L’AGRICOLTURA NELLE AREE PROTETTE: IL CASO DEL PARCO DELL’ETNA

Ricerche nell’ambito delle attività istituzionali dell’Osservatorio sul Sistema dell’Economia Agroalimentare della Sicilia (OSEAAS)

Responsabile della ricerca: Dott. Antonino PUTRINO

______Catania, Maggio 2006 INDICE

PREMESSA pag. 3

1. L’ASSETTO ISTITUZIONALE DELLE AREE PROTETTE pag. 6 La normativa nell’Unione Europea pag. 6 La normativa in Italia pag. 10 La normativa Siciliana pag. 18

2. IL PARCO DELL’ETNA pag. 22

3. METODO D’INDAGINE pag. 30

4. CONSIDERAZIONI SU ALCUNI INDICI DEMOGRAFICI pag. 33

5. LA STRUTTURA DELLE AZIENDE AGRICOLE pag. 36

6. IL COMPARTO ZOOTECNICO pag. 49

7. LE SPECIE VEGETALI AGRARIE pag. 51

8. L’OFFERTA DEI PRODOTTI E LA COMMERCIALIZZAZIONE pag. 54

9. SWOT ANALISYS pag. 64

10. POSSIBILI PROPOSTE DI VALORIZZAZIONE DEI PRODOTTI AGRICOLI DEL PARCO: IL MARCHIO DEL PARCO pag. 70

CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE pag. 73

BIBLIOGRAFIA

2 PREMESSA

L’istituzione di un parco, ed in genere di un’area naturale protetta, rappresenta un diverso approccio dell’uomo e delle sue attività con il territorio, con il patrimonio naturale e con il paesaggio perchè non si dovrebbe più avere sfruttamento sconsiderato e devastazione ma utilizzo oculato delle risorse, perseguito attraverso idonei strumenti di pianificazione. E’ questa l’opportunità per avere uno sviluppo sostenibile e durevole, che dia la possibilità di crescere alle popolazioni locali attraverso la creazione di opportunità lavorative, soprattutto per i giovani.

Negli ultimi decenni, a quelle storiche, si è associata una nuova finalità per i parchi: quella dello sviluppo economico e sociale delle comunità interessate1. Così, dalla concezione statunitense di parco nazionale, dove l’uomo, comedistruttore della natura, era stato estromesso, si giunge al modello europeo - in particolare a quello francese - in cui l’uomo è ricollocato all’interno delle aree protette con intenti e responsabilità nuovi, sempre di conservazione, ma ora anche di gestione delle risorse naturali e di sviluppo delle popolazioni. (Corvatta G., 1986).

L’identità del parco è oggi sicuramente più complessa e variegata che in passato. Essa non è inquadrabile all’interno di un rigido modello, ma è un’identità aperta a molteplici esperienze: ora il parco è mezzo di protezione, ora è opportunità di uno sviluppo sostenibile dell’economia, ora è lo strumento che permette di usufruire di finanziamenti straordinari comunitari, nazionali, regionali e così via. (Moschini R., 1998).

Molteplici sono le opportunità di sviluppo: dal recupero dei centri storici all’agricoltura compatibile, dal turismo all’artigianato, ai prodotti di qualità, ecc, sono queste le nuove prospettive che si possono presentare, in termini di opportunità, per un’area protetta.

1 Questa nuova finalità, già esplicita nelle politiche delle zones périfériques che circondano i parchi nazionali, è stata soprattutto enfatizzata nell’esperienza dei parchi regionali europei, anche in relazione alle politiche regionali di riequilibrio territoriale e al ruolo che gli abitanti possono svolgere nella manutenzione dei territori antropizzati. L’esperienza inglese ha dimostrato che gli obiettivi conservativi e quelli di pubblico godimento possono essere meglio perseguiti con la cooperazione degli agricoltori che coi vincoli e gli espropri. (Gambino R., 1992, p. 44).

3 La presenza dell’area protetta deve comportare unvantaggio per le varie attività presenti, non solo attraverso l'opportunità di migliorare la produzione, ma anche attraverso la promozione della multifunzionalità, concetto questo molto ricettivo per tale tipologia di ambienti. Le aree protette sono infatti luoghi particolarmente indicati per sperimentare le innovazioni soprattutto in materia di politica agro-ambientale, come ad esempio la valorizzazione e tipicizzazione dei prodotti e la diminuzione degli input agrochimici.

Le aree protette assolvono ad una grande varietà di funzioni e apportano numerosi benefici sia indiretti che diretti. Oltre a proteggere la fauna e la flora di una determinata area possono anche essere viste ed utilizzate come luoghi in cui le risorse viventi (animali e piante) si riproducono e dov'è possibile, a differenza di altrove, attingere a tali risorse per scopi scientifici. È da rilevare che, nelle aree protette la funzione didattica riveste un ruolo principale infatti, l'osservazione della natura, e dei beni culturali in genere, può diventare uno strumento didattico di grande importanza. Inoltre, le aree naturali protette consentono un utilizzo razionale delle risorse ambientali poiché è possibile l'uso diretto delle risorse naturali. Per quanto riguarda la funzione socio- economica delle aree protette, essa nasce dalla necessità di migliorare il tenore di vita delle popolazioni che vi abitano.

Un miglioramento delle condizioni socio-economico delle popolazioni delle aree sottese da Parchi e Riserve possono ottenersi attraverso l’incentivazione di “nuove”attività compatibili con i vincoli legati alla presenza del parco, ad esempio lo sviluppo di attività turistiche ecocompatibili, dell’ agricoltura biologica o il prelievo regolamentato di alcune risorse. Ci si è resi conto che molto del successo della politica dei parchi dipende dalla possibilità di innescare processi diffusi di sviluppo e sfruttamento sostenibili, che ricordiamo dipendono dalla possibilità di mantenere nel tempo una particolare specie e/o risorsa in una zona definita dell'ambiente grazie alla sua capacità di rinnovamento. Per fare ciò, è indispensabile il coinvolgimento diretto delle popolazioni locali e delle diverse figure economiche presenti all’interno dei parchi e dunque ammettere la partecipazione attiva nei Consigli Direttivi dei relativi rappresentanti, in primo luogo di quelli appartenenti al mondo agricolo. Questo perché

4 la condivisione o meno alla istituzione di un parco da parte degli agricoltori (ed in misura minore, delle altre figure professionali) è legata, in primo luogo, alla capacità dell’Ente Parco di chiarire, ancor prima della delimitazione dei confini, le linee guida di quello che costituirà il Piano del parco e dalla loro percezione “positiva” o “negativa” del bilancio tra maggiori opportunità e maggiori vincoli conseguenti alla presenza del nuovo regime vincolante.

Il peggiore nemico delle aree protette risulta essere l’assenza di confronto con le popolazioni residenti, la mancanza di concertazione e di trasparenza nella vita interna delle comunità interessate e nelle scelte che le coinvolgono. Altrettanto pericolose possono risultare le posizioni di coloro che intendono mantenere i parchi in una sfera angusta, illusoriamente al riparo dai processi che caratterizzano la società. (Valbonesi, 1999).

I problemi di “efficienza” delle aree protette non si esauriscono con l’istituzione delle stesse ma, anzi, si incrementano con la capacità “gestionale” dell’Entegestore. Infatti, ai fini di una saggia ed oculata gestione è auspicabile che ampio spazio sia dedicato alla pianificazione delle singole azioni, siano esse orientate alla protezione integrale delle risorse o mirate al loro utilizzo razionale, sempre, tuttavia, in un’ottica di sostenibilità dello sviluppo locale.

In Sicilia, sin dal 1987, assume un ruolo di primo piano il Parco dell’Etna, esteso 59.000 ettari, ricadente in 20 comuni dell’area pedomontana. In tale territorio l’attività dell’uomo è svolta da tempi immemori così come le attività produttive strettamente connesse all’attività primaria (a monte, a piano ed a valle).

Alla luce di quanto esposto obiettivo del presente lavoro è:

 analizzare l’evoluzione delle strutture aziendali nel Parco dell’Etna;

 rilevare i volumi delle produzioni ottenute ed i relativi sbocchi di mercato e canali distributivi seguiti da tali produzioni;

 analizzare le caratteristiche socio-economiche degli imprenditori agricoli ed il numero di occupati in agricoltura presenti all’interno del Parco dell’Etna.

5 1. L’ASSETTO ISTITUZIONALE DELLE AREE PROTETTE

1.1 La normativa nell’Unione Europea La normativa comunitaria in materia di ambiente nasce a partire dalla seconda metà degli anni sessanta ed ha seguito un’evoluzione nel corso della quale emergono diverse fasi e modalità di approccio alla tematica di cui è oggetto (cfr. tabella 1).

Nella prima fase, iniziata a seguito dei primi movimenti ecologisti che denunciarono l’allarme ambientale, gli interventi erano volti all’applicazione di divieto e sanzione nei confronti dei diversi Paesi dell’Unione.

Nella fase seguente, intercorsa tra la fine degli anni settanta e gli inizi degli anni novanta, si comincia a promuovere la prevenzione con azioni rivolte sia agli enti pubblici che ai soggetti privati.

Nell’ultima fase, quella odierna, si sta cercando mediante una politica mirata di coniugare la tutela dell’ambiente allo sviluppo economico.

Diverse sono le tematiche contenute nel corpo normativo Europeo, dalle risorse naturali all’inquinamento ed impatto ambientale, dalla tutela della salute agli interessi dei consumatori.

Riguardo alle Comunicazioni ed ai Programmi in materia di ambiente, la prima Comunicazione risale al 1972 all’interno della quale sono definiti i primi dettami rivolti alla protezione ambientale. Il primo Programma (1973/77), invece, ha avuto come tema l’inquinamento, mentre nel secondo (1978/81) venne introdotto il tema della salvaguardia della fauna selvatica. All’interno del terzo Programma (1982/87), da cui discendono le prime leggi sulle aree protette, si affronta la tematica inerente i danni all’ambiente.

Nell’Atto Unico Europeo (1987) al Titolo VII si recita “salvaguardare, proteggere e migliorare la qualità dell’ambiente”; e nelle Direttive che seguirono il Quarto Programma d’azione (1988/92) vennero dettate le norme relative alla conservazione degli habitat naturali e della fauna selvatica. Qui ricordiamo la più importante e conosciuta delle direttive comunitarie in materia, la 92/43, comunemente conosciuta

6 Tabella 1 - Principali disposizioni in materia di ambiente dell' U.E.

Anno Disposizione Argomento e/o scopo

1972 Direttiva n. 159/72 primo accenno sulla tutela della natura

I Programma di azione in per la salvaguardia della natura a seguito 1973 campo ambientale dell'inquinamento industriale

II Programma di azione 1978 ambientale

III Programma di azione per la prevenzione e la salvaguardia del 1983 ambientale patrimonio ambientale

1987 Anno Europero dell'ambiente

1990 Regolamento 1210/90 varo dell' Agenzia Europea dell'Ambiente

Norme tecnico-produttive per l'agricoltura 1991 Regolamento 2092/91 biologica

1992 Regolamento 1973/92 istituzione del LIFE

azioni rivolte alla lotta contro l'inquinamento e IV Programma di azione realizzazione di azioni volte alla creare nuove 1992 ambientale prospettive di sviluppo socio-economico

1992 Direttiva 92/43 "direttiva habitat"

V Programma di azione 1993 ambientale nasce la rete Natura 2000

7 come “direttiva habitat”, che delinea quale risultato finale la creazione di unarete di aree naturali protette a livello europeo. Infatti, a partire dal 1993 la politica ambientale europea subisce una svolta dal punto di vista della sua organicità con il varo della rete europea delle aree protette denominata “NATURA 2000”. La costituzione delle reti ecologiche ha rappresentato uno dei temi principali della “Strategia Paneuropea della diversità biologica e paesaggistica” approvata a Sofia nel 1995 dalla Conferenza dei Ministri dell’Ambiente della Unione Europea. Il primo tema di azione prevedeva la costituzione di una rete ecologica paneuropea (EECONET) al fine di conservare i diversi, ecosistemi, specie e habitat, ove per rete ecologica si intende un’infrastruttura naturale e ambientale che persegue il fine di relazionare e di connettere diversi ambiti territoriali per recuperare quegli ambienti soggetti al degrado che hanno mantenuto viva una, seppur minima, valenza ambientale. Le aree naturali protette, e cioè parchi e riserve, devono far parte di un sistema di aree di più elevato valore ambientale, per incrementare la tutela della biodiversità, ponendo maggiore attenzione sulla conservazione dei patrimoni genetici locali. Le aree da includere nella rete possono far parte di sistemi diversi, e tra questi, i Siti di Importanza Comunitaria (S.I.C.), le Zone di Protezione Speciale per l’avifauna (Z.P.S.), i Siti di Importanza Regionale (S.I.R.) e le Oasi di protezione (ai sensi della normativa sull’attività venatoria).

Dal Titolo XVI del trattato di Maastricht del 1992 e dalle indicazioni della Conferenza di Rio de Janeiro , sempre nel 1992, prende corpo il Quinto programma di azione (1993/97), in cui si parla insieme alla tutela dell’ambiente anche di sviluppo sostenibile. In sostanza, viene affermato il principio attraverso il quale se è vero che debba essere protetto un luogo in cui sono presenti risorse naturali aventi una particolare valenza non per questo deve esserne penalizzato lo sviluppo economico del luogo stesso; ciò è evitabile mediante l’adozione di politiche mirate che consentano il cosiddetto “sviluppo sostenibile”.

Tra i Regolamenti comunitari che si occuparono di ambiente il primo fu il n. 1365 del 26/05/1975 che portò all’istituzione di una fondazione europea che aveva come obiettivo il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro. Tra i molti altri che

8 seguirono, ricordiamo il n. 1210/90 con il quale venne istituita l’Agenzia Europea dell’ambiente. Con il Regolamento n. 1973/92 si istiuì il LIFE un importantissimo strumento finanziario per l’ambiente. Tale fondo è stanziato per interventi di tutela degli habitat e della natura sia per prevenire minacce o danni, sia per la salvaguardia ed il ripristino di quelli di particolare valore e di interesse europeo.

Il settore ambientale e oggetto d’intervento anche per i FondiStrutturali Europei che ricordiamo sono: il Fondo Europeo per lo Sviluppo Regionale, il Fondo Europeo Orientamento e Garanzia Agricola ed il Fondo Sociale Europeo. Il primo prevede il finanziamento di infrastrutture per la tutela dell’ambiente; il secondosostiene interventi atti alla prevenzione dei danni ed il risanamento delle aree naturali; il terzo finanzia corsi di formazione professionale e culturale in ambito ambientale.

9 1. 2 La normativa in Italia In Italia il dibattito e l'iniziativa per le aree naturali protette parte con un certo ritardo rispetto agli altri paesi europei. Anche se la prima proposta di legge risale al 1964 quando un gruppo di parlamentari fece propria l’iniziativa dell’associazione ambientalista Italia Nostra; fu a seguito dell’istituzione delle Regioni, nel 1970, che si innescò il dibattito sulle competenze il quale bloccò ogni azione. Proprio per quanto detto in materia di ambiente mancava, fino a pochi anni fa, una normativa chiara di riferimento, così come non risultavano chiari e definiti i compiti delle istituzioni. Fu a seguito delle emergenze ambientali verificatesi negli anni ottanta ed alle decisioni maturate in sede europea che nel 1986, anche in Italia, venne istituito il ministero dell’ambiente.

Ci sono voluti trent’anni per mettere a punto una legge che disciplinasse in modo organico l’intera materia delle aree protette italiane solo nel 1991 con la legge 6 dicembre n° 394, è stata dedicata questa “nuova” disciplina in forma di legge quadro. Con questa legge l’Italia, dopo decenni, si è allineata a molta parte dei paesi europei ed extra-europei per quanto attiene la tutela organica del sistema di risorse naturali a livello nazionale. Fino ad allora (cfr. tabella 2) la tutela si basava esclusivamente attraverso il sistema delle Riserve Naturali dello Stato, dai pochi Parchi Nazionali ormai definiti “storici” (il Gran Paradiso istituito nel 1922, l’Abruzzo nel 1923, il Circeo nel 1934 e quello della Calabria nel 1968), e dalla rete non ancora organica di esperienze a livello regionale. L’approvazione di tale legge rappresenta una decisa svolta al fine del riordino delle norme preesistenti sulle aree protette; costituita da 38 articoli, è una legge di principi vincolanti tanto per l’iniziativa statale che per quella regionale in materia di ambiente. Grazie ad essa, si è aperta una nuova fase per la politica della protezione della natura nel nostro paese, che vede lo Stato impegnato nella definizione di un proprio ruolo di indirizzo e di coordinamento, che finora mancava. Infatti la legge 394/91, preso atto dei contrasti emersi negli anni precedenti tra potere centrale e poteri locali, prevede in maniera esplicita una “leale collaborazione” e “pari dignità” fra Stato ed enti locali per quanto riguarda le rispettive competenze in materia di parchi.

10 Tabella 2 - Principali disposizioni legislative in materia di ambiente e di Parchi in Italia

Anno Disposizione Argomento e/o scopo

R.D.L n° 1584 del 1922 03/12/1922 Istituzione del Parco Nazionale del Gran Paradiso

R.D.L n° 257 del 1923 11/01/1923 Istituzione del Parco Nazionale d'Abruzzo R.D.L n° 3267 del 1923 30/12/1923 Legge "Serpieri" sulla bonifica montana R.D.L n° 285 del 1934 25/01/1934 Istituzione del Parco Nazionale del Circeo R.D.L n° 740 del 1935 24/04/1935 Istituzione del Parco Nazionale dello Stelvio

L. n° 1497 del 1° legge che si occupa della salvaguardia delle 1939 26/09/1939 bellezze naturali

L. n° 1150 del Norme per la programmzione territoriale che valuta 1942 17/08/1942 l'integrazione tra le problematiche ambientali e la pianificazione del territorio

Inizio dell'attività legislativa 1967 regionale in Istituzione del Parco dell'Adamello Brenta e del materia di tutela Parco di Panaveggio nella Provincia Autonoma di dell'ambiente Trento L. n° 503 del 1968 02/04/1968 Istituzione del Parco Nazionale della Calabria

Delega alle regioni delle competenze che riguardano 1977 D.P.R. n° 616 la tutela delle bellezze naturali

L. n° 431 del 1985 08/08/1985 Inizio di una vera Politica dell' Ambiente in Italia Legge "Galasso"

L n° 305 del Programmazione triennale per la tutela 1989 28/08/1989 dell'ambiente

L n° 142 del Cooperazione tra Stato, Regioni ed Enti Locali per la 1990 08/06/1990 tutela e la gestione delle aree protette

L.n° 394 del Istituzione e gestione delle aree naturali protette allo 06/12/1991 1991 scopo di garantire la conservazione e promuovere la Legge quadro valorizzazione del patrimonio ambientale del Paese sulle aree protette

Regolamento recante attuazione della direttiva D.P.R. n. 357 del 92/43 CEE relativa alla conservazione degli habitat 1997 08/09/1997 naturali e seminaturali, nonché della flora e della fauna selvatiche

L. n° 426 del 1998 Nuovi interventi in campo ambientale 09/12/1998 L. n° 179 del 2002 31/07/2002 Disposizioni in materia ambientale.

Decreto 03/09/2002 del 2002 Linee guida per la gestione dei siti Natura 2000 Ministero dell'ambiente

11 L’articolo 1, della suddetta legge, recita:

“la presente legge, in attuazione degli articoli 9 e 32 della Costituzione e nel rispetto degli accordi internazionali, detta principi fondamentali per l’istituzione e la gestione delle aree naturali protette, al fine di promuovere, in forma coordinata, la conservazione e la valorizzazione del patrimonio naturale del Paese.”

“Ai fini della presente legge costituiscono il patrimonio naturale le formazioni fisiche, geologiche, geomorfologiche e biologiche, o gruppi di esse, che hanno rilevante valore naturalistico e ambientale”.

“I territori nei quali siano presenti i valori di cui al comma 2, specie se vulnerabili, sono sottoposti ad uno speciale regime di tutela e di gestione, allo scopo di perseguire,in particolare, le seguenti finalità:

 conservazione di specie animali o vegetali, di associazioni vegetali o forestali, di singolarità geologiche, di formazioni paleontologiche, di comunità biologiche, di biotipi, di valori scenici e panoramici, di processi naturali, di equilibri idraulici e idrogeologici, di equilibri ecologici;

 applicazioni di metodi di gestione o di restauro ambientale idonei a realizzare una integrazione tra uomo ed ambiente naturale, che mediante la salvaguardia dei valori antropologici, archeologici, storici ed architettonici e delle attività agro-silvo-pastorali e tradizionali;

 promozione di attività di educazione, di formazione e di ricerca scientifica, anche interdisciplinare, nonché di attività ricreative compatibili;

 difesa e ricostruzione degli equilibri idraulici e idrogeologici”.

I territori sottoposti al regime di tutela e di gestione di cui al comma 3 costituiscono le aree naturali protette. In dette aree possono essere promosse la valorizzazione e la sperimentazione di attività produttive compatibili.

Nella tutela e nella gestione delle aree naturali protette, lo Stato, le regioni e gli enti locali attuano forme di cooperazione e di intesa ai sensi dell’art.81 del Decreto del

12 Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n° 616, e dell’articolo 27 della legge 8 giugno 1990, n°142”.

Una particolare attenzione viene rivolta alla valorizzazione del patrimonio naturale italiano, ciò sta a significare che la legge non attenziona solo la situazione attuale, nel senso della protezione del patrimonio esistente, ma vuole migliorare la situazione futura tramite la valorizzazione dell’ambiente naturale. Dal testo della legge, infatti, si evince chiaramente che la natura viene intesa come un bene materiale utilizzabile dall’uomo per le proprie finalità, siano esse economiche che sociali.

Nel secondo articolo, traviamo la classificazione delle aree naturali protette distinte per tipologia.

Al comma 1 sono definiti i parchi nazionali:

“quei parchi costituiti da aree terrestri, fluviali, lacuali, o marine che contengono uno o più ecosistemi intatti o anche parzialmente alterati da interventi antropici, una o più formazioni fisiche, geologiche, geomorfologiche, biologiche, di rilievo internazionale o nazionale per valori naturalistici, scientifici, estetici, culturali, educativi e ricreativi tali da richiedere l’intervento dello Stato ai fini della loro conservazione per le generazioni presenti e future”.

Al comma 2 sono definiti i parchi naturali regionali:

“ sono costituiti da aree terrestri, fluviali, lacuali ed eventualmente da tratti di mare prospicienti la costa, di valore naturalistico ed ambientale, costituiscono nell’ambito di una o più regioni limitrofe, un sistema omogeneo individuato dagli assetti naturali dei luoghi, dai valori paesaggistici ed artistici e dalle tradizioni culturali delle popolazioni locali”.

Al comma 3 vengono definite le riserve naturali:

“sono aree terrestri, fluviali, lacuali o marine che contengono una o più specie naturalisticamente rilevanti della flora e della fauna, ovvero presentino uno o più ecosistemi importanti per le diversità biologiche o per la conservazione delle riserve genetiche. Le riserve naturali possono essere statali o regionali in base alla rilevanza degli interessi in esse rappresentati”.

13 La caratteristica più evidente di questo articolo è il diverso trattamento riservato ai parchi nazionali rispetto a quelli regionali; mentre per i primi si parla di “ecosistema intatto o parzialmente alterato” per i secondi si parla di “sistema omogeneo”. Da questa considerazione scaturisce che per il parco nazionale la valutazione è basata sul valore intrinseco dell’ecosistema protetto mentre il parco regionale assume valore a seguito della funzione antropica.

Gli altri contenuti principali della legge possono così sintetizzarsi:

 la classificazione iniziale delle aree protette riguarda parchi nazionali e regionali, riserve statali e regionali; sono, però, possibili “altre” aree protette (Zone umide di interesse internazionale, Zone di protezione speciale (Zps), Zone speciali di conservazione (Zsc o Sic), Aree di reperimento terrestri e marine);

 appare un nuovo strumento: il piano di sviluppo economico e sociale di responsabilità della comunità del parco;

 è prevista l’attribuzione di priorità, l’incentivazione di interventi, attività, la promozione, iniziative economiche da parte del parco a favore di residenti ed operatori;

 la carta della natura è lo strumento di base che individua le risorse da cui desumere le linee complessive e fondamentali dell’assetto nazionale con riferimento ai valori naturali ed ambientali;

 un elenco di localizzazioni di terra e di mare individua le priorità istitutive iniziali, per l’avvio della nuova politica;

 l’unico divieto esplicitamente espresso riguarda l’attività venatoria;

 ad istituzione avvenuta si effettua l’aggiornamento dell’elenco ufficiale delle aree protette con l’inserimento delle nuove localizzazioni, che devono essere conformi ai principi della legge;

 un nuovo “attore” istituzionale entra a far parte degli organi di gestione, affiancando il presidente ed il consiglio direttivo: la comunità del parco.

14 Per quanto attiene la gestione del parco, bisogna segnalare che il legislatore ha voluto introdurre un elemento di novità. Bisogna, però, fare una distinzione (prevista dalla 394/91) tra parchi nazionali e parchi regionali. I primi hanno una forma giuridica comune a tutti gli enti gestori e l’ente parco assume la veste di ente di diritto pubblico; gli organi dell’ente parco durano in carica cinque anni e possono essere riconfermati una sola volta. Essi sono2:

 il Presidente, di nomina politica, ha un ruolo di rappresentanza;

 il Consiglio direttivo, composto da membri scelti dalla Comunità del parco, dalle

associazioni ambientaliste, da istituti scientifici e dai Ministeri dell’Ambiente e

dell’Agricoltura;

 la Giunta esecutiva, organo eventuale di cinque membri eletti dal Consiglio

direttivo fra i propri componenti;

 il Collegio dei Revisori dei Conti, per l’esercizio di un riscontro contabile sugli atti

dell’Ente parco;

 la Comunità del parco, organo consultivo e propositivo dell’Ente parco, costituita

dai presidenti delle Regioni e delle Province, dai sindaci dei Comuni e dai presidenti

delle Comunità montane nei cui territori sono ricomprese le aree del parco.

 Il Direttore del parco3 è nominato dal Ministero dell’ambiente con un apposito

concorso pubblico per titoli ed esami di dirigente superiore del ruolo speciale istituito

presso il Ministero suddetto4.

2 Cfr. art. 9, comma 2, legge 394/91, cit. 3 La critica che più spesso viene mossa su questo punto è che il Direttore del parco rischia di essere una figura anomala: esso, infatti , in base alla legge quadro, dovrebbe essere scelto tra un elenco di idonei, con l’albo istituito presso il Ministero dell’ambiente. In realtà il soggetto da designare al ruolo di direttore dovrebbe risultare persona gradita al rispettivo Presidente dell’ente parco, il quale, essendo di nomina politica, ne condiziona in tal senso la scelta. (Vaccaro R., 1996) 4 Cfr. art. 9, comma 11, legge 394/91, cit.

15 Per i parchi regionali, per ovviare a questo rigido schema, l’art. 24 della legge quadro specifica che “in relazione alla peculiarità di ciascuna area interessata, ciascun parco regionale prevede, con apposito statuto, una differenziata forma organizzativa”. Pertanto per i parchi regionali vengono dettate solo norme di principio e riguardo l’organizzazione prevede: l’istituzione di un ente di gestione, non per forza con personalità giuridica5; del piano pluriennale economico e sociale per la promozione delle attività compatibili di un regolamento6 e l’obbligo di redazione del piano del parco, avente uguali funzioni a quelle previste per i parchi nazionali.

La legge 426/98 amplifica il potere alle Regioni, nel senso che per l’istituzione di parchi e riserve deve essere fatta d’intesa con le Regioni interessate7 ed ancora il Direttore del parco, pur restando di nomina ministeriale, viene scelto all’interno di una rosa di tre nomi (iscritti all’albo speciale dei Direttori di Parco). proposta dal Consiglio dell’ente parco8 ed il vicepresidente sarà scelto tra cinque membri designati dalla Comunità del Parco.

La gestione delle aree naturali protette è competenza di svariati organismi strutturati secondo due livelli, uno centrale ed uno locale. Riguardo al primo insieme al Ministero dell’Ambiente troviamo il Comitato per le aree naturali protette e la Consulta tecnica per le aree naturali protette. Questi ultimi hanno il compito di redigere la Carta della natura e il Programma triennale per le aree naturali protette.

A livello locale oltre all’Ente Parco vi sono una pluralità di organismi che collaborano nella gestione. Le competenze dell’ ente gestore sono: la redazione del Piano del parco, del Regolamento e la realizzazione di iniziative per la “promozione economica e sociale”9 mediante l’elaborazione di un Piano pluriennale economico e sociale; sono i tre strumenti di gestione e programmazione che definiscono le attività consentite e permettono di ottenere i necessari finanziamenti. In particolare, il Piano deve essere aggiornato almeno ogni dieci anni e, una volta pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della

5 Cfr. art. 24, legge 394/91, cit. 6 Cfr. art. 24, comma 1, lett. D), legge 394/91, cit. 7 Cfr. art. 2, comma XXIII, legge 426/98. 8 Cfr. art. 2, comma XXV, legge 426/98. 9 Cfr. art. 14, legge 394/91, cit.

16 Repubblica italiana, esso è immediatamente vincolante nei confronti delle amministrazioni e dei privati10. In base ai contenuti del Piano, deve essere redatto il Regolamento del parco, da approvarsi contestualmente al Piano o comunque non oltre sei mesi dall’approvazione del medesimo. “Il Regolamento del parco disciplina l’esercizio delle attività consentite entro il territorio del parco”11, tenendo conto delle attività espressamente vietate dalla legge. Con la legge 426/98 è stato affidato al Regolamento un’altra competenza: “valorizzare anche i costumi, le consuetudini, e le altre attività tradizionali delle popolazioni residenti sul territorio, nonché le culture caratteristiche dell’identità delle comunità locali anche prevedendo l’esercizio di attività particolari collegate agli usi locali, fatte salve le norme in materia di divieto venatorio”12. Infine, il Piano pluriennale economico e sociale, introdotto con la legge quadro, avente come scopo principale “la promozione delle attività compatibili con le finalità del parco, atte a favorire lo sviluppo delle collettività residenti all’interno del Parco e nei territori adiacenti”13.

Passando in rassegna le fonti che finanziano le attività dell’Ente Parco esse sono molteplici e di diversa natura. Le principali derivano dai contributi ordinari e straordinari di Stato, Regioni ed altri enti pubblici, dai proventi derivanti dall’applicazione delle sanzioni ai trasgressori delle norme regolamentari, da lasciti e donazioni all’Ente parco da parte di soggetti privati o pubblici e da redditi derivanti dal patrimonio dell’Ente parco (proventi dei diritti di ingresso, canoni delle concessioni, ecc). Sicuramente, tra le fonti di finanziamento un ruolo di primo piano è rivestito dalle risorse comunitarie e da quelle nazionali. Le prime sono rappresentate da: Life natura, Life ambiente, Qcs - Pom Turismo, Qcs - Pom Ambiente e Interreg II C. Per quanto concerne invece le risorse nazionali, esse sono previste dal Programma stralcio di tutela ambientale e dalle delibere del C.I.P.E.

Oggi, dopo quattordici anni dalla emanazione, possiamo affermare che questa legge ha operato con esiti significativi, concretamente ed estensivamente, sia a livello teorico che

10 Cfr. art. 12, comma 8, legge 394/91, cit. 11 Cfr. art. 11, comma 1, legge 394/91, cit. 12 Cfr. art. 2, comma XXVIII, legge 426/98. 13 Cfr. art. 14, commi 1 e 2, legge 394/91, cit.

17 pratico; sono molti i risultati ottenuti: dall’incremento del territorio posto sotto tutela ai più cospicui finanziamenti destinati agli enti di gestione delle aree protette. Soprattutto la risposta delle regioni è stata completa in termini di adeguamento delle leggi regionali preesistenti alla legge quadro.

Tuttavia, malgrado le numerose possibilità di accedere alle succitate fonti di finanziamento (anche se non è possibile quantificare), sono state rilevate delle differenze nella capacità di spesa da parte degli enti di gestione nelle diverse aree del paese; infatti nelle aree protette del centro-sud si è verificata la non piena utilizzazione delle risorse disponibili. È stata rilevata, inoltre, la mancata ridistribuzione delle risorse inutilizzate dai primi assegnatari inadempienti ad altri enti di gestione che avrebbero potuto utilizzarle sempre e comunque per finalità ambientali.

1.3 La normativa siciliana

La presenza di aree di notevole interesse naturalistico e paesaggistico unita alla contemporanea vulnerabilità delle stesse ha fatto insorgere, in Sicilia così come nelle altre regioni italiane, la necessità di proteggerle maggiormente rispetto ad altre.

Tale esigenza ha fatto si che le istituzioni regionali si operassero nell’elaborare apposite leggi in materia di ambiente; infatti la prima legge regionale risale al 6 maggio 1981 (n° 98) successivamente modificata dalla n° 14 del 9 agosto 1988.

All’articolo 1 viene enunciato lo scopo principale che è quello di “salvaguardare e tutelare luoghi di grande interesse naturalistico, conservare il patrimonio vegetale e faunistico, ma anche salvare determinati paesaggi dalla distruzione dell’uomo”.

Ciò significa che con questa legge oltre a voler conservare ci si propone, nel contempo, di valorizzare (e non chiudere allo sviluppo economico) il territorio del parco.

L’ istituzione del parco, infatti, deve essere vista come volano di sviluppo per attività quali artigianato, turismo e, soprattutto, agricoltura.

18 All’articolo 2 vengono stabiliti i concetti di parco e riserva, e continua enunciando che possono istituirsi in parchi: “ quelle aree territoriali o marine di vaste dimensioni, che presentano rilevante interesse generale a motivo delle loro caratteristiche morfologiche, paleontologiche, biologiche, ed estetiche, con particolare riguardo alla flora e alla fauna, per provvedere alla conservazione delle caratteristiche stesse ai fini scientifici, culturali, economico-sociali e dell’educazione e ricreazione dei cittadini” .

Possono istituirsi in riserve: “quei territori e luoghi, sia in superficie sia in profondità, nel suolo e nelle acque, che per ragioni di interesse generale specialmente di ordine scientifico, estetico ed educativo vengono sottratti all’incontrollato intervento dell’uomo e posti sotto il controllo dei poteri pubblici al fine di garantire la conservazione e la protezione dei caratteri naturali fondamentali”.

All’articolo 6 vengono elencate le tipologie di territori tutelati e sono distinti in:

 parco naturale, per la conservazione di ambienti di preesistente valore naturalistico e per la fruizione sociale, ricreativa e culturale;

 riserva naturale, per la protezione di uno o più valori ambientali; e vengono distinte in quattro tipologie:

 riserva naturale integrale, per la conservazione dell’ambiente naturale nella sua integrità, con l’ammissione di soli interventi di carattere scientifico;

 riserva naturale orientata, per la conservazione dell’ambiente naturale, nella quale sono consentiti interventi colturali, agricoli e silvo-pastorali, purché non in contrasto con la conservazione dell’ambiente naturale;

 riserva naturale speciale, per particolari e delimitati compiti di conservazione bilogica, biologico-forestale, geologica, etnoantropologica,

 riserva naturale genetica, per la conservazione del patrimonio genetico delle popolazioni animali e vegetali della Regione.

All’articolo 7 si stabilisce l’articolazione in zone del parco; le zone sono quattro: A, B, C, D.

19 La zona A è detta di riserva integrale, poiché l’ambiente naturale è conservato nella sua integrità, cioè vengono salvaguardate tutte le componenti naturali presenti nella zona, caratterizzata da una minima presenza dell’uomo, sono consentiti i soli interventi che hanno come scopo quello di riportare alla naturalità, vengono comunque permesse le attività di ricerca scientifica, l’escursionismo e la pastorizia tradizionale.

La zona B di riserva generale, poiché pur essendo una zona di massima protezione, sono consentite alcune attività, ma continua ad essere vietata la costruzione di nuove case e l’esecuzione di qualunque tipo di opere che alterino il territorio. In questa zona sono consentiti il recupero e la ristrutturazione dei fabbricati rurali già esistenti, l’esercizio delle attività agricole tradizionali, la fruizione e la selvicoltura dal momento che rispetto alla zona A la presenza dell’uomo è maggiore.

La zona C è la zona di protezione dove vengono ammesse le costruzioni edilizie e le trasformazioni dei terreni aventi come finalità la valorizzazione del territorio del parco. Requisito fondamentale dei manufatti è quello che non devono entrare in contrasto con il paesaggio e con l’ambiente del parco al fine di ottenere uno sviluppo economico consono all’ambiente naturale.

La zona D detta zona di controllo può essere considerata come una zona “cuscinetto” poiché essendo forte la presenza dell’uomo viene consentito lo svolgimento di attività e la costruzione di nuovi edifici. In ogni caso, devono sempre possedere come requisito quello di essere compatibili con il territorio e non devono entrare in contrasto con le finalità del parco.

Gli organi dell’Ente Parco sono stabiliti all’articolo 9:

 il presidente

 il consiglio del parco

 il comitato esecutivo

 il collegio dei revisori

Al Presidente, nominato dal Presidente della Regione su proposta dell’Assessore regionale per il territorio e l’ambiente, competono la legale rappresentanza dell’Ente,

20 l’indirizzo ed il coordinamento delle attività e tutto quanto non rientra nelle competenze del consiglio e del comitato esecutivo.

Il Consiglio del Parco è nominato con decreto dell’Assessore regionale per il territorio e l’ambiente ed è composto dai sindaci dei comuni e dai presidenti delle province in cui ricade il territorio del Parco. Il consiglio provvede alla nomina del Comitato esecutivo entro dieci giorni dal suo insediamento (articolo 8 della L.r. n° 71/95 che ha modificato l’articolo 9 della L.r. 14/88).

Il Comitato Esecutivo è composto dal presidente del consiglio del parco, dal presidente del comitato tecnico-scientifico, dal capo dell’ispettorato delle foreste, dal direttore del parco e da quattro componenti eletti dal consiglio del parco di alta e comprovata competenza nella salvaguardia dell’ambiente.

Il Collegio dei Revisori ha il compito di effettuare il riscontro contabile sugli Atti dell’Ente Parco ed è composto da tre membri, uno designato dall’assessore regionale al territorio e ambiente, uno dall’assessore regionale al bilancio ed uno scelto tra gli iscritti nel ruolo dei revisori ufficiali dei conti.

21 2. IL PARCO DELL’ETNA

Il Parco dell’Etna è stato il primo ad essere istituito nella regione Sicilia con il D.P.R.S. n° 37 del 17 Marzo 1987. Si estende per una superficie complessiva pari a 59.000 ettari ed è compreso interamente nel territorio della provincia di . I comuni ricadenti nei confini del parco sono: , , , Bronte, , , , , , Milo, Nicolosi, , , , , Sant’Alfio, SantaMaria di Licodia, , e . I comuni etnei coprono una superficie complessiva di 135.790 ettari e su questo territorio risiedeva, al 2001, una popolazione complessiva di 219.514 abitanti, corrispondente al 20,8 % circa di quella dell’intera provincia di Catania.

Il territorio del Parco risulta ripartito in quattro zone: la zona “A”, 19.237 ettari di riserva integrale (il 32,7 % del totale, quasi tutti di proprietà pubblica); si estende dalla vetta del vulcano sino alle quote di Monte Minardo, è caratterizzata dalla presenza dei crateri sommitali, dal deserto lavico e dalla fascia dei pulvini; quest’area, infatti, risulta costituita per il 77% da lave e solo il 23% possiede una copertura vegetale (prevalentemente boschiva).

Dal punto di vista vulcanologico e geomorfologico, l’area è caratterizzata dalla presenza delle bocche sommitali (cratere centrale e crateri di NE e di SE) e da:

 colate laviche di varie datazioni e quindi in differente livello di “colonizzazione”;

 fratture eruttive e conetti vulcanici;

 formazioni rocciose di tipo “intrusivo”;

 “dagale”;

 campi fumarolici;

 grotte di scorrimento lavico.

Sotto l’aspetto biologico sono presenti:

22  specie vegetali ed animali endemiche dell’Etna;

 biocenosi ed ecosistemi endemici;

 biocenosi ed ecosistemi a carattere arboreo o arbustivo dominati rispettivamente da: Betulla dell’Etna (specie endemica), Faggio, Pino laricio, Pioppo tremulo, Querce caducifoglie, Leccio, Castagno;

 ecosistemi a carattere arbustivo dominati dalla Ginestra dell’Etna;

In questa zona è consentito:

 praticare l’escursionismo e lo sci-alpinismo;

 effettuare interventi sui rifugi e manufatti esistenti e ripristinare piste danneggiate;

 esercitare le attività forestali;

 esercitare la pastorizia (può esercitarsi al di fuori delle aree boscate per un carico massimo di 2 UBA per ettaro);

 effettuare ripopolamenti faunistici e reintrodurre specie scomparse;

 esercitare attività di ricerca scientifica;

 esercitare attività di sorveglianza vulcanologia;

 esercitare le attività di prevenzione antincendio.

È, invece, vietato:

 qualsiasi intervento sul territorio nelle aree in cui sono ubicate le stazioni delle specie endemiche dell’Etna aventi particolare valore biogeografico e le relative biocenosi e per un raggio di 100 metri dalle loro stazioni, fatte salve improrogabili emergenze per necessita’ di protezione civile ed antincendio;

23  realizzare nuove costruzioni od operare qualsiasi altra trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio;

 modificare il regime delle acque;

 prelevare terra, sabbia o altri materiali incoerenti, ad eccezione di esigenze urgenti di protezione civile ed antincendio o di attività di ricerca scientifica;

 esercitare la caccia o l’uccellagione;

 danneggiare, disturbare o catturare animali ad esclusione di attività nell’ambito di ricerca scientifica autorizzata;

 asportare o danneggiare piante o parti di esse ad eccezione dei funghi, per le attività di ricerca scientifica e per le altre attività consentite;

 introdurre veicoli motorizzati;

 accendere fuochi all’aperto;

 introdurre specie animali o vegetali estranee alla fauna o alla flora indigene del vulcano;

 esercitare qualsiasi attività industriale, ivi compresa quella estrattiva.

La zona “B”, 25.391 ettari di riserva generale si estende dai 640 ai 1880 sul livello del mare. Il 50% della superficie di quest’areapossiede una copertura vegetale e le specie predominanti risultano essere cerro, roverella,castagno, pino laricio e leccio.

Caratteristica peculiare di questo territorio è la presenza di piccoli appezzamenti agricoli privati molti dei quali oggigiorno sono stati abbandonati. Le cause sono da ricercare anzitutto sulla natura del terreno lavico che in molti casi non permette l’introduzione delle macchine agricole o perché il vecchio proprietario contadino è morto e le generazioni successive non hanno ritenuto remunerativo continuare a coltivare in quelle condizioni. Le coltivazioni maggiormente presenti sono alle quote più elevate gli arboreti da frutto (pere, mele) mentre più in basso gli arboreti da frutta secca (noccioleti, pistacchieti); ancora più a valle troviamo i vigneti.

24 Da un punto di vista geologico e morfologico l’area è caratterizzata da:

 lembi di colate laviche storiche dove sono ben evidenti le caratteristiche morfologiche della parte superficiale della copertura lavica;

 deviazioni di flussi lavici contro importanti ostacoli rappresentati da conetti vulcanici di precedente formazione e conseguente genesi di significative dagale (isola), alcune delle quali hanno assunto anche particolare pregio per valori floristico vegetazionali;

Sotto l’aspetto biologico sono presenti:

 ecosistemi erbacei, in continuità con gli analoghi ecosistemi ubicati in zona A;

 dagale con ecosistemi aventi struttura e composizioni diverse;

 boschi caratterizzati dalla presenza di specie quali: Faggio, Betulla dell’Etna, Pino laricio, Pioppo tremulo, Querce caducifoglie, Leccio, e boschi di Castagno;

 formazioni arbustive caratterizzate dalle essenze arboree sopra citate, dalla Ginestra dell’Etna, da altre essenze legnose come la ginestra comune (Spartium junceum) ed altre;

Le aree interessate dall’esercizio agrozootecnico rivelano giacitura più o meno inclinata, con sovente sistemazione superficiale del suolo (soprattutto terrazzamento). Sono suoli di origine vulcanica, pietrosi ed a roccia affiorante, che riducono le superfici utili alle coltivazioni.

Accanto ai predetti tipi di suoli, si rinvengono anche terreni più o meno pianeggianti, sedimentari, soprattutto nelle aree Maletto-Bronte.

Queste aree inframmezzate a formazioni boschive, a terreni abbandonati in via d’imboschimento, sono sede di coltivazione delle diverse specie erbacee ed arboree presenti nel massiccio etneo (olivo, vite, melo, pero, mandorlo, ficodindia, foraggere, grano, ortive, ecc, ).

25 In tale zona sono inoltre presenti antichi manufatti edilizi; tali costruzioni sono localizzate in zone di alta quota ed all’interno di ambiti tradizionalmente utilizzati per il pascolamento. Alle quote più basse, dove è più frequente la presenza delle coltivazioni ritroviamo invece le caratteristiche “casedde” etnee. In questi stessi ambiti sono anche rinvenibili i cosiddetti “pagghiari” in pietra lavica realizzati con la tecnica della “pietra a secco”.

In questa zona è consentito:

 esercitare l’escursionismo, lo sci-alpinismo -escursionismo;

 esercitare attività sportive;

 effettuare negli edifici esistenti interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria e di restauro conservativo nonché la ricostruzione dei manufatti danneggiati o distrutti da eventi vulcanici o sismici;

 esercitare attività forestali;

 raccogliere funghi;

 esercitare la pastorizia (è consentito esercitare la pastorizia di ovi-caprini, bovini ed equini per un carico massimo di 2 UBA per ha);

 esercitare le attività agro-zootecniche;

 esercitare attività di sorveglianza vulcanologia;

 esercitare le attività di prevenzione antincendio;

 esercitare attività di ricerca scientifica;

 effettuare ripopolamenti faunistici e reintrodurre specie scomparse.

È, invece, vietato:

26  realizzare nuove costruzioni ed operare qualsiasi trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio, ivi compresa la realizzazione di nuove strade rotabili, piste da sci, impianti di risalita;

 modificare il regime delle acque;

 prelevare terra, sabbia o altri materiali incoerenti, ad eccezione di esigenze urgenti di protezione civile ed antincendio o di attività di ricerca scientifica autorizzate;

 raccogliere o manomettere rocce o minerali, ad esclusione di attività nell’ambito di ricerca scientifica autorizzate;

 introdurre armi da caccia, esplosivi o qualsiasi altro mezzo distruttivo o di cattura;

 esercitare la caccia o l’uccellagione;

 danneggiare, disturbare o catturare animali, compresi quelli appartenenti alla fauna vertebrata minore ed agli invertebrati ad eccezione di attività nell’ambito di ricerca scientifica autorizzata;

 asportare o danneggiare piante o parti di esse. Tale divieto non sussiste per le attività agricole e silvo-pastorali, nonché per quelle di ricerca scientifica, queste ultime preventivamente autorizzate, è consentita inoltre la raccolta di specie erbacee spontanee a scopo alimentare;

 praticare campeggio;

 accendere fuochi all’aperto, ad eccezione di quelli necessari per le attività agricole e silvo-pastorali;

 introdurre specie animali o vegetali estranee alla fauna ed alla flora indigene, fatta eccezione per le specie coltivate nel complesso etneo;

 esercitare qualsiasi attività industriale, ivi compresa quella estrattiva.

27 Le zone “C” (4.188 il 75% dei quali costituito da terreni agricoli e boschi) e “D”, (9.551 ettari, in massima parte terreni agricoli) rappresentano l’area di “protezione a sviluppo controllato” (pre-Parco) che si presenta notevolmente antropizzata e dove si persegue uno sviluppo economico compatibile con il rispetto del paesaggio e dell’ambiente; come già detto, data la notevole presenza dell’uomo, in queste due zone sono consentite tutte le attività da quelle economiche a quelle ricreative.

Le aree agricole, senza soluzione di continuità con quelle analoghe della zona B, assolvono un ruolo importante sotto il profilo paesaggistico ed economico.

Vi sono inoltre presenti manufatti edilizi sparsi, anche di interesse storico unitamente a fabbricati di più recente costruzione.

In questa zona accanto alle aree utilizzate per l’agricoltura e alle aree urbanizzate vi sono rappresentati: boschi, dagale ed aree agricole abbandonate.

Nella zona C sono consentiti, previa redazione di un Piano Attuativo predisposto dall’Ente Parco (anche su iniziativa dei Comuni o di privati), interventi di trasformazione del territorio rivolti al raggiungimento dei fini istitutivi del Parco.

I Piani attuativi possono interessare anche porzioni di tali aree, purchè a parere del CTS la dimensione territoriale interessata sia consistente e l’iniziativa sia particolarmente valida sotto il profilo economico.

Qualora il Piano attuativo sia di iniziativa privata esso va accompagnato da una convenzione con l’Ente Parco e con il Comune competente. .

I Piani attuativi sono redatti sulla base della seguente documentazione:

 rilievo topografico a scala 1:2.000

 analisi puntuale dello stato di fatto evidenziando gli elementi di valore ed i fattori di degrado, ed in particolare:

 scarpate morfologiche, colate laviche, incisioni vallive, situazione colturale e d’uso dell’area, boschi, arbusteti, ecc.;

 percorsi storici, vecchi sentieri e mulattiere, analisi del patrimonio edilizio esistente in uso;

28  rilevamento ed analisi della rete di deflusso delle acque superficiali;

 studio geologico.

Infine, la zona D caratterizzata dalla presenza di aree molto eterogenee e frammentate, si ritrovano, anche, zone agricole interessate da processi di abbandono. Il paesaggio agricolo appare pertanto inframezzato di elementi della vegetazione naturale: elementi arborei isolati, boschi, pascoli, lave di varia datazione sede di svariati processi di colonizzazione vegetale; in alcune zone sono presenti aree umide o soggette a periodiche inondazioni caratterizzate dalla presenza di specie igrofile e/o idrofile.

Data la presenza del vulcano (che ricordiamo è il più alto d’Europa), possiamo affermare che il Parco dell’Etna si costituisce come elemento distintivo nel panorama dei parchi italiani, poiché l’attività dell’Etna modifica continuamente il paesaggio a seguito della periodica attività effusiva che ricordiamo in alcune occasioni ha provocato anche ingenti danni alle popolazioni locali.

29 3. METODO D’INDAGINE

Il territorio del Parco dell’Etna ricade, come detto, interamente nella provincia di Catania (fig.1) ed interessa il territorio di venti comuni. L’aliquota territoriale che ciascun comune ha all’interno del perimetro del Parco è, però, estremamente variabile dal momento che tale valore oscilla da oltre l’87% a meno del 10% con un valore medio del 42.8 % (cfr. tabella 3). Ai fini della presente ricerca, è rilevante il dato che più dell’80% del territorio del Parco ricade in nove dei venti comuni, e questi sono: Nicolosi, Zafferana Etnea, Linguaglossa, Castiglione di Sicilia, Randazzo, Maletto, Bronte, Adrano e Biancavilla.

Per l’analisi quantitativa dei fenomeni che le fonti statistiche ufficiali ( XIV censimento della popolazione, del 2001 e V censimento generale dell’agricoltura, del 2000) riferiscono ai singoli comuni bisogna considerare, ovviamente, che tutti i territori dei comuni interessati sono parzialmente sottesi dal perimetro del Parco. Per ovviare a questo “problema” ed al fine di conseguire risultati quanto più vicini alla realtà, vengono adottate metodologie diverse a seconda dei caratteri di volta in volta esaminati. Così per la rilevazione aziendale viene utilizzato il criterio della proporzionalità attribuendo alla superficie di ciascun comune del Parco un’aliquota corrispondente per ogni fenomeno rilevato e fissando una soglia minima di partecipazione, per singolo comune, del 30%. Al fine di non escludere dall’indagine territori estesi come quello del comune di Belpasso (il quale non raggiunge il 30% della superficie sottesa dal Parco) verranno aggiunti 1.000 ha alla superficie che tale comune ha effettivamente dentro il perimetro del Parco. Ciò significa che per quei comuni i quali la porzione di territorio sottesa dal Parco raggiunge tale estensione, pur non raggiungendo l’aliquota del 30%, essi verranno considerati parte integrante del territorio del Parco.

Questa metodologia sembra la più corretta, anche se non è scevra di imperfezioni; tale metodologia è già stata utilizzata in una precedente indagine commissionata dall’Ente Parco dell’Etna14, alla metà degli anni ’90 dello scorso secolo.

14 Sturiale C., Papale F.,1994. Parco dell’Etna, “Analisi del settore agrozootecnico”.

30 31 Tabella 3 - Superficie totale e superficie dentro i confini del Parco dei comuni etnei

Comune Superficie territoriale (ha) Rapporto b/a * 100 Comunale (a) Dentro i confini del parco (b)

Adrano 8.251 4.319 52,4

Belpasso 16.449 1.712 10,4

Biancavilla 7.066 3.830 54,2

Bronte 25.001 10.200 40,1

Castiglione di S. 12.041 5.412 45,0

Giarre (*) 2.748 _

Linguaglossa 5.838 4.120 70,6

Maletto 4.088 3.564 87,2

Mascali (*) 3.768 331 8,8

Milo 1.824 1.117 61,3

Nicolosi 4.248 3.271 77,0

Pedara 1.917 896 46,8

Piedimonte E. 2.646 793 30,0

Ragalna 3.923 2.504 63,2

Randazzo 20.484 6.270 30,6

Sant'Alfio 2.362 1.843 78,1

S.Maria di Licodia (*) 2.623 443 16,9

Trecastagni 1.896 1.296 68,4

Viagrande (*) 1.005 93 9,3

Zafferana E. 7.612 6.250 82,1

TOTALE 135.790 58.265 42,8

(*) Fonte: www.parks.it

32 L’indagine è stata quindi condotta su sedici dei venti comuni escludendo i comuni di Mascali, Giarre, e Viagrande; in termini di superficie complessiva i sedici comuni considerati sottendono quasi il 99% della superficie complessiva, pari a 57.225 ha. Dalla tabella 4 si evince che la superficie appartenente agli Enti Pubblici rappresenta il 52,6% (ripartita tra Comuni e demanio regionale) mentre il 47,4% è la quota appartenente ai privati. Analizzando lo stesso carattere nelle quattro zone componenti il Parco si notano delle profonde differenze; infatti passando dalla zona A alla zona D l’aliquota percentuale degli Enti pubblici decresce notevolmente: si passa dal 96,4% al 4,4%; per converso, la proprietà privata riveste scarsa importanza nella zona A (3.6%) per raggiungere il 95,6% nella zona D.

4. CONSIDERAZIONI SU ALCUNI INDICI DEMOGRAFICI

Riguardo la popolazione (cfr. tabella 5), riferendoci a tutti e 20 comuni che ricadono all’interno del Parco, i dati del XIV Censimento Generale della Popolazione, del 2001, e del V Censimento Generale dell’Agricoltura, del 2000, danno quasi 220 migliaia di unità residenti, 7,45 migliaia di popolazione agricola e 54 migliaia di popolazione attiva. Il dato più eclatante è la ridotta attività della popolazione residente infatti, solo il 25,5%, denuncia di disimpegnare un’attività produttiva; ciò mette in evidenza le difficoltà occupazionali che si sono consolidate negli ultimi anni.

Effettuando interessanti confronti intertemporali, rispetto ai dati rilevati nel 1991, la popolazione residente sembrerebbe cresciuta del 7%, quella attiva in complesso sia diminuita del 27% e quella agricola si sia ridotta del 45%. Quest’ultimo dato, confrontato con quello rilevato nel ventennio precedente, fa emergere una costante diminuzione dell’incidenza della popolazione agricola su quella attiva (appena il 13,4% del 2001 contro quasi il 39% del 1981).

33 Tabella 4 - Distribuzione della superficie del Parco dell'Etna per figure di proprietari e per zone (*)

Figure di "A" B C D TOTALE proprietari ha % ha % ha % ha % ha %

Privati 698 3,6 14.659 55,8 3.586 85,8 9.180 95,6 28.123 47,4

Comuni 8.479 43,9 5.546 21,1 424 10,1 305 3,2 14.754 24,8

Demanio 10.139 52,5 6.062 23,1 170 4,1 115 1,2 16.486 27,8

In complesso 19.316 100,0 26.267 100,0 4.18 100,0 9.600 100,0 59.363 100,0

(*) Fonte: Sturiale C., Papale F., Analisi del settore Agrozootecnico, 1994.

34 Tabella 5 - Indici demografici dei comuni del Parco dell'Etna (*)

Comune Popolazione residente Densità Popolazione attiva % Popolazione agricola % n° (a) n°/kmq n° (b) (b/a) n° (c) (c/b)

Adrano 35222 426,8 6856 19,5 1851 26,9

Belpasso 21488 13,6 5330 24,8 407 7,6

Biancavilla 22982 325,2 4718 20,5 1138 24,1

Bronte 19127 76,5 4782 25,0 681 14,2

Castiglione di S. 3592 30 902 25,1 147 16,3

Giarre 26756 973,6 7593 28,4 546 7,2

Linguaglossa 5427 92,9 1543 28,4 178 11,5

Maletto 4065 99,4 899 22,1 186 20,6

Mascali 11726 311,2 2985 25,4 352 11,7

Milo 1078 59,1 278 25,7 29 10,4

Nicolosi 6477 152,5 1904 29,4 91 4,7

Pedara 10863 566,6 3018 27,7 96 3,2

Piedimonte E 3744 141,5 1007 26,8 98 9,7

Ragalna 3133 79,8 808 25,7 111 13,7

Randazzo 11302 55,2 3075 27,2 833 27,1

Sant'Alfio 1674 70,8 444 26,5 83 18,6

S.Maria di Licodia 6756 257,5 1401 20,7 197 14,0

Trecastagni 8609 328,2 2456 28,5 118 4,8

Viagrande 6939 690,4 1945 28,0 67 3,4

Zafferana E. 8554 112,3 2200 25,7 244 11,1

TOTALE 219.514 243,1 54.144 25,5 7.453 13,4

(*) Fonte: www.istat.it, 2005

35 La principale motivazione di questo calo è legata al ritiro dalle attività della vecchia classe agricola pura non seguito dal naturale ricambio generazionale, ed al cambiamento dei modelli occupazionali a cui si è assistito negli ultimi decenni; in buona sostanza l’evoluzione socio-economica di queste aree ha comportato il diffondersi di figure professionali miste che pur facendo parte del mondo agricolo (in quanto risultano maggiormente tutelati ai fini previdenziali) dedicano gran parte della loro forza lavoro ad attività extragricole. Ciò è dovuto all’aumento del costo del lavoro non seguito da un eguale aumento del prezzo dei prodotti agricoli ottenuti.

Tutto ciò, ovviamente, concorre al continuo aumento delle superfici abbandonate nei territori del Parco.

5. LA STRUTTURA DELLE AZIENDE AGRICOLE

Per rilevare le caratteristiche principali delle aziende agricole presenti all’interno del Parco si è fatto affidamento sulle fonti statistiche ufficiali ed in particolare ci si è avvalsi dei risultati del V Censimento Generale dell’Agricoltura, del 2000. Come spiegato nel metodo d’indagine, l’analisi viene riferita alle porzioni di comuni sottese dal Parco.

Nella tabella 6 sono elencati il numero delle aziende, la superficie totale e la superficie agricola utilizzata così come risulta al 2000. La superficie agraria utilizzabile all'interno del Parco è pari a 16 mila ettari mentre la superficie totale è pari a 32,3 mila ettari suddiviso tra le 7.917 unità produttive. È interessante rilevare la dinamica quantitativa seguita dei caratteri suindicati nel ventennio 1982-2000 facendo specifico riferimento ai dati dei censimenti generali dell’agricoltura. Come si evince dalla tabella 7 riguardo al numero delle aziende si registra un trend in costante flessione; infatti si passa dalle 9.811 unità del 1982 alle 8.982 del 1990 sino alle 7.917 con una riduzione percentuale, rispetto all’anno di partenza, pari all’8.5% per

36 Tabella 6 - Consistenza, superficie totale e S.A.U. delle aziende ricadenti all'interno del Parco dell'Etna al 2000 (*)

Comuni Aziende Superficie totale S.A.U. N° % ha % ha %

Adrano 1.303 16,4 2.700 8,3 1.655 10,4

Belpasso 143 1,8 482 1,5 386 2,4

Biancavilla 630 7,9 722.7 2,2 602 3,8

Bronte 1.197 15,3 5.560 17,2 4.468 27,9

Castiglione di S. 499 6,3 2.410 7,4 1.239 7,7

Linguaglossa 438 5,5 2.545 7,9 1.266 7,8

Maletto 454 5,7 3.080 9,5 1.086 6,8

Milo 253 3,2 688 2,1 209 1,3

Nicolosi 462 5,8 1.843 5,7 648 4,1

Pedara 133 1,7 228 0,7 89 0,5

Piedimonte E. 217 2,7 257 0,8 210 1,3

Ragalna 230 2,9 420 1,3 304 1,9

Randazzo 390 4,9 4.247 13,3 2.308 14,5

Sant'Alfio 355 4,5 2.060 6,3 597 3,7

Trecastagni 413 5,2 651 2,0 189 1,2

Zafferana E. 800 10,2 4.482 13,8 754 4,7

TOTALE 7.917 100,0 32.379 100,0 16.010 100,0

(*) Fonte: Elaborazioni su dati del V Censimento Generale dell'Agricoltura, Roma, 2000.

37 Tabella 7 - Dinamica della consistenza delle aziende nei comuni del Parco dell'Etna 1982-2000 (*)

Comuni 1982 1990 2000 N° % N° % N° %

1.244 1.141 1.303 Adrano 100 12,7 91 12,7 104 16,4

224 178 143 Belpasso 100 2,3 79 2,0 63 1,8

952 972 630 Biancavilla 100 9,7 102 10,8 66 7,9

1.661 1.270 1.197 Bronte 100 16,9 76 14,1 72 15,3

940 608 499 Castiglione di S. 100 9,6 65 6,8 53 6,3

771 527 438 Linguaglossa 100 7,9 68 5,9 57 5,5

489 502 454 Maletto 100 5,0 103 5,6 93 5,7

265 232 253 Milo 100 2,7 87 2,6 95 3,2

561 543 462 Nicolosi 100 5,7 97 6,0 77 5,8

271 205 Pedara 100 2,8 75 2,3 49 1,7

197 192 217 Piedimonte E. 100 2,0 97 2,1 110 2,7

241 230 Ragalna __ __ 100 2,7 95 2,9

624 528 390 Randazzo 100 6,4 84 5,9 62 4,9

370 329 355 Sant'Alfio 100 3,8 89 3,7 95 4,5

675 830 413 Trecastagni 100 6,9 123 9,2 61 5,2

568 684 800 Zafferana E. 100 5,8 120 7,6 140 10,2

9.812 8.982 7.917 TOTALE 100 100,0 91 100,0 81 100,0

(*) Fonte: Elaborazioni su dati del III, IV e V Censimento Generale dell'Agricoltura, Roma.

38 il 1990 e al 19.3% per il 2000. Considerando lo stesso carattere a livello dei singoli comuni si osserva un trend in armonia con quanto appena detto fatta eccezione per i comuni di Adrano, Milo, Piedimonte Etneo e Zafferana Etnea. Per i primi tre si osserva dapprima una lieve flessione ed in seguito una più o meno accentuata inversione di tendenza (tale fenomeno è rilevabile soprattutto in Adrano dove si passa dalle 1.244 unità del 1982 alle 1.141 del 1990 alle 1.303 del 2000). Per Zafferana Etnea, invece, si osserva un trend in costante crescita poiché si passa dalle 568 unità del 1982 alle 684 del 1990 alle 800 del 2000.

Riguardo alla superficie totale (cfr. tabella 8) si rileva un andamento analogo anche se con ritmi evolutivi diversi rispetto al numero delle aziende. Infatti, nella maggioranza dei comuni si registra una flessione nel corso del ventennio considerato mentre per altri, tra cui spicca Maletto, si registra un costante aumento passando dai 1.9 mila ettari del 1982 agli oltre 3 mila ettari censiti nel 2000. Bisogna comunque sottolineare che molte volte tali variazioni non sono sempre correlate a dei cambiamenti reali. Poiché, visto il metodo impiegato nei rilievi censuari, in particolar modo quando le superfici di terreno afferenti alla stessa azienda ma ubicati in comuni diversi sono attribuiti a quello dove è situato il centro aziendale, si può facilmente incorrere (a seconda dei casi) a sopravvalutazioni o sottovalutazioni di tale carattere. La costante flessione del numero delle aziende e della superficie totale censita si rileva in maniera ancor più marcata nei terreni dove viene esercitata l’attività agro-pastorale (superficie agricola utilizzata). Infatti la S.A.U. totale censita passa dagli oltre 20 mila ettari del 1982 ai 16 mila del 2000 (cfr. tabella 9). Focalizzando l’analisi sui singoli comuni siffatta tendenza non si registra solo per Linguaglossa (costante crescita), mentre per quei comuni in cui si verificano delle oscillazioni, passando da un rilievo all’altro, la motivazione è daricercarsi nel fenomeno già illustrato nel caso della superficie totale. Analizzando la ripartizione delle aziende per classe di ampiezza (cfr. tabella 10) si vede che delle 7.917 aziende quelle con estensione inferiore ad un ettaro di S.A.U. ammontano al 68.3% (5.400 unità) e quelle con meno di un ettaro di superficie totale è pari al 60.1% (4.754 unità). Guardando alle altre classi di ampiezza, un’aliquota rilevante afferisce alle classi da 1-1.99 ettari (16,2%) e da 2-4.99 ettari (10.7%) mentre

39 Tabella 8 - Dinamica delle superfici totali censite nei comuni del Parco dell'Etna nel periodo 1982-2000 (*)

Comuni 1982 1990 2000 ha % ha % ha %

2.723 3.003 2.698 Adrano 100 7,9 110 6,1 99 8,3

1.173 788 482 Belpasso 100 3,4 67 1,6 41 1,5

1.425 1.560 723 Biancavilla 100 4,2 109 3,2 50 2,2

8.747 7.142 5.560 Bronte 100 25,5 81 14,4 64 17,2

3.390 3.274 2.410 Castiglione di S. 100 9,9 96 6,6 71 7,4

3.112 2.511 2.545 Linguaglossa 100 9,1 80 5,1 82 7,9

1.899 1.927 3.080 Maletto 100 5,5 101 3,9 162 9,5

488 440 688 Milo 100 1,4 90 0,9 140 2,1

1.501 1.869 1.843 Nicolosi 100 4,4 124 3,8 123 5,7

372 324 229 Pedara 100 1,1 87 0,7 61 0,7

310 314 257 Piedimonte E. 100 0,9 101 0,6 83 0,8

462 420 Ragalna 0 0 100 0,9 90 1,3

5.256 3.751 4.247 Randazzo 100 15,3 71 7,6 81 13,3

1.453 1.431 2.060 Sant'Alfio 100 4,2 98 2,9 140 6,3

1.040 1.300 652 Trecastagni 100 3,0 125 2,6 63 2,0

1.424 19,363 4,482 Zafferana E. 100 4,2 / 39,1 315 13,8

34.320 49.464 32.379 TOTALE 100 100,0 144 100,0 94 100,0

(*) Fonte: Elaborazioni su dati del III, IV e V Censimento Generale dell'Agricoltura, Roma.

40 Tabella 9 - Dinamica della S.A.U. nei comuni del Parco dell'Etna nel periodo 1982-2000 (*)

Comuni 1982 1990 2000 ha % ha % ha % 1.833 2.301 1.655 Adrano 100 8,9 125 12,9 90 10,4

1.086 687 386 Belpasso 100 5,3 63 3,8 35 2,4

1.187 1.225 602 Biancavilla 100 5,8 103 6,9 50 3,8

6.076 3.616 4.468 Bronte 100 29,2 59 20,3 73 27,9

1.905 1.365 1.239 Castiglione di S. 100 9,3 71 7,7 65 7,7

987 996 1.266 Linguaglossa 100 4,8 100 5,6 128 7,8

1.329 1.073 1.086 Maletto 100 6,5 80 6,0 81 6,8

200 190 208 Milo 100 1,0 95 1,1 104 1,3

617 854 648 Nicolosi 100 3,0 138 4,8 105 4,1

158 165 89 Pedara 100 0,8 104 0,9 56 0,5

269 235 210 Piedimonte E. 100 1,3 87 1,3 78 1,3

290 303 Ragalna 0 0 100 1,6 104 1,9

2.820 2.279 2.308 Randazzo 100 13,7 80 12,8 81 14,5

655 453 597 Sant'Alfio 100 3,2 69 2,5 91 3,7

779 555 189 Trecastagni 100 3,8 71 3,1 24 1,2

641 1.556 754 Zafferana E. 100 3,1 242 8,7 117 4,7

20.546 17.846 16.010 TOTALE 100 100 87 100 78 100,0

(*)Fonte: Elaborazioni su dati del III, IV e V Censimento Generale dell'Agricoltura, Roma.

41 Tabella 10 - Distribuzione delle aziende ricadenti all'interno del Parco dell'Etna per classi di S.A.U. (*)

Comuni Meno di 1 ha 1 -- 1,99 ha 2 -- 4,99 ha 5 -- 9,99 ha 10 -- 19,99 20 -- 49,99 ha 50 ha ed oltre TOTALE N° % N° % N° % N° % N° % N° % N° % N° %

Adrano 1.001 76,9 192 14,7 80 6,1 15 1,1 11 0,9 3 0,2 1 0,1 1.303 100,0

Belpasso 79 55,2 28 19,6 21 14,7 7 4,9 4 2,8 4 2,8 0 0 143 100,0

Biancavilla 485 77,0 88 14,0 39 6,2 12 1,9 4 0,6 2 0,3 0 0 630 100,0

Bronte 678 56,6 245 20,6 180 15,0 48 4,0 20 1,6 18 1,5 8 0,7 1.197 100,0

Castiglione di S. 278 55,8 109 21,8 84 16,8 19 3,8 5 1,0 3 0,6 1 0,2 499 100,0

Linguaglossa 251 57,3 94 21,5 73 16,6 9 2,1 6 1,4 4 0,9 1 0,2 438 100,0

Maletto 210 46,2 104 23,0 105 23,2 23 5,1 6 1,3 3 0,6 3 0,6 454 100,0

Milo 196 77,5 33 13,0 19 7,5 3 1,2 2 0,8 0 0 0 0 253 100,0

Nicolosi 355 76,9 50 10,8 32 6,9 9 1,9 11 2,4 5 1,1 0 0 462 100,0

Pedara 109 81,9 16 12,1 6 4,6 1 0,7 1 0,7 0 0 0 0 133 100,0

Piedimonte E. 169 77,9 23 10,6 19 8,8 4 1,8 2 0,9 0 0 0 0 217 100,0

Ragalna 132 57,5 60 26,1 28 12,2 8 3,4 2 0,8 0 0 0 0 230 100,0

Randazzo 244 62,6 58 14,9 39 10,0 19 4,9 11 2,8 10 2,5 9 2,3 390 100,0

Sant'Alfio 198 55,8 78 21,9 58 16,4 14 3,9 5 1,4 2 0,6 0 0 355 100,0

Trecastagni 368 89,1 29 7,0 13 3,2 3 0,7 0 0 0 0 0 0 413 100,0

Zafferana E. 647 80,8 74 9,3 57 7,2 12 1,5 6 0,7 3 0,4 1 0,1 800 100,0

TOTALE 5.400 68,3 1.281 16,2 853 10,7 206 2,6 96 1,2 57 0,7 24 0,3 7.917 100,0

(*) Fonte: Elaborazioni su dati del V Censimento Generale dell'Agricoltura, Roma, 2000.

42 tutte le altre intercettano appena il 4.8% del totale di aziende. Questi dati sono molto significativi poiché indicano la presenza di una diffusissimo fenomeno di polverizzazione aziendale il quale, di conseguenza, comporta volumi produttivi estremamente ridotti che, come vedremo, vengono sovente destinati all’autoconsumo od al mercato locale. Al fine di rimarcare il forte grado di polverizzazione aziendale all’interno del Parco, è stato rilevato anche il dato inerente la distribuzione delle aziende per classe di superficie totale (cfr. tabella 11) ed anche per tale dato si rileva che alla classe di ampiezza minore di un ettaro appartiene il 60,1% del totale delle aziende. Riguardo al dato inerente la S.A.U. intercettata dalle diverse classi di ampiezza emerge una situazione opposta a quella descritta in termini di numero di aziende; come rilevato, nella classe inferiore ad un ettaro ritroviamo appena il 12.6% della superficie, in quella da 1 a 1.99 ettari l’11.0% ed in quella da 2 a 4.99 ettari il 15.9% mentre nelle altre classi ritroviamo l’aliquota maggiore con oltre il 60% del totale di S.A.U (cfr. tabella 12). Dalla tabella 13 emerge che nelle aziende ricadenti all’interno del Parco la tipologia di manodopera prevalente è quella familiare con il 71.2% dei casi, seguita da quella in cui la manodopera familiare è prevalente (16.1%) e dal 7.4% dei casi in cui la manodopera è di origine extrafamiliare. In definitiva, il 95.2% delle aziende viene condotto direttamente dal coltivatore mentre l’aliquota rimanente (4.8%) viene condotta mediante operai o con l’ausilio di compartecipanti. Tale fenomeno viene confermato anche dal dato inerente la distribuzione della S.A.U. per forma di conduzione (cfr. tabella 14). Infatti, come si evince dai dati tabellati, oltre il 72% del totale della S.A.U. posta all’interno del Parco viene condotta direttamente dal coltivatore. Passando all’analisi dell’occupazione agricola all’interno del Parco nel 2000 si rileva che su un complessivo di oltre 518.000 giornate (cfr. tabella 15) quelle fornite dai conduttori e dai rispettivi familiari ammontano al 74.2% del totale (oltre 384 mila) mentre il rimanente viene fornito da operai ed assimilati.

43 Tabella 11 - Distirbuzione delle aziende ricadenti all'interno del Parco dell'Etna per classi di superficie totale (*)

Comuni Meno di 1 ha 1 -- 1,99 ha 2 -- 4,99 ha 5 -- 9,99 ha 10 -- 19,99 20 -- 49,99 ha 50 ha ed oltre TOTALE N° % N° % N° % N° % N° % N° % N° % N° %

Adrano 928 71,2 232 17,8 105 8,1 22 1,7 11 0,9 3 0,2 2 0,1 1.303 100,0

Belpasso 73 51,1 28 19,5 26 18,2 8 5,6 4 2,8 3 2,1 1 0,7 143 100,0

Biancavilla 449 71,3 109 17,3 51 8,1 15 2,4 4 0,6 2 0,3 0 0 630 100,0

Bronte 651 54,4 253 21,2 191 15,9 54 4,5 21 1,7 19 1,6 8 0,7 1.197 100,0

Castiglione di S. 244 48,9 112 22,5 98 19,6 29 5,8 10 2,0 4 0,8 2 0,4 499 100,0

Linguaglossa 213 48,6 98 22,4 93 21,2 20 4,5 6 1,4 6 1,4 2 0,5 438 100,0

Maletto 168 37,0 109 24,1 130 28,6 31 6,8 9 2,0 2 0,4 5 1,1 454 100,0

Milo 138 54,6 48 18,9 52 20,6 11 4,3 2 0,7 1 0,4 1 0,4 253 100,0

Nicolosi 287 62,2 66 14,3 60 13,0 21 4,5 15 3,2 8 1,7 5 1,1 462 100,0

Pedara 74 55,7 31 23,3 19 14,3 6 4,5 2 1,5 1 0,7 0 0 133 100,0

Piedimonte E. 155 71,4 29 13,4 24 11,1 7 3,2 2 0,9 0 0 0 0 217 100,0

Ragalna 108 46,9 62 26,9 45 19,6 13 5,7 2 0,9 0 0 0 0 230 100,0

Randazzo 228 58,5 65 16,7 42 10,7 22 5,7 13 3,3 11 2,8 9 2,3 390 100,0

Sant'Alfio 160 45,2 95 26,7 66 18,6 21 5,9 8 2,2 4 1,1 1 0,3 355 100,0

Trecastagni 319 77,2 56 13,7 29 7,0 7 1,7 1 0,2 0 0 1 0,2 413 100,0

Zafferana E. 559 69,8 108 13,6 89 11,2 24 3,0 10 1,2 8 1,0 2 0,2 800 100,0

TOTALE 4.754 60,1 1.501 18,9 1.120 14,2 311 3,9 120 1,5 72 0,9 39 0,5 7.917 100,0

(*) Fonte: Elaborazioni su dati del V Censimento Generale dell'Agricoltura, Roma, 2000.

44 Tabella 12 - Distribuzione della S.A.U. per classe di superficie agricola utilizzata nelle aziende ricadenti all'interno del Parco dell'Etna (*)

Comuni Meno di 1 ha 1 -- 1,99 ha 2 -- 4,99 ha 5 -- 9,99 ha 10 -- 19,99 ha 20 -- 49,99 ha 50 ha ed oltre TOTALE N° % N° % N° % N° % N° % N° % N° % N° %

Adrano 409 24,7 256 15,5 227 13,7 100 6,0 143 8,6 78 4,7 443 27 1.655 100,0

Belpasso 37 9,9 39 10,3 61 16,1 46 12,2 55 14,5 107 28,6 32 8 377 100,0

Biancavilla 181 30,0 120 19,8 113 18,7 79 13,1 53 8,7 57 9,7 0 0 602 100,0

Bronte 299 6,7 347 7,7 546 12,2 327 7,3 263 5,9 547 12,3 2.140 48 4.468 100,0

Castiglione di S. 117 9,5 147 12,2 245 20,0 128 10,4 76 6,2 73 6,0 435 36 1.220 100,0

Linguaglossa 102 8,0 131 10,3 220 17,4 60 4,7 83 6,5 129 10,2 543 43 1.266 100,0

Maletto 91 8,4 149 13,8 316 29,0 153 14,0 80 7,2 99 9,1 199 19 1.086 100,0

Milo 62 29,7 44 21,3 52 24,9 16 7,5 35 16,6 0 0 0 0 209 100,0

Nicolosi 117 18,0 66 10,2 98 15,1 58 8,9 157 24,4 152 23,4 0 0 648 100,0

Pedara 29 32,2 22 24,5 20 22,0 7 8,0 12 13,3 0 0 0 0 89 100,0

Piedimonte E. 65 30,8 32 15,0 56 26,6 24 11,4 27 12,8 7 3,4 0 0 210 100,0

Ragalna 59 19,4 80 26,4 87 28,7 51 16,8 26 8,7 0 0 0 0 304 100,0

Randazzo 98 4,2 80 3,5 119 5,2 134 5,8 160 6,9 337 14,6 1.381 60 2.308 100,0

Sant'Alfio 86 14,3 107 17,9 173 28,9 99 16,7 64 10,8 68 11,4 0 0 597 100,0

Trecastagni 95 50,5 37 19,6 37 19,4 20 10,5 0 0 0 0 0 0 189 100,0

Zafferana E. 171 22,6 100 13,3 164 21,6 98 13,0 86 11,4 91 12,1 45 6 754 100,0

TOTALE 2.015 12,6 1.757 11,0 2.530 15,9 1.398 8,7 1.317 8,2 1.744 10,9 5.219 32,7 15.983 100,0

(*) Fonte: Elaborazioni su dati del V Censimento Generale dell'Agricoltura, Roma, 2000.

.

45 Tabella 13 - Distribuzione delle aziende agricole per forma di conduzione nelle aree dei comuni sottese dal Parco dell'Etna (*) Solo Manodopera Manodopera Totale conduzione Conduzione con manodopera familiare extrafamiliare diretta del salariati e/o Comuni familiare prevalente prevalente coltivatore compartecipanti TOTALE

N° % N° % N° % N° % N° % N° %

Adrano 1.011 77,6 153 11,7 43 3,3 1207 92,6 96 7,4 1.303 100,0

Belpasso 93 65,0 25 17,5 7 4,9 125 87,4 18 12,6 143 100,0

Biancavilla 548 87,0 46 7,3 28 4,4 622 98,7 8 1,3 630 100,0

Bronte 948 79,2 162 13,5 55 4,6 1.165 97,3 32 2,7 1.197 100,0

Castiglione di S. 332 66,5 84 16,8 57 11,5 473 94,8 26 5,2 499 100,0

Linguaglossa 241 55,1 111 25,3 68 15,5 420 95,9 18 4,1 438 100,0

Maletto 437 96,3 2 0,4 13 2,9 452 99,6 2 0,4 454 100,0

Milo 86 34,0 104 41,1 55 21,7 245 96,8 8 3,2 253 100,0

Nicolosi 276 59,8 76 16,4 29 6,3 381 82,5 81 17,5 462 100,0

Pedara 124 93,3 2 1,5 6 4,5 132 99,3 1 0,7 133 100,0

Piedimonte E. 186 85,8 17 7,8 7 3,2 210 96,8 7 3,2 217 100,0

Ragalna 183 79,6 20 8,7 26 11,3 229 99,6 1 0,4 230 100,0

Randazzo 260 66,6 73 18,8 47 12,1 380 97,5 10 2,5 390 100,0

Sant'Alfio 165 46,5 135 38,0 51 14,4 351 98,9 4 1,1 355 100,0

Trecastagni 312 75,5 62 15,1 29 7 403 97,6 10 2,4 413 100,0

Zafferana E. 470 58,7 203 25,4 66 8,3 739 92,4 61 7,6 800 100,0

TOTALE 5.672 71,2 1.275 16,1 587 7,4 7.534 95,2 383 4,8 7.917 100,0

(*) Fonte: Elaborazioni su dati del V Censimento Generale dell'Agricoltura, Roma, 2000.

46 Tabella 14 - Distribuzione della superficie agricola per forma di conduzione nelle aree dei comuni sottese dal Parco dell'Etna (*) Solo Manodopera Totale conduzione Conduzione con manodopera Manodopera extrafamiliare diretta del salariati e/o Comuni familiare familiare prevalente prevalente coltivatore compartecipanti TOTALE Ha % Ha % Ha % Ha % Ha % Ha %

Adrano 769 46,5 193 11,6 101 6,1 1.063 64,2 592 35,8 1.656 100,0

Belpasso 144 37,5 72 18,8 42 10,9 259 67,2 127 32,8 386 100,0

Biancavilla 390 64,8 111 18,6 36 5,9 538 89,3 65 10,7 602 100,0

Bronte 1.616 36,2 845 18,9 339 7,6 2.800 62,7 1.668 37,3 4.468 100,0

Castiglione di S. 317 25,7 193 15,6 238 19,2 749 60,5 490 39,5 1.239 100,0

Linguaglossa 328 25,9 186 14,7 210 16,7 725 57,3 541 42,7 1.266 100,0

Maletto 994 91,6 4 0,4 64 5,9 1.063 97,9 23 2,1 1.087 100,0

Milo 29 14,1 88 42,4 69 33,2 187 89,7 22 10,3 208 100,0

Nicolosi 273 42,2 78 12,1 112 17,3 463 71,6 184 28,4 648 100,0

Pedara 73 82,2 2 2,0 11 12,3 86 96,5 3 3,5 89 100,0

Piedimonte E. 146 69,8 17 8,1 16 0,8 180 85,7 30 14,3 210 100,0

Ragalna 197 65,0 62 20,6 43 14,2 303 99,8 0,7 0,2 303 100,0

Randazzo 1.260 54,6 377 16,3 196 8,5 1.834 79,4 475 20,6 2.308 100,0

Sant'Alfio 189 31,7 190 31,9 178 29,9 558 93,5 39 6,5 597 100,0

Trecastagni 111 58,9 45 24,0 23 12,1 179 95,0 9 5,0 189 100,0

Zafferana E. 227 30,1 240 31,9 136 18,0 603 80,0 151 20,0 754 100,0

TOTALE 7.070 44,2 2.705 16,9 1.816 11,3 11.592 72,4 4.420 27,6 16.010 100,0

(*) Fonte: Elaborazioni su dati del V Censimento Generale dell'Agricoltura, Roma, 2000.

47 Tabella 15 - Giornate di lavoro assorbito in agricoltura distinto per categoria di manodopera nelle aree di comuni ricadenti nel Parco dell'Etna (*) Operai ed assimilati Dirigenti e Impiegati a tempo a tempo (a tempo indeter. e Comuni Conduttore Altri familiari indeterminato indeterminato deter.) TOTALE N° % N° % N° % N° % N° % N° %

Adrano 41.386 56,4 15.394 21,0 1.158 1,7 10.949 14,9 4.436 6,0 73.323 100,0

Belpasso 6.997 54,7 2.985 23,3 83 0,6 2.310 18,2 416 3,2 12.791 100,0

Biancavilla 21.522 65,1 8.235 24,9 206 0,6 2.765 8,4 351 1,0 33.079 100,0

Bronte 41.724 55,9 20.037 26,8 156 0,2 10.907 14,7 1.816 2,4 74.640 100,0

Castiglione di S. 15110 42,4 10.827 30,3 0 0 9.567 26,8 180 0,5 35.684 100,0

Linguaglossa 15.014 45,5 8.783 26,6 0 0 8.732 26,5 450 1,4 32.979 100,0

Maletto 19.771 52,4 5.516 14,6 924 2,4 600 1,6 10.926 29,0 37.737 100,0

Milo 5.399 36,0 2.331 15,5 191 1,3 6.808 45,4 266 1,8 14.995 100,0

Nicolosi 9.542 44,7 4.728 22,1 0 0 7.050 33,0 46 0,2 21.366 100,0

Pedara 2.501 56,5 1.234 27,9 427 9,7 37 0,8 226 5,1 4.425 100,0

Piedimonte E. 7.785 55,8 3.588 25,7 90 0,6 2.244 16,1 248 1,8 13.955 100,0

Ragalna 7.374 58,5 3.657 28,9 0 0 1.279 10,1 319 2,5 12.629 100,0

Randazzo 15.898 40,3 7.677 19,4 185 0,4 15.186 38,5 554 1,4 39.500 100,0

Sant'Alfio 10.282 36,3 9.445 33,3 0 0 8.521 30,1 10 0,3 28.258 100,0

Trecastagni 7490 57,7 3.694 28,5 89 0,7 1.579 12,2 125 0,9 12.977 100,0

Zafferana E. 36.634 52,4 11.904 17,0 25 0,3 20.244 28,8 1.077 1,5 69.884 100,0

TOTALE 264.429 51,0 120.035 23,2 3.534 0,7 108.778 21,0 21.446 4,1 518.222 100,0

(*) Fonte: Elaborazioni su dati del V Censimento Generale dell'Agricoltura, Roma, 2000.

48 6. Il comparto zootecnico

Il comparto zootecnico verrà analizzato facendo riferimento all’intero territorio dei comuni del Parco, a seguito dell’oggettiva difficoltà nel discernere i capi di bestiame che pascolano all’interno dell’area protetta, in quanto la tipologia di allevamento più diffusa è quella transumante. Le motivazioni che spingono gli allevatori ad adottare questa antica forma di allevamento sono da ricercare su motivazioni di ordine climatico, poiché a seguito delle abbondanti nevicate ed intemperie che si registrano nel corso dell’inverno, in tale periodo gli allevatori etnei abbandonano i pascoli d’alta quota per tornarvi a primavera inoltrata.

La consistenza complessiva delle aziende zootecniche nei territori dei comuni del Parco ammonta a 525 unità (cfr. tabella 16). Di queste 164 allevano bovini, 145 allevano ovini, 52 caprini, 35 allevano suini, 45 allevano equini ed infine 61 allevano avicoli. Come si vede il numero complessivo delle aziende risulta inferiore rispetto a quello che si otterrebbe sommando il dato riferito alle singole specie; ciò accade perchè un’unica unità produttiva anche se alleva tutte le specie rilevate, nel rilievo censuario viene conteggiata tante volte per quante sono le specie contemporaneamente presenti. Analizzando la localizzazione degli allevamenti all’interno del Parco occorre fare una distinzione che rende più significativo il dato censuario. Riguardo le specie destinate alla produzione di latte, il versante maggiormente interessato è quello nord occidentale (da Castiglione di Sicilia a Bronte); se consideriamo le specie in toto, il comune con il maggior numero di unità produttive (251 aziende) è Zafferana Etnea che da solo ospita quasi la metà degli allevamenti censiti, i quali però, per la stragrande maggioranza, allevano api.

49 Tabella 16 - Consistenza delle aziende zootecniche per specie allevata nei comuni del Parco dell'Etna (*)

Comuni Aziende in Bovini Ovini Caprini Suini Equini Avicoli Aziende Capi Aziende Capi Aziende Capi Aziende Capi Aziende Capi Aziende Capi totale (N°) (N°) (N°) (N°) (N°) (N°) (N°) (N°) (N°) (N°) (N°) (N°)

Adrano 20 13 178 5 1.615 1 100 2 3 2 4 5 575

Belpasso 15 6 675 7 3.025 4 115 1 3 4 5 3 5.560

Biancavilla 1 0 0 1 280 0 0 0 0 0 0 0 0

Bronte 75 44 1.321 46 11.820 15 643 11 211 7 19 13 11.853

Castiglione di S. 8 3 146 6 1.270 2 67 2 12 0 0 2 28

Linguaglossa 10 3 67 9 3.142 4 92 1 80 0 0 1 4

Maletto 65 33 376 35 1.616 10 157 13 49 19 26 27 548

Milo 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0

Nicolosi 1 0 0 1 300 1 20 0 0 0 0 0 0

Pedara 2 1 4 1 460 1 70 0 0 1 1 1 2.500

Piedimonte E. 2 1 5 1 7 0 0 1 7 1 7 2 138

Ragalna 1 0 0 1 237 1 140 0 0 0 0 0 0

Randazzo 73 54 2.831 26 5.464 8 181 4 125 11 76 6 5.114

Sant'Alfio 1 0 0 1 210 0 0 0 0 0 0 0 0

Trecastagni 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0

Zafferana E. 251 6 86 5 1.429 5 430 0 0 0 0 1 300

TOTALE 525 164 5.689 145 30.875 52 2.015 35 490 45 138 61 26.620

(*) Fonte: Elaborazioni su dati del V Censimento Generale dell'Agricoltura, Roma, 2000.

50 7. Le specie vegetali agrarie

Ai fini della presente ricerca riveste un ruolo fondamentale la destinazione dei suoli agricoli allo scopo di poter quantificare i volumi delle produzioni ottenute.

Riguardo alle superfici interessate dalle singole colture, sono stati utilizzati i dati raccolti durante l’indagine diretta condotta per la stesura del rapporto “Analisi del settore agrozotecnico”commissionata dall’Ente Parco dell’Etna e quelli forniti dal Servizio di Statistica Agraria dell’Ispettorato Provinciale Agricoltura di Catania.

La superficie totale, interessata dalle coltivazioni, si attesta su oltre 10 mila ettari. Una prima sommaria suddivisione delle colture attuate riguarda la distinzione tra le specie erbacee e quelle arboree. Tra le prime ritroviamo 420 ettari (6.4% del totale) suddivisi in 410 di seminativi localizzati nei territori di Bronte e Maletto e 10 ettari di ortaggi nel territorio di Adrano. L’aliquota di superficie largamente preponderante (93.6%) è interessata da colture arboree. Tra le specie (cfr. tabella 17) più rappresentate ritroviamo il vigneto (2.580 ettari), l’oliveto (1.200 ettari), il frutteto (837 ettari), il noccioleto (631 ettari), il pistacchieto (587 ettari) il mandorleto (194 ettari) e ultimo il ficodindieto (40 ettari). Pur essendo di difficile quantificazione, è da rimarcare un processo di lento ma costante abbandono legato a diversi fattori quali esodo agricolo, difficile introduzione di mezzi meccanici, e non ultimo le frequenti eruzioni vulcaniche che sottraggono superfici utilizzate per le coltivazioni; infatti a parte le superfici investite a vigneto ed a ortaggi, dal 1992 ad oggi si assiste ad una generale diminuzione delle superfici interessate dalla coltivazione delle altre specie. Oggigiorno, le superfici interessate da sicuri processi di abbandono e/o disattivazione si attestano su oltre 4 mila ettari.

La localizzazione delle specie coltivate (fig. 2) rivela che eccezion fatta per il vigneto presente su tutti i versanti ( ma principalmente a nord nei comuni di Randazzo e Castiglione di Sicilia e a sud-est nei comuni di Biancavilla ed Adrano) i fruttiferi li ritroviamo principalmente nel versante orientale del vulcano mentre altre colture hanno una loro specifica e ben delimitata area di coltivazione; ad esempio il pistacchio è presente solo nell’area Bronte-Adrano i seminativi sono localizzati interamente nei comuni di Maletto e Bronte, gli ortaggi ed il ficodindia nel comune di Adrano, mentre

51 Tabella 17- Dinamica della consistenza delle specie vegetali agrarie all'interno del Parco dell'Etna nel periodo 1992/2005 (*)

Colture 1992 2005

ha % ha %

Vigneto 2.482 34,4 2.580 100 104 39,8

Oliveto 1.293 17,9 1.200 100 92 18,6

Frutteto 1.196 16,6 837 100 70 12,9

Noccioleto 743 10,3 631 100 85 9,7

Pistacchieto 652 9,0 587 100 90 9,0

Mandorleto 388 5,4 194 100 50 3,0

Ficodindieto 45 0,6 40 100 88 0,6

Seminativo 412 5,7 410 100 99 6,3

Ortaggi 5 0,07 10 100 200 0,1

7.216 6.489 100,0 Totale parziale 100 89 100,0

3.297 4.024 100,0 100,0 Terreno agricolo 100 122 abbandonato

10.513 10.513 100,0 Totale generale 100 100 100,0

(*) Fonte: Elaborazione su dati acquisiti in maniera diretta. Per il 1992 i dati si riferiscono a Sturiale C., Papale F.,1994. (Parco dell’Etna, “Analisi del settore agrozootecnico”.)

52 53 l’olivo, in coltura specializzata, lo si ritrova nei comuni di Adrano e soprattutto Biancavilla.

8. L’offertadei prodotti e la commercializzazione

Per quanto attiene i volumi produttivi delle aziende poste all’interno del Parco, essi sono stati desunti facendo le dovute proporzioni sul totale rilevato nelle annate agrarie 2000, 2001, 2002 e 2003 dall’Ispettorato Provinciale Agricoltura di Catania nelle quattro regioni agrarie al cui interno ricadono tutti i comuni sottesi dal Parco (cfr. tabella 18). Per i volumi produttivi riguardanti le fragole e fragoline di Maletto, i dati di seguito riportati, sono stati rilevati mediante intervista face to face.

Visto il regime fondiario etneo che come detto si presenta estremamente polverizzato, i volumi produttivi delle singole aziende sono estremamente ridotti; tale situazione rende l’offerta dei prodotti molto frazionata. Ciò fa si che i produttori siano facilmente sottomessi alle condizioni imposte loro dai commercianti, i quali comprano in funzione della loro convenienza. Negli ultimi anni sono sorte alcune realtà associazionistiche che raggruppano produttori ricadenti sia all’interno che all’esterno dell’area Parco; pur tuttavia lo scenario commerciale è cambiato poco. Infatti, dalle indagini esperite nelle realtà operanti sul territorio, emergono dei risultati poco confortanti. I punti deboli sono diversi; se prendiamo ad esempio il consorzio Etna Fragole costituito nel gennaio del 2004, formato da trenta fragolicoltori malettesi che coltivano quasi tutte le fragole prodotte all’interno del parco, i servizi che esso riesce a fornire ai consorziati sono esclusivamente l’ammasso e la conservazione del prodotto in attesa che i commercianti vengano a prelevarlo. Riguardo alla valorizzazione commerciale di queste produzioni non è stata promossa nessuna attività. Infatti, il mercato in cui confluiscono le 20 tonnellate di fragole e fragoline è solo quello regionale. Inoltre, è stato sostenuto

54 Tabella 18 - Rese medie e volumi produttivi stimati di alcune colture praticate all'interno del Parco dell'Etna (*)

Colture 2000-03 2000-03 t /ha Totale t

Oliveto 3,0 3.600

Mele e Pere 20,5 17.150

Pistacchieto 0,5 323

Ficodindieto 9,0 360

Ortaggi 22,7 227

(*) Fonte: Ispettorato Provinciale dell'Agricoltura di Catania, 2005.

55 durante l’intervista che i prezzi sono di poco superiori se non uguali a quelli che i singoli produttori spuntavano prima della costituzione del consorzio.

Un’altra importante produzione etnea è quella pistacchicola che interessa principalmente il comune di Bronte e solo marginalmente quello di Adrano. I pistacchieti ricadenti all’interno del territorio protetto dal Parco ammontano ad alcune centinaia di ettari; malgrado ciò, è stato rilevato che le produzioni ivi ottenute confluiscono per intero nei magazzini che si occupano della commercializzazione dell’intera produzione del comprensorio, senza alcun discernimento. Stesso discorso vale per olive, ficodindia e frutta.

A seguito di indagini dirette esperite presso i commercianti della zona, le aziende di produzione trasformazione e condizionamento e le SOAT sono stati rilevati i canali commerciali seguiti da alcune produzioni etnee che vengono schematizzati nei grafici di seguito riportati (Figure 3-7).

Per quanto riguarda l’olio etneo, dall’analisi effettuata emerge che, quasi il 90% della produzione viene destinato al mercato nazionale; di questa il 70-75%, rimane sul mercato locale, mentre la quota rimanente raggiunge il resto d’Italia, in particolare la parte settentrionale. L’aliquota rimanente (10%) della produzione totale è diretta al mercato estero, generalmente i paesi europei, ma assume una importanza rilevante anche la quota destinata ai paesi extraeuropei, come ad esempio il Canada (Fig. 3).

In riferimento ai mercati di destinazione finale, il pistacchio di Bronte è destinato prevalentemente al mercato nazionale (92%), di questo solo il 18/20% rimane nell’isola.

Tra i paesi importatori degni di particolare menzione ricordiamo Francia e Germania, tra gli europei, mentre tra gli extraeuropei il Giappone (Fig. 4).

Tra le produzioni etnee che possiamo ritenere uniche in termini di tipicità sono da ricordare le mele appartenenti alle cultivar cola e cola-gelato. Così come anzidetto per le fragole di Maletto, ben poco è stato fatto per valorizzare queste produzioni infatti

56 FIGURA 3 - MERCATI DI DESTINAZIONE DELL’OLIO (*)

PRODUZIONE 100%

MERCATO MERCATO ESTERO NAZIONALE 15% 85%

FRANCIA (5%) ITALIA MERCATO GERMANIA (5%) SETTENTRIONALE REGIONALE SPAGNA (3%) 10-15% 65-70% CANADA (2%)

(*) Fonte: Nostre elaborazioni su dati acquisiti in maniera diretta.

57 FIGURA 4 - MERCATI DI DESTINAZIONE DEL PISTACCHIO (*)

PRODUZIONE 100%

MERCATO MERCATO ESTERO NAZIONALE 15-20% 80-85 %

PAESI DELL’UE: EXTRA UE: ITALIA: FRANCIA USA EMILIA ROMAGNA MERCATO GERMANIA CANADA LAZIO REGIONALE AUSTRIA GIAPPONE LOMBARDIA 10-15% PIEMONTE

(*) Fonte: Nostre elaborazioni su dati acquisiti in maniera diretta.

58 come si evince dalla figura 5 quasi tutta la produzione viene destinata al mercato regionale (98%); solo il 2% raggiunge il mercato nazionale e questa aliquota intercetta solo il prodotto che possiede la certificazione biologica (Reg. CEE 2092/91).

La produzione vitivinicola etnea negli ultimi anni ha subito una forte incentivazione commerciale legata al riconoscimento in sede europea della DOC che ha consentito una grande visibilità a tale prodotto.

I canali distributivi riportati nella figura 6 riguardano i mercati di destinazione del vino Etna di qualità (CORERAS, 2005). I mercati di destinazione riportati in figura sono riferiti ad un universo di 21 aziende, ed il prodotto ivi ottenuto viene destinato per il 55- 65 % al mercato regionale per il 15-25 % al mercato nazionale e la rimanente aliquota al mercato estero. In particolare il 10-18 % si rivolge ai mercati europei ed il 9-15 % ai mercati extra europei ( principalmente Stati Uniti, Giappone e Malta).

Discorso a parte merita il settore apistico, poiché nel solo comune di Zafferana Etnea risulta prodotto quasi il 20 % dell’intera produzione nazionale di miele; pur tuttavia non possiamo considerare questo dato utile alla nostra indagine poiché il prodotto commercializzato dagli apicoltori di Zafferana non viene prodotto all’interno del Parco, in quanto la tipologia di allevamento largamente preponderante è quella nomade. Infatti, il criterio secondo il quale vengono censite le aziende apistiche non tiene conto della reale localizzazione delle arnie bensì della residenza dell’apicoltore; ciò a seguito dell’entrata in vigore della L.R 65/95 che obbligò gli apicoltori ha fare la denuncia del numero di arnie detenute agli Ispettorati Provinciali dell’Agricoltura ed alle A.U.S.L. competenti per territorio. Cosicché gli apicoltori etnei risultano proprietari di circa 45.000 arnie con un universo complessivo di aziende pari a 330 unità ma nella realtà le arnie realmente presenti nei territori del Parco non superano le 1.200 unità (SOAT n° 14 di Giarre). Riguardo ai quantitativi prodotti, all’interno del Parco la produttività per

59 Figura 5 - Mercati di destinazione della frutta (mele e pere) (*)

PRODUZIONE 100%

MERCATO MERCATO REGIONALE NAZIONALE 98% 2%

(*) Fonte: Nostre elaborazioni su dati acquisiti in maniera diretta.

60 Figura 6 - Mercati di destinazione del vino Etna di qualità (*)

PRODUZIONE 100%

MERCATO MERCATO MERCATO ESTERO NAZIONALE REGIONALE 10-30% 15-25% 50-55%

EUROPEO EXTRA EUROPEO 10-18% 12-20%

(*) Fonte: Nostre elaborazioni su dati acquisiti in maniera diretta.

61 arnia è, per motivi di ordine climatico, di gran lunga inferiore rispetto ai territori dove solitamente sono allocate le arnie; la produttività media (stimata sulla base dell’ultimo triennio) ammonta a 15 Kg per arnia con una produzione stimata in 18 t/anno (SOAT n° 14 di Giarre). Il canale commerciale seguito dal prodotto etneo è esclusivamente quello del mercato locale con una tipologia di vendita diretta (produttore-consumatore). Per quanto riguarda il miele commercializzato (ma non prodotto come anzidetto all’interno del Parco) dalle aziende etnee come si evince dalla figura 7 il 60% del prodotto è commercializzato in Italia in due diverse forme: in maggioranza, fusti da 300 Kg/cadauno e vasetti in vetro di vari formati, il 30 % del prodotto viene assorbito dal mercato regionale e viene commercializzato in vasetto ed il restante 10 % viene destinato al mercato comunitario.

Riguardo quest’ultima aliquota, è da rimarcare che la stragrande maggioranza degli apicoltori che esportano all’esteronon si avvalgono di intermediari ma il loro prodotto segue canali distributivi diretti.

Per quanto riguarda il ficodindia bisogna fare alcune considerazioni poiché, pur essendo riconosciuto in sede europea come DOP ficodindia dell’Etna, l’aliquota proveniente dai territori intra-parco è infinitesima rispetto al totale commercializzato. Dalle indagini effettuate emerge che i commercianti dell’area etnea commercializzano non solo il prodotto dell’area ma anche quello proveniente da San Cono (storicamente un areale tra i più importanti della Sicilia per tale coltivazione). Inoltre, è da rilevare che dei quaranta ettari stimati all’interno del Parco neanche il 50% sono in coltura specializzata ed alcuni di essi (tra i comuni di Adrano e Bronte) sono in fase di abbandono. In definitiva possiamo dire che, l’aliquota di prodotto proveniente dal territorio intra-parco, che inevitabilmente va a confondersi con le altre produzioni di ficodindia, presumibilmente segue gli stessi canali distributivi seguiti dalla totalità dei ficodindia commercializzati e sarà quindi destinato al mercato nazionale (75%), e tra i paesi stranieri trova i suoi maggiori estimatori nel nord Europa (le maggiori richieste provengono da quei paesi dove è forte la concentrazione di emigrati delle regioni del sud-Italia), soprattutto in Germania, Regno Unito e Svezia.

62 Figura 7 - Mercati di destinazione del miele (*)

PRODUZIONE 100%

MERCATO MERCATO MERCATO ESTERO NAZIONALE REGIONALE 10% 60 % 30 %

(*) Fonte: Nostre elaborazioni su dati acquisiti in maniera diretta.

63 9. SWOT ANALYSIS

Il punto di partenza per valorizzare l'attività agricola all'interno di un'area protetta è rappresentato da una completa conoscenza della realtà oggetto di intervento. Bisogna, quindi acquisire tutti i dati i quali vengono ordinati per trarne tutti le informazioni necessarie per raggiungere gli obiettivi che favoriranno lo sviluppo dell'intero comparto.

Come già detto, l’agricoltura etnea si caratterizza per la presenza di processi produttivi tradizionali, con basso consumo di input chimici, e quindi in linea con gli obiettivi di tutela e di valorizzazione delle risorse poiché la stessa conformazione del territorio condiziona la scelta delle produzioni e delle modalità operative. Pur tuttavia l’agricoltura etnea non riesce, tranne in pochi casi, ad affermarsi sul mercato con i propri prodotti, vista la mancanza di requisiti basilari che vanno dall’adozione delle moderne tecniche produttive alla mancanza di idonee strategie di marketing.

Un metodo utile per valutare la situazione reale è la SWOT Analysis (Strenght = forza, Weakness = debolezza, Opportunity = opportunità, Threat = minaccia, rischio): essa consiste nell'individuare le opportunità e le minacce originate da fattori esterni all'area e i punti di forza e debolezza interni alla stessa.

I punti di forza dell’area protetta si identificano in primo luogo con la figura dell’Ente gestore che deve (dovrà) sapersi proporre quale soggetto fondamentale per sensibilizzare ed aggregare gli attori locali e per promuovere iniziative che valorizzino le risorse del territorio. Altro punto di forza è rappresentato dalla disponibilità di numerosi prodotti di qualità (vino, olio, pistacchio, miele, ficodindia) che possiedono già un loro marchio, ma che, se venissero collegati con l'immagine stessa di cui godono in generale i parchi naturali, la quale riveste notevole importanza nella caratterizzazione dell'offerta dei beni, potrebbe creare maggiori occasioni di reddito ai produttori.

64 Da rimarcare che, l’area etnea possiede altre peculiarità che giocano a suo vantaggio per un ulteriore sviluppo, e tra questi:

 posizione geografica favorevole baricentrica per il turismo;

 vicinanza ai centri d’arte;

 patrimonio ambientale di notevole interesse, in quanto unico nel variegato ambiente della regione;

 predisposizione del territorio ad una forte integrazione fra agricoltura e turismo: le aree agricole sono comprese fra una costa vocata al turismo estivo balneare e la montagna meta turistica particolarmente adatta all’escursionismo.

I punti di debolezza sono identificabili nelle frizioni che possono crearsi tra i privati che utilizzano le risorse e gli enti pubblici che mirano alla conservazione delle stesse. Queste saranno tanto meno accese, quanto più l'ente parco avrà un ruolo direttivo nella gestione delle risorse, cioè se riuscirà contemporaneamente a valorizzare ed a proteggere. In questo contesto è evidente che mantenere buoni rapporti con gli operatori agricoli è molto importante: quando tra Ente parco e gli agricoltori nascono dei contrasti, è impossibile l’intervento sul territorio. Detti punti deboli sono anche da ricercare nelle tecniche produttive adottate; nei limiti posti dai caratteri strutturali del tessuto agricolo; nel rapporto col mercato. In sintesi, nel contesto oggetto d’indagine i punti deboli sono:

 il grado di adeguatezza dei processi produttivi;

 la mancanza di strategie di marketing per migliorare la commercializzazione del prodotto;

 la mancata adozione di adeguate tecniche di mercato, che possano valorizzare i requisiti merceologici;

65  abbandono dei terreni agricoli in quanto il ritardo economico dell’agricoltura e lo spopolamento delle aree rurali causa un progressivo abbandono dei terreni.

Tra le opportunità, ad esempio si rileva che lo sviluppo dell’agricoltura biologica all’interno dell’area protetta comporta sia l’incremento della coscienza ambientale della società, da cui deriva una maggiore attenzione alle tematiche della tutela delle risorse naturali, sia il miglioramento delle produzioni in termini di qualità e tipicità.

La U.E. favorisce la diffusione di pratiche agricole ecocompatibili e questo rappresenta una valida opportunità per le aree protette, poiché esse sono quelle ad avere priorità nell’accedere ai contributi.

Diverse sono le minacce per lo sviluppo di queste aree; in primo luogo, i vincoli imposti dal parco danno origine a contrasti tra l'Ente gestore e gli operatori economici, che spesso guardano l’area protetta come fattore limitante per le loro attività, e non come una opportunità economica. Un altro esempio di minacce, anche se meno evidente, può essere costituito dal turismo di massa, soprattutto se scollegato dalle risorse e dagli interessi locali.

I principali obiettivi che dovrebbero prefissarsi gli enti preposti per poter pianificare lo sviluppo dell'agricoltura nell’area parco dell’Etna, dovrebbero riguardare a parer mio, l'intera riorganizzazione degli assetti produttivi e sociali, l'assetto dell'intero settore primario (dai beni prodotti ai servizi erogati), la valorizzazione di specifici prodotti agricoli (anche per quelli che pur avendo già un proprio marchio non sono ancora ben conosciuti). L’attuazione di questi piani dovrebbe avvenire adottando una strategia che, in un primo momento, persegua risultati nel breve o brevissimo periodo, al duplice fine di dare quella visibilità all’ esterno (mediante risultati anche di modesta entità) e permettere di appurare la reale capacità di lavoro locale. In seguito possono essere perseguiti obbiettivi di lungo periodo come il miglioramento dell'immagine del parco, ottenibile attraverso i prodotti realizzati nell'area e, soprattutto, la creazione di condizioni idonee per la permanenza dei locali, di modo ché il tenore di vita di questi

66 ultimi e le possibilità di occupazione si accrescano o, comunque, non continuino a diminuire. Punto nevralgico per questa strategia è che gli obiettivi da perseguire devono essere pensati tenendo conto dei possibili effetti che potrebbero avere sul territorio (soprattutto in termini di impatto ambientale).

Una volta fissati gli obiettivi, bisogna individuare le opportune strategie che consentono di realizzarli. Bisogna ovviamente avvalersi di idonei strumenti siano essi legislativi, finanziari, tecnici, ecc...

Nel nostro caso la carenza più manifesta è stata rilevata nella promozione dei prodotti alimentari realizzati nell'area. Ciò potrebbe essere perseguito mediante la creazione di un marchio del parco per l’identificazione dei prodotti, l'apertura di punti vendita all'interno del parco, l'organizzazione di mostre, esposizioni, manifestazioni, e, infine, la riorganizzazione dell’intera filiera agricola cercando di avvalersi quanto meno possibile di intermediari.

Per realizzare le predette azioni bisogna creare le condizioni che possono permettere la partecipazione ai progetti di valorizzazione di tutti gli attori coinvolti.

I soggetti da coinvolgere appartengono al mondo agricolo e non solo, essi sono: gli agricoltori, i proprietari di aziende agrituristiche, gli allevatori, le associazioni di produttori, i commercianti ed i tecnici che operano per le aziende del parco.

Per quanto riguarda gli agricoltori etnei, dato il quasi nullo ricambio generazionale osservato negli ultimi anni, essi appartengono alla fascia d’età che più si avvicina alla senescenza. È, quindi, necessario rivolgere l’attenzione a quei giovani le cui aspirazioni professionali possono guardare l’agricoltura. Per perseguire tale obiettivo si deve, in primo luogo, promuovere la formazione professionale del patrimonio umano locale che comporterebbe, oltre che la conoscenza (e quindi l’adozione) di tecniche produttive più all’avanguardia e quindi maggiormente rispondenti ai cambiamenti del mercato, un maggior coinvolgimento nelle iniziative eventualmente proposte dall’Ente parco.

67 In definitiva, se l’Ente parco deve assumere il ruolo di guida è la comunità locale l’artefice dell’eventuale rilancio dell’attività primaria nel comprensorio; per far ciò si deve elaborare un “progetto”. Le fasi attuative, di questo, devono poi veder crescere la capacità di interazione, la quale deve trasformarsi in capacità di cooperazione, profondamente permeata dal senso di appartenenza comune all’area, il quale, a sua volta, contribuisce alla organizzazione della realtà locale (Di Jacovo F., Rossi A., Tellarini V., 1994).

68 Punti di forza Punti di debolezza 1. posizione geografica favorevole 1. il grado di adeguatezza dei baricentrica per il turismo; processi produttivi; 2. vicinanza ai centri d’arte; 2. la mancanza di strategie di 3. patrimonio ambientale di notevole marketing per migliorare la interesse, in quanto unico nel commercializzazione del prodotto; variegato ambiente della regione; 3. la mancata adozione di adeguate 4. predisposizione del territorio ad tecniche di mercato, che possano una forte integrazione fra valorizzare i requisiti agricoltura e turismo: le aree merceologici; agricole sono comprese fra una 4. abbandono dei terreni agricoli in costa vocata al turismo estivo quanto il ritardo economico balneare e la montagna meta dell’agricoltura e lo spopolamento turistica particolarmente adatta delle aree rurali causa un all’escursionismo. progressivo abbandono dei terreni.

Opportunità Minacce 1. sviluppo dell’agricoltura biologica 1. i vincoli imposti dal parco; all’interno dell’area protetta; 2. turismo di massa, soprattutto se 2. incremento della coscienza scollegato dalle risorse e dagli ambientale della società. interessi locali.

69 10. POSSIBILI PROPOSTE DI VALORIZZAZIONE DEI PRODOTTI AGRICOLI DEL PARCO:

IL MARCHIO DEL PARCO

La valorizzazione delle risorse agricole etnee potrebbe essere perseguita tramite la creazione di un marchio del parco, avente la funzione di garantire la provenienza, qualità e tipicità dei prodotti nonché la bontà dei metodi di produzione adottati.

Le finalità sarebbero quelle di caratterizzare l'offerta e di rassicurare i consumatori nell’acquisto di prodotti provenienti da una agricoltura con basso input di prodotti chimici, il che presuppone maggiori requisiti di salubrità.

Il marchio consentirebbe di attuare una vera e propria politica di promozione delle produzioni agricole etnee, consentendo nel contempo una differenziazione dell’offerta sul mercato. Il marchio potrebbe consentire, così di migliorare il reddito dei produttori e di contribuire alla diffusione sia della conoscenza del prodotto che dell’immagine del parco stesso (Gorreri L., 1994).

I vantaggi ottenuti sarebbero molteplici: maggiore visibilità e riconoscibilità dei prodotti, maggiore garanzia per i consumatori, incremento del potere contrattuale sul mercato e maggiore facilità di vendita (quindi maggiore remunerazione per i produttori).

Il marchio potrebbe assolvere, inoltre ad altre funzioni oltre a quelle inerenti il “mondo dell’agricoltura”, in quanto potrebbe essere utilizzato anche per la promozione dei tour operator che si occupano dell’area in oggetto.

Diversi parchi italiani hanno già fatto questa esperienza e le tipologie di marchio adottate sono riconducibili a due. Alcuni utilizzano il marchio indistintamente su tutti i prodotti e senza alcuna specificazione attestando solo la provenienza, altri insieme al marchio (unico anch’esso per tutti i prodotti) aggiungono delle informazioni specifiche del singolo prodotto come ad esempio metodo e disciplinare di produzione, zona del parco da cui tale prodotto proviene ecc. Tra le esperienze più articolate bisogna menzionare quella del Parco del Ticino (il quale riveste un ruolo guida poiché precursore di molteplici esperienze). Questo Parco ha ritenuto che il proprio marchio

70 non debba essere disciplinato solo dal regolamento d’uso dei marchi, ma che (a tutela dei consumatori) venga adottato un disciplinare per le aziende che ne fanno uso ed un disciplinare per ogni prodotto a cui viene apposto. Ovviamente con questi requisiti viene garantita a pieno la qualità del prodotto; pur tuttavia la gestione di un simile marchio risulta alquanto onerosa e giustificabile solo per quei Parchi al cui interno operino realtà agricole aventi una certa consistenza (sia nel numero che nei volumi produttivi).

Per tutti quei Parchi al cui interno operano delle realtà aziendali di limitata ampiezza si opta per il marchio generico, il quale come anzidetto attesta la sola provenienza del prodotto e che conseguentemente risulta di più facile gestione. Appare ovvio come prima di istituire un marchio ci siano dei punti da analizzare, affinché possano raggiungersi i risultati economici sperati.

I punti da vagliare riguardano innanzitutto il prodotto o gruppo di prodotti a cui apporre il marchio e poi la scelta di adeguate iniziative promozionali.

Per quanto riguarda il primo punto bisogna analizzare la consistenza numerica delle produzioni locali e considerare quelle che si associano direttamente all’immagine del parco poiché si caratterizzano per una marcata distinzione rispetto a quelle ottenute all’esterno. Il comprensorio etneo possiede diversi prodotti che hanno questa importante peculiarità, i principali sono: le fragole di Maletto, le mele cola e gelato-cola, il miele di Zafferana. Altre produzioni hanno già un loro marchio che ne attesta la qualità (vino, olio, ficodindia, ciliegie e Pistacchio, questi ultimi due in attesa di ottenere il riconoscimento anche in sede europea) ma nulla toglie che per la quota derivante dalle coltivazioni intra parco, insieme ai marchio DOC, DOP ed IGP, possa essere apposto il logo del parco.

Per quanto attiene la promozione dei prodotti aventi il marchio, molteplici sono le iniziative che possono essere intraprese dall’ Ente gestore. Diverse sarebbero le modalità adottabili; oltre alla pubblicità sui periodici dell’Ente e sulle riviste specializzate in materia si potrebbe fare una guida al cui interno siano elencate le aziende che producono i prodotti a marchio, si potrebbero acquistare spazi pubblicitari lungo la viabilità stradale e fare una segnaletica mirata.

71 Infine, riguardo alla valorizzazione commerciale in senso stretto un’idea potrebbe essere quella di creare una “nicchia ad hoc” all’interno dei centri commerciali presenti sul territorio regionale affinché i consumatori trovino il prodotto col marchio differenziato da altri prodotti similari.

72 CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE

L’attività agricola nell’area etnea ha una storia remota che ha lasciato segni ancora visibili ai giorni nostri (terrazzamenti, muretti, coltivazioni arboree, manufatti in pietra lavica, ecc). Tale scenario si è mantenuto sino alla metà del secolo scorso, quando a seguito della meccanizzazione agricola e dell’incremento del costo del lavoro l’esercizio agricolo, soprattutto alle quote più elevate, ha subito un lento e costante processo di disattivazione, che ha comportato per le colture arboree la mancanza di nuovi impianti “sicché la larghissima prevalenza degli arboreti si trova nelle stazioni produttive di maturità e/o decremento.”(Sturiale C., Papale F.,1994); solo i vigneti sono stati reimpiantati al fine di cambiare la forma di allevamento (passaggio dall’alberello alla controspalliera). Per le altre specie il cui interesse commerciale è andato diminuendo si è in presenza di arboreti che come rilevato si ritrovano ormai nella fase di maturità.

La tendenza in atto registra un generale mutamento degli indirizzi produttivi nel senso che da un’agricoltura da reddito si passa ad un’agricoltura per così dire “amatoriale”, cioè mirata a ottenere prodotti destinati al consumo familiare. A questo fine sono principalmente destinati i nuovi impianti di frutteti misti, per lo più insediati su ridotte superfici, frequentemente associati a nuove costruzioni per la villeggiatura. È comunque da sottolineare che, nelle aree dove persiste un’agricoltura finalizzata alla vendita delle produzioni il ricorso a concimi e antiparassitari è molto basso sicché può ritenersi quasi nulla la presenza di sostanze chimiche sia nel terreno che nei prodotti. Ciò avviene a seguito di alcuni fattori legati principalmente alle colture praticate (ficodindia, mandorlo e nocciolo non hanno particolari esigenze, per il pistacchio si ricorre agli interventi nella sola annata di carica), al particolare regime pluviometrico ed all’orografia del territorio che non consentono l’accumulo di sostanze nocive. Tale prerogativa rende le produzioni etnee sicuramente salubri ed idonee per far parte di un’eventuale marchio del Parco, che potrebbe permettere agli operatori di ottenere quella visibilità e quei margini di guadagno necessari ad evitare il totale abbandono di alcune colture.

73 A seguito dell’entrata in vigore della legge quadro, i compiti che l’Enteparco dovrebbe assolvere risultano mutati, e quindi oltre alla tradizionale salvaguardia del territorio posto sotto regime vincolistico, specie per i parchi regionali che devono fare i conti con il forte grado di antropizzazione, si ampliano le funzioni inerenti l’educazione ambientale oltre che all’incentivazione delle attività economiche esercitate nell’area oggetto di protezione. Negli ultimi anni, inoltre, si è assistito ad un generale mutamento dello scenario economico europeo soprattutto a seguito dell’entrata nell’UE dei paesi dell’Europa centro-orientale. Tale avvenimento comporterà negli anni a venire una drastica diminuzione dei fondi messi a disposizione per le aree svantaggiate e quindi anche per le aree protette. A tale riguardo, gli Enti gestori potrebbero fungere da cuscinetto tra le imprese, operanti nell’area protetta,ed istituzioni nazionali e sopranazionali, al fine di consentire alle popolazioni residenti di mantenere quei livelli di reddito indispensabili a non fargli abbandonare i territori d’origine. Questo obbiettivo sarebbe perseguibile solo se tutte le istituzioni ma soprattutto l’Ente Parco si facesse carico di un nuovo ruolo per gli anni 2000. Pur tuttavia, nel corso della presente indagine ho riscontrato, nelle interviste fatte agli operatori del settore agricolo, un certo disappunto, nei confronti dell’operato dell’Ente gestore, nel senso che tale istituzione viene percepita solo come “ostacolo” alle attività imprenditoriali piuttosto che in termini di potenzialità di sviluppo. Viste quindi, le esperienze vissute in altri contesti territoriali e la congiuntura socio- economica, sarebbe auspicabile da parte dell’Ente Parco dell’Etna una maggiore disponibilità e modernizzazione di ruoli e funzioni, che potrebbero avvantaggiarsi della collaborazione di figure di professionisti aventi le competenze necessarie a perseguire quegli obiettivi già raggiunti in altre realtà non molto distanti e diverse dalla nostra, al fine di rendere compatibili i vincoli ambientali con la funzione economica delle aree sottese. La possibilità di attivare sinergie indispensabili per lo sviluppo del territorio etneo passa da una corretta integrazione tra vincoli, imposti dall’Ente gestore, e attività produttive, pubbliche e private, sempre in un’ottica di unosviluppo sostenibile.

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77 Riferimenti legislativi

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 Trattato CEE, Roma, 1957

 Legge Regionale 9 gennaio 1974, detta “Istituzione del Parco lombardo del Ticino”

 Legge 8 agosto 1985, n.431, cd. ‘Legge Galasso’, detta “Conversione in legge, con

modificazione, del decreto-legge 27 giugno 1985, n.312, recante disposizioni urgenti per la

tutela delle zone di particolare interesse ambientale. Integrazione dell’articolo 82 del DPR 24

luglio 1977, n.616”

 Legge 2 dicembre 1986, n. 349, detta “Istituzione del Ministero dell’ambiente”

 D.P.R.S. n° 37 del 17 Marzo 1987 detta “Istituzione del Parco dell’Etna”

 Trattato di Maastricht, 7 febbraio 1992

 Legge 8 giugno 1990, n.142, detta “Ordinamento delle autonomie locali”

 Legge 6 dicembre 1991, n. 394, detta “Legge quadro per le aree protette”

 Regolamento n. 2078 del Consiglio del 30 giugno 1992 “relativo a metodi di produzione

compatibili con le esigenze di protezione dell’ambiente e con la cura dello spazio rurale”

 Regolamento n. 2080 del Consiglio del 30 giugno 1992 “che istituisce un regime

comunitario di aiuti alle misure forestali nel settore agricolo”.

 Regolamento n. 2081 del Consiglio del 14 luglio 1992 “relativo alla protezione delle

indicazioni geografiche e delle denominazioni di origine dei prodotti agricoli ed alimentari”.

78  Regolamento n. 2092 del Consiglio del 24 giugno 1991 “relativo all metodo di produzione

biologica di prodotti agricoli e alla indicazione di tale metodo sui prodotti agricoli e sulle

derrate alimentari”.

 Legge 15 marzo 1997, n. 59 (c.d. ‘legge Bassanini’), detta “Delega al Governo per il

conferimento di funzioni e compiti alle Regioni ed enti locali, per la riforma della Pubblica

Amministrazione e per le semplificazioni amministrative”, attuata mediante d.lgs.

n.281/1997 e n.112/1998

 Legge 9 dicembre 1998, n.426, detta “Nuovi interventi in campo ambientale”

 Regolamento n. 1257 del Consiglio 17 maggio 1999 “sul sostegno allo sviluppo rurale da

parte del FEAOG e che modifica ed abroga taluni regolamenti”

79 SITI WEB CONSULTATI

www.parks.it www.minambiente.it www.inea.it www.istat.it www.naturalmenteitaliano.it www.politicheagricole.it www.regione.sicilia.it www.federparchi.it. www.cnr.it www.enea.it.

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