La Storia Della Mentalità Delle Élites Dell'impero Romano Come Viaggio
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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PISA Scuola di Dottorato in Storia, Orientalistica e Storia delle Arti XXV Ciclo Tesi di Dottorato in Storia Antica LA STORIA DELLA MENTALITÀ DELLE ÉLITES DELL’IMPERO ROMANO COME VIAGGIO PER ISOLE LESSICALI Relatore Candidata Prof. Giovanni Salmeri Francesca Zaccaro Sommario Introduzione. La storia della mentalità delle 1 élites dell’impero romano come viaggio per isole lessicali I. L’isola dell’affettività: eunoia tra spazio 16 civico e spazio domestico II. L’isola della praotēs: l’elogio della mitezza 59 III. L’isola dell’epieikeia: il corredo etico 84 dell’impero IV. L’isola del kosmos: gli ornamenti 121 dell’impero V. L’arcipelago latino tra isole minori e atolli 142 VI. Si può parlare di mentalità delle élites 174 femminili sotto l’impero romano? VII. La paideia nella pratica: i maîtres à penser 211 della mentalità Bibliografia 233 Index 265 Introduzione La storia della mentalità delle élites dell’impero romano come viaggio per isole lessicali Questa ricerca si pone l’obiettivo di ricostruire la mentalità delle élites dirigenti ed intellettuali dell’impero romano nei primi due secoli dopo Cristo. Il principale strumento con cui ho portato avanti l’indagine è stata un’analisi di tipo lessicale con cui ho individuato, sulla base dei documenti letterari ed epigrafici, dei nuclei ‒ delle isole come vedremo meglio in seguito ‒ che contengono i codici comportamentali sia pubblici sia privati, sia politici sia familiari, delle élites. Queste isole dell’arcipelago lessicale1 sono presenti dei termini e delle espressioni che prima del periodo preso in considerazione avevano un significato diverso, lontano dall’aura di continenza e temperanza che agita le correnti dell’arcipelago lessicale. Valutando lo sviluppo diacronico di queste parole è stato possibile indagare la mentalità dell’impero romano realtà che altrimenti resterebbe molto sfuggente soprattutto per quanto riguarda il mondo antico.2 1 L’espressione arcipelago lessicale è debitrice all’ “arcipelago antiquario” con cui Salmeri (cfr. 1998) descrive il modo in cui i saggi di un volume sull’antiquaria sono raggruppabili “in isole legate fra di loro da linee a volte sottili, a volte più marcate.”Salmeri si rifà a sua volta ad un saggio di Massimo Cacciari del 1997 in cui l’Europa è vista come Arcipelago, le cui isole sono costituite dalle sue diverse declinazioni. 2 Al di là di questa tesi gli unici lavori che hanno ricostruito la mentalità imperiale sono quelli di Dover sulla morale popolare ai tempi di Platone e Aristotele (cfr. 1983 e anche infra il capitolo sull’eunoia) in cui però l’autore si concentra esclusivamente sulla dimensione sincronica delle parole prese in esame, e quello di Salmeri del 2008 sull’eutaxia, in cui invece viene mostrato come la “disciplina”, il “buon ordinamento” inizialmente si riferissero al mondo militare per poi diventare, con l’impero, virtù tipiche delle donne, e vicine, per la moderazione, il decoro e il riserbo, a quelle dell’arcipelago lessicale per cui si confronti anche infra il capitolo sugli ornamenti dell’impero. Va inoltre chiarito sin da principio che questa tesi si scosta da lavori, seppure preziosi e importanti (cfr. su tutti da ultimo Chaniotis 2012) che si sono occupati di storia delle emozioni nel mondo antico. 1 Con la scuola delle Annales3 all’epoca dei suoi pionieri (Lucian Febvre4 e Marc Bloch5) la storia delle mentalità era parte integrante, se non un sinonimo, della storia culturale che, assieme alla storia economica, costituiva la storia sociale, e si contrapponeva alla storia tradizionale, politica ed evenemenziale. Ai suoi albori quindi la storia delle mentalità, che, come già ricordato, non era ancora un nucleo autonomo e distinto dalla storia economica o dalla storia socio- economica, dirigeva il suo sguardo su ciò che non era mai stato preso in considerazione dalla storiografia ufficiale e tradizionale: le classi subalterne, l’anonimo e il collettivo.6 3 Ariès (1980, 145) fa notare come in realtà non fosse solo il gruppo delle Annales a partecipare quella rivoluzione storiografica che pure dal nome della celebre rivista ne prende il suo. Vanno ugualmente ricordati, soprattutto per quanto riguarda la storia delle mentalità “personalità indipendenti e solitarie, cha hanno avuto lo stesso ruolo di pionieri: il celebre storico olandese Huizinga, autori rimasti a lungo oscuri come il tedesco Norbert Elias, i cui studi innovatori, apparsi nel 1939, furono travolti dalla tempesta e solo ora vengono riscoperti, o ancora autori un po’ marginali, voglio dire il cui rapporto con la storia delle mentalità non è stato subito riconosciuto, come Mario Praz, lo storico della letteratura maledetta e del genere morboso.” In realtà un prodromo del movimento stesso delle Annales potrebbe essere individuato già a metà del 1800 nell’opera di Burkhardt (La civiltà del Rinascimento in Italia) che per primo studiò ed analizzo un periodo storico, quello del rinascimento italiano, prescindendo dai grandi eventi e dalle periodizzazioni tradizionali, e concentrandosi sulla kultur e sui cambiamenti in campo artistico e culturale. A proposito di criteri di periodizzazione “alternativi” si veda anche Salmeri 1999. 4 Cfr. i suoi contributi del 1942 e del 1948 sull’incredultà nel sedicesimo secolo e sulla “rivoluzione mentale” e sul fenomeno della stregoneria. 5 Per Bloch si confronti ad es. I re taumaturghi che comparve in italiano per la prima volta nel 1973. 6 È necessario marcare subito una differenza tra questa tesi e i soggetti consueti della storia delle mentalità. Concentrandosi tendenzialmente su periodi successivi al mondo antico la storia delle mentalità ha potuto ascoltare anche la voce delle classi subalterne, della cultura non ufficiale. Per il mondo antico questa operazione non è possibile e le sole voci, anzi nel mio caso, le solo parole che possono essere registrare nella loro evoluzione diacronica sono quelle delle élites, e sono le uniche spie che permettono di ricostruire una storia delle mentalità per il mondo antico. Un interessante studio sulle “parole in movimento” nel linguaggio politico e nel lessico storiografico del mondo ellenistico è apparso quest’anno (cfr. Mari, Thornton 2013): in questo caso però lo studio delle parole non segue uno sviluppo diacronico e non mira a ricostruire la mentalità. Cifra, quest’ultima, che sarà invece la sigla distintiva di questa tesi. 2 La generazione successiva di storici si è maggiormente concentrata sulla storia delle mentalità, conferendole una sua autonomia e impiegandola per comprendere meglio le fasi di cambiamento e di passaggio alla modernità: celebre l’ esempio7 dell’imposta, tratto dall’ opera di Duby sui guerrieri e i contadini nel Medioevo,8 in cui si mostra come l’ “atteggiamento mentale” che in alcune società regolava prestiti e scambi per noi “economici” fosse percepito fino al XII secolo come un “dono” fatto al sovrano. Anche Le Goff nel suo saggio sul tempo nel Medioevo9 ripercorre i mutamenti di mentalità scanditi dal cambiamento del sistema temporale di riferimento; nel XIII secolo il tempo del lavoratore, fino ad allora modellato sulla divisione della giornata dettata dagli uffici religiosi, prende la sua rivincita sancendo un cambiamento che si era prodotto lungo l’arco di secoli: lo “spostamento di un elemento della cronologia diurna.” L’ora nona che inizialmente equivaleva alle due di pomeriggio viene poi a coincidere con mezzogiorno, creando l’intervallo di riposo per il pasto del lavoratore e modulando la giornata in due parti produttive, divise dall’ “ora di pranzo.” Dagli studiosi del mondo antico questo metodo storiografico e questi temi, che tanto successo hanno riscosso nel corso del XX secolo presso gli studiosi di altre epoche storiche,10 sono sempre stati guardati con un certo scetticismo. Non esiste infatti un lavoro sistematico che si preoccupi di indagare, lungo l’arco diacronico, i cambiamenti di mentalità intervenuti in una data società del mondo antico. Oltre a Dover e Salmeri11 Paul Veyne, pur non essendosi mai occupato volontariamente di storia delle mentalità, né avendo mai adoperato un metodo simile a quello qui adottato, resta tra i pochi che si sono mossi all’interno dello 7 Cfr. Ariès 1980, 154-155. 8 Cfr. Duby 1975. 9 Cfr. Le Goff 1977. 10 Oltre ai lavori già citati di Duby, Le Goff, Febvre e Bloch (cfr. supra), si confronti anche ad esempio Thomas 1973. 11 Cfr. supra. 3 spazio creatosi dalle varie generazioni della scuola delle Annales. Inoltre ha individuato dei temi di ricerca che sono stati tra le fonti di ispirazione di questa tesi. Le pagine che Veyne scrisse nel 1978 sull’amore e la famiglia nell’alto impero mostrano come lo studioso francese avesse fatto propria la nouvelle histoire e la stesse applicando alla storia antica, sollevando questioni che in questo lavoro ho affrontato studiando la mutazione di significato delle parole delle diverse “isole”: “Tra l’epoca di Cicerone e la fine della dinastia degli Antonini c’è stato un grande evento, per lo più ignorato: la metamorfosi delle relazioni sessuali e coniugali.”12 Cosa è dunque successo nei primi due secoli dopo Cristo? Quali cambiamenti di lunga durata13 sono intervenuti nel patrimonio di pratiche, di condotte e di comportamenti dei romani? Lo studioso individua la risposta in un altro grande cambiamento intercorso fra i due poli cronologici della sua ricerca: si tratta del passaggio da una “aristocrazia concorrenziale” ad un’”aristocrazia di servizio”.14 La prima si è contraddistinta per la “féodalité”, a causa della quale le divisioni tra i gruppi sociali al potere erano decisamente marcate e le rivalità feroci (basti pensare alle guerre civili che insanguinarono Roma lungo tutto il corso del I secolo a. C.). La seconda, invece, si riferisce al periodo dell’affermazione e del consolidamento del principato: il notabile porta a compimento il proprio cursus honorum all’interno delle gerarchie imperiali, solo se riesce a rimanere “en bon terms” con i propri pari.