Orchestra Dell'accademia Teatro Alla Scala
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Stagione 2012-2013 Martedì 23 ottobre 2012, ore 20.30 Sala Verdi Saladel Conservatorio Verdi Orchestra dell’Accademia Teatro alla Scala Yuri Temirkanov direttore Cˇajkovskij Suite tratta dal balletto “Lo schiaccianoci” Musorgskij Quadri di un’esposizione (orch. Maurice Ravel) 1 Consiglieri di turno Direttore Artistico Andrea Kerbaker Paolo Arcà Antonio Magnocavallo SponSoR iStituzionALi Con iL ContRibuto Di per i 150 anni del Quartetto Con il patrocinio di Sponsor ciclo beethoven Soggetto di rilevanza regionale È vietato, senza il consenso dell’artista, fare fotografie e registrazioni, audio o video, anche con il cellulare. Iniziato il concerto, si può entrare in sala solo alla fine di ogni composizione. Si raccomanda di: • disattivare le suonerie dei telefoni e ogni altro apparecchio con dispositivi acustici; • evitare colpi di tosse e fruscii del programma; • non lasciare la sala fino al congedo dell’artista. Il programma è pubblicato sul nostro sito web dal venerdì precedente il concerto. Pëtr Ilicˇ Cˇ ajkovskij (Votkinsk 1840 - San Pietroburgo 1893) Suite tratta dal balletto “Lo schiaccianoci” (ca. 45’) i. Le palais enchanté de Confiturenbourg II. L’arrivée de Casse-noisette et Claire III. Divertissement a) Le chocolat: Danse espagnole - b) Le café: Danse arabe c) Le thé: Danse chinoise - d) trepak: Danse russe - e) Danse des mirlitons f) La mère Gigogne et les polichinelles iV. Valse des fleurs V. pas de deux Anno di composizione: 1891-1892 Prima esecuzione della Suite: San Pietroburgo, 19 marzo 1892 Per il Natale del 1892, il Corpo di ballo imperiale presentò il 18 dicembre al Teatro Marijnskij di San Pietroburgo un nuovo balletto di Cˇajkovskij, Lo Schiaccianoci. Lo scenario, ideato dal grande coreografo Marius Petipa e dal Direttore dei Teatri imperiali Ivan Vsevolozskij, era tratto dal racconto di E.T.A. Hoffmann Nussknacker und Mausekönig, Lo schiaccianoci e il Re dei topi, nella versione francese (poco fedele) di Alexander Dumas. La proposta di comporre la musica era stata accettata senza molta convinzione da Cˇajkovskij. Il lavoro procedeva a fatica, continuamente rimandato e rimesso in discussione. Inoltre, Petipa dovette abbandonare a metà la coreografia, per motivi di salute, lasciando il compito di terminare lo spettacolo a Lev Ivanov. I ballettomani e il pubblico accolsero Lo Schiaccianoci con qualche riserva. Le critiche riguarda- vano soprattutto l’infantilismo e l’assurdità del soggetto, la mancanza di momenti adatti alle posizioni plastiche e alla mimica del balletto classico. A Cˇajkovskij non piacque, inoltre, né il decorativismo delle scene né il cattivo gusto dei costumi, che faceva apparire i personaggi “vestiti come brioches far- cite della pasticceria di Filippov”. Le critiche al balletto andrebbero però con- siderate nel contesto dell’intera serata, che comprendeva anche l’opera in un atto Iolanta. Cˇajkovskij aveva immaginato di abbinare l’opera e il balletto in una sorta di spettacolo unico, nel quale la coerenza era il frutto del contrasto tra i due lavori. Da una parte si assisteva alla storia romantica di Iolanta, la figlia del Re che riacquista la vista grazie all’amore del conte Vaudémont; dall’altra, al mondo fantasmagorico e capriccioso dello Schiaccianoci. L’aspetto fiabesco del balletto diventava meno assurdo, venendo dalla storia patetica di Iolanta. Lo spettacolo rappresentava una specie di proseguimento festoso dell’ingresso della principessa nelle meraviglie del mondo visibile. Prima ancora di aver completato la strumentazione del balletto, Cˇajkovskij preparò una Suite da concerto della partitura, eseguita in anteprima a San Pietroburgo con la direzione dell’autore. Ma nella tradizione russa capita di frequente che vengano preparate, come in questo caso, delle suite da concerto con vari numeri del balletto. La musica è tratta in sostanza dall’Atto II, che descrive la visita della piccola Clara, guidata dal giocattolo trasformatosi in principe, nel castello magico di Confiturenbourg, luogo di deliziosi impulsi gustativi. Le scene del balletto descrivono laghi di sciroppo e fiumi di caramello, un paesaggio punteggiato da castelli di marzapane e alberi di canditi. La Fata Confetto, il Principe Coqueluche, le sorelle del principe Schiaccianoci sono gli ospiti della stupefatta Clara, che assiste anche a un esotico divertissement mul- tietnico, con danze spagnole, arabe e cinesi, a rappresentare cioccolata, caffè e tè, più una danza russa. Forse nello Schiaccianoci mancano le grandi melodie del Lago dei Cigni o della Bella addormentata. In compenso, Cˇajkovskij stru- menta la partitura con una rara fantasia di sfumature e varietà di colori. Nello Schiaccianoci, per esempio, compare per la prima volta un ruolo solistico per la celesta, uno strumento che Cˇajkovskij fece arrivare quasi di nascosto da Parigi, per paura che altri musicisti russi lo adoperasse prima di lui. Rispetto alla tragedia della Sinfonia Patetica, di poco successiva, la musica dello Schiaccianoci appare superficiale e decorativa, con i suoi fiori e i suoi cannoli di crema danzanti. Eppure quella leggerezza irrazionale riesce a parlare al cuore del pubblico in maniera altrettanto efficace. La Patetica e Lo Schiaccianoci rappresen- tano due aspetti dello stesso disagio esistenziale. Cˇajkovskij sentiva terrore per il grande vuoto al centro del proprio essere e cercava invano di sfuggire al suo richiamo, sia che guardasse nel fondo dell’abisso, sia che tentasse disperatamente d’ignorarlo. Modest Musorgskij (Pskov 1839 - San Pietroburgo 1881) Quadri di un’esposizione (orch. Maurice Ravel) (ca. 40’) promenade - 1. Gnomus - promenade - 2. Le vieux château - promenade - 3. Les tuileries - 4. bydlo - promenade - 5. ballet des poussins dans leurs coques - 6. Samuel Goldenberg et Schmuÿle - 7. Le marché de Limoges - 8. Catacombae (Sepulchrum Romanum) - Cum mortuis in lingua mortua - 9. La cabane sur des pattes de poule (baba- Yaga) - 10. La grande porte de Kiev Anno di composizione: 1874 Prima esecuzione: Parigi, 19 ottobre 1922 «Sono sempre stato un avversario convinto di tutti gli arrangiamenti di un’opera esistente fatti da altri invece che dall’autore. Lo sono soprattutto quando si tratta di un artista tanto cosciente e sicuro di quel che faceva come Musorgskij». Nelle Chroniques de ma vie (1935), Stravinskij polemizzava, senza nominarlo, con Ravel, colpevole forse di aver riscosso un sensazionale successo con la sua magistrale orche- strazione del più consistente lavoro pianistico di Musorgskij, la suite di dieci pezzi e cinque interludi in forma di variazioni Quadri di un’esposizione. I motivi del malu- more risalivano forse ai burrascosi rapporti con il direttore d’orchestra Sergej Kusevickij, che si era rivolto al musicista francese per commissionare la versione orchestrale del capolavoro postumo di Musorgskij. In realtà il primo tentativo di trascrivere per orchestra i Quadri avvenne già nel 1891, in occasione del decimo anniversario della morte del compositore. Rimskij-Korsakov sollecitò un suo allievo, Michajl Tusmalov, a strumentare alcuni episodi. All’inizio del XX secolo vari musici- sti, tra cui il direttore inglese Henry Wood, tentarono l’impresa, ma i risultati miglio- ri risalgono al primo dopoguerra, quando la musica arcaica e aspra di Musorgskij cominciò a destare una forte impressione. L’immediato precedente dell’orchestrazio- ne di Ravel fu la trascrizione completa dei Quadri preparata dal compositore ceco Leo Funtek, attivo in Finlandia. Questa versione di grande qualità, l’Urtext per così dire di tutte le trascrizioni successive, risale al 1921 e costituì quasi certamente la base per il lavoro di Ravel, il quale aggiunse la precisione della sua raffinata imma- ginazione sonora. Sia Funtek, sia Ravel ebbero a disposizione solo l’edizione dei Quadri pubblicata da Rimskij-Korsakov dopo la morte dell’amico. Il testo autentico infatti fu pubblicato a Mosca nel 1930, a cura di Pavel Lamm. Per esempio, nella versione di Rimskij-Korsakov Bydlo inizia con un pianissimo seguito da un crescen- do, mentre nel manoscritto di Musorgskij l’attacco è indicato subito in fortissimo. Il primato indiscusso del lavoro di Ravel risiede in generale nel perfetto equilibrio tra l’espressione originale della musica di Musorgskij e la fedeltà al proprio mondo sonoro. Ravel aveva già esplorato il mondo di Musorgskij nel 1913, avendo comple- tato e riveduto per Diaghilev, in collaborazione con Stravinskij, la strumentazione di Chovanšcˇina. Ravel sembra intuire gli umori controversi di Musorgskij, che proiettava nei quadri dell’amico Hartmann le inquietudini del suo animo. Un filo d’ironia, però, tiene sempre a distanza in Ravel le passioni dalla parte più delicata della personalità. Il suono asprigno di una tromba in do, per esempio, introduce con una punta di sarcasmo la Promenade del narratore, che immaginiamo in visita alla mostra con il passo un po’ pesante del corpulento Musorgskij di quegli anni. La Promenade, indicata all’inizio con una didascalia un po’ ampollosa (Allegro giusto, nel modo russico; senza allegrezza, ma poco sostenuto), perde via via il carattere cerimonioso, fino a sparire addirittura del tutto. Ravel elimina infatti l’ultima pro- menade, tra i due ebrei e Limoges, come se il punto di vista del soggetto finisse per fondersi con le immagini stesse dei quadri. Il processo d’identificazione tra il narra- tore e l’oggetto rivela un risvolto inquietante, se si considera che il percorso di Hartmann rappresentava anche il passaggio dalla morte all’aldilà, dalla profonda oscurità della scena nelle catacombe e