Giornata Oscura E Dolorosa Per Enego 21 Giugno 1925 Breve Ricostruzione Di Un Piccolo Episodio Di Storia Locale
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Laboratorio di storia contemporanea Istituto per la storia della Resistenza e dell’età contemporanea della provincia di Vicenza «Ettore Gallo» - Istrevi No. FT/2011/1 ISTITUTO STORIA DELLA RESISTENZA E DELL’ETÀ CONTEMPORANEA DELLA PROVINCIA DI VICENZA ETTORE GALLO Fonti e testimonianze Responsabile di collana Giuseppe Pupillo – [email protected] Giornata oscura e dolorosa per Enego 21 Giugno 1925 Breve ricostruzione di un piccolo episodio di storia locale di Carla Poncina CARLA PONCINA è stata docente di storia e filosofia presso il Liceo Ginnasio Statale “Antonio Pigafetta” di Vicenza, Supervisore SSIS per l’indirizzo di Scienze Umane e docente a contratto di Didattica della Storia presso l’Università di Padova. Fa parte del Direttivo ISTREVI. Ha tra l’altro pubblicato: L’idea di Europa tra utopia e radicamento (Cleup 2006), Insegnare filosofia oggi (Ed. Sapere 2008), Insegnare filosofia tra disciplinari età e interdisciplinarietà (Ed. Sapere 2009), L’Etica della Responsabilità al femminile (Lampi di Stampa 2010). La collana del Laboratorio di storia contemporanea è pubblicata a cura dell’Istrevi e intende raccogliere memorie, interviste e documenti utili per ricostruire le vicende politiche, sociali ed economiche del Novecento vicentino e veneto. I quaderni del Laboratorio di storia contemporanea Istituto per la storia della Resistenza e dell’età contemporanea della provincia di Vicenza «Ettore Gallo» sono scaricabili all’indirizzo: www.istrevi.it/lab c/o Museo del Risorgimento e della Resistenza – Villa Guiccioli Per contatti: [email protected] Viale X Giugno 115 - I-36100 Vicenza Laboratorio di storia contemporanea Istituto per la storia della Resistenza e dell’età contemporanea della provincia di Vicenza «Ettore Gallo» - Istrevi No. FT/2011/1 Giornata oscura e dolorosa per Enego 21 Giugno 1925 Breve ricostruzione di un piccolo episodio di storia locale Carla Poncina “Giornata oscura e dolorosa per Enego”, così nel libro delle cronache parrocchiali (p. 112) don Antonio Barausse titola la relazione da lui redatta il primo Novembre del 1931, in cui ricostruisce una penosa vicenda di arroganza fascista verificatasi sei anni prima. La controfirma del vescovo Elias Dalla Costa, in visita pastorale, ne costituisce quasi il suggello simbolico, si vedrà perché. È necessario calarsi nella pesante temperie culturale e politica di quegli anni. Nel ’22 la marcia su Roma aveva, con un esito paradossale, portato al potere il “rivoluzionario” Benito Mussolini, chiamato direttamente a tale incarico da Vittorio Emanuele III. Egli era a capo di un governo di coalizione, poiché il numero dei deputati fascisti (una trentina) non gli avrebbe consentito un monocolore “nero”. Ne facevano parte cattolici popolari e liberali. 2 Laboratorio di storia contemporanea Istituto per la storia della Resistenza e dell’età contemporanea della provincia di Vicenza «Ettore Gallo» - Istrevi No. FT/2011/1 Non tutti i cattolici tuttavia erano d’accordo con questa scelta. Se le alte gerarchie vaticane e lo stesso Papa potevano vedere in Mussolini colui che avrebbe fatto argine al dilagare del socialismo “ateo”,1 i cattolici di base, parroci e fedeli, ne coglievano il carattere violento, l’arrogante difesa dei privilegi, l’odio nei confronti di chiunque si mettesse dalla parte dei deboli, fossero associazioni di carattere socialista o cattolico. Va detto anche che, a partire dalla Rerum Novarum di Leone XIII (1891), la questione sociale era stata affrontata dalla Chiesa con novità di accenti, dando origine ad una assai interessante dottrina sociale, cui i cattolici più sensibili non volevano rinunciare. Ma non è questa la sede per discutere in modo approfondito questo aspetto. Ci limitiamo a citare uno studio di storia locale riguardante il Movimento cattolico padovano.2 Vi si descrive una realtà assai prossima ai fatti che andremo a narrare. Scrive Vittorio Marangon3: Sul fascismo montante l’Azione Cattolica aveva assunto una posizione chiara fin dall’inizio. Già in data 21 novembre 1920 «Noi giovani»4 aveva dato un giudizio pesantemente negativo sui fascisti, di cui si diceva che erano bestie umane che trionfavano […] Si pensò anche all’istituzione di “avanguardie cattoliche” per l’autodifesa, ma la proposta venne respinta.5 Il settimanale diocesano «La Difesa» (19 febbraio 1922), racconta gli ultimi avvenimenti della Bassa e denuncia con forza: «Centinaia e centinaia di lavoratori furono bastonati a sangue! I feriti da arma da fuoco furono oltre trenta. Gli incendi di case e di masserie di lavoratori furono innumerevoli.»6 Marangon continua raccontando come neppure i preti furono risparmiati, costretti a bere l’olio di ricino7. Il risultato di tanta violenza, e delle pressioni della gerarchia cattolica, fu che l’Azione Cattolica dal ’22 adottò la linea del silenzio, evitando i temi socio-politici e ripiegando sempre più sulle questioni religiose, pur persistendo in alcuni ambiti l’ostilità al fascismo. Scrive sempre Marangon: Mentre la piccola borghesia e il ceto medio abbandonano il Partito Popolare, non lo abbandona quel mondo contadino che, con i suoi preti in testa, rifiutava la violenza fascista, dissentiva profondamente in materia 1 Pio XI il 14 Febbraio del 1929, dopo la firma dei Patti Lateranensi, in un discorso pubblico di ringraziamento, riferendosi a Mussolini disse: “E forse ci voleva anche un uomo che la Provvidenza ci ha fatto incontrare…” 2 Va ricordato che Enego, il paese in cui si svolsero i fatti di seguito narrati, appartiene per l’appunto alla Diocesi di Padova. 3 V. Marangon, Il movimento cattolico padovano, Centro Studi Ettore Luccini, parte prima, Padova 1997, p. 83. 4 Si tratta di un giornale, espressione dell’Azione Cattolica, che usciva in quegli anni, cit. a pag. 83. 5 Ibidem, p. 84. 6 Ivi. 7 Toccò – tra gli altri - al parroco di Codevigo don Luigi Corradin, così come all’arciprete di Bovolenta don Giuseppe Sgarbossa (p. 85). 3 Laboratorio di storia contemporanea Istituto per la storia della Resistenza e dell’età contemporanea della provincia di Vicenza «Ettore Gallo» - Istrevi No. FT/2011/1 politico-sociale e sentiva il fascismo come estraneo perché prescindeva dalla religione e dalle parrocchie.8 Sappiamo ciò che accadde dopo le elezioni politiche del ’24, quando il partito fascista, favorito dalla legge Acerbo predisposta all’uopo, ottenne la maggioranza in parlamento. La denuncia dei brogli costò la vita all’onorevole Giacomo Matteotti, la cui morte provocò l’ultima, breve fiammata di ribellione tra i democratici. Dopodiché la dittatura fu accompagnata da una seconda ondata di violenze, che insieme all’emanazione delle leggi “fascistissime”, piegò per vent’anni la resistenza al nuovo regime. La struttura della monarchia costituzionale, disegnata originariamente dallo statuto albertino, formalmente rimase inalterata ma di fatto, come aveva denunciato Giacomo Matteotti nel suo ultimo discorso in Parlamento, si instaurò il primo regime totalitario in Europa. * Fu proprio nel ’25, precisamente il 21 giugno, che avvenne il fatto che ci accingiamo a narrare. L’episodio mi era stato raccontato in varie forme da paesani, devo dire per lo più con accenti di palese anticlericalismo, come testimonianza dell’indipendenza degli eneghesi nei confronti del potere dei preti. Finché un amico, Tullio Meneghini,9 a suo tempo giovanissimo partigiano, non mi parlò di un nodoso bastone “di vigna” - così lo definì - da lui conservato religiosamente, dopo che gli era stato donato dallo zio Gino Meneghini, accompagnato dal racconto dello scontro tra fascisti e parrocchiani fedeli al loro arciprete, monsignor Bartolomeo Codemo. Questa versione favorevole, per così dire, all’arciprete, mi fu in seguito confermata da un’anziana signora pure residente a Enego, Antonia Rossi.10 Gino Meneghini, racconta il nipote Tullio, venne bastonato gravemente dai fascisti eneghesi per essersi levato in difesa di don Codemo. Questi, durante la celebrazione della messa domenicale nel bel duomo di S. Giustina che domina il paese, venne rabbiosamente interrotto ed insultato per le critiche rivolte, nel corso delle prediche, alle violenze di cui i fascisti si erano resi responsabili in tutto il paese nei mesi successivi al discorso che Mussolini tenne alla Camera il 3 gennaio del ’25, che diede il via alla seconda ondata di aggressioni contro gli antifascisti dopo quella del ’22, come si è già detto. I fedeli chiesero fosse concesso al prete di terminare la messa. Ma all’uscita nacquero tafferugli tra fedeli e fascisti, con motivazioni, quanto ai primi, più di tipo etico-religioso che politico. In paese non esistevano certo gruppi di consapevoli antifascisti. Il partito dominante fino alle elezioni del ’24 era stato il Partito 8 Ibidem, p. 86. 9 La conversazione è stata registrata a Enego, a casa dello stesso, sita in via Roma, il 30 agosto 2009. 10 La signora abita ad Enego in via Groba. 4 Laboratorio di storia contemporanea Istituto per la storia della Resistenza e dell’età contemporanea della provincia di Vicenza «Ettore Gallo» - Istrevi No. FT/2011/1 Popolare, e molti di quei maggiorenti che ora si proclamavano fascisti, erano stati iscritti al partito cattolico. Il grosso dei paesani, per lo più assai poveri, viveva tuttavia al di fuori di queste logiche di potere, e da buoni cristiani si erano semplicemente levati in difesa del loro pastore. Gino Meneghini venne pesantemente picchiato. Fece alcuni mesi di ospedale e come conseguenza di quanto accaduto si ammalò poi di tubercolosi. Tuttavia nel corso dei tafferugli riuscì a sottrarre ai picchiatori il nodoso bastone che in questo caso aveva assunto piena valenza di “manganello”, simbolo quest’ultimo, insieme all’olio di ricino, dello “stile” tipico delle squadre fasciste. Lo conservò gelosamente fino alla morte, a testimonianza di un fosco periodo storico. Il nipote a sua volta lo tenne gelosamente con sé, donandolo infine all’Istituto vicentino per la storia della Resistenza. Fin qui i racconti ascoltati in paese, che hanno trovato conferma negli archivi della parrocchia. È curioso tuttavia come nel libro parrocchiale che raccoglie le cronache dei principali avvenimenti, si fa menzione dei fatti in esame solo con molto ritardo, e non per mano del diretto interessato, don Codemo.