Cosmè Tura E Francesco Del Cossa Borso D'este
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COSMÈ TURA E FRANCESCO DEL COSSA L’ARTE A FERRARA NELL’ETA’ DI BORSO D’ESTE FERRARA AL TEMPO Le parole di Ludovico Ariosto, scritte circa quarant’anni dopo la morte di Borso d’Este, restituiscono bene ciò che DI BORSO D’ESTE i sudditi e le fonti locali pensavano del primo duca di Ferrara e degli anni del suo governo. A leggere la letteratura «Di questo signor splendido del tempo, infatti, si ricava l’idea di una sorta di età dell’oro per la città, nella quale Borso svolse il ruolo di arbitro ogni intento sarà che il della pace e della prosperità. popul suo viva contento» Tra l’immagine colta e signorile di Leonello d’Este (1441-1450), appassionato interprete della cultura umanistica e (L. Ariosto, Orlando Furioso, il pragmatismo interessato di Ercole I (1471-1505), che diede alla città il suo volto moderno, la figura di Borso d’Este III, 45) (1450-1471) appare sostanzialmente come quella di un politico accorto, vero restauratore della dinastia malgrado le accuse di doppiezza e di spregiudicatezza che gli sono state rivolte. È innegabile, infatti, che sotto il suo governo la città visse un lungo periodo di prosperità economica, in cui le guerre – che avevano caratterizzato gli anni precedenti e che segneranno quelli futuri – furono quasi assenti. L’amministrazione della città e della cultura da parte di Borso fu tutta improntata all’esaltazione di se stesso come principe buono e giusto. Se ciò aveva un fine politico sin troppo evidente è altrettanto vero che di tale politica fu la città stessa a beneficiare. Gli storici sono discordi nel descrivere la sua figura di mecenate, essendo Borso più uomo d’azione che di lettere ed essendo ogni impresa artistica da lui promossa legata alla sua immagine, come accade nella celeberrima Bib- bia di Borso, ora alla Biblioteca Estense di Modena, o nella nota statua in bronzo situata sul Volto del Cavallo e an- data distrutta alla fine del Settecento. Per quanto riguarda la letteratura, si può affermare che essa non visse un periodo di particolare fortuna, come in- vece accadde alla corte di Leonello. Borso infatti non amava la letteratura latina. Prediligeva, al contrario, quella fran- cese di stampo cavalleresco: i suoi ambasciatori presso le corti europee e italiane erano impegnati costantemente nel reperimento di copie della Chanson de Roland o della Entrée d'Espagne, poemi epici scritti tra il XI e il XIV se- colo, da cui derivavano i soggetti iconografici degli arazzi che Borso acquistò costantemente nelle Fiandre. Ferrara Fra i letterati di corte si ricordano le figure di Ludovico Carbone e di Tito Vespasiano Strozzi. Entrambi non ebbero Palazzo dei Diamanti certo il carisma di Guarino da Verona, ma la loro attività, seppur improntata quasi esclusivamente all’esaltazione Palazzo Schifanoia del principe, appare oggi più rilevante di quanto si ritenesse un tempo. 23 settembre 2007 Il ruolo che fu della letteratura nella corte di Leonello fu, di fatto, occupato dall’astrologia in quella di Borso. Egli 6 gennaio 2008 non compiva alcun atto se non aveva il conforto delle stelle e dei suoi astrologi di corte, primi fra tutti Michele Sa- vonarola e Pellegrino Prisciani. Quest’ultimo ebbe un ruolo di primo piano in quanto fu non solo il bibliotecario di SOTTO L’ALTO PATRONATO corte ma anche l’ideatore del ciclo di Schifanoia. A Borso si deve anche il sostanziale rinvigorimento dell’Univer- DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA ITALIANA sità che, negli anni del suo governo, fu finanziata dalla Camera Ducale. GIORGIO NAPOLITANO Ma il nome di Borso è legato in particolare al mutamento del territorio. Egli intraprese infatti la bonifica delle pa- ludi presenti nel contado estense, soprattutto nell’area del Polesine, al fine di rendere fertile un territorio di fatto COMUNE DI FERRARA ostile e poco salutare. Non è un caso che tra le sue insegne il duca amasse mostrare l’immagine dell’unicorno che PROVINCIA DI FERRARA purifica l’acqua intingendovi il corno o l’insegna del paraduro, una staccionata di legno che fu impiegata nelle bo- FONDAZIONE CASSA DI nifiche per modificare gli argini del Po e delle sue arterie secondarie. RISPARMIO DI FERRARA Anche il volto della città mutò negli anni del suo governo. Fu lui a volere nel 1451 l’ampliamento verso sud di Fer- CASSA DI rara, allargando la cinta muraria e l’inglobamento dell’isola di Sant’Antonio in Polesine, creando uno dei luoghi che RISPARMIO DI FERRARA ancora oggi conserva intatto tutto il suo fascino di città quattrocentesca, dalle strette vie ciottolate e dai bassi e re- una mostra di golari edifici in mattone rosso. Questa importante impresa urbanistica prende il nome di “seconda addizione” o “ad- FERRARA ARTE dizione borsiana”, per distinguerla dalla prima, voluta da Nicolò III, e dalla terza, la più nota, quella promossa da in collaborazione con Ercole I. PINACOTECA L’architettura, nei vent’anni della signoria di Borso, vive così un periodo di grande fortuna. Tra il 1455 ed il 1461, NAZIONALE DI FERRARA il duca segue personalmente la costruzione della Certosa, situata a nord-ovest appena fuori dai confini cittadini, MUSEI CIVICI D’ARTE ANTICA luogo poi mutato da Ercole I d’Este con l’integrazione della grande area all’interno delle mura. DI FERRARA Negli anni Sessanta, poi, fa restaurare e ampliare diversi palazzi in città, si pensi a Palazzo Paradiso, ora sede della GALLERIE D’ARTE MODERNA E CONTEMPORANEA DI FERRARA Biblioteca Ariostea, e – soprattutto – alle ville di campagna, le famose delizie di Belfiore, di Belriguardo e di Schi- fanoia, per citare le più note. Era in questi ambienti che il fasto, lo stile di vita, il culto della personalità di Borso emer- geva in tutta la sua opulenza e complessità. Le vicende della storia hanno devastato gran parte di questi luoghi e bisogna volgere la propria attenzione alle decorazioni del Salone dei Mesi di Palazzo Schifanoia per ritrovare l’im- magine che Borso voleva dare di sé: quella del principe magnanimo che, sorridente, amministra il territorio sotto la protezione degli astri..