LA BARCUNATA Periodico di Storia, Antropologia e Tradizioni ANNO XXVI SAN NICOLA DA CRISSA (VV) NUMERO 3 Fondato nel 1995 da Bruno Congiustì

“Questo è veramente il balcone delle Calabrie” (Ferdinando II)

Meglio Bianco che Rosso

1995-2020 LA BARCUNATA

San Nicola storia di una festa poco considerata di Nicola Pirone

Celebrare il Santo patrono dovrebbe essere spostata nel vero senso della parola, da Erode a Pilato, la principale soddisfazione per una comunità. usando un termine religioso. Ci sono centri vicini, che Al di là della giornata festiva con lo stop al San Nicola lo celebrano tre volte l’anno: a maggio, la lavoro, il Santo, poiché custode della città prima domenica di agosto e il canonico 6 dicembre, come dovrebbe essere il centro su cui ruotano le nel caso di Spadola. Sulla festa di San Nicola e sul culto manifestazioni dell’anno e invece non è così. Nei paesi del Santo nel meridione, la nostra testata nell’edizione di con l’avvento delle congreghe e la forte devozione verso Natale 2008 ha pubblicato un articolo di tre pagine dal altri Santi, spesso è relegato in seconda fascia o addirittura titolo “Santo Nicola de Junca” di Nicola Gerardo Marchese, le celebrazioni sono spostate per comodità di qualcuno lo storico che maggiormente si è occupato con le sue da un mese all’altro. Una di queste è San Nicola, che nel ricerche della vita e la devozione religiosa in paese e nel nostro paese oltre che Patrono è Mezzogiorno. Nicola Gerardo anche Protettore. Un santo che Marchese nella pubblicazione anziché valorizzato come si deve, “Piccola Patria”, racconta la de- ricordando che è il Taumaturgo vozione della figlia Janvilla al venerato anche in altre religioni, Santo e ne traccia l’arrivo della per comodità non ha una data tradizione popolare nel centro fissa per la festa. Il calendario della Valle dell’Angitola. Il Mar- religioso indica come data della chese, nel suo paragrafo cita Gian festa di San Nicola il 6 dicembre, Giacomo Martini come uno dei ma nel nostro paese è stato così primi studiosi del culto di San durante gli anni? Sicuramente Nicola all’interno del paese, par- no, almeno analizzando le pro- lando della famiglia De Arena, cessioni, poiché di solito una signori di Satriano e quindi pro- Santa Messa con l’esposizione prietari terrieri del territorio, della statua ci è sempre stata, avrebbe riportato la devozione almeno fino allo scorso anno. che è precedente alla nascita delle Bene, qualcuno può pensare al confraternite. Considerando freddo e alla pioggia che di solito l’aspetto religioso delle famiglie possono prendersi il posto da signorili e in particolare la devo- protagonisti e quindi fare can- zione al Santo, si evince come la cellare le celebrazioni all’aperto, logica prenda il sopravvento so- ma c’è di più. Dopo una breve prattutto per quanto riguarda la parentesi in cui la festa di San tradizione popolare. Non è un Nicola si è tenuta proprio il 6 di- caso se il 4 agosto del 1669, la Litografia San Nicola fine Settecento cembre dal 2009 al 2016, nel nascente confraternita del San- 2017 passa al 14 di maggio in prossimità della ricorrenza tissimo Crocifisso, nomini San Nicola tra i suoi protettori della traslazione delle ossa da Myra a Bari, che con la tra- insieme a Sant’Anna e dopo la Beata Vergine Maria, dizione locale non ha nulla a che vedere. Questione di quindi il culto era già presente anche perché tracce della clima? Bene anche a maggio come lo è stato a settembre, chiesa dedicata al Santo, sempre secondo Nicola Gerardo la pioggia potrebbe interferire, ma a questo punto perché Marchese con ogni probabilità risalirebbe al 1315, ben tre spostarla da settembre o addirittura non passarla alla do- secoli prima della morte dell’abate Martini (1630). Chiesa menica prima di Ferragosto per fare parte- che non è stata ancora trovata, anche perché gli scavi cipare anche gli emigrati che arrivano da ultimi non sono stati eseguiti nel luogo corretto. Torniamo fuori? Doman- de che spesso sono sta- alla celebrazione del santo. La litografia, la prima seconda te sottoposte ai parroci che si sono immagine dopo l’altorilievo oggi collocato sulla porta la- avvicendati in paese, con varie ri- terale della chiesa parrocchiale, di fine 700, indica come sposte che alla fine hanno la festa si svolgesse la quarta domenica di settembre, per dato delle giustificazioni. poi lasciare spazio dopo il decreto di Re Gioacchino Murat Una che interferisce con la del 13 settembre 1814 alle celebrazioni in onore del San- Quindicina di Mater Domini, tissimo Crocifisso fino al 1972 quando a causa dello spo- l’altra per via delle troppe stamento della festa del Crocifisso alla prima domenica processioni concentrate in un di settembre, ritornò nella tradizionale data. mese, ma sta di fatto, che la festa di San Nicola è ...continua a pag 3

2 LA BARCUNATA

L’impegno de La Barcunata verso il sociale e i nuovi collaboratori di Redazione

La rivista “La Barcunata” 1995 amplia la redazione con la tempo socializzare tra di loro. Un esempio, sono le escur- nomina del professor Pino Cinquegrana a vice direttore sioni che prima del lockdown hanno consentito ai giovani della testata e l’ingresso della giornalista cubana Milena di scoprire l’area Angitolana. Una rivoluzione, quella de Garcia, già collaboratrice. Le novità, targate “La Barcunata” “La Barcunata” partita nel 2018 con l’arrivo del direttore si sono rese necessarie per dare maggiore lustro al giornale del giornalista Nicola Pirone. Il nostro giornale cresce e che da 25 anni consecutivi si occupa di storia, antropologia, soprattutto si inserisce ancora di più nel contesto sociale. cultura e tradizioni popolari e che dallo scorso agosto ha Le ultime nomine, i nuovi innesti e le pubblicazioni ci aggiunto un nuovo strumento, “I Diari” pubblicato online fanno capire ancora di più quanto non ci possa essere ogni fine mese. La nomina di Pino Cinquegrana, premia una frattura tra giovani e adulti, ma insieme possono l’impegno dell’antropologo di Maierato con la promozione creare tanto. Sarebbe bello che anche le istituzioni guar- dell’Angitolano grazie alla sua professionalità, oltre che dassero questa realtà con un occhio differente, poiché per l’assidua collaborazione nei 25 anni della rivista, ar- nasce e si diffonde in un piccolo paese dell’entroterra. Ad ricchita di contenuti apprezzati in tutto il mondo e la ca- aiutare la diffusione della rivista è stata l’apertura del pacità di redigere articoli e sito internet curato da Davide tradurli in lingua straniera, Facciolo, mentre delle pagine in particolare la lingua ci- Facebook si occupa Lorenzo nese. Cinquegrana oltre che Cosentino, con altri giovani essere un apprezzato inse- a supporto per arricchire “La gnate è anche un giornalista, Barcunata” di contenuti. Tra con pubblicazioni in varie i nuovi collaboratori che han- riviste, oltre che collabora- no partecipato ai primi quat- zioni con varie testate gior- tro numeri dei Diari ricor- nalistiche. L’ingresso in re- diamo: Vittorio Teti, Nicola dazione della giornalista Mi- Martino “Lu Puffu”, Angelo lena Garcia, apre dei nuovi Rocco Galati, Domenico Fic- scenari verso l’estero, un chì, Rocco Logozzo, Maria obiettivo che “La Barcunata” Massimo, Rosa e Caterina si è sempre imposta. La Gar- Boragina, Salvatore Cosen- cia arriva dalla CNCTV di tino, Silvana Franco, Michele Granma e affiancherà all’in- Larocca, Pino Furlano, Mario Giovani collaboratori de La Barcunata a Rocca Angitola terno della rivista, Michele Rizzo, Francesco Ficchì, Mar- Roccisano e Domenico Tallarico. Il giornale ancora una tina Greco, Domenica Carnovale, Katya Carnovale, Angelica volta ha evidenziato come anche nei piccoli paesi si possa Pia Carnovale, Saverio Ruscio, Vito Rondinelli, Maria crescere, diventando un punto di riferimento sociale. Grazia Teti, Foca Fiumara, Salvatore Derenzo, Miguel Tutto questo coinvolgendo i giovani del territorio e non Cambrera, Ernesto Marziota, Lavinia Prestigiacomo e la soltanto di San Nicola, che si avvicinano alla rivista per partecipazione del nostro “Vice Parroco” Ciccio Martino. conoscere le proprie origini, le tradizioni e allo stesso Per continuare a crescere insieme.

...continua da pag 2 Tra il 1814 e il 1972, i festeggiamenti l’altra sempre all’interno della sede del sodalizio. del Santo Patrono si sono svolti la prima domenica di Tradizione popolare che invece si è mantenuta a Toronto, ottobre, data giudicata al tempo “opportuna” per via del dove nel 1968 è arrivata la statua che, oggi, la comunità raccolto. Festa di San Nicola che non è stata organizzata celebra la terza domenica di luglio e delle quali s’incarica sempre dalla parrocchia, che deteneva il culto religioso, dell’organizzazione il Club Sannicolese. Una seconda ini- ma era affidata a famiglie del luogo ed ecco spiegata la ziativa è invece dedicata in prossimità del 6 dicembre con partecipazione, ultima dei Signorello. Tra gli ultimi cultori la Cena di gala, saltata quest’anno per l’emergenza Coro- di San Nicola che abbiamo l’obbligo di ricordare è il navirus. Ricordiamo, che Nicola è il nome più ricorrente Generale Mario Pileggi, che oltre a dedicare un opuscolo in paese e che nei 9 centri che compongono la Valle del- ha regalato nel 2016 alla comunità la reliquia contenente l’Angitola è Patrono di 4: San Nicola da Crissa, Capi- la Manna, fino a qualche anno fa esposta nel Santuario di strano, Monterosso Calabro e Maierato, oltre che della Mater Domini. Però, in paese esistono altre reliquie del Diocesi di Mileto, è, anche, titolare di 27 parrocchie al- Santo di Myra, una esposta nel museo del Crocifisso e l’interno della stessa.

3 LA BARCUNATA

La devozione a San Nicola nel centro di Capistrano di Antonio Pasceri

La devozione verso San Nicola nel centro dell’edificio parrocchiale, ricostruito in stile tardo barocco, della Valle dell’Angitola non si arresta nem- dopo la distruzione subita dal terremoto del 28 marzo meno in tempo di Coronavirus ma subisce 1783, anche perché nella nicchia dell’altare maggiore fin un ridimensionamento. Il patrono della città dal 1759 è intronizzata la statua lignea policroma della e titolare della parrocchia, pur essendo fe- Madonna della Montagna. Le funzioni religiose in onore steggiato con novena e celebrazione di Messe, fra cui di San Nicola di Bari sono state sempre particolarmente quella solenne del pomeriggio del 6 dicembre, non potrà affollate dai fedeli sia durante la novena che per assistere essere partecipata da tutti i fedeli, atteso che la chiesa alla celebrazione delle Sante Messe con particolare riferi- può accogliere solo un limitato numero di persone a mento a quella solenne del 6 dicembre che Padre Antonio causa dell’obbligo di mantenere il distanziamento imposto Calafati, parroco di Capistrano dal 1988, celebra, con la dalle norme anti-covid. La grande devozione verso San partecipazione del coro parrocchiale. Il parroco ricorda Nicola di Bari, in Capi- sempre, nell’omelia, la strano, affonda le sue vita e alcuni dei miracoli radici in tempi antichi, del Santo Taumaturgo, tanto che la parrocchia e la stessa statua mostra fu intitolata al Santo in alcuni simboli dei più occasione della sua fon- importanti miracoli. La dazione, avvenuta l’8 statua come simboli ca- marzo 1551. Ancor pri- ratteristici, oltre il vestito ma, quindi, della costru- da vescovo con mitra e zione della chiesa ma- pastorale, rappresenta trice la cui data rimane la stiva con tre bambini incerta, anche se la sua per ricordare che San esistenza è antecedente Nicola risuscitò tre bam- alla visita pastorale del bini che un malvagio 14 ottobre 1630. In pas- macellaio aveva ucciso sato e, comunque, dopo e deposto nella salamoia il 1832, anno in cui la per vedere la carne e tre chiesa parrocchiale fu mele d’oro a simboleg- arricchita della statua li- Momento religioso in onore di San Nicola a Capistrano giare le altrettante borse gnea policroma di San di monete che di nasco- Nicola di Bari, opera del maestro Nicola Corradi di Dasà, sto San Nicola fece giungere ad un padre che, caduto in la festa del Patrono, fino agli inizi degli anni Sessanta del sfortuna, non avendo il danaro per sposare le tre sue secolo scorso, terminava con la processione della sacra figlie voleva avviarle ad una vita dissoluta. Per questi mi- effige per le vie del paese rallegrata sia dai canti dei fedeli racoli è detto anche il Santo protettore delle vergini e dei che dai suoni di pifferi, zampogne, tamburi e, spesso, bambini, per cui il parroco Calafati al termine della cele- anche da fuochi artificiali. Dagli inizi degli anni Sessanta brazione della messa, dopo avere impartito la solenne le statue del patrono, di tutte le altre esistenti nella par- benedizione, si fa raggiungere, ai piedi dell’altare maggiore, rocchia, ad eccezione della Madonna della Montagna, di dalle fanciulle e da tutti i bambini, molti dei quali, per la San Rocco, San Filippo, Sant’Elena, l’Addolorata e Gesù tenera età, in braccio ad uno dei genitori. A Capistrano, Morto non sono più portate in processione per le vie del Nicola è un dei nomi più frequenti. La tradizione vuole paese e le feste sono limitate ai riti religiosi. La statua del che in paese dopo la festa di San Nicola, nelle famiglie Santo Patrono fu subito situata nella prima delle tre s’iniziano a preparare i presepi e si addobba l’albero di nicchie, poste verso l’altare maggiore della navata sinistra Natale.

Mi chiamo Alessandro Galloro il mio compleanno con i miei amici. Quest’anno sta per e faccio la seconda elementare finire e arriva Natale: spero che Babbo Natale può viag- giare anche se c’è il corona virus. Nel nuovo anno, il 2021, Quest’anno è stato un po’ strano: il corona virus è arrivato vorrei che tutto tornasse com’era: prima di tutto che il e ci ha chiusi in casa. Non siamo andati a scuola e non ho corona virus se ne va per sempre, che possiamo tornare a potuto vedere i miei compagni, ci vediamo solo nelle video scuola, giocare insieme, vedere le maestre e i compagni, lezioni. A Pasqua non sono potuto andare a Reggio dai festeggiare i compleanni, riabbracciare i nonni e andare a miei nonni ed ero tanto triste. Non ho potuto festeggiare Reggio quando voglio.

4 LA BARCUNATA ‘A porgìa e Santu Nicola di Cicciu Maju Puru Mama a facia… Dopu tanti manijiati ca ‘cucchiara Quandu cominciava a novina Cominciava mu si forma na cremina E chirjiu Santu Viscuvu de Mira Era do ranu u hjiuri da farina. Mienzu cuoppulu de ranu Prima pemmu u caccia e supa o luci A muorjiu irjia mentia Facia natru assaggiu ca cucchiara Na manata de’ ‘ndianu puru hjiungia Volia ancora verificara E na viriozza tandu scurciulata Si de’ sala era bona o era duci. Na cummara vicina apposta ‘nci l’avia dunata. All’urtimu ‘ntro centru da tigherjia Pe’ tutta la durata da novina Nu bellu signu e cruci nci facia L’acqua cangiava ogni matina E supa o tavulu a mentia. Hjia ma pigghjia frisca o Cenzulieri Dopu convocava la famigghjia e dicia Ca cofinerjia chjina e vozzarieri “A porgia pe’ stasira non si tocca” ‘nchjianava da ‘mpetrata do Monastieri Stanotta passa Santu Nicola u fa la prova Portandusi ‘ntra la mienti li pensieri. Ava u cunferma puru e Sant’Andria la nova Arriva u jiuornu mu si cocia u ranu A matina priestu ‘ncuriusiti Era a vijila e chirjiu Santu amatu Erumu ‘ntuornu o tavulu quieti quieti ‘ntra na tighierjia e Crita bella randa Mama scoperchiava la tigherjia U frumentu mentia bellu annettatu ‘ncera na bella fossa de nu’ latu Avanti a vuccatura de lu furnu Avia passatu e vieru u Santu amatu Nu tripuodu raffermatu sistemava O nu surici notturnu avia mangiatu? E de ‘supa cu ‘tanta fede la posava. Mo dicimu nu Gloria Patri a lu Messia Subitu u luci appiccicava E mangiamuni a devozioni la porgia. Cu tri corvini stuorti de bruvera Venia pua spartuta a tuttu u vicinatu A hjiancu mentia puru na pignata E chirjia chi restava Pemmu caddijia l’acqua de’ jiungira Finu a ‘Mmaculata si mangiava. u fuocu mantenia vasciu vasciu Chi devozioni! Mo’ i tiempi su cangiati Pemmu si cocia u ranu chjianu chjianu. Quanta gramigna ‘ncesta pe’ li strati Quandu l’acqua misa era siccata Simu caduti ‘nterra cu lu mussu Atra cadda ‘nda hjiungia da pignata Non si gugghjia ‘nchjiuna ranu a Munturussu Dopu nu paru d’uri e pippijiara Anzi no ancora u gugghia Cicciu Maiu. ‘U ‘Zzampognaru di Pippo Prestia Oh! ‘Zzampognaru chi sonandu vai , Sonasti …mentri tutti ‘ndinocchjiuni duvi la trovi tutta ‘st’ armunia? ‘ncamat’ avant’ ‘a Santa Trinità, ….E’ veru…si cuntentu e.. lu sai, pistavanu lu pett’ a devozzioni, ‘ca trastullast’ ‘o figghjiu di Maria! ‘ca vittaru lu ‘Ddio d’ ‘a …VERITA’!!

Lu sonu toi mi ‘mbarzama la vita E, mentri ‘nt’ ‘a li notti di Notali Tu tindi vai sonandu pè la strata, dormendu ‘ndi ‘nzonnamu li trunfali!

‘Nt’ ‘a chija notti chi la manna catti, anzem’ ‘a li figghjiol’ e li pastura…. chi jenu ‘mu ‘nci portanu lu lattì ‘o ‘mbombinuzzu ‘nt’ ‘a la mangiatura,

anzem’ ‘a Cicciareju..’c’ ‘a pipita, ‘nci nest’ ‘u “LA” ‘a tutti l’angialeja! ‘Ntonasti ‘na sonata, sapurita, chi ‘nzuccaràu lu cor’ ‘e la maduja! Opera di Nicola Gerardo Marchese 5 LA BARCUNATA La sanità a San Nicola e i suoi eroi di Bruno Congiustì II Parte Nel numero di La Barcunata pubblicato a 1931 viene nominato medico condotto comunale il dott. luglio 2020, iniziammo a ricostruire una Gaspare Galati di Antonio nato 18 settembre 1893, laure- sintesi del complesso mondo della sanità atosi a Napoli il 13 settembre 1921, che prestò servizio dal nel nostro paese nei due ultimi secoli. Il no- 16/07/1931 al 31/12/1959. Sulla brillante figura di Don stro lavoro si era fermato agli inizi degli Gaspare, allievo di Giuseppe Moscati, si è soffermato in anni ‘900 quando il lungo servizio (dal 1861 modo lucido l’amico dottor Ciccio Merincola, farmacista al 1901) come medico condotto del dottor Pasquale Man- in pensione, su La Barcunata pubblicata a dicembre 2018. nacio dovette cessare per quiescenza. A dicembre 1901, Ci avviamo quindi, nel nuovo secolo del 1900, all’insegna poi, il Consiglio comunale deliberò sulla nomina del di continue malattie contagiose con notevole numero di nuovo medico chirurgo condotto per la cura gratuita alla morti, tanto è vero che tre zone del cimitero si esaurirono generalità degli abitanti e la scelta fu orientata verso il in breve tempo e nel 1902 si ordinò il dissotterramento dottor Tommaso Tromby fu Pietro che da circa quindici della prima zona dove i cadaveri erano stati tumulati da anni era medico chirurgo condotto nei Comuni di Simbario, oltre quindici anni. Il becchino dell’epoca, tale Francesco Spadola e Brognaturo. Il 23 agosto Zoccali, ha avuto non poco da fare e 1902 registriamo la presa in servizio, particolarmente durante la scarlattina, come medico condotto, dello stesso ha ricevuto un sussidio straordinario. Tromby che negli anni successivi ve- Erano anni in cui non mancarono i niva chiamato affettuosamente: “lu casi di tifo e di differite, particolar- medico vecchio” anche per distinguerlo mente per tutto il 1904, alla luce di dai giovani medici arrivati in paese una situazione igienica alquanto dram- ad inizio anni ’30. La brillante figura matica (strade di fango, fontane pub- del dott. Tromby presterà servizio bliche scarse e mal tenute, fognature fino al 3 luglio 1930 quando si dimette inesistenti e animali domestici vaganti per raggiunti limiti di età (70 anni) e per le vie). Nel 1910 vi sono stati nello stesso anno, il figlio di don Tom- alcuni casi di vaiolo e nel 1913 fino maso viene nominato Ufficiale Sani- all’inizio del 1914, dobbiamo registrare tario con lo stipendio di 843,35 men- una pesante epidemia della scarlattina sili. Il giovane dottor Vincenzino nato che portò diversi morti. E si badi bene il 6 maggio 1899 si era laureato a Na- che questa ultima epidemia la ritro- poli l’8 agosto 1923 e nel 1931 lo tro- viamo dilagante anche negli anni ’30, viamo Ufficiale Sanitario del Consorzio allorquando siamo costretti a registrare San Nicola-Capistrano-Vallelonga no- ben trentuno casi di morti per scar- minato con delibera 15 ottobre 1930. lattina nel solo anno 1931 e non erano Si stia attenti a non credere ad una di Dottor Vincenzo Tromby casi isolati. Le famiglie al cui interno quelle operazioni ricorrenti, conosciuta si manifestavano cosi di scarlattina o come nepotismo. Possiamo davvero dire, senza ombra di altra contagiosità, si vedevano piantonare le loro case smentita, che quelle erano famiglie che non avevano dalle guardie della Milizia Volontaria Fascista (MVSN). bisogno di ricorrere a ciò che non fosse meritocrazia, Da questo triste fenomeno, la gente ne trasse una accanita professionalità, deontologia, onestà. Ricordiamo a noi bestemmia molto diffusa nell’ambiente: “Chimmu ti stessi che Don Vincenzino dovette presto intraprendere pigghia la freve de Milanu”. L’amministrazione comunale un aspro contenzioso legale avverso la nomina del dott. stessa si trovò nel panico quando alla fine della prima Mancuso a Ufficiale Sanitario. Infatti la prima Sezione guerra mondiale dovette affrontare i postumi del disastro del Consiglio di Stato, nell’adunanza del 27 agosto 1930, economico sociale e sanitario oltre alle epidemie, che si annullò il Decreto del Prefetto di Catanzaro datato 6 feb- susseguivano prepotentemente in una società marcata braio 1929 e il dottor Vincenzino Tromby ha potuto così da una sua debolezza strutturale. Basti pensare che il 22 iniziare la sua carriera Alla stessa data sottolineiamo che luglio 1918 l’Amministrazione comunale di San Nicola da hanno diritto all’iscrizione nell’elenco dei poveri, ai fini Crissa deliberò facendo voti affinché il professor Pasquale dell’assistenza medico chirurgica gratuita, tutti coloro Castiglione Morelli riaprisse l’ospedale di Vallelonga. A che dal proprio lavoro e da eventuali redditi patrimoniali, questo punto non possiamo non ricordare quello che fu traggono complessivamente un reddito annuo non superiore definito “il più grande olocausto medico della storia, al alle 1.500 lire annue se trattasi di persona sola e di lire pari della Peste Nera”. Ci riferiamo alla pandemia d’in- 2.500 se trattasi di persona con famiglia. In paese erano fluenza detta La Spagnola della quale si contagiarono previsti 2.500 aventi diritto quando nel 1923 se ne conta- circa un miliardo di persone e di queste si stima che ne vano 763. Nell’anno successivo, con delibera 17 maggio siano morte quasi 40 milioni. ...continua a pag 7 6 LA BARCUNATA Li zippuli de Natali

Zippuli classiche Zippuli de patati INGREDIENTI: Farina 1 kg, lievito menzo INGREDIENTI: farina, acqua, lievito, cubetto, acqua 500/600 gr e sale 24gr patate bollite e sale Procedimento: pigghiu lu crivu e cerno la fa- rina accussì si ‘c’è ncuna marrama la cacciu. Poe sciogghio Procedimento: Faccio bollire le patate li lu levatu cu na guccia d’acqua. Mento la farina o supa la mundu e li scacciu o cu na brocca o lu scaccia patati. Come tavula per l’impasto o ntra na nzalatera bella rande l’al- li zippuli normali sciogghio lu levatu cu nu poco d’acqua largu e mento l’acqua cu lu le- mbiscu la farina cu li patati ag- vatu l’acqua chi restau mpastu giungo l’acqua lu levatu e ma- pe nu poco e aggiungo il sale. niju salu e fazzu nu bello Finu de mpastare e fazzu mu panetto e fazzu mu s’allevita. s’allèvita pe’ due tre ore a se- Quandu è tuttu allevitatu filu cundu de lu levito chi mento. la pasta formo delle ciambel- Ricordo che mio padre line e friggo in abbondante quando si frija cu nu ramo- olio di semi. scello d’olivara facia na specie de furceja pe’ mu gira li zippuli Volendo si ponno inchire de ntra la padella. Quandu la sardi sotto sale eo dicu quelli pasta è levitata su na tavula della buatta ca l’atri no su cuminciu mu li filu dandu la bone (pe nu capisciu l’atri su forma classica de la zippula. quelli de cozzo). Torniamo alla Na vota si frijia supa lu focularu cu la padella de ferro mo ricetta si pigghia nu poco d’impasto s’allarga si mente nu frijimu supa lu gassu. S’usava ogghio de oliva de casa mo morzo de sarda si chiude e si frije. Spero ca è tutto chiaru. la maggir parte s’usa l’ogghio de semi. Tornamu alla ri- cetta mento la padejra supa lu gas cu l’ogghio de semi Mangiati cose bone e bono Natali porto a temperatura e cuminciu mu friju staiu attente Lu Puffu nommu schiatta ncuna si no mi pozzo vrusciare.

...continua da pag 6 Questa pandemia si scatenò alla i lavori di pavimentazione stradale e fognatura, assunti fine della 1° guerra mondiale e l’Italia fu invasa nel mese nel 1917 dalla cooperativa di produzione e lavoro di Ca- di giugno 1918 facendo registrare 600 mila persone scom- tanzaro. Infatti, le strade erano tutte sconvolte con scavi parse nello spazio di quasi un anno. Ritornando sulla re- per le fogne rimaste aperte. Imboccature di fogne ema- altà del nostro paese che nel 1921 contava 3.042 abitanti, nanti esalazioni pericolose, fosse di acqua stagnante ecc. l’Opera Nazionale Combattenti di Monteleone (odierna Tutto ciò ha portato a qualche caso di morbillo e a casi di Vibo Valentia) manda una circolare ai Sindaci per avere morte per tifo. Nel 1923 troviamo appena 36 famiglie con- un elenco nominativo di tutti i malarici e tubercolosi di tribuenti comprese nei ruoli dell’imposta sui Redditi guerra residenti nel Comune. L’Ufficiale Sanitario dottor Agrari, mentre l’elenco delle famiglie che hanno diritto Tommaso Tromby comunicava un elenco di n° 34 conge- alla cura medico gratuita sono 769. Nell’anno successivo dati malarici. A questo elenco vanno aggiunti i non com- il medico condotto ha uno stipendio annuo di lire 7.500, battenti, che altri non erano che quei cittadini, specie quanto il Segretario comunale, l’Ufficiale Sanitario per- donne, che frequentavano quei tanti corsi d’acqua che ri- cepisce lire 4.000 e l’applicato di segreteria lire 4.500, camano il nostro territorio, per lavorare il lino. Ricordiamo mentre alla levatrice ne venivano assegnate lire 3.000. a tal proposito, le donne che si portavano in quei luoghi Finalmente, nel 1933 si svolge il concorso per ostetrica per lavorarvi il lino. Tra i colpiti di Spagnola si diffuse condotta e si presenta una sola candidata: Fracasso An- presto la devozione ai due medici San Cosmo e Damiano tonietta nata a Bologna l’8 ottobre 1911 e là diplomatasi. che nella notte apparirono a Ciccu Martino giacente a Il servizio dell’ostetrica non fu dei più tranquilli se, com’è letto da circa un mese, e gli dissero: “Levati malatu!”. vero, il marito residente a Sulmona, si rivolge a quel Po- Ciccu era tornato dal fronte San Michele molto ammalato destà per lamentarsi che la moglie aveva abbandonato la e dopo qualche giorno riprese la sua normale attività. Il casa lasciandogli quattro figli in tenera età. Dal 31 ottobre caso successo diede vita a un continuo pellegrinaggio 1939 l’ostetrica, comunque, si trasferisce a Rodi Garganico presso la chiesa di San Giuseppe a Monteleone, dove nella (Foggia) perché vincitrice di concorso. Ritorneremo an- zona vi erano esposte le più vicine statue di San Cosmo e cora sull’argomento per terminare un percorso importante Damiano. All’interno dell’abitato risultavano abbandonati per la nostra comunità sede di brillanti medici.

7 LA BARCUNATA

Drapia la terra prescelta per la costruzione della Cittadella di Padre Pio

di Pino Cinquegrana

A poco più di 20 km da Vibo Valentia e a 5 mentre raccoglieva dell’origano. Sul territorio di Drapia, da Tropea, sorge il paese di Drapia. Nel- a testimonianza di tanta storia e profonda fede e cultura l’antichità, questo borgo, fu di pertinenza religiosa ci sono i conventi italo-grechi di Santo Isodoro e della nobile città di Tropea in cui ricadeva san Sergio e Bacco. Tutto il territorio, quindi, esprime tutto il territorio circostante detto Massa una costellazione di luoghi del sacro verso il Crocefisso, i Trapeas (masseria tropeana), di proprietà della Chiesa santi e la Madonna nei diversi attributi: del “Carmelo”, Romana, costituita da grandi concentrazioni di latifondi delle “Grazie”, “della Luce” e così via. In questo piccolo contigui, case coloniche, greggi, chiese e monasteri. La borgo, alle spalle di Tropea, si trova la Grotta di San Liu quotidianità della gente del – in passato luogo di culto luogo non era fatta solo ed della gente del posto, al- esclusivamente di lavoro, l’interno della quali vi sono ma anche nell’attenzione degli affreschi detti Bizan- di curare lo spirito e puri- tini. Nel suo splendore ar- ficare l’anima: all’interno chitettonico e artistico va o all’esterno delle abita- ricordata la che è l’attuale zioni una nicchia a muro chiesa parrocchiale di Dra- veniva esposta l’effigie sa- pia (XVI secolo) a cui la cra: quelli di Caria (frazione gente di Drapia è forte- di Drapia) avevano la Ma- mente devota. Nella fra- donna del Carmelo, quelli zione di Sant’Angelo (ter- di Spilinga San Michele ritorio di Drapia), nel 1955, Arcangelo, quelli di Zungri è stato rinvenuto un en- Primo blocco cittadella Padre Pio la Madonna della Neve, e kolpion, cruciforme in così via». Tutti i calabresi –scrive Padre Elia D’Amato bronzo (VI-VII sec. d.C.) raffigurante un Cristo Crocefisso (1725) - sono dotati di religiosità e pietà verso Dio e i nell’iconografia del vivente vestito di colobion, In questo santi. Una terra che comprende numerosi Arcivescovati e territorio, segnato dalla fede e dal sacro, nel 2006, la Vescovati. Siamo sul Poro, territorio da dove sono passati Figlia Spirituale di Padre Pio, Irene Gaeta (nata a Lanciano santi e briganti. Nelle vicinanze il santuario della Madonna il 17 marzo 1937) – fondatrice dei Discepoli di Padre Pio delle Fonti, San Costantino Calabro, dove nel 1638, è ap- (2003), acquistò un terreno di oltre centottantamila metri parso San Rocco di Montpellier che indicò ad un contadino quadri, l’equivalente di 30 campi di calcio regolamentari, dove costruire una chiesetta in suo onore; lo stesso San dove fare nascere la Cittadella di Padre Pio in Calabria, Francesco di Paola l’erbarolo (protettore della Calabria) ovvero “La Casa socio-sanitaria e pediatrica-oncologica” attraverserà la via Tropea per salire dal Poro e imbarcarsi dove secondo le volontà di Padre Pio verrà gente da ogni da Nicotera per Milazzo. A Caria, luogo a cui è legata dove per curare i bambini con serie problematiche respi- l’apparizione di Gesù a Giuseppe Ostone il 21 luglio 1982, ratorie, cardiache e tumorali.

sulla carrozzella Vincenzo e la nonna per portarla fuori di Redazione da quel vicolo del- Vincenzo figlio di Nicola Boragina (Iamu Stritti) vive a la Cutura, dove Grenoble, sposato con la bella Cindie, papà delle deliziose non penetra mai Chiara (14 anni) e Stella (12 anni). Vincenzo è nato e il sole, e condurla cresciuto in Francia ma si è sempre sentito sannicolese, in giro per il pae- legato alle sue origini e a quella terra che è riuscito a far se, o al cimitero amare anche alle sue figlie, che vi si recano ben volentieri per deporre un a trascorrere le vacanze, e dalla nonna Caterina. L’anziana fiore sulla tomba donna, che viveva da sola, ha sofferto il dramma della dei figli. La storia perdita dei figli Toto e Nicola, ma Vincenzo ha fatto di Vincenzo ci ha l’impossibile per non farla sentire abbandonata nella di- commosso e ab- Vincenzo Boragina con la nonna sperazione, percorrendo migliaia di chilometri durante i biamo voluto far- Caterina Martino fine settimana per stare qualche ora con lei, per portarle la conoscere anche ai nostri lettori, in essa c’è un conforto, per farle sentire la sua vicinanza. La prendeva messaggio per chi non crede più che nel mondo ci sia in braccio da quella sedia su cui era costretta, l’adagiava umanità e amore.

8 LA BARCUNATA

Ricordando i personaggi della mia infanzia- Ntonuzza Iozza di Francesco Merincola

Figlia di Antonio e Caterina Perri è nata il reva in cucina, ma appena arrivava il bel tempo si acco- 26-08-1883 e morta l'8-8-1961. Nel 1907 ha modava su di una grossa pietra, scavata a mo' di trono e sposato Antonio Nicola Cosentino, figlio di sistemata in via definitiva, perché pesantissima, sulla via Vito e Maria Teresa Lavecchia, nato il 25- Fiorentino, in posizione strategica per dominare l'andiri- 08-1874 e morto il 19-07-1963. Questi ap- vieni delle persone. Questa pietra è stata rimossa e buttata parteneva alla famiglia de "Li Ruschi”, ossia "dei Ricchi”, chissà dove in occasione di lavoretti di viabilità effettuati sopranominato “Cerrituni” (ciarlatano) che, partito per qualche anno addietro. Sarebbe stato, a mio parere, un ci- l’America nel 1912, è poi rientrato nel 1918, portandosi melio da conservare. Ritornando alla “nostra”, il diabete una dote di lire 80 mila, notevole somma per quei tempi. che si portava dietro da tempo, l'aveva quasi resa cieca Ma ritorniamo a “cummare Nto- dell'occhio sinistro e lo teneva se- nuzza”: un donnone grosso, vestita parato dal destro certamente non sempre con l'abito tradizionale, di- integro ma ancora funzionale, dal rimpettaia dell'abitazione della no- palmo di una mano sistemato a stra casa materna, dalla quale mo’ di schermo. Me la ricordo risultava separata da un vicolo, mi quando andava alla messa dome- dilungo nella descrizione della nicale presso la chiesa del Rosario, casa, in quanto tutto era costruito di cui era consorella di un accani- per facilitarne i suoi movimenti. mento viscerale. Usava all'andata e Lei occupava il primo piano, dove al ritorno il piede di una sedia che si accedeva salendo su di una scala faceva roteare in un modo che le per lei resa possibile da superare e consentiva di facilitarne il passo. che in ogni caso veniva affrontata Giunta a casa, si cambiava l'abito soltanto a sera per andare a letto e da festa con l'abituale, si sprofon- la mattina per scendere al piano dava sul suo trono e quando ve- terra. Durante la giornata stazio- deva passare qualche donna col nava in una stanza a pianterreno barile in testa che andava a riem- dove c'era un forno a legna, l'oc- pire alla fontana della piazza, le ri- corrente per fare il pane che poi filava “nu vozzarejro” che teneva vendeva, da qui il nomignolo di accanto. Questo gesto si ripeteva “Furnara”, una ruota in legno a varie volte nel corso della giornata Cummare Ntonuzza centro stanza che ospitava un bra- perché il diabete le imponeva l'esi- ciere con carboni sempre accesi, una paletta di ferro per genza di bere molto spesso. Ora succedeva che la scala di rimestarli di tanto in tanto e una bacchetta di legno lunga casa mia, negli ultimi gradini, mi portasse nella zona del giusto per poter operare a volte senza chinarsi. Questa era suo seppur limitato campo visivo: io, che nonostante i la sala da ricevimento, separata dall'esterno da una carat- miei guai adolescenziali ero un tipo allegro, uscendo da teristica porticina in legno con l'oblò, comune per chi abi- casa dopo il pranzo per unirmi agli amici canticchiavo o tava i pianterreni, tenuta ferma da “lu mandalejro”, un fischiavo:la presa d'atto era sempre puntuale “oje cum- piccolo congegno in legno che permetteva di aprire e ri- pare Cicciu canta (o fischia), mangiau bono”. Ogni tanto chiudere. I legami di questa famiglia, che contava due fi- cercavo di scendere in silenzio e con tutte le precauzioni glie femmine, Nuzza e Maria Teresa, ed un maschio, possibili, ma non c'era niente da fare, arrivava come una Peppino erano stretti e suggellati da reciproci “cumma- stilettata: “oje cumpare Cicciu no canta e no fischia, nci raggi”, ragion per cui, quando capitava l'occasione, “Cum- jiu malu lu srjracquali”. Non avevo scampo: è stata una mare Ntanuzza” mi apostrofava come “cumpare Cicciu”. delle mie croci della fanciullezza, ma, nonostante tutto, io Avevo 5 anni e quindi quelli che posso esporre, più che ri- avevo un grande affetto per lei. Ciao, cummare Nto- cordi, li definirei “foto istantanee”. L'inverno lo trascor- nuzza!!!

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La Ghirlanda di San Foca Patrono di Francavilla Angitola

di Giuseppe Pungitore

All’origine è stata realizzata da un anonimo artigiano, probabilmente nell’immediato La vita è... dopo guerra. Malgrado i “materiali vili” utilizzati in quel tempo, la ghirlanda mostrava di Rosa Boragina una certa originalità, frutto di un lavoro ar- La vita è una parola, tigianale in Arte Povera che meritava di essere restaurata. una parola composta da sole quattro lettere L’incarico è stato dato dal parroco don Pasquale Sergi al gioielliere Mario Bartucca. Il pregevole restauro è avvenuto ma molto importante. nel 2001, grazie all’offerta della signora Elena Servello, V: deriva da velo, vedova Prestigiacomo. Per dare un tocco innovativo e mi- perché la vita di tutti gliorativo si è pensato di integrare il già esistente decoro è molto fragile e basta poco per ucciderla. con l’aggiunta di un soggetto che sia simbolo di Cristianità I: da incognita. e che rappresenti un prodotto della terra di Francavilla, quali l’ulivo, la vite, il grano. Tali simboli sono stati Non sappiamo mai dove essa andrà realizzati in “Metallo Nobile” (Argento) e lavorato con a finire, neanche perché ce l’abbiamo. tecniche moderne per creare un giusto contrasto con i Ci facciamo sempre molte domande vecchi elementi decorativi in ottone e rame e per spezzare sulla nostra di vita l’effetto monocromatico. Ogni parte in metallo giallo è stata messa in risalto, impreziosita ed abbellita mediante ma sono tutte senza risposta una placcatura elettro galvanica in oro 24 carati. Per l’il- T: derivante da tesoro. luminazione sono state installate 12 lampadine alogene. la vita è veramente come un forziere pieno d’ oro, In 8 fiori sono stati inseriti dei pistilli con cristalli Swarovski anzi, è molto di più. sfaccettati a forma di numeri che riproducono la data A: da ansia. Le nostre vite della festa di San Foca. Tutta la parte in argento è stata realizzata da Versace Gioielli. Vi sono tre rami d’argento sono felici, al contrario che simboleggiano la Santissima Trinità. È da notare il di quelle persone che non hanno particolare delle olive verdi e nere realizzate con smaltatura cibo, quella è una vita veramente ansiosa. a fuoco. Al centro è stata posta una spiga di grano, sempre Oppure chi muore in guerra, in argento massiccio, che simboleggia l’apostolo San chi lascia la vita terrena a causa di malattie… Pietro ed una raggiera di 11 spighe raffigurante gli altri Apostoli. Di altissimo pregio è la stella in cristallo Swarovski Ansiosa o tranquilla, che messa nel centro dell’arco simboleggia lo Spirito bella o brutta. Santo che illumina i fedeli. Dobbiamo accettarla così com’è: Sotto questa composizione, è già un grande dono per volontà dell’autore, è stato deposto un mazzetto quello di avercela. d’argento massiccio, com- posto da 2 spighe che rap- Crediti formativi con La Barcunata presentano da Mario Bar- tucca e sua moglie, inoltre sono stati deposti 3 rametti Comunichiamo agli interessati che d’ulivo, sempre in argento per l'anno scolastico o accademico massiccio, che rappresenta- in corso si possono ottenere dei no i suoi figli: un’oliva nera, crediti formativi collaborando con matura, per la figlia primo- genita, e due verdi per i figli la nostra rivista, come previsto dal minori; il tutto è legato con decreto legge numero 65 del 2017. un d’argento lungo 25 È riservato a studentesse e studenti cm per rappresentare il 25° che frequentano dal terzo anno in anno di matrimonio che l’au- tore e consorte hanno poi poi. Per altre informazioni celebrato pochi giorni dopo contattare la redazione. la festa di San Foca. San Foca

10 LA BARCUNATA Gli emigranti di Filogaso di Nicola Iozzo

L’emigrazione non è un fenomeno dei nostri sicuro. Oltre a queste organizzazioni, l’emigrazione avveniva tempi, ma risale a tempi remoti. La curiosità, attraverso i cosiddetti “atti di richiamo” che erano degli il desiderio di conoscenza di altri luoghi e atti stipulati da un notaio con il quale un emigrato di nuovi mondi sono connaturati nell’uomo chiamava presso di sé i suoi parenti prossimi o qualche e lo inducono spesso a viaggiare, a spostarsi amico garantendo alloggio e lavoro o comunque assistenza in luoghi diversi affrontando pericoli e difficoltà inenarrabili, fino alla sistemazione definitiva del nuovo arrivato. I ma molto spesso sono il bisogno e la ricerca di migliori primi ad emigrare sono stati gli abitanti delle regioni del condizioni di vita che lo spingono ad emigrare. È lecito nord, oggi molto sviluppate, piemontesi, lombardi e veneti. chiedersi di fronte ad un fenomeno epocale che interessa Nei primi del novecento fino ai giorni nostri ad emigrare ed interesserà tutto il Mondo se sia giusto accogliere gli sono stati quelli del sud: siciliani, calabresi, lucani. I emigranti, dare loro l’assistenza necessaria, inserirli nel flussi migratori seguivano rotte diverse: alcuni emigranti nuovo contesto sociale, molto erano diretti in Argentina, altri diverso da quella di provenienza, in Canada, altri ancora in Ame- se debba prevalere l’umana pietà rica ed in Brasile. Le ragioni o l’egoismo esasperato di chi, della scelta verso Nazioni diverse opponendosi a questo fenomeno, non erano casuali ma dipende- antepone ai privilegi di pochi i vano da quanto fosse facile re- bisogni di molti. L’odierna emi- carsi in una nazione piuttosto grazione, a ben riflettere, non è che in un’altra e da quanto fosse dissimile da quella degli italiani semplice trovare lavoro. In quel che alla fine dell’Ottocento e per periodo, gli stati dell’America tutto il Novecento hanno la- Del Sud, del Brasile e dell’Ame- sciato l’Italia in cerca di fortuna rica Del Nord avevano bisogno all’estero. Anche loro erano co- di manodopera e offrivano con- stretti ad emigrare alla ricerca dizioni vantaggiose agli emi- di una vita migliore per sé stessi granti. L’Argentina, ad esempio, ed i loro figli. Lo scrittore Foca favoriva l’emigrazione garanten- Accetta in una relazione tenuta do agli emigrati lotti di terreno in occasione di un convegno in demaniale da coltivare per in- ricordo del poeta e scrittore Pa- centivare l’agricoltura. La mag- squale Enrico Murmura riporta gior parte degli emigranti “filo- stralci di una relazione tenuta il gasesi”, da quanto è stato pos- 7 Gennaio del 1910 dal procu- sibile verificare, (i dati sono si- ratore della Corte d’Appello Di curamente imparziali ed incom- Catanzaro, Giuseppe Sofia, nella pleti), scelse l’Argentina, solo quale alla domanda del perché un nucleo familiare, Gallippi, Monumento all’emigrazione a Filogaso i contadini calabresi emigrano scelse il Brasile e qualcuno New così scrive: “ Sono attratti dal miraggio dell’oro americano, York. Immagino quanta sofferenza e tristezza nel lasciare dal lusso delle città, dalle promesse di facili guadagni; la loro terra e tutte le difficoltà incontrate nel recarsi in sono allettati dalle industrie, sedotti dal commercio, spinti terre sconosciute. Erano analfabeti o quasi, non avevano dal desiderio di soddisfare nuovi bisogni, spesso fittizi, mai affrontato un viaggio così lungo e non conoscevano incoraggiati dalla speranza di arricchire…. L’America Af- la lingua. Le comunità dei “filogasesi” all’Estero sono fascina”. Naturalmente non è proprio così almeno per ormai tante e numerose. Quella Argentina conta tra alcuni il cui unico desiderio era vivere dignitosamente. emigrati di prima e successive generazioni circa due o Anche allora esisteva un’organizzazione, sempre secondo tremila persone, quella canadese altrettanto. Meno nu- Accetta, con sede a Vallelonga, che con una rete capillare merose anzi quasi sparute sono le comunità degli Stati diffusa in quasi tutti i paesi del circondario organizzava Uniti e del Brasile. Alcuni emigranti sono riusciti ad am- l’emigrazione e garantiva a parole una discreta sistemazione bientarsi ed affermarsi, altri, delusi, hanno fatto ritorno a oltreoceano. Ogni viaggio costava fino a 5000 mila lire casa, altri ancora hanno fatto perdere le loro tracce. Tutti che i malcapitati dovevano versare parte alla partenza e hanno mantenuto vivi gli usi ed i costumi delle loro parte una volta giunti a destinazione. Il contratto stipulato origini e ritornano quando possono nella terra natia. Il su carta semplice, il più delle volte disatteso, prevedeva primo ad emigrare, nei primi del novecento fu Giuseppe la sistemazione in un alloggio ed un posto di lavoro Gallippi a New York.

11 LA BARCUNATA

Fibre e tessuti il legame tra storia e diritto di trasmissione della dote

di Lavinia Prestigiacomo

Fibre e tessuti come elementi distintivi di sia patrimoniale che del prestigio, ed era proprio attraverso uno status sociale, per la preziosità e la ri- la trasmissione di questa tradizione che i capi diventavano cercatezza delle lavorazioni, segno di be- segni distintivi di uno status familiare e personale. Il lino nessere economico oppure di una vita di era alla base del corredo femminile e non è un caso che stenti, in cui si vanno ad intrecciare le dina- ogni contadino dedicava nel suo campo un quadrato de- miche del lusso e della sua ostentazione. La storia delle dicato alla coltivazione del lino per precise necessità. La fibre tessili e del loro utilizzo è una storia di lungo periodo, parte nobile di tale materia era la fibra, che veniva filata legata sotto molti aspetti alla quotidianità. Non solo storia nei mesi invernali e che costituiva l’elemento cardine dei capi di vestiario, biancheria per la casa, arredi per della dote di una figlia. La fibra del lino che alimentava il dare lustro alle chiese, è anche storia, soprattutto nei fuso, era avvolta attorno alla canocchia e la sua lavorazione piccoli centri del Mezzogiorno, di coltivazioni, di alleva- veniva ripetuta fino al raggiungimento di una matassa. mento, di processi produttivi e di manifatture domestiche. La terminologia del risultato finale variava a seconda se A tal proposito non è da dimenticare che la Calabria si trattasse di fibre sottili o di filatura della parte grossa, vantava nell’arte della seta e della bachicoltura una tradi- in tal caso la prima veniva chiama “pezza di lino” la zione plurisecolare, che vedeva seconda “pezza d’asali”. A tempo in Catanzaro nel XVI secolo il voluto si passava poi al lavoro maggior centro di tutta la re- di tessitura, arte molto diffusa gione. A livello storico, una fonte a Maierato, che dava modo a fa supporre che la testimonianza mani esperte di dare il meglio più antica relativa alla seta in di sé, nell’allestire doti, coperte Calabria fosse datata nel 889, e vancali; vanto non solo in pae- quando un tale Stefano da Co- se ma nel circondario. La tessi- senza avrebbe offerto i suoi figli tura era un lavoro prettamente al monastero di San Benedetto femminile, nel quale il gusto e in Salerno insieme a beni im- le idee si legavano fino a formare mobili e tessuti di seta. Nel XVI opere inedite. La figura della secolo il boom maggiore si ebbe tessitrice veniva apprezzata da nella parte meridionale della tutti per le sue abilità, tendendo regione, tra il bacino del Mesima conto anche che la presenza di e quello dell’Angitola, facendo un telaio in casa era motivo di diventare Monteleone la secon- credito sociale. Studiare il com- da capitale della seta. Maierato, plesso mondo dei tessuti e delle situato in questo arco territo- sue lavorazioni, implicherebbe riale, era in quel periodo uno non soltanto sapere nomi, usi, dei centri più attivi nel settore. diffusioni e contaminazioni ma In questo piccolo centro, l’alle- Tessuti ricamati a Maierato anche poterli vedere e toccare vamento del baco da seta costituiva sicuramente un dato con mano per capire fino in fondo. Una storia del lavoro, economico rispettabile e di valore, dal momento che di dunque, quella delle fibre e dei tessuti di lungo periodo, riflesso evidenziava un modo particolare di strutturazione legata alla quotidianità della vita dell’uomo, un percorso della famiglia, dove ognuno aveva un ruolo e nel quale il che richiedeva intrecci, influenze e persistenze. Sarebbe padre era il perno attorno al quale tutto ruotava. I bambini così interessante entrare nella vita familiare e personale, avevano il compito di raccogliere le foglie di gelso e cibare di quelle donne, spose, madri, capire cosa ci sia stato i bachi, le donne controllavano che questi non morissero dietro la possibilità di dotarle di vesti di seta, di corredo e e soprattutto erano attente appena si formava la “pupa” a di piccoli capi. Soprattutto poter fare la stima di quei procedere alla lavorazione per ricavare il prezioso filo. corredi che rappresentavano una vera e propria cerimonia, Ma se l’allevamento del baco da seta si fosse sviluppato davanti a parenti e amici, al punto di ordinarle sul letto da una situazione di bisogno per un’elevazione sociale, la della madre della sposa, contando i pezzi per farli stimare, cultura del lino sarebbe nata da una necessità intrinseca: per poter poi far diramare la voce della ricca dote conse- la dote femminile. Nella concezione antica che la figlia gnata. Produzione, filati e tessuti hanno dunque molte femmina, doveva essere avviata al matrimonio al più storie da intrecciare e raccontare: da quella della tecnica presto possibile, si comprende l’importanza fondamentale a quella del costume, che va oltre il capo di vestiario e di della dote. Il corredo, la dote, erano un impegno familiare corredo, per cercare di arrivare all’aspetto socioeconomico serio, che metteva in gioco le famiglie dal punto di vista e ideologico che lo regola.

12 LA BARCUNATA Addio 2020 di Redazione

Finalmente l’anno horribilis 2020 volge al termine e la Messa del Venerdì del Crocifisso, senza un motivo valido nostra speranza è di avere un 2021 migliore. Ci facciamo del quale ancora non sappiamo il perché e per il quale ab- sempre lo stesso augurio, che sia un anno migliore ma biamo anche chiesto le dimissioni del Priore della Con- negli ultimi 365 giorni ci sono stati tanti lutti e tristezza, fraternita per il vile gesto. Agosto è stato anche il mese ma anche delle buone notizie. Sicuramente la notizia della visita del Procuratore Nicola Gratteri e soprattutto principale se la prende di diritto il Coronavirus, ma altre del primo numero de “I Diari de La Barcunata” con l’av- cose sono accadute. Il 2020 si era aperto con la vittoria vicinamento di tanti giovani che contribuiscono affinché del Centrodestra e della compianta Jole Santelli alle il giornale puntualmente ogni fine mese sia a disposizione elezioni regionali, ma subito a febbraio per la comunità di tutti. Settembre è stato il mese delle elezioni comunali di San Nicola da Crissa e per noi de La Barcunata è a Monterosso e Maierato, della visita del Prefetto a Capi- arrivata la prima cattiva notizia dell’anno con la morte in strano e del ritorno a scuola per i nostri bimbi. In questo seguito a un incidente stradale di Cila Pirone a Toronto. mese La Barcunata aggiunge un nuovo tassello alla rete Nel frattempo in paese si apriva l’Info Point con l’uscita informativa, con il lancio del sito internet ufficiale, ponte ufficiale del Movimento Avanti Tutta. Per la prima volta di collegamento con gli emigrati. Nel mese di ottobre La le associazioni della Valle dell’Angitola si riunivano a San Barcunata piange la morte del nostro collaboratore Toto Nicola, nella nuova veste della Consulta. Marzo è stato il Galloro che si spegne nella serata del 21 e che ci lascia mese del viaggio, con gli incontri a Toronto, Philadelphia molto tristi. Novembre è stato il mese della paura, con il e Avana, dove oltre che a parlare di emigrazione attraverso Covid che arriva anche nel nostro paese e causa due il progetto del Club Vallelonga-Monserrato, abbiamo in- morti e 21 contagiati. Dicembre è entrato con tante contrato numerosi compaesani. Era però il periodo del speranze, verso un anno che se ne va e che ci ha portato Covid-19, che ci rincorreva per il mondo e che tanto ci ha tanti ricordi, positivi e negativi. Ci lascia con una nuova fatto faticare per rientrare a casa, ma alla fine ce l’abbiamo premiazione per il professor Vito Mannacio, insignito fatta. Siamo arrivati in un clima di terrore diffuso da con “2020 Hero awards” della Filitalia International & media e governo impreparato, ma non ci siamo abbattuti foundation a Philadelphia. Le feste non saranno le stesse e La Barcunata a Pasqua è uscita regolarmente. Insieme degli altri anni, ma alla fine quel che conta è avere buona alla Filitalia International chapter di Vibo Valentia, ai vo- salute per raccontare insieme e ancora a lungo le nostre lontari e al Movimento Avanti Tutta siamo stati protagonisti storie. La Barcunata continuerà a esserci, perché il nostro di un momento di solidarietà con la confezione e distri- motto e le nostre idee non cambieranno e chi pensa il buzione delle mascherine anti-covid. Aprile è stato il contrario si metta l’anima in pace. Noi ci saremo ancora mese della solidarietà, dell’aiuto agli italiani bloccati a per molto tempo. Cuba e ai nostri compaesani, ma anche del ricordo dei partigiani dimenticati dal nostro paese, in attesa di maggio e di un piccolo ritorno alla normalità. Uno dei lutti che ha colpito la redazione è stata la scomparsa di Raffaele Tal- larico, padre del nostro redattore Mico a fine mese. Giugno si è aperto con il nostro speciale ricordo dell’Eroe Sannicolese Antonio Garcea. Pasquale Ficchì incide l’inno alla Rinascita e il Movimento Avanti Tutta promuove attività ludiche per bambini che si concluderanno a luglio con l’iniziativa a Santa Maria. Luglio si è aperto con l’assenza delle feste, per la prima volta cancellate per questioni sanitarie, ma a tenere viva la tradizione ci ha pensato il rito religioso, ridotto e senza processioni. Come sempre agosto è stato il mese dei rientri, pochi quest’anno, ma anche della presentazione in piazza della nostra rivista, della premiazione da parte della Filitalia International a Villa Sara per avere saputo gestire l’emergenza Coronavirus all’interno della struttura che ospita le nostre memorie. Premio in agosto anche per il nostro direttore Nicola Pirone, insignito del “Telesio” per il prezioso contributo attraverso la stampa nell’emergenza Coronavirus. È stato anche il mese dell’attacco alla nostra libertà di stampa, con il banner coperto durante la celebrazione della Santa

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Antonino Anile, il poeta di Dio, dimenticato dagli uomini di Michele La Rocca

Nato a Pizzo, studia a Monteleone e Napoli. al sommo capo, la figura del nostro corpo, il solo che sia Nel 1922 è Ministro della Pubblica Istru- eretto nello spazio, ha una sua bellezza al cui paragone zione del Regno d'Italia. Nelle sue opere ri- nessun’altra forma vivente regge. L’uomo viene come ul- vela una profonda religiosità e sensibilità. timo canto del poema della creazione, scrive nel suo “Le Ma oggi in pochi lo conoscono nella sua meraviglie del corpo umano”. Nel 1911, a Parigi, sposa terra. Il 14 giugno 1920, alla stazione Termini di Roma si Maria Pekle, corsa di Bastia, che diviene non solo moglie incontrano tre personaggi destinati a ricoprire lo stesso ma anche preziosa collaboratrice. In una corrispondenza incarico di Governo negli anni a seguire: Benedetto Croce, con Giuseppe Anselmi di Nicastro del 7 marzo confida: Antonino Anile e Giovanni Gentile. Il filosofo abruzzese è “Eccomi ammogliato e con una persona di una tale intel- stato chiamato da Giovanni Giolitti per diventare ministro lettualità e spiritualità che io non mi sento più solo e posso della Pubblica Istruzione. È un periodo torrido per la lavorare con maggiore lena”. E lei, a conferma di un le- storia d'Italia, D'Annunzio ha occupato Fiume e il movi- game profondo che va oltre la vita, scrive in una lettera mento fascista è in prepotente ascesa. Anile si trova nella del 21 gennaio 1949: “...i miei poveri occhi hanno molto capitale perché eletto alla Camera pianto ed ormai sono annebbiati dei Deputati ed è uno degli espo- da un velo che si interpone tra me nenti di punta del Partito Popolare e la luce. Non si affievolisce, però, di don Sturzo. Quell'incontro è una quella luce interiore che il mio delle svolte della sua vita. Mancata dolce compagno seppe accendere la nomina a sottosegretario di nell’anima mia”. Subito dopo la Croce, a cui pure si era rivolto, fine della Grande Guerra, Anile si Anile riceve l'incarico nel succes- avvicina a don Luigi Sturzo, si sivo governo Bonomi, per poi as- iscrive al neonato Partito Popolare sumere la guida del dicastero della ed inizia la sua carriera politica. A Pubblica Istruzione nei due go- novembre del 1919 viene eletto de- verni Facta (dal 25 febbraio al 30 putato nel collegio di Catanzaro. ottobre 1922), prima della presa di Alla Camera farà tre legislature, ri- potere di Mussolini. Ma chi è An- sultando rieletto nel 1921 e nel tonino Anile? Ancora oggi, nella 1924. A Crotone, durante la cam- sua terra, in pochi lo conoscono, pagna elettorale del 1921, esterna malgrado la sua levatura culturale tutta l'amarezza sulla condizione sia di una rara grandezza. Anto- di abbandono della sua terra: “…la nino Anile è calabrese, innanzi nostra Calabria, dall’unità in poi, tutto. Nato a Pizzo Calabro il 20 in circa un cinquantennio di vita novembre 1869 da Leoluca e Ama- nazionale, non solo è stata abban- lia Tozzi, piccoli commercianti ori- donata a sé stessa, ma costretta a ginari di Briatico, quarto di undici subire una serie ininterrotta di vio- Antonino Anile - 1919 figli, vive l’infanzia e l’adolescenza, lenze in ogni suo elementare di- pur nella precarietà economica, in un ambiente sereno e ritto. A rompere questa muraglia di egoismi umani, che profondamente religioso. Dopo le scuole elementari nel ci stringe da ogni lato e minaccia di soffocarci, noi dob- suo paese, prosegue gli studi superiori al Real Collegio biamo riacquistare i nostri beni morali perduti...”. Su in- Vibonese “Gaetano Filangieri” di Monteleone (Vibo Va- dicazione di don Luigi Sturzo, viene chiamato ad impor- lentia), dove nel 1888 consegue la maturità classica con tanti incarichi di Governo, prima come sottosegretario e ottimi voti in tutte le materie, tranne che in fisica. Subito poi ministro della Pubblica Istruzione. Anile ha proposte dopo si trasferisce a Napoli dove studia Medicina per ot- interessanti per la scuola, un disegno di legge per l’istitu- temperare al desiderio del padre, laureandosi nell'agosto zione dell’esame di stato per le scuole superiori (ripreso 1894. Nello stesso anno riceve un'offerta di impiego da successivamente dalla Riforma Gentile), un altro per la parte del comune di Filadelfia, ma egli preferisce l’impe- libertà d'insegnamento, ma il governo Facta viene travolto gno accademico ed accetta di diventare assistente, senza dalla marcia su Roma e la sua opera si conclude dopo po- stipendio, di Giovanni Antonelli. Subito dopo ottiene la chi mesi. Il 28 ottobre 1922 i treni che trasportano le ca- libera docenza in Anatomia Umana e la cattedra di Ana- micie nere verso la capitale vengono bloccati dall’esercito. tomia artistica presso l’Istituto di Belle Arti di Napoli, Il governo Facta vara lo stato d’assedio, ma il re dopo che prima, e di Roma, poi. “Dal piede all’agile colonna dell’arto gli ordini sono già stati impartiti a tutti i comandi militar inferiore, al tronco arcuato e lungo il picciuolo del collo, non firma il decreto. ...continua a pag 15

14 LA BARCUNATA

...continua da pag 14 L’esecutivo si dimette, e Vittorio di papa Pio XII, sistemato in un loculo nel duomo di San Emanuele incarica il leader della Destra Antonio Salandra Giorgio alla presenza di Alcide De Gasperi. La sua opera di formare il nuovo gabinetto, che poi finirà nelle mani di di scienziato e di docente è documentata, oltre che da due Mussolini, cui l'Anile, tra gli altri, voterà per la concessione trattati di anatomia umana, da ricerche sulle ghiandole dei pieni poteri. Nel 1923 viene nominato da papa Pio XI duodenali, sui gangli nervosi e sulle localizzazioni cerebrali. membro dell'Accademia pontificia dei Nuovi lincei. Anile Con la sua opera di divulgazione scientifica, in contrap- è tra i firmatari del Manifesto degli intellettuali antifascisti posizione al positivismo materialista e immanentista, (1925), ma non per sincera convinzione, egli non condivide Anile cerca di dare una visione spiritualistica, coerente infatti l'orientamento dichiaratamente antifascista del con i principî del cattolicesimo. L'indagine scientifica suo partito. Dopo il delitto Matteotti, non si unisce agli viene, infatti, da lui considerata come un mezzo per acco- aventiniani, ma si dimette dal Partito Popolare, dichiarando starsi a Dio e riconoscerne l'opera creativa. La stessa in- di accettare le condizioni poste da Mussolini, per questo tuizione e visione che caratterizza tutta la sua opera non perde il mandato parlamentare; ma da lì a poco poetica, che rimane estranea alle correnti letterarie di Anile preferisce ritirarsi dalla vita politica per dedicarsi inizio novecento, ma in cui è possibile rintracciare qualche alla scrittura. In questi anni diviene capo redattore della reminiscenza di Pascoli o Carducci; sebbene questi siano terza pagina de “Il Popolo” e collabora a “Politica nazionale”. “gli anni, per citare i maggiori, di Saba, di Ungaretti, di Tra il 1924 ed il 1939, pubblica diverse opere, tra cui le Montale, autori che avevano rinnovato la lingua poetica sue raccolte di poesia più famose. Risalgono a questi anni italiana... per la poesia aniliana questi autori non hanno I sonetti religiosi, Le ore sacre, l'Ombra della Montagna. alcuna incidenza. Il poeta di Pizzo era fedele al sistema Nel 1943 viene pubblicato postumo quello che viene poetico ottocentesco...”, così scrive di lui Giacinto Namia. definito il suo capolavoro ed il suo testamento letterario Mentre Ninì Rotolo nel suo “Omaggio ad Antonino Anile” e spirituale: “Questo è l’Uomo” (Vallecchi, Firenze). Un aggiunge: “leggere la sua poesia è come percepire un’eco volume che chiude il suo percorso di uomo e di pensatore, di suoni che via via si dilatano e s’effondono all’infinito… che richiama nel titolo l'Ecce Homo di Nietzsche, e nel …è come scorgere una luce che all’improvviso baleni la quale Anile analizza il lungo cammino dell'uomo dalla scoperta di un’armonia cosmica...”. Per la sua costante cellula, attraverso la storia, fino all'uomo Cristo. Medita ricerca religiosa, fedele al cattolicesimo, che ha sposato di tornare in Calabria dopo una vacanza in , a integralmente e ha caratterizzato la sua vita quasi da Raiano, presso L’Aquila, per poter completare la sua francescano laico, Antonino Anile viene appellato “il Poeta opera “L’uomo qual è”; ma lo coglie la morte per una di Dio”, dal suo amico e studioso Vito Galati nell'epitaffio grave setticemia e qui viene sepolto. L'11 maggio 1952 il scritto sulla lapide della sua tomba. suo corpo viene traslato a Pizzo e, previa autorizzazione

15 LA BARCUNATA Natale festa dei ritorni di Enzo Truglio

Ho sempre amato le illustrazioni delle car- di parlare con grande emozione, di quanto era accaduto toline di auguri di Natale, nelle quali le loro nella nuova terra, di quanto difficile fosse stata la casette e gli abeti imbiancati di soffice neve, loro vita e dei sacrifici affrontati, in un paese dalla lingua sembravano respirare lievi, immersi in pae- e dalle abitudini a loro sconosciute. Parlavano anche, saggi algidi pieni di candido e rarefatto stu- però, con un pizzico di malcelato orgoglio, dei loro successi, pore. Ho sempre anche amato le luminarie che, con le del loro lavoro più o meno qualificato, dell’auto che qual- loro luci multicolori, illuminavano a giorno le strade e i cuno si era potuta comprare, delle loro prime avventure vicoli delle grandi città e i tantissimi negozi che con i loro amorose, magari esagerando un po’, che quelle terre ge- fantasiosi addobbi e sapiente esposizione di merce, la più nerose gli avevano permesso di avere. Per noi bambini, variegata, giocattoli, dolciumi, scarpe, vestiti, erano un passato il momento emozionante dell’arrivo e dei saluti invito ad entrare, una irresistibile ten- al proprio caro, l’interesse si rivolgeva tazione all’acquisto che tale rimaneva, verso un altro avvenimento che era considerate le scarse risorse econo- quasi un rito magico pieno di aspet- miche di quel momento. Parlo degli tative: l’apertura delle valige. Da esse anni della mia fanciullezza quando, venivano fuori i doni più belli e bizzarri in realtà, queste immagini, ben poco e poi, per la gioia dei più piccoli, tanta avevano a che fare con l’atmosfera cioccolata, caramelle, gomma da ma- natalizia del mio paese. A Natale, nel sticare, all’epoca era una novità men- mio paese non c’erano i negozi ad- tre, per quella dei più grandi, tanti si- dobbati a festa, non c’erano le lumi- gari e sigarette. Me li ricordo quei narie per le strade e per i vicoli quasi pacchetti colorati: Pall Mall, Lucky deserti e appena illuminati dagli scarsi Strike, Marlboro, sigarette che nei lampioni pubblici, c’era solo l’aria nostri paesetti erano sconosciute. Il densa di profumi di arance, mandarini, pranzo di Natale in onore dell’ospite, pignolata, cannella, di appena era un festival di portate. Esso consi- sfornati che ti avvolgevano in una steva in una lunga, interminabile ta- estenuata essenza segreta e gioiosa, vola imbandita di ogni ben di dio, in- mentre dalle montagne circostanti ar- torno alla quale si disponevano tutte Capanna Natalizia di Vallelonga rivava un gelido vento di tramontana le generazioni, ognuno con le proprie pieno di vitale energia. In casa, seduti davanti al caminetto convinzioni, memorie, novità. Le madri, le nonne, gli zii, scoppiettante, vicino al presepe, qualcosa segretamente avevano preparato il meglio del meglio, compresa la restava in attesa, qualcosa che indugiava e che sperava. tovaglia e i tovaglioli di candido lino freschi di bucato e il Qualcosa che negli anni avevamo vissuto e che speravamo servizio di piatti e bicchieri che si tiravano fuori solo per si ripetesse. Poi lievi colpi alla porta e finalmente, gli le occasioni speciali. Intorno a quella tavola vicina al pre- occhi e il sorriso di tuo figlio, di tuo padre, di tuo nonno ti sepe, le lacrime di gioia, i sorrisi, si mescolavano al vino, liberavano da quella sensazione di dubbi, d’incertezze, all’odore della pignolata, alla fragranza del pane e de “li che da giorni, inconsciamente, ti comprimevano il petto, Nacatuli” e della cannella, in un insieme di profumi tipici lasciando il posto alla gioia e ad un pianto liberatorio. dei profumi di Natale. Natale era per la nostra gente, non Natale era la festa dei ritorni. Tornavano i figli, i padri, i solo la festa degli emigranti, ma anche di chi era rimasto, nonni, i nipoti chi dall’America, chi dalla Francia, chi di tutti coloro che vivevano in due mondi: uno in cerca di dalla Germania, chi dall’Argentina, chi dalla Svizzera, ma speranza, l’altro senza speranza. Ma inesorabilmente il anche da Milano, da Torino. Tornavano parte di coloro tempo scorreva e, man mano che I giorni passavano, ti che nell’immediato dopoguerra, erano emigrati in terre accorgevi che in casa l’eccitazione lasciava lentamente il lontane in cerca di lavoro e che, dopo anni di lontananza, posto al silenzio. L’inquietudine e la malinconia comin- sentivano forte, la voglia di riabbracciare i loro cari rimasti ciavano ad assorbire sempre di più gli spazi e le cose. E, al paese. Era una sorta di rito che le famiglie vivevano sebbene ancora adolescenti, riuscivamo a leggere negli con ansia, che si percepiva e si materializzava nel frenetico occhi delle madri, dei figli, dei padri e dei nonni, la movimento di preparativi. Un rimestio di mobili, suppel- tristezza e la rassegnazione, di chi è consapevole che il lettili, cibi, bevande, un’eccitante attesa colma di desideri giorno di un nuovo distacco si sarebbe inevitabilmente e di speranze. Poi, per settimane, le case, le strade, i vicoli ripetuto, un distacco questo però, non più pieno di ma soprattutto la piazza, si popolavano di persone appena incognite e di paure come il primo, ma più leggero meno arrivate che portavano negli occhi centinaia di storie, di doloroso, perché lenito dalla speranza, quasi certezza, di aneddoti, di ricordi, persone che non riuscivano a smettere un nuovo ritorno.

16 LA BARCUNATA L’anticu disse di Mastro Mico Tallarico

A jennaru li gatti vannu a paru Marzu ogni stroffa è materazzu A A gennaio i gatti si accoppiano. A marzo, per l’abbondanza di erba che c’è, ogni ciuffo somiglia ad un materasso.

Jennaru siccu massaru riccu jennaru vagnatu massaru rovinatu Megghio mammàta mu ti ciange Se il mese di gennaio è freddo, il massaro ha tutto da ca’ lu suli de marzu mu ti ciange guadagnare; se è piovoso, ha tutto da perdere. È meglio che tua madre ti pianga per la tua morte, piuttosto che ti colpisca il sole di marzo.

A Jennaru puta paru A Marzu chiove chiove Ad aprili no’ mu fini Nel mese di gennaio puoi potare a volontà. A maju ‘na bon’acqua Ca la stagione è fatta Ecco la cadenza dell’acqua se vuoi avere una buona annata: a marzo acqua a volontà, ad aprile ancora acqua Frevaru curtu ed amaru scorcia li vecchie a lu e a maggio un’abbondante piovuta. focularu Febbraio è il mese più breve ma anche il più inclemente, al punto che costringe le vecchiette a stare Marzu Li pecure mee a lu jazzu davanti al focolare. Nel mese di marzo il mio gregge sta al chiuso.

Frevaru va’ addùnati a lu gajinaru Lu pecuraru lu vìtteru a Pasqua quandu Nel mese di febbraio le galline (nostrane) incominciano si mangia la ricotta frisca a fare le uova nel pollaio. Ma no’ lu vìtteru a marzu chi jestimava li santi de Cristu Spesso la gente ti osserva quando godi Freve mu ave cu’ freve ti mise non quando sei nella bufera. ca si lu jhuru de tutti li misi È riferito sempre al mese di febbraio che secondo il pro- verbio non avrebbe meritato questo nome, essendo il Aprili caddi li jorne e friddi li matini. mese che dà inizio alla fioritura di tutti i mesi. Nel mese di aprile i giorni sono caldi ma le mattinate sono fredde.

Frevaru ervaru Febbraio è il mese in cui si rinnova l’erba nei prati. Aprili mente lu vermo ‘ncaddu e no’ lu dire Ad aprile metti lu siricu ad un posto caldo senza dirlo a nessuno. De la Candilora lu verno è fora, ma rispundìu la vecchia arraggiàta: “Lu verno si nde va’ de l’Annunziata” Lu primu d’aprili duve ti mandànu no’ Jhire È convinzione comune che con la festa della Candilora Il primo di aprile diffida dai comandi che ti danno (2 febbraio) l’inverno è già finito. In effetti, con tono stizzito, la vecchia rispose che l’inverno, in effetti, finisce con la festa dell’Annunziata Quattru aprilanti chiove quaranta Se piove il quattro di aprile poi piove per quaranta giorni. Si marzu no’ marzija lu massaru no’ palìa Se il mese di marzo non fosse quello che è, il massaro A maju no’ mutare saju a giugnu mutati tundu non avrebbe abbondante raccolto. Nel mese di maggio non cambiare gli indumenti di stagione; a giugno, invece, cambiati completamente.

17 LA BARCUNATA

Da dove cominciare... donnismo vs femminismo

di Carmelina Ielapi

In Italia più che di Femminismo, oggi, si confini, limiti, pretende di definire un sentire unico del- potrebbe parlare di mammismo o uterismo l’essere donna e di volta in volta utilizza strategie di mar- o donnismo (in senso biologico). Lo vedi keting e testimonial d’eccezione per avvalorare tesi che dal modo attraverso il quale vengono af- non partono dal basso. Il Donnismo è perciò un movimento frontate certe questioni che possono riguar- che parte dall’alto, gerarchico e posizionato entro mecca- darci. Il femminismo, per chi davvero lo conosce e lo nismi che favoriscono speculazioni e business, di qualunque pratica, non è un “movimento di donne”. È decostruzione natura essi siano, dove “le donne pensano” o “noi donne degli stereotipi di genere, è analisi delle differenze, di siamo” diventa lo spot preferito per venderti e mercificare classe, identità politica, è intersezione delle lotte, è auto- qualunque cosa, incluso le idee. Vota donna, dunque vota rappresentazione, è autodeterminazione delle singole per- te stessa, compra donna, e dunque compra te stessa, sone, è decostruzione e scardinamento e sovversione del- pensa donna, dunque quei pensieri sono anche i tuoi, e l’immaginario, è transnazionale, è così realizzano il marketing di spot transgeneri, è l’agire contro culture simil Vodafone e tutto intorno a te. autoritarie, contro la cultura patriar- Il Donnismo è dunque quello che cale, o comunque vogliate chiamarla, approva e suggerisce leggi che rin- ovunque e a partire da qualunque saldano la cultura patriarcale. Chiede genere essa si manifesti. Non è una aggravanti e tutori e censure e chiede visione spoliticizzata dei rapporti tra che lo Stato interferisca in senso nor- i sessi, non è conservatore, non è un mativo per dire cosa ci offende e dogma, una religione, non fissa pa- cosa no anche quando si parla di im- rametri altri che non siano innanzi- magini. Non predilige strumenti au- tutto il partire da sé, dar luogo al- todeterminati di autorappresenta- l’autorappresentazione, togliere ne- zione, non vuole darti gli strumenti cessariamente il potere/diritto, a affinché tu possa autodeterminare chiunque parli di te con la pretesa di cambiamenti culturali. Esige solo che rappresentarti, di usarti e legittimare tu sia oggetto e mai soggetto, perché così, attraverso te o quello che di te in quanto oggetto ti si può portare si vuole raccontare, culture che ci in piazza a sostenere il “Vota Donna”! sono nemiche e nemiche per davvero. Eppure esistono le vere femministe Il Donnismo, invece, è rigido e rimane che hanno lasciato e lasciano quoti- tutto dentro l’essere donna, utero, dianamente una grande impronta mamma, moglie, ruoli sociali distinti nel nostro presente. Tra queste ri- e precisi, donne perbene, donne vit- cordiamo Lidia Brisca Menapace, Lidia Menapace time vittimizzate, dove Donna è sta- partigiana, pacifista, femminista, po- tus, brand, lo stesso che permette la realizzazione di litica e saggista italiana, nasce a Novara il 3 aprile 1924 e riviste allegate ai grossi quotidiani dove possono propinarti morta lo scorso 7 dicembre dopo avere ricevuto tanti at- immagini pubblicitarie in cui tu, donna, vieni rappresentata testati e premi per le sue battaglie. in forme che neppure ti somigliano. Quel che è “Donna” vende e quel che è “Femminista” invece no. “Donna” ge- neralizza, universalizza i bisogni, applicando riduzionismo biologico e marginalizzazione di generi differenti, a partire dalle Trans. “Donna” appiattisce le differenze, rinomina e annulla rivendicazioni autonome, omologa i pensieri in un ricorrente slogan unico, bisogno unico, pensiero unico. “Donna” è immagine intrappolata in stereotipi e incarna significati che vengono riproposti come ruoli sociali, icone, per cui esistono avatar, come abiti predisposti, co- modi da utilizzare a seconda delle necessità. Il Donnismo permette di inserire una narrazione femminilizzata a partire da immagini funzionali alle logiche del libero mercato e a partire da un ripristino delle culture originarie alle quali il femminismo in qualche modo si era ribellato. Il Donnismo si muove in senso normativo, e stabilisce

18 LA BARCUNATA Un’arte, una passione, un successo La singolare storia dei tre fratelli della “Tripona” affermati nell’industria turistico-alberghiera di Nicola Cosentino “Nicolino di Salerno”

Figli di Nicola Galati (Mandona) ed Elisabetta Iozzo (Lisa), dopo aver conseguito il diploma all’Istituto Alberghiero di Vibo Valentia, lasciano il paese per intraprendere, ciascuno in comparti diversi del settore, la propria attività lavorativa.

Pino, il più grande dei tre fratelli, diventa docente di laboratorio, presso l’Istituto Alberghiero Giovanni Falcone di Gallarate, una scuola all’avanguardia, in cui si formano professionisti in grado di esaltare la cucina, intesa non solo come un insieme di ricette da rispettare, ma come un vero e proprio volano di crescita dell’economia nazionale. In quest’ambito, Pino gode di una certa autonomia e di sua iniziativa ha adibito una parte della struttura a mensa, destinata a lavora- tori e impiegati esterni, ottenendo un duplice vantaggio: gli introiti di questa at- tività consentono l’autogestione della scuola e gli allievi, essendo i responsabili della cucina e del servizio in sala, conseguono l’esperienza necessaria per essere pronti, alla fine del corso, al mondo del lavoro. Pino si è fatto, altresì, promotore di un’altra importante iniziativa; quella di introdurre la tradizionale festa san- nicolese di San Martino, che si celebra oramai da dieci anni nell’istituto ed alla quale partecipano sia persone del luogo che paesani. In questa serata viene ser- vito il piatto tipico a base di stocco e patate, accompagnato da vino novello; il tutto rallegrato da musica e canti popolari calabresi. Tra le altre iniziative, Pino, ha sperimentato e prodotto una birra artigianale con una sua ricetta, ottenendo notevoli risultati. Pino con il prefetto di Varese Vito, il secondogenito, insieme con la moglie Virginia, cuoca eccellente, ha avviato un ristorante a Ostia Lido, puntando su una cucina di buona qualità, imperniata sulla genuinità dei prodotti e prezzi contenuti. Grazie alla serietà ed alla coerenza nella conduzione dell’attività, oggi, il ristorante “Le Azzorre”, situato nell’omonima via, è consigliato dagli operatori turistici della Capitale alla clientela più esigente, che desidera degustare del buon pesce fresco. La creatività e la scrupolosità operate da Virginia nella decorazione dei piatti, esaltano il senso di gioia del cibo, renden- dolo ancora più gradevole. Tra i suoi abituali clienti figurano personaggi famosi dello spettacolo, della cultura, dello sport, della politica; ma Vito è particolarmente felice quando a fargli visita sono i paesani, con i quali poter fare una chiacchierata in dialetto, di cui ha molta nostalgia.

Antonio, il più piccolo dei fratelli, ha scelto l’indirizzo “servizio in sala”, e, dopo aver conseguito il diploma, ha in- Vito e Virginia con Beppe Fiorello trapreso diversi corsi di specializza- zione, tra cui quello di sommelier di terzo livello. L’elevato grado professionale-specialistico gli ha consentito di superare una severa selezione per l’assunzione al Quirinale nel settore “Ac- coglienza-ricevimenti”. Tra i tanti eventi che si sono svolti al Palazzo del Quirinale, ai quali hanno partecipato Capi di Stato di tutto il mondo, Anto- nio ricorda con soddisfazione la cena solenne, offerta dal Presidente della Repubblica alla Regina Elisabetta II nell’ottobre del 2000, in cui il suo staff si distinse per l’impeccabile e scrupoloso rispetto dei rigidi protocolli reali, ma anche per l’armonia creata nell’ambiente, allestito in stile italiano, su- scitando l’ammirazione della delegazione britannica. In breve tempo Anto- nio, grazie alla sua serietà, si è guadagnato la fiducia del Presidente e fa parte di quel numero ristretto di persone che lo segue in vacanza nella te- nuta estiva di Castel Porziano, in Trentino in quella invernale e, quando le Antonio con il Presidente della Repubblica circostanze lo richiedono, durante le visite di Stato all’estero.

19 LA BARCUNATA

Estate 43 le incursioni aeree anglo-americane all’Angitola per abbattere i ponti di Nicola Pirone - Pino Cinquegrana

Il ritrovamento di un ordigno bellico, un colpo di artiglie- ria di carri armati inglesi, nelle campagne di Montesanto nel comune di Filogaso a fine novembre, è solo uno dei residuati presenti sul suolo della Valle dell’Angitola. Un altro ritrovamento il 14 febbraio del 2017 in località Mon- temarello, questa volta nel comune di Maierato e sempre appartenuto alle forze americane. Le due località, Mon- tesanto e Montemarello, distano pochi kilometri una dal- l’altra e furono tutte colpite da un'unica azione di guerra, denominata “Mediterranean air command”, con gli aerei che avevano il compito di bombardare tutte le vie di co- municazione, i ponti e le torri di avvistamento per tagliare la ritirata alle truppe Tedesche. Il presidente degli Stati Uniti Franklin Delano Roosevelt e il Primo Ministro del Regno Unito Winston Churchill già nel gennaio del 1942 avevano pianificato l’invasione del territorio italiano pun- tando sulla Royal Air Force (RAF) e la United State Army Air Forces (AAF) insieme per attivare il “terrorbombing”, detto anche “carpetbombing” e “dehousing”, ovvero bom- bardamenti sulle città come distruzione materiale. I mesi Bombardamento all’Angitola di luglio, agosto e settembre del 1943 saranno un periodo che vedrà l’area da Briatico all’Angitola lungo la costa tir- alle truppe tedesche e ai suoi carri armati. Durante le di- renica, e da Mileto, compreso tutto il circondario, fino a verse incursioni, 7 solo sull’aeroporto vibonese, furono Vibo Valentia e nuovamente incrociando verso l’Angitola sganciate migliaia di bombe dai velivoli B-24 e B-26 de- un continuo bombardamento di strade, caserme, ponti, collati dalla base tunisina El-Bathan. Il 16 luglio 1943, vie di fuga che fecero retrocedere la fuga dell’avanzata dei questi falchi di acciaio fecero cadere sul solo aeroporto panzer tedeschi. Due obiettivi furono prioritari: distrug- vibonese 2760 bombe. Soldati, avieri, civili, Carabinieri gere l’aeroporto militare di Vibo Valentia contro ogni pos- morirono sotto le bombe del 14° gruppo Fighter dell’Air sibile difesa in volo; il ponte dell’Angitola quanto l’area Force degli Stati Uniti. Aerei americani B-25 con attività ferroviaria di Maierato-Francavilla per sbarrare il passo di attacco con bombe e mitragliamento fecero diverse in- cursioni sull’area dell’Angitola per due volte utilizzando aerei Wellington. Se il primo tentativo fallì completa- mente, il secondo lasciava comunque spazi al passaggio di automezzi pesanti al punto che è stato necessario pro- grammare sbarco sulle coste di Pizzo Calabro per chiudere a barriera difensiva eventuali passaggi sul ponte dell’An- gitola che rimase l’unica via di fuga, ultimo accesso verso Vibo Valentia che resistette ai bombardamenti dal cielo e ai colpi di cannone degli alleati e dei tedeschi. L’Angitola fu registrato “Obiettivo L”; le operazioni furono guidate dal colonnello Gordon Harrison Austin e alla fine nell’ae- roporto vibonese sventolò la bandiera inglese e quella americana messe dalle avanguardie della quinta divisione dell’ottava armata Montgomery. Tra luglio e agosto ai giorni 17 e 18 che videro impegnati nelle due giornate 84 aerei tra Wellington e Mitchelles che inondarono di bombe l’area dell’Angitola, colpendo pesantemente i ponti di Monterosso, località Cellaro nel comune di Capistrano, Centofontane e Abate a San Nicola da Crissa. Alcuni di loro, furono minati e distrutti parzialmente per essere nuovamente ricostruiti nel 1945. Tra gli avieri anche un Anno '43 aereo inglese sorvola Montesanto emigrato capistranese, Michele Tucci. ...continua a pag 21

20 LA BARCUNATA

Protagonista nei drammi dei semplici motivi. Giuseppe, allora figlio unico, era, infatti, emigrato in modo definitivo da Francavilla di emigrazione e di guerra tra quando aveva appena 8 anni (1921); lo stesso Giu- Calabria, America ed Europa seppe, avendo i genitori sistemati definitivamente in di Vincenzo Davoli una città del Connecticut, non fece più ritorno a Fran- cavilla; le sue sorelle e i suoi fratelli, essendo tutti nati Settantacinque anni dopo la fine della II in America, non ebbero mai contatti con il paese d’ori- guerra mondiale, inaspettatamente è gine. Essendo cittadino statunitense, Giuseppe Spez- stato scoperto un altro Caduto, nativo di zano partecipò alla II guerra mondiale come militare Francavilla Angitola, morto in combatti- arruolato nell’esercito americano, per cui al Comune mento durante una delle battaglie più fa- di Francavilla Angitola non fu comunicata nessuna in- mose che quell’immane conflitto. Il militare si formazione sulla sua morte. chiamava Giuseppe Spezzano; era nato a Francavilla il 25-04-1913, e morì il 19-12- 1944, presso Bastogne (Belgio), durante la sanguinosa offensiva tedesca nelle Ardenne, che provocò numerosissime vittime sia nelle file dell’esercito americano (colto di sorpresa da quel- l’attacco tedesco) sia tra i civili belgi che abitavano in quel territorio. Il merito di aver scoperto l’esistenza del suddetto Caduto va totalmente attribuito a Vittorio R. Petrocca appassionato (anche) di storia locale. Per- suaso che il passato sia strettamente annodato al pre- sente, Vittorio Petrocca, con la preziosissima collaborazione di Erme Mutilo, si è dilettato a rico- struire le vicissitudini legate all’emigrazione, a partire da fine ‘800, dei Francavillesi all’estero ed in partico- lare a investigare sulle vicende degli espatriati negli Stati Uniti e dei loro discendenti. Nei tre quarti di se- colo trascorsi dalla fine della seconda guerra mondiale (1945), non c’è stato nessuno a Francavilla che cono- scesse le vicende personali di Giuseppe Spezzano, per

...continua da pag 20 I ritrovamenti di questi ultimi da Pimè, le truppe salivano verso la Piana degli Scrisi, anni sono solo una minima conferma di quanto accaduto dove negli anni Settanta furono rinvenuti dei proiettili si- e riportato nei libri, altre bombe che non hanno raggiunto mili a quello fatto brillare ieri e una volta svuotate del il bersaglio dovrebbero riemergere dai terreni. Sicura- contenuto, usate come porta fiori nei cimiteri. mente non sarà l’ultimo che si rinviene all’interno del- l’Angitolano, poiché l’area è stata pesantemente colpita durante la Seconda guerra mondiale per tagliare l’avanzata Abbonamenti dei tedeschi, colpendo punti nevralgici della viabilità e difesa. Infatti, come testimoniano le cronache locali e i La Barcunata 2021 documenti in possesso dal ministero dell’aeronautica l’of- fensiva nella Valle dell’Angitola dell’estate del 1943 con- Italia € 30,00 dotta da truppe Anglo-Americane aveva come obiettivo i Estero Europa e Sostenitore € 100,00 ponti lungo l’ex SS110, al tempo l’unica strada che tagliava Canada rivolgersi a Nicola Cina in due la Calabria dal Tirreno allo Ionio. Proprio in questa zona tra Montesanto e Montemarello c’erano le postazioni 001 416-302-4094 di avvistamento dei tedeschi, che svettavano lungo la Via Regia, dove dimostrarono tutta la loro conoscenza storica Per le imprese del luogo. Infatti, ai tempi di Rocca Angitola e ancora Sponsor da concordare con l'editore prima con l’invasione dei Saraceni, queste due zone furono soggette ad avamposto militare. Gli anziani del luogo, ri- in base allo spazio cordano come in quei giorni la battaglia sul territorio Angitolano fosse molto dura, con dei colpi che da Monte- santo raggiungevano la zona di Pimè, con la popolazione IBAN: che si riparò nelle grotte di Cabano, nel comune di Maie- IT82Y0103042830000000454171 rato, e tra la folta vegetazione. Negli anni ci furono anche dei ritrovamenti di pugnali americani, testimonianza che

21 LA BARCUNATA Don Bellissimo sacerdote e raffinato poeta di Antonio Facciolo

Un giorno, rientrando dall’aereoporto di che gli diede la vita, di ammirare con la gioia di sempre le Lamezia Terme, all’imbocco della prima bellezze naturali rimaste immutate nel tempo. Bramoso curva dopo Santa Maria, dove si vede la sa- di rivedere il paesaggio strano e straordinario, a volte goma del paese, mio cognato Pino, che rien- calmo come fosse “un presepe”, a volte “ardito avventu- trava dal Canada per le festività di agosto, riero”, come un mitico guerriero, perché patria di guerrieri mi disse: “Fermati perché voglio vedere il mio paese”. Ci mitici come lo è il progenitore di Crissa. Se pure un altro fermammo, restammo immobili ed in silenzio per una amore gli tormenta il cuore, la terra di Giffone, tuttavia decina di minuti; lui si emozionò moltissimo, non seppe San Nicola da Crissa resta sempre la sua patria “bella e dire niente, solo “Ciao, paese buona”. Ricorda questo paese mio”. Si asciugò una lacrima. come fosse uno scudiero ada- Questa morbosità l’ho vista giato “su di un precipizio”, in tutti gli emigrati ed anche pronto a “spiccare il volo” al in quelli che per motivi di la- richiamo misterioso delle voro, se pur in Italia, sono anime che, vibrandosi dai resti costretti a stare fuori. Mi ri- del monastero distrutto dal cordo di Mico Pileggi; lavorava tempo, gli parlano di spiriti a Milano all’Italsider, in un antichi, che furono monaci posto di responsabilità e di rifugiatisi tra questi dirupi al competenza. Eppure a fine tempo della persecuzione per- settimana, ogni venerdì, pun- petrata a danno delle comu- tuale rientrava per 48 ore, nità basiliane della Chiesa per stare con gli amici nel d’Oriente. E poi i luoghi della proprio paese. Ho ritrovato fanciullezza, quelli misteriosi questo amore in una poesia come “la grotta del Vizzarro”, scritta da don Domenico Bel- brigante romantico e genti- lissimo, parroco e poeta san- luomo, fattosi tale per amore nicolese emigrato a Giffone, di una bella contessina ap- dove ha lasciato un grande partenente alla famiglia De ricordo di affetto. La poesia Santis della vicina Vazzano. s’intitola:” San Nicola da Ricorda il paesaggio che, rien- Crissa”. Sono 64 versi pieni trando dal santuario di Mater di nostalgia e di rimpianto Domini, “oasi di pace” per per ciò che aveva lasciato chi andava in cerca della fede, quando partì per andarsene si insinua tra i fianchi della definitivamente a Giffone. È Don Bellissimo montagna attraverso le “curve una lirica degna dei migliori di Fascina”. Tanti poeti hanno poeti; in essa l’autore saluta il suo paesello come se fosse scritto sul proprio paese; così fa Don Bellissimo, ne parla “un vecchio amico e fratello”, che si affaccia solitario dal come se fosse “una creatura viva” rimasta immortale, balcone della Calabria per volgere lo sguardo lontano, nel immutata, con le ombre degli affetti più cari divenuti golfo di Sant’ Eufemia. Un amico “semplice e mansueto” fantasmi “bianchi e trasparenti come alabastri”: la nonna, che, se pur insignificante, si erge maestoso tra gli ulivi. la mamma, prime maestre di vita. La poesia di Don Bel- Vede la montagna di Coppari come se fosse un “fratello lissimo mi ricorda una bellissima poesia scritta da Ofelia dagli occhi spenti”. Parla del suo paese come di un ricordo Curci Giudicissi, tenerissima e sognatrice poetessa croto- della fanciullezza, che è rimasto impresso nel cuore nese, che così si rivolge al suo paese di origine: ”Chiudo stordito dalla tristezza e dalla malinconia. Ricorda le mol- gli occhi e vedo in fondo alla strada un’acacia: paese del teplici sorgenti d’acqua, “dai nomi di favola”, una favola sud ritorto come le tue fiumare, Pallagorio, paese mio”. antica, che proviene da molto lontano, dalla profondità E come non ricordare Carducci: alla sola vista dei cipressi della storia, una storia che parla la lingua greca. Ricorda di Bolgheri, che anticipano l’ingresso nel paese natio, il il paesaggio arido e duro, fatto di “spine e di ortiche”, di poeta rivede gli affetti della fanciullezza: la nonna che un paese da visitare, almeno un’altra volta prima del scende giù dalla collina “alta, solenne, vestita di nero”. È lungo sonno, da visitare con l’attenzione di “un figlio in- strano come tutti parlino del proprio paese con lo stesso namorato”. Ricorda il vento dell’Est “crudo”, da respirare strazio, lo stesso tormento, la stessa nostalgia. con la consapevolezza di succhiare ancora di quel nettare ...continua a pag 23

22 LA BARCUNATA Donna Maria la “mammina” di Gian Gaspare Balestreri

Donna Maria Bonardi nacque nel 1887 a dall’assistenza a un parto notturno. Ogni tanto mi vengono Gussola (Cremona), sulla sponda destra del in mente i frequenti risvegli notturni causati dal bussare Po, al confine tra le provincie di Cremona e al portone da casa da parte dei parenti della puerpera di Mantova, da un’agiata famiglia di agricoltori turno che comparivano sull’uscio e con una lanterna in e allevatori di bestiame; ottenne il diploma mano, sempre gentili e ossequiosi, si portavano via per di ostetrica presso l’Ospedale Maggiore di Parma dove nottate intere Donna Maria. Durante le sue “scorribande” prestò servizio per alcuni anni, acquistando una notevole notturne, qualche volte la “mammina” si è imbattuta in capacità in ostetricia, prima di essere invitata da una sua qualche scena di piccoli furti, per fame, o di futili litigi, cara amica e collega, sposata a Catan- che la sua rettitudine morale tipica- zaro, a fare un’esperienza di lavoro in mente lombarda avrebbe consigliato un comune della Calabria. Nonna Maria la denuncia alla Pubblica Autorità e accettò con entusiasmo giovanile l’in- che, invece, la bonaria omertà di nonno carico di ostetrica nel comune di Val- Gaspare consigliava prudentemente il lelonga offertole dal suo futuro zio, il silenzio, innescando accanite discussioni notaio Galati, allora sindaco del paese. che lasciavano allibita la padana. Ri- Qui la “mammina” arrivò nel 1910 e guardo alla professionalità della nonna, l’esperienza lavorativa in terra calabra, ricordo che, dopo aver inviato in ospe- che doveva durare un breve lasso di dale per un parto una paziente cardio- tempo, si concluse dopo 55 anni, avendo patica, rivolgendosi a mio nonno, nel colà conosciuto e in fretta sposato, lei suo linguaggio storpiato di italiano mi- giovane, molto bella ed elegante, un sto a vallelonghese, gli fece notare che altrettanto aitante giovane dall’aspetto quella donna non sarebbe più tornata normanno che era nonno Gaspare, il a casa e purtroppo così è stato. A pro- veterinario. È superfluo aggiungere che posito della sua caparbietà, della con- l’intera popolazione vallelonghese nata cretezza tipicamente lombarda e della dal 1910 al 1965 è stata, per così dire, determinazione insite nel carattere di Maria Bonardi “tirata” da nonna Maria la “mammina”. Donna Maria, avendo notato che il Ascoltando la gente di Vallelonga, e valutando a posteriori nonno Gaspare, personaggio molto intelligente, ma poco da medico, pare che la lombarda, in fatto di professionalità, pratico, era scontento del suo impiego di segretario co- non se la sia cavata poi così male, considerando le precarie munale e di gerente della farmacia di suo padre, lo strinse condizioni igieniche in cui allora si partoriva nei paesi di a rinunciare a questi lavori, anche se c’erano tre figlie da campagna. Erano anni, quelli, di elevata natalità, per cui mantenere, lo incitò a iscriversi alla facoltà di Veterinaria la lombarda, già per stirpe avvezza al lavoro duro, non presso l’Università di Napoli dove conseguì la laurea, ba- credo abbia avuto modo di oziare molto in terra calabra, dando lei al mantenimento dell’intera famiglia. Aprendosi se bisogna dare credito a ciò che si asserisce in famiglia e una parentesi a questo proposito mi sembra di notare cioè che sua figlia Marietta sia quasi nata di corsa in una certa rassomiglianza fra la personalità di mia nonna piazza Monserrato mentre la “mammina” stava rientrando e quella di mia moglie Alberta.

...continua da pag 22 Ed in questi ricordi c’è sempre la d’animo e la dignità dei sannicolesi. Il ricordo della bel- fanciullezza, un morboso ritorno alle origini. Perché que- lezza del paesello natio, lo affascina, specialmente dopo sto ritorno? Forse perché più passa il tempo, più la nostra gli abbellimenti fatti dopo la guerra. Ma questo migliora- vita va alla ricerca del passato? Forse perché le delusioni mento estetico che ha portato tutti ad “incipriarsi un po’ ci portano inesorabilmente a fare a ritroso il cammino la faccia” non è sufficiente, se non si riesce a porre fine della vita? Continua nei ricordi del suo paese natio Don “alle lotte di fratelli” che tormentano da secoli questa Bellissimo, e ne loda la gente che sa affrontare la fatica gente che ha saputo con il poeta cantare “al sole, al vento, giornaliera “con gioia e con il canto”, anche se il male e le alle stelle”. Don Bellissimo morì a 41 anni, il 22.8.1965; alluvioni si abbattono sulle case e sulla campagna. Ri- morì suicida. Io mi chiedo come abbia potuto prendere corda “la gente vulcanica”, instancabile nel lavoro, legata una decisione così terribile, un uomo di fede, che aveva dall’amore se pur sparpagliata “tra le molte strade” del scritto poco tempo prima:” In ogni uomo ci sono abissi ed mondo. Ne esalta la laboriosità e la parsimonia e la con- altezze: ogni vita, una e irresistibile, nei suoi molteplici cezione sacra del pane che non deve essere mai buttato, aspetti, è fatta d’ideali che s’infrangono, spesso, contro ma raccolto, perfino nelle briciole cadute. In un gesto di la realtà. Ma nell’intimo sospiro del cuore c’è sempre la abbraccio amoroso, chiude la lirica esaltando la nobiltà nostalgia di una vita calma, innocente e grande”.

23 LA BARCUNATA La sepolta viva di Filadelfia di Vincenzo Ruperto

Quanti di noi hanno visto il film 'La sepolta I due amanti decidono di eliminarla, chiudendola in un viva', e quanti hanno trepidato per la storia lurido sotterraneo, sicuri che sarebbe ben presto morta. di quella giovane donna, isolata per colpa Sepolta viva è ritrovata dalle autorità di pubblica sicurezza dell'amore e dell'umana malvagità. Finzione dopo quattro anni. Mi fermo, meglio di me descrive tutto cinematografia tratta da un celebre romando l'anonimo giornalista sul settimanale Lo Scudiscio dell'11 con lo stesso titolo. Il successo fu tale, che si proseguì con maggio 1884. Sarebbe un ottimo argomento per un vero 'Il figlio della sepolta viva' e altri video. Rovistando su romanzo locale e, indagando sulla bambina, si potrebbe alcuni documenti, riguardanti le pubblicazioni dei numerosi avere altro romanzo con il titolo 'La Figlia della Sepolta giornali, fiorente nelle nostre comunità, dopo l'unità Viva'. Questo fatto è riportato come adesione al Movimento d'Italia, per lotte politiche, che non risparmiavano aspre contro le violenze sulle donne limitandoci all'articolo polemiche con insulti e odio personale e familiare, ho ri- scritto sullo Scudiscio dalla penna del sensibile ed erudito trovato un articolo giornalista, non sullo Scudiscio del- tanto ignoto alla l'11 maggio 1884, redazione del set- anno VI numero timanale. ''Il giorno sei. Avevo letto 6 corrente mese brevissimi articoli (maggio 1884) una su un fatto di cro- folla di gente, naca che aveva d'ambo i sessi, si scosso la comunità accalcava nei pressi filadelfiese e dei co- della casa del Sig. muni limitrofi, ar- Francesco Carne- ticoli che non de- vale, e faceva ressa stavano interesse alla porta di acces- date le notizie scar- so alla sala di bi- se e non documen- gliardo esercito da tate, ma la realtà tal Buonocore Mi- documentata è ve- chele di Maida. nuta fuori per caso. L'ingresso era però A Filadelfia, verso custodito dalla fine ottocento, si Vecchia immagine del centro storico di Filadelfia Pubblica Forza, pubblicavano due allo scopo di allon- giornali, Lo Scudiscio e Il Martello. Il primo promosso da tanare i curiosi, mentre il Delegato di P.S. ed il Maresciallo esponenti della famiglia Serrao del Compasso, stampato dei Reali Carabinieri, seguiti da 5 o 6 testimoni vi erano presso la tipografia della Società Operaia per lunghi anni, entrati. Fuvvi un'ora circa di aspettativa, dopo il quale il secondo era promosso da Annibale Mannacio, con dif- tempo il Delegato ed il Maresciallo si videro uscire coi te- fusione limitata più ai comuni limitrofi, al contrario dello stimoni da quella casa con il volto esterrefatto, pallido, Scudiscio con diffusione regionale, qualche copia anche certamente in seguito a qualche scena di orrore cui fuori, addirittura a Milano. Ho ritrovato la descrizione avevano assistito. Ecco quanto ci venne raccontato dai esatta sul quel fatto di cronaca nera avvenuto nel 1884, testimoni oculari. Entrato nella sala del bigliardo il fatta su un numero del giornale. Sono rimasto sorpreso Delegato col suo seguito, fece sollevare una stretta botola per come redatto l'articolo, con dovizia di particolari e praticata ad un angolo del pavimento, che veniva celata realisticamente toccanti. Altro che Sepolta viva del film, da una cassa. Ad uno ad uno si discese nel basso sottostante la realtà riportata desta orrore e amare considerazioni. per mezzo di una scala a pioli tutta sdrucita, e quivi all'in- Un certo Michele Buonocuore di Maida sposa una ragazza certo lume che penetrava da una buca, un miserando di Cortale, Bettina Campisano. La coppia si trasferisce a spettacolo si offerse alla loro vista. Era una larva che Filadelfia per aprire un Caffè con negozio. La coppia va oramai non aveva più nulla di umane sembianze. Giaceva d'accordo, l'amore non manca specialmente da parte della sul nudo e umido suolo tutta raggomitolata in sé stessa, moglie. Nasce una bambina. Michele incontra una donna colla testa chiusa fra le ginocchia, con le unghie enorme- del luogo, diventa il suo amante e addirittura se la porta mente crescenti, sembrava un corpo di bruto morto fra in casa come serva e la fa dormire nel letto nuziale. La gli stenti e le torture, se un lento, e appena sensibile povera moglie è esasperata, piange continuamente, accu- gemito non avesse indicato che ancora in quell'informe disce ai lavori domestici e si consola con la sua bambina. essere palpitava un filo di vita. ...continua a pag 25

24 LA BARCUNATA

...continua da pag 24 Quando si fu al caso di esaminare più da vicino la cosa, un nuovo senso di orrore successe alla prima impressione di sorpresa. Si conobbe essere una donna che tutta ignuda, ridotta come uno scheletro, solo a disotto del collo aveva avvolti i rimasugli di un sacco corroso e consunto, e sotto la testa un pugno di re- stoppio putrefatto, e fracido, ridotto a un mucchio di vermi. Aveva l'infelice i capelli arruffati, e intrisi nella schifosa mota di che era contaminato il suolo, e intorno e sotto a lei vedevasi lo sterco accumulato da più tempo, e l'Istruttore e il Procuratore del re per la compilazione del che mandava un puzzo irresistibile. Quel basso aveva processo. Ieri sono arrivati il padre, la sorella ed altri tutte le apparenze di un sotterramento come potevasi parenti della povera disseppellita, i quali esposero formale scorgere da un costante senso di umidità che tramandavano querela costituendosi parte civile. Speriamo che in un le pareti e la sola porta esterna che vi era si trovò caso tanto grave il magistrato riuscirà a far piena luce es- inchiodata, ed assicurata da una sbarra. Il primo che sendo la popolazione tutta indignata e inorridita. La ebbe a discendere fu una Guardia municipale, che coperse povera donna estratta da quel luogo fu subito soccorsa le pudende di quell'infelice con lo straccio di sacco di cui dalle pietose e sollecite cure del Delegato, ed ora assistita sopra abbiamo parlato. Quell'essere così ridotto era la dai parenti, stenta a riprendere l'uso della favella, non ha moglie del bigliardiere, che da circa quattro anni giaceva ripreso il libero movimento degli arti inferiori: la posizione colà rinchiusa e tenuta nel più profondo mistero. Si in cui pel freddo fu costretta a rimanere per tanto tempo chiama Bettina Campisano ed è nativa di Cortale. Ha soli la tiene tuttavia attrappita. Speriamo che la continuazione 35 anni! Tutti la ricordano quando il suo feroce marito, di cure effettuate possa salvare questa povera martire. circa otto anni fa, venne la prima volta in Filadelfia a Intanto ad onor del vero costatiamo che lo scoprimento metter su un Caffè. Era piuttosto una donnina belloccia, di questo barbaro e inumano tentato assassinio è dovuto affabile e che ebbe disgrazia di amar troppo suo marito. all'abilità, energia ed intelligenza del sig. Caizzi, Delegato Nei primi tempi i due coniugi vivevano d'accordo; lui di P.S. in Filadelfia, il quale coadiuvato energicamente intento al suo negozio, lei alle domestiche faccende e ad dal Maresciallo dei Reali Carabinieri non risparmiò cure allevare una bambina frutto del loro matrimonio. Ma col e fatiche. Questo servizio che giova tanto, più che altro tempo una tristezza invincibile cominciò a dominare l'in- alla pubblica moralità, ha destato una vera ammirazione felice donna. I vicini la sentivano continuamente piangere pel sig. Caizzi in tutta la nostra cittadinanza, speriamo e lamentarsi, e la vedevano di tratto in tratto ad abbracciare che non rimanga solo, e che le autorità locali proseguono la figlia, esclamando tra i singhiozzi: ''Povera figlia mia!'' nello scoprimento delle furfanterie d'ogni genere che Era l'accento della disperazione e del profondo dolore, ancora celano e restano impunite. E tanto è da sperare a ma nessuno poteva avvicinarsi per darle il minimo aiuto fama d'imparzialità ed avvedutezza che ha lasciato il sig. e conforto, il marito non permetteva ad alcuno di vederla, Caizzi nei luoghi in cui ha esercitato il suo difficile e e poco dopo le strappò dal fianco pure l'unica figlia! A proficuo ministero. giustificare tale misura allora il marito fece spargere la voce che sua moglie era impazzita, ma si venne a sapere che lui si era distaccato dalla moglie; teneva una druda che sotto il pretesto di serva occupava il di lei talamo nuziale ed eccitava in lei il demone della gelosia resa più insopportabile dall'abbandono e del maltrattamento di lei, e dell'infedele marito. Questo strazio continuo e sempre crescente esulcerò quel povero cuore e l'infelice col fatto divenne quasi pazza. Allora i due adulteri pensa- rono disfarsene, e la povera vittima fu chiusa ermeticamente in quel sotterraneo, dove ignuda, lurida, affamata languì per quattro lunghi anni, senza vedere altro volto che di tanto in tanto quello inesorabile del suo carnefice, e della serva druda, nelle ore che le recavano per cibo un bicchiere d'acqua, una fetta di pane e una broda. Sembra impossibile, e pure è vero. Tre lunghi e rigidi inverni passarono per quella infelice, sempre ignuda e sul nudo suolo e non è morta! Dio è grande, e non poteva permettere che simili mostruosità restassero impunite. Subito il Buonocuore, e la sua complice, vennero arrestati e tradotti a Nicastro facendosi un processo sommario. Tra non guari si attendono

25 LA BARCUNATA

Rinvenute le epigrafi che dovevano essere riportate sulle fontane di Filadelfia

di Antonio Paolillo

Ritengo opportuno pubblicare su “La Bar- fare tu con i medici? Qui d'estate e d'inverno bevi. (Ossia cunata” una mia ricerca condotta nel 2013 non avrai nulla a che fare con i medici se berrai l'acqua di sulle fontane di Filadelfia. L'occasione è Tre Fontane d'estate e d'inverno). Per la fonte di "Brisella", quella giusta, in quanto una delle fonti, la nel nostro dialetto "Brusedha": Tu Sorgae Vincis Lym- più emblematiche e attraente "La Ficarazza", phas, Tu, Sacra Briseis. Tu vinci (superi) le acque del in origine denominata del Caprifico (per l'esistenza di Sorga, (proprio) Tu, o sacra Briseide (Brisella!). Petrarca una pianta di fico selvatico in prossimità della sorgente), amava ritirarsi in raccoglimento interiore presso le sorgenti è candidata ai "Luoghi del Cuore FAI 2020". Ed ecco la del fiume Sorga, nella Valchiusa, non lontano da Avignone: sorprendente scoperta: Nel visionare un vecchio volume, il famosissimo paesaggio di "Chiare dolci fresche acque". gremito di severe e documentate notizie storiche "Mono- "Queste epigrafi della fontane, non incise e rimaste (a grafie e Memorie Reggine e Calabresi" di Antonio M. De quanto sappiamo) inedite, vengono comunicate - nel Lorenzo, Vescovo della Diocesi di Mileto dal 1889 al volume sopra citato - dal chiarissimo Mons. A. Pujia (Fi- 1898, vengo a conoscenza delle iscrizioni latine riguardanti ladelfia 1850 - Santa Severina, 1918), vicario generale di le epigrafi che dovevano suo fratello Carmelo, ve- essere collocate sulle scovo di Anglona e Tursi, fontane di Filadelfia. La e dimostrano come il prima, attribuita a pensiero locale non Mons. Giovanni Andrea obliava gli ideali, le spe- Serrao (Castelmonardo, ranze, i fiori che avevano 1731 - Potenza, 1799), circondato la culla della dedicata alla freschissi- nascente città". Ritengo ma fonte del "Caprifico", doveroso precisare che, oggi "Ficarazza", viene il colto sacerdote fila- così formulata: Aquam delfiese (che ben pochi Virginem Caprifici - conoscono), insigne cul- Publice Reductam - tore di studi storici ca- Cives Philadelpheni labresi e archeologo di - Novo Opere Muni- arte sacra, per di più in- verunt - Quae - Pro- signito del titolo di Pre- cul Expellis Morbos lato Domestico di Sua - Aegrisque Salutem Santità e Protonotario Fontana del Caprifico - "Ficarazza" Restituis - Felix Apostolico ad instar, Lympha Perennis Esto. L'acqua pura del Caprifico grazie a una serie di articoli pubblicati su riviste di ricerche (ossia che sgorga presso il fico selvatico) - canalizzata con archeologiche e storico-artistiche, assicura con competenza pubblica spesa - i cittadini di Filadelfia dotarono di una di giudizio, date, fatti e avvenimenti del nostro grande nuova costruzione. Tu che - allontani le malattie - restituisci passato. Per concludere, sarebbe storicamente rilevante la salute agli ammalati - sarai linfa salutare e perenne. che, in un futuro non troppo lontano, sulle strutture delle Per la stessa fonte, Domenico Cordopatri (Rizziconi, 1751 storiche fontane di Filadelfia, venissero riportate le epigrafi - Filadelfia 1818), autore di versi sia in latino che in sopra menzionate. italiano, nonché membro di parecchie accademie letterarie di Calabria che, nel 1786 sposa Eleonora Serrao, figlia di Tommaso, ultimo sindaco di Castelmonardo, detta la se- guente epigrafe: Hic Matronae Romanae Diebus Caprificialibus Laetatote. Qui o matrone Romane, nei giorni festivi del Caprifico, vi allieterete (ossia: qui, o donne di Filadelfia, discendenti dalle matrone romane, sarete rese fertili dell'acqua del Caprifico, durante le feste in suo nome). Allude ad un "presunto" potere generativo che l'acqua procurerebbe alle donne. In appresso il sacer- dote Giuseppe Monaldo (Filadelfia, 1814 - 1900), tra i più insigni poeti dialettali calabresi, detta due epigrafi, per la fonte denominata "Tre Fontane": Quid Tibi Cum Me- dicis? Hic Aestu, Frigore Pota. Che cosa hai a che

26 LA BARCUNATA Per non dimenticare gli artigiani di Vallelonga di Paolo Ierullo

Vallelonga fino agli inizi degli anni cin- ed essiccati al sole. Sicuramente molti articoli e prodotti i quanta, era prevalentemente un paese agri- vallelonghesi li compravano dagli artigiani dei paesi vicini colo. Il 75% dei suoi abitanti erano agricol- o durante le fiere della Madonna di Monserrato, della Ma- tori padroni dei terreni e tanti erano coloni donna Maggiore. Ad esempio: le pelli, i carboni e i lavori o mezzadri. Molti artigiani sono stati co- di terracotta si trovavano a Soriano e Gerocarne. I lavori stretti a divenire contadini per poter sopravvivere ai tempi di tornio erano fatti a Polia. I castratori usualmente veni- che poco offrivano. Nonostante questo, il paese vantava vano da Simbario. Le zappe, le accette e forse i vomeri molti artigiani valenti. E ancora oggi si può osservare e per gli aratri, le falci, le funi a Serra San Bruno e Soriano. ammirare ciò che rimane dei I basti per gli asini si costrui- loro lavori. Bellissime rin- vano a San Nicola da Crissa e ghiere in ferro battuto ador- Cardinale. Le pipe e i mortai nano i balconi dei palazzi lungo (de Zzuombi de bruvera) di ra- il corso e le vie del paese. Esi- dice d’erica si fabbricavano a stono ancora dei mobili anti- Pizzoni e Polia. Tantissimi chissimi che sono opere d’arte. utensili sono stati costruiti da- Nel cimitero, a pochi metri dal gli artigiani di Vallelonga, ma cancello dell’entrata, sulla de- purtroppo sono andati distrutti stra si può notare una bellis- o dimenticati. Peccato perché sima struttura architettonica avrebbero potuto fare parte di eretta in memoria del Sacer- un eventuale museo del nostro dote Gaspare Galati. Questa passato. Finita la guerra, alcuni scultura, il Calvario, il Pulpito dei sopravvissuti ancora in di- antico in chiesa sono attribuiti screte condizioni fisiche, ave- al maestro muratore Vincenzo vano ripreso le loro attività e Galati soprannominato “Ma- gli allievi incominciavano a la- stru Vicienzu Zzicchilonnu”. vorare in proprio; ma imitando Molti lavori in chiesa sono stati gli agricoltori, operai e brac- eseguiti da mastro Vincenzo cianti anche la maggioranza Galati insieme al falegname degli artigiani emigrano. La- Gregorio Marino tra cui la mo- sciano il Paese con rammarico, dellatura del vecchio Batti- odiando il sistema e disprez- stero. Come pure i due angeli zando le persone autoritarie e che si trovavano uno a destra prepotenti che abusavano del e l’altro a sinistra del palazzo potere, seppellendo così, l’ar- all’incrocio di via Roma e via tigianato tradizionale di Valle- Architettura nel cimitero di Vallelonga Veneto, distrutti quando la longa. casa è stata ricostruita. Francesco Galati, ebanista, inta- gliatore, scultore, falegname ha svolto il suo mestiere, prima e dopo della guerra, ha creato molti capolavori d’arte vincendo moltissimi premi. Il pulpito moderno e i confessionali, che si trovano nella chiesa di Vallelonga sono attribuiti a lui, a suo fratello Salvatore e a Vincenzino Bellissimo. Possiamo immaginare che, all’epoca, gli at- trezzi a disposizione erano pochi e rozzi. Tutti i lavori erano eseguiti a mano. Usualmente per i lavori eseguiti non si pagavano ma scambiavano con i servizi dati dagli altri operai. Tu mi fai i muri io ti faccio le porte, tu mi cuci i pantaloni io ti faccio le scarpe. Per i lavori resi ai contadini questi davano in cambio i loro prodotti di cam- pagna. Molte case, più antiche, oggi ruderi, in maggioranza quelle di campagna e quelle che si trovano nella zona sto- rica “Fondachello-Fontana Susu”, erano state costruite “de Briesti”, cioè con mattoni impastati di argilla e paglia

27 LA BARCUNATA Emigración, ir o dejar ir di Milena Garcia

Otra vez llega navidad y vuelven los recuer- Traduzione dos, la foto de familia, un año más de historia Emigrazione, vai o lascia andare y un 2020 atípico.Pese a las distancias y bloqueos La Barcunata llega este diciembre Il Natale è tornato e tornano i ricordi, la foto di famiglia, para reunir y darles las buenas nuevas a un altro anno di storia e un 2020 atipico. Nonostante le todos los calabreses dispersos por el mundo. Muchos son distanze e i blocchi, La Barcunata arriva questo dicembre los que un día decidieron partir en busca de fortuna. Se per raccogliere e comunicare la buona notizia a tutti i ca- fueron por otras tierras y en especial a La América, labresi sparsi nel mondo. Molti sono quelli che un giorno portando consigo un poco de ilusión y esperanza. Según hanno deciso di partire in cerca di fortuna. Sono andati consta en los libros eran tiempos de una Europa empo- in altre terre e soprattutto in America, portando con sé brecida azotada por constantes guerras que veía emigrar un po' d’illusione e speranza. Secondo quanto riportato sobre todo a los jóvenes, luego con el decursar de los nei libri, erano tempi di un'Europa impoverita afflitta da años muchas regiones no ofrecían el ansiado y bien retri- continue guerre che vedevano emigrare soprattutto giovani, buido trabajo.Tocó una vez más ponerse la coraza y pedir poi negli anni molte regioni non hanno offerto il lavoro la aprobación familiar de dejarlos ir con la esperanza de desiderato e ben pagato. Ha giocato ancora una volta un hasta luego. En esas tierras se enfrentaron a humildes l’importanza di mantenere una famiglia con la speranza labores, a las barreras impuestas por el idioma y el título di potersi riunire nuovamente. In quelle terre hanno de emigrante. Al arribar les tocaba labrarse un camino y dovuto affrontare umili fatiche, barriere imposte dalla ganarse el pan. En Cuba se encuentran hoy muchos des- lingua e dal titolo di emigrante. All'arrivo hanno dovuto cendientes originarios de Castrovillari, Cosenza, Orsomarso, ritagliarsi un sentiero e guadagnarsi il pane. A Cuba oggi Scalea, Napoles, entre otras ciudades. Mayoritariamente ci sono molti discendenti originari di Castrovillari, Cosenza, hombres que al llegar al caribe se enfrentaron a duros Orsomarso, Scalea, Napoli, tra le altre città. Per lo più trabajos, al antiguo oficio de zapateros iniciándose como uomini che, arrivati nei Caraibi, hanno affrontato lavori remendones de zapatos en las calles. Su altruismo, labo- pesanti, il mestiere del vecchio calzolaio, iniziando per le riosidad y las ganas de un mejor futuro les permitió ir ha- strade. Il loro altruismo, la laboriosità e il desiderio di un ciendo fortuna, llegar a montar talleres, bodegas, puestos futuro migliore hanno permesso loro di fare fortuna, di de comidas e irse ganando un prestigio social en las istituire laboratori, cantine, bancarelle di cibo e di acquisire labores artesanales y artísticas. Algunos lograron regresar prestigio sociale sia nell’artigianato che nel lavoro artistico. de vuelta y comprar tierras, ayudar a sus familiares, otros Alcuni sono riusciti a tornare indietro e acquistare terreni, hicieron vida y familia en el nuevo clima hasta el fin de aiutare le loro famiglie, altri hanno fatto una nuova vita e sus días. Pero lo importante ha sido el significado de su la famiglia nel nuovo clima fino alla fine dei loro giorni. coraje, el llevar con orgullo el título de emigrantes sin en- Ma la cosa importante era il significato del loro coraggio, cogerse de hombros. Sobreponerse con historias de sa- nel portare con orgoglio il titolo di emigrante senza alzare crificio ante cualquier adversidad, la abnegación y le spalle. Vinti da storie di sacrificio di fronte ad ogni av- humildad para imponerse sin permitir que las nuevas versità, abnegazione e umiltà per imporsi senza permettere urbes opacaran su intelecto. A aquellos que trabajando alle nuove città di oscurare il loro intelletto. A coloro che de manera honesta se han convertido en personalidades lavorando onestamente sono diventati personalità di destacadas o podido ocupar altos cargos públicos y spicco o hanno potuto occupare alte cariche pubbliche e políticos. Hombres que desde lejos educaron a su des- politiche. Uomini che hanno educato i loro figli da lontano cendencia en el camino de vuelta a casa, entre el amor de o sulla via del ritorno a casa, tra l'amore della patria la patria dejada y la nueva, en la felicidad de volver a jun- sinistra e quella nuova, nella felicità di essere imbrattati tarse para la foto navideña. También el homenaje a los di nuovo per la foto di Natale. Anche l'omaggio a chi ha que tuvieron la sensibilidad de quedarse a construir, a avuto la sensibilità di restare per costruire, a chi è ottimista los que son optimistas y esperan con el corazón alegre un e attende con cuore felice un prospero 2021. A tutti è ar- próspero 2021. A todos llegue el reconocimiento del rivato il riconoscimento del Comitato di Gestione del- Comité Gestor de Amistad Cuba –Italia Miguel D Estefano l'Amicizia Cuba - Italia Miguel D’Estefano Pisani, di Pisani, de la Filitalia Internacional y el abrazo solidario Filitalia International e l'abbraccio di solidarietà per tutti para todos los emigrantes y calabreses dispersos por el gli emigranti e calabresi sparsi per il mondo che un giorno mundo que un día tuvieron que decidir entre el ir o el hanno dovuto decidere tra andare o lasciare andare. dejar ir. Ci trovi su www.labarcunata.it e su www.kalabriatv.it

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Le Cento lire di una volta e i ricordi del passato di Giuseppe De Gennaro

Siamo quasi a metà giugno dell’anno 1946 lora ho sempre pensato al danaro come allo sterco del – più o meno, perché in questo mondo di diavolo. Vedo quei vasi pieni di leccornie e seduta stante ladri, di capi di abbigliamento firmati e di decido come spendere il capitale. Zio Peppino mi ha dato, telefoni cellulari è tutto approssimativo. In- con quella somma, quindici caramelle di diverso gusto fatti anche i numeri non sono più quelli di che io ho distribuito ai miei compagni più intimi. È stato una volta. Ricordo quando due più due faceva soltanto un bel regalo. I ragazzi felicissimi. Non è che tutti i giorni quattro. Non adesso. Due più due può fare tre, o cinque o viene uno e ti regala una caramella. Né tu hai i soldi per sei. Dipende dalle circostanze e dal matematico del mo- comprarla. A Pino Alessandro, sedevamo allo stesso mento ed il popolo sovrano ci crede ciecamente – sono banco, ne ho date due: una al gusto di menta ed una al- appena rientrato da Vibo Valentia dopo aver sostenuto l’anice. Mi ha confessato che era la prima volta che poteva gli esami di ammissione alla scuola media. Ricordo che tenere in mano due caramelle insieme. Quella era l’opu- ero particolarmente sollevato e contento. E ne avevo ben lenza dei tempi. Ancora ricordavo i regali che mi aveva donde. Contento perché avevo superato gli esami ed avevo portato la Befana nel passato Natale. E sì. Non esisteva, conosciuto la città Bella e grandissima. Anche se i ragazzi allora, Babbo Natale. Non sapevamo niente di questo per- mi facevano il verso per il mio dialetto diverso dal loro. sonaggio. Aspettavamo, il sei gennaio, la vecchia cara e Si, l’idioma poteva essere diverso, ma la fame e la miseria dolce Befana. E non c’era l’albero di Natale con le sue fan- erano le stesse del paese. Contento perché mia madre mi tasmagoriche pagane luci, ma semplicemente il tradizio- aveva regalato, come premio, inaspettato e gradito, per la nale Presepe. E la Befana mi aveva portato: una mela, un dura prova superata, dieci lire. E mi son dovuto spremere mandarino ed una cioccolata. Cosa chiedere di più? Te- le meningi per trovare come meglio investire il sostanzioso niamo presente che il mandarino era considerato una ra- capitale. E, mentre andavo al municipio, dove c’era la no- rità`. Al paese si vedevano ogni morte di Papa. Anche stra aula- almeno così era da noi definita quella camera l’arancia (lu portogallu) era un frutto che si vedeva poco. dai pavimenti rotti, dalle finestre con mezzi vetri e dal- Ah, c’era il vecchio e simpatico stagnino, aveva la fucina l’intonaco cadente. Feroci spifferi ci arrivavano addosso all’inizio di Via Fiorentino, che “lu portogallo” lo chiamava congelandoci. E non era cosa rara al mattino, durante i “arangu” e noi ridevamo nel sentire quello strano termine. mesi invernali, trovare il ghiaccio sui vetri. E noi, facendo E, poi, il Natale degli anni quaranta non era come quello di necessità virtù, ci divertivamo ad incidere i nostri nomi. odierno. Era una festa mistica, eucaristica non contagiata Quello passava il convento - e dove i miei compagni aspet- dal godereccio malsano consumismo. Mai avremmo im- tavano di sapere l’esito degli esami di quinta elementare maginato la frenetica orgiastica corsa a comprare delle – una pietra miliare per molti - passo davanti al bar di zio inutili cianfrusaglie. Ed eravamo meno ipocriti. Mi spiego: Peppino Simonetta. L’unico bar del paese. Così c’era non aspettavamo il Natale per essere buoni. Se eravamo scritto su un pezzo di scolorito cartone appiccicato alla buoni lo eravamo per tutto l’anno, se cattivi, cattivi per porta: Bar. Si trovava in via Alighieri, una trentina di tutto l’anno. ...continua a pag 30 metri dopo la bettola di Facciolo, davanti la casa dove adesso abita il maestro Antonio Teti. Un piccolo bancone con sopra quattro conte- nitori (boccacci) di vetro pieni di caramelle di diverso gusto e diversa grandezza, una decina di gassose – quelle con la pallina di vetro tanto ricercata da noi ragazzi -, uno sgan- gherato tavolino per eventuali gio- catori di carte, ed il braciere con la caffettiera (alla turca, quello pas- sava il convento). A parte il fatto che il caffè fatto alla turca è ottimo e molto più bevibile di quello che oggi si fa in molte case degli italiani con quelle macchinette automatiche moderne dallo stile “griffato” (Lo so, “noblesse oblige”). Quelle dieci Banconota da cento lire lire in tasca mi bruciavano. Fin d’al-

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...continua da pag 29 Adesso qualsiasi figlio di mi- liere, con la G maiuscola). I miei genitori trovano la solu- gnotta (scusate) fa il buono il giorno di Natale ed è con- zione. Mi faranno mettere le scarpe di mia sorella Emilia. vinto di essersi guadagnato tutte le indulgenze plenarie Un piccolo dettaglio ignorato da tutti. Il mio piede è più (Dove sei Martin Lutero?) che gli aprono le porte del Pa- grande, ma davvero più grande, di quello di Emilia. Ero radiso. Inoltre, per me, il Natale era un avvenimento spe- esile e magro, ma i benedetti piedi sembravano delle bar- ciale. Mio padre – era ritornato dall’Albania - andava, in- che. Ma non è il caso di cercare il pelo nell’uovo. A Vibo sieme a Liborio Telesa (abitava a “Lu Carvariu” la suocera debbo andare. Le mie scarpe non sono in condizioni di aveva il forno) a fare il presepe a Santa Maria. Io ed essere presentate al pubblico della citta`. Stefano è stato Abramo, il figlio di Liborio e mio coetaneo, andavamo ancora una volta chiaro. Quando tornerai da Vibo troverai con loro. Per noi era una festa. La prima cosa era una le nuove scarpe. E va bene, facciamo di necessità virtu` scorpacciata di mirtilli (mortijra). Giusto difronte il can- (io, non loro). Una tortura indescrivibile, dieci giorni lun- cello della vigna di Vito Perri c’era un rigoglioso mirtillo ghi come una Via Crucis. Da allora per i restanti sessan- con centinaia di palline nere. Ci riempivamo le tasche da tasette anni ho sempre usato una misura in più`. Anche portare a casa. E a mezzogiorno mangiavamo in casa del- noi comuni mortali abbiamo diritto a levarci qualche pic- l’eremita accanto al focolare. Mio padre e Liborio porta- cola e non costosa soddisfazione. Ancora oggi, quando vano sempre abbondante cibo (salame, formaggio, olive) andiamo, Lia ed io, a comprare le mie scarpe lei non si in modo che ne rimanesse un bel po’ per il simpatico ere- spiega, dopo aver toccato dal tacco alla punta – aspetta, mita. E l’immancabile fiasco di vino. A proposito di aspetta, qui rimane spazio vuoto, da questo lato mi sembra Abramo Telesa, ci siamo rivisti in Argentina verso la fine larga, etc.- perché` voglio le scarpe una misura superiore. degli anni Cinquanta. Ed abbiamo parlato della “mortijra” La mia più importante personale rivincita sulla dea ben- e dell’eremita. Poi non ci siamo più visti. Da poco ho sa- data. Ma torniamo a noi. Giugno inoltrato e vacanze ini- puto che è morto. La guerra era appena finita. Ancora ziate. Non ci sono molti ragazzi in giro. La maggior parte non erano rientrati tutti i prigionieri, specialmente quelli aiuta i genitori, in campagna un paio di braccia non sono dalla Russia. La fame era stampata sul viso della gente. mai troppi, gli altri vanno presso le botteghe degli artigiani La vedevi nelle strade camminare insieme a noi. Si, ci ac- ad imparare un mestiere (vaju a lu masthru). Gli artigiani compagnava la fame per ventiquattro ore al giorno. Do- erano numerosi e bravissimi. Più che artigiani erano degli vunque volgevi lo sguardo la vedevi aleggiare nell’aria artisti. Si produceva tutto al paese, non avevamo bisogno come una nuvola nera foriera di maltempo. Quattro fichi dei cinesi. Gli amici comparivano verso il crepuscolo. Al- secchi ed un pezzo di pane di ignota data: un pranzo invi- lora si giocava “allu surici” alla cavallina, “all’ammuccia”, diabile. Dieci olive ed un pezzettino di pane “mucato” e “cu lu pirrocciolo”, oppure su tardi Pina de li Pendagghi non avevamo bisogno di seguire i programmi culinari ci raccontava qualche “cuntu”. Interessanti e seguitissimi. della televisione odierna. Il lato positivo era che le nostre Ed io dovevo trovare il modo di passare la giornata senza massaie non dovevano sprecare soldi per comprare ricet- oziare. E, si. Noi allora non avevamo né la play station né tari di cucina. E, come dicevo, sollevato. Molto sollevato. la televisione a lavarci il cervello. Meno male, eravamo li- E ne avevo ben ragione. Avevo passato dieci lunghi inter- beri di pensare, giusto o sbagliato, con il nostro intelletto. minabili giorni con le scarpe di mia sorella Emilia. Che, Nella grande miseria qualcosa di positivo si poteva trovare. ad onore del vero, era un bel paio di scarpe. Ma all’occhio Io mi ero organizzato bene. Da leggere non mi mancava. dell’attento osservatore non poteva sfuggire che erano Abitava alla Caria, mi sfugge il nome, il ragazzo che mi ha scarpe da ragazza. Qualche settimana prima del viaggio a prestato tre libri di Salgari: La regina dei Caraibi, le Tigri Vibo, i miei genitori si sono accorti che le mie scarpe erano di Mompracem e il corsaro Nero. Un suo zio li aveva por- impresentabili. E si, noi ragazzi eravamo dei piccoli sel- tati da Verona. Ed io con i libri di Salgari ho incominciato vaggi. Non avevamo niente da invidiare ad Attila e le sue un lungo piacevole viaggio. Francesco de “L’Addornati” orde. E le strade non ci erano di aiuto. Pietre e fango con- mi aveva prestato “Il Padrone delle Ferriere” una teleno- tribuivano al logoramento dei calzari. Dell’asfalto nem- vella strappalacrime che a quella età consideravo un gran- meno sapevano l’esistenza. L’unica strada decente era la dissimo capolavoro. E, se ricordo bene, era stato proibito statale 110 (la vereggia) tutta brecciame. Ci precipitiamo da Santa Romana Chiesa. Infatti lo dovevo tenere nasco- da Stefano Teti, la porta accanto, per un paio di scarpe sto. Adesso sarebbe roba da asilo infantile. E si, la cosa nuove. Come sempre occupatissimo. Ma adesso sta aspet- più importante era la salvezza dell’anima, e perciò non si tando il cuoio e la suola che dovrà venire da Soriano, e doveva leggere niente che trattasse di amori clandestini. non ha idea quando li riceverà`. Impossibile prima di, al- Uno poteva tranquillamente morire di fame e di malattie meno, tre settimane. Ma, vivo o morto, a Vibo ci dovevo assortite delle quali nemmeno i nomi conoscevamo, ma andare. Avevamo già affrontato delle spese. La tassa con l’animo “mondo”. Ed ogni lunedì arrivava il tanto at- d’iscrizione, la domanda su carta da bollo, le foto formato teso “Avventuroso” con il nostro eroe Arizona Kid che im- tessera fatte a Capistrano da Lo Moro per il foglio di rico- perversava nel Far West. Gli “ Western” in em- noscimento, sempre su carta da bollo (lo stato italiano brione, che dopo qualche decade il bravo Sergio Leone non ha mai smentito la sua non usurpata fama di Gabel- doveva portare al successo. ...continua a pag 31

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continua da pag 30 Avventuroso, Orizzonti e Grand vedere cosa era successo. Altro che Leonardo. Altro che Hotel erano le uniche riviste che arrivavano al paese. Poi, Michelangelo. Il mio intonaco era li`, bello, asciutto. Per- dopo qualche anno abbiamo avuto la prima edicola. “Lu fetto. Improvvisamente mi son sentito come un gigante. Trhu Vitu”, in piazza Marconi ha incominciato a portare Una zuppa di e pane (se ricordo bene quell’anno il un po’ di tutto. Ed a proposito de “Lu Trhu Vitu” in paese latte ce lo portava una signora. Mi spiego meglio. La lo chiamavano “il giornalista”. Inoltre avevo a disposizione signora, più che spesso, veniva con le capre e mungeva il il grande orto dietro casa dove potevo dare sfogo alla mia latte nel contenitore di mia madre. Nessuno poteva fantasia ed alla mia irrequietezza. Usando pietre e fango, dubitare della freschezza del prodotto. E non avevamo che non mancavano, passavo buona parte delle mattinate bisogno di cercare la data di scadenza) e corro al lavoro. costruendo case e ponti in miniatura. Ed ero anche bravo. Un altro paio di viaggi al canneto. Diecine di viaggi alla Spesso Vincenza “de li Pendagghi”, dal suo orto limitrofo, fontana. E dopo tre giorni il “palazzo” era pronto. Vincenza si fermava ad ammirare le mie costruzioni. C’era, attaccata felicissima. Era preoccupata perché` d’inverno il maiale alla sua casa, da tempo immemorabile, una baracchetta poteva soffrire il freddo. Ed il maiale bisognava trattarlo che ospitava il maiale di famiglia. Se ne viene un giorno e bene. Morsa tua, Vita mea. Risolveva i molti problemi di mi fa una proposta: - Ho visto che sopravvivenza. Il lavoro supera tutte le sei bravo come muratore. Se tu mi ispezioni (e si dopo Vincenza anche Te- copri “cu taju” tutti i buchi. Delle resa e Pina vollero accertarsi che l’into- pareti, ti do cento lire e dalla Vazza- naco fosse stato fatto rispettando tutte nita ti compro una ricotta. La Vaz- le norme del Genio Civile) Vincenza mi zanita era una anziana signora che dà le cento lire e mi dice di andare il tutte le mattine, caldo o freddo, neve mattino dopo, quando arrivava la Vaz- o pioggia, veniva dalle campagne di zanita, a prendere la ricotta. Cento lire Vazzano (o Pizzoni, non ricordo bene sono una bella cifra, se pensiamo che anche se una volta sono stato alla con trenta lire di sarde, siamo sempre mandria) con una capiente “sporta” nell’anno di grazia 1946, ci mangia una e portava il latte e le ricotte. Una famiglia. Io mi sentivo, più che impor- donna che era la bontà in persona. tante, realizzato. Cento lire guadagnate. Il viso triste. Gli occhi rassegnati Cento lire sudate. Ed è stato la`, nell’orto chissà a quale triste destino. Scher- di casa mia, con le cento lire in mano, ziamo? Cento lire ed una ricotta? che ho capito che nella vita bene o male Ho subito accettato la proposta. Con- me la sarei cavata. Ed ho anche capito tratto fatto. Domattina mi metto al che avrei dovuto contare soltanto sulle lavoro. Una fortuna avere l’acqua Maria Vincenza Malfarà mie capacita`. Ed ho capito che non vicina. La cara e tanto bistrattata “de li Pendagghi” avrei dovuto aspettare niente da nessuno. fontana della “Papa”. Incomincio al mattino presto di E, partendo da quelle mai dimenticate cento lire, qualsiasi buona lena. Verso mezzogiorno avevo intonacato quasi centesimo entrato nelle mie tasche è stato il risultato del mezza parete. Mi chiama mia madre per salire a mangiare. mio lavoro. Qualsiasi lavoro esso sia stato. Tutto guadagnato Faccio in fretta e ritorno al lavoro. Per poco non mi e sudato. Niente regali e niente eredita. prende un accidente. Il fango “l’intonaco” era caduto. Non aveva fatto presa sul vecchio legno. E no. Non mi ar- E’ vietata ogni riproduzione, anche parziale, rendo. Qualcosa dovrò fare per fare attecchire questo be- degli articoli contenuti sul periodico nedetto fango. Penso e ripenso. Penso e ripenso. Mi si ac- La Barcunata, senza autorizzazione scritta cende la fatidica lampadina. Ricordo dei muratori che della Redazione. costruivano le pareti interne delle case con le canne. Ogni articolo pubblicato rispecchia Pensato e subito messo in atto. Lungo il “Fiume Dorico” esclusivamente il pensiero dell’autore. dopo il mulino della “Stellina” c’è un foltissimo canneto. Mi munisco di coltello e ne porto sul cantiere una decina. Le rompo e ne faccio delle lunghe strisce. Lungo i legni che formavano le pareti della dimora dello sfortunato suino intreccio queste strisce di canna una ogni cinque centimetri. Ci riprovo riciclando il fango caduto. Ne intonaco mezza parete che già si è fatto sera. Meglio cosi`. Domattina vedrò se l’esperimento è riuscito. Inutile dire che ho dormito malissimo. Pensavo a come avrei trovato la mia opera. Pensavo alla delusione che avrei provato se le canne mi avessero tradito. Non era ancora l’aurora quando sono corso nella “loggia” di casa per

31 LA BARCUNATA Un filo di seta La via della seta passava anche da noi di Michele Roccisano “Chiove chiove chiove/ E la gatta si era questo: se volevi le sue uova dovevi impegnarti a ven- frije l’ova/E lu surici si marita/Cu la dergli la seta che avresti prodotto. Lui voleva il monopolio. coppola de sita” Non a caso veniva da Catanzaro, la capitale della seta. E Mi pare di vederlo, quel topo, che avanza su così in molte famiglie, in quelle piccole e povere casette, due piedi, solenne, pomposo, orgoglioso, a si produceva, nientemeno, il tessuto più nobile che ci sia, braccetto con la sua sposa topolina, esibendo la sua fiam- la seta, oltre che tessuti di lino, di lana, di ginestra. Molte mante e lucida coppola di seta. La gatta, anziché dargli la famiglie riuscivano a sopravvivere così, con questa piccola caccia, sospende per un attimo la loro eterna guerra e si economia domestica. Le uova erano bianche e piccole accontenta, per una volta, di friggersi le uova, anziché come li cucuja, la grandine, quando la grandine era bella mangiare carne di topo. E’ solo fina come la pastina e non come una filastrocca –si dice spesso adesso che dal cielo piovono maz- per minimizzare - quasi una fila- zacani. A guardarli bene, sembra- strocca non potesse essere una vano anche cundragghi, confetti grande opera d’arte. E invece è bianchi. Ed ecco perché si diceva, capolavoro letterario: c’è l’idea, cucuja e cucujaru. Lui vestiva di la creatività, l’irresistibile simpatia seta, candida seta, per pubbliciz- unita alla speciale comicità in zare il prodotto finito. Ricordia- questo bozzetto… E poi quella molo quando serve: “A Napoli si sorpresa finale stupefacente: non fanno lì carrozze, a Catanzaro za- la camicia, non i calzoni o il pan- gareje e lizzi, a Munteleuni chiavi ciotto di seta, no. La coppola di e catinazzi, a Surianu pignateje e seta! Spesso l’arte più difficile è vozze”. Zagareje e lizzi. Cos’erano riuscire a fare un’opera compiuta ‘sti lizzi (“Maestro, il senso lor con un solo verso, una sola frase, m’è duro”) chiedo al mio infallibile come certi pittori che ti creano consulente in proverbi, tradizioni un universo di emozioni e di bel- e antichità, Maestro Domenico lezza con poche, azzeccate pen- (Mico) Tallarico. E lui mi risponde nellate. Ma quando piove poco e sicuro: “Li lizzi sono i fili di seta col sole si maritano non solo i tesi dall’alto in basso nel telaio. topi ma anche le serpi le quali Attorno alli lizzi passava la navetta non hanno bisogno di vestirsi per col filo e piano piano si tesseva l’occasione perché il loro abito Menade danzante in abito di seta Pompei l’ordito”. Certo per qualche secolo naturale è lucido, splendente, can- (I secolo A.C.) Catanzaro ebbe questo primato giante, elegante e screziato come la seta. La seta prodotta in Europa: la città crocevia della seta. E infatti: “Di duvi nei nostri paesini! Un accostamento che suona quasi siti, giuvani? Simu di Catanzaru. Portamo sita a vindiri, come un sacrilegio o una battuta comica. Eppure era d’ogni culuri ‘ndavimu. Chiamatindi a Donna Candia che così. Fino agli anni 40 del passato secolo, un personaggio è solita comprari…”- cantava Otello Profazio riprendendo pittoresco, con un abito bianco di seta, passava nei nostri e valorizzando, come sempre, una canzone del filone tur- paesi, ruga per ruga, vandijando un prodotto speciale e chesco. Donna Candia, bella e sventurata, rapita al marito, unico: “Cucuju, cucuju, passa lu Cucujaru”. Ciò accadeva alla sua famiglia, a so figghiu Tirdulici (Teodorico) e sempre ai primi di Aprile: “Ad Aprile mente luvermu e violata dai saraceni, preferì buttarsi a mare… Pure lei ha non lu dire”. Fra poco vedremo perché non bisognava a che fare con la seta. E non solo perché la comprava dirlo. Aprile era il mese chiave e se volevi che l’attività ti spesso. L’ultima strofa della canzone narrache “li soicapigghi andasse bene dovevi pregare per il bel tempo, per una bellissimi trovaru ‘i piscaturi), capelli biondi, forti e primavera calda e non umida: “Si de San Marco (25 morbidi come la seta, appunto. Di quei capelli “Ficiru Aprile) piove, pigghia lu siricu e jettalu fora”. Tanto seta cordidi cembalu pe’ ci fari la musica”. Quei capelli avevano per quell’anno non ne farai. Siricu, serico, il pregio della la forza, la flessibilità, il fruscio quasi musicale della seta. seta. Tutti conoscevano il cucujaru, perché era sempre lo Perciò diventano lo strumento musicale per suonare stesso: “Speriamo che questa volta la simente è bona, che quella dolorosa tragedia famigliare. Ma siamo già alli l’altra volta ni vindistivu cacinata. L’ova sono morti tutti”. lizzi e alli zagareje? Piano. Arrivare alla seta non era Era la tattica per cercare di abbassare il prezzo. Il Cucujaru, facile. Le uova erano solo la “semente” della seta. Unun però, non lo gabbavi: “Voi scherzate. Senza l’ova boni prodotto delicato e fragile: il loro nemico era il freddo. come l’avete fatta la seta che mi avete venduto”. Il patto ...continua a pag 33

32 LA BARCUNATA

...continua da pag 32 Quindi, bisognava covare quelle di seta preziosi e splendenti. Abiti da re. Gli imperatori uova come fa la jhocca con le proprie. Andavano assistiti, delle grandi dinastie cinesi mandavano tanta seta in occi- coccolati, perché da loro nascesse il baco e quindi la seta. dente. Pensate che l’Imperatore della Cina, tramite i La jhocca qui era la donna (e chi, sennò? Solo una mamma Fratelli Polo, assieme a tante balle di seta, mandò una può scaldare le uova). Le donne si portavano quegli ovetti imbasciata pressante al Papa chiedendo in cambio l’invio nel petto ovunque andassero per non farli morire: avevano di cento saggi in Cina. Mica fesso: lui preferiva la saggezza bisogno di caldo continuo. Perciò quando la donna aveva a tutte le altre merci dell’Occidente che per i cinesi doveva un petto particolarmente prosperoso, si diceva di lei: essere leggendario almeno quanto lo era la Cina per noi. “Quella lo tiene caldo lu cucuju”. Al solito, la migliore Ma la cercava nel posto sbagliato. Già allora. Voi penserete cova, il migliore, più caldo e più confortevole nido era il che il Papa non dovette faticare molto per trovare cento petto delle donne. Domandate ai bimbi, se non ci credete. saggi in tutta l’Europa e l’Oriente cristiano. E pure io lo Qui bisognava far nascere, da quella amorosa e lunga credevo. Invece, al ritorno, i Polo portarono al Gran Khan cova, quei lenti, pigri, mangioni ma geniali sirichi, i bachi della Cina una lettera con la risposta desolata del Papa: da seta! Quado l’inverno era troppo duro e lungo, il petto “Mi dispiace, Sublime Altezza, ma non è possibile soddisfare delle donne non bastava più, e allora si accendevano la Vostra richiesta”! E dove li trovava cento saggi quel delle fascine di bruvera per tenere caldi uova e vermi povero Papa? La saggezza è una merce rara che vale appena nati sparsi su argagni, cannizzi, carigghiotte. Ve- molto più di tutta la seta del mondo. Trovare in tutto nivano intrecciate con verghe di salaco, olmo, castagno o l’Occidente 100 saggi era tanto difficile quanto lo fu per ulivo, come sporte e panari, ma anche di cariglio, il nome Abramo trovare cento giusti, per salvare Sodoma e dialettale del cerro, da cui carigghiotto. Oppure mettevano Gomorra dalla pioggia di fuoco. E infatti non ne trovò sotto il braciere. Spesso andava a fuoco anche la casa. neppure dieci. Mai una cosa più lussuosa è stata intessuta Erano piccole casette di sterru, di breste, senza soffitto, da un animaletto così umile e semplice a cui diamo il ad aria di ciaramidi. Le pareti erano davvero antisismiche: nome ingiurioso di verme. Quando gli va bene, lo chia- canne intonacate col fango. Il vantaggio era che il fumo miamo baco. E fin qui, l’offesa e l’ingratitudine degli usciva tranquillo dal tetto a larghe volute. E siccome uomini resta, perché soliamo chiamare baco l’uomo mobili non ce n’erano non c’era rischio che il fumo li ro- sciocco, passivo, senza volontà, senza orgoglio e senz’anima. vinasse: quando si dice la fortuna sfacciata dei poveri! Ma la giustizia per il povero baco, infine, ha trionfato e Eppure la storia della seta nel mondo presenta scenari abbiamo aggiunto “da seta”, dandogli almeno l’identità e ben più alti e maestosi, tanto da aver tracciato nei secoli e la denominazione della cosa per cui il baco nasce, vive, nei millenni una strada, una rotta, un percorso famoso e lavora e muore: la seta! La sola parola sa di nobiltà, di indelebile di cui si parla molto anche oggi: la mitica via leggerezza, morbidezza, brillantezza. E così la mitica della seta. Così preziosa e così ricercata, la seta, da dare il strada della seta, attraverso viottoli stretti, umili e ignorati, nome alla via più lunga, al cammino più avventuroso che passava in qualche modo anche da noi, dai nostri miseri l’umanità abbia mai solcato. Carovaniere, carovane, ca- paesini.E quel filo di seta diventava anche un filo di spe- ravanserragli, per oltre diecimila chilometri, attraverso, ranza. Era come se nel grande fiume della seta confluissero mari e fiumi, i deserti infuocati dell’Arabia e della Persia, migliaia di rivoli, di ruscelli provenienti da tutti i paesini piste polverose e roventi e poi le gelide steppe dell’Asia della Calabria. Curioso pensare che in quelle casette mo- che portavano alla leggendaria Samarcanda dalle cupole deste, fra quella gente umile si produceva quel panno ri- d’oro, alle montagna dell’Armenia, dove ancora da qualche cercato da imperatori, nobili, principesse, regine, papi, parte si cerca l’Arca di Noè, gli intricati crocicchi di cardinali. Quel panno che nessuno di quelli che la produ- Buchara la bella, dove si intessevano e si intessano ancora cevano poteva mai indossare. Era come arare, seminare, tappeti leggendari, e poi i monti del Panshir, e quindi mietere, fare il grano, tutto per i signori. Era come fare il verso l’Asia dei Mongoli, le lande desolate del deserto del pane bianco senza poterlo assaggiare, se non in punto di Gobi, sino ad arrivare alla grandiosa Gambaluc, celebre e morte, quando non si ha più né fame né gusto. Appena le splendente per ottomila anni di storia e di gloria, capitale uova stavano per aprirsi si doveva provvedere immedia- dell’Impero del Gran Khan. Gambaluc, così chiamavano tamente a portare le foglie di gelso. Perché il baco è Pechino i primi Italiani che ci andarono, e fra questi la fa- davvero mangiunejo, non fa altro che mangiare, mangia miglia di Marco Polo. Quando Marco Polo arrivò a Gam- e si ingozza notte e giorno. Ma benedetto il cibo che gli baluc la prima cosa che lo colpì fu proprio la bellezza, il date: da quel cibo nasce il prodotto più raffinato e più na- fulgore, gli speciali colori cangianti di quei preziosi panni turale, un prodotto che tutta la nostra scienza e industria che ammaliarono i veneziani della Serenissima e gli altri non riusciranno mai ad eguagliare con le loro “fibre sin- europei. E appresero che si trattava della seta che i cinesi tetiche”. La sua dieta è rigida, unica, semplice e difficile avevano scoperto e utilizzato più di cinquemila anni come quella del panda: questo mangia solo bambù e il prima. Questo speciale panno affascinò talmente l’occidente sirico mangia solo foglie di gelso. Niente altro. Il gelso, che nacque subito un fiorente commercio. Così venne signori, era un albero di grande valore al pari dell’ulivo e tracciata la via della seta che si aggiungeva alla via del- del fico. l’incenso e delle spezie. Anche i Re Magi vestivano abiti ...continua a pag 34

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...continua da pag 33 Il gelso valeva quasi quanto valeva maletto, ripagandoti per la tanta cura che gli avevi dato. la seta: senza foglia di gelso, niente siricu, niente seta. Dopo averlo filato attorno a quei rami, il baco prendeva Negli atti notarili del settecento, ottocento e primi del quel filo da un capo e se lo avvolgeva tutto attorno al novecento si specificava spesso: “Campo con alberi di corpo per formare il bozzolo, si imbottiva in mille fasce di ulivo, 3 alberi di fico e due di gelso”. E a San Nicola di seta. Oh, non è mai successo che il baco intrecciasse male certo il gelso non era abbondante, visto il clima. E allora e in disordine il bozzolo, come può capitare a noi esseri bisognava scendere nelle vallate, verso i luoghi caldi. umani che non ne veniamo mai a capo,non troviamo mai Molti arrivavano sino a Cellaro, all’Angitola, alla jhiumarata, il capo, il bandolo della matassa che è sempre intricata, a Ponte di Ferro verso S. Angelo, per comprare la frunda, avviluppata. Così si formavano i bozzoli di seta bianca foglia del gelso da offrire ai famelici bachi: “Mama mi che in tutti i nostri paesi si chiamavano… Ve lo dico con mandau cu poco pane e cu lu saccu rande”. Riempivano un indovinello: “Rumbulejo Rumbulava senza pedi cami- grandi sacchi pizzitani di foglie carcate di gelso e li nava, senza culu si sedia. Ma chi diavulu chi avia”? Era portavano sugli argagni davanti alla bocca dei bachi. l’agghiommaro di seta, di lino, di lana. L’Agghiommaro Quelli –che Dio li benedica- non facevano altro che man- può esser di spago, di stoppa, di lana, di un filo comunque. giare. Ed erano così importanti per la sopravvivenza della Ma l’agghiommaro più prezioso era quello della seta. Il famiglia che passava il prete con l’acqua santa per benedirli filo che lo formava poteva esser lungo ben 800 metri o come avviene il lunedì del- anche un chilometro. Capito l’Angelo quando si benedico- quel piccolo verme cosa è ca- no le case. Su quelle uova, su pace di fare? Si avvolgeva at- quei vermi, su quelle foglie si torno un chilometro di filo di mettevano immagini di santi, seta, si vestiva del manto re- Madonne e Crocifissi. Ma poi, gale che aveva prodotto e tes- le donne piangevano i bachi suto. E certo non lo raffred- anche per allontanare il ma- dava neppure il soffio gelido locchio. E giravano il paese della Provenza. Così si diceva per trovare la più brava sdoc- anche delle persone che si av- chiatura. Altrove, oltre che volgevano di troppi maglioni, sdocchiare, si diceva anche sciarpe, giacche, cappotti e ciarmare (charme, charmer). cappelli: “Mi pari nu siricu”! Vedete, ciarmare è una cura Questo era il momento più più importante della sdoc- delicato della lavorazione della chiatura: sa di magia, è come seta: bisognava stare attenti levare la magaria, guarire e a non perdere l’attimo altri- proteggere dal male, dall’in- Il baco da seta menti lo stesso siricu - che vidia, dalla rovina, i propri cari e la propria roba. E aveva prodotto quel prezioso filo e formato quel benedetto ovunque si piangeva tanto il baco che si arrivò a piangere bozzolo o ajjhiommaro che dir si voglia- se gli lasciavi il anche le persone: “O cummare, vorriamu ciangiuti como tempo, lo rovinava coi suoi rifiuti. E allora occorreva lu siricu.Come Dio voleva, le cose molto spesso andavano subito mettere la caldaia sul fuoco e buttarci dentro tutti bene. Quando arrivava la Pentecoste (“La vera nutricata i bozzoli per fare uscire il baco dal bozzolo prima che ro- è di Pasqua rosata”) il baco era bello sazio ed era pronto a vinasse il suo capolavoro. I poveri bachi, insomma, finito restituire tutto ciò che aveva mangiato emettendo il suo il loro compito e dopo tante mangiate e gozzoviglie, dove- magico filo di seta. Ogni cosa va fatta al suo tempo, non si vano morire prima che – spinti da un Dio invidioso e può forzare il tempo, la stagione, la natura.: “Si non fili capriccioso- guastassero la loro opera d’arte. Viene in no cottu e no crudu poi veni majiu e ti gratti lu culu”. mente quell’ impertinente poeta orientale che rivolgendosi Chiedo venia, mai proverbi hanno spesso un modo un po’ a Dio per lamentare l’infelicità dell’uomo destinato a colorito ma efficace per rendere l’idea. Ti immagini cosa morire: “Se non è una creatura buona perché l’hai fatta? verrebbe fuori se sostituissimo l’ultima parola con di E se invece è buona perché la distruggi?” Ecco, lo stesso dietro o sedere?Molte erano la famiglie che allevano il verrebbe da dire al dispettoso baco… Anche questo fe- baco e producevano la seta per venderla al catanzarese: nomeno è davvero curioso e paradossale. Ma come, man- c’erano la famiglia dei Cicala (Tallarico); li Surdi da giavano foglie di gelso per mesi, producevano quel por- parte della nonna; li Ngrisi, la famiglia Bosco; la famiglia tentoso e preziosissimo filo, lo avvolgevano, se ne avvol- Signorello, sia di parte materna che paterna; gli zii e le gevano attorno. E poi, quando stavano per diventare sorelle di padre Leone dalla parte di suo padre; sua falene, distruggevano la loro stessa opera, frutto delle nonna; Donna Angela Marchese. Insomma, un buon 20% loro lunghe fatiche, segno evidente che il sirico e la natura del paese produceva la seta in casa. Quando il baco era hanno le loro vie, i loro fini che non coincidono coi nostri, pronto a lavorare gli si mettevano vicino dei rami di che non prendono neppure in considerazione la nostra ginestra. E così cominciava a cacciare il suo filo dalla esistenza e i nostri progetti. bocca per avvolgerlo a quei rami. E filava e filava, l’ani- ...continua a pag 35 34 LA BARCUNATA

...continua da pag 34 Quel regale mantello gli serve per fine della seta. E anche i nomi dei vari filati sanno di cambiare stato, per migliorare, per trasformarsi da vile lusso ed eleganza. E infatti che pensate voi quando sentite verme in vezzosa, armoniosa, colorata farfalla. Stupefacente taffetà, chiffon, organza, raso, broccato, carmosino, er- metamorfosi. La natura –se lasciata a sé stessa- si adorna mesino (da Ormuz), damasco? Ebbene, molti di questi delle cose più belle, più profumate, più colorate. Vedi i lussuosi tessuti, per quanto profumati, lavati, rifiniti, fiori: “Osservate come crescono i gigli del campo: non la- hanno portano in giro per il mondo le invisibili impronte vorano e non filano. Eppure io vi dico che neanche Salo- digitali e le fatiche di centinaia di migliaia di nostre umili mone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro.” filatrici calabresi. Ma ancora prima, oltre mille anni fa, Matteo 6, 28-29. Il baco e i fiori esistevano prima di noi e tesseva la seta anche la regina Berta, madre di Carlo temo che esiteranno anche dopo. Il loro cervello e i loro Magno. “Quando Berta filava” per significare tanto tempo progetti non contemplano e non considerano la nostra fa. E allora – visto che parliamo del tempo delle favole - esistenza. E pensare che associamo il baco alla stupidità inventiamoci pure noi una favola. Dovete sapere che proprio perché lento e sembra impacciato e mangia tanta tanto tempo fa, nel nostro paesino o, magari, in uno dei foglia. Ma c’è anche un riscatto nei nostri modi di dire: tanti paesini come il nostro, in una delle tante casette quando qualcuno si accorge di qualcosa, quando sa capire piccole e fredde, vivevano una povera vedova e la sua fi- anche cose difficili, quando riesce a leggere anche fra le glioletta. Nel cuore della notte, la donna filava la seta a righe si dice che ha mangiato la foglia. Perché il baco lume di candela. La bimba era ancora sveglia perché prima di farsi una buona mangiata assaggia la foglia per voleva aiutare la mamma toccando l’ordito con le sue assicurarsi che sia quella più gradita? Perché Ulisse si è manine. E figuratevi quale aiuto poteva dare a quell’età. salvato dalla maga Circe mangiando la foglia che Hermes Ma la mamma le faceva credere che la sua opera era in- gli ha fornito? Perché i pastori assaggiano l’erba prima di dispensabile. E per addormentarla le raccontò una fiaba farla mangiare alle loro bestie? Chi lo sa. Dunque, quei (vedrete che non è la solita Cenerentola): “Questa seta bozzoli di seta grezza venivano recuperati dalla caldaia, che stiamo facendo è così bella che un giorno sarà il man- asciugati.E allora si scucujava, cioè si levavano l’agghiom- tello di un principe figlio di un grande re. E appena il mara dalla caldaia. E qui cominciava la filatura. La pezza principe indosserà questo mantello resterà così meravigliato di seta era standard per larghezza perché la larghezza di- per la sua finezza e perfezione che dirà: “Solo una bellissima pendeva dai telai casarecci che avevano tutti la stessa mi- giovane può aver filato questa seta. Voglio conoscerla per sura. Ed ecco che le nostre bisnonne armavano prima li farla mia sposa”. E allora manderà i suoi cortigiani in lizzi, i fili verticali attorno ai quali si doveva tessere giro per il mondo per città e paesi. E un bel giorno, una l’ordito con la navetta, sino a giungere a quelle preziose carrozza tutta d’oro tirata da sei cavalli bianchi arriverà pezze di seta. E lo facevano ai telai casarecci, pure di qui dinanzi alla nostra porta. Tu allora sarai una ragazza notte, a lume di candela, anche se il proverbio dice: “No bellissima. Il principe scenderà dalla carrozza, ti vedrà, si fimmena, no sita e no tila a lumi de candila”. Poi il filato innamorerà all’istante e ti porterà con sé per sposarti. Ci di seta si vendeva a canne: 10 canne di seta, 20 canne di sarà una grande festa, squilleranno le trombe e suoneranno seta. E il prezzo della seta grezza o rifinita chi lo stabiliva? le campane…”. E le campane di mezzanotte stavano suo- - vi chiederete. Chi controllava il mercato della seta nel nando davvero a festa nel paese. La bimba dormiva già vibonese? Il Marchese Gagliardi: egli aveva il monopolio sognando il suo principe e la carrozza e il grande palazzo nell’acquisto e nella rivendita. Non per niente “Quantu e vedeva sé stessa in un sontuoso abito da sposa di seta vidi e guardi è tutto de Gagliardi”. Da mare a mare. Avve- bianca. Poi anche la sua mamma, vinta dalla stanchezza, niva ogni anno, il 22 Luglio, festa della Maddalena, giorno si addormentò abbracciando la sua figlioletta e sognando, in cui, tra l’altro, si teneva una grande fiera a Monteleone. anche lei, quello splendido sogno nel quale sua figlia di- E allora chi aveva lavorato, chi si era sacrificato otteneva ventava regina. Allora, il Signore Iddio, che tutto vede il suo giusto guadagno. E sarebbe stato strano il contrario. dal cielo, mosso a pietà per quelle povere afflitte, non Come dice l’antico: “Senza mu fili, mu tesse e mu ncanni- volle che quel bel sogno svanisse miseramente al loro ris- comu ti vinne s’agghiommaru rande”?E poi veniva il veglio in quel decrepito tugurio. Così ha deciso di lasciarle giorno in cui il Catanzarese tornava. Questa volta il bando dormire per sempre. Da allora, tutti quelli che passano di era diverso: “Passa lusitaru”. Veniva a raccogliere il frutto là, lo fanno in silenzio, con passi leggeri, per non svegliare delle uova che aveva vendute e delle fatiche di tanta quelle due anime dal loro eterno sogno. Quando avvenne povera gente il cui vestito più lussuoso era di fustagno o il prodigio era una notte magica, quando i sogni diventano di quel velluto di colori sgargianti un tempo considerato realtà: la notte Natale. pacchiano e tamarro perché indossato dai contadini e dai susari e jusari la domenica in piazza, mentre oggi è indossato da tutti ed è sempre alla moda. La seta era cosa (Ringrazio Domenico “Mico” Tallarico per le fina, così fina che quando arrivava la lambretta che van- notizie e i proverbi che mi ha suggerito) dijava: “Roba fina, roba fina!”, la gente borbottava incredula: “E che sarà mai? E’ forse seta?”. Nulla è più

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Un cartografo fiorentino interessato a Rocca Angitola

di Nicola Pirone - Pino Cinquegrana

Conoscere il proprio passato attraverso storie e tradizioni, visite guidate nei territori, letture e ricerche di documenti e libri ci spingono all’approfondimento. In questo numero parleremo nuovamente di Rocca Angitola, lo facciamo perché questa rivista non chiude la ricerca alla pubblica- zione di un articolo, anzi continua l’attività per la divul- gazione a tutti i lettori e appassionati. In queste righe parleremo della presenza di Rocca Angitola nella carto- grafia del XV° secolo, come riporta il cartografo fiorentino Jacopo d’Angelo che rappresentò la Calabria nello studio della Geografia di Tolomeo. Per approfondire la nostra ri- cerca, bisogna conoscere lo studioso fiorentino. Jacopo d'Angelo è nato nel comune di Scarperia. Documenti le- gali di questo periodo mostrano che il suo nome completo era "Iacobus Angeli Lippi Sostegni". Sostegni, quindi, era il suo cognome ma andò da Angeli. La sua data di nascita esatta non è nota, ma gli studiosi la collocano intorno al 1360. Questa data di nascita si basa su un'osservazione fatta dal contemporaneo d'Angelo, Leonardo Bruni. Bruni, che nacque nel 1369 annota nel suo “Commenta- rius” che d'Angelo, era molto più vecchio di lui. Scarperia era una Fortezza fiorentina nel Mugello, regione della To- scana nord-orientale, era una roccaforte che proteggeva dalla potenza feudale degli Ubaldini, una potente famiglia che dominava la zona in questo periodo. Non si sa molto Cartografia XV° secolo dei primi anni di d'Angelo; questo vale anche per la sua padre, sua madre si risposò presto. Si è trasferita a Firenze famiglia. Quello che si sa è che era piuttosto giovane con il suo nuovo marito e ha portato con sé il giovane quando suo padre, Angelo, morì. Dopo la morte di suo D'Angelo. È a Firenze che d'Angelo inizierà la sua forma- zione. Lì avrebbe incontrato due persone che sarebbero state molto influenti nella sua vita. Il primo fu Coluccio Salutati, che si interessò al D'Angelo e ne divenne il men- tore. Fu attraverso Salutati che d'Angelo iniziò gli studi umanistici. Inoltre, è molto probabile che Salutati abbia consigliato Jacopo D'Angelo di iniziare la scuola sotto la guida di Giovanni Malpaghini, insegnante dello Studio Fiorentino. I continui viaggi spinsero Jacopo d’Angelo a scrivere nel 1406, la Geografia di , corredata d'una carta dell' antica. Morirà a Roma il 28 marzo 1410 ma lascerà grandi ricerche, in particolare alla chiesa della quale era diventato uno degli studiosi più apprezzati e affidati. In queste poche righe abbiamo voluto descrivervi come la Valle dell’Angitola necessiti degli studi molto più appro- fonditi, così come avveniva ai tempi di Jacopo d’Angelo. Se uno studioso della sua fama inserì proprio Rocca An- gitola all’interno della sua speciale cartina geografica è segno che il luogo era molto conosciuto in quel tempo. Bi- sognerebbe partire dalle ricerche, da ciò che gli studiosi hanno scoperto e tra questi Nicola Gerardo Marchese e chissà da lì arrivare fino al mito di Crissa creando mag- giore interesse in chi avrebbe l’obbligo di valorizzare Jacopo d’Angelo questi luoghi e approfondire le ricerche. Seguici sul nostro sito internet sempre aggiornato www.labarcunata.it