Testi Libro Patrimonio Architettonico

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Testi Libro Patrimonio Architettonico Arturo Fratta: Le sedi dell'Università di Napoli dalla fondazione ad oggi p.3.....................................................1 Gaetana Cantone: Le sedi universitarie di San Marcellino e del Gesù Vecchio p.35.....................................27 Alfredo Buccaro: Santa Maria di Donnaromita p.81 ........................................................................................73 Giancarlo Alisio : Il complesso della Sede centrale p.95.................................................................................84 Giulio Pane: Il convento di San Pietro Martire p.123 .....................................................................................105 Benedetto Gravagnuolo: Palazzo Orsini di Gravina p.147 ............................................................................120 Arnaldo Venditti: La chiesa di Santa Maria Donnaregina p.173 ....................................................................143 Teresa Colletta: La chiesa di San Demetrio e Bonifacio p.201 .....................................................................159 Francesco Divenuto: Palazzo Latilla p.225....................................................................................................191 Renato De Fusco: Il conservatorio dello Spirito Santo p.249 ........................................................................213 Francesco Starace: L'Orto Botanico p.263....................................................................................................226 Leonardo Di Mauro: S. Maria degli Angeli alle Croci p.299 ...........................................................................270 Gregorio Rubino: I quattro Musei Scientifici p.321 ........................................................................................288 Renato De Fusco: L'edificio di via Partenope p.363......................................................................................348 Leonardo Di Mauro: Palazzo De Laurentiis p.377 .........................................................................................360 Cesare de Seta: La Reggia di Portici p.389...................................................................................................367 Fulvio Tessitore: Villa delle Ginestre p.423 ...................................................................................................405 Maria Luisa Scalvini: La Facoltà di Ingegneria. Le sedi di piazzale Tecchio e via Claudio p.437 .................411 Alfredo Buccaro: La sede di Ingegneria di Agnano p.453 .............................................................................420 Sergio Villari: Il complesso di Cappella dei Cangiani p.461...........................................................................423 Fabio Mangone: Monte Sant'Angelo p.491....................................................................................................453 Maria Raffaella Pessolano: Sant'Antoniello a Port'Alba p.507 ......................................................................464 Gabriella D'Amato: I nuovi edifici di via Marina p.531....................................................................................490 Ilia Delizia: Villa Orlandi ad Anacapri p.549...................................................................................................502 Aldo Pinto: Trent'anni di restauri p.577..........................................................................................................527 Arturo Fratta: Le sedi dell'Università di Napoli dalla fondazione ad oggi p.3 La lettera datata 5 giugno 1224, che Federico II inviò agli arcivescovi, vescovi, prelati di chiese, conti, baroni, giustizieri, giudici, baiuli e a tutte le altre autorità del Regno di Sicilia per an- nunziare l’istituzione dello studium generale napoletano, ha un carattere palesemente invitante. Fin dall’inizio Napoli vi è definita amenissima , stereotipo che resterà legato al suo nome, un luogo - vi si legge - ove ogni cosa abbonda, in cui le case sono ampie, i costumi degli abitanti benigni, in cui tutto ciò che è necessario alla vita degli uomini è facilmente trasportato per terra e per mare, una città ricca di frumento, vino, carni, pesci e di tutto il resto che può servire agli studenti, a favore dei quali non è quindi necessario fissare un calmiere. Nelle generales licterae , inviate perché ne fosse- ro avvertiti gli interessati, si parla di una sorte di equo canone per gli alloggi degli studenti, del van- taggio per loro di essere sicuri dalle insidie dei rapinatori, non essendo più costretti ad affrontare lunghi e pericolosi viaggi per frequentare uno studium fuori del Regno. Nello scritto si dice, naturalmente, anche del fine primo della fondazione dell’Università, che è quello di offrire ai sudditi la possibilità di abbeverarsi alla fonte della scienza per attendersi benefici in un futuro finalmente dominato dalle regole della giustizia. E tutto questo col favore di Dio, “grazie al quale viviamo e regnamo”, Deo propitio per quem uiuimus et regnamus, cui omnes actus nostros offerimus, cui omne bonum quod agimus imputamus... , che sono le solenni parole dell’ incipit di questa lettera, considerata il documento di fondazione dell’Università di Napoli. Non vi si dice che quella di Napoli avrà un carattere laico, a differenza delle Università di Bologna e di Parigi, essendo ispirata la sua istituzione dalla volontà di Federico II di farne se non proprio “il cervello dell’Italia giacobina”, come scrive Romualdo Trifone 1, quanto meno alla più immediata finalità di costruire uno stato che non fosse più feudo del papato, quale era stato fino a quel punto il Regno di Sicilia, ma che avesse un sistema giudiziario e una burocrazia indipendenti dalla Chiesa e dalla nobiltà feudale, così come s’era liberato delle milizie dei vari feudatari affidandosi ai cavalieri teutonici. Le materie insegnate furono il diritto civile, il diritto canonico, la teologia, la filosofia, la grammatica e l’ ars dictaminis . Si è molto discusso sull’identità dell’estensore di questo documento, da alcuni indicato in Pier delle Vigne, da altri in Roffredo di Benevento, uomo di grande dottrina, già maestro di diritto civile all’Università di Bologna, poi “giudice e fedele al sovrano”, unico a essere citato tra i docenti della nascente Università. Chi aveva avuto quelle espressioni di ammirazione per la città, il paesag- gio, l’indole degli abitanti, doveva certamente conoscere Napoli, le sue bellezze, le sue condizioni di vita. E tanto l’uno quanto l’altro, il primo di Capua, il secondo come si è detto di Benevento, cer- tamente erano a conoscenza e della qualità della vita napoletana e dei modi degli abitanti. Ma lo stesso Federico II aveva avuto un’esperienza diretta della vita napoletana essendo stato a lungo e più di una volta a Napoli tra il 1220 e il 1222. Vi tornerà più volte nel corso della vita per ricorrere alle salutari terme di Pozzuoli, famose nel medioevo come nell’antichità. 1R.Trifone, L’Università degli Studi di Napoli dalla fondazione ai giorni nostri, Università di Napoli, 1954, p. 6. 2 La costruzione dello stato e l’Università di Napoli Appena incoronato da papa Onorio III Imperatore dei romani 2, il giovane sovrano si era re- cato a Capua dove, nel dicembre successivo, fu tenuta una grande dieta che mise le basi della rico- stituzione del Regno ereditario di Sicilia, sconvolto e devastato per trent’anni dagli abusi dei feuda- tari. Tra le leggi promulgate a Capua erano quella sui privilegi, che li annullava quasi tutti, e “l’altra diretta espressamente contro i baroni, nella quale si stabiliva che ogni castello o fortilizio costruito dai vassalli negli ultimi trent’anni dovesse essere consegnato alla corona o distrutto” 3. Si asseriva così il principio che i castelli dovessero servire alla difesa dello stato e non al potere dei feudatari. Per dare avvio alla campagna del Molise, dove il più potente dei baroni della parte continen- tale del Regno possedeva i castelli quasi imprendibili di Roccamandolfi, di Boiano e di Ovindoli, Federico II da Capua si trasferì a Napoli. Vi si trattenne per più di un mese e vi ritornò sicuramente nel 1922. Puniti i baroni recalcitranti, ristabilita l’amministrazione, regolata l’esazione delle imposte, dalle quali fino a quel punto gli stranieri erano esentati, debellati i Saraceni in Sicilia, Federico av- vertì che tutte le funzioni amministrative e di giustizia sottratte ai signori feudali dovessero essere stabilmente e capillarmente assunte da un apparato burocratico e da esperti di leggi e decreti. Per questo era necessaria la formazione di un ceto di giudici e di funzionari, affidata a uno studium da far sorgere nell’ambito dello stato, che potesse in breve diventare prestigioso per l’insegnamento del diritto come quello di Bologna, cui Federico non esitò a strappare alcuni docenti, tra i quali ap- punto Roffredo di Benevento. Per questi motivi il numero degli studenti della nascente Università non poteva essere esi- guo, come avveniva per alcuni insegnamenti privati che non erano mai mancati a Napoli, circostan- za che consentiva ai docenti di insegnare nelle loro stesse abitazioni. 2Il 22 novembre 1220. 3Ernst Kantorowicz, Federico II imperatore , Milano, Garzanti, 1988, p.104. 3 È quindi naturale chiedersi dove si tenessero le lezioni nella nuova Università. Prima di ci- tare fonti e riferire dati giunti fino a noi, pensiamo non sia inutile indicare quali erano i luoghi pri- vilegiati nella città medievale e nei secoli che immediatamente seguirono. 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