LA PROPAGANDA FASCISTA Il Movimento Fondato in Italia Da Benito Mussolini Fu Sempre Intollerante Verso Le Manifestazioni Popolar

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LA PROPAGANDA FASCISTA Il Movimento Fondato in Italia Da Benito Mussolini Fu Sempre Intollerante Verso Le Manifestazioni Popolar LA PROPAGANDA FASCISTA Il movimento fondato in Italia da Benito Mussolini fu sempre intollerante verso le manifestazioni popolari e pronto ad appoggiare chiunque fosse disposto a usare la "mano forte". Questo sistema autoritario fu assicurato da una grande capacità comunicativa, la "propaganda" appunto, attraverso la quale fu stabilito un controllo totale sull'informazione e la cultura. L'aspetto fisico del perfetto fascista prevede il volto sbarbato e il corpo allenato da una vita attiva e sportiva. Il modo di camminare deve dare l'impressione di sicurezza: movimenti scattanti e veloci. Il fascista si riconosce da un proprio modo di salutare: con braccio e mano tesa in avanti: il saluto romano, obbligatorio nelle circostanze ufficiali e nelle parate. Il fascismo tentò senza successo di abolire l'uso della stretta di mano. La propaganda fascista conquistò terreno e, senza far segreto di una volontà autoritaria, dichiaratamente antidemocratica. Il fascismo faceva appello al principio della superiore "unità nazionale", l'esaltazione di un ipotetico primato nazionale, da raggiungere non più nel segno della politica liberale, che aveva caratterizzato tutto il periodo del Risorgimento e la storia postunitaria, ma attraverso un esplicito rifiuto degli ideali democratici e una vigorosa difesa della "diseguaglianza irrimediabile e benefica degli uomini". Mussolini espose nella sua Dottrina del fascismo una concezione dello stato che sembrava riallacciarsi al pensiero risorgimentale, ma in realtà il fascismo pretese di costruire uno Stato che accogliesse in sé ogni individualità per annullarla nella concezione di una propria priorità assoluta volta ad affermare il primato del dominio e della forza. Vi fu l’intelligente opera di strumentalizzazione che sfruttò le capacità di indottrinamento delle masse. Avvenne un drastico annullamento della volontà individuale per l'esaltazione assoluta del sacrificio e sottomissione alla volontà del capo per il bene della patria. Tramite la propaganda che effettuò un controllo politico su tutti i mezzi di comunicazione, avvenne il processo di fascistizzazione del paese, con lo scopo di orientare l’opinione pubblica, di caricarla, comunicando l'esaltazione della missione nazionale. I messaggi furono rivolti a tutte le categorie della società italiana e vennero diffusi incessantemente attraverso la radio, la stampa e il cinema. In seguito alla nascita dell’impero l'Italia fascista venne celebrata sulla stampa con tutta l’enfasi comunicativa possibile;le popolazioni furono investite da una emissione continua di messaggi in cui era prevalente il tema dello scontro ideologico. Si cercò di dare una giustificazione alle iniziative di guerra e di conquista dell'impero, qui è evidente l'uso politico che viene fatto della storia e sulla sua riscrittura sulla base dei miti della romanità e delle imprese coloniali riviste in chiave eroica, per la costruzione del consenso al fascismo. IL DOPOLAVORO A partire dal 1925 il regime fascista avviò il programma di "nazionalizzazione" del tempo libero, dai divertimenti agli sport, il cui primo passo fu la creazione (aprile 1925) dell’Opera Nazionale Dopolavoro (OND). La creazione dell’OND rese istituzionali le iniziative già esistenti, come i circoli ricreativi patrocinati dai sindacati fascisti sorti autonomamente nelle sedi socialiste, eliminandone il carattere politico e sopprimendo le analoghe organizzazioni antifasciste. Lo scopo primo dell’OND era inizialmente limitato alla formazione di comitati provinciali a sostegno delle attività ricreative, ma tra il ‘27 e il ‘39 da ente per l’assistenza sociale diventò "movimento" nazionale che vigilava sull’organizzazione del tempo libero. Le attività dei vari circoli erano suddivise, secondo un uniforme programma per tutta la nazione, in una serie di servizi sociali: Istruzione: cultura fascista e formazione professionale; Educazione fisica: sport e turismo; Educazione artistica: filodrammatica, musica, cinema, radio e folklore. Questo programma era rivolto agli ambienti urbani ed industriali; a partire dal 1929 si sviluppò anche il dopolavoro agricolo, le cui finalità convergevano nel proposito di "non distrarre dalla terra" i contadini. Alla fine degli anni Venti venne inoltre messo a punto un programma ricreativo femminile, che implicava un accurato addestramento per "l’elevazione morale" delle donne nella società fascista, e corsi di pronto soccorso, igiene ed economia domestica. Nel 1935 la nazionalizzazione del dopolavoro era tale da permettere una rapida mobilitazione del popolo per la guerra in Etiopia. Dal giugno di quell’anno Mussolini istituì il "sabato fascista", che interrompeva la giornata lavorativa del sabato alle ore tredici perché il pomeriggio venisse dedicato all’istruzione pre e post militare. Un aspetto importante dell’OND era quello dell’assistenza ai lavoratori, che avevano modo di sviluppare le proprie capacità fisiche, intellettuali e morali anche fuori dalle ore di lavoro. Nel primo periodo, che va dal 1919 al 1924, il movimento dopolavoristico venne sviluppato da un ufficio costituito nella capitale con l’appoggio del P.N.F. allo scopo d’incoraggiare l’adozione della previdenza dopolavoristica da parte dei datori di lavoro a favore delle maestranze dipendenti e la costituzione di enti o sodalizi coordinatori di queste iniziative. Quest’ufficio inoltre provvide a fare ampie inchieste, in Italia come all’estero, e a pubblicare una rivista quindicinale intitolata Il Dopolavoro, nella quale veniva non soltanto propagandata l’idea dopolavoristica, ma venivano resi noti i sempre maggiori sviluppi dell’istituzione. GIOVENTU' ITALIANA DEL LITTORIO Il fascismo considerava fondamentale la missione educativa, dedicando le cure maggiori all’educazione giovanile attraverso istituzioni di carattere assistenziale, risolvendo tutti i problemi attinenti alla scuola ed esplicando opera rigorosa nelle istituzioni educative, scolastiche e parascolastiche, come la Gioventù Italiana del Littorio (G.I.L.). Il motto della G.I.L. era "credere, obbedire, combattere"; essa organizzava tutti i fanciulli e giovani italiani dei due sessi, dai sei ai ventun’anni, nelle seguenti categorie: per i maschi Giovani Fascisti, Avanguardisti e Balilla; Giovani Fasciste, Giovani Italiane e Piccole Italiane per le femmine; più i Figli della Lupa per maschi e femmine. Il regime affidò alla G.I.L. la preparazione sportiva, spirituale e premilitare delle nuove generazioni. Per la gioventù maschile la G.I.L. coltivava ogni attitudine militare, impartiva una formazione che li preparava alla vita in Marina o nell’Aviazione. Invece per quanto riguarda la gioventù femminile possiamo citare i corsi di preparazione alla vita domestica, nei quali le fanciulle italiane si addestravano al buon governo della casa in quei lavori che corrispondevano alle loro attitudini e alle esigenze pratiche della vita che avrebbero dovuto condurre. LA RADIO Più di ogni altro mezzo assunse un ruolo di primo piano. I programmi trasmessi , in cui erano presenti svago ed informazioni allo stesso tempo per aumentare il numero degli ascoltatori, erano costituiti per lo più da discorsi del Duce o del Führer, marce ufficiali o conversazioni sul razzismo. La radio diventava, così, la voce ufficiale dello stato. La nascita della radiofonia in Italia risale all’istituzione dell’Unione Radiofonica Italiana (agosto 1924). Fino agli anni ’30 il regime privilegiò l’informazione e la propaganda scritta; solo col tempo comprese la capacità di penetrazione dello strumento radiofonico, considerati gli alti tassi d’analfabetismo e la scarsa propensione alla lettura. Il 27 Novembre 1927, un Decreto legislativo trasformò l’URI in Ente Italiana Audizioni Radiofoniche (EIAR), struttura a capitale privato con sostegno finanziario dello Stato. La radio rimase a lungo in Italia un genere di lusso, una sorta di status symbol dell’alta borghesia urbana visti gli alti costi di licenza, il difficile processo d’elettrificazione delle aree poco sviluppate e l’ostilità dei settori produttivi alla realizzazione d’apparecchi a basso costo. Mussolini, dopo un attento studio delle potenzialità pedagogiche e propagandistiche del mezzo, lanciò la campagna “Il villaggio deve avere la radio” (per l’ascolto di massa) in concomitanza con lo slogan hitleriano “La radio in ogni casa” (per l’ascolto individuale). Nel 1933 iniziarono le trasmissioni dell’Ente Radio Rurale (1933), organo rivolto agli studenti (la domenica agli agricoltori), allo scopo di promuovere l’acculturazione di massa. L’ERR si mosse anche verso il mondo rurale con “L’ora dell’agricoltore” (1934). La nuova trasmissione rompeva l’isolamento della vita contadina e portava alla ribalta le masse rurali, particolarmente fiere degli intervalli musicali considerati segno di riscatto sociale. In forma semplice e diretta furono diffuse indicazioni tecniche e accorgimenti sul lavoro, fondamentali nell’ottica autarchica. Nel 1936 nacque la rubrica “I dieci minuti del lavoratore", dedicata agli operai delle fabbriche. Questa trasmissione mascherava la crisi economica, aggravata dalle sanzioni conseguenti alla guerra di Etiopia, ed esaltava la sobrietà e la tenacia dei lavoratori che con la loro opera rendevano vana “la meschinità della coalizione sanzionista delle potenze demoplutocratiche”. L’ERR chiuse la sua attività il 4 Aprile 1940; in pieno clima di guerra le sue funzioni furono assorbite dall’EIAR. La radiofonia entrava nelle scuole. Una vasta documentazione indica gli sforzi di ogni scuola per l’acquisto del mezzo (donazioni, collette,
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