto. cenni precedenti, iniziò anche a essere av- Tornata capitale, alla metà degli anni viata una moderna rete idrica e fognaria. Venti la città riprese il movimento di Tornata con la Restaurazione al centro de- crescita demografica – studiata a fondo gli scambi regionali, con crescenti funzio- da Giovanni Gozzini – prima interrot- ni amministrative, burocratiche e di servi- to dalle guerre e dall’emigrazione. Rag- zi, la città continuò ad attrarre poveri e giunta e oltrepassata allora la soglia dei immigrati che, in arrivo dalle campagne centomila abitanti, dopo un periodo di circostanti, costituirono il fattore princi- stasi negli anni Trenta, Torino proseguì pale di incremento della popolazione. Si poi l’incremento, accentuandolo tra il trattava in maggioranza di uomini giova- 1838 e il 1848 e soprattutto nel perio- ni e, in presenza di tassi di natalità non do a cavallo dell’unificazione, quando fu elevati, Torino conservò la fisionomia di superata quota 200.000. Si trattò di una una città con quote di cittadini maschi e crescita urbana cospicua, ma proporzio- anziani particolarmente accentuate. Ma il nalmente inferiore a quella dei maggiori sistema produttivo e la rete commerciale centri europei, nell’insieme assai legata non erano stabilmente avviati verso uno alle vicende politiche e al ruolo di capi- sviluppo solido e duraturo. Il nucleo più tale. Dopo il 1848 Torino visse una fase consistente continuava a essere legato unica e irripetibile della sua storia, con all’industria della seta, con alterne fortu- cospicue ricadute politiche, culturali, ne e con prospettive di declino sul lungo sociali e, non da ultimo, demografiche. periodo (dopo una fase di ripresa, il com- La città, definita allora come “la Mecca parto tornò in crisi dopo il 1848, e soprat- consentono conclusioni sicure, soprattut- d’Italia”, accolse, tra le perplessità degli tutto dopo le tariffe liberiste del periodo to tra i lavoratori, ove una classe operaia ambienti più conservatori, molte miglia- cavouriano). non era facilmente definibile e identifica- ia di profughi politici, che andarono a bile. Tra i “lavoranti”, che passarono tra risiedere anche in diverse altre parti dello Una società ancora divisa in classi la fine degli anni Trenta e il 1858 da un Stato sabaudo. Ne facevano parte uomini decimo a più di un quarto della popola- di cultura, letterati, giornalisti, docenti Chi veniva in città in cerca di mezzi di zione, aumentarono, pur calando net- universitari e personaggi che occuparono sussistenza si trovava dinanzi a un pano- tamente in termini percentuali, i tessili cariche politiche, parlamentari e burocra- rama variegato di mestieri o di attività e gli addetti alla lavorazione della seta, e tiche, ma anche operai e artigiani. Dal artigianali che fornivano una domanda continuavano a essere ampiamente pre- 1864, invece, per qualche anno si inver- discontinua e occupazioni precarie, e an- senti i mestieri collegati all’abbigliamen- tì la tendenza, e il nuovo aumento che si dava spesso a infoltire schiere di garzoni, to, in maggioranza femminili e a domici- verificherà negli anni Settanta e Ottanta di lavoratori domestici o di sottooccupati, lio. Assai numerosi, con quote intorno al sarà piuttosto connesso a nuovi fermenti quando non rientrava nella vasta categoria 10%, erano poi i lavoratori domestici (in emersi nell’economia e nella società. dei poveri. maggioranza donne). Elevata era anche La situazione abitativa fu a lungo parti- Il frammentato assetto produttivo e i cri- la consistenza dei bottegai (con notevole colarmente drammatica, con un numero teri adottati nei rilevamenti statistici non varietà di condizioni e frequente precarie-

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Jean-Louis Tirpenne e Adolphe Bayot su disegno di Nicolas-Marie Chapuy, . Place Victor-Emmanuel, in L’Italie mo- numentale et pittoresque, lithographiée d’apres les dessins de Chapuy, Parigi 1845 (ASCT, Collezione Simeom, D 325).

tà di prospettive) e di varie tipologie di con l’apparato statale, sia con funzioni terra continuava a essere considerata l’in- artigiani (con una presenza consistente di mediatrici degli interessi proprietari, e an- vestimento più sicuro e un segno di status addetti alla lavorazione del legno). In un darono progressivamente acquistando ri- sociale, il ceto medio acquisì, grazie anche panorama di attività e mestieri frastaglia- lievo anche i medici. Piuttosto elevato era alla vendita dei beni ecclesiastici, una cre- to e ancora piuttosto tradizionale, iniziava anche il numero degli impiegati pubblici scente dimensione proprietaria. a distinguersi per impiego di tecnologie, e degli addetti ai servizi, mentre più com- Una nobiltà non particolarmente nume- capitali e manodopera il settore mecca- plessa è la definizione e l’individuazione, rosa e non sempre ricca continuava, in- nico, ove alle fabbriche di armi si aggiun- anche nelle rilevazioni statistiche, della fine, benché sempre più in coabitazione sero quelle connesse alla costruzione della pur determinante borghesia economica. con la borghesia, a occupare posizioni rete ferroviaria. Anch’essa a lungo legata soprattutto alla preminenti per prestigio, potere e ricchez- Anche all’interno del “ceto medio”, in produzione e al commercio della seta, era za, legata alla Corte e radicata nella pro- ascesa per consistenza e influenza, non variamente compresa sotto le categorie di prietà terriera e nelle cariche dello Stato. è sempre agevole individuare profili ben negozianti, commercianti o banchieri, al A Torino, seppure con intensità progres- definiti. Si confermò e si rafforzò la bor- confine fra credito, produzione e com- sivamente decrescente, le gerarchie e le ghesia delle professioni, soprattutto giu- pravendita su vasta scala, includendo an- distanze sociali erano particolarmente ridiche, già affermatesi nel periodo na- che figure di industriali non estranei alle percepibili, e configuravano una società poleonico e consolidatesi sia in rapporto nuove tecnologie. In un tempo in cui la profondamente solcata dalle differenze di

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Luigi Viganò, Vedute principali di Torino e suoi contorni; al centro Veduta generale di Torino presa dal Convento dei Cappuccini, 1835 ca. (ASCT, Collezione Simeom, D194). rango, che si riproducevano anche all’in- spiccata caratterizzazione come luoghi Nel 1864 lo spostamento della capitale terno dei ceti, dei gruppi e delle classi. di lettura della stampa internazionale e non portò soltanto con sé la fine trau- I rapporti fra la nobiltà e le borghesie, di libera discussione politica. È noto che matica di un’identità politica con radici la cui alleanza, almeno a livello politico, Cavour fu un assiduo frequentatore del secolari, ma ebbe anche gravi ripercussio- fu uno dei motori del movimento risor- caffè Fiorio, ove nel 1841 contribuì a ni economiche, occupazionali, demogra- gimentale, ne restarono a lungo segnati, fondare la Società del Whist, un circolo fiche e sociali. Si apriva, al contempo, la nonostante figure come Cavour e D’Aze- che, benché includesse tra i fondatori al- ricerca impegnativa e difficile delle nuove glio agissero in direzione di un avvicina- cuni borghesi, si caratterizzò sempre più vie attraverso cui la città sarebbe cresciuta mento. Su un altro versante sociale, la per il suo carattere aristocratico. Il Whist nei successivi decenni. diffusione del lavoro domestico (residuo non fu peraltro il primo circolo torinese, di un’attività semiservile paradossalmente giacché fu preceduto dalla più borghese e ◆ Gian Carlo Jocteau è professore ordinario ben presente nell’Europa liberale, e rive- mista Accademia Filarmonica che, sorta di storia contemporanea presso l’Università latrice delle aspirazioni e dei modelli di inizialmente con finalità musicali, si di- degli Studi di Torino vita delle borghesie in ascesa) e l’attivismo stinse presto per il suo collegamento con assistenziale e caritativo (particolarmente gli ambienti della finanza e delle banche (i PER SAPERNE DI PIÙ vivace soprattutto per iniziativa di nobili due circoli si unificheranno solo dopo la ed ecclesiastici) alimentavano frequenti seconda guerra mondiale). G. Muttini Conti, La popolazione del Piemonte nel relazioni tra i ceti più elevati e quelli più Anche i salotti torinesi riflettevano le secolo XIX, Ilte, Torino 1962. umili, che per quanto non prive di tratti caratteristiche dell’élite cittadina, con- di coinvolgimento affettivo e di recipro- traddittoriamente segnata da angusto U. Levra (a cura di), Storia di Torino, VI, La città nel cità, erano profondamente segnate dalla tradizionalismo e aperture di carattere Risorgimento (1798-1864), Einaudi, Torino 2000. deferenza e dall’asimmetria. liberale. I noiosi e ristretti salotti nobilia- ri degli anni Trenta, evocati da Massimo U. Levra (a cura di), Storia di Torino, VII, Da capitale I luoghi dell’incontro, dello svago, d’Azeglio, non furono gli unici all’inter- politica a capitale industriale (1864-1915), Einaudi, della mondanità no dell’aristocrazia, ma si trovano ancora Torino 2000. percepibili tracce di gretto misoneismo La socialità dei ceti più elevati era vis- nell’angosciata perplessità con cui furono G. Gozzini, Ceti e gruppi sociali nella Torino napo- suta nelle consuete dimensioni dei teatri, spesso accolte le svolte decisive in senso leonica, in U. Levra (a cura di), Storia di Torino, VI dei salotti, dei circoli e dei caffè. I teatri liberale e nazionale. Tuttavia, oltre a que- cit., pp. 19-44. e i caffè erano assai numerosi e frequen- sti, assunse un rilievo particolare il salotto tati, e in particolare i secondi assunsero più borghese, colto, patriottico e liberale G. Gozzini, Sviluppo demografico e classi sociali tra a Torino, l’unica capitale italiana in cui di Olimpia Savio, la cui famiglia fu nobi- la Restaurazione e l’Unità, in U. Levra (a cura di), sopravvisse alla fine degli anni Quaranta litata solo nel 1862, poco dopo la morte Storia di Torino, VI cit., pp. 279-340. un regime liberale e costituzionale, una di due figli per la causa nazionale.

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UNA CITTÀ DI LETTORI, DAI LUCENTI OCCHI NERI Parola di Mark Twain, 1867

Torino è una città molto bella. Come moltitudine di gente alla ricerca spaziosità supera, io penso, tutto ciò di divertimento, che va a zonzo e che è mai stato immaginato prima. chiacchiera e ride, è uno spettacolo Giace nel mezzo di un vasto piano, degno di essere visto. e non si può fare a meno di pensare Tutto qui è di scala grandiosa, come che il terreno sia concesso a chi lo ri- ad esempio gli edifici pubblici: sono chiede, senza alcuna tassa da pagare, architettonicamente imponenti, e tanto abbondantemente viene usato. di grandi dimensioni. Grandi piazze Le vie sono straordinariamente ampie, hanno grandi monumenti bronzei al le piazze lastricate prodigiose, le case centro. […] Torino deve certo legge- enormi e ben fatte e riunite in blocchi re molto, dal momento che possiede uniformi e compatti che filano via nella più librerie per metro quadro di distanza, diritti come una freccia. I qualsiasi altra città che conosco. marciapiedi sono larghi quasi quanto E ha la sua buona quota di gente le vie usuali nel resto d’Europa, e sono d’armi. Le uniformi degli ufficiali coperti da un doppio portico retto da italiani sono davvero le più belle che grossi pilastri in pietra o da colonne. io abbia mai visto; e, in linea di mas- Uno cammina dall’una all’altra di queste sima, gli uomini che le indossano spaziose vie sempre al riparo, e tutto il sono altrettanto belli degli abiti. Per suo tragitto è fiancheggiato dai negozi nulla grassi, di forma e aspetto assai più graziosi e dai ristoranti più invitanti. piacevoli, hanno carnagione olivastra C’è un’ampia e lunghissima corte e lucenti occhi neri. luccicante dei negozi più viziosamente attraenti, che è coperto di un tetto M. Twain, A Tramp Abroad, American Pu- di vetro, altissimo lassù, lastricato di blishing Company, Londra 1880, cap. XLVII marmi di tonalità delicata, disposti in graziosi motivi; e di sera quando è lluminato dal gas e popolato da una

Casa Antonelli, progettata da Alessandro Antonelli tra 1846 e 1851 in corso San Maurizio angolo via Vanchiglia (fotografia di F. Di Rovasenda per MuseoTorino).

INDOLE DEI TORINESI

I Torinesi hanno indole mite, ingegno svegliato, carattere franco: sono piacevoli nel conversare, nel trattare cortesi, nell’operare pazienti e fermi nei loro propositi. Non si lasciano trasportare dalla fantasia, non amano i subiti mutamenti, non si lasciano padroneggiare dal febbrile entusiasmo: sono inclinati alla coltura delle scienze, allo studio delle arti ed all’esercizio delle indu- strie: rispettano la Religione, sono proclivi alla beneficenza: amano il Re, la libertà e la patria, e quando sovrasta un pericolo pubblico si levano concordi alla comune difesa, cimentando, se fia d’uopo, la vita.

P. Baricco, Torino descritta, Paravia, Torino 1869 Il portici di via Nizza a San Salvario, nato come quartiere residenziale nella seconda metà dell’Ottocento (fotografia di F. Di Rovasenda per MuseoTorino).

15 giugno 2011 | torino nel risorgimento

urbanistica e architettura: la “forma” della città

Il ritorno di un re e la partenza di un altro: fra questi due eventi si colloca una delle fasi più dinamiche della storia di Torino. Trasformazioni e ampliamenti preparano la nuova capitale, capace, in pochi anni, di reinventarsi “città moderna”

di Sergio Pace

alla «Gazzetta Ufficiale del Regno muove alla volta di quella che è divenuta re. Solo pochi anni prima, questa partenza d’Italia»: «Questa mattina, alle ore 8, la nuova capitale d’Italia. Assieme alla fa- sarebbe stata impensabile per un Savoia, DS.M. il Re è partito da Torino per Fi- miglia e al fidato primo ministro Alfonso per l’erede d’una famiglia che, in buona renze, accompagnato da S.E. il presidente Ferrero della Marmora, colui che da poco sostanza, aveva regnato incontrastata su del Consiglio dei Ministri». Così, nella pri- meno di quattro anni è re d’Italia a malin- questa città e sul suo territorio almeno dai ma mattina di venerdì 3 febbraio 1865, il cuore è costretto dagli eventi politici ad tempi di Adelaide di Susa, nel secolo XI, quarantacinquenne Vittorio Emanuele II abbandonare la città che l’ha visto nasce- movendo da qui i primi passi di un lento

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Scorcio dei Murazzi del Po, realizzati nel corso degli anni Settanta dell’Ot- tocento (fotografia di D. Lanzardo per MuseoTorino).

17 giugno 2011 | torino nel risorgimento processo che l’ha condotta a essere sovra- na del nuovo regno. Non si conosce l’itinerario preciso del re, ma fare ipotesi è possibile. Il mesto corteo di carrozze, avviato verso la nuova capita- le, lascia Palazzo Reale attraversando piaz- za Castello, correndo lungo via Po, giù fin verso il fiume, verso quel pont en pierre che hanno lasciato in eredità gli ingegneri francesi al servizio di Napoleone Bona- parte. La Gran Madre di Dio lo accoglie sulla riva destra: costruita nel 1818-31, su progetto di Ferdinando Bonsignore, ob adventum regis, cioè per celebrare il ritor- no di Vittorio Emanuele I dopo il forza- to esilio in Sardegna. Il re che parte con la mente forse torna al re che rientrava. In effetti, Vittorio Emanuele II potreb- be compiere a ritroso lo stesso itinerario che il suo illustre antenato omonimo ha compiuto il 20 maggio 1814 ritornando dall’esilio dopo l’occupazione delle sue terre da parte dei francesi. Una veduta di Giuseppe Pietro Bagetti ha raccontato bene, quella volta, i «felici regnanti» che rientrano in patria grazie al nuovo, bian- chissimo, ponte sul Po in mezzo a due ali di folla festante. Due città diverse: dalle mura alla cinta, dalle porte alle piazze

Poco più di mezzo secolo separa questi due viaggi in direzione opposta. La città che Vittorio Emanuele I ritrova non è quella che Vittorio Emanuele II lascia, e non soltanto perché ha perso il rango di capitale. Torino è più popolosa, più grande, più moderna: nell’arco di mezzo secolo ha superato i propri limiti, in tut- ti i sensi, creandone di nuovi. Il numero degli abitanti, innanzi tutto, è cresciuto in modo costante e negli anni Venti la cit- tà ha superato le 100.000 persone, che risultano raddoppiate al censimento del 1861; dagli anni Trenta, peraltro, il saldo naturale della popolazione è stabilmente positivo. Non una città enorme, dunque, ma confrontabile con le altre maggiori in Italia: se si tiene da parte Napoli, che nel 1861 ha poco meno di mezzo milione di abitanti, Milano ne conta poco più di 260.000, Firenze poco più di 150.000. La crescita demografica, tuttavia, non riesce da sola a dare il senso di questa tra- sformazione. Confrontata con la città di le sue mura d’età moderna, Torino avvia maginare un’espansione del centro abi- inizio Ottocento, Torino ha modificato nei primi anni del XIX secolo un processo tato verso aree prima raramente tenute in modo irreversibile i propri confini fi- duplice, che durerà oltre cinquant’anni. in considerazione: i borghi a meridione sici. La demolizione delle mura, avviata Senza la cinta, da un lato sono rimessi in e a occidente, scavalcato l’ingombro della a partire dal decreto firmato a Milano il discussione i luoghi di accesso alla città cittadella cinquecentesca, il piccolo cen- 23 giugno 1800 da Napoleone Bonaparte che, liberati dalle porte urbiche, riman- tro abitato intorno al ponte sul Po, su en- primo console, ha lentamente ma ineso- gono pur sempre cardini essenziali della trambe le rive, e persino le aree paludose a rabilmente trasformato il rapporto tra la comunicazione tra i tessuti urbani ed ex- settentrione, in direzione della confluenza città e il suo territorio. Non più chiusa tra traurbani; dall’altro diventa possibile im- tra la Dora e il Po.

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coinvolgono attori diversi – dal consiglio municipale degli Edili al vicario del Re, dai proprietari fondiari ai promotori im- mobiliari, dagli architetti agli impresari edili – che alimentano dinamiche sociali ed economiche nuove, decisive nella for- mazione delle borghesie urbane torinesi di età contemporanea. In principio, negli anni Venti e Trenta, sono le grandi piazze gli elementi urba- nistici deputati a sostituire gli slarghi in- torno alle preesistenti porte, anche in vir- tù della nuova cinta daziaria imposta nel 1818. Prima di tutte, per rilevanza topo- grafica, è la piazza della Venuta del Re, poi Vittorio Emanuele e infine Vittorio Veneto, scenografica conclusione dell’as- se secentesco della contrada di Po verso il fiume, programmata subito all’indoma- ni della Restaurazione, ma messa in atto su progetto di Giuseppe Frizzi solo dal 1825. Intanto, sulla riva destra del fiume, un progetto di Ferdinando Bonsignore, avviato nel 1818, ha dato vita a un’altra piazza gravitante intorno alla Chiesa della Gran Madre, capolavoro neoclassico alla maniera del Pantheon di Roma. Tale si- stema di spazi, tenuto insieme dal «ponte di pietra», diviene così il primo affaccio dell’antica capitale verso il territorio cir- costante, e la collina in particolare. Negli stessi anni si configura l’accesso settentrionale alla città, superato il bor- go lungo la Dora. L’iniziale progetto di Gaetano Lombardi dal 1818 ripensa la piazza di Porta Palazzo (poi della Re- pubblica), avviando una ridefinizione dell’intera area verso il fiume che può dirsi conclusa solo nel 1830, al momen- to dell’inaugurazione del secondo ponte in pietra cittadino, sulla Dora, eretto su progetto dell’ingegnere Carlo Bernar- do Mosca. Dall’altra parte della città, sull’area già occupata dalla Porta Nuova un piano del medesimo Lombardi, avvia- to nel 1817, ridisegna l’accesso alla città regalando una nuova nobile cornice allo sfondo del Palazzo Reale, ormai visibile da distanze impreviste. È solo l’inizio della trasformazione, per quest’area. La ferrovia, i viali alberati, La pianificazione urbanistica in espansione nella seconda metà dell’Ottocento, secondo il progetto le bonifiche dei borghi periferici di Carlo Promis del 1850-51 (Istituto di Storia e Cultura dell’Arma del Genio, Roma, FT, XXXVIII B 2511). Dal 1845 comincia a prendere corpo Certo, abbattere un sistema difensivo stioni dei Giardini reali restano per volon- l’idea di localizzare nell’area centrale l’ar- imponente com’è quello torinese, non è tà di Napoleone, occorre lasciar passare rivo della prima ferrovia del Regno, ver- operazione rapida né economica poiché tutta la prima metà del secolo per vedere so Genova. Il piano dell’ingegnere belga solleva conflitti inattesi e di soluzione la muraglia sostituita da strade e case lun- Henri Maus, incaricato dalla società fer- difficile. Si procede per parti, natural- go l’intero perimetro della città, fino alla roviaria, propone l’attestamento sul Viale mente. Se la Porta di Po, eretta su dise- smilitarizzazione della cittadella che, del Re (poi corso Vittorio Emanuele II), gno di Guarino Guarini al termine della dal 1852, avvia un quarantennale proces- prima contestato e poi accettato, fino alla Contrada omonima, scompare già sotto il so di trasformazione dell’area. Si tratta di costruzione del primo scalo o imbarcade- piccone demolitore dei francesi, se i ba- interventi di eccezionale importanza che ro, sostituito nel 1861-68 dalla stazione

19 giugno 2011 | torino nel risorgimento dell’ingegner Alessandro Mazzucchetti. o delle stazioni ferroviarie: dopo Porta Nel frattempo, il paesaggista francese Jean- Nuova, nel 1853 si decide di attestare al Pierre Barillet-Deschamps ha disegnato i termine della nuova via Cernaia la strada giardini al centro della piazza, ormai dedi- ferrata per Novara. cata al re Carlo Felice. Il viale del Re, d’altronde, ha un’impor- Un occhio al passato e uno al futuro: tanza strategica nel processo di crescita la celebrazione degli eroi della città nel primo Ottocento, soprat- e le aperture alla modernità tutto nella porzione verso il fiume, vera sutura tra la città esistente e la nuova Non cambia soltanto ai margini, Torino espansione. A settentrione, infatti, a par- nel primo Ottocento. Al di là delle nuove tire dagli anni Trenta si costruisce Borgo costruzioni o dei restauri al patrimonio Nuovo, quartiere privilegiato di residenza storico, grazie all’iniziativa del municipio delle nuove borghesie urbane grazie all’al- ma anche di generosi benefattori, la città ternanza di case ampie e giardini ombrosi, storica si trasforma in una specie di mu- ottenuto grazie alla saturazione di quei seo a cielo aperto, le cui stanze si vanno terreni, particolarmente appetibili dalla popolando di statue. Eroi di varia natu- speculazione fondiaria e immobiliare, li- ra prendono a raccontare una Torino che berati dai bastioni e dalle mura e compresi costruisce anche così il proprio pedigree tra gli isolati di piazza Vittorio, il viale del di capitale del Risorgimento. Emanuele Re, la Contrada Nuova (poi via Roma) Filiberto di Savoia dal 1838 domina piaz- e la piazza Carlo Felice. A mezzogior- za San Carlo, Castore e Polluce su cavalli no, invece, a partire dalla fine degli anni impennati sorvegliano dal 1846 la cancel- Quaranta si avvia lo sviluppo del Bor- lata d’accesso a Palazzo Reale laddove un go di San Salvario, ideale ampliamento magnifico ritratto troubadour del Conte del Borgo Nuovo suddetto ma destinato Verde, scolpito dall’anziano Pelagio Pa- a borghesie più minute e condizionato in lagi, occupa piazza Palazzo di Città dal modo irreversibile dalla presenza a occi- 1853. Dalla metà degli anni Cinquanta, dente della strada ferrata. poi, la monumentomania raggiunge Non è questa l’unica espansione fuori dal ogni parte della città, antica o moderna: nucleo della città di età moderna. Dal nelle strade, nelle piazze, nei giardini (un lato opposto, verso la confluenza tra Po caso emblematico è il nuovo Giardino dei e Dora dove dal 1828 ha trovato posto Ripari), i ricordi d’un passato lontano di- il «Campo Primitivo» destinato con gli ventano presenti, trasformandosi in me- I mercati coperti stabiliti a Porta Palazzo, nel 1835, due anni a diventare il Cimitero monumen- moria collettiva e contribuendo a costrui- anni prima che piazza della Repubblica sia completata tale, il ghemmese Alessandro Antonelli, re l’identità di un popolo, d’una nazione. (fotografia di D. Lanzardo per MuseoTorino). assieme a un gruppo di intraprendenti A quella nazione, a quel popolo Vittorio proprietari, nel 1844 avvia un progetto Emanuele II probabilmente va di tanto in di urbanizzazione dell’ancora insalubre tanto con il pensiero, durante il proprio regione di Vanchiglia. I conflitti con le viaggio verso Firenze. Suo padre Carlo autorità sono innumerevoli e duraturi, ma Alberto, così come i loro predecessori sul PER SAPERNE DI PIÙ la tenacia con cui l’architetto porta avanti trono, Carlo Felice e Vittorio Emanuele I, la propria strategia è emblematica di un sono stati attori e spettatori, al tempo stes- C. Boggio, Lo sviluppo edilizio di Torino dalla rivo- modo di condurre affari e professione, as- so, della mutazione straordinaria di Tori- luzione francese alla metà del secolo XIX, in «Atti sieme, piuttosto inconsueto a Torino. Alla no. È questa ancora la città dove tutti loro e rassegna tecnica della Società degli Ingegneri e fine l’iniziativa è portata a compimento e sono nati, dove sono nati molti dei loro Architetti in Torino», a. LI, fasc. I, 1917, pp. 15-55. il borgo diventa, con San Salvario, la pri- antenati, dei loro figli, delle loro mogli; ma vera periferia urbana. dove è nata un’idea di regno e di gover- C. H. Bergeron, City Planning in Turin, 1800-1865: Ai giorni fatidici dell’Unità d’Italia arriva no che s’è dimostrata quanto meno lun- From I to the First Capital of , Prince- così una città molto differente da quella gimirante, duratura; dove è nata, infine, ton University Ph.D. (Department of Art and Archeo- che Vittorio Emanuele I ha ritrovato nel un’idea di Stato che ha saputo allargarsi a logy, 1973), Ann Arbor University Microfilms, 1975. 1814, al ritorno dal suo esilio. I confini terre lontane, riunificando popoli e lingue sono cambiati e l’ampliamento progres- in una sola nazione. Nel frattempo però V. Comoli, R. Roccia (a cura di), Torino città di loisir. sivo della cinta daziaria ne è forse la questa stessa città è cambiata, ha assun- Viali, parchi e giardini fra Otto e Novecento, Archivio testimonianza più evidente, fino al giro to volti nuovi e inattesi man mano che la Storico della Città di Torino, Torino 1995. vastissimo che, dal 1853, finisce per in- storia è andata avanti. Torino, la città che cludere alcuni borghi prima extraurbani. Vittorio Emanuele II si lascia alle spalle, F. De Pieri, Il controllo improbabile. Progetti urbani, Allo stesso tempo Torino è diventata una forse perplesso e un po’ malinconico, non burocrazie, decisioni in una città capitale dell’Otto- città moderna, oltre che grande. Le infra- è più di certo una città capitale ma è già cento, Franco Angeli, Milano 2005. strutture di servizio si moltiplicano, ad una città moderna. esempio con la costruzione dell’Ospedale P. Dardanello, R. Tamborrino (a cura di), Guarini, Ju- di San Luigi Gonzaga (Giuseppe Maria ◆ Sergio Pace è professore associato presso varra e Antonelli. Segni e simboli per Torino, Silvana Talucchi, 1817-26), dei Murazzi lungo la I Facoltà di Architettura del Politecnico di editoriale, Cinisello Balsamo 2008. il Po (Carlo Bernardo Mosca, 1830-35) Torino

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La stazione di Porta Nuova, progettata da Alessandro Mazzucchetti e Carlo Ceppi nel 1861-68 (fotografia di F. Di Rovasenda per MuseoTorino). muoversi tra le strade della capitale

Giudicata la città più trafficata d’Italia, Torino vede le sue strade (via via lastricate) percorse dagli omnibus, dalle “cittadine” e dai “celeriferi”, per poi accogliere i primi tram del Paese. Piazza Castello è il principale snodo del traffico privato e pubblico.

di Silvia Cavicchioli

e strade della Torino risorgimentale già pubbliche; l’affermarsi di una rete di tra- correvano lo spazio urbano e univano il conoscevano il problema del traffico, sporti integrata con le principali direttrici centro ai borghi limitrofi. Le prime due Lanche se in maniera diversa dai tempi extraurbane; i progressi delle strade ferra- linee pubbliche entrarono in funzione nel moderni; e la città che dal 1813 al 1848 te e la dislocazione delle stazioni entro la 1845, lungo i percorsi dalla Dora al quar- aveva visto raddoppiare il numero degli cerchia urbana, veri poli monumentali e tiere Borgo Nuovo e dal Po alla Porta di abitanti, da 65.000 a 137.000, appariva nuove porte della città del Risorgimento. Susa, ma il loro numero crebbe nel volge- ai visitatori stranieri tra le più caotiche re di pochi anni e già intorno al 1852 si della penisola. Il periodo compreso tra Le carrozze per tutti: inaugurava la Società degli Omnibus per la metà degli anni ’40 e il trasferimento verso il trasporto pubblico la Capitale, con sede in piazza Castello. della capitale a Firenze, un quarto di seco- Ogni linea esponeva un dettagliato pia- lo più tardi, rappresentò un momento di Una delle maggiori novità nel modo di no di servizio, dal quale sappiamo ad intenso sviluppo della mobilità cittadina, spostarsi arrivò con gli omnibus, gros- esempio che gli omnibus in servizio tra con il moltiplicarsi delle prime vetture se carrozze a trazione animale che per- il centro e lo stradale di Nizza erano ben

21 giugno 2011 | torino nel risorgimento

15, con partenza da via Barbaroux ogni 5 minuti, dalle 8 del mattino sino alle 9 di sera, e che al costo di 10 centesimi potevano trasportare da 12 a 24 passeg- geri. Ogni mezz’ora da piazza Castello e dal centrale Caffè Diley partivano invece gli omnibus per Moncalieri, al prezzo di 40 centesimi la corsa, in grado quindi di reggere a lungo la concorrenza del treno che proprio sul quel tratto aveva visto il suo esordio piemontese nel 1848. Gene- ralmente le stazioni di partenza erano caffè, punti di ristoro e locande: dal Caffè Ruffino Doragrossa, al Regio Parco, partiva l’omnibus diretto a Rivoli lungo lo stradale di Francia; accanto all’Albergo della Rosa Bianca di piazza Milano i tori- nesi sapevano di trovare il convoglio per Caselle; per Rivarolo l’omnibus partiva sempre dalla stessa piazza, ma di fronte al Caffè Milanese e lì pure stazionava quello per S. Benigno, con posti riparati e posti a coupé, più economici. Per raggiungere Venaria l’omnibus si prendeva davanti al Palazzo di Città; da piazza San Giovan- ni due volte al giorno partiva quello per S. Mauro, mentre l’omnibus diretto alla Madonna del Pilone si trovava di fronte al liquorista Benetto di via Po. Lo scenario cittadino si era intanto ulte- riormente animato poiché sin dal 1850, al pari di quanto succedeva nel resto d’Euro- pa, anche a Torino era stato introdotto un servizio di vetture pubbliche, paragona- bili agli odierni taxi, dette comunemente “cittadine”. Esse potevano essere noleg- giate per una corsa, oppure a ore. Circola- va inoltre un tipo di cittadine particolari, a corse fisse, del costo di 60 centesimi, che mostravano anteriormente una plac- M. Nicolosino, Guida del Viaggiatore in Piemonte, Modesto Reycend, Torino 1831: antiporta della guida con l’imma- ca rossa con la sovrascritta «disponibile» gine dal titolo «Ingresso di Torino verso levante» (ASCT, Collezione Simeom, B 468). e di notte un fanale rosso; il loro ufficio stava in piazza Castello, di fianco al banco delle merci. A questi poi si aggiungeva dei corrieri di posta era stato, infatti, per degli omnibus. Si serviva delle cittadine un’altra categoria assai diffusa di vettu- lungo tempo il sistema più diffuso per una clientela ristretta, la cui descrizione è re denominate generalmente “omnibus spostarsi dalla capitale alla periferia del giunta sino a noi nelle carte d’archivio, so- ad uso albergo”, adatti ad accompagnare regno, a cui si erano via via affiancati i più prattutto nei numerosi rapporti dell’ispet- i clienti fino alle stazioni ferroviarie e ai capienti ed economici velociferi, prima torato di Polizia urbana, costantemente luoghi di pubblico interesse, seguendo che le locomotive abbattessero i tempi. preso d’assalto dalle lamentele dell’utenza, tragitti obbligatori. Crocevia principale Altre trasformazioni, oltre alla sistema- vessata dall’aleatorietà ed esosità delle dei mezzi pubblici era piazza Castello zione a marciapiede di numerose vie, tariffe, dai modi talvolta sgarbati e ingiu- dove, sotto tettoie spesso provvisorie, si mutavano ancora la fisionomia urbana. riosi dei conducenti, accusati di prepoten- accalcava una folla quotidiana di passeg- A partire dal 1860, 12.000 metri cubi ze, soprusi e aggressioni anche fisiche! geri in arrivo o in partenza. Nella vicina di granito sarebbero stati gradualmen- piazza Carignano invece, sbiadiva ormai te trasportati a Torino: il giorno dopo la Il problema del traffico il ricordo della stazione di cambio delle proclamazione del regno d’Italia, l’Ufficio diligenze a lunga percorrenza; e con esso d’Arte presentava il prospetto di spesa de- Le strade della città compresa entro la cin- quello delle figure pittoresche dei mastri finitivo «per la sistemazione a ruotaie» ta daziaria erano dunque sempre più con- di posta vestiti con la piccola livrea di (in pietra) della città, che avrebbe con- gestionate, anche perché omnibus e cit- Sua Maestà e quello dei postiglioni con sentito un più efficiente e silenzioso spo- tadine avevano affiancato i mezzi privati la divisa di panno blu, galloni d’argento, stamento delle vetture pubbliche ippo- (berline, calèches, bastardelle, limoniere) colletto e paramani di panno scarlatto, trainate. Mentre i prototipi di biciclette, da sempre tradizionalmente appannaggio cappello tondo di cuoio verniciato e la le draisine o celeriferi provenienti dalla vi- dei ceti benestanti, oltre ai legni e ai car- placca metallica portata al braccio sinistro cina Francia, facevano la loro apparizione riaggi adibiti al trasporto e alla consegna con l’epigrafe delle Regie Poste. Quello in città (nel 1868 il Consiglio comunale

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emanava le prime disposizioni in materia di «velocipedi a due o più ruote»), Torino si preparava ad accogliere, col successivo sistema di rotaie in ferro, le prime linee tranviarie italiane.

◆ Silvia Cavicchioli insegna storia del Risorgi- mento presso l’Università degli Studi di Torino

Per saperne di più

M. Nicolosino, Guida del Viaggiatore in Piemonte, Modesto Reycend, Torino 1831.

A. Lossa, Torino descritta o guida storico-ammini- strativa della Città di Torino indispensabile ad ogni forastiero e cittadino torinese, Tipografia Letteraria, Torino 1863.

L. Rocca, Viaggio sul tramway da Piazza Castello alla Barriera di Nizza, Torino, Tip. e Lit. Camilla e Bertolero, 1876.

G. Guderzo, Vie e mezzi di comunicazione in Pie- monte dal 1831 al 1861. I servizi di posta, Comitato di Torino dell’Istituto per la Storia del Risorgimento Italiano, Torino 1961.

P. Sereno, La rete delle comunicazioni, in U. Levra (a cura di), Storia di Torino, vol. VI, Einaudi, Torino 2001.

P. Sereno (a cura di), Torino. Reti e trasporti. Strade, vei- coli e uomini dall’Antico regime all’Età contemporanea, Archivio Storico della Città di Torino, Torino 2009.

Vai alle schede complete e alla mostra Il Risorgimento è qui! su www.museotorino.it

Stazione di Porta Nuova Stazione di Porta Susa Nata come termine della linea Torino-Genova inaugurata nel 1853, la stazione fu rea- Costruita nel corso di un decennio a partire dal 1855 nella zona d’ingresso lizzata dopo l’unificazione italiana per opera dell’ingegnere Alessandro Mazzucchetti occidentale della città, la stazione della ferrovia di Novara (poi di Milano) fu un e del suo allievo Carlo Ceppi, di cui restano la facciata e la Sala Gonin, già sala reale. elemento importante dello sviluppo urbanistico di questa porzione della città.

23 giugno 2011 | torino nel risorgimento Le scienze a torino a metà ottocento

Destino di studiosi e inventori è quello di essere raramente supportati dal potere con risorse e mezzi: ciononostante Torino, nell’Ottocento, inventa istituti, facoltà, laboratori dove personaggi come Lagrange, Plana, Avogadro, Sella, Sommeiller scrivono pagine di storia delle scienze

di Marco Galloni

l mezzo secolo intercorso fra la fine del mente gli studiosi ad assumere un ruolo inoltre, di elettrologia, nel solco traccia- periodo napoleonico, in cui Torino era di innovatori e toccava anche temi delica- to da Giambattista Beccaria. In seguito Idivenuta parte organica dell’impero fran- ti che potevano trovarsi in contrasto con si mise in evidenza Giuseppe Domenico cese, e l’unificazione dell’Italia, con la fuga- la religione e con le radicate credenze dei Botto (1791-1865) docente di fisica speri- ce acquisizione della dignità di capitale di benpensanti. Questi problemi, che si tra- mentale che realizzò nel 1834 un motore un regno realmente nazionale, rappresentò sferivano dalla scienza alla filosofia e alla elettrico, ancora oggi conservato. per la città e per la sua élite culturale una politica, sarebbero stati acuiti al massimo Gli istituti universitari scientifici e i la- fase di transizione ricca di contrasti. Nel nel periodo della Restaurazione, quando boratori, in cui operò gran parte di questi Settecento la scienza torinese aveva vissu- per volere del re Vittorio Emanuele I, tor- studiosi protagonisti del lento progresso to un notevole sviluppo, che l’aveva posta nato sul trono dopo l’esilio in Sardegna, delle scienze torinesi, si trovavano in via in primo piano grazie a figure quali l’abate gran parte dell’intellighenzia sarebbe stata Po 18, nei locali dell’ex convento di San Giambattista Beccaria (1716-1781), do- emarginata e allontanata anche dagli inca- Francesco da Paola. cente di fisica, che aveva trattato da pari richi di insegnamento e di ricerca, che fu- con Benjamin Franklin sull’elettricismo rono spesso affidati a figure molto minori Le scienze della vita: dalla zoologia ed era entrato nella ristretta cerchia degli per cultura ma più allineate alle nuove – alla botanica alla chimica di Avogadro studiosi che avevano gestito problemi di anzi vecchie – direttive del potere. enorme importanza e complessità quali le Nei primi attrezzati laboratori scientifici, Nell’ambito delle cosiddette scienze della misure terrestri, in particolare la valutazio- allestiti presso l’Accademia delle Scienze, vita, le discipline che si sarebbero chia- ne della lunghezza del grado di meridiano chimica, astronomia e meteorologia era- mate in seguito biologiche, la zoologia a Torino, pubblicata nel 1774 nel volume no state studiate sperimentalmente utiliz- torinese trovò in Franco Andrea Bonelli Gradus taurinensis. Beccaria poté utilizzare zando anche l’osservatorio che, situato (1784-1830) un maestro e un innovato- mezzi tecnici ancora modesti (si pensi che in una torretta sul tetto, dal 1787 fino al re, iniziatore dell’anatomia comparata e un piccolo errore nei suoi calcoli fu dovu- 1865 permise di effettuare una serie con- sensibile alla teoria dell’evoluzione come to all’attrazione della massa delle Alpi che tinua di rilevazioni climatologiche. Paral- presentata da Lamarck. I suoi studi tro- deviava il filo a piombo), ma contribuì a lelamente l’Accademia aveva promosso varono continuità con Filippo De Filippi porre le basi per l’unificazione dei sistemi concorsi volti alla soluzione di problemi (1814-1867), medico milanese prestato di misura. La personalità dell’abate aveva concreti ed era incaricata del rilascio di alla zoologia e arrivato alla cattedra to- stimolato in alcuni giovani la passione per privilegi, cioè di brevetti per invenzioni rinese nel 1847, che aprì alla disciplina la conoscenza e avrebbe portato alla nasci- utili alla società e all’economia. nuove vie di applicazione pratica, quali la ta del primo germe dell’Accademia delle Presso l’Università le cose erano andate parassitologia e la pescicoltura, con l’isti- Scienze (1757) e allo sviluppo sia delle di- diversamente: pochi mesi dopo la pro- tuzione dello Stabilimento ittiogenico scipline più astratte, come la matematica, mulgazione dello Statuto Albertino, con presso i laghi di Avigliana. De Filippi, che portata a livelli di eccellenza da Luigi de un Regio Decreto dell’ottobre 1848 ve- avrebbe in seguito sposato le tesi di Dar- Lagrange (1736-1813), sia di quelle spe- niva istituita la Facoltà di Scienze fisiche win (celebre una sua conferenza del 1864, rimentali, come la fisica e la chimica, sia, e matematiche, di cui il matematico e seguita da grandi entusiasmi e vivacissi- ancora, delle branche scientifiche legate astronomo Giovanni Plana (1781-1864) me polemiche), morì a Hong Kong nel all’osservazione della natura: zoologia, bo- fu il primo preside. Nel 1817 Plana fece 1867 nel corso di un viaggio intrapreso tanica, mineralogia, anatomia, astronomia. erigere, su una torre di Palazzo Madama, per allargare le conoscenze zoologiche in l’osservatorio astronomico, da cui fu una prospettiva ormai globale e arricchire Dalla “Restaurazione scientifica” possibile eseguire studi nel cielo torinese anche le collezioni del museo di Torino. allo Statuto albertino: luci e ombre non ancora offuscato dalle luci cittadine. La botanica si era sviluppata all’interno della prima metà del secolo All’astronomia si affiancò sempre più la della scuola medica come fondamento meteorologia (le due discipline rientrava- della farmacologia, che utilizzava prin- La pratica della scienza sollecitava le men- no nella fisica) che, fino al 1825, ebbe un cipalmente prodotti vegetali per la cura ti a uno spirito critico e analitico che, se valido fautore nell’abate Antonio Maria delle malattie, e sulla scia di maestri set- applicato alla vita sociale, portava facil- Vassalli Eandi (1761-1825), studioso, tecenteschi come Carlo Allioni (1728-

24 Rivista MuseoTorino | giugno 2011

Francesco Gonin, Demetrio Festa, Collana d’illustri piemontesi (dal basso verso sinistra): Carlo Matteo Capello, anatomista, botanico, matematico; Giu- seppe Grassi, letterato; Luigi Rolando, clinico e anatomista; Gian Giulio Sineo, sacerdote filantropo; Gian Francesco Napione, letterato; Franco Andrea Bonelli, zoologo; Giovan Battista Balbis, botanico; Giacomo Barovero, chirurgo. Litografia, 1832 (ASCT,Collezione Simeom, D 1319).

1804) e Giuseppe Moris (1796-1869), fu a lungo responsabile dell’ufficio Pesi e Ascanio Sobrero sintetizzò per primo nel che intorno alla metà dell’800 pubblicò Misure, e in questo ruolo fu uno dei prin- 1847 la nitroglicerina nei laboratori di via una importante opera in tre volumi sulla cipali artefici del passaggio dalle misure Po 18 e, oltre all’enorme potenza esplosiva, flora della Sardegna, mentre l’ecceziona- tradizionali al sistema metrico decimale, seppe riconoscerne anche le proprietà vaso- le Iconographia Taurinensis, vanto della vera rivoluzione scientifica che progressi- dilatatrici che ancor oggi rendono la peri- scuola botanica torinese, costituita da 64 vamente fu adottata in ambito industriale colosa molecola un farmaco fondamentale volumi manoscritti con oltre 7500 figu- e commerciale per diffondersi poi in tutta in cardiologia. Alfred Nobel avrebbe risolto re di specie vegetali dipinte in originale, la società. Altra figura significativa della nel 1867 il problema dell’estrema rischio- iniziata a metà ’700 sarebbe stata com- chimica fu Giovanni Antonio Giobert sità del maneggio dell’esplosivo liquido pletata nel 1868. (1761-1834), attivo nel periodo francese trasformandolo in dinamite grazie al me- L’avvocato e conte Amedeo Avogadro di e tornato a insegnare nel 1820, che fu au- scolamento con materiali inerti. Quaregna (1776-1856) iniziò la propria tore di ricerche con orientamento pratico, La chimica, tuttavia, avrebbe avuto an- attività accademica con la cattedra di chi- in particolare rivolte all’agricoltura, come che molte applicazioni pratiche, come la mica presso l’Ateneo torinese nel 1820 ma quelle sull’uso di una pianta per ottenere produzione del gas utilizzato nell’illumi- solo nel 1834 fu stabilizzato in ruolo. La la tintura blu delle stoffe. La chimica in- nazione delle vie cittadine a partire dal sua scoperta più nota, il “numero di Avo- fatti ebbe un ruolo particolare nei con- 1837. Fin dal secolo precedente, inoltre, gadro”, che indica il numero di atomi o fronti del mondo agrario, nella città in aveva avuto un ruolo fondamentale nello molecole presenti in una mole di una so- cui l’Accademia di Agricoltura era stata sviluppo della metallurgia presso l’Arse- stanza, è l’unica grandezza che reca ancor fondata nel 1785 e riuniva scienziati e nale per la realizzazione delle bocche da oggi il nome di uno scienziato italiano. Il proprietari terrieri illuminati, motivati a fuoco e per la tecnologia della polvere da lavoro di questo grande chimico non fu innovare le tecnologie agricole a vantag- sparo, applicazioni che avevano una base valutato adeguatamente dai suoi contem- gio dell’economia del regno. In assenza teorica gestita come ricerca e come inse- poranei, per l’approccio molto teorico che di una Facoltà di Agraria, che sarebbe gnamento presso l’Accademia militare e la lo poneva su un piano distante dall’empi- nata solo nel 1935, un ruolo didattico lo Scuola di applicazione d’artiglieria e ge- rismo ancora predominante, e infatti solo ebbero, dal 1841, i Comizi Ambulanti nio, ente deputato alla formazione degli nel 1860 Stanislao Cannizzaro (1826- provinciali, organizzati dall’Associazione ufficiali-scienziati a cui era affidata anche 1910) potrà rivendicare a livello interna- Agraria voluta dal conte di Cavour, che la sorveglianza delle miniere di materiali zionale la priorità della scoperta di Avo- contribuì alla realizzazione della Stazione strategici. I laboratori e le aule dell’Acca- gardo delle molecole dei gas. Avogadro Chimico-Agraria (1871). demia militare furono inoltre sede degli

25 giugno 2011 | torino nel risorgimento

Il Museo di Anatomia Umana, voluto nel 1739 da Carlo Emanuele III e riaperto nel 2007 presso il Palazzo degli Istituti Anatomici in corso Massimo d’Azeglio, conserva gli arredi e l’allestimento ottocenteschi. È dedicato a Luigi Rolando (1773-1831), autore di studi fondamentali sull’anatomia del sistema nervoso centrale (fotografia di B. Biamino per MuseoTorino). importanti studi di matematica del già insegnate nell’Ateneo. Nel 1862 si aggiunse tro ramo applicativo dell’ingegneria con un citato Luigi de Lagrange altrettanto fon- il Museo Industriale con le collezioni di importante ruolo, significativo soprattutto damentali per le applicazioni pratiche uti- macchine e sede di insegnamento orientato per la costruzione e la gestione dei canali li agli ufficiali dell’artiglieria e del genio. alla creazione di una industria moderna. che distribuivano l’acqua per l’agricoltura Generale del genio, oltre che matemati- Quintino Sella (1827-1884), laureato in ma che muoveva anche le ruote dei mulini co, ingegnere e uomo politico fu Luigi ingegneria idraulica e diplomato all’Eco- e quelle delle fabbriche, costituendo la fon- Federico Menabrea (1809-1896) a cui le des Mines di Parigi, divenne docente te di energia principale per la nascente in- va attribuito il merito di aver per primo di matematica e, alla nascita della Scuola dustrializzazione del Piemonte, anche per compreso e divulgato l’invenzione di una d’Applicazione per gli ingegneri, assunse l’impossibilità di sfruttare a pieno le mac- complessa macchina calcolatrice da parte la cattedra di mineralogia, materia che chine a vapore a causa della scarsità di car- dell’inglese Charles Babbage (1791-1871) contribuì a innovare introducendo un bone. Tale era l’importanza dell’acqua che che l’aveva presentata a Torino nel 1840. approccio razionalmente matematico alla per le esperienze pratiche su modelli in sca- In realtà quella macchina materializzava, cristallografia, ma che dovette poi trascu- la era stato realizzato, ancora nel Settecen- pur in modo non ancora funzionale per rare per gli impegni politici legati all’unifi- to, poco fuori dalla città, lo Stabilimento i limiti tecnologici del tempo, il concetto cazione d’Italia e che lo avrebbero portato idraulico della Parella vicino alle rive del- di programmazione e perciò anticipava a divenire ministro delle Finanze nel 1862. la Dora. Nel secolo successivo l’impianto l’idea stessa dell’informatica. Le scienze della terra e l’ingegneria torinesi venne utilizzato da Giorgio Bidone (1781- avrebbero coraggiosamente e vittoriosa- 1839), per gli studi sui getti d’acqua e sulle Sella e Sommeiller: l’eccellenza mente affrontato la sfida del traforo del onde, per essere poi chiuso nel 1869. di una cultura politecnica ante litteram Frejus, i cui lavori di scavo iniziarono nel 1858 e si conclusero con l’inaugurazione Curare le malattie: da arte a scienza Nel 1859 sarebbe nata la Regia Scuola di nel 1871, in anticipo sui tempi program- Applicazione per ingegneri, con corsi di mati anche grazie alle efficienti perforatrici Ricordiamo che la medicina e la chirur- ingegneria civile e industriale e di architet- pneumatiche inventate da Germano Som- gia erano rimaste due materie separate, tura, discipline che erano state fino ad allora meiller (1815-1871). L’idraulica fu un al- con ben diversa considerazione sociale,

26 Rivista MuseoTorino | giugno 2011 fino al 1844 quando Alessandro Ri- di Paolo Mantegazza (1831-1910) e di ca, ottici in grado di realizzare telescopi beri (1794-1861) ne ottenne la riuni- Angelo Mosso (1846-1910). e microscopi che potevano competere ficazione in un’unica laurea. La cura Gli anni ’50 dell’Ottocento sono noti con quelli francesi o tedeschi. Si trattò delle malattie era tuttavia ancora con- come il decennio cavouriano, il periodo in vari casi di più generazioni di arti- siderata un’arte, e non una scienza, e in cui il ministro preparò soprattutto i giani di grande livello, tra cui i nomi questo spinse i medici a fondare nel 1846 rapporti internazionali che avrebbero di Francalancia, Zanatta, Jest, Barbanti, la Reale Accademia Medico-chirurgica, reso possibile il progetto dell’unifica- Monti, Bardelli, Allemano. poiché nell’Accademia delle Scienze erano zione italiana, ma a Torino un aspetto presenti solo medici che praticavano di- significativo di quel piano fu lo svec- scipline quali l’anatomia, la fisiologia, la chiamento e il potenziamento delle ◆ Marco Galloni è presidente dell’Archivio Scien- chimica, la botanica. scienze perché il conte aveva compreso tifico e Tecnologico dell’Università di Torino Luigi Rolando (1773-1831) ottenne nel che una nazione avrebbe avuto bisogno 1814 la cattedra di anatomia dopo aver di una forte élite culturale ma, ancor seguito il re nell’esilio in Sardegna, ove di più, di una classe di tecnologi per proseguì i suoi studi sul cervello che lo far muovere l’economia, che stava di- portarono a identificare alcune struttu- venendo sempre più la vera forza degli re che ancor oggi portano il suo nome Stati, più ancora che la potenza bellica. PER SAPERNE DI PIÙ – «scissura di Rolando» e «sostanza gela- Non dimentichiamo infine che l’atti- tinosa di Rolando» – rimaste ignote per vità scientifica svolta nell’Università, Tra società e scienza. 200 anni di storia dell’Accade- anni alla scienza mondiale a causa dell’iso- nelle Accademie e nelle Scuole militari mia delle Scienze di Torino: saggi, documenti, imma- lamento geografico dello scienziato. ebbe anche una ricaduta direttamente gini, catalogo della mostra (Torino, 1983), Allemandi, La fisiologia era insegnata in latino da economica nella produzione e nel com- Torino 1988. Lorenzo Martini (1785-1844) che ebbe mercio degli strumenti indispensabili la cattedra dal 1821 al 1832, ma si sa- ai vari settori della ricerca (a questo S. Montaldo, Università ed accademie: le scienze rebbe dovuto aspettare fino al 1861, proposito giova anche fare un breve naturali, matematiche, fisiologiche e mediche, in U. quando fu chiamato a Torino l’olandese accenno a Gian Giacomo Arnaudon, Levra, (a cura di), Storia di Torino, VI, La città nel Ri- Jakob Moleschott (1822-1893), che di- 1829-1893, fondatore della merceolo- sorgimento (1798-1864), Einaudi, Torino 2000. venne il principale divulgatore del po- gia). Si ebbero così costruttori capaci sitivismo scientifico, per avere un vero di trasformare in apparecchi funzio- G. Giacobini (a cura di), La memoria della scienza. rinnovamento di questa che sarebbe nanti le idee degli scienziati e capaci di Musei e collezioni dell’Università di Torino, Fonda- divenuta una disciplina simbolo della realizzare finissimi meccanismi, vetrai zione CRT, Torino, 2003. nuova scienza italiana grazie all’opera specializzati per le esigenze della chimi-

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Regia Scuola di Applicazione per gli Ingegneri La Regia Scuola di Applicazione per gli Ingegneri di Torino, prima istituzione universitaria per la formazione della Monumento a Giuseppe Luigi Lagrange Monumento a Quintino Sella Lapide dedicata a Giovanni Plana figura dell’ingegnere, fu istituita nel Il monumento al matematico Giuseppe Studioso di matematica e geologia, Per celebrare il centenario della 1859 all’interno del Castello del Luigi Lagrange (1736-1813), tra i fondò il Club Alpino Italiano (1863). morte di Giovanni Plana (1781-1864), Valentino, sede spaziosa e con grosse principali scienziati del Risorgimento, Ministro delle Finanze (1862-65 e astronomo e matematico autore della portate d’acqua disponibili per i corsi lo ritrae accanto a una pila di libri. La 1869-73) puntò al pareggio del bilancio teoria del movimento della luna, una di idraulica. Nel 1906 divenne Regio scultura, eseguita da Giuseppe Alber- statale con un programma di economie lapide fu posta dalla Municipalità, nel Politecnico. toni (1865-67), fu inaugurata nel 1867 «fino all’osso» e il ricorso all’imposizio- 1965, sulla residenza di piazza Vittorio nella piazza dedicata allo scienziato. ne indiretta (tassa sul macinato). 12 in cui visse.

27 giugno 2011 | torino nel risorgimento

E. Gonin, Nuovo ospedale dei Pazzi, 1835 (ASCT, Col- lezione Simeom, D 625). Malattia, cura e nuove invenzioni

In una città ancora priva di acquedotti e rete fognaria, in cui gli ospedali erano ancora percepiti come i luoghi «dove andare a morire» e in cui i ricchi si curavano in casa, le nuove scienze e la formazione tecnica vanno di pari passo con la nascita delle cure specialistiche, dal Dispensario oftalmico all’Opera di Maternità

di Marco Galloni

ual era la situazione della gestione alla scoperta del nemico invisibile e perciò mentale sede barocca eretta a fine ’600 da della medicina e della chirurgia nella ignoto: i microbi. Altro merito di Ribe- Amedeo di Castellamonte, si era potuto QTorino dei decenni che precedettero ri fu ottenere il riconoscimento «Reale» espandere negli anni ’30 dell’800 grazie l’unificazione? La scuola medica torinese all’Accademia di Medicina, sorta inizial- alla demolizione napoleonica delle mura poteva vantare soprattutto la grande tradi- mente come Società medico-chirurgica della città, ma in quell’occasione si era zione chirurgica, che nel Settecento aveva nel 1819, che divenne così un prestigioso demolito anche il teatro anatomico eretto avuto in Ambrogio Bertrandi il maestro consesso per la categoria. nel 1758 dall’architetto Bernardo Vitto- e che, attorno alla metà dell’Ottocento, ne, che era stato fondamentale per il ruo- avrebbe trovato in Alessandro Riberi il Le strutture di cura lo che l’ospedale svolgeva come principale profondo riformatore, l’unificatore delle sede delle cliniche universitarie. due lauree – medica e chirurgica – in una La città disponeva di vari ospedali, alcuni L’Ospedale S. Luigi Gonzaga per i ma- sola, con serie basi scientifiche. D’altra con tradizioni plurisecolari e amministrati lati cronici e per quelli non accettati da- parte nel 1846 era stata introdotta una da congregazioni religiose, dal Comune o gli altri nosocomi, soprattutto a causa di prima efficace anestesia con etere, che da ordini cavallereschi. Una società forte- malattie infettive, fu costruito tra il 1818 già nell’anno successivo Riberi avrebbe mente divisa in classi percepiva, tuttavia, e il 1835 su disegno dell’architetto Giu- portato a Torino, aprendo l’era del pro- gli ospedali come luoghi di puro ricovero seppe Talucchi, con soluzioni innovative gresso tecnologico della chirurgia, i cui per i poveri, con una funzione sanitaria per una razionale ventilazione e con la risultati sarebbero rimasti ancora per modesta e con una diffusa fama di luoghi separazione delle corsie di degenza dai vent’anni limitati dalla mancanza del dove «si andava a morire», mentre i ricchi corridoi di servizio per il movimento dei concetto stesso di antisepsi (procedura di e i nobili venivano curati a casa. materiali sporchi, dei cadaveri e di tutto prevenzione delle infezioni, Ndr), legato Il San Giovanni Vecchio, con la monu- ciò che era opportuno celare alla vista

28 Rivista MuseoTorino | giugno 2011 dei ricoverati. In uno spazio adiacente, di assistenza degli ospedali comprendeva nello stesso periodo e allo stesso Talucchi spesso l’accoglimento e l’educazione degli PER SAPERNE DI PIÙ si deve la realizzazione del Regio Mani- esposti, i figli abbandonati che a Torino, comio, anch’esso progettato nel rispetto nel solo 1827, raggiunsero il numero di T. M. Caffaratto, L’Ospedale Maggiore di San Gio- dei problemi concreti posti dalla gestione 1.049 (e di questi, ben 325 morirono pri- vanni Battista e della Città di Torino. Sette secoli di di un simile luogo di cura, alla luce delle ma dell’anno). assistenza socio-samnitaria, USL 1-23, Torino 1984. concezioni psichiatriche di Giovanni Ste- All’iniziativa privata si deve l’Ospedale fano Bonacossa, l’autorevole direttore del infantile sorto nel 1843 per volere di un U. Levra, L’altro volto di Torino risorgimentale: 1814- tempo. Nel 1835 si aggiunse il recupero comitato guidato dal conte Luigi Franchi 1848, Comitato di Torino dell’Istituto per la storia del della Certosa di Collegno, edificio con- di Pont e che comprendeva il conte di Ca- Risorgimento italiano, Torino 1988. ventuale di antiche origini realizzato tra vour, con sede nel poverissimo quartiere gli altri anche da Filippo Juvarra, adibito del Moschino lungo le rive del Po. E. Dellapiana, P. M. Furlan, M. Galloni (a cura di), I a sezione maschile con ampi spazi per il luoghi delle cure in Piemonte. Medicina e architettu- lavoro dei pazienti, considerato come uti- Contro malattie e degrado anche ra tra medioevo ed età contemporanea, Celid, Torino le terapia riabilitante. i “santi sociali” 2004. Un carattere diverso, più aristocratico, aveva l’Ospedale Mauriziano, gestito L’Ottocento è stato anche il secolo dei CISO Piemonte, Il Regio manicomio di Torino: scien- dall’ordine cavalleresco strettamente lega- santi sociali: così come Giovanni Bosco, za, prassi e immaginario nell’Ottocento italiano, EGA, to alla tradizione militare sabauda, che si Francesco Faà di Bruno o Leonardo Mu- Torino 2007. trovava nella sede antica a Porta Palazzo, rialdo, impegnati per l’educazione e l’in- riaperta nel 1821 dopo la chiusura nel serimento sociale e professionale di ragaz- periodo del governo francese, in cui nel zi e regazze, Giuseppe Cottolengo fondò 1855 fu aggiunta un’infermeria femmini- nel 1828 il suo Ospedaletto dedicato ai le, dedicata alla regina Maria Adelaide. diseredati che, alla sua morte, ospitava I casi di longevità non sono troppo rari. Quan- Si assisteva allora alla nascita delle spe- 1.300 ricoverati accettando anche pato- tunque la città sia situata quasi al confluente di due cialità, come testimoniato dalla fondazio- logie incurabili e congenite molto gravi. fiumi, il Po e la Dora Riparia, ciò nondimeno per se ne nel 1838 del Dispensario Oftalmico L’opera di tali benefattori fu determinante stessa è insalubre, e di poi che vennero atterrati gli da parte di Casimiro Sperino, che sarebbe per combattere le precarie condizioni di alti baluardi che la cingevano, sono scomparse le stato il nucleo dell’Ospedale Oftalmico vita di gran parte della popolazione cit- malattie epidemiche che non di rado s’osservavano con annessa Clinica Oculistica dell’Uni- tadina. Non dimentichiamo che la sanità massimamente nella calda stagione. Vuolsi aggiun- versità. Sperino fu anche il protagonista di una città vasta e affollata come Torino gere che da qualche anno si è introdotta maggior della riorganizzazione dell’ospedale der- dipendeva dall’igiene pubblica, le cui infra- polizia pubblica e privata, maggior temperanza fra matologico e per la cura delle malattie ve- strutture a metà Ottocento erano ancora gli abitanti nel modo di vivere, e l’osservanza di neree che ospitava al suo interno la Clinica molto carenti: si sarebbe, infatti, dovuto molte regole igieniche che prima erano trasandate. universitaria, nato a partire da una infer- attendere fino al 1859 perché nascesse una Basti l’accennare che in principio del corrente seco- meria settecentesca annessa all’Ospizio di prima rete di acquedotti, mentre soltanto lo si annoveravano in Torino due sole case di bagni Carità, dovuta in origine al lascito eredita- alla fine del secolo si sarebbe creata la rete pubblici, a’quali minimo era il concorso, ed ora se rio del banchiere Bogetto. Anche l’Opera fognaria. Le epidemie rimanevano una ne posseggono sei, distribuite nei varj rioni, tutte di Maternità aveva avuto origine nel Set- calamità accolta con fatalismo: ogni anno più o meno comode ed eleganti e frequentatissime, tecento e aveva allora sede nell’ex conven- quelle estive di tifo e, più saltuariamente, oltre all’introduzione nel 1825 dei bagni a domicilio. to di S. Michele, ospitando anche la scuo- quelle di vaiolo, difterite, colera. la per ostetriche – la più antica d’Italia – e Davide Bertolotti, Descrizione di Torino, Pomba, l’insegnamento di ostetricia per la Facoltà ◆ Marco Galloni è presidente dell’Archivio Scien- Torino 1840 medica. Non dimentichiamo che l’opera tifico e Tecnologico dell’Università di Torino

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Ospedale e complesso Ospedale San Luigi Gonzaga istituto buon pastore regio manicomio del Cottolengo Nato nel 1818, su progetto di Giuseppe Nel 1843 re Carlo Alberto fondava in Costruito tra gli anni 1828 e 1834 su Il primo nucleo dell’ospedale nacque Talucchi, come ospedale all’avanguar- zona Valdocco un istituto di correzione progetto di Giuseppe Talucchi, il Regio nel 1832 con la Casa della Fede, la dia per conto dell’Opera pia di San femminile affidandolo alle cure delle Manicomio sostituì il vicino Ospedale Casa della Speranza e la Casa della Luigi Gonzaga, l’edificio oggi ospita monache di Nostra Signora della Carità dei Pazzerelli. Oggi è sede dell’Anagra- Carità. Riconosciuta da Carlo Alberto la Soprintendenza archivistica per il di Angers, dette del «Buon Pastore». fe centrale della Città. nel 1833, l’opera del Cottolengo comin- Piemonte e la Valle d’Aosta e una delle ciò a ingrandirsi in zona Valdocco. due sedi dell’Archivio di Stato.

29 giugno 2011 | torino nel risorgimento

i luoghi della formazione e del dibattito artistico

Accademia di Belle Arti, Società Promotrice, Circolo degli Artisti, musei pubblici e istituti di conservazione universitari sono nell’800 i luoghi di elaborazione di nuove prospettive di tutela e utilizzo del patrimonio d’arte cittadino e di un più ampio dibattito sui rapporti fra mecenatismo, mercato e produzione di arte

di Sara Abram e Monica Tomiato

l 1820 è un anno di grande importanza d’arte, allestita senza finalità di vendita requisite a Torino dai francesi in età na- per l’avvio di una politica di promozio- con opere prestate dal re e da collezioni- poleonica. Costa ottiene di poter esporre Ine delle arti che darà i suoi frutti in se- sti privati. L’iniziativa parte dal ministro parte dei tesori appena restituiti alle col- guito, durante il regno di Carlo Alberto; degli Interni Prospero Balbo, ma a orga- lezioni sabaude e altri dipinti conservati nel settecentesco palazzo dell’Università nizzare la mostra è il giovane vice bibliote- nei regi palazzi, ma insieme alle raccolte di via Po si tiene, fra luglio e ottobre, una cario dell’Università, Lodovico Costa, già storiche di casa Savoia cerca di valorizzare grande esposizione pubblica di oggetti incaricato del recupero delle opere d’arte anche l’opera degli artisti viventi attivi in

30 Rivista MuseoTorino | giugno 2011

Regia Camera di Agricoltura e Commer- cio si tengono a Torino dal 1832 al 1844 periodiche esposizioni merceologiche in cui trovano posto anche oggetti di belle arti. È però l’iniziativa privata a promuo- vere un sistema alternativo al tradizionale mecenatismo regio e istituzionale con la fondazione della Società Promotrice del- le Belle Arti. Creata nel 1842 su iniziativa del conte di Benevello, accademico d’ono- re dell’Albertina e pittore dilettante, dopo appena un anno di vita la Società annove- ra ben 750 soci: membri della famiglia re- ale ed esponenti del ceto dirigente, ma an- che rappresentanti della piccola borghesia impiegatizia, professionisti, insegnanti e artisti. Le esposizioni della Promotrice, aperte (è la prima volta) ad autori non piemontesi, diventano un appuntamento fisso per i torinesi e favoriscono lo smercio delle opere d’arte contemporanea. Il dibattito artistico trova ulteriori stimoli alla metà degli anni Cinquanta con la cre- azione del Circolo degli Artisti. La nuova associazione, che ha fra i suoi promotori Luigi Rocca e Carlo Felice Biscarra, di- venta ben presto un luogo di aggregazione della società colta torinese. Nato nel 1847, il Circolo conta tre anni dopo già 800 L’ingresso al Museo Civico di Torino nella sua primitiva iscritti e agli intenti di promozione artisti- sede di via Gaudenzio Ferrari (1863) era decorato ca unisce una spiccata vocazione mondana. dall’affresco di Eugenio Moretti Larese (1822-1874) Una ventata di rinnovamento investe negli raffigurante «Dante morente», esplicito richiamo al stessi anni l’Accademia Albertina, rifor- sentimento patriottico della prima capitale dell’Italia unita mata da Ferdinando di Breme che affida (fotografia di M. e P. Gonella per MuseoTorino). i principali insegnamenti ad artisti come Vincenzo Vela, Gaetano Ferri e al venticin- Piemonte. La mostra è di fatto una pre- la creazione del pensionato per il perfe- quenne Enrico Gamba, messosi in luce nel figurazione di quel futuro museo pub- zionamento degli studi a Roma che favo- 1856 con il grande dipinto «I funerali di blico che Balbo e i suoi collaboratori con- rirà sensibilmente l’aggiornamento della Tiziano» (oggi nelle raccolte della GAM). siderano indispensabile allo sviluppo delle cultura artistica piemontese. Nel 1860 di Breme chiama a insegnare in arti e del mecenatismo. L’idea di istituire Accademia un altro giovane di talento, ap- una pubblica pinacoteca è rilanciata sul fi- Le innovazioni dell’epoca albertina pena rientrato da Parigi, Andrea Gastaldi, e nire del 1820 dallo stesso Costa nella sua poco prima di morire, nel 1869, riuscirà a Memoria concernente alle arti del disegno, L’ascesa al trono di Carlo Alberto segna ottenere l’istituzione di una cattedra di Pa- ma la creazione della galleria non è che una svolta nella politica culturale dello esaggio (una novità per Torino) affidandola uno dei tasselli di un più vasto progetto Stato sabaudo. Consigliato da Roberto ad Antonio Fontanesi. di valorizzazione della cultura e delle arti d’Azeglio, il nuovo sovrano rende final- Gli sforzi per adeguare gli studi accade- che contempla la riforma delle istituzioni mente accessibile al pubblico parte delle mici all’evoluzione del gusto e alle esi- scolastiche, la tutela del patrimonio sto- collezioni reali, istituendo nel 1832 la genze più attuali contemplano anche il rico artistico subalpino e lo sviluppo di Regia Galleria di Pittura (primo nucleo potenziamento degli insegnamenti con- strutture espositive legate alla produzione dell’attuale Galleria Sabauda). Ma il rilan- nessi alle arti applicate. Lo studio degli figurativa contemporanea. cio dell’immagine dinastica passa anche stili e la creazione di repertori di modelli La crisi del 1821 frena, purtroppo, la attraverso l’ammodernamento delle resi- erano funzionali alle nuove mire della cit- maggior parte delle iniziative e solo la denze sabaude, affidato alla regia del bo- tà: perso il ruolo di capitale politica della riforma dell’Accademia di Belle Arti è lognese Pelagio Palagi, e il potenziamento nazione, Torino aveva infatti imboccato attuata con successo nei primi anni del dell’istruzione artistica. L’Accademia – la scommessa industriale, supportata dal regno di Carlo Felice. Riaperta ufficial- che nel 1833 prenderà il nome di «Alber- 1862 dalla presenza del Museo Industria- mente nel luglio del 1824 (anno di fon- tina» – ottiene dal re una sede propria e le, destinato a favorire l’aggiornamento dazione del Museo Egizio), l’Accademia anche i programmi di insegnamento ven- tecnologico e confluito nel 1903 nelle vede rinnovati sia i regolamenti che il gono adeguati all’evoluzione della cultura raccolte della Scuola di Applicazione corpo docente. Ma la novità principale è artistica contemporanea. Promosse dalla (poi Politecnico).

31 giugno 2011 | torino nel risorgimento

Le raccolte civiche: musei pubblici, per riprendere le parole di so dei dipinti di antichi maestri piemon- un patrimonio multiforme Giuseppe Francesco Baruffi in un articolo tesi donati da Leone Fontana nel 1908) e del 1861, «un continuo invito ai cittadini Galleria d’Arte Moderna. La prima se- Cogliendo gli stimoli provenienti dalle a farsi benemeriti della patria, mentre svi- zione rimase nei locali di via Gaudenzio Esposizioni Universali e sull’esempio delle luppano nel pubblico i più nobili sensi e Ferrari, dove il direttore Vittorio Avondo grandi capitali europee, in particolare Lon- rialzano lo spirito al di sopra della materia». realizzò un nuovo e suggestivo ordina- dra con la creazione del South Kensington Nel 1863 il Museo Civico di Torino apri- mento, e fu trasferita nell’attuale sede di Museum e Parigi con il Conservatoire des va nella sede di via Gaudenzio Ferrari, in Palazzo Madama nel 1934. Alla Galleria Arts et Métiers, nel gennaio del 1862 la dodici sale al primo piano del fabbricato fu invece assegnato nel 1895 l’edificio Giunta municipale accoglieva la propo- per il mercato del vino (da poco termina- progettato dall’architetto Guglielmo Cal- sta di riunire in un’unica sede le raccolte to) e che nel 1862 avevano accolto l’espo- derini per l’Esposizione del 1880: irri- di proprietà civica. Già nel 1837 la città sizione della Società Promotrice. Ottempe- mediabilmente danneggiata dai bombar- aveva ereditato gli acquerelli di Giovanni rando alla necessità di riunire e divulgare damenti della seconda guerra mondiale, Battista De Gubernatis (1774-1837), e esempi utili alla produzione manifatturie- la palazzina venne sostituita negli anni nel 1859 Bartolomeo Gastaldi aveva dona- ra, il nuovo istituto rispondeva anche a ’50 dall’attuale sede della Galleria d’Arte to i reperti di età romana e altomedievale scopi di tutela delle testimonianze storiche Moderna, esito di un progetto innovativo che aveva recuperato, ordinato e catalogato e di promozione dell’arte contemporanea. destinato a realizzare, sotto la direzione di durante gli scavi condotti a Torino per l’ab- Negli anni a venire, mediante una politi- Vittorio Viale, il primo museo moderno battimento della Cittadella e l’impianto ca di scambi e importanti donazioni, gli nell’Italia del dopoguerra. dello scalo ferroviario di Porta Susa: la col- ambiti di attività del Museo si definirono Nell’ambito delle raccolte civiche, il filo- lezione fu trasferita nei locali del Collegio meglio, in particolare con la rinuncia a ne riservato alle testimonianze di carattere Monviso, la scuola tecnica dove Gastaldi proseguire la raccolta di materiali archeo- storico alimentò in parte, nel 1908, la co- insegnava. Qui era stata destinata anche logici (già compito del Museo di Antichi- stituzione del Museo del Risorgimento, la collezione di Gian Giacomo Arnaudon tà) e con la generosa donazione del mar- e in parte fu al centro del progetto per un (1829-1893): chimico autodidatta e stu- chese Emanuele Tapparelli d’Azeglio, «Museo di Torino» a più riprese auspica- dioso di materie prime (cui diede il nome che ancor prima di assumere il ruolo di to nel corso del ’900 e che solo oggi riceve di “merceologia”, trasformandola anche in direttore (1879-1890), arricchì il patri- una sua rinnovata realizzazione. materia di insegnamento), rappresentante monio museale con la raccolta di porcella- della città presso l’Esposizione londine- ne della manifattura di Vinovo, maioliche ◆ Sara Abram è storica dell’arte se del 1851 (dove guidò una delegazione e porcellane italiane e un raro nucleo di Monica Tomiato è storica dell’arte di tecnici e operai piemontesi), nel 1860 vetri dipinti e graffiti a oro. Così, mentre aveva offerto al Municipio la propria colle- il primo regolamento del 1863 riportava zione, con l’idea di costituire un museo in- una generica divisione in «dipinti, scoltu- PER SAPERNE DI PIÙ dustriale pubblico. Le raccolte al Collegio re, ed incisioni antiche o moderne», «og- Monviso, ordinate in questa prima fase dal getti d’arte di vario genere» e «cose relative E. Borbonese, Il Museo Civico di Torino. Guida, Torino 1884. teologo Pietro Baricco (che ricopriva al alle scienze naturali ed all’industria», tra il contempo la carica di vicesindaco), erano 1879 e il 1908 si giunse alla suddivisione E. Castelnuovo, M. Rosci (a cura di), Cultura figura- state riunite sotto la spinta di un sentimen- in Museo di Arte applicata all’industria tiva e architettonica negli Stati del Re di Sardegna. to fortemente patriottico, che nella «me- (dal 1913 di «Arte antica e Arte applicata 1773-1861, catalogo della mostra, Regione Pie- tropoli del nuovo Regno» riconosceva nei all’industria», in particolare dopo l’ingres- monte, Torino 1980.

Vai alle schede complete e alla mostra Il Risorgimento è qui! su www.museotorino.it Franca Dalmasso, Pierluigi Gaglia, Francesco Poli, L’Accademia Albertina di Torino, Istituto bancario San Paolo, Torino 1982.

S. Pettenati, G. Romano (a cura di), Il tesoro della cit- tà. Opere d’arte e oggetti preziosi da Palazzo Mada- ma, catalogo della mostra, Allemandi, Torino 1996.

Elena Dellapiana, Gli accademici dell’Albertina. Tori- no 1822-1884, Celid, Torino 2002.

museo egizio accademia albertina Piergiorgio Dragone (a cura di), Pittori dell’Ottocento La celebre collezione egi- Il principale istituto deputa- in Piemonte. Arte e cultura figurativa 1800-1830, zia di Torino, la seconda to all’educazione artistica, Unicredito italiano, Torino 2002. per importanza al mondo tutt’ora operante nella circolo degli artisti dopo quella del Cairo, sede storica, deve il suo G. C. F. Villa, Una sonora clausura. La Galleria d’Arte Fondato nel 1847, dal 1858 ha sede a Palazzo Graneri si costituisce nell’epoca nome a re Carlo Alberto Moderna di Torino. Cronaca di un’istituzione, Silvana della Roccia in via Bogino 9. Numerose le rappresen- della Restaurazione, che si prodigò a dotarlo, Editoriale, Cinisello Balsamo 2003. tazioni teatrali e musicali messe in scena fin dagli anni quando nel 1824 venne oltre che di un eccellente Sessanta dell’Ottocento. Nel 1858 venne creata la sezio- acquisita per le collezioni corpo di insegnanti, E. Pagella, Il Palazzo Madama. Museo Civico d’Arte ne della «Società di incoraggiamento alle belle arti», che reali di re Carlo Felice. dell’importante pinacoteca Antica, collana «I grandi musei del Piemonte», Alle- nominò Massimo d’Azeglio presidente onorario a vita. ancor oggi visitabile. mandi, Torino 2008.

32 Rivista MuseoTorino | giugno 2011

Fotografia di Michele D’Ottavio. Le fotografie degli al- lestimenti storici sottostanti sono concesse dal Museo Nazionale del Risorgimento Italiano di Torino. il “nuovo” museo nazionale del risorgimento italiano

Alla base del riallestimento una profonda revisione storiografica e un’impostazione comparata all’avanguardia

Il Museo del Risorgimento di Torino, istituito nel 1878 come «Ricordo Nazionale di Vittorio Emanuele II» (morto proprio in quell’anno) e unico “nazionale” in Italia (per regio decreto dell’8 dicembre 1901, n. 360), si è presentato, il 17 marzo 2011, con un nuovo allestimento (il quarto della sua storia), a conclusione di lavori durati 5 anni. Finanziati da Ministero dei Beni Culturali, Regione Piemonte e Compagnia di San Paolo (più altri sponsor minori) e progettati da Richard Peduzzi, già direttore dell’Accademia di Francia a Roma, gli interventi han- no completamente rivisto l’ordinamento delle collezioni, sulla base di una revisione dei criteri storiografici alla base dell’esposizione. Il progetto scientifico è stato coordinato da UmbertoL evra, presidente del Museo e professore ordinario di storia del Risorgimento a Torino. Il nuovo allestimento è nato dalla necessità di correggere le incongruenze e le stratificazioni del passato, le carenze del percorso, l’arretratezza museografica e comunicativa (a partire dagli eccessivi toni encomiastici e apologetici). L’esito più evidente – al di là della maggiore spet- tacolarizzazione del percorso e dei nuovi strumenti multimediali, con documenti e ricostruzioni delle “rivoluzioni” europee – è la nuova dimensione internazionale del museo, in cui il Risorgimento torinese, piemontese e italiano trova occasioni di inediti confronti. Il Museo racconta oggi un Risorgimento che risponde alla sensibilità attuale e alle tante domande che il presente rivolge al passato prossimo e remoto, senza enfasi né retorica. Il Risorgimento è così presentato con i fatti reali e quotidiani, con i “personaggi in carne e ossa e non sui piedistalli”, con i problemi concreti e con i risultati raggiunti – e i molti obiettivi mancati – tra la fine delS ettecento e la prima guerra mondiale. Le tappe del museo 1908 Dopo due allestimenti temporanei (1884 e 1899), l’inaugurazione definitiva si ebbe il 18 ottobre 1908 nella Mole Antonel- liana. Presentava 1.274 pezzi esposti nel salone centrale e in tre grandi corsie. Nel suo essere “nazionale” – con un chiaro intento educativo e celebrativo delle glorie patrie – era anche l’unico museo del Risorgimento italiano a poter essere definito “scientifico”. 1938 L’8 settembre del 1938 il re Vittorio Emanuele III inaugurò il Museo Nazionale del Risorgimento Italiano trasferito nell’attuale sede di Palazzo Carignano. Nel nuovo allestimento, la storia d’Italia abbandonava i nessi con l’Europa e compiva un percorso che legava strettamente la Roma antica al Risorgimento e al fascismo. Il museo voleva rappresentare l’antichità della dinastia e la crescente potenza dello Stato sabaudo, così le origini del Risorgimento furono anticipate al 1706, data della battaglia di Torino (il celebre “assedio”) che diede un regno ai Savoia. 1961-65 In occasione delle celebrazioni del Centenario dell’Unità d’Italia, a Palazzo Carignano si realizzò una grande mostra storica con oltre 1.800 pezzi (finalmente provenienti da tutta Italia) esposti in 32 sale, allestite con obiettivi maggiormente scenografici e coinvolgenti. Dal punto di vista dell’interpretazione storiografica, si tornò a datare le origini del Risorgimento alla Rivoluzione francese, alla dominazione napoleonica e agli ideali patriottici da questa sollecitati. Il museo allestito nel 1965 – sia per scelta degli allestitori, sia perchè molto materiale esposto nel 1961 era stato restituito ai 350 prestatori – ridusse fortemente il carattere nazionale dell’esposizione del centenario, riproponendo una visione del Risorgimento fedele all’idea della dinastia sabauda come principale motore dell’unificazione.

33 giugno 2011 | torino nel risorgimento

La caserma di via Cernaia, che porta il nome di una bat- taglia della guerra di Crimea (1853-56), venne progettata da Giovanni Castellazzi e terminata nel 1864 sui terreni della Cittadella smantellata (fotografia di F. Di Rovasenda per MuseoTorino). torino e le armi, una storia millenaria

L’architettura militare evolve in parallelo con la storia della città, secondo un rapporto di influenza reciproca che dall’età antica arriva a quella contemporanea

di Andrea Bruno jr

orino ha posseduto sin dalle sue ori- la resta il simbolo più emblematico. La vo- proprie direttive architettoniche e urbani- gini una vocazione militare che si è lontà distruttrice di Napoleone I innesca, stiche nasceranno dalle soluzioni proposte Tmantenuta nel tempo, adattandosi ai a posteriori della sua sconfitta, una nuova dai militari: in un primo tempo lasciano al cambiamenti storici e sociali, e incidendo stagione per il disegno della città ottocen- Consiglio della città la prosecuzione della profondamente sul territorio urbano. tesca, oltre ad assegnare un ruolo di primo traccia segnata dall’occupazione francese Leggendo il tessuto cittadino si colgono piano, in questa operazione, all’esercito ri- (demolizione completa delle fortificazioni i segni di un passato in armi che nasce organizzato da Vittorio Emanuele I. e mantenimento del progetto dei grandi dall’antico accampamento romano e si Non solo decisioni di stretto carattere viali), ma con l’avvento di Carlo Alberto e concretizza nelle opere di difesa volute militare, come la creazione dell’Arma lungo il ventennio che porta alla nomina di da Emanuele Filiberto, di cui la Cittadel- dei Carabinieri (1814), ma anche vere e Torino capitale del regno, tramite il corpo

34 Rivista MuseoTorino | giugno 2011

del Genio si faranno portatori di impor- tanti trasformazioni, dalla smilitarizzazio- ne (1846) e poi definitiva demolizione (1856) della Cittadella alla costruzione di una nuova piazza d’armi (1847). Proprio le vicende successive alla demo- lizione e alla conseguente liberazione dei terreni ex-militari dell’area della Cittadel- la mettono in evidenza la figura di Carlo Promis, che si fa promotore di un’inten- sa attività di mediazione tra la città e il governo, proponendo efficaci soluzioni che tendono a garantire soddisfazione per Parata militare in piazza Vittorio in occasione delle nozze di Vittorio Emanuele con Maria Adelaide d’Austra, entrambe le parti in causa. Gli anni che nell’aprile 1842 (ASCT, Collezione Simeom, D 2085, tav. 2). seguono vedono fiorire molte iniziative edilizie da parte dell’esercito che si trova zione del mito dei castelli medievali. a dover modernizzare le strutture esistenti Torino quindi accoglie e inserisce nelle PER SAPERNE DI PIÙ e al tempo stesso a realizzarne di nuove, sue molte facce anche la presenza forte dei come la caserma Cernaia (1861-64), la militari e lo fa non solo con le opere archi- V. Fasoli, C. Vitulo (a cura di), Carlo Promis, profes- Pietro Micca, la Maurizio De Sonnaz tettoniche ma anche con la conferma nel sore di architettura civile agli esordi della cultura (1883), la Alfonso La Marmora (1855- suo tessuto di un importante strumento politecnica, Celid, Torino 1993. 90, oggi demolita) e altri edifici di servizio di formazione quale è la Scuola di Appli- tutti posti entro la cinta daziaria del 1853. cazione e Istituto di Studi Militari erede V. Borasi, La presenza dei militari, in G. Bracco, Esternamente, mano a mano che l’eserci- dell’antiche Regie Scuole Teoriche e Prati- V. Comoli (a cura di), Torino da capitale politica a to necessita di nuovi e più vasti spazi, si che di Artiglieria e Fortificazione create da capitale dell’industria. Il disegno della città (1850- assiste a un’attività costruttiva intensa nei Carlo Emanuele III nel 1739, una Scuola 1940), Archivio Storico della Città di Torino, 2004, primi anni del Novecento, con opere qua- che ha la funzione di istruire gli ufficiali in pp. 167-186. li la caserma Tommaso Morelli di Popolo, servizio permanente nella sua sede all’in- la Montegrappa, la Caserma Alessandro terno dell’ex-Arsenale. V. Vichi, D. Zambrano, La Scuola di Applicazione, la La Marmora, poi Dogali, di via Asti, la storia e la sede, Sgs, Torino 2003. Vittorio Da Bormida e l’ospedale mili- tare Alessandro Riberi. Lo stile che ac- ◆ Andrea Bruno jr insegna presso la I Facoltà Politecnico di Torino-Dipartimento di Ingegneria dei comuna molte di queste costruzioni è un di Architettura del Politecnico di Torino Sistemi Edilizi e Territoriali, Torino nell’Ottocento e neo medievalismo di matrice non locale, a nel Novecento, Celid, Torino 1995. testimoniare l’intervento dello Stato e non della regione piemontese e a evocare la so- lidità dei compiti di difesa, diretta emana-

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Mastio della Cittadella (Museo Nazionale d’Artiglieria) In corso Galileo Ferraris, è quanto resta arsenale militare dell’imponente fortezza disegnata nel monumento ad Il complesso, sorto in Borgo Dora come 1564 da Francesco Paciotto per il duca alessandro la marmora monumento all’alfiere Regia Fabbrica delle Polveri e Raffine- Emanuele Filiberto, difesa e simbolo, Il generale Alessandro La Marmora dell’esercito sardo ria dei Nitri, a partire dal 1867 ospita nella sua ideale forma pentagonale, (1799-1855), fondatore del corpo dei L’alfiere con sciabola sguainata e alcune lavorazioni del Regio Arsenale. della nuova dignità di Torino quale Bersaglieri, è ritratto in divisa con tricolore, opera del celebre scultore Conosce un rapido sviluppo a cavallo capitale di uno Stato assoluto. la spada sguainata. Il monumento ticinese Vincenzo Vela, in piazza Castello, dei due conflitti mondiali occupandosi fu realizzato nel 1867 da Giuseppe fu l’offerta che i milanesi fecero nel 1857 della produzione di materiale bellico. Cassano (1825-1905) e Giuseppe Dini all’esercito piemontese su cui erano ripo- Dal 1983 ospita il Sermig-Arsenale (1820-1890), e posto nel giardino a lui ste le speranze di libertà dall’austriaco. della Pace. dedicato, in via Cernaia.

35 giugno 2011 | torino nel risorgimento

Moti del 1821 in San Salvario, esplosi innanzitutto fra gli studenti in seguito alla politica iperconservatrice del governo della Restaurazione (litografia da disegno di Masutti). società segrete e moti di piazza

Tra 1820 e 1848 le diverse componenti della popolazione di Torino si mobilitano in chiave antimonarchica: classi povere, borghesi moderati e liberali, gruppi di giovani studenti creano lo scenario da cui scaturirà la concessione dello Statuto Albertino

di Francesca Rocci

’11 gennaio 1821, durante il carneva- La Costituzione concessa a Napoli nel ti, ma, dopo pochi giorni, le pressioni le, al Teatro d’Angennes (il Gianduia, 1820 dai Borboni fomentò, insieme, di piazza lo spinsero, nella sua qualità di Lnell’attuale via Principe Amedeo) speranze e scontento a Torino; sempre reggente in nome del fratello Carlo Felice, quattro studenti universitari indossarono più attive e numerose divennero le società a concedere la Costituzione di Spagna. cappelli in lana rossa con fiocco nero, i segrete (prima fra tutte quella dei Fede- Molto più di quanto in realtà volesse. colori della Carboneria. Furono arrestati, rati), modellate sulle assai diffuse logge L’opinione pubblica, lungi dal sentirsi e, il giorno successivo, quando l’Ateneo massoniche. Nei caffè cittadini ferveva- appagata, si mobilitò perché il sovrano insorse, perché il provvedimento non ri- no le discussioni, si leggevano articoli di dichiarasse guerra all’Austria, mentre la spettava i «privilegi» degli universitari, le giornali stranieri, circolavano fogli inneg- rivoluzione dagli Stati vicini s’avvicinava a forze dell’ordine diedero l’assalto all’Uni- gianti alla Costituzione e libelli contro Torino. Carlo Felice sconfessò l’operato versità. Fu l’episodio iniziale dei moti del l’Austria. Alla manifestazione di gennaio di Carlo Alberto, che si dimise, lascian- 1821 a Torino. seguirono la chiusura parziale dell’Univer- do la città nella notte del 21 marzo per I moti torinesi di primo Ottocento erano sità, mesi di perquisizioni, la scoperta di dirigersi a Novara, dove dichiarò che suo scaturiti dalla politica retrograda del gover- nuovi sovversivi, sequestri di materiali e primo giuramento di fedeltà era obbedi- no insediato dalla Restaurazione (successi- arresti, tra cui quelli di molti nobili. re al sovrano, sconfessando quanto aveva va al Congresso di Vienna del 1814-15), fatto con i rivoluzionari. Seguì la repres- che presto rifiutò innovazioni e pluralismo Il ruolo di Carlo Alberto sione, estesa anche se non eccessivamen- introdotti nel periodo francese (1798- te cruenta, mentre Carlo Alberto non si 1814), suscitando lo scontento soprattutto All’inizio di marzo, Carlo Alberto incon- sarebbe più liberato delle polemiche (for- dei giovani, desiderosi di una società rinno- trò per la prima volta i ribelli, convinto se dal senso di colpa) per il suo operato vata e di maggiori spazi di libertà. di poter segretamente mediare fra le par- ambiguo. La società fu sottoposta a un

36 Rivista MuseoTorino | giugno 2011 pesante clima: i controlli di polizia e la giamento nel 1821 e le scelte successive: mobilitazione di associazioni e istituzioni il sovrano, tuttavia, introdusse alcune religiose e monarchiche, specie nell’am- riforme nell’ottobre 1847, sopprimendo bito dell’educazione, tesero a ottenere un i privilegi ecclesiastici (tranne quello di nuovo modello di suddito, obbediente e Foro) e concedendo una limitata libertà fedele. Ruolo primario vi ebbero i Gesuiti. di stampa. La popolazione reagì con ma- nifestazioni di giubilo e, per la prima vol- 1830-1831: i Cavalieri della Libertà ta, il 31 ottobre, fu intonato Il Canto degli e la Giovine Italia Italiani, l’inno noto come Fratelli d’Italia con la musica di Michele Novaro e le pa- L’insofferenza verso questo clima (e ver- role di Goffredo Mameli. so i Gesuiti in particolare) divenne, negli Tornò quindi la calma, ma sarebbe stato anni a seguire, sempre più diffusa, tema difficile ritirare quanto fatto e lo stesso centrale di discussione nei caffè cittadini: governo Gioberti sollecitava altri provve- da Fiorio al San Carlo e in tutti quelli fre- dimenti, come l’istituzione della Guardia quentati dai liberali, ora soprattutto gio- nazionale, scuole laiche non più in mano vani borghesi. ai Gesuiti, maggior libertà di stampa. In Nel 1830 Torino parve essere meno in- città era iniziato un periodo di fermenti teressata del resto del Regno dallo spirito che si sarebbero protratti per mesi e avreb- L’obelisco dedicato ai moti del 1821, eseguito da dei moti, che tuttavia si manifestò con la bero portato alla definizione di «rivoluzio- Giuseppe Gabetti e posto nel 1873 sul piazzale del fallita congiura dei Cavalieri della Li- ne dall’alto», una rivoluzione moderata borgo San Salvario. Sulla sommità, spicca una stella bertà, scoperta prima di essere attuata per «preventiva», messa in atto dagli stessi in bronzo a cinque punte, simbolo della massoneria la banale ingenuità d’un partecipante. ceti dirigenti che giocarono d’anticipo (fotografia di M. Boero per MuseoTorino). Nello stesso periodo in città fioriva un attuando un’efficace opera di persuasione. «groviglio di sette», tante piccole società, Un ruolo fondamentale di calmieratore e la cui incapacità di coordinarsi fu causa guida vi ebbe la guardia civica di volontari PER SAPERNE DI PIÙ della sostanziale inazione rivoluzionaria. torinesi, capitanati da Roberto d’Azeglio, Il gran numero di gruppi presenti in città antesignana della milizia comunale uf- U. Levra e R. Roccia (a cura di), Milleottocentoqua- e le divergenze tra i sostenitori di Buo- ficiale. Culmine delle manifestazioni fu rantotto. Torino, l’Italia, l’Europa, Archivio Storico narroti e quelli di Mazzini ostacolarono quella, imponente e ordinatissima, del 27 della Città di Torino, Torino 1998. l’azione della Giovine Italia, i cui affiliati febbraio 1848: migliaia di persone, coc- rimasero pochi. A ostacolare i mazzinia- carde, stendardi, salve di cannone e persi- G. Talamo, Società segrete e gruppi politici liberali e ni venne pure il nuovo spirito di riforma no un Te Deum davanti alla Gran Madre. democratici sino al 1848, in U. Levra (a cura di), Storia che attraversava i ceti elevati, impegnati Ne sarebbe scaturito lo Statuto (4 mar- di Torino, VI, La città nel Risorgimento (1798-1864), in istruzione, assistenza, discussioni in- zo) e, da lì, molte altre vicende. Einaudi, Torino 2000, pp. 463-491. tellettuali attraverso circoli, associazioni, accademie. ◆ Francesca Rocci è storica e giornalista G. Talamo, Stampa e vita politica dal 1848 al 1864, In generale mancavano prospettive di in Storia di Torino, VI, cit., pp. 527-530. azione unitaria, permanevano contrasti su tempi, modi e obiettivi. Nel 1833, il fal- limento del tentativo di pugnalare Carlo Vai alle schede complete e alla mostra Il Risorgimento è qui! su www.museotorino.it Alberto a opera del mazziniano Antonio Gallenga, giunto a Torino con tale scopo, costituì il colpo decisivo per Mazzini, che volse altrove la propria attenzione. 1848, la «rivoluzione dall’alto»

Tra settembre e ottobre 1847 Torino fu Cortile del Palazzo costellata di scritte inneggianti alle ri- dell’Università forme di Pio IX, cancellate dalla polizia, degli Studi sistematicamente e senza clamore. Dopo Lo Statuto albertino Il cortile del Palazzo Lapide dedicata alla che il 1° ottobre una manifestazione di A seguito delle mani- dell’Università, progettato prima esecuzione piazza era stata sbrigativamente sciolta festazioni di piazza, il da Michelangelo Garove, dell’Inno di Mameli Teatro d’Angennes (fra le vibranti proteste del Consiglio 4 marzo 1848 Carlo nel gennaio 1821 fu luogo Una lapide fu posta, nel (poi Gianduja) comunale), un’ordinanza ne vietò ogni Alberto concesse lo Sta- di manifestazioni studen- 1930, sul fronte dell’attuale Storico teatro finemente altra, anche se il provvedimento rimase tuto, Carta costituzionale tesche. La sera dell’11 teatro Gobetti, ove nel 1847 decorato con 4 ordini di ignorato. di un sovrano assoluto gennaio alcuni studenti, si tenne la prima esecuzione palchi e 1300 posti. Nel A chi veniva da altri Stati della Penisola, il che però affiancava a sé erroneamente scambiati del canto Fratelli d’Italia, 1821 vide nascere i sus- Regno sardo pareva chiuso a ogni cam- Senato e Camera e che dalla polizia per i membri di composto dal patriota Gof- sulti politici che avrebbero biamento e gli stessi liberali e riformatori concedeva diritti liberali una società segreta, furono fredo Mameli (1827-1849) e portato alla concessione locali avevano esaurito la fiducia in Carlo ai cittadini. arrestati. divenuto nel 1946 inno della della Costituzione da Alberto (notoriamente ribattezzato «Re Repubblica Italiana. parte di Carlo Alberto. Tentenna») dopo il suo ambiguo atteg-

37 giugno 2011 | torino nel risorgimento le nuove vie della religiosità nelLa città dell’ emancipazione

Dopo il 1848 una serie di specifici provvedimenti legati allo Statuto Albertino rese i valdesi e gli ebrei liberi di praticare i propri culti e riconobbe loro pieni diritti di cittadini, promuovendo così una società complessivamente più integrata

di Francesca Rocci

opo che i governi repubblicano e na- giugno, che concessero loro, in successione, Il ghetto nuovo, tra le poleonico (1798-1814) avevano ga- diritti civili, acceso a carriera accademica e vie Maria Vittoria, Bogi- Drantito una breve stagione di libertà ammissione alla leva militare, diritti politici e no, Principe Amedeo e alle minoranze religiose, subito persa con accesso alle cariche civili e militari. Il ghetto San Francesco da Paola la Restaurazione, lo Statuto Albertino fu quindi abolito e gli ebrei divennero cittadi- e in prossimità del vec- concesse loro nuove e ampie libertà. Fu la ni a pieno titolo dello Stato sabaudo. Questa chio ormai insufficiente, cosiddetta «emancipazione». totale parificazione con gli altri sudditi soddisfa le esigenze La religione cattolica rimaneva quella uffi- fece anche sì che iniziassero a dissolversi della comunità, in ciale del Regno, ma – con specifici decreti antiche tradizioni rimaste vive nella co- forte crescita tra Sette legati allo Statuto – i culti di ebrei e val- munità proprio per la sua segregazione: e Ottocento. È chiuso desi divennero “consentiti”, con il diritto, le nuove generazioni crebbero estranee a da cancelli in ferro per entrambe le Chiese, di esercitare i riti, pratiche che parevano anacronistiche e (fotografia di M. Boero e con pieni diritti, civili e religiosi, per i con nuovi valori, anche se continuarono per MuseoTorino). loro fedeli. Queste concessioni furono so- a considerare importanti reti di relazioni stenute da un vasto movimento di opinio- familiari e competenze acquisite da gene- ne che godette dell’appoggio di numerose razioni. Furono imprenditori, banchie- I VALDESI a Torino personalità (fra cui Cavour), di non pochi ri, docenti universitari, talora legati ai preti cattolici, ed ebbe in Roberto d’Aze- nuovi ideali libertari, e poi socialisti. Al A Torino già nella seconda metà del ’500 si costituì glio l’esponente di spicco. contrario la divisione fra cattolici ed ebrei una vera e propria comunità evangelica con il mini- si conservò per i matrimoni, che conti- stero di un pastore, vittima di continue repressioni, Gli evangelici valdesi nuarono ad avvenire quasi unicamente tra cui la condanna al rogo, nel 1555, del colportore all’interno della Comunità. valdese Bartolomeo Hector; la stessa sorte toccò il L’emancipazione dei valdesi avvenne il 17 29 marzo 1558 al pastore Goffredo Varaglia (lapide febbraio (ancor oggi festa della comunità) ◆ Francesca Rocci è storica e giornalista in piazza Castello). Alla fine del ’600, nel Maschio del 1848. Pochi giorni dopo, il 26, mezzo mi- della Cittadella, furono imprigionati oltre duecento gliaio di valdesi scese in città dalle Valli, prima valdesi, poi esiliati. Con lo Statuto Albertino la per inneggiare a Roberto d’Azeglio sotto la Per saperne di più Comunità Evangelica uscì allo scoperto e crebbe sua abitazione (nell’attuale via Principe Ame- grazie a famiglie protestanti straniere, a valdesi deo angolo via San Massimo, oggi segnalata Comunità Israelitica di Torino (a cura di), Ebrei a provenienti dalle Valli e a torinesi convertiti. da una targa marmorea in via des Ambrois 5) Torino. Ricerche per il centenario della sinagoga, l’indomani per assistere a un pubblico culto, 1884-1984, Allemandi, Torino 1984. concludendo la giornata in piazza Castello dove c’era ad attenderli re Carlo Alberto. La A. Comba, I valdesi, in U. Levra (a cura di), Storia Gli EBREI A TORINO comunità evangelica crebbe rapidamente, ag- di Torino, VI, La città nel Risorgimento (1798-1864), gregando protestanti stranieri e accogliendo Einaudi, Torino 2000, pp. 839-856. Le prime presenze ebraiche in Piemonte risalgono nuovi adepti locali che prima non avevano all’inizio del XV secolo, ma a Torino gli ebrei osato dichiararsi pubblicamente. Nel 1853 F. Levi, in U. Levra (a cura di), Storia di Torino, VI cit., furono ammessi ufficialmente soltanto nel 1424. venne infine edificato il Tempio in corso pp. 857-867. La Controriforma segnò un netto peggioramento Vittorio Emanuele II, a suggello della nuova della situazione, fino all’istituzione da parte di visibilità e forza della comunità. P. Cozzo, F. De Pieri, A. Merlotti (a cura di), Valdesi e pro- Maria Giovanna Battista di Nemours, nel 1679, del testanti a Torino (XVIII-XX secolo), Zamorani, Torino 2005. “ghetto” (a Venezia vigente dal 1516, a Roma dal La fine del ghetto 1555), nella zona dell’antico Ospedale di Carità. Le F. Lattes, P. Valentini (a cura di), Parole, immagini, condizioni degli ebrei peggiorarono gradualmente, Anche gli ebrei videro riconosciuti i propri oggetti e architetture delle sinagoghe piemontesi, fino al profondo e diffuso stato di miseria della diritti nel 1848, con tre distinti decreti pro- Allemandi, Torino 2009. prima metà dell’Ottocento. mulgati nell’arco di tre mesi, fra marzo e

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Il Tempio valdese nel quartiere di San Salvario (fotografia di M. Boero per MuseoTorino). Chiese e templi. i luoghi di tutte le religioni

Nel pieno del decennio risorgimentale, si moltiplicano i modelli e i riferimenti culturali per la nuova architettura religiosa, tra Classicismo e Medievalismo. Nascono nuovi committenti, dal nuovo cattolicesimo sociale alle comunità ebraica e valdese, che realizzano i propri nuovi luoghi di culto

di Mauro Volpiano

egli anni centrali del XIX secolo il turale, mentre va affermandosi una nuova mi secoli del Cristianesimo, fonte e mo- Classicismo sembra ancora l’oriz- cultura figurativa, nel segno del progre- dello lungamente perseguito dagli autori Nzonte di riferimento per gli architetti dente Storicismo. della nuova generazione, costituisce una torinesi impegnati nella progettazione di spia significativa di questo clima in via edifici religiosi: è il caso, ad esempio, della Tra Classicismo e Storicismo di rinnovamento. Il ruolo di accademici parrocchiale di San Massimo, progettata piemontesi come Luigi Canina e Carlo da Carlo Sada. Eppure sono in atto pro- Il nuovo interesse della metà degli anni Promis è in questo senso determinante. Il fondi cambiamenti di impostazione cul- Quaranta intorno all’architettura dei pri- progetto culturale di Canina, espresso nel

39 giugno 2011 | torino nel risorgimento volume dedicato alle Ricerche sull’architet- tura più propria dei tempj cristiani (1843), è quello di «giungere a determinare con molta probabilità in qual modo si sarebbe edificato un tempio per celebrare il vero culto nella indicata prima epoca cristiana, se le grandi persecuzioni, che in allora eb- bero luogo contro lo stesso culto, non ne avessero impedita l’esecuzione». All’inizio degli anni Sessanta dell’Otto- cento, gli architetti torinesi trovano di- sponibile un’ampia casistica di modelli assai eterogenei, già legittimati nel mondo culturale subalpino, che, insieme alla con- suetudine per il Medievalismo – seppure di segno diverso – affermatasi nei cantieri di corte dei decenni precedenti, consen- tono la maturazione di un ventaglio di opzioni molto ampio. Paradigmatica in questo senso è la vicenda della realizzazio- ne della nuova parrocchiale in Borgo Van- chiglia, dove, per volere della committen- te Giulia Falletti di Barolo, il progetto medievalista di Giovanni Battista Ferrante e del suo mentore Edoardo Arborio Mella (1862) prevale sulla prima proposta clas- sicista di Alessandro Antonelli. Il progetto di Ferrante per la nuova parrocchiale di Santa Giulia inaugura anche la stagione del forte interventismo del Cattolicesimo sociale subalpino in campo architetto- nico, fondamentale per comprendere le scelte stilistiche e le ragioni localizzative di molte vicende edilizie dei decenni suc- cessivi. Le numerose iniziative caritati- ve e assistenziali che prenderanno corpo nella città postunitaria, tra tutte quelle di Don Bosco e dei Salesiani, trovano infatti espressione in architettura attraverso arti- colate tipologie edilizie unitarie, costitu- ite dalla chiesa, dalla casa parrocchiale, dall’oratorio e spesso da altri edifici di servizio. Strutture che – soprattutto nei nuovi quartieri operai oltre le barriere da- ziarie – diventano fulcri di una strategia di neoevangelizzazione condotta dal basso e sostenuta dalla mobilitazione economi- ca di ampie fasce di fedeli. La Basilica di Maria Ausiliatrice a Valdocco, cittadella dei Salesiani (fotografia di M. Raffini per MuseoTorino).

Varietà e persuasione: la committenza mento, supportato dall’anglicano Charles lesiani realizzeranno nel 1882, su proget- di Ebrei e Valdesi Beckwith, con la chiara finalità di esplici- to di Edoardo Arborio Mella, un ampio tare la propria alterità rispetto ai modelli complesso incardinato intorno alla chiesa La varietà eclettica degli stili e la ridon- architettonici correnti dell’edilizia religio- di San Giovanni Evangelista, caratteriz- danza delle soluzioni formali adottate sa cattolica e, insieme, di inserirsi nell’al- zata in facciata dalla soluzione dell’accesso in molti di questi edifici acquisisce una veo della tradizione dei templi valdesi. a clocher-porche. finalità esplicitamente persuasiva, anche L’edificio è caratterizzato da due alte torri Più complessa e travagliata è la vicenda nel confronto con i templi non cattolici, campanarie poligonali, che stringono la della realizzazione del tempio israelitico, che sorgono in seguito alla concessione facciata a timpano spezzato, coronata da avviata dalla comunità ebraica nel 1860 della libertà di culto da parte di Carlo una cornice continua in cotto e caratteriz- con un concorso di idee e successivamente Alberto (1848). Già nel 1851, infatti, la zata da un’ampia polifora con sovrastan- assegnata ad Alessandro Antonelli (1862). comunità valdese decide di erigere il pro- te rosone, mentre i fianchi riprendono il Abbandonata progressivamente, dopo prio tempio lungo il viale del Re, l’attua- motivo poligonale delle torri attraverso il trasferimento della capitale nazionale, le corso Vittorio Emanuele II. L’edificio massicci pinnacoli. Nei pressi del tempio l’idea di portare a completamento l’enor- viene progettato dall’architetto Luigi For- valdese, ancora lungo il viale del Re, i sa- me cantiere della Mole – ceduto nel 1875

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alla Città – l’Università israelitica si risol- ve alla realizzazione di un edificio di più modesta entità, il cui progetto è affidato all’ingegnere Enrico Petiti (1884). Egli opterà, a differenza di Antonelli, per ge- neriche e fantasiose invenzioni neomore- sche, peraltro sulla scia di molte sinagoghe italiane ed europee di questi anni. Templi valdese ed ebraico, insieme al nuovo com- plesso salesiano, contribuiscono a definire quella città «plurale» delle religioni e dei nuovi movimenti cattolici che trova rea- lizzazione concreta, nel secondo Ottocen- to, nel quartiere di San Salvario.

◆ Mauro Volpiano insegna storia dell’archi- tettura presso la II Facoltà di Architettura del Politecnico di Torino

Per saperne di più

G. Bracco (a cura di), Torino e Don Bosco, Archivio Storico della Città di Torino, Torino 1989.

A. Griseri, R. Roccia (a cura di), Torino. I percorsi della religiosità, Archivio Storico della Città di Torino, Torino 1998.

G. Tuninetti, Organizzazione ecclesiastica e pratica religiosa, in U. Levra (a cura di), Storia di Torino, VII, Da capitale politica a capitale industriale (1864- 1915), Einaudi, Torino 2002, pp. 221-246.

M. Volpiano, Giuseppe Gallo. L’architettura sacra in Piemonte tra Ottocento e Novecento, Allemandi, Torino 2002.

Vai alle schede complete e alla mostra Il Risorgimento è qui! su www.museotorino.it

Chiesa di San Massimo Chiesa di Santa Giulia Sinagoga Basilica di Maria Nel 1853, nella nuova Ultima grande opera Dopo diverse vicissitudini Ausiliatrice espansione di Borgo della benefattrice di carattere finanziario e La grande basilica Nuovo, veniva inaugurata Giulia Falletti di Barolo, il Tempio valdese tecnico (e il lungo cantiere salesiana fu innalzata in la chiesa dedicata al tempio eretto nel borgo Simbolo dell’emancipazione della comunità valdese della Mole Antonelliana, zona Valdocco per volere primo vescovo di Torino, di Vanchiglia fu costruito ottenuta dal re Carlo Alberto nel 1848, il tempio previsto come tempio isra- di Don Bosco su progetto San Massimo. Opera in stile neogotico a tre in stile neogotico-classicista venne edificato in elitico), la sinagoga venne dell’ingegner Antonio di Carlo Sada, il tempio navate dall’ingegner Gio- zona San Salvario su progetto dell’architetto Luigi inaugurata nel 1884, su Spezia tra il 1865 e il neoclassico, costruito con vanni Battista Ferrante Formento tra il 1851 e il 1853. progetto di Enrico Petiti, 1868. Fu ingrandita in il concorso di re Carlo tra 1862 e 1866. nella zona di Porta Nuova, occasione della canoniz- Alberto, presenta molte nell’allora recente quartiere zazione del fondatore tra opere di insigni artisti. di San Salvario. il 1934 e il 1942.

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Tra associazionismo e mutuo soccorso

Le istituzioni e i luoghi dedicati alla socialità dei lavoratori torinesi non furono soltanto religiosi. Ma gli incontri si svolgevano spesso proprio nelle chiese, oltre che nei caffè e nelle osterie

di Dora Marucco

orino nel 1848 presentava premesse lizi mutualistici; confraternite devozionali tuo soccorso venne compiuta solo nel assai incoraggianti per lo sviluppo e riformate, che conservavano agli individui 1862, all’indomani dell’Unità. Il criterio Tla diffusione dell’associazionismo mu- addetti a una medesima arte la facoltà di che guidò l’allora direttore generale della tualistico, benché a uno stadio ancora em- esercitare in comune atti di culto, di carità statistica, Pietro Maestri, tendeva a con- brionale. Nello Stato sardo la concessione e di beneficenza: molte di queste associa- siderare le libertà sancite nello Statuto della libertà di stampa nel 1847, e nel zioni venivano da lontano, affondando come spartiacque nell’esperienza asso- 1848 della libertà di riunione, sancita le loro radici sia in mestieri qualificati e ciazionistica, prima del quale ben pochi dall’articolo 32 dello Statuto, costituiro- “protetti”, sia in una lunga tradizione di sodalizi, anche se dediti ad atti di solida- no il pilastro necessario per l’evoluzio- difesa e identità sociali. rietà tra i soci, avrebbero potuto essere ne di una solidarietà operaia, con radici riconosciuti come associazioni di mutuo lontane, verso obiettivi di autonomia, di un fenomeno dai contorni sfocati soccorso. Per quanto riguardava Torino, laicità e di tutela previdenziale. infatti, solo nove di quelle sorte prima del Le società operaie esistenti nel 1848 nei In questo vasto universo professionale, 1848, potevano, a suo giudizio, ascriversi territori sabaudi si potevano distinguere l’associazionismo mutualistico faticava al novero del mutuo soccorso. grosso modo in tre categorie: associazioni però ad affermarsi. La maggior parte delle altre, che pure di mutuo soccorso di recente istituzione; Benché molti studiosi ci abbiano prova- avevano assunto o stavano assumendo corporazioni che, dopo il provvedimento to, non è facile decidere quanti e quali una configurazione mutualistica, conser- di abolizione del 1844, avevano preferito fossero i sodalizi mutualistici. La prima vavano parallelamente le tradizioni del trasformarsi, per non scomparire, in soda- rilevazione statistica delle società di mu- loro passato. Per tanto i luoghi di ritrovo

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ritrovi, come le società filarmoniche, fi- lodrammatiche e sportive: è indicativo il fatto che proprio nell’aula dell’Accademia filarmonica di Torino si tenesse il 18-20 ottobre 1851 la prima adunanza dei rap- presentanti di 33 società dello Stato sardo in occasione della festa inaugurale della Società generale degli operai di Torino, un anno dopo la sua costituzione. Fino a quel momento le numerose osterie e cantine, e le mescite di vino per lo più collocate sottoterra, nel 1840 erano 159 le prime e 21 le seconde, non avevano potu- to rispondere che a esigenze individuali o di gruppi assai ristretti, mancando la pre- messa per riunirsi legalmente. Una diversa considerazione deve essere invece riservata al pranzo sociale, che si collegava alle celebrazioni del santo patro- no. Il banchetto dei sodalizi operai venne infatti ben presto utilizzato dai ceti dirigen- ti come un’eccezionale occasione per la propaganda politica ed elettorale, non- ché per il consolidamento dei rapporti di patronage tra notabili e lavoratori. Questo canale, particolarmente idoneo a una fase in cui la politica non era ancora professionalizzata, anziché isterilirsi con il La cappella della Compagnia di Sant’Anna nella chiesa di San Francesco d’Assisi venne eretta nel 1636 da artisti tempo avrebbe conservato la sua funzione e artigiani “immigrati stagionali” per lavorare nei cantieri del ducato. Nell’Ottocento qui si ritrovavano i membri anche in seguito, riuscendo a restituire una dell’associazione di mestiere degli artisti (fotografia di P. Mussat Sartor e P. Pellion di Persano per MuseoTorino). parvenza di genuina socialità, mantenuta fino ai nostri giorni, alla dilagante sperso- erano per lo più le chiese, in cui era spes- za di questo sodalizio e la conservazione nalizzazione dei rapporti umani. so riservata una cappella, e i tempi della dei suoi archivi ha permesso che su di esso socialità erano le feste dei santi protettori. fossero condotti studi approfonditi. ◆ Dora Marucco è professore associato presso La Società dei Macellai, sorta nel 1842 Alcune chiese costituivano veri e propri la Facoltà di Scienze Politiche dell’Università sulle ceneri di due distinti sodalizi, quello templi delle associazioni di mestiere. degli Studi di Torino dei padroni e quello dei giovani macellai, Nella SS. Trinità i parrucchieri celebra- celebrava la ricorrenza della sua fondazio- vano il beato Amedeo di Savoia; in San ne il giorno della festa di San Bartolomeo Francesco d’Assisi gli artisti celebravano il PER SAPERNE DI Più nella chiesa dello Spirito Santo. La Pia transito della Vergine; nella chiesa metro- Unione Tipografica, divenuta poi di so- politana di San Giovanni i mastri calzolai Ester De Fort, Mastri e lavoranti nelle università di cietà di mutuo soccorso, antica associazio- veneravano i santi Crispino e Crispiniano, mestiere fra Settecento e Ottocento, in A. Agosti e G. ne precocemente indirizzata al reciproco mentre i lavoranti vi tributavano il culto di M. Bravo (a cura di), Storia del movimento operaio, aiuto, fondata all’inizio del secolo XVIII san Carlo e i garzoni fornai onoravano san del socialismo e delle lotte sociali in Piemonte, De e posta sotto il patrocinio di sant’Agosti- Rocco nella chiesa di San Tommaso. Infine Donato, Bari 1979, vol. I. no, festeggiò solennemente il suo protet- i fabbricanti e mercanti di cappelli onora- tore nella chiesa della SS. Trinità ogni 28 vano san Giacomo maggiore nella chiesa di Diego Robotti, Bianca Gera, Il tempo della solidarie- agosto, fino al 1864-65, quando diede lo san Rocco; i giovani filatojeri san Giobbe tà. Le 69 società operaie che fondarono la Camera sfratto a sant’Agostino abolendo la festa in quella di San Michele e i giovani tintori del Lavoro di Torino, Feltrinelli, Milano 1991. religiosa. Solo negli anni Ottanta però i di seta Maria Assunta in San Carlo. suoi aderenti poterono riunirsi nella sala Simona Cerutti, Mestieri e privilegi. Nascita delle delle Società tipografiche di via Cavour. La diffusione dei ritrovi “secolari” corporazioni a Torino nel secoli XVII e XVIII, Einaudi, Pur disponendo di sede propria in via Torino 1992. Giulio 22, anche la Società dei Cocchie- Al di là delle chiese, erano luoghi d’incon- ri e dei Palafrenieri, sorta nel 1748 e dal tro i caffè e le osterie dove spesso erano Dora Marucco, Eredità corporative e solidarietà ope- 1825 impegnata a soccorrere i propri soci ospitate le società di mutuo soccorso per raia nel mutualismo piemontese dell’Ottocento, in U. ammalati e bisognosi, celebrava annual- non gravare con le spese di affitto sui ma- Levra e N. Tranfaglia (a cura di), Dal Piemonte all’Ita- mente il patrono san Vittorio martire gri bilanci dell’associazione. Si tratta però lia. Studi in onore di Narciso Nada nel suo settan- nella chiesa di san Tommaso. Dall’antica di un’opportunità fruibile in una fase tesimo compleanno, Comitato di Torino dell’Istituto università dei Minusieri era nata nel 1636 successiva al 1848, quando la vita collet- per la Storia del Risorgimento Italiano, Torino 1995. la Compagnia dei Maestri Legnaioli, Eba- tiva iniziò a potersi esprimere in luoghi nisti, Carrozzai, Montatori d’arme, Botta- pubblici. Discorso analogo può essere lari, Fabbricatori di cadreghe. L’importan- fatto per quanto concerne altri tipi di

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Enrico Gonin, Grand Hôtel d’Europe, 1846: elegante alber- go in piazza Castello (ASCT, Collezione Simeom, D 448). le guide turistiche alla città

Nell’Ottocento il numero di politici, diplomatici, uomini d’affari e giornalisti stranieri che passano da Torino è in costante aumento: si moltiplicano così le guide, “strumenti” di promozione e informazione sulla città e la sua storia

di Rosanna Roccia

rent’anni dopo il trasferimento della del Grand Tour, la città sin dall’Antico guita alla superba, inimitabile impresa capitale a Firenze, la Società italiana regime non aveva mancato di spalanca- del Theatrum Sabaudiae secentesco – ove Tper le Strade ferrate del Mediterra- re con orgoglio le porte per mostrarsi ai l’immediatezza del disegno sopperiva alla neo proponeva «gite di piacere» dalle cit- visitatori stranieri. Liberata a inizio Ot- prolissità della narrazione, ma affinò pro- tà d’arte toscane, e da Venezia, a Torino: tocento dalla cerchia delle mura, durante gressivamente il modello sino a offrire ai iniziativa sorprendente, che poteva avere la Restaurazione aveva proposto in modo nuovi visitatori en touriste, agli immi- la duplice valenza di modesto indenniz- innovativo la sua nuova immagine in di- grati colti e ai residenti curiosi manuali zo alla “culla” del Risorgimento naziona- venire, raccontandosi a cittadini e fore- essenziali e maneggevoli di larga diffusio- le privata del rappresentativo e trainante stieri nelle guide, strumenti di comuni- ne. Sicché volumi dotti, ingombranti e ruolo, e di offerta popolare allargata di cazione ante litteram capaci di condurre costosi come Turin et ses curiosités (1819) antichi fascini e di nuove «attrattive». La per mano il lettore/visitatore attraverso il e Turin à la portée de l’étranger (1826, vocazione turistica, che Emanuele Luser- gioco di itinerari rivelatori di curiosità, 1834) del Paroletti, indirizzati a una élite na di Rorà, sindaco pragmatico della ca- mirabilia e piccoli segreti. cultivée e danarosa, ove l’autore con sfog- pitale perduta, alcuni lustri innanzi aveva gio di erudizione e qualche esagerazione additato quale punto di forza del riscat- Dai volumi eruditi agli “agili trattatelli” esaltava la magnificenza della capitale to di Torino (1865), in realtà non era sabauda, indugiando sulla storia della di- né velleità di un utopista, né invenzione Tra gli anni Venti e Trenta dell’Ottocento nastia regnante, furono presto soppiantati consolatoria di “fratelli d’Italia” benevoli, un rapido fiorire di corposi vademecum, da agili trattatelli facilmente smerciabili, bensì consuetudine non conclamata alla ispirati per lo più ai rari archetipi sette- come la Nuova guida del Briolo (1822), i “coltura” della bellezza e dell’ospitalità, centeschi del Craveri e del Derossi, con- Cenni del Milanesio (1826) e il volumetto che affondava radici secolari nell’humus quistò il mercato editoriale-librario subal- del Marietti (1831), il quale condensan- propizio di una civiltà operosa. pino: che non rinunciò alla tradizionale do la visita alla Torino «sacra e profana» Seppure ai margini degli itinerari classici produzione di raccolte di vedute – se- in Dieci giorni, riteneva di soddisfare sia

44 Rivista MuseoTorino | giugno 2011 le aspettative del visitatore «filosofico, od zioni filantropiche e industriali», scuole erudito», sia la curiosità del viaggiatore pubbliche e private, corporazioni reli- PER SAPERNE DI PIù superficiale e frettoloso. Ancora troppo giose e luoghi di culto, elencarono caffè, reboanti, queste pagine uscite per i tipi alberghi e ristoranti e narrarono usi e Rosanna Roccia, Costanza Roggero (a cura di), La degli Eredi Botta, andate a ruba in un costumi prettamente torinesi: la cucina, città raccontata. Torino e le sue guide tra Settecento baleno, non erano, tuttavia, che il «com- i balli, le feste, i canti; fornirono inoltre e Novecento, Archivio Storico della Città, Torino 1997. pendio» in versione italiana delle opere ragguagli sulle strade ferrate, sui telegra- parolettiane stampate dal libraio Reycend. fi, sui dazi, nonché sugli «stabilimenti A. Brilli, Il viaggio della capitale. Torino, Firenze e d’acque salutari» del Piemonte. La guida, Roma dopo l’Unità d’Italia, Utet, Torino 2010. La Descrizione di Bertolotti e Torino corredata da vignette e carte riscosse buon e suoi dintorni di Stefani e Mondo successo tra i “nuovi” torinesi, speranzosi patrioti emigrati dalle varie parti della pe- Per offrire agli scienziati italiani convenuti nisola: lombardi, emiliani, toscani, mar- nel 1840 a Torino al loro secondo simpo- chigiani, napoletani, calabresi e siciliani, sio “nazionale”, fu dunque necessario ri- aristocratici e borghesi, che il Calendario correre alla penna di un autore esperto e generale del Regno, a cadenza annuale, re- misurato, quale il Bertolotti, in grado di gistra sempre più numerosi nei ruoli di- offrire senza retorica ai sapienti colleghi rettivi e tra le alte cariche dello Stato. un ritratto compiuto del luogo. La Descri- Calamitati in Piemonte da molteplici zione onesta e limpida che egli consegnò interessi, politici, diplomatici, uomi- allo stampatore Pomba non mancò di ni d’affari e giornalisti provenienti da evidenziare ciò che differenziava Torino mezza Europa affollavano Torino. Per da altre città della «patria comune». «Non costoro, che si limitavano talora «à jéter ricca» di «peregrini avanzi dell’antichità e un regard fugitif sur nos Musées et sur del medio evo», né «adorna de’ capolavori nos Galeries», nel 1853 fu stilata in lingua con cui le arti della età Medicea» avevano francese da Pietro Giuria una Guide histo- decorato «altre terre d’Italia», Torino pos- rique, riedita tal quale nel 1861. In quello sedeva una «sua bellezza estrinseca» nel stesso anno venne alla luce la Nuovissima fascino singolare della «regolarità», della Guida illustrata del milanese Sonzogno: «nettezza», della sobrietà, delle «pittore- ove la generosa Torino, proclamata capitale sche vedute de’ dintorni». Ornata di begli dell’Italia unita, percorsa dai dialetti d’ogni edifici e monumenti barocchi e neoclas- regione, brillava d’orgoglio, di gloria e di sici, dotata di solidi apparati funzionali e speranza nel futuro del Paese. di servizi – i mercati, i macelli, i cimiteri –, poteva vantare inoltre una «bellezza in- ◆ Rosanna Roccia è direttore della rivista trinseca», derivante «dalle sue istituzio- «Studi Piemontesi» Nuovissima Guida illustrata di Torino e de’ suoi ni monarchiche, municipali, caritative, dintorni, Sonzogno, Milano 1861 (ASCT, Collezione scientifiche, industriali e ricreative», che Simeom, G 41). «tutte insieme unite» ne attestavano l’«al- to progresso civile». L’immagine deline- ata dal Bertolotti meritò il plauso del Vai alle schede complete e alla mostra Il Risorgimento è qui! su www.museotorino.it Comune committente, il gradimento della corte e il favore del pubblico: al- cuni passaggi del libro furono addirittura riportati in sunto, a scopo didattico, in una Antologia piemontese (1844): dopodi- ché il filone parve esaurito, complice forse il clima non propizio della Torino carlo- albertina, «enfer intellectuel» del giovane Cavour. Le novità giunsero nel corso della grande stagione inaugurata dalla «festa nazio- nale» del 1848 per lo Statuto. Percorsa dal brivido di fermenti nuovi, oltrepassa- ta la metà del secolo, Torino accantonò Albergo Dogana Ristorante del Cambio i vademecum del passato e si dotò di un L’albergo, inizialmente denominato «Antica Osteria Inserito nell’edificio adiacente al Teatro Carignano – “autoritratto” aggiornato, sotto l’insegna della Dogana Nova», è considerato il più vecchio hotel costruito su progetto di Benedetto Alfieri – il ristorante di una locomotiva in marcia. Guglielmo di Torino. Tra gli ospiti illustri che vi soggiornarono «del Cambio», fu frequentato fin dal Risorgimento da Stefani e Domenico Mondo, sperimentati Wolfgang Amadeus Mozart, Napoleone Bonaparte e politici e aristocratici. Deve la sua fama alle assidue titolari di una agenzia d’informazioni ra- Giuseppe Verdi. visite di Camillo Benso conte di Cavour che vi pran- mificata in tutto il mondo, inTorino e suoi zava quasi quotidianamente e il cui posto preferito, dintorni descrissero edifici ragguardevoli di fronte alla finestra da cui poteva osservare Palazzo urbani ed extraurbani, istituzioni scien- Carignano, è oggi ricordato da una targa in bronzo. tifiche, artistiche, ricreative, «associa-

45 giugno 2011 | torino nel risorgimento

risorgimento e alta cucina

La festa dello Statuto è stata per anni festeggiata con pranzi solenni. Già allora la fama di Torino come città della buona cucina era ampiamente diffusa, anche grazie a cuochi formati a Parigi

di Luciana Manzo e Fulvio Peirone

’8 febbraio 1848 Carlo Alberto an- ti, il decurione Pietro di Santa Rosa così cizia tra le due città. Può darsi che a tutto nunciava con un proclama la conces- esordiva: «Signori, noi abbiamo in tre ciò non fosse estranea la qualità eccel- Lsione dello Statuto. Due giorni dopo, mesi compiuta la più gloriosa delle rivolu- lente del cibo. il 10 febbraio, il Corpo decurionale della zioni. Promossa dalla potenza delle idee, Città di Torino celebrava l’evento con un fu trionfalmente coronata dalla magnani- Una scuola franco-piemontese: pranzo in onore dei colleghi di Genova. mità del re Carlo Alberto. Questa rivolu- contaminazioni ante litteram Anche sotto l’aspetto grafico la lista del zione non costò a noi una lacrima, non un pranzo sottolinea i forti legami esistenti dolore, mentre in altri popoli fu portata al In campo gastronomico, infatti, Torino tra le due città più importanti del Regno suo compimento da rivi di sangue». Da godeva già da più di un secolo di una di Sardegna, accomunate dal forte senti- allora in poi, per anni, l’8 febbraio gli posizione di rilievo grazie a un nucleo mento liberale e rese più vicine dalla co- amministratori torinesi e genovesi si di cuochi professionisti che si erano struzione della linea ferroviaria. ritrovarono a celebrare la concessione formati a Parigi e avevano saputo assu- Prendendo la parola per salutare gli ospi- dello Statuto e a rinnovare i voti di ami- mere i principi fondamentali della cucina

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betta, proprietario dell’Hotel Europa, nel pranzo del 10 febbraio 1848 quando, pur nel fermento per la concessione dello Sta- tuto, non si trascurò il piacere del palato. Il servizio era «alla russa», secondo lo stile che di recente si era affermato sul servizio «alla francese». Esso prevedeva che sulla tavola fossero presenti solo i coperti e gli ornamenti, mentre i piatti, che i com- mensali potevano accettare o rifiutare, venivano serviti secondo un preciso ordi- ne. Nel servizio «alla francese», invece, tutti i piatti venivano disposti contem- poraneamente sulla tavola, lasciando agli ospiti la facoltà di servirsi liberamente, senza rispettare alcuna sequenza. Il pran- zo era suddiviso in quattro parti: per prima la zuppa, poi le entrèes, i piatti di maggior consistenza, generalmente caldi, accompagnati dagli hors-d’oeuvres (appendici) «come composti agri, radici, butirro, salume, ostriche, ecc...», quindi gli entremets (tramezzi), piatti più leggeri come legumi, creme, pasticceria, e infine la frutta (dessert). La gerarchia in tavola

Il pranzo del 10 febbraio 1848 fu pertanto Frontespizio del Trattato di cucina del 1854 di introdotto secondo le regole, dalla «zuppa Giovanni Vialardi, pasticcere di Carlo Alberto e Vittorio alla primaticcia reale» che si cucinava fa- Emanuele II (ASCT, Nuove Acquisizioni, Biblioteca 75). Lo storico caffè San Carlo nella piazza omonima cendo bollire separatamente carote, rape e (fotografia di M. Boero per MuseoTorino). asparagi tagliati a palline, foglie di lattuga te, mescolatela, coprite la terrina per 10 tagliate a rondelle. Si preparava quindi un minuti, passatela alla tovaglia, lasciatela francese, egemone indiscussa, fondendoli flan, lo si tagliava a quadretti, si disponeva raffreddare, versatela nella sorbettiera e sapientemente con la tradizione piemon- nella zuppiera insieme alle verdure bollite, fatela gelare. Indi mettete in un tegame tese. Avevano rielaborato le ricette sosti- si aggiustava di zucchero e infine si copri- 2 ettogr. di zucchero bianchissimo con tuendo talvolta alcuni ingredienti con va con brodo di bue caldissimo. 1 ettogr. d’ acqua, bollito un momento, altri più facili da reperire: è il caso della Seguivano le entrèes, che comprendevano tratto dal fuoco, passatelo alla tovaglia, birra, sostituita con l’acquavite, del vino in primo luogo una frittura (in questo e quando è ancora ben caldo, mischiate- bianco secco utilizzato al posto dello caso un piemontesissimo fritto misto), vi 4 bianchi d’uovo montati in neve ben champagne, dei tartufi bianchi preferiti poi «pesce lupo a due salze», il nostro ferma, e formate una pasta come quella ai tartufi neri del Périgord. Per la pasta branzino, che Vialardi raccomandava a meringhe, unitela fredda al gelato, al si trattò di una introduzione originale di consumare «mortificato almeno d’un momento di servirlo aggiungetevi mezzo dei nostri cuochi, di un vero e proprio giorno» perché appena pescato era troppo bicchiere di rum, o rack, cognac, mara- omaggio alla cultura gastronomica tra- filaccioso, quindi «giambone della Vestfa- schino, ecc., empitene i bicchieri. Questo dizionale italiana. La pubblicazione de Il lia alla purèe de Chantilly», «filetto di bue punch si serve ordinariamente nei pranzi cuoco piemontese perfezionato a Parigi nel alla giardiniera», «filetto di volaglia alla aventi gli arrosti». 1776 segna la data di nascita ufficiale della reale», «salmit di becaccie», un arrosto di Dopo l’intermezzo del punch il pranzo ri- cucina piemontese. Da allora il processo bue servito con una macedonia di verdure prendeva con due piatti a base di verdura: di elaborazione autonoma dei dettami (piselli verdi, carote, rape, sedano tagliati i «piccoli piselli all’Inglese», piselli lessati della nouvelle cuisine parigina continuò a dadini e bolliti, cuori di carciofi stufati) e serviti bollenti con burro, e i «carciof- in Piemonte con successo, grazie a perso- presentate dentro patate di media dimen- fi alla Barigoule», dalla preparazione più naggi di spicco come Giovanni Vialardi, sione svuotate e fritte che fungevano da complessa. Vialardi consigliava di monda- aiutante capocuoco e pasticcere di casa canestro. re i carciofi dalle foglie più dure, bollirli in Savoia, e Francesco Chapusot, capocuoco La sequenza delle carni veniva imman- acqua salata e leggermente acidulata per dell’ambasciata d’Inghilterra. Autori en- cabilmente interrotta dal «punch alla dieci minuti circa, sgocciolarli, svuotarli trambi di libri di cucina, Chapusot scrisse romana», che si preparava, secondo le del fieno e farli friggere in abbondante La vera cucina casalinga e sana, economica istruzioni di Vialardi, nel seguente modo: olio con le punte all’in giù per farli restare e dilicata nel 1851, Vialardi il Trattato di «Mettete entro una terrina 6 grammi di aperti. Di far friggere a parte nel burro ci- cucina, pasticceria moderna, credenza e re- thè verde, la scorza sottile (zestes) di un li- polla, prezzemolo, funghi tritati e lardo a lativa confetteria nel 1854. Grazie alle loro mone e d’un arancio, col sugo di 2 limoni dadini, unire sale e pepe. Di disporre poi ricette si cercherà di ricostruire alcuni dei e 2 aranci, 5 ettogr. di zucchero bianco, in un tegame i carciofi a canestro, riem- piatti serviti dallo chef Bernardo Trom- versatevi sopra 8 ettogr. d’acqua bollen- pirli con il composto, unire lardo, burro,

47 giugno 2011 | torino nel risorgimento brodo e un bicchiere di vino bianco secco, farli cuocere e servire caldi. CUCINA Dopo la breve tregua riprendeva la se- quenza degli arrosti, che comprendeva La cucina torinese è riputata dai gastronomi: «arrosto misto di faggiani e pernici con essa non ha un carattere originale, ma è il risultato crescione», «pasticcio di feggato grasso di degli studi profondi che hanno fatto i cuochi subalpini Strasbourg» e infine «insalata all’italiana», alcuni dei quali, come il Chapusot ed il Vialardi, hanno un piatto di notevole effetto scenografico dato alla stampa i loro trattati. Le salse a tartufi realizzato disponendo su una piramide di bianchi sono cosa ghiotta, e prelibata, le trote della pane a seconda del colore, carote, patate, Stura sono dilicatissime, gli agnolotti sono ammanniti cavolfiore, broccoli verdi, asparagi, uova, con arte sovrana, ed i pasticci d’ogni specie hanno funghi, cetrioli, pesce e gamberi, accom- una meritata rinomanza. pagnato da salsa tartara. Seguivano il «pasticcio di biscottini alla GRISSINI Polonese», «biscottini alla Richelieu» e fi- nalmente i gelati. La lista non ne specifica Una particolarità di Torino è il pane a baston- il gusto, ma vista l’occasione del pranzo, si celli (grissini) così leggeri e morbidi, che fanno la riporterà la ricetta del «gelato all’italia- delizia dei forestieri: invece il pan molle a cornetti na» che appare quella più in tema. od a pagnotte non riesce bene ed è tiglioso, e «Fate fondere entro un tegame sul fuoco torna difficile a digerirsi. La panificazione a grissini 5 ettogr. di zucchero bianco con 8 ettogr. Tavola illustrativa dal Trattato di cucina del 1854 di Gio- s’introdusse nel cadere del secolo XVII: comincia- d’acqua, il sugo di tre limoni, i zesti o la vanni Vialardi (ASCT, Nuove Acquisizioni, Biblioteca 75). rono allora de’ pani allungati di tre oncie di peso scorza d’un limone tagliata sottilissima, chiamati grissie. Migliorando la pasta e recandola bollito un momento, passatelo alla tova- a tale tenacità da potersi trarre in cordicelle lunghe glia, raffreddato, versatelo nella sorbettie- un metro senza romperle si venne alla formazione ra, fatelo gelare […]. Indi sboglientate, dei grissini. pelate, e tagliate in quattro 30 grammi di pistacchi verdi, con altrettanto di ciriegie VINI confettate, cedrato, albicocche, angelica, tutti tagliati a dadolini piccoli, mischiateli I vini sono generosi e abbondanti per copia e tramenando col gelato, e servitelo sopra per varietà: l’Astigiano e il Monferrato recano a To- una tovaglia in forma d’una roccia». rino i loro tributi in gran copia: il Barolo, il Barbera, il Canelli, il Nebbiolo, il Grignolino sono vini classici ◆ Luciana Manzo e Fulvio Peirone si occu- che stanno a paro coi più celebrati vini del Reno, pano di ideazione e progettazione di mostre e del Tago e della Garonna. cataloghi presso l’Archivio Storico della Città di Torino VERMOUTH

Una bevanda molto in uso, che giova a stuzzi- Per saperne di più car l’appetito e non brucia le viscere come i liquori spiritosi, è il vermouth, che si beve a bicchierini ed Silvano Serventi, Tradizioni locali e contatti con è schietto vin bianco profumato con erbe ed aromi. l’Oltralpe: la nascita della cucina piemontese, in R. Alcuni fabbricanti in grosso di questo liquore ne Comba, S. Benedetto (a cura di), Torino, le sue mon- spediscono a stranieri paesi in buon dato, e fanno tagne, le sue campagne, Archivio Storico della Città cospicui guadagni. di Torino, Torino 2002. Menù del “pranzo alla russa” offerto dal Corpo decurionale P. Baricco, Torino descritta, Paravia, Torino 1869 Luciana Manzo, Fulvio Peirone (a cura di), A tavola il 10 febbraio 1848 (ASCT, Nuove Acquisizioni, Menù 29). con i torinesi. Cibo, commerci e ricette dal Medioe- vo al Novecento nei documenti dell’Archivio Storico Vai alle schede complete e alla mostra Il Risorgimento è qui! su www.museotorino.it della Città di Torino, catalogo della mostra, Archivio Storico della Città di Torino, Torino 2005.

Francesco Chapusot, La vera cucina casalinga sana, economica e dilicata, Tip. eredi Botta, Torino 1851.

Giovanni Vialardi, Trattato di cucina, pasticceria mo- derna, credenza e relativa confettureria, Tip. Favale, Torino 1854. carpano Confetteria Stratta Storica fabbrica di vermouth, il vino aromatizzato inven- La pasticceria Stratta è uno dei locali storici di Torino, Giovanni Vialardi, La cucina sana, economica et tato a Torino nel 1786 da Antonio Benedetto Carpano. famosa non solo per i suoi dolci, in particolare i marron elegante secondo le stagioni, Tipografia Favale, Apprezzato dai Savoia, nel Novecento il vermouth glacé, ma anche per aver mantenuto intatto l’arreda- Torino 1846. Carpano diventa famoso a livello mondiale. mento originale del 1836, anno della sua inaugurazione.

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Sala appositamente eretta sull’area del cortile al piano delle gallerie del Palazzo della Città di Torino, in occasione delle nozze di Vittorio Emanuele con Maria Adelaide d’Austra, 25 aprile 1842 (ASCT, Collezione Simeom, D 2085, tav. 17). una capitale alla moda

Non ancora la città della moda e delle sartine, la Torino del Risorgimento è però già all’avanguardia del gusto, grazie alla presenza della corte e agli stretti contatti con la Francia

di Anna Bondi

el 1832 esce «Il Corriere per le mento e l’estensione dei consumi a nuove con commenti di ispirazione moraleg- Mode», la prima rivista di moda pub- fasce sociali, che si fa sensibile in tutta Eu- giante e patriottica: «Voi come le francesi Nblicata a Torino. L’editore, Gaetano ropa nella seconda metà dell’Ottocento, saprete mescolare gravi pensieri, i pensieri Gambetti, si propone di pubblicare le coinvolge la città soprattutto nel campo d’Italia, ai vezzi della toeletta» (5 giugno mode francesi dominanti ormai in tutto il della sartoria per signora e del mestiere 1847). mondo occidentale, ma con disegni pro- della sarta: le guide Marzorati nel 1845 Nello stesso anno la rivista pubblica a puntate pri per adattarle al gusto italiano. In que- registrano 23 sarte a fronte di 87 sarti, ma Le memorie di una modista di Luigi Cicconi. gli anni Torino è ancora lontana dall’es- nel 1884 saranno 209 contro 149 sarti. I Le puntate si chiudono con un’illustrazio- sere quella “capitale della moda” in Italia negozi di mode e le sartorie sono concen- ne in cui è brevemente commentato un che si affermerà tra la fine dell’Ottocento trati nella zona intorno a piazza Castello, modello. «La moda insomma è un mezzo e il secondo dopoguerra. Possiede però stoffe e nastri in via Doragrossa (l’attuale comodissimo per eseguire senza disturbo dei significativi punti di forza, come la via Garibaldi), crestaie e modiste tra via una congiura ben meditata»: così osserva tradizionale industria della seta, le Uni- Santa Teresa e via Po. la protagonista, Virginia che, convertita versità di mestiere e la produzione rino- alla causa risorgimentale da una lavorante mata di nastri, calze e guanti. Soprattut- I PRIMI ARTICOLI SUI GIORNALI poi esule a Londra, con il pretesto del la- to la presenza di una corte, così come la voro viaggia per l’Italia tra cospirazioni e vicinanza e i consolidati rapporti con la Tra il 1847 e il 1849 «Il Mondo Illustra- rapporti con i fuorusciti. Francia, permettono una tempestività di to» dell’editore Pomba, settimanale per Il 4 marzo 1848 il giornale segnala con informazione e trasmissione delle mode le famiglie rivolto alla piccola e media entusiasmo e dovizia di particolari la da cui derivano una fama di eleganza borghesia, ospita saltuariamente articoli comparsa del “costume italiano” al ballo diffusa e la creazione dei presupposti per e recensioni di moda, ma pubblica rego- dell’Accademia Filarmonica, già indossato una nuova economia della moda. L’incre- larmente illustrazioni di modelli francesi, a febbraio in occasione dei festeggiamenti

49 giugno 2011 | torino nel risorgimento per lo Statuto Albertino. L’illustrazione ci mostra un abito maschile che si discosta dall’uso corrente, con tunica azzurra o nera, alta cintura con fibbia, medaglione, mantello corto di vari colori e un cappel- lo a cono alla calabrese, alla puritana o all’Ernani, in omaggio ai moti del 1821 o alle opere di Bellini e di Verdi. Più lega- to alle forme di moda è l’abito femminile, di velluto con fascia a tracolla, guanti alla moschettiera e l’ampio cappello piumato, proposto dal pittore Pietro Ayres, che si contrappone alla capote in uso all’epoca, chiusa ai lati del viso. L’abito prevede varianti, rilanciate nel cor- so delle cinque giornate di Milano. Qui l’uso del velluto italiano si era sostituito alle lane germaniche dopo il divieto di portare qualsiasi simbolo antiaustriaco, dal cappello alla calabrese a sciarpe e coc- carde tricolori. Un figurino della collezione Bertarelli, tradizionalmente considerato un ritrat- to di Cristina di Belgioioso Trivulzio, ne presenta una versione colorata, senza crinolina, volutamente legata a modi più semplici e popolari. TRA MODA E ANTIMODA

Sebbene si parli talvolta di creare mode italiane, è evidente che il caso del vestito italiano è proponibile soltanto a fini sim- bolici e come tale resta brevemente legato a manifestazioni e balli. In tutta Europa è diffuso a quel tempo l’uso di costumi nazionali come riaffer- mazione di una identità patriottica che si lega all’abito tradizionale. Così è per l’uso del tartan e del kilt scozzesi che sa- ranno proposti dopo la pacificazione alla corte della regina Vittoria. A Vienna nel 1845 si tiene un ballo slavo e in Croazia anche nei balli aristocratici si sovrappone all’abito la surka, la giacca tradizionale con i colori nazionali, e si indossa il co- pricapo illirico rosso, in una fusione di moda e antimoda. Cosa difficile da rea- lizzare in Italia, sebbene l’idea circoli da tempo: la varietà e la differenza dei costu- mi tradizionali, la loro appartenenza ad aree storicamente e politicamente diverse non potevano che permettere una soluzio- ne più astratta. Si lega anche al gusto dell’epoca per i balli in costume la moda del revival, che per- mette a Torino riferimenti alla storia dina- stica della monarchia: così sarà per il ballo del 1842 per le nozze di Vittorio Emanue- le II. Un gusto che prosegue in tutto il se- colo e vede coinvolte sartorie non solo te- atrali che eseguono anche abiti alla moda ispirati al passato. Nel frattempo cresce la In questa e nella pagina a fianco, figurini tratti dal «Corriere per le Mode», pubblicato a Torino, 1832-33 (ASCT, produzione di abbigliamento a più livelli Collezione Simeom, B472, tavv. 8, 9, 15 e 27).

50 Rivista MuseoTorino | giugno 2011 e nascono nuove riviste di moda: nel 1863 «Il Mondo Elegante», il solo «che si pub- blichi in Italia con il figurino colorato», e nel 1869 «Il giornale delle donne». Non poche ditte si fregiano del titolo di Fornitore di Corte. Nel 1861 compare nelle guide il sarto Blanchi, già citato nel 1832 dal «Corriere per le Mode» come sarto della casa di S.M., mentre sono “Acconciatrici di pizzi” delle LL.MM. le Regine e della duchessa di Genova le so- relle Carta e Luigia Burdino, con sede nel cortile di Palazzo Chiablese. Troviamo i mestieri specializzati, oggi scomparsi, dei fabbricanti di cappelli della Real Livrea, il fabbricante di molle per crinoline in via Doragrossa, otto fabbricanti di fiori arti- ficiali “all’uso di Francia” e, tra le “sarte da busti”, in via Nuova, la signora Dorè. L’INDUSTRIA DEL TESSILE: DA AVANGUARDIA A STRUMENTO ANTI-CRISI POSTUnITARIA dio Giovinezza!», l’operetta, poi film, di Sandro Camasio e Nino Oxilia (1911). Tra la seconda metà e la fine dell’Otto- cento prendono avvio anche la produ- L’ESPOSIZIONE, LA CAPITALE, zione e la vendita di maglieria e capi LA RICONVERSIONE confezionati esportati anche all’estero. La ditta Donato Levi, antenata del Grup- La grande Esposizione Universale del po Finanziario Tessile (Gft), crea nel 1887 1911 per il cinquantenario dell’Unità il celebre prototipo di abito confeziona- consacra il fenomeno inserendo la moda to, mentre si perfeziona la qualità sarto- in un contesto di produzione industriale. riale con scuole specializzate e attraverso Il prestigio delle grandi sartorie torinesi a rapporti con l’estero. Per l’alta moda fem- cui si rivolgono le eleganti di tutta Italia minile il rapporto con Parigi è più stretto è celebrato nel Palazzo della Moda, pro- PER SAPERNE DI più che mai. Le grandi sartorie diventano ca- mosso dai giornalisti de «La Donna», il nale di trasmissione immediato e spesso periodico più letto in Italia edito da «La R. Levi Pisetzky, Storia del costume in Italia, voll. III- esclusivo delle case francesi a cui si lascia Stampa». Case di moda come Costa, Bel- V, Treccani, Milano 1967. l’innovazione creativa, ma reinterpretata e lom, De Gaspari, Rosa e Patriarca, Garda diffusa a livello nazionale con filiali e sfi- e Bounous fanno la parte del leone tra le AA.VV., L’Alta Moda Capitale. Torino e le sartorie tori- late, creando un fenomeno commerciale e sartorie italiane e le case ospiti francesi. nesi, Fabbri, Milano 1991. di elevatissima qualità di mestiere. Con i suoi ottocento laboratori di sola Lo sforzo di superamento della crisi sartoria e ventimila addetti in una città Giuseppe Bracco (a cura di), Torino sul filo della seta, post-unitaria, la perdita del ruolo di ca- di circa 350mila abitanti, Torino è defini- Archivio Storico della Città di Torino, 1992. pitale con la ricerca di una nuova identità ta la «capitale della Moda» in Italia. Que- e di nuovi sbocchi economici portano a sto passato prestigioso fa scegliere Torino A. Bondi, La Capitale della Moda, in Storia illustrata rivolgersi allo sfruttamento dell’energia e nel 1932 come sede dell’Ente Nazionale di Torino, vol. 11, Sellino, Milano 1994. all’industria, inclusa quella manifatturie- della Moda e delle sue manifestazioni suc- ra. Quest’ultima, con il potenziamento cessive, mentre nel dopoguerra l’asse della Vanessa Maher, Tenere le fila. Sarte, Sartine e cam- dei mestieri artigiani e della loro com- moda italiana si sposta a Milano, Roma, biamento sociale 1860-1960, Rosenberg & Sellier, mercializzazione, vedrà protagonista la Firenze. Nelle celebrazioni del centena- Torino 2007. produzione dell’abbigliamento e dell’alta rio dell’Unità di Italia ’61 Torino, in un moda che sarà da fine secolo fino agli anni mutato contesto in cui sono ancora atti- Quaranta del ’900 asse portante dell’eco- ve grandi ditte del passato, dal Gft a La nomia cittadina, seconda solo all’indu- Merveilleuse fondata nel 1912, ospita una stria dell’automobile. Il massiccio impie- grandiosa rassegna storica nella Mostra Il vestire dei cittadini è in generale studiato go di manodopera femminile, con una «Moda-Stile-Costume». Ma nel 1951 era anzichenò, e secondo le leggi che impone la immigrazione che supera quella maschile, ormai nata ufficialmente la moda italiana Francia, maestra della mode. Le donne del medio conferisce alla città un aspetto del tutto nella sala Bianca di a Firenze: ceto vestono come le marchesane, e le crestaie e originale dal punto di vista del mondo si erano poste le basi per lo stilismo del le modiste fanno sfoggio di abiti come le figlie dei del lavoro e sindacale, ma anche dell’im- «Made in Italy» degli anni Settanta e della banchieri e degli abbienti”. prenditorialità femminile. Di qui nascono storia di oggi. il mito e il luogo comune delle “sartine” P. Baricco, Torino descritta, Paravia, Torino 1869 torinesi, operaie eleganti che amoreggiano ◆ Anna Bondi è storica della moda con gli studenti, come la Dorina di «Ad-

51 giugno 2011 | torino nel risorgimento

L’antico Caffè Confetteria al Bicerin, in piazza della Consolata, fondato nel 1763 e allestito nelle forme attuali nella prima metà dell’Ottocento (fotografia di M. Boero per MuseoTorino). così si divertivano

Un itinerario nei luoghi dello svago e della socializzazione, distinti per classi e orientamenti politici. Nei caffé si bevevano il bicerin e il vermouth, si giocava a carte e biliardo, ma soprattutto si parlava di politica; nelle osterie si brindava con il vino e si giocava a bocce e tarocchi

di Piergiuseppe Menietti

el 1860 Alexandre Dumas padre, in tanti salotti della città ottocentesca. Qui giavano sapidi piatti della cucina regiona- visita a Torino, soggiornò nel grande la marchesa Giulia di Barolo invitava le e si giocava ai tarocchi o alle bocce. NAlbergo Europa di piazza Castello. illustri esponenti della cultura e della La contrada di Doragrossa era frequen- Incantato dalle bellezze della città e dai politica torinese, seguendo l’esempio di tata da cittadini di diversa estrazione so- suoi animati luoghi di ritrovo scrisse: altri nobili le cui riunioni di salotto ag- ciale. Vi transitavano ufficiali impettiti e «Non dimenticherò mai il “bicerin”, una gregavano intellettuali e patrioti. In altri nobili eleganti, ma anche le popolane con specie di eccellente bevanda composta di momenti le grandi sale dei palazzi sede la borsa della spesa, gli accattoni, i piccoli caffè, latte e cioccolata, che si serve in tutti di questi ritrovi d’élite si trasformavano lustrascarpe e gli strilloni che vendevano i i caffè a un prezzo relativamente basso». in luoghi di svago con feste sontuose e quotidiani. La strada offriva svaghi gratui- In onore di Dumas e della sua giustificata balli eleganti. ti per tutti: si applaudiva il passaggio della golosità, iniziamo il nostro itinerario alla Proseguendo per via delle Orfane rag- fanfara che conduceva in piazza Castello ricerca dei luoghi del loisir dell’Ottocento giungiamo via Garibaldi, l’antica contra- i soldati di guardia al Palazzo Reale e si proprio in piazza della Consolata, dove un da di Doragrossa, che vanta tuttora molti rideva alle trovate e agli spettacolini dei rinomato locale offre tuttora agli avvento- bar, eredi dei famosi caffè torinesi: in epo- girovaghi. Intorno ai loro banchi si for- ri la tradizionale bevanda torinese. ca risorgimentale se ne contavano più di mavano capannelli incuriositi e divertiti: cento, tutti forniti di un gran numero di il famoso “Jest” faceva esperimenti elettri- Dalla casa di Giulia alla palandrana giornali. Il Caffè Madera, all’angolo tra le ci per convincere il pubblico a comprare di “Santa Cecilia” attuali via Lagrange e Giolitti disponeva la vera Radica imperatoria, da grattugiare di ben centodieci testate diverse. Nei luo- in mezzo litro di barbera per curare lo sto- Lasciando la piazza e percorrendo via Ma- ghi di ritrovo si sorseggiavano il già citato maco. Poco distante, quasi all’angolo con ria Adelaide giungiamo nell’antica con- “bicerin” o gli aperitivi ma, soprattutto, si piazza Castello, il vagabondo “Santa Ceci- trada delle Orfane. Svoltiamo a destra e, parlava di politica tra una sfida a biliardo lia”, avvolto in una vecchia palandrana, suo- al numero sette, ammiriamo il Palazzo e una partita a carte. Il popolo preferiva le nava una vetusta spinetta dai tasti ingialliti e Barolo, che ospitò uno dei più impor- osterie, dove si beveva vino rosso, si man- stazionava nei pressi del Caffè Calosso.

52 Rivista MuseoTorino | giugno 2011

L’aperitivo, appuntamento fisso le sontuose boiseries dorate, amava sedere Qualcuno sceglieva divertimenti più spor- già due secoli fa Camillo Benso conte di Cavour, tuttora tivi e una guida dell’epoca, quella di Pie- ricordato da un’ironica pittura murale del tro Baricco (1869), informa che: «Negli Entrando nella piazza Castello, il no- ristorante. Il Conte frequentava anche anni in cui il freddo è intenso, e le acque stro breve percorso nello svago e nel loisir un caffè non molto distante: il Fiorio, stagnanti nei prati sono converse in ghiac- dell’Ottocento ci spinge all’angolo dell’at- all’angolo tra via Po e via Bogino, dove da cio, frequenti schiere di giovani si eserci- tuale via Viotti, dove una lapide in mar- giovane aveva perso la folle cifra di 1.200 tano a scivolarvi sopra coi ferri ai piedi, e mo bianco ricorda la creazione del ver- franchi al gioco “del goffo”. Da tempo il non è raro il veder prender parte a questi mouth di Antonio Benedetto Carpano, la locale aveva tra i propri avventori intellet- esercizi anche alcune donzelle». Almeno bevanda che avrebbe poi assunto il celebre tuali, nobili e patrioti i cui discorsi ver- in questo caso l’emancipazione partiva dal nome di «Punt e Mes». L’aperitivo era un tevano spesso su questioni di economia e divertimento. rito al quale era difficile sfuggire, all’ora di di politica. Non a caso si narra che, ogni pranzo e – soprattutto – prima della cena, mattina, il re Carlo Alberto chiedesse con ◆ Piergiuseppe Menietti, appassionato di quando anche le persone più indaffarate si un filo di preoccupazione: «Che cosa si storia locale, è autore, con il figlio Emanue- concedevano una pausa. dice al Fiorio?». le, del volume Il Risorgimento nelle vie di Seguendo i portici sud di piazza Castello Da piazza Carignano svoltiamo in via Torino. Itinerari, personaggi, notizie, Il Punto, arriviamo in via Accademia delle Scienze Principe Amedeo e, superata via San Torino 2010 e poi nella piazza Carignano, dominata Francesco da Paola, scopriamo, sulla dall’omonimo palazzo già sede del Parla- destra, una facciata sormontata da un mento Subalpino e attualmente occupato timpano e abbellita da un balcone arro- dal Museo Nazionale del Risorgimento tondato, sul quale poggia una statuetta Italiano, riallestito proprio in occasione che raffigura Gianduja. In questo edi- USI ED ABITUDINI DEI CITTADINI del 150° dell’unità. Di fronte alla nobile ficio aveva sede il Teatro d’Angennes, residenza barocca sorge il Teatro Cari- poi intitolato alla maschera torinese; una Durante il giorno tutti attendono alle loro gnano: un elegante ambiente dai velluti sala popolare, nella quale – nel marzo del occupazioni, e verso sera escono a passeggio per rossi e dai legni dorati dove, nell’Ottocen- 1859 – fu rappresentata «La Cichin-a ’d respirare aura più libera e salutare o sotto i portici, to, si svolgevano spettacoli di prosa. Alla Moncalé», opera in piemontese di Gio- o nei giardini, o sui corsi. lirica era riservato, invece, il vanni Toselli tratta dalla «Francesca da Nei giorni festivi gran folla di popolo esce dalla cit- di piazza Castello. Massimo d’Azeglio ri- Rimini» di Silvio Pellico (1818). tà per ire a sollazzevoli diporti o nei borghi vicini, corda che il re Carlo Felice, appassionato La figura di Gianduja riporta il pensiero o tra i vigneti della collina, o per fare baldoria nelle di teatro, durante le rappresentazioni si ai festeggiamenti carnevaleschi cittadini. osterie campestri, di cui è ben fornito il suburbio. cibava di grissini «che con destrezza in- Giorni magici, segnati da svaghi di ogni Tutte le classi dei cittadini amano gli spettacoli ghiottiva tenendoli per uno de’ capi con tipo: sotto i portici di via Po le bancarelle drammatici e lirici, dei quali non v’ha penuria in due dita e stritolando l’altro presto presto offrivano dolciumi, maschere e stelle fi- tutte le stagioni dell’anno. [...] coi denti». lanti; nei palazzi nobiliari venivano orga- È generale l’uso del fumare nelle case dei privati e Di fianco al Teatro Carignano ha sede il nizzati balli in maschera, mentre nei teatri nei luoghi pubblici si fuma con grandissima libertà, famoso ristorante del Cambio. Qui, tra si succedevano le opere buffe. e persino in alcuni uffici amministrativi: per poco del sigaro o della pipa non annebbia il gabinetto Vai alle schede complete e alla mostra Il Risorgimento è qui! su www.museotorino.it della nobile gentildonna. È un’usanza venutaci dal Turco o dal Tedesco, che non attesta un gran progresso di civiltà.

CAFFÈ

I caffè sono frequentati da ogni ceto di persone: la villanella che scende dalla collina per vendere le uova o i fiori, la lattivendola, la fruttaiuola, il bracciante, il banchiere, il merciaio, l’uomo di spada e di toga, il fattorino di negozio, Caffè Fiorio la fantesca, tutti insomma frequentano i pubblici Lo storico e raffinato caffè, che son molti e splendidi, per rifocillare locale aperto in contrada Palazzo Barolo lo stomaco col bicchierino (tazza di caffè con di Po sul finire del Set- Il palazzo nobiliare latte o cioccolatte) nelle ore antimeridiane, o per tecento divenne durante Teatro Regio di via delle Orfane è rinfrescarsi, il pomeriggio, con qualche saporita la Restaurazione uno Il Teatro del Re fu edificato nel 1738 da Benedetto legato alla memoria di bevanda od un gelato. dei punti di ritrovo della Alfieri. Viene in seguito restaurato da Carlo Randoni, Tancredi e Giulia Falletti, I caffè sono provveduti a dovizia di giornali d’ogni nobiltà. «Che si dice al Giacomo Pregliasco e, sotto Carlo Alberto, da Pelagio benefattori della Torino colore: ivi i politicanti fanno le loro dispute e tra Caffè Fiorio?»: sembra Palagi. Distrutto da un incendio nel 1936, viene risorgimentale. Vi trovò un sorso e l’altro agitano le sorti della Penisola e che con questa domanda ricostruito da Carlo Mollino nel 1973. dimora Silvio Pellico e sentenziano sui destini d’Europa. tutte le mattine il re Car- fu sede di uno dei più lo Alberto (1798-1849) importanti salotti della P. Baricco, Torino descritta, Paravia, Torino 1869 aprisse le sue udienze. città ottocentesca.

53 giugno 2011 | torino nel risorgimento

Vignetta di Teja che mette in satira l’editoria quoti- diana torinese nel 1861 (ASCT, Fondo Gec, P 657, «Pasquino», VI, 1861, n. 261, 20 gennaio, p. 963). i giornali nella “culla della libertà” Avidi di notizie, soprattutto sulle proprie sorti, i torinesi beneficiano della maggiore libertà concessa da Carlo Alberto per “scoprire” i giornali, anche quelli satirici

di Emanuele Menietti

erso la metà dell’Ottocento, ai tori- giornali di informazione e di opinione: le stime sul numero dei caduti in com- nesi che decidevano di concedersi intorno al 1860 in città si stampavano battimento. Gli articoli sui conflitti che si Vuna passeggiata per le vie del centro una cinquantina di diverse testate, che svolgevano al confine con il Regno, come della città, capitava spesso di imbattersi si aggiungevano a quelle che arrivavano nel caso della prima guerra di indipen- nei “birrichini”, gli strilloni che cerca- dall’estero. Molti giornali erano costosi denza, venivano solitamente pubblicati vano di vendere ai passanti i giornali con e si occupavano principalmente di po- entro un paio di giorni, ma se il fronte era le ultime notizie di politica e di attualità. litica, come «La Concordia» e «Il Ri- quello molto più distante della Crimea o Alcuni, ricordano le cronache dell’epoca, sorgimento» (tra i cui fondatori figura del Sud Italia della spedizione dei garibal- non si limitavano a urlare il nome del Cavour), mentre altri erano nati per es- dini, potevano essere necessarie fino a due giornale, ma strillavano anche titoli di sere più economici e popolari, come «La settimane prima di avere aggiornamenti. fantasia per ingigantire le notizie e atti- Gazzetta del Popolo» fondata nel giu- Fortunatamente, per stemperare l’attesa rare l’attenzione dei possibili compratori. gno del 1848 e distribuita al prezzo di e alleggerire le tensioni c’erano le testate Il piccolo imbroglio a volte funzionava e cinque centesimi di lire. umoristiche e satiriche, che raccontava- testimonia efficacemente quanto i torine- Con sfumature e orientamenti politici no a loro modo i passaggi complessi e a si fossero avidi di informazioni in un mo- diversi, le varie pubblicazioni affrontava- volte poco trasparenti che stavano portan- mento storico così importante per la città no gli stessi temi discussi ogni giorno dai do alla formazione dell’Italia unita. Il «Pa- e per le sorti dell’Unità italiana. torinesi che si ritrovavano nei caffè della squino» e il «Fischietto» erano i giornali città per commentare la politica, le scel- umoristici più amati dai torinesi, che si Politica, notizie dal fronte te strategiche dei generali impegnati nelle ritrovavano sulle pagine dei periodici ri- e testate umoristiche guerre di indipendenza e i fatti di cronaca tratti nelle scherzose vignette dell’illustra- più recenti. Chi aveva un figlio o un ami- tore Teja, intenti a leggere avidamente le Il desiderio di essere sempre aggiornati e co al fronte attendeva con trepidazione le ultime notizie. Alle illustrazioni si aggiun- le aperture moderatamente liberali, otte- ultime notizie sulle battaglie, rimanen- gevano gli articoli di satira politica, scher- nute con lo Statuto Albertino del 1848, do in ansia per giorni quando le cronache, zosi e velatamente critici per non urtare portarono alla nascita di molti nuovi spesso frammentarie e confuse, fornivano più di tanto il potere.

54 Rivista MuseoTorino | giugno 2011 Pochi lettori, pochi editori Circoli intellettuali e vita culturale La lettura dei giornali era una pratica molto diffusa in città, dove i livelli di Primo rilevante circolo letterario torinese dell’800 alfabetizzazione erano più alti, mentre il fu l’Accademia di Concordi, formata da giovani numero di lettori si riduceva sensibilmen- nobili (fra cui Prospero Balbo, presso la cui abita- te nelle aree rurali. Del resto, nel 1861 zione in via Bogino 8 si tenevano le riunioni, Gian in Piemonte solamente un adulto su due Francesco Galeani Napione, Angelo Saluzzo, l’aba- sapeva leggere e la nazione da poco unita te Valperga Caluso), impegnati nella difesa della contava un livello di analfabetismo pari lingua contro i francesismi dilaganti, un program- al 90%. Questo dato, unito alle scarse ma intellettuale che era anche antigovernativo. disponibilità economiche e a un sistema Simili erano gli interessi dei Pastori della Dora editoriale ancora acerbo, condizionò le (di cui fece parte la poetessa Diodata Saluzzo), sorti di numerosi giornali obbligandoli a difensori della cultura piemontese. chiudere precocemente. Alcuni riuscirono Da rettore dell’Università torinese, Prospero comunque a resistere a lungo grazie alla Balbo fu però anche fra gli artefici della riforma presenza radicata sul territorio, fattore dell’istruzione, che l’inserì pienamente nel sistema che ha permesso loro di arrivare fino ai transalpino facendone partecipi anche i nobili, che giorni nostri. La «Gazzetta Piemonte- pure rimasero sostanzialmente sabaudisti. se», per esempio, che nacque a Torino nel Attive furono in quegli anni pure le accademie, 1867, viene distribuita ancora oggi con prima fra tutte l’Accademia delle Scienze, che il nome «La Stampa», assunto verso la prese a occuparsi anche di discipline umanistiche fine dell’Ottocento. Altre testate, invece, oltre che di scienza, in cui rimase all’avanguardia. non esistono più nonostante una storia Infine, la maggior libertà di cui si godette sotto ultracentenaria alle spalle. Fra queste la La pagina della «Gazzetta del Popolo» del 12 novem- il governo francese fece sviluppare editoria e già citata «Gazzetta del Popolo», che ha bre 1899 dedicata al monumento per il suo fondatore, vendita di libri. Anche negli anni successivi non interrotto le pubblicazioni nel dicem- Giovanni Battista Bottero, collocato in piazza IV Marzo. sarebbero però mancate importanti esperienze in bre del 1983, dopo 135 anni dalla fon- questo settore, come quella di Giuseppe Pomba, dazione senza abbandonare mai Torino, con la sua Enciclopedia popolare a fascicoli, prima nemmeno quando la capitale fu spostata Per saperne di più opera di grande respiro pensata per ceti non elevati. a Firenze: «Restiamo a Torino, in questa Pubblicati sin dal secolo precedente, continuarono culla della libertà, da cui essa dovrà forse B. Gariglio, Stampa e opinione pubblica nel Risorgi- a esistere con immutato successo almanacchi, nuovamente ricominciare la sua benefica mento. La Gazzetta del Popolo (1848-1861), Franco lunari e simili, con il loro comune buon senso, i crociata a benefizio dell’Italia». Angeli, Milano 1987. consigli sulle coltivazioni, la cucina, il meteo.

◆ Emanuele Menietti è giornalista P. Murialdi, Il Giornale, il Mulino, Bologna 1998. Francesca Rocci

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Casimiro Teja Desiderato Chiaves Giovanni La nuova legge Caricaturista (Torino, Letterato, giureconsulto Battista Bottero sulla stampa 1830-1897) formatosi e uomo politico (Torino Giornalista e uomo poli- Il 26 marzo 1848 viene all’Accademia Albertina 1825-1895), collaborò Sede della «Gazzetta del Popolo» tico (1822-1897), fondò promulgata la nuova di Torino, collaborò al al «Fischietto», su cui Edifici per uffici a tipografia tra Valdocco, via dei il giornale «L’Opinione» legge: autorizza qua- «Fischietto» e ad altri pubblicò le sue poesie Quartieri e via Garibaldi, di gusto neobarocco (di (1848) e, nello stesso lunque scritto che non giornali umoristici. Nel politiche con la firma di adeguamento ai vicini Quartieri militari), realizzati nel anno, il quotidiano pregiudichi l’attività di 1859 fu nominato «Fra Galdino». Deputato 1927 da Vittorio Eugenio Ballatore di Rosana. torinese «La Gazzetta governo e non offenda la direttore del «Pasquino». dal 1857, fu ministro del Popolo», di cui fu religione e la morale. La Le sue vignette hanno dell’Interno e senatore direttore e dalle cui pa- censura preventiva pas- caratterizzato tutta la nel 1890. gine alimentò una vivace sa dall’autorità religiosa componente satirica del polemica anticlericale. a una commissione Risorgimento. governativa.

55 giugno 2011 | torino nel risorgimento

torino dopo il risorgimento: una città che lavora e che pensa Nel volume collettaneo Torino 1880 (Tip. Roux e Favale, Torino 1880), raccolta di descrizioni della città in vista dell’Esposizione nazionale del 1884, autori specialisti in campi diversi, tra cui Giacosa, Ferrante e Pacchiotti, raccontano Torino ormai non più capitale: proponiamo stralci dai contributi di Edmondo De Amicis e Vittorio Bersezio, intitolati rispettivamente La città e Torino.

TORINO COME “SINTESI”: PRODUZIONE, – deve provare un disinganno piacevole, vastità allegra, piena di luce e di lavoro, LAVORO, SCIENZA uscendo dalla stazione di Porta Nuova in deve esclamare: è bello! o tirare almeno una bella mattinata di primavera. Alla vi- uno di quei larghi respiri, che equivalgo- «Certo, un Italiano che arrivi qui, sta di quel grande Corso, lungo quanto no ad una parola d’ammirazione. [...] Il coll’idea di trovare una città uggiosa, e i Campi Elisi di Parigi, chiuso a sinistra centro di Torino ha una bellezza sua pro- un po’ triste, come i dispettosi soglion dalle Alpi, a destra dalla collina, davanti a pria, invisibile allo straniero indifferente, definire Torino – un villaggio ingrandito quell’infilata di piazze, a quelle fughe di ma che deve affascinare l’italiano nuovo – un mucchio di conventi e di caserme portici, a quel verde rigoglioso, a quella arrivato. Ogni suo angolo, ogni sua casa

56 Rivista MuseoTorino | giugno 2011

Pianta geometrica illustrata della Città di Torino, G.B. torreggiare sulle sue case. Paravia, Torino 1880. Poco lontano di là, girando a destra, tut- to cambia: s’entra in una città militare. allineate come lo erano i vecchi reggimen- L’Arsenale, i Magazzini di Artiglieria, il ti piemontesi, coi guidoni e le guide sulla Laboratorio pirotecnico, l’Opificio mi- linea, dopo un’ora di lavoro. Si va avan- litare meccanico, la Cittadella, la grande ti, e par sempre di passare e di ripassare caserma della Cernaia, si stendono in una nei medesimi luoghi. Si può camminare lunga catena da piazza Solferino a piazza a occhi chiusi: non c’è da sbagliare: ogni San Martino, e danno a quella parte del- tanti passi, riaprendo gli occhi, si vedran- la città un aspetto tutto soldatesco com- no due interminabili vie diritte a destra pletato dai tre monumenti guerreschi del e a sinistra, l’una chiusa dalle Alpi, l’altra Duca di Genova, d’Alessandro Lamarmo- chiusa dalle colline. [...] L’architettura ra e di Pietro Micca [...]. Qui a certe ore è democratica ed eguagliatrice. Le case del giorno par di essere in una città forte, possono chiamarsi tra loro: – Cittadina – in tempo di guerra. I coscritti fanno l’eser- e darsi del tu. La divisione delle classi so- cizio sui viali e sulla piazza Venezia, per ciali a strati sovrapposti dal piano nobile le strade passano i picchetti di guardia, i ai tetti, toglie alla città quelle opposizioni carri dei viveri e le vetture d’ambulanza, visibili di magnificenza e di miseria, che passano ordinanze a cavallo e ordinanze accendono nell’immaginazione il deside- di fanteria coi bimbi degli ufficiali per rio inquieto e triste delle grandi ricchezze. mano; escono frotte di carabinieri dalla Girando per Torino, si prova piuttosto Cittadella, stormi d’ufficiali dalla scuola un desiderio di vita agiata senza sfarzo, d’equitazione, sciami d’operaie dagli opi- d’eleganza discreta, di piccoli comodi fici militari [...]. Tutto quel quartiere di e di piccoli piaceri, accompagnati da Torino piglia colore dall’esercito. Sotto i un’operosità regolare, confortata da un portici ci son le piccole trattorie che ten- capitale modesto, ma solido, come i pi- gon pensione, affollate d’artiglieri verso lastri dei suoi portici, che dia la sicurezza l’imbrunire, camere mobiliate e libere ai dell’avvenire. [...] mezzanini, gran quadri di fotografi, pieni Ma non ha visto Torino chi non ha visto di militari puliti e lustri, voltati tutti di i suoi sobborghi, ciascuno dei quali ha prospetto, piccoli banchi di merciaiuoli, un carattere suo proprio, non abbastan- [...] e pilastri tappezzati di giornali popo- za osservato, forse, neppure dagli stessi lari illustrati, per ingannare il tempo nel Torinesi. C’e da fare un giro curiosissimo, corpo di guardia e nella stanza di picchet- parla, racconta, accenna, grida. Ogni partendo da San Salvario, e andando su to. [...] arco de’ suoi portici è stato l’arco di trion- per l’antica piazza d’Armi e per il Borgo Andando innanzi verso ponente, oltrepas- fo d’un’idea vittoriosa, sopra ogni pietra San Donato, fino a Borgo Dora. Il Bor- sato il Borgo di San Donato, che s’allun- del suo lastrico si sono incontrati e stretti go San Salvario è una specie di piccola ga sopra una strada sola, pigliando grada- la mano per la prima volta due italiani di city di Torino, dalle grandi case annerite, tamente l’aspetto di un villaggio grazioso, provincie diverse, due esuli, due soldati velato dai nuvoli di fumo della grande sta- si entra, per il Corso Principe Eugenio, della grande causa comune: tutto v’è an- zione della strada ferrata, che lo riempie in una parte di Torino stranissima, poco cora caldo del soffio immenso di amor tutto del suo respiro affannoso, del fra- nota, nella quale la città si perde nella di patria che vi passò, infiammando e tra- stuono metallico della sua vita rude, af- campagna: e dove son raccolti i principali volgendo ogni cosa, come un uragano di frettata e senza riposo; una piccola città a istituti di beneficenza, fra cui il ritiro del fuoco. Quale italiano può arrivar là senza parte, giovane di trent’anni, operosa [...]. buon Pastore, l’Ospedale di San Luigi, il sentirsi commosso? In un giro di pochi L’aspetto del sobborgo è ancora torinese, Manicomio, lo Stabilimento di don Bo- passi, intorno al Palazzo Madama, si vede ma arieggia la “barriera” di Parigi. [...] sco, l’Ospedale di Cottolengo [...]. Qui e si ricorda tutto. In poche città, i luoghi Di là andando su per il Corso Vittorio vive un mondo invisibile di infermi, di e i monumenti più memorabili si trovano Emanuele, si arriva nella vecchia piazza vecchi, di traviate, di preservande, di ragaz- meglio disposti per colpire tutt’insieme d’Armi, in mezzo a una cittadina nata ze abbandonate, di bimbi senza parenti, lo sguardo e la mente. [...] Un [...] misto ieri, a una specie di giardino architetto- di giovinetti poveri, di maestre e di suore di città nuova e di città vecchia, di gra- nico, pittorescamente disordinato, dove che pregano, soffrono, studiano, lavorano vità nordica e di gaiezza meridionale, di ogni settimana sboccia una casa; dove si [...]. Le strade sono quasi deserte. [...] maestà e di modestia ad un tempo, che ritrova l’Hôtel dei Campi Elisi, la palaz- Proseguendo di là per il corso San Mas- fa lavorare la fantasia come una poesia a zina del Viale dei Colli, la villetta geno- simo s’arriva nella grande piazza otta- doppio senso. [...] La città par fabbricata vese, il casino svizzero, un vero visibilio gonale di Emanuele Filiberto [Porta sopra un immenso scacchiere. Per quan- di capricci sfarzosi [...]. È un quartiere Palazzo]. Ma per vederla in tutta la sua to si giri, non si riesce che a descrivere del- ridente, misto di città e di campagna [...]. bellezza bisogna capitarvi una mattina di le greche perfette. Tutte le strade, a primo I giovani romanzieri di Torino si servi- sabato, d’inverno, in pieno mercato. Uno aspetto, si rassomigliano: tagliano tutte ranno largamente, senza dubbio, nei loro Zola torinese potrebbe mettere lì in scena un lunghissimo rettangolo di cielo con romanzi avvenire, di questa piccola città un romanzo intitolato Il ventre di Torino. due file di case di color uniforme, su cui pomposa e gentile; e intanto essa s’allarga Sotto le vaste tettoie, fra lunghe file di ba- lo sguardo scivola dal cornicione al mar- rapidamente, o si popola da ogni parte, racche di mercanti di stoffe, di botteghini ciapiede, senza trovar nulla che l’arresti; aspettando il Re gigantesco destinato a di chincaglierie e d’esposizioni di terraglia

57 giugno 2011 | torino nel risorgimento all’aria aperta, in mezzo a monti di frutta, oramai cresciuta si metterà il Principe l’ambito delle sue mura s’è allargato e si di legumi e di pollame, a mucchi di ceste e stesso, il Re che sarà martire dell’indi- va ogni giorno più allargando, invadendo di sacchi, tra il va e vieni delle carrette che pendenza nazionale, Carlo Alberto. con sempre nuovi piani d’ingrandimento portan via la neve, tra il fumo delle casta- Dalla proclamazione dello Statuto, dalla la circostante campagna, massime nella gne arrosto e delle pere cotte gira e s’agita dichiarazione di guerra all’Austria, fatta ridente zona meridionale. confusamente una folla fitta di contadini, dal padre di Vittorio Emanuele II, Torino Né con ciò è da dirsi che essa, datasi con di servitori, di sguatteri, di serve imbacuc- diventa la città più italiana d’Italia, come tanto ardore agli interessi materiali, tra- cate nei loro scialli, di signore massaie, di la dinastia di Savoia diventa la personifi- scuri quelli morali e intellettuali. L’attivi- ordinanze colla cesta sotto il braccio, di cazione dell’unità della patria. Torino si tà e produttività letteraria sono cresciu- facchini carichi,di donne del popolo e di fa il nucleo di tutte le forze, il centro te, e lo sanno librai, editori e stampatori. monelli intirizziti, che fanno nera la piaz- di tutto il pensiero d’Italia: dal 1849 al Osservate le pubbliche biblioteche e le za. [..] E non si può dire quant’è pittore- 1860 la vita di Torino è un’epopea mera- troverete sempre piene di lettori; recatevi sca e bizzarra quella confusione di gente vigliosa che raccoglie e contiene la vita di alle tante pubbliche conferenze e vedrete e di cose, di lavoro e di festa, di città e di tutta la nazione; le armi piemontesi sono quanto pubblico intelligente vi si racco- campagna, vista a traverso la nebbia della state solennemente consacrate armi italia- glie, esaminate la statistica della pubblica mattina, che lotta ancora col sole, in mez- ne, le uniche armi italiane; il giornalismo istruzione e apprenderete che per numero zo a quei grandi alberi sfrondati imperlati torinese è la voce della coscienza di tutto di scuole e d’allievi la città nostra va tra le di brina. [...] il popolo italiano; la tribuna parlamentare prime, della qual cosa molto merito ha il Ma per veder Torino nel suo più di Torino proclama i voti e i propositi di Municipio. Un Consorzio universitario bell’aspetto, bisogna vederla nell’occasio- tutta la nazione italiana. ha ampliato le basi e le forme dell’inse- ne d’una di quelle grandi feste nazionali In quel decennio mirabile di attività e gnamento superiore. L’arte drammatica [...]. Allora certi luoghi della città, certi di senno politico, di virtù civili e di sa- viene specialmente protetta; gli spettacoli angoli storici ripigliano per qualche ora crifizi finanziari, Torino all’ingegno e alla d’opera e ballo al Massimo Teatro sono l’aspetto antico [...] e sotto i portici ripas- volontà che preparavano i futuri destini sempre dei migliori di tutta la Penisola; e sa un soffio del cinquantanove, e tutta la d’Italia, diede l’ambiente il più propizio, quanto i nostri artisti valgano nelle varie città si sente rifluire al cuore il suo vecchio la guida la più sicura, la collaborazione arti figurative, lo dimostrerà la presente sangue di guerriera e di regina, e apparisce la più efficace. La pubblica opinione, il esposizione. più bella e più altiera in mezzo alla vasta buon senso del pubblico, gli avvertimen- Torino non è più la rigida caserma cintura verde dei suoi platani e al grande ti del sentimento popolare, gli applausi e militare d’un tempo; severa e solenne anfiteatro azzurro delle sue Alpi». i silenzi delle turbe, aiutarono, spinsero, ancora nelle sue parti antiche, ride o contennero, incoraggiarono, afforzarono almeno sorride ne’ suoi nuovi rioni, in ◆ Edmondo De Amicis (1846-1908), scrit- e Governo e Parlamento, furono norma cui talvolta s’abbandona anche a qualche tore e pedagogo, è l’autore di Cuore (1886), ed ispirazione al gran Re e al gran Mini- sfoggio di cattivo gusto da nuovo arricchi- uno dei testi più popolari della letteratura stro che si adoperarono più fruttuosamen- to; Torino non è più la tribuna della poli- dell’Italia unita te d’ogni altro per l’indipendenza d’Italia. tica italiana, non è più la terra d’asilo dei Chi ha visto gli entusiasmi per la guer- combattenti per la libertà, non è più l’al- ra del 1848, la severa fermezza, con cui, tare del patriottismo, la Mecca dei liberali confortati di poche speranze, si accolse la italiani; ma è una città che lavora e che LA CITTÀ PIÙ ITALIANA D’ITALIA ripresa della lotta nel 1849, il cupo dolore pensa, che tiene la fronte volta alle Alpi, della sconfitta di Novara; chi ha assistito pronta a rintuzzare lo straniero che ne di- «E ora l’amor patrio di Torino non è più ai festeggiamenti con cui si ringraziava scenda, e ha il cuore che batte all’unisono piemontese soltanto, è italiano. Vittorio Emanuele di farsi sempre più, con tutte le sue sorelle italiane. Ha l’im- Cominciarono in questo secolo gli spiriti di apertamente dichiararsi campione ita- ponenza d’una vita onorata di secoli ed più eletti a vagheggiare da questo estre- liano; chi si è trovato presente alla gioia ha la vivacità d’una gioventù novella; ha mo lembo la liberazione e ricostituzione onde si salutarono le vittorie di coloro le nobili tradizioni dell’antico Piemonte della gran patria comune. Sotto il domi- che combattevano per la libertà d’Italia; e ha l’ardore entusiastico dell’Italia risor- nio di Napoleone I, a Torino si formava quegli può dire se l’amor patrio in Torino ta; ha l’alterigia che le dà la coscienza de’ una Società di giovani che col pretesto sia profondamente radicato nel cuore del suoi meriti e sente pei figli delle altre città di studi letterari volevano procurare popolo, sia davvero parte essenziale della che la visitano, l’amorevolezza del sangue l’italianamento di questa provincia, di sua vita. comune, rincalzata dalle lotte insieme so- questo popolo, delle nostre abitudini e La direzione del movimento italiano fu stenute, dalle glorie recenti insieme acqui- delle nostre menti. È giustizia il dire che altrove trasportata: l’importanza politica state, dalle speranze compartecipate d’un quei giovani erano quasi tutti dell’ari- di Torino cessò, e in pari tempo sembra- medesimo avvenire». stocrazia. Nel 1821 altri giovani, ap- rono fieramente minacciate anche le sue partenenti anch’essi o alla nobiltà o alla condizioni economiche. La città rimase un ◆ Vittorio Bersezio (1828-1900), scrittore, borghesia più colta, congiurano per la li- momento sbalordita, ebbe qualche lampo giornalista e deputato italiano, direttore dal bertà e l’indipendenza d’Italia, cadono d’ira e qualche nube di broncio; ma il sen- 1854 del giornale umoristico «Fischietto», è e vanno a scontare nell’esilio le generose no pratico e il tatto opportuno della sua autore della celebre commedia «Le miserie ‘d audacie, ma lasciando nel popolo fin al- natura non tardarono a prevalere: cercò Monsù Travet» (1863) lora indifferente, anzi fors’anco poco be- in altri campi nuove fonti di prosperità, nevolo a queste idee, il germe del nuovo diede origine a un movimento industriale, patriottismo, dell’amore d’Italia: germe commerciale ed anche bancario, del quale che attecchirà, si svolgerà, darà frutto i buoni effetti si vedono in ciò che la sua mirabile, quando a coltivarne la pianta popolazione è cresciuta quasi d’un terzo e

58 dossier fotografico

Il “caval ‘d brôns”, celebre monumento al centro di piazza San Carlo dedicato a Emanuele Filiberto, è opera di Carlo Marocchetti del 1838 (fotografia di D. Lanzardo per MuseoTorino). giugno 2011 | DOSSIER FOTOGRAFICO

Ferdinando di Savoia (1822-1855) è ritratto in guerra, con la divisa militare, la spada sguainata e il cavallo morente. Eseguito nel 1866 da Alfonso Balzico (1825-1901), il monumento equestre fu collocato nel 1877 in piazza Solferino (fotografia di M. Boero per MuseoTorino). torino è tutta un monumento

Celebrazione della dinastia sabauda e religione della patria accompagnano e ispirano la politica di immagine avviata da Carlo Alberto: prendono forma monumenti e spazi pubblici in cui il gusto classicista si lega ai simboli rassicuranti dell’Italia medievale dei Comuni.

di Elena Dellapiana

arlo Alberto di Savoia Carignano, re di storia, traendone gli esempi più fulgi- Una celebrazione che abbraccia Sardegna dal 1831 al 1849, è il primo di di dedizione, eroismo e lealtà civiche classicismo e Medioevo Csovrano della Restaurazione a ripren- e restituendole al pubblico mediante dere un’estesa attività di interventi nelle molti e variegati canali. Se da una parte La prima importante testimonianza è il città piemontesi, Torino prima di tutte, e a la “storia patria” viene costruita e fruita monumento equestre a Emanuele Fili- dotarle di edifici pubblici – scuole, ospe- dagli intellettuali nelle molte occasioni berto, “Testa di Ferro”, eseguito da Carlo dali, ospizi, carceri, teatri –, ma anche di di studio promosse dal sovrano, veri e Marocchetti e inaugurato nel 1838 sul spazi urbani celebrativi, nei quali al di là propri “monumenti” storici e letterari che fondale di piazza San Carlo. Il duca, ri- delle funzioni – mercati, accessi, residenze ripercorrono le tappe dei diversi rami del- tratto nel momento in cui rinfodera la – aleggiasse il senso civico e di appartenen- la famiglia e delle loro gesta, e viene poi spada dopo la battaglia di San Quintino, za dei sudditi-cittadini (anche se monar- restituita ai componenti della corte nelle oltre a essere colui che ha trasferito la ca- chia restaurata, quella sabauda non può fabbriche reali, tutte rimaneggiate al fine pitale del ducato da Chambery a Torino non risentire dei riflessi della Francia rivo- di richiamare le epoche che hanno visto il nel 1562, è un antenato nel quale Carlo luzionaria) ai luoghi, alla città e allo Stato. crescere dei Savoia (a Racconigi, Pollenzo, Alberto amò specchiarsi all’inizio del suo Carlo Alberto aggiunge all’opera dei suoi Santa Vittoria e in molte residenze nobi- regno: guerriero, ma anche grande orga- predecessori una vera e propria “missio- liari), dall’altra il popolo beneficia di spazi nizzatore di uno Stato moderno, aveva ne”, quella di celebrare e diffondere i pubblici che portano tracce monumentali affiancato le iniziative militari a quelle ci- fasti della dinastia, scavando nella sua della storia dinastica. vili, l’abolizione della servitù della gleba

60 Rivista MuseoTorino | giugno 2011

Reale, sono contemporanei e non in con- La celebrazione dinastica non viene mai traddizione con il monumento al Conte abbandonata – ancora un sorprendente Verde, scolpito da Pelagio Palagi a partire monumento equestre viene dedicato nel dal 1844, per un personaggio anch’egli al- 1877 vicino alla Cittadella (piazza Sol- ter ego di Carlo Alberto. Il monumento ferino) al fratello di Vittorio Emanuele al Conte Verde, nella piazza delle Erbe, II, Ferdinando di Genova, nell’atto di di fronte al palazzo civico, quello a Ema- resistere alla battaglia di Novara (1849), nuele Filiberto in piazza San Carlo e il nonostante la sua cavalcatura sia agoniz- gruppo dei Dioscuri in piazzetta Rea- zante – fino al rapidissimo concorso per le, segnano il punto di partenza, in tre il monumento al Gran Re, all’indoma- snodi cruciali della città, a ridosso delle ni della sua morte, che ne innalza l’effige prime azioni militari per l’indipendenza “sui tetti” (in largo Vittorio Emanuele, e l’unità del paese, di quel processo di scultore P. Costa). Nel frattempo tutti i dotazione di spazi urbani monumentali personaggi del processo patriottico fanno che investirà letteralmente Torino fino la loro comparsa, dai politici nel giardino agli anni Ottanta del secolo. dei Ripari (oggi aiuola Balbo), a Cavour (piazza Carlina), Gioberti (piazza Cari- Da Carlo Alberto a Vittorio Emanuele II gnano), fino a Garibaldi (lungo Po), ma tutti come satelliti dei Savoia, in una “sa- all’impulso economico, alla rifondazione La figura di Carlo Alberto rimane cen- baudizzazione” del processo risorgimenta- territoriale e urbanistica. trale e trova posto nel 1861, ancora per le che è stata il segno distintivo della reli- Gli anni precedenti alla prima guerra di mano dello scultore Marocchetti e ancora gione patria in terra piemontese. indipendenza vedono, nella politica di in un monumento equestre, nella piazza immagine carloabertina, un doppio (anch’essa intitolata al re dello Statuto) ◆ Elena Dellapiana è professore associato orientamento: i richiami iconografici si sulla quale si affaccia il parlamento subal- presso la I Facoltà di Architettura del Politec- rivolgono da una parte al linguaggio pino, il primo italiano. La lunga vicen- nico di Torino classicista, sulla linea delle tendenze eu- da che porta al compimento del gruppo ropee, dall’altra a quello medievalista, dove Carlo Alberto è affiancato dai rami conseguenza dell’identificazione di Carlo dell’esercito, dalle allegorie dell’Indi- PER SAPERNE DI PIÙ Alberto con la cultura bassomedievale, pendenza, del Martirio, dello Statuto e religiosa, colta, legata al mito comunale dell’Uguaglianza civile e da scene della B. Tobia, Una patria per gli italiani: spazi, itinerari, e dunque di un’Italia pacificata e fonda- vita del Re “magnanimo”, incluso l’armi- monumenti nell’Italia unita, Laterza, Roma-Bari mentalmente unita. stizio con l’Austria e la morte in esilio, se- 1991. In questo senso i classicissimi riferimen- gna gli ingredienti che dall’unità alla fine ti alla mitologia classica nelle statue di del secolo caratterizzeranno i monumenti A. M. Banti, A. Chiavistelli, Atlante culturale del Ri- Castore e Polluce (A. Sangiorgio sculto- urbani torinesi anche rispetto alle altre sorgimento, Laterza, Roma-Bari 2011. re, 1846) poste a sorvegliare la piazzetta città capitali, Firenze e Roma.

Vai alle schede complete e alla mostra Il Risorgimento è qui! su www.museotorino.it

Lapide dedicata al proclama di Carlo Alberto Aula del Senato di Palazzo Madama Sala del Consiglio di Palazzo Reale per la Prima guerra di indipendenza Palazzo Madama ospitò l’Aula del Senato Subalpino Palazzo Reale fu la residenza dei duchi di Savoia, La lapide fu posta nel 1877 sulla loggia di Palazzo dal 1848 al 1861, poi il Senato Italiano. L’ultima poi dei Re di Sardegna e del primo Re d’Italia fino al Reale, da cui re Carlo Alberto di Savoia (1798- seduta si tenne il 9 dicembre 1864 con l’approva- 1865. Con Carlo Alberto furono ridisegnati gli interni 1849), il 23 marzo 1848, dichiarò la prima guerra di zione della legge per il trasferimento della capitale a da Pelagio Palagi, che decorò anche la Sala di Udien- indipendenza italiana. Firenze. Lo Statuto Albertino stabiliva che i senatori za e disegnò i mobili della Sala del Consiglio. Qui, fossero nominati a vita dal re tra i membri della nobil- dove presiedeva il Consiglio dei ministri, il 4 marzo tà sabauda, come ricompensa per i servigi resi. 1848 il re firmò lo Statuto Albertino.

61 giugno 2011 | DOSSIER FOTOGRAFICO Torino è tutta un monumento

Le statue e i gruppi scultorei della città, dall’inaugurazione a oggi

1 2 3 1-2. Il Monumento all’Alfiere dell’Esercito Sardo Il ministro dello Stato Sabaudo, promotore dello (Vincenzo Vela, 1856) fu donato dai milanesi nel sviluppo delle infrastrutture stradali e ferroviarie, è 4 1857 all’esercito piemontese e inaugurato, di fronte ritratto seduto in posa naturale (fotografia di A. Vivanti a Palazzo Madama, il 10 aprile 1859 (litografia di P. per MuseoTorino); sopra, l’inaugurazione (in «Le 5 6 Blommers su disegno di C.C.A. Last, 1859). Monde Illustré», 30 settembre 1871).

3-4. La statua dedicata a Pietro Paleocapa (1788- 5-6. Il monumento a Vittorio Emanuele II (Pietro Costa, 1869) fu eseguita da Odoardo Tabacchi (1831-1905) 1882-99), nell’ex piazza d’Armi; a sinistra, l’inaugurazio- e posta, nel 1871, nella piazza a lui dedicata. ne il 9 settembre 1899 (da «La Gazzetta del Popolo»).

62 Rivista MuseoTorino | giugno 2011

Torino è tutta un monumento Fotografie di M. Boero e A. Vivanti; immagini storiche conservate presso l’Archivio Storico della Città di Torino.

7 8 7-8. Il monumento equestre di Carlo Alberto (Carlo 11-12. Una figura di donna (l’Italia) sostiene un Marocchetti, 1856-60), inaugurato nel 1861 nell’omo- medaglione con il busto di Daniele Manin (1804-91). 9 nima piazza (da «Il Mondo Illustrato», 3 agosto 1861). L’opera (Vincenzo Vela, 1858-61) fu inaugurata il 22 marzo 1861 nel Giardino dei Ripari (da «L’Illustration, 10 11 12 9-10. Il monumento dedicato Camillo Benso conte Journal Universel», 9 marzo 1861) e ricollocata nel di Cavour, realizzato su progetto di Giovanni Duprè, 1874 nell’Aiuola Balbo. fu innalzato dodici anni dopo la sua morte, nel 1873, in piazza “Carlina” (da «L’Illustrazione Universale», 14 dicembre 1873).

63 documento storico

Antonio Rabbini, Pianta della Città e Borghi di Torino con le sue adiacenze, 1876 (ASCT, Collezione Simeom, D 114) Rivista MuseoTorino | giugno 2011 verso la capitale dell’industria

Si deve al sindaco Emanuele Luserna di Rorà la spinta, precoce, verso una nuova identità dell’ex capitale del Regno. Il progetto e le azioni per lo sviluppo della città sono presentati in due discorsi, nel 1862 e nel 1865

Due importanti relazioni, presentate dal sindaco marchese Emanuele Luserna di Rorà al Consiglio comunale nella primavera del 1862 e in quella del 1865, suggeriscono prima e poi confermano la scelta dell’Amministrazione di partecipare, con i privati, alla costruzione di un futuro produttivo nel campo dell’industria. Torino dal 1865 non è più la capitale del Regno a vantaggio di Firenze. Con l’obiettivo di arginare la crisi incombente e di proporre un piano per il futuro, in un discorso lungimirante, carico insieme di visione strategica e di pragmatica progettualità, il sindaco individua le prime ineludibili necessità per una città industriale e competitiva a livello nazionale e internazionale: la forza motrice a basso costo (in primo luogo, l’acqua), i trasporti efficienti (da cui gli investimenti nell’incremento della rete ferroviaria), la formazione (dalla scuola di base, compresa quella elementare e femminile, a quella professionale fino all’istruzione universitaria) e perfino la qualità urbana (con progetti di abbellimento) e le proposte culturali, per richiamare nuovi cittadini a stabilirsi in città.

Consiglio Comunale, Sessione di Primavera, Già fin d’ora posso annunziare chele condizioni dell’industria seduta del 22 aprile 1862 nostra sono in continuo progresso superiore all’aspettazione generale. […] «Signori, Io intanto non potei a meno di preoccuparmi tosto delle diffi- […] nello entrare all’amministrazione del municipio e nel pren- coltà che sorgono contro l’inteso scopo, e trovai che le maggiori dere conoscenza delle sue condizioni, io mi avvidi ben tosto, o sono due: il caro prezzo del denaro; la diminuzione ognor signori, come da quanto tempo i suoi atti accusino l’influenza di crescente del combustibile vegetale e la mancanza assoluta di questo stato d’incertezza che in modo tanto manifesto pesa sulle carbon fossile. […] Difatti il carbon fossile che in Inghilterra proprietà, le industrie e le speculazioni private. vale lire 7 la tonnellata, in Francia lire 9, e nella stessa vicina Ad ognuno ne è ben nota la causa; il perché argomentando della Genova lire 40, a Torino si paga non meno di lire 60. natura politica della medesima io mi convinsi che per riparare alle Ma, signori, ciò che la natura ci ha per una parte negato, ce lo ha sue conseguenze in modo certo e permanente, questo modo dove- per un’altra compensato con l’abbondanza e forte caduta del- vasi ricercare all’infuori di quei fatti transitori che crearono l’attuale le acque che bagnano il nostro territorio. […] Possedendo tale condizione di cose. […] risorsa, parmi che la città possa guardare all’avvenire con occhio Signori: o grandemente io m’illudo, o l’industria può produrre più tranquillo; e ciò tanto più, ove si determini ad adoperarla nei questo gran fatto. modi migliori che i progressi della scienza suggeriscono. Ricordando la bella prova che l’industria nostra testé fece all’espo- Così essa dovrebb’essere la prima a fare l’applicazione di un nuo- sizione di Firenze, ed il fatto che essa, quasi da sola, aveva sopperito vo organo di trasmissione della forza motrice, che può prenderla e sopperisce tuttora alle improvvise e svariate richieste del servizio a grande distanza, e condurla con non grave spesa dove più se ne dell’armata e della guardia nazionale, a me pareva che le sue condi- faccia sentire il bisogno. Voglio parlare della celebrata scoperta zioni dovessero essere abbastanza prospere e lusinghiere. […] degli ingegneri Sommeiller, Grandis e Grattoni, e della ge-

Da Torino a Firenze. Il trasferimento della capitale e della corte

Nel settembre 1864, la notizia che Torino avrebbe cessato d’essere capitale provocò sconcerto e rabbia fra i torinesi, che scesero in piazza a protestare. Si ritovarono in centinaia davanti alla Prefettura in piazza San Carlo prima il 21 poi il 22 settembre, quando partì qualche sassata, qualche colpo d’arma da fuoco e la polizia caricò con violenza. Le vittime furono 42, i feriti 123. Seguirono vibranti proteste del Consiglio comunale e una commissione d’inchiesta che si sarebbe conclusa con un «non luogo a procedere». Prima dei cittadini, alla decisione di trasferire la capitale s’erano opposti lo stesso Consiglio comunale e personalità anche schierate su fronti avversi, come il presidente del Senato Federico Sclopis, dimessosi, e il direttore della «Gazzetta del Popolo», Giovanni Battista Bottero, ma la capitale si spostò comunque a Firenze (lasciata poi per Roma nel 1870). Per Torino iniziarono anni duri, perché la città non aveva perso solo rango, prestigio e centralità, ma anche posti di lavoro (quelli degli uffici pubblici e di chi lavorava per la corte e i Ministeri) e risorse economiche. Il ceto più gravemente danneggiato fu quello dei titolari di piccole imprese e delle professioni; non a caso, infatti, fra i manifestanti di piazza San Carlo vi furono soprattutto impiegati, artigiani, manovali, tipografi, falegnami, caffettari, bottegai, confettieri, liquoristi, doratori, calzolai e simili. La città perse, in un anno, oltre 32mila dei suoi 224mila abitanti e l’emorragia sarebbe continuata. Torino scoprì di doversi inventare un nuovo futuro e a costruirlo contribuì innanzitutto il Consiglio comunale, prima ottenendo un cospicuo risarcimento per la perdita subita (1.067.000 lire annue concesse dal ministro Quintino Sella per progetti di riconversione), poi adoperandosi per fare della città il centro dell’industria nell’Italia unita.

Francesca Rocci

65 giugno 2011 | DOcumento storico

Esposizione Nazionale del 1858. Veduta generale del Castello del Valentino, litografia, in Album descrittivo dei principali oggetti esposti nel Real Castello del Valentino in occasione della sesta Esposizione Nazionale di prodotti dell’industria nell’anno 1858, Unione Tipografico-Editrice Torinese, Torino 1858 (ASCT, Collezione Simeom, B571). nerosa offerta che lo stesso cavaliere Sommeiller mi fece di non Consiglio Comunale, Sessione di Primavera, 23 maggio 1865 valersi a favore dell’industria torinese del suo privilegio, purché ivi se ne faccia prima che altrove l’applicazione. Signori, […] Il sistema dell’aria compressa che, per le prove da due anni […] vi accennerò delle condizioni di Torino conseguenti del tra- fatte nel traforo del Moncenisio, conta oramai fra le nuove con- sferimento della sede del Governo. Non abuserò del vostro tempo quiste della scienza e dell’industria, fa penetrare la forza mo- ad annoverare i danni che tutte le classi dei cittadini avranno a trice in qualunque parte della città […]. Mercé la sua potenza soffrire per l’allontanamento della sede del Governo da Torino dell’economia della sua applicazione io ho fede sia per apportare e specialmente dalla perdita della popolazione mobile che quella una nuova epoca nella meccanica e nell’industria nostra. vi tratteneva. Ognuno li vede, anzi dico, li sente, poiché non vi è Or qui mi affretto a dichiarare che malgrado queste mie non forse cittadino che non ne soffra nei suoi privati interessi. modeste idee di tante forze motrici d’ogni genere io non intendo Ma piacemi constatare che in presenza d’un fatto simile la po- punto debbasi inaugurare un nuovo sistema di grandiosissimi polazione sente istintivamente quello che le convien fare onde lavori e di enormi spese. Questo urterebbe coi principii che pro- scongiurarne le conseguenze, e non si sta inoperosa a piangere fesso, e secondo i quali l’amministrazione pubblica può ben- sui danni sofferti o temibili, locché sarebbe la morte della no- sì soccorrere, ma non surrogarsi alla privata industria sotto stra città, ma si agita animosa e tende a sviluppare vieppiù la pena di diventare essa stessa speculatrice o creare a quella una sua vitalità con estendere la sfera dell’attività sua e ad andare a vita fittizia e mal sicura. […] conquistare nella nuova sede e nelle altre parti d’Italia que’ vantag- E ciò tanto più, o signori, se pongasi mente ad altra condizione, gi che lo andamento delle cose avevale per lo addietro messo a sua che è pure del massimo peso. portata. Ma siccome gli sforzi individuali ed isolati non potrebbe- Questa è la speciale attitudine dei nostri operai robusti, in- ro raggiungere tutto l’effetto di cui quelle forze sono capaci, così telligenti, attivi, morali, dotati di sentimenti d’ordine e di di- dessa guarda ora fidente alla sua Rappresentanza ed attende da essa sciplina. Della robustezza ed attività loro è agevole convincersi l’indirizzo ed è una sicura guida nella via da seguirsi ed i mezzi ed percorrendo i quartieri nei quali hanno sede le industrie nostre. aiuti che sono di sua competenza. […] […]Nelle considerazioni e nei fatti che ebbi fin qui l’onore di In questo studio ci darà molta lena l’osservare che nella fusione esporvi mi pare, o signori, possa trovarsi indicata la strada che di varii Stati italiani in uno solo, diverse città già si trovarono in forse convenga seguire per avviare la città nostra verso un condizione presso a poco eguale alla nostra e che alcune di esse meno incerto avvenire. non scapitarono, altre migliorarono in modo sorprendente. […]

66 Rivista MuseoTorino | giugno 2011

Le risorse principali per l’avvenire della nostra città [sono], sede d’un gran centro militare. […] a mio credere, l’industria ed il commercio, l’istruzione e gli Sarà anche fonte di prosperità per Torino se noi proseguiamo nella stabilimenti educativi, gli stabilimenti militari, le attrattive del via intrapresa e non ci fermiamo nel’eseguire opere pubbliche soggiorno. […] che tendano ad abbellirla ed a migliorarne le condizioni igie- Devo premettere che io non mi lusingo che la nostra città si pos- niche, a renderne sempre più gradevole il soggiorno per comodi- sa d’un tratto mutare in città industriale di primo o second’or- tà, nettezza, ordine, passeggi e buoni spettacoli. Così operando dine, né che sia in potere d’un’amministrazione, per quanto po- faciliteremo il ritorno delle famiglie che emigrarono per mancanza tente e avveduta ella sia, d’impiantare l’industria là dove ella non di alloggi, e procureremo che altre vengano a stabilirvisi. abbia sufficienti elementi di vita. Ma parmi che se noi percorriamo A questo fine sono state fatte pratiche per la cessione al Comune i nostri borghi, le numerose officine che vi trovano possono persua- simultanea ed indistinta dei teatri demaniali Regio e Carignano derci che l’industria già vi esiste; se parliamo con gli stessi industriali con le rispettive loro dipendenze, essendo questo l’unico mezzo di conosciamo che i loro prodotti non servono solo alla consumazione guarentirne un più utile e sicuro esercizio. […] locale, ma sono già esportati in notevole quantità nelle altre provin- Un mezzo per favorire la riuscita di tutte le risorse che vi sono cie d’Italia ed in parte all’estero. Io sono convinto che noi possiamo venuto annoverando, è quello di rendere il vitto meno caro possi- aspirare a veder maggiormente svilupparsi la nostra industria, e che bile. Vi contribuirebbe senza dubbio la totale abolizione del dazio, per determinare tale sviluppo, bisogna anzitutto che essa possa pro- se pure essa fosse possibile, come nel Belgio. […] Noi vorremmo durre a buon mercato. al certo rendere all’operaio men caro il vivere, ma anzitutto dob- Il più potente mezzo per tale scopo è l’uso delle macchine appli- biamo pensare a far sì che non possa mancargli lavoro. cato colla massima estensione possibile. Si può misurare l’avanza- La Commissione partendo da due principii vi proporrà di ridurre mento dell’industria in una data località dalla quantità di lavoro che il dazio di tutto quanto parve possibile: cioè affrancare l’indu- vi si fa con le macchine; ed è a quest’ora abbastanza provato il fatto stria da quelle tasse che maggiormente l’inceppano, e sgravare dal che l’uso delle macchine, a vece di essere pregiudichevole alla classe dazio i generi che servono specialmente al vitto della classe meno operaia ne aumenta al contrario il numero e il benessere. agiata e che danno luogo a maggiori reclami nella riscossione. Per ottenere il buon prezzo occorre che le macchine siano mosse Signori, se noi consideriamo le varie opere che si vanno ad in- con poca spesa, ed a noi non ne manca il mezzo poiché possiamo traprendere, i diversi stabilimenti che si vogliono impiantare, disporre larghissamamente del motore più a buon mercato che aver che sta per ritornare la suprema Corte, e che la sede degli uffizi si possa, l’acqua. […] della società ferroviaria dell’Alta Italia è stabilita a Torino, noi Altro elemento di buona riuscita per la industria e di grande im- possiamo credere che fra breve la nostra città rinascerà a nuova portanza sta nella nostra popolazione operaia che è laboriosa, in- vita e vita sua propria. telligente, proba e meno esigente nei salari che quella dei grandi Non mi nascondo però che il precipitato trasferimento della sede centri manifatturieri. […] del Governo fu causa che cessò repentinamente quel forte progres- Tanto questa (l’industria) quanto il commercio hanno bisogno di so che andava ognor crescendo, per cui ne seguì un tale sposta- facili mezzi di comunicazione per l’arrivo delle materie prime e mento d’interessi che cagionerà una crisi impossibile ad evitarsi, per lo sbocco dei prodotti, e questa città trovasi al centro di una rete ma che a noi tutti incombe cercare di rendere meno sensibile. di ferrovie; inoltre, prima del settembre 1867 avrà la ferrovia di Sa- Spero riusciremo, perché confido nel carattere dei nostri concit- vona ultimata. […] Se sarà utile per Torino una più breve congiun- tadini, nel loro coraggio, nella loro fede nell’avvenire e nella loro zione col mare, di forse maggior utile ancora gli tornerà il passaggio operosità che, se poco può fare da sé adoperata parzialmente, può del Cenisio con via ferrata. […] tutto qualora sia riunita in associazione.[…] L’avere a buon prezzo abbondante forza motrice, buoni operai, associazioni di credito, ferrovie in corso di maggior sviluppo ed Il Sindaco un conveniente mercato per lo smercio dei nostri prodotti sono Rorà condizioni che ci lasciano sperare che le industrie già esistenti possa- no svilupparsi ed altre nuove impiantarsi in questa città. […] Passando alla seconda delle accennate risorse, dirò, che un potente mezzo a sostenere l’importanza della nostra città sarà di farne un centro d’istruzione. Nei gradi superiori vi si vedono fiorire la R. Università, la scuola di applicazione degl’ingegneri e l’Accade- mia militare. Le statistiche scolastiche vi dimostrano come siano ben stabilite le scuole elementari. Tuttavia il ramo secondario richiede d’esser ac- cresciuto. I collegi difettano; manca la parte professionale veramen- te pratica, come mancano grandi educandati femminili per le varie classi di fanciulle. Ecco qui dunque un larghissimo campo a miglioramenti. Facciamo che dalla scuola elementare ai gradi supremi delle scienze, delle let- tere, delle arti, dell’industria e del commercio i giovani possano qui trovare a percorrere tutta la scala della istruzione per abilitarsi a tutte le carriere; e non solo con ciò avremo soddisfatto ad un potente bisogno della popolazione, ed avremo fornito alla nostra gioventù un fecondo mezzo di prosperità, ma avremo fatto aumentare la po- polazione stessa col personale insegnante e studente e coll’invogliare molte famiglie a stabilirsi in Torino per educare la loro prole. […] Riguardo agli stabilimenti militari le precedenti vostre delibera- zioni provano come siate convinti dell’utilità che la nostra città sia Emanuele Luserna di Rorà (ASCT, Collezione Simeom, D 1111).

67 La nuova Piazza d’Armi, di fronte alla Torre Maratona e al Palaisozaki, realizzata per le Olimpiadi invernali, con il trittico di sculture Punti di vista di Tony Cragg (fotografia di B. Biamino per MuseoTorino). I cantieri di MuseoTorino

I Cantieri sono ricerce attivate da MuseoTorino con Di- visioni e Settori della Città, Circoscrizioni, enti territoriali di tutela, musei, istituti di ricerca, associazioni e soggetti conservatori della conoscenza della città. Sono stati at- tivati Cantieri a carattere territoriale, dedicati a porzioni della città, e a carattere tematico, per approfondire ar- gomenti significativi della storia e dello sviluppo urbano. Il risultato delle ricerche è confluito nel museo e ne co- stituisce la collezione, in costante incremento. Sono al momento in corso Cantieri sull’edilizia economica, sulla Torino “verticale”, sul patrimonio industriale. Per saperne di più, vai su www.museotorino.it giugno 2011 | I CANtieri di museotorino

Una storia di generali e di caserme

Il rapporto fra struttura urbana e vocazione militare a Torino ha origini antiche. MuseoTorino illustra questa vicenda attraverso un apposito Cantiere e oltre 150 schede.

Intervista a Micaela Viglino di Alessandro F. Martini

Torino ha posseduto sin dal- il tessuto cittadino si colgono simbolo più emblematico. La ha inteso indagare vicende, le sue origini una vocazione i segni di un passato in armi volontà distruttrice di Napo- ragioni, protagonisti ed esiti militare che si mantenuta nel che nasce dall’antico accam- leone I innesca, a posteriori architettonici realizzando un tempo, adattandosi ai cam- pamento romano e si con- della sua sconfitta, una nuova Cantiere di studio in collabo- biamenti storici e sociali, e cretizza nelle opere di difesa stagione per il disegno della razione con il Centro Studi e incidendo profondamente sul volute da Emanuele Filiber- città ottocentesca. Di que- Ricerche storiche sull’Archi- territorio urbano. Leggendo to, di cui la Cittadella resta il sta specificità, MuseoTorino tettura Militare del Piemonte

70 Rivista MuseoTorino | giugno 2011

Corso Vittorio Emanuele II, così come altri grandi viali e spazi urbani, tra cui corso Stati Uniti e piazza Vittorio Veneto, nascono per movimentare le truppe (fotografia di M. d’Ottavio per MuseoTorino).

(CeSRAMP). Ne parliamo ma molto vasta di soggetti, ze d’armi, poligoni militari, in varie sedute congiunte ha con il presidente, la prof. in un arco temporale che va, cinte daziarie, siti di memoria anzitutto definito, sulla scor- ssa Micaela Viglino, storico a partire dalla città esistente, militare), identificando altresì ta del bagaglio di conoscenze dell’architettura e della città. dai giorni nostri all’età roma- gli ingegneri militari autori acquisite, i 23 temi generali na. Si passa dalle costruzioni delle varie opere esaminate. riguardanti gli aspetti milita- D: In che cosa consiste il di resti delle fortificazioni ri tuttora leggibili nella città cantiere e quali sono gli premoderne e “alla moderna” D: Come si è svolto il lavo- di Torino. Si sono quindi as- obiettivi? – in elevato e sotterranee –, ro di indagine e schedatura? segnati, in base a specifiche caserme, edifici per l’assisten- Quale il metodo seguito? competenze, i temi ai singoli R: Il primo passo è stato in- za e per la logistica militare, schedatori, verificando man dividuare luoghi e costruzioni strutture detentive, edifici del R: La ricerca si è articolata in mano con il coordinatore e in che testimoniano il passato regime fascista per il controllo due fasi. Il gruppo di lavoro sedute collettive l’avanzamen- e il presente di una “Torino del territorio, opifici militari, (formato da sei esperti, mem- to dei lavori. militare”. Il lavoro ha preso rifugi antiaerei, fino ai luoghi bri del CeSRAMP e ricercato- La ricerca si è avvalsa anzi- in considerazione una gam- a dimensione urbana (piaz- ri del Politecnico di Torino) tutto di supporti bibliografici

71 giugno 2011 | I CANtieri di museotorino

concernenti sia Torino e la D: Quali i temi chiave che movimenti delle truppe. militari, della loro localizzazione, sua storia, sia i temi propria- MuseoTorino è ora in grado L’aspetto a nostro parere più dei loro caratteri funzionali e ar- mente militari; le conoscenze di illustrare? significativo che emerge dall’in- chitettonici, delle ragioni del loro così acquisite sono state poi sieme di schede è quello di aver nascere, in un arco temporale integrate dalla ricerca archivi- R: Le oltre 150 schede pro- riconnesso in sistema architetture che spazia dagli antichi Quartie- stica. Sono state fatte indagini dotte dal Cantiere, già in parte e luoghi di memoria e di attua- ri juvarriani alle caserme di più presso vari enti quali Archivio disponibili sul sito www.museo li vicende con i vari Corpi delle recente edificazione. Altrettanto, di Stato di Torino, Archivio torino.it, rendono evidente, in Forze Armate. Per fare un esem- per quanto concerne le strutture Storico della Città di Torino, primo luogo, il fatto che la sto- pio, mentre una singola caserma detentive esaminate in 12 sche- Biblioteca Reale, Archivio del ria e la stessa struttura fisica di ha un valore di testimonianza de, si può ricostruire una storia I° Reparto Infrastrutture, Bi- Torino si intrecciano per secoli a storica per il preciso momento in che va dall’ex carcere «Casa del blioteca della Scuola di Appli- temi militari. Basti pensare agli cui è stata realizzata, il confron- Senato» del XV secolo alla casa cazione, ovunque ottenendo ampi viali diritti, come corso to tra ben 20 caserme schedate circondariale «Lorusso e Cutu- piena collaborazione. Stati Uniti, o a piazza Vittorio permette di ricostruire una com- gno» alle Vallette. Veneto, nati in origine per i plessa storia degli alloggiamenti

72 Rivista MuseoTorino | giugno 2011

Per saperne di più Il CeSRAMP

V. Comoli Mandracci, M. Viglino Da- Il Centro Studi e Ricerche stori- note in Italia e all’estero, su singole vico (a cura di), Qualità e valori del- che sull’Architettura Militare del fortezze e sugli ingegneri militari la struttura storica di Torino, Serie Piemonte, istituito con Legge regio- loro progettisti e costruttori. Oltre «Quaderni del Piano», Comune di nale del 10 novembre 1992 n. 48, alla partecipazione a iniziative di Torino, Torino 1992. è, dal maggio del 1995, un braccio ambito torinese (MuseoTorino, operativo della Regione Piemonte Mastio della Cittadella), attualmente M. Viglino Davico (a cura di), Fortezze nell’ambito degli studi sulle strutture la ricerca è incentrata su un inedito “alla moderna” e ingegneri militari del fortificate, con il supporto scientifico vasto fenomeno difensivo, riguar- ducato sabaudo, Celid, Torino 2005. di Università, Politecnico e Soprinten- dante le fortificazioni campali in denza per i Beni architettonici e per alta quota, a presidio delle più note M. Viglino Davico, E. Chiodi, C. Fran- il Paesaggio del Piemonte. Ha creato fortezze di valle. In questo ambito, il chini, A. Perin, Architetti e ingegneri una biblioteca specialistica unica nel CeSRAMP è impegnato nell’incenti- militari in Piemonte tra ’500 e ’700. suo genere (trattati militari rari di ar- vare la conoscenza, la comprensione Un repertorio biografico, Omega, chitettura, tattica e strategia militare, e la valorizzazione del patrimonio Torino 2007. letteratura critica italiana e interna- fortificato, come strumento concreto zionale, iconografia storica, mano- di positive ricadute sul territorio. scritti ecc.), aperta al pubblico nel Il carcere giudiziario Le Nuove fu realizza- dicembre 2001. Fruendo delle cono- to su progetto di Giuseppe Polani tra 1862 scenze scientifiche dei suoi membri e e 1870. Luogo di reclusione, durante il del patrimonio documentario proprio fascismo, per gli oppositori del regime, la e generosamente fornito dagli Archi- struttura carceraria fu trasformata dopo il vi torinesi, il CeSRAMP ha prodotto 1945 e utilizzata fino al 2005 (fotografia pubblicazioni di M. D’Ottavio per MuseoTorino).

Vai alle schede complete e alla mostra Il Risorgimento è qui! su www.museotorino.it

Ascanio Vitozzi Ex ospedale militare Giuseppe Francesco M.Ar.Di.Chi. Distintosi come ingegnere militare, divisionale S. Croce Ignazio Bertola L’ex Magazzino di Artiglieria e Difesa oltre che come architetto e urbanista Deriva l’intitolazione dal convento di Ingegnere militare (Tortona 1676-Tori- Chimica occupa l’ex Lanificio Piacenza. (Orvieto 1539-Torino 1615). A Torino Santa Croce, sequestrato ai religiosi dal no 1755) distintosi nei suoi molteplici Il complesso è stato edificato a partire aggiorna il sistema fortificatorio e governo Cavour. Ora sede della parroc- incarichi a scala urbana e territoriale è dal 1911 e l’edificio all’angolo tra via in particolare il tratto di cortina nord chia ortodossa rumena, del Dipartimento anche l’iniziatore della Scuola militare Bologna e via Domenico Cimarosa è con il Bastion Verde (1585-87) e il di Biologia animale e dell’Uomo dell’Uni- di fortificazione e del Corpo degli inge- opera dell’ingegnere Giovanni Cheval- “Garittone”. versità e della Polizia di Stato. gneri militari in Torino. ley (1913-15).

Comandi militari Ex Opificio Militare, Ex ospedale militare Riberi Rifugio antiaereo Attorno agli edifici della Scuola di già Opificio Venchi L’ospedale militare (1903-13), lungo di piazza Risorgimento Applicazione e Istituto di Studi Militari, Edificio costruito nel 1907 su progetto corso IV Novembre sulla nuova piazza Riaperto nel 1995 (l’unico oggi acces- in stile Novecento dei tardi anni Trenta di Pietro Fenoglio come sede della d’Armi, è intitolato ad Alessandro Riberi sibile al pubblico) è uno dei 21 ricoveri (angolo tra corso Matteotti e corso Galileo Venchi S. & C.: vi si producono confetti, (1794-1861), senatore, professore, pubblici costruiti a cura del Comune Ferraris), si sviluppa un vasto isolato, che cioccolato, caramelle e biscotti. Al innovatore nel settore della medici- con tecniche antibomba; con una capa- comprende immobili per la residenza dei trasferimento dell’industria dolciaria, na, dell’università e delle strutture cità di accoglienza di 1.500 persone e militari e delle loro famiglie. sarà destinato a Opificio militare. sanitarie, sia militari sia civili; ora sede una superficie di circa 700 metri quadri È, oggi, inutilizzato. del Dipartimento militare di Medicina è tra i più grandi della città. legale.

73 giugno 2011 | I CANtieri di museotorino

la città che inventò lo sport

Tra i molti i primati di Torino, la prima società sportiva italiana, nata al Valentino nel 1844, fino al primo campionato di “football”. Alla storia e ai luoghi dell’attività sportiva in città, MuseoTorino ha dedicato un apposito Cantiere con 50 schede prodotte

Intervista a Marco Lazzarotto di Alessandro F. Martini

Torino è «la città che inventò Obermann e la ginnastica, a seotorino.it, sono in corso di quelli oggi irriconoscibili, che lo sport». Questo è il titolo di Edoardo Bosio e il football, ad ulteriore implementazione. insospettabilmente in passato un saggio di Maurizio Cro- Adolfo Kind e gli sci… hanno ospitato attività spor- setti all’interno di un volume Da queste considerazioni è D: In che cosa consiste il tive (il parcheggio tra corso dell’Archivio Storico dedicato nata l’esigenza, se non addirit- cantiere? Siccardi e piazza Albarello, ad al rapporto tra la nostra città tura l’urgenza, per MuseoTo- esempio, per anni ha ospita- e lo sport. Torino vanta diversi rino di realizzare un cantiere R: Fare un censimento di tutti to la palestra all’aperto della primati; uno su tutti, la nascita dedicato allo sport. Avviato in i «luoghi dello sport» è un’im- Società Ginnastica); per non nel 1844, nel parco del Valen- collaborazione con il Settore presa pressoché impossibile, parlare dei luoghi scomparsi tino, della prima vera e propria Sport e Tempo libero del Co- essendo questo un ambito (lo Stadium, i tre ippodromi società sportiva italiana, la So- mune di Torino, il cantiere è molto mutevole: si pensi an- di Mirafiori, della barriera di cietà Ginnastica. stato coordinato da MuseoTo- che alle innumerevoli boccio- Stupinigi, al Gerbido degli Torino è una specie di «cen- rino e le schede sono state re- file o alle associazioni che pro- Amoretti, la sede della Società tro di importazione» degli alizzate da Marco Lazzarotto, pongono attività sportive più Ippica di Carlo Mollino) di sport che arrivano dal resto che ci spiega il percorso com- “di nicchia”. Si è perciò deciso cui non rimangono tracce non d’Europa, grazie a personaggi piuto e gli obiettivi. Le schede di privilegiare i luoghi più solo fisiche, ma spesso – pur- che vi transitano per i motivi prodotte, in parte già disponi- rilevanti storicamente e ar- troppo – neanche nella me- più diversi: si pensi a Rudolf bili sul database di www.mu- chitettonicamente, ma anche moria collettiva. E poi, non si

74 Rivista MuseoTorino | giugno 2011

Hugh Dutton Associés, Arco Olimpico, 2006 (fotografia di B. Biamino per MuseoTorino).

Torino, per il loro supporto e per aver fornito alcune pubbli- cazioni utilissime per costruire un quadro generale dell’im- piantistica gestita dalla Città.

D: Quali temi chiave di ca- rattere generale o specifico vi aspettate o vi augurate che il cantiere da voi condotto possa illustrare?

R: Molti dei luoghi scelti non raccontano soltanto una sto- ria “locale” dell’architettura, dell’urbanistica o della società, ma una vera e propria storia dello sport, torinese ma so- prattutto “italiano”. Questo perché la nostra città ha avu- to un ruolo di punto nodale, come si è già detto è stata un “centro di importazione”.

D: Quali aspetti inediti sono emersi?

R: Attraverso la catalogazione dei luoghi, è stato possibile in- dividuare sei fasi ben precise può trascurare quel momento Football, che aveva sede a To- scrizione di Torino di Davide nella storia della diffusione dello di rinascita che sono stati i rino e che avrebbe poi assunto Bertolotti (1840) e Torino de- sport a Torino: dai “giuochi” di Giochi olimpici invernali del la denominazione di FIGC? scritta di Pietro Baricco (1869) palla dei nobili del XVI-XVIII 2006, con numerosi impianti e, soprattutto, dalle guide secolo, all’esercizio fisico al ser- costruiti ex novo (il palazzetto D: Come sta procedendo il la- Paravia-Marzorati dal 1820 al vizio dell’esercito (prima metà del ghiaccio di corso Tazzoli, voro di indagine e schedatura? 1920 circa, importantissime dell’Ottocento); dall’esplosione la palestra per l’arrampica- Quale il metodo seguito? per individuare i luoghi dello del parco del Valentino come ta sportiva di via Braccini) sport, se non addirittura per vero e proprio “distretto sporti- e altri che hanno subito un R: Innanzitutto va detto che “scoprirli”, come è successo vo” (dal 1844, con la fondazione restyling radicale (l’ex Stadio esistono numerose pubblica- con i vari sferisteri attivi sul della Società Ginnastica e, via Comunale, il Palazzo a Vela). zioni dedicate alla «città che finire dell’Ottocento. Non via, delle varie società canottie- Il cantiere di MuseoTorino – inventò lo sport», segnale che è mancata la visita delle sedi re che costellano i due lati del che prevede la redazione di esiste la consapevolezza di delle società storiche (Reale Po), allo sport che da compe- 50 schede e di 50 ulteriori possedere un patrimonio sto- Società Ginnastica, Cerea, Ca- tizione si fa spettacolo (1884- cartellini, tutti corredati di rico-sportivo da valorizzare e prera, Armida, Esperia, Club 1922: sono comprese le varie immagini, bibliografia e ap- diffondere; in particolare due Scherma…), intervistandone Esposizioni generali italiane, parati – è, da un lato, un’occa- volumi preziosissimi, usciti i membri e, quando possibile, come ad esempio quella del sione per fare il “punto della nel 2005 a cura dell’Archivio i presidenti, e ricavando pre- 1884, occasione per presentare situazione”, per visualizzare lo storico della Città: Sport a To- ziose informazioni sulle loro al pubblico “i bicicli”); dallo stato attuale dei luoghi dello rino: luoghi eventi e vicende tra raccolte archivistico-docu- sport di regime (1922-45), che sport; dall’altro, un modo per Ottocento e Novecento nei docu- mentarie. Nel caso della Reale deve forgiare il cittadino mo- recuperare una memoria che menti dell’Archivio storico della Società Ginnastica, all’interno dello, allo sport di tutti, quello forse non è poi così condivi- Città e Torino e lo sport: storie, della sede è stato addirittu- del secondo dopoguerra, con sa. In quanti sanno, per fare luoghi, immagini. Alla con- ra allestito un “museo”. Per la costruzione di numerosissi- un esempio, che nel quartiere sultazione di queste due mo- quel che riguarda, invece, gli mi impianti pubblici. È inte- della Crocetta esisteva un ve- nografie è seguito un lavoro impianti pubblici, occorre ressante notare come, osser- lodromo intitolato a Umberto di ricerca all’Archivio storico, ringraziare gli ingegneri Gian- vando la diffusione dello sport I, e che lì, l’8 maggio 1898, tra carte e documenti d’epoca: carlo Revelchione e Giuseppe a Torino, se ne possa trarre si giocò il primo campionato un contributo fondamentale Santacroce del Settore Sport e una storia generale, con la della FIF, Federazione Italiana è arrivato da testi come De- Tempo libero del Comune di sua “apertura” verso le masse,

75 giugno 2011 | I CANtieri di museotorino il passaggio da attività elitaria ad attività di tutti, ma anche Per saperne di più Giuochi spettacolo, intrattenimento. Nel caso specifico torinese, A. Merlotti, F. Piccinelli, M. Violardo, Alcuni giochi atti a esercitare anche alcune donzelle. è utile sottolineare come da N. Voglio, Dal pallone al bracciale utilmente le membra erano una volta Per gli esercizi del nuoto e per metà Ottocento il Valentino al pallone elastico, Museo storico- in uso in Torino, cioè quelli della pal- bagni vi ha un bellissimo edificio “ribollisse” di attività sportive etnografico della provincia di Cuneo lacorda, o trincotto, e del pallamaglio; galleggiante sulla riva sinistra del Po e poi come siano state le varie «A. Doro», Rocca de’ Baldi (CN) 2000. ora è invece in uso, specialmente a destra del ponte di pietra. La vasca Esposizioni generali a portare presso i popolani il giuoco delle che da libero spazio agli esercizi di gli sport fuori dal parco, nel- Torino e lo sport. Storie luoghi im- boccie, che si gioca in quattro con più di cento persone è costrutta in la città, creando nuovi spazi. magini, Archivio storico della Città di nove palle di busso, una delle quali è modo, che coloro i quali vogliono Spesso situati in luoghi per Torino, Torino 2005. più piccola che ha nome di lecco. Da solamente bagnarsi, trovano un l’epoca periferici – come lo qualche tempo è in voga il correre sui mezzo metro di acqua e coloro che si stadio Filadelfia – hanno visto Sport a Torino. Luoghi eventi e vicende così detti velocipedi a due o tre ruote. vogliono esercitare nel nuoto trovan sorgere intorno a loro nuovi tra Ottocento e Novecento nei docu- Alcuni corridori danno veramente l’acqua profonda più di due metri. quartieri, ma il più delle vol- menti dell’Archivio Storico della Città, prova di molta agilità e perizia. [...] te sono stati spazzati via dalla catalogo della mostra, Archivio storico Negli anni in cui il freddo è intenso, P. Baricco, Torino descritta, Paravia, crescita della città. della Città di Torino, Torino 2006. e le acque stagnanti ne’ prati sono Torino 1869 converse in ghiaccio, frequenti schie- Torino lo sport e la città, Gribaudo, re di giovani si esercitano a scivolarvi Savigliano (CN) 2006. coi ferri a’ piedi, e non è raro il veder prendere parte a questi esercizi

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Stadio Filadelfia Reale Società Ginnastica Palazzina dei Glicini Circolo Eridano Torino Esempio di architettura funzionale allo La Società Ginnastica (Reale dal 1933) Edificio di gusto neoclassico nel cuore Storica società di canottaggio fondata nel sport, come il coevo Motovelodromo di è una delle più antiche d’Italia, e la del Valentino, a due passi dal Castello, 1866, ebbe la sua prima sede sulla riva corso Casale, il Filadelfia, realizzato nel prima ad aver introdotto l’esercizio la palazzina dei Glicini (Carlo Sada, sinistra del Po; fu poi costretta ad abban- 1926 su progetto di Miro Gamba, è sta- ginnico. Dopo una breve parentesi al 1837) è uno dei luoghi più importanti donarla a causa dell’Esposizione Generale to lo stadio del Grande Torino, e ancora Valentino, ha trovato sede stabile nel dello sport a Torino, per aver ospitato del 1911. Dal 1914 si trova sulla riva oggi, nonostante la quasi completa quartiere della Crocetta, in via Magenta la Regia Società del tiro a segno e la destra, nell’edificio progettato da Giuseppe demolizione di fine anni Novanta, è (Domenico Regis, 1866, con amplia- Società ginnastica. Dal 1954 è sede del Velati-Bellini. considerato dai tifosi la “casa” del Toro. menti successivi). Club scherma Torino.

Pattinaggio sul ghiaccio Piscina monumentale Stadio olimpico, già comunale Parco Ruffini Il Parco del Valentino, gigantesco centro Costruita insieme allo stadio Comu- Nel grande lotto quadrangolare desti- Nato nel 1925, è un parco cittadino in polisportivo naturale, ha ospitato, a par- nale per i Giochi Littoriali del 1933, la nato allo sport, frutto delle grandi opere Borgo San Paolo che, proprio come il tire dagli anni Settanta dell’Ottocento, la piscina monumentale di corso Galileo pubbliche del regime, trovano spazio lo Valentino, diventa un centro sportivo prima “patinoire” di Torino, affollatissimo Ferraris, importante esempio di archi- stadio, il campo di atletica, la piscina. naturale, con l’aggiunta di uno stadio punto di ritrovo cittadino, demolita negli tettura razionalista, è stata ristruttu- Una cittadella sportiva che celebra dell’atletica (1959) e un PalaSport anni Cinquanta del Novecento per far rata nell’ambito dei lavori per i Giochi l’invenzione dell’era del tempo libero. (1961). È oggi molto utilizzato per vari posto ai padiglioni di Torino Esposizioni. olimpici invernali del 2006. Riconvertito per Torino 2006. sport, soprattutto all’aperto.

76 dall’italia e dal mondo

Il nuovo Museo della Città di Bristol «M Shed», aperto dal 17 giugno 2011, avrà sede al Prince’s Wharf, tra i docks del porto cittadino. In Gran Bretagna il 2011 è anche l’anno dell’inaugurazione del nuovo Museo di Liverpool (dal 19 luglio), rialle- stito con un occhio particolare alla storia e alla cultura popolare della città. giugno 2011 | Dall’italia e dal mondo

Una rete di mostre virtuali

Parlano a un pubblico globale, non chiudono mai e permettono gestioni economiche. Richiedono un linguaggio immediato, una grafica accattivante e un’organizzazione dei contenuti chiara e intuitiva

di Stefano Boselli

n un panorama internazionale in conti- di apertura e chiusura, presentano costi Il pubblico si conquista (e si perde) nuo divenire, che presenta musei della di realizzazione e manutenzione note- in pochi click Icittà con obiettivi e strumenti (anche volmente inferiori rispetto a quelli delle tecnologici) tra loro molto diversi, sono mostre tradizionali e, una volta online, Accanto a queste novità e punti di forza attualmente oltre settanta quelli che di- possono restarvi in modo permanente co- non mancano però neppure gli elemen- spongono di un proprio spazio web. Se stituendo un importante archivio storico. ti critici, peraltro strettamente connessi per alcuni di essi, specialmente i più pic- alla natura stessa del medium. Innanzi- coli e con meno risorse, la rete è solo una La parola scritta domina sull’immagine tutto visitare una mostra virtuale richie- vetrina utile per farsi conoscere, per altri è de generalmente un grado di concentra- invece un mezzo indispensabile per inte- Gli argomenti trattati sono generalmente zione notevole, e può risultare faticoso ragire in modo innovativo con il pub- circoscritti e specifici: non è raro trovare soprattutto per chi non sia abituato a blico e superare i propri limiti “fisici”. mostre dedicate anche solo a una singola stare a lungo davanti a un monitor; sen- figura (ad esempio la recente mostra del za contare che all’aumentare della com- “Giovani” e innovative Museum of the City of New York sull’ex plessità dei temi aumenta il numero sindaco John Lindsay) oppure a un epi- delle pagine web, la struttura si ramifica Tra gli strumenti più interessanti che In- sodio o a un tema isolato da un evento e molti contenuti possono perdere visibi- ternet offre al mondo dei musei vi sono più generale (come il rapporto di Abra- lità, rischiando così di passare del tutto sicuramente le mostre virtuali, ossia tutte ham Lincoln con la città di Washington inosservati, specie qualora si abbia poco quelle esposizioni ideate e costruite per nel periodo della guerra civile americana, tempo da dedicare alla visita. Caratteri- essere fruite esclusivamente attraverso il mostra della Historical Society of Wa- stica comune a molti visitatori del web. web. Realtà anagraficamente “giovani”, shington DC). Per quanto riguarda la La sfida principale è quindi di riuscire a e quindi non ancora così diffuse e affer- struttura dei contenuti, nel rapporto tra costruire mostre in grado di affrontare mate – i musei metropolitani che sui pro- testi e immagini prevalgono largamente i qualsiasi tema ma senza mai rinunciare pri siti offrono una o più mostre virtuali primi: nelle mostre virtuali lo strumento a un linguaggio immediato, una grafi- sono solo dieci, soprattutto statuniten- privilegiato per presentare i temi presi in ca accattivante e un’organizzazione dei si – esse presentano un gran numero di esame è la parola scritta, mentre foto- contenuti chiara e sufficientementeintu - elementi innovativi di estremo interesse: grafie, video e tutte le altre risorse multi- itiva. Come è noto, il pubblico della rete possono essere visitate da un pubblico mediali in diversi casi non sono centrali, si conquista, o si perde, nello spazio di potenzialmente globale, senza bisogno benché il loro apporto resti fondamenta- pochi secondi e pochi click. di allontanarsi da casa; non hanno orari le per il piacere della fruizione.

78 Rivista MuseoTorino | giugno 2011

Mostre nel web a cura di Stefano Boselli

The Bostonian Society Chicago History Museum «Dorchester and the Chocolate Factory»: mostra sulla fabbrica Baker’s Cho- «Lincoln & The West» e «The Fiery Trial»: due mostre “sorelle” dedicate colate, una delle più antiche del Massachusetts, e sul contesto locale in cui essa alla figura del presidente Abraham Lincoln e alla sua eredità, nel bicentenario nacque e si sviluppò. Molto ricca di informazioni e testi, è un po’ carente nella della morte. L’impostazione grafica appare di conseguenza piuttosto simile: da parte grafica. segnalare l’ampio uso di documenti d’epoca, che accompagnano le parti testuali http://www.bostonhistory.org/sub/bakerschocolate/ arricchendole e rendendole più stimolanti. http://lincolnat200.org/exhibits/show/thewest/ «5th of November in Boston»: mostra dedicata alla festa del 5 novembre, il Guy http://lincolnat200.org/fierytrial/ Fawkes’ day, una delle feste più importanti, se non la più importante, del New England nel XVIII secolo. È una mostra esclusivamente testuale: non vi sono infatti The Historical Society of Washington DC nè immagini né altri contributi multimediali, con il risultato che l’intero lavoro «Lincoln’s Washington»: un viaggio nella storia della capitale statunitense appare assai statico. all’epoca della presidenza Lincoln. I temi principali riguardano lo sviluppo della http://display.5thofnovember.us/ città, prima piccola e ancora priva di una propria identità, poi capitale monumen- tale, e parallelamente la vita del presidente, tra guerra civile e drammi privati. «From Baby Caps to Mourning Rings»: la vita e la quotidianità delle donne Mappe, fotografie e documenti d’epoca accompagnano i testi. nella Boston del XVIII secolo esplorata attraverso i loro oggetti. La grafica, molto http://www.historydc.org/exhibits/lincolnswashington/ semplice e statica, rappresenta il principale elemento critico. http://bostonhistory.org/sub/bostonwomen/ The Historic New Orleans Collection «Between Colony and State»: i temi e i principali protagonisti del cosiddetto Museum of the City of New York “territorial period” della città di New Orleans (1803-12) in una mostra singolare «John Lindsay»: mostra dedicata alla figura del 103esimo sindaco della città di per la struttura. Non esistono infatti né sezioni né sottosezioni, ma solo un’home- New York, in carica dal 1966 al 1973. Le 4 sezioni principali sono a loro volta sud- page con 23 immagini: cliccando su ognuna di esse si apre nella parte centrale divise in sottosezioni, in modo estremamente chiaro e coerente. Perfetto il rapporto della pagina il relativo testo, accompagnato da un documento d’epoca oppure da fra testi e immagini e molto importante la presenza di numerosi video. una fotografia relativa al tema o al soggetto in questione. http://lindsay.mcny.org/ http://www.hnoc.org/exhibitions/territorial/loader.swf

«The Glory Days. New York Baseball 1947-1957»: i 10 anni di gloria del Museum of Brisbane baseball newyorkese del dopoguerra ripercorsi in questa mostra che mantiene «Chosen View»: si tratta in realtà di una raccolta di 38 fotografie appartenenti tutti i punti di forza della precedente. Ciascuna delle 10 sezioni è dedicata a alla collezione del fotografo Alfred Elliott, introdotte da un video della curatrice. uno specifico tema, presentato attraverso un testo essenziale e completato da Suddivise per tema e tutte accompagnate da una breve didascalia, illustrano la fotografie e citazioni che rendono più ricca e piacevole la visita. vita della città australiana tra fine ’800 e inizio ’900. http://www.mcny.org/glorydays/ http://www.museumofbrisbane.com.au/online-exhibitions/chosen-view/

79 giugno 2011 | museotorino

IL RISORGIMENTO È QUI! 150 LUOGHI DOVE SI È FATTA L’ITALIA A TORINO Si apre la nuova mostra virtuale di MuseoTorino, un viaggio nella città “capitale” del Risorgimento. Dal 2 giugno, su www.museotorino.it e su smartphone

MuseoTorino inaugura una attuali, per ricostruire il tessuto delle radicali trasformazioni scelta come sede del Mu- nuova mostra virtuale, “a cielo storico e gli episodi salienti tecnologiche che portarono, per seo del Risorgimento, sono aperto”, che racconta Torino che hanno interessato i centri esempio, alla creazione del più compresi anche i locali storici, in 5 itinerari nei 50 anni del potere politico, religioso e moderno sistema ferroviario al- che spesso conservano tuttora decisivi per la storia del nostro culturale della città. lora esistente in Italia. Accanto il loro arredo originale, come Paese: dal 1814, con il ritorno I palazzi storici narrano la a luoghi emblematici come la la gioielleria Musy, la confet- di Vittorio Emanuele I sul trono storia e gli eventi di cui sono chiesa della Gran Madre di Dio teria Stratta, il caffè Fiorio, il del Regno sabaudo, sino al stati teatro: da Palazzo Reale – eretta per celebrare il ritorno ristorante “del Cambio”, punti 1861 con la proclamazione del a Palazzo Madama e Palazzo della dinastia sabauda –, piaz- di ritrovo prediletti dalla nobiltà Regno d’Italia, e al trasferimen- Carignano – sedi delle aule za San Carlo, teatro dell’ec- e dagli intellettuali torinesi to della capitale a Firenze nel parlamentari e luoghi di cidio di quanti si opposero al destinati a diventare i “padri 1864. comando – agli spazi della ce- trasferimento della capitale a della Patria”. Luoghi, eventi, temi e per- lebrazione della Restaurazione, Firenze, alla Mole Antonelliana, sonaggi sono illustrati con a quelli delle società segrete e progettata inizialmente come preziose immagini d’epoca e dei moti del 1821, ma anche sinagoga ma a fine Ottocento

80 Rivista MuseoTorino | giugno 2011

RisorgimenTo

RisorgimenTo è un’applicazione per smartphone (iPhone e Android), realizzata da MuseoTorino con Reply, che permette la navigazione in mobilità dei punti storici del Risorgimento nella città di Torino. RisorgimenTo consente a tutti i cittadini e visitatori di trasformare il proprio smartphone in una guida personalizzata, in grado non solo di dare informazioni e dettagli ma anche di guidarli tra le vie di Torino.

L’applicazione riconosce la posizione dell’utente all’interno del territorio cittadino e propone, in modo proattivo, un insieme di luoghi di interesse storico dell’epoca del Risorgimento italiano posizionati nelle vicinanze, tracciando percorsi per raggiungerli a piedi e dando informa- zioni di rilevanza storica.

Inoltre, attraverso un tool di realtà aumentata, insieme alle viste 3D, il visitatore può visualizzare la trasformazione che gli edifici storici della città di Torino hanno subito nel corso dei secoli arricchendo, di fatto, la propria esperienza dal vero. IL PERCORSO DI VISITA selezione proposta in uno slide-show – non hanno solo Il visitatore può scegliere il funzione di correlazione alle modo di “leggere” e “percorre- schede, ma servono anche re” la mostra: virtualmente, sul per mostrare i cambiamenti sito, o realmente, muovendosi della città, compresi i luoghi per la città con la guida dell’ap- che oggi non esistono più plicazione scaricabile gratuita- o hanno cambiato nome o mente sul proprio smartphone aspetto. (vedi box a fianco). Cliccando su una delle Nella schermata introduttiva immagini, la si evidenzia e si della mostra sono segnalati gli accede al contenuto della re- itinerari – I luoghi di coman- lativa scheda che si visualizza do; Moti e cospirazioni; La sullo schermo. modernizzazione; I padri del- La parte seguente mostra la Patria; Vittorio Emanuele II invece tutti i luoghi del sin- – “percorribili” attraverso una golo percorso, accompagnati mappa della città contrasse- dall’immagine attuale, dalla L’applicazione è scaricabile gratuitamente da gnata dai punti d’interesse che denominazione e dal testo rimandano alle relative schede del cartellino di ogni singola App Store di Apple del catalogo. scheda associata all’itinerario. http://www.apple.com/iphone/apps-for-iphone/ Ogni itinerario – oltre a una Un click su di essa porta alla breve introduzione – contie- visualizzazione della scheda Android Market ne la mappa navigabile, che completa, correlata anche alla https://market.android.com/ visualizza direttamente i luoghi cronologia degli avvenimenti e che è subito interagibile. e ai personaggi. Le immagini scelte – una

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Nuova mostra virtuale 2600 schede su temi, personaggi, eventi e luoghi di 150 libri digitalizzati sfogliabili e scaricabili liberamente nella Biblioteca 1500 scatti di fotografi torinesi nella Fototeca 25 mappe storiche

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