Atti Parlamentari
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Camera dei Deputati – 33 – Senato della Repubblica XVII LEGISLATURA — DISEGNI DI LEGGE E RELAZIONI — DOCUMENTI — DOC. XXIII N. 38 Altri strumenti già esistenti, prima usati di rado e solo in alcune sedi giudiziarie, hanno poi trovato un’applicazione più frequente ed efficace in tutto il territorio nazionale (si pensi alla norma di cui all’articolo 12-quinquies della legge n. 356 del1992 o a quella di cui all’articolo 34 del codice antimafia). È agevole rilevare che tutti questi strumenti vanno in sostanza a colpire, specie se viene contestata anche l’aggravante di cui all’articolo 7 del decreto-legge n. 152 del 1991, (anche) quelle condotte per la cui sanzione si è fin qui spesso fatto ricorso all’ipotesi del concorso esterno e finiscono quindi per incidere proprio sulla cosiddetta “area grigia”, obiettivo primario, come è noto, delle contestazioni di concorso esterno. Anche sotto questo profilo appare dunque necessaria un’ulteriore riflessione sia sui limiti di una eventuale nuova norma incriminatrice sia sulla sua stessa necessità. Camera dei Deputati – 34 – Senato della Repubblica XVII LEGISLATURA — DISEGNI DI LEGGE E RELAZIONI — DOCUMENTI — DOC. XXIII N. 38 3. Le mafie oggi 3.1 Cosa nostra Premessa La Commissione, nel corso dei propri lavori, ha voluto dedicare una particolare attenzione alla mafia siciliana, sia come fenomeno generale che con riferimento a singoli aspetti emersi nel corso dei lavori, tanto che il primo atto di inchiesta dell’organo parlamentare è stato proprio l’incontro, il 26 novembre 2013, con i vertici della direzione distrettuale antimafia di Palermo. Da lì si sono succedute una serie di altre missioni in tutta la Sicilia13 nel cui ambito sono stati sentiti i prefetti, i questori, i comandanti provinciali dei carabinieri e della Guardia di finanza, i responsabili locali della DIA, diversi esponenti della magistratura, inquirente e giudicante, ma anche politici locali e appartenenti al mondo del volontariato e della società civile. Si è così ottenuta, per ogni provincia, la fotografia di cosa nostra la quale, sebbene rimanga pur sempre un’associazione unitaria, presenta peculiarità diverse, collegate alla fisionomia dei territori e alla storia del proprio insediamento in determinati contesti storici-ambientali. L’approfondimento è proseguito anche attraverso copiose audizioni in seduta plenaria14 volte a focalizzare alcuni aspetti di rilievo poiché sintomatici dell’attuale modo di essere della mafia siciliana. Cercando di rappresentare l’esito di questi complessi lavori, non si intende ripercorrere né la storia di cosa nostra, né la sua strutturazione e organizzazione, rimanendo, comunque, un’associazione gerarchica suddivisa in “province”, “mandamenti” e “famiglie”, né il contenuto dei numerosi procedimenti penali trattati dalle direzioni distrettuali antimafia siciliane negli ultimi anni. Ciò perché cosa nostra non è un fenomeno nuovo. Dopo l’introduzione, con la legge Rognoni-La Torre del 1982, del reato di associazione mafiosa, dopo le dichiarazioni di Tommaso Buscetta del 1984 e la celebrazione del maxiprocesso, tale associazione segreta ha iniziato ad essere sempre più disvelata, sino ad essere arrivati, nel corso del tempo, a sentire la mafia raccontata dai suoi stessi protagonisti, sia tramite le centinaia di collaborazioni con la giustizia, sia attraverso le numerose intercettazioni che hanno registrato, all’interno dei contesti mafiosi, veri e propri summit o dialoghi tra sodali o anche soltanto singoli sfoghi. Ci si trova di fronte, cioè, a una situazione diversa rispetto a quella della ‘ndrangheta che, sebbene sia anch’essa un’associazione mafiosa secolare, ha una storia giudiziaria più recente15. 13 Ci si è pertanto recati, il 26 novembre 2013 a Palermo, il 2-4 marzo 2014 a Palermo, il 24 marzo 2014 a Catania, il 27-28 ottobre a Messina e Barcellona Pozzo di Gotto, il 4-6 marzo 2015 a Caltanissetta, Ragusa e Siracusa, il 18-20 luglio a Palermo e Trapani, il 14-16 novembre 2016 a Palermo, Agrigento ed Enna, il 19-20 luglio 2017 a Palermo, il 13 ottobre 2017 a Palermo. 14 Si è proceduto, in particolare, alle seguenti audizioni: il 20 gennaio 2014 del procuratore generale della Repubblica presso la corte d’appello di Palermo, Roberto Scarpinato, del procuratore della Repubblica presso il tribunale di Trapani, Marcello Viola, del presidente della sezione misure di prevenzione del tribunale di Trapani; Piero Grillo, resoconto stenografico n. 9; il 17 marzo 2014 del procuratore della Repubblica presso il tribunale di Palermo, Francesco Messineo, resoconto stenografico n. 21; il 1° ottobre 2014 del procuratore generale della Repubblica presso la corte d’appello di Palermo, Roberto Scarpinato, resoconto stenografico n. 56; il 26 novembre 2014 del procuratore della Repubblica f.f. presso il tribunale di Palermo, Leonardo Agueci, resoconto stenografico n. 67; il 4 novembre 2015 del procuratore della Repubblica presso il tribunale di Palermo, Francesco Lo Voi, resoconto stenografico n. 121; il 12 gennaio 2016 del procuratore della Repubblica presso il tribunale di Palermo, Francesco Lo Voi, resoconto stenografico n.128; il 23 novembre 2016 del procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Palermo, Teresa Maria Principato, resoconto stenografico n. 180; l’11 gennaio 2017 del procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Palermo, Teresa Maria Principato, resoconto stenografico n. 183; l’8 marzo 2017 del procuratore generale della Repubblica presso la corte d’appello di Palermo, Roberto Scarpinato, resoconto stenografico n. 194; il 9 maggio 2017 del procuratore della Repubblica presso il tribunale di Catania, Carmelo Zuccaro, resoconto stenografico n. 203; il 14 giugno 2017 del procuratore della Repubblica presso il tribunale di Caltanissetta, Amedeo Bertone, resoconto stenografico n. 211. Camera dei Deputati – 35 – Senato della Repubblica XVII LEGISLATURA — DISEGNI DI LEGGE E RELAZIONI — DOCUMENTI — DOC. XXIII N. 38 In sostanza, cosa nostra, specie per il particolare allarme sociale che ha suscitato in tutto il Paese nel periodo delle stragi, è un’associazione che è stata più volte descritta e rischiarata dai riflettori degli investigatori e della stampa, e che, anzi, proprio per questo, ha suscitato ferme reazioni da parte della società che, non solo ha sfilato nei cortei per reagire alle vessazioni e alla ferocia dei “viddani”, ma ha dato luogo ad un associazionismo civile con risvolti concreti nelle stesse indagini giudiziarie. Anzi, paradossalmente, uno degli effetti delle stragi è stato l’avvicinamento alle istituzioni anche di una certa parte della popolazione siciliana che, dopo secoli di paura o di consenso nei confronti di cosa nostra o di diffidenza verso lo Stato, ha iniziato a sperimentare la denuncia e lo schieramento accanto alla magistratura e alle forze dell’ordine, sebbene con un percorso lento e ancora non generalizzato. Sul tema mafioso, in Sicilia si è dunque così avanti che si è arrivati, persino, a porre la questione delle deviazioni del movimento civile dell’antimafia, non solo quale strumento utilizzato dalla stessa mafia per accreditarsi con le pubbliche amministrazioni in vista dell’aggiudicazione degli appalti, ma come mezzo per il perseguimento di interessi personali e di avanzamento di carriera di alcuni appartenenti al mondo politico, delle professioni e, talvolta, della stessa magistratura, così come riportato in altre parti di questa Relazione. Non si intende, quindi, raccontare, ancora una volta, cosa nostra come associazione mafiosa, con le sue regole, i suoi affari, le sue famiglie. Sarebbe ripetitivo e sovrabbondante rispetto sia alle ricostruzioni che annualmente compie, con assoluta dovizia di particolari, la Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo la quale, peraltro, ha sempre offerto, nel rispetto dei ruoli istituzionali, il suo prezioso contributo ai lavori della Commissione, sia rispetto a quanto già riportato in migliaia di provvedimenti giudiziari e di studi sul tema, sia rispetto al lavoro svolto dalle precedenti Commissioni parlamentari antimafia. Appare più proficuo, invece, svolgere una riflessione, in base ai dati più recentemente acquisiti, sullo “stato di salute” della mafia siciliana. Infatti, già durante il periodo post-stragi, successivo all’arresto del “capo dei capi”, Totò Riina, in cui l’associazione rimase sotto la guida di Bernardo Provenzano, iniziava a parlarsi di una mafia sommersa e silente. Negli anni successivi all’11 aprile 2006, quando a Montagna dei Cavalli, in agro di Corleone, si pose fine, dopo quasi 43 anni, alla latitanza dell’ultimo capo corleonese libero, si cominciò, pian piano, a delineare cosa nostra come un’organizzazione in crisi e alla ricerca della sua identità, sì capace di sopravvivere ma con uomini sempre più di scarso spessore e, di conseguenza, con mire di basso profilo. Nel corso dei lavori della Commissione si è poi registrata la scomparsa di Provenzano prima e di Riina poi, entrambi deceduti, in regime di 41-bis dell’ordinamento penitenziario, rispettivamente il 13 luglio 2016 e il 17 novembre 2017 e, a maggior ragione, oggi, dunque, si pongono diversi interrogativi sull’attuale fisionomia della mafia e sulle sue possibili linee evolutive. La mafia nelle province siciliane Una prima fondamentale traccia di ciò che cosa nostra è e di ciò che, forse, sarà, la si coglie certamente dall’insieme dei dati che la Commissione ha acquisito nel corso della sua inchiesta parlamentare. In via generale, può affermarsi che, dalla lettura complessiva del materiale raccolto: risulta