Alessandra Fani

DINAMICHE NAZIONALI DELL’EGITTO CONTEMPORANEO (1952-2013): RAPPRESENTAZIONI STORIOGRAFICHE SUI COPTI E STRATEGIE GEOPOLITICHE DEGLI ATTORI POLITICI EGIZIANI.

TESI DOTTORALE

Diretta da

Prof. Enric Olivé i Serret Prof.sa Barbara Loyer

Département Institut d’Historia i Historia de l’Art Français de Géopolitique

Tarragona

2015

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FAIG CONSTAR que aquest treball, titulat DINAMICHE NAZIONALI DELL’EGITTO CONTEMPORANEO (1952-2013): RAPPRESENTATIONI STORIOGRAFICHE SUI COPTI E STRATEGIE GEOPOLITICHE DELLA CHIESA COPTA ORTODOSSA , que presenta .ALESSANDRA FANI .. per a l’obtenció del títol de Doctor, ha estat realitzat sota la meva direcció al Departament .d’Història i Història de l’Art . d’aquesta universitat, en cotutel.la amb la Université de Paris 8 - Saint Denis (Institute Française de Geopolitique.)

Prof. Dr. Enric Olivé Serret Prof. Dra, Barbara Loyer

Tarragona / Paris, 20 de Gener de 2015

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INDICE

Lista delle cartine 16 Lista dei grafici e degli schemi 17 Lista delle fotografie 18

Tabella di trascrizione dell’arabo 19

Premessa 21

Ringraziamenti 23

Introduzione

I copti nell’Egitto contemporaneo: tra ricostruzione storica e rappresentazioni emerse nella produzione bibliografica e mediatica in inglese e francese. 25 Scelta del tema, metodologia e fasi di sviluppo della problematica. 41 I limiti della ricerca e ulteriori spunti di analisi 47

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CAPITOLO 1 COMUNITÀ COPTA O EGIZIANI CRISTIANI?

Introduzione 49

1. La politica di Shenuda o il conflitto geopolitico tra Chiesa e Stato 1971-2012 49

1.1 Il rinnovamento nazionale egiziano in ambito cristiano: “le scuole della domenica”. 50

1.2 Il contesto nazionale 52

1.3 La politica di estensione territoriale di Shenuda III 59

1.4 L’intesa Shenuda - Mubarak 67

2. Al di là dell’identità, la frammentazione dei copti su molteplici fronti. 72

2.1 Fattori geografici 72 2.2 Fattori socio-economici e socio-generazionali 78 2.3 Fattori politici 80

3. La rappresentazione dei copti nella letteratura anglofona e francofona : il concetto di comunità e minoranza. Mappatura della diffusione dei due concetti 85

8

3.1 Communité 85 3.2 Minority 88

4. La duplice inappropriatezza del termine comunità per la situazione attuale dei cristiani egiziani. 89

4.1 Ragioni linguistiche 89 4.1.1 Mappatura dei due concetti nella bibliografia in arabo 92 4.2 Ragioni politiche 101

5.Quale referente per il concetto di “comunità copta”? 105

CAPITOLO 2 DIASPORA COPTA O EMIGRAZIONE EGIZIANA ?

Introduzione 107

1. “Diaspora copta” e “emigrazione egiziana” 107

1.1 L’emigrazione degli egiziani cristiani. 110 1.2 L’attivitivismo per la difesa dei copti in Egitto da parte dei copti del mahgr: una forma di opposizione al governo egiziano 122 1.3 La mobilitazione della Chiesa Copta per il controllo dei copti emigrati: una missione dalla duplice finalità. 128

9

2. Al di là dell’identità, la frammentazione dei copti del mah ǧr su più fronti. 132

2.1 Fattore geografico 132 2.2 Fattore politico 133 2.3 Fattore generazionale 134

3. La duplice inappropriatezza del termine diaspora per il caso copto. 136

3.1 Coptic Diaspora // Diaspora Copte = ’ Aqb āṭ al-mah ğr 136 3.2 L’ostilitá interna all’attivismo copto del mah ğr. 141 3.3 La militanza degli egiziani fuori dall’Egitto e l’opposizione del governo egiziano: elemento non esclusivo dei copti. 145

4. al-Aqb āṭ al- mah ǧr o la fine di un tabú interno relativo ai copti. 150

5. al-Ma ṣriyuna f ī al- mah ǧr (egiziani nel mah ǧr) 155

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CAPITOLO 3 I COPTI E LA FRANCIA: UN CASO LOCALE DI DINAMICHE PIÙ UNIVERSALI.

Introduzione 157

1. I copti secondo la rappresentazione francofona 158

1.1 La presenza francese in Egitto: dalla colonizzazione alla francofonia. 158 1.2 La produzione francofona relativa ai copti. 164 1.3 Le opere prettamente politiche e l’affermazione in ambito francofono del concetto di communauté per il caso copto. 171 1.4 Il faraonismo come base mitologica dell’ identificazione comunitaria. 174

2. Un anello di conguinzione tra letteratura francofona sui copti e la loro costruzione identitaria: i copti emigrati in Francia . 184

3. I copti in Francia: tante comunità e nessuna diaspora. 190

3.1 Il concetto di diaspora per il caso copto in ambito francofono. 190 3.2 L’emigrazione copta in Francia, ovvero l’aumento dell’emigrazione egiziana in Francia. 191 3.2.1 La componente copta all’interno dell’emigrazione egiziana in Francia: una frammentazione multipla e la nascita della Chiesa Copta Ortodossa di Francia. 193

3.3 La distribuzione geografica della Chiesa Copta Ortodossa in Francia e della Chiesa Copta di Francia: scisma o progetto di proselitismo? 197

4 Quale delle tante comunità? 203

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CAPITOLO 4

I COPTI NELLA FASE DI TRANSIZIONE POST-MUBARAK: IL DIBATTITO COSTITUZIONALE.

Introduzione 207

1.Prospetto storico : il contesto nazionale. 208

2.La centralità della costituzione nella fase di transizione 210

2.1 L’articolo 2 della costituzione egiziana ossia il ruolo della shar ī‘a all’interno della costituzione. 217

3.I copti e la costituzione: posizioni contrastanti 221

3.1 Il dibattito sull’articolo 2 e i copti: pre e post rivoluzione. 222 3.2 Post rivoluzione 224

4.L’articolo 2 nel dibattito più ampio della dawla madaniyya. 230

4.1 La dawla madaniyya tra i copti. 231

5. La dawla madaniyya tra i copti in Francia. 236

6. La dawla madaniyya nella stampa francese. 239

7. Al di là della rivendicazione unanime della dawla madaniyya 244

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CAPITOLO 5

GLI SCONTRI MUSULMANI-COPTI AL DI LÀ DEL CONFLITTO CONFESSIONALE. LA RICOSTRUZIONE MEDIATICA DEGLI SCONTRI DI IMB ĀBA

Introduzione 247

1.Materiale selezionato e scelta del tema 248 1.1.Il materiale 251

252 2. Implicazioni geopolitiche degli attacchi ai copti.

2.1 Fattori demografici e geopolitici degli scontri verificatisi al Cairo nel 261 2011

2.2 Le implicazioni politiche degli scontri tra cristiani e musulmani: l’esercito garante della wahda wa ṭaniyya. 266 2.3 La posizione delle autorità religiose in linea con le istante politiche. 270

3.Primo approccio all’articolo: aspetti visuali 271

3.1 Il titolo 276 277 3.2 Il sommario 277 3.3 La foto

4. Il testo dell’articolo. 281

4.1 Le 5 “w” più 1 “h” 281 4.1.1 Chi 285 4.1.2 Cosa 285 4.1.3 Dove 286

13

4.1.4 Quando 287 4.1.5 Come 287 4.1.6 Causa 288 4.2 Gli approfondimenti. 289 292 4.3 Aspetti semantici

5. Quadro riassuntivo 300

6. La notizia di Imb āba diffusa dai copti in Francia. 303

7. I copti, vittime dei musulmani o della protezione statunitense? 307

Conclusione Il conflitto di civilizzazioni come filo conduttore nelle analisi dell’Egitto contemporaneo. 309

Bibliografia 317 Indice dei nomi 339 Indice dei luoghi 341

Annesso 1 – I copti del mah ğr 343

1.Le organizzazioni dei militanti copti nel mah ğr 343 2. La bandiera copta 353 3. La nazione copta 357 4. Documento diffuso sul rapimento delle giovani ragazze copte 368

Annesso 2 – La dawla madaniyya in Egitto 361

1.Laicismo, secolarizzazione e 361

14

2. Stato - religione e il mito della shar ī‘a 365 3. La dawla madaniyya a piazza Ta ḥrīr 367

Annesso 3 – Gli articoli dei quotidiani su Imb āba 385

Al Masry al-Youm 385 Al-Ahram 386 Le Monde 387 Liberation 388 Le Figaro 389 La Croix 390 Cartina di Imb āba su al Masry al Youm. 391

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Lista delle cartine (in francese)

Comparation cas de violence avec les Coptes : 2010-2011-2012-2013 37

La cathédrale de Saint Marc dans le quartier d’Ab āsiyya au Caire 57

Dans le quartier de Z āwiyya al-Hamr ā’un conflit entre le Patriarche et le 63 Président plutôt que confessionnel

Principaux cas de violence avec les Coptes dans les 1990 69

L’opposition ecclésiastique à Shenuda : contrôle communautaire sur le 73 territoire nationale ?

L’Église Copte Orthodoxe des origines ou l’hellénisation de l’Egypte 77

Émigration copte ou émigration égyptiennes? Phases de l’émigration (1960- 2012) et présence de l’Église Copte Orthodoxe dans les pays du mah ğr 120

Le monde de la Francophonie 162

Immigration et distribution de l’Eglise Copte Orthodoxe en et de France 197

Itinéraire de la manifestation du 16 octobre 2011 à Paris 237

Cas de violence avec les Coptes : post 25 janvier – mai 2011 248

Cas de violence en 2011 253

Cas de violence avec les Coptes en 2012 257

Cas de violence avec les Coptes en 2013 259

Le destin de la nation...à partir de la carte d’Imbāba ( al-Masry al-Youm, in 265 italiano )

Affrontements de Manšiyat N āṣer, 2011 267

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Lista dei grafici e degli schemi

Comparaison production anglophone et francophone sur les Coptes (1952- 28 2012)

Production anglophone sur les Coptes (1882-1952) et (1952-2012) 30

Schéma historique 1879 - 1952 54

Schéma historique 1952 – 2011 55

Les Coptes et la révolution 1952 58

Les correspondances en arabe de l’expression « communauté copte » 91

Chronologie du terme minorité rapporté aux Coptes en anglais et en arabe 104

Schéma historique 1798 – 1881 159

Thèses académiques sur les Coptes dans les universités françaises 166 (1952-2012)

Articles dans Le Monde avec le mot “copte” (1952 – 2012) 167

Le pharaonisme: de la France à l’Égypte 183

Schéma historique 2011 – 2014 208

Les Coptes et la révolution 2011 210

Révendications constitutionnelles 2011 213

Comparaison des Costitutions: articles sur la religion 215

La dawla madaniyya dans la presse française (2011-2012): fréquence 240

La dawla madaniyya dans la presse française (2011-2012): termes du débat 241

Tableau 1. Le cas d’Imbāba dans deux quotidiens égyptiens et quatre 272 quotidiens français.

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Tableau 2. Informations sur le cas d’Imb āba rapportés dans les sis 282 quotidiens

Formes verbales liés aux Coptes 296

Al-Masry al-Youm 296 Al-Ahram 286 Liberation 297 Le Figaro 297 Le Monde 298 La Croix 299

Lista delle fotografie

1. La cathédrale de Saint Marc dans le quartier d’Ab āsiyya au Caire. 57

2. Union pour la Mediterranée - Sommet de Paris, 23 juillet 2008 161

3. Manšiyat N āṣer surmonté par la colline du Moqa ṭṭ am 262

4. Une rue de Manšyat N āṣer, le quartier des chiffonniers 263

5. Vue sur le pont d’Imb āba 264

6. Des pompiers luttent contre le feu dans une église entourée par des 278 Musulmans en colère, dans le quartier d’Imb āba au Caire

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Tabella di trascrizione dell’arabo

Per trascrivere i nomi dall’arabo, ad eccezione dei nomi di persona, si è seguito il sistema di trascrizione scientifica:

Alfabeto arabo Trascrizione

ā - a ا b ب t ت ṯ ث ğ ج ḥ ح ḫ خ d د ḏ ذ r ر z ز s س š/sh ش ṣ ص ḍ ض ṭ ط ẓ ظ ‘ ع g غ f ف q ق k ك l ل m م n ن h ه w و y ي

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Tutte le traduzioni dall’arabo sono mie.

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Premessa

La presente tesi è frutto e sintesi di dieci anni di formazione accademica, in cui si sono susseguite una serie di tappe, ciascuna delle quali fondamentale per la composizione finale. All’inizio vi è la formazione universitaria alla Facoltà di Studi Orientali dell’Università di Roma La Sapienza. Tre anni di base più due di specializzazione nel curriculum arabo. In questi cinque anni emergono due tasselli del puzzle finale che è questa tesi: la specializzazione sull’Egitto e la Professoressa Camera d’Afflitto. Spinta dal desiderio di approfondire e perfezionare la padronanza della lingua araba, nel 2005 mi recai per la prima volta nel paese del Nilo. A questo primo soggiorno, ne seguiranno altri sette. Argomento di tesina e tesi di specializzazione furono infatti due femministe del panorama letterario egiziano, Zaynab Fawwaz (1860(?)-1914) e Durrya Shafiq (1905-1970). Entrambe dirette dalla professoressa Camera d’Afflitto a cui devo, oltre alla scoperta della ricca letteratura araba contemporanea, l’esperienza Erasmus presso l’INALCO di Parigi e soprattutto, il Master in Estudios Culturales del Mediterraneo presso l’Università Rovira i Virgili di Tarragona. È stata infatti lei ad avermi messa in contatto con il Prof. Enric Olivé i Serret, coordinatore del suddetto Master nonché direttore della presente tesi. Il terzo tassello fondamentale che compone il quadro. Grazie ad una borsa di collaborazione con la cattedra Unesco ho avuto degli aiuti finanziari per portare a termine il master e inziare il progetto di ricerca di dottorato. Il contesto della Cattedra Unesco in cui stavo lavorando e un progetto finanziato dall’Institut de la Pau di Barcellona sulle minoranze in Medio Oriente hanno spostato il mio interesse su un altro aspetto relativo all’Egitto; i copti appunto. Le ricerche bibliografiche mi hanno portato nuovamente in Egitto che mi ha fatto l’onore di farmi vivere in diretta un grande momento storico, la rivoluzione del 25 gennaio 2011. E che considero il quarto tassello dal momento che, oltre alle emozioni e all’interesse per l’evento in sé, la rivoluzione mi ha aiutato ad aprire definitivamente gli occhi su percezioni e considerazioni già maturate nei precedenti soggiorni, ma non ancora messe a fuoco nitidamente: la discrepanza tra quano veniva

21 trasmesso e diffuso al di fuori e quanto si viveva e veniva trasmesso all’interno del paese. Un cambio di registri a cui ero già familiare grazie al fatto di vivere in diversi paesi nell’arco dello stesso anno e la consultazione dei rispettivi periodici. Tuttavia, in questo caso, la discrepanza era connotata da toni orientalisti, riscontrati nella sminuzione di quanto stesse accadendo, tipici del dominatore che osserva dall’alto il suo oggetto coloniale. E che, per semplificare massimamente il tema della tesi, fa del musulmano il cattivo e del copto la vittima, con la strumentalizzazione che ne segue di una simile rappresentazione. Da queste intuizioni preliminari all’elaborazione di una tesi dimostrata e supportata da fatti, vi sono stati in mezzo tre anni, in cui si aggiungono gli ultimi due tasselli. Il primo è l’esperienza lavorativa all’Istituto Europeo del Mediterraneo, che mi ha permesso di avere finanziamenti per proseguire la ricerca, nonché di conoscere Maria Angels Roque a cui va tutta la mia riconoscenza e stima, sia a livello umano che professionale. L’altro, ultimo pezzo mancante del puzzle, è la cotutela con l’Institut Français de Géopolitique grazie alla collaborazione con la professoressa Barbara Loyer, direttrice della presente tesi. La cotutela, oltre ad avermi dato un supporto finanziario attraverso l’Agence Campus France, è stata fondamentale per la tesi sia da un punto di vista del contenuto che, e soprattutto, metodologico. Il metodo storiografico si è così arricchito di quello geopolitico, che si è cercato di combinare per rendere il risultato coerente e armonioso.

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Ringraziamenti

Il primo grande ringraziamento va al professor Enric Olivé Serret senza il quale non avrei avuto modo di vivere questi quattro anni di ricerca, tra i più formativi della mia vita tanto a livello accademico che umano. Secondariamente alla professoressa Barbara Loyer per avermi accolto nel suo Istituto dandomi dei preziosi suggerimenti metodologici. Al Ministero per avermi concesso una borsa di studio con cui poter realizzare diversi soggiorni a Parigi e all’Institut Català de la Pau per aver finanziato il progetto sulle minoranze che mi ha permesso di effettuare il soggiorno al Cairo nel 2011. Un ringraziamento speciale anche a Mme Morvan, la responsabile amministrativa del dottorato di Paris 8, per la sua disponibilità, gentilezza ed efficenza totale. Un pensiero di riconoscenza va all’Istitut Europeo de la Mediterranea di Barcellona, il cui contratto di tirocinio mi ha permesso di continuare a finanziare la mia ricerca. Oltre ad avermi dato la possibilità di effettuare un’esperienza lavorativa al di fuori del mondo accademico e farmi conoscere Maria Angela Roque, che ringrazio per essere stata la mia responsabile.

Un ringraziamento ai compagni del Master, ai colleghi di Parigi e a tutte le persone incrociate nei molteplici sentieri percorsi nei quattro paesi in cui ho vissuto in questi ultimi quattro anni.

Infine, un ringraziamento affettuoso alla mia famiglia e ai miei nonni.

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Introduzione

I copti nell’Egitto contemporaneo: tra ricostruzione storica e rappresentazioni emerse nella produzione bibliografica e mediatica in inglese e francese.

In Egitto vi sono copti ( aqb āṭ) di tre confessioni diverse: ortodossi, cattolici e protestanti. 1 Nella presente ricerca saranno tenuti in considerazione solo i primi, quelli cioè che fanno riferimento, in senso lato, alla Chiesa Copta Ortodossa con a capo il Papa di Alessandria e Patriarca di tutta l’Africa con sede apostolica nella Cattedrale di San Marco al Cairo. Una chiesa autocefala costituitasi in quanto tale a partire dal Concilio di Calcedonia nel 451 quando rivendica la sua indipendenza da Bisanzio per affermare il suo potere sul territorio egiziano, allora in gran parte pagano. Stabilire il numero preciso dei copti, distribuiti su tutto il territorio nazionale, è praticamente impossibile, per le grandi discrepanze numeriche date dalle varie autorità, e dovute alle implicazioni politiche che tale numero presuppone. 2 Il censimento generale della popolazione del 1996, l’ultimo disponibile, parla di 3.340.000 cristiani, ossia il 5,7 % dell’intera popolazione. Numero basso se comparato al 10% , quindi agli 8 milioni di individui, di cui è soliti parlare nella stampa o nei rapporti annuali statunitensi, e ancor più ai 15 - 20 milioni di fedeli di cui parla la Chiesa; ma comunque considerevole.3 I copti si trovano in tutte le classi sociali con la presenza di una élite laica e una ecclesiastica. La rivoluzione del ’52 che ha privato la classe politica dirigente, tanto cristiana che musulmana, della sua

1 Le altre due confessioni sono invece il risultato delle missioni cattoliche e protestanti che dopo anni di proselitismo istituiscono il loro patriarcato in Egitto: nel 1824 la Chiesa Cattolica e nel 1957 quella protestante. 2 Hulsman K., Discrepancies between Coptic Statistics in the Egyptian Census and Estimates provided by the Coptic Orthodox Church , MIDEO (29), Institut domenicain d’études oriental, Il Cairo, 2013. 3 Denis E., Cent ans de localisation de la population chrétienne egyptienne. Les élements d’une distanciation entre citadins et villageois , in L’Astrolabe n°2, 1999, pp. 25-40 http://hal.archives- ouvertes.fr/docs/00/59/12/99/PDF/chrA_tiens_100ans.pdf

25 ricchezza, ha sancito il predominio dell’élite ecclesiastica su quella laica, precedentemente al potere sotto la monarchia. La Chiesa si è così affermata come rappresentante politico dei copti, favorendo la comunitarizzazione da un lato e l’emigrazione della suddetta classe privilegiata dall’altro. Una parte di questi copti facoltosi emigrati si organizzeranno in associazioni volte alla difesa dei loro correligionari in Egitto, promuovendo discorsi estremisti che si discostano da una realtà che perdono di vista e talvolta neanche conoscono. Questi costituiscono un anello di congiunzione tra i copti, governi dei paesi ospitanti e autori esterni che si occupano dei copti. Le reazioni interne tra gli egiziani di totale disapprovazione nei loro confronti, sono una prova delle ripercussioni delle loro azioni. Discorso estendibile all’operato degli egiziani emigrati in generale che militano in ONG straniere in contatto con ONG egiziane per la difesa dei diritti e delle libertà umane. 4 Proprio nel 2011 è esploso lo scandalo dell’arresto e espulsione di 43 persone per aver ricevuto finanziamenti illeciti. 5

Ed è proprio la rappresentazione dei copti emersa dalla produzione bibliografica e mediatica in lingua inglese e francese l’oggetto di questa ricerca. L’obiettivo è quello di delineare come vengono rappresentati i copti e cercare di spiegare a cosa siano dovute simili rappresentazioni. Un passo successivo sarà vedere il ruolo dei copti emigrati nella diffusione e rafforzamento di tali rappresentazioni. L’ipotesi è legata alla dominazione coloniale prima e imperialista dopo conosciuta dall’Egitto e alla considerazione che la produzione bibliografica e mediatica prodotta nei paesi dominanti rifletta e appoggi la politica delle potenze in cui viene prodotta. La sola tipologia delle opere in lingua inglese e francese sui copti fornisce già un elemento indicativo per la conferma dell’ipotesi. Delle 105 opere pubblicate in lingua inglese dal 1952 al 2013, solo 39 ossia il 37,14% trattano di aspetti artistico-cultrali dei

4 L’ Ibn Khaldoun Center, ad esempio, uno dei primi a mobilitarsi per la difesa delle minoranze in Egitto è stato fondato da Ibrahim ed-Din , attivista egiziano-americano tra i più attivi nella difesa dei diritti umani. 5 Il caso ha occupato per vari giorni le testate di tutti i quotidiani egiziani e della stampa internazionale. Riportiamo qui un campione di articoli apparsi sul caso: Cfr. Abd’al-Rahman H., Foreign funding of Egyptian Rights Groups causes stir in political discours, al-Masry al-Youm , 22/07/2011; Shalaby A., Prosecution starts investigating foreign funding of civil society organization, al-Masry al-Youm, 08/08/2011; Trial of NGO workers set to resume in , CNN, 05/06/2012.

26 copti, mentre 66 ossia il 62,86% analizzano aspetti socio-politici di quella che viene delineata nella stragrande maggioranza delle opere come “minoranza” cristiana in contrapposizione ad una maggioranza musulmana. 6 Nel caso della produzione francese, decisamente più consistente, avviene l’esatto contrario. Delle 429 opere pubblicate, 406 ossia il 94,64% riguarda aspetti artistico-culturali, solo 23 ossia un 5,36% concerne aspetti socio-politici, in molti casi comunque marginali nell’opera complessiva e ridotti a piccoli capitoli finali. 7 Storicamente tali cifre si traducono in un protettorato britannico di fatto, con occupazione militare del suolo egiziano, dal 1882 al 1914 e un mandato dal 1914 al 1922 per quanto riguarda la Gran Bretagna; e l’infiltrazione culturale francese, di cui l’Egittologia ne rappresenta il pilastro portante, a seguito del fallimento militare della campagna napoleonica a inizi ‘800 che aprì la strada a quella britannica. Una sorta di trasposizione sul piano intellettuale della rivalità tra le due potenze su una parte fortemente strategica della regione, 8 che dà un quadro completo della realtà egiziana, e copta nello specifico, secondo la visione del “dominatore”. Tale violenza intellettuale che ha accompagnato l’incontro dell’Europa con le altre culture all’inizio dell’epoca moderna, e che Hamilton ha ben sottolineato e analizzato nel caso degli studi sui copti dal XV al XIX secolo9, continua a dominare la visione e l’analisi di ricercatori, intellettuali, opinionisti e giornalisti anche in epoca contemporanea. Il risultato è che la condizione dei copti in Egitto, che è ormai divenuta una vera e propria “questione copta”, è oggetto di una molteplice strumentalizzazione da parte di tutti gli attori chiamati in causa, tanto interni che esterni.

6 WorldCat.org. Elaborazione propria. 7 Ibid. 8 Punto di connessione tra Maghreb e Mashrek, il peso dell’Egitto nella regione non è solo demografico (con i suoi 60 milioni di abitanti, è il paese più popolato di tutti gli stati arabi), bensí politico e culturale. Paese leader del panarabismo, nessuna decisione che riguardi il mondo arabo può prescindere dal Cairo. Il primo paese ad aver firmato un accordo di pace con Israele, è al centro della politica israeliana-statunitense. Cfr. Habib A., voce « Égypte » del Dictionnaire geopolitique des etats , pp 179-183 9 Cfr. Hamilton A., The and the West 1439-1822 , Oxford University Press, New York, 2006, pp. 3-4.

27

Comparaison production anglophone et francophone sur les Coptes (1952-2012)

429 406

105 66 39 23

Totale Totale fr. Artistico Artistico Socio- Socio- angl. angl. fr. politico politico angl. fr.

Fonte: WorldCat - Elaborazione propria

Nel presente lavoro si tenterà di dimostrare quanto i concetti utilizzati nella letteratura, anglofona e francofona nello specifico, per analizzare le dinamiche socio- politiche dell’Egitto moderno-contemporaneo (per l’esattezza a partire dalla rivoluzione del 1952) legate alla presenza cristiana nel paese, riflettono la trasposizione nonché gli interessi di questi paesi sull’Egitto, con delle ripercussioni sulle sue dinamiche politiche interne. Il linguaggio utilizzato non è uno strumento che si utilizza in maniera indifferente, ma serve a creare “un sistema coerente di concetti” forgiato come un’arma per determinati fini specifici 10 . Quello che viene presentato, ad esempio, come esclusione dalla scena politica nazionale a conseguenza dell’islamizzazione del paese che ha il

10 Cfr. Etat et conflits sociaux dans les sociétés à solidarités plurielles : le cas du Liban : les apports du philosophe Mahdî Amil, Université Paris 7, Laboratoire Tiers-Monde, Parigi, 1989. Il filoso libanese Mahdi Amil si è sempre opposto all’utilizzo superficiale dei concetti del pensiero europeo e alla loro trasposizione meccanica alla realtà del mondo arabo, e nello specifico al caso libanese.

28 suo culmine sotto Sadat e il suo inizio con la rivoluzione del 1952, 11 è in realtà il risultato dell’affermazione della classe borghese capitalista arrivata al potere con il regime di Nasser e con Cirillo VI, per la componente copta. Questo quanto cela l’affettuoso e ostentato legame di amicizia tra i due capi e sancito dalla costruzione della cattedrale di Abasiyya, la più grande in tutta l’Africa, di cui Nasser porrà la prima pietra e a cui contribuirà finanziariamente. Questa collaborazione si base su un sistema politico che favorisce il comunitarismo e da cui ne trae vantaggio tanto il Patriarca, che vede accrescere il suo prestigio, quanto il regime: l’adesione all’ideologia della wahda wa ṭaniyya (unità nazionale) da parte del Patriarca garantisce un attitudine conciliatoria verso il regime da parte di tutti quei copti che seguono le direttive della Chiesa. La rivitalizzazione ad opera di Shenuda del tema del martirio, uno dei pilastri identitari della Chiesa Copta Ortodossa, 12 con le implicazioni di passività e sottomissione che questo comporta, va letta in quest’ottica. Così come i suoi sforzi per sviluppare nei bambini, sin dalla tenera età il senso di appartenenza alla sfera copta, 13 su continuazione delle scuole della Domenica, instuite da Habib Guirguis nel 1918 e da cui lo stesso era stato formato. L’impoverimento della popolazione egiziana ha ulteriormente favorito questa politica comunitarizzante, in cui le istituzioni religiose, tanto cristiane quanto musulmane (Fratelli Musulmani nello specifico) si rafforzano attraverso i servizi prestati alle classi sociali più disagiate.

La rivoluzione degli Ufficiali Liberi che pone fine alla monarchia, corrotta e filo- britannica, segna anche il passaggio dalla dominazione coloniale britannica a quella imperialista statunitense. Non è casuale che la Chiesa Copta Evangelica ( al-Kanisa al-‘In ğiliyya ), fondata dai presbiteriani del Nord America, diventi autonoma nel 1957 e ufficialmente indipendente nel 1958, dopo oltre mezzo secolo di missioni

11 Sono diversi gli autori che si esprimono in questi termini, tra cui si veda Pennington, The Copts in Modern Egypt , Middle Eastern Studies, Vol. 18, No. 2 (Apr., 1982), pp. 158-179; Margueritte A., La question copte . Etude sur la situation des chrétiens d’Egypte , Étude Raoul-Dandurand n°20, 2009, Quebec, pp. 36-37 12 Cfr., Hulsman C., Christian Activist' Contributions to Christian Migration from Egypt , in MIDEO n°28, Il Cairo, 2010, p. 578. 13 Cfr. Stene N., Becoming a Copt: The Integration of Coptic Children into the Church Community , in Ed. Van Doorn-Harder N. and Kari Vogt, Between Desert and City: The Coptic Orthodox Church Today , Novus Forlag – Oslo, 1997, p., 195.

29 protestanti nel paese. La produzione bibliografica riflette di nuovo questa realtà storica: il 39% della produzione in lingua inglese a partire dal 1952 fino ad oggi è statunitense.

Production anglophone Production anglophone sur les Coptes sur les Coptes (1882-1952) (1952-2012)

Gran Bretagn Egitto Altro a 23% 26% Gran 18% Bretagn a USA Egitto 54% USA 23% 20% 36%

Fonte: WorldCat - Elaborazione propria

L’evoluzione storica, in sostanza, della presenza coloniale iniziata ufficialmente con la dinastia di Muhammad Ali (1769-1849) e passata sotto sfera francese, inglese e statunitense. Il discorso sui copti nell’ambito di questi tre paesi, con le dovute eccezioni ovviamente, è parte integrante della rispettiva politica in cui viene prodotto. Il fatto stesso di analizzare in maniera distinta le dinamiche politiche che attraversano la componente egiziana cristiana, specie se nell’ottica di protezione e interesse verso una “minoranza” come fanno Gran Bretagna, Stati Uniti e Francia, corrisponde a un tentativo ben preciso di racchiudere in un marco confessionale una realtà secondo schemi politici non necessariamente consoni. Secondo quest’ottica la presenza di un tessuto multietnico e multiconfessionale in terra d’Islam ha da sempre

30 costituito un problema di gestione specie da quando l’Impero Ottomano si è disgregato e con esso il sistema delle millet (comunità). Si è andato imponendo un modello di stato di stampo europeo a cui le varie società del “Medio Oriente” non si sono mai adequate 14 . Un modello che altro non è che una rappresentazione geopolitica 15 e che ha creato in questi paesi, nello specifico in Egitto, una sorta di schizofrenia politica: un’ elite laica che aspira ad instaurare il modello di stampo europeo e un’ elite che promuove il comunitarismo. Le potenze colonizzatrici (Gran Bretagna e Stati Uniti) a loro volta, promuovono il primo e appoggiano il secondo. Il punto, tuttavia, non è questo quanto vedere in che maniera viene riflesso nell’opinione pubblica internazionale quanto accade in Egitto in relazione ai copti e al loro contesto nazionale attuale.

Lo storico Hamilton, precedentemente citato, basandosi su documenti di studiosi egiziani cerca di tracciare “una visione più oggettiva della società copta” rispetto a quella data da viaggiatori europei, missionari e copti stessi nel diciassettesimo secolo e inizi del diciottesimo. Gli storici occidentali dell’epoca sembravano particolarmente inclini ad accettare la versione di sofferenza e persecuzione che copti e missionari facevano circolare, in funzione dei loro specifici scopi di ricerca e di polemica confessionale 16 Inclinazione che in parte vale ancora per gli autori che si occupano dei copti nella seconda metà del XX secolo presi in esame nella presente ricerca.

Una simile rappresentazione è funzionale per avvalorare la tesi del conflitto di civilizzazioni secondo cui la linea religiosa e culturale sarebbe il perno intorno al quale si svolgeranno i conflitti nel mondo post Guerra Fredda. 17 Una rappresentazione che si discosta dalla realtà dove il copto ricco si identifica con il musulmano ricco più che con il copto povero, il cittadino copto più con il cittadino

14 L’intellettuale egiziano Abd al-Fattah vede nella politica di comunitarizzazione del governo egiziano il fallimento dello Stato moderno in Egitto. Cfr. Nab īl ‘Abd al-Fatt āh, al-Nass wa al-rass ās, al isl ām al-siy āsī wa al-aqb āt wa azam āt al-dawla al- had ītha f ī Misr , D ār al-nah ār li-l-nachr, 1997. 15 Cfr., Giblin B., (sotto la direzione di) Les conflits dans le monde, Introduction, Armand Colin, Paris, 2011. 16 . Cfr. Hamilton A., The Copts and the West 1439-1822 , Oxford University Press, New York, 2006, pp. 3-4. 17 Cfr., Huntington S., The Clash of Civilizations and the Remaking of World Order , Simon & Schuster, New York, 1996.

31 musulmano che con il fellah copto e il copto del nord più con il musulmano del nord che non con il copto del sud. 18 Senza negare un’identità religiosa marcata e oltretutto rafforzata dalla politica di comunitarizzazione messa in atto dal regime militare. La ragione della promozione della concezione del conflitto di civilizzazioni risiede nell’interesse da parte dell’Inghilterra prima e degli Stati Uniti dopo a dipingere in una cornice confessionale (minoranza/comunità copta) i copti, per poi farli rientrare in quei cristiani del mondo che soffrono persecuzioni e discriminazioni e quindi da proteggere.

L’interesse in chiave colonialista nei confronti delle minoranze in Medio Oriente, in special modo cristiane, è fatto tutt’altro che nuovo. Risale alla metà del XVI secolo con il sistema delle Capitolazioni inaugurato da Francesco I di Francia e si intensifica nel XVIII e XIX secolo quando, con la caduta dell’Impero Ottomano, Inghilterra, Francia e Russia si spartirono la protezione delle varie comunità cristiane, la cui autonomia divenne uno strumento privilegiato per la loro influenza nella regione 19 . E la difesa delle minoranze nel mondo continua a far parte della politica estera statunitense nell’ottica di intromettersi negli affari interni dei relativi paesi attraverso vere e proprie sanzioni. L’Egitto è tra i primi a ricevere queste attenzioni, considerata l’importanza strategica che riveste nella regione per gli Stati Uniti: scelto simbolicamente come paese in cui tenere lo storico discorso del presidente Obama ai paesi arabo-musulmani, l’Egitto è divenuto, per la sua posizione geografica, per il suo peso demografico, politico e culturale, « un élément fondamental dans la politique étrangère des Etats-Unis au Moyen-Orient, car elle avait contribué à l'établissement de la paix entre les Arabes et Israël, considérée comme l'un des plus importants objectifs dans la région, notamment après la signature de paix en 1979. »20 Tale accordo, primo tra i paesi arabi, gli è valso un aiuto economico annuo pari a un miliardo di dollari 21 . Un aiuto economico in gran parte militare e che

18 Beshai A.A., La posizione e il ruolo attuale de copti nell’economia egiziana , in Pacini A. (a cura di), Comunità cristiane nell’Islam arabo. La sfida del futuro , Edizioni della Fondazione Giovanni Agnelli, Torino, 1996, pp. 207 – 216. 19 Corm G., Géopolitique des minorités au Proche-Orient, in Hommes & Migrations, n 1172-1173, Gen-Fev 1994, pp. 7-17. 20 Les relations égypto-américains, State Information Service. http://www.sis.gov.eg/Fr/Templates/Articles/tmpArticles.aspx?CatID=165#.VA2OjGNKVvQ 21 Ibid.

32 continua tutt’ora: per l’anno finanziario 2014, il Congresso ha destinato per l’Egitto 1,3 bilioni in finanziamenti militari e 250 milioni in Fondi di supporto economico. 22 In cambio l’Egitto si impegna a combattere il terrorismo e mantenere sicura la penisola del Sin ā’i, ossia uno dei fronti dello Stato di Israele, nonché a fornire a quest’ultimo gas naturale. Sicuri dell’adesione di Mubarak all’accordo stipulato da Sadat, durante la fase di instabilità della transizione post-rivoluzione, il timore di una possibile revoca del trattato era ben presente negli Stati Uniti e in Israele. Essam Charaf, a capo del governo di transizione, dichiarò che gli accordi di Camps David non sono sacri, possono essere messi in discussione in qualsiasi momento se necessario; 23 propose anche di rivedere gli accordi del gas con Giordania ed Israele. 24 Anche durante il governo Morsi il dibattito sugli emendamenti degli accordi venne aperto, ma Morsi ha mantenuto lo status quo. 25 Cosa che non si può dire per quanto riguarda gli accordi sul gas: non solo i ripetuti attentati da parte dei beduini alle pompe di gas nel Sin ā’i hanno ridotto drasticamente la fornitura ad Israele, 26 ma nell’aprile 2012 l’Egyptian Natural Gas Holding Company recide il contratto con Israele, 27 violando gli accordi di Camps David. Per tutta risposta, il capo dell’esercito israeliano, il Maj. Gen. Benny Gantz, annuncia che l’esercito israeliano è pronto a confrontarsi con l’Egitto qualora questo si riveli un nemico. 28 Il presidente Morsi è stato in carica un solo anno, destituito da un movimento popolare, Tamarrod , appoggiato dai militari. La carta della mancanza di libertà religiosa, dove i cristiani rivestono un posto privilegiato, è un’arma in mano degli Stati Uniti per controllare il governo affinchè compia il patto stabilito. Nella dichiarazione della protezione dei cristiani e delle minoranze religiose del 1998 emesso dal governo statunitense, l’Egitto viene citato tra i paesi penibili di sanzione per la condizione in cui vive la minoranza cristiana. È

22 Sharp J.M., Egypt: Background and U.S. relations, Congressional Research Service http://www.fas.org/sgp/crs/mideast/RL33003.pdf 23 EgyptIndependent, 15/09/2011http://www.egyptindependent.com//news/egypt-pm-says-peace-deal- israel-not-sacred 24 EgyptIndependent, 13/04/2011 http://www.egyptindependent.com/news/egypt-review-israel-jordan- gas-deals 25 EgyptIndependent, 13/08/2012 http://www.egyptindependent.com/news/adviser-morsy-studying- camp-david-accords-amendment-issue 26 Nafez M.A., Israel’s War for Gaza’s gas , Le Monde Diplomtique, Novembre, 2012. http://mondediplo.com/blogs/israel-s-war-for-gaza-s-gas 27 Al-Masry Al-Youm, 22/04/2012 28 Al-Arabiya, 23/04/2012

33 interessante che il 1998 è l’anno in cui Stati Uniti ed Egitto riprendono le iniziative di dialogo strategico, interrotte a causa dell’invasione del Kuweit da parte dell’‘Ir āq.29 Una delle conseguenze è il giudizio positivo emesso nei rapporti americani sulla libertà religiosa in Egitto, specie per i cristiani, a partire dal 2001:

The Constitution provides for freedom of belief and the practice of religious rites; however, the Government places restrictions on this right. Under the Constitution, Islam is the official state religion and the primary source of legislation. Accordingly religious practices that conflict with Islamic law (Shar ī’a ) are prohibited. However, in the country the practice of Christianity or Judaism does not conflict with Shar ī’a and, for the most part, members of the non-Muslim minority worship without harassment and maintain links with coreligionists in other countries. There was a trend toward improvement in the Government's respect for and protection of the right to religious freedom during the period covered by this report. Public schools began using curricular materials on , the Government implemented policies facilitating church repairs, and seven Christians became deputies in the People's Assembly (3 were elected and four were appointed by the President). There was continued press and public discussion of intercommunal relations and religious discrimination. 30

Il rapporto del 2002 e 2003 segue la stessa linea affermando che “with some exceptions, there was a continued trend toward improvement in the Government's respect for and protection of religious freedom during the period covered by this report”. 31 È a partire dal 2004 che riemergono toni critici verso la mancanza di libertà religiosa, ma è solo nel 2011 che l’Egitto viene annoverato tra i “countries of

29 Le premier round du dialogue a eu lieu à Washington, puis le 2ème round est tenu au Caire en Décembre 1998, suivi par 3ème round en Février 1999 à Washington.” http://www.sis.gov.eg/Fr/Templates/Articles/tmpArticles.aspx?CatID=165 30 http://www.state.gov/j/drl/rls/irf/2001/5636.htm 31 http://www.state.gov/j/drl/rls/irf/2002/13994.htm In quello del 2003 si legge: There was some improvement in the Government's respect for religious freedom during the period covered by this report, such as greater recognition and tolerance of Coptic Christians http://www.state.gov/j/drl/rls/irf/2003/24448.htm

34 particular concern” (CPC), 32 per “systematic, ongoing, and egregious violations of religious freedom. 33 Nel 2012 e nel 2013 viene riconfermato il giudizio negativo sulla mancanza di libertà religiosa. Tuttavia, stando alla stampa egiziana, il numero dei casi di violenza che vedono coinvolti copti e musulmani in questi anni non sono superiori a quelli verificatisi nel 2010, benchè il numero di morti nel 2011 sia maggiore agli altri anni. Per casi di violenza si intende una vasta gamma di episodi, presentati nella stampa come “confessionali”, che vanno da scontri più gravi con morti (ad esempio a Nāğī Hamm ādī nel 2010, con 8 morti: 7 copti e 1 musulmano; ad Imb āba nel 2011, con 12 morti: 4 copti e 6 musulmani;) a piccole risse tra qualche individuo. Nel capitolo 5 verrà specificato ogni singolo episodio. Da precisare che nelle classi sociali disagiate della società egiziana, ricorrere alla violenza per risolvere dissaccordi quotidiani, è molto frequente e risulta difficile, in alcuni casi, stabilire quanto l’elemento religioso influisca di più rispetto all’affronto subito.

32 USCIRF Identifies World's Worst Religious Freedom Violators: Egypt Cited for First Time , USCIRF, 28/04/2011, http://www.uscirf.gov/news-room/press-releases/uscirf-identifies-worlds-worst- religious-freedom-violators-egypt-cited 33 USCIRF, Annual Report 2011 – Egypt - http://www.uscirf.gov/sites/default/files/resources/ar2011/egypt2011.pdf In allegato è possibile leggere l’intero rapporto.

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Confronto numeri casi di violenza che vedono coinvolti i copti : 2010 - 2011 - 2012- 2013

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Quelli che nel rapporto statunitense 34 o nei media 35 vengono definiti “attacchi” ai copti sono piuttosto, salvo qualche caso minoritario (es. l’attacco alla chiesa di Alessandria nel gennaio del 2011; quello di Maspero nell’ottobre del 2011; alcuni casi del 2013), degli scontri o risse in cui i copti ne sono talvolta gli istigatori e non solo le vittime, o le sole vittime. Gli attacchi non sono rivendicati dalle organizzazioni musulmane o salafiste: Morsi ad esempio, condanna ufficialmente gli attacchi ai copti, 36 così come il portavoce dei Fratelli Musulmani nega la giustificazione degli attacchi nel 2013 37

Oltre che per i casi di violenza, l’Egitto viene sanzionato per la Costituzione emanata da Morsi, in cui diversi articoli mettono a repentaglio la libertà religiosa. Si tratta dell’art.2, presente sin dal 1971, dell’art. 219 aggiunto da Morsi e dell’art.43. Nel paragrafo riferito alla costituzione, tra le parti lese vengono citati solo cristiani e i baha’i. Ed anche per quanto riguarda le violenze, sebbene vengano menzionati anche le dicriminazioni al altre minoranze religiose, quali gli shiiti, i musulmani moderati o i sufi, l’attenzione principale verte sui copti, a cui è dedicato buona parte del rapporto. Senza considerare che alcun riferimento viene fatto delle discriminazioni verso altre categorie quali nubiani e beduini. D’altra parte il rapporto, istituito a partire dal 1998, è volto a difendere le minoranze religiose nel mondo punendo con sanzioni quei paesi che non le rispettino 38 Una misura politica che ben mostra l’importanza attribuita alla religione dal governo statunitense. 39 Se il fattore numerico giustifica tale focalizzazione di interesse sui copti rispetto ad esempio agli shiiti (1-2 milioni), la giustificazione cade di fronte ai sufi (circa 15 milioni) o non si

34 In quello del 2011 si legge: […]“The Egyptian government has failed to protect religious minorities, particularly Coptic Christians, from violent attacks, including during the transitional period when minority communities are increasingly vulnerable. Since February 11, military and security forces reportedly have used excessive force and live ammunition targeting Christian places of worship and Christian demonstrators.” 35 Si veda la nota 37. 36 EgyptIndependent, 03/08/2012; Abouzeid R., After Egypt’s Revolution: the Wars of Religions, Time, 10/03/2011. http://www.egyptindependent.com/news/morsy-asks-muslims-secure-copts-dahshur-vows-enforce- law 37 EgyptIndependent, 17/08/2012 http://www.egyptindependent.com/news/brotherhood-spokesperson-denies-justifying-church-attacks 38 H.R. 2431, International Religious Freedom Act, 1998 http://www.state.gov/documents/organization/2297.pdf 39 Si veda al propósito, Hérodote, Les evangelistes à l’assaut du monde, 2005/4 (no 119)

38 spiega perchè i bahi (500-3000 persone) vengano menzionati accanto ai copti all’inizio del rapporto.

Nei media si è riscontrata una tendenza parallela. Almeno per il caso dell’Egitto. Nella stampa internazionale ricorrente è stato il tema dell’aumento di attacchi e persecuzioni contro i copti nel post-Mubarak e soprattutto durante il governo Morsi.40 Considerando i casi di violenze verificatisi nel 2011 un solo articolo su The guardian è stato trovato tra le principali testate internazionali anglofone e francofone rigurdante i numerosi attacchi contro le tombe dei sufi. La stampa egiziana ne riporta sedici nella sola area di Alessandria. Nessun articolo è stato trovato sulle violenze che vedono coinvolte altre categorie di egiziani quali i nubiani nel governatorato di Asw ān o i beduini del Sīnā’i, tanto a livello di scontri fisici che di rivendicazioni costituzionali. Per rivendicazioni costituzionali si intendono sia petizioni all’Assemblea Costituente che manifestazioni di protesta. Maggiori dettagli verranno formiti nel capitolo inerente al dibattito costituzionale nel post-Mubarak.

La maggior ripercussione mediatica, a livello internazionale, di un attacco ad una chiesa piuttosto che a una tomba sufi o ai nubiani di Asw ān fa si che i copti diventino un’arma nelle mani non solo del Congresso americano, ma degli stessi attori politici egiziani, per delegittimare il governo in carica, che siano essi i salafiti: ad esempio gli attacchi rivendicati dalle organizzazioni islamiste degli anni ‘70-‘80 contro Sadat; o l’esercito stesso, come l’attacco, nel 2011 durante il governo di transizione di Essam Sharaf, contri i manifestanti copti di fronte alla sede televisiva di Maspero.

La prima parte della ricerca si centrerà sui concetti di “comunità”, “minoranza” e “diaspora” relativi ai copti dentro e fuori l’Egitto, attraverso cui si è contribuito a creare su un piano teorico una confessionalizzazione della società egiziana nella seconda metà del XX secolo. Si è analizzato in maniera sistematica la produzione francofona, e si è visto come gli autori si siano serviti degli elementi tipici della

40 Non è stata fatta una selezione statistica dei principali quotidiani. Si veda a titolo esemplificativo: Michael M., Egypt: Coptic Christians Under Siege , The HuffingtonPost, 10/10/2011; Dalrympe W., Egypt’s Coptic Christians face an uncertain future , The Guardian, 10/10/2011; Prier P., Les Coptes égyptiens pris pour cibles par les islamistes , Le Figaro, 19/08/2013.

39 stessa presenza coloniale francese sul territorio egiziano per definire la “comunità copta”, vale a dire, in termini culturali-artistici. Le ripercussioni pesanti e durature di simile politica, non giustificano ugualmente l’uso incondizionato dell’espressione “comunità copta” e il suo perpeturasi anche quando è risultata evidente la molteplice frammentazione di questa comunità. Uso che può essere interpretato alla stregua dello “spettro dell’islamismo” e dell’ “inverno islamico”. Un sistema coerente di concetti, fondamentalmente. Dopo aver pertanto tracciato gli elementi di questa costruzione della realtà egiziana, si analizzeranno le dinamiche comunitarizzanti della politica egiziana per mettere in risalto la strumentalizzazione che il regime autoritario ha fatto dell’elemento religioso. Dinamiche comunitarizzati fallite sul loro stesso nascere e ribadite dai conflitti geopolitici interni allo stato o agli stessi copti, come dimostra la mancanza di controllo del Sud del paese. Altro elemento cha va ad aggiungersi a questo sistema è l’etichetta di “diaspora copta”, che alla stregua della parola “comunità, confessionalizza un fenomeno nazionale egiziano. L’emigrazione copta sarà oggetto del secondo capitolo. Oltre a delineare l’emigrazione egiziana da un punto di vista storico per dimostrare l’infondatezza di alcune rappresentazioni legate al concetto di diaspora copta, si analizzeranno le implicazioni politiche che tali rappresentazioni hanno nei paesi di emigrazione e all’interno dell’Egitto stesso.

Il terzo capitolo è l’analisi di un caso concreto del termine “diaspora” e “comunità” applicati ai copti che si trovano in Francia. Storicamente, anche l’emigrazione egiziana cristiana nel paese segue le stesse dinamiche di quella egiziana in generale, mentre l’estrema frammentazione della “comunità copta” in Francia dimostra quanto questa comunità di fatto non esista, se non circoscritta a ogni singola e specifica chiesa. Ha senso per tanto parlare di comunità copta di Villejuif, di Chateney- Malebry etc. ma non in maniera generica “in Francia” considerate le differenziazioni e rivalità presenti non solo tra attivisti e clero, quanto all’interno del clero stesso dove la politica shenudiana lascia trasparire intenzioni di proselitismo sul territorio francese, anche se dai risultati non troppo considerevoli.

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Nella seconda parte si analizzerà in maggior dettaglio quanto avvenuto nel 2011, costituendo la rivoluzione del 25 gennaio un evento dall’importanza capitale per la storia dell’Egitto contemporaneo. In particolare, si concentrerà l’attenzione sulla diffusione mediatica di quanto avvenuto ai copti in merito al dibattito costituzionale e agli episodi di violenza. Nello specifico, nel quarto capitolo si analizzerà la posizione dei copti a proposito del dibattito costituzionale, intorno al quale si è incentrata la fase di transizione politica. A dimostrazione di quanto sostenuto nella ricostruzione storica e contro le rappresentazioni esterne, i copti non sono un blocco compatto da un punto di vista politico. La rappresentazione secondo la quale i cristiani in Egitto vorrebbero la dawla madaniyya (stato civile), non tiene in considerazione che tutte le istanze politiche, indistintamente dalla religione, la reclamano. Fanno eccezione i salafiti che vogliono uno stato islamico, cosi come tra i copti vi sono degli estremisti che sono a favore di una maggiore confessionalizzazione dello stato attraverso il rafforzamento del potere riconosciuto alla Chiesa in materia di statuto personale (art.3 della costituzione Morsi), nonchè di gestione degli awqaf (beni ecclesiastici). Nel quinto capitolo si analizzerà l’episodio di Imbāba, ovvero gli scontri tra copti e salafiti intorno alla chiesa di Mar Mina avvenuti tra la notte del 7 e l’8 maggio. Quanto si vuole sottolineare è la maniera con cui differenti quotidiani riportano la notizia, anteponendo la spiegazione confessionale a questioni geopolitiche, legate alla problematiche condizioni socio-politiche ed economiche del quartiere cairota in questione.

Scelta del tema, metodologia e fasi di sviluppo della problematica.

Suggeritami una ricerca sui copti nell’ambito di un progetto sulle minoranze in Medio Oriente condotto dalla cattedra UNESCO del Dialogo interculturale nel Mediterraneo dell’Universtità Rovira i Virgili di Tarragona, si trattava di stabilirne i

41 termini e la problematica. Nonostante conoscessi già direttamente l’Egitto per i precedenti viaggi durante la formazione universitaria per studiarne la lingua e aspetti più che altro letterari collegati al movimento femminista egiziano, non sapevo che in Egitto i cristiani venissero chiamati aqb āṭ (copti). Il termine ricorrente che gli egiziani con cui parlavo nei caffé utilizzavano per riferirsi ai cristiani era masih īn (cristiani) e non aqb āṭ (copti). Per il resto sapevo che fossero numericmente di gran lunga inferiori rispetto alla grande maggioranza musulmana. Era il 2009 e i miei precedenti tre viaggi si erano svolti a partire dal 2005. Dopo cinque anni di ricerca il lavoro che ne è risultato è una ricostruzione storica a cui è stato associato un approccio geopolitico col fine di mettere alla luce la complessità dei territori e delle numerose implicazioni connesse con le questioni trattate. Una combinazione di metodi che sono stati possibili grazie alla cotutela tra l’Universitat Rovira i Virgili di Tarragona e l’Institu Français de Geopolitique dell’ Université Paris 8. Per quanto riguarda la metodologia storiografica, ho iniziato a raccogliere il materiale in varie biblioteche europee: a Roma (Biblioteca nazionale centrale, del Pontificio Istituto di Studi Arabi e Islamici –PISAI- e del Pontificio Istituto Orientale -PIO), a Londra (SOAS) e a Parigi (INALCO, IMA, Paris 8, Science Po). A quel punto mi sembrava d’obbligo completare la raccolta bibliografica con la letteratura sul tema in arabo. Mi recai così al Cairo il 12 gennaio del 2011. In questa prima fase avevo già delimitato l’oggetto decidendo di trattare solo dei copti ortodossi e il periodo che avrei preso in considerazione, dalla rivoluzione del 1952 alla contemporaneità più prossima. Gli eventi storici verificatesi hanno contribuito a delimitare ulteriormente la ricerca iscrivendo il periodo tra due rivoluzioni e il conseguente post-rivoluzione. Il quesito a cui ero giunta era proprio legato alla comparazione tra il bagaglio di conoscenze sul tema che mi ero formato in Europa e il riscontro con la realtà e la bibliografia egiziana: vi è corrispondenza tra quanto si sa e si diffonde in Europa e quanto accade e si diffonde in Egitto? Da cosa dipende la rappresentazione che si fa dei copti nel contesto internazionale? L’ipotesi formulata ruotava intorno alla considerazione che la presenza cristiana in Egitto e in Medio Oriente in generale era stata sfruttata dalle potenze coloniali dell’epoca per infiltrarsi nella regione e che pertanto ciò che si scrivesse su di essi fosse quanto meno influenzato da tale politica se non direttamente un suo supporto.

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La rivoluzione del 25 gennaio 2011 ha segnato una tappa fondamentale per confermare l’ipotesi intorno cui costruire il resto della ricerca. La riproduzione distorta dei media occidentali di quanto avveniva nella capitale egiziana durante i giorni della rivoluzione corrispondeva per certi versi alla visione distorta e strumentalizzata che mi ero fatta dei copti attraverso i libri letti. Durante i sei mesi in cui sono rimasta al Cairo, la lettura quotidiana della stampa locale, i discorsi ascoltati nella piazza, le informazioni trasmesse dalla telivisione di egiziana da un lato e il costante confronto con la stampa europea nonchè il contatto diretto con alcuni giornalisti venuti appositamente in Egitto, ma ugualmente distanti dai luoghi dei fatti, hanno influito in maniera determinante nella presa di posizione sul soggetto. A tal proposito ho trovato molto interessante rileggere le varie rielaborazioni del progetto di ricerca e riscontrare quanto la mia opinione iniziale fosse influenzata dalla lettura orientalista della questione e corrispondesse esattamente a quanto si è cercato di smontare con il presente lavoro.

Alla ricerca di archivio è stata affiancata quella della stampa. Ampliazione necessaria trattandosi di un eventi estremamente recenti che i verificano in maniera molto vicina al momento stesso della scrittura, quando non in contemporanea. 41 In un paese che sta vivendo una fase storica di cambio dagli esiti incerti, tanto che siano più rosei e vicino all’utopia di Ta ḥrīr o più tragici e radicali dell’autoritarismo e repressione che ha regnato nel paese negli ultimi sessanta anni di dittatura militare. Trattandosi cioè di un processo storico in corso le analisi che se ne fanno dovrebbero dar maggior voce agli attori diretti interessati quanto piuttosto al bagaglio culturale proprio, specie se sotteso a evidenti dinamiche di potere e convinzione di superiorità propria a tutte le potenze dominanti. Ed è qui che si va ad inserire ed integrare l’altro metodo seguito nella presente ricerca, quello geopolitico. Per geopolitica, al di là del forte successo mediatico del termine (souvent utilisé à tort et à travers) 42 , si intendono « toutes rivalités de pouvoirs et d’influences sur du

41 Garcia P., Essor et enjeux de l’histoire du temps présent , CNRS 42 Giblin B., La géopolitique : un raisonnement géographique d’avant-garde, in La géopolitique des géopolitiques , Hérodote , 2012/3-4 (n° 146-147), pp. 3-13.

43 territoire, quelles que soient leurs formes – plus ou moins violentes – et quelles que soient les dimensions des espaces concernés» 43 , secondo la definizione che ne da il fondatore della scuole francese Yve Lacoste. Si tratta di un approccio relativamente recente, se comparato alle altre scienze sociali, che prende in considerazione il problema in maniera differente e complementare. L’originalità del metodo geopolitico, e che risulta essere estremamente funzionale per la presente ricostruzione storiografica, è quello di basarsi sulle rappresentazioni contraddittorie dei protagonisti, ovvero « la façon dont chacun d’eux se raconte l’histoire et se représente à tort ou à raison ses adversaires et les enjeux de la situation”. 44 Lo studio delle rappresentazioni riveste in effetti un ruolo centrale nelle analisi geopolitiche perchè costituisce un mezzo privilegiato per comprendere comportamenti e motivazioni dei diversi attori. Inoltre, considerando la rappresentazione in quanto “ensemble d’idées plus ou moins logiques et cohérentes»45 che riflette “une partie de la réalité, de façon floue ou précise, déformée ou exacte” riveste una funzione determinante nelle rivalità stesse nella misura in cui queste inducono a dei comportamenti che possono sfociare in rivalità, modificare le strategie e persino generare delle nuove politiche. Nella presente tesi sui copti, non si tratta del conflitto tra questi e i musulmani, quanto delle rappresentazioni ad esso connesse, prodotte e diffuse in quesi paesi che hanno avuto interessi di vario genere sul paese (Francia, Gran Bretagna, Stati Uniti). Come sottolinea Beatrice Giblin « agir sur un territoire pour le conquérir, le contrôler, l’exploiter, nécessite la mise en œuvre de stratégies efficaces et donc bien adaptées au territoire considéré ». 46 Le rappresentazioni inesatte e senza troppo fondamento storico che circolano sui copti sono funzionali a supportare la politica di protezione nei loro confronti come strumento per intromettersi negli affari interni dell’Egitto. Altro contributo del metodo geopolitico è stata l’elaborazione di cartine, grazie alle quali si è giunti a constatare visivamente alcuni concetti.

43 Lacoste Y., Géopolitique. La longue histoire d’aujourd’hui , Larousse, Paris, 2009. 44 Lacoste Y., Dictionnaire de Géopolitique - Préambule, Flammarion, (1995, 2ème édition), Paris, pp. 2-3. 45 Ibid. 46 Giblin B., Nouvelle Géopolitique des Régions Françaises – Introduction Générale, Fayard, Paris, 2005, pp.16-17.

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La difficoltà principale da un punto di vista metodologico per l’elaborazione delle cartine è dovuta alla mancanza di statistiche o cifre ufficiali affidabili relative ai copti e al contesto egiziano in generale. La carta relativa alla distribuzione geografica dei copti sul territorio egiziano, ad esempio, è basata su una rielaborazione effettuata da Hulsman in base alle cifre fornite dalla CAPMAS, (Central Agency for Public Mobilization and Statistics ), ovvero l’agenzia ufficiale delle statistiche in Egitto. Il fatto che sia ufficiale e statale piuttosto che costituire una garanzia di affidabilità costituisce l’elemento immediato per diffidarne. La strumentalizzazione che si fa della questione numerica a proposito dei copti racchiude tutti i punti relativi alla strumentalizzazione stessa della presenza cristiana in Egitto, tanto da un perspettiva interna che esterna 47 . Tuttavia, si è scelto di utilizzarla come fonte perchè, da un lato, è una delle poche che copre tutto il territorio nazionale (ad eccezione del Nord Sinai); dall’altro, per l’obiettivo della cartina stessa. Ciò che si voleva rappresentare non era infatti la cifra esatta di copti presenti e la loro precentuale in rapporto alla componenente musulmana, quanto rendere graficamente la “frammentazione” di quella che dovrebbe essere una comunità compatta. Per quanto riguarda la cartina sull’emigrazione egiziana, e copta al suo interno, le difficoltà incontrate sono dello stesso ordine. Mancanza di cifre affidabili sull’emigrazione egiziana in generale; basti vedere la discrepanza nelle cifre presentate dalla suddetta agenzia e quelli dei singoli paesi per rendersi conto della manipulazione dei dati. 48 E impossibilità a stabilire quanti copti siano effettivamente presenti all’interno di tale immigrazione dal momento che i registri, tanto egiziani che dei singoli paesi, non distinguono ufficialmente gli individui secondo la categoria “religione”.

47 Per un’analisi dettagliata sulla questione numerica di veda l’articolo di Hulsman C., Discrepancies Between Coptic Statistics in the Egyptian Census and Estimates Provided by the Coptic Orthodox Church, in MIDEO (29), Il Cairo, 2012. Il grande merito di questo articolo sta nell’aver ripercorso e ricapitolato tutte le cifre presentate a proposito del numero dei copti, sia dalle fonti ufficiali (censi del governo e Chiesa), sia di quelle non ufficiali, ossia singoli autori, egiziani e non. Emerge così chiaramente la strumentalizzazione che se ne fa. 48 Stando alle statistiche date da ogni singolo paese di destinazione il totale degli egiziani emigrati è di 429,428 persone, mentre secondo le statistiche del governo egiziano risultano 1,050,850 egiziani residenti all’estero. Una differenza di ben 621,422 persone. Cfr., Fargues, How Many Migrants from, and to, Mediterranean Countries of the Middle East and North Africa? Analytic and Synthetic Notes – Demographic & Economic Module, CARIM-AS 2005/16, Euro-Mediterranean Consortium for Applied Research on International Migration (CARIM), p.21.

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Si è deciso così di segnalare la presenza copta in base alle chiese istituite nei vari paesi di emigrazione, tenendo in considerazione che: il numero delle chiese, rilevate in base alla web ufficiale delle varie chiese, ad eccezione del caso francese a cui si è potuti accedere direttamente, non è assolutamente indicativo del numero dei copti presenti sul territorio. Non tutti i copti frequentano la chiesa e, ancor più importante, l’espansione ecclesiastica è legata più a questioni politiche che numeriche. Significativi a tal proposito sono il caso della Germania, dove l’assenza iniziale di chiese copte ha favorito l’adozione di altre confessioni cristiane da parte dei copti emigrati; o il caso degli Stati Uniti, dove la militanza degli attivisti copti ha reso necessaria una forte mobilitazione ecclesiastica. Infine, la terza cartina inerente alla distribuzione delle chiese copte ortodosse sul territorio francese, si è avvalsa di fonti dirette provenienti dal vescovo stesso che mi ha fornito una sua ricostruzione delle parrocchie istituite sotto la sua diocesi. Ancora una volta, una fonte parziale, ma ufficiale. Per quanto riguarda i dati dell’immigrazione in Francia, si sono scelti quelli generici inerenti all’immigrazione in generale senza distinzione di provenienza, dal momento che l’ISEE non distingue come categoria a parte gli egiziani. L’immigrazione massiva in Francia degli egiziani, 49 infatti, oltre ad essere un fenomeno relativamente recente (a partire dagli anni ’90) e per lo più legato all’immigrazione illegale, resta esigua rispetto all’immigrazione proveniente dalle ex-colonie francesi. L’opportunità della cotutela è stata fondamentale anche per delimitare da un punto di vista geografico il campo di analisi, ovvero la Francia, come si è appena visto, e la produzione bibliografica, accademica e mediatica francofona, relativa ai copti.

49 La Francia è il terzo paese in Europa ad accogliere il maggior numero di egiziani dopo Italia e Regno Unito. Fenomeno relativamente recente (a partire dagli anni ’90) e legato alla deteriorizzazione delle condizioni economiche degli egiziani che scelgono di emigrare, spesso in maniera illegale, verso destinazioni geograficamente più vicine: Italia, per poi proseguire in Francia ed eventualmente nel Regno Unito. Cfr., Zohry A., The Migratory Patterns of in Italy and France, CARIM Research Reports 2009/17, European University Institut, Firenze, e Saad R., Egyptian Workers in Paris: An Ethnographic Account , Paper Prepared for the Migration and Refugee Movements in the Middle East and North Africa. The Forced Migration & Refugee Studies Program, The American University in Cairo, Egypt, October 23-25, 2007.

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Un altro elemento molto importante nella fase di riflessione e elaborazione della tematica è stato il contatto con altri ricercatori. Elemento scontato e comune a qualsiasi ricerca, ma particolarmente funzionale nel presente caso per delucidare sia l’approccio che si è tenuto che le conclusioni a cui si è giunti. In concreto ci si riferisce a tre categorie di contatti: i ricercatori sui copti incontrati al Cairo, i ricercatori occidentali che hanno sperimentato la mia stessa discrepanza tra la conoscenza diretta e bibliografica dell’”Oriente” e infine le persone residenti in Egitto con cui sono rimasta in contatto successivamente alla mia partenza nel giugno del 2011. I primi mi hanno fatto rendere conto del risveglio dell’interesse per i “copti” nel mondo accademico occidentale a partire dal 2005, i secondi hanno reso maggiormente oggettiva una percezione individuale e i terzi hanno permesso di supplire, in parte, la mancanza di contatto diretto e costante con la realtà presa in esame.

Infine, la scelta degli annessi è stata dettata dal desiderio di offrire materiale di prima mano, quali i documenti raccolti in piazza Ta ḥrīr, o articoli significativi della stampa locale, che offra una visione meno distorta o per lo meno più diretta di quanto accade. Si è inoltre ritenuto utile inserire un profilo delle principali organizzazioni militanti per meglio capire le loro dinamiche, descritte in maniera sommaria all’interno del capitolo per non appesantirlo e allontanarsi dalla problematica trattata.

I limiti della ricerca e ulteriori spunti di analisi

La raccolta di materiale bibliografico non si è limitata ovviamente alle sole pubblicazioni francesi, e costante è il riferimento alla produzione anglofona, britannica e statunitense, sull’argomento. Tuttavia, in considerazione dell’importanza che questi due paesi hanno avuto nell’influenza diretta sulle dinamiche socio- politiche dell’Egitto contemporaneo, sarebbe stato opportuna un’analisi più approfondita e sistematica. Così come sarebbe interessante estendere l’analisi alle

47 rappresentazioni prodotte nella bibliografia e stampa russa ed ebraica. Analisi che permetterebbe di avere un quadro più completo dell’approccio esterno verso i copti, quindi verso l’Egitto. Anche l’analisi delle varie realtà egiziane nei vari paesi di emigrazione potrebbero essere interessanti, sia nell’ottica dei legami dei rispettivi paesi con l’Egitto, sia in chiave comparatistica per vedere quanto il contesto in cui si trovano gli egiziani influenzi il loro modo di agire. La stessa realtà francese, quella presa in esame, meriterebbe un ulteriore approfondimento. Interessante sarebbe, ad esempio, vedere il tipo di relazione tra le varie chiese non calcedoniane in contrapposizione a quella cattolica con cui devono comunque relazionarsi. La giornata di studi sui cristiani orientali in Francia organizzata dall’università di Strasburgo il 2 e 3 ottobre 2012 e a cui ho partecipato per presentare il caso dei copti, ha confermato la rivalità esistente tra le varie chiese e tra queste e l’ ”egemonia” della Chiesa Cattolica. O studiare in maniera più dettagliata ogni singola Chiesa-comunità della Chiesa Copta Ortodossa in Francia, ovvero quella arabofona e pertinente ai copti emigrati. La scelta di non approfondire ulteriormente la realtà francese è dovuta a motivi legati strettamente al tipo di ricerca che si voleva condurre, indirizzata più sulla rappresentazione che si fa di una specifica realtà, che passa così ad essere fondamentale ma funzionale alla ricerca stessa.

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CAPITOLO 1

COMUNITÀ COPTA O EGIZIANI CRISTIANI?

Introduzione

In questo primo capitolo si analizzeranno le dinamiche storiche della componente cristiana egiziana all’interno del contesto nazionale negli ultimi quarant’anni. L’obiettivo è quello di dimostrare come i copti non rappresentino un blocco unito contrapposto politicamente, socialmente ed economicamente a quello musulmano. Visione bipolare che suole emergere dalla bibliografia francofona e anglofona, soggetta alle politiche coloniali dei rispettivi paesi in cui viene prodotta. Ne sono un riflesso alcuni concetti chiave (comunità e minoranza), ampliamente utilizzati nella suddetta bibliografia e funzionali a creare una rappresentazione “cristiani contro musulmani” della situazione geopolitica egiziana nell’opinione pubblica, che non trovano una corrispondenza diretta nella realtà egiziana e ancor meno nella bibliografia in arabo.

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1. La politica di Shenuda o il conflitto geopolitico tra Chiesa e Stato 1971-2012

1.1 Il rinnovamento nazionale egiziano in ambito cristiano: “le scuole della domenica”.

La scena politica, culturale e sociale dei copti degli ultimi quarant’anni è stata dominata dal lungo patriarcato di papa Shenuda III, eletto nel 1971 e in carica fino alla sua morte, avvenuta il 17 marzo del 2012. Dovuta in gran parte alle sue capacità personali, la politica di Shenuda è frutto di quel movimento battezzato come le “scuole della domenica” ( mad āris al-aḥd) o più generalmente "rinnovamento copto" (iṣlāḥ qib ṭi), che rientra nel più ampio rinnovamento a livello nazionale sperimentato dall’Egitto a fine del XIX secolo. 50 Espressioni che non riflettono, come fa notare Dina al-Khawaga, la terminologia utilizzata dagli attori stessi, che parlavano semplicemente di ‘abna al-kanisa o aqb āṭ o kanisa .51 Movimento che ha creato le basi per la sua nomina, coronamento esemplare delle aspirazioni comuni a quei giovani neo-laureati della borghesia laica copta che, a partire dagli anni ‘30 preferirono il clero piuttosto che l’aristocratico e decadente Wafd, il partito politico che li aveva visti protagonisti agli inizi del XX secolo 52 , per tentare la loro ascensione sociale. A ciò si aggiunge l’impulso dato dalle missioni cattoliche e protestanti che, avendo avuto poco seguito nel tentativo di convertire i musulmani,

50 Sul tema della nah ḍa (rinascita) egiziana la letteratura è molto abbondante. Sul rinnovamento copto, si veda tra gli altri Legrand H-M., Le renouveau copte , in ISTINA, n.2 aprile-giugno, 1961-1962, Boulogne sur Seine, pp., 133-150; Hasan S.S. Ḥasan S.S., Christian versus Muslms in Moden Egypt. The Long Century struggle for Coptic Equality , Oxford U.P., 2003; Meyeur- Jaouen C. e Voile B., Les paradoxes du renouveau copte dans l’Egypte contemporaine , in Heyberger B., Chrétiens du monde arabe , Editions Autrement, Parigi, 2003, pp. 163-167. 51 Cfr. Al-Khawaga D., Le renouveau copte: la communauté comme acteur politique , tesi di dottorato presentata all’Università di Science Politique di Parigi, sotto la direzione di Remy Leveau, nel 1993, p. 16. 52 Il Wafd (letteralmente, delegazione , in riferimento alla delegazione inviata a Parigi da alcuni indipendentisti egiziani, rappresenta il partito con la più lunga tradizione della storia politica egiziana. Cfr. Vetikiotis, p. 257/ 263. Riad Hassan smentisce questo ruolo nazionalistico del Wafd, sostenendo che questi non aveva un’ effettiva intenzione di distruggere il sistema semi coloniale che regnava in Egitto.

50 diressero la loro attenzione verso i copti, costituendo quindi una minaccia per la Chiesa Copta Ortodossa. Tali missioni agirono come un doppio motore per una chiesa in fase di declino come era quella copta. Da un lato furono uno stimolo per i laici copti, formatisi per lo più in queste scuole missionarie appunto 53 , per rivitalizzare l’apparato ecclesiastico della chiesa copta ortodossa di fronte al pericolo della conversione dei fedeli verso le altre due confessioni cristiane: dapprima chiedendo aiuto alle stesse autorità mamelucche; poi sviluppando un proprio sistema scolastico. 54 Dall’altro fornirono un ottimo modello su cui impiantare la rivitalizzazione della tradizione ortodossa 55 . Ed è infatti nel 1918 che Habib Guirgis fonda la prima scuola della domenica, su modello delle scuole della domenica protestenati, con l’obiettivo di fornire un quadro educativo comunitario di riferimento alla gioventù copta. Nel 1948 Papa Yusab II (1946 - 1956) ne assume ufficialmente la direzione e la prima generazione di neo-laureati, iniziò a infiltrarsi sempre più nei ranghi ecclesiastici sostituendo poco a poco la classe religiosa di vecchio stampo, che opponeva una veemente resistenza a quella che definiva “un’ occidentalizzazione della chiesa” ( farnaget al-kan īsa )56 . Sarà tuttavia con il suo successore Cirillo VI (1902- 1971), eletto nel 1958, che la generazione degli anni Quaranta potette penetrare definitivamente all’interno dell’amministrazione ecclesiastica. L’ingresso della nuova classe laica educata introdusse, in effetti, notevoli innovazioni nell’ambito del servizio spirituale offerto, partendo, tuttavia, da radici profondamente tradizionali della chiesa ortodossa: la rivitalizzazione del

53 A partire dal 1840 i laici copti iniziarono ad essere formati nelle scuole dell’ American Mission e della Church Missionary Society. Con l’obiettivo di imporre i propri interessi sul patriarca per la gestione dei beni ecclesiastici, formarono nel 1873 con il consenso tacito dello stato, il Maglis al-Milli (Consiglio della Comunità) che giunse a far destituire Cirillo V nel 1892. Nel 1912 riacquì le sue funzioni e la rivalità tra l’elite laica e ecclesiastica continuò fin quando la prima riuscì ad infiltrarsi all’interno dei ranghi ecclesiastici. Cfr. Legrand H.M., Le renouveau copte , cit., pp. 135-136. 54 I copti si distinguono dagli altri cristiani orientali per l’atteggiamento ostile nei confronti dei missionari occidentali, cattolici prima e protestanti poi, sin dall’inizio. Cfr. Maila J., Gli arabi cristiani: dalla questione d’Oriente alla recente geopolitica , in Pacini A., Comunità cristiane nell’islam arabo , Fondazione Giovanni Agnelli, Torino, 1996, p. 42. 55 I copti si distinguono dagli altri cristiani orientali per l’atteggiamento ostile nei confronti dei missionari occidentali, cattolici prima e protestanti poi, sin dall’inizio. Tale contrasto, dovuto al carattere autocefalo e nazionale della chiesa copta ortodossa, ha spinto le autorità ecclesiastiche a reagire per far fronte al pericolo delle conversioni: dapprima chiedendo aiuto alle stesse autorità mamelucche; poi sviluppando un proprio sistema scolastico.. 56 Ḥasan S.S., Christian versus Muslms in Moden Egypt. The Long Century struggle for Coptic Equality , cit., p. 37.

51 monachesimo, in quanto matrice del cristianesimo egiziano, e quella del culto dei santi 57 , in quanto strumento di comunicazione moderno per eccellenza nell’affermare l’identità copta 58 . Nessun Papa meglio di Cirillo VI seppe utilizzare l’elemento della santità: incarnando egli stesso l'ideale del santo copto, grazie al suo carisma spirituale e ai numerosi miracoli attribuitigli, fece del culto dei santi l'elemento fondamentale della coesione 59 . Un rinnovamento religioso basato su una lettura fondamentalista dei testi sacri che caratterizza il rinnovamento in ambito musulmano e che, altro non è che un modo d’azione militante di fronte alle molteplici sfide del mondo moderno 60 , rappresentato fondamentalmente dal modello europeo. Cirillo VI rappresentò quindi, una sorta di “ponte” tra la vecchia e la nuova generazione 61 , una figura fondamentale che creò le basi per il successivo sviluppo dell’identità copta.

1.2 Il contesto nazionale

Volendo inserire quanto detto nel contesto nazionale si proporranno i seguenti due schemi riassuntivi.

57 Hasan S.S., p. 47. 58 Cfr. Voile B., Les coptes sous Nasser. Sainteté Miracles et Apparition , Cnrs, Parigi, 2004. 59 Ibid. 60 Cfr. Meyeur-Jaouen C. e Voile B., Les paradoxes du renouveau copte dans l’Egypte contemporaine , in Heyberger B., Chrétiens du monde arabe, Editions Autrement, Parigi, 2003, pp. 163-167. 61 Cfr. al-Man āwī A., al-Aqb āt. al-Kan īsat 'am al-wa ṭan. al-Bābā Shen ūda f ī muw āgaha al-Kan īsa, Dar al-shab āb al-ʼarab ī, Il Cairo, p. 65.

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Schéma historique 1879 - 1952

Elaborazione propria

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Schéma historique 1952 – 2011

Elaborazione propria

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Il cambio di guardia di cui si è parlato a proposito della generazione introdotta da Cirillo VI viene sancito dalla rivoluzione del 1952. A partire dalla rivoluzione di Nasser, si assiste secondo molti autori 62 , ad una progressiva e crescente esclusione dei copti dalla scenza politica egiziana, dal momento che tra gli Ufficiali Liberi non vi era alcun copto e il movimento rivoluzionario avrebbe simpatizzato per i Fratelli Musulmani. Una coalizione strumentale che ricorda quella riproposta nel referendum del 2011 tra SCAF e Fratelli Musulmani e che terminerà con la repressione di questi ultimi e la destituzione del loro presidente Morsi un anno dopo, cosi come nel ’54 Nasser mise al bando l’organizzazione a seguito del tentato assasinio alla sua persona. L’elemento islamico favorito dalla rivoluzione fu infatti l’istituzione di al-Azhar, così come, sul versante cristiano, la Chiesa Copta è stata sempre solidale con la rivoluzione e con la politica di Nasser 63 . Ed è proprio secondo la politica del leader egiziano che la chiesa si afferma come rappresentante politico esclusivo dei copti, dal momento che nel 1962 Nasser abolì il Ma ğlis al-Milli (Consiglio comunitario) rimettendo tutto nelle mani del Patriarca e mise al bando la ‘Umma Qib ṭiyya (Nazione Copta), un’organizzazione estremista cristiana di stampo laico, che può essere considerata come l’ultimo tentativo di rivalsa dell’elite copta laica al di fuori dei ranghi ecclesiastici. 64 La politica di nazionalizzazione nasseriana, in pratica, si estende anche all’ambito religioso attraverso la confisca dei wafq (beni religiosi) e il controllo da parte dello Stato delle massime autorità religiose: il mufti di al-Azhar, nominato dal presidente, per i musulmani e il Papa per i copti. L’intesa tra Nasser e Cirillo VI viene sancita dalla costruzione della cattedrale di Ab āsiyya di cui Nasser mise la prima pietra.

62 Tra cui: Laurence, cit., p. 128; Sa’ad ad-Dīn I., The Copts of Egypt , AN MGR International Report, 95/6, p. 15; Pennington, The Copts in Modern Egypt , Middle Eastern Studies, Vol. 18, No. 2 (Apr., 1982), pp. 158-179; Margueritte afferma che “le régime nassérien contribua déjà à la fragilisation de la condition de la minorité chrétienne”, lasciando intravedere un progressivo ritorno alla condizione di dhimmi. Cfr. Margueritte A., La question copte . Etude sur la situation des chrétiens d’Egypte , cit., pp. 36-37. 63 Cfr. Chalaby, cit., p. 154 64 Fondata dal giovane studente di diritto Hilal Fahmi Ibrahim l’11 settembre del 1952, l’obiettivo principale dell’organizzazione era quello di contruibuire alla costruzione dell’identità nazionale promuovendo allo stesso tempo un’ autonomia legislativa e giurisdizionale della “nazione copta”. Cfr. Guirguis L., Les Coptes d’Egypte. Violences communautaires et transformation politiques , Khartala, Parisi, 2011, pp. 123-126.

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La cathédrale de Saint Marc dans le quartier d’ ‘Abāsiyya au Caire.

Alessandra Fani, 2014

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Elaborazione propria

Una parte dei ricchi latifondisti copti un tempo al potere scelgono di emigrare andando a costituire un’ulteriore fonte di opposizione ed elemento di destabilizzazione nelle sorti dei cristiani in Egitto e del paese a livello globale, alla pari dei loro connazionali musulmani. Non si tratta quindi di un ripiegamento della comunità su se stessa a seguito della marginalizzazione dal governo a partire dalla rivoluzione del ’52, quanto di una profonda politicizzazione autoritaria dell’elemento clericale cristiano a discapito sia dell’elite laica che della massa dei fedeli, soggetti quest’ultimi ad una doppia repressione: una in quanto cristiani e una in quanto egiziani appartenenti ad una classe sociale disagiata.

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1.3 La politica di estensione territoriale di Shenuda III

L’elezione al seggio papale di Shenuda III, avvenuta nl 1971, sancisce drasticamente la nuova rotta avviata da Cirillo VI. Appartenente ad una ricca famiglia di Asy ūṭ, dopo gli studi in lettere, Nazir Jayyid, così si chiamava prima della nomina, iniziò a frequentare la scuola della domenica all’età di 17 anni, ed entrò successivamente nella vita monastica con il nome di padre Antonio. Ben presto si affermò come il membro più rappresentativo della scuola dei “rivivalisti spirituali”, costituitasi a Shubr ā in contrapposizione a quella degli “attivisti sociali” o “protestanti” di Ğīza 65 . Tentando invano di trasgredire il regolamento dell’elezione patriarcale nel 1959 alla morte di Yusab 66 , Nazir Jayyid dovette attendere la morte di Cirillo VI nel 1971 per divenire papa, ricoprendo nel frattempo la carica di vescovo dell’educazione ecclesiastica superiore, in cui dimostrò già la tendenza della sua futura politica centralizzante: tentò di sottomettere alla sua autorità l’Istituto Copto, entrando in conflitto con il direttore Sami Gabra, e diede vita alla pratica degli incontri del venerdì, che fecero allarmare persino il non-combattivo Cirillo VI 67 . La nomina a Sua Santità Shenuda III, 117° papa di Alessandria e patriarca della Sede di San Marco completò la sua ascensione sociale. Gran parte dei suoi quarantatre anni di patriarcato, per l’esattezza dal 1985, sono stati segnati dall’intesa con il governo di Mubarak, in carica dal 1981 fino alla sua destituzione nel febbraio del 2011. Il 1985 è quando appunto Mubarak nel suo quarto anno di governo, decide di rilasciare Shenuda III confinato nel monastero di W ādī Natr ūn dal 1981 su decreto di Sadat, predecessore di Mubarak, con cui il Patriarca aveva un’aperta e profonda ostilità. Si è soliti presentare come causa di questa ostilità, la politica islamizzante di Sadat che si

65 Alla fine degli anni ’40 al Cairo si erano affermate quattro scuole domenicali di particolar prestigio, ognuna delle quali specializzatasi in un settore e in contrasto l'una con l'altra. Oltre a quella di San Antonio a Shubr ā e quella di Ğīza, era di notevole prestigio quella “intellettuale” di Geziret Badran, in cui si formarono eminenti personaggi del panorama intellettuale copto, quali Milad Hanna, Wiliam Soliman Kilada, Murad Wahba etc. Cfr. Ḥasan S.S., Christian versus Musilms in Moden Egypt. The Long Century struggle for Coptic Equality ,cit., p. 47. 66 Tale regolamento stabilisce che per accedere alla candidatura bisogna avere quaranta anni e averne passati almeno quindici in un monastero. Yazid Nazir non possedeva né l'uno né l'altro requisito. 67 Tali incontri continuano tutt'ora nella Cattedrale di 'Abasiyya dove ogni due mercoledì la stessa folla concitata di fedeli accorre per seguire il cerimonioso sermone di Shenuda.

59 contrapponeva con la politica di promozione e difesa dei diritti della comunità copta messa in atto da Shenuda 68 . Ossia una reazione, in termini religiosi, del Patriarca alla politica del Presidente. In realtà, Shenuda una volta raggiunta la massima, quindi sconfitte le rivalità tra l’elite copta, ecclesiastica e laica, era intenzionato ad affermare ed estendere il suo potere di leader sul territorio nazionale. La clericizzazione dei laici sotto il suo controllo si tradusse nell’apertura di nuove diocesi e la nomina di vescovi, nonchè nella riabilitazione di molti monasteri ridotti in macerie e abbandonati. Il numero de vescovi passò ad essere dal 1971 al 1986 da 26 a 45; nel 1990 il numero divenne 62 e attualmente ci sono 71 vescovi per un numero di copti che va dai 3 ai 10 milioni, stando alle diverse fonti statistiche sui copti. 69

Numero fedeli Numero vescovi Numero fedeli per (milioni) vescovo Egitto 3-8 62 85.000 Francia 39 107 364.485 Italia 47,7 137 343.000 Fonte: al-Kir āza, Conference des êveques de France, Conferenza episcopale italiana - Elaborazione propria

68 Tra cui si veda: Watson, p. 98; Cannuyer, Pennington; Van Doorn-Harder P., Contemporary Coptic Nuns , Univ of South Carolina Pr, 1995, p. 23; D. Zeidan, ‘The Copts – Equal, Protected or Persecuted? The Impact of Islamization on Muslim–Christian Relations in Modern Egypt’,Islam and Christian–Muslim Relations, Vol.10, No.1 (1999), p.64. 69 Cfr., Denis E., Cent ans de localisation de la population chrétienne egyptienne. Les élements d’une distanciation entre citadins et villageois , cit.

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Politica che gli valse l’accusa da parte di Sadat di voler creare uno stato copto con capitale ad Asy ūṭ, sua città d’origine; mentre il conflitto territoriale si misurava nella capitale stessa.

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Il quartiere di Z āwiyya al-Hamr ā’, laddove nel giugno del 1981 si verificano i maggiori scontri tra islamisti, per lo più membri dell’organizzazione Tanzim al-Jihad e i copti, è una zona cuscinetto tra la zona d’influenza di Shenuda, Šhubra, e il quartiere di Abasiyya dove sta la cattedrale e la sua residenza. Una zona piuttosto estesa se si considera che il governo riesce a controllare solo il 47% della capitale; il resto sono ‘ašwiyyat , ossia quartieri informali sorti in maniera illegale fuori dal controllo dello Stato, ma in qualche modo incoraggiati da questo per riprodurre il sistema clientelare e rafforzare cosi l’ordine politico basato sui privilegi dell’elite. 70 Rappresentano il 53% della superficie costruita del Gran Cairo, il 62% degli abitanti e il 79% della crescita demografica assorbita. 71 In sostanza, denotano l’incapacità del regime di gestire l’urbanizzazione e che siano delle realtà difficili in cui la mancanza dei servizi basilari, quali acqua ed elettricità, e il sovraffollamento favoriscono il reclutamento di individui da parte di gruppi estremisti religiosi e lo scoppio di risse, scontri e violenza per l’alta tensione che vi regna. A ciò si aggiunge l’arrivo degli immigrati provenienti dal sud del paese e dalle zone rurali con il loro bagaglio di tradizioni, spesso tribali. Questi sono responsabili del 22% dell’aumento degli abitanti del Cairo tra gli anni ’60 e ’70 ed è al- Zāwiyya al- Hamr ā’, insieme al quartiere di Imb āba, a riceve la maggioranza di questi immigrati, provenienti per lo più dalla regione di al-Mynia. In questo contesto, Sadat farà trasferire in maniera forzata 30 mila persone dal quartiere di Ishah Turjama, periferia di Ayn Shams e dal quartiere centrale di Muhammad Ali. L’arrivo di nuovi abitanti non farà che peggiorare le condizioni di affollamento del quartiere accrescendo le tensioni che sfoceranno nei conflitti del giugno 1981 in cui la Tanzim al-Jihad, i cui membri provenivano in gran parte da al- Minya, attaccherà i copti con l’accusa di nascondere armi dentro le chiese. 72 Il conflitto è una dimostrazione della perdita totale del controllo da parte del Presidente Sadat sulla città del Cairo, sotto i colpi di estremisti provenienti dal sud del paese.

70 Cfr., Hamied Ansari, Sectarian Conflict in Egypt and the Political Expediency of Religion , Middle East Journal, Vol. 38, No. 3 (Summer, 1984), pp. 397-418. 71 Cfr., http://paulineroland.eg2.fr/spip.php?article74 72 Ibid.

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Estremisti islamici da un lato e cristiani dall’altro. Le relazioni con il leader copto Shenuda erano state un crescendo di ostilità: nel settembre del ‘77 in risposta al progetto di legge sull’apostasia indice un digiuno di cinque giorni, nel marzo dell ’80 annulla la celebrazione della Pasqua (non riceve quindi i rappresentanti di Stato e si ritira nel monastero di W ādī Natr ūn in segno di protesta), si schiera contro il riconoscimento dello stato di Israele, ribadendo il divieto per i copti di recarsi in pellegrinaggio a Gerusalemme, divieto imposto dopo la sconfitta del ’67. 73 Mentre l’apertura al movimento ecumenico lo porteranno ad un rivvicinamento tanto con Roma 74 che con la Chiesa Ortodossa dell’Unione Sovietica. Posizioni non accettabili da parte del governo egiziano che stava avviando le trattative di normalizzazione con lo stato di Israele, che porterà alla famosa pace del ’79, e una palese collaborazione, nel contesto della Guerra Fredda, con la potenze statunitense. 75 A seguito delle manifestazioni organizzate dai copti negli Stati Uniti contro la sua politica in occasione delle sue due visite a Washintgon,

colse la palla al balso e accusò Shenuda di stare dietro a quelle manifestazioni organizzate per metterlo in cattiva luce agli occhi dell’alleato americano. Con tale condanna dichiarò nulle le elezioni papali del 1971 e lo pose agli arresti domiciliari nel convento di Wādī Natr ūn 76 . La commissione di sostituzione che formò era composta da cinque vescovi e guidada, non a caso, dal vescovo Samuel, rivale di vecchia data di Shenuda nonchè massimo esponente della scuola di Ğīza, ovvero di quelli che venivano definiti, come si è già detto, “protestanti”. 77 Un candidato decisamente più favorevole quindi per la politica pro-americana avviata da Sadat e

73 Cfr. Barbulesco L., La participation politique de la communautè copte d’Egypte (1881 – 1981) , cit., pp. 206 - 210 74 Durante la storica visita a Roma nel maggio del 1973 per incontrare Paolo VI, rivide la posizione sulla natura del Cristo giungendo ad un accordo teologico con il rappresentante cattolico. La posizione monofisita della Chiesa Copta Ortodossa era stato proprio il punto che le aveva permesso di staccarsi dall’autorità di Bisanzio e costituirsi come chiesa autonoma durante il Concilio di Calcedonia (453). 75 Cfr., Abde al-Wahab S.A., Relations between Egypt ad the Usa in the 1950s , in Tripp C., Contemporary Egypt: through Egyptian eyes in honor of Professor P.J. Vatikiotis , Routledge, Londra, 1993, p. 89-97 76 Cfr. Ziad Abdelnour, Le role politique de la diaspora copte d’Amèrique du Nord, sostenuta a Parigi nel 1993 all’Institut d’Etudes Politiques. 77 Hassan S.S., cit., p.47.

65 sancita dall’accordo di pace con Israele in cambio della quale il governo egiziano iniziò a ricevere 2 milioni di dollari all’anno. Ed è proprio per questa politica pro statunitense che si spiega anche la politica islamizzante di Sadat: l’islam venne utilizzato come strumento per combattere i comunisti e progressisti. 78 Nella feroce rappresaglia che fece contro ogni sorta di opposizione con il decreto N. 493 del 1981 vennero arrestate ben 1,536 persone 79 , tra cui 350 membri del Partito Comunista e del partito progressista 80 . Non vennero risparmiate autorità musulmane e copte, tra cui il papa appunto. Gli anni di Sadat sono anni difficili sia da un punto di vista socio-economico, in cui l’Egitto sperimenta una forte crisi dopo il fallimento della politica socialista nasseriana e l’avvio di quella di liberalizzazione; che politico, in cui i toni dell’opposizione si intensificarono su tutti i fronti 81 . Pertanto, quando vengono presentati gli anni Settanta, Ottanta e Novanta come gli anni dell’apice della fitna ṭayfiyya (conflitto confessionale) espressione molto ricorrente nelle relazioni tra cristiani e musulmani, è fondamentale e imprescindbile tenere in considerazione il clima di violenza generale che attraversava il paese, in cui i copti, le classi sociali inferiori, erano un facile e visibile bersaglio, ma uno fra i tanti (si vedano gli attacchi ai turisti o alle autorità statali) nell’ottica di danneggiare il regime 82 .

78 Cfr., Beattie K., Egypt during the Sadat Years , Palgrave, 2001. Fallito il tentative nasseriano sancito dalla sconfitta del ’67, la politica estera di Sadat andò nella direzione opposta a quella di Nasser. Questi, nonostante avesse fondato il movimento dei Non Allineati insieme all’India di Nehru, la Cina di Chue En lai e l’Indonesia di Sukarno nell’ambito dell’antagonismo bipolare della Guerra Fredda, e sebbene cercasse di mantenere buone relazioni tanto con l’uno che con l’altro, nel settembre del 1955 acquistò armi dalla Cecoslovacchia e accettò finanziamenti dall’Unione Sovietica per la costruzione della diga di Asw ān. Cfr., Mcdermott A., Egypt from Nasser to Mubarak. A Flawed Revolution , Routledge, New York, 1988, p. 23 e p. 132. Gli Usa presero infatti diversi provveddimenti col fine di isolare l’Egitto dal resto della regione, quali la formazione di nuclei anti-nasser e anti-soviet sotto la leadership dell’Arabia Saudita; la limitazione dell’influenza dell’Egitto nella regione incitando i britannici a prevenire un coup d’etat e un maggior supporto al patto di Baghdad. Cfr., Abde al-Wahab S.A., Relations between Egypt ad the Usa in the 1950s ,cit. 79 Cfr. Watson J.H., Among the Copts , Sussex Academic Press, 2002, p. 93. 80 Vatikiotis P.J., The , Weidenfeld and Nicolson, Londra, 1991, cit. p. 420 81 Cfr. Eberhard K., More than a response to Islamism: the Political Deliberalization of Egypt in the 1990s , in Middle East Journal , vol.52, n.2, primavera 1998, pp. 219-235. 82 Cfr. Sa’ad ad-D‘ īn I., Hum ūm al-‘aqliy āt f ī-l-wa ṭān al-’arab ī: al-taqr īr al-sanaw ī al-awal , (Preoccupazioni delle minoranze della nazione araba. Primo rapporto annuale ), 1993, Mark āz Ibn Khald ūn, Il Cairo, 1993, p. 91.

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1.4 L’intesa Shenuda - Mubarak

Il punto di rottura e l’ostilità tra il patriarca Shenuda e il presidente Sadat rappresenta una parentesi nelle relazioni di collaborazione tra Stato e Chiesa inaugurato da Nasser e riproposto nell’era di Mubarak. Allo scontro con le autorità religiose di Sadat, tanto da parte musulmana che cristiana, corrisponde un ritorno al patto nasseriano con Mubarak, ovvero quello della collaborazione per poter gestire la popolazione egiziana secondo uno schema comunitario e che Rowe definisce neo-millet .83 La riconciliazione, pertanto, non è dovuta alla politica meno pro-islamista di Mubarak 84 quanto ad un accordo tra autorità, in cui il ruolo degli Stati Uniti con il patriarca resta un punto in sospeso da chiarire. Un accordo tra elite in fin dei conti militari visto che lo stesso Shenuda era stato un ufficiale dell’esercito egiziano prima, prendendo parte anche nella guerra del ’48. L’atteggiamento di conciliazione di Shenuda venne ripetutamente espresso in occasione dei numerosi casi di violenza e aggressioni che si susseguirono per tutti gli anni ‘90.

83 Cfr., Rowe P., Building Coptic Civil Society: Christian Groups and the State in Mubarak's Egypt , in Middle East Journal , 45: 1, 2009, pp. 111-126. 84 Watson, Among the Copts , cit.

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Principaux cas de violence avec les Coptes dans les 1990

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Non solo rispose in maniera diplomatica evitando lo scontro come con Sadat 85 , ma si adoperò per rafforzare tra i copti il sentimento di santità e martirio, nonché un messaggio di riconciliazione nazionale. Il tema del martirio è molto caro alla Chiesa Copta Ortodossa che si presenta essa stessa come la Chiesa dei martiri (il calendario copto inizia con il 284 d.C, l'"era dei martiri", ovvero l'anno in cui Diocleziano, autore di spietate persecuzioni contro i cristiani, prese il potere. Il concetto del martirio è sempre stato un importante strumento nella salvaguardia dell'identità, sia in epoca romana che successivamente in quella islamica. A partire dagli anni '70, attraverso il culto delle icone e delle reliquie dei martiri, tale sentimento è stato ulteriormente rafforzato, tanto che costituisce una componente fondamentale dell'identità copta ancora oggi. 86 Parlando con una donna della media borghesia nella cattedrale durante un incontro del Patriarca, di fronte alla possibilità di un attacco da parte dei salafiti il venerdì seguente cosi si è espressa: “Certo che verrò alla cattedrale. Non ho paura. Porterò anche i miei figli. Non può succedere nulla di male perché è il Signore che decide. E se morirò, sarò contenta perché martire." Da notare che si trattava dell'incontro intitolato "Perdonate" in cui il papa invitava a perdonare e amare il nemico, tenuto il 5 maggio 2011, in un clima di tensione in cui si vociferava un possibile attacco salafita alla cattedrale per il caso della conversione della donna cristiana Sheatata.

Infine, prese posizione in maniera ufficiale in vista delle elezioni presidenziali del 2005, invitando i copti a votare per Mubarak, che si presentava per il suo quinto mandato, dal momento che questi aveva fatto conoscere alla comunità un miglioramento delle loro condizioni e le garantiva sicurezza 87 . E la dichiarazione in sostegno dell’ex presidente allo scoppio della rivoluzione sancisce l’ultimo atto di

85 Basti pensare alla reazione provocatoria dell’incidente di al Khanka nel ‘72: a seguito della distruzione dell’ufficio usato impropriamente come luogo di preghiera, il papa inviò cento preti per pregare sul luogo. Cfr. Sultan M., al-aqb āṭ wa-l-siy āsa. Ta’mil āt f ī sanaw āt al-’azla (I copti e la política. Riflessioni sugli anni dell’isolamento ), Dar al-’ilm wa-‘im ān li-l-nashar wa-l-tawz ī’, Il Cairo, 2009. 86 Cfr. Hulsman C., Christian Activist' Contributions to Christian Migration from Egypt , cit., p. 578. 87 Roussillon A., Visibilité nouvelle de la " question copte". Entre refus de la sédition et revendication citoyenne , in Florian Kohstall (dir.), L’Égypte dans l’année 2005 , Cedej, Le Caire, 2006.

70 un' intesa giunta a termine per le dimissioni dell’uno e la morte, pochi mesi dopo, dell’altro. Politica che venne ampiamente istituzionalizzata all’interno della gerarchia ecclesiastica, posta rigidamente sotto le sue direttive, attraverso la centralizzazione dell’apparato amministrativo, a cui non sfuggì neanche l’importantissimo apparato monastico 88 . Varie personalità tanto ecclesiastiche quanto laiche vennero allontanate in vari modi per mostrare segni di divergenza. Emblematico il caso di Bilufatir Gamil, vescovo di Ğīza, scomunicato per simpatizzare con il partito al-Ġad nelle elezioni del 2005 opponendosi quindi di votare per Mubarak.89 Il risultato è comunque l’affermazione di un potere pressochè assoluto del Patriarca sui copti. Tale scelta strategica garantì al papa una notevole autonomia sulla comunità copta di cui divenne l’unico rappresentante, spirituale e politico. Dall’amministrazione dei beni ecclesiastici fino ai tribunali clericali, dalla scelta dei membri del Consiglio Comunitario ( Ma ğlīs al-Mill ī) che vennero non a caso ordinati tutti diaconi, avviando in tal modo la “clericalizzazione dei laici”, e quindi una loro marginalizzazione sulla scena politica nazionale. 90 L’inquadramento dei copti nella cornice ecclesiastica avveniva sin dalla giovane età attraverso l’educazione dei bambini in cui veniva sviluppato un senso di appartenanza sociale alla sfera copta. 91 L’introduzione della pratica della piccola croce tatuata nel polso, generalmente effettuata durante le celebrazioni popolari o a seguito dei ritiri organizzati nei vari monasteri 92 segna in maniera indelebile l’appartenenza alla comunità. Ed ha il suo

88 Cfr., Sultan M., al-Aqb āt wa-l-siy āsa. Ta'amil āt f ī sanaw āt al- 'azla, cit., pp.84-85. 89 Sultan, cit., p. 74. 90 Gayyed R.M., al-Wahda al-wataniyya wa thawrat, p.19. 91 Shenuda sottolineava pubblicamente l’importanza dell’educazione dei bambini. Cfr. Stene N., Becoming a Copt: The Integration of Coptic Children into the Church Community , in Ed. Van Doorn-Harder N. and Kari Vogt, Between Desert and City: The Coptic Orthodox Church Today , Novus Forlag – Oslo, 1997, p., 195. 92 Cfr., “The practive of tattooing crosses probably has roots in early Egyptian Christanity. It is seen today as a sign of protection against evil spirits as well as a sign of Christian identity. Infants are tattoos, of their own accor, when they reach school age. Both urban and rural Copts use tattoos and the practices does not seem to be in decline. Families of high social standing may refrain from using tattoos and instead provide their children with gold crosses on chains”. E aggiunge, dando spiegazioni varie sull’affermazione di tale pratica: “we must recognise that especially the Coptic fellahin consider the sign of the cross also as a kind of phylactery, as a protective device against evil spirits, the ginii, and diseases ‘Where the seal of the cross is, the wickedness of Satan hath no power to do harm’, al- Ṣa‘ īd one of the early fathers. When St. Anthony made the sign of the cross, the devil trembled.

71 corrispettivo musulmano nella zibiba , la macchia sulla fronte che un buon musulmano si fa, in teoria, pregando 93 . Quasi a voler creare una differenziazione biologica che altrimenti non esisterebbe. Una comunità apparentemente ben unificata e organizzata, con un controllo capillare e una fortissima censura volta a stroncare ogni elemento di opposizione tanto tra gli ecclesiali che tra i laici, tanto tra gli egiziani all’interno che quelli del mah ğr. E che ricorda molto il regime dittatoriale di Mubarak.

2. Al di là dell’identità, la frammentazione dei copti su molteplici fronti.

2.1 Fattori geografici

La distribuzione geografica dei copti è quanto meglio dimostra la loro frammentazione, la loro integrazione a livello nazionale; con delle implicazioni interessanti da un punto di vista geopolitico.

Moreover, in some instances, the Coptic tattoo may also serve purely decorative purposes. At the same time, the tattoo of the cross is often thought of as a permanent reminder of certain blessings, which have been received, or certain vows, which have been made.” Cfr. Meinardus, Christian Egypt, Faith and Life, AUP, Cairo, 1970, pp. 4-5. 93 È impossibile stabilire con esattezza la maniera in cui viene fatto.

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Il primo dato che emerge è che i copti sono presenti su tutto il territorio con una maggior concentrazione nelle regioni del al-Ṣa‘ īd (al-Minya, 19,45% della popolazione locale; Asy ūṭ, 18,22% popolazione locale; al-Ba ḥr al-Aḥmar, 10,48%) e nelle città di Alessandria (5,6 % popolazione locale) e Il Cairo (8,57% popolazione locale). Zone in cui la popolazione egiziana in generale è più numerosa. La maggioranza degli autori osserva come i copti non vivano in ghetti 94 e siano presenti su tutto il territorio nazionale, mentre lo studio del ricercatore Denis sulla distribuzione dei cristiani egiziana rileva una:

[…] absence de ségrégation qui caractérise la distribution des chrétiens en Égypte. À l’échelle de l’agglomération du Caire, il convient même de parler d’une dispersion des chrétiens liés, comme pour l’ensemble des Cairotes, aux contraintes de logement et de décohabitation familiale (Denis, 1997). En province, dans les villes bien sûr, mais aussi dans les hameaux les plus étroits, les chrétiens ne sont jamais isolés. Inversement, des familles chrétiennes, parfois pas plus de 5 ou 6 personnes, vivent dans un village de 2.000 habitants et l’on retrouve souvent leur trace 100 ans auparavant 95 .

E la distribuzione geografica è proprio uno degli elementi su cui si basava la difesa del Patriarca quando Sadat lo accusò di voler creare uno stato indipendente nel sud del paese: 96

Chi può pensare, credere che i copti lascino tutti i loro luoghi santi presenti nel suolo egiziano per isolarsi ad Asy ūṭ? Che rinuncino al monastero di Wādī Natr ūn, del Mar Rosso, il più vecchio monastero del mondo...rinuncino ai luoghi visitati dalla sacra famiglia nel loro passaggio in Egitto. Che rinuncino alla cattedrale ad Abasiya e la

94 Tra cui si veda: Henry Habib Ayrout, in Meinardus O.F., Christian Egypt ancient and modern , Cahiers d’histoire egyptienne, Il Cairo, 1965, p. 18. 95 Cfr. Denis E., Cent ans de localisation de la population chrétienne egyptienne. Les élements d’une distanciation entre citadins et villageois , cit. 96 Cfr., Vatiokis p. 422

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Santa Sede di San Marco ad Alesandria o alle grandi feste che si celebrano a Balqas, Sanbat, Met Damses, Riziaqat e a Menfi? 97

Di fatto, la distribuzione geografica dei cristiani su tutto il territorio nazionale rappresenta una vera e propria sfida o miglior detto una debolezza e segno di fallimento della politica comunitaria di Shenuda. Oltre all’opposizione ecclesiastica

97 Cfr. Al-Banna R., cit, p. 103.

75 di alcuni vescovi influenti nel Nord del Delta, 98 il divario esistente tra le diocesi del Nord e del Sud del paese, non solo è sempre più profondo 99 , bensì è stato uno dei punti cruciali nella rivalità tra il vescovo Samuel e Shenuda, di cui si è parlato in precendeza 100 . Al punto che secondo Nabil Abdel Fattah il Santo Sinodo era diviso in due clans, quello di Anba Bishoy, legato a Shenuda e quello del Al-Ṣa‘ īd, in riferimento al fronte di opposizione dei vescovi del Al-Ṣa‘ īd che si è costituito intorno ad Anba Tuma della diocesi di al-Qusiyya nel governatorato di Asy ūṭ.101 Considerando, inoltre, che nel sud del paese è più alta la concentrazione dei copti, si può dedurre che il controllo di Shenuda sia ulteriormente limitato e circoscritto territorialmente. Paradossalmente volendo unificare i copti in una comunità sotto il suo controllo ha favorito il riemergere di una divisione nella Chiesa Copta Ortodossa delle origini.

98 Si veda il parágrafo 2.4 del presente capitolo. 99 Cfr., Denis, cit., p.14. 100 Cfr., al-Khawaga D., cit. p. 101 Guirguis L., Egypte: l'autre succession - l'Eglise copte à l'approche d'un tournant, in religioscope , pubblicato il 7/10/2010. http://religion.info/french/articles/article_501.shtml#.UlvyDlDIYmM

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I primi cristiani in Egitto erano degli egiziani ellenizzati di lingua greca, concentrati nelle grandi città del Nord. Alessandria fu per anni il centro ellenico piu importante con grandi figure quali Clemente e Origene, che si differenziavano dagli egiziani cristiani del Sud di lingua copta; al punto che ad Alessandria dicevano di andare in Egitto quando si spostavano verso il Sud del paese 102 . Questi nel 451 decisero di staccarsi formando una chiesa autonoma, la Chiesa Copta Ortodossa egiziana, a lungo considerata come eretica e pertanto marginalizzata. Al suo interno rimase il divario tra cristiani del nord, zona sotto la sua influenza, e cristiani del sud. Come del resto tra egiziani del Delta e quelli del Sud, i famosi al-Ṣa‘ īdi (da Al-Ṣa‘ īd) oggetto di barzellette e sinonimo di “stolto”. Si spiega così l’appropriazione da parte della Chiesa Copta dell’ideologia del faraonismo, ovvero della discendenza faraonica di cui si parlerà nel terzo capitolo: legare la storia della Chiesa Copta ai lontani tempi faraonici ribadisce da un lato l’egizianità della Chiesa Copta Ortodossa nell’ottica di differenziazione nei confronti dei greci 103 , in epoca più antica, e di legittimazione sul territorio nei confronti degli arabi, successivamente; da cui deriverebbe il rifiuto dello statuto di minoranza e gli sforzi di Shenuda, nome di origini faraoniche, di aprire nuove diocesi nelle province del sud.

2.2 Fattori socio-economici e socio-generazionali

Dal punto di vista socio-economico la situazione si presenta altrettanto frammentata. I vari autori sono concordi nell’affermare che i copti si trovano in tutte le classi

102 Theodore Hall P., Traditional Egyptian Christianity. A history of the Coptic Orthodox Church , Fisher Park Press, cit., p. 185. 103 Cfr. Van der Vliet J., The Copts:” the modern sons of the Pharaons”?, in Church History and Religious Culture, 89.1-3, Brill, 2009, pp. 279-290.

78 sociali 104 . Emblematico il caso degli zab ālīin (gli smistatori di immondizia) del Muqa ṭṭam al Cairo, lavoratori, estremamente poveri, facenti riferimento a dodici compagnie appartententi a impresari anch’essi cristiani. 105 D’altra parte, lo studio di Beshy dimostra come all’interno della componente copta è presente lo stesso modello economico di cento anni fa: da un lato ricche famiglie capitaliste, dall’altro i poveri di campagna e città 106 . La differenza sta nel fatto che, mentre nel passato la casta ricca partecipava politicamente dal momento che aspetti economici e politici erano strettamente connessi, la politica degli ultimi anni, come si è ripetutamente spiegato, ha rilegato tutto nelle mani delle autorità ecclesiastiche. Resta il fatto che il gruppo ricco si identifica sicuramente più con gli altri gruppi ricchi, musulmani, che non con i poveri copti, che a loro volta si identificano con i loro corrispettivi musulmani. 107

Altra linea di frammentazione è quella socio-generazionale secondo cui una componente di giovani appartenenti alla media-alta borghesia antepone valori civili e laici a quelli religiosi, continuando a manifestare nella piazza Ta ḥrīr nonostante gli inviti del Patriarca a restare in casa 108 o il movimento di Maspero che imperterrito continua a presidiare la sede della televisione. Tendanza che emerge lampante in occasione delle elezioni presidenziali in cui, a differenza dell’attenzione mediatica posta sulla preferenza generica dei copti a votare per Ahmed Shafik, primo ministro sotto Mubarak, contro un pericolo islamista rappresentato dal candidato Morsi,109 il

104 Tra cui si veda: Theodore Hall P., Traditional Egyptian Christianity. A history of the Coptic Orthodox Church, Fisher Park Press , Greensboro , 1996, p. 176; Henry Habib Ayrout, in Meinardus O.F., Christian Egypt ancient and modern , cit. p.18. 105 Questa comunità cristiana è emblematica anche per un altro aspetto ovvero quello delle dinamiche di rivalità copte in generale, emerse in maniera manifesta con la rivoluzione del 25 gennaio. Cfr. Du Roy G., La campagne d’al-Misriyyin al-Arhar chez les chiffonniers de Manchiyit Nasir , in Egypte/ Monde arabe. 106 Cfr. Beshai A.A., La posizione e il ruolo attuale de copti nell’economia egiziana , in Pacini A. (a cura di), Comunità cristiane nell’Islam arabo. La sfida del futuro , cit., pp. 207 – 216. 107 Ibid. 108 Cfr. Al-Kanaisat masihiyyina thalatha tharafada muthaharat 25 yanair...wa taliba al-aqb āṭ bi3adm al-musharika , (Le tre chiese cristiane si oppongono alle manifestazioni del 25 gennaio e chiedono ai copti di asternersi dal partecipare), in al-Masry al-Youm, 23/01/2011. 109 Si veda ad esempio il servizio su Arte, La grande peur des Coptes , in Arte Journal, 14/06/2012, http://www.arte.tv/fr/la-grande-peur-des-coptes/6688040,CmC=6695260.html; Hassen J., Egypt's Copts back Shafiq as anti-Islamist bulwark, AFP, 16/06/2012, http://www.google.com/hostednews/afp/article/ALeqM5iJ9pglrHdJe8O5axXuUlJZOT_Brg?docId=C

79 fattore generazionale crea un ovvia spaccatura all’interno del voto copto tra la vecchia generazione incline al candidato militare dell’ex regime e la gioventù cristiana che ha votato in grande maggioranza per Hamdin Sabbahi, il candidato nasseriano 110 , secondo quanto riportato dal politico Zagher, figura di spicco nel panorama dell’opposizione della componente laica copta. Componente che rivendica, dopo i lunghi anni di isolamento, la sua partecipazione sulla scena politica.

2.3 Fattori politici

Nel fiorire dei partiti all’indomani della caduta di Mubarak, il politico Malek Joseph fonda il Partito di Coalizione Libera Nazionale, partito il cui principio di base è l’instaurazione della dawla madaniyya (stato civile e laico) al fine di servire la nazione in termini di cittadinanza e la cui linea non confessionale è ribadita dalla presidenza affidata al musulmano Hesham Sadek. 111 Così come Naguib Sawiris, grande magnate copto tra gli uomini più ricchi del paese, fonda al-Masriyyin al- Ahrar (Gli Egiziani Liberali). Un cambiamento rivoluzionario se si pensa alla ritorsione, soli cinque anni prima, contro l’intellettuale Gamal As’ad al-Malik, che si vide negato il permesso di entrare nel monastero di al-Mu ḥarraq ad Asy ūṭ per la sua attività politica. 112 Tra le accuse che il politico rivolgeva al Patriarca vi era la “pretesa di rappresentare tutti i copti, riducendoli a comunità isolata e favorendo il confessionalismo da una parte e precludendo loro la piena cittadinanza dall'altra”. 113

NG.0f3f4ddfe67fce9a5379477400b6da78.461&hl=en; Reuteurs, Copts fear an Islamist president, mostly back Shafiq or Moussa, in EgyptIndipendent, 15/05/2012. 110 Cfr. Nkrumah G., Copts’ Cause for caution , in al-Ahram Weekly , 31/05/2012. 111 Come si è già detto, la responsabilità principale di tale isolamento è dovuta al papa stesso e al suo ruolo di rappresentante unico e ufficiale della comunità anche e soprattutto da un punto di vista politico. Cfr. al-Masry al-youm , 11-03-2011. 112 Cfr. Sultan, cit., p.14. 113 L'attivista copto si spinge fino ad affermare che l'attività di Shenuda va contro i principi costituzionali dal momento che utilizza i luoghi di culto per fini politici. Cfr. al-Ahram weekly , 19/08/2005

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Il movimento dell’elite copta contro l’autorità papale non ha smesso mai di manifestarsi, così come quella del popolo egiziano contro i vari regimi a cui è stato sottoposto. Dopo l’affermazione dell’elite ecclesiastica a seguito della rivoluzione del ’52, è a partire dagli anni Ottanta che inizia a delinearsi un “movimento secolare” ḥaraka al-’alm āniyya , tra cui figurano personalità appartenenti a diverse professioni e posizioni politiche 114 , che si oppone al ruolo politico del Patriarca; mentre negli anni Novanta un gruppo di magistrati diede vita al "Fronte di rinnovamento della chiesa" contro quella che definivano la “dittatura” del Papa 115 . La sfida diventa definitivamente manifesta a partire dal 2005 in occasione del dibattito sull’articolo 2, in vista del referendum costituzionale indetto da Mubarak, come si vedrà in maniera più approfondita nel quarto capitolo. Mentre nel 2006 viene organizzato il primo di una serie di congressi dall'attivista laico Kamal Zagher 116 . Nell'atto di apertura del primo congresso Visione secolare delle questioni ecclesistiche 117 si afferma che, pur riconoscendo l'importanza della Chiesa Copta Ortodossa quale una delle più antiche istituzioni sul suolo egiziano, se ne critica il sistema cristallizzato da lunghi anni e si invita ad una modernizzazione di tale istituzione. Negli altri due congressi che seguirono, si ribadisce la necessità di una riforma che implichi una maggior partecipazione della componente laica, componente complementare e non esclusiva a quella ecclesiastica, nella gestione interna e nel processo di elezioni patriarcali. Una limitazione, in sostanza, del ruolo politico della Chiesa, “che non rappresenta i copti nelle questioni pubbliche dal momento che appositi “strumenti civili e giuridici, previsti dalla Costituzione, regolano la loro partecipazione nella vita nazionale del

114 Tra i principali nomi vi sono, Milad Hanna, 'Amin Iskander, Rafiq Habib, Ibrahim 'Abd el Sayd, al Qus Daniel Wadi, Musa Sabri, Nazmi Luka e Kamal Zagr. Cfr. Sa'ad al- Din I., Hum ūm al-aqaliyy āt, Ibn Khald ūn Center, 1993, p. 42. 115 Ibid., 116 Il primo congresso “Visione laica delle problematiche della Chiesa” si tenne al Cairo il 14 e 15 novembre del 2006. Il secondo “ Sulla regolamentazione legislativa contemporanea della chiesa” si tenne il 26 e 27 aprile del 2007. L’ultimo “La cittadinanza” il 21 e 22 luglio del 2008. Cfr. Z āgr K., al- 'alm āniyy ūna wa-l-kan īsa. Ṣar ā'āt wa ta ḥālaf āt, ( I laici e la chiesa. Conflitti e alleanze ), Il Cairo, 2009, pp. 178-205. 117 Ibid., pp. 187-204.

81 paese 118 ”. Nella stessa direzione va il rifiuto da parte di intellettuali e politici copti del progetto di fondare un’ università copta. 119 Il punto di partenza invocato per la democratizzazione della Chiesa è la riforma del sistema elettorale del Patriarca, basato ancora sulle modalità del ‘57, affinché vi sia una maggior apertura tanto nelle liste di candidatura che negli aventi diritti al voto. L'appello è rivolto in primis al clero, invitato ad instituire una commissione che analizzi in maniera scientifica e competente le proposte presentate dai vari congressi, accuratamente redatte e inviate tanto al patriarca che ai membri del Santo Sinodo. Di fronte al netto rifiuto del papa di una qualsiasi forma di collaborazione con i laici, alcune autorità religiose hanno risposto positivamente a tale invito, vedendovi un modo per dar voce alle loro aspettative a lungo messe a tacere. D'altra parte il fermento innescato ogni qual volta l'anziano Patriarca si ammala e viene ricoverato per lunghi periodi in ospedale, dimostra questo desiderio di riscatto da parte di personalità che sono state costrette a scegliere la sottomissione per mantenere la propria carica, controllata, o vedersi emarginati e allontanati dall'amministrazione ecclesiastica. È il caso, ad esempio di Matta el-Meskin, che attraverso i suoi discepoli, costituisce un vero “rivale post-mortem 120 ”. Morto nel 2006, coetaneo di Shenuda, fu insieme a questi il personaggio più importante del suo tempo 121 . Il loro antagonismo, che verte su questioni teologiche, denota un' opposta attitudine di base: alla natura combattiva dell'attuale patriarca, Matta risponde con uno spirito

118 Ibid., p. 212. 119 Ḥiz ām M., Muthaqaf ūna aqb āṭ yurafu ḍūna fikra al-ğāma’a al-qib ṭiyya wa ṭālib ūna bidir āsa al-dīn al-isl āmī (Gli intellettuali copti rifiutano l’idea di una università copta e chiedono di studiare la religione islamica), in al-Masry al-Youm, 29/09/2007 120 Cfr. Guirguis L., Egypte: l'autre succession - l'Eglise copte à l'approche d'un tournant , messo in rete il 7/09/2010. 121 Vicino come Shenuda alla scuola di San Antonio, sotto Cirillo VI, non riuscendo a farsi strada nell'amministrazione ecclesiastica si ritirò a vita monastica. Basandosi sul modello monastico di Pacomio, uno dei grandi Padri della Chiesa, e grazie ai fondi ricevuti dalla Germania dell'Est, riuscì a creare un vero e proprio impero, al di là dei confini monastici. Attraverso la fondazione dell'ordine dei mukharas īn, un ordine non monastico di laici che vivono come " monaci nel mondo" e delle Bayt al- Takris (le case dei laici consacrati) riuscì ad infiltrarsi e instaurare rapporti in tutto il paese. Cfr. Hasan, S.S., Christians versus in Modern Egypt. The century Long Struggle for Equality , cit. pp. 57- 60.; Barbulesco L., La participation politique de la communautè copte d’Egypte (1881 – 1981, cit., pp. 229 - 256.

82 conciliatorio 122 . Al punto da sostenere che “Shenuda’s appointment was the beginnig of the trouble. The mind replaced ispiration, and planning replace prayer. I see the Church going from bad to worse because of his behaviour.” 123 La sua “divinizzazione dell'uomo”, definita l'eresia del XX secolo da Shenuda, è accompagnata da una grande apertura di spirito riscontrabile nella rivalutazione critica dei Padri della Chiesa, punto di partenza per ogni elaborazione teologica, nell'importanza attribuita alla ricerca, alle borse di studio per i monaci e alla conoscenza delle lingue straniere, nella tecnologia moderna utilizzata nell'agricoltura. Così mentre le sue numerosissime opere sono bandite nelle librerie parrocchiali, il monastero che dirige è divenuto una grande impresa agricola, tanto da essere definito dalle autorità ecclesiastiche lo “sheraton dei monaci 124 ”. Il fatto che le accuse sul al- Kir āza contro la sua dottrina, dirette ai suoi discepoli, siano riprese dopo la sua morte sta a significare che il modello di Matta el-Meskin si è saldamente affermato. 125 Anche il caso estremo di Max Michel è legato alla linea teologica di Matta el- Meskin. Allontanato da Shenuda proprio per la vicinanza di posizioni con il suo rivale, e dopo un soggiorno negli Stati Uniti, dove entrò nel Santo Sinodo della Diaspora Americana dei Veri Cristiani Ortodossi, riuscì ad ascendere le varie cariche fino a quella di archivescovo. Una volta tornato in Egitto, grazie al sostegno dello Stato, fondò il Santo Sinodo d'Egitto e del Medio Oriente, di cui si mise a capo, e si autoproclamò patriarca della chiesa copta di San Ithnathius del Muqa ṭṭ am. Lo stato, pur se non in maniera ufficiale, lo riconosce in quanto tale. 126 Oltre a questi casi estremi vi sono molti vescovi influenti a capo di grosse diocesi con fedeli estremamente devoti che minano il primato di Shenuda nella stessa capitale. Vi è, ad esempio, Anba Makary Yunan che nella centralissima Kanisa Morqusiyya a Mid ān A ṭaba raccoglie migliaia di fedeli ogni sabato grazie alla pratica

122 Quando Sadat esiliò Shenuda nel 1981, Matta el-Meskin così commentò l'evento sul Time : La nomina di Shenuda è stata l'inizio delle difficoltà. La mente ha sostituito l'ispirazione e la programmazione la preghiera. Ho visto la Chiesa andare di male in peggio a causa della sua attitudine. Cfr. Watson J.H., Among the Copts , cit., p.97. 123 Ibid., p. 97. 124 Masson J., L’Eglise Copte en crise , Collège de la Sainte Famille, 25 Aprile 2007, Il Cairo. 125 Ibid. 126 Cfr. Tadros M., Vicissitudes in the Entente between the Coptic Orthodox Church and the State in Egypt (1952 - 2007) , in International Journal Middle East Studies , 41 (2009), 269 - 287.

83 degli esorcismi, a cui ricorrono anche musulmani. La messa con esorcismo finale annesso, è accessibile a tutti, stranieri compresi, e diffusa via internet. La grande chiesa si riempe e dei grossi schermi vengono disposti fuori per coloro che non riescono ad entrarvi. Ad eseguire esorcismi è anche un altro grande vescovo cairota che negli anni ’90 ha fatto costruito uno dei più grandi complessi ecclesiastici del Cairo, ricavandolo leteralmente dalle rocce del Moqattam. Si tratta di Abuna Sama’an, il prete degli zebal īn (coloro che raccolgono l’immondizia). 127

La nomina di Tawadros II, nomina che non rientrava tra coloro che erano stati designati tra i favoriti nel dibattito pre-elezione128 , ha invece ribadito la linea “non democratica” 129 del processo elettorale, come sottolineato dall’attivista Vivian Fouad, nonché la collaborazione con l’esercito. E sebbene tra i primi comunicati emessi all’indomani della sua nomina avesse esplicitamente annunciato il suo disimpegno politico, la figura del Patriarca continua a monopolizzare la scena politica e non, dei copti, così come l’esercito continua a tenere le redini del paese.

Un cammino parallelo con il contesto egiziano in generale, ribadito anche nelle dinamiche di opposizione degli egiziani nei confronti del governo di Mubarak. Basti considerare il forte incremento del numero delle proteste lavorali verificatesi nel 2007 130 e il fiorire di movimenti socio-politici contro gli abusi del regime, tra cui (Basta), formato nel dicembre del 2004 e tra i cui fondatori vi è il copto George Ishaq; il gruppo 6 april, creato nel 2008 in solidarietà con lo sciopero dei lavoratori di Mahalla o la pagina Facebook “Kullena Khaled Al-Ṣa‘ īd” (Siamo tutti Khaled Al-Ṣa‘ īd) per denunciare i soprusi delle forze dell’ordine sui civili in

127 Per maggiori dettagli si veda la tesi di Du Roy G., Le prêtre des chiffoniers, ou la construction d’une autorité religieuse au Caire, entre charisme, tradition et cliéntelisme (1974-2014) , sotto la direzione di Pr. Servais et du Pr. Den Heijer, Université Catolique de Louvain, Settembre 2014. 128 Tra i più influenti ricordiamo: Anba Yu'anis, segretario del Papa, Anba Bishoy, segretario del Santo Sinodo, Anba Musa, vescovo dei giovani, Anba Marqus, vescovo di Shabra Kheima, Anba Bisanti, vescovo di Helwan e Anba Wisa, vescovo di Sohag. Cfr. Guirguis L., Egypte: l'autre succession - l'Eglise copte à l'approche d'un tournant , cit, ; Doss L., Papal politics: candidates line up in politicized elections , in EgyptIndipendent, 20/09/2012. 129 Cfr., Doss L., Papal politics: Candidates line up in politicized elections , cit. 130 Nel 2007 si registrano 692 proteste contro le 222 del 2006. Un ulteriore stacco rispetto all’incremento verificatosi a partire dalla fine degli anni ’90. Cfr. Khaled A., Precursos of Egyptian Revolution, in The Pulse of Egypt's Revolt, IDS Bulletin, Volume 43, Issue 1, pages 16–25, January 2012

84 commemorazione del giovane di 28 anni, Khaled Al-Ṣa‘ īd appunto, torturato a morte da due poliziotti. Scriveva nel 2009 lo specialista egiziano Mahmud Sultan:

All’interno della chiesa le divisioni non sono dovute tanto per le sue relazioni con lo stato, ne con gli americani ne con gli israeliani, quanto per il conflitto interno tra forze opposte. Simile conflitto non è una questioni esclusivamente copta, ma riguarda l’azione religiosa, sociale, e politica in generale che vive tutto l’Egitto. Il risultato si rifletterà negativamente o positivamente sulla futura stabilità sociale e politica di tutto il paese. A ciò si aggiunge la responsabilità di Israele [...] 131

3. La rappresentazione dei copti nella letteratura anglofona e francofona : il concetto di comunità e minoranza. Mappatura della diffusione dei due concetti

3.1 Communité

Nella produzione anglofona e francofona relativa ai copti a partire dal 1952 ricorre il termine community / communauté per riferirsi alla componente cristiana della società egiziana. Nell’ambito francofono, per quanto riguarda le pubblicazioni monografiche inerenti ai copti, è a partire dagli anni ’90 che il termine si afferma; nelle opere pubblicate in anni precedenti, a parte qualche eccezione come l’articolo di Maurice

131 Cfr. Sultan M., al-aqb āṭ wa-l-siy āsa. Ta’mil āt f ī sanaw āt al-’azla (I copti e la política. Riflessioni sugli anni dell’isolamento ), cit. p. 24.

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Martin Note sur la communauté copte entre 1650-1850 132 , il termine generalmente viene poco utilizzato: Pierre du Bourguet in Les coptes utilizza l’espressione “communauté copte” solo due volte 133 ; Edris Abdel Sayed in Les Coptes d'Egypte : les premiers Chrétiens du Nil , parla delle due comunità, cristiana e musulmana, formatesi a partire dalla conquista araba dell’Egitto e in relazioni di “fratellanza” 134 ; riutilizza il termine una seconda volta per parlare delle tre comunità cristiane (ortodossa, cattolica e protestante) 135 . Non usa quindi l’espressione “comunità copta” in sé stessa. Wisa Wassef nell’introduzione della sua tesi sulle pratiche alimentarie copte, quindi in un ambito già non più politico, parla delle “pratiques rituelles et alimentaires en usage dans la communauté copte d’Egypte, en ce milieu du XX siècle” 136 . Mentre la maggioranza degli autori non lo utilizzano: Sylvestre 1960; Chalaby, 1973; Martiniano Roncaglia, 1966-1973; Yahudiya Masriya, 1973; Karam Nazir Khella, 1967; Gérard Coudougnan, 198 137. Sono due opere monografiche, in particolare che ne sanciscono l’utilizzo poichè incentrate sulla comunità copta stessa e le sue dinamiche interne. Entrambe tesi di dottorato: Luc Barbulesco, “La participation politique de la communauté copte d’Égypte (1881 - 1981) : attitudes collectives et orientations idéologiques”, presentata all’università di sotto la direzione di nel 1990 e reperibile nella biblioteca del Cedej al Cairo e di Science Po a Parigi, e Dina al-Khawaga, Le renouveau copte : la communauté comme acteur politique, presentata nel 1993 all’univeristà di sotto la direzione di Levy Remeau e anch’essa reperibile nella biblioteca del CEDEJ e di Science Po di Parigi divenuta un capo saldo per tutte le pubblicazioni successive. Oltre alla tesi, la cui circolazione resta maggiormente limitata all’ambito accademico 138 , tre suoi articoli sullo stesso soggetto circolano a livello internazionale essendo stati pubblicati in riviste di ampia diffusione e presenti nelle principali biblioteche francesi, inglesi, italiane e cairote.

132 Cfr. Martin M., Note sur la communauté copte entre 1650-1850 , in Annales Islamologiques XVIII IFAO 1982 pp.193-215. È autore anche dell’articolo : Courants nouveaux dans la communauté copte orthodoxe , in Proche-Orient Chrétien , n. III-IV, 1990, Gerusalemme, pp. 245-257. 133 Bourguet P., Les Coptes , Presse Universitaire de France, Paris, 1988, p., 109 e 116. 134 Ibid., pp. 15-16 135 Edris p. 18 136 Cfr. p. XI 137 Per vedere l’opera di riferimento di ogni singolo autore confrontare la bibliografia finale. 138 Le uniche due copie sono presenti nella biblioteca di Science Po di Parigi e al CEDEJ del Cairo

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Di fatto citati, almeno uno di essi, in quasi tutte le opere relazionate con i copti dal 1993 in poi. Si tratta di:

- Le développement communnautaire copte : un mode de Partecipation politique? in Monde Arabe Maghreb Machrek , N° 135, gen-mars 1992, CEDEJ, Il Cairo.

- Le debat sur les Coptes : le dit et le non-dit , Egypte/Monde arabe n° 20 – 4e trimestre 1994, CEDEJ, Il Cairo.

- Les dynamiques politiques des Coptes : faire de la communauté un acteur , in Proche-Orient Chrétien 47, 1997, 189-207.

Interessante notare che due di questi sono stati pubblicati dal centro francese al Cairo CEDEJ e il primo è stato ripreso e inserito nell’opera collettiva di Pacini Andrea, Comunità cristiane nell’islam arabo. La sfida del futuro 139 , tradotto in francese e inglese e anch’esso presente nelle varie biblioteche inglesi, francesi e italiane. Nelle opere successive a quella di Khawaga (Selim Naguib, 1996; Laurence Albert, 1998; Brigitte Voile, 2004; Mahmud Zibawi, 2006; Margueritte Adrien, 2009; Christine Chaillot, 2011; Laure Guirguis, 2011) il termine viene usato ampiamente fino ad assumere accezione di “communauté confessionnelle, minoritaire” 140 , “la plus grande minorité en Egypte, ainsi que la plus grande communauté chrétienne du Moyen Orient”141 , vittima di “violences structurelles” 142 . Sarà oggetto del terzo capitolo una presentazione più approfondita della rappresentazione della “comunità copta” nella produzione francofona e le sue implicazioni politiche.

139 Opera pubblicata dalla Fondazione Giovanni Agnelli a Torino nel 1996. 140 Zibawi M., Les coptes : l'Église du peuple des pharaons , La Table ronde, Parigi, 2006, p. 17. 141 Chaillot C., Les coptes d’Égypte. Discrimination et persécution , L’œuvre, Parigi, 2011, p. 15. 142 Guirguis L., Les Coptes d’Egypte. Violences communautaires et transformation politiques , cit,.

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3.2 Minority

Nell’ambito anglofono, in cui si precisa non essere stata fatta un’analisi sistematica come per quello francofono, sono state considerate solo le opere principali, cioè più diffuse nelle varie biblioteche consultate e maggiormente tenute in considerazione come referenze bibliografiche nelle pubblicazioni inerenti al tema. 143 La prima differenza, come si è visto nell’introduzione, riguarda la complessiva predominanza di tematiche politiche su quelle culturali. Tra queste, una buona parte sono incentrate sulla Chiesa, dal momento che, come si è visto, in epoca contemporanea è stata proprio la Chiesa sotto la guida di Shenuda III ad aver monopolizzato l’azione dei copti dirigendone le sorti tanto a livello nazionale che internazionale. Altra grande differenza la frequenza del termine minority , utilizzato in maniera incondizionata nelle opere anglofone per riferirsi ai copti ortodossi, sebbene non tutti gli autori speficifichino la differenziazione tra le varie confessioni. Una delle prime opere a sancirne l’uso è la monografia di Edward Wakin, A lonely minority. A story of copts pubblicata nel 1963, in cui i copti vengono presentati come una “minoranza che vive in mezzo ad una maggioranza militante musulmana” 144 e sconosciuta agli occhi di un mondo che tanta attenzione presta alle minoranze. 145 Già nel ’47 Hourani aveva inserito i copti nella sua opera Minorities in the arab world , in cui i copti risultano essere un sottoinsieme, quello dei monifisiti, del più ampio gruppo rappresentato dalle comunità cristiane 146 .

Ripercorrendo la presenza britannica prima e statunitense dopo, il termine minority trova una corrispondenza nella politica delle due potenze nelle dinamiche interne egiziane relative all’elemento cristiano. Per quanto riguarda quella britannica, basti pensare alla clausola di protezione delle minoranze che i britannici volevano includere nella Costituzione del 1922 all’indomani dell’indipendenza dell’Egitto,

143 Si vedano le opera in inglese raggruppate nella bibliografia finale. 144 Cfr. Wakin E., A lonely minority. A story of copts, Morrow, New York, 1963, p.2. 145 Ibid. 146 Hourani p. 4-5.

88 dalla potenza britannica appunto, o il tam ṯil nisbi , ovvero la “rappresentanza proporzionale” per i copti nel Parlamento 147 . Misure che vennero rifiutate dalla maggioranza degli egiziani, musulmani quanto cristiani, perchè considerato come un tentativo degli inglesi di dividere i musulmani dai copti 148 . La dichiarazione degli Stati Uniti in difesa delle minoranze cristiane nel mondo, tra cui i copti, emanata nel 1998 e di cui si è parlato nell’introduzione, ne costituisce la versione imperialista attuale.

4. La duplice inappropriatezza del termine comunità per la situazione attuale dei cristiani egiziani.

4.1 Ragioni linguistiche.

La prima ragione per cui la parola comunità genera dei problemi di rappresentazione dell’elemento cristiano egiziano è di natura linguistica, dal momento che, in arabo, autori e giornalisti parlano dei copti in termini di kanisa al-qib ṭiyya per riferirsi alla Chiesa Copta, ’almaniy ūnī per riferirsi all’elite laica copta e aqb āṭ per indicare i copti in generale, riservando l’utilizzo della parola “comunità” a casi circoscritti e seguito da una specificazione territoriale o confessionale, secondo la scelta del corrispondente arabo che si utilizzi. Infatti, in arabo non vi è un unico termine per tradurre la parola “comunità” ed ogni termine equivalente sottindente una diversa accezione specifica: tā’ifa , (confessione, parte, gruppo, comunità), dalla radice t w f (girare, vagabondare, viaggiare in lungo e in largo); ğāmi’a (legame, società, federazione, comunità, università) dalla radice ğ m ’ (raccogliere, congiungere,

147 Bahr S., al-aqb āṭ fi- haya al-sy āsa al-misriyya, p. 23. 148 Ibid., p. 23; Carter, The Copts in Egyptian Policy , cit., pp. 133-141.

89 collegare, raggruppare); ‘umma (nazione, popolo, comunità) dalla radice ‘ m m (dirigere, guidare), con cui si indica la comunità musulmana nel Corano; ğāliyya ( colonia di emigrati, stranieri; emigrati) dalla radice ğ l wa , (allontanarsi, andare via, emigrare da, abbandonare) 149 .

149 Significati presenti nel dizionario arabo-italiano Traini, Ipocan, 1963-1969-1973.

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Les correspondances en arabe de l’expression « communauté copte »

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4.1.1 Mappatura dei due concetti nella bibliografia in arabo

Nelle mie ricerche bibliografiche in arabo nelle principali biblioteche del Cairo (la biblioteca nazionale Dār al-Kutub , la biblioteca del CEDEJ, dell’IDEO e dell’American University) non ho travato alcuna opera che contenesse, nel titolo, nessuna delle espressioni sopra menzionate. Tra quelle consultate, si veda la bibliografia finale, interessante il caso del libro dell’autore egiziano Mustafa al-Faqi sul ruolo di Makram Ebeid, una delle figure politiche più importanti dell’Egitto nella prima metà del XIX secolo. La versione francese è la traduzione dall’arabo, a sua volta tradotto dall’inglese. In origine infatti è una tesi di dottorato presentata nel 1977 alla School of Oriental and African Studies (SOAS) di Londra in lingua inglese. Il termine francese communauté , utilizzato due volte, corrisponde a quello che in arabo viene definito come “confessione”, tā’ifa , quindi molto più carico di valenza religiosa che non sociale come può averlo il termine comunità. 150

Per quanto riguarda la stampa, tra i vari quotidiani principali egiziani consultati (al- Masry al-Youm, al-’Ahram, al- Shouruk, al-Youm al-Saba’a) attraverso il motore di ricerca dei rispettivi siti web 151 , l’unico in cui appaiono un numero relativamente consistente delle varie forme del concetto di comunità associato all’aggetivo copto, è il quotidiano indipendente al-Masry al-Youm 152 . Non sono stati considerati gli articoli relativi ai copti del o quelli in cui il termine compariva nei commenti, da cui la discrepanza che potrebbe risultare dalle cifre date e quelle che appaiono nella pagina web. Questo il quadro prospettico di quanto emerso:

L’espressione tā’ifa qib ṭiyya si trova in 31 articoli. Nella maggior parte dei casi, 22 articoli viene espressamente specificata la confessione cristiana a cui si riferisce:

150 Ne Le Petit Robert, da come quarto significato di confession: appartenence à une religion; e di communauté: group social dont les membres vivent ensamble, ou ont des biens, des interets communs, mentre nella sua accezione religiosa : groue de religieux qui vivent ensamble et observent des regles ascetiques et mystiques. 151 Ultima consultazione il 20/09/2013. 152 Solo in al-Youm al-Saba’a risultano otto articoli in cui l’espressione compara al plurale per indicare le tre diverse confessioni copte in Egitto; mentre nessuno articolo usa le altre espressioni.

92 evangelica (13), ortodossa (9). Nei pochi articoli in cui non vi è tale specificazione, altri elementi indicano trattarsi dell’ortodossa, come nei 6 in cui si indica il paese. In 3 casi la formula sta relazionata con il discorso della “protezione della comunità copta” ( ḥamayya al-ṭa’ifa al-qib ṭiyya ) da parte di attori esterni.

L’espressione al-ğama’a al-qib ṭiyya appare invece 37 volte per indicare nomi specifici di associazioni copte all’estero e in soli 3 articoli per indicare la comunità in Italia, come specificato dalla preposizione araba di stato in luogo bi .

L’espressione al-’umma al-qib ṭiyya appare in 14 articoli che, eccetto in un caso, si riferiscono tutti all’organizzazione ’Umma Qib ṭiyya appunto, di cui si è già parlato precedentemente.

Infine il termine ğaliyya al-qib ṭiyya si trova in 26 articoli e viene utilizzata per riferirsi alle comunità residenti nei vari paesi esteri. Il paese o la città in questione viene sempre specificato accanto alla formula.

E se il linguaggio d’uso comune nei media e tra gli intellettuali egiziani non ricorre all’espressione “comunità”, c’è anche chi si spinge a criticare l’uso della parola aqb āṭ (copti), sostendo che il termine, utilizzato proprio in ottica di rafforzamento dell’identità egiziana, pone in realtà delle barriere tra i cristiani e il resto degli egiziani.

The use of “Copt” when speaking about Egypt's Christians is a double-edged sword — and has no place in post-revolutionary Egypt. The time has come for us to shed labels, and think of ourselves simply as Egyptians. This, of course, is easier al-Ṣa‘ īd than done, with so many desperately grasping at semantics. On the one hand, there is a need among the Christian minority to cling to the word, which at its very root means “Egyptian.” This desire stems from the history of the word, which is directly connected to the land — to Egypt. It’s a matter of nationalistic pride. Ironically, it’s all about being Egyptian.

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On the other hand, the word Copts, or in Arabic, aqb āṭ, puts a thick and guttural line between Egypt’s Christians and the rest of the country’s citizens — it’s a word that sounds nothing like the Arabic word for Egyptian, Masry. Suddenly, we’re talking about “us” and “them,” about “the other” and all the rhetoric of a nation sewn of one fabric goes out the window 153 .

Non sfugge tuttavia l’utilizzo della parola minority da parte della stessa autrice. Oltre al fatto che numericamente i copti siano meno dei musulmani, ciò è dovuto in parte alla maggior libertà con cui si parla dei cristiani negli ultimi dieci anni, come si vedrà in seguito; in parte al fatto che l’articolo si trovi nel quotidiano Egypt Indipendent , versione “sorella” 154 in lingua inglese del quotidiano al-Masry al-Youm . E da cui, di fatto, differisce considerevolmente, come si può facilmente constatare se si consultano quotidianamente le due versioni. Il termine minoranza nella letteratura arabofona trova una restrizione di utilizzo ancora maggiore rispetto al termine “comunità”. Nelle pubblicazioni monografiche alcuna opera riporta l’espressione ’aqliyya al-qib ṭiyya nel titolo. Per tornare all’esempio precedentemente citato dell’opera di Moustafa Feki, interessante notare come, nelle conclusioni, ribadisca che :

I copti in Egitto rappresentano una confessione peculiare rispetto alle altre minoranze nel mondo, dal momento che le loro radici profonde e le loro origini si trovano nel paese. Un paese dalla storia antica di cui è noto essi costituiscono una parte integrante del popolo egiziano, di cui la maggioranza è musulmana. [...] 155

E per continuare a dimostrare l’eccezionalità del caso attraverso l’esempio del politico copto Makram Ebeid, ricorda come in lui fosse de tutto assente “il

153 Cfr., Messiah N., Stop to call us Copts , Egypt Indipendent, 02/12/2012. 154 Cfr. http://www.egyptindependent.com/about 155 Cfr. Faqi M.,

94 sentimento di inquietudine e paura del domani” comune a tutti coloro che appartengono ad una minoranza secondo gli specialisti del settore:

la sua carriera dimostra come l’appartenenza a una minoranza, ben intenso che i copti non sono una minoranza se non per una questione di numero, non impedisca la partecipazione e l’azione nella vita pubblica in tutti i suoi aspetti 156 .

Di fatto, la maggioranza dei copti stessi in quell’epoca rifiutò la rappresentanza proporzionale in parlamento e la protezione delle minoranze sulla costituzione, perchè “non volevano essere trattati come comunità”157 , ma secondo il principio di uguaglianza.

Risulta, pertanto, che l’elite copta al potere, sia essa laica o ecclesiastica secondo le circostanze politiche interne, professi un’ideologia nazionalista che mette la wahda wa ṭaniyya al di sopra degli interessi comunitari o confessionali che dir si voglia. L’operato iniziale di Shenuda III durante il governo Sadat rappresenta un’eccezione in tal senso.

Se si cerca il termine aqliyya per il caso copto, nella stampa egiziana quanto emerge è l’assenza assoluta di tale espressione in articoli anteriori al 2006, nonché l’uso limitato che se ne fa. Tra i quotidiani menzionati per la ricerca del concetto di comunità, questo è quanto emerso. In al-Masry al-Youm si trovano 8 articoli in cui viene citata l’espressione al-aqliyya al-qib ṭiyya , di cui cinque sono degli articoli di opinione e quattro sono relazionati all’elemento americano o britannico:

156 Ibid. 157 Cfr. Seikali pag. 230 citato in al-Faqi M, Les Coptes p. 49.

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1. In riferimento alla politica di infiltrazione attraverso la protezione delle minoranze, frutto delle lobby sioniste con il partito democratico americano intenzionato ad impiantare la democrazia in Egitto 158 .

2. Riporta la dichiarazione di una giornalista americana del Dallas News che afferma che la minoranza copta si trova sotto costante minaccia degli islamisti 159 .

3. Si riporta l’opinione apparsa sull’ Indipendent relativa alla morte di Shenuda che diffonde tra i copti una maggior paura di discriminazione e si chiede se il nuovo papa agirá per la difesa della minoranza copta 160 .

4. Parla di un programma dell’Agenzia americana per l’aiuto allo sviluppo inerente a protezione delle minoranze, quali la donna e i bambini e di cui beneficeranno anche i copti in quanto rientranti nelle minoranze 161 .

Cronologia degli articoli citati

In al-Youm al-Saba’a , il prospetto dimostra in maniera ancor più marcata l’influenza esterna nell’utilizzo del termine in arabo. Dei sette articoli che compaiono, solo uno è riferito a un contesto interno, gli altri sei sono relazionati con:

158 Al-Masry al-Youm, 13/01/2006 159 Al-Masry al-Youm, 09/04/2007 160 Al-Masry al-Youm, 19/03/2012 161 Al-Masry al-Youm, 27/01/2010

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1. Giornale americano del Christian Science Monitor , in riferimento alla reazione conciliatrice della Chiesa copta nei confronti degli attacchi alla minoranza copta, come punto di partenza fondamentale per l’instaurazione della democrazia in Egitto 162

2. Notizia del quotidiano britannico The Guardian sul compito del nuovo papa Tawadros II nel difficile equilibrio con la maggioranza musulmana e della maggior promozione della difesa della minoranza copta 163

3. Ricercatori americani che mettono in guardia sulla situazione futura di violenza della società egiziana, specialmente nei confronti della minoranza copta 164 .

4. La partecipazione del ministro degli interni francese Claud Guéant nella chiesa copta di Chatenay Malabry in solidarietà agli attacchi di violenza contro la minoranza copta in Egitto 165 .

5. La condanna da parte di un responsabile del Vaticano Leonardo Sandri degli attacchi confessionali in Egitto e la solidarietà con la minoranza copta 166 .

6. L’accusa trasmessa nella televisione israeliana nei confronti del Consiglio delle Forze Armate per non proteggere la minoranza copta vittima da decenni di persecuzione religiosa 167 .

7.

162 Al-Youm al-Saba’a, 18/09/2013 163 Al-Youm al-Saba’a, 05/11/2012 164 Al-Youm al-Saba’a,12/02/2012 165 Al-Youm al-Saba’a, 07/01/2012 166 Al-Youm al-Saba’a, 10/10/2011 167 Al-Youm al-Saba’a, 10/10/2011

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Cronologia degli articoli citati

Per quanto riguarda al-Shouruk , si trovano due soli articoli: uno in riferimento alla visita della delegazione del partito dei salafisti a Washington in cui si sottolinea la loro posizione non soddisfacente nei confronti della minoranza copta 168 , e l’altro in riferimento al governo Morsi e la paura della sua attitudine nei confronti di altri gruppi religiosi come la minoranza copta 169 .

Cronologia degli articoli citati

Negli altri quotidiani non compare in nessun articolo. Si è deciso di ampliare ulteriormente la ricerca attraverso il motore di ricerca Google, dove l’espressione aqliyya aqb āṭ compare 195 volte in tutto. Una cifra limitata che va ulteriormente ridotta se tenute in considerazione le ripetizioni della stessa frase, spesso di stampo esterno, in diverse fonti, come ad esempio:

168 Shourouk News 26/04/2013 169 Shourouk News 03/07/2012

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- Ripetizione in 13 siti di una frase della dichiarazione in arabo dell’Human Rights Watch, una delle organizzazioni più grandi a livello internazionale che si occupano della difesa dei diritti umani, in riferimento agli attacchi contro le chiese. La frase in questione in cui compare il termine minoranza è: “Sebbene alcuni leader dei Fratelli Musulmani abbiano condannato gli attachi, questi devono far si che i seguaci dell’organizzazione smettano di incitare la violenza insinuando la responsabilità della minoranza copta per giustificare la loro campagna repressiva” 170 . - Ripetizione in 14 siti della notizia della visita storica del papa copto Tawadros II al Vaticano secondo come riportata dall’Agence de Presse Française (AFP). La frase in cui compare il termine minoranza: “È il primo viaggio all'estero per il Papa di Alessandria e Patriarca dell'Episcopato di San Marco, dalla sua elezione nel novembre 2012; mentre la minoranza copta in Egitto - dal 6 al 10% della popolazione – si trova di fronte a un crescente movimento islamico che spinge alcuni dei suoi rappresentanti a prendere la strada dell'emigrazione”. - Ripetizione in 12 siti della notizia riportata dal San Francisco Gate secondo cui alcuni attivisti egiziani avrebbero ricevuto 18 milioni di dollari dagli Stati Uniti per provocare la manifestazione del 30 giugno. La frase in questione è: “Michael Mounir, il leader della minoranza copta cristiana in Egitto, ha rivestito un ruolo centrale nei recenti disordini nel paese per il ruolo effettivo nel mobilitare la minoranza cristiana copta nel Paese a scendere in piazza in massa contro Morsi il 30 giugno”. 171 - Ripetizione in 9 siti della notizia relativa alla protesta per la decisione della data delle elezioni parlamentari egiziane in concomitanza con la festa di Pasqua, come riportata dall’agencia di stampa britannica Reuters. La frase in questione è: “la presidenza cambierà la data delle elezioni parlamentari perchè in concomitanza con la festa cristiana della Pasqua, per tranquillizzare

170 Human Rights Watch, ‘I’tid ā’āt ğam ā’iyya ’ala-l-kan ā’is (Attacchi di massa contro le chiese), 22/08/2013, http://www.hrw.org/ar/news/2013/08/22 171 http://25janaer.blogspot.fr/2013/08/sfgate.html

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la minoranza copta. Tuttavia non è stato emanato alcun comunicato ufficiale da parte della presidenza” 172 . - Ripetizione in 9 siti dell’invito a Morsi da parte del ministro degli esteri canadesi a promuovere i diritti della minoranza copta, secondo l’Agence de Presse Française. Non si è riusciti a reperire la notizia originale della AFP, nè in arabo nè in francese, ma solamente come riportata nel sito Christian- dogma .com , il cui lemma è: šāb + ğīš + šur ṭa = ‘ īd w āḥda 173 . La frase così si presenta: “il ministro degli esteri del Canada invita Morsi a promuovere i diritti della minoranza copta”. - Ripetizione in 6 siti dell’invito sul blog dell’attivista copto statunitense Marius Sadiq alla commissione internazionale ad intervenire “in difesa della minoranza copta” 174 , e ripreso da intellettuali egiziani copti che definiscono “spregievole” tale iniziativa 175 , affermando che “il fenomeno di intervento umanitario al fine di proteggere la minoranza copta è uno dei mezzi più antichi noti alla comunità internazionale” 176 . - Ripetizione in 4 siti della frase sulla “mancanza di protezione sotto il governo Morsi” emessa dall’associazione copta statunitense AMcoptic 177 - Ripetizione in 2 siti di quanto riportato da uno specialista americano sul New York Times a proposito delle dinamiche dei Fratelli Musulmani che accusano di “non essere riusciti a garantire la protezione della minoranza copta o sciita” 178 .

172 Reuteurs, 23/02/2013, http://ara.reuters.com/article/topNews/idARACAE9B2LQS20130223 173 Christian Dogma, 26/05/2012, http://www.christian-dogma.com/vb/showthread.php?t=255591 174 Nacopts1 Blogspot, 07/04/2011, http://nacopticas1.blogspot.fr/2011/04/blog-post_07.html 175 Al-Matraqa, 22/05/2011 176 Ibid. 177 Amcoptic.com 178 El-Watan, 30/07/2013

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Presenza del termine « minoranza » nei siti web

Da questa rapida rassegna emerge il fattore esterno come protagonista dell’uso in arabo della parola minoranza in riferimento ai copti e quanto sia recente il suo utilizzo, legato principalmente al periodo post-rivoluzione. La maggior parte dei siti sono costituiti da blog e pagine web di singoli individui araboparlanti, ma non necessariamente egiziani o residenti in Egitto.

4.2 Ragioni politiche

Un fattore molto importante contribuisce a limitare l’utilizzo della parola minoranza nel contesto egiziano, la posizione del governo al riguardo ovvero il rifiuto totale di tale espressione per descrivere i copti. Una dimostrazione concreta che ben rende tale attitudine è la conferenza organizzata nel 1994 dall’ Ibn Khaldun Center sotto la direzione del cittadino egizio-statunitense Ibrahim Sa’ad Din sui diritti delle minoranze in Medio Oriente. Conferenza che suscitò secondo lo stesso Sa’ad Din « il più grande dibattito pubblico in Egitto, relativo ad un singola questione, dopo la crisi

101 del Golfo 179 ”. Al punto che, l’organizzatore pagò con la detenzione la sua impresa; la conferenza si svolse a Cipro perché venne negato il permesso di svolgerla al Cairo e il termine “minoranza” ( aqaliyy āt) venne sostituito con “comunità religiose” ( al- milal w-al-nihal wal-a’raq ). Il punto cruciale era, infatti, che i copti fossero stata inseriti all’interno del programma della conferenza, quindi trattati come minoranza. Una delle figure più rappresentative, che ben sintetizza tale opposizione, fu l’intellettuale Muhammad Hussayn Haykal. Nel suo articolo I copti egiziani non sono una minoranza ma parte e parcella della fabbrica umana e culturale egiziana pubblicato su al-Ahr ām il 22 aprile, lo scrittore difendeva la tesi secondo cui i copti non erano una minoranza etnica, settaria o religiosa, ma facevano parte della multicolore realtà del paese, asserendo che l’idea di considerarla tale era solo uno strumento dei nemici dell’Egitto per indebolirlo e colpirlo dall’interno 180 . Concetto ampiamente espresso, con parole altrettanto simili, da molti altri personaggi di spicco del panorama politico e intellettuale egiziano, ovviamente tanto da parte copta che musulmana. Tanto per dare un idea: quali Sa’ad Fakhri ‘Abdel Nur, segretario generale del partito Wafd, afferma che “ la questione della protezione copta, fattore cronico nella storia dell’Egitto, è strettamente legata alle relazioni Egitto-USA, soprattutto ora che i governi arabi attaccano l’America e il suo sostegno a Israele.” L'intellettuale copto Samir Marqus ribadisce che "sin dal XVIII secolo, la politica occidentale è stata quella del dividi et impera, attraverso la strumentalizzazione delle confessioni" 181 . Mentre il Nobel Mahfuz si chiede "perché, invece di interessarsi tanto ai copti, non si preoccupano dei cristiani palestinesi, per esempio?” 182 . Opinioni simili sono state espresse da Gamal As’ad, politico copto, Sa'ad al-Din Ibrahim sociologo, Rafiq Habib, copto evangelico, Wahid 'Abd el-Magid, dell'Ahram Center for Political and Strategic Studies, e altri ancora183 . Il legittimo rifiuto interno dell’appellativo di minoranza riferito alla componente copta per la politica di protezione esterna che presupporrebbe, trova riscontro nel popolo egiziano in quanto

179 Cfr. al-Gawhary K., Copts in the “Egyptian Fabric” , Middle East Report , n° 200, Minorities in the Middle East: Power and the Politics of Difference, Jul – Sempt. 1996, pp.21-22. 180 Cfr. Bengio O. & Ben-Dor G., Minorities and the State in the Arab World , Lynne Rienner Publishers, Boulder, 1999, p. 64. 181 Cfr., Ṣabba ḥ al-Kh īr, 12/06/1997 182 Cfr. al-Ahr ām 2/09/1997 183 Cfr. Sa’ad al-Din I., al-‘Aqb āt f ī al-hayyat al-'amma al-misriyya , Rapporto annuale dell’ Ibn Khaldun Center, 1998, Il Cairo.

102 sentimento autentico e, allo stesso tempo, fa gioco alla politica del governo egiziano che sin dai tempi di Nasser ha utilizzato la retorica della wa ḥda wa ṭaniyya (unità nazionale) tra cristiani e musulmani come strumento di legittimazione. Tale dogma politico e ideologico trova le sue origini mitiche nella guerra d’indipendenza contro la Gran Bretagna nel ’19 e i vari presidenti vi sono ricorsi di volta in volta secondo le necessità dell’epoca: Nasser per contrapporre la risposta nazionale all’imperialismo occidentale; Sadat per legittimare il suo autoritarismo di fronte alle rivendicazioni identitarie a carattere confessionale emerse agli inizi degli anni Settanta; 184 infine Mubarak per salvaguardare un’immagine democratica e priva di discriminazioni del suo governo. Considerata infatti l’importanza attribuita dal governo statunitense alla libertà religiosa nel mondo, l’ex presidente Mubarak aveva tutti gli interessi nel dipingere un’immagine armoniosa del paese, in cui musulmani e cristiani vivessero pacificamente l’uno accanto all’altro, senza alcuna sorta di conflitto: “I copti non sono una minoranza in Egitto. Essi godono degli stessi diritti dei musulmani, completamente. Noi non ci intromettiamo nelle questioni religiose e permettiamo la libertà di culto. A ciascuno la sua religione 185 ”. I cospicui finanziamenti versati al governo egiziano da quello statunitense sin dalla firma del trattato di pace con Israele nel 1978, sono un fattore più che convincente per difendere una simile posizione. La coalizione con le autorità religiose non fa che rafforzare tale retorica. Nel 2010, ad esempio, lo shay ḵ di al-Azhar chiede a papa Shenuda III di denunciare ufficialmente il rapporto annuale sulla libertà religiosa internazionale emanato dal Dipartimento di Stato statunitense. 186 Posizione già espressa in altre occasioni dal Patriarca nel 1997 quando risponde al segretario generale del Consiglio delle Chiese Americane in visita al Cairo: “i nostri problemi vanno risolti all’interno del paese e non all’esterno. Non bisogna permettere che si infiltrino [potenze straniere] nelle relazioni interne

184 Cfr. Méténier E., Niveux et contexts du dialog islamo-chrétien en Egypte , in Waardenburh J., Muslim-Christian Perception of Dialogue Today, Peeters, Leuven, 2000, pp. 113-148. 185 Hawadath, 18-26/12/1998, n° 2147, Beyr ūt. 186 Stessa posizione di denuncia da parte del ministro degli esteri egiziano, secondo cui Washington non aveva il diritto di valutare la libertà religiosa nel paese.Cfr. al-Masry al-Youm, 26/11/2010. Il suddetto rapporto, “parte del supporto statunitense alla libertà religiosa e tolleranza nel mondo”, denuncia il governo egiziano per l’incapacità di proteggere effettivamente i cristiani e le altre minoranze religiose, vittime di discriminazioni e persecuzioni continue. Cfr. International Religious Freedom Report, Egypt, Novembre 2010, http://www.state.gov/g/drl/rls/irf/2010/148817.htm

103 dell’Egitto” 187 E le numerose inziative di dialogo interreligioso, nate e fiorite soprattutto nell’ambito della chiesa copta ortodossa 188 , vanno inquadrate nella stessa ottica.

Chronologie du terme minorité rapporté aux Coptes en anglais et en arabe

Elaborazione propria

187 Ṣabba ḥ al-Kh īr 13/11/1997, n° 2184. 188 Cfr. Metenier E., Niveux et contexts du dialog islamo-chrétien en Egypte , cit.

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5.Quale referente per il concetto di “comunità copta”?

Nella produzione storiografica anglofona e francofona relativa alle dinamiche contemporanee dell’Egitto si utilizza senza reticenza di sorta il termine minoranza e comunità per riferirsi ai cristiani egiziani. A differenza della produzione egiziana in cui la terminologia risulta essere molto più precisa, specificando di volta in volta se ci si riferisce alla chiesa, all’elite laica o ai copti in generale. Il termine minoranza non viene usato direttamente. E i pochi casi presenti sulla stampa egiziana analizzata, sono comunque legati a fonti o riferimenti esterni. Per quanto riguarda il termine comunità, viene sempre specificato a quale comunità ci si riferisce, da un punto di vista geografico o confessionale, ribadendo la demarcazione già in parte fornita dalla scelta del termine arabo corrispondente al concetto di comunità. La reticenza interna all’utilizzo di entrambe i termini si spiega con il forte nazionalismo difeso dallo stato che, difendendo la wa ḥda wa ṭaniyya , non ammette il riconoscimento ufficiale di minoranze e comunità al suo interno. Ora, se è vero che l’identità intorno a valori religiosi si è andata rafforzando come elemento coesivo a seguito della politica di comunitarizzazione innescata da Nasser in collaborazione con le autorità religiose, musulmana e cristiana, e rafforzata dal binomio Mubarak-Shenuda, è altrettanto vero che il termine comunità e minoranza denotano una prospettiva di rappresentazione esterna delle dinamiche. Per quanto riguarda il termine minoranza, considerando il rifiuto e la proibizione interna al suo utilizzo, ben poche considerazione sono da aggiungere. Per quanto riguarda il concetto di comunità, il problema è duplice. Innanzitutto creano nel lettore esterno la rappresentazione dell’elemento cristiano egiziano come si trattasse di un blocco monolitico. Qual’è il referente del termine comunità quando si parla delle sofferenze e dei problemi che questa vivrebbe per motivi religiosi? A chi ci riferisce in concreto? Alla Chiesa, quindi al Patriarca, e alle istitutuzione ecclessiastiche sotto il suo stretto controllo? O alla massa di fedeli che ad essa si affida? O ancora agli esponenti laici e liberali che chiedono una maggiore libertà di espressione e riduzione del ruolo politico della chiesa nel contesto nazionale? Al ricco imprenditore o allo zabal īn del Muqa ṭṭ am? Al cittadino del Cairo o al fella ḥīn

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(contadino) dell’Alto Egitto? A seconda di ogni caso citato, la risposta diverge sensibilmente. Non si può certo affermare, di fatto, che l’elite ecclesiastica legata al regime subisca una persecuzione per la sua fede cristiana, né tanto meno una discriminazione né tassazioni finanziarie. Basti considerare il rafforzamento della Chiesa Copta Ortodossa tanto a livello nazionale che internazionale. Al massimo si può riconoscere una certa discriminazione di tutti quei vescovi a capo di diocedi considerevoli e con una certa influenza politica che cercano di ritagliarsi una certa autonomia rispetto al potere centrale del Patriarca e da questi allontanati o censurati. Un esempio fra tutti Matta el-Meskin. Questa discriminazione, tuttavia, non può essere considerata come persecuzione religiosa dovuta ad un governo musulmano. Così come subiscono delle discriminazioni i copti residenti nel sud del paese. Ancora una volta, queste sono dovute più che per questioni confessionali al fatto di risiedere in una zona geografica fuori dalla sfera d’influenza del governo centrale, dove le leggi tribali regolano ancora la vita degli egiziani e in cui è vittima di discriminazione e violenza anche l’egiziano musulmano. È altrettanto vittima di discriminazione anche l’egiziano cristiano che vive nelle periferie degradate del Cairo, nelle citate ashwiyyat (quartieri informali) in cui mancano servizi base quali acqua, e corrente. Nelle ashawiyyat risiedono ovviamente anche gli egiziani musulmani. La religione cristiana non presuppune un problema discriminatorio neanche per i grandi magnati dell’élite laica copta che si annoverano tra gli egiziani più ricchi. Un esempio fra tutti Naguib Sawiris.

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CAPITOLO 2

DIASPORA COPTA O EMIGRAZIONE EGIZIANA ?

Introduzione

La rappresentazione comunitaria dell’elemento cristiano egiziano emerso dalla produzione letteraria anglofona e francofona sui copti, trova una corrispondenza nella rappresentazione che viene creata delle dinamiche esterne del suddetto elemento, ovvero dell’emigrazione egiziana cristiana all’interno di quella egiziana in generale. Quanto si vuole analizzare nel presente capitolo è proprio la divergenza di prospettiva sottesa alla terminologia “diaspora copta”, utilizzata nei paesi di accoglienza, e aqb āṭ al-mah ğr (copti nella terra dell’emigrazione) usata invece in ambito egiziano. L’analisi delle dinamiche esterne sono funzionali per la presente ricerca perchè costituiscono una trasposizione a livello internazionale, quindi amplificata, delle dinamiche interne relative agli elementi di opposizione verso il sistema centralizzato instaurato dal patriarcato di Shenuda III ed esteso anche all’estero.

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1. “Diaspora copta” e “emigrazione egiziana”.

A partire dagli anni ’90 qualsiasi autore che prende in esame le dinamiche socio- politiche dei copti fa almeno un riferimento, più o meno sommario, alla “diaspora copta” o “copti della diaspora”, ricorrendo fondamentalmente agli stessi termini 189 . Una sorta di epiteto affisso che indica, in effetti, una dimensione della realtà copta sempre più imprescindibile per capirne le dinamiche. Un epiteto, inoltre, che si è progressivamente esteso e arricchito di informazioni e dati fino a divenire un soggetto autonomo di ricerca 190 . Tale aumento di interesse è ovviamente legato all’aumento stesso dell’emigrazione copta negli ultimi anni.

Si è così affermato il concetto di “diaspora copta” non solo senza essere mai messo in discussione, ma come se si trattasse di un fenomeno esclusivamente o prevalentemente riguardante i cristiani egiziani e non gli egiziani in generale. Al contrario, ripercorrendo storicamente il fenomeno dell’emigrazione egiziana ci si rende conto di quanto il percorso cristiano sia inserito appieno in quello egiziano in generale. Il fatto che una componente minoritaria dell’emigrazione cristiana egiziana

189 A mo’ di esempio : « Dans les années 60, une émigration de nature politique et religieuse voit le jour et s’accélère à partir des années 70-80 en raison des difficiles conditions de vie de la communauté et de la montée de l’intégrisme » […] « Il existe aujourd’hui une petite diaspora installée essentiellement aux États-Unis, au Canada et en Australie, et dans une moindre mesure en Europe ». Cfr. Albert L., Les Coptes. La foi du désert , Editions de Vecchi, Paris, 1998, p. 126. « La situation difficile des coptes- cercan social, discrimination, peur de la monte de l’islamisme, difficultés économiques, nourrit une émigration massive : en trente ans, plus de 2 million d’entre eux auraient quitté le pays pour gonfler une importante diaspora. » Cfr., Pommier S., Égypte, l’envers du décor, La Découverte, Parigi, p. 135. 190 Abdelnour Z., Le rôle politique de la diaspora copte d'Amérique du Nord , cit. ; Ibrahim F., The Egyptian Coptic Diaspora in Germany: A Study in Local Cultural Vitality, in Bayreuth African Studies Series, no. 75, (2005): 301-316 ; Delhaye G., Les racines du dynamisme de la diaspora copte , en EchoGéo , mis en ligne le 22 août 2003; Zaki Y. N., Coptic Political Activism in the diaspora, the U.S., and the Egyptian Polity , The George Washington University: Imes CapstonePaper Series, 2010. Oltre alle ricerche e pubblicazioni sul tema, in cui la parola diaspora copta non appare nel titolo ma all’interno dell’opera, quali ad esempio Magued Shaimaa, Les migrations coptes aux Etats-Unis. Du militantisme transnational à l’internationalisation de la question copte , Éditions Universitaires Européennes, Sarrebruck, 2010 ; Ayad C., La communauté copte à Paris . Compte- rendu d’enquête , Institut d’Etudes Politique de Paris, Aprile 1989; Albrieux L., La communauté copte en France, matrise sous la direction de Mme Picadou,Paris 1, 2007 ;

108 abbia intrapreso un cammino di militanza sulla base di rivendicazioni confessionali non giustifica l’uso di “diaspora copta” per la totalità degli emigrati copti, se non nella misura di conferire legittimità e rafforzare su un piano teorico la tendenza comunitarizzante della politica egiziana. L’unica grande differenza, tra l’emigrazione copta e egiziana, sta nell’approccio di analisi e nella terminologia usata. L’esigua letteratura sull’emigrazione egiziana, esigua per il carattere recente dell’emigrazione stessa, ha conosciuto un aumento negli ultimi anni con l’aumentare del fenomeno stesso. A differenza del caso copto, molti pochi autori utilizzano il termine “diaspora” per riferirsi all’emigrazione egiziana senza alcuna perplessità 191. In questi casi la diaspora copta costituirebbe una parte di quella egiziana, una “diaspora nella diaspora” 192. Altri la utilizzano in concomitanza col termine emigrazione, lasciando trasparire una militanza politica di opposizione della “Diaspora” o delle “diaspore” a differenza degli egiziani “emigrati “ o “all’estero” 193 ; mentre c’è chi si chiede se il termine sia appropriato o meno per il caso egiziano, arrivando alla consclusione che vi siano più diaspore egiziane secondo linee confessionali, ebrea e copta, con lo sviluppo recentemente di una terza che trascenderebbe queste divioni 194 . Resta il fatto che sempre “diaspora copta” viene definita, senza essere degna dei ragionamenti e delle riflessioni riscontrate per il caso egiziano. Inoltre se la militanza copta è stata oggetto di tanto interesse e sopratutto considerata quale elemento fondamentale nelle dinamiche copte contemporanee, poca attenzione è stata prestata alla militanza degli egiziani all’estero che, come si vedrá, hanno agito in maniera del tutto parallela ai loro compatrioti cristiani, per tempi, motivazioni e modalità. La

191 Zohry A., A Study on the Dynamics of the : Strengthening Development Linkages, fatto dall’OIM nel luglio 2010, p. 22 ; Severo M. & Zuolo E., Egyptian e-diaspora: migrant websites without a network? , Fondation Maison des Sciences de l’Homme, aprile, 2012 ; I şık Ku şcu, The Egyptian American Diaspora During and in the Aftermath of the Egyptian Revolution of 2011 , Ortado ğu Etütleri, Volume 4, No 1, July 2012, pp.121-142. 192 Cfr. Marta Severo & Eleonora Zuolo, Egyptian e-diaspora: migrant websites without a network? , cit., p.8. 193 Di Bartolomeo A., Fakhoury T., Perrin D., Migration Profile – Egypt , CARIM, European University Institut, Aprile 2010 ; Fargues P., Fandrich C., Migration after the Arab Spring , MPC Research Report 2012/09, European University Institut ; Abdelfattah, Impact of Arab Revolt on Migration , CARIM-AS 2011/68. 194 Delphine Pagès-El Karoui, Égyptiens d’outre-Nil : des diasporas égyptiennes , Tracés. Revue de Sciences humaines [En ligne], 23 | 2012, mis en ligne le 19 novembre 2014, URL : http:// traces.revues.org/5552 ; DOI : 10.4000/traces.5552.

109 differenza appunto, sta nell’assenza della connotazione religiosa e soprattutto nella minor visibilità che studiosi e giornalisti occidentali hanno conferito loro.

La nozione di diaspora copta denota pertanto una duplice problematica. La prima, legata alla nozione di diaspora stessa e alla sua smisurata diffusione in Occidente; l’altra alle dinamiche e caratteristiche proprie al caso copto che riproducono al di fuori dei confini nazionali quanto è avvenuto all’interno: politica di comunitarizzazione sulla base del predominio della componente clericale borghese in contrapposizione a quella laica.

1.1. L’emigrazione degli egiziani cristiani ovvero l’emigrazione egiziana.

La prima volta che si utilizza il termine diaspora per riferirsi ai copti è nel secondo volume del A study of History di Toynbee 195 , quando l’autore parla delle civilizzazioni estinte che sopravvivono sottoforma di “fossils” (fossili) sia attraverso la “fastness” (solidità) che la “dispersion” (dispersione) 196 . In simile contesto, la “diaspora copta del Cairo e del Delta” indica l’emigrazione dei contadini copti del Al-Ṣa‘ īd e dei cristiani delle montagne dell’Abissinia, appartenenti anch’essi alla Chiesa Copta monifisita, che lasciarono il Sud del paese come via di fuga per la loro salvezza. Un’emigrazione interna, quindi, dal Sud al Nord del paese. Qualche anno più tardi, nel 1963, Edward Wakin afferma, nella sua ricostruzione della storia dei copti d’Egitto, che uno dei tratti saliente della minoranza cristiana egiziana rispetto alle altre confessioni cristiane degli altri paesi del Medio Oriente sia proprio la mancanza di diaspora e la presenza di una debole emigrazione, dovuto all’attaccamento alla terra del Nilo da parte di quest’ultimi 197 . In effetti, è a partire

195 Toybnee A. J., A Study of History, vol. 2: The Geneses of civilizations , Oxford University Press, London, 1945, p. 258. 196 Ibid., pp. 256-257. 197 Wakin E., A Lonely minority: The modern story of Egypt’s copts , Morrow, New York, 1963, p. 5.

110 proprio dagli anni ’60, per poi aumentare nei ’70 e ancor più negli anni ’80 e ’90 che l’emigrazione copta comincia a raggiungere delle cifre considerevoli per arrivare a rivestire attualmente una dimensione tutt’altro che trascurabile, tanto su un piano quantitativo che qualitativo. La maggioranza degli autori, anche quelli che specificano trattarsi di un fenomeno prettamente economico sono soliti contrapporlo all’elemento musulmano, sia in riferimento all’islamizzazione del paese a partire dagli anni ’70, che avrebbe aumentato il fenomeno presso i cristiani, sia nella scelta della destinazione, paesi occidentali per i cristiani e paesi del Golfo per i musulmani. Negli ultimi 10 anni si parla molto di “esodo” dei copti nell’ambito del più ampio “esodo” dei cristiani del Medio Oriente 198 , che si sarebbe rafforzato a seguito della rivoluzione del 25 gennaio del 2011. Questo è quanto emerge dalle pubblicazioni e dai media occidentali; una prospettiva globale di analisi dell’emigrazione egiziana dimostra quanto le dinamiche tra la componente cristiana e musulmana siano parallele e rispondano a precise direttive di un governo repressivo e travagliato da gravi problemi economici.

La “diaspora” di cui parla Toybnee si riferisce al fenomeno di emigrazione che spinge migliaia di egiziani del Al-Ṣa‘ īd, povero e abbandonato dal sistema centrale, per trasferirsi nelle grandi città del Nord, il Cairo e la Valle del Delta in generale, più ricco e sviluppato. Secondo statistiche dell’agenzia egiziana CAPMAS (Agenzia Centrale per la Mobilizazzione Pubblica e Statistiche) e del UNDP (Programma della Nazioni Unite per lo Sviluppo), la popolazione del Cairo è passata ad essere dal 9,4 per cento della popolazione totale nel 1897 al 20 per cento nel 2003 con un picco della crescita negli anni 1960-75 quando la migrazione rurale è stata responsabile del 22 % dell’aumento del numero di abitanti del Grande Cairo 199 . Allo stesso modo, l’esigua emigrazione di cui parla Wakin, corrisponde al fenomeno dell’emigrazione “intellettuale”, sporadica e individuale, a seguito del grande movimento di rinascita culturale, nah ḍa, che ha conosciuto l’Egitto a partire dalla fine del XIX secolo e che

198 Per dare un’ idea dei toni con cui si parla dei cristiani in Medio Oriente nella stampa : Le long calvaire des chrétiens d'Orient, Le Point - 07/05/2009; Le douloureux exode des chrétiens d'Orient , Libération - 26/03/2011 ; Les chrétiens vont-ils disparaître du Moyen-Orient?, Le Monde - 04/11/2010. 199 Cfr. Ibrahim Fouad and Barbara, Egypt: An Economic Geography, I.B.TAURIS, Londra, 2003, pp. 210-212.

111 ha spinto molti intellettuali egiziani a viaggiare in Occidente, in particolare la Francia, per conoscere empiricamente l’altra realtà e trarne profitto. Basti pensare alla spedizioni organizzate da. Per quanto riguarda invece la prima grande ondata migratoria degli anni ’60, è la mancanza di opportunità socio-economiche che spingono i copti, esattamente come i musulmani, a cercare fortuna altrove. Si tratta, nello specifico, degli egiziani altamenti istruiti e per lo più latifondisti e capitalisti che, colpiti dalla distruzione del sistema sociale egiziano a seguito della rivouzione del ’52 e dalle riforme socialiste di Nasser, perdono i loro privilegi e decidono di lasciare il loro paese per emigrare negli Stati Uniti, Canada e Australia. Le nuove condizioni socio-economiche sono una spiegazione molto più realistica della spiegazione poetica dell’attaccamento viscerale dei copti e degli egiziani, in generale, alla terra del Nilo. E se la maggior parte degli autori presenta l’intensificarsi dell’emigrazione copta degli anni ’70, ’80 e ’90 come conseguenza diretta dell’islamizzazione del paese, non tiene in considerazione che è proprio in quegli anni che l’emigrazione egiziana si afferma in quanto fenomeno stabile a seguito di precise politiche del governo. Resosi conto dell’enorme potenziale economico che rappresentano gli egiziani emigrati per risolvere problemi di carattere demografico e attirare investimenti esterni, in concomitanza con l’aumento della richiesta di manodopera nei paesi del Golfo a seguito dell’aumento del prezzo del petrolio, a partire dalla seconda metà degli anni ’60, il governo di Nasser e ancor più quello di Sadat comincia ad emanare una serie di leggi volte a facilitare e promuovere l’emigrazione, anteriormente soggetta a numerose restrizioni 200 . Nel 1971 la Costituzione egiziana riconosce per la prima volta nelle storia dell’Egitto il diritto dei cittadini di emigrare; nel 1981 il decreto presidenziale n. 574 stabilisce il Ministero di Stato per gli Affari dell’Emigrazione, con lo scopo di prestare servizio agli egiziani che desiderano emigrare all’estero da un lato e sviluppare strategie per incrementare lo sviluppo economico dell’Egitto dall’altro. Inoltre, nel 1983 viene elaborata la prima legge completa sull’emigrazione che prevede, art.4, la creazione di

200 Dessouki delinea tre fasi della política egiziana a propósito dell’emigrazione: la prima, dagli anni ’50 al 1967, in cui vigeva il divieto di emigrare; la seconda a fine anni ’60 in cui non vi era alcuna restrizione e la terza, negli anni ’70 e ’80, ovvero sotto Sadat, in cui l’emigrazione veniva ampiamente promossa, attraverso veri e proprio incentivi finanziari. Cfr. Feiler G., Economic Relations between Egypt and the Gulf Oil States, 1967-2000 , Sussex Academic Press, Brighton, 2003, pp. 105-106.

112 un Comitato Supremo per l’Emigrazione sotto la direzione del Ministro degli affari dell’emigrazione. Tra le diverse funzioni del Comitato, di particolare rilievo è l’organizzazione di corsi per preparare gli emigranti alla nuova realtà straniera e la creazione di centri nei paesi di destinazione per mantere contatti con la terra natale. 201 Si ha quindi la strutturazione di un fenomeno del tutto nuovo per l’Egitto, terra d’immigrazione piuttosto che d’emigrazione. Per quanto riguarda l’evoluzione che l’emigrazione egiziana ha seguito, gli analisti non sono tutti d’accordo tra loro. La mancanza di dati ufficiali e la discrepanza notevole tra le diverse fonti statistiche, il carattere relativamente recente del fenomeno e l’alta percentuale di immigrazione illegale vista la difficoltà di ottenere un visto, soprattutto per i paesi occidentali. Malgrado ciò, tenendo in considerazione statistiche e analisi dei principali autori che si sono interessati al caso, è possibile tracciare delle caratteristiche piuttosto precise sulle tendenze dell’emigrazione egiziana nel corso della sua breve storia, in base a fattori esterni e interni. Dopo un iniziale interesse ai paesi occidentali (anni ’60), quali Stati Uniti, Canada e Australia, a partire dagli anni ’70 si rafforza l’emigrazione verso i paesi del Golfo produttori di petrolio. A partire dalla seconda metà degli anni ‘80 a seguito della guerra Iran-’Ir āq con il conseguente abbassamento dei prezzi del petrolio, la diminuzione della richiesta di manodopera nei paesi del Golfo e la concorrenza della manodopera asiatica più a basso costo, l’emigrazione egiziana nei paesi arabi diminuisce considerevolmente, passando, tra il 1984 al 1990, da 3,157,139 a 2,083,262 secondo il Ministero Egiziano del Manpower e dell’Emigrazione 202 . E, sebbene l’Arabia Saudita resti il paese con la più alta percentuale di egiziani emigrati e la Giordania abbia conosciuto un aumento di immigrazione egiziana, a partire dagli anni ’90 l’Europa si è iniziata ad affermare come meta di preferenza per una popolazione sempre più travagliata da problemi di ordine socio-economico in buona parte derivati dalla sempre maggior esclusione dell’Egitto dall’economia mondiale. Ragioni di prossimità geografica giocano a favore della scelta europea tanto tra gli egiziani istruiti che desiderano perfezionare la loro formazione o trovare un lavoro consono alla loro preparazione, che tra quelli meno agiati che puntano alla via illegale per emigrare alla ricerca di migliori

201 Cfr., Talani L, From Egypt to Europe. Globalisation and Migration across the Mediterranean , cit., pp. 65-66. 202 Ibid., 70

113 condizioni di vita. Sebbene non vi siano statistiche ufficiali precise, due sondaggi dimostrano la tendenza crescente presso gli egiziani della preferenza europea negli ultimi 15-20 anni. Nel 1997 tra coloro che desiderano emigrare, secondo il sondaggio Eurostat, solo il 6,0% sceglieva l’Europa, mentre in quello condotto dall’Eropean Training Foundation nel 2007, la percentuale sale al 33,7. Con la temporanea, ma significativa, chiusura all’emigrazione egiziana da parte degli Emirati Arabi Uniti 203 e il contesto di instabilità della Libia 204 , la scelta europea potrebbe uteriormente canalizzare il nuovo flusso di migrazione da parte della popolazione egiziana preoccuapata per la mancanza di stabilità e sicurezza all’interno di un paese in piena rivoluzione. Questo elemento si è aggiunto al fattore principale che spinge gli egiziani a lasciare il proprio paese, ossia la mancanza di possibilità lavorative e realizzazione professionale corrispondente alla formazione effettuata; uno dei fattori chiavi delle rivoluzioni stesse. Il nuovo scenario di instabilità e mancanza di sicurezza non ha fatto che rafforzare tale sentimento di frustazione. Un sondaggio condotto dalla IOM, uno dei primi ad essere stati effettuati dopo il 25 gennaio 2011 per valutare in che maniera la rivoluzione affettasse l’emigrazione, dimostra che la mancanza di opportunità lavorative continua ad essere la causa principale che spinge i 750 egiziani interpellati ad emigrare, con un 60% di questi che vi affiancano la mancanza di sicurezza. I ragazzi egiziani con cui ho avuto modi di parlare confermano questo desiderio crescente di lasciare un paese che non offre loro le condizioni per realizzarsi professionalmente e umanamente.

L’elemento copto della società egiziana, pertanto, non fa che inserirsi pienamente nel quadro dell’emigrazione su scala nazionale seguendo le stesse dinamiche dei connazionali musulmani. Una differenza che viene data come appurata è la scelta del luogo di destinazione, come sottolinea Delhaye 205 : mentre i musulmani scelgono i vicini paesi petroliferi del Golfo, i cristiani scelgono l’Occidente e nello specifico gli

203 Decisione dovuta alla decisione di processare l’ex-presidente Mubarak, considerati i rapporti collaborativi tra questi e il re degli Emirati Arabi Uniti. Tale veto è stato revocato a seguito della visita del Primo Ministro Essam Sharaf. Cfr. Abdelfattah D., Impact of Arab Revolt on Migration , CARIM-AS 2011/68, p. 10. 204 Grandi flussi di egiziani e tunisini hanno lasciato la Libia in maniera massiva a seguito della degenerazione armata e dell’instabilità dello scenario libico. Cfr. Fargues P., Fandrich C., Migration after the Arab Spring , cit., p. 9. 205 Cfr. Delhaye G., Les racines du dynamisme de la diaspora copte , cit.,

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Stati Uniti. La mancanza di statistiche sulla percentuale di copti all’interno dell’emigrazione egiziana e sulla loro distribuzione nei diversi paesi del mondo, rende tale intuizione e affermazione non scientificamente provabile 206 . E gli Stati Uniti restano la principale meta di destinazione occidentale anche per gli egiziani musulmani 207 . Una pista, ed è esattamente quella su cui si basa Delhaye, è offerta dalla presenza delle chiese ortodosse nei vari territori di emigrazione. L’autore afferma che la distribuzione geografica delle chiese lascia chiaramente apparire un tropismo occidentale, e in particolare nord-americano, delle migrazioni copte 208 .

206 Il problema si presenta già a priori per quanto riguarda l’emigrazione egiziana, dove le statistiche fornite dalle varie fonti presentano delle divergenze talmente grandi che non è possibile tenerle in considerazione. Si passa così da 4.721 egiziani in Austria, secondo le statistiche austriache, a 14.000 secondo quelle egiziane; o ancora da 35.975 egiziani in Canada secondo le statistiche canadesi, a 110.000 secondo quelle egiziane. Tanto per fornire degli esempi. Si veda la tabella sul rapporto A Study on the Dynamics of the Egyptian Diaspora: Strengthening Development Linkages, fatto dall’OIM nel luglio 2010, p. 22. Per quanto riguarda il numero di copti il problema è ancora più grande dal momento che non esistono statistiche sulla percentuale di copti all’interno dell’emigrazione egiziana e le cifre fornite dalle varie istituzioni e personalità sono enormemente distanti, oltre a non fornire, nella maggioranza dei casi, la fonte delle cifre proclamate. Tanto per dare un’idea, si proporranno di seguito alcuni dei dati reperiti in varie fonti. Magdi Khalil, nel suo libro sui copti dell’emigrazione riporta alcuni dati relativi al numero dei copti all’estero. Le prime cifre riportate sono quelle del finanziere Nader Guirguis, attualmente vice presidente della Private Banking for Quebec’s western and northern offices: 500.000 nel deserto occidentale statunitense, 3 milioni nel deserto orientale dell’America e 3 milioni in Canada. Mentre il direttore del centro Al-Ahram in Canada, Mustafa S āmī, parla di circa 100.000 egiziani nel paese di cui 70.000 copti. Infine riporta le cifre dell’ Ibn Khaldun Center del Cairo, che ridimensiona notevolmente le cifre precedenti parlando di circa 2 milioni di copti all’estero così distribuiti: 500.000/600.000 circa negli Stati Uniti, 100.000/150.000 circa in Canada, 300.000/400.000 circa in Australia. Un milione ripartito tra Europa, Nuova Zelanda e America del Sud. Cfr Ḫal īl M., aqb āṭ al-mahgr. Dirasat mayd āniyya ḥawl hum ūm al-watan wa-muw ātanat , (I copti del mahgr . Studi civili sulle preoccupazioni della nazione e dei cittadini), D ār al-Ḫiyy āl, Il Cairo, 1999, p. 34. Nell’opera collettiva sui cria cura di Andrea Pacini, Bernard Sabelle riporta la cifra di Shimoni secondo cui sarebbero “circa 400.000 copti stabilitisi negli Stati Uniti, in Canada e in Australia”. Cfr. Bernard S., The Emigration of Christian Arabs: Dimensions and Causes of the Phenomenon in Pacini A., Comunità cristiane nell’islam arabo. La sfida del futuro , Edizioni della Fondazione Giovanni Agnelli, Torino, 1996, pp. 139-168. Nella Coptic Encyclopedia, alla voce “migrations”, si parla di 200,000-300,000 copti emigrati tra USA, Europa e Australia. Cfr., Atiya A.S., The Coptic Encyclopedia, vol.5, Macmillan, New York, 1991. Mentre Shimoni parla di “circa 400.000 copti stabilitisi negli Stati Uniti, in Canada e in Australia”. Cfr., Pacini A., Comunità cristiane nell’islam arabo. La sfida del futuro , Edizioni della Fondazione Giovanni Agnelli, Torino, 1996. 207 Cfr., Fargues P., How Many Migrants from, and to Mediterranean Countries of the Middle East and North Africa? Analytic and Synthetic Notes – Demographic & Economic Module , CARIM-AS 2005/16, Euro-Mediterranean Consortium for Applied Research on International Migration (CARIM). 208 Cfr. Delhaye G., Les racines du dynamisme de la diaspora copte , cit.

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Tuttavia, tale elemento, indicativo da un lato, potrebbe essere fonte di deviazione dall’altro. Alcune precisazioni fondamentali sono necessarie in merito a un dato così evidente quale possa essere il maggior numero di chiese in Occidente rispetto ai paesi arabi. E i due casi estremi, gli Stati Uniti con il suo elevatissimo numero di chiese e l’Arabia Saudita, in cui non vi sono chiese copte pur essendo il paese che più di ogni altro al mondo accoglie immigrati egiziani, sono particolarmente rappresentativi.

In primis, le particolari condizioni, o meglio restrizioni, religiose dell’Arabia Saudita non rendono possibile l’impiantazione di chiese, di qualsiasi confessione si tratti. L’assenza di chiese copte non significa assolutamente che non vi siano copti tra gli egiziani emigrati nel paese saudita. Al contrario, la loro presenza nel paese viene ampiamente strumentalizzata nell’ottica della retorica dell’unità nazionale 209 . Secondariamente, la quantità di chiese presente in un paese, non è necessariamente indicativa del numero di copti presenti sul territorio per diverse ragioni: non tutti i copti emigrati, esattamente così come accade in Egitto, frequentano la chiesa; il moltiplicarsi delle chiese non è legato solo al numero dei fedeli, ma anche a questioni di natura geografica-logistica e strategico-politica, com’è nel caso degli Stati Uniti. Gli immensi spazi statunitensi, infatti, rendono i tempi di spostamento decisamente meno agevoli e fanno si, quindi, che si creino strutture stabili permanenti, anche se esigue, piuttosto che spostamenti di preti in diverse città, come avvenuto ad esempio in Europa. Stessa condizione si presenta anche in Canada e in Australia, dove il numero delle chiese è notevole, senza tuttavia raggiungere i livelli statunitensi 210 .

209 Lo ribadisce lo stesso Mubarak in occasione degli auguri ufficiali inviati alla comunità copta di Riad per la Pasque nell’aprile del 2010. Cfr. Al-Nahar, 04/2010. E frequenti sono i riferimenti nella stampa egiziana alla comunità copta di Riad, che sembra mantenere un comportamento esemplare nei confronti del governo e dei suoi rappresentanti istituzionali, come dimostra la festa organizzata dalla comunità per il fine mandato dell’ambasciatore Mahmud Huf nel .... riportato da quasi tutti i periodici egiziani. O ancor più esplicito e recente, il ringraziamento al presidente Mursi, “il padre di tutti gli egiziani”, per gli auguri ufficiali inviati in occasione della celebrazione del Natale, su modello dell’ex- presidente, la dichirazione di “fedeltà completa alla patria”, alla “preservazione dell’unità del tessuto nazionale” , così come l’espressione di gratitudine e riconoscenza al governo saudita per la sua ospitalità. Cfr. La comunità copta di Riad festeggia il Natale....e ringrazia Mursi , in Masrawi, 1/11/2013 210 Sulla base della lista presente sulla web della coptic.org, un dominio il cui obiettivo è quello di “provide a World Wide Web Home Pages for Coptic Orthodox Churches in the Diaspora”, si contanto attualmente 93 chiese copte ortodosse, mentre in Canda 26 e in Australia 33. La lista non è comunque

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Subentra il fattore strategico-politico che fa la differenze degli Stati Uniti: la necessità e l’interesse di contrastare l’attivismo delle organizzazioni copte createsi negli Stati Uniti. Attivismo dalle conseguenze immediate e particolarmente scomode tanto per la politica del governo egiziano che per il papa stesso, come si illustrerà nei prossimi paragrafi. Ciò è legato, in parte, allo status sociale dei primi emigrati egiziani negli Stati Uniti e alla loro ricchezza, che si traduce in generose elargizioni alle istituzioni religiose per la costruzione di nuovi centri e il mantenimento delle loro attività. Non è un caso che la somma rimessa dagli emigrati egiziani negli Stati Uniti sia di gran lunga superiore rispetto a quella degli altri paesi, Arabia Saudita compresa dove pure è più alto il numero di emigrati211 . Pertanto, in mancanza di qualsiasi statistica, ufficiale e non, sulla proporzione di cristiani all’interno dell’emigrazione egiziana, è pressochè impossibile sapere quale sia la percentuale di copti tra la stragrande maggioranza di musulmani emigrati in Arabia Saudita. Si può pertanto ipotizzare che, avendo i musulmani egiziani l’Arabia Saudita come polo principale di attrazione per l’emigrazione, i copti contrappongono gli Stati Uniti come meta di preferenza. Resta il fatto che tale “scelta”, è frutto della politica e del contesto del paese di destinazione più che della confessione dell’emigrante egiziano 212 . Considerando, inoltre che, mentre l’emigrazione verso l’Occidente, è un’ “emigrazione permanente”, quella verso i paesi del Golfo, è

una prova inconfutabile che tali chiese esistano realmente, dato più che molti dei link non funzionano o non corrispondono a pagine web di chiese. Cfr. www.coptic.org 211 Cfr. Dal 1990/91 al 2007/2008 le rimesse bancarie sono cresciute da 3,775 a 8,558 milioni di dollari, rendeno l’Egitto uno dei sei principali ricevitori di rimesse al mondo e il primo della regione MENA. Nel 2006/2007 l’83% di queste entrate veniva da 5 paesi: USA (32,9%), Kuweit (17,5%), Arabia Saudita (4,1%) e Svizzera (4,1%). Cfr. Anna di Bartolomeo, Tamirace Fakhoury, Delphine Perrin, Egypt, CARIM – Migration profile, rapporto dell’aprile 2010. 212 A proposito della figura dell’emigrante egiziano, interessante l’analisi fatta da Talani, da cui risulta che il profilo che identifica l’emigrazione egiziana in Europa, è quello dell’ “homo economicus”, ovvero della persona motivata da precisi fini economici personali. Si tratta della prima fase secondo la teoria dell’emigrazione in quanto fenomeno sociale. Altra osservazione interessante, nel tracciare il profilo dell’emigrante egiziano, Talani non fa minimamente riferimento al parametro religioso tra quelli presi in considerazione: sesso, età, status familiare, livello di educazione, luogo di provenienza in Egitto, motivazione per emigrare, aspettative dall’esperienza lavorativa all’estero, fonte di informazioni su paese di destinazione scelto, settore di preferenza in cui lavorare all’estero, ragione principale della scelta del paese di destinazione, consapevolezza che si possa andare all’estero senza i documenti richiesti. Cfr. Talani L., From Egypt to Europe. Globalisation and Migration across the Mediterranean , cit., pp. 135-147

117 un’“emigrazione temporanea” 213 , come sancito dalla costituzione egiziana del ’71. Realtà ben diversa da quella presentata, ad esempio, da Cannuyer che distingue tra l’emigrazione dei musulmani che “emigrano per tornare” e quella dei copti che se vanno per rimanere all’estero, adducendo al fattore religioso la spiegazione di tale dinamica. 214 E visto che si è nell’ambito delle ipotesi, ne aggiungo una, del tutto personale, riguardo alla maggior facilità dei copti ad avere il visto dalle ambasciate occidentali. Tale ipotesi è basata sulla conoscenza di casi concreti da parte di alcuni amici egiziani, tanto musulmani che cristiani e dalla negazione eccessiva e ben marcata di tale facilitazione, da parte di autorità religiose e politiche, probabilmente volta a nascondere una contribuzione alla divisione della società egiziana su linee confessionali in pieno spirito colonial-imperialistico 215 .

Tornando alla pista dell’evoluzione della presenza delle chiese nel tentivo di tracciare l’emigrazione copta all’interno di quella egiziana, è possibile rintracciare un altro elemento di osservazione che Delhaye non ha tenuto in considerazione: il fattore cronologico ovvero l’evoluzione della presenza delle chiese nei vari paesi in stretta concomitanza con le dinamiche generali dell’emigrazione egiziana. Nei paesi produttori di petrolio, quali ad esempio Kuweit, Emirati Arabi Uniti o Qatar, è possibile trovare la presenza di chiese copte ortodosse sin dagli inizi

213 La stessa Costituzione del ’71 differenzia tra una emigrazione “temporanea” e “permanente”. La prima è quella verso i paesi arabi, legata a motivi strettamente lavorativi, e dove a prevalere è una notevole presenza maschile. La seconda quella dei paesi occidentali, dove si ricerca, oltre al lavoro, una realizzazione professionale e che risulta essere più equilibrata nella proporzione tra i generi. 214 Cfr. Cannuyer C., Chrétiens du Proche-Orient en diaspora , Solidarité-Oriente, Bulletin 241, Bruxelles, Gennaio-Febbraio-Marzo, 2007, p.10. 215 Nel luglio del 2012 ad esempio, l’ambasciata della Germania si sente in necessità di giustificare pubblicamente che la politica tedesca riguardo le modalità per i cristiani egiziani di ottenere asilo politico non è cambiata e continua a seguire quanto stabilito secondo la Convezione Europea per la protezione dei Diritti Umani. La giustificazione è dovuta a quanto affermato da Bahaa Ramzy, capo dell’Associazione Tedesca dei Copti “Copts Today”, secondo cui l’ambasciata avrebbe accettato di concedere asilo politico ai cristiani egiziani a seguito di un rapporto sul loro status commissionato dal ministero degli affari esteri e che avrebbe provocato reazioni ostile nei media egiziani. Cfr. Dutch embassy: no chage iasylum policy fot Christians, Egypt Indipendent, 17/07/2012. Negli istituti di cultura francesi, come l’IFAO o l’IDEO, ad esmpio, oltre ad esservi una gerarchizzazione confessionale ben marcata che privilegia gli egiziani cristiani rispetto agli egiziani musulmani, a cui vengono affidati manzioni più servili, quali pulizia e lavori di manutenzione, i primi hanno anche la possibilità di ottenere automaticamente il visto turistico per viaggiare in Francia, senza passare per l’ ambasciata.

118 dell’emigrazione egiziana, stando alla web delle varie diocesi. 216 Nella fase centrale dell’emigrazione a monopolizzare la scena sono i due poli estremi, Arabia Saudita e USA, di cui si è precendentemente parlato. Mentre è partire dagli anni ’80 e ancor più ’90 che iniziano a trovarsi strutture più stabili e organiche dell’apparato clericale copto ortodosso nei vari paesi europei, esattamente quando gli egiziani iniziano a optare per la scelta europea.

216 Si è già parlato del caso del Kuweit. Per la chiesa del Qatar si veda http://copticchurchdoha.com/, per gli Emirati Arabi Uniti la pagina facebook http://www.facebook.com/pages/St-Mina-Copts- Orthodox-Church-Jebel-Ali-Dubai/462174587142094.

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Émigration copte ou émigration égyptiennes? Phases de l’émigration (1960- 2012) et présence de l’Église Copte Orthodoxe dans les pays du mah ğr

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Ancora una volta, fatti e dati smentiscono l’immagine diffusa dai media e difesa da molti analisti, dell’esodo dei cristiani in Occidente negli ultimi anni e rafforzatosi a seguito della rivoluzione del 25 gennaio del 2011. Non sono solo i cristiani ad essere preoccupati per il loro futuro in un paese dal futuro immediato instabile in cui si continua a rischiare la vita per abbattere un lungo regime, che ha modellato la vita di intere generazioni, e creare un alternativa che dia “pane, libertà e giustizia” a tutti i cittadini egiziani.

Stabilito quindi che il fenomeno migratorio è un fenomeno che riguarda nella stessa misura tutti gli egiziani indipendentemente dalla religione, con una possibile differenziazione nella scelta della destinazione per ragioni legate esclusivamente al contesto del paese ospitante, alle politiche di questo in merito all’immigrazione e all’intenzione dell’emigrante di stabilirsi nel paese estero o ritornare in Egitto, bisogna ora seguire sviluppi e attività di questa emigrazione, col fine di capire per quale ragione si sia sviluppato il concetto ampiamente diffuso di “diaspora copta” e quali siano le sue implicazioni.

1.2 L’attivitivismo per la difesa dei copti in Egitto da parte dei copti del mah ğr. Una forma di opposizione al governo egiziano e alla Chiesa.

Gli egiziani cristiani che emigrarono a partire dagli anni ’60 si impegnarono in un attivismo volto alla difesa dei loro correligionari in Egitto con l’ obiettivo ultimo di attaccare un governo che li aveva privati dei loro privilegi. Organizzandosi in associazioni di piccole dimensioni, a carattere individuale e strettamente legate alla figura del fondatore che ne determina orientamento e direttive, oltre che essere la fonte principale se non esclusiva di finanziamento, i primi militanti copti, ben

122 integrati e con buone posizioni professionali nella società americana 217 , sono riusciti a raggiungere oggi una certa notorietà e influenza all’interno del sistema lobbystico politico americano, attraverso il contatto con membri repubblicani del Congresso e la collaborazione con associazioni sioniste e di estrema destra. Il loro principale obiettivo, non a caso, era ed è tutt'ora quello di far pressione sui governi dei paesi ospitanti affinchè intervengano nella politica interna dell'Egitto per porre fine alle discriminazioni di cui i loro connazionali sarebbero quotidianamente oggetto a causa di un governo complice degli islamisti. Sebbene la loro influenza sia relativa e non si traduca in concrete decisioni politiche, nè del governo egiziano nè di quello statunitense o degli altri paesi di accoglienza, la ripercussione delle loro azioni è notevole, tanto da costituire una sorta di “diplomazia privata” 218 . Il militantismo copto, in effetti, avendo avuto come responsabilità principale quella di aver creato e diffuso visibilmente il trattamento pubblico della “questione copta”, ha modificato il precario equilibrio nei rapporti tra Stato, Chiesa e le diverse forze politiche in gioco e soprattutto la società civile.

Il potenziale della sua azione si ebbe a vedere già agli inizi degli anni ’70 quando in occasione della visita del presidente Sadat negli Stati Uniti per la firma dell’accordo di pace, i copti dell’American Coptic Association (ACA) organizzarono una manifestazione di protesta davanti alla Casa Bianca per criticare l’attitudine del presidente egiziano nei confronti dei cristiani in Egitto. E in occasione della seconda

217 Nella statistica fatta dall’Ibn Khaldun Center del Cairo, citata predentemente, si dice che tra i copti negli Stati Uniti, circa 10000/15000 sono medici, dai 650 ai 750 professori, più vi sarebbero decine di migliaia di ingegneri, uomini di azione e ufficiali. Cfr. Ḫal īl M., aqb āṭ al-mahgr. Dirasat mayd āniyya ḥawl hum ūm al-watan wa-muw ātanat, (I copti del mahgr. Studi civili sulle preoccupazioni della nazione e dei cittadini), cit., p. 34. Diversi sono gli studi che hanno dimostrato come la posizione socio-economica dei membri di una comunità di immigrati determini il loro reale inserimento nella società di accoglienza. Cfr. Dubet F, Immigrations: qu’en savons-nous? , La Documentation française, Parigi, 1989; Tribalat M., Faire France , La Découverte, Parigi, 1995, De l’immigration à l’assimilation , La Découverte, Parigi, 1996 ; la pubblicazione dell’INSEE, Les étrangers en France, portrait social , Parigi, 1994 ; Jenkins J. ed., Ethnic communities in business , Cambridge University Press, Cambridge, 1984. 218 Tale definizione viene ripresa da Shaimaa Magued da quella delineata da Bozarsalan nel descrivere la diaspora curda. Si tratterebbe di un attore che ha deterritorializzato la sua dinamica d’azione in nome di una causa difesa al di là del quadro nazionale e attraverso reti d’interazione non ufficiali con degli attori esterni che trascendono la diplomazia ufficiale dello stato. Il fattore determinante è che tale deterionalizzazione avvenga senza l’autorizzazione dello Stato. Cfr. Magued S., Les migrations coptes aux Etats-Unis. Du militantisme transnational à l’internationalisation de la question copte , cit., p. 9.

123 visita, nell’estate dello stesso anno, ad accoglierlo fu una lettera aperta sul Washington Post, in cui “i cristiani egiziani di Los Angeles”, così si firmano, gli rivolgono l’accusa di trasformare l’Egitto in “un nuovo Iran del Medio Oriente” e di non far nulla contro l’aumento del “fanatismo musulmano” nei confronti della “minoranza cristiana”, che non si vede riconosciuti i propri diritti umani 219 . L’imbarazzo e il disagio provocato nel presidente egiziano fu considerevole, tanto che il papa venne destituito dalle sue funzioni e confinato nel monastero di Wādī Natr ūn, come si è visto nel precedente capitolo. La mobilitazione dei copti emigrés giocò un ruolo decisivo anche nella decisione del rilascio. Orgnizzando una campagna quotidiana, attraverso appelli e articoli sulla stampa, riuscì a far si che istituzioni internazionali, quali il World Council of Churches, il Vaticano, la chiesa anglicana, il think tank teologico Pro Oriente e l’Amnesty International, che lo considerò prigioniero di coscienza, si interessarono al caso, mobilizzandosi, quando pro quando in contra, per la risoluzione del caso 220 .

Questi due episodi sono particolarmente significativi perchè, da un lato, dimostrano la visibilità della mobilitazione dei copti negli Stati Uniti, dall’altro presentano le tecniche d’azione tipiche utilizzate dai militanti sin dagli anni ’70 e che, tolta l’introduzione delle nuove tecnologie, sono rimaste le stesse fino ad oggi e in tutti i paesi occidentali. Manifestazioni e assemblamenti, appelli e lettere aperte ai presidenti, tanto egiziani che del paese di accoglienza 221 , vicinanza con movimenti, associazioni e lobby pro-cristiane e talvolta sioniste, e soprattutto grande strumentalizzazione e uso della stampa, in cui pubblicano articoli che puntano a suscitare sentimenti di “indignazione e scandalo piuttosto che all’intelletto 222 ”. Si presentano così fatti e aspetti della realtà egiziana, da cui molti di loro sono ormai

219 È possibile leggere l’intero articolo nella sezione degli annessi della tesi di Abdelnour Z., Le role politique de la diaspora copte d’Amèrique du Nord, cit. 220 Per maggior dettagli sulla vicenda e la mobilitazione delle varie parti citate, vedere Watson J., Among the Copts , cit., pp. 105-114. 221 Si tratta di politici della destra o dei repubblicani, come Wolf, per quanto riguarda gli Stati Uniti, dove è il Congresso la fonte di influenza. Shuki Karas afferma che una petizione al Congresso vale più di tutti i libri sulla questione copta. Ḫal īl M., aqb āṭ al-mahgr. Dirasat mayd āniyya ḥawl hum ūm al- watan wa-muw ātanat, (I copti del mahgr. Studi civili sulle preoccupazioni della nazione e dei cittadini) , cit., p. 35. 222 Cfr. Delhaye Grégoire, La réponde des états à la dissidence diasporique. Le cas de l’Égypte face au militantisme copte aux États-Unis , in Dufoix S., Loin des yeux, près du cœur , Science Po Les Presses, Paris, 2010, pp. 321-341.

124 lontani da lunghi anni, in maniera intenzionalmente estremizzati ed esagerati con lo scopo di attirare l’attenzione del grande pubblico e di persone influenti, in particolare politici, dei paesi occidentali in cui vivono. Uno degli esempi più interessanti a tal proposito è quello legato alle conversioni, divenuto uno dei cavalli di battaglia dei discorsi dei copti emigrati. La figura della “giovane ragazza convertita e fatta sposare per coercizione” è un topos ben preciso che segue sempre lo stesso schema, come ha ben dimostrato lo studio di Delhaye: si tratta sempre di persone di sesso femminile, mai maschile; si accentua e sottolinea la loro giovane età, presentandole più giovani- piccole di quanto non lo siano realmente; la conversione è presentata sempre come forzata e a seguito di un rapimento e o stupro, e mai considerati i casi frequenti in cui la ragazza sceglie liberatamente di convertirsi 223 . Si delinea in poche parole l’immagine di una giovane “vittima” cristiana innocente strappata dalla propria famiglia da uomini musulmani malintenzionati e violenti 224 . L’aspetto grafico dei manifesti che diffondono a proposito di tali conversioni rafforza l’aspetto scioccante del presunto fenomeno 225 . Il risultato è che mentre professori universitari statunitensi quali Michele Clark diffondono la notizia dei rapimenti delle giovani copte, in collaborazione con Nada Ghaly, attivista copta per i diritti dei copti, in Egitto si controbatte che il problema principale delle conversioni delle giovani ragazze copte sono le forti restrizioni sociali della famiglia copta, come afferma Nehad Abul Komsan, capo dell’Egyptian Center for Women’s Rights 226 .

223 Nello studio condotto da Hulson sulla conversione di 80 ragazze all’Islam, per esempio, sette di queste corrispondono ai nomi delle dieci ragazze “rapite e fatte convertire” presentate in un articolo del Washington Time. Nessuna di queste si era convertita perchè obbligata. Cfr. Hulsman C., Escaping social control in Egypt dubbed kidnapping in US , Middle East Times in Arab West Report, Week 26, Art 36, June 24-30, 1999. On line Tale decisione è dettata generalmente dal desiderio di emancipazione dalle restrizioni familiari, benchè si ritrovino nella maggior parte dei casi nello stesso sistema patriarcale, ma musulmano; o per poter accedere al divorzio, che il diritto di famiglia copto, a differenza del musulmano, non riconosce. 224 Cfr. Delhaye Grégoire, La figure de la “jeune fille convertie et mariée de force » dans le discours militant des coptes en diaspora , in Guirguis L., Conversions religieuses et mutations politiques en Égypte, Non Lieu, Parigi, 2007, pp. 133-150. 225 La schiera di piccoli visi, a primo impatto, da l’impressione di trovarsi di fronte a persone morte. È possibile vedere uno di questi manifesti nell’annesso a pagina ?, raccolto durante la manifestazione organizzata a Parigi llll del 2011 a seguito dell’attacco a Maspero. 226 Mayton Joseph, US Professor says Coptic girls being kidnapped, forced into servitude in Egypt, in Bykia Masr, 27 liglio 2012.

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Ad essere estremizzati sono anche le ricostruzioni storiche, che parlano di persecuzioni e genocidi, 227 il fenomeno dell’emigrazione copta, da loro definita diaspora e che viene presentata come un nuovo fenomento dovuto all’ “increasing suffering of the Copts, especially after the revolution in 1952. This revolution tried to change the Egyptian identity by imposing more Arabic and Islamic aspects, in addition to many terroristic attacks that targeted the Copts leading them to be marginalized in all walks of life.” 228 Fino a spingersi ad estremizzare le rivendicazioni stesse avvicinandosi alle organizzazioni sioniste, come “La plume et l’épée” di Micheal Meunier 229 , o che invitano la comunità internazionale ad occupare l’Egitto per difendere i copti e concedere loro un proprio stato. 230 Alcune di queste, per l’esattezza l’America Coptic Association, la Coptic Association in Nuova Zelanda e al-aqb āṭ al-Aḥrār, nel 2005 hanno creato anche una bandiera della “nazione copta”, non riconosciuta dal Patriarca e molto criticata da varie personalità all’interno che ritengono la loro attività complice dell’imperialismo e volto a creare problemi di carattere confessionale. 231 Il 2 dicembre del 2011 viene invece aperta la pagina Facebook “Coptic Nation” in cui vengono pubblicate notizie relative ai copti in tutto il mondo. A fare da sfondo, la croce copta e una cartina geografica, scritta in copto, con la presenza dei copti nel mondo. 232

Nel quarto e quinto capitolo di vedrá come la linea estremista venga ribadita a proposito, rispettivamente, dell’episodio “confessionale” di Imb āba, verificatosi nel corso del primo anno della rivoluzione del 2011 e del dibattito sulla dawla madaniyya in cui rientra la questione dell’articolo 2 della costituzione egiziana, relativo al ruolo della shar ī’a .

227 Basti citare il libro-manifesto The Copts Since the Arab Invasion: Strangers in Their Land di Karas Shawki, fondatore dell’American Coptic Association e considerto “the Father of Coptic Movement in the Diaspora”, come si legge nella pagina web dell’United Copts of Great Britain, http://www.unitedcopts.org/index.php?option=com_content&task=view&id=243&Itemid=105 228 Beshai M., A vision to Coptic work in the Diaspora, in Copts United , 14 June 2013 http://www.copts-united.com/English/Details.php?I=877&A=10123 229 Cfr., Wendy Kristianasen, Question copte, question à l’Égypte , in Le Monde Diplomatique , maggio, 2011. 230 Al-Masri M., Dawla qibtiyya…um khalafa islamiyya , (Stato copto o califfato islamico), in al- Masy al-Youm , 14 maggio, 2011 231 Cfr., aqb āṭ al-mahgr yar ūğūna li- “’ilm qib ṭī”, in al-Wafd , 03/11/2011. 232 Si veda l’annesso X

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L’estremizzazione crescente dei discorsi è una dimostrazione dell’inefficenza della loro attività nella mobilitazione politica effettiva, da cui consegue la necessità di attirare maggiormente l’attenzione al livello internazionale. Tra le ragioni della loro inefficacia, vi è l’esiguo numero delle persone coinvolte, visto che tra i copti emigrés molto pochi sono coloro che si interessano alla politica 233 , ma ancor più la mancanza di coordinazione e collaborazione tra le diverse organizzazioni. Queste non costituiscono affatto un blocco monolitico sia da un punto di vista dei mezzi a disposizione e delle capacità d’azione, sia per l’attitudine da adottare in relazione alla “questione copta”. I rispettivi leaders sono spesso in contrasto e competizione tra loro, come ulteriore dimostrazione del carattere personale e individuale che sta dietro alla loro politica di difesa dei cristiani in Egitto, più che per un reale interesse nella condizione di quest’ultimi. Un ulteriore punto di frattura si è prensentato di fronte alla decisione di alcuni militanti, di stabilire un dialogo con il governo egiziano. Un compromesso che la maggior parte delle organizzazioni si rifiuta categoricamente di accettare, perchè visto come tradimento alla causa stessa 234.

A ciò si aggiunge lo scarto intergenerazionale secondo cui le vecchie generazioni attaccano le nuove per il loro carattere troppo flessibile e poco violento nel difendere la causa copta 235 . Si tratta, in effetti, di una corrente moderata che tende a eliminare e allontanare gli elementi minoritari estremisti e cerca di coinvolgere le nuove

233 Cfr. Khalil M., aqb āṭ al-mahgr. Dirasat mayd āniyya ḥawl hum ūm al-watan wa-muw ātanat , (I copti del mahgr. Studi civili sulle preoccupazioni della nazione e dei cittadini) , cit., p. 35. L’autore individua quattro fattori che spiegano tale disinteresse per l’attività politica tra i copti: la mancanza di educazione e esperienza in campo politico in Egitto, l’esercizio di professioni materiali e artigianali, la paura che la loro attività abbia delle ripercussioni sulle loro famiglie in Egitto o su loro stessi nel momento in cui rientrano nel paese; l’influenza della chiesa che non incoraggia affatto l’attività politica. 234 Il principale responsabile di simile discordia è stato uno dei più noti militanti copto, Michel Munir, figura molto discussa e ambigua, che ha accettato di recarsi in Egitto su invito di responsabili del governo per presentare le rivendicazioni dei copti emigrati. Gesto che gli è valsa l’esclusione dalle conferenze internazionali organizzate dalle altre associazioni copte e l’accusa di essere un agente dei servizi segreti e delle autorità egiziane. Cfr. Magued S., Les migrations coptes aux Etats-Unis. Du militantisme transnational à l’internationalisation de la question copte , cit., p. 75. 235 Mentre negli anni ’70 e ’80 la mobilitazione copta nell’emigrazione si concretizzava basicamente in manifestazioni di denuncia puntuali e di forte impatto mediatico, a partire dagli anni ’90 e nel 2000, il militantismo copto è passato ad un’azione politica più strutturata e informatizzata. Cfr. Magued S., Les migrations coptes aux Etats-Unis. Du militantisme transnational à l’internationalisation de la question copte, p. 86.

127 generazioni nella vita politica, per integrare all’attivismo politico anche la sfera sociale ed economica.

Il panorama frammentato lascia chiaramente trasparire il gioco di potere che spinge le varie personalità copte emigrate ad agire e la mancanza di un’effetiva politica che possa tradursi in azioni concrete da parte dei governi occidentali e nello specifico degli Stati Uniti. Da cui i frequenti inviti e iniziative da parte di varie personalità del mah ğr per unire gli sforzi in nome della “causa copta”. 236 L’unione dei “vari gruppi della diaspora” 237 separati e spesso in rivalità tra loro, era anche uno degli obiettivi principali del primo simposio organizzato a Zurigo da Adly Abadir, nonchè uno dei più grandi meriti riconosciuti all’attivista copto emigrato in Svizzera nel 1961 e deceduto nel dicembre del 2009. 238 Tuttavia l’influenza, se si vuole indiretta, della loro azione non resta priva di forti ripercussioni sia all’interno dell’Egitto, dove si è rotto il tabù esistente sui copti, sia a livello internazionale, dove si registra un interesse crescente in ambito mediatico, accademico, nonchè una coscienza maggiore e ben orientata, del grande pubblico sulla parola “copto” e cosa esso indichi. La situazione socio-politica dei copti in Egitto, si afferma così come oggetto di studio, affiancandosi e sostituendosi all’ambito artistico-linguistico.

1.3 La mobilitazione della Chiesa Copta per il controllo dei copti emigrati: una missione dalla duplice finalità.

La mobilitazione dell’apparato clericale nei confronti dei copti emigrati risale agli inizi stessi della presenza dei copti all’estero. Nel panorama competitivo

236 http://www.copts-united.com/English/Details.php?I=877&A=10123 237 Thomas M., Youssef A., (a cur di), Copts in Egypt : Christians minority under siege , Papers Presented at the First International Coptic Symposium, Zurich, September 23-25, 2004, p. 6. 238 Eng. Adly Abadir Youssef, in Copts United, 2/02/2012. http://www.copts-united.com/English/Details.php?I=1&A=4562

128 all’indomani del risveglio della chiesa di cui si è parlato nel primo capitolo, la capacità di mantenere buone relazioni pubbliche, quindi saper attirare finanziamenti privati, era una qualità fondamentale richiesta ai vescovi per potersi affermare. E l’occasione di ricevere finanziamenti dall’esterno era decisamente più vantaggiosa. A inizio degli anni ’90, la metà delle entrate annuali della diocesi di Minya provenivano da finanziamenti oltreoceano, così come quelle della diocesi di Shubr ā al-Khayma sotto il vescovo Marqus, che poté realizzare un teatro per i ragazzi, un laboratorio linguistico e un ospitale per un totola di 8 milioni di pounds egiziani (242,000 $) grazie al contributo di diverse istituzioni religiose straniere quali EZE, una fondazione legata alla Chiesa Evangelica tedesca, Miserio, una fondazione legata alla Chiesa Cattolica tedesca così come associazioni protestanti quali la ECHO in Olanda e la WCA in Gran Bretagna. 239 Da notare come, in assenza di una strutturazione stabile della chiesa copta ortodossa nei territori di emigrazione, i copti emigrati si rivolgevano alle altre confessioni cristiane locali. Fenomeno diffuso soprattutto in Germania, come sottolinea lo stesso Shenuda III, preoccupato della perdita dei suoi “figli.” 240 Ragion per cui con Cirillo VI, quando l’emigrazione iniziava a divenire un fenomeno visibile, si iniziano a costruire le prime chiese copte ortodosse nei vari paesi stranieri 241 . Inoltre, ad essere incaricato degli Affari esteri della Chiesa era il vescovo Samuel, particolarmente interessato ai finanziamenti provenienti dall’esterno verso cui era aperto anche culturalmente 242 . Massimo esponente della scuola di Ğīza 243 ,

239 Cfr. Hasan S.S., Christian versus Muslims un Modern Egypt. The Century Long Struggle for Coptic Equality, p. 143. 240 Cfr. Fawz ī M., al-Bābā al-Šen ūda...wa aqb āṭ al-mahgr (Papa Shenuda e i copti del mahgr) , D ār al-Našar H ātiyyah, Il Cairo, p. 15 241 Tra le prime chiese ad essere costruite vi sono quella di Toronto in Canada e Jersey City negli USA, enrtrambe costruite nel 1964. A seguire, sempre sotto Cirillo VI, vi è la chiesa di New York nel 1969 e nel Kuweit. Per quanto riguarda quest’ultima, la pagina web ufficiale della Kanisa qibtiyya fi-l Kuweit (la Chiesa copta in Kuweit) ricostruisce nei minimi dettagli tutte le fasi evolutive della presenza copta nel paese a partire dalle emigrazioni per motivi laborali e della sua strutturazione in quanto diocesi. Cfr. http://www.stmark-kw.org/index.asp?pid=17 242 Tale vicinanza al mondo occidentale-protestante è probabilmente dovuta al fatto che avesse frequentato l’Università Americana del Cairo, istituzione fondata appunto dai missionari protestanti. Hasan S.S., Christian versus Muslims un Modern Egypt. The Century Long Struggle for Coptic Equality , Oxford University Press, New York, 2003, p. 142 243 La scuola di Ğīza, anche definita degli “attivisti sociali”, era orientata verso la modernizzazione dei valori cristiani per adattarli ai tempi moderni piuttosto che un ritorno ai dogmi originali, a differenza

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Sa’ad Aziz, questo il suo nome prima di essere nominato vescovo, si distingue per il suo operato sociale e i suoi numerosi viaggi e contatti all’estero, che gli torneranno molto utili nella sfida con Shenuda, quando questi venne posto agli arresti e lui a capo della commissione 244 . Vicino alla Chiesa protestante, divenne membro della Commissione Centrale del Concilio Mondiale delle Chiese, membro costituente dell’associazione All African Conference of Churches, membro della Commissione Continua della Conferenza di Pace Cristiana e gerarca della Chiesa Ortodossa Russa, ottimo diplomatico e ben conosciuto nelle ambasciate straniere del Cairo. Fu grazie a lui se la Chiesa Copta Ortodossa uscì dal suo secolare isolamento a livello internazionale e se i finanziamenti occidentali iniziarono ad essere sfruttati per progetti sociali all’interno dell’Egitto. Mettendo da parte l’aspetto politico, concentrò tutti i suoi sforzi sulla promozione socio-economica. Paradossalmente, fu Shenuda, che la sorte elesse al suo posto attraverso la mano di un innocente, 245 ad ereditare il suo operato quando morì nell’attentato contro Sadat nel ’81. Si delinea già sin da qui la portata strategica del controllo dei copti emigrati, tanto da un punto di vista economico che del prestigio personale e istituzionale. Ed è proprio con Shenuda che si svilupperà una vera e propria politica di strutturazione dei copti emigrati e il numero delle chiese e diocesi crescerà in maniera esponenziale. Politica che, non a caso, coincide con quella del governo nei confronti degli egiziani emigrati, sistematizzatasi appunto a partire dagli anni ’70. Le molteplici ragioni che stanno alla base della politica shenudiana vanno infatti inquadrate nelle dinamiche politiche interne e in riferimento al rapporto del papa con il governo egiziano, di Sadat prima e Mubarak dopo.

della scuola di San Antonio a cui era affiliato N āzir J āyid, futuro Shenuda III. Cfr. Hasan S.S., Christian versus Muslims un Modern Egypt. The Century Long Struggle for Coptic Equality , p. 60. 244 Cfr., Watson J., Among the Copts , pp. 107-109. 245 Secondo il regolamento del ’57 tutt’ora in vigore e fortemente contestato dalle istanze laiche riformatrici, l’elezione del Patriarca avviene atraverso il sorteggio finale tra i tre nomi dei vescovi eletti da una commissione appositamente formata. Il sorteggio viene fatto da un bambino che si presuppone innocente. Cfr., Zāgr K., al-'alm āniyy ūna wa-l-kan īsa. Ṣar ā'āt wa ta ḥālaf āt, cit. pp. 64- 110. tra i tre vescovi finali eletti dal concilio dei vescovi, avviene attraverso il sorteggio

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In prima istanza, come si è detto, vi è il tornaconto economico: il denaro giunto dai paesi occidentali risultò indispensabile per sostenere l’ingente apparato ecclesiastico messo in piedi dal Patriarca, che fece delle diocesi all’estero dei veri e propri canali di immissione di denaro, riversato direttamente nelle casse della Chiesa, tanto che come egli stesso afferma, “le entrate crebbero in maniera meravigliosa” 246 . Secondariamente, ma non meno importante, l’estensione della sua politica accentratrice all’estero va vista in funzione della collaborazione con il regime di Mubarak. Resosi infatti conto del potenziale strumento rappresentato dai copti emigrati, con le loro associazioni e attivismo contro il governo, l’interesse nell’ottenere il monopolio sui copti emigrati e rinchiuderli nel marco comunitario della chiesa era duplice. Sottraendoli all’influenza e all’attività delle associazioni, riduceva i danni al regime di Mubarak e alla sua immagine da un lato, e continuava la sua guerra accentratrice nei confronti dei laici dall’altro. Preoccupandosi così di “proteggere” coloro che “appartengono all’Egitto e alla Chiesa egiziana 247 ”, evitando quanto avvenuto in Germania, dove l’assenza di chiese copte aveva portato i copti all’adozione di altre confessioni cristiane, furono notevoli gli sforzi affinché i copti emigrati non si “allontanassero” dalle loro origini verso i nuovi spazi e opportunità che le nuove società di accoglienza offrivavano loro. Numerosi viaggi per visitare almeno una volta l’anno tutte le diocesi sparse per il mondo 248 ; l’incontro con gli uomini di stato per trovare spazi per la costruzione di nuove chiese, compito tutt’altro che facile in cui ogni paese e che presenta in ogni paese con le sue leggi e condizioni particolari; accoglienza degli emigrati, spesso ricevuti all’aereoporto e provvisione di un alloggio; corsi inerenti alla religione e cultura copta e molteplici attività al fine di rendere la chiesa il punto di ritrovo; nomina di preti e vescovi esclusivamente egiziani e sotto la sua diretta. In tal modo Shenuda III ha trasformato la Chiesa Copta Ortodossa da istituzione eslcusivamente legata al territorio egiziano in una istituzione internazionale con un aumento di prestigio considerevole agli occhi del governo egiziano e del mondo cristiano.

246 Cfr. Egypt Today, Apr. 95 (113). 247 Cfr. Fawzi M., Bābā Shen ūda...wa aqb āṭ al-mahgr, cit., pp. 15-16. 248 Nella città di San Francisco, ogni anni si celebrano i giorni 27 e 28 ottobre, conosciuti come “i giorni di papa Shenuda III”, in onore della sua visita alla città nel 1979. Cfr. Magdi Khalil, p. 75.

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2. Al di là dell’identità, la frammentazione dei copti del mah ğr su più fronti.

2.1 Fattori geografici

Come la distribuzione geografica dei copti in Egitto costituiva uno dei fattori principali a dimostrazione della loro frammentazione e delle implicazioni geopolitiche della politica della chiesa, anche per quanto riguarda i copti del mah ğr il fattore geografico è quello più indicativo della differenziazione di quella che viene definita “diaspora copta”. Nella ricostruzione delle dinamiche storiche inerenti all’emigrazione egiziana, quindi copta, si è visto come il profilo degli emigranti sia profondamente cambiato: dai ricchi proprietari terrieri all’ homo economicus fino al clandestino sfruttato dal traffico illegale. Con esso si è spostato anche il baricentro dell’asse delle mete verso cui gli egiziani emigrano: dagli Stati Uniti, Canada e Australia all’ Europa. Consegue che il grosso dei copti che si trova in Europa appartiene ad uno status socio-economico inferiore rispetto ai copti oltreoceano, più benestanti ed influenti. Nella statistica fatta dall’Ibn Khaldun Center del Cairo, si dice che tra i copti negli Stati Uniti, circa 10000/15000 sono medici, dai 650 ai 750 professori, più vi sarebbero decine di migliaia di ingegneri, uomini di azione e ufficiali. 249 Nel prossimo capitolo si presenterà il caso locale dell’emigrazione copta in Francia. A ciò si aggiunge la specificità data dal paese in cui risiedono e dai valori ivi acquisiti. Lo studio e la comparazione di diversi contesti potrebbe costituire un ulteriore soggetto di ricerca.

249 Cfr. Ḫal īl M., ’ Aqb āṭ al-mahgr. Dirasat mayd āniyya ḥawl hum ūm al-wa ṭan wa-muw āṭanat, (I copti del mahgr. Studi civili sulle preoccupazioni della nazione e dei cittadini), cit., p. 34.

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2.2Fattore politico

La strutturazione dell’emigrazione nel caso dei copti mostra come questi si siano mossi su due assi paralleli, i laici e l’apparato ecclesiastico, ma costantemente relazionati tra loro tanto nei punti di interstezione che di divergenza. I due poli si sono sempre giocati il monopolio dell’emigrazione copta, attraverso un’azione più specificatamente politica gli uni e più moraleggiante e identitaria, ma sempre dai risvolti politici, l’altra.

La differenza principale nella percezione e considerazione reciproca tra i due attori sta nella condanna assoluta da parte della chiesa nei confronti dell’attività dei militanti, “singoli individui che possono esprimersi liberamente come vogliono” 250 e il riconoscimento di questi ultimi della Chiesa e del suo ruolo storico, ma da cui prendono le distanze a livello di posizioni e attività. Senza mai metterne in dubbio la sua funzione di massima guida spirituale nonchè delle sue profonde radici nella cultura egiziana di cui ne rappresenta una delle più antiche istituzioni, ciò che criticano e combattono è il ruolo politico che è andata via via assumendo. La dichiarazione di Michael Meunier in un’intervista rilasciata al Ahram Weekly a proposito dell’esclusione del clero alla conferenza organizzata a Washington nel 2005 sulla discriminazione dei copti, ben sintetizza tale posizione:

La Chiesa ha il suo posto nella società, e il Papa è ovviamente amato e rispettato da tutti noi, ma nell’arena politica sarebbe meglio che i copti avessero un leader politico che parli di ciò che li riguardi e basta. Non è bene che i copti continuino ad essere rappresentati dalla chiesa. Hanno bisogno di un leader politico che possa parlare per loro e difendere le loro cause. Questo il motivo per cui non vogliamo che la chiesa venga implicata, pur ricevendo diverse richieste da parte di preti e vescovi che

250 Al-Bann ā R., al- aqb āṭ fī ma ṣr wa-l-mahgr, (I copti in Egitto e del mahgr ), D ār al-Ma’ ārif, Il Cairo, p. 66.

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vorrebbero partecipare in maniera del tutto individuale. Diciamo di no perchè non vogliamo che la conferenza abbia affiliazioni religiose 251 .

Una corrispondenza ben marcata con uno dei primi comunicati emessi dai copti militanti statunitensi “Posizione delle organizzazioni copte” a proposito della loro relazione con la Chiesa:

Come abbiamo ribadito più di una volta, l’attività delle organizzazioni copte è completamente indipendente dagli uomini di religione e dalla sovranità della Chiesa. Si tratta di organizzazioni laiche, politiche, culturali copte che agiscono secondo le leggi del paese in cui vengono fondate. Non riceviamo alcuna istruzione su nessuna questione religiosa in Egitto o nell’emigrazione. Per quanto riguarda gli attori di queste organizzazioni, questi sono membri della Chiesa dell’emigrazione, che contribuiscono a fondare e istituire. Essi hanno tutto il diritto di potersi esprimere in maniera franca e libera. Nessuno di questi uomini religiosi ha il diritto di impedire l’attività di queste organizzazioni secondo le leggi della Chiesa o delle leggi che questa applica nei paesi di emigrazione, stabilite all’ombra di queste chiese e queste organizzazioni 252 .

2.3Fattore generazionale

In questa lotta di potere, uno stesso elemento destabilizzante accomuna i due attori. La sfida è rappresentata dalle nuove generazioni, molto spesso più vicine alla cultura di adozione che non a quella egiziana, e quindi lontana dai valori e dalle cause dei genitori. Le associazioni perdono i loro toni violenti e combattivi con la fine dei rispettivi fondatori per assumerne dei nuovi più diplomatici, con le nuove

251 Cfr. Intervista a Michael Mounier da parte di Salonaz Sami, in Al-Ahram Weekly, 22-28 dicembre, 2005, www.weekly.ahram.org. 252 Cfr. Ma ğalla aqb āṭ, luglio 1986, p. 14.

134 generazioni più moderate che sempre più spesso si allontanano dalla causa propriamente copta per unirsi ad associazioni a carattere nazionale in cui vengono difesi diritti cittadini per gli egiziani, a fianco dei loro connazionali musulmani; mentre le chiese si riempono sempre più di persone che usano il francese come lingua di comunicazione. Non a caso una delle preoccupazioni basiche di Shenuda era quella di far tradurre materiale religioso nelle varie lingue e far celebrare le funzioni nella lingua di adozione o dissuadere la pratica del matrimonio misto inculcando nei bambini la consapevolezza di essere differenti dal resto degli abitanti 253 . Nella stessa ottica di “recuperare” e non far fuggire i giovani, il vescovo della gioventù Anba Musa organizzava negli Stati Uniti o in Australia incontri annuali di una settimana per riunire tutti i giovani, ascoltare i loro problemi personali e cercare di trovare una spiegazione e soluzione, “restando con loro a conversare anche fino all’alba” 254 . Una pratica, questa degli incontri, ripresa anche a livello europeo su iniziativa di padre Guirguis a partire dal 2002 che si rifà direttamente agli incontri mondili della gioventù voluti da Giovanni Paolo II.

Tuttavia, le nuove generazioni vivono un inevitabile allontanamento dal centro d’origine, che si tratti della chiesa o del militantismo, con delle ovvie ripercussioni sul carattere omogeneo della “comunità”, attraversata sempre più da correnti contrastanti e differenti volte ad accaparrarsi fette importanti del controllo delle menti e risorse degli egiziani copti. Ed è proprio nella profonda divisione tra i copti emigrati che si può trovare la causa della loro efficacia limitata e l’assenza di una struttura più ampia e consolidata.

Ciò che ne risulta è la prova della frammentazione della “comunità copta” all’estero e quanto questa rifletta le dinamiche interne, che influenza a sua volta, come una sorta di boomerang che al momento di tornare indietro amplifica la forza del suo percorso.

253 Cfr. al-Bann ā R., al-aqb āṭ fī Ma ṣr wa-l- mahgr (I copti in Egitto e del mahgr ), cit., p. 173 254 Cfr. Fawz ī M., al-Bābā Šen ūda... wa aqb āṭ al-mahgr, cit., p. 56.

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3. La duplice inappropriatezza del termine diaspora per il caso copto.

Elizabeth Iskander nel suo libro Sectarian Conflict in Egypt sottolinea che si è utilizzato l’espressione Coptic diaspora e non “Egyptian one”, aggiungendo che “il termine aqb āṭ al-mah ğr, migrant copts, è il termine familiare nei media e la maniera con cui i copti della diaspora stessi si definiscono in arabo” 255 . Il che significherebbe, secondo l’autrice, che i copti percepiscano che la loro “diaspora community” è definita dalla loro copticness 256 . Questo breve paragrafo racchiude due riflessioni preliminari fondamentali per capire questa specificità della componente copta all’interno dell’emigrazione egiziana e vedere quanto abbia in realtà poco di peculiare e sia piuttosto il riflesso diretto della politica interna egiziana. La prima è legata alla differenza linguistica dell’espressione utilizzata in arabo per indicare la stessa realtà, i copti installati fuori dall’Egitto e la loro attività. La seconda al consueto parallelismo, mai sottolineato, con le dinamiche egiziane generali relative alla militanza al di fuori dei confini nazionali.

3.1 Coptic Diaspora // Diaspora Copte = ’ Aqb āṭ al-mah ğr

L’espressione araba con cui vengono designati i copti che vivono fuori dall’Egitto è aqb āṭ al-mah ğr che letteralmente significa “i copti del luogo di emigrazione”. La parola mah ğr viene dalla radice h ğ r (emigrare, espatriare) ed è infatti la stessa con cui si compone la parola al-hi ğra (ègira), l’emigrazione del profeta Muhammad dalla

255 Iskander E., Sectarian Conflict in Egypt. Coptis media, identity and representation , Routledge, Londra, 2012, p. 63. 256 Ibid.

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Mecca a Medina. Ben distinto dal termine šatt āt dalla radice š t t (essere disperso, sparpagliato, sciolto, digregato, essere diviso separato, staccato), termine con cui si traduce la parola greca διασπορά (dispersione, diaspora) e con cui si indica comunemente ed esclusivamente la diaspora ebraica (šatt āt al-yahudiyya )257 . Le parole di Shenuda III al proposito sigillano questa differenziazione:

“L’espressione šatt āt (diyasb ūra) è un espressione molto utilizzata tra le chiese che si trovano nel mah ğr, ma noi non li chiamiamo assolutamente così, quanto copti nei paesi dell’emigrazione ( ʻaqb āṭ fī bal ād al-mah ğr) ... Diyasbura non è un termine appropriato perchè non pacifico...avrei voluto che i copti che vivessero all’estero avessero amato e fossero stati fieri della loro chiesa e non che ne parlassero in questi termini; ma la verità è un’altra...” 258

Tale posizione ufficiale del papa è in realtà estesa a tutti i settori egiziani, istituzionali e non. Di fatto, la parola šatt āt non viene mai usata per descrivere il fenomeno copto o egiziano, eccetto il caso in cui ci si riferisca all’emigrazione degli egiziani ebrei ( šatt āt al-masriy ūna al-yahudin ). La ragione di simile divergenza nell’uso dei termini all’esterno, sia nelle lingue non arabe che dagli stessi egiziani in contesti esterni all’Egitto, è dovuta a questioni ideologiche sottese al concetto di

257 Sebbene sia comprovato che il termine utilizzato in arabo sia shattat, tra tutti i dizionari consultati (Hippocrene Standard Dictionary 1995 ar. – ing./ing. – ar.; Larousse 1999, 2008 ar.- fr. /fr. – ar.; Al- Manhal 2005 fr.-ar; Dictionnaire Abdel-Nour al-Mufassal 2004 ar. – fr. Neauveau Dictionaire Milelli 2008 fr. – ar./ar. – fr.;) non si fa alcun riferimento al termine diaspora, e ancor meno a quella ebraica; fanno eccezione: il dizionario Al-Mawrid 2006, in cui dall’inglese all’arabo si trova la traduzione di diaspora con diyasb ūra e di cui si da questa definizione: al-yah ūd al-muštat ūna f ī ’ar ğā’ al-ʻālim ba ʻd al-`asr al-bābilus (gli ebrei dispersi nel mondo dopo la distruzione di Babilonia). E i due dizionari on line wordreference che traduce šatt āt con roundup, diaspora ( living outside homeland), diaspora (migrant people) ; al-Maany che traduce solo nella versione inglese la parola šatt āt con la parola diaspora e the dispersion of the Jews among the Gentiles after the period of exile (538 BC); people from every country now live in Israel , mentre traduce la parola al francese con dispersion, separation senza alcun riferimento agli ebrei, così come non vi è il riferimento nella spiegazione della parola in arabo. 258 La domanda che gli era stata posta dall’autore del libro era: “Che ne pensi del fatto che gruppi di copti nella terra d'emigrazione affermano che i copti d'Egitto siano in uno stato di diaspora utilizzando continuamente questa espressione nelle loro pubblicazioni come per il caso degli armeni?” Cfr. Al- Bann ā R., al- aqb āṭ fī ma ṣr wa-l-mah ğr (I copti in Egitto e nelle terre d’emigrazione), cit. p. 65-66

137 diaspora e alla diversa evoluzione dell’utilizzo della parola in ambito anglofono e francofono rispetto a quello arabofono.

Dopo più di duemila anni di storia in cui il termine greco diaspora è stato confinato al solo ambito religioso giudeo e cristiano, nel suo uso contemporaneo “occidentale”, il vocabolo si impone in ambito giornalistico, accademico, pubblico-governamentale, delle organizzazioni internazionali, nonchè nel linguaggio corrente degli immigrati. 259 . La parola diaspora viene praticamente applicata per designare qualsiasi popolazione dispersa fuori dai confini nazionali, per ragioni coercitive o in maniera volontaria, e che continua a mantenere legami comunitari in relazione a una terra d’origine; tanto che « diviene difficile trovare oggigiorno una nazione che non abbia una diaspora, ovvero che non abbia una parte spesso considerevole della sua popolazione, dispersa fuori dalle frontiere dello Stato nazionale”, per dirla con le parole di Jean Gottman 260 . Delle entità minoritarie nella società di accoglienza che si strutturano intorno a legami comunitari ben solidi. Da parola vicina al concetto di hapax sarebbe diventata una sorta di passe partout per indicare una specifica realtà migratoria, estremamente diffusa in un mondo globalizzato come quello attuale in cui le distanze spazio-temporali sono considerevolmente ridotte rispetto al passato. Ha finito così per designare così tanti casi distinti da perdere il suo reale valore indicando “tutto e il suo contrario 261 ” allo stesso tempo. Un termine labile, vago usato più per comodità e praticità in occasione di seminari e opere collettive col fine di comparare esperienze e fenomeni storici piuttosto che per una reale attinenza allo specifico caso in questione. Le sole speculazioni teoriche a cui ha dato adito, senza essere giunti a una definizione unanime del termine, dimostra questa inconsistenza della parola nel suo utilizzo attuale con tutte le contraddizioni e difficoltà ad essa connessa. Senza considerare che la referenza ebraica, in maniera più o meno esplicita e diretta, resta ben radicata. Come dimostra, ad esempio, la necessità di dover spesso distinguere tra la “Diaspora” e le “diaspore”, indicando con una maiuscola o

259 Dufoix S., La dispersion : une histoire des usages du mot diaspora , Éditions Amsterdam, Parigi, 2011, p.385. 260 Gottmann J., La Généralisation des diasporas et ses conséquences, in Prévélakis (Georges), (dir.), Les reseaux des diasporas , Kykem, Chypre, 1996, p. 22 261 Cfr. Berthomière W. et Chivallon C., Les diasporas dans le monde contemporain, Khartala- Msha, Parigi, 2006, p. 17.

138 comunque al singolare quella ebraica e al plurale tutte le altre. Molte delle definizioni, inoltre, sottolineano sia il carattere comunitario dell’entità affinchè possa essere considerata diaspora e altri ancora il carattere militante nel difendere una causa in nome della loro patria, che creerebbe una triplice e complessa relazione tra stato d’accoglienza, entità e stato di origine 262 .

Simile contesto spiega la ragione per cui i copti immigrati si definiscono come “copti della diaspora” o “diaspora copta”. Una dimostrazione di quanto siano impregnati e immersi nella cultura e nel contesto di adozione pur non negando e rivitalizzando la loro origine egiziana, piuttosto che del valore ideologico che attribuiscono al termine in conseguenza della loro attività. Anche se resta innegabile il carattere comunitario che il termine denota. Le contraddizioni emerse durante il dialogo con il segretario e il vescovo sono molto significative a tal proposito, così come indicano quanto il riferimento nell’immaginario collettivo all’esperienza ebraica sia ben radicato pur se negato.

Nel presentare l’emigrazione dei copti dall’Egitto, Hani Barsum, segretario della Chiesa Copta Ortodossa di Francia, ha ribadito più e più volte il carattere egiziano del fenomeno migratorio, scandendo le varie fasi con relative motivazioni nazionali. Non è pertanto contraddittorio parlare di “diaspora copta”, per indicare “i fedeli copti che non sono nati in Francia e che hanno lasciato l’Egitto per delle ragioni o delle altre”? Soprattutto se tale definizione è preceduta dall’esclamazione “si, suona ad

262 Lo status della “homeland” , e quindi il tipo di relazione che si instaura con la rispettiva diaspora, è uno dei criteri di categorizzazione delle diaspore secondo Sheffer, considerato uno dei punti di riferimento all’ora di analizzare il fenomeno diasporico nell’accezione contemporanea. L’altro criterio che individua è “l’età”, secondo cui si trovano, “historical, modern and incipient diasporas”. Secondo la sua classificazione la diaspora egiziana si troverebbe nella fase iniziale con un milione di inidvidui sparsi tra ‘Ir āq, Arabia Saudita, Libia, USA, Canasa, paesi del Golfo e Europa Cfr. Sheffer G., Diaspora Politics. At home abroad, Cambridge University Press, Cambridge, 2003, p. 73-77 e 106. Secondo la sua definizione, che costituisce un punto di riferimento per gli altri studi sul fenomeno della diaspora, il carattere militante a livello politico è fondamentale affinchè un gruppo disperso costituisca una diaspora: ethno-national diasporism and diasporas do not constitute a recent, modern phenomenon. Rather, this is a perennial phenommenon. Essential aspects of this phenomenon are endless cultural, sociale economic, and especually political struggles of those dispersed ethinc groups, permanently residing in host countries away from their homelands, to maintain their distinctive identities and connections with their homlands and other dispersed groups from the same nations. Ibid., p. 7. Sentendosi in dovere di specificare la necessità dell’attributo “ethno-national” davanti al suo utilizzo della parola diaspora per indicare che si riferisce a un particolare e ristretta categoria di “social and political formations”. Cfr. Ibid., p. 10.

139 ebreo”. Quindi una duplice contraddizione sia in relazione alla differenziazione dei copti egiziani fuori dall’Egitto e i musulmani pur ribadendo il carattere egiziano del fenomeno migratorio, sia in relazione all’accezione ebraica del termine, che pur volendo negare risulta essere sempre presente e in maniera meno casuale di quanto si voglia far credere. Ancora più contradditoria la reazione nel secondo incontro quando ad essere presente era anche il vescovo Mgt Athanasios. Questi come prima e immediata risposta a proposito della terminologia “diaspora copta” ha ribadito la preferenza a parlare di immigrazione piuttosto che di diaspora, per la sua connotazione ebraica. Avendo ulteriormente chiesto per quale ragione si fosse così tanto diffuso il suo utilizzo per il caso copto, il segretario si intromette, con un tono piuttosto contrariato, affermando che con “diaspora copta” ci si riferisce alla comunità di copti che vive fuori dall’Egitto, senza altre connotazioni o sfumature di significato o la valenza negativa dell’esilio forzato. E lo stupore viene dal fatto che tale termine biblico sia stato applicato sempre al caso ebraico mentre ora lo si è iniziato ad usare anche per quello cristiano. Fa eco il vescovo dicendo che la “diaspora copta” non sono altro che i copti che vivono fuori dall’Egitto e specificando celermente che la scelta di immigrazione e il rifiuto di diaspora era più una questione di precisazione da parte di Shenuda III, a mo’ di giustificazione per il suo cambio di opinione. E in effetti, la sua vicinanza a Shenuda ben spiega la prima risposta su stampo della versione “ufficiale” emanata dal defunto Patriarca.263

La reticenza e il rifiuto dell’utilizzo della parola šatt āt in ambito egiziano, dimostra a sua volta, la mancanza di questa evoluzione semiotica/filologica nel contesto linguistico arabo e l’attribuzione quindi al termine di una valenza “giudaica” e “negativa”. La sua connotazione resta, pertanto, strettamente ancorata al caso ebraico, con cui in quanto arabi non si ha alcuna intenzione di compararsi. Esattamente come la controversia tra la religione cristiana e ebraica nella loro reciproca invenzione iniziale 264 . Il termine diaspora, infatti, non esisteva nella lingua

263 Incontri avvenuti il 15 febbraio e il 2 marzo 2013 a Parigi. 264 Cfr. Dufoix S., La dispersion, une histoire des usages du mot diaspora , cit., pp. 81-83.

140 greca prima della traduzione dall’ebraico al greco della Settanta 265 e ne venne confinato l’uso da parte del cristianesimo occidentale ai soli ebrei per meglio marcare la differenza tra cristiani e ebrei, mentre quest’ultimi adottarono una nuova traduzione al greco in cui scompare il termine diaspora. Parallelamente nel mondo arabofono inizia ad essere utilizzato nella sua accezione specifica a partire dagli anni ’50 266 , ovvero a seguito della creazione dello stato di Israele. Momento in cui, per ironia della storia inizia una nuova diaspora dovuta agli stessi esiliati, quella palestinese, che viene definita in arabo prevalentemente con il termine lāg’ īn (rifugiati).

3.2 L’ostilitá interna all’attivismo copto del mah ğr.

L’altra reticenza all’uso della parola diaspora šatt āt è dovuta all’ostilità e contrasto dimostrato in maniera unanime all’interno dell’Egitto nei confronti delle attività dei militanti copti e del riconoscimento di questo in quanto diaspora. Questa di fatto è fonte di grande dibattito all’interno dell’Egitto. E probabilmente l’atteggiamento nei loro confronti è una delle poche questioni che riesce a mettere d’accordo tutti i fronti, dallo Stato alla Chiesa, dai laici liberali ai religiosi più radicali. Atteggiamento che si può sintetizzare come un rifiuto tout court della loro attività, responsabile dell’intrusione di potenze straniere negli affari interni del paese. Il governo egiziano, come si è visto nel primo capitolo, ha tutto l’interesse nel limitare l’impatto del loro messaggio di persecuzione sistematica di cui sarebbero vittima i copti, al fine di dipingere e diffondere un’immagine armoniosa del paese, in

265 In greco si utilizzavano tre termini distinti per indicare la dispersione degli ebrei, secondo l’aspetto che si volesse specificare: αἰχμαλωσία (aikhmalôsía ) per l’esilio babilonese, διασπορά (diaspora ) per l’eventuale castigo divino che spetta agli ebrei che non rispettano la Legge, αποικία (apoikía ) per una presenza giudea non forzata all’estero. Cfr. Dufoix S., La dispersion, une histoire des usages du mot diaspora , cit., pp. 70-71. 266 Interessante notare, ad esempio, che nel Corano la radice shatat viene usata in totale 5 volte, 3 nella sua variante ashtata e due nella variante shatta. Cfr.

141 cui musulmani e cristiani vivono pacificamente l’uno accanto all’altro, senza alcuna sorta di conflitto. Sin dalla prime dimostrazioni negli anni ’70, il governo egiziano cerca così di combattere tale attivismo, rifiutandosi a lungo categoricamente di aprire con i militanti copti un dialogo, in modo tale da non legittimare nè loro nè la loro attività. E denigrando questa attraverso un intensiva campagna mediatica volta a distorcere la reputazione dei copti emigrati, accusati di tradimento, fanaticism e alla ricerca di "empowerment through foreign support" . 267 Una maniera per intimidarli e colpirli con una doppia tecnica di “ mollification” e “ infiltration ”. 268 Dall’altro lato, come si è visto, mette in atto un rafforzamento della retorica dell’unità nazionale. È in quest’ottica che, nel 1998, il presidente Mubarak invita una delegazione del Consiglio delle Chiese di New York 269 dopo che questa si era posta il problema delle relazione tra cristiani e musulmani in Egitto per vedere se vi erano effettivamente le persecuzioni e discriminazioni dei cristiani di cui parlava l’American Coptic Union di Jersey City 270 . Il breve viaggio, passato tra incontri con autorità religiose e politiche e classiche visite turistiche, diede come risultato che il governo egiziano non permette alcun atto di discriminazione contro i cristiani in Egitto e attua con “un genuino desiderio” col fine di creare una società “sicura e giusta” in cui “musulmani e cristiani possano vivere uno affianco all’altro in tranquillità”, eliminando le discriminazioni laddove queste esistano. Un ruolo attivo, quindi, contro l’azione

267 Abdelmasih M., Egyptian Government Attempts to Silence Coptic Diaspora, in Assyrian International News Agency, 2-17-2010. http://www.aina.org/news/20100217122155.htm 268 Cfr. Khalil M., The Dialogue between the Copts and the Egyptian Government , in Unpopular Arab Thoughts that All Arabs Have Though , The Latest News in Religious Persecution all Over the World, but Especially the Middle East and Egypt , cit. 269 Il consiglio, fondato nel 1815, rappresenta oltre 200 chiese di diverse confessioni e organizzazioni della città di New York. Nella delegazione che si recò 5 giorni in Egitto nel marzo del 1998, vi era: Mrs. Patricia R. Butts, prima dama della Chiesa Battista; Mardiros Chevian, prete della Chiesa Ortodossa Armena, il Reverendo Charlesworth Edwards della Chiesa Unita Morava, il Reverendo luterano Michele P. Ellison; Mr. Morris Gurley, Capo della Chiesa Unita Metodista di San Paul e San Andrew, il reverendo Carolyn Holloway della Chiesa Riformata DeWitt Reformed; Michael S. Kendall, Arcidiacono della Diocesi Episcopale di New York; il Reverendo N. J. L’Heureux, Direttore esecutivo della Queens Federation of Churches, e segretario del Concilio. Cfr. The Council of Churches of the City of New York, Report on the Persecution of Christians by the Council of Churches of the City of New York after its Visit to Egypt , Religious News Service from the Arab World, Marzo 1998. On line 270 Per maggior informazioni sull’associazione di veda l’allegato numero ?

142 degli “estremisti fondamentalisti” che periodicamente compiono atti terroristi contro i cristiani 271 .

Dal canto suo il papa, come si è visto, ha molteplici ragioni per denunciare l’attivismo dei copti militanti all’estero e si schiera con lo shay ḵ di al-Azhar nel ribadire che i problemi interni all’Egitto, qualsiasi essi siano, vadano risolti all’interno dei confini nazionali, senza intromissioni esterne. Nel 2010, ad esempio, lo shay ḵ el-Tayyeb chiede a Shenuda III di denunciare ufficialmente il rapporto annuale sulla libertà religiosa internazionale emanato dal Dipartimento di Stato statunitense. In tale rapporto, “parte del supporto statunitense alla libertà religiosa e tolleranza nel mondo”, viene denunciato il governo egiziano per l’incapacità di proteggere effettivamente i cristiani, vittime di discriminazioni e persecuzioni continue 272 . Il Ministro degli Esteri egiziano fa loro eco affermando che Washington non ha il diritto di valutare la libertà religiosa nel paese 273 . Posizione speculare quella di giornalisti e intellettuali tanto musulmani che copti, contrari a qualsiasi forma di intrusione tanto diretta che indiretta. Per quanto riguarda i copti laici egiziani, sebbene condividano la maggioranza delle rivendicazioni dei copti emigrati 274 , ne condannano i toni estremizzanti e non veritieri attraverso cui richiamano l’attenzione internazionale. Questi si trovano, pertanto, da una parte in linea con la posizione dell’autorità (l’ex-governo di Mubarak) e della Chiesa (dell’ex papa Shenuda), nell’opporsi all’attività dei copti espatriati, dall’altra in linea con questi ultimi nelle rivendicazioni e soprattutto nell’opposizione alla politica shenudiana. Essi inoltre, ritengono che l’attività dei militanti all’estero, pur essendo in difesa dei copti, abbia in realtà degli effetti negativi dal momento che i loro toni

271 Continua il reportage: “We commend the and his government for all steps taken to build a more equitable society. There is good evidence that this is already happening. The change in church building permit laws, the swift response given when there are acts of violence in the provinces and the provision of security in areas where terrorists are likely to operate are all good actions. Cfr. The Council of Churches of the City of New York, Report on the Persecution of Christians by the Council of Churches of the City of New York after its Visit to Egypt, cit. 272 Cfr. International Religious Freedom Report, Egypt, Novembre 2010, http://www.state.gov/g/drl/rls/irf/2010/148817.htm 273 Ibid ., 274 Eliminazione del Khatta Humauni, soppressione dell’articolo 2 della Costituzione, ruolo politico del papa, affermazione della piena cittadinanza per i copti e per gli egiziani in generale senza discriminazione di razza, etnia o religione.

143 screditano gli stessi copti e attirano su di loro l’ostilità del resto della popolazione egiziana musulmana. Quando nel giugno del 1997 venne emanata la legge sulla protezione delle minoranze religiose, tre personalità copte pubbliche, Yusuf Sidhom, Mun īr Fa ḵri Abd al-Nūr e Mur ād Ma ḥab, si recarono in America per incontrare i membri del Congresso e chiedere loro che non si intromettessero negli affari interni all’Egitto e si appellarono alle organizzazione militanti copte affinchè smettessero la loro campagna. Stessa reazione quando il Congresso americano mise nel decreto del 1998 l’Egitto tra i paesi da multare per le discriminazioni contro la propria minoranza cristiana, alcune figure chiave copte si espressero contro l’attività di coloro che “cercando di incitare gli stranieri ad interferire negli affari interni d’Egitto colpiscono, in realtà, in pieno i copti”, secondo le parole di Edward Ghali Eldahabi, un membro copto del Ma ğlīs as-ša’ab (Assemblea del Popolo) 275 . E gli fa eco Mounir Abdelnour, presidente della compagnia Vitrac, ribadendo che pur riconoscendo che vi siano effettivi problemi, non vengono “uccisi nelle strade dai musulmani” e che si tratta di questioni che possono essere risolte all’interno del quadro nazionale 276 ; mentre l’attivista per i diritti umani Marylin Tadros osserva che il repubblicano Frank Wolf in visita al Cairo sembra essere pieno di “false informazioni sulla situazione in Egitto” tanto da non essere in grado di vedere la “vera immagine con i suoi propri occhi”, riferendosi evidentemente alle informazioni diffuse negli Stati Uniti dai militanti copti a cui il congressista americano è particolarmente vicino 277 . Al momento del suo ritiro dalla carica trentennale nel Congresso americano, l’associazione Coptic Solidarity gli conferisce ufficialmente gli onori per la sua his tireless dedication to human rights promotion and all he has done to support and encourage the Coptic community.” 278 Tra le altre cose, Frank Wolf introdusse la legge HR 301 secondo cui il Dipartimento di Stato viene fornito di un inviato speciale in difesa delle minoranze in Oriente Medio e nel Sud-Est asiatico.

275 Youssef M. Ibrahim, U.S. Bill has Egypt’s Copts Squirming , The New York Times, 12 April 1998. 276 Ibid. 277 È il congressista americano che più di tutti si è schierato in difesa della causa copta. 278 http://www.prnewswire.com/news-releases/coptic-solidarity-honors-representative-frank-wolfs- legacy-of-support-for-coptic-community-236535651.html

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Una “tassazione disastrosa”, segue Tadros, che “mette a repentaglio il nostro lavoro nei confronti dei problemi dei copti qui” 279 . Le accuse arrivano fino a ritenerli complici e strumento delle lobby sioniste americane che li usano per dei loro obiettivi precisi 280 .

Un elemento altamente indesiderato quindi all’interno del paese, che il noto analista Saad ed-Din Ibrahim, ritiene essere divenuto uno strumento stesso degli islamisti estremisti che attaccano astutamente i copti in Egitto ben sapendo la diffusione e estremizzazione che ne fanno i militanti all’estero di simili epidosi “confessionali” e danneggiare così il governo, senza averne la responsabilità diretta 281 .

3.3 La militanza degli egiziani fuori dall’Egitto e l’opposizione del governo egiziano: elemento non esclusivo dei copti.

Ulteriore motivo di inappropriatezza è dato dal fatto che la militanza e l’attività di opposizione condotta dai paesi di emigrazione non è prerogativa esclusiva dei copti. Gli egiziani dell’alta borghesia che lasciarono il paese per aver perso i loro privilegi,

279 L’attivista copto non specifica quali siano tali problemi. Anche la Chiesa, nel rifiutare il termine persecuzione, parla di “some problems” senza specificare quali questi siano. Cfr., Omayma Abdel- Latif, Copts slam Wolf’s “Crusade” , Al-Ahram Weekly, 30 July -5 August 1998. 280 Così si legge in un articolo del giornalista Usama Salamah in risposta alla manifestazione organizzata di fronte al consolato egiziano di New York da un centinaio di copti e ebrei che gridavano che in Egitto vengono uccisi 16 copti al minuto. Dopo aver dimostrato l’impossibilità di una simile statistica, l’autore ribadisce l’intenzione di danneggiare l’immagine del paese da parte dei copti americani in collaborazione con i sionisti con lo scopo, di quest’ ultimi, di colpire l’Egitto e gli aiuti che riceve dagli Stati Uniti. Cfr.Usama Salama, The highlight of 1997; Copts and the cutting of aid, Rose al Yusuf, 28/07/1997, http://www.arabwestreport.info/year-1997/week-30/7-highlight-1997- copts-and-cutting-aid 281 Ḫal īl M., aqb āṭ al-mahgr. Dirasat mayd āniyya ḥawl hum ūm al-watan wa-muw ātanat , (I copti del mahgr. Studi civili sulle preoccupazioni della nazione e dei cittadini) , cit., p. 16

145 economici e politici 282 , a seguito delle nazionalizzazioni effettuate da Nasser, si organizzarono in associazioni per attaccare il governo egiziano. Tali organizzazioni si prefiggevano e prefiggono lo scopo di promuovere la cultura egiziana e la solidarietà tra egiziani americani e la loro madrepatria. Una delle più rappresentative è la Alliance for the Egyptian American (AEA), volta a “rafforzare la comunità egiziana in America”, e a promuovere “la vera democrazia, l’uguaglianza, la giustizia sociale, la comprensione inter-culturale, la tolleranza e lo sviluppo sostenibile in Egitto” 283 . Per raggiungere simili obiettivi la AEA ricorre al contatto con il Congresso americano, i mass media, nazionali e internazionali, le organizzazioni non governamentali più rilevanti, le agenzie americane federali e alla diffusione di notizie relative all’Egitto, agli egiziani americani e alle relazioni tra gli USA e gli egiziani, attraverso forum pubblici, papers, discorsi nei think tank, nelle scuole, nelle università e nei centri di ricerca 284 . Il loro interesse per la madrepatria è risultato particolarmente evidente nel contesto post-Mubarak, dove aspirano a rivestire un ruolo significativo in un contesto in cui molto è messo in discussione e da ricostruire 285 . E che, in fin dei conti, rappresenta una rivalsa dopo lunghi anni di opposizione. Ne sono una prova la campagna “Right2vote” condotta a livello globale dagli egiziani all’estero che chiedevano di poter votare nelle elezioni presidenziali e a cui fece eco una mobilitazione interna che ne difendeva il diritto di voto vista la loro identità egiziana e il loro contributo sostanzioso nell’economia nazionale 286 . O la petizione di Essam Abdel Samad, presidente dell’ Egyptian Union in Europe, al Concilio Nazionale per i Diritti dell’Uomo, durante un incontro svoltosi al Cairo il 13 marzo 2013 affinchè gli egiziani con doppia nazionalità potessero presentarsi come candidati nelle elezioni parlamentari 287 .

282 Nell’epoca pre-Nasseriana vi era una sorta di sincronizzazione o compatibilità tra gli aspetti economici, sociali e politici. Cfr. Beshai A.A., La posizione e il ruolo attuale dei copti nell’economia egiziana , in Pacini A., Comunità cristiane nell’islam arabo. La sfida del futuro , cit., pp. 207-216. 283 www.aeamisr.org/ 284 http://aeamisr.org/bylaws/ 285 Egyptian Diasporas dreams of returns filled with hopes and fears ”, The National, 06/02/2011; Kevin Douglas Grant, Egyptian American alliance to advise US leaders on new Egypt: new group wants to help America help Egypt , Global Post, 25/01/2012. 286 Cfr. Carr S., Egyptians abroad protest for their right to vote, in al-Masry al-Youm, 09/10/2011. 287 Taha Mahmoud, Egyptians abroad ask NCHR to support dual citizens as MP candidates, in al- Masry al-Youm, 13/03/2013.

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Il governo egiziano ha sempre cercato di bloccare l’attivismo degli egiziani all’estero, in quanto opposizione, non solo nel senso stretto del termine, ma di opposizione legata ad attori internazionali particolarmente delicati per la politica interna egiziana, quali gli Stati Uniti. Minacce di restrizioni della cittadinanza, dei visti per le visite, e di ripercussioni dirette sui familiari degli emigrati e carta della fedeltà nazionale e del nemico esterno 288 . La creazione della “The National Union of Egyptian Abroad” da parte dell’ex-presidente Mubarak, rientra in quest’ottica di controllo e monopolio dell’attività degli egiziani emigrati. Una politica a cui corrisponde un’esplicita e contraddittoria richiesta di collaborazione finanziaria. Ambigutà che la giunta militare ha continuato ad avere nella fase di transizione quando ha tentato di impedire la partecipazione degli emigrati nelle elezioni inerne 289 , pur chiedendo agli stessi di contribuire finanziariamente alla ricostruzione del paese. 290 Ed ha continuato ad utilizzare la carta del complotto esterno, come ha ben dimostrato lo scandalo delle ONG esploso nel luglio del 2011 e che ha creato una delle crisi diplomatiche più gravi degli ultimi anni tra l’Egitto e gli Stati Uniti. Tra le 43 persone arrestate e poste sotto processo con l’accusa di aver ricevuto finanziazioni illecite per promuovere manifestazioni contro il governo e disordini all’interno del paese, vi erano 17 stranieri tra cui 10 americani. 291 Stesso vale per il governo di Morsi, secondo l’accusa rivoltagli da diversi fronti, interni e internazionali, sul progetto di legge elaborata dal Ministro degli Affari Sociali, il 14 febbraio 2013 e passata al Consiglio Shura per la sua approvazione, secondo cui le organizzazioni non possono in alcuna maniera ricevere denaro da fuori e “ciò include anche i fondi

288 Cohen S., Multicultural Foreign Policy , Foreign Policy, V.100 Fall 1995, p.825. 289 Cfr., “al-Maglis al-’askar ī” yanf ī mana’a al-ma ṣrīn f ī-l-kh ārig min al-ta ṣwīt f ī-l-intikh ābāt, al- Masry al-Youm, 13/05/2011 290 MENA, Foreign Ministry calls on Egyptian abroad to Contribute to National Economy , al-Masry al-Youm, 23/03/2011. 291 Il caso ha occupato per vari giorni le testate di tutti i quotidiani egiziani e della stampa internazionale. Riportiamo qui un campione di articoli apparsi sul caso: Cfr. Abd’al-Rahman H., Foreign funding of Egyptian Rights Groups causes stir in political discours, al-Masry al-Youm , 22/07/2011; Shalaby A., Prosecution starts investigating foreign funding of civil society organization, al-Masry al-Youm, 08/08/2011; Trial of NGO workers set to resume in Egypt, CNN, 05/06/2012.

147 provenienti dagli egiziani che vivono all’esterno”, 292 e si ritrovano con dei “limiti proibitivi” 293 nella registrazione della loro attività politica e nell’attività stessa. Pur non essendo in grado di fornire dati concreti sulla responsabilità diretta degli egiziani all’estero, sulla diffusione delle tendenze laicizzanti e liberali all’interno della società egiziana, resta innegabile una loro presenza, sempre più forte e palese, nelle questioni interne così come il fatto che le organizzazioni non governamentali e dei diritti dell’uomo siano il principale anello di congiunzione tra i due elementi. Elemento tutt’altro che sorprendente e specifico del caso egiziano. Gli attivisti delle ONG e dei diritti umani hanno un considerevole valore politico, specie in paesi quali l’Egitto in cui non vi era possibilità di far opposizione politica, con un importante ruolo internazionale, in quanto fonte diretta di informazione e di contatto per le campagne di reti internazionali, quali possono essere i diritti umani, a livello locale. Tra le raccomandazione al governo statunitense del rapporto annuale sulla liberta religiosa (USCIRF) si legge:

IV. ENSURING U.S. GOVERNMENT AID PROMOTES GENUINE POLITICAL AND LEGAL REFORMS AND IS OFFERED DIRECTLY TO EGYPTIAN CIVIL SOCIETY GROUPS

The U.S. government should:

• provide direct support to human rights and other civil society or non- governmental organizations (NGOs) to advance freedom of religion or belief for all Egyptians;

292 Cfr. Gamal Essam El-Din, Inside Egypt's Shura Council, new NGO law brings controversy , al- Ahram Online, 26/03/2013. 293 Queste le accuse della Freedom House : « The draft would, in effect, nationalize civil society organizations by defining their funds as public money, create a new interagency committee with the authority to approve or veto foreign funding for local NGOs, raise registration costs for NGOs to prohibitive levels, impose stifling oversight restrictions and bring operations of ‘civil organizations’ and law firms engaged in human rights and democracy work under the same legal regime as other NGOs,” Cfr. Ap, Freedom House: Draft NGO law more restrictive than previous one , Egypt Independent, 26/03/2013. Un eco di quanto affermato da Hassiba Hadj Sahraoui, direttore dell’Amnesty International per il Medio Oriente e il Nord Africa : “NGOs in Egypt already face staggering restrictions, but this instruction is a new low,” e aggiunge : « The authorities must stop using independent civil society organizations as scapegoats for all the ills of Egypt. » Tarek Wageeh, Amnesty International report criticizes Egypt’s NGO restrictions , Egypt Indipendent, 21/03/2013.

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• urge the Egyptian government to ensure that NGOs engaged in human rights work can pursue their activities without government interference, and monitor and report the extent to which this is accomplished;

• expand support of initiatives to advance human rights, promote religious tolerance, and foster civic education among all Egyptians […] 294

Un’aperta sfida alla sovranità dello Stato, soprattutto perchè il rispetto o meno dei diritti umani viene associato agli aiuti finanziari e militari che il governo riceve da istituzioni o governi esterni 295 , com’è il caso dell’Egitto. Le misure coercitive e di restrizione operate dal governo Mubarak contro le ONG attive sul territorio nazionale 296 , da un lato hanno limitato e ostacolato la loro azione, dall’altro erano una prova del loro potenziale di mobilitazione e destabilizzazione contro il regime. Il governo egiziano ha infatti conosciuto considerevoli pressioni, tanto da attori interni ma soprattutto esterni Si ritrovano le stesse dinamiche e lo stesso atteggiamento nei confronti della militanza copta all’estero, per limitare la quale il governo ha ben pensato di rafforzare la collaborazione con la Chiesa delegando al Patriarca il controllo sulla porzione copta della popolazione, tanto all’interno quanto all’esterno, e conferendogli in tal modo maggior potere. L’incontro avvenuto il 15 giugno del 2011 tra il ministro Sharaf e i rappresentanti dei copti all’estero sigilla la nuova tendenza, o meglio la presenza concreta dell’attore da cui non si può più prescindere, indipendentemente da quella che può essere l’attitudine dell’attuale governo Morsi.

294 USCIRF 2013 Annual Report - EGYPT 295 Cfr. Keck M., Sikkink K., Activists beyond Borders , Cornell University Press, Londra, 1998, pp. 23-24. 296 Per essere registrate le ONG devono passare un primo scrutinio da parte dei servizi di sicurezza, che ha il pieno potere di rifiutare loro la licenza; una volta ottenuta, devono ottenerne una seconda da parte del Ministro della Solidarietà Sociale e della Giustizia. Un processo che ai tempi di Mubarak richiedeva tranquillamente diversi mesi e a cui le organizzazione dei diritti dell’uomo si ribellavano da tempo. Cfr. Ferrecchia J., Egyptian NGO Restraints , Arab West Report, n.13, dicembre 2011.

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4. Al-aqb āṭ al-mah ğr e la fine di un tabú interno relativo ai copti.

Tra le ripercussioni che si possono attribuire alla presenza e attività dei copti all’estero vi è quella di aver rotto il tabù nella stampa locale egiziana in cui l’ideologia della wa ḥda wa ṭaniyya professata dal governo proibiva di parlare e riconoscere problemi a carattere confessionale sul territorio. In particolare è a partire dalla fine del 2004, con l’affare di Wafa Constantin, che emerge nel dibattito interno la “questione copta” 297 , come sottolinea in un articolo Alain Roussillon 298 . L’autore attribuisce la nuova “visibilità” e “centralità” assunta da questa sullo scenario politico e mediatico egiziano ad una sorta di “compensazione” 299 a seguito dell’entrata dei Fratelli Musulmani sulla scena politica in vista delle elezioni presidenziali e legislative del 2005. Ancora una volta, le dinamiche copte vengono interpretate come reazione a quelle musulmane e non in linea con queste e in sostanza con quelle nazionali. Meital, ad esempio, sottolinea come l’apertura del nuovo sistema indipendente dei media arabi sia uno dei tre fattori base da tenere in considerazione nell’analisi delle elezioni presidenziali del 2005. 300 Il 2005 è stato, infatti, un anno fondamentale tanto per le contestazioni interne a livello nazionale che per quelle più specificatamente relazionate con la componente copta.

Inoltre, non tiene in considerazione che è proprio in quell’anno che gli attivisti copti all’estero organizzarono a Zurigo un congresso internazionale, The first international symposium of Egyptian Copts: A minority under siege e a cui seguì un secondo nel 2005 a New York. Non è una coincidenza che all’interno del paese gli attivisti laici

297 Cfr., El Amrani I., The Emergence of a “Coptic Question” in Egypt , in Middle East Research and Information Project , 28/04/ 2006. http://www.merip.org/mero/mero042806 298 Cfr., Roussillon, Alain, 2006, Visibilité nouvelle de la « question Copte » : entre refus de la sédition et revendication citoyenne , in L’Égypte dans l’année 2005 , Dir. Florian Kohstall, Le Caire, Cedej, pp.138 299 Ibid. 300 Cfr. Meital Y., The Struggle over Political Order in Egypt: The 2005 Elections , in Middle East Journal , vol. 60, n.2, primavera 2006, pp. 257-277.

150 organizzarono nel 2006 il primo congresso nell’ambito del movimento di riforma contro la Chiesa.

L’implicazione degli attivisti copti del mah ğr nelle dinamiche interne si fa sempre più evidente. Un sondaggio condotto dalla Coptic Orphans 301 , in collaborazione con la George Washington University 302 , volto ad identificare i fattori che spingono i “copti della diaspora” a interessarsi e implicarsi direttamente in Egitto e secondo quali modalità, ha dimostrato che negli ultimi tre anni è aumentato il numero di coloro che versano donazioni finanziarie all’Egitto (un 69% degli intervistati), preferendolo all’azione di volontariato (57%) o a donazione di beni (51%) e al volontariato direttamente in Egitto (25%). Il 92% degli intervistati ha dichiarato di versare contributi al proprio paese di origine. 303 Pur mantenendo un grado di scetticismo dovuto alla fonte del sondaggio, si può avere un’idea dell’implicazione a distanza dei copti emigrati nelle dinamiche interne dell’Egitto attraverso la chiesa e istituzioni religiose o attraverso organizzazioni più liberali e laiche, con un aumento negli ultimi anni del loro interesse per le questioni nazionali, come nel caso degli egiziani in generale. Lo stesso vale per gli egiziani in generale, come ben dimostra lo scandalo delle ONG, anello di congiunzione tra attivisti esterni e società civile interna, americane esploso nel luglio del 2011 e che ha creato una delle crisi diplomatiche più gravi degli ultimi anni tra l’Egitto e gli Stati Uniti. La stessa conferenza sulle minoranze che nel 1994 aveva fatto così tanto scalpore per avere

301 La Coptic Orphans è un’organizzazione non governamentale con sede negli Stati Uniti, Canada, Australia e Gran Bretagna. Fondata nel 1988 dalla copta Nermien Riad dopo un soggiorno di volontariato al Cairo, l’associazione si prefigge l’obiettivo di aiutare bambini egiziani senza padre e famiglia, provvedendo loro servizi di prima necessità, educazione e possibilità lavorative. Un aspetto notevole è il fatto che si appoggi su una rete di oltre 400 chiese volontarie, quindi una collaborazione con l’elemento clericale, che detiene il monopolio dei servizi sociali. 302 Nello specifico, tale studio è stato condotto all’interno del George Washington University’s Diaspora Program and Diaspora Capital Investment Project (GW-DCIP). Un programma dedicato allo studio dell’integrazione delle comunità immigrate che continuano ad essere attive nel processo sociale, economico, culturale e politico del loro paese d’origine e con l’obiettivo di diffondere la conoscenza sugli investimenti della diaspora e il suo ruolo nelle decisioni politiche, nell’organizzazione della diaspora e negli imprenditori in diaspora. Sarebbe interessante vedere quanti professori copti ci siano nell’università e l’orientamento politico dell’università, considerate anche che Washington rappresenta un nucleo storico e importante dell’attivismo copto negli Stati Uniti. 303 Cfr. Brinkerhoff J., Liesl R, General Findings: Coptic Diaspora Survey , George Washington University, 2012, pp. 13-14.

151 inserito i copti nel programma, quindi trattati come minoranza, era stata organizzata da un cittadino egizio-americano, Saad ad-Din Ibrahim, presidente dell’Ibn Khaldun Center e a lungo esiliato per le sue posizioni. 304 Si tratta dell’influenza delle reti transnazionali che generano attenzione su nuove questioni e aiutano a stabilire le agende quando provocano l’attenzione dei media, dibattiti, incotri, seminari, su questioni che non erano in precedenza materia di dibattito pubblico. 305 È infatti l’attività dei copti emigrati ad essere responsabile non solo dell’internazionalizzazione della “questione copta”306 , ma della stessa “questione copta” ( milaf al-qibt ṭiy ) all’interno del paese.

Altro elemento fondamentale da tenere in considerazione sono i ricercatori europei e statunitensi che si occupano del tema. La prima osservazione da sottolineare è l’aumento di interesse per il tema negli ultimi sei anni, come il contatto con il gruppo attuale di ricercatori mi ha dato modo di comprovare. Gaetan du Roy parla di « courant d’une génération de jeunes chercheurs qui s’intéressent aux divers aspects de la vie des coptes contemporains en prenant soin de les situer dans les divers contextes au sein desquels ils s’inscrivent ”307 , mentre Febe Armarius, nell’introduzione alla giornata di studio Coptic Religious and Political Life in Contemporary Egypt: Recent Scholarly Developments, organizzata al Middlebury College nel 2012 è ancora più esplicito :

The re cent history and contemporary life of Coptic Christians in Egypt have been little studied in the scholarly literature. In the past five years or so, however, a new generation of scholars has focused on examining Coptic political, religious, and

304 Dopo aver passato sette anni in prigione per le sue posizioni antigovernamentali e rilasciato su mobilitazione internazionale, l’attivista egizio-americano ha vissuto in esilio in Occidente e solo nel 2010 ha deciso di tornare, pur correndo il rischio di essere arrestato. Cfr. Exiled fears arrest on return , al-Masry al-Youm, 16/02/2010. 305 Keck M. e Sikkink K., Activists Beyond Borders: advocacy networks in international politics , cit., p. 5. 306 Se il loro obiettivo di far pressione sui governi dei paesi ospitanti affinchè spingano il governo egiziano a prendere dei provvedimenti a favore dei copti ha avuto degli esiti esigui e di poco valore, maggior riscontro hanno avuto nell’attirare l’attenzione internazionale sulla condizione dei copti in Egitto, quindi alla loro rappresentazione comunitaria, attraverso in gran parte al loro discorso estremizzato che punta più a commuovere che a riprodurre la realtà. 307 Cfr., http://remmm.revues.org/7969

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cultural life, investigating political mobilization, the centrality of taratil (songs or hymns), inter-Christian relations, and charismatic worship, among others 308 .

Nell’ottobre del 2011 un altro panel su Contemporary Coptic Studies viene organizzato nella Free University di Berlino nell’ambito del DAVO congress. Nell’email di diffusione il ricercatore Sebastian Elsasser afferma:

The current events in Egypt have raised an enormous amount of interest in the Copts, but the discussions reveal time and again an acute lack of information about this diverse Egyptian (and increasingly also North American and European) community. This is why I think that we should put up a coordinated effort of presenting the LATEST RESEARCH PERSPECTIVES on SOCIAL, POLITICAL, RELIGIOUS, and OTHER RELEVANT DEVELOPMENTS among the Copts.

Mentre un altro centrato sui copti nel XIX e XX secolo è previsto per maggio 2015 in Melbourne, organizzato da Anba Suriel e coordinato dalla ricercatrice Nelly van Doorn-Harder, professoressa di Studi Islamici nella Wake Forest University (New York) e autrice di tre libri sui copti, uno dei quali in collaborazione con il copto Magdi Guirguis. 309 La stessa osserva l’importanza di copti del mah ğr nell’evoluzione degli studi sui copti, dominio peculiare che trova difficilmente una collocazione tanto tra gli studi sulla Cristianità che tra quelli sul Medio Oriente:

Important developments changing the map of Coptic studies have emerged from Coptic immigration. Communities now residing in North America, Europe, and

308 http://www.copticcongress2012.uniroma1.it/panels/Panel_Coptic_Religious_and_Political_Life.pdf 309 Van Doorn-Harder N e Guirguis M., The emergence of the modern Coptic papacy: the Egyptian Church and its leadership from the Ottoman period to the present , American University in Cairo Press, 2011. Gli altri due sono: Contemporany Coptic Nuns , University of South Carolina Press, 1995 e il già citato Between desert and city: The Coptic Orthodox Church today .

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Australia are becoming topics of study in themselves while Coptic scholars residing in those places are starting to study Coptic communities both in Egypt and the West. 310

Per quanto riguarda il profilo dei ricercatori in questione, il dato interessante è che la maggior parte di essi abbia origine egiziane e siano copti e quando no, che siano comunque vincolati ad istituzioni religiose. Tra la nuova generazione di ricercatori, ad esempio, sono di origine copte: Carolyn Ramzy, Laure Guirguis, Febe Armanios, Magdi Guirguis, Vivian Ibrahim, Samer Soliman, Marcos Hamam, Helene Moussa, Houda Blum Bakour.

L’attività dei militanti copti e in generale la presenza di egiziani cristiani al di fuori dei confini nazionali è interessante e fondamentale nella presente ricerca anche per un’altra questione chiave. La trasposizione all’esterno di dinamiche interne, con un effetto di amplificazione a boomerang del discorso comunitario. Di fatto, se gli emigrati egiziani degli ultimi 40 anni hanno rafforzato le politiche interne conferendo loro una dimensione internazionale, gli stessi si sono rivelati un’arma a doppio taglio per il regime, costituendo un canale di opposizione che si è avvalso di supporti esterni per poi colpirlo da dentro attraverso la società civile. Ragion per cui si dedicherà il prossimo capitolo ad un analisi più minuziosa dell’emigrazione copta per vedere come questa, da un lato sia soggetta allo stesso envisagement bipolare cristiani versus musulmani al di la del parallelismo che unisce l’emigrazione egiziana musulmana e copta; dall’altra per vedere come abbia agito da amplificatore di dinamiche interne che si sono poi riversate nel dibattito interno.

310 Cfr. Van Doorn-Harder N., Finding a Platform: Studying the Copts in the 19th and 20th Centuries , in International Journal of Middle East Studies , 42, 2010, pp 479-482.

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5. al-Ma ṣriyuna f ī al-mah ğr (egiziani nel mah ğr)

Gli egiziani che a partire dagli anni ’60 lasciarono l’Egitto per emigrare in maniera permanente in paesi occidentali, quali Stati Uniti, Canada, Australia avviarono una attività di opposizione contro il governo egiziano responsabile della perdita dei loro privilegi e in sostanza della loro partenza. Con Sadat il fenomeno emigratorio si consolidó venne istituzionalizzato e iniziò a raggiungere dimensioni considerevoli fino a divenire una vera e propria arma a doppio taglio per il governo di Mubarak che ha sempre cercato di limitare l’influenza dell’opposizione venuta da oltreoceano.

Lontani dal paese d’origine i copti emigrati hanno basato la loro attività di protezione dei loro correligionari in Egitto diffondendo una rappresentazione geopolitica non solo dei copti in questione (ostaggi nel loro proprio paese), ma anche dell’Egitto stesso (terra invasa dai dominatori arabo-musulmani). Ed è solo sulla base di questa rappresentazione che il termine diaspora trova una giustificazione tanto plausibile quanto non congrua al caso copto. Il termine diaspora in geopolitica, secondo la definizione che ne da Yves Lacoste, si riferisce a un fenomeno migratorio in cui si via la combinazione eccezionae di due caratteristiche significative:

d’une part, ce peuple (ou ce groupe) a subi, à des époques plus ou moins anciennes, des facteurs de déracinement particulièrement puissant (qui ne relèvent pas seulement comme pour la plupart des migrations de la quête de meilleures conditions d’existence) puisque c’est une très grande partie de ses membres qui a dû quitter, de façon relativement brusque, le territoire où il était depuis longtemps enraciné ; ce peuple garde la mémoire de son territoire d’origine et des événements qui l’en ont fait partir ; d’autre part, les descendants des individus et des familles chassés de ce territoire - quoique dispersés, depuis plus ou moins longtemps au sein de diverses nations dont ils parlent la langue - ont dans une forte proportion conservé et entretenu le sentiment qu’ils appartiennent à un même ensemble. Ils sont encore particulièrement préoccupés du destin géopolitique du territoire d’où sont venus leurs ancêtres. C’est ce qui explique qu’ils ne se soient pas complètement dilués parmi les

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nations où ils vivent, qu’ils puissent encore approximativement s’y dénombrer, et garder des contacts entre eux dans les divers pays et avec leur pays d’origine. 311

Yves Lacoste restinge ulteriormente il campo sostenendo che affinchè si possa parlare di diaspora, la parte della popolazione dispersa tra diversi stati, deve essere maggiore rispetto a quella che resta nel paese.

In considerazione del fatto che gli egiziani cristiani hanno seguito esattamente le stesse dinamiche nazionali egiziane; del fatto che sia impossibile stabilire quale sia la loro proporzione all’interno dell’emigrazione egiziana, dal momento che i registri non fanno alcuna distinzione confessionale ed essendo la visibilità delle loro attività o meglio che viene conferita alle loro attività un elemento tutt’altro che scientifico per determinarlo; riteniamo che l’uso del termine diaspora per il caso copto è del tutto inappropriato e riflette da un lato l’intenzione di comunitarizzare e rivestire di un’ accezione confessionale un fenomeno migratorio quale è quello copto, o sia egiziano; dall’altro la volontà di mettere in scena o d’affermare la legittimità attraverso il fatto di continuare a mantenere il contatto con l’Egitto, anche se ad essersene andate sono state le generazioni precedenti, con la rappresentazione implicita di essere stati cacciati.

Inoltre, il fatto che nella lingua egiziana, per una serie di ragioni, il termine šatt āt non si usi e gli unici egiziani ad utilizzarlo sono solo gli emigrati stessi nelle lingue rispettive dei paesi in cui risiedono, ribadisce la prospettiva del concetto.

311 Cfr. Lacoste Y., Éditorial : Géopolitique des diasporas , in Hérodote , Nª 53, 2ª trimestre 1989, pp. 5-6.

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CAPITOLO 3

I COPTI E LA FRANCIA: UN CASO LOCALE DI DINAMICHE PIÙ UNIVERSALI.

Introduzione

Nel presente capitolo si vuole rapportare al caso francese quanto tracciato in linea generale nel primo e secondo capitolo a proposito della rappresentazione sulle dinamiche interne ed esterne dei copti nella seconda metà del XX secolo. Si è già visto, in parte, come il tipo di produzione letteraria incentrata su aspetti artistico- culturali dei cristiani egiziani, rifletta il tipo di relazione tra la Francia e l’Egitto. Quanto si vuole analizzare ora è la maniera in cui la produzione francofona e la presenza francese abbiano influito nella costruzione identitaria copta in quanto comunità, attraverso la promozione ideologica del faraonismo, funzionale alla potenza francese per il suo monopolio sul patrimonio archeologico-artistico nel paese e alla Chiesa Copta Ortodossa per la sua legittimazione sul territorio. Nella seconda parte del capitolo di analizzeranno invece le dinamiche legate all’emigrazione copta sul territorio francese, a dimostrazione dell’estrema frammentazione della comunità e dell’assenza in fondo, di una diaspora copta in Francia.

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1. I copti secondo la rappresentazione francofona

Il criterio di selezione delle opere è lo stesso di quello specificato nell’introduzione. Si tratta cioè delle opere in francese in cui compaia nel titolo il termine “copte”, pubblicate a partire dal 1952 e che prendessero in esame gli aspetti socio-politici dei cristiani egiziani e non quelli prettamente artistico-culturali.

1.1 La presenza Francese in Egitto: dalla colonizzazione alla francofonia.

Nell’esperianza coloniale francese del XIX secolo, la “question d’Égypte” rientra nella più ampia “question d’Orient”, disputata tra Russia, Inghilterra e Francia per poi restare oggetto di contesa solo tra le ultime due potenze europee a partire dalla convenzione di Londra nel 1840-1841 312 . Nel 1882 l’Egitto diventa protettorato britannico per poi passare ad essere un mandato nel 1914 e ottenere ufficialmente l’indipendenza nel 1922.

312 Cfr., Sabry M., La question d’Égypte depuis Napoléon jusqu’à la Révolution de 1919, Association égyptienne de Paris, 1920, pp. 11-12.

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Schéma historique 1798 – 1881

La breve esperienza militare di Napoleone in Egitto (1798-1881) terminò con il ritiro delle truppe, dovuto alla sconfitta per mano degli inglesi alleati con l’Impero Ottomano. Il ritiro militare, tuttavia, non implicò la fine della spedizione Francese sul territorio, che continuò attraverso l’elemento culturale. L’importanza simbolica e strategica dell’Egitto 313 rendeva fondamentale la presenza sul territorio ai fini di

313 Nel XVIII secolo l’Egitto occupava un posto centrale nel commercio mediterraneo con un’esportazione di 206,8 milioni di tessuti e un importazione di 224,6. Sebbene il commercio con l’Europa rappresentasse una porzione limitata dell’attività commerciale globale del paese, tra i paesi europei la Francia occupava una posizione dominante. Cfr. Raymond A., Impact de la pénétration

159 predominio e spartizione della regione. La carta culturale e gli aspetti artistici del paese, inoltre, ben si sposavano con lo spirito della Francia dei Lumi e la sua arma per eccellenza: la “ragione” sotto le vesti della “civilizzazione” 314 . Quest’ultima, in quanto processo di domesticazione della violenza e delle passioni sarebbe ciò che distingue basicamente l’Occidente dall’Oriente, ponendolo in una posizione di superiorità da cui poter analizzare una realtà sottostante. 315 Accompagnando così la spedizione militare con un esercito di scienziati Napoleone appagava lo spirito illuminato, il cui moralismo non poteva tollerare una dominazione coloniale dai meri fini economici, come quella dell’Inghilterra in India o peggio ancora in termini religiosi, quali erano state le crociate. 316 Partendo da tale presupposto, la sconfitta della spedizione Francese fu solo militare e la breve occupazione corrisponde in realtà ad un permanent mark upon the country. 317 Cambiamenti sociali e morali dovuti alla presenza delle truppe Francesi da un lato e alla creazione dell’Institut d’Égypte dall’altro. Un’organizzazione accademica che, oltre a formare l’elite dirigente, si prefiggeva tra i principali obiettivi la consultazione con il governo su specifiche questioni attinenti la politica, svolgendo un ruolo determinante nella visione egiziana del mondo. 318 La classe superiore egiziana nella prima metà del XX secolo aveva una formazione totalmente francofona e costituiva il gruppo dei cosidetti “faraoni” 319 . A seguito della politica di nazionalizzazione di Nasser che impianta una nuova classe, militare e appartenente alla piccola borghesia eliminando la vecchia cosmopolita, nonché all’attacco tripartito (Francia, Inghilterra e Israele) nel canale di Suez a seguito del quale tutti gli stranieri presenti in Egitto dovettero precipitosamente lasciare il paese, la francofonia nel paese ha subito due grossi colpi

européenne sur l’économie de l’Égypte , in Annales Islamologiques , XVIII, Institut Français d’Archéologie Oriental, 1982 pp. 217-235. Il canale di Suez rappresenta la concretizzazione dell’importanza strategica dell’Egitto nel commercio Europa-Asia, al punto che Francia, Gran Bretagna e Israele reagiranno con un un’azione tripartita contro la nazionalizzazione del Canale di Suez da parte di Nasser. 314 Cfr. Laurens H., L’expédition d’Égypte 1798-1801 , Éditions du Seuil, Parigi, 1997, p. 25. 315 Ibid., p.25 316 Ibid., p. 317 Cfr., Vatikiotis P.J., The History of Modern Egypt , Weidenfeld and Nicolson, cit., p. 46. 318 Ibid., p. 41 319 Cfr. Montanay Y., L’Égypte, in Vous avez dit la francophonie ?, Les Cahiers d’Orient, n.103, Autunno 2011, pp. 71-73.

160 favorendo il dominio statunitense. 320 Tuttavia, pur se minoritaria, gli esponenti della francofonia egiziana hanno mantenuto delle buone posizioni sociali approfittando anche della politica economica di apertura inaugurata dal presidente Sadat.321 L’Egitto, che fa parte dell’Organisation International de la Francophonie (OIF), 322 resta così “un partenaire essentiel pour la France, dans une région en plein recomposition” 323 . Non a caso la co-presidenza dell’ Unione per il Mediterraneo, creata nel 2008 da Nicolas Sarkozy, viene affidata al Hosni Mubarak.324

Unione pour la Mediterranée - Sommet de Paris, 23 juillet 2008

320 Ibid., p. 72. 321 Ibid., p., 73. 322 In annesso la carta de 323 http://www.diplomatie.gouv.fr/fr/dossiers-pays/Égypte/la-France-et-l-Égypte/#sommaire_2 324 Sommet de la Union pour la Mediterranée. Declaration commun. http://www.diplomatie.gouv.fr/fr/IMG/pdf/Decla_finale_UPM_130708.pdf

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Le monde de la Francophonie

L’Egitto resta così “un partenaire essentiel pour la France, dans un région en plein recomposition.” 325 Questo quanto si legge nel sito web del governo francese, in cui vengono ribadite le fruttuose relazioni economiche tra i due paesi:

Les échanges commerciaux entre les deux pays ont progressé de 8% en 2011 pour un montant total de 3,2 Mds €, en baisse au 1er semestre 2012 (-14%). Selon la Banque

325 http://www.diplomatie.gouv.fr/fr/dossiers-pays/Égypte/la-France-et-l-Égypte/#sommaire_2

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centrale d’Égypte, la France conserve sa 6ème place parmi les partenaires commerciaux de l’Égypte (5,6% des échanges totaux égyptiens en 2010/2011). Les importations françaises en provenance d’Égypte ont enregistré une hausse de 19% en 2011. L’Égypte est ainsi le 1er fournisseur de la France au Proche-Orient, avec une part de 48% dans nos importations depuis cette région. La France est, quant à elle, le 7ème client de l’Égypte en 2010/2011. Les importations en provenance d’Égypte dépendent de quelques grands produits (hydrocarbures, engrais), représentant près de 73% du total (contre 80% en 2010). L’attrait des touristes français pour l’Égypte est ancien, même si leur nombre a enregistré une baisse de 41%, à la suite de la révolution du 25 janvier 2011. En 2011, 254.000 Français ont séjourné en Égypte. La coopération financière est traditionnellement importante : l’Égypte est le 3ème bénéficiaire du mécanisme FASEP, et l’un des premiers bénéficiaires des outils de la Coface. L’AFD, qui a ouvert une agence au Caire début 2007, a décidé de réévaluer à la hausse ses engagements. Elle a octroyé le 23 septembre 2012 un prêt de 300 M€ pour la ligne 3 du métro du Caire (en coordination avec l’UE et la BEI). Une mission de chefs d’entreprises, organisée par le MEDEF International, a eu lieu au Caire du 18 au 20 novembre 2012, pour présenter les projets en cours et pour s’informer sur les réformes en cours et l’environnement des affaires 326 .

Mentre da un punto di vista della cooperazione culturale, scientifica e tecnica :

La coopération culturelle, scientifique et technique est traditionnellement orientée vers l’archéologie, la promotion du français et la formation des élites. La coopération universitaire franco-égyptienne repose sur les filières francophones implantées dans les universités égyptiennes et l’Université française d’Égypte (UFE), qui vise à offrir un enseignement d’excellence. Enfin, le français, deuxième langue étrangère en Égypte, est langue d’enseignement pour 45.000 élèves dans les écoles bilingues (le plus souvent confessionnelles). 327

326 http://www.diplomatie.gouv.fr/fr/dossiers-pays/Égypte/la-France-et-l-Égypte/#sommaire_2 327 Ibid.

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Come ben si può notare, la formazione delle elite resta tra gli obiettivi principali della francofonia egiziana, così come l’archeologia il settore culturale per eccellenza. Prove tangibili di un simile orientamento: Ahmed al-Tayyeb, l’ im ām di al-Azhar, ossia la più alta carica istituzionale musulmana del paese, si è diplomato alla Sorbona e il suo consigliere Mahmud Azab, direttore del centro del dialogo dell’università, è stato per molti anni professore di arabo classico e islamologia all’Institut National de Langues Orientales (INALCO); il dinamismo e le numerose attività dell’Institut Français d’Archeologie Orientale (IFAO) 328 , che ha la vocazione di studiare le culture che si sono succedute in Egitto dalla preistoria all’epoca moderna, 329 e la gestione pressoché esclusiva della salvaguardia del patrimonio storico-artistico del Cairo. Tra gli altri istituti culturali Francesi degni di nota vi sono l’Institut de Culture Française con la sua triplice sede, due nel Cairo, nel centrale quartiere di Munira e nel prestigioso quartiere di Heliopolis, e uno ad Alessandria; e il Centre d’Etudes et de Documentation Economique, Juridique et Sociales (CEDEJ) sempre con sede al Cairo e di cui si è parlato nel primo capitolo a proposito di alcune delle opere pubblicate sui copti. Di fatto, questi istituti rappresentano un ponte di collegamento tra l’intellighnzia Francese e quella egiziana.

1.2 La produzione francofona relativa ai copti.

Quanto ci si prefigge di analizzare ora è il riflesso della politica francese in Egitto nella rappresentazione che emerge dalla produzione bibliografica e mediatica in francese sui copti. Per quanto riguarda le opere in francese, analizzate in maniera sistematica a differenza di quelle in lingua inglese, sono state considerate le monografie, tanto scientifiche quanto divulgative ma comunque presenti nel circuito delle biblioteche

328 Si veda la cartina in appendice degli scavi attualmente in corso sotto la direzione dell’IFAO. 329 http://www.ifao.egnet.net/

164 francesi, in cui apparisse nel titolo l’aggettivo “copte” nelle sue varianti, pubblicate a partire dal 1952 fino al 2012. La scelta del 1952 è dovuta all’importanza rivestita nella storia egiziana in riferimento al tema trattato, ossia alla rivoluzione che da avvio al regime di Nasser e quindi alla politica di comunitarizzazione della società egiziana. Ad essere analizzate nel dettaglio sono le opere a carattere non prettamente artistico-culturali (relative all’arte, tessuti, lingua, musica), quanto quelle che presentano i copti sotto un’ottica socio-politica (sebbene l’elemento culturale sia sempre presente). Per risalire alla quantità totale di opere pubblicate ci si è basati sul catalogo online worlcat.org essendo l’intenzione di dare un’idea sommaria dell’ intensità e del tipo di interesse. Non sono state considerate le opere in cui non apparisse la parola “copte” nel titolo, benchè incentrate sull’argomento, né le sottocategorie del formato libro che da il motore di ricerca (e-book, microform); mentre le tesi accademiche sono state trattate separatamente. Tuttavia, avendo riscontrato delle lacune, per quanto riguarda il materiale in francese soprattutto, lo si è completato con bibliografia reperita in varie biblioteche.

Il 94,64% delle opere pubblicate riguarda tematiche connesse con aspetti culturali (artistico, linguistico, teologico) della “civiltà” copta. Tendenza ampiamente confermata in ambito accademico dove la maggioranza delle tesi di ricerca inerenti ai copti sono anch’esse relative ad aspetti artistico-culturali. Sono state considerate solo quelle in cui il termine “copte” apparisse nel titolo. In alcune di esse risultano particolarmene palesi i connotati socio-politici degli aspetti artistici. 330 Delle 73 tesi pubblicate dal 1952 al 2012 (la prima risale al 1967), solo 9 trattano di temi socio- politici, ossia il 12,33 %, mentre 64, ossia l’87,67% sono inerenti a tematiche artistiche.

330 Si veda ad esempio la tesi di Adeline Jeudy, Le mobilier liturgique en bois au Moyen Âge : interactions et identité de la communauté copte du Xe au XIVe siècle, presentata alla Sorbonne nel 2006 sotto la direzione di Catherine Jolivet-Lévy. Partendo dallo studio delle decorazioni dei mobili liturgici in legno risale agli enjeux sociali ed economici della condizione e l’evoluzione dei copti durante il Medio Evo dimostrando il dinamismo dell’elite civile urbana dell’epoca in un contesto che si vuole di persecuzione e decandenza della comunità per mano dei Mamelucchi.

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Thèses académiques sur les Coptes dans les universités françaises (1952-2012)

45 40 35 30 25 20 15 10 5 0 totale artistico socio-politico

Fonte: WorldCat e Thèse.fr - Elaborazione propria

Per quanto riguarda la stampa, difficoltà pratiche, hanno impedito lo stesso tipo di analisi, ovvero una statistica dell’oscillazione e della tipologia di interesse relativo ai copti. È stato possibile effettuarlo solo con il quotidiano Le Monde che nel suo stesso sito web da la possibilità di spoliare gli articoli contententi una determinata parola a partire dal 1944. Gli altri quotidiani scelti, in funzione della loro diffusione in Francia per numero di lettori i primi due ( Liberation , Le Figaro )331 e dell’orientamento cattolico il quarto ( La Croix ) si fermano rispettivamente al 1994, 1997, 1995. Mentre il sistema on line Europress da la possibilità nei criteri di ricerca ma non nei risultati. Lo si è invece utilizzato per reperire gli articoli relativi a ciò che concerne il 2011.

331 Escluso Le Parisien, quotidiano regioale e L’Equipe, quotidiano sportivo, Le Monde, Liberation et Le Figaro sono i tre quotidiani più letti in Francia e costituiscono l’8,9% ossia più della metà del 15,5% del totale. Cfr., Notes de resultats, One AudiPress del 22 marzo 2012, p. 4. ,http://www.audipresse.fr/media/document/one2011_resultats/1_one_2011_note_resultats.pdf

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La tendenza registrata negli articoli apparsi su Le Monde non segue la stessa linea di interesse delle pubblicazioni. La proporzione tra i due settori è pressocchè uguale, con una leggera maggioranza dei temi politici.

Articles dans Le Monde avec le mot “copte” (1952 – 2012)

1200 1000 800 600 400 200 0 Totale Arte-cultura Politica

Fonte: Le Monde Elaborazione propria

Il dato, che a prima vista potrebbe sorprendere, è giustificato dal fatto che i media, di maggior impatto sul gran pubblico, puntano prevalentemente sull’elemento dello scontro violento con l’elemento musulmano, nell’ottica del discorso islamofoba. 332 La maggioranza degli articoli politici, quando non strettamente relazionata con la figura del patriarca 333 , si riferisce a episodi di violenza degli islamisti contro i copti,

332 Al-Ṣa‘ īd E., Covering Islam: how the media and the experts determine how we see the rest of the world, cit. 333 A titolo d’esempio, Le patriarche copte riposte au document du Concile du Vatican innocentant les juifs, 08/01/1964; Un appel du patriarche copte orthodoxe d’Alexandrie et d’Afrique, 29/07/1967; Mgr Shenuda nouveau patriarche de l’Eglise Copte Orthodoxe d’Égypte, 02/11/1971; Le patriarche copte d’Alexandrie séjournera à Rome pendant une semaine au mois de mai, 15/03/1973; La

167 scontri con i musulmani, attentati e distruzione di chiese. 334 Inoltre, a partire dal 1967 fino al settembre del 1981, corrispondente al Cairo per Le Monde, quindi autore degli articoli sui copti, è Jean Pierre Peronez-Hugoz, dalle dichiarate posizioni islamofobe. Il suo libro Le radeu de Mahomet può essere considerato una sorta di testamento contro il movimento islamista concretizzatosi con la rivoluzione iraniana e l’affermazione dei Fraelli Musulmani in Egitto.335 L’autore invita l’intelligenzia occidentale « à se mobiliser contre les excès islamistes et à mettre en valeur les efforts des quelques Etats musulmans, des quelques hommes de religion, de politique ou de culture orientaux (musulmans, mais aussi chrétiens et, parfois, juifs) qui se battent pour épargner à leurs peuples de connaitre les affres de la nouvelle Inquisition. […] Si elle parvient à s’imposer, elle deviendra probablement plus terrible que celle de la Chrétienté médiévale. 336 A proposito dell’Egitto, in cui la successione di Mubarak a Sadat non costituisce una garanzia per evitare l’avvento di una rivoluzione islamista, due capitoli sono dedicati ai copti: “l’enigma copte” e “le rois et le patriarche”. Nel ricostruire la presenza storica dei copti nel paese, Peronez spiega come la sopravvivenza della comunità dopo due secoli di islam sia “un miracle”. 337 E si indigna perchè non solo la loro stessa esistenza viene ignorata nel “mondo esterno”, 338 ma questo nutre una certa ostilità, come era un tempo per la nazione israeliana 339 al punto che “la conscience universelle s’émeut pour un exode, un massacre, un génocide.” 340 Un mese prima di essere assassinato, il presidente Sadat gli da un ultimatum di tre giorni per lasciare il paese con l’accusa di diffamazione degli egiziani e del governo: 'It was impossible to leave this journalist to continue insulting and distorting the

déposition du pape copte vise surtout à séduire les sypathisants du mouvement islamiste, 08/09/1981 ; La situation du pape copte , 03/01/1983 mettere qualcuno piu recente 334 A titolo d’esempio, L’incendie d’une eglise copte au Caire provoque un certain émoi, 14/11/1972 ; Musulmans contre coptes, 21/06/1980; De rixes entre coptes et musulmans font deux morts et trente un blessés au Caire, 20/06/1981; Les extremistes islamistes ont repris leur attentats contre les coptes, 09/05/1984; mettere qualcuno piu recente 335 Cfr., Peronez-Hugoz J.P., Le Radeau de Mohamet , Lieu Commun, Parigi, 1983, p. 20. 336 Ibid., p. 242. 337 Ibid., p. 122. 338 Ibid., p. 122. 339 Ibid., p. 132. 340 Ibid., p. 133.

168 image of the Egyptian people and Government ,'' afferma il governo di Sadat. 341 Sebbene si tratti degli ultimi colpi di coda di un regime in piena decadenza, la decisione di Sadat rende l’idea dei toni degli articoli di Peronez. Tuttavia il suo apprezzamento in Francia venne sancito dalla Legione d’Onore conferitagli dal ministro della cultura e della francofonia il 14 luglio 1993, occasione in cui il presidente Mitterand afferma: "Vos articles, qui sont plus que des articles, donnent motifs à réflexion, articles dont l'ensemble constitue une œuvre." 342 Un segno della tendenza islamofoba in ambito mediatico, quindi politico, in cui l’islam fait regulièrment la Une de la presse où l’accent est mis souvent sur son “fanatisme”, son “integrisme”, et son “extrémisme 343 , e appare come una sorta di rivelazione improvvisa dopo essere stato presente sul territorio francese come una sorte di Islam di sous-sols per dirla con le parole di B. Etienne 344 . Da notare che gli articoli presi in esame dall’autore ora citato Saddek, a dismotrazione della tendenza islamofoba nei media, sono stati pubblicati sulle due riviste L’Express e Le Nouvel Observateur , tra il 1980 e il 1996. Il risveglio dell’interesse per l’islam degli anni ’90 viene spiegato come reazione alla maggior visibilità dell’islam minoritario sul territorio francese e al risveglio dell’interesse per l’islam nel mondo in generale 345 . Parte integrante e complementare dell’orientalismo islamizzante, ideologia concretizzatasi proprio con la spedizione napoleonica 346 , è quello inerente ai cristiani in terra d’Islam. La produzione francese al riguardo è piuttosto copiosa e i termini negativi ben evidenti 347 . La ricercatrice Mayeru Juen definisce gli autori della visione negativa e

341 Cfr. Farrell W.E., Egypt ousts French reporter because of “insulting” articles , in New York Times , September 14, 1981. 342 Cfr. http://fr.academic.ru/dic.nsf/frwiki/858420 343 Saddek R., L’Islam dans le discours mediatique , Al-Bouraq, Beyrut, 1998, pp. 12-13. 344 Ibid., p. 12 345 Si veda il lavoro di analisi della stampa settimanale effettuato da Sadiq Sabah che ben mette in risalto i toni orientalistici del discorso mediatico in Francia sull’islam. Cfr. Rabah S., L’islam dans le discours médiatique: comment les médias se représentent l’islam en France? , Al-Bouraq, Beyrut, 1998. Si veda anche Al-Ṣa‘ īd E., Covering Islam: how the media and the experts determine how we see the rest of the world, cit. 346 L’orientalismo islamizzante è il risultato dell’applicazione alla realtà islamica, a partire dalla prima metà del XVII secolo, delle nuove tecniche delle scienze umane messe a punto da eruditi cattolici Cfr., Laurens H., Les origines intellectuelles de l’expédition d’Égypte. L’Orientalisme islamisant en France (1698 – 1798) , Editions Isis, Parigi, p. 2. 347 Mentra altri titoli francesi esemplificativi:

169 essenzalista dell’Islam, “les prophètes de la “mort” des chrétiens d’Orient”, 348 identificandone l’archetipo nella “mediocre” 349 ricercatrice israeliana Bat Ye’or. I copti, per il fatto di essere cristiani in un paese a maggioranza musulmana, ne fanno parte. Nel 2004 il giornale Le Monde pubblica in collaborazione con la casa editrice L’Aube un dossier su Chrétiens en terre d’islam costituito da articoli inerenti al tema e pubblicati su Le Monde tra il 1990 e il 2004. Nell’introduzione di Henri Ticq 350 , autore ricorrente negli articoli sui copti nel suddetto quotidiano, sottolinea come vi siano dei punti caldi in Asia e Africa in cui i conflitti interconfessionali ne menacent pas l’équilibre du monde, mais les massacres qui s’y produisent régulièrement confirment l’idée que les conflits ethnico-religieux risquent de déchirer, au XXIª siècle, des régions où le christianisme stagne ou régresse, alors que l’islam, démographie et prosélytisme aidant, progresse. 351

E nella conclusione ribadisce:

Palestine, Égypte, Irak, Algérie, etc., autant de pays où les minorités chrétiennes se sentent otages des extrémismes en conflit. Faut-il partir, comme le veut une tenace tradition d’exode, ou rester, pour garantir la défense d’un certain modèle de

348 Cfr. Histoire du Christianisme , cit. p. 471. Bat Ye’or è colei, infatti, che ha forgiato il neologismo dhimmitude (da dhimmi , protetti, secondo l’accezione vigente durante l’Impero Ottomano), ad indicare la nuova condizione di sottomissione dei cristiani in terra d’islam. Tra i titoli di questa autrice: Les chrétientés d'Orient: entre jihad et dhimmitude, VIIe-XXe siècle , Ed. du Cerf , Parigi, 1991; e una nuova edizione con la casa editrice J.C. Godefroy nel 2007; Juifs et chrétiens sous l'islam , Berg international, Parigi, 2004. 349 Mayeur-Jaouen C., Les Chrétiens d’Orient au XIX siècle : un renouveu lourd de menaces , in Mayeur J.M. e Pietri L. (sous dir.), Histoire du Christianisme des origines à nos jours , vol. XI, 1995, p. 471. 350 Giornalista specialista di questioni religiose ha lavorato per il giornale La Croix e Le Monde dal 1985 al 2008. Nel 2002 gli viene conferito il premio John Templeton fondazione statunitense, gestito dalla Conférence des Églises européennes (KEK) nei locali della Fédération protestante de France, une organisation associée de la KEK. Premio volto a « honorer les journalistes de la presse séculière écrivant sur la religion avec pertinence, impartialité et dans un esprit œcuménique ». Cfr http://www.ceceurope.org/fileadmin/filer/cec/CEC_Documents/Press_Release_Attachments/Press_Re lease_Archive_files/2000_2002_Press_Release_Archive/cq0235f-print.htm. Mentre nel 2007 gli viene conferita la Legion d’Onore 351 Cfr. Les Dossiers du Monde, Chrétiens en terre d’Islam , L’Aube/Le Monde, Parigi, 2004, p. 15

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civilisation ? C’est le dilemme auquel sont soumis des communautés inquiétés de leur avenir et de leur pays et attirés par la liberté et la démocratie de pays d’Occident 352 .

Questo è il quadro in cui vengono inseriti i cinque articoli del dossier sui copti. Nel secondo capitolo si è visto quanto il desiderio di lasciare l’Egitto per cercare migliori condizioni di vita non sia legato alla religione, quanto alle condizioni socio- economiche del paese. Condizioni che hanno conosciuto un degrado progressivo fino a condurre alla rivoluzione del 2011. Ne è una dimostrazione l’aumento dell’emigrazione illegale verso le coste europee. L’immagine degli “ostaggi” riferito ai copti rientra in un linguaggio estremista che l’Egitto non conosce, se non nella versione propagandistica dei copti militanti del mah ǧr.

1.3 Le opere prettamente politiche e l’affermazione in ambito francofono del concetto di communauté per il caso copto.

Delle opere in francese sui copti elencate nel capitolo precedente, solo tre (Barbulesco, 1990; al-Khawaga, 1993; Guirguis, 2011) analizzano nei dettagli le dinamiche interne, la strutturazione e le caratteristiche della comunità in quanto entità politica costituitasi a partire dall’epoca nasseriana intorno alla Chiesa 353 . La tesi di Guirguis, pubblicata nel 2012 dall’editrice Khartala con il titolo Les Coptes d'Égypte. Violences communautaires et transformations politiques , riceve nel 2013 il premio speciale dell’ Oevre d’Orient per « l’originalité de ce premier ouvrage d’envergure écrit par un universitaire copte qui donne un accès direct à des sources islamistes et coptes inconnues du public français. Il offre des clés de compréhension

352 Ibid., p. 157. 353 Barbulesco L., 1990; Khawaga D., 1993;

171 sur la situation des coptes en Égypte » 354 . Copti d’Egitto che vengono inseriti nella prefazione di Hamit Bozarslan nell’insieme « des communautés chrétiennes, qui ne jouissent que d’un statut de subalterne, pour ne pas dire d’otage, dans l’ensemble des mondes arabes et musulman »355 . La responsabilità della loro condizione d’inferiorità va spiegata, continua l’autore, con la pesante eredità lasciata dal passato islamico e ottomano e con l’attitudine dello stato, il principale responsabile della fitna e del processo di minoritarizzazione che rinchiude i copti, in quanto individui, in strutture comunitarie, fino a farli divenire degli « etrangers de l’interieur »356 e a ricorrere alla violenza nei loro confronti. All’interno dell’opera viene tuttavia messo ben evidenza il ruolo della chiesa ortodossa, la sua collaborazione con il regime, nonché la frammentazione della comunità, tale solo a livello di valori e simboli piuttosto che di legami tra gli individui. Di fatto, uno degli aspetti più interessanti dell’opera in relazione al soggetto della presente ricerca è proprio la definizione che da di comunità in relazione ai copti:

Le fait communautaire ne se forge par conséquent pas grâce à l’élaboration de « liens » entre les individus. Il prend corps dans un système de sens et de valeurs, de signes et de codes, dans les institutions qui les incarnent, ce que Dina al Khawaga a, précisément, brillamment montré dans sa thèse. Et la communauté n’existe qu’à travers des tentatives de représentation et de figuration toujours imparfaites, inachevés, elle n’a de réalité qu’utopique. 357

Il merito della tesi di al-Khawaga, già citata nel primo capitolo, sta proprio nel fatto di aver ricostruito le dinamiche della costruzione comunitaria copta attraverso un lavoro empirico della realtà 358 .

354 http://www.karthala.com/terres-et-gens-dislam/2626-les-coptes-d-Égypte-violences- communautaires-et-transformations-politiques-2005-2012-9782811107451.html 355 Guirguis L., Les Coptes d’Égypte. Violences structurelles et transformations politiques (2005- 2012), Khartala, Parigi, 2013, cit, p. 9. 356 Ibid., p. 12. 357 Ibid., p. 358 Cfr., D., Le renouveau copte: la communauté comme acteur politique , cit. p. 9.

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Accennando alla connotazione culturalista del termine comunità, dal momento che in arabo non vi è un corrispettivo diretto, la ricercatrice egiziana musulmana, rintraccia nella “donné communautaire” 359 , e nell’ ”action communautaire” 360 , “un excellente mode de contestation de la modernité,” 361 i cui valori e modi di organizzazione sono stati “importés sense être produits par l’ensemble de la societé.” 362 Una cristallizzazione della comunità come attore politico 363 intorno alla figura di Shenuda che va a smantallare il sistema nazionale 364 e che va di pari passo con il neo- movimento dei Fratelli Musulmani.365 Un’azione tanto centralizzata quella di Shenuda da non lasciar spazio per la trattazione degli elementi “rivali” 366 , che vengono invece ben evidenziati nella tesi di Barbulesco, di due anni anteriori, in cui il ricercatore descrive come “fittizia” 367 la definizione di comunità copta, per la sua estrema frammentazione a livello sociale, economico e politico, per cui non può essere considerata come “un unico attore”. 368

Interessante notare che Guirguis è figlia di un prete copto, ma protestante; al- Khawaga un’egiziana musulmana e Barbulesco un ortodosso franco-rumeno. Tutti e tre volti a gurdare con occhio critico la Chiesa Copta Ortodossa.

359 Ibid., p. 26. 360 Ibid. , p. 26. 361 Ibid. , p. 26. 362 Ibid. , p. 27. 363 Ibid ., p. 423. 364 Ibid., p. 424. 365 Ibid., p. 424. 366 Ibid., p.421. 367 Barbulesco, cit. p. 32 368 Ibid, p.32.

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1.4 Il faraonismo come base mitologica dell’ identificazione comunitaria.

Gli storici sono soliti riportare che Napoleone, quando giunse in Egitto non fosse affatto interessato ai copti 369 , quanto piuttosto all’elite musulmana, nell’ottica di conquistare la cooperazione e la lealtà della classe dirigente nativa egiziana per distruggere il dominio militare dei mamelucchi, quindi del governo centrale ottomano 370 . Questa la sua simpatia per la religione islamica ribadita in diverse dichiarazioni. 371 I copti rappresentavano per i Francesi dell’epoca dei Lumi, l’oscurantismo cristiano con un carattere perfido e un odio verso gli europei più profondo e atroce di quello dei maomettani”, stando alle parole del naturalista Sonnini 372 . Disinteresse che diventa sinonimo di mancaza di ripercussioni della presenza francese sui copti, secondo le ricostruzioni storiche sull’Egitto da parte di alcuni autori Francesi 373 .

L’analisi delle pubblicazioni in francese relative ai copti dimostrerà al contrario quanto importanti siano state le conseguenza sull’identità religiosa attuale egiziana, e nello specifico copta, della presenza francese nel paese. L’esigua produzione francofona relativa ai copti da un punto di vista socio-politico tiene ugualmente in grande considerazione l’elemento culturale. Tanto che sono solo otto le opere strettamente politiche 374 e di queste cinque sono delle tesi, tre di

369 Cfr. Chalaby, p. 60. E sembra aver dato come istruzione ai luogotenenti: « n’hesitez pas à toujours donner aux musulmans la preference sur les chrétiens” Cfr. Chaleur, p. 142. 370 Cfr., Vatikiotis, p. 39. 371 Recita la proclamazione fatta ai soldati a bordo dell’Orient : “[...] Les peuples avec lesquels nous allons vivre sont mahometans; leur premier article de fois est celui-ci: il n’y a pas d’autre dieu que dieu et Mahomet est son prophète. Ne le contredisez pas ; agissez avec eux comme nous avons agi avec les juifs, avec les Italiens ; ayez des égards pour leurs muftis et leurs imams, comme vous en avez eu pour les rabbins et les évêques. […] Cfr. Sole R., Bonaparte à la conquête de l’Égypte , Points, Parigi, 2010, p.57. Sul tema di veda anche Cherfils C., Bonaparte et l’Islam , Alcazar Publishing, Studley, 2005. 372 Cfr., Cannuyer C., L’Égypte copte, les chrétiens du Nil , Gallimard/IMA, 2000, Parigi, p. 91. 373 Si veda, ad esempio, Abbas C., Les coptes d’Égypte , Docteur Abbas Chalaby, Parigi, 1973, pp. 72- 73. 374 Barbulesco L., La participation politique de la communauté copte d'Égypte (1881 - 1981) : attitudes collectives et orientations idéologiques cit.; al-Khawaga D., Le renouveau copte : la

174 dottorato (Barbulesco, Khawaga e Guirguis) e due, entrambe inerenti ai copti in Francia, di master (Ayad, Albrieux), quindi maggiormente limitate all’ambito accademico. Mentre una è la traduzione dall’arabo di una tesi di dottorato in inglese, quella di al-Faqi di cui si è parlato nel primo capitolo. Escluse queste otto opere, schema e contenuto delle pubblicazioni è piuttosto ripetitivo. Il messaggio iniziale di introduzione si è soliti specificare che l’obiettivo principale è quello di rimediare all’ignoranza tra il pubblico occidentale in riferimento a una civiltà che, nonostante abbia lasciato una così grande eredità alla civiltà europea, sia poco considerata. E tanto meno difesa, nonostante le molteplici persecuzioni a cui è stata oggetto nel corso della sua storia tanto da essere presentata come la Chiesa Copta viene presentata come “la chiesa piu persiguitata nella storia del cristianesimo”. 375 Per dare un’idea dei toni con cui se ne parla riportiamo qui quattro paragrafi introduttori relativi al tema di opere pubblicate in diversi anni.

Chauleur Sylvestre, 1960

[…] nous avons voulu faire connaitre l’histoire des Coptes depuis la fondation du christianisme en Égypte jusqu’au début des temps modernes : nous avons voulu montrer que depuis la fondation de l’Eglise, la foi et la charité se sont multipliée sur la terre de Pharaons malgré les persécutions et les tracas de toutes sortes.

Mais qu’importe que l’orage se soit déchaîné sur cet arbre divin ? L’orage a bien essayé de le déraciner, mais il n’a fait que porter plus loin la bonne odeur et la semence d’éternelle vertu. 376

communauté comme acteur politique, cit.,; Guirguis L., Fait minoritaire et violence structurelle : emergence d’une « question copte » et mutations contemporaines de la scène politique égyptienne , cit., Albrieux L., La communauté copte en France, tesi sostenuta nell’Università Paris-Sorbonne, sotto la direzione di Mme Picaudou, nel 2007 ; Chatillon C., Les coptes d´Égypte. Discriminations et persecutions , cit., al-Fiqi M., Les Coptes en politique égyptienne : le rôle de Makram Ebeid dans le mouvement national, cit., Shaimaa M., Les migrations coptes aux Etats-Unis, cit., Ayad C., La communauté copte 375 Opinione ribadita in tutte le ricostruzioni storiche della chiesa copta ortodossa egiziana. Tra cui si veda al-Masri I.H., Story of the Copts , Middle East Council of Churches, Cairo, 1978 o Magdi S. Z., Histoire des coptes d’Égypte , Éditions de Paris, 2005, Laurence A., Les Coptes, la foi du désert , Editions de Vecchi, Paris, 1998. 376 Cfr., Chauleur S., Histoire des Coptes d’Égypte, La Colombre, Paris, 1960.

175

Cannuyer, 1990

[…] Des minorités chrétiennes du Proche Orient, la nation copte est la plus nombreuse. C’est une chrétienté vénérable par son âge et sa fidélité, par ses apports au christianisme universel – ainsi le monachisme. Et par les persécutions endurées sous les signes des Césars ou celui du Croissant, Toutefois, peu d’Occidentaux la connaissent bien, La gloire des pharaons et la superbe de l’islam leur occultent la lumière pourtant très pure de sa civilisation. Peu de minorité sont aussi mal défendues par l’opinion internationale que les Coptes, lorsqu’ils sont en danger. Cependant, ils pourraient joueur un rôle essentiel dans l’évolution prochaine du Levant, opposant un verrou irréductible à certain fanatisme dont, déjà, les prémices nous angoissent. L’Occidental d’aujourd’hui, surtout s’il est chrétien, doit aller à la rencontre de ce peuple, héritier des pharaons, premier-né du christianisme africain, opiniâtrement fidèle aux promesses de son baptême. Au delà des vaines divisions et des blessures de l’histoire, au delà du fossé culturel ou géographique, il doit le reconnaitre comme un frère ainé, qui beaucoup lui a donné et beaucoup peut lui apprendre. Voilà le dessein de ce livre 377 .

Zaki Magdi Sami, 2005.

Les coptes sont donc les Egyptiens autochtones, descendants directs du peuple pharaonique « qui n’ont été ni hellénisés ni arabisés ». Les coptes ne sont pas seulement les héritiers de la plus ancienne civilisation par la race mais aussi par la langue, la liturgie, la musique, les mœurs, les symboles

On est intrigué par ces naufragés de l’Égypte antique, devenus minorité solitaire chez eux et qui résistent, subissent toujours par un mystère inexplicable puisé au fond des âges dans la plus brillante des civilisations, laquelle a profondément marqué le judaïsme, le christianisme, l’islam et dont la langue populaire, c’est-à-dire la langue copte, a alimenté jusqu’aux vocabulaires européens 378 .

377 Cfr. Cannuyer C., Les Coptes , Brepols, Parigi, 1990, pp.7-8. 378 Zaki S., Histoire de l’Eglise Copte, Ed. de Paris, Parigi, 2005, p.

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Christine Chaillot, 2011

Il ne faut jamais oublier que les coptes vivent en Égypte depuis le temps de pharaons, bien avant la venue de l’islam. Les coptes sont d’authentiques Égyptiens. La langue copte est issue de la langue pharaonique dans son avant- dernier stade, celui du démotique. Cette langue ancestrale est toujours utilisée pour les prières - le mot « copte » signifie « égyptien ». […] C’est dans le but d’informer un grand public peu au fait de ce sujet que j’ai eu l’idée d’écrire ce livre à propos des problèmes des coptes […] 379 .

Segue una ricostruzione storica della presenza cristiana in Egitto in cui viene sottolineato come il paese sia una delle prime terre in cui il critianesimo sia riuscito ad imporsi sul paganesimo 380 nonché l’unica che insieme alla Palestina può vantare di essere stata onorata della presenza di Gesú attraverso il passaggio della sacra famiglia, le cui tappe sono state minuziosamente canonizzate nel XVII e XIX secolo 381 . Infine, la separazione da Bisanzio, l’occupazione romana e quella araba. I due aspetti che più di ogni altri vengono sottolineati sono la corrispondenza tra la storia della Chiesa Copta da un lato e quella del paese in generale, ovvero una forte identificazione territoriale che la formula copte d’Égypte, molto frequente nei titoli delle pubblicazioni francofone, ben sottolinea; e che la Chiesa Copta Ortodossa risulta essere la chiesa più perseguitata nella storia della cristianità 382 , “une église “marytre”, minoritaire et souffrante. 383 ”, che risulta essere come “cet Abel opprimé, mais indistructible, qui conquiert le monde au prix et par la vertu de son sang” 384 . Una parte viene poi dedicata ad aspetti più artistici, in particolare l’arte, la letteratura e talvolta la dottrina teologica. L’ultima sezione è generalmente riservata all’attualità

379 Cfr. Chaillot C., Les coptes d’Égypte. Discrimination et persécution, cit., pp. 13-14 e 17. 380 Zibawi M., ....cit., p. 27 381 Ibidem., p. 25. Meinardus ricostruisce in maniera dettagliata tutte queste tappe sulla base di tradizioni ecclesiastiche e popolari tramandate oralmente. Cfr., Meinardu O., Two thousand years of coptic christianity , pp.13-27 e Meinardus O., Chrisitan Egypt , cit. pp.1-4 382 Opinione ribadita in tutte le ricostruzioni storiche della chiesa copta ortodossa egiziana. Tra cui si veda al-Masri I.H., Story of the Copts , cit., o Magdi S. Z., Histoire des coptes d’Égypte , cit., Laurence A., Les Coptes, la foi du désert , cit. 383 Quanto si legge nell’introduzione di Zibawi di Jean-François Colosimo, p. 12 384 Chauleur, cit., p. 8

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“les Coptes aujourd’hui”, in cui si parla del ripiegamento della comunità su se stessa a seguito dell’islamizzazione del paese con Sadat 385 . Ed è proprio quando viene utilizzato in maniera definitiva il termine comunità per parlare dei copti, come se tutta la ricostruzione storica e culturale servisse da base per creare l’entità politica.

Il punto interessante su cui è fondamentale soffermarsi è il collegamento storico tra Egitto faraonico, copto e islamico, o meglio il considerare la presenza di un’epoca copta intermediaria tra l’Egitto faraonico e quello islamico per cui i copti diventerebbero i discententi diretti dei faraoni. 386 Escluse poche eccezioni, in tutte le opere in Francese vengono presentati come i “discendenti” , “heritières” 387 i “figli” dei faraoni”, viene ribadito il significato e l’origine della parola “copte” (aqb āṭ = aeigiptus = egiziano) dando come valida una delle interpretazioni possibili e specificato il legame con l’Egitto attraverso il binomio “Coptes” / “Égypte”, ricorrente nei titoli delle pubblicazioni a carattere socio-politico. Una specificazione territoriale la cui necessità è dovuta alla presenza dei copti al di fuori dei confini nazionali a seguito sia dell’espansione missionaria della Chiesa Copta 388 , sia per il fenomeno dell’emigrazione egiziana, ma che allo stesso tempo sottolinea l’egizianità dei copti. Una designazione cultural-ideologica, dai risvolti politici, della “comunità copta”, che da adito a estremizzazioni a carattere etnico che vogliono i copti i “veri egiziani” e la comunità una “nazione copta.” 389 La formula “discendenti dei faraoni” passa ad essere “discendenti diretti” 390 , o “veri discendenti” che nella loro liturgia “parlano ancora la lingua dei faraoni” 391 .

Affermazione che ha una parte di verità, ma che non tiene in considerazione una serie di elementi, altrettanto fondamentali, o meglio complementari alla discendenza faraonica. Innanzi tutto, che la spedizione militare degli arabi contava un numero

385 Abbas, Bourguet, cit., p. 107 ; Laurence, cit., p 123. 386 Interessante notare come i nubiani vengano definiti i “ pharaons” o “les derniers des pharaons”. Si veda, rispettivamente: Morkot R., The black Pharaons: Egypt’s Nubian rulers, Rubicon Press, 2000; Rampal J.C., Le Nil, un fleuve qui donne du génie, Le Monde, 26-09-2008. 387 Zaibawi p. 17 388 A tal proposito si veda Abdel Fattah H.M., The Role of the Coptic Church in Africa , in African Perspectives, Volume 10 - Issue 36 – 2012, pp. 65-70. 389 Cfr. Cannuyer C., cit., p. o Selim N., cit. 390 Cfr., Coudougnan G., Nos Ancestres les Pharaons… L’Histoire pharaonique et copte dans les manuels scolaires egyptiens , Cedej, Il Cairo, 1988, o Zaki S., cit. 391 Abdel-Sayed E., Les coptes d’Égypte. Les premiers chrétiens du Nil 1992

178 esiguo di individui. E gli egiziani musulmani attuali altro non sono che dei cristiani convertiti all’islam nel corso di vari secoli. Secondariamente che l’utilizzo del termine copto con l’accezione religiosa che ha assunto a seguito dell’arrivo degli arabi musulmani, per indicare la fase storica post-faraonica e pre-islamica non è del tutto appropriata. Si tratta di una “retroattività artificiale” 392 dal momento che i musulmani tardarono circa due secoli prima di divenire essi stessi maggioranza numerica in mezzo a una popolazione in gran parte cristiana e in minor misura pagana. Inoltre, il passaggio tra la civiltà faraonica e quella “copta”, presentata in termini di “eredità”, non tiene in considerazione della previa ellenizzazione della società post-faraonica, se così si vuole definire. Tanto che i primi cristiani in Egitto erano degli egiziani ellenizzati di lingua greca, concentrati, come si è visto nel primo capitolo, nelle grandi città del Nord (Alessandria fu per anni il centro ellenico più importante con grandi figure quali Clemente e Origene) a differenza degli egiziani del Sud. Questi nel 451 decisero di staccarsi formando una chiesa autonoma, la Chiesa Copta Ortodossa egiziana, a lungo considerata come eretica e pertanto marginalizzata. Fatto sta che, mentre i copti sarebbero in linea diretta con la società faraonica, l’arrivo degli arabi viene presentato in maniera unanime come invasione. È certo che i musulmani erano soldati e giunsero armati con l’obiettivo di conquistare un nuovo territorio; loro stessi definiscono fata ḥ (conquista) la spedizione in Egitto. Tuttavia viene dimenticato con troppa facilità la contrapposizione e le battaglie della giovane Chiesa Copta con il resto dei pagani e dei tiranni con le loro eresie e false credenze, presenti prima della cristianizzazione dell’Egitto 393 , nonché la distruzione di pitture e rappresentazioni delle divinità per dimostrare la loro avversione e ripugnanza verso il paganesimo pre-cristiano 394 . Interessante a proposito lo studio sulle origini dei maulid copti e musulmani effettuato da Catherine Mayerus Jouen, in cui dimostra come si attribuiscano origini senza tempo, quindi faraoniche, a pratiche cultuali popolari egiziane, cristiane o

392 Bourguet, Les Coptes, cit., p. 8. 393 Westerfeld J. T., ‘Christian Perspectives on Pharaonic Religion: The Representation of Paganism in Coptic Literature’,Journal of the American Research Centre in Egypt, pp. 5-12. 394 Cfr., Meinardus O., Christians in Egypt, Orthodox, Catholic, and Protestant , Amercain University in Cairo Prees, Il Cairo, 2006, p. 2.

179 musulmane che esse siano 395 e non vengano invece messe in risalto “les ruptures sans retour qui caracterizent les passages d’ une religion à l’autre” ovvero del passaggio dal paganesimo, già sconvolto dall’ellenizzazione, al cristianesimo e dal cristianesimo all’islam. 396

Una spiegazione di tale identificazione ereditaria della cultura copta - faraonica, presente negli autori Francesi, potrebbe risiedere nel ruolo giocato dalla cultura e produzione artistica copta nel rafforzamento della missione scientifica francese in Egitto. Se l’Egittologia ne è l’espressione massima, per capire l’importanza rivestita dai copti basti considerare che, oltre alla stele di Rosetta, la lingua copta, nella versione dell’ultima fase demotica, i cui suoni sarebbero la riproduzione fonetica dei gereogriflici, fu fondamentale a Champollion per la decifrazione della scrittura degli antichi egizi. Non a caso la decifrazione dei gereoglifici nel 1882 rappresenta il primo dei due momenti che sanciscono lo svegliarsi dell’interesse francese per i copti. L’altra occasione è l’esposizione universale di Parigi nel 1900 quando vennero esposte delle stoffe copte, scoperte da Gayet nel 1896 su commissione di Emile Guimet, un industriale di Lione 397 . Si afferma così il settore copto nell’archeologia, facendosi strada in mezzo a quello delle altre grandi civiltà classiche. Fu ad opera di un Egittologo francese, Gaston Maspero, che venne aperta nel museo del Cairo una sezione dedicata all’arte copta, rivalutata e inserita nel circuito turistico cairota 398 . E sempre come conseguenza dell’interesse occidentale, e rancese in primis, per l’archeologia copta, nel 1908 venne aperto il primo museo copto, che divenne museo di stato nel 1931, mentre nel 1938 l’Association des Amis de l’art copte, fondata tre anni prima da Mirrit Boutros Ghali Bey, viene trasformata nella Societé d’Archeologie Copte 399 . L’arte copta viene relazionata, sin dal principio, proprio ad una delle civiltà classiche di grande interesse, la faraonica appunto. I copti, tutti e in blocco come fosse una società compatta e omogenea in tutto l’Egitto, passano ad essere “ i discendenti

395 Cfr. Mayeur-Jaouen C., Pèlerinages d’Égypte. Histoire de la piété copte et musulmane , xve- xxe siècles , Éd. de l’Ehess, Parigi, 2005, pp. 33-35. 396 Ibid., p.39 397 Bourguet P., Les Coptes , cit., p. 76. 398 Ibid. , p. 78. 399 Ibid. , p. 78.

180 diretti dei faraoni” 400 . Il catalogo dell’ esposizione sull’arte copta in Egitto organizzata nel 2000 all’Istituto del Mondo Arabo di Parigi, è rappresentativo del connubio copti - passato faraonico creato attraverso il canale artistico dalle scoperte archeologiche Francesi. 401 Mentre l’esposizione realizzata nel 2010 sulla collezione copta del museo del Louvre viene intitolata Un autre Égypte , in cui la civiltà copta diventa “la civilisation égyptienne, peu connu ou méconnu, qui commence avec l’apparition du christianisme durant l’époque romaine et perdure bien après l’arrivée des Arabes musulmans”. 402 Se la responsabilità francese è indiscussa nello svegliare il sentimento identitario dei copti con gli antenati faraonici, altri due elementi, l’uno correlato all’altro, vanno tenuti in considerazione nell’evoluzione di questo sentimento. In primis che il faraonismo non è esclusivamente relazionato con i copti: nella prima metà del XX secolo, aveva un raggio di utilizzo su scala nazionale. Non solo tra i massimi esponenti si trovano tra i più grandi letterati egiziani musulmani, quali Taha Hussein, Muhammad Hussein Haikal o Twfiq al-Hakim, bensì è divenuta una vera e propria ideologia politica in ottica nazionalista come elemento di coesione, trascendendo le differenze religiose, e orgoglio nazionale, creando origini mitiche dell’Egitto in quanto nazione. Una parte integrante della più ampia ideologia della wa ḥda wa ṭaniyya (unità nazionale). Significativo il discorso riportato sui testi scolastici a tal proposito:

Ce livre est sur la civilisation de tes ancêtres, les anciens Egyptiens, ce peuple qui fut le premier à passer de la condition de bédouins à celle de civilisés. Il créa la civilisation humaine et la fit progresser jusqu’à ce que la leur prennent des peuples qui n’auraient pas atteint la civilisation à laquelle ils seraient parvenus s’ils n’avaient pas appris de ces Egyptiens l’artisanat, le commerce, l’art, la religion, la littérature et les autres éléments de progrès humain. […]

400 Cfr., Munier H., Gaston Maspero et les études coptes , in Bulletin des Amis des églises et de l’art copte , 1, 1935, pp. 27-36. 401 Cfr. Rutschowscaya M.H., L'art copte en Égypte : 2000 ans de christianisme , Galimard, Parigi, 2000. Tale tipo di riferimenti si ritrovano nell’introduzione Naissance et reconnaissance de l’art et de l’archéologie coptes , pp. 19-23 ; nel discorso inaugurale del presidente dell’IMA, Dr. Nasser el – Andary, p. 2 e nell’articolo di Cannueyer, Les coptes .vingt siecles d’histoire chrétienne en Égypte, p. 26. 402 http://musee.louvre.fr/bases/neyret/contenu_a.php?page=1210&lng=0&

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l’Égypte est le don de l’intelligence de son peuple, de son activité, de ses efforts, de son assiduité, de son unité. Sur eux-mêmes ils ont compté, à leur intelligence ils se sont fies et de leurs seuls efforts ils ont cultivé (la terre) 403 .

Secondariamente il ruolo della Chiesa Copta nella strumentalizzazione di tale ideologia nell’ambito del risveglio di cui si è parlato. Studiosi degli istituti di ricerca copti fondati ai tempi di Cirillo VI si interessano alla lingua copta e alla sua similitudine con i geroglifici in chiave di continuazione con la lingua degli antichi faraoni. 404 Si diffondono tra i copti nomi di origine faraonica quali Amonius, Anub, Bakhum, Isis, Shenuda, Serapion, Ramses, Wissa 405 , mentre nell’Istituto Superiore degli Studi Copti ad Abbasiya, fondato dalla Chiesa nel 1954, emerge una nuova scuola di iconografia sotto la leadership di Isaac Fanous, la figura più eminente nello scenario artistico copto della seconda metà del XX secolo. La sua scuola propone un rinnovamento dell’arte iconografica attraverso una rivalutazione della tradizione egiziana, ispirandosi “aux fresques des tombeaux égyptiens et des portraits du Fayoum, ces représentations du défunt placées sur les momies de l’époque romaine »406 , si legge in un articolo di Le Monde inserito nel Dossier precedentemente citato. Da notare che Isaac Fanous aveva compiuto la sua formazione a Parigi nel museo del Louvre in cui aveva studiato le tecniche di restauro degli antichi e all’istituto ortodosso Saint-Serge con il maestro Léonide Ouspensky, pittore di origini russe specializzato nell’arte dell’icona. Le sue pitture decorano le chiese copte ortodosse in tutto il mondo 407 , contribuendo a creare una coesione comunitaria anche dal punto di vista raffigurativo, di grande impatto sui fedeli.

403 Tratto dalla presentazione del testo scolastico per le scuole primarie del 1957 e scritto da Muhammad ed-Din Gamal Mukhtar, il testo verrà ripreso, con poche varianti, nei testi scolastici del 1960 e del 1984 scritti sempre dallo stesso autore. Cfr. Coudougnan G., Nos ancetres les pharaons…l’histoire pharaonique et copte dans les manuels scolaires egyptiens, cit., pp. 47-55. 404 Cfr., Chalaby cit., p. 128. 405 Interessante vedere le tendenze nell’attribuzione dei nomi da parte dei copti secondo il periodo storico specifico. Cfr. Meinardus O.F., Christians in Egypt, Orthodox, Catholic, and Protestant , cit., p. 2 e 54. 406 Cfr. Les dossiers du Monde, cit., pp. 124-127. 407 Meinardus O.F., Christians in Egypt, Orthodox, Catholic, and Protestant ,, p. 56

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Le pharaonisme: de la France à l’Égypte

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Legare la storia della Chiesa Copta ai lontani tempi faraonici ribadisce da un lato l’egizianità della Chiesa Copta Ortodossa nell’ottica di differenziazione nei confronti dei greci 408 , in epoca più antica, e di legittimazione sul territorio nei confronti degli arabi, successivamente; da cui deriverebbe il rifiuto dello statuto di minoranza. Dall’altro, rappresenta un elemento dimostrativo del fatto di costituire una delle prime chiese in assoluto della cristianità. I copti émigrés estremizzano il discorso fino a farne una rivendicazione etnica.

2. Un anello di conguinzione tra letteratura francofona sui copti e la loro costruzione identitaria: i copti emigrati in Francia .

Chez nous les coptes, on fait partie de cette minorité chrétien qui ne s’est pas converti à l’islam quand l’Égypte a été envahie par les arabes.

Quand j’étais petit mes parents [en France, ndr] me répétaient tout le temps : « nous les coptes on est le vrais égyptiens, descendants des pharaons ». Du coup jetait persuadé d’être le vrai fils de Toutankhamon.

Questa la battuta iniziale del film del regista franco-egiziano Narim Abel Messeeh La Vierge, les coptes et moi, uscito nelle sale cinematografiche francesi il 29 agosto del 2012. Battuta che ben esemplifica le ripercussioni della presenza francese in Egitto e del faraonismo diffuso dagli studiosi francesi, e non solo, sulla rappresentazione identitaria dei copti attuale. Anche l’aneddoto riportato da Chalaby va nella stessa direzione:

« Vous êtes quoi, tunisien? Algérien? », demandait, curieuse, la ménagère parisienne au nouveau vendeur de salades sur le marché. "Non, madame, je suis chrétien comme

408 Cfr. Van der Vliet J., The Copts:“the modern sons of the Pharaons”? , cit.

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vous, je descends des pharaons et je suis égyptien!", répondit le jeune homme au teint pain brûlé et aux cheveux crépus à sa cliente. 409

I copti residenti sul territorio francese costituiscono un forte anello di connessione tra gli studiosi francesi e i copti in Egitto, dal momento che il legame degli emigrati con la madrepatria, come si è visto, resta estremamente forte ed è in gran parte dovuto agli sforzi compiuti dalla Chiesa Copta in questa direzione. Nel 2011 nasce il blogcopte che creato « pour la communauté copte dans les pays francophones », è divenuto oggi « une veritable source d’informations pour des grands sites tels que France-Info, Le Figaro ou LaVie.fr » ed aspira a diventare un canale televisivo. 410

E i copti in Francia riprendono appieno termini e concetti degli studiosi francesi avendo come obiettivo quello di far maggior presa tra il pubblico francese e ottenere la simpatia e il sostegno di politici e persone influenti, nel caso di coloro maggiormente impegnati nella causa copta. Un esempio tra tutti è offerto dalla rivista Le Monde Copte , fondata a Parigi nel 1977 su volontà dei voscovi Marcos e Athanasios, personalità non egiziane come si vedrà, con la collaborazione di Pierre de Bogdanoff un ricco francese di origine russe vicino alla Chiesa Copta ortodossa e grande appassionato dell’Egitto e Ashraf Sadek, l’unico copto a Parigi che avesse una formazione in Egittologia e coptologia. L’obiettivo della rivista appunto è di far conoscere al publico francese e occidentale in generale la grande civiltà copta di cui troppo poco si sapeva:

[…]Rêve ambitieux. Faire connaitre le monde copte, si riche de passé, si étendu dans la réalité présente. Initier l’Occident aux trésors spirituels et artistique du monde copte. Etudier toutes les cultures fécondées par l’antiquité du monde copte. Servir de trait d’union à tous les coptes disséminés à travers le globe. Se faire le miroir de la vie quotidienne des coptes aussi bien dans leur

409 Cfr. Chalaby, p. 3. 410 Cfr. Blogcopte.fr/dons/

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patrie au ’à travers les cinq continents. Donner à l’univers matérialiste matière à réflexion et a méditation 411 .

E nel terzo numero si ribadisce e specifica obiettivo e tipo di “informazione” si vuole trasmettere attraverso la rivista:

Le Monde copte s’est donné pour tâche de faire connaitre cet univers si particulier, si riche, si prenant, de le révéler à l’Occident qui en ignore jusqu’à l’existence. C’est une tâche d’information :

- Information sur l’histoire et les aspects qui n’en ont jamais été mis en évidence. - Information sur le folklore, les us et coutumes dans le passé et dans le présent. - Information sur l’art et ses trésors enfouis dans les sables ou les musées. - Information sur la vie quotidienne du peuple copte chez lui, en Égypte, mais aussi information sur les communautés disséminées à travers les cinq continents. - Information sur la foi copte, la foi qui imprègne chaque geste de la vie, la foi qui est le mortier assurant la liaison entre tos ses membres, au point que le vocable COPTE, représentant une ethnie, est devenu synonyme de croyance. 412

Come si può ben osservare, a predominare nelle tematiche trattate è decisamente l’elemento cultural-artistico del mondo copto. Ripercorrendo i sommari dei 34 numeri pubblicati dal 1977 al 2013, ad intervalli piuttosto irregolari dovuto alla mancanza di fondi, è possibile rintracciare tutti gli elementi diffusi nelle opere in francese inerenti al tema. Primo fra tutti, lo stretto legame tra cultura copta e quella faraonica. Nel primo numero non manca un articolo su Jean François Champollion, la persona che più di ogni altra “simboleggia i legami che uniscono il mondo copto con la Francia” per aver creato l’Egittologia e aver scoperto la chiave della lingua

411 Cfr., Le Monde Copte, n.1, 1977, p. 1. 412 Cfr., Le Monde Copte, n. 3, 1977, p.1.

186 copta.” 413 E nel corso dei vari numeri molti sono gli articoli che ribadiscono questo legame, attraverso gli aspetti artistici e linguistici. Tra i più rappresentativi:

- Ces fils des pharaons; 414 - La religion de l’ancienne Égypte a préparé la voie du Christianisme 415 - L’origine égyptienne du temple chrétien 416 - Les rites baptismaux dans l’Eglise ancienne : préfiguration du baptême chrétien? 417 - Filles de la langue égyptienne : les langues coptes418 - Le nouveau Secrétaire général de l’ONU : un fils des pharaons 419 - Du désert des pharaons au désert des anachorètes 420

Nella stessa ottica di continuazione della civiltà copta con quella faraonica, si trovano due articoli in cui viene criticata l’opera di De Lacy O’Leary sul Bulletin de l’Archeologie Copte in cui affermava che la distruzione della maggioranza dei tempi faraonici era dovuta ad alcuni cristiani fanatici 421 . Anche l’aspetto vittimistico della Chiesa Copta viene ripreso nelle ricostruzioni storiche che se ne fanno 422 , da cui risulta che i copti abbiano potuto sopravvivere e mantenere il loro ancestrale legame con l’Egitto “nonostante le persecuzioni e le occupazioni” grazie “al rigore della loro fede e alla stretta osservanza della Tradizione e delle tradizioni” 423. Infine, non mancano articoli che sottolineano come gli elementi

413 Cfr, Sauneron S., Jean-François Champollion, in Le Monde Copte, nº1, 1977, Parigi, p. 20. 414 Cfr., Soeur Nadia Bichara, in Le Monde Copte, n. 4, 1978, p. 3. 415 Ashraf Sadek, , n. 9, 1980, p. 15-19. 416 Ouspensky, , n 9, 1980, p. 13 417 Ashraf Sadek, n. 13, 1988, p. 4. 418 Kasser Rodolphe, , n. 24. 1994, pp. 5-14. 419 Carmen Daoud e Bernadette Sadek, n. 20, 1992, p.80. 420 Ashraf Iskander, n. 21-22, 1993, pp 5-14. 421 Cfr. Habib Labashi, n. 6 1979, p. 15 e la risposta di condivisione da parte di Mounir Chouki, nel numero 8, 1979, p. 27. 422 Si veda a titolo d’esempio l’articolo di Idris el-Masri, L’Eglise invincible, n. 9, 1980, pp. 28-37. 423 Editoriale del numero 3.

187 tipici dell’ortodossia copta, primo fra tutti il monachesimo, si siano diffusi in tutto mondo 424 . Tra gli autori citati in precedenza che si occupano di copti, si trovano articoli di Chaillot, Cannuyer, Bourguiet, Habib al-Masry, Zaki Magdi Sami. Mentre nel numero 3 vengono riportati tre articoli di Peronez 425 , del cui libro “remarquablement charpenté et documenté” 426 viene fatta anche una recensione.

Se si può affermare che la rivista Le Monde Copte è un caso esemplare della ripresa dei topoi degli autori francofoni da parte di autori copti in Francia, non si può fare a meno di citare, in ambito accademico, la tesi dell’attivista copto Selim Naguib, presidente della Canadian Coptic Association, una delle prime organizzazioni copte ad essere fondate tra i copti emigrati. La tesi in questione Les droits des coptes en Égypte: le cas des coptes , viene presentata nel 1992 all’università di Paris 2 Pantheon Assas sotto la direzione di Jean Pierre Ferrier, professore di Diritto specializzato in relazioni internazionali, politica di difesa, diritto costituzionale, problemi politici internazionali (I.H.E.I.) e strategia militare e diritto dei conflitti armati (Beyrut) 427 . Riprendendo la struttura tipica delle opere francesi sui copti, in cui una prima parte viene dedicata ad aspetti artistico-culturali, dichiara di essere stato il “più imparziale possibile” nonostante il fatto che lui stesso faccia parte de cette minorité copte , attraverso numerosi studi e contatti negli ambienti copti in Egitto e nella diaspora.” 428 Il suo obiettivo è quello di dare “un’idea giusta e reale della condizione attuale dei copti in Egitto” 429 dal momento che:

peux d’Occidentaux la connaissent bien, et, partant, ne savent pas que, depuis la conquête arabe, les Coptes se sont repliés sur eux-mêmes, dans une attitude

424 Si veda ad esempio il doppio numero 21, 22, interamente dedicato al monachesimo egiziano, e gli articoli, L’apport des Coptes au patrimoine universel, uno di Bourguet P e Sidarous A., ed entrambe nel numero 25-26, 1995. 425 Cfr., Le Monde Copte, n.3, 1977, pp.15-16. 426 Cfr., Le Monde Copte, n. 4, 1978, p. 54. 427 Cfr. http://www.u-paris2.fr/1196675358571/0/fiche___annuaireksup/ 428 Selim N.., Les droits de l’homme en Égypte: le cas des coptes , tesi in Science Politiche sotto la direzione di Jean Pierr Ferrier, Université de Paris 2, 1992, p. 6 429 Ibid., pp. 2-4.

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conservatrice de gardiens d’une foi menacée. Peu de minorité sont aussi mal défendues par l’opinion internationale que les coptes lorsqu’ils sont en danger. […] Les Coptes n’ont jamais cessé d’être sur le qui-vive, la faveur, le simple apaisement, un règne juste étant toujours gâté par l’angoisse de l’inévitable revirement. Même les intellectuels musulmans refusent de regarder la réalité en face, d’ouvrir les archives islamiques ; ils ont trop peur d’y découvrir ce qu’ils savent confusément mais qu’ils ne veulent pas admettre : l’injustice multiséculaire faite aux Coptes par l’Islam égyptien 430 .

Nella tesi ricorrono termini quali nation copte 431 , l’ ethnie copte, 432 génocide déguisé du peuple copte 433 , des victimes sans qu’il y ait eu provocation de leur part 434 o Oasis de fraicheur dans un désert musulman 435 . E conclude invitando gli intellettuali occidentali à « se mobiliser contre les excès islamistes et de mettre en valeur les efforts des quelques hommes de religion, de politique et intellectuels qui se battent pour épargner à leurs peuples les affres de la nouvelle Inquisition »436 .

Il discorso estremizzato tipico dell’attivismo dei copti del mah ğr giunge, in questo caso, fino all’ambito accademico, acquisendo in un certo modo, credibilità e scientificità. La tesi riceve un cum laudem con onore, mentre l’autore un dottorato in legge ad honorem dall’Università di Lyon, come di può leggere nel sito della sua associazione, dove vengono elencati tutti i meriti accademici e non della sua carriera 437 . Un altro egiziano copto dalle posizione estremiste, Magdi Sami Zaki, autore di Histoire de l’Eglise copte e di Dhimmitude ou l’oppression des coptes d’Égypte, ha ottenuto il dottorato all’Università di Paris 2 nel 1975 ed insegna in diverse università frrancesi (Orléans, Dijon, Paris X) 438 .

430 Ibid., pp-2-4 431 Ibid., pp. 1 e 30. 432 Ibid., p. 294. 433 Ibid., p. 290 434 Ibid., p. 233 435 Ibid., p. 30. 436 Ibid., p. 383 437 http://www.cca-live.com/en/ContactUs.aspx 438 http://www.revue-resurrection.org/_Magdi-Sami-Zaki_

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3. I copti in Francia: tante comunità e nessuna diaspora.

Nella seconda parte del presente capitolo si analizzeranno in maggior dettaglio le dinamiche e l’evoluzione della presenza copta in Francia per offrire uno zoom su uno dei paesi dell’emigrazione egiziana contemporanea.

3.1 Il concetto di diaspora per il caso copto in ambito francofono.

Se il concetto di comunità per designare i copti in Francia viene utilizzato sin dagli anni ’70 quando tale comunità era costituita da pochi individui, il termine diaspora entra in uso decisamente più tardi rispetto alla letteratura anglofona per una duplice ragione. Innanzitutto la maggior reticenza in Francia nell’utilizzare in maniera incondizionata il termine “diaspora”. È nella seconda metà degli anni ’80 e gli inizi dei ‘90 che il termine inizia a divenire corrente nel mondo accademico, giornalistico e politico francofono 439 . Ed è proprio quando i copti emigrati in Francia iniziano ad utilizzarlo per autodefinirsi 440 . Secondariamente perchè, come si è visto, l’emigrazione egiziana, quindi copta, in Francia è più recente rispetto ai paesi anglofoni.

L’evoluzione storica dell’emigrazione copta in Francia segue quella dell’emigrazione egiziana in generale. Si struttura secondo i due assi, chiesa e militanti, con il predominio dell’apparato clericale sotto Shenuda. La grande novità che introduce la presenza copta in Francia è la nomina del primo vescovo copto non egiziano, stando a quanto riferito dal vescovo stesso. 441 Un tentativo di avvicinarsi più a fedeli copti sempre più occidentalizzati e lontani dalla realtà egiziana o un progetto

439 Cfr. Dufoix, La dispersión , cit., p. 192. 440 La prima monografia sul tema, benchè non compaia nel titolo, è la tesi di Ayad C., La communauté copte à Paris . Compte-rendu d’enquête, Institut d’Etudes Politique de Paris, 1989 441 Incontro avveuto a Parigi.

190 espansionistico in terra cattolica? Qualsiasi sia il motivo che stia alla base di tale scelta da parte di Shenuda III, il risultato è l’aggiunta di un ulteriore elemento di divisione e frammentazione all’interno della “comunità” copta in Francia, che anche in questo aspetto ben rappresenta le caratteristiche che attraversano gli egiziani copti in Egitto e negli altri paesi di emigrazione.

3.2 L’emigrazione copta in Francia, ovvero l’aumento dell’emigrazione egiziana in Francia.

Per comprendere appieno l’evoluzione storica delle dinamiche dell’emigrazione copta in Francia, è necessario tracciare rapidamente l’evoluzione dell’emigrazione egiziana nel paese e ivi inserirla. Tale ricostruzione è basata fondamentalmente sugli studi di Ayman Zohry e Reem Saad relativi alla presenza egiziani in Italia e Francia. 442 I primi contatti diretti tra i due paesi risalgono agli inizi del XIX secolo quando Muhammad Ali inviò nel 1818 un gruppo di egiziani in Francia per formarsi nelle scienze militari e marittime, dopo averne inviata una in Italia nel 1813 per formarsi nelle arti. È dall’ora che tra i due paesi si è aperto un canale di scambio bilaterale dove un consistente numero di francesi e europei in generale si trasferì in Egitto, costituendo una considerevole minoranza nel tessuto sociale egiziano fino alla guerra del canale di Suez (1956). Si trattava fondamentalmente dell’elite egiziana, di intellettuali che prima degli anni ’60 emigravano sporadicamente in Europa, Francia e Gran Bretagna prevalentemente, per proseguire gli studi universitari e specializzarsi nelle varie discipline. 443 E i due paesi sono rimasti sempre fonte di attrazione dell’elite egiziana, sia durante gli anni di Nasser quando appunto l’emigrazione cominciò a divenire un fenomeno della realtà egiziana, sia sotto il

442 , Zohry A., The Migratory Patterns of Egyptians in Italy and France, cit., e Saad R., Egyptian Workers in Paris: An Ethnographic Account , cit. 443 Cfr, Barbulesco, cit., p.32.

191 regime di Sadat per sfuggire alla censura e al clima repressivo. Tuttavia, nulla di comparabile le dimensioni tra l’immigrazione nel paese anglofono, massiva e ben integrata, e quello francofono, molto ridotta e limitata appunto all’elite anche sotto i due regimi. È a partire dagli anni ’80 e ancor più ‘90 che la Francia conosce un aumento considerevole di emigrati egiziani, quando l’Europa in generale vede un aumento dell’immigrazione proveniente dal paese del Nilo. E si è rafforzata ulteriormente negli ultimi 15-20 anni quando la Francia diventa la meta preferita insieme all’Italia, il paese che detiene il monopolio dell’immigrazione egiziana nel continente 444 . La scelta dei due paesi è dovuta a questioni geografiche correlate all’aumento dell’immigrazione illegale. Il deterioramento socio-economico dell’Egitto si è scontrato con la politica restrittiva europea sull’immigrazione, andando a fomentare le tratte illegali che dall’Egitto passano per la Libia fino all’Italia e da li in Francia. Il tutto si traduce con un cambiamento nel profilo degli egiziani presenti sul territorio francese e in Europa in generale: da persone appartenenti alla classe medio-alta che emigrano in maniera permanene con la loro famiglia, a giovani, per lo più uomini, con un livello medio di educazione che decidono di emigrare in cerca di un lavoro qualsiasi che finisce per essere molto spesso il settore dei mercati di frutta e verdura e della costruzione-decorazione, in Francia e della restaurazione in Italia 445 . Interessante notare come il differente tipo di immigrazione si rifletta nella conoscenza linguistica del francese, molto bassa negli immigrati arrivati recentemente, tanto da costituire uno degli ostacoli principali, come afferma Hatem Betewi 446 , della loro integrazione nel mercato del lavoro francese.

444 Dati statistici . La scelta dell’Italia dipende ancora una volta dalla vicinanza geografica, e dalla facilità di avere il permesso di soggiorno legalmente o in maniera illegale. Ho conosciuto egiziani residenti fisicamente in Francia da lunghi anni, ma con un permesso di soggiorno Italiano perchè più facile da comprare, nonostante la lunga permanenza nel territorio francese. 445 Cfr., Zohry A., The Migratory Patterns of Egyptians in Italy and France, cit., pp. 15-19. 446 Proprietario di una compagnia di decorazioni, Hatem Bedeiwi, sostiene che il 40% degli egiziani in Francia non parla bene il francese, dipendendo in tal modo dagli egiziani francofoni e subendo la concorrenza/ essendo scalzati da algerini, marocchini e tunisini che parlano tranquillamene la lingua: “If we master French language like the Maghrebans we may dominate decorating and perhaps other fields of specialization. Egyptian here are hard workers, but the language problem is an obstacle that hinders our potential contribution in the labor market. » Cfr. Zohry A., The Migratory Patterns of Egyptians in Italy and France , cit., p. 18.

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Ciò che ci si prefiggerà di analizzare ora sono le dinamiche dei copti in Francia per vedere come queste siano state parallele all’emigrazione egiziana e non differenziate su basi religiose

3.2.1 La componente copta all’interno dell’emigrazione egiziana in Francia: una frammentazione multipla e la nascita della Chiesa Copta Ortodossa di Francia.

Negli anni ’70 la presenza di copti sul territorio francese era molto ridotta. Si trattava di pochi inidvidui dell’elite che venivano dall’Egitto per continuare la loro formazione accademica. Afferma Ashraf Iskander Sadek, arrivato in Francia nel 1968 e fondatore della rivista Le Monde Copte: « On était très peu nombreux en 1970, 1973, il n’y avait que quelques dizaines de coptes” 447 . E aggiunge Khalil Lacroix : « Nous etions, majoritairement des étudiants »448 . E sono propri questi studenti che a partire dal 1974 formano l’Associazione Santa Maria e Marco per organizzare preghiere secondo il rito copto ortodosso. Il problema era trovare qualcuno che potesse celebrare la messa in maniera costante, e non due volte al mese quando veniva un prete da Londra, ma senza essere retribuito non potendo permettersi di pagargli uno stipendio. Ragion per cui fu ben accolta la proposta di Lucas Guirguis che, essendo divenuto direttore dello sviluppo veterinario nell’Istituto Pasteur, non aveva bisogno di essere retribuito per svolgere la funzione di prete. Dopo aver compiuto studi di veterinaria all’università del Cairo nel 1939 e divenire veterinario nel 1962 nonchè ricercatore presso il Centro di Ricerca Nazionale delle Salute Animale del Cairo, Lucas Guirguis si recò in Francia nel 1967 per completare la sua formazione. Oltre alla tesi di dottorato presentata nell’università di Parigi alla facoltà di scienze naturali nel 1969, esercita il suo servizio nel Laboratorio nazionale di salute pubblica, all’istituto Pasteur e nella

447 Cfr. Ayad C., La communauté copte à Paris . Compte-rendu d’enquête , cit., p. 12. 448 Ibid., p.12

193 scuola veterinaria di Maison-Alfort. Era pertanto il tipico rappresentante dell’emigrazione egiziana dell’epoca. Nel 1976 viene così nominato da papa Shenuda III responsabile del culto dei copti in Francia e inizia ad officiare nella cripta della chiesa di Saint Sulpice situata nel sesto arrondissement di Parigi, fin quando l’Associazione non comprò nel 1989, dalla diocesi di Nanterre, la chiesa di Santa Monica a Chateney-Malabry. Il numero dei fedeli, infatti, iniziava a crescere e la cripta di Saint Sulpice, idonea per le 15-20 persone che erano all’inizio, non poteve più accoglierli tutti. E con l’aumento della posta in gioco iniziarono ben presto a sorgere delle rivalità per il controllo dei copti giunti sul territorio francese. Le relazioni tra il nuovo prete e quegli stessi studenti divennero estremamente tese con un’accusa esplicita di questi ultimi nei confronti di un prete che approfittava della sua autorità tra i fedeli per accrescere il suo potere e inculcava delle idee tradizionaliste e retrograde non solo nei confronti della società francese, in cui dice di essere integrato, ma dei copti stessi 449 . E col senno del poi, considerando la sua “carriera”, culminata con la nomina di Cavaliere della Legion d’Onore sotto il governo Sarkozy como riconoscimento al suo percorso esemplare di “uomo di pace, di sapere e del dialogo” 450 , tali accuse non erano del tutto infondate. Realizzatosi già in ambito professionale, il suo arruolamento per la causa copta gli ha permesso di accrescere il suo prestigio non solo all’interno del contesto copto, ma nella stessa società francese di cui è cittadino a pieni diritti dal 1979. Si presenta di nuovo la rivalità tra elementi della stessa classe alto-borghese per accrescere il proprio prestigio sociale e politico attraverso il controllo sulla massa di immigrati copti.

Il predominio della componente clericale sulla laica è dovuto al rafforzamento della chiesa stessa in Egitto, e dalla mancanza di una struttura organica della militanza laica. Questa presenta gli stessi punti deboli dei militanti copti negli Stati Uniti, maggiormente rafforzati dalla minor importanza in termini di emigrazione egiziana che ha conosciuto la Francia rispetto agli Stati Uniti, nonchè dal diverso contesto

449 Cfr. Ayad C., La communauté copte à Paris . Compte-rendu d’enquête , p. 45 450 Nel discorso in occasione della ceremonia avvenuta il 30 aprile del 2012, il ministro Claude Gent ripercorre la vita di Lucas Guirguis sottolineando, appunto, questi suoi aspetti. Cfr.http://vimeo.com/44620427

194 socio-politico dei due paesi. La principale organizzazione è l’ Association des Coptes de France , creata nel 1992 con lo scopo di “sensibilizzare l’opinione europea sullo stato della situazione drammatica dei copti d’Egitto” che vivono sotto la “tirannia del dogma dell’Islam fondamentalista che dirige di fatto l’apparato dello Stato egiziano 451 ”. Discorso dai chiari connotati islamofobi. L’organizzazione, la cui attività risulta essere piuttosto saltuaria, ha organizzato due conferenze avvalendosi del contributo del deputato Patrick Bloche, sindaco dell’ 11 arrondissement, Président du Groupe Socialiste et Radical de Gauche au Conseil de Paris e membro d’Amitié France-Égypte à l’Assemblée Nationale : il 29 novembre del 2003 Les Coptes dans l’histoire de France tenutasi all’Assemblé National e il 5 marzo del 2006 Les Coptes : un combat pour les droits de l’homme tenutasi all’Auditorium dell’Hotel de Ville. Le manifestazioni organizzate avvengono in concomitanza con episodi di violenza verificatisi in Egitto: il 29 aprile del 2006, ad esempio, per l’attacco delle chiese copte ad Alessandria o il 2 giugno 2007 dopo un’agressione contro una chiesa nel villaggio di Bamba (sud Cairo)452 il 20 maggio e il 16 ottobre del 2011 a seguito rispettivamente dell’attacco alla chiesa di Imb āba e dell’attacco ai manifestanti di Maspero, di cui si parlerà in dettaglio nel quinto capitolo. E in esse vi partecipano anche e soprattutto organizzazioni copte cattoliche, quali Solidarité Copte. L’associazione francese si trova anche con lo stesso problema generazionale riscontrato nelle associazioni statunitensi, secondo cui i giovani copti nati in Francia si disinteressano dell’attività dei loro genitori e sono più propensi per un attivismo congiunto con i loro coetani musulmani in nome dell’uguaglianza, della giustizia e della democrazia 453 .

Vi è un terzo elemento all’interno della stessa Chiesa Copta che ha costituito una sfida all’autorità di Anba Guirguis, almeno quanto potrebbe sembrare in un primo momento, frammentando di fatto la stessa comunità clericale, già di per sé frammentata. Due anni prima della nomina del prete Lucas, Shenuda III aveva

451 http://www.franco-copte.com/index.asp 452 Cfr., Albrieux L., La communauté copte en France , Mémoire de Master, Paris I, sotto la direzione di Mme Picaudou, , 2007, p. 42. 453 Ho incontrato copti nella manifestazione organizzata da un gruppo di attivisti egiziani a Parigi, l’8 marzo per la festa della donna contro la violenza di stato sulla donna in Egitto, così come nel gruppo politico creato in supporto alla candidatura di al-Baraday nelle elezioni parlamentari.

195 nominato per la Francia il vescovo Anba Marcos e l’arcivescovo Anba Athanasios. La peculiarità di queste due nomine sta nella loro origine non egiziana, olandese il primo e franco-Italiano il secondo, e nella rapidità con cui avvengono, tanto da “suscitare sospetti e perplessità tra gli altri vescovi, all’epoca venticinque in tutto. 454 ” Recatisi in Egitto, “da sempre attratto dall’ortodossia” 455 , come racconta Anba Athanasios, passarono un intero anno a fianco del Patriarca nel monastero di San Bishoy “stando sempre al suo lato e accompagnandolo ovunque.” 456 Giunti in Francia non vennero tanto ben accolti nè dagli egiziani copti, una rivalità piuttosto palese si instaurò con lo stesso prete Lucas, nè dalle autorità cattoliche che non vedevano di buon occhio la nomina di questi due preti di origine europea, invitando i fedeli copti a non confidare del nuovo vescovo Anba Marcos. 457 Tuttavia, è il prete Lucas, per le sue origine egiziane e per il fatto di essere sempre presente a differenze dei due vescovi che si muovevano per tutta la Francia e l’Europa, che ha finito per diventare la figura di spicco tra i fedeli emigrati, marginalizzando i due vescovi, di cui non riconosceva l’autorità. Una frattura che venne ufficializzata il 18 giugno del 1994, quando papa Shenuda annuncia la formazione della Chiesa Copta Ortodossa di Francia per differenziarla dalla Chiesa Copta Ortodossa in Francia. 458 A questo segue che Anba Marcos diviene metropole di tutta la Francia e Anba Athanasios vescovo per tutta la Francia; dall’altro lato, i preti passano sotto l’autorità diretta del papa e sfuggono a quella dei due vescovi. Di fatto, se il vescovo insiste nel sottolineare come abbia libertà di poter officiare in qualsiasi delle chiese copte sul territorio francese, nell’invito inviato per la sua intronizzazione avvenuta il 13 luglio 2013 risulta chiaro il suo ambito geografico d’infuenza: “Abba Athanasios, Evêque de Toulon et toute la France et Eparque des paroisses de Sarcelles, Orleans, Beaulieu, Herbignac, Pau, Labatut, Nimes, Montpeyroux, Le-Revest-les-Eaux, Nancy et Dijon”459

454 Incontro avvenuto il 2 marzo presso la sua residenza a Parigi. 455 Ibid. 456 Ibid. 457 Cfr., La communauté copte à Paris . Compte-rendu d’enquête cit.,p., 44. 458 Cfr. Albrieux L., La communauté copte en France, cit. p. 20. 459 Si veda l’invito nell’annesso X

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3.3 La distribuzione geografica della Chiesa Copta Ortodossa in Francia e della Chiesa Copta di Francia: scisma o progetto di proselitismo?

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La distribuzione geografica delle chiese copte ortodosse in Francia e di Francia riflette la netta differenza che vi è tra le due. La Chiesa Copta in Francia o arabofona 460 è concentrata nelle regioni francesi di maggior immigrazione: vi sono 5 chiese nell’Ile de France (Paris, Chatenai-Malebry, Villejuif, Colombes, Saint Ouen, Deuil La-Barre ); 3 chiese in provenza-Alpi-Costa Azzurra (Marseille, Toulon e Nice), infine una a Lyon e una a Strasbourg. Si tratta di dieci chiese, gestite da preti egiziani nominati direttamente dal papa, che funzionano esattamente come qualsiasi chiesa in Egitto, sia dal punto di vista del rito (durata, alternanza della lingua egiziana alla copta nei canti, televisori moderni per seguire meglio, con un servizio di traduzione, divisione donne e uomini); che della funzione di punto di ritrovo comunitario dopo la messa e per l’organizzazione di giornate, escursioni, attività per il tempo libero, ritiri spirituali, pellegrinaggi. Gli edifici sono delle chiese vere e proprie, alcune dalle dimensioni notevoli, come la quella di Chatenei-Malebry e di Villejuif, mentre altre sono condivise con altre confessioni cristiane, come il caso della chiesa di Saint Ouen 461 .

La metà delle chiese copte di Francia o francofona, si trova invece in punti del tutto privi di interessi specifici, sperduti nelle varie regioni del territorio francese. L’altra metà in regioni con una fascia intermedia di immigrazione e solo una nella regione parigina. Si tratta di undici chiese sotto la diretta giurisdizione del vescovo Anba

460 Sebbene vengano celebrate delle funzioni anche in francese, a predominare rimane comunque l’arabo, anche nelle funzioni in francese stesse. Almeno per quanto riguarda il caso della messa della domenica di Villejuif a cui ho assistito le cui prime due ore (dalle 8 alle 10.30) costituirebbero la versione francese di quella che segue in arabo. La poca importanza rivestita dalla differenziazione linguistica è riscontrabile dalle dinamiche di participazione dei fedeli: all’inizio della celebrazione la grande chiesa è mezzo vuota per riempirsi al massimo tra le 9.30 e le 10.00 ossia l’ultima ora della prima parte. Torna a svuotarsi, la maggior parte dei fedeli scendo nella caffetteria sottostante, per tornare a riempirsi di nuovo durante l’ultima ora della seconda parte, senza raggiungere, tuttavia, i livelli di affollamento delle 10.00. Tanto i fedeli della prima parte che della seconda utilizzano l’egiziano come lingua veicolare; il Francese si sente solo tra alcuni ragazzi, ma in maniera del tutto marginale. 461 È dal 2004 che la Chiesa del Sacro Cuore di St.Ouen, consacrata al culto cattolico della comunità brasiliana, ospita i copti ortodossi che vi si riuniscono con il nome di Parrocchia di Sant’Antonio e Paolo, contribuendo al dialogo interreligioso nella città. Cfr. http://eglisecatholiquesaintouen.com/COPTES-ORTHODOXES.html e A Saint-Ouen, catholiques et coptes partagent la même église, Le Parisien, 20/12/2004.

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Athanasios, un italo-Francese che non parla arabo e che conosce molto poco la realtà egiziana, come lui stesso ammette. Il rito in Francese è abbreviato e propone delle minime varianti rituali, che gli conferiscono un tocco di originalità e sicuramente di differenziazione. Gli spazi adibiti sono case private consacrate tutte tra il 1994 e il 2000 e collocate in quartieri residenziali e periferici delle varie città in cui si trovano 462 . Talvolta una croce o delle immagini sacre contraddistinguono il luogo, ma generalmente è impossibile vedere dall’esterno la presenza della Chiesa Copta ortodossa in quel determinato edificio. I fedeli sono prevalentemente dei Francesi e dei sudanesi, molto pochi gli egiziani e concentrati fondamentalmente nella chiesa di Sarcelles che rappresenta di fatto un’eccezione sotto ogni punto di vista: si trova nell’Ile de France, quindi in zona di alta immigrazione; è un egiziano il prete che vi officia, Anba Bishoy, e la maggioranza dei fedeli anche sono di origine egiziana. Tuttavia, è notevole la differenza di ambiente, sia per le carattteristiche architettoniche che per le persone che vi si trovano, tra questa chiesa e quella arabofona di Villejuif, dove sembra di essere letteralmente trasportati in Egitto.

L’obiettivo principale della nuova chiesa, secondo le parole del vescovo Anba Athanasios, è quello di “farsi conoscere tra i Francesi e farli interessare” 463 . Una chiesa volta al proselitismo più che a fornire servizio ai copti immigrati, per cui ci sono le chiese arabofone. Ragion per cui, nonostante si tratti della “stessa identica chiesa”, come ha ribadido più e più volte il segretario Barsum 464 , la differenza riscontrata tra l’impostazione dell’una e dell’altra, l’origine occidentale del vescovo, nonchè i rispettivi fedeli, fanno dubitare fortemente che si tratti semplicemente di un’evoluzione temporale della Chiesa Copta Ortodossa “per adattarsi ai tempi”, e non una sorta di cammino parallelo all’interno della stessa Chiesa Copta Ortodossa in Francia. Cammino che corrisponde ad una politica ben precisa espansionistica della Chiesa-madre, come viene comunemente identificata. Dopo aver trasformato la

462 La chiesa di Beaulieu nella Bassa Normandia, per esempio, è una casa ereditata e trasformata successivamente in chiesa. La maggior parte delle chiese copte ortodosse di Francia sono nate, infatti, su iniziativa di qualche privato che ha preso i voti ed ha convertito la sua residenza o spazi privati a chiesa in cui officiare. 463 Incontro con il vescovo Anba Athanasios nella Chiesa di Sarcelles il 30/04/2013. L’interesse manifesto mostrato tanto dal vescovo, che dal segretario della chiesa copta di Francia incontraro in altre due occasioni, verso la giornalista che era con me, dimostra questa volontà di farsi “pubblicità”. 464 Intervista, 16/02/2013.

199 chiesa egiziana in un’istituzione internazionale grazie ai copti nella terra dell’emigrazione, si può dedurre un tentativo di ulteriore espansione verso la cristianità cattolica, come rivalsa della storica ostilità tra le due chiese, al di là delle inziative ecumeniche ufficiali, e soprattutto delle missioni cattoliche agli inzi dell’800 percepite come un tentativo di strappare fedeli alla Chiesa Copta ortodossa 465 . Ancora una volta le parole del segretatio Barsum sono molto indicative dell’attitudine ostile nei confronti della chiesa cattolica, la “responsabile” della mancanza di una chiesa a Parigi destinata al culto copto ortodosso, ma con la quale, tuttavia, “è necessario mantenere delle buone relazione per necessità 466 .” Esprimendogli il mio stupore sul fatto che non vi fossero chiese copte ortodosse dentro la città, ma fossero tutte fuori nella periferia, questa è stata la risposta di Barsum: “Noi anche siamo stupiti. È dagli anni 80 che tutti gli anni chiediamo al comune uno spazio per i molti copti che vivono a Parigi, ma la Chiesa Cattolica, responsabile della gestione dei luoghi di culto, rifiuta la nostra domanda. In questo siamo solidali con la chiesa armena, con cui abbiamo molte relazioni e con cui facciamo molte attività.” Egli spiega l’ostilità della chiesa cattolica nei confronti delle chiese non calcedonee per il timore che queste possano attrarre il clero per l’assenza dell’obbligo di celibato per i preti. In occasione della conferenza di Strasburgo il 2 e 3 ottobre 2013 sono venuta a conoscenza che il 15 gennaio del 2012, quindi un anno prima degli incontri avvenuti con il suddetto segretario, era stata inagurata una nuova Chiesa Copta ortodossa nel 20ª arrondissement. Notizia confermata dalla pagina facebook della nuova chiesa Notre Dame des Coptes. 467

465 Nel primo capitolo si è visto come le missioni cattoliche e protestanti avessero costituito uno stimolo per il risveglio e della Chiesa Copta Ortodossa timorosa di perdere i suoi fedeli. 466 Esprimendogli il mio stupore sul fatto che non vi fossero chiese copte ortodosse dentro la città, ma fossero tutte fuori nella periferia, questa è stata la risposta di M Barsumi: “Noi anche siamo stupiti. È dagli anni 80 che tutti gli anni chiediamo al comune uno spazio per i molti copti che vivono a Parigi, ma la Chiesa Cattolica, responsabile della gestione dei luoghi di culto, rifiuta la nostra domanda. In questo siamo solidali con la chiesa armena, con cui abbiamo molte relazioni e con cui facciamo molte attività.” Egli spiega l’ostilità della chiesa cattolica nei confronti delle chiese non calcedonee con il timore che queste potrebbero attirare avrebbe per non prevedere l’obbligatorietà di celibato per i preti 467 https://www.facebook.com/notredamedescoptes

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Stesso tono polemico quello del figlio del prete della chiesa di Sarcelle, il cui primo commento è stato proprio un attacco alla chiesa cattolica per non fornire loro uno spazio più idoneo e grande per la loro comunità di fedeli.

Si ripete la stessa retorica vittimistica della negazione degli spazi di culto che si trova in Egitto, solo che lì contro la maggioranza musulmana e qui contro quella cattolica, per mascherare in realtà giochi politici locali. Padre Moussa Anba Bishoy, prete di Villejuif protesta contro la decisione del consigliere municipale Jean François Harel di costruire una moschea a soli 50 metri dalla Chiesa ritenendola un’azione esplosiva, come mettere del “nitro a fianco della glicerina”, contro la quale tutti i suoi fedeli sono contrari 468 . Nella loro protesta vengono appoggiati dal movimento “Riposte Laïque” 469 , che accusano il sindaco di Kremlin-Bicetre di clientelismo con il responsabile dell’Association des Musulmans de Villejuif, l’algerino Mouhmmad Khodja, a sua volta vicino al direttore della mosche di Kremlin-Bicetre 470 . Il comune, nel nome del responsabile all’urbanismo Philippe Le Bris si giustifica sostenendo che, in nome del laicismo, ognuno ha diritto di poter praticare la propria fede, e che si tratta di un progetto privato di un cittadino che ha comprato un terreno dal colosso, che tra l’altro, costruirà in mezzo ai due luoghi di culto un edificio 471 . Un gioco politico che ben dimostra come l’autorità copta sia strumentalizzata da parte delle autorità locali e le strumentalizzi a sua volta per attirare l’attenzione sulla sua condizione di “persecuzione” ed esprimere la necessità di essere protetti dalle autorità 472 . Caso analogo quello della chiesa di Colombes, dove il gioco politico appare ancora più manifesto. La mobilitazione delle autorità religiose contro il

468 Cfr. Cfr. Bretonnier L., La future mosquée inquiète les chrétiens coptes , Le Parisien, 10 luglio 2010. 469 Riposte Laïque, creato nell’agosto del 2007, difende i « principi laici e repubblicani » contro l’islamizzazione del paese e la complicità silenziosa di colore, tanto di destra che di sinistra, che non fanno nulla di fronte al pericolo mortale dei nostri valori, http://ripostelaique.com/qui-sommes-nous/ 470 Anna Sacco, A Villejuif, une mosquée à côté de l’Eglise copte !, Articolo n. 129 pubblicato il 24/02/2010 su Riposte Laïque, http://ripostelaique.com/A-Villejuif-une-mosquee-a-cote-de.html 471 Cfr. Lucas Bretonnier, La future moquée inquiète les chrétiens coptes , cit. 472 "On est d’accord pour qu’il y ait une mosquée, mais plus loin, explique le père Ephraïm. On a confiance dans la sécurité de la France, mais construire une mosquée à côté d’une église, ce n’est pas raisonnable. Nous avons une trop mauvaise expérience avec ce qui se passe en Égypte." E dal 2009 le autorità ecclesiastiche di Villejuif hanno iniziato una causa giudiziaria per far spostare tale moschea. Cfr. Sarah Leduc, Un Nöel sans agapes pour les coptes de Villejuif, http://www.France24.com/fr/20110107-noel-coptes-France-villejuif-reportage

201 comune di Colombes per la vendita del territorio adiacente la Chiesa che “mira ad opprimere una comunità e non servire il comune” 473 , viene appoggiata tanto da Salem Belgourch, Consigliere Municipale dell’Opposizione che accusa il sindaco di un’azione “radicale” contro una comunità che già soffre di discriminazione in Egitto e invia una lettera al ministro degli interni, a nome della chiesa, in cui accusa il sindaco di “attentare alla libertà di culto e al diritto di proprietà.”474 Nella risposta il sindaco Philippe Sarre sottolinea questa strumentalizzazione politica ricordando i buoni rapporti che la città ha con la Chiesa Copta sia in tema di spazi e trattative che in questioni di sicurezza 475 .

Questi episodi oltre a ribadire dei tratti salienti della Chiesa Copta ortodossa in Egitto, quali la questione degli spazi dei luoghi di culto o la vicinanza al potere politico col fine di rafforzarsi in quanto istituzione, rivelano anche la specificità e l’autonomia di ciascuna chiesa-comunità copta sul territorio Francese. Un’autonomia che si riflette anche nella struttura architettonica e nella distribuzione geografica, che non segue un disegno organizzato, alcune risultano essere molto ravvicinate altre decisamente lontane, ma legata alle opportunità e occasioni di acquisto dei locali.

Una frammentazione estrema risultata anche dalle varie iniziative volte a rendere più coesa la “comunità”. Nel 2003 e nel 2004, ad esempio, il prete di Villejuif Anba Musa organizza una formazione per diventare professori di catechismo col fine di creare una certa uniformità nei messaggi trasmessi alle nuove generazioni. Il tutto sigillato ufficialmente con un diploma rimesso durante a messa della domenica in presenza dei fedeli 476 . Tuttavia l’uniformazione dei corsi non è ancora realizzata a livello nazionale, e se Shenuda III negli ultimi anni aveva lasciato in secondo piano i problemi della Chiesa Copta sul territorio Francese per problemi di forza maggiore quali la vecchiaia, la salute e problemi interni ben più pressanti, il nuovo papa

473 Questo si legge sul volntino diffuso su facebook in occasione della manifestaizone di protesta indetta il 25 ottobre del 2012 http://www.facebook.com/photo.php?fbid=500608096623592&set=a.397473920270344.102893.1601 05117340560&type=1&theater 474 Philippe Sarre, Eglise copte: la suite , blog dei democrati di Colombes, 2/11/2012, http://modem- colombes.over-blog.com/article-eglise-copte-la-suite-111972221.html 475 Ibid. 476 Cfr. Albrieux L., La communauté copte en France , cit., p. 34.

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“energico, moderno e dalla mente scientifica” 477 , sembra prestare particolare attenzione alla nuova chiesa a livello europeo, come dimostra il decreto 5/11 emesso nel gennaio 2013 concernente le “nostre chiese in Europa”478 o l’incontro organizzato il 25 maggio per riunire i dieci vescovi in europa e concretare un programma dei prossimi dieci anni 479 e ovviamente l’incontro a Roma con Papa Francesco su modello dello storico incontro, il primo, tra papa Shenuda III e Paolo VI avvenuto nel lontano 1973.

4. Quale delle tante comunità?

I copti residenti sul territorio Francese offrono un caso interessante dal momento che riproducono su piccola scala tutte le caratteristiche inerenti alla costruzione identitaria dei copti intorno alla rappresentazione geopolitica di comunità-diaspora funzionale a racchiuderli in un marco confessionale. L’estrema frammentazione dei vari elementi contrastanti racchiusi nella cornice “comunità copta in Francia”, rendono maggiormente appropriato l’utilizzo del concetto di “comunità” se geograficamente limitata al caso dei fedeli di una specifica parrocchia (comunità copta di Villejuif, di Matenei-Chalabry etc. ad esempio).

477 Secondo le parole del vescovo Athanasios. 478 Décret 5/1 – Concernant nos églises en Europe. Vu l’étendue du service et de l’œuvre de l’Eglise dans les différents pays du monde, nous avons à l’heure actuelle une dizaine d’évêques dans les pays d’Europe, dont certains qui sont évêques de diocèse et d’autres évêques généraux, sans compter les autres églises. Pour l’organisation de l’unité de ces églises, et de ces diocèses, Sa Sainteté le Pape Tawadros II a nommé Son éminence l’évêque Anba Kyrollos, évêque de Milan et de ses environs en Italie, délégué papal pour toute l’Europe et ce à partir du début d’année 2013 ; afin d’aider Sa Sainteté dans l’œuvre de l’unité, dans le fondement des églises et des nouveaux diocèses, dans la préparation des serviteurs, des prêtres et des moines, et l’organisation spirituelle et pastorale inter-église avec un secrétariat inter- linguistique basé au Caire afin de faciliter la communication entre l’Eglise-Mère et nos églises en Europe. Documento affisso nella chiesa di Villejuif. 479 Informazione datami dal vescovo Anba Athanasios. I dieci vescovi europei sono così distribuiti: 4 in Inghilterra, 2 in Italia, 1 in Austria, 1 in Germania, 1 in Svezia e 1 in Francia.

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Particolarmente interessante è l’indagine del giornalista copto Christophe Ayad, La communauté copte à Paris : compte-rendu d'enquête , per vedere come il concetto di “comunità” e “diaspora” siano utilizzati non solo senza essere messi in discussione, ma addirittura in contraddizione con le sue stesse conclusioni finali:

Les deux grands enseignements que l’on peut tirer au terme e cette étude sont inattendus étant donné la vision a priori unitaire et homogène que nous avions de la communauté copte. Tout d’abord, on peut avancer que cette communauté est traversée par une grande hétérogénéité de comportements et de valeur. Le religieux est bien la variable de départ la plus pertinente pour regrouper et différencier les membres de la communauté. Mais, lorsque l’on pousse la variable religieuse au bout de sa logique et qu’on la croise avec le fait migratoire, on constate qu’une étude en termes d’itinéraires de vie est extrêmement heuristique. Elle donne, en effet, une large plaçe à la socialisation et à la part de liberté individuelle dans la construction des valeurs définies ici comme la convexion du désirable. Ainsi, la préparation psychologique à l’idée d’émigrer et une forte mutation personnelle facilitent grandement l’adaptation et l’intégration à la société d’accueil. Le religieux se trouve alors modifié : débarrassé de sa fiction d’entretien des liens communautaires, il s’épure et devient plus personnel, plus individuellement vécu car détaché des allégeances communautaires. Il y a donc bien une réelle diversité qu’illustre l’absence d’un quartier copte ou d’un vote copte unitaire apparent comme c’est le cas pour d’autres communautés immigrées.

La deuxième découverte de cette recherche rien dans la mise à jour d’âpres conflits de pouvoirs alors que tout est fait pour occulter la notion de domination au sein de la communauté et de l’Eglise copte. Ces tensions croisées et plus o moins superposées entre traditionalistes et progressistes, clercs et laïcs, lettrés et non-lettrés, arabisants et non-arabisants, Egyptiens et non-égyptiens mettent à mal la cohésion de la petite communauté déjà confrontée au choc de l’émigration et de tous les facteurs déstabilisateurs qu’elle implique.

[...] si les conflits pour le contrôle de la communauté des paroisses et de l’orientation pastorale viennent s’aggraver, une partie de l’Elite dont nous avons parlé risque de se détourner durablement de la vie de l’Eglise et de la communauté et rechercher des

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« compensations symboliques » dans l’action politique ou économique comme l’ont fait ses aînés du parti nationaliste Wafd au début du siècle. 480

Il testo presentato è interessante, in chiave conclusiva, anche per un altro elemento: la data di pubblicazione, 1989. Il concetto di comunità in ambito francofono si afferma a partire dagli anni ’90, ovvero quando va consolidando in ambito mediatico una forte tendenza islamofoba. Il presente capitolo ha dato la possibilità di vedere come gli egiziani emigrati in Francia costituiscano un anello di congiunzione tra i ricercatori francesi e i copti in Egitto veicolando e rafforzando alcune delle rappresentazioni identitarie copte attuali promosse in ambito francofono. Tra queste, quella che sicuramente ha avuto delle conseguenza più profonde è la discendenza faraonica esclusiva dei copti, legata all’interesse Francese per l’archeologia egiziana, o meglior detto per l’Egittologia, in quanto ambito di predominio rispetto alle altre potenze coloniali a fine XIX secolo e di cui la sezione copta rappresenta un importante tassello di congiunzione.

480 Cfr. Ayad C., La communauté copte à Paris. Compte-rendu d’enquête, p. 50.

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CAPITOLO IV

I COPTI NELLA FASE DI TRANSIZIONE POST-MUBARAK: IL DIBATTITO COSTITUZIONALE.

Introduzione

La rivoluzione del 25 gennaio 2011, che ha portato alla destituzione del presidente Mubarak, segna un punto di svolta nella storia dell’Egitto contemporaneo. Nel giro di tre anni il paese ha visto l’elaborazione e l’approvazione di due costituzioni. Quanto si vuole analizzare in questo capitolo è proprio il dibattito inerente alle due costituzioni emesse e la posizione dei copti al riguardo. Ancora una volta i copti non agiscono come blocco politico compatto di fronte a quelli che sono gli articoli costituzionali legati a questioni religiose; primo fra tutti l’articolo 2 della costituzione egiziana. Al contrario le varie posizioni ripropongono le storiche fratture interne tra l’élite ecclesiastica e quella laica, con delle posizioni estremiste che avvicinano alcune frange copte ai gruppi salafisti mettendo in discussione, di fatto, il principio della dawla madaniyya (stato civile) proclamato in maniera quasi unanime dalle istanze politiche post rivoluzione.

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1.Prospetto storico : il contesto nazionale.

A tre anni di distanza dalle manifestazioni iniziate a fine gennaio del 2011 l’Egitto, da un punto di vista politico, si ritrova governato dallo stesso regime dittatoriale militare, con un cambio al vertice che vede il generale al posto di Mubarak. Nel mezzo c’è stata la parentesi del presidente Morsi, leader dei Fratelli Musulmani, gruppo da sempre all’opposizione.

Schema storico 2011 – 2014

Elaborazione propria

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La prima osservazione è relativa ai tempi della storia, come il grafico ben dimostra. La fase monarchica (1879 – 1952) occupa uno spazio di 73 anni, quello tra le due rivoluzioni 59 anni (1952 – 2011) mentre a seguito della rivoluzione del 2011 fino ad oggi, ovvero nell’arco di tre anni, sono avvenute due elezioni quindi un doppio cambio della dirigenza. Una realtà più complessa, quindi, che cambia velocemente e per la cui analisi un metodo stabile quale quello geopolitico risulta essere fondamentale per non perdersi dietro agli eventi.

Per quanto riguarda la componente copta, si può constatare che la Chiesa resti il rappresentante politico dei copti in accordo con il regime militare. Anche il vertice dell’istituzione ecclesiastica è cambiato: morto Shenuda III, il 17 marzo del 2012, il 4 novembre dello stesso anno viene eletto Tawadros II.

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Elaborazione propria

Inoltre, l’elemento nuovo che emerge è la società civile che, dopo anni di opposizione sempre meno latente nei confronti del regime, ha avuto con la rivuluzione l’occasione per affermarsi in quanto attore politico. E il campo di battaglia su cui si muovono questi attori politici emergenti nella fase di transizione è quello costituzionale.

2.La centralità della costituzione nella fase di transizione

Nel giro di tre anni l’Egitto ha visto due referendum costituzionali, la stesura di una nuova costituzione e la cancellazione della stessa appena un anno dopo la sua entrata

210 in vigore, una seconda costituzione annunciata nel novembre del 2013 e approvata nel gennaio del 2014. Il primo referendum si è svolto pochi giorni dopo le dimissioni di Mubarak, ossia il 14 febbraio 2011, quando il Consiglio Supremo delle Forze Armate (SCAF, dall’inglese), indice un referendum per l’emendamento di alcuni articoli della costituzione 481 , come risposta all’incontro avvenuto con due giovani della rivoluzione, a simboleggiare l’attitudine conciliatrice dell’esercito nei confronti del suo popolo. 482 . Un referendum che di fatto ha appoggiato nei risultati la sua politica, ma che ha dato adito a una grossa contestazione da parte di tutte le forze politiche in campo, ad eccezione del partito dell’ex-regime, il PND (Partito Nazional Democratico) e dei Fratelli Musulmani. Una coalizione che ricorda quella tra i Fratelli Musulani e gli Ufficiali Liberi all’indomani della rivoluzione del ’52 483 tanto nella sua strutturazione iniziale che nella sua rottura successiva: nel ’54 Nasser mise al bando l’organizzazone islamica a seguito di un tentato assassinio alla sua persona, nel 2012 i militari reprimono in maniera spietata la manifestazione del 30 giugno iniziando una vera e propria caccia ai fratelli musulmani. Il resto delle formazioni politiche si schiera contro il referendum, come dimostra la conferenza stampa organizzata da al-Masry al-Youm dove il 90,4 % delle persone presenti si oppone al

481 http://www.copts-united.com/Engliš/Details.php?I=393&A=3264 qui si trovano i prncipali emendamenti ma cercare fonte piu diretta e ufficiale. Gli articoli che vuole modificare sono il numero 75, 72, 77, 88, 93, 139, 147 della costituzione e lo scioglimento dell’art. 179, 189. (trovato su giornale watan) ma meglio su 7 482 Una risposta in linea a quanto inneggiato nella piazza da molti egiziani che continuano a vedere nell’esercito l’unico garante di una certa stabilità e protezione: “ša’ab, ğeš, ‘id wa ḥda”. 483 In its first six months the relationship between the Brotherhood and the military regime installed by the leadership of the armed forces in wake of the popular uprising of 25 January 2011 shares a number of features with the tactical alliance concluded between the Brotherhood and the Free Officers in 1952 – 54. The Brotherhood leadership has made strenuous efforts to present itself to the military as a valuable partner based partly on its ability to mobilise and demobilize popular protest. The military regime, for its part, has reciprocated by creating opportunities for the Brotherhood to build its organization and extend its influence at the expense of its rivals. Cfr., Alexander A., Brothers-in-arms? The Egyptian military, the Ikhwan and the revolutions of 1952 and 2011, The Journal of North African Studies Vol. 16, No. 4, December 2011, 533 – 554.

211 referendum, invitando in un comunicato di entrare nei seggi e votare no ad un referendum basato su una costituzione in vigore con il rais destituito 484 . Dei blocchi ben delineati riproposti in occasione del secondo referendum indetto il 22 dicembre del 2012 da Morsi per l’approvazione della nuova costituzione. La destituzione del presidente circa un anno dopo la sua nomina per mano di quegli stessi militari che lo avevano appoggiato, dimostrerà quanto circostanziali fossere tali schieramenti. Nel novembre del 2013 viene annunciato il draft della nuova costituzione elaborato da una commissione di cinquanta persone 485 e nel gennaio del 2014 messa ai voti. Si tratta della costituzione tutt’ora in vigore sotto la dirigenza della giunta militare con il generale al-Sisi al comando, con l’approvazione della Chiesa e di al-Azhar e l’opposizione delle forze progressiste della società civile che rivendicano una dawla madaniyya sia dal punto di vista dei militari che religioso.

Le posizioni di alleanza e opposizione dei vari attori politici con il potere centrale si riflettono nel dibattito costituzionale divenuto il vero campo di battaglia in cui tutte le istanze socio-politiche in gioco si muovono per affermare le proprie rivendicazioni di partecipazione politica all’interno del paese.

484 E ribadendo la necessità di elezioni presidenziali prima di quelle parlamentari. (8) Nel mese intercorso tra il comunicato numero 5 dello SCAF e il referendum, varie personalità del panorama intellettuale egiziano e gli esponenti delle principali forze politiche post-caduta Mubarak, hanno espresso e ribadito il loro rifiuto, e invito a votare no per un referendum che non compie con gli obiettivi della rivoluzione e si basa su una costituzione il cui valore viene meno a partire dal 11 febbraio 201.1 al masry cartaceo del 16/03 485 The new Draft Constitution General Principles ad Economic, Social and Cultural Rights, 23/11/2013 www.madamasr.com/content/new-draft-constitution

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Révendications constitutionnelles 2011

Elaborazione propria

I nubiani rifiutano l’indetità araba e islamica dello Stato sancita dall’articolo 1 e la mancanza della dimensione etnica nel dichiarare la legge uguale per tutti (art.30) 486 ,

486 Šams ed-Din, Nubians say constitution ignores Egypt’s cultural diversity, Egypt Independent, 21/11/2012.

213 così come il riconoscimento costituzionale del diritto a poter tornare nelle proprie terre; 487 i beduini del Sin ā’i esigono che la costituzione riconosca il loro sistema giudiziario tribale accanto a quello statale; 488 gli amazigh chiedono che la costituzione rispetti le minoranze, tanto religiose che culturali, e che venga concesso loro un seggio in Parlamento; 489 ma anche i lavoratori chiedono che la costituzione rispetti i loro diritti 490 e le donne per parità di diritti con gli uomini. 491 La centralità della costituzione è dovuta al fatto che un sistema politico da tempo paralizzato, per la mancanza di partiti politici sotto Sadat o per un pluralismo di facciata sotto Mubarak, gli attori politici hanno strumentalizzato il campo giuridico per esprimere le loro rivendicazioni. 492 Non a caso, l’anno di presidenza di Morsi, in cui si riscontra l’opposizione di tutti gli attori politici in gioco, è stato quello in cui il dibattito costituzionale è stato più acceso e ricco di controversie. E non solo interne. La commissione statunitense per la libertà religiosa:

expressed concern about a number of articles in the constitution that may negatively impact freedom of religion or belief. Almost all were most worried about Article 219, which defines Islamic Shar ī’a h in narrow terms that may marginalize some Muslim schools of thought. Christians also were concerned that Article 219 could infringe on their rights. Most interlocutors supported Article 2, which is holdover language from the 1971 constitution, and states that “The principles of Islamic Shar ī’a are the principal source of legislation.” However, Article 4, when read in conjunction with Article 2, potentially gives Al-Azhar scholars a consultative role in reviewing religiously-significant legislation. Human rights groups have stated emphatically that

487 Nubians demand constitutional recognition of land rights, Egypt Independent, 31/10/2012. 488 Sinai tribes demand representation in constitution, EgyptIndependent, 27/09/2012. 489 Amazighi activist : New constitution recognizes cultural diversity in Egypt, Egypt Independent, 22/10/2013. 490 Egypt’s constitution seen to curtail labor rights and workers freedoms, Egypt Independent, 22/07/2012. 491 A round-table’s report women’s situation in ṯe new draft of ṯe constitution, 2/12/2012, www.ecwronline.org/blog/2012/12/02/a-round-tables-report-womens-in-ṯe-new-draft-of-ṯe- constitution 492 Cfr. Botiveau B., Les usages politiques du droit dans le monde arabe , in Boëtsch G., Dupret B., Ferrié J.N., Droits et sociétés dans le monde arabe , Presses Universitaires d’Aix-Marseille, 1997, pp. 151-166.

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only the Supreme Constitutional Court should be designated with this role, not a religious body. 493

Gli articoli costituzionali citati dal rapporto sono quelli che hanno dato adito alle maggiori controversie interne. Prima di entrare nei dettagli delle diverse posizioni dei copti, si propone uno schema riassuntivo elaborato dal Carnegie che mette a confronto le ultime tre costituzioni in materia di religione. 494

Comparaison des Costitutions: articles sur la religion

Constitution 1971 Constitution 2012 Constitution 2014

Minorités Religieuses

No mentionné Article 3 Article 3

Les principes de la religion Les principes de la religion des Égyptiens chrétiens ou des Égyptiens chrétiens ou juifs sont la source juifs sont la source principale des législations principale des législations qui organisent leur statut qui régissent leur statut personnel, leurs affaires personnel, leurs affaires religieuses et le choix de religieuses et le choix de leurs dirigeants spirituels leurs dirigeants spirituels

Liberté de croyance

Article 46 Article 43 Article 64

L’Etat est le garant de la La liberté de croyance est La liberté de croyance est liberté de croyance et de la garantie. absolue. liberté du culte. L'Etat assure la liberté du La liberté du culte et de la culte et de la construction construction des lieux de des lieux de culte des culte des religions célestes religions célestes, selon les est un droit disposé par la dispositions de la loi. loi.

493 http://www.uscirf.gov/sites/default/files/resources/2013%20USCIRF%20Annual%20Report%20%2 82%29.pdf 494 Cfr., Comparing Egypt’s Constitutions, http://carnegieendowment.org/files/Comparing-Egypt-s- Constitutions.pdf

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Sharī’a - Principes Islamiques

Article 2 Article 2 Article 2

L'islam est la religion de L'islam est la religion de L'islam est la religion de l'État. L'arabe est sa langue l'État. L'arabe est sa langue l'État. L'arabe est sa langue officielle. Les principes de la officielle. Les principes de la officielle. Les principes de la loi islamique (charia) sont la charia islamique sont la charia islamique sont la source principale de la source principale de la source principale de la législation. législation. législation.

No mentionné Article 219 No mentionné

Les principes de la charia islamique comprennent ses preuves globales, ses bases fondamentales, les règles de la jurisprudence, ainsi que ses sources significatives, acceptées par les écoles juridiques sunnites et l'ensemble de la communauté. Al -Azhar

No mentionné Article 4 Article 7

L'Azhar est un organisme islamique indépendant et L'Azhar est une institution global. Il s'attribue islamique scientifique et exclusivement l'exercice de indépendante. Il s'attribue l'ensemble de ses affaires et exclusivement l'exercice de procède à la propagation de l'ensemble de ses affaires. Il la prédication islamique, des est la référence principale sciences théologiques, de la des sciences théologiques et langue arabe en Égypte et des affaires islamiques. Il dans le monde. L'avis de assume la responsabilité de l'autorité des grands la prédication et la Oulémas de l'Azhar est pris propagation des sciences de dans les affaires relatives à la religion et de la langue la charia islamique. arabe en Égypte et dans le monde. L'Etat assure les crédits suffisants pour la réalisation L’État lui assure les crédits de ses objectifs. suffisants réaliser ses objectifs. Le Cheikh de l'Azhar est

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indépendant et inamovible. Le Cheikh de l'Azhar est La loi définit les modalités indépendant et inamovible. de son choix parmi les La loi définit les modalités membres de l'autorité des de son choix parmi les grands Oulémas. membres du Conseil des grands Oulémas. Et ceci conformément à la loi

2.1 L’articolo 2 della costituzione egiziana ossia il ruolo della shar ī‘a all’interno della costituzione.

Il dibattito sull’articolo 2 ha scatenato un accesissimo dibattito sin dalla sua introduzione nel 1971 da parte di Sadat. Ad opporvisi furono tanto copti che musulmani moderati e liberali, i quali denunciarono pubblicamente tale “incubo ideologico” 495 Dissenso ulteriormente riaffermatosi negli anni ’80 quando ci fu la già menzionata modifica dell’articolo “una” in “la”, riferito alla shar ī‘a e al suo ruolo di fonte del diritto. Rimasto latente per anni, è tra il 2005 e il 2006 che tornò al centro dell’attenzione pubblica in vista del referendum del 2007 per la proposta di emendamenti dell’ex presidente Mubarak 496 .

In Egitto l’unità essenziale tra religione e Stato non è stata mai nullificata del tutto, senza togliere che il paese del Nilo sia uno dei paesi che ha fatto più progressi in termini di modernizzazione e secolarizzazione.

495 Cfr., Abu Sahlieh Sami A.A., Non-musulmans en pays d’Islam. Cas d’Égypte , Editions Universitaires Fribourg Suisse, Zurigo, 1979. Tra gli altri autori musulamni contrari al decreto: Hussein Fawzi, Khalid Muhammad Khalid, Abdel-Hamid Metwalli, Hamid Zaki, Ibid. 496 Cfr, Atmaca N., Arguments, Alternatives and Amendments: Article two of ṯe Egyptian Constitution , Arab-West Report Paper 2, August 2007.

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Sin dalla prima costituzione che conosce il paese, ad eccezione di quella provvisoria della RAU del 1950 a causa dell’assenza di una tale clausola nella Costituzione siriana, l’Islam vi figura come religione di Stato. 497 Lo Stato si fa cioè garante della religione islamica, la ingloba e in un certo senso la controlla, lasciandole pochi mezzi di fatto per contestarlo e opporviglisi. Essa non assumerà più valore di quello che lo Stato stesso voglia, ovvero relegata alla sfera individuale, raramente in quella collettiva e quasi mai in quella politica. Come sottolinea Achour, l’Islam religione di Stato non significa affatto l’entrata della religione in politica, ma piuttosto la sua uscita. Nessuna ripercussione sull’organizzazione e sul funzionamento dello Stato, nè sulla sua politica, se non nella misura e nell’interesse dello Stato stesso. 498 Il problema, in termini di secolarizzazione, si pone quando la separazione tra diritto e religione viene meno con la Costituzione emanata da Sadat nel 1971 il cui articolo 2 sancisce che i principi della shar ī‘a sono una delle fonti principali della legislazione. Provvedimento ulteriormente problematico quando nel 1981 Sadat apporta una leggera, ma sostanziale, modifica al suddetto articolo: la shar ī’a non è piú una delle fonti principali, ma la fonte principale 499 . Appurato il forte valore simbolico che tale articolo della Costituzione scaturisce, è bene specificare che esso non ha di fatto alcuna ripercussione giuridica. Le modifiche

497 La prima Costituzione che conosce l’Egitto è quella del 1923 volta ad instaurare la monarchia con a capo la dinastia di Muhammad Ali. Tale costituzione resterá in vigore fino alla rivoluzione del 1952, con una breve parentesi, dal 1930 al 1935, quando re Fuad I emanó una nuova Costituzione a seguito di una grave crisi politica. Dopo una fase di transizione, nel 1956 fu promulgata la Costituzione della Rivoluzione che sancisce i fondamenti essenziali dell’organizzazione politica dello Stato repubblicano e che si ritrovano ancora nell’attuale costituzione. A quella del ’56 seguirono infatti diverse elaborazioni (1962, 1964 e un approccio nel 1965 ma interrotto dall Guerra del ’76), fino ad arrivare a quella del ’71 elaborata da Sadat e ancora vigente. Cfr. Canal-Forgues Eric, Recueil des Costitutions des Pays Arabes , Bruylant, Bruxelles, 2000, pp. 91-94. 498 Ben Achour Y., Politique, religion et droit dans le monde arabe, Cérès Production, Tunisia, 1992, p.44. 499 L’articolo completo così si presenta: “L’Islam è le religione dello stato e l’arabo la sua lingua. I principi della legge islamica (shar ī‘a ) sono la fonte principale del diritto.” Cfr.www.costitution.sis.gov.eg./en.2htm. La modifica sta in quell'articolo determinativo che definisce la shar ī‘a la fonte principale e non più "una delle fonti principali del diritto". Come sottolinea Botiveau, tale modifica non ha sostanziali ripercussioni giuridiche; la sua importanza sta nel suo valore simbolico. Cfr. Botiveau B., "Shar ī‘a" islamique et droit positif dans le Moyen-Orient contemporain : Égypte et Syrie, Thèse de Doctorat ; Sciences politiques ; Aix-en-Provence : Université de droit, d'économie et des sciences, 1989, pp. 171-172.

218 previste per rendere effettivo il cambiamento costituzionale, da applicare tra l’altro solo sulle (poche) leggi posteriori all’entrata in vigore dell’articolo, non cambiano nessuna delle disposizioni giá previste dalla Costituzione, 500 trovando fondamento sul fatto che: 1) l’Islam garantisce la libertá di religione ai non-musulmani in nome del principio della “no costrizione in religione, a cui corrisponde l’art.46 della Costituzione; 2) l’Islam garantisce l’uguaglianza tra musulmani e non-musulmani in materia di diritti e doveri, non necessariamente gli stessi per le due categorie ma basate sui rispettivi statuti personali, a cui corrisponde l’art.40. Gli sviluppi giuridici successivi dimostrano come piú che di una reale gerarchizzazione delle fonti, che come sottolinea Dupret non è il punto cruciale della questione, 501 dimostrano come la decisione di Sadat sia stata una risposta alle forti pressioni sociali che rivendicavano negli anni ‘70 una maggiore islamizzazione e, in generale ancora oggi, una maggiore presenza di istanze religiose nella vita politica del paese. La rivendicazione principale della contestazione politica islamica non a caso è l’applicazione della shar ī‘a, che si concretizza appunto nell’articolo 2 della costituzione. Articolo che da sempre scatena un acceso dibattito e continua a rimanere al centro dell’attenzione anche nello scenario post rivoluzionario, a dimostrazione di quanto si è detto a proposito della strumentalizzazione del settore giudiziario da parte di istanze politiche. Tale stratagemma non è ovviamente prerogativa esclusiva di quei musulmani che cercano di promuovere una reislamizzazione del quadro istituzionale dello Stato attraverso le accuse di non rispetto della shar ī‘a. Vi ricorrono tanto i copti, quanto le forze liberal-progressiste del paese rappresentate da quei giudici che hanno

500 L’Alta Corte Costituzionale, chiamata a pronunciarsi per la prima volta nel 1985 sull’interpretazione da dare all’articolo 2, sancí il principio di non-retroattivitá, ovvero la sua incompetenza nel controllare la conformitá alla Legge islamica delle leggi anteriori al 2 maggio del 1980 (HCC: 1986). Essa stabilisce inoltre, in un secondo momento, una distinzione tra i principi assoluti e i principi relativi della shar ī‘a islamica, in maniera tale che, fino a quel giorno, essa non ha dichiarato mai un testo contrario all’articolo 2 (HCC: 1993).Cfr. Dupret B., La shar ī‘a est la source de la législation :interprétations jurisprudentielles et ṯéories juridiques , in Annuaire de l’Afrique du Nord, Centre national de la recherche scientifique; Institut de recherches et d'études sur le monde arabe et musulman (IREMAM) - Paris , Editions du CNRS , 1997 , pp. 125-142 , Vol. 34. 501 « La question n’est plus, en effet, de savoir si le principe de solidarité des articles de la Constitution égyptienne est respecté et di la nuovelle formulation de l’article 2 introduit une hiérarchie de fait entre eux, mais bien de savoir comment, au niveau de la juridiction constitutionnelle, les deux ensemble normatifs se compénètre. » Cfr. Ibid., p. 125.

219 interpretato il fatto di riconoscere alla shar ī‘a uno statuto privilegiato come un’ autorizzazione a passare oltre a quelle norme giuridiche che stimavano essere in contraddizione con la Costituzione. Da qui i raffinati escamotage volti ad eludere la legge islamica per attenersi al diritto positivo, come ad esempio l’interesse bancario previsto dalla legislazione civile ma in contraddizione con la legge islamica che proibisce la riba , o la legge sul divorzio unilaterale per la donna. 502 Un caso particolarmente esemplare di quanto si è appena affermato sul ricorso allo spazio giuridico come foro di espressione delle posizioni politiche, è quello di Yusuf Chahine e del suo film L’émigré , sulla vita del profeta Giuseppe come raccontata nella Bibbie e nel Corano. 503 Circa un mese dopo la messa in circolazione del film, l’avvocato Mahmud Abu-Fayd presenta un istanza alla Corte del Cairo affinché venga bloccata la circolazione del film, con l’accusa di aver personificato il profeta – attraverso l’attore che ne interpretava il ruolo - violando così il testo coranico e aggiungendo delle scene scioccanti per la comunitá dei credenti. Il tribunale accoglie l’istanza richiamandosi all’ hisba (bene pubblico), ma la Corte di appello (29 marzo 1995) annulla l’ordinanza basandosi sul fatto che nel Codice civile la hisba non viene né riconosciuta né presa in considerazione. L’avvocato chiama in causa al-Azhar per avere supporto mentre, nel frattempo, un avvocato copto di Asyūṭ Hosny Helmy, intervenuto contro il film per aver “alterato il testo biblico e portato attacchi alla religione cristiana”, si rivolge al papa che, a differenza dell’autoritá musulmana, interviene a favore del regista ritenendo che il film non comportava alcun attacco contro la religione cristiana. Il Tribunale decide allora di unire le varie istanze in un unico caso dichiarandosi incompetente in materia e relegandolo a oggetto di competenza dei tribunali amministrativi. Come sottolinea Maugiron-Bernarnd, tale “detournement du système judiciaire » 504, ha come effetto sia il rafforzamento che l’indebolimento del sistema giudiziario stesso: da un lato, il riconosciumento da parte di tutti gli attori della legittimitá dei tribunali di cui si servono per manifestare le loro opinioni politiche fa si che aumenti

502 Cfr. Botiveau, Loi islamique et droit dans les sociétés arabes : mutations des systèmes juridiques du Moyen-Orient. 503 Maugiron-Bernarnd N., Anatomie sociologique d’une affaire égyptienne. Le procès de « l’Émigré » de Youssef Chahine , in Dupret, cit., pp. 167-192 504 Ibid.

220 la loro importanza strategica; dall’altra la tendenza dei magistrati a privilegiare la loro concezione del diritto e della società piuttosto che le norme del diritto positivo, crea delle divisioni all’interno del sistema giudiziario accrescendone le disfunzioni.

3. I copti e la costituzione: posizioni contrastanti

Nel referendum svoltosi nel febbraio del 2011 i copti si presentano come un unico blocco che vota per il no. La Chiesa invita a votare no tutti i copti “dal più piccolo al più grande, dal più vicino al più lontano, fino al Al-Ṣa‘ īd”505 , ribadendo un’influenza geografica fino al sud del paese che come si è visto ha difficoltà in realtà a mantenere. E sono a favore del no anche i copti laici che chiedono una nuova costituzione che rispetti i principi della cittadinanza.

Dietro questo blocco vi sono in realtà motivazioni ideologiche ben contrastanti che non tarderanno ad emergere all’interno del dibattito cosituzionale. La Chiesa si schiera contro i Fratelli Musulmani, mentre i laici presentano le stesse motivazioni date dalle altre forze politiche.

Nel secondo referendum, quello del dicembre del 2012 indetto dal presidente Morsi per l’approvazione della nuova costituzione elaborata sotto la sua sovraintendenza, la divergenza tra le due componenti dell’elite copta emerge in maniera più determinata. Sebbene entrambe si schierino per il no, così come le altre forze politiche, partiti islamisti compresi. Al centro del contenzioso vi è l’articolo 2 o più in generale il ruolo della shar ī‘a all’interno della costituzione.

505 Cfr., al-Kanisa ta ḥara ḍ ‘ala istitf ā’ bi-lā wa-l-‘i’l ām ma ṭannaš (La Chiesa incita a votare “no” al referendum), www.youtube,con/watch?v=JxAgyXmwhyo

221

3.1 Il dibattito sull’articolo 2 e i copti: pre e post rivoluzione.

La posizione dei copti sull’articolo 2 è emblematica sia per quanto riguarda i rapporti della chiesa con il regime, sia come prova della rivalità di potere tra élite ecclesiastica e laica.

Quando Sadat introdusse il suddetto articolo II Shenuda oppose un netto rifiuto, mentre sotto il governo di Mubarak, a partire cioè dal suo rilascio nel 1985, il papa si mostra a favore dell’articolo 2. Dall’altro lato, l’elite laica si schiera contro o a favore secondo si tratti di persone pro governo o meno. Il politico copto Nabil Luca Bibawi, ad esempio, membro del Ma ğlīs Šura, autore di diversi libri in difesa della wa ḥda wa ṭaniyya , sostiene che il problema non risiede nell’articolo 2 in sè dal momento che il principio islamico garantisce la libertà religiosa e che essendo l’Egitto un paese a maggioranza musulmana è normale che anche lo stato lo sia. 506 L’eliminazione dell’articolo sarebbe “diabolica” e motivo di imbarazzo per il governo egiziano a livello internazionale. Giustificazione simile danno coloro che si schierano per una modifica dell’articolo, sostenendo che l’eliminazione comporterebbe conflitti confessionali interni, che si eviterebbero invece con l’apportazione di una clausola che includa il riferimento anche ai cristiani o che cambi di nuovo l’articolo determinato “la” con quello indeterminato “una”. Tra questi, ad esempio, vi sono il Rev. Dr. Ikr ām Lam’c, pastore della Chiesa Evangelica o Anba Marqus, vescovo di Shubr ā al-Ḵaima, nonchè portavoce ufficiale della Chiesa Copta Ortodossa. Posizione che pagò con il suo stesso incarico dal momento che Shenuda si era ufficialmente schierato per il mantenimento dell’articolo così come si presenta. 507 Si schierano invece per l’omissione dell’articolo coloro che dicono di volere una netta separazione tra religione e stato, come l’intellettuale copto Yusuf Sidhom, redattore del quotidiano Watani o il musulmano Sami Harak, fondatore del partito

506 Bibawi L., Muškil āt al- ’ aqb āṭ f ī ma ṣr (I problemi dei copti in Egitto), Il Cairo, 2011. 507 Atmaca N., Arguments, Alternatives and Amendments: Article two of ṯe Egyptian Constitution, cit.

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Mi ṣr al- ’Umm dichiarando inammissibile che un’entità morale come lo stato possa avere una particolare religione. Nel rafforzare la posizione di rifiuto, hanno giocato un ruolo determinante i copti del mah ğr, da sempre schieratisi per l’abolizione dell’articolo 2. Nel febbraio 2006 l’egyptian Organization for Human Rights organizza un simposio per discutere il posto della shar ī‘a nella costituzione egiziana e non a caso il dibattito venne acceso a fine 2005 intorno ad un articolo scritto da una ricercatrice americana di origini egiziane nel 2004. L’articolo in questione è quello di Yustina Saleh Law, the Rule of Law, and Religious Minorities in Egypt in cui afferma che la costituzione egiziana, e nello specifico l’articolo 2, rappresentano una protezione per la discriminazione delle minoranze religiose presenti nel paese. 508 Altri copti del mah ğr, quali Magdi Khalil e Adel Guindi si esprimono in maniera del tutto simile, ritenendo l’articolo 2 fonte di discriminazione tanto per le donne che per i non musulmani, mentre il copto svizzero Adly Abad īr ha avviato una raccolta firme affinché tale articolo venga cancellato. 509 Sul sito dei copti della Gran Bretagna si legge come terza rivendicazione:

Copts demand the removal of the second Article in the Constitution stipulating “That Islam Is the National Religion” and “Islamic Sharia is the main source of legislation”. These articles do not render justice or respect to 12-15 Million Copts. Egypt will prosper under a secular system that separates Religion from the State. Right now Egypt is more of a religious state than civic. 510

Oltre ad allinearsi alla posizione politica, il sostegno del Patriarca all’articolo 2 presuppone anche un altro punto di interesse di potere. Il fatto che la shar ī‘a sia la fonte principale della legislazione, implica che in materia di diritto personale i cristiani rispondano alle proprie leggi religiose, quindi sotto il suo controllo. Eliminare la referenza religiosa, islamica, della legislazione presupporrebbe la perdita di tale privilegio anche per la componente cristiana: “la secolarizzazione e

508 Cfr. Saleh Y., Law, ṯe Rule of Law, and Religious Minorities in Egypt , MERIA Journal, 7 dicembre, 2004. 509 Cfr., Daily New Egypt, Article 2 of constitution triggers heated debate in parliament , 6/02/2007. 510 http://copts.co.uk/home/our-objectives.html

223 l’uguaglianza implicano una legge valida per tutti gli egiziani” 511 e “il primo a perdere dallo scioglimento dell’articolo 2 sarebbe Shenuda stesso” 512 dal momento che “la legge cristiana sullo statuto personale risulterebbe incostituzionale” 513 , per dirla con le parole di Rafiq Habib rappresentante della chiesa evangelica. Di fatto, l’unificazione dello statuto personale è quanto di più problematico vi possa essere nel caso in cui venisse instaurato uno stato civile, laico senza il riferimento religioso. E non a caso è l’unico a restare su basi confessionali in un sistema giuridico unificato da lunga data. Regolando la base stessa della vita di un individuo, è quello maggiormente legato alle tradizioni, quindi più difficile da modificare e modernizzare, oltre ad essere il primo e più efficace strumento di controllo sociale da parte del potere. Tanto che, nonostante i ripetuti tentativi, le autorità religiose cristiane delle diverse confessioni (ortodossa, cattolica e protestante) non sono riusciti ad accordarsi neanche per elaborare uno statuto personale unificato per i cristiani.

3.2 Post rivoluzione

Nel dibattito costituzionale della fase di transizione si ripresenta la stessa dinamica: opposizione alla costituzione di Morsi e sostegno a quella approvato sotto il regime militare di Sissi da parte della Chiesa e scontro tra questa e i laici sulla questione dello statuto personale per la prerogativa che la Chiesa cosi si riserva di regolare e controllare la vita dei copti ribadendo la sua posizione di potere. Questo è il prospetto che si presenta:

511 Cfr. Sult ān M., al-aqb āṭ wa-l- siy āsa (I copti e la politica), cit. 512 Ibid., p. 513 Ibid., p.

224

L’articolo 219 introdotto da Morsi è quello contestato da tutti i copti, al punto che i membri della Chiesa copta lasciano l’assemblea costituente in segno di protesta. Il portavoce di Tawadros II, l’arciprete Angelius Ishaq, sostiene che la costituzione cosi com’è non tiene in considerazione tutti i settori della popolazione, specie l’articolo 219 514 . Mentre specifica Anba Aziz, rappresentante della Chiesa copta nell’Assemblea Costituente: “questo articolo fa più male che bene ed i primi ad esserne affettati sono i diritti dei musulmani. Siamo d’accordo con al-Azhar sulla necessità di eliminarlo. 515

514 Shuruq al-Jadid, dic 9, p.9 515 Walid Abd al-Rahman, al-Sharq al-Awsat, 17/10/2013 http://archive.aawsat.com/details.asp?section=4&article=747002&issueno=12742#.VOSHqi4Qk_k

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L’avvocato Nabil Gibrail, presidente dell’organizzazione Egyptian for the Human Rights ritiene che la costituzione non rispetti i diritti e la libertà di circa metà della popolazione egiziana. 516 La controversia principale tra laici e Chiesa ruota intorno al potere legislativo attribuito alla Chiesa e alla legge religiosa nel regolare la vita dei copti. Controversia ben rappresentata dal fatto che i membri copti dell’Assemblea Costituente siano degli uomini ecclesiastici. L’articolo che conferisce alla Chiesa il potere legislativo in materia di statuto personale è l’articolo 2, ulteriormente rafforzato dall’articolo 3, introdotto quest’ultimo da Morsi e ribadito dalla costituzione del gennaio 2014. La sostituzione nel suddetto articolo dell’espressione “non musulmani” con “cristiani ed ebrei” non voluta da Pachomios nell’elaborazione della costituzione del 2012 è invece rivendicata dall’estrema destra copta, ecclesiastici, che vogliono maggior controllo per il clero. Ad esempio Anba Jeremia contesta la posizione di Anba Bula, rappresentante copto all’assemblea costituente, che chiede appunto di sostituire “cristiani e ebrei” con “non musulmani”. 517 E gli islamisti che vogliono cambiare l’espressione “i principi della shar ī‘a” con “la shar ī‘a” nell’articolo 2. 518 Mentre lo shay ḵ di al-Azhar si schiera sulla stessa linea moderata della chiesa, chiedendo anch’egli di mettere il più inclusivo non musulmani. 519 Il nuovo patriarca Tawadros ritorna sulla posizione moderata di approvazione dell’articolo 2 dopo che i vescovi avevano minacciato di ritirarsi dall’assemblea costituente se non venisse aggiunta la clausola secondo cui i non musulmani possono basarsi sul proprio statuto personale. 520 Tra coloro che maggiormente si schierano contro l’articolo 2 sono quei copti laici, infatti, che rifiutano le restrizioni dello statuto personale copto, soprattutto in materia di matrimonio e divorzio.

516 al-Sabah, dic 9, p.9 517 Al-Masry al-Youm, 23/09/2013 518 Al-Masry al-Youm, 26/07/2013

519 Al-Masry al-Youm, 24/09/2013

520 Egypt Independent, 12/11/2012

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Tema delicato che ha dato vita a diverse manifestazioni da parte dei copti durante il 2011 davanti al tribunale di giustizia e alla cattedrale del Cairo 521 per rivendicare il diritto al matrimonio civile che li sottrarrebbe quindi allo stretto divieto al divorzio, possibile solo in caso di adulterio. Il solo modo per accedervi è il cambio di confessione o religione e rappresenta la prima causa di conversione dei cristiani all’Islam. All’indomani della rivoluzione è nata l’associazione Aqb āṭ 38 (copti 38) il cui nome si rifà al decreto del 1938 che concedeva il diritto al divorzio, emesso dal Santo Sinodo e poi revocato da Shenuda III. 522 Il loro rifiuto dell’articolo 2, ovvero di stare sotto lo statuto personale cristiano ortodosso giunge fino alla richiesta paradossale di stare sotto la “shar ī‘a islamiyya”523 Contro l’articolo 2 sono anche i copti del Maspero Youth Union che nella loro pagina facebook mettono al primo posto il suddetto articolo nella lista degli articoli contrari ad uno stato civile che rispetti i diritti di tutti i cittadini. Cosi come i copti, quali Marika Makram Harbi ad esempio, 524 che prendono parte al Movimento dell’Egitto civile ( ḥaraka ma ṣr al-madaniyya) . L’articolo 2 e il ruolo della shar ī‘a nella costituzione è infatti intimamente legato al tema della dawla madaniyya .

521 Cfr. Khalil E., Copts to Protest Thursday to Demand Civil Marriages, al-Masry al-Youm 4/07/2011; Khalil E., Copts Continue Protests Demanding Civil Marriages , al-Masry al-Youm, 25/07/2011.

522 Cfr., Am īn r āba ṭ aqb āṭ 38 yafta ḥ al-nār ‘ala b ābā Šenuda wa-l-kanisa bi-sabab qadiyya al-ṭal āq (Il president dell’associazione Copti 38 apre il fuoco contro papa Šenuda e la chiesa per la questione del divorzio),www.youtube.com/watch?v=D7zLjrr_qmE. Si veda anche : Gergawi S., Coptic group rejects constitutional proposal that Christians be subject to the church in family law, English Ahram, 26/09/2012.

523 Cfr., Sha’ban A.W., ’ Aqb āṭ 38: nur īd al-iḥtik ām li-Shar ī’a al-islamiyya (I copti 38: vogliamo ricorrere alla legge islamica), al-Wafd, 23/09/2012.

524 Cfr., Harbi M.M., Limadha yugib ‘il ġā’ al-māda al-ṯanya min al-dust ūr al-ma ṣriyya (Perchè bisogna siogliere l’articolo 2 della costituzione egiziana), in al-Ḥaw ār al-Mutamidin, 16/03/2011, n. 3307 www.ahewar.org/debat/show.art.asp?aid=250858

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LES COPTES ET LE GOUVERNEMENT DE MORSI

Morsi au lendemain de son élection : « L’Égypte est une dawla madaniyya (état civil), nationale, constitutionnelle et démocratique, ni théocratique ni séculaire. (Al-Hayya al-Youm, 27/09/2012)

Et sur les Coptes déclare: Les Coptes ne sont pas une minorité, mais ils sont egales aux Musulmans (AhramOnline, 08/01/2013)

Article de la Constitution ajouté par Morsi concernant les Coptes :

Article 3

Les principes de la religion des Égyptiens chrétiens ou Juifs sont la source principale des législations qui organisent leur statut personnel, leurs affaires religieuses et le choix de leurs dirigeants spirituels.

Tawadros II : substitution « Égyptiens chrétiens et Juifs » en « non Musulmans »

VS Anba Ermia (droite ecclésiastique copte)

Principale article de controverse pour la liberté religieuse

Article 219 : Opposition :

Tawadros : Tawadros calls on M ūsá to Abolish Article 219 (al-Šur ūq, 12/09/2013)

Les principes de la Coptes : Nabil Gibrail (avvocat activiste Droits de l’Homme) charia islamique comprennent ses preuves globales, Shabab Maspero: premier amendament qui demande c’est ses bases l’élimination de l’article 219 fondamentales, (page Facebook) les règles de la Al-aqb āṭ al mah ǧr: lettre à l’Assemble jurisprudence, Constituante pour l’élimination de ainsi que ses sources l’article 219 entre outres significatives, (al-Watan , Sept. 16) acceptées par les écoles juridiques sunnites al-Azhar : Mohamed Abdel Salam (Grand shay ḵ): certains et l’ensemble de la imams dans la derniere periode deforment l’immage de communauté. l’Islam et toute le monde devrait savoir que l’Islam refuse un état religieux.

(DailyNews, 16/09/2013)

Societé Civile révolutionnaire : ex. Shabab 6 April: 1 amendement de la Constitution est l’élimination de l’article 219 (page Facebook)

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4. L’articolo 2 nel dibattito più ampio della dawla madaniyya .

L’articolo 2, come si è già detto, è quello che regola il ruolo della shar ī‘a nella costituzione; in ultima analisi, quindi, la relazione tra religione islamica e Stato ( dīn wa dawla )525 ovvero il perno intorno cui ha ruotato buona parte della discussione sulla dawla madaniyya , “condizione fondamentale per un nuovo Egitto libero e giusto” 526 e al centro della battaglia sui principi costituzionali del 2011. Lo stesso presidente Morsi all’indomani della vittoria elettorale dichiara che “l’Egitto è una dawla madaniyya , nazionale, costituzionale e democratica, né teocratica né secolare”. 527 La parola femminile dawla , dalla radice d w l (cambiare periodicamente, essere sostituito, trascorrere) significa: “alternanza, instabilità, dinastia, regno, Stato, paese, nazione”. 528 L’aggettivo madaniyy, femminile madaniyya , dalla radice m d n ( popolare un luogo, fondare città, civilizzare) significa: “cittadino, civilizzato, civile, opposto a militare, penale; civico, secolare, opposto a religioso”. 529 Termine quindi che esclude da un lato i militari dal gioco politico dall’altro la religione.

Salvo alcuni estremisti salafiti, che considerano infedele la dawla madaniyya appellandosi a uno stato islamico, tutte le forze politiche si schierano a favore di tale soluzione. Tanto da dar vita ad un movimento nazionale per l’instaurazione della dawla madaniyya a cui vi prendono parte numerosi intellettuali, uomini di religione islamica e cristiana. 530 E non fa eccezione l’esercito che dichiara di volersi limitare a difendere la nazione senza entrare in politica, “zona che non è di sua competenza”. 531 Di fatto, la giunta militare ha dichiarato in più occasioni, a partire dall’accordo

525 Per un approfondimento si veda l’allegato 2, a pagina 361.

526 Dove per battaglia l’autore intende il dibattito intellettuale. Cfr., ‘Ab ū al-mu’ āṭī A., (Cosa significa questa battaglia? È arrivato il suo tempo?)

527 Al-Hayya al-Youm, 27/09/2012 https://www.youtube.com/watch?v=miQ4L2X5Xrk

528 Cfr., Traini, pp. 385-386.

529 Cfr. Traini, pp.1390-1391.

530 Al-Ahr ām, 27/03/2011.

531 ‘Abd al-Mag īd W., Min ya ḥamma al-dawla al-madaniyya? (Chi difende la dawla madaniyya ?) in al-Masry al-Youm, 17/06/2011

230 giunto con il governo di Sharaf 532 la sua intenzione di compiere la volontà del popolo e instaurare una dawla madaniyya 533 . Il mušid Tantawi anche, in occasione della commemorazione della vittoria di ottobre (1973), in cui elogia i giovani della rivoluzione del 25 gennaio in quanto continuazione dei giovani che avevano apportato suddetta vittoria, proclama l’instaurazione della dawla madaniyya “fondata sulla democrazia reale che permetta a tutti i figli della nazione di partecipare nella presa di decisioni”. 534

Un accordo che in realtà non corrisponde all’unanimità di opinione su cosa la nozione di dawla madaniyya significhi con esattezza e soprattutto su come si possa realizzare concretamente a livello politico.

4.1 La dawla madaniyya tra i copti.

La retoriticità della dawla madaniyya riguarda anche i copti che in maniera unanime rivendicano questa forma di governo, in quanto garante della libertà religiosa, ma la cui accezione si discosta molto da quella delle forze civili rivoluzionarie, musulmane o cristiane che siano. Anba Pachomios in quanto responsabile della chiesa in attesa delle elezioni papali dichiara di shierarsi per una dawla madaniyya :

Vogliamo che l’Assemblea Costituente rappresenti tutti i segmenti della popolazione egiziana. I copti hanno chiesto esplicitamente che venga rimosso della Costituzione, e che si includa un testo che specifichi la natura civile dello stato secondo cui viene garantito ad ognuno il diritto di credo e libertà di culto dei rituali religiosi come funerali e il suono delle campane, e non solo il diritto di applicare la legge cristiana in materia di statuto personale. 535

532 Al- Ahr ām, 03/05/2011

533 Al- Ahr ām, 22/07/2011 534 Al-muš īr ya ḥadar min al-farqa wa-l-tašk īk f ī niyy āt al-ğeš: Tantaw ī fi kalama ṯo bi-mun āsiba dhikr na ṣr ‘ukt ūbar: hadafn ā ban ā’ dawla madaniyya ḥad īṯa ta ḥaqqaqa al-’adl wa-l-mus āwa, in al-Ahram, 7/10/2011 535 Cfr. http://mase7y.com/christian-channels/christian-news/2270-egy-bakomuth.html

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Il messaggio di Tawadros è decisamente più moderato e apertamente incline al regime militare: sostenendo lo stato moderno civile che Muhammad voleva 200 anni fa e che la società egiziana vuole si oppone ad uno stato basato sulla religione e che si fondi sul pluralismo. Continua affermando che il fondamento militare non è contaminato da estremismo o rivolta, ma ha come funzione principale quella di difendere la nazione dal nemico esterno. 536 Specifico il mantenimento del controllo ecclesiastico sullo statuto personale. Il neo papa sostiene inoltre che l’articolo 219 della costituzione di Morsi rappresenti una minaccia per la dawla madaniyya , traformandola in qualcosa di completamente distinto. 537 Ma a mettere a repentaglio la dawla madaniyya è anche l’articolo 3 tanto voluto dagli ecclesiastici estremisti copti, rappresentati da Anba Jeremia che si batte affinchè nel suddetto articolo ci sia l’espressione “cristiani ed ebrei” piuttosto che “non musulmani”. Le posizioni di Anba Jeremia sono state violentemente contestate dai giovani di Maspero proprio con l’accusa di mettere in discussione la dawla madaniyya .538 E se Tawadros specifica che l’articolo 2 non suppone un problema con i principi della dawla madaniyya , essendo stato introdotto da Sadat per circostanze dell’epoca, 539 di parere del tutto opposto è Nabil Gibrail, avvocato copto presidente dell’ Unione Egiziana per i diritti umani. In un lungo articolo sulla rivista copta religiosa Shams al Bar spiega le ambiguità legate al concetto di dawla madaniyya in relazione all’articolo 2. Esordisce affermando che l’articolo 2 è in netta contraddizione con il concetto di dawla madaniyya . Per capire questa contraddizione è necessario determinare cosa sia la dawla madaniyya :

A dispetto di quello che dicono molti giovani la dawla madaniyya non è solo il passaggio dell’autorità militare ad un governo civile quando il significato più grande risiede nel garantire il rispetto dei diritti della cittadinanza, tra cui: uguaglianza, giustizia e le libertà di tutti i tipi ( coscienza, espressione, credo), scioglimento dello

536 Al-Ahr ām, 03/05/2013 537 http://www.youtube.com/watch?v=7tZs23fABE0 538 Shouruq, 25/09/2013 539 el-Fagr, 28/09/2013

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stato di emergenza. La dawla madaniyya significa che la legge, la costituzione, la tradizione, e la religione non entrino in merito alle libertà politiche dell’individuo. 540

A ragione di questo, l’articolo 2 contraddice con l’articolo 1 della costituzione, ovvero con la cittadinanza; con l’articolo 4 e nello specifico con l’ugaglianza; con l’articolo 46 che stabilisce la libertà di credo e non proibisca la conversione dalla religione islamica verso qualsiasi altra religione. Anche Naguib Sawiris, il ricco imprenditore copto che fonda il partito al-Masriyun al-Ahrar, si dichiara per l’instaurazione della dawla madaniyya , per la “laicità dello stato” 541 . E nel dibattito innescato intorno all’articolo 2 nel 2011 dichiara di essere favorevole al mantenimento dell’articolo con l’aggiunta di una clausola che specifichi il diritto per i cristiani di seguire il loro statuto personale, in modo tale da garantire “i diritti dell’uomo, delle minoranze e della donna.” 542 , come quella elaborata dopo la destituzione di Morsi. Una posizione parallela a quella di molti musulmani che non vedono una contraddizione tra la presenza della shar ī‘a nella costituzione e la garanzia del rispetto dei diritti civili per tutti i cittadini. Wa’il Ghonim, l’”attivista della tastiera” 543 ritenuto dal Times tra le cento persone più influenti del mondo nell’anno 2011 544 afferma che:

Noi lavoriamo per avere una dawla madaniyya che protegga i diritti del cittadino e allo stesso tempo siamo consapevoli che la shar ī‘a islamica è la fonte principale del diritto.

540 Gibra’il N., al-Madda al-th āniya wa ‘ishk āliy āt al- dawla al-madaniyya (L’articolo due e le ambiguità della dawla madaniyya ), Shams al-Bar, n. 25, aprile 2011. 541 Intervista sul canale BBC 542 Cfr., al-Youm al-Sab’a, 4/12/2013. 543 Arrestato due giorni dopo l’occupazione di Ta ḥrīr, al momento del rilascio, avvenuta il 7 febbraio del 2011, ha affermato: “Io non sono un eroe, sono solo il responsabile del mio software. Sono l’attivista della tastiera, gli eroi sono coloro che sono scesi e morti nelle strade egiziane”. Cfr., Wā’īl Ġon īm ṯā’ir sal āḥo “al-Keyboard” (Il rivoluzionario e la sua arma “la tastiera”), in al- Jazeera, 9/2/2011 E l’intervista avvenuta in televisione sul canale Dream: https://www.youtube.com/watch?v=yW59LZsjE_g&list=PLA90B1900FE67C0F5 544 Baraday M., Wael Ghonim. SpokesMan for a Revolution, in Times, 04/21/2011.

233

E aggiunge: non c’è contrasto tra dawla madaniyya e shar ī‘a islamica. 545

Il primo ministro Salm ī ribadisce la necessità della dawla madaniyya senza l’esclusione della shar ī‘a:

Lo stato democratico civile moderno, basato su principi della cittadinanza e della sovranità della legge e dell’autorità, a differenza del precendete regime in cui la gente non partecipava nelle questioni nazionali.[...] L’Egitto sarà uno stato civile senza che questo implichi un’uscita della shar ī‘a o dei principi religiosi. 546

Aggiunendo inoltre che:

la dawla madaniyya è la base per il progresso della società, senza bisogno di uscire dai principi religiosi. L'Egitto post- rivoluzione deve essere uno stato civile, una democrazia moderna, basato sulla cittadinanza, e sullo Stato di diritto, in cui si rispetta la devoluzione del potere, il pluralismo politico e la giustizia sociale. 547

La controparte musulmana di quei copti ecclesiastici di destra che vogliono una maggior confessionalizzazione dello Stato, è rappresentata dai salafisti che vogliono conferire alla shar ī‘a maggior peso giuridico. Mentre, come i laici copti si schierano contro l’articolo 2, vi sono musulmani altrettanto contrari. Ed alcuni che dichiarano di essere contro il riferimento islamico che i fratelli musulmani vogliono aggiungere alla formula dawla madaniyya : il dott. Wahid ‘Abd el-Magid, presidente della

545 Zidan F., Ghonim: l ā ta’ ārida bayn madaniyya al-dawla wa-l- shar ī‘a al-‘islamiyya ... in al-Masry al-Youm, 31-10-2011 546 Cfr., N āfa’ S., Salm ī: wa ṯīqa al-mub ādi’ al-‘as āsiya li-dust ūr “khari ṭa al-ṭar īq” li-iq āma dawla madaniyya ḥad īṯa, in al-Ahram, 20/08/2011. 547 ‘Ali Salm ī, Masr la satak ūn illa dawla madaniyya , (L’Egitto non sará solo uno stato civile), in al- Ahram, 20/08/2011, n. 45547. Fa eco alla sua dichiarazione, la critica di hamzi, che in un articolo di al-masry afferma che “la parola madaniyya nella bocca di Salmi è una menzogna”. Cfr., al-Masry al- Youm, 20/11/2011.

234 commissione di coordinamento dell’alleanza democratica istituito dal partito Hurrya e adala per elaborare una nuova costituzione specifica che:

È l’art. 1 che stabilisce che l’Egitto è una Dawla Madaniyya con riferimento islamico. Tale riferimento gli viene conferito dalla maggioranza parlamentare; la legge islamica ha riconosciuto il diritto dei non musulmani a ricorrere alla religione nelle questioni di fede e di religione e status personale sulla costruzione della famiglia, le disposizioni che differiscono dalle disposizioni della shar ī‘a islamica. 548

Riferimento che viene appunto criticato da altri: il poeta Ahmad al-Mustafa Abd Ahmed ad esempio si mostra scettico sostentendo che tale articolo celerebbe la volontà di convertire la dawla madaniyya in uno stato religioso:

Se la dawla madaniyya e il regime democrático sono tra le due rivendicazioni basiche della rivoluzione del 25 gennaio, i Fratelli Musulmani sono degli oppositori e non dei sostenitori. Sappiamo che i Fratelli Musulmani hanno condiviso la rivoluzione, ma sappiamo anche che non sono stati loro a prendere l’iniziativa e si sono aggiunti dopo. Loro dicono di volere uno dawla madaniyya , in realtà vogliono una dawla madaniyya per poi convertirla in uno Stato diniyya , dicono: una dawla madaniyya con riferimento all’Islam. Il riferimento alla religioni che i Fratelli Musulmani aggiungono nega la loro dawla madaniyya , como nega la loro democrazia. Uno stato non è madaniyya se non con un riferimento alla madaniyya . [...] Da qui l’impossibilità che uno stato religioso sia democratico. In altri stati religiosi i governanti indossano abiti militari! 549

Come si può notare, a predominare è l’aspetto religioso rispetto a quello militare. A spiegare il delicato rapporto dawla madaniyya -religione è Layla Takla, professoressa

548 Al-Masry al-Youm, 13/12/2011. 549 Lā dawlathom madaniyya wa l ā ni ẓāmhom demoqratiyya (No al loro stato civile nè alla loro democrazia), in al-Ahr ām, 22/06/2011.

235 copta di legge e amministrazione all’Università del Cairo, con un dottorato a New York sulle relazioni tra copti e musulmani. 550 È, inoltre, la prima donna ad aver presieduto la Commissione delle Relazioni Internazionali nel Parlamento Egiziano. 551

La dawla madaniyya non è contro la religione. Essa significa solo non mischiare la religione con la politica, dal momento che ognuna delle due si erge su una relazione completamente diversa. Le religioni sono la relazione tra il creatore e il creato, non ammettono critiche, discussioni o cambi. Non si basano sull’uguaglianza e l’autorità è solo quella del creatore. Al contrario, nella politica, che è la relazione tra il governante e il governato, la fonte dell’autorità proviene da chi è governato che la concede a chi governa. E può criticarlo, cambiarlo se non compie i suoi doveri. La dawla madaniyya non è miscredenza. Al contrario essa incoraggia le religioni, le protegge e sviluppa la politica. Non c’è unione tra i due. Noi ora abbiamo bisogno di essere un popolo religioso in un stato civile e non il contrario. La mescolanza tra i due toglie a quella che è la credenza religiosa il suo posto di altezza/sublime e conferisce alla politica e ai suoi responsabili un’autorità che non è di loro competenza. 552

5. La dawla madaniyya tra i copti di Francia.

Il 16 ottobre del 2011 i copti di Parigi organizzano un corteo per protestare contro l’attacco dei militari a Maspero. Il corteo parte non casualmente da Place de Fontenoy, di fronte alla sede dell’UNESCO per arrivare a Assemblée Nationale.

550 El-Wa ṭan, 07/10/2013. 551 Si veda anche il sito http://leilatakla.weebly.com/ 552 Layla Takla: la dawla madaniyya non è kafiran (miscredenza)

236

Itinéraire de la manifestation du 16 octobre 2011 à Paris

Una ragazza egiziana mi ha avvicinato chiedendomi se fossi una giornalista e senza aspettare una risposta ha iniziato a imprecare contro gli islamisti terminando: “Pourquoi on ne peut pas avoir un état laïque comme la France?”. La ragazza non era mai stata in Egitto che conosceva, quindi, attraverso i racconti dei suoi genitori e le informazioni diffuse dai media e dal net. In un video presente in youtube è possibile ascoltare la rivendicazione gridata dal corteo: “constitution laïque” e “Égypte laïque”. 553 Accusando l’esercito, responsabile dell’attacco, di essersi caoalizzato con gli islamisti. La nota stonata, oltre al fatto che a distanza di un anno quegli islamisti sono divenuti il bersaglio

553 Vedere il minuto 4 del video: www.youtube.com/watch?v=Ssg1AhTgytA

237 principale dei militari, sono le croci e i numerosi e vistosi simboli religiosi cristiani che poco hanno a che vedere con il laicismo tanto rivedicato. Una connotazione cristiana del lacismo ribadita dagli articoli presenti sui siti dei copti di Francia inerenti alla dawla madaniyya .

Nel sito BlogCopte si trovano 9 articoli che parlano dell’ “état civil”. La differenza tra questi e la stampa francese analizzata o il dabattito in Egitto è notevole: eccetto uno in cui ci si riferisce alla dichiarazione di Morsi di voler instaurare uno stato civile, 554 e un altro che si riferisce allo shay ḵ di al-Azhar, 555 gli altri 7 articoli sono tutti relativi ai copti e alla loro ferma decisione di volere “un état civil, laïque pas religieux”. Non si parla dell’islamismo direttamente anche se si fa riferimento al timore per il contesto islamico a discapito dei cristiani.556 Solo in uno si cita l’articolo 2 da parte del vescovo che conferma l’approvazione da parte della chiesa copta ortodossa con l’aggiunta di un ulteriore articolo che ribadisca il diritto per i non musulmani di seguire il proprio statuto personale. Altra caratteristica che si può notare la ricorrenza del termine “communauté”.

Per quanto riguarda il sito dell’Association Copte de France gli articoli pubblicati tra il 2011 e il 2012 sono 18 quelli in cui si cita almeno una volta l’espressione dawla madaniyya. Non sono stati considerati quelli inerenti a disquisizioni su costituzione, tipo di stato e religione che non citassero l’espressione. Dei 18 articoli, escluso quello riferito alla dichiarazione di Morsi all’indomani della sua elezione, 557 tutti presentano una connotazione palesemente islamofoba secondo cui la dawla madaniyya è l’alternativa, voluta dai cristiani o dai rivoluzionari, 558 contrapposta non solo ai salafiti, ma agli stessi Fratelli Musulmani, che “non credono nella dawla

554 Cfr., Les calculs politiques de la confrerie musulmane, blogcopte.fr/2011/03/30/news-les- calculs- politiques-de-la-confrerie-musulmane 555 È un articolo preso da La Croix precedentemente considerato: al Azhar fait sa revolution 556 Cfr., Égypte: l’inquietude des chrétiens, blogcopte.fr/2012/06/25/news-Égypte-linquietude-des- chrétiens ; Une catastrophe pour les coptes ?, blogcopte.fr/2011/12/08/news-une-catastrophe-pour-les- coptes 557 Égypte : place Ta ḥrīr, Morsi promet un « État civil », http://www.franco- copte.fr/archives.asp?page=2 558 Mā wara ṯawra ṯanya (Cosa c’è dietro la seconda rivoluzione), http://www.franco- copte.com/articles.asp?lang=Ar&IDProd=366

238 madaniyya ” 559 . Fino ad affermare che questi hanno letteralmente rubato la rivoluzione:

La nostra rivoluzione ci è stata rubata nel vero senso della parola perchè quando gli egiziani sono insorti lo hanno fatto per rovesciare Mubarak e creare uno stato civile moderno; ma ora noi siamo di fronte l’instaurazione di uno stato religioso. Abbiamo lottato per uno stato in cui predominasse su tutto la legge e ci siamo ritrovati all’ombra di una specie di stato che non è stato in grado di rispettare la legge e trovare una soluzione per i problemi abituali. Abbiamo lottato per uno stato in cui vi fosse la sicurezza e ci siamo ritrovati in uno stato controllato dai salafisti e teppisti. 560

L’islamofobia della stampa francese riguardo la relazione stato-religione notata da Bayart è decisamente più marcata negli articoli dei copti di Francia che, come si è già detto, fanno leva su sentimenti e concezioni dei paesi ospitanti per aver maggior presa in difesa delle proprie rivendicazioni.

6. La dawla madaniyya nella stampa francese.

Dopo aver tracciato un panorama più o meno amplio per cercare di capire cosa significhi tra gli egiziani il concetto di dawla madaniyya alla luce dell’evento rivoluzionario, si prenderanno ora in esame gli articoli della stampa francese, o meglio dei soliti quattro quotidiani considerati (Liberation, Le Monde, Le Figaro e La Croix) per vedere in che contesto e in che termini si presenti il tema ai lettori dell’esagono.

559 ‘A ḥmad ’abd al-Ma’ ṭī ḥiğāzī yaktab...(al-‘ikhw ān)...wa šahad š āhid min ‘ahlaha! http://www.franco-copte.com/articles.asp?lang=Ar&IDProd=323 560 Na ğahat ğama’a ‘istird ād al-ṯawra ra ġm ġiy āb al-‘ikhw ān wa-l-salafiy īn (Recuperiamo la rivoluzione nonostante la scomparsa dei Fratelli e dei salafiti) http://www.franco-copte.com/articles.asp?lang=Ar&IDProd=321

239

La prima considerazione da fare è relativa alla bassissima frequenza che il tema occupa nella stampa francese nel 2011 e nel 2012: su un totale di 5552 articoli in cui compare la voce “Égypte”, solo in 28 si parla dell’ “état civil”.

La dawla madaniyya dans la presse française (2011-2012): fréquence

1200 1000 800 600 Égypte 400 État civil 200 0 0 2 4 6

Fonte: Le Monde, Liberation, Le Figaro, La Croix Elaborazione propria

Il dibattito sulla dawla madaniyya , molto presente nella stampa egiziana e tra i manifestanti di piazza Ta ḥrīr sembra rivestire un ruolo marginale nella stampa francese. Quanto si vuole prendere in considerazione ora è il tema a cui viene associato, l’elemento cioè per cui viene citata la nozione di état civil quando si parla della situazione politica in Egitto. Tenendo in considerazione le varie sfumature a cui danno adito le varie interpretazioni in campo egiziano, si proporrà una tabella in cui si indicherà se la dawla madaniyya è considerata in relazione al carattere militare o religioso, specificando in quest’ultimo caso quando si fa eplicito riferimento all’islamismo o alla componente musulmana o cristiana. Verranno indicati anche quegli articoli in cui si accenna alla shar ī‘a e all’articolo 2. L’articolo sarà indicato con la data di pubblicazione.

240

La dawla madaniyya dans la presse française (2011-2012): termes du débat

MILITARE RELIGIONE ALTRO

shar ī‘a articolo 2 Liberation

19/10/2011

21/12/2011 X x 25/06/2012 †

30/11/2012 X X x

Le Monde

23/04/2011

24/09/2011 X x 29/11/2011 X

06/12/2011

16/12/2011 x

29/12/2011 29/02/2012 X 26/05/2012 † 26/06/2012 X

29/06/2012 02/07/2012 † 14/08/2012 X

Le Figaro

29/11/2011 X 02/07/2011 X 28/05/2012 †

241

La Croix

11/03/2011 X 30/06/2011 X † x x 18/07/2011 † X x

29/07/2011 28/11/2011 X † 22/12/2011 X 09/01/2012 † Legenda

islamisme

† copte

Il prospetto si presenta in cifre:

Militari 4 Islamisme 13 Copte 8 Shar ī‘a 5 Articolo 2 6 Totale 26

Il quadro offerto dagli articoli apparsi nei quattro quotidiani francesi conferma pertanto la crucialità dell’elemento religioso rispetto a quello militare emerso dal dibattito inerente al tema in Egitto. Un aspetto interessante riguardo quest’elemento religioso è la netta distinzione tra l’elemento musulmano e quello cristiano. Quest’ultimo, chiamato in causa 8 volte, è sempre associato in maniera positiva alla dawla madaniyya , talvolta in netto contrasto con gli islamisti: “Tel est aujourd'hui le principal ressort du vote copte: la peur des islamistes et l'impératif d'un Etat civil ”. 561 Dall’altro lato, quando si parla della posizione della religione islamica, si può notare che appare praticamente sempre (13 volte su 18) l’elemento islamisme

561 Le Monde, 26/05/2012.

242 nelle sue accezioni. Si è già chiarita la matrice estremista e i connotati negativi che il termine implica nel capitolo precendente. Per cui il suo utilizzo, è appropriato quando si parla dell’elemento musulmano più estremista, ma non per indicare tutti i musulmani. E comunque tutti gli articoli sono articolati intorno all’interrogativo se l’islam, senza troppe distinzioni tra quello moderato o estremista, sia o meno compatibile con la dawla madaniyya . Due soli articoli fanno eccezione, incentrati proprio nello smontare pregiudizi e opinioni distorte dell’”occidente” sull’islam e sulla sua relazione con lo stato. Si tratta di un articolo pubblicato su Le Monde di Jean Bayart, direttore di ricerca al CNRS, e di un articolo-intervista su La Croix a Oliver Roy professore e direttore dell’Istituto del Mediterraneo, entrambe pubblicati il 29 novembre del 2011. Il primo inserisce la questione della dawla madaniyya nei paesi arabi tra cui l’Egitto in un più ampio contesto, quello dell’illusione in cui vivono i francesi dell’ “équation magique selon laquelle la République équivaut à la démocratie qui équivaut à la laïcité qui équivaut à l’égalité des sexes qui équivaut à la modernité qui équivaut à l’Occident qui équivaut au christianisme. » Torna sulla questione della laicità e secolarizzazione per concludere dicendo che “La question à laquelle sont confrontés les musulmans, islamistes et laïcistes confondus, est sociale et non religieuse e criticando « l’islamophobie dans laquelle se vautre désormais l’Europe. » Dal canto suo Roy alla domanda su quale sia la differenza tra un « état civil » (et non laïque), voire un « islam civil » revendiqué par certains musulmans e un « État laique », risponde chiarendo anch’egli l’errore commesso dagli Europei:

À leurs yeux, un État civil est un État qui n'est pas islamique (comme en Iran ou en Arabie Saoudite), qui n'est pas unitaire ou dictatorial, mais qui est basé sur une identité musulmane. Les partis islamistes n'acceptent pas la laïcité telle que nous la connaissons en Europe mais veulent que la religion reste au cœur de la société civile. Après tout, c'est le cas avec le Catholicisme en Italie. […] Il ne faut pas oublier - et c'est une erreur que font beaucoup d'Européens - que la sécularisation n'est pas un préalable à la démocratie. Les États Unis, comme la Suisse ou la Grande Bretagne en sont quand même d'éloquents exemples !

243

Tra i 26 articoli inerenti alla dawla madaniyya , solo 5 fanno riferimento esplicito alla shar ī‘a e all’articolo 2. Gli articoli che citano uno sono gli stessi che citano l’altro, a parte un caso in cui si parla solo della shar ī‘a. Dei cinque articoli, quattro sono inerenti agli islamisti e al fatto che l’articolo 2 resti nella costituzione, mentre uno, in La Croix, afferma in maniera del tutto fuorviante: “Alors que les coptes demandent son abrogation, l'opinion musulmane, qui constitue la majorité écrasante, soutient son maintien. Les coptes conçoivent cet article comme un facteur d'exclusion et de division. »562 . Non è necessario ribadire che la linea di divisione delle posizioni a proposito dell’articolo 2 non corrispondono a quelle effettive; basti ricordare che il papa è favorevole al suo mantenimento.

7. Al di là della rivendicazione unanime della dawla madaniyya

All’indomani della caduta di Mubarak la fase di transizione politica conclusasi con l’instaurazione della nuova ditattura militare sotto la presidenza di al-Sisi, è stata dominata dal dibattito costituzionale. Campo, quello giuridico, delle rivendicazioni politiche sin dall’instaurazione del regime dittatoriale a seguito della rivoluzione del ’52. In questo dibattito la religione ha rivestito un ruolo cardinale e si sintetizza nella formula, dai confini labili, della dawla madaniyya (stato civile) che implicherebbe la separazione dello stato, sia dalla religione che dalla presenza militare. Di fronte a tale prospetto, i copti non si presentano come un blocco politicamente compatto dalle rivendicazioni convergenti. Sebbene essi siano tutti a favore della dawla madaniyya , come del resto le altre forze politiche del paese ad eccezione dei salafiti, scendendo nei dettagli ci si rende conto della diversità di interessi che separa l’elite laica da quella ecclesiastica. Il parametro di misurazione è dato dall’articolo 2, oggetto contenzioso sin dalla sua introduzione nel 1971 dal presidente Sadat. La posizione della chiesa al riguardo denota la sua collaborazione con il regime nell’interesse di

562 La Croix, 18/07/2011

244 garantire il controllo della sfera personale dei copti attarverso l’applicazione dello statuto personale copto ortodosso. Ordinamento che rafforza quindi il sistema comunitario a discapito della cittadinanza basata su principi civili e rivendicata dalle forze laiche copte in linea con le forze rivoluzionarie e progressiste del paese.

Questa sfumatura di significato dalle conseguenze marcate che assume il concetto di dawla madaniyya non emerge nella stampa francese, e ancor meno in quella dei copti in Francia. Quanto risulta è invece la contrapposizione cristiani e musulmani, (quasi sempre definiti islamistes), nelle posizioni a favore e non della dawla madaniyya , confermando il filtro islamofobo secondo cui il cristianesimo si associa naturalmente con il laicismo e l’islam con l’estremismo religioso. Resta il fatto che la questione religiosa e nello specifico la relazione dell’islam con lo stato, continui a monopolizzare sia il dibattito interno ufficiale che quello rilevato nella stampa francese, distogliendo l’attenzione dal vero problema ossia il regime autoritario vigente in Egitto, sostenuto dall’Europa e dagli Stati Uniti.

245

246

CAPITOLO 5

GLI SCONTRI MUSULMANI-COPTI AL DI LÀ DEL CONFLITTO CONFESSIONALE. LA RICOSTRUZIONE MEDIATICA DEGLI SCONTRI DI IMB ĀBA

Introduzione

In questo capitolo si vuole analizzare l’episodio di Imb āba, avvenuto nel quartiere cairota tra la notte del 7 e dell’ 8 maggio 2011. Si tratta di scontri verificatisi tra cristiani e musulmani intorno alla chiesa di Mar Mina su pretesto di una donna cristiana, Abira, tenuta prigioniera in una chiesa, per impedirle di convertirsi all’Islam. Pretesto particolarmente frequente in Egitto che vede nel caso delle mogli di due preti, Wafa Costantine nel 2004 e Kamila Sheahata nel 2010, i due antecedenti più emblematici, fonte di accesi dibattiti nazionali dalle ripercussioni notevoli. Un caso, quindi, di conflitto confessionale che confermerebbe il tanto proclamato conflito di civilizzazione. Come si vedrà altre ragioni sono sotto questi episodi di scontri tra cristiani e musulmani in Egitto, che vanno da questioni demografiche a strategie geopolitiche dei vari attori in campo e in gran parte legate alle ripercussioni mediatiche che può avere un attacco ai cristiani piuttosto che ad un altro obiettivo.

247

1.Materiale selezionato e scelta del tema

Gli scontri di Imb āba rappresentano il terzo episodio che vede coinvolti cristiani e musulmani verificatosi nel 2011 all’indomani della rivoluzione.

Cas de violence avec les Coptes : post 25 janvier – mai 2011

248

Il 4 marzo vi erano stati due morti e diversi feriti ad Atfi, piccolo centro del villaggio di S ūl, nel governatorato di Helw ān, a seguito di scontri iniziati su pretesto di una relazione non approvata tra una giovane musulmana e un copto. Le relazioni tra una donna musulmana e un uomo cristiano non sono permesse nel diritto di famiglia musulmano senza previa conversione all’Islam dell’uomo. Sono invece permesse tra una cristiana e un musulmano. La chiesa di Chiesa dei Due Martiri, San Mina e San Giorgio ne risultò distrutta da un incendio. Quattro giorni dopo, l’8 marzo, vi fu un violento scontro tra musulmani e cristiani nel quartiere di Manšiyat N āṣer, situato nel Muqa ṭṭ am, in cui persero la vita ben 13 persone: 8 copti e 5 musulmani. 563 Questi due episodi diedero vita alla giornata dell’11 marzo che passerà nella storia della rivoluzione egiziana come il “giorno dell’unità”. “Musulmani e cristiani…una mano sola”, “una sola nazione”, “no al terrorismo”, Egitto = musulmano + cristiano” questi gli slogan che si leggevano sui cartelli, sulle mura della città e innalzati a gran voce nella piazza, bandiere egiziane con la croce e la mezzaluna, preti e shay ḵ con in mano il Corano sovrapposto alla croce che si rivolgono da un palco alla folla invitandola all’unione tra cristiani e musulmani 564 . Un clima che vagamente ricorda quello del ‘19, in cui vigeva il motto, riapparso appunto per l’occasione, “la religione per ognuno, la patria per tutti 565 ”. Numerosi sono gli articoli presenti sulla stampa egiziana che sottolineano questo parallelismo con il contesto storico della rivoluzione del ’19 a proposito delle due componenti religiose della nazione 566 .

In tale circostanza nacque anche il movimento dei shab āb masb īro (Giovani di Maspero) dalle manifestazioni di protesta dei copti di fronte alla sede della

563 EgyptIndependent, 10/03/2011. 564 Testimonianza diretta. Si veda l’allegato numero X raccolto nella piazza. 565 Tale formula, coniata per la prima volta da Tawfiq Dus nel Congresso Copto tenuto ad Asy ūṭ (1911), divenne il motto per eccellenza di intellettuali e politici, copti e musulmani, che professavano la separazione tra stato e religione per l’affermaszione di una societá civile e laica. Cfr. Carter B.L., The Copts in Egyptiam Politics , Croom Helm, Dover, 1986, p. 290. 566 Si ved ad esempio lo speciale di tre giorni pubblicato su al-Masry al-Youm “ Ṭāyfiyya...waga’a f ī qulb ma ṣr (Il confessionalismo...presente nel cuore dell’Egitto) in cui ci sono foto delle manifestazioni del ’19 che esprimevano il nazionalismo di musulmani e cristiani affiancate da quelle della rivoluzione del 25 gennaio in cui si esprime l’unità nazionale. Cfr., al masry al youm, n.2530, 18/05/2011, p. 7. Sempre su al-Masry al-Youm si trova un altro speciale di tre giorni “thawr āt ma ṣriyya” (le rivoluzioni egiziane) in cui il riferimento al ’19 è ancora più evidente, con foto di archivio e articoli che ricordano la lotta di musulmani e copti contro il colonialismo britannico. Cfr., al-Masry al-Youm, n 2532, 20/05/2011, p. 12.

249 televisione egiziana, a pochi passi da piazza Ta ḥrīr, per esigere la ricostruzione immediata della chiesa distrutta nell’incidente di S ūl e l’uguaglianza dei diritti con i musulmani, nonché l’instaurazione della dawla madaniyya (stato civile). 567 Un presidio di croci, che sembrava evidenziare una netta divisione confessionale in contrasto con quanto proclamato e rivendicato nella piazza Ta ḥrīr e in contrasto con la volontà di papa Shenuda III che invitò ad interrompere la loro protesta di fronte alla televisione di stato. 568 . Tale presidio durò nove giorni e terminò con un intervento violento dell’esercito il 14 marzo 2011, in maniera del tutto parallela allo sgombero di piazza Ta ḥrīr avvenuto il 9 aprile 2011 569 .

Tra i vari episodi sopra menzionati si è scelto di analizzare quello della chiesa di Imb āba perchè rappresenta il culmine di questi conflitti, occupando il dibattito sulla stampa egiziano per tutto il mese di maggio.

Nella scelta metodologica si è tenuto in grande considerazione il modello utilizzato da Eric Castello nell’opera collettiva sulla mediatizzazione del conflitto politico basato sul principio che “los medias influyen y transforman situaciones de conflicto politico y territorial” 570 . Ragion per cui è fondamentale l’analisi de “los marcos interpretativos (frames), las narrativas y los discursos” 571 . Si è deciso tuttavia di non presentare la suddetta analisi secondo la suddivisione analisi quantitativa e qualitativa, come nei casi-studio dell’opera di Castello, ma in maniera intersecata come nel Qualitative Content Analysis (QCA) elaborato da Margrit secondo cui “there is no sharp line dividing quantitative and qualitative content analysis. Nevertheless all version of QCA share some characteristics which make it a method in its own right”. 572

567 Testimonianza diretta. Si veda anche la pagina ufficiale dell’Unione dei giovani di Maspero su facebook fondata il 20 marzo 2011 come supporto al movimento e permettere così la partecipazione a “quei copti sensibili alla questione copta ma che non possono recarsi fisicamente a Maspero”. Cfr., https://ar-ar.facebook.com/Coptic.Masbero. Per la dawla madaniyya si veda il capitolo 5 . 568 Cfr., Egypt’s Pope urges Copts to end protests, Egypt Independent, 15/05/2011, www.egyptindependent.com//news/egypts/pope/urges/copts/end/protests. 569 Cfr., Egypt army to “use force to cear protesters, al-Jazeera, 10/04/2011, www.aljazeera.com/news/middleeast/2011/04/20114921821599558.html 570 Cfr., Castello E., La mediatización del conflicto político: discursos y narrativas en el contexto español , Laertes, Barcelona, 2012, p. 9. 571 Ibid. 572 Cfr. Schreier M., Qualitative Content Analysis , SAGE, Londra, 2012, p. 15.

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Pertanto, in una prima fase si analizzerà l’articolo nel suo complesso, nei suoi elementi più visivi, quali posizione nel quotidiano, lunghezza, titolo, sommario e foto. Nella seconda ci si soffermerà sul contenuto dell’articolo stesso individuando e mettendo a confronto le 5 “w” (who, what, where, when, why) più “h” (how) di ogni singolo articolo per capire come lo stesso episodio venga descritto in maniera differente dai sei quotidiani.

Tanto nella prima fasse quanto nella seconda, verranno tenuti in considerazione sia aspetti più descrittivi e numerici, tipici dell’analisi quantitativa, sia elementi più interpretativi, quali il lessico, attori, immagini tipici dell’analisi qualitativa. Inoltre, si considerano tanto gli elementi “manifesti” che “latenti” dell’articolo 573 .

1.1.Il materiale

Il numero totatale delle testate prese in considerazione sono sei: due egiziane e quattro francesi. Il criterio per la scelta dei quotidiani francesi è lo stesso seguito in altre fasi della ricerca, ovvero l’indice di diffusione per i primi tre (Le Monde, Liberation, Le Figaro) e l’orientamento cattolico del quarto (La Croix). Per quanto riguarda i quotidiani egiziani, sono stati scelti i due più autorevoli tra i cairoti e soprattutto portavoci delle due posizioni opposte: indipendete al-Masry al-Youm e governamentale al ahram. Di questi due giornali si è deciso di considerare solamente il primo articolo presente il primo giorno, quello cioè che in qualche modo annuncia il fatto dandone le informazioni sommarie e basiche. Gli speciali interni e gli articoli dei giorni successivi vengono presi in considerazione, ma solo in maniera funzionale ai dati raccolti. La ragione di simile scelta sta nel fatto che la quantità di informazione e lo spazio riservato alla notizia dai quotidiani egiziani è per forza di

573 Cfr., Budd R.W., Thorp R.K., An introudction to content analysis, University of Low School of Journalism , 1963, pp. 242-243.

251 cose maggiore, trattandosi di un fatto di cronaca e politico interno. In quelli francesi, infatti, si trova un solo articolo in ogni quotidiano francese. Nella versione on line degli stessi si trovano invece più articoli che non verranno analizzati sistematicamente, ma che forniranno un elemento interessante relativo all’approccio della stampa francese sul tema.

2. Implicazioni geopolitiche degli attacchi ai copti.

Gli scontri di Imb āba non rappresentano nè il primo caso di disordine tra salafisti e cristiani, nè di salafisti contro altri gruppi musulmani o etnici verificatisi nel 2011.

Nella carta sottostante è possibile visualizzare i vari casi scontri.

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I sufi, versione dell’Islam che conta in Egitto 95 confraternite ufficiali più altre non riconosciute, per un totale di circa 15 milioni di egiziani, risultano essere l’elemento più colpito dalle violenze dei salafiti. Lo shay ḵ Muhammad Ala’ Abu al-Azayem, capo della confraternita az īmiyya, parla addirittura di guerra civile tra sufi e salafiti. 574 Nella sola città di Alessandria, roccaforte del sufismo con oltre 40 tombe di santi sufi, sono stati registrati 16 attacchi. Tra cui l’imponente e storica mosche del XIII secolo in cui si trova la tomba di al-Mursi Abu al-Abbas, meta di pellegrinaggio da tutto il paese. 575 Altri attacchi sono stati denunciati nel Delta del Nilo e nello specifico nel governatorato di Buhayra, Munufiya 576 e Qalyubia.577 Un tripice attacco, di cui l’ultimo nel 2012, anche al mausoleo di shay ḵ Zuewida nel Nord del Sin ā’i al confine con Israele.578 Manifestazioni di protesta e comitati speciali per indagare e proteggere dagli attacchi le tombe si sono svolti in diverse parti del paese, tra cui Qina e Asw ān.579 mentre il Mufti d’Egitto Ali Gooma criminalizza tali atti. 580 Se si va a cercare nella stampa anglofona e francofona risulterà che per quanto riguarda i sufi, si trova un solo articolo in The Guardian, 581 mentre alcuna traccia degli scontri dei beduini o dei nubiani.

Per quanto riguarda i primi, sono stati diversi gli scontri che si sono verificati durante il 2011. Si tratta di una regione particolarmente difficile in cui la legge tribale è al di sopra di quella dello Stato e in cui il governo si serve di alcune tribu per la protezione dei condotti del gas, attaccate ben cinque volte nel 2011. 582 Inoltre, sono stati registrati sia scontri tra le varie tribu che con le forze dell’ordine. 583

574 Al-Masry al-Youm, 05/04/2011 575 EgyptIndepentent, 05/04/2011 576 EgyptIndependent, 30/03/2011 577 EgyptIndependent, 31/03/2011 578 EgyptIndependent, 14/06/2012 579 Al-Masry al-Youm, 19/04/2011 580 EgyptIndependent, 02/04/2011 581 Al-Alawi I., Egyptian extremism sees Salafis attacking Sufi mosques, The Guardian, 11/04/2011. 582 EgyptIndependent, 01/08/2011 583 EgyptIndependent, 26/06/2011; EgyptIndependent, 18/08/2011

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Per quanto riguarda i nubiani, non si tratta di veri e propri attacchi fisici verso loro quanto proteste di questi davanti al governatorato di Asw ān per rivendicare le promesse non mantenute di riavere le terre sottratte loro negli anni ‘60. Le proteste sono sfociate in scontri e atti di violenza da parte dei nubiani stanchi di essere da lungo tempo completamente ignorati dal governo. 584 Il caso dei nubiani è particolarmente significativo, dal punto di vista della bibliografia connessa agli interessi delle potenze esterne sull’Egitto. Se viene tanto sottolineato il ripiegamento della comunità copta su se stessa a partire da Nasser e la sua esclusione in politica, quasi mai si parla dei nubiani, costretti a lasciare il loro paese a seguito della costruzione della diga di Aswān (1963-1964) per installarsi dopo la prima cateratta del Nilo. 585 È sufficiente vedere quanti pochi siano le pubblicazioni risultanti da una ricerca nel sudoc francese o il catalogo della UK Library. O ancora il quotidiano Le Monde, ancora una volta scelto perchè l’unico che permette uno spolio con parole chiavi fino al 1952, dei 103 articoli in cui appare l’aggettivo “nubien” (e le sue varianti) e Egypte, solo in uno si fa riferimento all’emigrazione forzata della popolazione nubiana per la costruzione della diga, inserendola nel contesto delle deportazioni forzate per cause razziste: “Peuples privés de terre, terres privées de peuple. Comme les Nubiens chassés de leur sol pour ce haut barrage d'Asw ān à présent visé par tant de sévères critiques. »586

Stando ai quotidiani egiziani, le violenze che vedono coinvolti i cristiani nel 2011 non sono stati particolarmente più numerosi rispetto agli altri casi di violenze. Oltre ai tre casi citati precedentemente (S ūl a Helw ān, Manšiyat N āṣer e Imb āba al Cairo), nel governatorato di Sohag si sono verificati degli scontri perchè un’abitazione privata sarebbe stata convertita in chiesa senza autorizzazione. 587 Caso simile nel villaggio di Merinab ad Asw ān dove un piano abusivo di un edificio trasformato in chiesa ha dato vita a scontri tra cristiani e musulmani. 588 Un copto sarebbe stato

584 EgyptIndependent, 04/09/2011; EgyptIndependent, 04/09/2011 585 Cfr. Fogel F., Mémoires du Nil. Les Nubiens d’Égypte en migration , Paris, Karthala, 1997. 586 Cfr. Boucher P., Parce que , in Le Monde, 07.03.1979 587 EgyptIndependent, 03/10/2011 588 EgyptIndependent, 08/10/2011;

255 attaccato a Nāğī Hamm ādī secondo il vescovo della città. 589 Gli altri scontri si sono verificati nel mese di aprile nel governatorato di al-Minya, nello specifico nel villaggio di Abu Qurq āṣ: oltre a scontri verificati per impedire la costruzione di una chiesa senza permesso da parte di un prete, due musulmani sono stati uccisi in scontri con cristiani. 590

589 EgyptIndependent, 24/03/2011 590 Arab West Report, 14/04/2014 http://www.arabwestreport.info/year-2011/week-15/49-minya- copts-accuse-salafists-preventing-them-entering-qamadir-church

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Per quanto riguarda le violenze che vedono coinvolti cristiani e musulmani nel 2012 questi sono numericamente e geograficamente simili a quelli del 2011. Come si può vedere, non si tratta esclusivamente di attacchi da parte di musulmani a cristiani, quanto di violenze di vario tipo in cui i cristiani ne sono talvolta gli istigatori.

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Ad inizio dell’anno si sono verificati scontri ad Asy ūṭ 591 e nell’area al-Āmir īyah, ad ovest di Alessandria dove ci sono state tre settimane di tensione, 592 con scontri ed edifici incendiati a seguito dei quali delle famiglie cristiane sarebbero state allontanate dal villaggio. 593

Altri scontri si sono verificati a Luxor, in cui un gruppo di cristiani ha attaccato dei musulmani per aver molestato una donna cristiana; 594 scontri a Dahšūr nel governatorato di Ğīza a seguito dell’assassinio di un musulmano da parte di un cristiano makwagi (coloro che stirano i vestiti) due settimane prima; 595 a Ban ī Suyf perchè dei ragazzi cristiani hanno urinato sul Corano. 596

Azioni contro singole persone cristiane sono state registrate nel villaggio di Abu George nel governatorato di al-Minya dove un farmacista copto è stato costretto a chiudere la sua farmacia e andarsene con l’accusa di aver diffamato il profeta; 597 e nel villaggio di Ban ī Gh ālib, Asy ūṭ, dove un ragazzo di 23 anni è stato costretto ad andarsene perchè accusato di aver fatto propaganda di evangelizzazione. 598

Infine, per quanto riguarda i restanti due casi, Ban ī Maz ār nel governatorato di al- Minya 599 e Rafah nel Sīnā’i,600 si tratta di allontanamenti di intere famiglie copte da alcuni villaggi per minacce o sicurezza a seguito di scontri.È in particolare il 2013 l’anno in cui sono stati registrati un maggior numero di casi di violenza che vedono coinvolti i copti.

591 15. AWR Daily Overview, January 2, 2012: Muslim, Coptic elders contain sectarian crisis in Asy ūṭ 592 3. AWR Daily Overview, January 29, 2012: Fitnah ended near Alexandria after 3 wounded, 2 stores ablaze ; 20. AWR Daily Overview, February 1, 2012: Fitnah renewed in western Alexandria 593 63. AWR Daily Overview, February 18, 2012: ‘ Āmr īyah Christians to return home 594 58. Al-Misr ī al-Yawm reporting on Muslim-Christian tensions in Luxor 595 48. AWR Daily Overview, August 2, 2012: Dahsh ūr residents attempt to attack church, leaving 15 injured, 5 houses burnt, 3 cars smashed 596 45. AWR Daily Overview, October 4, 2012: Sectarian strife erupts in Beni Suef after 2 Copts urinated on copy of Qur’ ān 597 18. AWR Daily Overview, April 10, 2012: Christian family in Minya forced to relocate over Bar ād' ī-Hūwayn ī comparison 598 47. AWR Daily Overview, May 4, 2012: Copt arrested for evangelizing in Assiut 599 40. Thugs displace 40 families in Ban ī Maz ār 600 15. AWR Daily Overview September 30, 2012: Rafah Copts displacement continues in defiance of official, popular rejection

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Il Vice Primo Ministro egiziano Hus ām Issa parla di azioni “terroristiche” col fine di “sabotare il paese e creare conflitto confessionale” 601 . Una differenza di prospettiva secondo cui il fine ultimo degli attacchi non sono i copti quanto il governo. Il culmine di questi attacchi si verifica nell’agosto del 2013, quando, a seguito della violenta dispersione del sit-in dei pro-Morsi, “violent religious extremits and thugs launched a coordinated series of attacks on Christians and their proerty troughout the country”. 602 Questa la versione data nel rapporto statunitense e, in maniera unanime nella stampa internazionale. Tuttavia, è necessario specificare diversi aspetti fondamentali. Innanzi tutto che il portavoce dei Fratelli Musulmani condanna tali atti di violenza 603 . Secondariamente che non si tratta in tutti i casi di “attacchi a chiese e proprietà cristiane”, sebbene questi predominino nel mese di agosto. Le dinamiche non sono sempre facilmente identificabili (es., Asyut, 06/06/2013) 604 o a fare da testimone sono dei preti (es. al-Minya, 03/08/2013)605 Un’altra osservazione che emerge dalla carta è la discrepanza nel numero di attacchi, secondo si consideri la stampa egiziana (AWR) o l’Human Rigts Watch. Quest’ultimo organismo afferma di basarsi sulla testimonianza raccolta direttamente da 43 persone, tra preti e attivisti copti, 606 e di aver verificato personalmente, andando sul posto, gli attacchi verificatisi ad al-Minya e Ban ī Suyf, due località in cui anche la stampa egiziana riporta degli scontri. Gli altri non sono verificati quindi, e si basano su testimonianze di copti. Inoltre, preoccupandosi la comunità internazionale, in particolare gli Stati Uniti, di proteggere la “minoranza cristiana”, la violenta repressione compiuta dall’esercito contro i Fratelli Musulmani assume toni più moderati e meno critici, se non giustificata. L’egiziana Ayyam Sureau, funzionaria internazionale all’UNESCO, si indigna con l’Europa che pur impegnata da più di trentanni con la guerra al terrorismo, poco ha fatto per gli egiziani dove i molti fratelli musulmani uccisi

601 Cfr., Husam Issa: lā mu ṣālaha wa ṭaniyya ma’a gam ā’a ‘irh ābiyya (Nessuna riconciliazione nazionale con il gruppo terroristico), in al-Masry al-Youm, 15/8/2013. 602 Cfr., USCIRF Annual Report, 2014 603 EgyptIndependent, 17/08/2012 http://www.egyptindependent.com/news/brotherhood-spokesperson-denies-justifying-church-attacks 604 Arab West Report, 06/06/2013, settimana 23. 605 Arab West Report, 03/08/2013 settimana 31 606 Human Rights Watch, Egypt. Mass Attacks on Churches, 22/08/2013 www.hrw.org/news/2013/08/21/egypt-mass-attacks-churches

260 dall’esercito sono “moins qu’au Mali où l’armée française combat aussi les islamistes”. 607 E il presidente degli Stati Uniti Obama condanna lo stato d’emergenza dovuto alla repressione dei fratelli musulmani, ma non blocca l’aiuto finanziario, come sottolinea il quotidiano Le Monde, 608 l’unico quotidiano francese ad assumere toni critici nei confronti dei sostenitori di Morsi,609 che resta nel complesso messo in secondo piano dalla stampa internazionale (tra i quotidiani francesi vi sono solo sette articoli, di cui tre legati all’episodio specifico della dispersione del sit-in e non sulla repressione successiva.)

2.1 Fattori demografici e geopolitici degli scontri verificatisi al Cairo nel 2011.

Gli scontri di Imb āba rappresentano il terzo episodio che vede coinvolti cristiani e musulmani verificatosi nel 2011 all’indomani della rivoluzione. Un elemento particolarmente interessante riguardo i tre scontri citati è il fatto che siano avvenuti in zone altamente popolate dove le pesanti condizioni socio- economiche sono favorevoli allo scoppio di disordini violenti tra gli abitanti. Si tratta delle ašwiyy āt, quartieri informali nati e sviluppatisi al di fuori del controllo dello stato ma “tollerati e a volte tacitamente incoraggiati da questo” . Quartieri affollati in cui la mancanza di qualsiasi servizio rende gli abitanti in perenne dipendenza dai governanti egiziani, alimentando cosi il sistema politico autoritario da cui la maggioranza degli egiziani sono esclusi. 610

607 Cfr., Sureau A., Les Frères Musulmans ne représentent pas tous les musulmans égyptiens , Le Figaro, 31/08/2013, p. 14. 608 Cfr., Cypel S., Barack Obama condamne l’état d’urgence mas maintient l’ide financiere, Le Monde, 17/08/2013 609 Cfr., Barthe B., L’Égypte dans l’engranage de la violence et de la repression , Le Monde, 21/09/2013; Thomas G., La justice enfonce les Freres Musulmans , 4/09/2013. 610 Cfr., Dorman W.J., Informal Cairo : between Islamist insurgency and the neglectful state ?, Security dialogue, 40 (4-5), pp. 419-441.

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Il quartiere di Manšyat N āṣer che occupa la collina a ridosso del Cairo, Muqa ṭṭ am, e appartenente alla prima fascia periferica della città non troppo lontano dai quartieri centrali, è un quartiere informale e densamente popolato. Inoltre, negli anni ’90 è stato meta di una forte “mobilisation residentielle” 611 di gente sfrattata dai quartieri storici della città, provocando frequentemente risse, conflitti e violenza in generale, che prendevano anche delle dimensioni considerevoli.612

Manšiyat N āṣer surmonté par la colline du Moqa ṭṭ am

611 Cfr., Puig N., Habiter à Dûwîqa au Caire. Dedans et dehors d’une societé de roximité , in Autrepart, Dynamiques residentielles dans les villes du Sud , 2003/1, pp. 137-152. 612 Ibid.

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Une rue de Manšyat N āṣer, le quartier des chiffonniers

Il quartiere di Imb āba rappresenta una di quelle realtà difficili da un punto di vista sociale e demografico in cui la popolazione è cresciuta in maniera vertiginosa. Stando ai censimenti del 2006 il quartiere di Imb āba, insieme al B ūlaq el-Dakr ūr e Ezbet el Nakhl, hanno assorbito il 79% della crescita demografica degli ultmi dieci anni 613 Interessante il focus proposto da al-Masry al-Youm sul quartiere che apporta

613 Cfr., Barthel P.A., Relire le Grand Care au miroir de la densité , in Confluences Mediterranée, n.75, 2010/4, pp. 121-135.

263 delle informazioni complementari utili per capire l’episodio e di cui riportiamo una versione tradotta 614 .

Vue sur le pont d’Imb āba

614 Cfr., al Masry al Youm, n.2523, 11-05-2011. La traduzione è mia. È possibile consultare la versione originale in arabo all’allegato numero X a pagina X

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Come si può leggere dalla carta, la chiesa di Mar Mina intorno alla quale sono avvenuti gli scontri, si trova nel punto del quartiere maggiormente affollato e caotico sia da un punto di vista urbanistico (maggior concentrazione di costruzioni informali, le ašwiyy āt 615 , che demografico, dove è maggiore anche la concentrazione sia di musulmani che di cristiani. Non a caso è dove nel 1992 le forze di opposizione islamiste presero il controllo del quartiere proclamando la Repubblica Islamica di Imb āba. A seguito di tale episodio, apice di una lunga serie, nel 1993 Mubarak prese delle misure volte a migliorare le condizioni delle aree illegali nella città del Cairo e ristabilirci il suo controllo: la demolizione e riabilitazione di sedici quartieri e lo stanziamento di per 563 milioni di dollari. Tuttavia dei sedici quartieri, in cui non figurava neanche uno tra le ‘ašwiyyat , solo 8 vennero forniti di servizi di base, quali strade, corrente e stazioni di polizia; mentre la maggior parte dei soldi andò per i quartieri cairoti più formali in cui risiede l’alta borghesia. 616 Stando allo studio di Dorman, la mancata risoluzione del problema urbano delle ašwiyyat è dovuta allo stretto legame tra Stato e quartieri illegali, necessari per la riproduzione dell’ordine politico basato sui privilegi di pochi. 617

2.2 Le implicazioni politiche degli scontri tra cristiani e musulmani: l’esercito garante della wahda wa ṭaniyya.

Gli scontri a carattere religioso fanno parte della retorica della wa ḥda wa ṭaniyya di cui si è parlato nel primo capitolo e che vede la collaborazione del regime con le istanze religiose, il mufti di al-Azhar per i musulmani e il papa per i copti ortodossi. Si crea fūḍa (disordine) tra le diverse confessioni religiose affinchè risulti l’esercito

615 Cfr., Barthel P.A., Relire le Grand Care au miroir de la densité , cit. 616 Cfr., Cfr., Dorman W.J., Informal Cairo : between Islamist insurgency and the neglectful state ?, cit., pp. 6-9. 617 Ibid., p.3

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l’unico in grado di garantire la sicurezza e la protezione della nazione e della sua unità appunto. Si legge su Šams al-Bār, una rivista cristiana non in linea sulla posizione ufficiale della chiesa:

I tentativi di ravvivare il conflitto dopo le dimostrazioni di unione tra cristiani e musulmani durante la rivoluzione di Ta ḥrīr non v’è dubbio che siano un tentativo di abortire la rivoluzione e il suo camino. Si insidia per creare disordine tra i figli del popolo, contro la democrazia, la vita libera e la giustizia personale. E ciò apre la porta a molte questioni:

- Chi c’è dietro ai giovani che hanno bruciato la chiesa di S ūl? - Perchè gli abitanti di Manšiyat N āṣer , povera ‘ašw ā’iyya , sono usciti per tagliare la strada, mentre gli abitanti di Shubr ā, roccaforte di famiglie cristiane, si recavano a manifestare a Maspero? [...]

Affrontements de Manšiyat N āṣer, 2011

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- L’uscita massiva dei salafiti che penalizza la rivoluzione, è spontanea o istigata per alimentare “lo spaventapasseri degli islamisti” all’estero? 618

Il quartiere di Manšiyat N āṣer, dove ci sono molte famiglie copte, non è adiacente al quartiere di Shubr ā da cui è partito il corteo verso la sede della televisione a Maspero. Da qui l’incongruenza del fatto che per tagliare la strada al corte si sarebbero mobilitati gli abitanti di Manšiyat N āṣer. Tale anomalia viene annoverata dall’autore come atto premeditato per creare disordine con l’obiettivo di diffondere il pericolo degli islamisti e rafforzare il ruolo dell’esercito nel mantenimento della sicurezza.

Ed è interessante a tal proposito il punto di vista di un ex membro delle Ğamiy āt Islamiyya in riferimento agli scontri confessionali del 1984 e con cui è facile ritrovare un parallelismo, al di là della parzialità del punto di vista e del differente contesto storico:

A mon avis, toutes ces expressions de sédition confessionnelle, de deux parties de la nation ou de l’extrémisme religieux sont des expressions perverses que le peuple ne connaissait pas il y a seulement 25 ans. Auparavant, et quand il y avait dans ce pays un pouvoir musulman, on n’entendait pas parler de cela et personne n’y pensait. Ce qui s’est passé ces derniers années, c’est que le pouvoir, le pouvoir indigne a cherché à approfondir la division confessionnelle, le fanatisme religieux, le sentiment minoritaire, etc…et à en faire une exploitation politique. Ainsi il peut frapper le Musulman, il peut provoquer la crainte chez tous, la crainte du Musulman chez le Chrétien, et la crainte du chrétien chez le Musulman. (…) C’est devenu un problème, de par l’influence des medias et de l’appareil de la sécurité, qui nous ont mis cela dans la tête, dans l’intérêt du pouvoir : car celui.ci, qui n’applique pas l’islam, préfère agiter

618 Cfr., Matar B., Biq āyā al-ni ẓām al-sāqi ṭ wara’ al-fitna al-‘ikh īra (Resta il vecchio regime dietro l’ultimo conflitto), in Shams al-Bar, n. 15, Aprile 2015, p. 10.

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ses armes et partager le peuple en sectes, qu’il excitera les unes contre les autres (…). 619

Una dimostrazione diretta e recente di queste opinioni è lo sgombero a Maspero dei manifestanti cristiani da parte dell’esercito avvenuto il 9 ottobre del 2011 e in cui persero la vita 28 persone letteralmente schiacciate dai tank dei militari 620 . La versione diffusa dalla televisione di stato egiziana, tuttavia, aveva dei chiari fini provocatori: invitava i musulmani a scendere in strada in difesa dell’esercito, “quell’esercito che aveva difeso la rivoluzione egiziana” 621 , perchè attaccato dai manifestanti copti. In quell’occasione inoltre venne arrestato Alaa Abdel Fattah, attivista musulmano e uno dei blogger egiziani più popolari che da anni denuncia con sua moglie i soprusi del regime nel blog manalaa.net.

Nonostante ciò, in tutti i media presi in considerazione per il caso di Imb āba, viene messa in risalto l’azione dei militari di fronte al fatto, ovvero dell’arresto in tribunali militari di 190 persone. Scendendo in maggior dettaglio su questo elemento e rintracciando tutti i punti in cui si parla dell’azione dei militari di fronte al fatto, si noterà che i giornali francesi presentino in maniera sensibilmente differente il ruolo dei militari. Nell’articolo di La Croix si parla in più punti della presenza di soldati nella zona, rappresentando di fatto il primo elemento inserito nella descrizione della chiesa incendiata con cui si apre l’articolo. Al quarto paragrafo si riparla dei cordons de policiers e des camions de l’armée , armés de fusils mitralleuirs et remplis de soldats casqués, mentre nell’ultimo si da l’informazione degli arresti devant la Haute Cour Militaire . Il ruolo resta quindi circoscritto all’episodio come nel caso di Le Monde che si limita a parlare una sola volta dell’arresto. In Liberation segue alla notizia dell’arresto la specificazione che l’armée assure la direction du pays, dans l’attente des elections mentre Le Figaro, in cui è presente un interno paragrafetto sul

619 Barbulesco L., Les chrétiens egptiens aujourd’hui: elements de discours , cit. p. 45. 620 Cfr., Osman A.Z., Army is responsable for Maspero bloodshed, says human rights lawyer, Egypt Independent, 11/10/2011. 621 Cfr. Informazione diffusa dal canale televisivo egiziano Baladna (Il nostro paese) https://www.youtube.com/watch?v=E7m08JJdxao

269 tema, è l’unico a lasciar trasparire una probabile strumentalizzazione da parte dell’esercito del conflitto scrivendo: l’armée qui pourrait trouver la un pretexte à raffermir son emprise sur le pays... . Ma piuttosto che insinuare una possibile responsabilità nel conflitto ribadisce il suo ruolo dominante sull’Egitto. Per quanto riguarda i quotidiani egiziani, di nuovo palese è l’orientamento pro- esercito dell’articolo di al-Ahram. L’informazione del trasferimento in tribunali militari rappresenta il titolo stesso dell’articolo, quindi quello con cui si introduce per la prima volta l’episodio sul quotidiano. La prima parte dell’articolo, inoltre, è tutta incentrata sull’intervento delle forze armate negli scontri, con una descrizione dettagliata di questi, protrattisi fino al centro del Cairo provacando seri disagi al traffico. Solo nel penultimo e ultimo paragrafo (entrambe brevi), si accenna all’episodio iniziale all’origine degli scontri.

2.3 La posizione delle autorità religiose in linea con le istante politiche.

La posizione delle istanze religiose in merito a quanto accaduto ad Imb āba ribadisce la loro collaborazione con il regime richiamandosi all’unità nazionale e attribuendo la responsabilità al vecchio partito di Mubarak al-Ḥizb al-Wa ṭani, come afferma lo shay ḵ di al-Azhar Ahmed al-Tayyeb che invita tutti ad agire per “ la famiglia egiziana”. Dello stesso parere il mufti Ali al-Gomaa che invita ad agire per il bene di tutti accusando “mani nascoste” di creare “disordine”. 622 Resta lampante l’assenza totale della reazione del papa. In al-Ahram vengono riportate solo le posizioni delle due autorità musulmane, in al-Masry al-Youm a rappresentare la posizione cristiana è Abd al-Masih Basit, professore all’ Università ecclesiastica, il cui prestigio è sicuramente inferiore a quello delle massime autorità musulmane citate. Inoltre, si limita ad affermare che i fatti di Imb āba siano collegati con l’apparizione in

622 Cfr., al-Masry al-Youm, 9/05/2011.

270 televisione di Chehata. L’ assenza delle autorità ecclesiastiche copte verrà sancita dalla dichiarazione dello stesso Papa di volersi astenere da qualsiasi commento sull’accaduto. 623 Il che potrebbe essere spiegato col fatto che per poter prendere le difese dei copti, si sarebbe dovuto schierare contro il regime. Cosa che non ha fatto neanche sette mesi dopo a seguito dell’attacco da parte dell’esercito dei manifestanti di Maspero, a cui si è accennato sopra. Negli articoli francesi non viene menzionata la mancanza di posizione da parte del papa ne presa in considerazione la posizione della controparte musulmana.

3.Primo approccio all’articolo: aspetti visuali.

Gli elementi presi in esame in questa sezione sono quelli che servono a dare una prima visione d’insieme della notizia nel lettore. Quelli, cioè, che saltano prima agli occhi e formano nel lettore già un idea del contenuto dell’articolo costituendone in qualche modo una parte indipendente qualora si decidesse di non leggere l’intero articolo e un complemento qualora si leggesse.

La tabella che segue mette in risalto gli elementi analizzati

623 Cfr., Khal īl O., al-kanisa taḥaraqa biqarb ṣud ūr qan ūn d ūr al-‘ab āda muwa ḥid...wa al-bābā yarafa ḍa al-ta’l īq ala al-‘i ḥdāth ‘imb āba (La chiesa accoglie favorevolmente l’emanazione delle legge unica sui luoghi di culto.Il papa si rifiuta di commentare l’episodio di Imb āba), al-Masry al- Youm, 13 maggio 2011, n. 2525, p. 6.

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La prima osservazione relativa alla diffusione della notizia riguarda la data di apparizione. L’unico a riportare la notizia il giorno dopo, ossia l’8 maggio, è il quotidiano egiziano al-Masry al-Youm, anche se lo spazio dedicatogli è relativamente poco e solo il giorno 9 vi si trova maggiormente sviluppato. L’articolo dell’8, composto da soli 1300 caratteri e con un taglio medio, costituisce l’articolo di spalla e non di apertura della testata. A differenza del giorno 9 quando ne occupa l’intera pagina più tre pagine interne (7,8 e 9), sotto il nome di Milf Kha ṣṣ . Ma ṣr tanazafa (Dossier speciale. L’Egitto sanguina). L’altro quotidiano egiziano non fa alcun accenno all’episodio nell’edizione dell’8 maggio, benchè si tratti di una notizia interna di notevole importanza e nonostante nella versione web la notizia appaia già a partire dal giorno 7 e continui sono gli aggiornamenti anche nel giorno 8. Nella versione cartacea del giorno 9 l’evento occupa l’intera prima pagina del quotidiano e tre pagine interne (6,7 e 8) dedicate appunto ad uno speciale sulla Fi ṭna Imb āba (conflitto di Imb āba). Per quanto riguarda i quotidiani francesi, riportano tutti la notizia il giorno 9, ad eccezione di Le Monde che la pubblica addirittura il giorno 10. Sebbene tutti e quattro riportino più aggiornamenti nella versione on line sin dall’8 maggio. Tutti e quattro riportano la notizia nella rubrica internazionale/mondo con una differenza di posizione che trova una corrispondenza con la lunghezza dell’articolo: in Liberation in cui il numero dei caratteri è il più basso e meno della metà di quello di La Croix, la notizia rappresenta l’ultimo articolo della rubrica “international”, alla terza pagina della stessa chiamata “Mondespresso”; mentre in La Croix costituisce l’articolo principale della prima delle tre pagine della rubrica “monde”, preceduto solo da piccole informazioni secondarie “essentiel”. Negli altri due la corrispondenza non è così ben marcata: in Le Monde, dove il numero di caratteri è piu prossimo a quello de La Croix che di Liberation, l’articolo è la seconda notizia della terza e ultima pagina della rubrica international, mentre in Le Figaro, dove il numero dei caratteri è intermedio tra i due estremi, la notizia costituisce la prima nella sezione international.

Dalla posizione/lunghezza dell’articolo di deduce che l’importanza attribuita all’episodio sia massima in La Croix e minima in Liberation. Il carattere religioso

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della notizia correlato con l’ideologia dei vari quotidiani potrebbe essere la causa di una simile differenza.

3.1 Il titolo

Per mettere a confronto i titoli si è deciso di considerare del quotidiano al-Masry al- Youm il giorno 9 maggio e non l’8 affinchè la quantità di informazione comparata sia più equa. Riportiamo pertanto i dati forniti dalle altre testate anche per l’articolo principale di al-Masry al-Youm del giorno 9.

Tabella 3. Articoli su Imb āba pubblicato nella prima pagina di al-Masry al- Youm il giorno 9 maggio.

POSIZIONE CARATTERI TITOLO SOMMARIO (senza spazio)

Prima pagina 3534 Il confessionalismo uccide 12 e Imposto il divieto di transito – articolo ferisce 232 ad Imb āba...il nelle zone degli scontri...e una d’apertura consiglio dei ministri: “agiremo linea di sicurezza nelle moschee, con pugno di ferro.” chiese e ambasciate delle zone bruciate.

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La differenza tra i titoli degli articoli egiziani e quelli francesi è notevole. Innanzi tutto la specificazione geografica degli uni e degli altri. Trattandosi di un fatto interno, nei quotidiani egiziani compare il nome del quartiere del Cairo in cui è avvenuto l’episodio, Imb āba, mentre in quelli francesi ci si limita al paese, l’Egitto, nel caso di Le Monde e La Croix, e si specifica maggiormente indicando la città e non il paese in Liberation e Le Figaro. Quest’ultimo è l’unico a menzionare copti e salafiti in quanto attori della violence; Le Monde e La Croix identificano la violence con religieuse e interreligiuese , collegandovi anche l’elemento dell’insicurezza (insecurité Le Monde e il verbo craignent La Croix), mentre Liberation non menziona la violenza ma si limita a parlare dei copti in quanto bersaglio. Neanche nei due quotidiani egiziani si menziona la parola ‘anf (violenza), ma si parla di mu ṣādim āt (scontri) e ṭā’ifiyya (confessionalismo). Inoltre i due titoli egiziani sono in qualche modo speculari:

Al Masry al Youm al Youm: Numero morti e feriti a Imb āba ... Azione governo

Al-Ahram: Azione esercito ... Numero morti e feriti a Imb āba

Da notare la variante “governo”, maglis al-wuzara (consiglio dei ministri) per l’esattezza, e esercito, (“tribunali militari”). Al-Ahram mette quindi l’accento sull’azione dei militari in primis mentre al-Masry al-Youm sull’autorità civile, lasciando comunque in primo piano il dato tragico delle vite umane.

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3.2 Il sommario

Per quanto riguarda il sommario, la differenza tra i vari articoli è notevole, apportando ognuno delle notizia più o meno complementari al titolo. al-Masry al-Youm riporta esclusivamente le misure cautelari prese sulla zona in cui è stato imposto il divieto di transito; mentre al-Ahram riporta le voci sulla conversione della ragazza cristiana come fonte originaria dell’episodio (in al-Masry al-Youm tale informazione era stata fornita nell’articolo del giorno prima) e ribadisce di nuovo la centralità dell’elemento militare attraverso il monito del consiglio militare sul pericolo di intrusione ai danni della nazione. Nei quotidiani francesi il riferimento all’azione del governo si trova in Liberation, gli arrestati, e in Le Figaro. In Le Monde il sommario specifica esclusivamente l’aggettivo interreligieuse del titolo. Liberation è ‘unico che tra titolo e sommario non mette l’elemento della reciprocità e considerato il titolo, si potrebbe addurre che i 12 morti degli scontri del sommario siano tutti dei cristiani.

Negli altri due infatti occorre leggere il sommario per capire che si tratta di musulmani (salafiti viene specificato solo in La Croix, Le Monde parla di musulmani) e cristiani.

3.3 La foto

Tra gli elementi in primo piano nel considerare quelli di primo impatto vi è sicuraente la foto, aspetto visuale per eccellenza in un articolo.

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Des pompiers luttent contre le feu dans une église entourée par des Musulmans en colère, dans le quartier d’Imb āba au Caire - AP Photo

Una chiesa in fiamme ben rende l’idea di chi sia la vittima senza lasciare troppo spazio a questioni quali cause, responsabilità e natura effettiva dell’episodio. Si presenta l’episodio nel suo aspetto più diretto e concreto e allo stesso tempo più simbolico. I danni effettivi dell’edificio e non per esempio i morti da ambo le parti collocano già le due posizioni di buono e cattivo della situazione. Il logo che accompagna lo speciale dei due quotidiani egiziani è rappresentativo dell’orientamento dei due riguardo al tema. Al-Masry propone una chiesa in fiamme su cui si sovrappone una grossa croce e una mezzaluna, simbolo dell’unità tra le due religioni. In primo piano due uomini senza alcuna identificazione religiosa, uno dei due in atto di consolare l’altro che piangendo si appoggia su di lui. Una possibile lettura potrebbe essere che colpendo i cristiani viene compromessa l’unione tra le due religioni e a farne le conseguenze sono tutti gli egiziani. Il nome del dossier

278 speciale posto sotto l’immagine, “l’Egitto sanguina”, rafforzerebbe questa interpretazione. Il logo di al-Ahram punta esclusivamente sulla retorica della wa ḥda wa ṭaniyya mostrando un uomo, in primo piano su una folla, che brandisce il corano in una mano e una croce nell’altra. Andando avanti con l’analisi si vedrà che questi due loghi sono in linea con il resto degli elementi.

Tornando ora alle foto che accompagnano i vari articoli, si potrà notare una sensibile differenza tra i vari quotidiani. Nella foto di al-Masry al-Youm del giorno 9 alcun riferimento alla chiesa incendiata è presente. L’immagine proposta è quella di due donne, una ragazza in atto di consolare una donna più anziana, all’interno di una chiesa. Nessun riferimento neanche ai militari o alle autorità, che non compaiono neanche nella piccola foto del giorno prima, l’8, dove sono presenti solamente degli uomini, quasi fossero ombre, di fronte ad una esplosione che non lascia identificare l’edificio in questione. Un’ immagine quindi più ambigua che lascia spazio ad ulteriori interpretazioni e che solo la lettura dell’articolo può aiutare a capire. Decisamente più orientata l’immagine di al-Ahram. In primo piano si trova un carro armato con dei militari; sullo sfondo la chiesa incendiata di Mar Mina. L’attenzione quindi verte sui militari e sul loro intervento e ruolo di difesa dei cristiani e dell’ordine nazionale in generale. A tal proposito è interessante aprire una parentesi. Se si cerca negli archivi on line di al-Ahram che ripropongono la versione in pdf dell’interno quotidiano, si noterà che la foto è un’altra rispetto a quella della versione cartacea uscita nelle edicole egiziane il 9 maggio 2011. Nella versione on line viene proposta una foto in cui due gruppi, senza particolari segni identificativi, si fronteggiano su un’ ampia strada. La didascalia spiega trattarsi di scontri tra cristiani e musulmani verificatisi al centro del Cairo, quindi non relativi all’episodio di Imb āba pur se in qualche modo legato ad esso. Il segnale stradala presente nella foto è coperto da un albero e non è quindi possibile leggere di che ponte si tratti. Il cambio di foto potrebbe essere spiegato come una manomissione volta a celare il carattere pro-militare del giornale alla luce degli episodi di violenza perpetuati da

279 questi nel corso dell’anno, specie verso i cristiani come l’attacco ai manfestanti di Maspero di cui si è parlato. Si tratta solo di un’ipotesi difficilmente verificabile perchè impossibile risalire alla data in cui sia avvenuto il cambio: o in concomitanza con un particolare evento appunto, o semplicemente, di una differenziazione nelle due versioni.

La foto dei militari presente nella versione cartacea è una foto dell’agenzia britannica Reuters e presente anche negli aggiornamenti web dei quotidiani francesi. 624 L’unico quotidiano francese a riproporla anche nella versione cartacea è Le Figaro. Liberation propone una foto più artistica in cui un lampione illumina una folla intenta ad osservare e fotografare pompieri che spruzzano acqua da un furgoncino sulla facciata della chiesa, in cui non vi sono già più le fiamme. Sul lato destro dell’edificio un blindato dell’esercito rientra nell’illuminazione del lampione. Si tratta di un’immagine dell’Agence Francaise de Presse (AFP) e utilizzata anche dagli altri quotidiani nei vari aggiornamenti web 625 . Niente di tutto questo appare nella foto de La Croix dove ad essere messa in risalto è la visita del ministro degli interni Mansur Issawi sul luogo dei fatti. L’autorità egiziana appare di fronte a una folla di egiziani che, stando alla didascalia, avrebbero reclamato in sua presenza maggiore sicurezza. Sullo sfondo è possibile vedere una parte della chiesa bruciata. Si predilige quindi l’autorità civile a quella militare. In Le Monde non viene messa alcuna foto.

624 Liberation pubblica la foto dei militari in primo piano e la Chiesa in questione di sottofondo nell’aggiornamente dell’8 maggio delle ore 17.44 “Violences en Égypte: le gouvernement promet d’agir avec “une main de fer”, Liberation, 08/05/2011; La Croix nell’aggiornamento delle ore 19.06 dell’8 maggio “Les Egyptiens craignent de nouvelles violences religieuses, La Croix, 08/05/2011. 625 In Le Monde si trova nell’aggiornamento del 10/05/2011 delle ore 12.40 « Le Caire annonce avoir arrêté le "cerveau" des violences confessionnelles”, Le Monde, 10/05/2011; in Le Figaro nell’aggiornamento dell’8/05/2011 delle ore 12.42, “Des violences interconfessionnelles au Caire font dix morts”, Le Figaro, 08/05/2011; in La Croix sotto il titolo « Égypte : le gouvernement renforce la sécurité » nell’aggiornamento dell’8/05/2011 delle ore 17.55.

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4. Il testo dell’articolo.

4.1 Le 5 “w” più 1 “h”

Nella tabella che segue vengono riportati secondo le parole testuali estratte dai vari articoli tutte le informazione date in riferimento a sei elementi dell’episodio (chi, cosa, dove, quando, come, causa) per vedere se vi sono o meno delle differenze ed avere un quadro completo di quanto avvenuto stando ai vari quotidiani.

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4.1.1 Chi

Come si può notare gli attori degli scontri vengono identificati in grande maggioranza con copti e musulmani per poi specificare, eccetto Le Monde, trattarsi di salafiti. È solo La Croix a dare una connotazione di “buono e cattivo” tra i due, defindendo islamistes fondamentalistes i salafiti e aggiungendo la relativa aggettivale “qui voulaient defendre l’eglise” ai cristiani.

4.1.2 Cosa

Per quanto riguarda il “cosa”, i quotidiani sono tutti d’accordo nel riportare alcuni elementi: numero morti e feriti; l’incendio di una o due chiese; gli scontri. I più neutrali risultano essere al-Masry al-Youm che specifica che le vittime sono da entrambre le parti e Le Figaro che dei 12 morti sei sono musulmani e 4 copti; mentre pro-cristiani sono di nuovo La Croix che oltra all’elenco degli edifici coptes attaqués et pillés parla di plusieurs chrétiens tues par balles , senza far minimamente riferimento alle vittime musulmane e quindi associare i 12 morti citati nel sommario come tutti cristiani. In Liberation anche si ha una palese tendenza a vittimizzare l’elemento cristiano nel descrivere cosa sia successo: oltre ai violenti scontri e alle chiese incendiate viene riferito che tra le 12 vittime vi sia il prete Hermina. Informazione peraltro smentita dall’articolo presente in al Masry al Youm dello stesso giorno, in cui si trova una ricostruzione dell’episodio secondo lo stesso prete 626 ; a fianco viene riportata la versione dello shay ḵ Muhammad Ali, im ām della

626 ‘Om ād Khal īd, Kahan kanisa Mar M īna: al-sh āb al-qib ṭī hatafa “bi-l-ṭūl bi-l-’ar ḍ, nafd īk ya ṣālib rafada ’alihim al-salafiy ūn bi-‘i ṭlāq al-ru ṣāṣ (Il prete della chiesa Mar Mina: i giovani copti gridano:

285 moschea al-Ṭūba, rimasto lui stesso ferito durante gli scontri. 627 Versioni che divergono diametralmente: l’ im ām dice di essere stato chiamato dall’Istituto di ricerca per cercare di calmare un gruppo di salafisti, che non erano del quartiere, tra cui vi era un giovane di Asy ūṭ che cercava sua moglie, chiusa dentro la chiesa. Nel momento in cui l’ im ām parlava con un microfono dirigendosi ai cristiani nella chiesa, dalla loro parte sono arrivati dei colpi. Da cui è stato ferito anche lui. Dall’altro lato, il prete nella sua ricostruzione cronologica dei fatti, attribuisce ai salafiti, radunatisi a partire dalle 4.30 del pomeriggio reclamando la liberazione di una donna musulmana che si trovava all’interno della chiesa, l’inizio degli spari. Entrambe, tuttavia, criticano la passività e il ritardo di intervento dei militari, che avrebbero potuto evitare gli scontri.

4.1.3 Dove

Tutti e quattro i quotidiani francesi collocano l’episodio in un quartiere popolare o très pauvre del Cairo. Le Figaro e La Croix aggiungono allo scenario una cornice religiosa, ricordando come come negli anni ’80 (La Croix) e debut des annnes ’90 (Le Figaro) il quartiere era stato proclamato “Repubblica Islamica di Imb āba dove “groupes islamistes armés luttaient contre le pouvoir de Hosni Mubarak” (Le Figaro), prendendo “le controle du quartier” (La Croix). Negli altri due quotidiani francesi non si fa alcun riferimento all’elemento estremista islamico, mentre in quelli egiziani non si danno connotati socio-economici, ma riferimenti geografici più precisi e dettagliati circa le strade e i punti precisi in cui sono avvenuti gli socntri.

“in lungo in largo ti difenderemo croce”. I salafiti rispondono loro sparando), al-Masry al-Youm, 9 maggio 2011, n. 2521, p. 9. 627 Waf ā’ Bakr ī, al- shar ī‘a Muhammad Ali “im ām mas ğīd al- ṭūba”: mud īr al-mub āḥith ‘itti ṣal b ī bahd ‘idh ān al-ma ġrib wa ṭalaba minn ī al-nu ẓūl ila-l-kanisa li-ḥal al-mushkila sataqa’a bayn al- salafiy ūn wa-l-masi ḥiy ūn (lo shay ḵ Muhammad Ali, im ām della moschea di Tuba: il direttore delle ricerche mi ha chiamato dopo la preghiera del tramonto e mi ha chiesto di scendere alla chiesa di Mar Mina per risolvere il problema che sarebbe sorto tra i salafiti e i cristiani), al-Masry al-Youm, 9 maggio 2011, n. 2521, p. 9.

286

Anche se al-Masry al-Youm nei giorni successivi presenta il focus di cui si è parlato precedentemente.

4.1.4 Quando

A proposito dell’informazione temporale poche sono le osservazioni rilevanti da fare. Ogni quotidiano sceglie la propria maniera per dire che si trattava di sabato sera, o meglio nella notte tra il sabato e la domenica. Le Monde risulta essere il più preciso, specificando anche la durata degli scontri, 8 ore. Informazione che danno anche i quotidiani egiziani negli articoli interni: al-Masry al-Youm parla di 4 ore, 628 mentre al-Ahram parla di 15 ore. 629

4.1.5 Come

Questa sezione è particolarmente interessante nell’ottica del presente studio. Ad eccezione de Le Figaro che parla di “coup de feu depuis l’eglise contre les salafistes” gli altri tre quotidiani francesi concordano nell’attribuire ai salafisti e alla baltageyya la responsabilità dell’incipit degli scontri, sostenendo che questi hanno attaccato la

628 Cfr., S āmī Abdel R āḍī, Imb āba tata ḥawal bi-l-tank ‘askariyya ba’d layla ’anf ṭā’if ī” ḥawal kanisa “Mar M īna” wa ḥaẓar ta ğawal man ṭiqa “al-ḥādith” (Imb āba si ritrova con tank militari dopo la notte di violenza confessionale intorno alla chiesa mar mina. Il pericoli si estende nella regione dei “fatti”. Cfr., al-Masry al-Youm al youm, n. 2521, 9/05/2011, p. 7 qat īlān wa ١٢ sā’a ’ āshaha al-mantiqa bayn ‘i ṭlāq al-ri ṣāṣ wa nash ūb ḥir ā’iq ‘asfar ’a ١٥ ,.Cfr 629 -mu ṣābān (La zona ha vissuto15 ore di spari e colpi di fuoco , facendo 12 morti e 232 feriti), al ٢٣٢ Ahram, n.45444 9/05/2011, p. 4.

287 chiesa. Versione del tutto opposta quella de Le Figaro appunto e dei quotidiani egiziani in cui l’inizio degli scontri sarebbe stato inziato da parte cristiana. La divergenza delle presentazioni è dovuta in parte ad un effettiva difficoltà nel determinare con chiarezza le dinamiche di simili episodi; in parte dal punto di vista che si sceglie, ovvero il testimone oculare di cui si riporta la versione. Ci si riferisce cioè al caso di La Croix e Le Monde in cui a dare l’informazione di come siano andati i fatti sono rispettivamente “un jeune copte du quartier” e “des pretres du quartier”; pertanto non c’è da stupirsi che la colpa viene attribuita ai musulmani. Resta il fatto che solo nei quotidiani francesi viene attribuita la responsabilità ai musulmani. Negli articoli egiziani si dice che a sparare per primi siano stati i cristiani. Interessante notare che l’articolo apparso nel settimanale egiziano in lingua francese al-ahram hebdo attribuisce anch’esso la responsabilità dell’inizio degli scontri ai musulmani: “Les principaux affrontements d’Imb āba ont été déclenchés lorsqu’une église du quartier a été assaillie par des musulmans” 630 . L’articolo è scritto da una cristiana egiziana, Marianne Youssef.

4.1.6 Causa

L’ultima sezione presa in considerazione anche è particolarmente interessante nell’ottica dello studio condotto. Si noterà che tutti i quotidiani sono concordi nell’affermare che il pretesto per l’assembramento di salafisti e cristiani davanti alla chiesa di Mar Mina fosse stato il sequestro nella suddetta chiesa di una ragazza cristiana che si era convertita all’islam. Nell’articolo de Le Monde vi è l’imprecisione di dire che la ragazza aspirasse a convertirsi, mentre la conversione sarebbe già avvenuta da tempo, come riportano i quotidiani egiziani che precisano anche la data in cui si sarebbe convertita, il 3 settembre del 2010 secondo al-Masry al-Youm e il 23 secondo al-Ahram, dopo essersi sposata con un ragazzo musulmano.

630 Cfr., Youssef M., Dans la tourmente, al-Ahram Hebdo , settimana dal 4 all’11 marzo 2011.

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Si noterà la notevole differenza di dettagli fornita da al-Masry al-Youm rispetto a tutti gli altri quotidiani. 631

Stando quindi all’episodio narrato, al di là della sua vericidità, la resposanbilità degli scontri sarebbe stata dei cristiani che non accettando la conversione della ragazza all’Islam l’avrebbero reclusa all’interno della chiesa o di una casa attigua alla chiesa. A divergere da questo punto di vista condiviso è solo l’articolo de La Croix in cui il fatto che la ragazza stesse ritenuta all’interno della chiesa sarebbe stata una voce messa in giro dai salafisti che avrebbero attaccato nonostante la polizia avesse controllato che la ragazza non era lì dentro. Questo ciò che riporta “Atef, un habitant chrétien”.

4.2 Gli approfondimenti.

Dopo aver messo a confronto gli elementi fondamentali per la descrizione dell’episodio, si confronteranno quegli elementi che fanno parte dell’articolo e quindi relazionati con l’episodio ma non relativi all’episodio in sé. Si è scelto di individuare i tre principali per ogni quotidiano.

al- Masry

- Governo agirà con mano di ferro. Trasferimento dei 190 arrestati in tribunali militari e comunicato n. 74 dell’esercito. - Funerali dei copti morti - Dichiarazione autorità religiose su rischio guerra civile

631 Dettagli ulteriormente arricchiti nell’articolo interno a pagina 7 precedentemente menzionato. Cfr, nota 6.

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al-Ahram

- Arresto in ribunali militari di 190 persone e zona sotto controllo. Comunicato n. 74 dell’esercito - Propagarsi degli scontri fino al centro del Cairo, con ripercussioni sul traffico - Visita minstro alle chiese di Imb āba. Dichiarazione autorità religiose.

Liberation

- 190 detenuti nei tribunali militari e riunione straordinaria del governo in cui il ministro della giustizia annuncia che le autorità risponderanno con una “mano di ferro”. - Conversione delle spose dei due preti fonte di tensioni interconfessionali - (numero copti) copti sottoposti a violenze dal 1992 – Muqa ṭṭ am e Alessandria.

Le Monde

- Sentimento di insicurezza tra egiziani dopo caduta Mubarak e Contro rivoluzione dietro all’episodio secondo i rivoluzionari e i Fratelli Musulmani. - Spose dei due preti, siti islamisti con commenti e minacce di rappresaglia per tali sequestri. Discriminazione dei copti (numero), sostegno a Mubarak e unione a Ta ḥrīr. - Arresto di 190 persone da parte del consiglio militare e riunione d’urgenza del governo di transizione.

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Le Figaro

- Conversione et mariage misti all’origine della maggior parte delle tensioni confessionali (incendio chiesa febbraio passato, scontri del Muqa ṭṭ am) Dichiarazione shehata - Contro rivoluzione: fratelli musulmani, blogghera Zenobia, politicoSharaf el- Sherif - Primo ministro Essam Sharaf, in riunione d’urgenza: mano di ferro. Arresti e posizione militari

La Croix

- Scontri dell’8 marzo al Muqa ṭṭ am - Testimonianze di copti del quartiere: scontri organizzati per creare conflitto confessionale tra musulmani e copti, attraverso salafiti venuti da fuori e rilasciati appositamente dal regime di Mubarak - Riunione d’urgenza di essam charaf e 190 arrestati nella corte militare

La foto anche è notevolmente differente: al-Masry al-Youm pone un primo piano di Kamila, al Ahram la foto di Kamila con suo marito e suo figlio seduti sul divano di una casa, da cui è stata fatta la diretta per il programma televisivo. Infine la differenza più netta sta nel contenuto dell’articolo. In al-Masry al-Youm si parla della vicenda in sé secondo la versione fornita da Kamila stessa durante il programma televisivo: dichiarazione di non conversione all’Islam, origine della vicenda e perchè si è allontanata da casa, intervento forze dell’ordine, dichiarazione di non conoscere lo shay ḵ Abuhiye implicato nel caso di Abir. Solo alla fine si fa riferimento al suo avvoacato Naguib Gibrail che avrebbe esortato Kamila ad apparire in un canale egiziano per rassicurare il popolo egiziano e “chiudere la bocca agli obiettori”. Nell’artcolo di al ahram avviene l’esatto contrario: dopo aver velocemente detto dell’apparizione in televisione di Kamila, l’intero articolo ruota intorno alle

291 obiezioni mosse dalla chiesa per non essere stata messa al corrente della decisione. Obiezioni mosse in primo luogo all’avvocato che l’avrebbe spinta “per rassicurare il popolo egiziano e chiudere la bocca agli obiettori”. Al-Ahram da voce quindi alla chiesa scagionandola in un certo qual modo dall’eventuale accusa di provocare i musulmani e creare conflitti.

Interessante notare come l’elemento del sequestro di donne cristiane convertire all’Islam da parte di autorità religiose e il loro ruolo nello scatenare tensioni confessionali sia del tutto sorvolato nell’articolo de La Croix.

4.3 Aspetti semantici

Un aspetto importante nell’analisi degli articoli è il linguaggio e le parole utilizzate per parlare dell’elemento cristiano egiziano, ricollegandoci quindi alle precisazioni terminologiche avanzate nella prima parte della tesi. A tal proposito, la prima osservazione che salta agli occhi è l’assenza totale dell’espressione “communauté copte”. Solo in Le Monde si trova una volta la parola “communauté” riferito ai “sages de deux communauté” nel riportare un comunicato dei Fratelli Musulmani a proposito dell’episodio 632 . La parola communautés è tra parentesi quadre, il che significa che è stata aggiunta dall’autore per rendere chiaro un concetto che si presume essere stato citato nell’originale precedentemente. Se si prende il comunicato originale in arabo pubblicato nel sito dei Fratelli Musulmani, si può constatare che l’espressione equivalente è “ ’al ā` min al-gāmb īn” 633 , letteralmente i saggi di entrambe le parti, riferito a musulmani e cristiani e nello specifico ai “al-mutashadd īn al-muslim īn wa al-mas īḥīn” , letteralmente “militanti

632 Cfr., Bay ān min al-‘ikhw ān al-muslim īn ḥawal ḥamm āya al-thawra wa ‘a ḥdāth al-fitna al-ṭā’ifiyya bi-‘Imb āba , (Comunicato dei Fratelli Musulmani sulla protezione della rivoluzione e sugli episodi di conflitto confessionale di Imb āba), www.ikhwanonline.com/Article.aspx?ArtID=83919&SecID=118 633 Ibid.

292 musulmani e cristiani”. Non compare pertanto neanche la parola ṭayfiyya (confessione), quella più vicina alla parola comunità religiosa, come si è visto. Ed è sempre Le Monde l’unico ad utilizzare l’espressione intercommunitaire per descrivere les tensions , altrove definite con l’aggettivo interconfessionelles (Liberation, Le Figaro), confessionelle (La Croix). Rispettando quindi maggiormente la formula araba hanf ṭayfiyya presente in al-Masry al-Youm e mai in al ahram, più reticente a riconoscere la presenza di problemi di carattere religioso nel paese, nell’ottica della retorica del regime della wa ḥda wa ṭaniyya (unità nazionale). L’articolo di Le Monde è l’unico anche a presentare vari elementi di questa “comunità” cristiana, che vanno dal « terrorisme copte » ai « coptes discriminés », dalle « autorités coptes» intransigenti conservatrici e « soutiens traditionels du regime » ai “jeunes activistes qui ont prie a côté des musulmans en place Ta ḥrīr et mele leur sang pour la defendre ». Gli altri quotidiani si limitano infatti a citare quei cristiani direttamente implicati nell’episodio, quindi del quartiere, o in maniera astratta e generica nel binomio con i musulmani. Il ventaglio offerto da Le Monde ci permette delucidare la maniera imprecisa e ambigua con cui vengono trattati questi elementi cristiani:

- Les coptes ont denoncé le laxisme de la police : a chi si riferisce la parola “coptes”? denuncia ufficiale ma no riferito a autorità in realtà quanto a popolo o meglio vittime degli incidents precedents , che le autorità ecclesiastiche o laiche hanno mosso una simile denuncia. - Le autorités coptes qui avaient contribuées a la montée de tensions confessionelesls con la loro intransigence et conservatisme sono le autorità politiche laiche, all’opposizione, o quelle ecclesiastiche che hanno il potere? - Si parla di jeunes coptes et musulmans che si sarebbero opposti negli scontri nel quartiere di Imb āba; cosi come si parla di jeunes activistes coptes che hanno pregato fianco a fianco con i giovani attivisti musulmani in piazza Ta ḥrīr. Perchè questo connotato generazionale limitativo della partecipazione e condivisione congiunta degli ideali rivoluzionari da un lato? Quasi si trattasse, inoltre, di un gruppo ulteriormente ristretto all’interno dei giovani,

293

pronti a scontrarsi con pietre e molotov. Basta vedere la foto dell’uno e l’altro evento per decretare come inappropriato l’uso dell’aggettivo jeune. - Si ricorda che i copti, dal 6 al 10 % della popolazione, sono “victimes d’une longue et diffuse discrimination”. In Liberation questa generalizzazione risulta ancora più forte: les coptes qui represente 6 à 10% des 80 millions d’egyptiens, sont tout particulierment visés par la vague de violence islamiste qu’a connue l’Égypte à partir de 1992. L’assenza della parola communauté rende meno agglomerante l’idea della discriminazione, anche se il dato numerico che include tutti i copti, genera nel lettore l’ idea di discriminazione generica di tutti i cristiani.

Si è detto che negli altri articoli non è possibile effettuare un’analisi simile sulla corrispondenza tra significato e significante, per dirla con le parole di De Saussure, dell’aggettivo o sostantivo chrétien/copte .

Ciò che si vuole analizzare ora è, invece, la forma verbale collegata agli elementi in cui il significante chrétien/copte si trova o costituisce direttamente il soggetto. Nello specifico si vuol vedere se a prevalere sono quelle passive o attive. Le tabelle che seguono schematizzano tale informazione per ogni singolo articolo.

294

Forme verbali rifeirte ai copti :

Al-MASRY

Soggetto Verbo Attivo Passivo

Kanisa al-Adra’ ḥarraqa (è stata X (Chiesa al-Adra) incendiata) Ab īr Muq īqa (ritenuta) X Ṣāḥib maqha mas īḥī Bad’a (ha iniziato) X

Ǧin āza al-aqb āṭ Shii’at (celebrati) X (funerali dei copti) al- aqb āṭ Qattal ū (sono stati X

uccisi)

Al-Qas āusa (pastori) Wada’ ūna (invitano) X

Totale 3 3

Al-AHRAM

Soggetto Verbo Attivo Passivo

Mi’ āt al-aqb āṭ ta ẓāhar (hanno X (centinaia di copti) manifestato) Kanisa M ār M īnā Shahada (è stata X (chiesa di Mar Mina) testimone)

Totale 2 0 LIB

295

LIBERATION

Soggetto Verbo Attivo Passivo

Chrétiens coptes Visés X Église Attaquée X

Chrétienne Souhaitant X

Chrétienne Sequestrée X Conversion epouses Attise X prêtres Église Incendiée X

Coptes Visés X Fideles s’etaient reunis X

Totale 3 5

LE FIGARO

Soggetto Verbo Attivo Passivo

Chrétienne Enlevée X Chrétienne Retenue X Église Brulée X Shehata Avait disparu X Reapparu X Chrétiens Nient X Église Incendiée X Magasins appartenant Vandalisés X à des chrétiens

Totale 3 5

296

LE MONDE

Soggetto Verbo Attivo Passivo

Églises Ont été incendiées X Chrétienne Prennommée X Abir s’était enfuie X Elle (Abir) était retenue X Chrétiennes Detenues X Coptes ont denoncé X Églises Incendiées X Epouses prêtres Avaient quitté X Epouses prêtres S’etaient converties X Epouses prêtres Être ramenées X Mme Chehata Aurait pu desamorcer X Autorités coptes Avaient contribué X

Totale 6 6

297

LA CROIX

Soggetto Verbo Attivo Passivo Église Incendiée X Batiment Endommagé X Femme Retenue X Atef- habitan chrétien Commence X Jeune copte Continue X Chrétiens voulaient defendre X Magasins coptes Attaqués X Pillés X Plusieurs chrétiens Tués X Immeuble proche Incendié X église Chiffonier coptes Vivent X Église Incendiée X Manifestants coptes se dirigaient X

Totale 4 8

Il primo dato che salta agli occhi è la sostanziale differenza numerica tra i quotidiani egiziani e francesi in rapporto al numero di volte in cui l’elemento cristiano fa da soggetto nei vari articoli. In particolare con al-Ahram che annota solo due voci. Fattore che denota già una maggior propensione della stampa francese a mettere in risalto appunto l’elemento cristiano.

Secondariamente il fatto che il numero delle voci passive è maggiore rispetto a quello delle voci passive. L’unico articolo in cui si ha una situazione di parità è quello de Le Monde che, non a caso, è l’unico a prendere in considerazione un

298 ventaglio più ampio dell’elemento cristiano, come si è visto, incluso l’elemento estremista o complice delle violenze. Quello in cui il divario è più marcato è La Croix in cui, tra l’altro, il numero delle voci attive sarebbe aumentato dal fatto che siano inseriti nell’articolo molti commenti e opinioni di testimoni e abitanti cristiani del quartiere (7 interventi per l’esattezza) attraverso cui viene ricostruito il fatto e che sono tutti rigorosamente cristiani (solo di uno dei testimoni interpellati non è possibile stabilire con certezza l’dentità religiosa). Da qui, quindi i due verbi attivi “commence” e “continue” di introduzione a discorsi diretti di cristiani. Le forme verbali pertanto decretano in maniera pressoché unanime la passività dell’elemento cristiano, senza tenere in considerazione che i fatti attribuiscono allo stesso un ruolo attivo per quanto riguarda la causa scatenante e talvolta anche nella modalità in cui si sono svolti i fatti.

Per quanto riguarda la controparte musulmana, il quadro sembra essere meno significativo anche se con una particolare e interessante differenza tra i quotidiani egiziani e quelli francesi. In Liberation si trova una sola volta l’aggettivo islamiste associato alla parola violence e non si parla mai di salafisti, neanche nel caso dell’attacco della chiesa avvenuto “par musulmans”. In Le Monde si trova una sola volta la parola salafistes evocati da preti del quartiere e una sola volta la parola islamiste in riferimento ai siti in cui si incita alla violenza contro i sequestri delle donne cristiane convertite. In Le Figaro cresce decisamente il numero della presenza dell’aggettivo salafiste (tre volte) e islamiste (due volte). Più un radicaux musulmans . In La Croix la parola salafiste e islamiste , spesso associata a estremistes e fondamentaliste compaiono ben 8 volte, rispettivamente 4 e 4. Mentre in un caso di parla di groupes extremistes . Nel caso dei copti, solo in Le Monde, come si è già detto, si parla di terrorisme copte , contro il quale si scagliano i siti islamisti appunto. Il termine islamiste , sembra essere predominante, quindi solo in La Croix; tuttavia presente almeno una volta negli altri articoli. Nei quotidiani egiziani quando si parla di musulmani si utilizza o il generico muslimin o salafiyyun . In al-Masry al-Youm si

299 parla una volta delle ğamaat islamiyya 634 , aggettivo che andrebbe comunque reso con “islamique” e non “islamistes” 635 .

Di fatto il termine islamisme , spiega Sfeir, è un concepte puramente française pour designer les integristes musulmans, ceux que les Anglo-Saxons appellent “fondamentalistes.” 636 Un termine tutt’altro che neutro quindi ma carico di connotati negativi ed estremisti, con una valenza ideologica ben più forte rispetto al generico musulmans o al più specifico salafisme , che ne costituirebbe una parte. 637

5. Quadro riassuntivo

L’analisi qui proposta ha permesso di tracciare un quadro globale sulla maniera in cui una stessa notizia è stata riportata da vari quotidiani. Una dato ovvio che condiziona sensibilmente struttura e contenuto dell’articolo è rappresentato dal fatto che mentre per i quotidiani francesi si tratta di una notizia esterna, avvenuta in un altro paese, per l’Egitto è un fatto di cronaca interno, dalle ripercussioni tra l’altro decisamente importanti a livello socio-politico. Da qui la differente posizione all’interno del quotidiano (sezione International/Monde per i francesi e prima pagina più speciali interni per gli egiziani) e la visione d’insieme meno dettagliata dei quotidiani francesi. In quest’aspetto, tuttavia, se del quotidiano egiziano al-ahram si considera come è stato fatto qui, solo l’articolo di apertura in prima pagina del giorno 9 maggio, si può notare una maggior vicinanza del suddetto con i quotidiani francesi che non con l’altro egiziano al-Masry. Si parla infatti poco e niente del fatto in sé per dare grande spazio all’azione militare. A dimostrazione dell’ideologia filo-

634 Le organizzazioni estremiste formatisi e attive negli anni ‘80 e ‘90 in Egitto. 635 Nel dizionario Larousse, islamique viene definito come « relatif à l’islam”, mentre islamiste come “relatif à l’islamisme, partisan de l’islamisme”. Si veda nota X. 636 Cfr. Sfeir A., Dictionnaire géoplitique de l’islamisme , Bayard Edition, Montrouge, 2009, p. 9. 637 Secondo il dizionario Larousse mentre l’islamisme, come si è detto, è un movimento che raggruppa varie correnti, il salafisme è una « courant fondamentaliste de l’islam, qui prône aujourd’hui un retour à la religion pire des anciens en recourant à une lecture littérale des sources ».

300 governamentale quindi pro esercito del quotidiano stesso. E come ribadito dai vari elementi dell’articolo, dal titolo alla foto.

In quelli francesi l’episodio di Imb āba fa da introduzione a un altro tema, oltre al ruolo dei militari nella fase di transizione politica in Egitto: l’islamismo. Elemento assente dai quotidiani egiziani e che si riflette in un altro aspetto che caratterizza i quotidiani francesi: l’attruibuzione di un connotato passivo ai cristiani. Tale dato emerge sia dagli elementi extra che dal linguaggio, come hanno dimostrato le forme passive dei verbi associate al sostantivo/aggettivo chrétien/copte. A ciò si aggiunge che, fatta eccezione per Le Figaro, nessun quotidiano specifica il numero dei morti da entrambe le parti ( musulmani e cristiani) lasciando il lettore piu propenso a credere che si tratti di cristiani visto che l’attacco sia stato effettuato da musulmani/salafiti. Specie in Liberation dove nel titolo si afferma che i cristiani sono di nuovo bersaglio e si cita il nome di un prete tra le vittime. E nel ricordare l’attacco alla chiesa di Alessandria nel gennaio del 2011 si sottolinea come le vittime fossero “en grande majorité chrétiens.” E piuttosto ambiguo resta anche La Croix in cui si parla di “plusieurs chrétiens tues par balle”.

Il seguente schema mostra in maniera riassuntiva e visiva quando i vari elementi considerati degli articoli vengono presentati in maniera neutra, quando i cristiani vengono resi passivi/vittime (pro-copti) e quando attivi/responsabili (vs copti).

301

Titolo Sommario Chi Cosa Dove Come Causa Passivo Extra Attivo al-Masry Al-Ahram

Liberation Le Monde Le Figaro La Croix

Legenda

Pro-copti Neutro Vs copti

A prevalere è l’elemento neutro (54,5%) segue quello in cui i cristiani sono vittime/passivi 31,8% e quelli in cui responsabili/attivi 13,6%. Tuttavia i dati interessanti risultano dal confronto tra i quotidiani egiziani e quelli francesi. È in quest’ultimi che prevale l’elemento vittimistico, praticamente assente in realtà in quelli egiziani. Primo fra tutti La Croix, in cui i copti sono presentati passivi/vittime per un totale dell’ 81,8% e a seguire, con notevole divario, Liberation con il 54,5% degli elementi. Le Monde è quello che si figura come il più neutrale con il 72,7% di elementi neutri e Le Figaro a seguire con il 54,5% degli elementi, riflettendo quindi maggiormente i quotidiani egiziani, che tuttavia attribuicono piu responsabilità ai cristiani rispetto a quelli francesi. Senza ovviamente mettere in dubbio l’evidenza dei fatti, ossia i danneggiamenti alle chiese di Mar Mina e Maria, resta il fatto che il connotato passivo dei cristiani non rispecchia le dinamiche incerte degli scontri, non si capisce bene chi ha iniziato visto che i vari quotidiani divergono sensibilmente, e soprattutto non tengono in

302 considerazione che la motivazione vera o presunta alla base sarebbe il sequestro di una ragazza cristiana da parte dei cristiani stessi. Pertanto responsabilità e ruolo attivo non solo da parte dei musulmani o salafisti, ma anche dei cristiani.

Un’ ultima considerazione da fare riguarda l’assenza dell’espressione comunità nei vari articoli per riferirsi ai cristiani egiziani. Il numero ridotto di articoli presi in considerazione non rende possibile alcun tipo di ipotesi, statisticamente valida, sull'uso, o meglio sull’assenza di tale formula. Resta il fatto che il quotidiano più letto tra i quattro, Le Monde, offre un esempio interessante di traduzione- interpretazione del testo arabo che nel momento di renderlo in francese, viene integrato da un “communautés” inesistente nella versione originale.

6. La notizia di Imb āba diffusa dai copti in Francia.

Per vedere in che maniera i copti in Francia diffondono la notizia si fa riferimento al sito blogcopte, fonte di informazione prima per la comunità poi per le stesse testate francesi, e al sito dell’Association Copte de France.

Nel primo sito sono presenti 12 articoli riguardanti l’episodio di Imb āba. Tra questi sono stati considerati solo quelli pubblicati tra l’8 e il 9 maggio, ovvero 17 articoli.

Di questi, 5 riportano la notizia nello stesso modo con poche variazioni di vocaboli:

Les heurts/ des affrontements/ les combats/ les violences confessionnelles/ se sont produits dans un quartier populaire d’Imb āba lorsque des musulmans ont attaqué une église copte pour libérer une femme. In tutti si dichiara che la donna rinchiusa nella chiesa contro la sua volontà sia una supposizione dei musulmani. In uno si scrive esplicimente “selon eux” (les musulmans). 638 Nello stesso inoltre si dichiara che le

638 Blogcopte.fr/2011/05/08/news-4-personnes-mortes-a-Imb āba-apres-des-heurts-avec-les-salafistes

303 vittime sono dei copti, secondo quanto riportato dal prete Hermina. La fonte dell’informazione è la AFP e si ritrova anche nell’articolo riportato di al-Jazeera. 639

Negli articoli la responsabilità viene attribuita in maniera unanime ai musulmani. Il primo video parla dei salafisti (sebbene non si riesca a capire molto dalle immagine e solo il titolo spiega che si tratta di salafiti che attaccano una chiesa. Un secondo video in cui viene mostrata la distruzione della chiesa insinua des “salafistes ou seulemente de simples musulmans?” 640 Nella rassegna stampa che viene fatta dei telegiornali francesi che trasmettono la notizia, 641 si parla di musulmani, solo in quello di TV1 e France24 si specifica “musulmans salafistes".

Nel sito web dell’Association Copte de France sono presenti diversi articoli relativi all’episodio di Imb āba. Si tratta di articoli presi da altri siti, quotidiani e blog. Il primo è quello pubblicato da Le Monde l’8 maggio sulla versione on line. Articoli che differisce notevolemente da quello più neutrale pubblicato due giorni dopo nella versione cartacea. Per farne una descrizione riassuntiva secondo gli elementi analizzati per gli articoli precedenti:

Il titolo è stato modificato attraverso l’aggiunta di un punto interrogativo e tre esclamativi a quello pubblicato sul sito di Le Monde “L'Egype confronté aux trauble inter-religiuex” Per quanto riguarda la foto, ci sono due immagini: una che raffigura un edificio bruciato che la didascalia identifica come “batiment copte” mentre la seconda è quella proposta dalla versione cartacea di Liberation in cui pompieri sono in procinto di gettare acqua sulla facciata della chiesa con una folla davanti che li osserva. Per quanto riguarda le 5W, il chi sono: musulmans et chrétiens d’Égypte, les coptes; il cosa: affrontements, 12 morts et 232 blessées (quatre chrétiens et de six musulmans, les corps de deux victimes n'ont pas encore été identifiés) ; il dove : quartier de l’ouest du Caire (Imb āba), autour d’une église ; quando : samedi 7 mai au soir ; come : selon des journalistes des musulmans ont lancé de cocktails molotov sur des

639 Blogcopte.fr/2011/05/08/news-au-moins-6-morts-a-Imb āba-pres-du-caire-apres-des-heurts- confessionels 640 Blogcopte.fr/2011/05/10/video-destruction-de-leglise-de-la-vierge-a-Imb āba-par-les-salafistes/ 641

304 chrétiens, brulant deux eglises, mentre un manifestante musulmano dice che sono stati i cristiani a cominciare a sparare ; causa : une chrétienne supposé vouloir se convertir à l’islam y serait enfermée. Un articolo nel complesso decisamente meno neutrale rispetto alla versione cartacea dello stesso quotidiano e molto più vicina alla versione on line degli altri quotidiani, che presentano l’episodio con le stesse identiche parole:

De violents affrontements entre musulmans et chrétiens ont fait neuf morts et plus d'une centaine de blessés hier soir dans un quartier populaire du Caire, ravivant les fortes tensions interconfessionnelles que connaît l'Égypte. Les principaux affrontements se sont produits autour d'une église du quartier d'Imb āba, attaquée par des musulmans au motif qu'une chrétienne supposée vouloir se convertir à l'islam y serait enfermée. Une autre église a été incendiée dans ce quartier, où d'importants effectifs de soldats et de policiers anti-émeutes ont été déployés 642 .

Sono le parole diffuse dall’AFP fonte di tutti e quattro i quotidiani e riproposte dai vari quotidiani on line senza un ulteriore elaborazione, che si riflette invece nella versione cartacea. Ad esempio in Le Figaro si è visto che gli spari iniziali provenissero dalla chiesa, così come la supposizione della conversione resta solo in Liberation perchè gli altri parlano di una conversione già avvenuta, come nei quotidiani egiziani.

Per continuare con gli articoli presenti sul sito, dopo uno scritto di Kamal Gibran, Qā’ida tan ẓīm al-qā’ida (Le fondamenta del regime al-Qa’ida) in cui attribuisce la responsabilità dell’episodio di violenza alla rete terrorista al Qa’ida e un articolo di al

642 Cfr., Le Monde, L'Égypte confrontée aux troubles inter-religieux , 8/05/2011 ore 7.58; Liberation, Violences en Egypte : le gouvernement promet d’agir avec « une main de fer », 08/05/2011 ore 8.45 ; Le Figaro, Caire: 9 morts dans des heurts , 8/05/2011 ore 8.09; La Croix, Des violences interconfessionnelles au Caire font dix morts , 8/05/2011 ore 12.42.

305

Ahram che allude alle buone relazioni tra cristiani e musulmani 643 , si trovano due articoli estremisti, elaborati a partire dalla stampa francese.

Il primo, Les chrétiens encore frappés en Égypte…, 644 è un collage tra un articolo de Le Monde e uno di Atlantic 645 , il secondo è l’articolo intero di Atlantic utilizzato nel melange e che ne costituisce la parte predominante. Vi è un vero e proprio crescendo di estremizzazione del discorso che parte da “les attaques à l’encontre de la communauté chrétienne copte d’Égypte semblent être un sport national dans ce pays »646 , passando agli attacchi che si sono moltiplicati « partout en Orient contre les chrétiens” 647 e arrivando a parlare di « une guerre larvé »648 contre “les minorités chrétiennes” 649 perpetuata da un « islamisme radicale »650 . In questo scenario, l’autore dell’articolo dell’Atlantic conclude :

On peut à juste raison se poser se demander, qu’est-ce qui empêche la presse française de qualifier de pogrom, en 2011, les agressions répétées des minorités chrétiennes dans un certain nombre de pays musulmans ? Qu’est-ce qui empêche nos journaux de simplement nommer un processus dont on voit bien qu’il mène à l’élimination pure et simple de ces communautés par émigration ? 651

L’autore è Serraf Hagues, giornalista, saggista e blogger francese ebreo. Rappresenta in questo caso un esempio di come la militanze dei copti fuori dall’Egitto si serva e si appoggi a persone e intellettuali dei paesi di accoglienza per rafforzare la loro causa all’interno del paese. E in questo caso anche di una persona appartenente al “corpus storico e culturale ebraico” 652

643 Cfr., www.franco-copte.com/archives.asp?page=12 644 Cfr., http://www.franco-copte.com/articles.asp?lang=Fr&IDProd=312 645 Rispettivamente: L’Égypte confronté aux troubles inter-religiuex, cit. e . Coptes d’Égypte: de l’impensable à l’indicible, in Atlantic, del 9/05/2011 . 646 Cfr., Coptes d’Égypte: de l’impensable à l’indicible, cit. 647 Ibid. 648 Ibid. 649 Ibid. 650 Ibid. 651 Ibid. 652 Cfr., Juif? Selon Hugues Serraf, http://www.youtube.com/watch?v=Frm1OwDaoMs

306

Gli altri articoli che seguono sono presi da quotidiani statunitensi: uno dal The Telegraph e l’altro dal the New York Times. Il fatto che vi si trovino articoli presi da quotidiani esteri da sicuramente maggior spessore al fatto.

7. I copti, vittime dei musulmani o della protezione statunitense?

Analizzare un caso di scontro tra cristiani e musulmani verificatosi nel corso del 2011 pochi mesi dopo l’inizio della rivoluzione ha permesso di mettere in risalto alcuni punti base della presente ricerca. In primis, la maggior ripercussione mediatica di cui godono gli attacchi ai copti piuttosto che altri elementi egiziani. Attenzione mediatica internazionale dovuta alla politica di protezione della minoranza cristiana nel mondo messa in atto dagli Stati Uniti. Pertanto, quando gruppi di opposizione intendono colpire il potere in carica hanno nei copti un’efficace bersaglio.

L’analisi di alcune testate francesi confermano parzialmente questa politica: in gradi diversi attribuiscono un’eccessiva passività ai cristiani e ricorrono al termine islamisme in maniera inappropriata. I due estremi sono rappresentati da La Croix e da Le Monde rispettivamente per parzialità e imparzialità.

Secondariamente, l’incapacità del regime militare di mantenere il controllo sulla stessa capitale dove la metà del territorio è costituito dalle ašwiyyat che si sviluppano per la sua stessa politica e contro di essa. Costituendo un tassello della wa ḥda wa ṭaniyya da cui l’esercito risulta essere il garante e responsabile della sua assenza allo stesso tempo.

Infine, risulta evidente l’estremizzazione del discorso dei militanti copti dell’Association des Coptes de France che attraverso le parole di un giornalista

307 francese ebreo attaccano la stampa francese per essere troppo moderata nei termini per quanto riguarda ciò che accade ai cristiani in Egitto.

308

CONCLUSIONI

Il conflitto di civilizzazioni come filo conduttore nelle analisi dell’Egitto contemporaneo.

Le conclusioni inerenti alla presente ricerca si articolano su diversi piani, che vanno dalle dinamiche socio.politiche dell’Egitto contemporaneo a quelle più speculative legate alla terminologia in uso nelle analisi di tali dinamiche da parte di ricercatori esterni all’Egitto. L’oggetto di analisi privilegiato di queste dinamiche nazionali è stato l’elemento copto con l’obiettivo di dimostrare che, al di là dell’identificazione identitaria legata a valori e tradizioni della religione cristiana, quest’elemento agisce in perfetta sincronia con il contesto nazionale. Lungi da costituire un blocco politico, economico e sociale in contrapposizione a quello musulmano, come viene presentato nella maggior parte della bibliografia anglofona e francofona sul tema, i vari attori copti si inseriscono negli ingranaggi nazionali secondo gli interessi propri al loro status socio-economico e non agli interessi della “comunità”. Ed è proprio questa parola che alimenta una rappresentazione distorta, e se si vuole una semplificazione mistificatoria, della complessità che la realtà egiziana presenta nella gestione delle istanze religiose.

309

Chiudere i copti dentro la cornice della parola comunità crea la rappresentazione del blocco copto che si muove come “un sol uomo” 653 sotto la guida del patriarca. In realtà, si è visto che il sistema fortemente centralizzato messo in piedi da Shenuda III abbia avuto lacune e mancanza di coesione sia da un punto di vista politico che geografico: l’opposizione si manifesta dalle diocesi del Ṣa‘ īd ai vescovi autorevoli del Cairo, dall’élite laica rimasta in Egitto (prevalentemente al Cairo) a quella emigrata negli Stati Uniti, in Europa e Australia.

Si è visto come, a partire dalla rivoluzione del ’52, il regime militare si sia avvalso della collaborazione con le massime autorità religiose del paese, al-Azhar per il lato musulmano e la Chiesa per quello cristiano, per gestire la società eliminando ogni forma di opposizione e spazio che non stesse sotto questo triplice controllo. Si è così

653 Maila J., Gli arabi cristiani: dalla questione d’Oriente alla recente geopolitica, in PACINI A., Comunità cristiane nell’islam arabo , cit.

310 tentato di creare una sorta di neo-millet dentro una cornice dello stato moderno. Per quanto riguarda la componente copta, si è trattato dell’ascesa al potere di un élite, la borghesia media infiltratasi nei ranghi ecclesiastici, su quella laica, costituita da ricchi latifondisti e professionisti che hanno rivestito un ruolo di primo piano sulla scena politica della prima metà del XX secolo. La rivoluzione del ’52 segna anche il passaggio della dominazione a stampo coloniale britannica a quella imperialista statunitense. L’importanza geografica, politica e culturale dell’Egitto data dalla civiltà faraonica, dal canale di Suez, dal ruolo di bilancere con lo stato d’Israele, (l’Egitto è stato il primo paese arabo ad aver firmato la pace con lo stato ebraico), ha fatto si che la sua storia contemporanea sia stata profondamente influenzata dalla dominazione di potenze esterne, in particolare Russia, Francia, Inghilterra e Stati Uniti. Tra queste, sono l’Inghilterra e gli Stati Uniti ad aver avuto maggior voce in capitolo nelle questioni interne attraverso una dominazione politica ed economica diretta. Il caso della Francia è interessante e al tempo stesso emblematico dell’importanza che l’Egitto rivestiva per la potenza europea: sconfitta e allontanata militarmente, la missione napoleonica continua sul piano culturale attravero la formazione dell’élite al potere e il monopolio sull’archeologia faraonica, da cui nascerà l’Egittologia e di cui i copti diverranno un tassello fondamentale. Il collegamento tra civiltà faraonica e civiltà copta, nato dagli archeologi francesi e rafforzato dalla produzione bibliografica degli autori francofoni, sarà un elemento identitario fondamentale che la Chiesa Copta utilizzerà come fonte di legittimazione sul territorio. Anche i militanti copti emigrati riprenderanno la discendenza faraonica per spingere il discorso fino all’estremizzazione della rivendicazione etnica: i copti sono i veri egiziani a differenza dei musulmani, arabi invasori. Per quanto riguarda l’influenza della presenza inglese e statunitense sui copti, questa si manifesta con la politica di protezione delle “minoranze”. Durante la monarchia sotto mandato britannico i copti rivestivano un ruolo di primo piano nei ranghi dell’amministrazione. Inoltre, all’indomani dell’indipendenza, i britannici volevano includere nella costituzione del 1922 la rappresentanza proporzionale (il tam ṯīl nisb ī) per i copti in parlamento. Misure rifiutate dagli egiziani, indistintamente dalla loro religione, perchè visto come tentativo di divisione del paese su linee confessionali. Gli Stati Uniti prevedono

311 invece una politica di protezione dei cristiani in Egitto. Politica che rientra nel più ampio programma di garantire la libertà religiosa nel mondo per cui è stata istituita una commissione apposita che ogni anno redige un rapporto trattando ogni singolo paese. I copti non sono l’unica minoranza tenuta in considerazione dalla potenza imperialista, tuttavia rivestono un ruolo di primo piano, come si può leggere nei vari rapporti annuali.

I media, in quanto veri e propri attori geopolitici, diffondono e rafforzano questa politica. E il discorso si amplia anche all’ambito accademico dove si assiste ad un aumento di interesse tra i ricercatori per il caso dei copti che diviene un oggetto autonomo di ricerca. Ciò è dovuto a due ragioni principali: un aumento di interesse politico verso la questione da parte di alcuni paesi, quali USA, Australia e alcuni stati europei, che si riflette sui ricercatori i quali, da un lato forniscono conoscenze riguardo l’ogetto di interesse per meglio dominarlo, dall’altro hanno maggiori facilità a fondi e credibilità.. 654 A ciò si aggiunge l’aumento dei copti emigrati, che sono molto spesso gli autori delle ricerche stesse. La presenza dei copti al di fuori dei confini nazionali costituisce un anello fondamentale tra i copti in Egitto e la politica internazionale nella costruzione del conflitto religioso tra cristiani e musulmani. Innanzi tutto l’espressione “diaspora copta”, alla stregua di “comunità”, racchiude in un marco confessionale un fenomeno egiziano e non solo cristiano; dato più che in arabo l’espressione non solo non si usa, ma viene rifiutata. Secondariamente, trasmettono un messaggio altamente islamofobo che va nella stessa direzione di quegli opinionisti e accademici definiti “confrontazionalisti” che, dopo l’annientamento del fantasma comunista, vedono nell’Islam il nuovo nemico, in opposizione agli “accomodazionisti”, che vedono l’Islam come una “nuova sfida”, criticando la riduzione del variegato mondo musulmano alla sola componenete minoritaria estremista 655 . La vittimizzazione dell’elemento cristiano da proteggere è

654 Atiya M., Orientalism Upended , in salamamoussa.com/2013/09/21/orientalism-upended/ 655 Cfr. Fawaz George, America and Political Islam. Clash of cultures or clash of Interests? , Cambridge Univesrity Press, 1999, pp. 20-35. Tra i confrontazionalisti” piu noti: Bernarn Lewis, Daniel Pipes, Judith Miller, Mongtomery Watt; tra gli “accomodazzionisti”: John L. Esposito, Leon T. Hadar.

312 l’altra faccia della medaglia del “trionfo” 656 di una delle interpretazioni possibili dell’Islam secondo cui questo sarebbe quanto la maggioranza dei musulmani stessi rifiutano: “punizione, autocrazia, modi e costumi medievali, teocrazia 657 ”

Ed è interessante quanto emerso dalla conferenza tenuta a Beirut sulle “piaghe” dei cristiani in Medio Oriente. In presenza di numerosi ambasciatori e rappresentanti di delegazioni diplomatiche occidentali, i copti alla domanda su chi considerassero il evero nemico, hanno indicato i movimenti islamisti come il primo nemico dei cristiani e dei non cristiani (musulmani moderati). Opinione condivisa dai cristiani iracheni e giordani a differenza dei siriani, libanesi e palestini che hanno indicato in Israele il nemico numero uno. Questa la spiegazione che da uno di loro:

If we tell the West that the problem is Israel, it will turn a deaf ear and a blind eye to our plight. Yet if we tell the West we have a common enemy-which is takfiri Islamic extremism – then the West will pay attention to us. Drawing on this, we can set forth another approach to solve our crisis. 658

In realtà, la loro militanza, per proteggere i loro correligionari in Egitto, non fa che creare ulteriori conflitti sulla base della religione, andando ad occultare fattori geopolitici e sociali più determinanti e profondi. Il risultato è proprio una maggiore ostilità nei confronti dei copti tra il resto dei cittadini egiziani. Primo di tutto perchè considerati alleati delle potenze estere o comunque responsabili della loro intromissione negli affari interni. Secondariamente, e ancor più grave, i gruppi di opposizione, che siano essi islamisti, moderati o militari stessi, per colpire il governo prendono i copti come bersaglio privilegiato per le loro rappresaglie. Oltre al danno economico dovuto all’immagine di instabilità nel paese per questioni di turismo (l’attacco ai turisti risponde alla stessa logica),

656 Cfr. Al-Ṣa‘ īd E., Covering Islam: how the media and the experts determine how we see the rest of the world , New York : Pantheon Books, New York, 1981, p. 161 657 Ibid. , p. 164 658 http://www.al-monitor.com/pulse/originals/2013/11/who-is-christian-enemy-in-the-east.html

313 attaccare i cristiani vuol dire attirare l’attenzione internazionale contro il governo incapace di proteggerli. È quindi lo strumento più efficace per colpirlo. Ma è anche uno strumento in mano del governo per giustificare la repressione contro le stesse forze d’opposizione. Con tanto di approvazione della comunità internazionale, che non si fa troppi problemi ad etichettare questi gruppi come terroristi. Emblematico l’anno 2013 in cui i militari hanno operato una feroce repressione contro i Fratelli Musulmani che seminavano il terrore nel paese attaccando chiese ed efici cristiani per vendetta dopo che il loro presidente era stato destituito. Interessante il fatto che il portavoce dei Fratelli Musulmani condanni gli attacchi e che i casi di attacchi ai copti riportati dall’Human Rights Watch, superino quelli riportati dalla stampa egiziana, con delle discrepanze che fanno dubitare dell’esattezza delle informazioni trasmesse dall’esterno. Altrettanto emblematico il fatto che è a partire dal 2011, anno in cui il governo egiziano, di transizione prima e di Morsi poi, mette in discussione gli accordi di Camps Davis non rinnovando il contratto di cessazione del gas ad Israele, che l’Egitto viene considerato tra i paesi di “particolar concern” dal Congresso americano. Se il numero maggiore di morti nel 2011 giustifica la maggior visibilità conferitagli tanto dal rapporto statunitense che dai media, nel 2012 il numero di scontri e di morti è inferiore a quello del 2010 pur godendo di maggiore attenzione da parte del Congresso. Gli scontri, inoltre, sono presentati come “attacchi” da parte di “musulmani”, “salafiti” o “Fratelli Musulmani” i quali, in realtà, non sempre rivendicano gli atti, e talvolta condannano, gli episodi di violenza. Nella maggior parte dei casi si tratta di risse per questioni di onore, di relazioni tra egiziani di religione diversa, per gli spazi di culto in cui entrambe le parti hanno responsabilità e ne restano vittime. Infine, per quanto riguarda il fervente dibattito costituzionale innescato all’indomani delle dimissioni di Mubarak, quanto emerge all’esterno (rapporto USA, media francesi) è il pericolo che un’estremizzazione islamista possa comportare sulla libertà religiosa, in particolare dei copti. L’instaurazione della dawla madaniyya , del tutto assente sul rapporto statunitense e poco presente nei media francesi, viene associato sempre in maniera positiva ai copti, che ne vorrebbero l’instaurazione,

314 senza considerare gli estremisti cristiani che al contrario vogliono un rafforzamento dell’autorità ecclesiastica; e in opposizione agli islamisti, senza considerare che sono solo gli estremisti salafiti ad essere contrari alla dawla madaniyya a differenza di tutti gli altri musulmani, da al-Azhar ai Fratelli Musulmani. Una complessità che va ben oltre la contrapposizione cristiani – musulmani.

Con la presente ricerca non si vuole negare che i cittadini egiziani cristiani subiscano delle discriminazioni o violenze attribuibili alla loro confessione religiosa. Ciò che si rifiuta è la spiegazione che se ne da e la maniera in cui viene presentata la loro condizione. Come se, per il solo fatto di trovarsi in mezzo ad una maggioranza musulmana, si dimenticasse che la Chiesa Copta Ortodossa in quanto istituzione ecclesiastica attui in quanto tale, ovvero esercitando controllo e potere sulla massa dei fedeli. L’immagine passiva di sottomissione e di vittima che viene data della “comunità copta” corrisponde sicuramente alle classi basse della società egiziana cristiana, ma non di certo alla classe alto-borghese, tanto nella sua espressione clericale, al potere negli ultimi anni, che laica, che ha costituito l’opposizione. Pertanto, volendo giustificare parzialmente il linguaggio a cui riccorrono i media internazionale, si possono considerare i copti in quanto vittime, non dei musulmani, bensì della politica protezionistica-interventista degli Stati Uniti, del regime militare, la cui natura autoritaria ricorre alla violenza per mantenere il difficile controllo sul territorio egiziano e parimenti del patriarca e della sua collaborazione con il regime militare.

L’approccio geopolitico applicato in quest’analisi storiografica dell’Egitto contemporaneo in riferimento ai copti ha permesso di mettere in risalto proprio queste rappresentazioni dimostrando come quello che appare come conflitto religioso tra musulmani e cristiani secondo un’ottica di conflitto di civiltà, sia legato a rivalità tra élite per il controllo del paese. Un controllo che resta sempre molto limitato da un punto di vista territoriale (non solo il Sud del paese sfugge al potere autoritario del Nord, ma nella stessa capitale il 56% dei quartieri sono delle ‘ašwiyyat ) e in collaborazione con la potenza esterna dominante: Inghilterra prima e Stati Uniti poi.

La complessità delle dinamiche della società egiziana, e pertanto dei copti pienamente inseritivisi, che si è cercato di mostrate nella presente ricerca, fa si che si

315 diffidi delle interpretazioni semplicistiche del conflitto confessionale, diffuse dai media ma anche da molti studi e ricerche accademiche.

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INDICE DEI NOMI

Abadir, Adly, 120 Clark, Michele , 125 Abd el-Magid, Wahid, 94, 227 Clemente, 78, 179 Abdel Nur, Sa’ad Fakhri, 94 Delhaye, Gregory , 108, 114, 115, 118, Abdel Samad, Essam , 146 124, 125 Abdel Sayed, Edris , 86 Diocleziano , 70 Abuna Sama’an , 84 Du Roy, Gaétan , 79, 84, 152 Adrien, Margueritte , 87 Fouad, Vivian , 85 Albert, Laurence , 56, 87, 175, 177, Ishaq, George , 84 178. Issawi, Mansur , 280 Al-Hakim, Twfiq , 181 Joseph, Malek , 80 Ali, Muhammad , 30, 64, 112, 191, 285, Khalil, Magdi , 115, 127, 131, 142, 223 286, 362 Lacoste, Yves , 44, 155, 156 Al-Khawaga, Dina , 50, 76, 172, 173, Mahfuz, Naguib , 102 174. Makram Harbi, Marika , 227 Al-Mustafa, Ahmad , 235 Marqus, Samir , 102 Al-Sisi, ‘Abd al-Fattah Husayn , 208, Martin, Maurice , 86 212, 244, Maspero, Gaston , 180, 181 Al-Tayyeb, Ahmed , 164, 270 Masriya, Yahudiya , 86 Anba Athanasios , 140, 185, 196, 199 Meunier, Micheal , 127, 134 Anba Bishoy , 76, 196, 199, 201 Michel, Max , 83 Anba Bula , 226 Mitterand, François , 169 Anba Jeremia , 226, 232 Morsi, Muhammad , 33, 38, 39, 41, 56, Anba Marqus , 129, 222 79, 98, 99, 100, 147, 149, 208, 212, Anba Pachomios , 226, 231 214, 221, 224, 225, 226, 229, 230, Anba Samuel , 65, 76, 129 232, 233, 238, 260, 261, 314 Anba Suriel , 153 Mubarak, Muhammad Hosni , 33, 39, Anba Tuma , 76 59, 67, 70, 71, 72, 79, 80, 81, 84, 103, Ayad, Christophe , 108, 175, 190, 194, 105, 130, 131, 142, 143, 146, 147, 204, 205 149, 155, 161, 168, 207, 208, 212, Barbulesco, Luc , 65, 82, 171, 173, 174, 214, 217, 222, 239, 244, 266, 270, 175 286, 290, 291, 314 Barsum, Hani 139, 199, 200 Napoleone , 159, 160, 174, Bat, Ye’or , 170 Nasser, Abdel Gamal , 56, 66, 67, 80, Bayart, Jean , 243 103, 105, 112, 160, 165, 171, 191, Bibawi, Nabil Luca , 222 211, 255 Cannuyer, Christian , 60, 118, 174, Nazir, Karam , 86 176, 178, 188 Obama, Barack , 32, 261 Chahine, Yusuf , 220 Origene , 78, 179 Chaillot, Christine , 87, 177, 188 Pacini, Andrea , 32, 51, 79, 87, 115, Chalaby, Abbas , 56, 86, 174, 182, 184, 146, 310, 185 Peronez-Hugoz, Jean Pierre , 168 Champollion , 180, 186, 187 Remeau, Levy , 86 Cirillo VI , 29, 51, 52, 56, 59, 82, 129, Roncaglia, Martiniano , 86 182 Sabbahi, Hamdin , 80

340

Sadat, Muhammad Anwar , 28, 33, 39, 127, 130, 131, 132, 136, 138, 141, 59, 61, 64, 65, 66, 67, 71, 75, 96, 144, 174, 183, 191, 192, 195, 196, 197, 104,113, 124, 131, 156, 162, 169, 170, 203, 204, 210, 223, 224, 225, 228, 179, 193, 215218, 219, 220, 223, 233, 251, 311 245 Sylvestre, Chaleur , 87, 176 Sadek, Ashraf , 186, 188, 194 Taha, Hussein , 182 Sadek, Hesham , 81 Takla, Layla , 236 Sadiq, Marius , 101 Tawadros II /Patriarca , 85, 98, 100, Sarkosy, Nicolas , 162, 195 204, 210, 226, 227, 230, 233, Sawiris, Naguib , 81, 107, 234 Voile, Brigitte , 88 Sidhom, Yusuf , 145, 223 Wafa Costantine , 151, 248, Sharaf, Essam , 39, 115, 150, 232292, Wakin, Edward , 89, 111, 112 Sheatata, Kamila , 248, 292 Wolf, Frank , 125, 145, 146 Shenuda III / Patriarca , 29, 50, 59, 60, Yusab II , 51 64, 65, 67, 72, 75, 76, 77, 79, 80, 81, Zagher, Kamal , 81, 82 82, 83, 84, 89, 96, 97, 104, 106, 107, Zaki Magdi, Sami , 109, 177 108, Zibawi, Mahmud , 88, 178,

341

INDICE DEI LUOGHI

Abissinia , 102 243, 244, 248, 250, 255, 256, 271, 275, Africa , 25, 29, 45, 46, 116, 149, 171, 277, 280, 301, 302, 307, 309, 310, 179 311, 312, 313, 314, 315, 316 Alessandria , 25, 38, 39, 59, 75, 79, 100, Emirati Arabi Uniti , 115, 119, 120 165, 180, 196, 255, 259, 291, 302 Europa , 27, 42, 46, 114, 116, 118, 133, Arabia Saudita , 66, 114, 117, 118, 120 140, 158, 159, 160, 161, 192, 193, Asia , 161, 171 197, 204, 246, 261, 311 Asw ān, 39, 66, 255, 256 Francia , 30, 32, 40, 44, 46, 48, 60, 113, Asy ūṭ, 75, 77, 81, 221, 259, 287 133, 140, 158, 159, 161, 167, 170, Austria , 116, 204 176, 185, 186, 187, 189, 191, 192, Ban ī Maz ār, 259 193, 194, 195, 196, 197, 198, 199, Ban ī Suyf , 251, 259, 261 200, 204, 206, 237, 239, 240, 246, Beaulieu , 197, 200 304, 312, Beirut , 314 Germania , 46, 83, 119, 130, 132, 204 Bisanzio , 25, 65, 178 Gerusalemme , 65, 87 Buhayra , 255 Giordania , 33, 114 Canada, 109, 101, 113, 114, 116, 117, Ğīza , 59, 65, 72, 130, 259 133, 152, 156, 347 Gran Bretagna , 27, 30, 31, 44, 104, Cairo , 23, 25, 27, 47, 59, 64, 66, 71, 72, 130, 152, 161, 192, 224 75, 80, 82, 84, 85, 87, 88, 93, 103, Helw ān, 250, 256 104, 106, 107, 111, 112, 116, 124, Herbignac , 197 130, 131, 133, 145, 147, 152, 165, Ile de France , 199, 200 169, 181, 194, 196, 221, 228, 237, Imb āba , 35, 41, 64, 127, 196, 248, 249, 256, 262, 263, 267, 271, 277, 279, 251, 253, 256, 262, 264, 265, 267, 280, 287, 291, 311, 270, 271, 272, 275, 276, 277, 279, Chateney-Malebry , 40 280, 287, 288, 289, 291, 293, 294, Cipro , 103 302, 304, 305, 306, Colombes , 199, 202, 203 Israele , 27, 33, 65, 66, 86, 103, 104, Dijon , 190, 197 142, 161, 255, 312, 314, 315 Egitto , 21, 25, 26, 27, 28, 31, 32, 33, 34, Italia , 46, 60, 91, 94, 192, 193, 197, 204 38, 39, 40, 41, 42, 43, 44, 45, 47, 48, 50, Jersey City , 130, 143 58, 60, 66, 75, 79, 84, 86, 87, 89, 93, 95, Kremlin-Bicetre , 202 97, 98, 100, 102, 103, 104, 105, 106, Kuweit , 34, 118, 119, 120, 130 107, 111, 112, 113, 114, 117, 123, 124, Labatut , 197 125, 126, 127, 128, 129, 131, 132, 133, Le-Revest-les-Eaux , 197 135, 137, 138, 140, 141, 142, 143, 144, Libia , 115, 140, 193, 145, 146, 147, 148, 149, 152, 156, 157, Londra , 42, 93, 159, 194 158, 159, 160, 161, 162, 163, 165, 169, Luxor , 259 172, 173, 175, 178, 179, 180, 181, 182, Lyon , 190, 199 185, 186, 187, 188, 189, 192, 193, 194, Manšiyat N āṣer , 250, 256, 268, 269 195, 196, 197, 200, 202, 203, 206, 208, Marseille , 199 209, 211, 218, 223, 228, 231, 235, 236, Medio Oriente , 21, 31, 32, 41, 84, 102, 238, 239, 241, 111, 112, 125, 149, 154, 314

342

Melbourne , 154 Roma , 21, 42, 65, 204 Minya , 64, 75, 130, 257, 259, 261 Russia , 32, 159, 312 Montpeyroux , 197 Saint Ouen , 199 Munufiya , 255 Sarcelles , 197, 200 Muqa ṭṭ am , 80, 84, 106, 250, 263, 291, Stati Uniti , 30, 31, 32, 33, 34, 44, 46, 292 65, 67, 84, 90, 100, 113, 114, 116, Nāğī Hamm ādī, 35, 257 117, 118, 124, 125, 129, 133, 136, Nancy , 195 145, 148, 152, 156, 195, 246, 261, Nanterre , 187 262, 308, 311, 312, 316 New York , 143, 144, 146, 151, 154, Strasbourg , 199 237, 308 Shubr ā, 59, 130, 223, 268, 269, Nice , 199 Suez , 161, 192, 312 Nimes , 197 Ta ḥrīr (piazza) , 43, 47, 80, 234, 239, Orleans , 197 241, 251, 268, 291, 294 Parigi , 21, 23, 42, 50, 87, 126, 181, 182, Unione Sovietica , 65, 66 183, 186, 194, 195, 196, 201, 237 Villejuif , 40, 199, 202, 204 Pau , 197 Wādī Natr ūn, 59, 65, 75, 125, Qalyubia , 255 Washington , 34, 99, 104, 109, 126, 134, Qatar , 119, 120 144, 152, Rafah, 259 Zurigo , 129, 151

343

INDICE DEI LUOGHI

Abissinia , 111 122, 124, 125, 136, 138, 143, 145, Africa , 22, 26, 41, 42, 107, 140, 162, 156, 160, 167, 171, 172, 186, 188, 170, 316, 324, 345 213, 215, 220, 228, 248, 256, 261, Alessandria , 22, 34, 35, 55, 67, 71, 265, 271, 273, 275, 281, 285, 305, 91, 156, 171, 188, 247, 251, 285, 314, 315, 316, 317, 318, 321, 322, 296 324, 346, 361 Arabia Saudita , 105, 108, 109, 111, Canada , 92, 100, 104, 107, 108, 121, 131, 339, 360 124, 143, 147 Asw ān, 35, 60, 247, 248, 329 Chateney-Malebry , 36 Asy ūṭ, 55, 57, 67, 69, 73, 213, 241, Cipro , 94 251, 281 Colombes , 192, 195, 196 Austria , 107, 197 Dijon , 182, 189 Ban ī Suyf , 251, 253 Egitto , 5, 7, 8, 9, 12, 18, 22, 23, 24, Beaulieu , 189, 193 25, 26, 28, 29, 30, 31, 32, 34, 35, Beirut , 308 36, 37, 38, 39, 40, 41, 42, 43, 44, Bisanzio , 22, 59, 169 47, 48, 52, 54, 55, 56, 58, 59, 60, Buhayra , 247 61, 63, 65, 67, 71, 72, 75, 76, 77, Cairo , 11, 20, 22, 24, 26, 38, 39, 41, 78, 80, 81, 84, 85, 86, 88, 89, 91, 42, 43, 49, 55, 58, 59, 61, 63, 65, 93, 95, 97, 98, 100, 101, 102, 103, 67, 72, 74, 76, 77, 79, 80, 84, 94, 104, 105, 108, 109, 110, 114, 115, 97, 98, 102, 103, 107, 115, 121, 116, 117, 118, 119, 120, 121, 122,

344

123, 124, 125, 126, 127, 128, 129, Israele , 24, 29, 30, 59, 60, 78, 94, 131, 133, 134, 135, 136, 137, 138, 133, 152, 247, 306, 308, 309 139, 140, 141, 142, 143, 144, 145, Italia , 42, 56, 85, 184, 185, 197 146, 147, 148, 149, 150, 151, 152, Jersey City , 121, 134 153, 154, 155, 156, 159, 160, 161, Kremlin-Bicetre , 195 162, 163, 164, 166, 167, 168, 169, Kuweit, 31, 109, 110, 111, 121, 360 170, 171, 172, 173, 174, 175, 177, Labatut , 189 178, 179, 180, 181, 182, 184, 186, Le-Revest-les-Eaux , 189 187, 188, 189, 192, 193, 195, 196, Libia , 106, 131, 185 199, 200, 201, 203, 206, 207, 208, Londra , 38, 59, 60, 84, 103, 128, 141, 209, 210, 211, 212, 215, 216, 219, 150, 186, 243, 315, 319, 320, 325 220, 221, 222, 226, 227, 230, 231, Luxor , 251 232, 233, 235, 236, 238, 239, 241, Lyon , 182, 192 242, 247, 248, 252, 255, 264, 269, Manšiyat N āṣer , 248, 263 271, 274, 275, 289, 295, 296, 299, Marseille , 207, 319 300, 301, 302, 304, 305, 306, 307, Medio Oriente , 18, 28, 29, 37, 76, 80, 308, 309, 310, 313, 314, 315, 316, 93, 102, 103, 116, 140, 145, 308, 317, 318, 319, 320, 321, 322, 323, 357 324, 325, 327, 328, 329, 330, 331, Melbourne , 145 332, 338, 339, 340, 342, 343, 344, Minya , 59, 67, 121, 249, 251, 253 345, 346, 349, 350, 357, 358, 360, Montpeyroux , 189 363, 365, 368 Munufiya , 247 Emirati Arabi Uniti , 106, 110, 111 Muqa ṭṭ am , 72, 76, 97, 241, 256, 285, Europa, 24, 38, 42, 105, 107, 108, 286 109, 124, 131, 151, 152, 184, 189, Nāğī Hamm ādī, 32, 249 197, 238, 255, 305 Nancy , 189 Francia , 9, 11, 16, 27, 29, 36, 40, 42, Nanterre , 187 44, 56, 104, 110, 124, 131, 149, New York , 24, 28, 60, 81, 92, 102, 150, 151, 152, 158, 161, 167, 177, 107, 121, 134, 135, 136, 137, 142, 178, 179, 181, 183, 184, 185, 186, 145, 160, 228, 301, 308, 315, 316, 187, 189, 190, 192, 193, 197, 199, 320, 322, 325, 326, 333 230, 231, 237, 298, 306 Nice , 192 Germania , 42, 75, 110, 121, 123, 197 Nimes , 189 Gerusalemme , 59, 78, 317 Orleans , 189 Giordania , 30, 105 Parigi , 3, 15, 18, 20, 25, 28, 38, 40, Ğīza , 55, 60, 64, 121, 251 42, 47, 49, 59, 78, 79, 80, 100, 115, Gran Bretagna , 24, 27, 29, 40, 95, 116, 117, 130, 132, 150, 152, 153, 121, 143, 150, 152, 184, 197, 216, 160, 161, 162, 164, 166, 167, 168, 306, 310, 342, 358 169, 172, 173, 175, 178, 179, 181, Helw ān, 241, 248 182, 183, 184, 186, 187, 188, 189, Herbignac , 189 192, 194, 197, 198, 212, 229, 248, Ile de France , 192, 193 313, 314, 315, 316, 318, 319, 320, Imb āba , 11, 12, 15, 32, 37, 58, 118, 321, 322, 323, 324, 325, 326, 346, 188, 239, 240, 242, 244, 248, 256, 347, 353, 356, 357, 359 258, 259, 261, 264, 265, 269, 270, Pau , 18, 20, 189 271, 273, 275, 281, 282, 283, 285, Qalyubia , 247 287, 288, 296, 298, 299, 300, 332, Qatar , 110, 111 386 Roma , 18, 38, 59, 197

345

Russia , 29, 150, 306 Shubr ā, 58, 121, 262 Saint Ouen , 192 Suez , 152, 184, 306 Sarcelles , 189, 193 Ta ḥrīr, 12, 43, 72, 225, 231, 233, Stati Uniti , 26, 27, 29, 30, 40, 42, 61, 242, 262, 361 76, 81, 94, 104, 107, 108, 109, 111, Unione Sovietica , 59, 60 115, 116, 118, 120, 121, 124, 127, Villejuif , 36, 192, 193, 195, 196, 197 131, 136, 137, 138, 139, 143, 145, Wādī Natr ūn, 55, 59, 67, 116 147, 187, 236, 238, 253, 255, 302, Washington , 31, 90, 95, 100, 116, 305, 306, 307, 309, 310, 320, 325, 117, 125, 135, 143, 255, 317, 323, 358, 361 324 Strasbourg , 192 Zurigo , 120, 142, 210, 319

346

ANNESSO 1 – I COPTI DEL MAH ĞR

1.LE ASSOCIAZIONI MIILITANTI PER LA CAUSA COPTA NEL MAH ĞR

Queste non sono che le principali associazioni dei militanti copti emigrati. Se ne è scelta una per ogni paese, ad eccezione della Gran Bretagna in cui vengono presentate due organizzazioni per la peculiarità di una delle due. Da notare il riferimento faraonico dei loro loghi.

CANADIAN COPTIC ASSOCIATION

Organizzazione indipendente dalla Chiesa, la Canadian Coptic Association è stata la prima associazione copta ad essere stata fondata nel il 2 febbraio del 1969. Il fondatore è il dottor Salim Naguib avvocato nei tribunali canadesi in ambito di diritto personale dal 1979 e autore della tesi menzionata nel capitolo 3 dai toni estremizzanti. L’associazione pubblicava anche una rivista cartacea trimestrale “La rivista del messaggio copto”. Pubblicazione che cessò nel 1974 per mancanza di fondi. Riprese nel febbraio del 1998 grazie all’aumento del numero degli emigrati e quindi di contribuenti. Attualmente il sito web presenta informazioni relative all’Egitto, al mondo e in particolare ai cristiani.

347

AMERICAN COPTIC ASSOCIATION

Fondata a Jersy City nel 1973 da Shuki Karas che viene considerato “the father of Coptic Movements in the Diaspora”. Morto nel 2004 ne assume la presidenze Milad Iskander.

Sui motivi che spinsero il copto Karas a formare l’associazione, egli stesso afferma: “il motivo principale della formazione dell’organizzazione fu la mia visita in Egitto quando fui testimone degli episodi di Khanka. La politica di Sadat è stata chiaramente la più dannosa per le relazioni tra musulmani e copti. Si temeva che lui stesso fosse un membro dei Fratelli Musulmani. Aveva autorizzato l’Arabia Saudita ad essere il nuovo segretario generale dell’organizzazione islamica, la quale avrebbe convertito i copti d’Egitto all’Islam in dieci anni. I tre nemici dell’Islam erano il sionismo, il comunismo e il cristianesimo.

Vi è anche il sito Copt United, uno dei migliori a raccogliere le informazioni relative ai copti in tutto il mondo

348

UK COPTS

Si tratta dell’organizzazione fondata nel 1974 da Helmy Guirguis, il terzo pilastro del militantismo copto, insieme ai già citati Shuki Karas (USA) e Selim Naguib (Canada). Dottore specializzato in ortopedia, Helmy Guirguis emigra in Gran Bretagna negli anni ’70 ove si dedicherà alla causa copta “till his last breath”, come si legge nel sito dell’associazione.

Nel suddetto sito si trova anche un elenco di rivendicazioni molto dettagliate e precise circa i copti in Egitto, che qui riportiamo per poi commentare:

Copts (Christians of Egypt) are not asking for special treatment to compensate for centuries of discrimination and persecution. They are only asking for equality. They don’t want anything more, and they will not settle for anything less. It is hard to believe that, at the turn of the 21st century, equality to Copts remains a luxury they still dream of. This at a time when the rest of the civilized world considers equality a birth right to be taken for granted:

1- Copts want the antiquated 19th Century Hamayouni decree be abolished. It is inconceivable to require that the president of Egypt must approve permits to build a church. Mosques in Egypt are being built with no restrictions.

349

2- Copts ask for the unified law for the building of houses of worship to see the light of day. The bill has been in drawers of the Egyptian Parliament for the last fifteen years.

3- Copts demand the removal of the second Article in the Constitution stipulating “That Islam Is the National Religion” and “Islamic Sharia is the main source of legislation”. These articles do not render justice or respect to 12-15 Million Copts. Egypt will prosper under a secular system that separates Religion from the State. Right now Egypt is more of a religious state than civic.

4- Copts demand immediate removal of the Coptic File from the State Security and State Intelligence Authority reporting directly to the President Office. Coptic File should be handled directly by government agencies and not by State Security and State Intelligence.

5- Copts want equal air time on the government controlled TV and Radio stations to broadcast there belief to their people. The 12-15 million Copts living in Egypt pay for the TV and Radio from their tax money and they should have time allocated for broadcasting.

6- Copts want an end to forced conversion of Christian girls, who are kidnapped and raped by Muslim extremists. There are reports of police protection given to the abductors.

7- Copts want all Egyptian citizens to have the freedom of belief, including the freedom to change one’s religion. Christians are welcomed to convert to Islam, so Muslims should be free to convert to Christianity, if they so choose. Those converts are usually subjected to imprisonment and torture.

8- Copts want religious affiliation be removed from national ID cards, job applications,.etc…so Christians could not be identified and discriminated against.

9- Copts want educational curriculums to be revised to guarantee that they do not contain any denigrating references to Christians and Christianity, but to encourage

350 students to accept and respect each other. Mandatory courses in human rights in all public schools is strongly recommended.

10- Copts want the Government controlled media to refrain from conducting a campaign of hate against Christians, labeling them as infidels, thus creating a climate of intolerance, in which attacks against the Copts can be easily propagated. The media should also allow Coptic programs to be aired.

11- Copts want an end to discrimination in job appointments and promotions. Very few Christians are appointed to key jobs such as ministers, or other government officials. At the present time there are no Christian governors, mayors, chief of police, president of City council or college deans in Egypt.

12-Copts want an end to discrimination in government controlled school admission against Christian students. Very few Christians are admitted to the police academy, military schools. Very few Christians are appointed to teaching assistance positions in all medical collages, pharmaceutical collages, engineering collages and all top education collages.

13- Copts demand justice to be served against murderers, robbers, kidnappers, rapists and terrorists. Egypt is obliged to respect and apply all Human Rights covenant signed since 1981. Egypt refused until now to sign the optional Protocol to the International covenant on civil and political Rights.

14-Copts want certain mechanism to be established to create an adequate representation for them in the Egyptian parliament. One suggestion is to have certain areas be closed to Coptic candidates only. Political exclusion of Copts must stop. The governing national party does not include any Copts in their list of candidates to the parliament.

15-Copts want to be treated with honor and dignity inside Police Departments and in the Sermons of Muslim Sheiks in Mosques…etc. There is no justification for humiliating somebody just because he is different in religion.

351

16-Copts want to see an end to the religious discrimination that prevails at all levels of the Egyptian educational system, especially in hiring of teachers and professors, and unfair grading practices aimed at Christian students.

17-Copts want their history, language, and culture be taught in schools and colleges in Egypt where their sons and daughters attend.

18-Copts want to feel that the president of Egypt is a president for both Muslims and Copts. They want him to care for them and address their concerns. They want him to meet with their religious leadership, and perhaps pay visits to their churches, something other presidents used to do, but he has never done. This, no doubt, will break down walls of mistrust, and build bridges of tolerance and harmony between Muslims and Christians.

19-Copts want to be allowed to enroll in all schools, which are publicly funded, such as Al-Azhar University, police and military academies, without any restrictions. At present time there is a 2-3% maximum place on Coptic enrollment to police and military academies, and this percentage is not even met by actual enrollment.

352

Commento alle rivendicazioni (tra parentesi quadre) della UK Coptic Association.

La presente lista di rivendicazioni puntuali ci permette di chiarire alcuni aspetti della relazione esistente tra il discorso dei militanti emigrati e i copti in Egitto. La maggior parte delle rivendicazioni rivolte contro il governo sono, in realtà, legate al potere della Chiesa e al suo monopolio dell’attività politica.

[10 -11] L’assenza di copti in Parlamento, ad esempio, è dovuta in primis, al divieto imposto dal Patriarca di esercitare qualsiasi attività politica. Si ricordi il caso del politico Gamal As’ad che si vide negato l’accesso ad un monastero per la sua attività politica (p.80). Altrettanta responsabilità della Chiesa, la gestione dei canali televisivi cristiani: il progressivo declino della visibilità copta nei media nazionali è dovuto a una tendenza dei media copti a limitare il campo dei lettori ad una sfera copta (Iskander, 2012). Inoltre, a partire dagli anni ’90 con la rivoluzione mediatica dovuta ad internet e alle televisioni satellitari, sono nati molti canali religiosi, tra cui cristiani. Tra questi: Agaphy TV (canale ufficiale della Chiesa Copta Ortodossa), al-Hayat (dai toni estremisti anti- islamici), CTV, ATV Sat.

[3 - 6 – 7 -8- ] Si è parlato all’interno del secondo capitolo circa le conversioni di ragazze cristiane e di quanto le notizie diffuse al riguardo dai militanti copti emigrati non corrispondano esattamente a quanto accade in Egitto, dove la prima causa di conversione tra le donne copte è dovuta al fatto che lo statuto personale ortodosso sia più conservatore rispetto a quello musulmano, soptattutto in tema di divorzio: una donna musulmana può divorziare mentre una donna copta no e pertanto, per accedervi, cambia religione. Il controllo sullo statuto personale da parte della Chiesa è una delle ragioni principali per cui la casta ecclesiastica, specie quella più estremista, non vuole che la religione perda voce in capitolo nella Costituzione in nome della “cittadinanza civile” ( madaniyya ). Si veda la parte inerente all’articolo 2 del quarto capitolo. Segue che la Chiesa è contraria alla rimozione dell’appartenenza religiosa sulla carta d’identità. Per entrare nella Cattedrale di Abasiyya, ad esempio, viene chiesto il documento d’identità o la croce tatuata sul polso.

[1 -2] Per quanto riguarda il codice Hatta Humyuni, questi è uno dei punti di maggior dibattito nonchè presunta fonte di buona parte di quei casi di violenza “confessionali”. Il codice, risalente alla legislazione ottomana, prevede la richiesta al Presidente della Repubblica per l’ampliamento o la costruzione di nuove chiese. Pertanto, mentre i musulmani non hanno alcuna restrizione, i cristiani si. Alla base di molti scontri vi è proprio la reazione da parte di musulmani per l’aver adibito edifici private in chiese o averne costruite delle nuove senza permesso. Il tema è estremamente complesso e fonte di dibattito costituzionale, specie nella fase post Mubarak. Rifiutate dalla Chiesa le proposte di legge elaborate nel 2011, la nuova proposta del novembre 2014 è passata nella prima fase di discussione al Parlamento ed è in attesa di essere approvata.

[13-14-15-16-17] Alcune delle rivendicazioni rivestite di una veste confessionale riguardano, in realtà, tutti gli egiziani. Ad esempio, la richiesta di curricula scolastici più oggettivi e meno finalizzati alla legittimazione del regime è una delle tante rivendicazioni avanzate da movimenti e associazioni della società civile contro il regime. Per non parlare della faziosità dell’insegnamento nelle scuole copte gestite dalla Chiesa. La rivendicazione dell’insegnamento della lingua copta è un’altro esempio dell’estremizzazione del loro discorso, visto che si tratta di

353 una lingua non più parlata ormai da secoli. E se si chiede rispetto nei sermoni nelle moschee, esempio, il demonio ha sempre nomi musulmani.

[18] Si è ripetutamente parlato della collaborazione del patriarca Shenuda con il presidente Mubarak. E non sono mancate occasioni di incontri e visite. Il generale al-Sisi si spinge oltre, attendendo per la prima volta alla messa di Natale nella Cattedrale di Abasiyya nel gennaio del 2015.

[19] Al-Azhar è un’università pubblica e l’ammissione è riservata ai soli musulmani. La Chiesa anche riceve finanziamenti statali ed è riservata ai soli cristiani. Per quanto riguarda le accademie militari, stabilire quanti copti ci siano è praticamente impossibili, considerando le difficoltà nello stabilire il numero stesso di cristiani in Egitto. Non si vuole negare una discriminazione, ma neanche confermare che vi sia: nessun dato o studio al proposito è stato trovato.

BRITISH COPTIC ASSOCIATION

La peculiarità di questa associazione, oltre al fatto di essere nata come distaccamento dell’Associazione copta d’Europa nel 1996, è quella di avere un presidente non egiziano.

È iniziata come parte dell’associazione copta d’europa poi venne creata l’organizzazione vopta internazionale. Il regolamento vbbe stabilito el 1996 sulla base di alcuni copti negli Stati Uniti e .... al servizio dei copti in egitto e alcuni copti del sudan. Per la prima volta che un presidente non è egiziano. Egli è membro del

354 consiglio delle importazioni britannico, il signor david ton, conscosciuto per la difesa dei diritti umani in generale e dei copti nello specifico. David ton ha visitato l’egitto a fine anni 80 un suo reportage su... dei copti in egitto. Solo che presidente dell’organizzazione era hilmy guirguis e dirigeva l’organizzazione su impronta della chiesa, mentre voleva una organizzazione laica. Quelli che difendeva erano i diritti civili…

We are a group of the sons and daughters of the Coptic community in UK. We are busy professional people not politicians. We have been aggrieved by the injustice befallen on our Coptic people in our Motherland Egypt. Persuasion of the Egyptian government to reverse the injustice and to treat all citizins equally. Moral and financial support to the Coptic victims. And promotion of constructive dialogue with the Egyptian government agencies and moderate Muslims.

The aims are:

1-To raise the profile of the discrimination/persecution of Copts in their home land.

2-To provide moral, legal, financial support or any other form of legitimate support to the Copts who suffer discrimination, and/or persecution as deemed necessary.

3-To disseminate information to individuals, governments agencies, Human Rights organisations and any other interested legitimate parties as need arises.

4-To co operate with other Coptic, non-Coptic Human Rights and Christian and non Christian organisations to help achieve the above aims.

5-To provide moral, legal financial or otherwise support to Copts refugees in UK and asylum seekers in UK.

355

6-To achieve all above aims by peaceful means and the Christian moral code is the guide to our conduct.

AUSTRALIAN COPTIC MOVEMENT ASSOCIATION

Associazione presieduta da Samuel Fahed, come continuazione dell’opera iniziata dall’avvocato Ramses Gibrawi e dal Dr. Makin Marqus. L’associazione pubblicava anche una rivista cartacea trimestrale “Il messaggio copto”. Pubblicazione che cessò nel 1974 per mancanza di fondi. Riprese nel febbraio 1998 quando, con l’aumento degli emigrati nel paese, aumentò il numero dei contribuenti. Il sito, come negli altri casi, è una fonte di informazioni sull’attualità dei copti, che vengono così presentati:

The Copts are the native people of Egypt. With their ancestral links dating as far back as the Pharaonic era, the Copts are renowned for being a major ethno religious community meaning they are not only one ethnic makeup but also share a common religion. A majority of Copts adhere to the beliefs of the Coptic Orthodox Church, one of the world’s oldest Christian denominations which began after the arrival of St Mark the Apostle in the first half of the first century AD. Copts do however also belong to the congregations of several other Christian congregations, including the Coptic Catholic, Maronite, Pentecostal, Evangelicals and Anglican Churches.

356

The Copts make up the largest minority group in the MENA region (Middle East and North Africa). Whether from an ethnic or religious perspective, the Copts have been subject to persecution since the Arab invasion into Egypt around 600AD – 700AD.

As a result of the direct persecution, destitution and discrimination against the Coptic population in Egypt, Copts have emigrated from Egypt and settled in countries all over the world, with a diaspora now existent in more than 50 countries and over 700 cities. 659

ASSOCIATION COPTE DE FRANCE

Fondata nel 1992 da Adel Gorghy che ne resta il presidente fino al 2007. La modalità d’azione dell’associazione non è regolare, ma va in risposta agli eventi in Egitto. Il 29 aprile 2006, ad esempio, organizzarono una manifestazione a seguito dell’attacco delle chiese copte ad Alessanria; il 2 giugno 2007, dopo un’agressione contro una chiesa nel villaggio di Bamba (a Sud del Cairo) del’11 maggio. Le manifestazioni generalmente si fanno davanti all’ambasciata d’Egitto a Parigi.

Altre attività che organizza l’associazione sono incontri tra intellettuali copti e autorità francesi per promuovere la cultura copta. A titolo di esempio:

659 http://www.auscma.com/2013/02/who-are-the-copts/

357

- 29 novembre 2003 (l’Assemble Nationale, Paris) - "Les Coptes dans l’histoire de France" sous le haut patronage de Mr Patrick Bloche (Député de Paris). Entre les : Ashraf Sadek (Égyptologue), Pierre Boz (Exarque Patriarcal), Jean Lacouture (Écrivain), Magued Hanna (Chercheur à Athènes), Nabil Sourour (Journaliste). - 5 mai 2006 (Hotel de Ville, Paris)- "Les Coptes : un combat pour les droits de l’homme", sous le patronage de Mr Patrick Bloche (Député de Paris, Président du Groupe Socialiste et Radical de Gauche au Conseil de Paris). Entre les intervenants : Lucy Nairac - Conseillère de Christine Boutin (Député des Yvelines) ; Adel Guindy – Écrivain ; Ashraf Sadek – Égyptologue ; William Sidrak - Vice-Président de l’Association des Coptes de France ; Ephrem Isa Yousif – Doctorat en Philosophie et Civilisation. - 14 septembre 2001, (UNESCO) – Soirée titrée le "NIL ÉTERNEL" (musiques, chants, poésies du temps des Pharaons à nos jours), sous le patronage de Patrick Bloche, Patrick Devedjian (Député Maire d’Antony), Mme Marie-Hélène Rutschoescaya (Conservatrice en chef chargée de la Section Copte département des Antiquités Égyptienne du Musée du Louvre).

2. LA BANDIERA COPTA

Dalla pagina web del blog Free Copts http://freecopts.blogspot.com.es/2005/12/coptic-flag-meanings-and-colors.html

358

Crée par des activistes coptes soit en égypt. soit dans la Diaspora, la banderole souligne l'identité égyptienne et chrétienne des Coptes.

It is well known that any group has the right to create an emblem or a that represents it and which would be its window on the world. Examples of such in the Middle East include the emblem of the Muslim Brotherhood (two swords surrounding the Koran), and the flag of the Lebanese phalanges (a circle surrounding a green cedar tree). Furthermore, there is the flag of the Lebanese Hezbollah or the flag of the Assyrian minority, which flies side by side with the ‘Ir āqi flag at the Assyrian churches. It is thus noteworthy that do not call for isolation from their surrounding entities, but rather represent certain components of these surroundings. Therefore, in view of the above examples, the suspicion of national betrayal or sectarian isolation that some might raise as we talk about the Coptic flag would be groundless, particularly in light of the fact that the number of Copts worldwide (more than ten millions) surpasses that of entire countries.

The Motive behind the Coptic Flag:

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It is indubitable that Copts have taken too long to voice their opposition to many aspects of the Egyptian political life. One of the things that bother Copts the most is the actual Egyptian flag, and that in turn is due to many reasons. First are its colors that closely resemble those of other Arabic-speaking countries, then there is this odd insistence to add the word Arab next to Egypt’s name, as if to distinguish between an Arab Egypt and one that is not. In this respect, taking into consideration that Copts are Egyptians and not Arabs, the current Egyptian flag represents an alienation of the Egyptian Christian minority in its homeland. Nevertheless, in view of the Copts’ nationalism and their attachment to their country, and from the standpoint of respecting the opinion of the majority of the Egyptians who might consider Egypt to be an Arab country, we as Copts are called upon to respect the current flag of Egypt as a representation of our Land, in spite of our disagreement with what it represents. Therefore, we found that the best solution for this dilemma is designing a Coptic flag that represents us and highlights our non-Arab identity. This flag would be used by the Copts alongside the official Egyptian flag. In that way we would have reconciled our pride of our Coptic identity, our allegiance to our beloved Egypt, and our respect for the opinion of the majority of our Egyptian Muslim brothers.

The Coptic Flag:

The Coptic Flag consists of two main components: a blue cross and a colorful coat of arms. 1. The cross represents Christianity, the religion of the Copts. The blue color of he cross stems from the blueness of the Egyptian sky and water. It also reminds the Copts of their persecution, when the Arab rulers and tyrants forced their ancestors to wear heavy crosses around their necks until their neck bones became blue.

360

2. The top of the coat of arms is decorated with some crosses, which refer to the Christianity of the Copts, intertwined with lotus flowers, which refer to their Egyptian identity. The three main crosses are Coptic crosses, for they are made of four arms equal in length, each of which is crossed by a shorter arm. Those crosses are different in that respect from the more conventional crosses that possess three short arms on top of one longer arm. The lotus flower, also known as the Egyptian Water Lily Nymphaea lotus, is one of Ancient Egypt’s most famous flowers. It used to represent creation and resurrection, for it closes during the night and disappears under water, then resurfaces and opens at dawn. A creation myth from Ancient Egypt states that the first thing to have been born from the watery chaos of the beginning of time was a giant lotus flower, which, on the first day of creation, gave birth to the sun. The black background behind the ornaments is a symbol of Kimi or Kemet, the Egyptian name of Egypt, which means the black land. Ancient Egyptians gave their country this name since the waters of the used to bring black African soil during the inundation season and deposit it on the banks of the Nile, thus fertilizing them. The contrast between the yellow and the black is a symbol of the Copts’ Christian faith and Egyptian identity that still shine amid the darkness of the persecutions they have been suffering over the centuries. Beneath these ornaments is a green line in the Middle of the coat of arms, which represents the Nile Valley. Around it are two yellow lines that symbolize the Eastern and Western Deserts of Egypt. These two lines are in turn flanked by two blue lines that represent the Mediterranean Sea and the Red Sea that surround Egypt. Finally, these lines are

361 separated by red lines symbolizing the Coptic blood, which has been shed all over Egypt since Egyptians adopted Christianity and until today.

362

3.La nazione copta (freecopts)

363

4. Volantino distribuito in una manifestazione di copti a Parigi a.

364 b.

365

366

ANNESSO 2 – LA DAWLA MADANIYYA NELL’ISLAM

1.Laicismo, secolarizzazione e Islam

Le pouvoir qu’un prophète exerce sur son peuple est de nature spirituelle et nait de la foi qu’il acquiert dans les cœurs. La soumission au pouvoir est parfaitement sincère et entraîne la soumission des corps. Le pouvoir du prince, lui, est de nature matérielle; il aboutit á la soumission du corps sans qu’aucun contact ne soit établi avec les cœurs. Le premier vise á diriger les hommes dans la voie juste et á les initier au Vrai, le second porte sur la gestion des services vitaux de la communauté et sur l’occupation des terres. L’un cherche á établir la religion, l’autre à servir les intérêts de ce monde. L’un est spirituelle et religieuse, l’autre œuvre purement séculière. Combien sont-ils éloignés l’un de l’autre! Que de distance entre politique et religion! 660

Queste le parole con cui Abderaziq ( 1888-1966 ) spiega che l’esperienza di Muhammad, ritenuta da molti l’esempio dell’unione tra religione e politica, era ben lontanta dall’essere un’esperienza politica considerato quanto fosse relazionata con la sua missione profetica. Da ció deriva che alla sua morte, la missione stessa finisce e nessun uomo, inoltre, possa prendere il suo posto dal momento che una missione profetica non si può tramandare. Il potere diviene, pertanto, a tutti gli effetti laico e completamente disgiunto dalla trasmissione del messaggio divino. Una conclusione del tutto innovativa nell’ambiente dei teologi-giusisti musulmani della sua epoca, specie se provenienti da al-Azhar come lui 661 . Pur partendo dalla considerazione che l’autoritá di Muhammad si servisse della rivelazione nella classica accezione della religione in quanto instrumentum regni e non viceversa come si basa l’autore, 662 l’importanza della tesi e delle argomentazioni

660 Versione francese dell’opera di Abderraziq A., L’islam et les fondaments du povoir, Éditions La Découverte, Parigi, 1994, p. 119. 661 Dopo gli studi classici entra a far parte dei teologi-giuristi si al-Azhar, incaricati di difendere l’ortodossia e l’ordine sociale islamico. Frequenta, tuttavia, anche l’università, diventerà uno dei più ferventi esponenti del riformismo islamico. 662 Figlio del capo della tribú dei Qurayš, le predicazioni di Muhammad si situano in un momento in cui si stavano producendo degli importanti mutamenti nel seno dell’ordine tribale dell’Arabia. A causa

367 presenti nel trattato di Abdaraziq ne fanno un punto di riferimento imprescindibile per l’evoluzione concettuale della problematica scaturita dal delicato rapporto islam - laicismo. Problematica fortemente presente da piú di un secolo, quando la penetrazione invasiva degli Europei in Medio Oriente a partire dalla seconda metá del XIX secolo produsse un contatto diretto con un modello politico, e non solo, completamente diverso e soprattutto “vincente”. Ció produsse due ordini di conseguenze, una pratica e una, se si vuole, piú concettuale. Da un lato, infatti, si avviarono processi di modernizzazione e secolarizzazione della struttura statale che iniziarono con l’esperienza di Muhammad Ali (1805-1848) il padre dell’Egitto moderno nonché “il primo vero laïciste del mondo arabo” 663 e culminarono con la proclamazione della fine del califfato nel 1923 e la nascita della repubblica laica turca. Dall’altro si rivitalizzó il dibattito sulle forme di governo nell’Islam alla luce di nuovi concetti quali secolarismo e laicitá. Identificati inizialmente con il termine la diniyya (non-religioso), alla fine del XIX secolo venne coniato un nuovo termine ‘almaniyya che apparse per la prima volta nel dizionario Muh īt al-Muh īt di Butrus al Bustani; formato dalla parola ‘alm (mondo) esso è molto piú vicino al concetto di secolarismo che non a quello di laicitá, tradotto o dal neologismo ‘ilmaniyya, dalla parola ‘ilm (conoscenza, spirito razionale) o, per evitare confusione (‘almaniyya- ‘ilmaniyya) dal calco lāykiyya (ma con una chiara accezione peggiorativa). Scelte linguistiche che, come fa notare Ansari, non sono prive di considerevoli ripercussioni ideologiche a lungo termine. Il termine ladiniyya ha lasciato in ereditá ai due neologismi, l’accezione di “irreligiositá” dovuta alla stretta traduzione letterale (non- religioso). Secolare, per gli islamisti e per la maggior parte dei musulmani in generale, diventa sinonimo di un modello in cui si rifiuta la religione e in concreto,

delle guerre tra bizantini e sassanidi, le rotte del commercio carovaniero si erano spostare verso la regione dell’Hijaz dove la tribu dei Qurayš aveva giocato un ruolo fondamentale nell’unificazione delle tribù, secondo le necessità del commercio carovaniero appunto. Unificazione che aveva avuto come conseguenza collaterale la generazione di disparità e il degrado della tradizionale solidarietà tribale. Cfr. Ferjani M.C., Le politique et le religieux dans le champ islamique , Fayard, Parigi, 2005, pp. 47-48. 663 Cosí lo definisce Zakariya, pur specificando che si tratta di un laicismo “puramente pratico”, dal momento che si esprimeva in domini ben specifici (amministrazione, economia, insegnamento) e non era basato su una dottrina. Cfr. Zakariya F., Laïcité ou islamisme. Les arabes à l’heure du choix, La Découverte, Parigi, 1991, p. 15

368 l’ordine morale e sociale derivato dall’Islam, per un modello materialista occidentale. Un malinteso risultato particolarmente efficace per alimentare quello che Boroujedi definisce “orientalismo all’inverso”, alla base delle rivendicazioni dell’Islam politico. L’orientalismo all’inverso, frutto anch’esso del colonialismo, usa paradossalmente gli stessi strumenti e principi dell’orientalismo, facendo dell’ ”occidente” il punto di riferimento attraverso cui definire se stessi. Da qui, la convinzione che per creare un contro-modello della modernitá bisogna necessariamente rimanere all’interno dei confini dell’Islam. Un malinteso, inoltre, che non solo devia dal significato appropriato di secolare, quanto dalla situazione concreta dei paesi musulmani in questione.

La secolarizzazione, dal vocabolo latino seacolum (mondo), è un concetto nato in ambito protestante per indicare l’espropriazione dei beni ecclesiastici. In senso lato il termine finisce per assumere il significato di desacralizzazione del mondo, ovvero la perdita dell’influenza religiosa. È un movimento prettamente sociale che puó giungere ad influenzare anche il politico, con una secolarizzazione sempre maggiore dello Stato, ma non necessariamente in termini di netta separazione tra sfera politica e religiosa; concetto peraltro del tutto estraneo in ambito protestante e che rimanda ad una esperienza specifica e determinata che è quella francese, con l’affermazione del laicismo, ovvero della separazione definitiva della Chiesa e dello Stato, dopo un lungo periodo di scontro. Tanto che un paese puó essere secolare ma non laico, come appunto l’Inghilterra, o laico ma riconoscere il ruolo della religione nella sfera pubblica, come ad esempio gli Stati Uniti.

Alla luce di questa sommaria delucidazione, risulta che nel mondo musulmano non solo il laicismo non risulta possibile per l’assenza degli elementi fondamentali che lo determinano, ossia uno Stato sacralizzato, quale poteva essere l’imperatore, e una istituzione ecclesiale centralizzata qual’è la Chiesa, personalizzata nella figura del Papa; ma che il potere nel mondo musulmano sia stato, di fatto, sempre secolare e mai sacralizzato. Non lo è di certo il Baa ṯ in Siria o in Tunisia, ne tanto meno il FNL in Algeria o l’esercito in Egitto, modelli politici (partito unico e presidente a vita) improntati ai fascismi europei o ai socialismi del terzo-mondo, ben lontani dal

369

Corano e dalla tradizione del Profeta. 664 Cosi come non lo erano i califfi della dinastia Omayyade o Abasside succeduti ai quattro califfi ben guidati, subito dopo quella che viene considerata l’ “epoca d’oro” dell’Islam. Senza entrare nella polemica dell’attendibilitá o meno di questo idilio dell’epoca d’oro, 665 ció che è interessante sottolineare è l’innovazione prodotta nel ruolo del califfo dal nuovo sistema politico instaurato da queste monarchie ereditarie che, pur mantenendo il nome di califfato, adottano in pieno le strutture amministrative e militari degli antichi imperi. Con l’emergere della categoria del personale politico (governatori, militari, burocrati) emerge anche un’altra classe di persone, gli ulema e i fuqaha , ossia uomini competenti in materia di religione, incaricati di interpretare i testi sacri e far applicare i comandamenti ivi contenuti o dedotti. Le due funzioni vengono separate e la politica smette di esistere solo ed esclusivamente in funzione della religione per servirla. Si costituisce uno spazio politico in cui “la tribú trionfa sul dogma” e “il sapiente si dissocia dal principe”. 666 E, nonostante le altre funzioni della gestione della societá (educazione e giustizia) restino sotto l’egida religiosa, si tratta a tutti gli effetti di un processo di secolarizzazione. Al di lá delle varie interpretazioni, resta il fatto che nella societá musulmana si innesca un meccanismo ciclico che vede protagonisti tre attori: i governanti, gli uomini di religione e il popolo. Un sistema di alleanze e compromessi basato fondamentalmente sullo stesso schema: mobilitazione in favore dell’applicazione stretta dei principi religiosi (da parte del popolo, in accordo con gli uomini di religione, che tollera i regimi in base a quanto questi rispettino le norme religiose), seguita dall’installazione di nuove guide dirigenti, da un rilasciamento dei costumi in seguito, quindi di nuovo alla mobilitazione per il rispetto dei precetti religiosi.

664 Cfr. Roy O., La laïcité face à l’Islam , Stock, Parigi, 2005, p. 31. 665 Non avendo lasciato alcuna predisposiziona alla sua successione, (altro elemento che proverebbe la circostanzialità del regime politico dell’inviato di Dio), alla morte di Muhammad e per tutto il periodo dei primi quattro califfi, non mancarono le controversie e dispute sulla succesione. Basti pensare che, eccetto Omar, tutti i califfi furono assassinati e che è proprio in questo periodo che si producono i piú grandi scismi dell’Islam, dovuti tutti a questioni di legittimitá del successore. 666 La vittoria di Mu’ āiya su ‘Al ī segna di fatto il trionfo dei governanti, funzionari e altri agenti dell’autoritá. Cfr. Al-Jabri M.A., La raison politique en Islam, La Decouverte, Parigi, 2007, p. 182.

370

Questo “compremesso medievale” durerá fino al XIX - XX secolo quando nasceranno gli Stati Moderni. 667

2. Stato - religione e il mito della shar ī‘a .

L’elemento chiave per misurare il grado di secolarizzazione attuale nell’Islam non è tanto la separazione di istituzioni religiose e Stato, separazione in atto sin dalla dinastia omayyade; quanto il ruolo della shar ī‘a quale fondamento e cornice della condotta individuale, dell’ordine sociale e dell’azione politica. La domanda da porsi è quindi se il riferimento alla “legge islamica” di quasi tutte le costituzioni dei paesi arabi quale fonte del diritto 668 , è indice o meno di una mancanza di secolarizzazione e se tale riferimento si traduce in una effettiva validitá sul piano giuridico. D’altra parte vi è una differenza abissale tra la legge così come essa è intesa nella cultura giuridico-politica moderna e la shar ī‘a. Quest’ultima, in quanto legge divina, non puó che essere seguita e applicata solo se accompagnata da un’adesione intima, la fede. La sua applicazione non è mai dipesa ne puó dipendere dall’intervento di una forza coercitiva esterna. La shar ī‘a è per definizione un diritto pluralista volto essenzialmente ad imprimere nello spirito e nella coscienza del credente i valori della fratellanza e dell’obbedienza a Dio, contribuendo in tal modo allo sviluppo di norme e valori etici. 669 Ragion per cui, secondo An-Na’im, lo stato secolare, ossia “uno stato neutro a proposito della dottrina religiosa che non pretenda instaurare la shar ī‘a”, è l’unica

667 Cfr. Abdou Filali A., L’Islam est-il hostile à la laïcité?, Sindbad, Arles, 2002, pp. 38-45. 668 Tale ispirazione, nè generale nè assoluta, varia da Stato a Stato. Escludendo i due estremi, ovvero quei casi in cui la legislazione è subordinata alla shar ī‘a (Arabia Saudita per esempio) e quelli in cui ne è totalmente affrancata (Turchia o Algeria), non è mai la fonte esclusiva del diritto positivo, limitandosi ad essere “una delle fonti principali” (Kuweit), “una fonte principale” (Bahrein) e in pochissimi casi, tra cui l’Egitto, “la fonte principale”. Si ritornerá su quest’ultimo punto cruciale nel el paragrafo successivo. Cfr. Amor Abdelfattah, Constitution et religion dans les états musulmans, in Académie International de droit constitutionnel, Dixième Session - Constitutions et religions, Presses de l’Université des sciences sociales de Touluse, 1994, p. 64. 669 Cfr, Ghalioun Burhan, Islam et politique, cit., p.197-198

371 maniera per cui viene garantita la possibilitá di essere un “vero musulmano. 670 ” L’imposizione della shar ī‘a da parte delle istituzioni statali non garantirebbe, infatti, l’adesione sincera e del tutto volontaria all’Islam, religione in cui l’importanza della niyya (intenzione) è cruciale, promuovendo al contrario l’ipocrisia, ripetutamente e categoricamente condannata dal Corano. Non a caso il modo di produzione della shar ī‘a, sempre nella sua applicazione limitata, mostra come essa abbia sempre avuto la tendenza a automizzarsi dal potere politico. Prodotta da un corpo di giuristi (fuqah, ulema, qadi) crea uno spazio giuridicio autonomo rispetto allo Stato centrale. Solo nella seconda metá del XIX secolo con la Ma ğalla ottomana si ha il primo caso in cui una parte dei principi della shar ī‘a, interpretati da una singola scuola, vengono codificati e adottati come legge uniforme di un territorio, sottomettendoli di fatto all’autorità politica. Nella cultura islamica, la shar ī‘a designa la Legge nella sua dimensione più inglobante, ovvero l’insieme di norme religiose, morali, sociali e giuridiche contenute nel Corano e nella tradizione profetica. Tali norme, peró, eccetto un esiguo numero relativo al diritto privato, sono principi generali suscettibili a essere diversamente interpretati e che, ad ogni modo, lasciano un ampio margine di appreciation per permettere l’adequazione necessaria tra le norme del diritto positivo e il contesto in cui queste gestiscono. Questo spiega perché l’ispirazione alla shar ī‘a non è nè totale nè assoluta in nessun caso e pressochè limitata al dominio dello statuto personale.

670 Cfr. An-Na’im A.A., Islam and ṯe Secular State. Negotating ṯe Future of shar ī‘a , Harvard University Press, USA, 2008, pp. 1-4.

372

3. La dawla madaniyya a piazza Ta ḥrīr

Durante i diciotto giorni di occupazione della piazza, il dibattito politico era all’ordine del giorno. Una pentola a pressione che dopo anni di forzata chiusura esplodeva in tutto il suo vigore, riempendo la piazza centrale del Cairo di idee, opinioni, proposizioni, critiche e sogni. Il lato Nord della parte centrale della piazza era stato allestita a foro politico, con una grossa tenda bianca in cui vi erano affissi cartelli con slogan, foto di vittime della repressione militare e decorazioni artistiche varie in nome dell’ ‘aish, hurrya, ‘adala igtima’iyya (pane, libertà, giustizia).

Per riprodurre una piccola briciola del fervore e della vitalità contagiosa della piazza in questa ricerca, si presenteranno dei documenti ivi raccolti in cui compaia la rivendicazione della dawla madaniyya . Si tratta di una raccolta parziale, non eseguita in modo sistematico. Si è evidenziata e tradotta la parte riguadrata contentenente l’espressione dawla (cerchiata) e l’intestazione del documento con le informazioni relative all’emittente.

373

Unione del popolo d’Egitto

I nostri principi

Riforma – Libertà Giustizia sociale – Dawla madaniyya

374

I giovani progressisti della rivoluzione

a.

Dawla madaniyya , libertà democratiche, partecipazione popolare, giustizia sociale e dignità umana.

[...]

Dawla madaniyya e libertà: agiamo a favore della dawla madaniyya , che non è né religiosa né militare. È guidata da cittadini civili e non dall’autorità dell’esercito e della polizia. Si basa sulla libertà di espressione, fede e convinzione. Tutti i cittadini che vi appartengono hanno stessi diritti ed opportunità, stessi doveri e responsabilità, indipendentemente dalla loro religione, etnia e ideologia. La dawla madaniyya garantisce la libertà d’espressione, di culto e delle pratiche religiose di tutte le religioni e credi senza preferenza dell’ una o dell’altra.

b.

La rivoluzione ha sollevato sentimenti di libertà, dignità umana e dawla madaniyya . In nome di ciò, migliaia di figli del popolo egiziano hanno conosciuto il martirio.

Noi, illustrando alcuni dei nostri obiettivi della rivoluzione grandiosa che mette al primo posto la libertà, abbiamo visto come diverse forze politiche e religiose agiscano contro la nostra rivoluzione e che consideriamo contro-rivoluzione. Specialmente coloro che causano il conflitto confessionale, perchè rubano al popolo la loro battaglia per la libertà, la dignità, la costruzione della democrazia. Basta ricordare come coloro che erano confessionali durante la rivoluzione difendono il regime passato e il suo rais, contro il popolo e il suo movimento. Noi non ci limiteremo alla loro propaganda della salvaguardia dell’unità nazionale, perchè essi ne minacciano le sue stesse fondamenta. La maggioranza schiacciante di essi si trova

375 tra gli šuy ūḵ salafisti o all’interno della Chiesa Ortodossa egiziana, con tutta la nostra stima per i giovani dei Fratelli o dei salafisti che si schierano contro la volontà delle loro guide così come per quei copti d’Egitto eroi e martiri. Noi non faremo lo sbaglio di rigettare ogni accusa o reazione ostile alla rivoluzione dei fulul del partito democratico, perchè sarebbe agire come coloro che nascondono la testa sotto la sabbia. Le offensive religiose ripugnanti vengono diffuse in Egitto da anni nei canali televisivi islamisti e cristiani, alimentando e accendendo il fuoco del conflitto confessionale.

376 a.

377 b.

378

Contro il fanatismo e il confessionalismo... per una dawla madaniyya.

Le forze socialiste lavorano per l’istituzione di uno stato civile moderno, uno stato basato sulla conoscenza e la ragione in cui vi sia uguaglianza di diritti e doveri tra i cittadini attraveso un ordinamento democratico. Uno stato di diritto, uguaglianza, dignità umana, libertà di culto, fede, pensiero ed espressione. Lontano dal controllo delle autorità religiose che confondono religione e politica. La dawla madaniyya permette il rispetto di qualsiasi tipo di fede, garantendo i diritti umani a tutti i cittadini senza discriminare un cittadino egiziano da un altro in base alla sua religione, origine, etnia, attraverso l’applicazione rigorosa della legge con tutti.

Le forze socialiste si oppongono a che l’Egitto si indirizzi verso uno stato religioso basato sulla discriminazione dei cittadini in base alla loro confessione e che utilizzi la religione come scudo per constratare un regime dittatoriale repressivo, com’è successo in alcuni paesi quali l’Iran, il Sudan, l’Afghanistan, portandoli al disastro politico, economico e sociale. Tra le misure da prendere per proteggere la rivoluzione e completare i suoi propositi:

1. Processo rapido alle persone coinvolte negli episodi di violenza confessionale, con sentenza deterrente e applicazione rigorosa della legge a tutti coloro che mettono a repentaglio i diritti dei cittadini. 2. Rifiuto del processo in tribunali militari per le persone coinvolte negli episodi di violenza confessionale, affinché avvengano in tribunali civili. 3. Emissione rapida di una legge unica sui luoghi di culto e sua applicazione; di una legge che criminalizzi l’incitamento al conflitto, all’odio; di una legge per uno statuto personale unico. 4. Riforma dell’insegnamento affinché trasmetta l’uguaglianza e rispetto tra tutti i cittadini 5. Finalizzazione dell’instaurazione della dawla madaniyya basata sulla cittadinanza, sull’uguaglianza e parità di opportunità tra i cittadini indipendentemente dal loro credo e dottrina.

379

6. Formazione di comitati popolari in ogni villaggio e paese per difendere la rivoluazione, la dawla madaniyya e la cittadinanza.

380

Hizb al-Tidamon (Partito della solidarietà)

a.

Libertà – Democrazia – Unità

Il nostro sforzo va per l’instaurazione di una dawla madaniyya moderna. Uno stato parlamentare in cui il presidente presieda e non governi.

b.

I nostri obiettivi

1. Instaurazione di una dawla madaniyya parlamentare moderna in cui il presidente presieda e non goveni; in cui il governo sia del partito o della coalizione di partiti che abbiamo ottenuto la maggioranza nelle elezioni del Consiglio del Popolo.

381 a.

382

b.

383

Il nuovo venerdì della rabbia

Chiediamo:

L’elaborazione di una nuova costituzione per una dawla madaniyya moderna democratica che faccia riferimento alla costituzione e alla legge; che garantisca la libertà di credo e i diritti. Il ripristino della legislazione costituzionale completa, specie per i partiti e i diritti politici, in accordo al più ampio consenso popolare; lo scioglimento dei consigli locali, rendendo note le persone che ancora restano in carica; bloccare l’attività politica dei membri del Partito Democratico per i seggi parlamentari per un periodo di un anno e mezzo.

384

385

Fino alla vittoria

Giornale delle forze socialiste – numero 3 – maggio 2011

b.

Quale dawla madaniyya vogliamo?

Non vi è cambiamento circa la dawla madaniyya . Vogliamo la dawla madaniyya . Improvvisamente la dawla madaniyya è diventata una richiesta che tutti rivendicano, persino di chi ci accusava di essere miscredenti quando ci sentiva proclamarla; persino di chi ci considerava come l’apice di chi vuole distruggere la stabilità.

A titolo di sfiducia nel procedere con cambiamenti improvvisi che poi cambiano le regole della partita in campo, è necessario che chiariamo quale dawla madaniyya vogliamo. Riteniamo, infatti, che l’utilizzo volgare dell’espressione per profitto personale, la svuota del suo contenuto reale e distrugge il suo scopo, spingendola verso la strada degli interessi opportunistici delle forze della contro-rivoluzione.

La dawla madaniyya a cui ci riferiamo e che proclamiamo è uno stato che non conosce che la legge, che garantisce diritti politici, economici e sociali a tutti, senza mettere un gruppo davanti un altro o il suo monopolio del potere o che accentri nelle sue mani la rivoluzione.

Uno stato di condivisione, convivenza e sicurezza per tutti i suoi cittadini sulla base di un ordinamento ugualitario, completo, armonioso e giusto che non agisca contro i copti, che non reprima la donna, che non discrimini i nubiani, che non emargini i beduini e che non tralasci alcun diritto. Uno stato che sia garante della dimensione sociale dei suoi cittadini, che realizzi dalla richiesta più bassa alla più alta di giustizia, che salvi le condizioni di sicurezza della vita, dalla povertà all’istruzione, ai servizi di salute. Uno stato che prenda in considerazione le lotte di operai e contadini che rivendicano migliori condizioni di lavoro e di vita.

386

Uno stato in cui non venga sfruttato l’entusiasmo e la fede religiosa delle masse per realizzare movimenti circolari più grandi intorno a loro e convertirne la forza in voti elettorali, attraverso cui innalzarsi fino all’apice dell’autorità legislativa per poi legiferare in modo da aumentare i lavoratori più poveri liberamente senza sindacati e categorie che difandono i loro interessi.

Uno stato di seggi elettorali in cui si innalzi chi vuole realizzare l’interesse delle categorie estese e non di chi vuole il suo sfruttamento.

Questa è la dawla madaniyya che vogliamo. Uno stato che ci tratti come cittadini, non come sudditi, o sottomessi o in cui una categoria sociale viva per servirne un’altra che possiede mezzi, ricchezza o la verità assoluta.

387

a.

388

b.

389

390

ANNESSO 3 – GLI ARTICOLI ORIGINARI SU IMB ĀBA

Al-Masry al-Youm

391

Al-Ahram

392

Le Monde

393

Liberation

394

Le Figaro

395

La Croix

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Article d’ al-Masry al-Youm (11/05/2011) avec la carte d’Imb āba.

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