Tratto VICOVARO - Varco Sabino

Da Varco Sabino ad Ascrea

Oltre Varco Sabino la strada inizia a salire con alcuni tor- nanti e, dopo circa due chilometri, costeggia il piccolo abita- to di Vallecupola, frazione distaccata del lontano di Roccasinibalda. Il villaggio vanta due chiese parrocchiali, S. Croce e S. Maria della Neve. Fino a pochi anni fa quest’ultima custodiva una bellissima croce d’argento lavorato, poi trasferita nel Duomo di , attribuita a Jacopo Del Duca, collaboratore di Mi- chelangelo. In tempi storici le principali occupazioni degli abitanti erano la pastorizia transumante e un’agricoltura montana di sussi- stenza. Sulle pendici del Monte Navegna a sud ovest del pae-

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se, il carattere estensivo di queste attività, ancora praticate, ha consentito la conservazione integrale di un vasto e bellissimo lem- bo di ambiente rurale di una volta, organizzato se- condo il sistema dei “campi chiusi”.

I “campi chiusi”: un paesaggio come mappa catastale Anticamente i limiti degli appezzamenti erano formati da robuste fasce verdi che contenevano i più comuni alberi e arbusti dei boschi circostanti. In molti casi la “chiusura” nasceva dalla necessità di evitare che greggi e mandrie brade pascolassero sulle terre migliori, spesso di proprietà dei signori. Le siepi erano molto spesse e impenetrabili, garantivano legname in caso di necessità e il loro fogliame (le “frasche”) veniva dato in pasto al bestiame nei lunghi mesi invernali.

Si prosegue verso nord per circa otto chilometri e, dopo due bivi consecutivi in cui occorre tenersi a sinistra, si giunge al paese di . Situato a 800 metri di altezza, l’abitato ha un centro storico medievale con strette e tortuose vie pavimentate in pietra cal- carea e notevoli scorci sui monti della conca reatina. Nei secoli successivi all’anno 1000 l’insediamento appar- tenne alla vicina abbazia bene- dettina di S. Salvatore Maggiore, all’epoca una delle più importanti del- l’Italia centrale. I santi patroni so- no Cosma e Da- miano, due fratelli medici martirizzati dai romani in Cili-

48 Tratto VICOVARO - VARCO SABINO Varco Sabino Ascrea cia nel IV secolo, cui è dedicata una piccola chiesa inglobata nel cimitero. Chi capitasse in paese la sera del 26 settembre, in occasione della loro festa, avrebbe modo di osservare il rito dei “foconi”, grandi e spettacolari fuochi di fascine secche collocati sulle mon- tagne intorno, pro- babilmente a sim- boleggiare un ulti- mo omaggio alla lu- ce dell’estate appena finita. Per la festa del lavo- ro del 1° maggio a Longone si svolge la “Sagra dei Vertuti”, un gustoso piatto ti- pico locale consistente in una zuppa di legumi, cereali ed er- be, aromatizzati con mentuccia fritta in olio di oliva.

Il percorso continua lungo la provinciale per la diga del Tu- rano seguendo un tracciato sinuoso che ricalca le articolate forme del pendio. In alcuni tratti lo sguardo verso occidente si apre ad abbracciare un vasto panorama che comprende la valle del Tevere, il rilievo isolato del M. Soratte che nel Plio- cene, due milioni di anni fa, era un’isola in un mare caldo e tropicale, e i lontani altipiani vulcanici Sabatino e Cimino – Vicano. Il borgo di Stipes, arroccato a quasi 900 metri di quota, è fra- zione del comune di Ascrea. Dalla ventosa fortezza situata nelle parte alta si gode di una notevole vista sulla Sabina e , sul ramo terminale del Lago del Turano e sulla diga. Ai primi di ottobre, in occasione della ricorrenza della Ma- donna del Rosario, il villaggio si anima per la “Festa delle Jat- te”, le ragazze ancora in attesa di marito. Non si hanno notizie certe sulle origini del nome. Si sa però che “stipes” è l’inquietante termine latino che indicava il palo di legno verticale infitto nel terreno con cui, attraverso l’ag- giunta del “patibulum” orizzontale, si formava la croce per le esecuzioni capitali.

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Con poco più di due chilometri di discesa si arriva sulle sponde del Lago del Turano all’altezza dello sbarramento che ne ha determinato la formazione. La diga del Turano, in cemento armato, alta 80 metri e lunga 256, è stata costruita in corrispon- denza di ripidi versanti di roccia calcarea che co- stituiscono le “spalle” e il basamento su cui poggia la struttura. La valle, a monte molto ampia e ri- coperta dal lago, qui si restringe e diventa profonda lasciando appena intravedere il paesino di Posticciola sullo sfondo.

Una valle sott’acqua Quando la diga venne chiusa le acque coprirono oltre 500 ettari di campi, pascoli, boschi ed aree abitate, espropriati alla gente locale per poche lire, divenute in breve carta straccia grazie all’inflazione e alla guerra. L’ulteriore aggravamento dei già miseri assetti economici determinò emigrazione e spopolamento in tutti i centri circostanti. Le paratie della diga vennero chiuse nella tarda estate del ‘39. In ottobre, mentre le acque già salivano, i contadini della valle costruirono rudimen- tali imbarcazioni per andare a raccogliere, per l’ultima volta, le pannocchie di mais e i grappoli d’uva non ancora sommersi.

Dopo circa quattro chilometri lungo la provinciale Turanense che costeggia il lago si arriva in vista della penisola su cui sor- ge il paese di . L’insediamento ricopre la sommità di un colle allungato da sud a nord che oggi si protende nell’acqua, ma che un tempo dominava la parte più ampia e fertile della vallata. La sua ori- gine risale probabilmente alle invasioni barbariche quando gli abitanti di Tora, antica città sabina posta nel fondovalle (i cui

50 Tratto VICOVARO - VARCO SABINO Varco Sabino Ascrea ruderi sono ora ricoperti dal lago), si spostarono rapidamente sui rilievi circostanti. Nacquero in questo modo anche e Monte di Tora (o Antuni). Il nucleo storico del paese è situato sulla punta della penisola, con la piazza, la fontana ed una chiesa del settecento, ma si tratta solo della parte superstite di un abitato più vasto le cui contrade basse sono state sommerse dal lago artificiale. Diversi edifici, anche pubblici, sono poi stati ricostruiti nella zona alta del colle, verso la Turanense. La gloria gastronomica locale è il “fagiolo a pisello”, tenero, sapori- to e praticamente privo di buccia, coltivato in piccoli appezzamenti a circa 800 metri di altezza sui pendii che sovrastano il paese e celebrato collettivamente con una sagra l’ultima domenica di ottobre.

Dopo circa un chilometro il percorso sulla turanense passa accanto al Santuario di S. Anatolia, eretto nel sito in cui vennero rinve- nute le spoglie di questa giovane martire cristiana. Il luogo è silenzio- so e con i suoi alti cipressi induce al raccoglimento. In origine vi era solo una piccola chiesa rurale cui poi si aggiunsero i fabbricati di un con- vento di frati Cappuccini. Fra gli anni ’20 e gli anni ’70 del secolo scorso il complesso fu di proprietà di un collegio di rito greco-bizanti- no che vi ospitava i seminaristi. S. Anatolia è venerata principalmente a Castel di Tora, ma la sua fama travalica la dimensione locale e la rende una figura di riferimento per la fede di tutto il territorio circostante.

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Due chilometri oltre, poco prima di attraversare il lago, la vi- sta si apre sui due rilievi di Castel di Tora, a sinistra, e Antu- ni, a destra, che paiono fronteggiarsi. Per motivi tecnici, all’e- poca della costruzione della diga e delle opere accessorie fu necessario posizionare uno dei piloni del ponte che collega una sponda all’altra esattamente dentro un’antica chiesa di campagna dedicata a S. Rocco. Come parziale misura di compensazione per le comunità locali, la società costruttrice fu obbligata a ripristinare più in alto una piccola “copia” del- l’edificio sacro, che è quella che si vede sulla destra appena prima di accedere al viadotto.

L’antico borgo di Antuni sorge sulla sommità di una peniso- la conica rocciosa che si eleva per 120 metri sulle acque del lago. In tempi remoti questa fortezza arroc- cata ed isolata sovra- stava strategicamente un ampio tratto di valle e costituiva la testimonianza più ti- pica del processo di “incastellamento” nei monti della Sabina. Abitato in condizioni estreme da diverse famiglie fino agli an- ni ’30 del secolo scorso (senza botteghe, scuola, e neanche ac- qua corrente), dopo decenni di abbandono oggi il villaggio è al centro di un ampio progetto di ricostruzione conservativa dei luoghi così come erano nei secoli passati. Incorporato, in- sieme a tutto il colle, nella Riserva Regionale Monte Navegna e Monte Cervia, vi si può accedere solo a piedi e la salita è ampiamente ripagata dalle incredibili vedute sul lago e i monti circostanti.

Come , anche Castel di Tora è incluso nei “cento borghi più belli d’Italia”. Le ragioni sono molteplici: Antuni e i paesaggi innanzitutto, ma anche l’aspetto curato e ben conservato del centro storico medievale che culmina nel-

52 Tratto VICOVARO - VARCO SABINO Varco Sabino Ascrea la piazzetta - belvedere, la torre poligonale del secolo XI che vigila sui passanti, la chiesa di S. Giovanni con il campanile su cui crescono mentuccia e violacciocche, la barocca fontana del Tritone nella piazza principale, le mura e le torrette tra- sformate in case, gli archi e le cantine. Secondo una tradizio- ne secolare, la prima domenica di quaresi- ma tutto il paese è in piazza per la “Festa del Polentone”, cotto all’aperto sul fuoco in un ampio calderone e condito con sugo ma- gro di baccalà, aringhe, tonno e alici. Le fette di polenta ven- gono tagliate con uno spago imbevuto nel gustoso olio di oli- va della Sabina.

L’itinerario prosegue sulla Turanense per circa due chilome- tri fino ad un bivio dove si gira a sinistra per salire verso il borgo di Ascrea, autentico balcone naturale sulla valle e sul lago. Appartenuto alla baronia di Collalto fino al XV secolo, que- sto villaggio si trasformò successivamente, sotto una complice protezione dei signori locali, in un temuto presidio di brigan- ti che, nel fondovalle, depredavano i viaggiatori in transito fra Rieti e il Regno di Napoli. La piazza principale con il belvedere è uno dei luoghi migliori per immaginare una ricostruzione del paesaggio della valle prima della sua som- mersione.

Tornati sulla Tura- nense il tracciato co- steggia per alcuni chi- lometri le sponde del

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lago. Quelle meno acclivi e che degradano più dolcemente nel- l’acqua vengono utilizzate in estate per la balneazione. Nei periodi di magra l’intero perimetro lacustre appare circon- dato da una striscia continua di terra nuda sopra la quale inizia la vegetazione. Si tratta del dislivello, di svariati metri, fra i mo- menti di massimo e minimo invaso di acqua nel lago artificiale. Le variazioni stagionali del livello idrico non consentono infatti in questa fascia l’insediamento di una stabile vegetazione di ripa (salici, pioppi, canneto, ecc.), che si troverebbe troppo coperta d’acqua in inverno, o troppo all’asciutto in estate. L’assenza di questa “cintura verde” impedisce il rifugio e la nidifi- cazione di diverse specie di uccelli acquatici, tipi- che dei laghi naturali, come gli aironi e molte anatre. Nel lago tuttavia sono presenti alcuni caratteristici uccelli “tuffatori”, grandi mangia- tori di pesci, come il cormorano e lo svasso maggiore.

Dopo un ponte su un fosso, con un lun- go rettilineo si entra nel territorio del co- mune di Paganico. Il centro abitato è po- sto più in alto, sulle pendici del Monte Cer- via e, come la vicinissima Ascrea, visto da lon- tano assomiglia ad una sorta di sentinella im- mobile rivolta a occidente, messa a guardia della profonda e stretta fenditura dell’Obito.

Proseguendo sulla provinciale e risalendo lungo la valle del Turano si assiste al progressivo restringi- mento del lago, che man mano diventa fiume. Circa due chi- lometri e mezzo dopo il bivio per Paganico, appena sotto la strada, si trova un monumento funerario di epoca romana noto localmente col nome di “Pietra scritta”. Si tratta di un’originale pietra sepolcrale ricavata da un masso crollato dalle rupi calcaree soprastanti, successivamente modellato in forma prismatica e scolpito. La faccia con l’iscrizione è rivolta verso il fiume e segnala i nomi dei tre membri della famiglia dei “Muttini” che vi sono stati sepolti.

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From Varco Sabino to Ascrea

Going over Varco Sabino one reaches the small village of Vallecupola. Back in the days the main occupations of its inhabitants were transhumant sheep-breeding and a subsistence mountain agriculture. On the slopes of the Navegna Mountain, on the south-western side of the village, these activities, nowadays still practised, have en- abled the conservation of a wonderful strip of the past rural landscape, set as a “closed fields” system (fields closed by hedges).

Still further for about 8 kilometres and, after two junctions in a row where one has to keep the left, the village of Longone Sabino is met, from which nice views on the mountains around the Rieti plain can be seen. On the night of the 26th of Septem- ber, during the Saints Cosma and Damiano patrons celebration, it is possible to watch the “foconi” ceremony, big and spectacular fires of dry wood faggots set on the mountains all around.

The route goes along the provincial road to- wards the Turano dam where one finds the village of Stipes, retreated at an altitude of al- most 900 metres. From the windy fortress on the upper side, one enjoys a charming view on the Sabina territory and Rocca Sinibalda, on the terminal arm of the Turano lake and on the dam. At the beginning of October, during the Rosary Madonna celebration, the village becomes lively for the Feast of the “Jatte”, women still waiting for a husband.

With a bit more than two kilometres downhill one gets by the shores of the Turano lake near the damming that determined its formation. The Turano dam, made of reinforced-concrete, has a height of 80 metres and a length of 256. It was built in a place where the valley gets narrow and deep, giving the opportunity to catch a glimpse of the small village of Posticciola in the back- ground. When the dam was closed, in 1939, the water flooded over 500 hectares of fields, pastures and built-up areas, expropriated to the local population for very little mon- ey, that soon became waste paper due to galloping inflation and war.

After about four kilometres on the road that goes along the edge of the lake one gets by the peninsula on which rises the village of Colle di Tora. The settlement covers the top of a stretched hill today leaning forward into the wa- ter, but once dominating the broadest and most fertile part of the valley. The old town centre is placed at the end of the peninsula, with the square, the fountain and a church, but it’s just the surviving part of a vaster inhabited area whose lower quarters have been flooded by the artificial lake.

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Three kilometres beyond, just before crossing from shore to shore, the view opens out on the Castel di Tora hill, on the left, and the Antuni one on the right. The ancient village of Antuni stands on the top of a cone-shaped rocky peninsula that rises 120 metres above the lake waters. In far-off times this castled and secluded fortress strategically overlooked a wide stretch of valley. Populated by several families since the thirties of the past century, after decades of neglect the village is to- day involved in various refurbishments. It is possible to enter only by walk and the climb is abundantly recompensed by the incredible views on the lake and the surrounding mountains.

Like Collalto Sabino, Castel di Tora is also included in the list of the “most beauti- ful villages of ”. The settlement, dominated by a polygonal tower dating back to the XI century, has a mediaeval historical centre well-kept and preserved, ending into a small panoarmic square. On the first Sunday in Lent the Polentone’s Feast is celebrated, with polenta cooked outdoor on the fire in a big pot.

After about two kilometres it is possible to turn on the left going up to Ascrea, an authentic natural terrace with a view on the valley and the lake. The central square with its lookout is one of the best places to picture in one’s mind a reconstruction of the valley landscape before its flooding.

Along the shores of the Tu- rano Lake frequent varia- tions of the water level do not allow the presence of a riparian vegetation such as willows, poplars, cane thickets, etc. This prevents the refuge and the nest-building of several species of aquatic birds, typical of natural lakes, like for instance herons and many ducks. Nevertheless in the lake there are some characteristic diving birds, big fish eaters such as the great crested grebe and the cormorant.

Further on, one goes up along the Turano valley looking at the progressive narrow- ing of the lake that slowly becomes a river. About two kilometres and a half beyond the junction to Paganico, just below the road, there’s a rocky funerary monument of the Roman era with some inscriptions, locally known as the “Written Stone”.

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