Marianna Candidi Dionigi Tra Letteratura E Antiquaria
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ANNA PASQUALINI Marianna Candidi Dionigi tra letteratura e antiquaria «Mi diressi da Roma alla volta del Lazio quando sorgeva il sole dal Tuscolo di fronte al mio cammino, e spandea i suoi raggi sulla vasta campagna. Lunghe strisce di aquidotti arcuati si distendono nella pianura sparsa di ruine di templi, di tombe, di edifizj. Vi pascono d’intorno gregge, ed armenti numerosi; il belato, e il muggito rompono quell’antico silenzio, e rare volte vi s’ode il suono di voce umana. Sono i confini della vista il mare a destra, di fronte Alba, ed il Tuscolo: poscia piegando a manca, il colle Tiburtino delizia di Adriano, e quindi il Soratte sacro ad Apollo; ciascuno de’ quali oggetti desta nell’animo erudite commozioni». Così Marianna Dionigi inizia il resoconto dei suoi “Viaggi in alcune città del Lazio che diconsi fondate dal re Saturno” stampato a Roma nel 18091. Il tono dell’incipit, soffuso di romanticismo, quasi un’ekphrasis dello stile pittorico teorizzato dall’artista archeologa2 (fig. 1), si coglie in numerosi passaggi delle ventisette lettere di cui si compone l’opera che, dico subito, costituisce un unicum nel panorama letterario dell’epoca, non tanto per il genere, che anzi è diffusissimo, ma per i suoi contenuti. La Dionigi nacque nel 1756 e morì nel 18263. Nei suoi settanta anni di vita attraversò un periodo denso di straordinari eventi politici (la rivoluzione francese, l’impero napoleonico e la restaurazione), che comportarono enormi trasformazioni sociali e culturali. Ella, pur nella quiete della sua famiglia, seppe cogliere i frutti migliori di quel rinnovamento. Ampie disponibilità economiche le consentirono di godere di un’educazione raffinata e profonda. Fu avviata allo studio dei classici e, ovviamente, dell’antiquaria, che ne era necessario complemento, avendo a maestro un finissimo e stimato grecista, il gesuita Raimondo Cunich4, che contò tra i suoi allievi anche Ennio Quirino Visconti. Studiò musica, pittura e le lingue: la francese, la lingua colta dell’epoca, ma anche l’inglese, arrivando a leggerle e a parlarle correttamente. Nonostante gli impegni familiari – si sposò a quindici anni ed ebbe sette figli – aprì la sua casa di via del Corso ad una schiera di eruditi ed intellettuali di livello internazionale. 1 L’opera è ora disponibile anche in formato elettronico nella Biblioteca Digitale dell’Archivio Viaggiatori Italiani a Roma e nel Lazio (AVIREL), Progetto a cura dell’Istituto Nazionale di Studi Romani, www.avirel.it 2 Sull’opera pittorica cfr. V. MARTINELLI, Paesisti romani dell’Ottocento, Roma 1963, pp. 24-32; 65. Figg. 30; 33-43. Il trattato Precetti elementari sulla pittura de’ paesi, scritto nel 1808 ma pubblicato solo nel 1816, pur condotto sulle teorie di Filippo Hackert, costituisce una rarità nell’ambito della letteratura artistica. Cfr. da ultima C. STEFANI, Di fronte al paesaggio classico: persistenze e alternative, in Maestà di Roma da Napoleone all’Unità d’Italia, Roma 7 marzo – 29 giugno 2003, Catalogo della Mostra, pp. 345-348. 3 Per le notizie biografiche cfr. S. RINALDI TUFI, Dizionario Biografico degli Italiani (DBI), 17, 1974, pp. 777- 779 e in questi Atti; altra bibliografia in SAUR Allgemeines Künstler-Lexikon, München-Leipzig, 27, 2000, p. 504. 4 Su Raimondo Cunich (1719–1794) cfr. M. VIGILANTE, DBI, 31, 1985, pp. 378-380. 1 Nel clima cosmopolita e fecondo della cultura “romana” a cavallo tra Settecento ed Ottocento emerge singolarmente il ruolo delle donne 5; il salotto di Marianna non è dissimile nelle frequentazioni da quello di Angelica Kauffman6 o da quello della duchessa Elisabeth di Devonshire7; il suo gusto per il viaggio archeologico si affianca a quello di numerose viaggiatrici straniere, tra le quali, oltre alla stessa Duchessa di Devonshire, va menzionata almeno Ellis Cornelia Knight8, coetanea della Dionigi e autrice di una Description of Latium or la Campagna di Roma, pubblicata in forma anonima nel 1805 e corredata da incisioni a illustrazione dell’itinerario seguito9 (fig. 2), buon esempio di un genere letterario assai di moda e praticato10. Eppure, Marianna Dionigi presenta in questo milieu culturale caratteristiche assolutamente originali, non solo per i suoi interessi archeologici11, ma soprattutto per il suo specifico oggetto di 5 B. RICCIO, Roma cosmopolita: galleria di ritratti, in Maestà di Roma cit. pp. 419-422. In generale sul fenomeno cfr. E. BOHLS, Women Travel Writers, Landscape and Language of Aesthetics, 1716-1818, Cambridge Univ. Press 1995. 6 Sulla Kauffmann (1741-1807), uno dei membri fondatori della Royal Academy di Londra ed apprezzata pittrice di soggetti neoclassici, grande amica di Goethe, e sul suo salotto romano C. DE SETA, in Grand Tour. Il fascino dell’Italia nel XVIII secolo a cura di A. Wilton e I. Bignamini, Roma 5 febbraio-7 aprile 1997, Catalogo della Mostra, Milano 1997, pp. 17-25. 7 Elisabeth di Devonshire si fissò stabilmente a Roma dal 1815; fu generosa finanziatrice di scavi e d’imprese editoriali, tra le quali spiccano una V Satira di Orazio e una Eneide di Virgilio ambedue illustrate con vedute dei luoghi evocati dai poeti, non idealizzate, com’era costume, ma tratte dal vero da importanti pittori di paesaggi, quali, ad esempio, Wilhelm Friedrich Gmelin. Sulla Duchessa da ultima B. RICCIO, Omaggi inglesi, in Maestà di Roma cit. pp. 193-197; sugli scavi ibidem p. 199 con la bibliografia relativa; sulle edizioni di classici ibidem pp. 201-202. Su Gmelin (1760-1820), della cui opera la Dionigi si giovò, affidandogli il rendimento grafico di alcune tavole di paesaggio da lei delineate e inserite nel Viaggio, cfr. FR. Noack, in THIEME-BECKER, Künstlerlexikon, XIV, 1921, pp. 273-274. 8 Su Cornelia (1757–1837) e sua madre Phillipina (1726-1799), J. INGAMELLS (a cura di), A Dictionary of British and Irish Travellers in Italy. 1701-1800, Yale Univ. Press, New Haven and London 1997, pp. 581-583. 9 Una scelta dei disegni della viaggiatrice in R. MAMMUCARI, Campagna romana, Città di Castello 2002, pp. 160-161. Sulla diffusione delle incisioni dedicate al Lazio M. CARTA, in Cartografia storica e incisioni del territorio del Lazio dalla Collezione di Fabrizio Maria Apollonj Ghetti, a cura di A. Sperandio, Roma 1997, pp. 21-30. 10 Gli esempi più significativi e conosciuti sono quelli di Sir Richard Colt Hoare, autore del Classical Tour through Italy la cui prima edizione risale al 1815-1818. Il Tour contiene resoconti di vari viaggi, effettuati nell’ultimo decennio del Settecento; tra questi il più noto è quello del novembre/dicembre 1789 lungo l’Appia sulle orme di Orazio, che doveva concludersi a Brindisi, ma che si interruppe a Benevento per il maltempo e la cattiva stagione. L’itinerario fu illustrato da belle tavole del pittore Carlo Labruzzi. Notizie dettagliate sull’attività di Richard Colt Hoare (1758- 1838) in INGAMELLS cit., pp. 503-505. Su Carlo Labruzzi (1748-1817) cfr. Via Appia. Sulle ruine della magnificenza antica, Catalogo della Mostra, Fondazione Memmo, Venezia 1997, pp. 132-174, con bibliografia e ricca scelta delle opere; sul suo contributo nel campo delle antichità e, in particolare, sui disegni contenuti nei Codici Vaticani Latini 14929-14934 che si segnalano per la fedele riproduzione di epigrafi sparse lungo l’Appia e provenienti da scavi coevi al viaggio, cfr. M. BUONOCORE in «Epigraphica» LVIII (1996), pp. 123-130. Il viaggio di Hoare presenta notevoli analogie per impianto e destinazioni erudite con quello - ad esempio - di Bertrand CAPMARTIN DE CHAUPY, Découverte de la maison de la campagne d’Horace del 1767-1769 e di Karl Victor von BONSTETTEN, Voyage sur la scène des dix dernières livres de l’Eneide del 1805. Le imprese editoriali commissionate dalla Duchessa di Devonshire sono del medesimo tenore (cfr. supra nota 7). 11 La Dionigi aveva partecipato personalmente a scavi e scoperte di antichità: tra esse merita un accenno l’esplorazione del sepolcro degli Scipioni del 1780 in compagnia di Ennio Quirino Visconti. Alla scoperta dell’insigne monumento seguì lo scempio, di cui fu testimone un giovanissimo Gaetano Moroni, che riporta in proposito dettagli di sapore vagamente macabro: «Nella mia tenera età, il mio ottimo zio Giuseppe Sassi, nel maggio e nell’autunno mi portava a villeggiare in detta vigna [sc. Vigna Sassi], per cui di frequente visitai il celebre sepolcro. Egli mi narrava, che dopo la scoperta gl’inglesi con entusiasmo incedevano nel luogo, regalando ghinee d’oro al vignaiolo per qualche pezzo d’osso, a cui facevan festa, come di aver acquistato cosa preziosa» (G. MORONI, Dizionario di erudizione, LXIV, Roma 1853, p. 139). In quel frangente la Dionigi manifestò la sua disapprovazione e cercò di ostacolare la dispersione dei materiali. Sul sepolcro e la storia degli studi cfr. F. ZEVI, in LTUR, IV, 1999, pp. 281-285 con ampia bibliografia. 2 studio. La sua attenzione si appunta su una parte del Lazio poco o nulla battuta dai viaggiatori, nemmeno da quelli più avventurosi ed eccentrici. Punto di riferimento delle sue esplorazioni sono Ferentino, Anagni, Alatri, Arpino e Atina, le cinque città “saturnie”, caratterizzate da quell’epiteto suggestivo, che fu utilizzato anche da “turisti” di vaglia come, ad esempio, Ferdinando Gregorovius12. È la stessa Dionigi ad osservare che esso derivava dall’aspetto di quelle città sperdute e solitarie, cinte da mura che sembravano costruite da dèi, in tutto simili a quell’arce fondata da Saturno sul Campidoglio, che viene evocata in un celebre passo di Virgilio (Aen. VIII 358) ripreso anche da Macrobio (I 7, 23). In effetti, è proprio a Virgilio e alla sua concezione dei Saturnia regna che risale la tradizione secondo la quale alcune città del Lazio meridionale, che più di altre rispondevano alle caratteristiche di rustica possanza, attribuite dal poeta ai primi colli fortificati di Roma, dovessero la loro fondazione a Saturno, primo re di quella terra - il Lazio - che dalla “latitanza” del dio trasse il nome13.