Organizzazioni Criminali Italiane Presenti in Ambito Nazionale E Internazionale

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Organizzazioni Criminali Italiane Presenti in Ambito Nazionale E Internazionale Giovanni Fàngani Nicastro -.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-. Caratteristiche fondamentali delle organizzazioni criminali italiane presenti in ambito nazionale e internazionale. 2 1. Premessa Nella nostra società, da più parti definita in continua evoluzione, tra le tante e le molteplici minacce esistenti, il fenomeno dell’incremento delle organizzazioni criminali ha assunto un’importanza sempre più rilevante. In particolare, negli ultimi decenni a causa del dilagare di questa piaga, si è reso necessario per le forze di polizia nazionali e internazionali uno studio scientifico del problema, secondo il più generale principio che per combattere il nemico e soprattutto per sconfiggerlo bisogna conoscerlo bene. Così si è proceduto prima a un’analisi dei singoli sodalizi delittuosi e successivamente a uno studio comparato delle organizzazioni criminali esistenti sia nel territorio nazionale sia in altre parti del mondo. Nelle pagine che seguono verranno elencati i consessi criminali nella società consumistica e verranno altresì indicate, in modo sintetico e senza pretese di esaustività, le caratteristiche salienti delle dette organizzazioni limitatamente a quelle che hanno origine nel territorio nazionale (denominazione, reclutamento, struttura organizzativa su base territoriale), sì da porre il lettore nelle condizioni di conoscere, seppur sommariamente, il nemico da combattere e sconfiggere. 3 2. Mafia. a. Denominazione. Numerose sono le teorie sull’origine del termine mafia , ma la più attendibile sembra quella che accosta la parola in esame a “mahais” che vuol dire baldanza, onore, superiorità, eccellenza. Alcuni studiosi ritengono, poi, che la parola derivi dalla lingua araba e precisamente dalla locuzione “ma afir”, il nome di una famiglia dell’elite palermitana all’epoca della dominazione musulmana in Sicilia; altri da quella francese e in particolare dall’espressione “ma fille” riconducibile leggendariamente all’invocazione di una donna che vede la figlia minorenne aggredita da uno dei soldati impegnati a sedare la rivolta dei “vespri siciliani” nel XIII secolo. C’è, ancora, chi collega il termine mafia a documenti medievali e chi stabilisce una connivenza di essa con la “ Sacra Fema “ e con i “ Beati Paoli “. Nel significato di malavita, per la prima volta la si incontra indirettamente in un rapporto che il Procuratore Generale di Trapani invia al Ministero della Giustizia del Regno delle due Sicilie in Napoli. Siamo nel 1838. Poi, nel 1865, pare che si sia scritto su un arresto per un “ delitto di mafia” e che detta locuzione appare sul rapporto che il Prefetto di Palermo Gualtiero invia al Ministero degli Interni. b. Organizzazione. Come ogni aggregato umano anche questo - pur se non conforme ai principi legali dell’ordinamento giuridico - ha bisogno di una organizzazione, per la sua esistenza, ossia di un’insieme di regole che vanno dal “reclutamento” alle pene per coloro che violano le 4 discipline imposte dal “sistema” e che sostanzialmente consentono ai componenti di vivere “ordinatamente”. Ciascun gruppo di mafiosi originariamente era denominato “cosca” che in gergo vuol dire foglia di carciofo. Un tempo, infatti, il carciofo rappresentava nei suoi due elementi essenziali del torso e delle foglie, rispettivamente il capomandamento e le famiglie a lui sottoposte. Oggi il termine allegorigo di cosca è stato sostituito da quelli più ricorrenti di famiglia, società, associazione, organizzazione. La famiglia è costituita dai garzoni, dai campieri e dai guardaspalle. Di solito i garzoni e i campieri appartengono ai ceti sociali medi, mentre i guardaspalle sono dei bassifondi. Il rapporto che lega il mafioso agli altri componenti della famiglia e la relazione intercorrente tra questi ultimi può essere di parentela e di amicizia oppure di comparaggio detto anche “S.Giovanni”. Quest’ultimo tipo di unione, che viene determinata a seguito di battesimi, cresime e testimonianze a matrimoni, nei corrispondenti riti religiosi della Chiesa cattolica, supera il rapporto di amicizia e, a volte, lega oltre il vincolo di sangue. Ogni famiglia elegge il proprio rappresentante che viene delegato tra l’altro a scegliere il capo mandamento. Il mandamento, che di massima opera a livello provinciale, infatti è costituito da un gruppo di famiglie. Ogni mandamento elegge, poi, il rappresentante provinciale che si avvale nell’espletamento dei suoi compiti della collaborazione di un sottocapo. Vi è pure un organo collegiale che è composto dai rappresentanti provinciali, dal sottocapo e da tre consiglieri, e che ha la funzione primaria di coadiuvare il capo nelle decisioni importanti. I mandamenti delegano un loro componente a rappresentarli al livello superiore che corrisponde alla regione e contemporaneamente lo nominano membro della commissione interprovinciale. 5 L’unità operativa è costituita in seno al mandamento che seleziona alcuni tra i più validi uomini d’onore delle singole famiglie e li riunisce in gruppi di fuoco. I componenti di questi nuclei devono aver dato prova di coraggio e devono essere uomini assolutamente fidati poiché a loro è devoluto principalmente il compito di eseguire gli omicidi deliberati dalla Commissione o Cupola, che riguardano o altri uomini d’onore che hanno tradito l’organizzazione o che hanno violato regole di comportamento in maniera grave e ripetuta, oppure magistrati, politici, appartenenti alle forze dell’ordine che hanno ostacolato in maniera determinante l’attività criminosa dell’organizzazione stessa. Il gruppo di fuoco può anche eseguire autonomamente e senza ordini della Commisione omicidi e azioni delittuose purchè agisca nell’ambito del proprio territorio e semprecchè provveda ad informare tempestivamente la Commissione medesima. L’organizzazione si fonda soprattutto sul rispetto della gerarchia e sulla segretezza delle regole che la disciplinano. Entrarvi non è facile. c. Reclutamento. Così avremo delle norme sull’assunzione del soggetto che vengono definite riti di iniziazione e che si presentano, a causa della loro stretta formalità, come dei veri e propri rituali assimilabili a quelli sacrali di origine pagana e cristiana. L’aspirante, trascorso un periodo minimo che può variare da uno a venti anni e durante il quale deve fornire prova del proprio valore delittuoso e della propria indole criminale, viene presentato a una riunione della famiglia. Dalle ricerche effettuate la “cerimonia” più diffusa sarebbe quella secondo la quale, innanzia agli astanti, l’adepto si porrebbe al centro della sala e alle sue spalle si metterebbe colui che lo presenta; poi sceglierebbe un padrino che avrebbe il compito di istruirlo sul significato dell’affiliazione; quindi verrebbe punto con un ago – custodito dal garante – al dito indice della mano destra (se mancino della sinistra) e il sangue si farebbe 6 gocciolare su di una immagginetta sacra che verrebbe accesa e fatta bruciare sulle mani del neofita che direbbe: ““Comu a carta ti bruciu e comu a santa ti venneru; comu brucia chista carta accussì aiu bruciari iu su tradisciu a famigghia.””che tradotto in lingua italiana significa letteralmente :” Come la carta ti brucio e come la santa ti venero; come brucia questa immagginetta così dovrò bruciare io se tradirò la famiglia.” Le ceneri verrebbero poi disperse nell’aria e seguirebbero i rigorosi abbracci, baci e complimenti per l’acquisizione del nuovo “cumpari”, “’mpari” o “frati” ( compare o fratello). Vi sarebbero anche altri rituali di reclutamento che sono sempre improntati a formule ben precise e che a volte richiederebbero la recita di preghiere usuali come l’Ave Maria e il Padre Nostro, e altri ancora che opererebbero una vera e propria congiunzione tra il sacro e il profano sul piano formale, come ad esempio, quello dove l’aspirante al termine delle preghiere dovrebbe pugnalare l’immagine di un Santo o del Crocefisso con la stessa arma con la quale si è tagliato al polso per far fuoruscire il sangue. Requisito ulteriore dell’ammittendo è che egli non deve essere macchiato di “delitti di second’ordine” e deve essere persona “ virtuosa”, nel senso che deve essere esente da vizi tipo il gioco, le donne, l’alcool, la droga etc.. Queste “virtù” assieme ad altri pregi dovranno essere mantenuti per tutta la vita del nuovo componente che con il “giuramento” si è vincolato in maniera inscindibile con l’organizzazione. Solo la morte naturale o determinata può sciogliere il legame tra il membro e la famiglia per la cui esistenza sono necessarie altre regole. d. Regole di condotta. 7 Non sembra che fino ad oggi vi siano documenti attestanti l’esistenza di regole scritte che disciplinano i rapporti in seno alle singole famiglie, tra le famiglie stesse e tra queste e i gruppi di rango superiore, né tra ciascuno di questi e l’esterno; tuttavia è pacifico che le relazioni tra gli associati e quelle tra questi ultimi e l’esterno si fondino su determinati codici comportamentali che trovano la loro origine nelle tradizioni e nelle consuetudini. Le norme più degne di considerazione sono la fedeltà all’organizzazzione, la fedeltà nei confronti del coniuge, l’integrità della famiglia come nucleo legato dal coniugio, l’aiuto reciproco tra associati per vendicare i torti subiti, l’omertà, la spartizione dei proventi dei delitti secondo regole prefissate e in base al ruolo svolto e all’incarico ricoperto. L’organizzazione, infatti, non può essere tradita per nessuna ragione come risulta del resto dal rito di iniziazione. I pentiti e i collaboratori di giustizia sono considerati degli infami, dei traditori e dei partigiani a tutti
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