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, “rossa” e sempre perfezionista

La ricordo una volta nella redazione del manifesto in via Tomacelli a Roma, anni Settanta. Era venuta a salutare Rossana Rossanda, ma credo anche a sottoscrivere per il giornale come faceva di solito senza mostrarlo di persona. La ricordo alta, maestosa nel portamento, teatrale nei modi, con la caratteristica chioma rossa e fluente. Lei, infatti, era “rossa” di capelli come pure politicamente. Un disco con canzoni scritte per lei da era titolato per l’appunto La rossa. Con Rossanda dovevano conoscersi da tanto, probabilmente da quando Rossana aveva diretto la Casa della cultura a Milano. Milva (Maria Ilva Biolcati, il nome vero), frequentava i circoli della sinistra milanese, quello di del tra gli altri, fin dal 1965.

Milva con Giorgio Strehler Quando si andava a vederla nei concerti, Milva faceva la stessa impressione di quando la incontravi per caso: altera, padrona assoluta del palcoscenico, sicura in ogni gesto. Mi è capitato di ascoltarla dal vivo l’ultima volta in un concerto dedicato al Tango di , con cui incise un disco. Eravamo a Osta antica, tra i ruderi del teatro romano, un incanto di location. Milva faceva una grande impressione: la perfezione della rappresentazione era esibita da parte sua con il piacere di esserne consapevole. Era tale la perfezione di Milva che poteva

| 1 Milva, “rossa” e sempre perfezionista addirittura dare fastidio. Troppo sicura di sé. Un’artista può infatti conquistare il pubblico pure per qualche incertezza o per la spontaneità che comunica. Non era il caso di Milva. In lei, tutto appariva pensato, voluto, non casuale. Forse era anche il suo limite. Artisticamente era comunque grandissima, duttile, indiscutibile.

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Agli inizi della carriera era solo la “Pantera di Goro”, dal nome del paesino della provincia di Ferrara in cui era nata. Una delle prime sue esibizioni fu al Festival di Sanremo con Il mare nel cassetto (1961), tipica melodia italiana. Come avvenne con , l’incontro successivo con Giorgio Strehler ne svelò doti interpretative insospettabili. Iniziò a cantare Bertold Brecht e fin dai primi anni Sessanta.

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Con Purtroppo non esiste una copia video della brechtiana L’ da tre soldi, messa in scena nel 1973 proprio con la regia di Strehler, dove Milva divideva il palcoscenico con Domenico Modugno, impareggiabile interprete di Mackie Messer. Da lì prese le mosse per conquistare il mercato della Germania, dove l’adoravano perché prese subito a parlare e cantare con dimestichezza in tedesco. Era molto ammirata anche in Francia. Poi, ancora, la sua fama fece il giro del mondo arrivando finanche in Giappone. Della “Pantera di Goro” era rimasto ben poco, era invece nata una star internazionale.

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Recitazioni a cinema e teatro, recital indimenticabili hanno inframezzato una carriera strepitosa. Fino al 2010, quando annunciò in tv il suo addio alle scene. Aveva i primi sintomi dell’alzheimer con problemi di memoria. Temeva che la malattia offendesse la precisione delle sue performance. Ora si apprende, da una sua lettera/testamento in cui ringrazia il pubblico, che Milva ha sempre badato per sua stessa ammissione innanzitutto a “tenere in primo piano la qualità delle interpretazioni”. Ultima apparizione in teatro nel 2011 con La Variante di Lüneburg, tratto dall’omonimo libro di Paul Mauresing. Nel 2018, il Festival di Sanremo le assegnò il Premio alla carriera ritirato dalla figlia Martina (Milva detiene, con quota 15, il record delle presenze nella rassegna canora insieme a ). Tra le sue ultime incisioni, le collaborazioni con in Alexander Platz, Milva e dintorni, Svegliando l’amante che dorme. Milva ha diviso per decenni il podio della canzone italiana con Mina e Ornella Vanoni. Milva, “rossa” e sempre perfezionista was last modified: Aprile 24th, 2021 by ALDO GARZIA

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