1

Commemorazione di Carlo Gasparri a Napoli

ANTONINO DI VITA

Antonino Di Vita è nato il 19 ottobre 1926 a Chiaramonti Gulfi (in provincia di Ragusa); si è spento a Roma il 23 ottobre 2011, poco dopo aver compiuto 85 anni. Ha frequentato l’Università a Catania, dove nel 1947 ha conseguito la laurea – con dignità di stampa in Archeologia e Storia dell’arte greca e romana, avendo avuto come Maestri Guido Libertini e Santo Mazzarino. Seguendo quello che un tempo era in Italia l’itinerario formativo canonico di un archeologo, frequenta, come borsista, la Scuola Nazionale di Archeologia a Roma dove si diploma nel 1951, discutendo una tesi sulle "Sculture ellenistiche di Rodi e Coo", elaborata nel rituale terzo anno che un borsista passava alla Scuola di Atene. Inizia la carriera accademica all’Università di Roma La Sapienza come assistente volontario di Etruscologia presso Massimo Pallottino negli anni 1948 e 1949; attività che prosegue negli anni 19511955 come assistente di Archeologia Classica presso Achille Adriani all’Università di Palermo, dove insegnerà per incarico la stessa disciplina negli anni accademici 19511953. Negli anni successivi Antonino Di Vita lascerà l’Università per intraprendere la carriera di archeologo militante: entrato nel 1955 nel ruolo di quelle che all’epoca si chiamavano le Soprintendenze alle Antichità e Belle Arti, presterà servizio, come Ispettore e poi come Direttore, nelle sedi di Siracusa, di Roma Etruria meridionale e Firenze. Dal 1958 libero docente di Archeologia e storia dell’Arte greca e romana, terrà l’incarico della stessa disciplina, e poi anche di Topografia antica, presso l’Università di Perugia, fino a quando dieci anni più tardi lascerà definitivamente i ruoli delle Soprintendenze per ricoprire la cattedra di Archeologia Classica dell’Università di Macerata, dove ha insegnato sino al 2001, e dove ha ricoperto la carica di Preside della Facoltà di Lettere dal 1970 al 1974, quindi quella di Prorettore e poi Rettore dal 1974 al 1977, anno in cui ha assunto la direzione della Scuola Archeologica Italiana di Atene, lasciata nel 2000. Antonino Di Vita è stato consigliere del governo libico per le antichità della Tripolitania tra il 1962 ed il 1965; fondatore e poi segretario del Gruppo di Ricerca per le Antichità dell'Africa settentrionale e direttore di numerose 2

missioni di ricerca italiane in Tripolitania, Tunisia, Algeria; membro della Consulta Regionale per i Beni culturali della Regione Marche, rappresentante della stessa Regione nella Consulta Nazionale dal 1976 al 1977; dal 2004 Professore emerito dell’Università di Macerata; dal 2005 Direttore del Centro di documentazione e ricerca sull’archeologia dell’Africa settentrionale dello stesso Ateneo. Ha tenuto lezioni e conferenze in innumerevoli istituti universitari italiani ed europei, oltre che nelle Università di Sidney, di Tokyo e Kyoto. Oltre che socio ordinario della nostra Accademia, è stato Socio Nazionale dell’, dell’Istituto Archeologico Germanico, della Pontificia Accademia di Archeologia, Socio onorario dell' Αρχαιολογική Εταιρεία Αθηνών, dell’Accademia Etrusca di Cortona, Associé correspondant étranger de la Societé des Antiquaires de France, oltre che membro di altre importanti istituzioni italiane e straniere; titolare di numerosi premi scientifici, è stato insignito della medaglia d’Oro al merito per i Beni Culturali; Grande Ufficiale e poi Cavaliere di Gran Croce dell’Ordine al merito della Repubblica Italiana; è stato nominato cittadino onorario di Haghii Deka a Creta, dove gli è stata intitolata una strada; gli è stato intitolato ancora il Museo Archeologico di Licodia Eubea (Catania). Antonino Di Vita è autore di una decina di monografie, di oltre 400 fra saggi, articoli, contributi e voci di lessici e enciclopedie; ha curato innumerevoli edizioni di testi scientifici, oltre ad essere stato cofondatore e direttore per venti anni di Libya Antiqua, la rivista del Department of Antiquities di Libia, condirettore scientifico dei Quaderni di Archeologia della Libya e delle relative Monografie, direttore dell’Annuario della Scuola Archeologica Italiana di Atene dal 1977 al 2000; è stato promotore e organizzatore di numerose mostre e di convegni internazionali.

Non è semplice sostanziare di contenuti questo stringato curriculum, riassuntivo di una ricchissima esperienza scientifica e professionale durata oltre un cinquantennio, che ha fatto di Antonino Di Vita una delle figure centrali, una personalità di riferimento dell’archeologia italiana della seconda metà del secolo trascorso, come è difficile dare conto, in breve, dell’ampiezza degli interessi e dei campi d’indagine da lui esplorati: Antonino Di Vita ha scritto di archeologia egea, siciliana, etrusca, punica, greca, romana; di epigrafia, di numismatica, di scultura e di ceramica greca; di pittura romana; di architettura, da quella 3 greca a quella bizantina; di topografia, di urbanistica; si è occupato di instrumentum, di coroplastica, di archeosismologia, oltre che di problemi della tutela, della politica archeologica, di storia della ricerca. In questa produzione scientifica imponente, che supera, come si è detto, i 400 titoli, è possibile però facilmente individuare tre principali ambiti di ricerca, strettamente legati all’esperienza formativa personale e a quella professionale: la Sicilia, luogo dei primi studi e del suo primo impegno sul territorio, alla quale guarderà con interesse costante, fino ai suoi ultimi scritti; la Grecia, il luogo della maturazione scientifica, e poi del grande impegno organizzativo; l’Africa settentrionale, e in primo luogo Tripolitania, teatro di imprese di ricerca internazionali, spazio per grandi imprese di restauro e campo di verifiche storiche (non si dimentichi che Di Vita è stato allievo di Mazzarino e sarà curatore nel 1971 della edizione italiana delle “Città carovaniere” di Rostovzev). In tutti questi luoghi Antonino Di Vita ha condotto scavi, diretto cantieri, promosso e organizzato ricerche, che sono stati il punto di partenza per i suoi studi personali, e per quelli innumerevoli dei suoi collaboratori, da lui promossi: dalla fase iniziale della sua militanza siciliana, nella quale ha condotto indagini a Selinunte, a Palermo, a Camarina, nella provincia di Ragusa, a Palazzolo Acreide, a Messina, e dalla breve parentesi “etrusca”, con gli scavi a Falerii Veteres, fino alla grande stagione delle missioni in Libia, a Leptis Magna (19972003), con il completamento del colossale restauro e dell’anastilosi del tetrapilo dei Severi, ai lavori ai mausolei di Sabratha, ma anche in Tunisia, a Cartagine, a Leptis Minus, in Algeria; e infine in Grecia, con la direzione, più che ventennale, della Scuola Italiana di Atene e delle attività di scavo italiane a Creta, a Lemno e nel Dodecaneso, a Cipro. Soprattutto su questa più recente fase del suo impegno attivo, che ho avuto modo di seguire più da vicino, vorrei soffermarmi, ricordando che Antonino Di Vita assumeva la guida della Scuola di Atene, una delle più antiche ed illustri istituzioni scientifiche della nostra Nazione attive all’estero, subentrando ad un personaggio della statura e della rilevanza scientifica quale era stato Doro Levi, che ne aveva assunto la direzione negli anni difficili anni successivi al secondo conflitto mondiale mantenendola per un trentennio, solo da ultimo affiancato dalla preziosa presenza di Luigi Beschi; il nuovo Direttore si trovava quindi ad affrontare il delicato compito del trasferimento e della riorganizzazione, anche 4 normativa, della Scuola e della sua Biblioteca, nel momento in cui questa lasciava la sua sede storica di Leophoros Amalìas per la nuova e più moderna destinazione di Odòs Parthenonos. Sotto la direzione di Antonino Di Vita la Scuola assumeva un nuovo statuto, acquisendo anche il ruolo autonomo di Scuola di Specializzazione (nel 1988), e inaugurava una nuova strategia, mirata ridurre l’impegno attivo della esplorazione nell’orizzonte microasiatico, e soprattutto nelle aree tradizionali di interesse della Scuola – i siti della Creta minoica, il Dodecaneso, Lemno – dove veniva programmata una sistematica opera di completamento delle edizioni dei materiali e degli scavi del passato, mentre invece veniva ripresa in grande scala una nuova estensiva esplorazione di quello che era stato il principale centro della maggiore isola dell’Egeo tra l’età ellenistica e quella bizantina, il sito di Gortina, già teatro all’inizio del secolo scorso delle pionieristiche indagini di Federico Halbherr, e di , che avevano portato alla conoscenza del monumentale testo epigrafico delle Grandi Leggi, reimpiegato nell’Odeon. Nel corso delle annuali campagne di scavo organizzate a Gortina da Antonino Di Vita sono state riportate alla luce l’agorà ellenistica con le sue stoai, i quartieri di abitazione meridionali, parte della cinta fortificata, lo stadio; della città romana è stato identificato il grande ginnasio, l’antifiteatro; il teatro maggiore; è stato completato lo scavo del Pretorio, è stato identificato e scavato sistematicamente il quartiere romanobizantino con le sue grandi basiliche; indagini che hanno permesso di ricostruire l’impianto e la fisionomia generale della città, e di tracciare un quadro della sua vita dall’età ellenistica alla sua ultima trasformazione sul volgere dell’VIII sec. d. C. Una impresa imponente, i cui risultati sono documentati da 12 volumi con l’edizione sia dei vecchi scavi, finora rimasti inediti, come dei nuovi e dei loro rinvenimenti. Ma nel contempo, come si è detto, non sono stati del tutto abbandonati i tradizionali luoghi di attività della Scuola: sempre a Creta, ad Haghia Triada, veniva condotta una capillare opera di controllo dei vecchi scavi sia dell’abitato che delle necropoli, con una revisione della loro periodizzazione; a Lemno infine Antonino Di Vita, oltre a promuovere il nuovo fruttuoso scavo del Cabirion di Chloi, riusciva nella difficile operazione del recupero del sito di 5

Poliochni, dove l’area archeologica dell’abitato e le strutture della Scuola, erette da Alessandro Della Seta negli anni ’20 del secolo scorso, erano ancora occupati dalle forze militari. L’operazione portata a termine felicemente alla fine degli anni ’80 con la definitiva salvaguardia dell’area archeologica e il ripristino delle strutture stesse. Nel contempo Di Vita provvedeva a saldare altri debiti minori dell’archeologia italiana in Grecia, promuovendo l’edizione dei vecchi scavi HalbherrStefaniBanti ad H. Triada; degli scavi di Achille Adriani a Lemno (192830), quella gli scavi delle necropoli dell’età del ferro di Coo L. Morricone; degli scavi Colini nel Pretorio di Gortina 197077 e lo scavo della stipe dell’Acropoli della stessa Gortina di D. Levi (195355); e ancora l’edizione dell iscrizioni di Coo, delle pitture e della coroplastica di . I cataloghi delle due grandi mostre da lui organizzate, quello su Creta antica del 1984, e quello sulla Presenza italiana nel Dodecaneso del 1911, che danno conto della conclusione di questo complesso itinerario storico e scientifico, che ha impegnato la nostra Nazione per un secolo, non solo ricostruiscono due capitoli importanti della nostra ricerca all’estero, ma costituiscono due strumenti imprescindibili per introdursi nei problemi dell’archeologia del mondo egeo e insulare. In tutti i suoi lavori, nelle ricerche che ha organizzato e posto in essere, Antonino Di Vita è stato sempre guidato da una viva esigenza storica e da una altrettanto viva sensibilità per la lettura e l’interpretazione del documento, nelle quali sentiamo il portato dell’insegnamento di Mazzarino, di Pallottino, di Adriani: l’interesse storico e il diretto, operativo confronto con il materiale sono gli elementi sostanziali alla base dell’intera sua attività scientifica, sono stati la guida costante sia nella lettura del breve testo epigrafico, del frammentario documento figurato, come nella ricostruzione dei grandi contesti architettionici, urbanistici. Ma in definitiva questo profilo, necessariamente compendioso, non dà conto ancora di un elemento essenziale, per spiegare questo così ricco curriculum personale, un elemento che era invece immediatamente evidente, e subito attrattivo, per chiunque avesse avuto l’occasione di incontrarlo: ovvero la dote di organizzatore, di promotore di ricerche, soprattutto l’inesausta energia, l’entusiasmo che poneva in queste, la capacità di comunicare ad altri questa stessa energia. Antonio Di Vita è stato ancora 6 un Maestro, e come tale lo hanno sentito i tanti giovani, e meno giovani, che sono stati al suo fianco, nell’Università ma soprattutto nella Scuola di Atene. Di questo sentiremo soprattutto la perdita e il rimpianto, per questo, oltre che per i suoi meriti scientifici, ricorderemo a lungo il nostro Socio Antonino di Vita.