Pietracatella
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PIETRACATELLA Cenni Storici Alcuni reperti litici, rinvenuti in contrada “Surienz” e conservati al museo Pigorini di Roma, dimostrano che il territorio era abitato dai cavernicoli, in grotte tufacee non lontane dai due fiumi Tappino e Fortore. In contrada “Sant Jorij”, da alcune tombe, sono venuti alla luce oggetti in bronzo: braccialetto, pendaglio e spillo. Il catello “castellum” di Pietra, sorto nel territorio degli antichissimi insediamenti di Bucca e Planola, fu fondato dalla famiglia latina Petrea o Petreia, nell’anno 323 a.C.. Al tempo dei Sanniti e della Roma repubblicana, Pietracatella deve avere avuto, per la sua posizione geografica, un ruolo strategico molto importante. Infatti nel 102 a.C. un discendente dei Petrea, per aver salvato il console Catolo da un accerchiamento da parte dei Cambri, ricevette dai Romani la corona di gramigna: tale premio si dava solo a coloro che rendevano servigio di somma importanza alla Repubblica nei casi più eccezionali. Più volte il territorio è stato teatro di guerre e saccheggi. La località Saccomanno ricorda qualche memorabile saccheggio: ma ad opera di chi? Furono i Romani contro gli Apuli? Fu Annibale contro i Romani? Oppure una ritorsione dei Romani contro i Sanniti che appoggiavano Annibale? E’ un ricordo delle repressioni di Silla contro le popolazioni italiche di queste zone? Di certo il toponimo ricorda un evento memorabile che ha attraversato i secoli. Di sicuro il territorio nel periodo sannitico-romano fu testimone di eventi importanti. Vi passò Annibale, visti i ritrovamenti datati di elmi, tombe e scritte fenicie. La contrada, il vallone e la fonte denominata di “Pilo” fanno pensare alla presenza di guarnigioni romane comandate da un capitano di 1° ordine. Le guerre, però, se portarono distruzione nell’area fertile più vicina al Fortore, non cancellarono il castello di Pietra che anzi venne ripopolato, come dicono gli storici romani, con l’immissione di popolazioni Liguri. Pietra venne ‘visitata’ anche dai Saraceni che la chiamarono Pietra Desterna. Nei secoli cambiano i signori ma la Morgia rimane il punto di riferimento per tutti, per le scorrerie degli Ungari, per i duchi Normanni, per tutti coloro che conquistarono l’Italia. Di sicuro si sa che i Normanni prima, i Grimaldi, dopo, hanno segnato più di altri un millennio. La famiglia Del Vasto nell’XI secolo affidò a Riccardo I Pietracatella che divenne Contea di Civitate e roccaforte del Fortore. Durante il periodo Angioino, il feudo passò alla famiglia di Sus che lo ebbe in dote. Altre famiglie si succedettero a quella di Sud e il feudo toccò in dote ora alla famiglia Giorgio, ora a quella di Buccaplanola. Nel periodo Aragonese arrivarono i Di Capua conti d’Altavilla, poi i Carafa ed infine i Grimaldi. Dopo i Ceva Grimaldi, i marchesi venderanno a Guglielmo De La Feld e quest’ultimo ai Pasquale, famiglie molto note oggi a Pietracatella. Cosa visitare LA CHIESA DI SAN GIACOMO E LA CRIPTA DI SANTA MARIA Sulla cima della “Morgia” si erge maestoso e severo il complesso architettonico comprendente la cripta di Santa Margherita e la sovrastante chiesa di San Giacomo. Iniziato verso il secolo XII è stato completata, con apporti gotici, alla fine del secolo successivo. La primitiva chiesetta di Santa Margherita, in origine completamente affrescata, è adiacente ad un altro vano cieco in cui si trova un blocco monolitico, forse un altare primitivo. La Chiesa di San Giacomo è stata realizzata in parte sulla roccia e in parte sulla cripta di Santa Margherita. La presenza, nella parte superiore della facciata principale di una sola finestra a feritoia, con forte strombatura, con due rozzi occhioni laterali, l’accentuato verticalismo le davano il carattere di una 1 chiesa fortezza tipicamente normanna. In realtà essa era elemento integrante del possente castello poligonale che sorgeva alle sue spalle e al quale era collegata da un passaggio riservato esclusivamente ai signori feudatari. In epoca successiva, allo spigolo destro della facciata principale della chiesa è stato aggiunto una contrafforte a bastione come elemento di consolidamento per la costruzione del campanile ed è stata aperta un’altra finestra a feritoia. Alla navata centrale formata da quattro campate diseguali, con volte a crociera, si affiancavano sul lato destro altre tre piccole campate irregolari, compresa quella sottostante il campanile. Attualmente la chiesa superiore è in nuda pietra; i capitelli sono diversi l’uno dall’altro e l’altare è situato a ridosso della facciata principale e non sul lato opposto, come di norma: sull’arcata principale dell’ingresso laterale nord sono presenti le lettere dell’alfabeto fenicio che tanto interessano gli storici. Il Crocifisso ligneo All’interno del tempio c’è un antico crocifisso in legno di pregevole fattura considerato il più interessante e antico fra i pochi crocifissi lignei del Molise. Multi studiosi sono concordi nel datarlo intorno al XIII secolo. La Trombetta, nel suo testo “Arte nel Molise attraverso il medioevo” lo inserisce nell’ambito della produzione romanica. Gotica della scultura lignea campana del XIII secolo. Non si conoscono notizie inerenti l’opera fino alla fine del 1600 quanto il Cardinale Orsini durante le sue sacre visite a Pietracatella, emanò decreti per la sua manutenzione. LA CHIESA DI SANTA MARIA DI COSTANTINOPOLI Le testimonianze sulle origini del culto alla Madonna, che a Pietracatella è venerata con il titolo di Costantinopoli, passato poi, nel corso dei secoli, al più affettuoso appellativo di “Madonna della ricotta”, sono frammentarie e in alcuni casi pressoché inesistenti. Il culto della Madonna di Costantinopoli è attestato e diffuso soprattutto al sud della nostra penisola in quelle terre che un tempo facevano parte del Regno di Napoli; molti altri paesi del Molise, infatti, mostrano una particolare devozione alla Vergine. Una prima testimonianza possiamo riscontrarla tra il XIV e il XV secolo quando in località “Chiesa rotta” (nei pressi dell'attuale cimitero) vi era stata edificata una piccola cappella rurale, all'interno della quale, molto probabilmente, vi era custodita una statua lignea policroma raffigurante la Madonna. Si tratta di un'opera, risalente al 1370, raffigurante la Madonna seduta con il Bambino appoggiato in grembo in atto di benedire e con la mano sinistra tiene il globo crugigero, opera di pregevole fattura, importante esempio di scuola abruzzese, molto simile, nelle fattezze, alla Madonna di Costantinopoli presente nel Santuario di San Michele Arcangelo sul Monte Gargano. E' probabile, inoltre, che questa primitiva cappella fosse di fondazione anteriore, intorno al XI-XII secolo. Dal XIV secolo in poi non abbiamo notizie che ci informano di vicende inerenti a tale edificio, bisogna arrivare al 1606 per riscontrare un nuovo interesse. A questa data risale una campana di piccole dimensioni (presente nell'attuale cella campanaria) che reca su di un lato lo stemma della famiglia marchesale Ceva Grimaldi e dall'altro l'effige della Vergine, con il motto “Verbum caro factum est” dono di Gianfrancesco Ceva Grimaldi, che in questo stesso anno conseguì il titolo di Marchese di Pietracatella. Date le dimensioni ridotte del manufatto è facile supporre la sua collocazione in una piccola cella campanaria, come poteva essere quella di cui era dotata la cappella in questione. Questo edificio sacro mantenne la sua funzione di culto fino al 1696, come ci è dato sapere dal rendiconto della quarta visita pastorale, nel luglio dello stesso anno, del Cardinale Vincenzo Maria Orsini (eletto nel 1725 al soglio pontificio con il nome di Benedetto XIII) che così decreta: “..essendosi questa chiesa lesionata nei muri a causa dei fondamenti che non sono sodi, si ordina al Vicario foraneo di profanarla col demolire l'altare...e di trasferire la statua della B. Vergine nella Chiesa di San Rocco..”. Bisogna tener presente che la statua menzionata dal 2 decreto non corrisponde a quella del 1370 ma, bensì, a quella attuale, realizzata nel 1695 da Giacomo Colombo (1663-1731), scultore napoletano di grande abilità e fama. Non siamo a conoscenza dei motivi di questa commissione; c'è da ritenere che le nuove esigenze di culto e di devozione popolare portarono nel XVII secolo ad una maggiore richiesta, in tutte le comunità, di pregevoli statue lignee provenienti per buona parte dal capoluogo partenopeo, sede dei più importanti artisti attivi al tempo. La Chiesa di San Rocco, citata nel decreto, era già esistente nel 1690 (compare nell’ “Inventario delle cappelle e delle confraternite”), ed accolse al suo interno la statua della Vergine. La Chiesa, dedicata al santo pellegrino, era ubicata al di fuori della cinta muraria del paese, nella radura antistante Porta d'Achille, una delle cinque porte che permettevano l’accesso al borgo medievale. Nel 1701 l’antica cappella della Madonna di Costantinopoli per decreto dello stesso Orsini venne, infine, abbattuta. La devozione popolare portò in poco tempo all’intitolazione, nel 1705 della Chiesa di San Rocco a Chiesa Santa Maria di Costantinopoli, consacrata, poi, il 23 luglio 1713 dal Cardinale Orsini. La nuova chiesa, come possiamo appurare dal “Libro delle conclusioni, che si fanno dalla consulta e da tutti i confratelli”, redatto per la prima volta nel 1834, venne ricostruita ex novo a causa di un crollo; si legge infatti: “il 1° gennaio 1837 si approva il progetto del muratore Agnello Rea, il quale intende riedificare la cappella crollata a quelle condizioni eque che gli saranno imposte”. Successivamente la confraternita, indebitandosi notevolmente, decise di ampliarla fino a raggiungere le dimensioni attuali. Nel libro sopra accennato, si legge: “Il 3 giugno 1855 si esamina la rimostranza del muratore Antonio Vecere, il quale ha opposto con l’istrumento del 2 settembre 1853 egli si obblighi di fare per appalto tutti i lavori di ricostruzione e abbellimento della chiesa della congregazione giusta il disegno e la perizia. Inteso l’architetto D. Angelo Palmieri, questi ha detto esser vero che i prezzi sono assai bassi e quindi di esser giusto che si accolga la domanda dell’appaltatore....