Fondo “Rosazzo” Degli Archivi Storici Della Curia Arcivescovile Di Udine
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FONDO “ROSAZZO” DEGLI ARCHIVI STORICI DELLA CURIA ARCIVESCOVILE DI UDINE INVENTARIO Inventariazione realizzata da Luca Olivo nel 2008 Per conto dell’Archivio Storico Diocesano di Udine a cura dell’Istituto “Pio Paschini” per la Storia della Chiesa in Friuli 2 SOMMARIO L’Abbazia di San Pietro di Rosazzo. Brevi cenni storici, p. 5 Il Fondo “Rosazzo”, p. 16 Inventario del Fondo “Rosazzo”, p. 25 Indice dei nomi di persona, p. 337 Indice dei nomi di ente, p. 343 Indice dei nomi di luogo, p. 346 L’Abbazia di San Pietro di Rosazzo. Brevi cenni storici L’epoca della prima lotta per le investiture (1076 – 1123) vide un gran fiorire di fondazioni monastiche entro il territorio del Patriarcato di Aquileia: monasteri di San Gallo di Moggio, di Millstatt, di Arnoldstein, di San Paolo di Lavanthal (Carniola Superiore), di San Lamberto di Friesach, di Santa Maria di Iuna a Eberndorf, del monastero o chiesa canonica di Sant’Odorico sul Tagliamento, di San Martino di Summaga (nei pressi di Portogruaro). I fini che muovevano i fondatori erano molteplici: creare centri di grande richiamo spirituale e culturale e cercare di venire incontro alle esigenze, anche spicciole, connesse alla vita quotidiana delle popolazioni che risiedevano immediatamente vicino ai nuovi enti ecclesiastici. Questi in breve acquisirono notevole prestigio, potere e risorse economiche. Di particolare favore fu oggetto anche l’antica abbazia della Beligna sita presso Aquileia1. Una tradizione vuole che l’eremita Alemanno si fosse costruito verso l’anno 800 una cella e un piccolo oratorio sui colli prospicienti l’attuale centro di San Giovanni al Natisone alla ricerca di ascesi ed isolamento. Pare anche che un monastero a Rosazzo fosse voluto dal patriarca Sigeardo pochi anni prima della sua morte avvenuta nel 1077. Di ciò però non v’è notizia sicura. Sembra ricorrere inoltre la figura del patriarca Federico (il boemo Swiatobor, preposto di Brünn in Moravia, assassinato nel 1086 da sconosciuti). Per quanto riguarda la prima dotazione di beni del nuovo monastero intervennero il duca di Carinzia Marquardo di Eppenstein e sua madre Beatrice nonché il 1 P. PASCHINI, Storia del Friuli, Udine 2003 (ristampa), pp. 244 – 247. 3 Rosazzo conte palatino di Baviera Aribo, il conte Lodovico del Friuli e Udalschalk di Lurn. Il patriarca Enrico vi costruì la chiesa di San Pietro Apostolo, vi immise i chierici agostiniani ed assegnò al nuovo monastero il territorio sito intorno al colle di Rosazzo. Il patriarca Vodolrico (Ulrico) I vi installò invece i benedettini che fece venire dall’Abbazia di Millstatt e donò la chiesa di Sant’Andrea presso Capodistria con tutti i suoi beni. L’ascesa degli Spanheim a duchi di Carinzia, al posto degli Eppenstein, rese Rosazzo loro fondazione famigliare, con consistenti donazioni. Il primo abate fu Geroldo, benedettino, istituito nel 1080 dal patriarca Vodolrico. Nel 1100 circa lo stesso Vodolrico donò all’Abbazia anche la chiesa di San Giovanni di Cormòns. I primi a detenere l’avvocazìa furono gli Eppenstein poi i conti di Gorizia che, oltre a donare copiose sostanze, nel secolo XIV avanzavano la pretesa di essere i veri fondatori dell’ente2. Nel 1135 il patriarca Pellegrino unì alla giurisdizione in spiritualibus dell’Abbazia, che inizialmente ricopriva un territorio non molto vasto, la pieve di Buttrio. Così l’ente accrebbe ulteriormente la sua importanza: alla soppressa pieve appartenevano infatti le ville3 di Manzano, San Giovanni al Natisone, Percoto, Pavia di Udine, Camino di Buttrio, Soleschiano di Manzano che andarono ad aggiungersi alle ville già in precedenza soggette all’Abbazia come Corno di Rosazzo (coi luoghi circonvicini), Brazzano di Cormòns, Pradamano e Rizzolo di Reana del Roiale4. Al tempo della visita apostolica del 1584 l’Abbazia aveva estesa la sua giurisdizione in spiritualibus su 13 chiese parrocchiali senza però svolgere cura d’anime. Inoltre vi risiedevano quattro padri domenicani con un converso ed un famiglio5. Nel 1136 il patriarca Pellegrino concesse all’Abbazia le decime che la Chiesa percepiva sul territorio eccetto le somme per il mantenimento dei sacerdoti. Negli ultimi anni del patriarca Vodolrico (Ulrico) II venne riconfermata la giurisdizione del Patriarcato di Aquileia sull’Abbazia, come decise papa Alessandro III6. L’abate di Rosazzo, assieme ai laici ed agli enti ecclesiastici detentori di feudi, faceva parte della Curia feudale del patriarca, che aveva potere di giudicare cause civili e criminali, in quanto suo diretto vassallo. Parallelamente era chiamato anche a far parte del Parlamento friulano nella classe del clero. L’abate inoltre era consultato dal patriarca per la risoluzione di importanti negozi giuridici7. 2 Ibidem, pp. 235 e 238 nonché pp. 244 - 245. Cfr. inoltre M. CADAU, L’abbazia di Rosazzo. Possessi fondiari e potere signorile nel Cinquecento, Udine 1989, pp. 12 e 43 - 44. 3 Il termine, presente ampiamente nelle carte del Fondo Rosazzo, probabilmente deriva dal friulano -vìle- con significato di villaggio o gruppo di case con chiesa. Il che si presta bene ad individuare le caratteristiche non solo politico-sociali ma anche morfologiche degli insediamenti di allora. Cfr. G.A. PIRONA, E. CARLETTI, G.B. CORGNALI, Il Nuovo Pirona. Vocabolario friulano, Udine 2003 (Ristampa), pp. 1276 – 1277. 4 P. PASCHINI, Storia del Friuli, cit., p. 338. 5 A. BARZON, La diocesi di Aquileia seguendo la visita apostolica dell’anno 1584, in Studi Aquileiesi offerti il 7 ottobre 1953 a Giovanni Brusin nel suo 70° compleanno, Aquileia 1953, p. 445. 6 P. PASCHINI, Storia del Friuli, cit., pp. 255 – 256 e p. 275. 7 Ibidem, p. 335, p. 360 e p. 367. 4 Rosazzo Il quadro rimase immutato sino alla conquista veneziana del Friuli, 1420, inquadrabile nel complesso gioco politico degli anni tra la fine del Trecento e gli inizi del Quattrocento con Venezia protesa verso alla conquista del suo stato di Terra Ferma e impegnata ad impedire trame espansive di signori e Stati italiani (tra cui lo stesso Patriarcato) ad essa ostili, con un occhio anche alle manovre dei re d’Ungheria. Subito dopo aver deposto il patriarca Lodovico di Teck ed aver consolidato il suo dominio in Friuli Venezia preferì mantenere immutati gli assetti di potere feudali, con giurisdizioni e privilegi, nonché le antiche consuetudini, oramai acquisiti da secoli. In più la Serenissima cercò la collaborazione dei signori friulani ad essa fedeli, soprattutto i Savorgnan, attraendoli ulteriormente a sé con alleanze e accordi e riconoscendo loro la possibilità dell'esercizio signorile di diritti pubblici. Questo per evitare imprevedibili complicazioni nell'eventuale formazione di un nuovo assetto statale e soprattutto per conservare sul nuovo territorio la sua alta sovranità, con al centro proprio la Dominate. E se il Parlamento della Patria del Friuli conservava poteri e prestigio la figura del Luogotenente Generale della Patria del Friuli assumeva un ruolo centrale da tramite con Venezia, dell’esecuzione della cui volontà si peritava, e da vero e proprio governatore dei feudatari: ne dirimeva le controversie, li sottoponeva a giudizio, ne correggeva le sentenze8. Nel 1423 papa Martino V ridusse l’Abbazia a commenda nominandone primo abate appunto commendatario, cioè non residente in loco ma ugualmente percipiente le rendite, il cardinale Antonio Pancera, tra l’altro nuovo patriarca di Aquileia. Otto anni dopo l’Abbazia fu coinvolta nella lotta tra il deposto patriarca Lodovico di Teck, in cerca di rivincita ed alleato al re d’Ungheria, e la Serenissima per il possesso definitivo del Friuli9. Il 30 luglio del 1509 l’Abbazia venne bruciata completamente dalle soldataglie del duca di Brunswick durante le operazioni belliche connesse alla guerra della Lega di Cambrai. Nel medesimo periodo inoltre si registrò un deciso declino della vita religiosa in tutto il Friuli, in concomitanza con il periodo di guerre quasi ininterrotte, cosa che contribuì ad una certa, strisciante, diffusione delle idee luterane, soprattutto tra la nobiltà. Gli accordi di Worms del 1521 tra Venezia e l’arciduca d’Austria provocarono la divisione dei beni fondiari abbaziali in due distinte zone, una sottoposta alla Serenissima e l’altra alla casa d’Austria10. Nella parte veneta del Friuli rimasero allora la stessa Abbazia e i suoi possedimenti fondiari nelle ville di: Albana di Prepotto, Azzano di Premariacco, Bolzano di San Giovanni al Natisone, 8 S. ZAMPERETTI, Stato regionale e autonomie locali: signorie e feudi nel dominio veneziano di terraferma in Età moderna, in Venezia e la feudalità. Giornata di studio Treviso 2 giugno 1990, Udine 1993, pp. 29 – 32 e 37 nonché G. TREBBI, Il Friuli dal 1420 al 1797. La storia politica e sociale, Udine, 1998, pp. 28 – 34. 9 P. PASCHINI, Storia del Friuli, cit., p. 752. 10 Ibidem, p. 776 nonché M. CADAU, L’abbazia di Rosazzo. Possessi fondiari e potere signorile nel Cinquecento, cit., pp. 44, 47, 58 – 59. 5 Rosazzo Bottenicco di Moimacco, Brazzano di Cormòns (GO), Buttrio, Campeglio di Faedis, Case di Manzano, Cassegliano di San Pier d’Isonzo (GO), Cividale del Friuli, Corno di Rosazzo, Dolegnano di San Giovanni al Natisone, Gramogliano di Corno di Rosazzo, Ialmicco di Palmanova, Ipplis e Leproso di Premariacco, Manzano, Medeuzza di San Giovanni al Natisone, Monfalcone (GO), Noax (Corno di Rosazzo), Novacuzzo di Prepotto, Oleis di Manzano, Orsaria di Premariacco, Parenzo (Porec - HR), Pradamano, Premariacco, Prepotto, Rocca Bernarda, San Canzian d'Isonzo (GO), San Giovanni al Natisone, San Lorenzo di Soleschiano (Manzano), San Vito al Torre, Sant'Andrat del