Relazione E2 Finale
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INDICE 1. RIASSUNTO 3 2. INTRODUZIONE 5 3. METODI 8 3.1. Area di Studio 8 3.2. Tecniche utilizzate 9 3.2.1. Ululato Indotto ( wolf-howling ) 9 3.2.2. Monitoraggio Fotografico 13 3.2.3. Campionamento Genetico 15 4. RISULTATI 20 4.1. Ululato Indotto ( wolf-howling ) 20 4.2. Monitoraggio Fotografico 21 4.3. Campionamento Genetico 25 4.3.1. Analisi campioni non invasivi 25 4.3.2. Analisi campioni invasivi 31 4.4. Risultati finali ottenuti dalla integrazione delle tre tecniche 37 5. DISCUSSIONE 42 6. BIBLIOGRAFIA 48 2 1. RIASSUNTO La valutazione ex post della presenza di canidi vaganti nella provincia di Grosseto, ottenuta tramite l'analisi integrata dei diversi metodi di indagine (tecnica dell'ululato indotto, attività di fototrappolaggio, analisi genetica di campioni organici) ha fornito i seguenti risultati: - La presenza di canidi vaganti (ibridi o lupi) è stata rilevata in 14 dei 15 comprensori sottoposti alla valutazione ex post (93,3% dell'area campionata; Tabella 4 ). L'unico comprensorio sottoposto alla valutazione ex post in cui non sono state riscontrate evidenze di presenza di canidi selvatici è Poggio Ferro, nel comune di Scansano. Gli unici comprensori in cui, pur avendo rilevato la presenza di canidi vaganti, non sono state rilevate evidenze fenotipiche e genetiche di ibridazione sono Monte Penna/Elmo e Amiata. - Nell'area interessata dalla indagine ex post è stata rilevata la presenza di almeno 5 nuclei riproduttivi (4 branchi ed una femmina gravida). In 4 nuclei riproduttivi (Montioni, Monte Leoni, Abbandonato e Baccinello) sono state rilevate sia evidenze fenotipiche che genetiche di ibridazione. Nel branco in località Montauto (area meridionale della Provincia di Grosseto) sono state invece rilevate evidenze fenotipiche di ibridazione, ma il dato non è stato confermato dai risultati delle analisi genetiche effettuate sui campioni non invasivi. - Evidenze fenotipiche di ibridazione sono state riscontrate in 9 delle 15 aree sottoposte al monitoraggio fotografico e precisamente nei comprensori a nord ovest della Provincia di Grosseto (Montioni), nord est (Belagaio), nell'area centro-orientale (Monte Leoni, Roselle/Marrucheti, Abbandonato e Baccinello) e nell'area meridionale (Polverosa, Marsiliana e Montauto). Nelle aree a nord-ovest e centro-orientale, le analisi genetiche effettuate sui campioni non invasivi hanno confermato il dato fenotipico, mentre nell'area a nord est (Belagaio) e nell'area meridionale della Provincia di Grossseto (Polverosa, Marsiliana e Montauto) non è stata rilevata nessuna evidenza genetica di ibridazione. - In tre comprensori sottoposti alla valutazione ex post (Monte Leoni, Abbandonato e Roselle/Marrucheti) viene confermata la presenza di esemplari ibridi già rilevata durante il monitoraggio ex ante (Manghi et al. 2012). - In base alle analisi genetiche effettuate sui campioni non invasivi raccolti tra il 1 giugno 2014 ed il 30 ottobre 2014 è stata rilevata la presenza di 29 individui diversi, incluso un cane, con una percentuale di individui ibridi all'interno della popolazione pari al 32,1% o al 35,7% del 3 campione analizzato in base alla soglia di attribuzione che viene utilizzata (vedi§4.3.1). Questo risultato è confrontabile con quanto rilevato durante l'indagine ex ante della presenza di ibridi lupo- cane e cani vaganti (percentuale di esemplari ibridi nella popolazione campionata pari al 29,8% e al 35,1% a seconda della soglia utilizzata, Braschi & Boitani, 2013). - Le analisi genetiche effettuate sui campioni non invasivi sembrerebbero rilevare che, all'interno della popolazione campionata, siano presenti principalmente esemplari ibridi di generazione successiva alla seconda. - Le analisi genetiche effettuate sui campioni invasivi, sebbene non forniscano un dato quantitativo sulla presenza di ibridi nel periodo di riferimento della valutazione ex post della presenza di canidi vaganti (vedi§4.3.2), confermano la presenza di evidenze genetiche di ibridazione nell'area centrale (Roselle/Marrucheti) e meridionale (Polverosa) della Provincia di Grosseto . - La percentuale di cani vaganti nel territorio è risultata essere molto ridotta , come rilevano i risultati delle analisi genetiche effettuate sui campioni non invasivi (3,4% su un campione di 29 esemplari diversi campionati) e i dati ottenuti con l'attività di fototrappolaggio (cani filmati solamente nei due comprensori Montauto e Monte Leoni). Il numero di cani campionati costituisce tuttavia una severa sottostima del numero di cani vaganti realmente presenti sul territorio (vedi§4.2). In nessuna foto o filmato i cani sono stati visti associati ad esemplari di lupi o di ibridi . - Nelle due aree di studio originarie di progetto non è stata riscontrata la presenza di canidi selvatici (Parco Naturale della Maremma) oppure è stata riscontrata una presenza estremamente ridotta di canidi vaganti (Monte Amiata; 1 solo individuo rilevato). In entrambe le aree non sono state rilevate, durante la valutazione ex post, evidenze fenotipiche e/o genetiche di ibridazione. - In merito al grado di associazione tra gli animali, in tre dei comprensori sottoposti al monitoraggio con fototrappole (Amiata, Polverosa e Rocconi) sono stati filmati solamente individui singoli, mentre nei restanti comprensori il grado di associazione è risultato essere estremamente variabile (min 2 - max 7 individui associati) 4 2.2.2. INTRODUZIONE Con il termine ibridazione si intende l’incrocio tra individui appartenenti a popolazioni geneticamente distinte, indipendentemente dallo stato tassonomico (Allendorf et al., 2001). L’ibridazione tra individui di specie diverse è indicata come ibridazione interspecifica e porta spesso alla generazione di ibridi sterili, a causa dell’incompatibilità cromosomica all’atto della produzione di gameti; in questi casi si verificano unicamente ibridi di prima generazione (F 1). Nel caso in cui gli ibridi siano fertili, questi possono accoppiarsi tra loro dando origine a generazioni successive di ibridi (F 2, F 3, ecc.), oppure reincrociarsi con individui di una o entrambe le popolazioni parentali (ibridazione con introgressione). In quest’ultimo caso, se l’introgressione progredisce in modo sostanziale, una o entrambe le popolazioni parentali possono arrivare a contenere, fino ad esserne del tutto sostituite, un’elevata proporzione di ibridi e/o reincroci di varie generazioni, rappresentando quello che è stato definito sciame ibrido (Ferguson et al., 1985; Ciucci, 2012). L’ibridazione è un processo naturale che occorre in molti differenti contesti ecologici giocando un ruolo importante nell’evoluzione di numerosi taxa animali e vegetali. Le zone di ibridazione, più o meno stabili rilevate nelle aree di simpatria tra diverse specie, dovrebbero quindi essere tutelate alla stregua delle specie parentali (Harrison, 1993). Quando l’uomo interviene, determinando e facilitando il persistere di condizioni che consentono a taxa altrimenti distinti di potersi incrociare, si parla invece di ibridazione antropogenica. La frammentazione e la degradazione degli habitat, così come l’alterazione degli ecosistemi attraverso l’introduzione di specie alloctone, i cambiamenti degli equilibri ecologici e delle consistenze numeriche delle specie selvatiche hanno portato a variazioni nel funzionamento dell’efficacia dei meccanismi di isolamento riproduttivo propri di molte specie (Ciucci, 2012). L’ibridazione antropogenica, con o senza introgressione, rappresenta una grave minaccia per il mantenimento di specie o popolazioni distinte (Ciucci, 2012). E’ stato stimato che questo fenomeno abbia causato l’estinzione di diverse specie di pesci d’acqua dolce (Allendorf et al., 2001) e si teme che per la scarsità di indagini di genetica molecolare ad oggi realizzate, il suo impatto possa essere stato sottovalutato per molte altre specie animali (Ciucci, 2012; Rhymer e Simberloff, 1996), non ultimo il lupo. Nel contesto ecologico italiano, i cambiamenti nella situazione sociale ed ecologica delle aree montane hanno portato ad una rapida crescita delle superfici forestali e ad un aumento degli ungulati selvatici, condizioni idonee alla naturale espansione della popolazione italiana di lupo che ha iniziato ad occupare zone sempre più vicine alle aree antropizzate. Questa situazione ha favorito 5 un più stretto contatto tra la popolazione canina e quella lupina portando ad un conseguente aumento degli eventi di ibridazione accertati (Randi, 2008). In questo contesto nasce il progetto LIFE Ibriwolf che si propone di mettere in atto, a livello locale, strategie gestionali per contrastare l’espansione dell’ibridazione antropogenica con il cane domestico, attraverso azioni concrete che prevedano, innanzitutto, una conoscenza del fenomeno della ibridazione e della sua espansione a scala locale, e la definizione di elementi diagnostici per la identificazione degli esemplari ibridi cane – lupo. Una prima indagine conoscitiva sulla entità del fenomeno della ibridazione a scala locale, e sulla sua distribuzione spaziale, era stata svolta nei primi anni di realizzazione del progetto (Azioni A3 e A4 del progetto Ibriwolf; Manghi et al., 2012) ed aveva portato alla individuazione delle aree maggiormente critiche (a causa dell'elevata presenza di esemplari con evidenze genetiche e/o fenotipiche di ibridazione con il cane) in cui effettuare le catture e la rimozione degli ibridi cane – lupo dallo stato selvatico (azioni C1 e C2 del Progetto Ibriwolf; Braschi et al. 2014). La seconda fase di indagine, azione E2 del Progetto Ibriwolf, si poneva pertanto, come obiettivo principale,