La vita dei bambini durante il ventennio fascista

Categoria principale: Storia e Memoria Visite: 165100 di Giulia Antonelli, Michele Bigatton, Francesco Dario, Agnese Lorenzon, Ambra Makuc, Simone Pecoraro, Andrea Raccovelli (I.S.I.T. N. Pacassi di Gorizia) Treno della Memoria 2009 Dopo la prima guerra mondiale, in Italia sorse un nuovo movimento politico di carattere insieme rivoluzionario e reazionario, nazionalista e totalitario, che rifiutava i principi della democrazia liberale.

Questo movimento politico chiamato Fascismo fu capeggiato da che raggiunse il potere nel 1922 con la Marcia su Roma. Solamente tre anni dopo, alla prima fase legalitaria si sostituì la fase totalitaria che cambiò radicalmente lo stile di vita e i costumi della società.

Dopo l’instaurazione del regime fascista nel 1926, vennero emanate le leggi fascistissime: furono sospesi tutti i partiti e le associazioni d’opposizione (gli antifascisti vennero arrestati, processati ed aggrediti), vennero chiusi gli organi di stampa avversi al regime, venne creata l’OVRA e il Tribunale speciale.

In uno stato di tipo totalitario, come fu l’Italia fascista, la , il controllo dell’informazione e il consenso delle masse fu essenziale.

L’Italia di quegli anni era una nazione ancora ampiamente analfabetizzata, nonostante tutte le leggi e i regolamenti emanati durante gli anni precedenti. Creare una nuova scuola significò soprattutto preparare le nuove generazioni all’accettazione del regime. Quindi l’educazione, l’indottrinamento dei bambini e la scuola divennero il mezzo privilegiato della propaganda fascista, nonché un serbatoio di reclutamento.

Ciò fu possibile grazie alla creazione di organizzazioni come l’ (ONB) o i Giovani Universitari Fascisti (GUF) a cui era obbligatorio aderire ed il cui obiettivo primario era quello di costruire futuri soldati, uomini pronti a "credere, obbedire e combattere" e di "formare la coscienza e il pensiero di coloro che saranno i fascisti di domani".

“La scuola italiana in tutti i suoi gradi e i suoi insegnamenti si ispiri alle idealità del Fascismo, educhi la gioventù italiana a comprendere il Fascismo, a nobilitarsi nel Fascismo e a vivere nel clima storico creato dalla Rivoluzione Fascista”: era questa la direttiva che emanò Mussolini e a cui si doveva obbedire.

L'educazione paramilitare costituiva una parte fondamentale della pedagogia fascista. Divise, marce, esercitazioni, disciplina erano gli strumenti per la formazione dell' ''italiano nuovo''.

Nel febbraio 1929 i maestri elementari vennero obbligati al giuramento: “Giuro che sarò fedele al Re ed ai suoi Reali successori; che osserverò lealmente lo Statuto e le altre leggi dello Stato; che non appartengo e non apparterrò ad associazioni o partiti;- che adempirò ai doveri stessi con diligenza e con zelo, ispirando la mia azione al fine di educare i fanciulli affidatimi al della Patria ed all'ossequio alle istituzioni dello Stato”. Il tutto avvenne senza alcuna resistenza.

Due anni più tardi il giuramento verrà imposto anche ai professori universitari, ai quali è chiesta la fedeltà al Regime Fascista. Su 1225 docenti solamente 13 si rifiuteranno.

Nelle scuole elementari era previsto un solo libro di testo per ciascuna delle prime due classi e due testi separati (libro di lettura e sussidiario) per le tre classi rimanenti. In questi testi scolastici ci sono costanti riferimenti apologetici al regime e alla presenza ossessiva della figura del ‘duce’, protettiva, salvifica, comunque centro di ogni discorso educativo.

Così nel libro unico della terza elementare veniva spiegata la marcia su Roma ai bambini di 8 anni:

“Ma il fascismo ormai non conosceva più ostacoli. Benito Mussolini aveva suscitato in tre anni un movimento gigantesco e disciplinato: il Governo allora al potere non aveva più ragione di esistere, e ad un cenno del Duce venne travolto dalla Rivoluzione fascista. Il 28 ottobre 1922 per ordine di Benito Mussolini, tutti i fascisti d’Italia si mobilitarono; le città furono occupate; tre colonne di camicie nere, militarmente armate ed inquadrate, marciarono su Roma. In alcuni luoghi si ebbero sanguinosi conflitti, in cui caddero diversi fascisti. Ma Vittorio Emanuele III aveva ben compreso che con Benito Mussolini insorgeva l’Italia vincitrice sul Piave ed a Vittorio Veneto, ed affidò al Duce l’incarico di formare il nuovo Governo per la salvezza del Paese. Ottantamila fascisti entrarono nella Città Eterna, e sfilarono disciplinatamente davanti al Re. Erano giovani ed anziani, lavoratori della mente e del braccio, reduci della grande guerra e adolescenti, che nella lotta contro i sovversivi avevano anch’essi sfidato la morte, accomunati da un solo ideale sotto la camicia nera, il tricolore ed il littorio. Poi fascisti ritornarono alle città ed alle campagne, per riprendere l’usato lavoro. E Benito Mussolini si accinse alla titanica fatica di rinnovare l’Italia.”

Tramite il Testo unico lo Stato poteva esercitare un controllo diretto sull’insegnamento, infatti esso si rivelava uno dei più validi strumenti di diffusione dell’ideologia fascista sia tra i bambini che tra le numerose famiglie italiane.

A titolo esemplificativo riportiamo un passo da un libro di lettura del 1936:

“Sono gli occhi del Duce che vi scrutano. Che cosa sia quello sguardo, nessuno sa dire. È un’aquila cha apre le ali, e sale nello spazio. È una fiamma che cerca il vostro cuore per accenderlo d’un fuoco vermiglio. Chi resisterà a quell’occhio ardente, armato di frecce? Rassicuratevi, per voi le frecce si mutano in raggi di gioia…

Un fanciullo che, pur non rifiutandosi d’obbedire, chiede:”perché?” è come una baionetta di latta… “Obbedite perché dovete obbedire”. Chi cerca i motivi dell’ubbidienza li troverà in queste parole di Mussolini…

Siamo irrigiditi sull’attenti per omaggio di gratitudine e obbedienza a Colui che “preparò, condusse, vinse la più grande guerra coloniale che la storia ricordi”. Una fede ha creato l’Impero, questa: “Mussolini ha sempre ragione”.”

Come già detto, un ruolo molto importate nell’indottrinamento dei bambini fu la creazione dell’ONB(Opera Nazionale Balilla).

L’ONB era un'istituzione fascista complementare all'istituzione scolastica, essa era finalizzata all'assistenza, all'educazione fisica e morale della gioventù. Fu fondata nel 1926 da Benito Mussolini e sciolta nel 1937, quando per ordine del Duce confluì nella Gioventù italiana del littorio (GIL). Il suo nome deriva da quello di Giovan Battista Perasso detto Balilla, un giovane di origini genovesi che nel 1746, secondo la tradizione, avrebbe dato inizio alla rivolta contro gli Austriaci che occupavano quelle zone. La sua era un'immagine di modello rivoluzionario molto cara al regime fascista.

Già alle origini del fascismo, ci fu una prima idea di cambiamento e rinnovamento di tutte le istituzioni dello stato italiano, compresa la scuola. Infatti, già tra il 1919 e il 1922 si formano i primi nuclei studenteschi fascisti: le Avanguardie Giovanili Fasciste e i Gruppi Universitari Fascisti (GUF).

Dopo la Marcia su Roma e l’inizio della fase totalitaria del fascismo, ci fu il problema di organizzare il consenso delle masse e di fascistizzare la società. Per questo nel 1926 Mussolini diede il compito a Renato Ricci di riorganizzare la gioventù italiana sia moralmente sia fisicamente. Con la legge numero 2247, del 3 aprile 1926, si sancì la nascita dell'ONB, mentre nel 1927 il regime fascista sciolse tutte le organizzazioni giovanili non fasciste.

L'ONB era stata concepita dai fascisti come uno strumento di penetrazione nelle istituzioni scolastiche e mirava non solo all'educazione spirituale, culturale e religiosa, ma anche all'istruzione premilitare, ginnico-sportiva, professionale e tecnica. Scopo dell'ONB era infondere nei giovani il sentimento della disciplina e dell'educazione militare rendendoli consapevoli della loro italianità e del loro ruolo di "fascisti del domani". Il giovane doveva uniformarsi all'immagine di una società dinamica, protesa verso obiettivi grandiosi ma allo stesso tempo, gli era richiesto di inserirsi in un rigido sistema centralizzato e gerarchico. Al vertice della gerarchia, il "Duce" era indicato come l'esempio sublime di "nuovo italiano". Ciò portò ad un vero e proprio culto della persona.

Inoltre l'ONB gestiva corsi di formazione e orientamento professionale, corsi post-scolastici per adulti, corsi di puericultura e d'economia domestica per le donne, dava assistenza igienico e sanitaria, nonché previdenza e assicurazione ai suoi organizzati.

L’ONB comprendeva ragazzi e ragazze dai 6 ai 18 anni. Era suddivisa nel seguente modo:

Figli della Lupa: ragazzi e ragazze dai 6 agli 8 anni (aggiunti in seguito all’ONB nel 1934);

Balilla: ragazzi dagli 8 ai 14 anni;

Piccole italiane : ragazze dagli 8 ai 14 anni;

Avanguardisti: ragazzi dai 14 ai 18 anni, veniva curato l’addestramento e la preparazione militare dei giovani;

Giovani Italiane: ragazze dai 14 ai 18 anni.

Dopo i 18 anni fino ai 22, i giovani entravano in gruppi esterni all’ONB, i ragazzi nei "Fasci Giovanili di Combattimento" e le ragazze nelle "Giovani fasciste".

Esisteva inoltre un’alternativa ai Balilla: i marinaretti, un'istituzione premarinara alla quale si accedeva dopo aver ottenuto il nulla osta dalla propria Legione di appartenenza.

Tutti gli appartenenti all’ONB avevano una divisa che consisteva in una camicia nera, un fazzoletto azzurro, un pantaloni grigioverde, un fascia nera e il fez. Inoltre durante le esercitazioni i ragazzi erano dotati di un moschetto (in versione giocattolo per i Figli della lupa).

I ragazzi quindi ricevevano un insegnamento prettamente militare, in quanto destinati in un prossimo futuro a formare le nuove file della Milizia (MVSN) e iscriversi al Partito. Il tutto passava attraverso il rito della Leva fascista che si teneva sempre il 24 maggio, anniversario dell’entrate in guerra dell’Italia.

Le ragazze invece raccolte nelle “Piccole Italiane” prima e nelle “Giovani italiane” in seguito, ricevevano un insegnamento adatto alla loro età e al loro sesso, in quanto future donne della società fascista. Di conseguenza le loro attività comprendevano corsi di taglio e cucito, di ricamo, corsi di igiene, pronto soccorso, economia domestica, esercizio fisico.

Nel 1935 Mussolini istituisce il “sabato fascista”; la giornata lavorativa del sabato veniva interrotta alle ore tredici per permettere che venisse praticata la ginnastica e l’attività fisica, per mantenersi in forma e per dare sfoggio della propria abilità.

I ragazzi che appartenevano alle organizzazioni fasciste, vestiti tutti in divisa, dovevano seguire corsi di dottrina fascista e compiere esercizi ginnici: volteggi, maneggiare il moschetto, lanciarsi attraverso cerchi di fuoco.

Le ragazze invece, in camicetta bianca e gonna nera, facevano roteare cerchi, clave, bandiere e si esibivano nella corsa e nel salto.

Era questo l’ordinamento dell’insegnamento al tempo del fascismo.

Ma nel 1938 con l’emanazioni delle leggi razziali, per la minoranza ebraica le cose cambiarono.

Gli ebrei erano ben integrati nelle stato italiano e nel tessuto della società; all’inizio del ‘900 nel Senato del Regno d’Italia erano presenti alcuni ebrei e successivamente ci fu un primo ministro e anche un presidente del Consiglio, Sidney Sonnino. Molti ebrei combatterono valorosamente durante la prima guerra mondiale e una piccola minoranza (circa il 10%) fece parte del Partito Fascista; alcuni bambini facevano parte dei Balilla. La stragrande maggioranza però non aderirà mai al Partito e anzi, sarà autrice di un’ardua opposizione politica.

Già nei primi mesi del 1933 si iniziarono a vedere i primi segni di antisemitismo. Il 15 luglio 1938 fu emanato il Manifesto della Razza e il 5 settembre 1939 fu emanato il Regio Decreto numero 1390, con il quale lo Stato Italiano prendeva provvedimenti per la difesa della razza nelle scuole fasciste.

Con la seguente legge si impediva ai bambini di razza ebraica l’iscrizione alle scuole primarie; inoltre maestri, professori, presidi, assistenti universitari, personale di vigilanza delle scuole elementari di razza ebraica dovevano lasciare il loro lavoro. Eccola cosa scriveva al Duce, un bambino ebreo appartenente ai balilla:

“Roma, 16-9-1938

Duce!

È un Vostro Balilla Moschettiere, che viene oggi da Voi per pregare per se stesso, per i propri genitori e per la sorella. Sono un fervido Balilla con croce al merito, capo squadra, moschettiere del Duce e mi chiamo Volfango Giorgio Gruen, ho 11 anni ed appartengo alla 28° Legione del Centurione Volpi. Ho partecipato al campeggio nelle vacanze e voglio adesso cominciare la IIa Ginnasio al Regio Ginnasio-Liceo Umberto I. Sono disperato, perché dobbiamo andare via dall’Italia, essendo noi tedeschi cattolici, ma di origine israelita. Siamo da 5 anni a Roma ed abbiamo fatto la domanda di cittadinanza Italiana. Mio papà è fascista come me e la mia famiglia ama come me Voi e l’Italia.

Duce! Io, per tutta la mia vita voglio servire l’Italia con tutte le mie forze, Vi prego col cuore di un Balilla, lasciateci rimanere a Roma. Papà manda pure i suoi documenti, cosicché vedete che non siamo cattiva gente, e lasciateci rimanere.

Un saluto Fascista

Volfango Giorgio Gruen

Moschettiere della 28° Legione.”

Nel 1943 in Italia si procedette alla deportazione degli ebrei italiani: uomini, donne bambini furono presi e portati nei campi di sterminio. Nei lager i bambini sono le prime vittime delle camere a gas, sono piccoli lavoratori coatti, cavie per gli esperimenti "scientifici", oggetto di piacere per i "kapo".

Dopo l’emanazione delle leggi razziali anche i programmi scolastici furono modificati di conseguenza, per insegnare ai bambini il concetto di razza.

Di seguito riportiamo la lettera del preside del Regio Istituto Tecnico di “Riccati” di Treviso, con la quale esorta i professori del suo istituto a rispettare quanto deciso dal decreto del Ministro dell’Educazione Bottai:

“Entro il 5 dicembre riferitemi entro quali limiti vi proponete di svolgere nelle rispettive classi la trattazione del problema razziale. Rammento che la circolare ministeriale si esprima a tale proposito come segue: “il problema razziale, principio basilare della politica del Duce, si propone lo scopo precipuo di conservare integre nel nostro popolo le qualità ereditate attraverso la sua storia, millenaria e di potenziare a un tempo le forza fisiche e morali. È naturale che il movimento razzista, messo dal Duce all’ordine del giorno della Nazione per integrare quel processo unitario che manterrà il popolo italiano uno di lingua, di religione, di mente, debba non solo essere diffuso nella scuola, ma nella scuola stessa trovare il suo organo più sensibile ed efficace. Nella nostra scuola il più elevato sviluppo mentale degli adolescenti, già a contatto con la tradizione umanistica attraverso lo studio delle lingue classiche, della storia e della letteratura, consentirà di fissare i capisaldi della dottrina razzista, i suoi fini e i suoi limiti. La rivista “Difesa della razza”, che del movimento razzista italiano è l’organo di maggiore importanza, dovrà perciò essere conosciuta, letta, divulgata e commentata da tutti”.

29 novembre 1938

Il Preside”

I professori aderirono alla direttiva del ministero, se anche non del tutto conviti e titubanti, ma mai contestando e opponendosi chiaramente a quanto deciso, ma anzi cambiarono i loro programmi d’insegnamento sotto le ingiunzioni dell’autorità, come dimostrano alcune risposte dei professori alla lettera del proside:

“Prof.A.A.Micheli, Lettere italiane e storia

In risposta al quesito di tema razziale mi è gradito informarvi che nel mio insegnamento dell’italiano nelle quattro superiori e della storia nelle prime due, pure del corso superiore, Sezione Ragioneria e Commercio, ebbi sempre cura e sempre l’avrò di mettere nella dovuta luce a ogni occasione che viene porta dallo svolgimento del programma la netta superiorità dalla gente italica, romana e cristiana sulle altre stirpi e le altre fedi. La civiltà che fu con Augusto signora del mondo e del tempo suo e che resa cristiana, procedette coi missionari cattolici a estendere la coltura le leggi della fede di Roma immortale in tutto il mondo, non può, né deve abbassarsi a contaminazioni e incroci, a imbastardimenti e a tolleranze etniche e spirituali, scientifiche e colturali che sarebbero tradimento e falsificazione di se stessa. Ciò posto, altro non aggiungo, che sarebbe prolissa retorica.”

“Prof.L.Sobrero, Scienze naturali e geografia

Su tale argomento avrò occasione di parlare varie volte durante lo svolgimento dei programmi, trattando sia delle grandi razze umane(I Comm., II Geom.), sia del popolo italiano e degli indigenti dell’Impero africano (II Comm, II Geom.). svolgendo tali punti del programma, mi propongo di illustrare soprattutto gli argomenti seguenti:concetto di razza sotto l’aspetto antropologico, biologico e psichico; grande razze umane e loro differenze razziali; distinzione fra camito-semiti e indo-europei(ariani)e, nell’ambito di quest’ultimi, fra indoriani (ramo ariano or.) ed europei (ramo ariano occ.); esistenza, del ramo europeo, di una razza italiana, nettamente differenziata nei suoi caratteri fisici e spirituali; concetti di razza, popolo e nazione, che, nell’unità razziale, etnica e politica dell’italia, trovano la loro piena corrispondenza; nobiltà razziale del popolo italiano e suo giusto orgoglio di razza, la cui purezza va gelosamente difesa contro ibridismi e contaminazioni da parte di elementi razziali inferiori.” BIBLIOGRAFIA: “LA MARCIA SU ROMA” Gianpasquale Santomassimo “STORIA & GEOSTORIA” (5 A Il I Novecento) Gianni Gentile – Luigi Ronga “I GIORNI E LE IDEE” (3 Il Novecento) Francesco Maria Feltri – Maria Manuela Bertazzoni – Franca Neri “LA CITTA’ DELL’UOMO” (3 Il Novecento) Marco Fossati – Giorgio Luppi – Emilio Zanette