Verdi a Milano Le Musiche Della Patria

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Verdi a Milano Le Musiche Della Patria VERDI A MILANO LE MUSICHE DELLA PATRIA Aggiornamento a cura della Città metropolitana di Milano Luglio 2017 Aggiornamento a cura della Città metropolitana di Milano Luglio 2017 VERDI A MILANO LE MUSICHE DELLA PATRIA A cura di Marco Valle Dicembre 2013 Promosso e realizzato dalla Provincia di Milano - Dicembre 2013 Progetto multimediale curato da: in collaborazione con il Conservatorio di Milano Giuseppe Verdi Settore comunicazione, Servizio Scopro e Medialogo Gruppo di lavoro: Mario Zerbini, Lara Lagonegro, A cura di: Marco Valle Renato Minotti, Ornella Bongiorni Si ringrazia: Casa di Riposo per Musicisti Fondazione Verdi, Crediti fotografici: Archivio Getty Images - Ufficio grafico, Fondazione Cineteca Italiana, Bibilioteca del Conservatorio Archivio Conservatorio Giuseppe Verdi di Milano, Mara Bianchi, Giuseppe Verdi, Biblioteca Isimbardi Ornella Bongiorni, Vito Chamia, Diego Rinaldi (Casa di Riposo per Musicisti, Fondazione Giuseppe Verdi), Mario Zerbini Progetto grafico: Barbara Forti Copertina, elaborazioni grafiche e illustrazioni: Luca Squizzato Ufficio grafico, Settore comunicazione La Provincia di Milano si rende disponibile al riconoscimento di eventuali diritti. INDICE LA MILANO DEL GIOVANE VERDI 11 Milano, il laboratorio della modernità 14 La Scala: un mito 19 Verdi dopo la bocciatura 15 Verdi e il suo misterioso taccuino 16 Vocabolario del melodramma 20 La Scala nel primo ottocento 22 Antonio Barezzi il mecenate 23 RITORNO A MILANO 27 Speranze e dolori 33 Dalla disperazione al successo 37 La patria della grande musica 31 Bartolomeo Merelli 35 La Galleria De Cristoforis 38 VA’, PENSIERO, IL CANTO DI UN POPOLO 43 Gli “anni di galera” 51 L’incendio del 1848 54 Giuseppina, il grande amore 47 Verdi e le cinque giornate del 1848: “le stupende barricate” 52 Da Mazzini a Cavour 56 IL MITO 59 Il ritorno a Milano. La Scala 63 Un grande, luminoso tramonto 70 Teresa Stoltz 66 Ricordi 72 VERDI A MILANO 75 La Casa di riposo Giuseppe Verdi 77 La cripta 80 Il monumento 81 Il Conservatorio 83 Il Museo Teatrale Alla Scala 85 L’Archivio Ricordi alla Biblioteca Braidense 86 Il Grand Hotel Et De Milan 87 Il progetto della Provincia per il Conservatorio 85 Gabriele D’Annunzio, per la morte di Giuseppe Verdi 88 GIUSEPPE VERDI, LA VITA 91 Biografia 93 LA MILANO DEL GIOVANE VERDI 12 Milano, Piazza Sempione, Arco della Pace Estate 1832. Giuseppe Verdi nelle “accademie” di Busseto sale da Busseto a Milano. Il 22 e dintorni. In quell’ambiente giugno presenta la sua doman- provinciale egli era portato 13 da d’ammissione al Conserva- alle stelle anche come piani- torio come “alunno pagante”. sta. Ma si vede che Baistroc- Ha diciannove anni - troppi per chi, il vecchio organista delle l’occhiuto regolamento dell’Isti- Roncole, non gli aveva impo- tuzione - e una passione bru- stato la mano secondo gli ulti- ciante per la musica. La sua mi dettami della tecnica piani- unica possibilità d’accedere stica» (1). è provare ai suoi esaminato- Il ragazzo è bocciato. ri d’essere degno di meritare Nel verbale si legge che una deroga - prevista dall’ar- “avrebbe bisogno di cambia- ticolo dieci del regolamento - re la posizione della mano”, “per meriti eccezionali”. L’esa- correzione che, considerata me è arduo e gli esaminatori l’età, viene ritenuta ardua se sono severi. Molto severi. non impossibile. La delusione «È certo che la sorte sfavore- è enorme. vole si decise nell’esame di Verdi non dimenticherà mai la pianoforte, di cui era giudice ferita inferta al suo orgoglio il maestro Antonio Angeleri, e alla sua arte, eppure non distinto insegnante e teorico demorde. dello strumento. Decide di rimanere a Milano Verdi presentò un brillante - Busseto e i bussetani per lui “Capriccio” di Herz, con sono ormai il passato - e stu- il quale era solito far furore diare privatamente. Il giovane Giuseppe Verdi Milano, Galleria Vittorio Emanuele II MILANO IL LABORATORIO DELLA MODERNITÀ Ma perché il giovane musici- domanda centrale nella lunga Come vedremo, nella città am- che al tempo “Peppino” è sta in quel lontano 1832 de- vicenda verdiana, che merita brosiana il giovane “provincia- suddito di Sua Grazia Maria cide di restare a Milano? Una d’essere indagata. le” e “straniero” - ricordiamo Luigia, duchessa di Parma e Piacenza - dispone, grazie ai degli anni Venti nobili e bor- suoi benefattori, di alcuni ap- ghesi avevano l’abitudine di Verdi poggi e sostegni che gli con- passare da un salotto all’altro dopo la bocciatura 15 sentono di proseguire gli studi e di concludere la serata alla privatamente e, poi, d’aprirsi Scala; le case ospitali erano la strada nell’intricato mondo aperte dal pomeriggio a tarda “Circa otto giorni dopo (la bocciatura ndr) mi recai dal Rolla artistico meneghino. Sarebbe sera ai numerosi amici, i perso- il quale mi disse: non pensate più al Conservatorio, scegliete però errato ridurre la scelta - naggi più noti del mondo cultu- un maestro in città, io vi consiglio o Lavigna o Negri. Lavigna decisamente impegnativa - ad rale, agli stranieri» (2). era fortissimo nel contrappunto, qualche poco pedante e non una mera convenienza. Il giovane Verdi, ormai insof- vedeva altra musica che quella di Paisiello. Mi ricordo che A differenza delle altre città ita- ferente della pigra vita nel na- in una sinfonia ch’io feci, egli mi corresse tutto l’instrumentale liane del tempo, Milano - mal- tio ducato, rimane affascinato alla maniera di Paisello. Starei fresco, dissi fra me, e da quel grado le sue dimensioni anco- dalla vita culturale e artistica e momento non gli mostrai più nulla di composizione ideale; ra ridotte - è un centro europeo dalle dinamiche sociali della e nei tre anni passati con lui, non ho fatto altro che cano- di prima grandezza. Come capitale del Lombardo Vene- ni e fughe, fughe e canoni in tutte le salse. Nissuno mi ha annota Nanda Torcellan, «du- to. Dopo la bufera napoleo- insegnato l’instrumentazione e il modo di trattare la musica rante la Restaurazione Milano nica e l’esperienza del Regno drammatica. Eccovi cosa fu Lavigna. Vi ripeto: era dotto e io è la città più mondana d’Italia, Italico, l’aristocrazia milanese vorrei che fossero tutti così i maestri insegnanti”. la buona società milanese è (detestata dal principe Metter- aperta ai ceti emergenti e ac- nich che, non a caso, priva Giuseppe Verdi coglie con interesse i viaggia- di privilegi e titoli gran parte tori stranieri e almeno nei primi della nobiltà lombarda) non è anni anche i rappresentanti più la chiusa e frivola società del governo austriaco. Stando “cintata” dileggiata dal Parini, sempre alla testimonianza di ma è (o si vuole immaginare) Stendhal, nella festosa Milano cosmopolita, colta e moderna. Verdi e il suo 16 misterioso taccuino Mentre i ceti dirigenti disertano d’imprenditori come Vincenzo l’ormai cupo palazzo vicere- Ferrario, Giacomo Pirola, An- “Verdi portava sempre con sé un libriccino di annotazioni le- ale - nel tempo austriaco i fa- tonio Stella, dei Sonzogno, dei gato in verde, che non gli serviva però per prendere appunti, sti di Eugenio di Beauharnais Ricordi e dei Lucca - i grandi ma per scrivere delle minute. sono ormai un ricordo -, si editori musicali su cui ritorne- Egli aveva l’abitudine di scrivere ogni giorno una fuga. aprono salotti - ben diversi da remo nel nostro viaggio nel Quando il quaderno era pieno, lo gettava via, perché con- quelli settecenteschi - e nuovi mondo verdiano - nasce un’in- siderava la più modesta ispirazione più della migliore cosa circoli associativi: spazi aper- dustria della carta stampata di preparata, e lo scrivere fughe era per lui come una terapia, ti al piacere dell’incontro, alla respiro europeo e si afferma come una lubrificazione del suo meccanismo musicale inter- discussione (anche politica) e un punto di riferimento per le no, forse anche come un’ironica penitenza di suoi antichi alla cultura. Luoghi liberi in cui intelligenze della penisola - Le- peccati operistici. Prendeva i temi delle sue fughe da un qua- sono ammessi i rappresentanti opardi in primis - ormai insof- lunque rumore: il richiamo di un venditore di gelati o di un della borghesia emergente, gli ferenti delle obsolete chiusure barcaiolo, il grido che accompagna il lavoro dei trebbiatori intellettuali e gli artisti affermati. municipaliste. È un passaggio e dei vignaioli, il pianto di un bambino, la cadenza di una Non a caso, dopo il trionfo de importante che conferma la breve frase musicale. “Il Nabucco”, Verdi - il “cam- centralità della città - in quegli Una volta fece stupire i suoi vicini sul banco senatoriale, pagnolo” di Busseto - verrà in- anni una vera “Lipsia d’Italia” l’amico Piroli e Quintino Sella, traducendo sopra quattro fo- vitato nell’esclusivo salotto del- come ha scritto Franco Della glietti del suo libriccino il tumulto di una seduta parlamentare la contessa Maffei. Ma vi è di Peruta - nel panorama nazio- molto mossa, in una complicata doppia fuga”. più. Negli anni Trenta dell’Ot- nale e internazionale. tocento, Milano diventa il rife- Accanto ai libri vi sono poi le Franz Werfel, da “Verdi. Il romanzo dell’opera” Milano, 1929 rimento primario dell’editoria riviste, i giornali. Iniziative an- italiana. Grazie all’impegno cora elitarie - l’analfabetismo, malgrado gli sforzi innegabili un riflesso politico. «L’abitudine dei napoleonidi e degli asbur- alla tolleranza, l’apertura a gici rimane una piaga diffusa-, personalità di diversa estra- ma importanti. zione sociale, la curiosità per Nella capitale del Lombardo le idee nuove che giungono Veneto si pubblica non solo il dall’estero, la diffidenza ver- “il Conciliatore” di Confalo- so il governo asburgico dopo nieri e Pellico (un’esperienza i processi del 1821, finisco- controversa ma importante, no per avvicinare i salotti alle conclusasi tragicamente con idee liberali. D’altronde la le condanne al carcere duro rigidità della corte di Vienna dello Spielberg), ma anche gli nei confronti dell’aristocrazia “Annali di Statistica” di France- milanese, esclusa in molti casi sco Lampato e Gian Domenico dalla corte e sospettata di li- Romagnosi, poi il “Politecnico” beralismo, allontana progressi- di Cattaneo e la “Rivista Eu- vamente la buona società dal ropea” di Tenca.
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