Segreti Di Stato 1. La Macchina Del Delitto Politico Non Si

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Segreti Di Stato 1. La Macchina Del Delitto Politico Non Si SSEEGGRREETTII DDII SSTTAATTOO “Sono azioni contemplate nella Ragione di Stato quelle la cui giustificazione non richiede altro che la stessa Ragione di Stato.” Friedrich Meinecke di Daniela Zini 1 Il Segreto di Stato è un atto politico, che può essere disposto, esclusivamente, dal Presidente del Consiglio dei Ministri e che impedisce alla Autorità Giudiziaria la acquisizione e la utilizzazione delle notizie, sulle quali è apposto. Si differenzia dalle classifiche di segretezza – la cui attribuzione ha natura di atto amministrativo – che non sono opponibili alla Magistratura. [http://www.camera.it/parlam/leggi/07124l.htm] 2 1. La macchina del delitto politico non si ferma mai L’odio disperato dell’oppresso, la follia, il desiderio di potere, la vendetta, la frustrazione, sono le ragioni che, solitamente, armano il sicario. I “bagni di sangue” staliniani, tedeschi, spagnoli, le esecuzioni seguite ai grandi processi del Tribunale Speciale fascista 1, per la difesa dello Stato, si identificarono nella applicazione dei metodi terroristici, sui quali si fonda ogni dittatura per reggersi. 1 La Legge 25 novembre 1926, n. 2008 [http://www.memorieincammino.it/admin/UploadAllegatiArgomentiArchDoc/0000008/e.Le%20 Leggi%20Fascistissime-Legge%2025-11-1926.pdf ] reintrodusse la pena di morte per i reati contro la sicurezza dello Stato e istituì il Tribunale Speciale per la Difesa dello Stato, un formidabile strumento di repressione del dissenso politico. 3 Natalio Alberto Nisman Sia assassino o “suicidio costrittivo”, la morte del cinquantunenne procuratore argentino Natalio Alberto Nisman 2, trovato, il 18 2 Il procuratore Natalio Alberto Nisman aveva accusato la presidente dell’Argentina, Cristina Fernandez de Kirchner, il ministro degli esteri, Hector Timerman, e altri funzionari del Governo di avere cospirato per insabbiare una indagine, che si sarebbe dovuta occupare del coinvolgimento dell’Iran in un attacco esplosivo a un centro ebraico, a Buenos Aires, nel 1994, che causò la morte di 85 persone e il ferimento di almeno 200. Secondo Nisman, Cristina Fernandez de Kirchner aveva chiesto al suo ministro degli esteri e ad altri funzionari di attivarsi per trovare una qualche forma di immunità per alcune persone di origini iraniane, sospettate per l’attacco, sperando in questo modo di migliorare i rapporti diplomatici e commerciali con l’Iran, per ottenere forniture di petrolio a prezzi più vantaggiosi e attenuare, così, i problemi dovuti alla crisi energetica in Argentina. Il piano, tuttavia, non era stato realizzato. Le accuse di Nisman, che indagava, da anni, sulla strage del 1994, erano basate su numerose intercettazioni telefoniche, effettuate, negli ultimi due anni, tra diversi funzionari governativi e altre persone molto vicine a Cristina Fernandez de Kirchner, che, invece, non er stata intercettata. Tra queste persone vi è, anche, Mohsen Rabbani, un iraniano che, per lungo tempo, è stato tra i 4 gennaio scorso, con una pallottola in testa, dalla madre, nel suo appartamento a Puerto Madero, un quartiere di Buenos Aires, restituisce attualità alla domanda: il delitto politico torna di moda? È facile rispondere: il delitto politico non è, mai, stato fuori di moda. Nulla è definitivo come la eliminazione di un avversario politico! Basta scegliere il “momento giusto”, vale a dire non commettere l’errore di farne un martire. Personaggi esperti nella eliminazione degli avversari politici, come furono, a suo tempo, Adolf Hitler o Iosif Stalin, ne sapevano qualcosa. membri più attivi dell’ambasciata a Buenos Aires e che è tra le persone sospettate per quanto avvenne al centro ebraico. Secondo Nisman, le prove raccolte erano molto consistenti. A distanza di venti anni non sono ancora del tutto chiare le responsabilità per l’attacco contro il centro ebraico. Nisman sosteneva che la strage sarebbe stata organizzata dall’Iran, che avrebbe, poi, affidato al gruppo libanese Hezbollah il compito di eseguirla. Nel 2007, furono emessi mandati internazionali per l’arresto di sei cittadini iraniani sospettati di essere coinvolti nell’attacco. Sono, ancora, latitanti e, in più occasioni, il governo iraniano ha negato qualsiasi coinvolgimento. Il 26 marzo scorso, la Camera Federale argentina ha respinto l’imputazione presentata dal procuratore Natalio Alberto Nisman contro la presidente Cristina Fernandez de Kirchner. 5 Allorché, nei mesi di giugno e di luglio del 1934, Adolf Hitler, cedendo alle pressioni dei capi delle Forze Armate tedesche, dei suoi collaboratori Hermann Wilhelm Göring e Heinrich Luitpold Himmler e, non da ultimo, ai suoi sentimenti, ordina la eliminazione di Ernst Röhm, dei capi delle SA 3 e della opposizione turbolenta, “mettendo nel mazzo” i nazisti di sinistra di Gregor Strasser e l’ex-capo del governo Kurt Ferdinand Friedrich Hermann von Schleicher, compie una astuta mossa politica. A quanti credevano che una cosa del genere fosse impossibile, in Germania, Adolf Hitler dà una dimostrazione di spregiudicata sottigliezza politica. “La gente non accetterà? La gente accetta, la gente lo desidera.”, dirà il führer ai suoi collaboratori. Il bisogno di ordine, nella Germania post-weimariana, è tale che la eliminazione degli attaccabrighe, degli smargiassi e dei prepotenti delle SA viene salutata con sollievo. 3 Le SA , abbreviazione di Sturmabteilung , letteralmente battaglione di assalto sono, anche, conosciute come camicie brune per il colore della loro divisa. 6 Kurt Daluege, Heinrich Himmler ed Ernst Röhm L’uomo della strada si dice: “Ecco l’uomo d’ordine, che mette a posto i violenti.” L’uccisione di Röhm e camerati fu il lasciapassare per milioni di altre vittime. Ormai, bastava preparare la strada, incanalando l’odio e le frustrazioni delle masse verso obiettivi determinati: gli ebrei, i non ariani, i francesi, gli slavi. La stampa era, strettamente, in mano ai nazisti e ai loro alleati. La radio, anche. 7 Fu una semplice questione di metodo. Il procedimento, seguito da Stalin, nell’ordinare le purghe degli anni 1930, partì da un elemento più squisitamente mistico: le eliminazioni e il freddo siberiano – tanto se ne occupava lui! – furono riservati agli anonimi. Per chi aveva un nome e un rango nel partito, il successore di Vladimir Il’ic Ul’janov ricorse al rito del processo. Autentici misteri orientali, legati a certe esigenze dell’anima russa e della tradizione ortodossa, i processi dei “sedici”, nel 1936, dei “diciassette”, nel 1937, e dei “ventuno”, nel 1938, sublimano l’apparato processuale, quale strumento di eliminazione: la “giustizia” assurge a nuove vette. Grigorij Evseevic Zinov’ev, Lev Borisovic Kamenev, Karl Berngardovic Radek, Georgij Leonidovic Pjatakov, Nikolaj Ivanovic Bucharin, Aleksej Ivanovic Rykov, Nikolaj Nikolaevic Krestinskij, si piegano alla “linea del partito”, confessano i propri “errori”, accettano senza reazione la sorte dell’agnello pasquale. Lenin ha fatto la Rivoluzione, Stalin fa l’Unione Sovietica. Sconvolto dalle confessioni dei rei, il popolo sovietico è dilaniato tra la fede, il dubbio e la paura. Se il processo contro il maresciallo Michail Nikolaevic Tuchacevskij e l’epurazione, in seno all’Armata Rossa, hanno lasciato il pubblico 8 sovietico nella indifferenza – chi, mai, ama gli alti ufficiali? – qui, sono sul banco degli imputati i Padri della Rivoluzione. Si accusano di errori, di tradimenti. Come è possibile? Allora, la morte la meritano! Ecco perché il popolo sta male! L’anima slava è incline alla sincerità. Il russo si confessa volentieri; è sufficiente che beva o abbia problemi interiori, si pensi a Lev Nikolaevic Tolstoj, a Fëdor Michajlovic Dostoevskijj. Se questi confessano, allora, vuole dire che sono sinceri. Ed ecco le condanne. Approvate! Il Grande Maestro dei Popoli si dimostra nella sua gelida statocrazia un autentico maestro di psicologia delle masse. Al suo confronto, Benito Mussolini e gli altri piccoli personaggi, che azionano, negli anni 1930, la macchina del delitto politico sono dei semplici dilettanti. Eppure, la subdola macchina non si è, mai, fermata. Sia l’odio disperato, che arma la mano dei popoli oppressi; sia la follia; sia semplice dilettantismo o frustrazione; sia il desiderio di potere e di vendetta; la cronaca del delitto politico è tra le più nutrite. 9 Il filone lo hanno scoperto, dopo il teatro e la lirica, anche il cinema e la televisione. E’ del 1973 il film su Giacomo Matteotti 4, il deputato socialista, che denunciò alla Camera le violenze e i brogli elettorali, che avevano accompagnato le elezioni dell’aprile del 1924, svoltesi in base alla Legge Acerbo 5 e sotto la paura delle squadracce nere. La sua uccisione, avvenuta, il 10 giugno 1924, per opera di sicari fascisti, e il mancato intervento del re a favore dei deputati ritiratisi sull’Aventino, che chiedevano l’abolizione della milizia fascista, aprono la via alla dittatura mussoliniana. In questo senso, il duce approfitta di un gioco, che svolge con poco rischio. Lo ripete tredici anni dopo, proprio il 9 giugno 1937, a Bagnoles- de-l’Orne. Per ordine del ministro degli esteri Galeazzo Ciano, su incarico del Servizio Informazioni Militari, un gruppo di cagoulards 6, 4 Il delitto Matteotti è un film del 1973, diretto da Florestano Vancini e interpretato da Franco Nero. 5 La Legge 18 novembre 1923, n. 2444, nota, anche, come Legge Acerbo, dal nome del deputato che redasse il testo, fu voluta da Benito Mussolini, per assicurare al Partito Nazionale Fascista una solida maggioranza parlamentare. 6 Nel gennaio del 1935, Eugène Deloncle, fonda una organizzazione segreta di estrema destra,
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