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Anno V N. 36 - Febbraio 2016 ISSN 2431 - 6739 Enzo Natta: il cinema come esperienza I diritti del pubblico comunitaria e i diritti del Dialogare con Enzo Nat- ho letto riviste di grande diffusione come No- moderatore di ta, firma storica del gior- velle film, che ogni settimana pubblicava il nalismo cinematografico trattamento di un film corredato da un’ampia cineforum italiano, può dischiuderti serie di fotografie. In questa mia passione, so- Nel fine settimana del una sorprendente molte- no stato agevolato dall’aver avuto i natali a 12 e 13 dicembre ho avu- plicità di orizzonti cultu- Imperia, a poca distanza da quella Francia to l’enorme piacere di rali. Anzitutto, perché ci che, culturalmente, è sempre stata per me un partecipare come ospite Stefano Macera si confronta con un per- riferimento. In effetti, tra i cineclub che ho al corso di autoforma- corso intellettuale del tut- frequentato ve ne era uno a Mentone, cittadina zione dei circoli aderen- to singolare, fortemente nutrito - come emerge segue a pag. successiva ti alla FICC, “Federazio- da questa intervista - da stimoli d’oltralpe. In se- ne Italiana dei Circoli del condo luogo perché, ripercorrendo la sua attività Cinema”, che ha avuto pluridecennale, è possibile misurarsi con il rap- luogo ad Ostia Antica, in Massimo Tria porto tra rilevanti componenti del mondo cattoli- occasione del quale ho co e la settima arte. Scoprendo approcci inconsue- potuto finalmente tributare un omaggio a Pier ti a una forma espressiva dal carattere fortemente Paolo Pasolini nel luogo in cui quarant’anni fa il sociale, talvolta non estranei alle suggestioni del poeta fu ammazzato (molto toccante il reading miglior umanesimo cristiano del XX secolo organizzato al Parco Letterario). Ufficialmente Intanto mi piacerebbe sapere come ti sei accostato sono intervenuto come delegato del “CINIT – Ci- alla critica cinematografica. neforum Italiano”, ma nella sostanza l’ ho fatto Premetto che, essendo nato nel 1933, appar- come amico e collega, desideroso di confrontar- tengo alla generazione che è cresciuta a “pane mi con approcci ed eredità diverse: in quest’ot- e cinema”. Dopo la seconda guerra mondiale e tica è stato particolarmente produttivo il con- anche negli anni immediatamente successivi fronto sulle metodologie di conduzione dei all’introduzione della televisione, il cinema Ettore Scola cineforum e sul rapporto fra pubblico e anima- costituiva il principale divertimento colletti- 19 gennaio 2016 tore. Sulla scorta dei dibattiti e delle analisi vo, anche perché, in molte località di provin- a pag. 5 il nostro ricordo. condotte egregiamente dagli amici della FICC, cia, non c’erano teatri. Sin da giovanissimo, ho scoperto con piacere l’attenzione certosina che l’associazione dedica a una equilibrata ge- stione degli incontri e soprattutto agli spesso La memoria è un ingranaggio collettivo bistrattati diritti degli spettatori. Mi è stato dunque chiesto di sviluppare proprio alcune Virgilio Tosi, un missionario laico della delle mie considerazioni di quei giorni sulla “Carta dei diritti del pubblico”, sorta di stella cultura cinematografica e del cinema polare e documento di riferimento della FICC. scientifico Inizierò spiazzando (lo spero vivamente) il let- tore occasionale con una considerazione geo- Abbiamo incontrato Virgilio Tosi, già dirigente della FICC grafica, che si farà poi geopolitica: questa sorta di decalogo dei diritti dello spettatore cinema- In questo colloquio nel- Hai appena festeggiato i tuoi novant’anni con un nuo- tografico fu firmato il 18 settembre del 1987 la sua casa romana, rac- vo libro intitolato “Storia di un’adolescenza breve” edi- nella città allora cecoslovacca, ora ceca di Táb- conta un po’ della sua zioni Carocci, 2015. Dopo aver scritto moltissimi testi or. Ero troppo giovane per poter seguire il la- vita partendo dai comi- sul cinema e realizzato numerosi documentari vorio pluriennale che suppongo stesse alla ba- zi teatrali del ’46 nelle scientifici ti sei cimentato in un’opera narrativa se di questo stimolante documento, e tanto fabbriche milanesi per travestita da autobiografia. Mi ha incuriosito subi- meno con i miei tredici anni di età potevo all’e- rivendicare il diritto al- to la foto della copertina e penso sarà così anche per poca prevedere di cosa mi sarei occupato “da la cultura. Tra i fonda- i lettori. E’ l’immagine della tua carta annonaria, grande”, ovvero anche di culture slave e in par- tori del Piccolo Teatro valida dal mese di novembre del ‘43 al febbraio del ticolare proprio di storia e letteratura ceca: di Milano con Paolo ‘44. Eri giovanissimo ed eri animato da una pro- quella cittadina della Boemia meridionale ri- Patrizia Masala Grassi, Giorgio Strehler fonda passione culturale. veste una profonda importanza simbolica per e Mario Apollonio. Pas- Lo racconto anche nel libro. Alla fine del ‘42, a 17 la lotta di emancipazione religiosa e nazionale serà dal teatro al cinema. Ricorda anche la nasci- anni, partecipai a un convegno internazionale del popolo ceco, in quanto è uno dei luoghi sto- ta dell’Associazionismo Nazionale della Cultura dei Littoriali sul teatro che si svolse a Firenze al rici legati al movimento riformatore dell’hus- Cinematografica e della FICC nel 1947, l’amicizia Teatro della Pergola. C’erano tanti giovani, pa- sitismo, che prende il nome dal predicatore con Callisto Cosulich, l’incontro con Zavattini e recchi già antifascisti, tra i quali anche Gerardo Jan Hus (messo al rogo nel 1415, poi “riabilitato” la passione per il cinema scientifico. segue a pag. 12 segue a pag. 6

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segue da pag. precedente giusta misura il carattere millenario della che s’incontra non appena si oltrepassa la fron- chiesa, un’istituzione che può e deve essere tiera. Qui, ho scoperto quanto il cinema po- trasformata, ma non sulla base di continui tesse essere un veicolo di crescita intellettua- scossoni. Del resto, poi, realtà ecclesiastica a le, assistendo - nel corso degli anni ‘50 - a parte, va detto che, era proprio la società ita- proiezioni e a dibattiti sui film, affollati come liana a presentare vaste sacche di arretratez- non mi è mai capitato di vedere in Italia. Del za. Io, per esempio, quando mi sono trasferito resto, il cineclub in questione era frequentato a Roma, sono rimasto colpito dal fatto che, da figure di assoluto rilievo, tra cui Chabrol e nella capitale del paese, le ragazze madri fos- Truffaut, che qui hanno presentato le loro sero ancora oggetto di commenti sprezzanti, opere iniziali. Di certo, è stato attraverso que- cosa che non accadeva nella mia città d’origi- sta esperienza che mi sono avvicinato alla ne. Se in Italia certe conquiste si sono date so- principale novità introdotta dalla Nouvelle Va- lo negli anni ‘70 è perché prima la situazione gue: la concezione di un cinema realizzabile da Enzo Natta tutti e in assoluta libertà. Ma in quegli anni, il mio legame con la Francia si è tradotto anche il critico teatrale Maurizio Giammusso, poi in forme concrete: il cineclub stampava un set- passato al Corriere della Sera. Insomma, in timanale, al quale ho anche collaborato. Per quella fase, la rivista si è caratterizzata come questa via, sono arrivato ad avere la tessera del una sorta di laboratorio, pronto ad accogliere Sindacato Giornalisti e Scrittori in Francia. varie tendenze culturali. Tuttavia... Che tipo di diffusione aveva allora questo periodico Tuttavia? così longevo? Debbo precisare che il giornalismo, per me, è Ovviamente, non raggiungeva le masse, ma sempre stato un valore in sé, anche a prescin- allora le riviste specializzate in Italia non se la dere dalla passione cinematografica. La mia passavano male, sia perché maggiore era il prima esperienza nel settore, in Italia, è co- numero degli appassionati di cinema, sia per- minciata attorno alla metà degli anni ‘50, ché vi era ancora il primato del cartaceo, ve- presso il quotidiano genovese Il Caffaro, e non nuto meno con l’attuale predominio delle ha avuto per oggetto il mondo dello spettaco- nuove tecnologie. Oltre alle vendite nelle li- lo, bensì le cronache locali dalla provincia di brerie, la rivista poteva contare su uno “zocco- Imperia. Ho anche lavorato per due giornali lo duro” di alcune migliaia di abbonati. della sera: La Notte e il Corriere Lombardo. Per diversi anni hai scritto anche sull’Osservatore Ma con la decisione di trasferirmi a Roma, al- Romano, che pur se non ne è un organo ufficiale, ha la fine degli anni ‘50, la mia carriera ha avuto forti rapporti con la Santa Sede. Viene spontaneo una svolta e, nella mia attività giornalistica, si chiedere a quali vincoli dovevi attenerti... è imposto decisamente l’interesse per il cine- Sì ho lavorato anche per L’Osservatore Roma- ma. In particolare, ho avviato il mio lungo no, quando, al principio degli anni ’60, vi è rapporto con la Rivista del Cinematografo, pub- stata introdotta una pagina degli spettacoli blicazione nata nel 1928, ancora esistente e le- coordinata da Ludovico Alessandrini. In real- “Uno sguardo nel buio. Cinema, critica, psicoanalisi“ gata a quell’Ente dello Spettacolo ch’era un tà, nello scrivere di cinema godevo d’una no- di Enzo Natta. Effatà editrice - Collana Accademia. tempo una sorta di Ministero dello Spettacolo tevole libertà, dovevo solo evitare certi campi ISBN: 9788874022236 del mondo cattolico. minati, soprattutto legati alle rappresentazio- Puoi darci un’idea del tuo apporto alla Rivista del ni meno convenzionali della sessualità. Ma non era matura. A parte ciò, un’esperienza di Cinematografo? questo quotidiano conduceva anche battaglie più lunga durata è stata la collaborazione, con Sì. Tra le prime cose che ho realizzato sulle piuttosto avanzate, relative alla necessità di Dimensioni, testata creata da un vivacissimo sue pagine, inevitabilmente, vi è stato un arti- introdurre sale a gestione pubblica e, in gene- gruppo di Salesiani, alcuni dei quali, peraltro, colo sulla Nouvelle Vague, volto a far conosce- rale, di rendere più forte l’intervento statale provenivano dall’America Latina e avevano re il processo che aveva portato alla produzio- nel campo dello spettacolo. L’Anicagis (oggi conosciuto Camillo Torres (1929-1966), il prete ne e alla distribuzione dei film di Truffaut, Anica), rappresentante delle industrie italia- guerrigliero colombiano. Questo periodico, Chabrol, Godard ecc. Ma ho realizzato anche ne del settore e legata all’idea di un capitali- attento a tematiche terzomondiste e anticapi- un approfondimento in varie puntate sul ci- smo senza freni, arrivò a sostenere che, in fat- taliste, ha esercitato un’influenza maggiore di nema africano e arabo, peraltro attingendo to di cinema, L’Osservatore Romano e l’Unità quanto non sospettassi. In molti mi hanno dal giornale del cineclub di Mentone. Inoltre, erano la medesima cosa: un’esagerazione pa- detto di avermi letto sulle sue pagine: tra que- mi sono confrontato con quella che già negli lese che, tuttavia, conteneva elementi di veri- sti, Marco Asunis, presidente della Ficc (Fede- anni ‘60 - in seguito al definitivo consolidarsi tà. razione Italiana dei Circoli del Cinema). dell’egemonia televisiva - veniva chiamata Tu peraltro hai collaborato anche con riviste appar- Comunque, il periodico con il quale normalmente “crisi del cinema”, intervistando registi im- tenenti alle espressioni più eterodosse del cattolice- sei più identificato è Famiglia Cristiana. Leggendo portanti, come Dino Risi, direttori della foto- simo italiano... le recensioni che, a partire dalla seconda metà degli grafia e maestranze e registrando i primi se- E’ vero, ad esempio, negli anni 1963-64, ho anni ‘80, hai pubblicato su questo settimanale si ri- gni di un “cambiamento epocale”. Va peraltro scritto sulla rivista Orizzonti, pubblicata dalle mane colpiti dalla estrema semplicità del linguag- sottolineato che la Rivista del Cinematografo Edizioni San Paolo: una pubblicazione inte- gio adottato, che non va mai a detrimento delle ca- non si occupava solo di cinema, ma anche di ressante, che però ha avuto una vita breve. pacità analitiche... teatro, fumetti e comunicazione sociale. Io, Venne chiusa dai Paolini perché il suo diretto- Guarda, Montanelli, citando esperienze gior- per un po’ di anni, e sino al ‘72-’73, ne sono sta- re, nell’agganciarsi alle innovazioni del Con- nalistiche americane, raccomandava di farsi to anche capo-redattore. In questa veste, posso cilio Vaticano II, richiamava alla necessità di capire dal “lattaio dell’Ohio”, cioè da quelle dire di aver svolto il ruolo di talent scout, aprendo ulteriori strappi con il passato, soprattutto in persone che sanno leggere e scrivere ma che, la strada alla scrittura per Rulli e Petraglia, che si materia di diritti civili. A pensarci bene, riten- assorbite dalle vicissitudini quotidiane, non firmavano con pseudonimi, Enrico Ghezzi, Nino go sarebbe stato meglio muoversi secondo hanno il tempo di approfondire le questioni e Bizzarri, pluri-premiato documentarista, e per un’ottica gradualista, che considerasse nella segue a pag. successiva 2 [email protected]

segue da pag. precedente liani). Puoi parlarci di questa esperienza? non si trovano a loro agio col linguaggio spe- A questa fase, per me fondamentale, si lega cialistico. Io sono convinto che non ci siano anzitutto la fondazione, nel 1987, di Filmcro- argomenti di cui non si possa parlare a un nu- nache, che ho diretto per 15 anni. Una rivista mero ampio di persone, ma la scrittura dev’es- specializzata, certo, ma attraverso la quale si è sere a un tempo immediatamente comprensi- cercato di giungere a un pubblico più largo di bile e piacevole, direi godibile. Il critico, a quello dei cinefili. Per questo, abbiamo adot- maggior ragione se scrive su una pubblicazio- tato un linguaggio comprensibile, non dico lo ne che punta a una larga diffusione, è anzitut- stesso che ho sempre usato su Famiglia Cri- to un “mediatore” che deve saper illustrare stiana, ma in ogni caso più diretto di quello con efficacia i pregi e i difetti di un film, toc- che si trova nelle pubblicazioni di settore. A cando le stesse questioni stilistiche senza inu- ciò va aggiunto che si è scelto pure di scrivere tili ermetismi. Non ho mai amato i “critici ac- pezzi non troppo lunghi e con titoli di richia- cademici”, che ogni volta che scrivono un mo e di fare un ampio uso delle vignette, pra- pezzo sembra che salgano in cattedra a im- ticamente presenti una pagina sì e una no. Ma partire una lezione, rivolta per giunta ai pochi le attività sono state molteplici, a partire da meritevoli che ne decifrano le bizzarrie verba- una collana di libri (Studi e Ricerche) sempre li. abbinati ad una manifestazione pubblica. Si Per quale motivo un settimanale autorevole come pensi a L’immagine bugiarda (1986), il saggio Famiglia Cristiana ha deciso, a partire dal 2013, di che Ernesto G. Laura ha dedicato al cinema sopprimere la critica cinematografica? della Repubblica di Salò, vincendo pure il pre- Diciamo che a monte vi sono problemi econo- mio Umberto Barbaro. O alla celebrazione, mici, originati da una diffusione minore ri- svoltasi un anno prima a Villa Medici, a Roma, spetto a quella, enorme, di qualche decennio del cinema della Nouvelle Vague: in questo ca- fa: ciò ha portato a una considerevole ridu- so è uscita una monografia realizzata da Ren- zione delle pagine. Alle solite, a farne le spese zo Gilodi e si è presentato un film di Pierre “Ombre sul sole” di Enzo Natta. Storie di uomini-contro. per prima è stata la critica cinematografica, Kast (Herbe rouge) che, come spesso accade, Giuseppe Bottai, Folco Lulli e Frédéric Rossif. Edizioni che settimanali e quotidiani hanno sempre ri- in Italia non ha avuto distribuzione. Sempre a Tabula Fati ISBN-978-88-7475-315-4. Pagg. 128 tenuto un di più, cui si può rinunciare senza Ernesto G. Laura si deve il libro su Gianni umane diverse, contrastando le spinte al ri- troppi rimpianti. Anzi, a ben vedere, in certe Puccini Parola d’autore (1995), presentato nel piegamento su sé stessi e al delinearsi di una fasi storiche essa è stata intesa addirittura co- corso di un convegno alla Sapienza nel quale, vera e propria “non società” che connotano il me luogo di penitenza. Negli anni ‘30, quando a omaggiare questo regista, fortemente inter- nostro mondo occidentale. Così, l’Ancci, l’e- si capiva che un giornalista non era troppo al- no al milieu intellettuale della sinistra italia- state, proponeva ai più giovani anche dei lineato al fascismo, ma nello stesso tempo na, sono intervenuti suoi prestigiosi amici co- campi scuola in Val d’Aosta o alle Dolomiti: non vi erano pretesti per mandarlo al confino, me il collega Giuseppe De Santis, il filosofo qui, i ragazzi avevano la possibilità di alterna- lo si spostava dalla cronaca o dagli esteri alla Mario Socrate, Pietro Ingrao e il critico cine- re giornate dedicate alle proiezioni e agli in- critica cinematografica. E’ accaduto, tra gli al- matografico Mino Argentieri. Del resto, contri con gli autori, ad altre in cui si facevano tri, a Filippo Sacchi che poi, sorretto com’era quest’ultimo - in virtù della ricchezza di sti- escursioni in montagna. da una grande cultura, anche in questo campo moli culturali che ha sempre offerto - è stato si è rivelato bravo. Oggi, magari, non si verifi- una presenza costante nelle nostre iniziative. Le diverse realtà dell’associazionismo cinematogra- cano più questi “trasferimenti coatti”, ma nei Ma, dal nostro punto di vista, il cinema è an- fico muovono spesso da istanze ideali molto forti: quotidiani, la critica è ridotta a trafiletti che che l’occasione per sviluppare relazioni quali erano le vostre? fanno da contorno a lunghi pezzi legati al pet- Anche in questo caso, come in altre esperien- tegolezzo e al cinema considerato solo come ze della mia vita, l’ispirazione di fondo è venu- evento mondano. ta dalla Francia. Solo che non si è trattato di E’ anche per questo che, attualmente, l’Italia risulta un impulso culturale legato esclusivamente al uno dei paesi in cui la cultura cinematografica è sottoscritto, ma di una spontanea convergen- meno diffusa... za tra tante persone appartenenti alla stessa Il fatto che il cinema, soprattutto quello meno associazione. In particolare, ci siamo richia- legato a istanze puramente mercantili, sia mati a originali pensatori cattolici d’oltralpe, così poco conosciuto è anche una responsabi- come Jacques Maritain (1882-1973) ed Emma- lità dei diversi Ministeri dell’Istruzione che si nuel Mounier (1905-1950). Il primo, indivi- sono succeduti. Perché non hanno mai pensa- duando tra i motivi della crisi europea tanto la to a collocare, nei programmi scolastici, un perdita dei valori quanto il dissolversi dei le- serio ragionamento sulla civiltà dell’immagi- gami sociali, ha teorizzato un ritorno ai princi- ne. Oggi, siamo bombardati da immagini che pi cristiani che non rinunciasse alla separazione provengono non solo dal cinema e dalla televi- fra Stato e Chiesa e ha proposto un’educazione sione, ma anche dai cosiddetti nuovi media: è volta a formare persone che si realizzino piena- fondamentale essere educati a un approccio mente nella dimensione comunitaria. Il se- critico, che porti a non fruire passivamente di condo, dando vita alla corrente del “personali- ciò che si vede. Una modalità semplice per ar- smo”, ha delineato una visione della società rivare a ciò, potrebbe essere l’insegnamento distante sia dall’individualismo estremo sia dell’audiovisivo a scuola. Ma, mirando più in dal collettivismo livellatore, asserendo che il alto, si potrebbe ricollegare la riflessione sulla valore assoluto di ogni persona non può che civiltà dell’immagine a ogni materia. Solo che, essere esaltato dal rapporto solidale con gli al- in Italia, a livello istituzionale, non si è mai af- tri. Ma ci ispirava anche André Bazin (1918- frontata la questione. “I diamanti di Kesselring” di Enzo Natta (2013) edizioni 1958), riferimento degli autori della Nouvelle Dal 1980, per un ventennio, sei stato presidente dell’Anc- Tabula Fati. Copertina di Vincenzo Bosica. ISBN-978- Vague e teorico di un realismo ontologico, ossia, ci (Associazione nazionale circoli cinematografici ita- 88-7475-341-3 Pagg. 160 segue a pag. successiva 3 n. 36

segue da pag. precedente Al cinema d’un cinema capace di catturare non solo l’ap- parenza, ma anche l’essenza delle cose. Nelle relazioni che ho tenuto ai congressi dell’Ancci Il papa della gente… Chiamatemi Francesco ho sempre citato questi intellettuali, che rite- No, non è un film che mano nella mano gli spettatori senza mai nevo in linea con la nostra idea di un progetto parla solo di un Fran- stancarli, pur restando praticamente sempre educativo teso a emancipare le persone attra- cesco che non cono- al centro della scena. Pur notevolmente con- verso la cultura. Del resto, c’è un cinema che, sciamo. Inizia e finisce centrato su un periodo terribile e disumano se analizzato in profondità, rivela un serio ten- a Roma il viaggio di della dittatura militare argentina di Videla, tativo di rispondere a interrogativi umani pro- quell’uomo venuto da Luchetti riesce a far capire efficacemente qua- fondi, non religiosi in senso stretto, ma legati lontano che è diventato le sia e quale possa ancor essere l’immagine e all’essere e alla sua liberazione in una società papa. Da giovane, do- l’azione dell’attuale Pontefice: molto umano, dove sembra predominare la logica dell’avere po la scelta gesuita, do- molto cristiano ma anche lucido e determina- o, peggio, del possedere. veva andare missiona- to nel volere una Chiesa Cattolica diversa da Quali sono i registi che colleghi a queste riflessioni? Michela Manente rio in Giappone ma quella decisamente temporale sinora cono- Gli autori interessanti, in questo senso, sono poi il destino l’ha volu- sciuta. Il titolo del film che può sembrare fuori molti. Ma partirei dal mai troppo rimpianto to in Argentina durante i duri anni della ditta- luogo, appare perciò più che appropriato e Andrej Tarkovskij che - animato da un rigore tura militare. Questo è il cuore della pellicola simbolico se si considera il Bergoglio argenti- non solo stilistico ma anche etico – ha affron- di Daniele Luchetti: raccontare il coraggio di no, nella sua attuale veste apostolica, guar- tato con coerenza i nodi relativi all’impoveri- un uomo di Dio che, rischiando in prima per- dando al futuro più che al passato. Con l’inter- mento spirituale della società contemporanea, sona, ha salvato molte vite. L’idea di presenta- pretazione di Sergio Hernández nel ruolo del a oriente come a occidente. Per quanto riguar- re il periodo giovanile dell’esistenza di questo santo Padre (lo abbiamo visto nei film di Seba- da i viventi, non dimenticherei Krzysztof Za- Papa, idea che ha aperto la strada ad altri pro- stián Lelio e in “No” di Pablo Larraín) a Roma, nussi, un regista totalmente estraneo alle mo- caput mundi an- de culturali, che rappresenta con efficacia che della Chiesa, personaggi assillati da domande sull’essere. inizia e si chiude Per non dire di Clint Eastwood, nel cui cine- il film con l’elezio- ma, di forte impronta classica, affiora spesso ne sul soglio pon- una visione profondamente religiosa, che tificio del cardina- emerge con particolare nitidezza in un film le Bergoglio. Per come Gran Torino (2008). Fondamentale, però, concludere i meri- è che questi e altri autori siano oggetto di di- ti della pellicola so- scussioni collettive, tali da permettere un con- no una convincen- fronto orizzontale teso a sviscerare la molte- te sceneggiatura plicità di suggestioni che possono scaturire impreziosita dalla dalle loro opere, rispetto alle quali la lettura del slow motion, atto- critico esperto non è sempre più dirimente di ri impeccabili e la quella del semplice appassionato che frequen- manichea contrap- ta il cineclub. posizione tra amo- “Chiamatemi Francesco - Il Papa della gente” è un film del 2015, diretto da Daniele Tornando, appunto, ai cineclub, quale funzione re e odio, malvagità Luchetti pensi possano svolgere oggi? e bontà, spietatezza Io credo che il loro ruolo debba essere proprio getti, è stata del produttore Pietro Valsecchi del regime totalitario e carità di coloro che si sono quello di promuovere scambi culturali che sia- (conosciuto dal grande pubblico per le serie tv adoperati per la giustizia. no anche scambi umani, cogliendo tutte le Squadra Antimafia – Palermo oggi, Il tredice- possibilità che il cinema offre per riflettere as- simo Apostolo, Distretto di Polizia, R.I.S. – Michela Manente sieme. Per dire, non molto tempo fa, a Genova, Delitti Imperfetti) che ne ha richiesto due ver- è scomparsa, a 95 anni, una signora che, in età sioni, una cinematografica e una televisiva (in piuttosto avanzata, aveva fondato un circolo quattro puntate), senza però consultare fonti del cinema, assai frequentato dalle donne an- ecclesiastiche. I 94 minuti della pellicola, sono ziane della città: molte di loro le andava a un inno alla santità per colui che nella sua gio- prendere con un pulmino per farle partecipare vinezza vanta il merito di essersi battuto per a proiezioni da cui spesso, scaturivano ampie andare contro alle sparizioni di massa nel fe- discussioni. Così, a ben vedere, si sfuggiva alla nomeno passato alla cronaca col nome di de- solitudine che spesso si associa alla vecchiaia, saparecidos durante la dittatura Videla. Da “facendo comunità”. Oggi, però, la situazione questa esperienza difficile in cui Bergoglio si è complicata perché tutti i governi degli ulti- perse molti amici, il futuro papa uscirà cam- mi anni si sono resi responsabili di tagli alla biato e pronto a vivere il suo impegno futuro cultura, colpendo fortemente l’esperienza dei nella costante difesa degli ultimi e degli emar- cineclub. Pensa che tutte le iniziative che ti ho ginati. Divenuto Arcivescovo di Buenos Aires descritto le abbiamo fatte con delle risorse mo- continuerà la sua opera di supporto agli abi- deste, che però gestivamo con oculatezza. Per tanti delle periferie, difendendoli dalle sopraf- esempio, i campi scuola li facevamo pagare po- fazioni del potere e promuovendone la cresci- chissimo, perché l’Ancci era in grado di soste- ta individuale e collettiva. Grande merito di nere una parte delle spese. Con finanziamenti Luchetti è aver scelto Rodrigo de la Serna, sempre più prossimi allo zero, è difficile realiz- umanissimo attore argentino (“I diari della zare certe attività. motocicletta”, “Cronaca di una fuga - Buenos Aires 1977”) nel ruolo del giovane Jorge, per un’interpretazione che scansa l’agiografia e fa le- Stefano Macera va sulla dignità personale dell’attore per portare Papa Francy nella caricatura di Luigi Zara 4 [email protected] Ettore Scola Alberto Sordi e Bernard Blier picchiano un trafficante d’armi in Africa. Lui si lamenta: “Non vale, siete in due”. Sordi replica: “E se eravamo in tre te menavamo in tre”. Dal film “Riusciranno i nostri eroi a ritrovare l’amico misteriosamente scomparso in Africa?” (1968)

Ettore Scola nella caricatura di Luigi Zara Ettore Scola 1931 - 2016 A 84 anni il suo cuore politica in una unica voce per dare espressio- e idee”. Nell’emozionante e ironico documen- alla fine si è fermato ne alla sua passione. Animatore della politica tario delle figlie Silvia e Paola “Ridendo e dopo tanto averlo dato cinematografica degli autori con l’Anac, sem- scherzando” presentato all’ultimo festival del a tutti noi. Cin- pre al fianco dei lavoratori in lotta per “salvare cinema di Roma, un giornalista francese gli quant’anni di cinema Cinecittà”, al fianco delle carovane di cinema chiede: “Lei è ancora comunista?” “Sì”, rispon- e storia italiana. Una nelle terre confiscate alle mafie e a sostegno di de Scola, spiegando che quella parola – ormai carriera e una vita nel ogni manifestazione culturale, un cinema che messa al bando – non ha a che fare con l’Unio- segno dell’impegno ci- rischia la chiusura, un festivalino che cerca di ne sovietica, certamente, ma piuttosto con l’o- vile, politico e sociale crescere, un circolo culturale che deve lanciar- nestà e un sentimento di rispetto per l’umani- che lo portò tra l’altro si, anche la più piccola iniziativa, la più lonta- tà. Quello che lui ha sempre messo nel suo a far parte del governo na dai fracassi salottieri e mediatici. “Io tutto cinema, con un tocco di romantica delicatez- Angelo Tantaro ombra del Partito Co- sommato mi commuovo a sentire tanta pas- za. munista Italiano, nel 1989, con la delega alla sione, mi sembra tempo ben speso quello a Angelo Tantaro Cultura. Seppe coniugare cinema, cultura e fianco di giovani che credono ancora in valori

Un ricordo di Ettore La Cultura: più si con- la Cultura non é una merce, non è un piatto di auto (lettura integrale) a settembre, andando suma e più ce n’è. Negli spaghetti o un litro di benzina. Un concerto, e tornando dalla Mostra di Venezia. C’erano anni ‘70, al Teatro Ten- un libro, un film vivono con voi per sempre e dei riferimenti alle suore che mi ricordavano da di Testaccio, che possono essere condivisi quasi all’infinito con tanto le riflessioni di Bruno Cortona (Gas- non esiste più, parteci- gli altri”. E concluse: “Perché la Cultura più si sman) al ristorante sul porto di Civitavecchia. pando ad una manife- consuma e più ce n’è”. Avevo vent’anni e C’era troppa gente attorno a lui, rinunciai e stazione a favore del Ci- quell’insegnamento non l’ho mai dimentica- mi dissi: “Glielo chiederò la prossima volta”. nema e dello Spettacolo, to. Quel regista era Ettore Scola. L’ultima volta Un errore senza rimedio. Non lo saprò mai. mi colpì, tra tanti inter- che ho visto Scola volevo chiedergli se, scriven- Ugo Baistrocchi venti, quello di un regista do la sceneggiatura de Il Sorpasso, si era ispira- che diceva “Ricordatevi to anche a Il Giovane Holden che ho ascoltato in Ugo Baistrocchi 5 n. 36 segue da pag. 1 fini il raggiungimento di “un più ampio pote- Carta dei diritti del pubblico da Giovanni Paolo II). I seguaci di una delle re sociale, di solito lasciato alla critica istitu- sue interpretazioni più combattive (poi chia- zionale”. Traiamo qualche esempio diretta- Tabor, 18 settembre 1987 mati appunto “taboriti”) fondarono nel 1420 la mente dalla “Carta dei diritti”: l’articolo 1 La Federazione Internazionale dei Circoli del Cinema, cittadina di Tábor, prendendo ispirazione attribuisce al pubblico il diritto di ricevere organizzazione di difesa e sviluppo del cinema di cul- dall’omonimo monte della Trasfigurazione, e tutte le informazioni audiovisive e di espri- tura, presente in 75 paesi, è l’associazione più qualifi- rifacendosi almeno all’inizio ai principi del mere le proprie opinioni, in quanto “Non vi cata per l’organizzazione del pubblico dei beni cultu- comunismo cristiano delle origini. I taboriti sarà umanizzazione senza comunicazione”; il rali audiovisivi. Cosciente dei profondi cambiamenti erano fra i più accesi oppositori del potere pa- 3 pone la “formazione del pubblico” come pre- in atto nel campo audiovisivo, che minacciano una pale, combattenti spietati e iconoclasti, tanto requisito fondamentale per l’espressione in- disumanizzazione completa della comunicazione, La da essere considerati radicali ed “estremisti” dividuale e collettiva; il 4 mette in guardia dal Federazione Internazionale dei Circoli del Cinema, anche da altre formazioni del movimento ri- pericolo che le nuove tecnologie producano nel corso del 26° Congresso tenuto nel 1987 a Tabor formatore hussita. Non a caso papa Martino V un’“alienazione di massa”. E come non condi- (Cecoslovacchia) ha approvato all’unanimità la “Car- indisse contro di loro persino delle crociate, videre ancora l’art. 7, secondo il quale “pubbli- ta dei Diritti del Pubblico”. uscendone però ripetutamente sconfitto. co, autori ed opere non possono essere utiliz- Chissà se i firmatari della “Carta” ebbero mo- zati per fini strumentali”? Il tutto suona in 1. Il pubblico ha diritto di ricevere tutte le infor- do di visitare allora il museo hussita di Tábor, modo molto lineare e categorico, e sull’onda mazioni ed espressioni audiovisive. Il pubblico ben fornito di alabarde e altre minacciose ar- emotiva tenderemo a sottoscriverlo in toto deve avere i mezzi per esprimersi e far conoscere mi “anti-Papato” dell’epoca, testimone elo- con rivoluzionaria passione…se non fosse che i propri giudizi ed opinioni. Non vi sarà umaniz- zazione senza comunicazione. quente di una tradizione antagonista e, se si chi scrive queste righe viene da altra forma- vuole militante, di certa parte del pensiero bo- zione e si ritrova a recepire in modo quanto 2. Il diritto all’arte, all’arricchimento culturale, emo (ricordiamolo: la Repubblica Ceca si van- meno critico alcune formulazioni della “Car- alla capacità di comunicazione, fonte di ogni ta ancora espressamente di essere uno dei pa- ta”. Come ad esempio le seguenti: “il pubblico mutazione culturale e sociale, è un diritto im- esi con il maggior numero percentuale di atei ha diritto d’organizzarsi in modo autonomo prescrittibile. Esso è garante di una vera com- per la difesa dei propri interessi” recita peren- prensione tra i popoli, solo mezzo di evitare le dichiarati). En passant: quel congresso fu co- guerre. munque presieduto da un intellettuale fine e torio l’articolo 4; o ancora, secondo l’8: “esso si impegnato come Carlo Lizzani, che non pote- organizza per far rispettare in tutti i massme- 3. La formazione del pubblico è la condizione va non essere al corrente almeno di alcune co- dia la pluralità delle opinioni ai fini della pro- fondamentale, anche per gli autori, per la crea- ordinate storiografiche legate a quei luoghi. pria realizzazione”. La mia difficoltà più gran- zione di opere di qualità. Solo la formazione del Non ho certezza dunque che i compilatori fos- de è forse quella di contestualizzare nell’ambito pubblico permette l’espressione dell’individuo e della collettività sociale. sero consapevoli di questa “felice coinciden- dell’analisi di un testo filmico termini come za”: mi piace però approfittarne per rilevare “interessi” e “opinioni”, che al mio orecchio 4. I diritti del pubblico corrispondono alle aspi- come anche la “Carta dei diritti del pubblico” post-positivista suonano quanto meno un tan- razioni ed alle possibilità di uno sviluppo gene- sia un documento altrettanto battagliero e tino soggettivi, quando non rischiano di di- rale delle facoltà creative. Le nuove tecnologie militante. Nel leggerlo la prima volta mi è bal- ventare arbitrari. In altre parole: l’opinione devono essere utilizzate per tale obiettivo e non per l’alienazione di massa. zato subito agli occhi il carattere, mi si passi il per me è sacra, ma solo se fondata sul testo au- termine, “luterano” che lo ani- diovisivo reale, visto e interpre- 5. Il pubblico ha diritto di organizzarsi in modo ma, nel senso che esso opera tato in maniera metodologica- autonomo per la difesa dei propri interessi. Per una sorta di recupero da parte mente coerente. Se il pubblico raggiungere tali obiettivi, le associazioni del del pubblico di quei diritti ese- vede nel concreto film ciò che pubblico devono poter disporre di strutture e mezzi posti a disposizione degli enti pubblici. getici che molto spesso, per in- non c’è, o che neanche con la veterata pigrizia o malcelata ar- più ampia griglia interpretati- 6. Le organizzazioni del pubblico hanno diritto roganza, noi stessi moderatori va possibile vi può essere og- di essere associate alla gestione degli organismi e animatori di cineforum ten- gettivamente reperito, allora le di produzione e di distribuzione, sia dello spet- diamo a negare. È come se la sue opinioni non sono fondate, e tacolo che dell’informazione, e di partecipare al- la designazione dei responsabili di tali organi- “Carta” stimolasse una rivolu- Carlo Lizzani 1922- 2013 rischiano di essere pura “ester- smi. zione interpretativa atta a to- nazione”, senza ambire a farsi gliere l’esclusiva della lettura del testo (qui reale “trasmissione”, e dunque “comunicazio- 7. Pubblico, autori ed opere non possono essere non biblico, ma filmico) alle grinfie accentra- ne”. Qualche riga sopra abbiamo già sostituito utilizzati per fini strumentali, siano essi politici, trici del moderatore, del critico cinematogra- ironicamente il termine “pubblico” con “popo- commerciali o altro. Nel caso di strumentalizza- fico, del cosiddetto e tanto vituperato “esper- lo”: si ripeta tale esercizio in tutta la carta e ci zioni, le organizzazioni del pubblico hanno dirit- to di esigere risarcimenti. to”. Nello spirito della “Carta” quest’ultimo si troverà davanti un compatto e articolato non deve essere un predicatore illuminato che “programma d’azione” di una compagine for- 8. Il pubblico ha diritto ad una corretta informa- dall’alto delle sue conoscenze superiori elargi- temente orientata sulla difesa dei diritti (civi- zione. Il pubblico rifiuta ogni forma di censura e sca la sacra ed unica esegesi possibile al popo- li, umani e cinematografici) che non si limita di manipolazione; esso si organizza per far ri- lo…, pardon, al pubblico del cineforum, bensì agli orizzonti nazionali, ma giunge ad affer- spettare in tutti i massmedia la pluralità delle opinioni ai fini della propria realizzazione. un mediatore, un socratico convogliatore di mare che “le organizzazioni del pubblico si scintille che vengano dai singoli spettatori ad uniranno e lotteranno sul piano internazio- 9. Di fronte alla mondializzazione della diffusio- illuminare il testo filmico, anche in barba alle nale” (art. 9), punto programmatico che per ne dell’informazione e dello spettacolo, le orga- “intenzioni registiche”. Tutto ciò si inquadra altro è meritoriamente rispettato ancora oggi, nizzazioni del pubblico si uniranno e lotteranno all’interno della riflessione metodologica che come ho avuto modo di vedere a Ostia, dove sul piano internazionale. sta alla base della FICC (e che, mi si perdo- erano presenti associazioni provenienti da 10. Le associazioni del pubblico rivendicano l’or- nerà, conosco solo in parte), quella che, per ci- mezzo mondo. Del resto non a caso due fra i ganizzazione di serie ricerche sui bisogni e lo tare Salvatore Pinna, ha dato vita ad un “Mo- massimi ispiratori storici della FICC, Fabio sviluppo delle conoscenze del pubblico. Essi si dello sardo di lavoro con gli audiovisivi”, Masala e Filippo Maria De Sanctis, parlavano oppongono, invece, a indagini strumentali, co- me le richieste sugli indici di ascolto e di gradi- cercando di favorire la “Massimizzazione del di pubblico come “classe”. E le classi di tutti i mento. contributo di tutti i soggetti o operatori”, in generi (anche quelle scolastiche) come i cine- quella che programmaticamente viene chiamata forum non devono porsi dei limiti geografici, “pratica collettiva della lettura”, che ha fra i suoi segue a pag. successiva 6 [email protected]

segue da pag. precedente attualizzare la sostanza viva di questo decalogo: Al cinema concetto che mi sento di difendere ancor oggi a l’invito a non condizionare l’ascoltatore, a non spada tratta, facendo uso, se necessario, anche pilotare il pubblico, salvaguardando il suo diritto di simboliche alabarde hussite. Ora, tali toni bat- alla risposta e all’espressione, sempre però che Carol taglieri non mi disturbano affatto, ché anzi, pro- (per citare Nora Racugno) ogni giudizio sia prio rifacendoci alla gloriosa tradizione an- giustificato con “il riferimento alle immagini Un film di Todd Haynes. Con ti-dogmatica del pensiero boemo/cecoslovacco che lo sostengono”. In quanto (sarò eretico? e Cate Blanchett, Rooney di cui sopra (ivi comprese esegesi religiose al- bruciato su un rogo di pellicola al nitrato d’ar- ternative, terza via al socialismo, marxismo an- gento?...) anche il moderatore ha i suoi diritti, e Mara, Kyle Chandler, Jake ti-stalinista, Primavera di Praga, “Charta 77”…) non va condizionato e strumentalizzato dal Lacy, Sarah Paulson. Titolo non possiamo che considerare la “Carta” come pubblico. Va dunque trovato un nuovo equili- ottima piattaforma di discussione. Ma forse, brio fra due approcci apparentemente inconci- originale Carol. Drammatico, proprio come per la legge del cinema di cui si liabili, quello basato sul testo/linguaggio cine- durata 118 min. - Gran parla in questi mesi, è venuto il momento di at- matografico e quello sul pubblico e le sue tualizzare un decalogo che rischia di essere sì “emozioni”. Solo così si potrà rispettare l’articolo Bretagna, USA 2015 - Lucky pregnante e altisonante, ma che fra poco com- 10, che richiede giustissimamente “serie ricer- Red pirà trent’anni e che è stato stilato in un mo- che sui bisogni e lo sviluppo delle conoscenze mento storico in cui il pubblico (/popolo) era del pubblico”. Queste ricerche devono far parte Patricia Highsmith rac- davvero ben lontano dalla presa di coscienza delle competenze del moderatore, che (ne sono conta di aver scritto il romanzo The price of salt, (titolo sufficiente- mente misterioso per chi non ha letto intera- mente il libro, al punto di venir tradotto per il nostro mercato edito- riale semplicemente in Giulia Zoppi Carol), nel 1948, una se- ra di ritorno dai grandi magazzini nei quali aveva accettato un lavoro natalizio temporaneo (seppur avesse comin- ciato da qualche tempo la sua carriera di scrit- trice), per arrotondare i suoi magri guadagni. Scrive la trama in poche ore, febbricitante, per poi scoprire di essere affetta dalla varicella. Nel 1952 il romanzo esce con lo pseudonimo di Claire Morgan per non dover incorrere nel ri- schio di venire accreditata come scrittrice le- sbica, pubblicando con un editore diverso dal suo abituale e l’anno successivo, con l’edizione economica, la sua opera riesce a vendere quasi

Primavera di Praga 1968 che oggi per lui è (relativamente) più accessibi- convinto) deve comunque, per quanto umil- le, e non aveva molti strumenti adeguati per la mente, avere sempre quell’epsilon di conoscen- propria “deproletarizzazione”. Come il pream- ze in più di chi lo ascolta, conoscenze da non bolo stesso della “Carta” rileva, eravamo e sia- sfoggiare vanagloriosamente, ma da mettere al mo ancora ben “coscienti dei profondi cambia- servizio del pubblico concreto di quella concre- menti in atto nel campo audiovisivo”, il che in ta discussione. Il cinema così ridiventerà un soldoni sul finire degli anni Ottanta significava luogo in cui si riunisce “un gruppo di persone l’avvento della fruizione individuale e ripetuta che, imparando a chiedere la parola e ad ascol- su VHS, la quale ora è stata però superata a si- tare chi parla, si pongono in relazione recipro- nistra da tanti e tali nuovi metodi di diffusione ca”. Ovvero un luogo in cui si realizza il miraco- che il pubblico stesso ha cambiato qualità e lo rivoluzionario, democratico, eretico della status. Motivo per cui si sono evoluti anche i comunicazione. suoi diritti. Se sullo scorcio degli anni Ottanta il un milione di copie, annoverandosi tra gli rischio era quello paventato da un ironico Mo- Massimo Tria scrittori di maggior successo del periodo. Pa- retti di incontrare in un dibattito le ipotetiche tricia / Claire viene sommersa per anni da let- “casalinghe di Treviso” o uno spettatore “inco- tere in arrivo da ogni parte degli Stati Uniti, sciente” e manovrabile, ora il confronto si fa ottenendo così un successo imperituro che ri- più delicato, come anche i compiti del modera- uscirà a mantenere lungo tutta la sua carriera tore: capita infatti di dover dialogare con un che da allora è di grande ispirazione anche per pubblico variegato e spesso piuttosto preparato, Slavista, insegnante e critico cinematografico. È membro il cinema hollywoodiano. La storia narra della che ha magari già avuto accesso in rete all’opera del “CINIT – Cineforum Italiano” e redattore della rivista nascita di una relazione amorosa intensa e – omnia del dato regista, o lo ha perfino incrociato “Cabiria – Studi di cinema”. Dal 2015 è membro della per i tempi - scandalosa, tra una giovane scrit- di persona nei molto più frequenti festival di un Commissione di selezione della SIC – Settimana Interna- trice e un’affascinante signora della buona bor- mondo globalizzato (nel 1987 l’art. 9 usava il ter- zionale della Critica. Ha scritto diversi articoli sul cinema ghesia, calata in un clima culturale che risente mine: “mondializzazione”). Ancora oggi e anche e sulle culture slave, in cui analizza in particolare il rap- in pieno dell’influenza maccartista, regolata nel futuro sarà dunque fondamentale cogliere e porto della cultura con il potere e i regimi totalitari. segue a pag. successiva 7 n. 36

segue da pag. precedente sono solo il sintomo di pulsioni ancora non ri- di Therèse, ben più visibile di quello di Carol, com’è da divisioni nette e ben riconoscibili tra conosciute. Inizia così un periodo di cono- è ora il luogo dove non si concentra solo la classi e condizionata da un rigido puritanesi- scenza che si snoda prevalentemente nel passione, ma dove scaturiscono le istanze di mo a cui si affiancano leggi ancora fortemen- chiuso di ambienti sapientemente ricostruiti libertà di entrambe. Per Carol la fine di una te razziste. La vicenda si apre con la nostra gio- con una dedizione maniacale e filologicamen- condizione che non le è mai appartenuta, per vane commessa Therèse (ovvero Patricia) te rispondenti all’epoca, in cui le due donne, Therése l’inizio di una nuova dimensione di durante l’orario di lavoro nel grande magazzi- trattenute da un pudore condizionato dai co- vita. Il ritorno alla propria quotidianità però, no, improvvisamente distratta dall’ingresso di stumi vigenti, giocano con gli sguardi (pene- è troppo amaro per essere accettato e anche se una signora elegante, che “pareva emanasse lu- tranti e di sfida quelli di Carol, consapevole e l’amore è potente, il prezzo da pagare è esage- ce”, tanto era affascinante e bella. La donna, Ca- sicura del proprio fascino prepotente, impac- rato. Carol decide così, per non sacrificare la rol, si avvicina al banco e chiede un consiglio ciati quelli di Therèse, indifesa e insicura ra- giovinezza di Therése e per affrontare la dura per acquistare un regalo di Natale per la figlia. gazza di belle speranze). Haynes sceglie di fil- e lunga battaglia in tribunale con il marito, di Di colpo il piccolo mondo della giovane com- mare questo potente gioco di attrazione e chiudere la relazione, cercando in questo mo- messa sembra risucchiato dall’energia ema- sottrazione in cui le parole risultano impor- do di limitare i danni. Quella che sembrava nata da una presenza magnetica di assoluto tanti quanto le scenografie entro cui sono una storia destinata a non finire, subisce una carisma che ha il compito di dare brusca interruzione spezzando il forma e sostanza alle vicende suc- cuore di entrambe, relegandole cessive. Questo incontro è destina- ancora una volta entro gli ambiti to infatti, a restare impresso in tut- della loro abituale routine. In que- to il racconto senza permettere sto lasso di tempo però (nonostan- altre incursioni, se non sporadica- te Therèse abbia tentato un timido mente e come rumore di sottofon- riavvicinamento ma senza succes- do (o di disturbo), srotolandosi in so), la giovane promessa della fo- un febbrile contagio amoroso. La tografia, che ha arricchito il suo trasposizione cinematografica di book di bellissimi ritratti di Carol, Todd Haynes, uscita da poco nelle acquista la consapevolezza del suo sale italiane e presentata con gran- ruolo nel mondo. La ragazza viene de clamore all’ultima edizione del assunta da un importante rivista festival di Cannes, poco si discosta come fotografa, ma soprattutto è dalla scrittura originaria, pur man- finalmente consapevole della pro- tenendo una assoluta originalità pria sessualità come uno dei tanti sul piano visuale, come si dovrebbe aspetti della sua intensa e talen- verificare ogni volta si affronti il passaggio pronunciate, dei silenzi e dei rituali di corteg- tuosa personalità. Come da romanzo, anche tra romanzo e film (vengono in mente rare giamento, con un’attenzione ai particolari rara- nel film perfettamente costruito dentro un trasposizioni veramente riuscite, una di que- mente visti al cinema, ma soprattutto costruendo ambito formale che lascia senza fiato per bel- ste il celebre Ritratto di signora di Henry James una storia che svolgendosi prevalentemente tra le lezza e precisione (alcune riprese di interni nella versione filmica di Jane Campion). Ad mura di interni (la villa di Carol, il modesto appar- realizzate dall’esterno in cui si intravede impersonare Carol è Cate Blanchett, icona di tamento bohemiénne di Therèse, i ristoranti ele- Therése ad una festa di amici, non solo sem- una bellezza algida e contemporaneamente ganti, le stanze di albergo) sottolineano l’aspetto brano fotografie d’arte, ma rimandano al pri- conturbante (giustamente definita la nuova segreto e “peccaminoso” di un ménage proibito e mo Cassavetes nella descrizione di una gio- Lauren Bacall: bellissima e insieme appassio- scandaloso che deve rimanere nascosto al ventù notturna e vitale), siamo al cospetto di nata e vitale), mentre Therèse è la giovane e mondo. Nonostante il prezzo da pagare per una sorta di thriller sentimentale dove due es- delicata Rooney Mara, calata qui in un ruolo Carol sia altissimo (il marito otterrà la custo- seri umani si scoprono, si attraggono, si re- meno attrattivo e più discreto, ma funzionale dia della figlia per la condotta “oscena” della spingono e si ritrovano, inscenando una spe- a rendere la vicenda amorosa ancora più inte- moglie), ella sembra non riuscire a sottrarsi cie di fuga e di fatale attrazione dal peccato al ressante perché costruita su registri poco dalla passione che la giovane fotografa le ha quale non si riesce a rinunciare. Il formalismo espliciti, sussurrati, accennati, tra sguardi suscitato sin dal loro primo sguardo. Le due che anche in questa pellicola Haynes sfoggia sfuggenti e timidi sfioramenti. Da una parte donne cominciano a frequentarsi con una come cifra stilistica, è qui al servizio di un’o- Carol, signora della buona società, sempre certa regolarità e finiscono per regalarsi una perazione che nell’algida perfezione di ogni impellicciata e circondata dal benessere dovu- fuga dalla realtà, affrontando un breve viag- inquadratura e sequenza (a volte volutamente to allo status sociale a cui appartiene, dall’al- gio insieme con l’automobile (uno dei rari sfumata, quando non “disturbata” da oggetti tra una ragazza con acerbe velleità artistiche momenti in cui la cinepresa esce dalle mura di e situazioni presenti nella scena) mira ad in- (che nel film sono indirizzate verso la fotogra- un edificio e si rivolge al cielo svelandone il nestare in noi spettatori come nelle protago- fia), indecisa del proprio futuro e ancora igna- colore invernale, sottolineato ancora una vol- niste, un senso di ambigua e inesorabile fata- ra del proprio destino. Carol ha già avuto ta da una fotografia che tende verso un azzur- lità che risulta quasi virale, malata. C’è molta esperienze lesbiche e la sua condizione di ro freddo e raggelante), per ritagliarsi final- sensualità nella fissità di alcune situazioni e il donna sposata si inscrive in una tradizione mente quell’intimità tanto desiderata ma desiderio trattenuto dalle due donne spesso consolidata in un’epoca che non ammette re- ancora non espressa. Se fino ad allora erano sembra assumere un carattere disperato, fa- lazioni omosessuali, quanto a Therèse, sep- state solo le mani a toccarsi, come da antico cendo intravedere ben oltre ciò che viene mo- pur fidanzata da tempo e corteggiata da un rituale di corteggiamento (come lo è appog- strato. Quando Carol e Therèse troveranno il simpatico redattore, non sente ancora il desi- giare la propria mano sulla spalla dell’altro/a coraggio di rivedersi però, ciò che c’è sempre derio di decidere chi e cosa vuol diventare, - gesto riconosciuto come implicita dichiara- stato tornerà, a dispetto della società che le contando sull’infinita pazienza dei due con- zione di attrazione sessuale o di possesso-, se- circonda e che le aveva condannate. Carol da tendenti. L’incontro casuale al grande magaz- condo il linguaggio del corpo) finalmente e donna navigata e consapevole riprende in zino dunque, apre le porte ad un percorso in- dopo una sequenza di conturbante sensualità mano il gioco e questa volta al suo cospetto si teriore per entrambe: per Carol è l’occasione che le ritrae entrambe nello specchio di un presenta una donna diversa, un’artista e un’a- per dar fine ad un matrimonio farsa, per la ra- motel di “hopperiana” memoria, le due fini- mante oramai pronta a sfidare i benpensanti gazza invece rappresenta la presa di coscienza scono a letto per far esplodere quel desiderio senza più alcuna paura. che i dubbi sinora provati verso il fidanzato, finora trattenuto allo spasimo. Il corpo acerbo Giulia Zoppi 8 [email protected] Il cinema di Woody Allen e la galleria dei perdenti Woody Allen ha diret- colpa iniziali presto scompaiono: to fino ad oggi 45 film, e il personaggio descritto si che hanno fra loro una rende conto che in nessun caso grande coerenza, per- verrà punito per quello che ha ché tutti sostenuti dal- fatto. Si conferma, malgrado la medesima visione tutto, un vincente, che ritorna del mondo. Come ve- come se niente fosse al suo dremo, dalla sua filo- mondo di ricchezza e privilegi. Marino Demata sofia deriva sempre la Ecco, in questo modo si sono conseguenza di una lunga galleria di magnifi- incontrati il cinico vincente e ci personaggi, uniti tra loro dall’essere dei l’idealista perdente. Il film of- “perdenti”. Il film nel quale Allen più chiara- fre la precisa descrizione della mente ed esplicitamente espone la sua filoso- filosofia di Allen da cui deriva fia è senza dubbio “Crimini e misfatti” del un mondo di vincenti traco- 1989: il mondo è caratterizzato dalla assenza tanti e immorali e di perdenti di un Dio, ed è pertanto il regno del “caso “ e dalla alta dirittura morale. Al- delle infinite possibilità, sulle quali si inseri- len è arrivato a precisare in “Crimini e misfatti” (1989), scritto diretto e interpretato da Woody Allen, scono le scelte di ogni individuo (“noi siamo “Crimini e misfatti” tale conce- con Martin Landau, Mia Farrow e Alan Alda determinati dalle scelte che abbiamo fatto. zione dopo aver posto, tassello Siamo in effetti la somma totale delle nostre dopo tassello le sue premesse nei film prece- Woody Allen diretto al pubblico, che si conclu- scelte.”) Dunque “casualità” e “libero arbitrio” denti. Potremmo dire che è nata prima una de in tono pessimistico: “la vita è piena di so- sono gli assi portanti della sua visione del lunga galleria di perdenti e poi la concezione litudine, di miseria, di sofferenza, di infelicità mondo. In questa situazione non c’è da stu- del mondo che ne sta alla base. A ben vedere e disgraziatamente dura troppo poco.” La co- pirsi se il mondo è privo di una reale giustizia. già il suo primo film (“Prendi i soldi e scap- cente sconfitta di Alvin/Allen consiste nel per- L’unica cosa che potrebbe dare un senso al pa”), costruito con l’unico intento di “far ride- dere il più grande amore della sua vita, che gli tutto sarebbe l’essere guidati dalle proprie re”, ha alla base della sua comicità il personag- preferisce un altro uomo e, cosa ancora peg- scelte morali. Oltre alla massa di credenti o gio di Virgil (Allen stesso), che non è un giore, la California. Anche in “Manhattan” Al- falsi credenti in un Dio, esiste una categoria delinquente incallito vero e proprio, ma un len crea un personaggio perdente per amore. di uomini, che potremmo chiamare razionali- inetto, un incapace di delinquere, quello che Non a caso uno dei più importanti critici ame- sti-atei. Questa categoria si divide in maniera definiremmo “un ladro di polli senza alcuna ricani, Roger Ebert, afferma: “Non è un film abbastanza netta in due settori: sull’amore, ma sulla perdita”. E 1- Quella degli idealisti che cre- questa volta la perdita non è do- de nella possibilità di un ordine vuta al caso, ma alle stesse scelte morale governato dagli uomini di Isaac/Allen, che si lascia pren- stessi. In “Crimini e misfatti” dere da scrupoli e interrompe il questa categoria è rappresenta- suo rapporto con Tracy, troppo ta dal personaggio di Cliff Stern più giovane di lui. Siamo alle se- (Woody Allen), documentarista quenze finali di Manhattan. Isa- idealista, pieno di sogni e aspi- ac, sdraiato sul divano registra razioni. appunti per il suo libro e si ritro- 2- Quella dei cinici, rappresen- va a fare l’elenco delle cose per le tati nel film da Judah Rosenthal quali vale la pena di vivere. Spon- (Martin Landau), oculista bene- taneamente cita anche il volto di stante e brillante, che vive in un Tracy. Un momento di pausa: Al- mondo ovattato ove ritiene che len cambia espressione e sul suo in certo senso tutto gli sia dovu- volto c’è impresso il rimpianto “Match Point”(2005) scritto e diretto da Woody Allen to e che possa fare ogni cosa: per un amore improvvidamente avere la fiducia della famiglia e degli amici, capacità”. Ebbene la chiave del comico sta nel- respinto, il senso della perdita di qualcosa di godere di prestigio sociale, ma al contempo la incongruenza tra queste caratteristiche del importante. Il resto del finale del film è la fol- appropriarsi indebitamente di fondi destinati personaggio e il modo col quale viene trattato le corsa per le strade di New York per raggiun- alla beneficenza e avere un’ amante (Angelica dai media, come se fosse un pericoloso crimi- gere casa di Tracy prima della sua partenza Huston), della quale riuscirà a sbarazzarsi nale, un pericolo pubblico da neutralizzare. per l’Inghilterra e, una volta raggiunta, il di- con l’omicidio quando diverrà troppo ingom- Questa incongruenza è di per sé comicità. Ma sperato e vano tentativo di convincerla a re- brante e pericolosa. se ci riflettiamo bene, non possiamo non no- stare. E ancora, in “Broadway Danny Rose” Due storie parallele e diverse. I due personag- tare che proprio tale comica incongruenza (1984) troviamo un ulteriore tassello nella fi- gi si incontrano solo nel finale del film, ad una rende il personaggio anche un perdente in as- losofia di vita di Allen, prima di “Crimini e mi- festa di matrimonio di un amico comune. So- soluto. In “Amore e guerra” troviamo un pri- sfatti”: in un mondo senza Dio e senza giusti- no appartati. Cliff è molto triste perché du- mo tassello della filosofia di Allen, quando egli zia il protagonista si illude che la sincerità e rante la festa ha rivisto dopo mesi Halley, la dice che è sbagliato ed immorale l’assassinio l’amore possano creare, pur nella imperante donna da lui amata, che a Londra ha ceduto ai perché è come uccidere se stessi, visto che noi casualità, elementi positivi. Ma tutto questo corteggiamenti dell’odiato e ricchissimo co- facciamo parte di un tutto. Ma questa sua mo- non funziona di fronte alla cattiveria e alla irri- gnato Lester ed ora vive con lui. E’ tutto il ralità non lo porterà lontano, visto che sarà conoscenza degli altri. Danny è una persona mondo che sembra crollargli addosso. Judah poi condannato a morte per aver ucciso il…so- buona e corretta, non può che soccombere e dice a Cliff di volergli raccontare una storia sia di Napoleone. “Io e Annie” e “Manhattan” perdere. Fa l’impresario, riesce a portare al “agghiacciante”, in pratica la propria, che vie- cioè i suoi due indiscussi capolavori, presen- successo un cantante di musica tradizionale, ne espressa naturalmente in terza persona, tano due nuovi perdenti. “Io e Annie” inizia ma viene poi da questo abbandonato per un incentrata sull’omicidio dell’amante. I sensi di con un significativo monologo filosofico di segue a pag. successiva 9 n. 36

segue da pag. precedente altro agente più famoso! Abbiamo anche l’e- La Dolce Vita, un film di Tazio Secchiaroli sempio di almeno due protagoniste femminili La mondanità sensua- perdenti: In “Un’altra donna”, Marion (Gena le e barocca della Ro- Rowlands) riesce a tenere sotto controllo i pro- ma raccontata in “La pri sentimenti e il proprio presente, che sembra Dolce Vita” di Fellini le regali delle soddisfazioni. Ma il “caso” è dietro fu, come molti ricor- l’angolo e si materializza nell’involontario ascol- dano, oggetto di scan- to delle conversazioni che il vicino psicoanali- Andrea Fabriziani dalo. Nonostante la sta tiene coi suoi clienti, col risultato che le sue Palma d’Oro a Cannes, fu sfruttata dalle forze certezze vacillano e lasciano il posto alla consa- politiche, sia dalla sinistra sia dalla destra: la pevolezza di aver sbagliato tante cose nella vita. prima la trasformava in un mezzo di denun- Ha perso! Un’altra perdente è la protagonista cia sociale mentre la seconda la sbeffeggiava. Le gerarchie cattoliche, dal canto loro, poco apprezzavano queste vanità, e naturalmente, censurarono il film. In questa vorticosa realtà che lo ispira, fatta di vizi e promiscuità, spicca in quegli anni la figura del paparazzo, il foto- reporter d’assalto così chiamato proprio dopo l’uscita del film di Fellini, testimone per eccel- lenza del glamour e delle curiosità della roma- nità anni ’60. Il termine è di dubbia prove- nienza: Ennio Flaiano dice di averlo trovato Tazio Secchiaroli (Roma 1992 – 2013) è stato tra i nell’“aureo libretto” di George Gissing, “By the principali fotografi italiani del Novecento Ionian Sea”, allo stesso tempo si dice che Felli- del recente “Blue Jasmine”, che paga per scelte ni abbia ricordato di come il nome evochi riportati nei rotocalchi e raccolti una sera del sbagliate durante la sua brillante vita di società quello di un insetto fastidioso come una zan- novembre 1958, in cui il regista, Secchiaroli, a New York, che la costringono a trasferirsi dal- zara, e persino Giulietta Masina dichiarò di Ezio Vitale e Luigi Praturlon si recarono in un la sorella a San Francisco. Ma anche lì la speran- aver suggerito al marito questo termine com- ristorante vicino a Ponte Milvio. Il piccolo za di rifarsi una vita viene vanificata dal suo posto da “pappataci” e “ragazzi”. La figura del gruppo di fotocronisti descrisse a Fellini le av- passato che ritorna prepotentemente a galla. A fotografo d’assalto è il simbolo del mito de “La venture più rocambolesche della vita notturna Jasmine non rimane che restare con se stessa, Dolce Vita”, che nasce e si romana, una vita “di una che parlare a se stessa, in un colloquio difficile, sviluppa in una trama in- bellezza persino offensiva, impossibile, dagli esiti incerti. Il film si conclu- tessuta di giornalismo, ci- opulenta” come ebbe a dire de con un brandello di tale disperato colloquio. nema e di bagordi notturni Flaiano. Da queste storie Abbiamo iniziato questo nostro ragionamento di Roma, documentati da prese il famoso spogliarello con “Crimini e misfatti”, lo concludiamo col suo Tazio Secchiaroli, oggi ri- del Rugantino, riprodotto omologo: “Mach Point” (2005). Anche qui, come cordato come uno dei prin- verso il finale del film, ma nel film di 16 anni prima, è di scena l’assassinio cipali fotografi italiani del anche, per la scena dei dell’amante del protagonista, la quale, se conti- secolo scorso. Da sempre appassionato di fo- bambini che vedono la madonna, il finto mi- nuasse a vivere, comprometterebbe il suo status tografia, aveva iniziato la sua attività subito racolo di Latteria di Maratta Alta che il foto- sociale faticosamente raggiunto. Ma ci sono dopo la guerra, studiando con Adolfo Porry grafo era andato a documentare pochi mesi dei mutamenti e un più cupo pessimismo. Fin Pastorel, da cui apprese le basi del mestiere. prima. Fellini pensa di affidare a Tazio Sec- dall’inizio una voce fuori campo commenta la Poi, nel 1955, fonda la Roma Press Photo pro- chiaroli la parte del fotoreporter nel film, an- visione di una rete che separa le aree dei due prio insieme al suo mentore, inventando quel data poi a Walter Santesso, ma nasce comun- giocatori di tennis e della pallina che indugia genere di fotografia d’assalto che lo renderà que una simpatia tra i due, un’amicizia, tanto per un attimo sopra la rete stessa, prima di ca- famoso, in cui i divi e i personaggi noti erano che Secchiaroli diventa il fotografo di scena dere da una parte o dall’altra: “A volte in una fotografati contro la loro volontà. Così mesco- ufficiale di Fellini per le riprese di “8 e mezzo”, partita la palla colpisce il nastro e per un attimo la la fotocronaca politica a quelle fotografie di scattando fotografie di backstage rimaste ce- può andare oltre o tornare indietro. Con un po’ cronaca rosa che un certo tipo di pubblico (e lebri ancora oggi. I suoi scatti erano diversi da di fortuna va oltre e allora si vince. Oppure no anche alcuni redattori) non apprezzavano, ma tutti gli altri, più attenti, più incisivi; Fellini vi …e allora si perde. “ Questo significa che “chi che comunque contribuivano a mostrare co- trovava spesso quell’ironia dissacrante che disse preferisco aver fortuna che talento perce- me lo scatto rubato svelava la vera essenza dei anche lui andava cercando. Dice Vincenzo pì l’essenza della vita. La gente ha paura di am- personaggi più in vista, non più protetti dalla Mollica: “Non era facile cogliere i momenti in mettere quanto conti la fortuna nella vita. Ter- loro stessa fama. Il delitto Montesi del 1953 e lo cui Fellini manifestava la sua arte. I fotografi rorizza pensare che sia così fuori controllo”. E spogliarello della ballerina turca Aiché Nanà al mediocri riuscivano a portare a casa un’inuti- dunque con una buona dose di fortuna, il prota- Rugantino sono solamente due dei servizi più le quantità di scatti felliniani, i più bravi, e so- gonista riesce a farla franca. E chi è qui il per- celebri di Secchiaroli, che in quel periodo con no stati pochi, riuscivano a fermare l’energia dente? Manca infatti l’alter ego interpretato da Sergio Spinelli mette a punto una vera e pro- sulfurea di un artista inimitabile. Su tutti Ta- Allen in “Crimini e misfatti”. Semplice: siamo pria strategia per le serate di lavoro che si ba- zio Secchiaroli che fu fonte d’immaginazione perdenti tutti. O almeno tutti coloro che si illu- sava sulla divisione in compiti: al primo quello per i suoi paparazzi, ma soprattutto fu l’unico dono che possa esserci una qualche giustizia in di fotografare fino alle prime luci del giorno, a che riuscì ad entrare in sintonia con l’anima questo mondo. Lo sguardo disilluso di Allen nel Spinelli quello di vendere il mattino seguente artistica di Fellini documentandola come nes- finale di “Crimini e misfatti” si slarga e coinvol- non appena le redazioni avessero aperto. Di- suno è riuscito a fare. Fotograficamente, tutte ge qui tutti quanti noi. Allo spettatore viene venta così il fotografo più in vista di Roma, insie- le foto di Secchiaroli ci riportano il Fellini più buttato addosso una bella croce e un bel tema su me a Rino Barillari, rappresentando con preci- autentico, quello vero: erano foto in cui il Ma- cui riflettere. Illudersi o avere la consapevolezza sione la Hollywood sul Tevere e le abitudini estro si poteva specchiare senza dover far di non poter essere che perdenti? notturne di Via Veneto. Il film di Fellini sem- fronte ai suoi soliti imbarazzi”. Marino Demata bra trarre ispirazione proprio da questi episodi Andrea Fabriziani 10 [email protected] Mateo: prove per una rinascita colombiana Pillole di legge di Dall’esordiente Maria Gamboa, il film che racconta stabilità 2016 l’esperienza teatrale e pedagogica dell’italiano Guido Ripamonti nella difficile regione del Magdalena Medio Candidato ufficiale del- illustra, attraverso l’arte il protagonista si spo- la Colombia per gli glia sotto gli occhi degli spettatori di impalca- Oscar dello scorso an- ture sociali e personali precostituite indossate no (senza però rien- come abiti troppo larghi o già macchiate di trare nella fortunata sangue dalle generazioni precedenti. Proprio cinquina), Mateo, qui come lo sviluppo della struttura filmica ma da noi vincitore al Gif- anche della comunità in cui è inserito, Mateo foni 2014 con il Grifo- e gli altri protagonisti si liberano dalle dipen- Giulia Marras ne di Cristallo, non si denze obbligate, dai codici predeterminati, nasconde dalla visione dei cinefili più curiosi dalle regole di un linguaggio rigido e scomo- e, distribuito da Cineclub Internazionale Di- do. Certo, non tutto fila liscio in questo esor- stribuzione, è possibile trovarlo ancora tra i dio colombiano: le ingenuità sono molte, pro- circoli del cinema di quartiere, pulsante di babilmente dovute alla scrittura acerba e freschezza, non solo perché strumentale dei ragazzi di si tratta di un esordio, quel- Ripamonti, forzature narra- la della regista Maria Gam- tive e registiche che mirano boa, o perché scritto e girato a inserire lo sguardo in un insieme agli stessi ragazzi ambiente non troppo estra- protagonisti, ma anche e neo o ostile alla compren- Cultura: soprattutto perché vive del- sione dei più. Alla trovata di la rinnovata forza del popo- abbinare il ruolo dell’inse- 2 per mille a favore delle associazioni cultu- lo colombiano, reduce da gnante di teatro a una figu- rali (comma 985) iscritte in un apposito una storia travagliata di re- ra religiosa si storce il naso, elenco. La nuova opzione sarà già presente gimi e conflitti che si gioca- la poca credibilità e la reto- nella prossima dichiarazione dei redditi vano nelle strade del paese rica derivante annullano o (730/Unico 2016). tra guerriglieri, paramilita- quasi la scelta di affidare il ri e narcotrafficanti. Pro- principale motore di cam- Card “cultura” per i giovani (comma 979): prio in questo periodo si at- biamento e rivoluzione card di 500 euro per i diciottenni da usare tendono i risultati delle all’arte del palcoscenico. E per iniziative culturali (acquisto libri, in- delicatissime negoziazioni forse, concedere più ampio gresso in aree archeologiche, musei, mo- per il Trattato di Pace tra le spazio al taglio semi-docu- stre, ecc.). Forze Armate Rivoluziona- mentaristico della mise en rie FARC e il governo di Juan Manuel Santos. scene avrebbe giovato a una semplice cifra sti- Incentivo all’acquisto di uno strumento In attesa di un accordo definitivo, la stabilità è listica che pecca talvolta di stucchevolezza. musicale nuovo (comma 984): riservato agli ancora lontana, ma c’è chi piano si rialza. Ispi- Ma queste manchevolezze passano in secon- studenti dei conservatori di musica ed isti- rato dal lavoro sul campo di Guido Ripamonti, do piano quando ad emergere è la purezza de- tuti musicali parificati. E’ concesso un con- attore e regista teatrale, fondatore e direttore gli intenti, l’immediatezza dei piccoli e grandi tributo di 1.000 €, non eccedente il costo di del Centro Culturale Horizonte di Barranca- sentimenti. Gli scorci sulla vita delle donne, uno strumento musicale nuovo, coerente bermeja, proprio dove il film è ambientato, sole ma indipendenti, forti perché insieme, con il corso di studi, per l’acquisto dello Mateo è un prodotto diretto ed esemplare dei sono probabilmente gli angoli più felici e pro- stesso. veri “ribelli”, della loro rivoluzione creativa e fondi della visione: unite in una battaglia dal silenziosa contro i muri invisibili di violenza e basso, sono esse la spinta della nuova crescita, criminalità che dall’interno della stessa comu- anche economica. Non c’è solo la preparazio- Canone RAI: nità la ostacolano a crescere, ad emanciparsi. ne del cibo da vendere porta a porta, in una Il lungometraggio d’esordio di Maria Gam- scena meravigliosa di quotidianità e mistica Per il 2016, la misura del canone per l’abbo- boa, reduce da una serie tv sulla tutela degli grazia: la loro è un’imprenditorialità femmi- namento alla televisione scende da 113,50 adolescenti coinvolti nei conflitti armati, è in- nile informale che si spinge oltre l’economia a 100 €. E’ stata introdotta una nuova pre- fatti scritto ed interpretato dagli stessi giova- domestica, ma va nelle case delle proprie com- sunzione di possesso dell’apparecchio TV. ni allievi del laboratorio teatrale del centro di pagne in difficoltà, scambia materiali e opi- Ai fini dell’accertamento di situazioni di eva- recupero di Ripamonti, nonché dalle donne nioni, e così da sola sfida la corruzione. Men- sione del canone, la presenza di un contrat- protagoniste del rinnovamento sociale trami- tre i loro figli crescono minacciati da un fiume to di fornitura dell’energia elettrica (il cano- te l’economia dal basso, il microcredito, l’ eco- che contiene in sé la loro Storia - “e anche i ne sarà pagato, rateizzato in 10 mensilità, sostenibilità e la solidarietà. Nella valle del morti”. “Abbiamo letto poesie e bevuto del vi- tramite l’addebito in bolletta) giustificherà possente fiume Magdalena, Mateo, sedicen- no” confessa imbarazzato Mateo allo zio: l’in- l’applicazione del canone (commi 152-160). ne, lavora per lo zio, il boss locale, chiedendo il nocenza fa paura, è questa la grande lezione L’eventuale extra-gettito che dovesse arri- pizzo ai piccoli commercianti della zona. A dei ragazzi di vita colombiani. Riconoscerla, vare da questa nuova modalità d’incasso causa del cattivo rendimento scolastico, è ob- accettarla e manifestarla al mondo è il prossi- del canone sarà destinato, oltre che agli ul- bligato a seguire un corso di teatro, tenuto dal mo passo per la libertà. Svestiti finalmente del tra-75enni ed al fondo taglia-tasse, anche al- giovane sacerdote progressista David. Sarà passato e delle colpe ereditate, sul finire, ri- le radio e tv locali. proprio il teatro a fargli aprire gli occhi e ribel- mane solo il palcoscenico, e il loro corpo libero larsi finalmente di un ruolo prescritto da altri. di esprimersi. DdC Come la semplice ma efficace grafica del titolo Giulia Marras 11 n. 36

segue da pag. 1 di Ermete Zacconi. Con Grassi diventammo Guerrieri. Presiedeva il convegno Nicola De subito molto amici. Grassi e Strehler però liti- Pirro in qualità di Direttore Generale dello gavano spesso e ad un certo punto nonostante Spettacolo. Ho presentato a quel convegno l’amicizia che mi legava al primo e l’ammira- due relazioni: una su “Cinema e Teatro” e l’al- zione per il secondo capii che essendo io il più tra sul “Radioteatro”, un genere allora molto giovane non potevo correre il rischio di tro- in voga (la televisione ancora non esisteva). varmi schiacciato tra i due. Rispetto a loro mi Sul palcoscenico era presente anche Pio Cam- sentivo un vaso di coccio in mezzo a due anfo- pa, un vecchio attore, padre dell’attrice Mi- re di ferro. Compresi anche il perché Strehler randa. Evidentemente impressionati o soddi- mi fece la proposta di diventare suo aiuto. sfatti delle mie relazioni mi fecero chiamare Pensava che l’avrei spalleggiato nelle continue al tavolo della presidenza chiedendomi se discussioni con Grassi ma non mi sottoposi a studiassi o di cosa mi occupassi. Risposi che, questo rischio. Peraltro la mia amicizia con per le condizioni economiche della mia fami- Grassi era inattaccabile. Entrambi nel ‘46, glia, già a 14 anni avevo cominciato a lavorare quindi prima ancora della fondazione del Pic- nella filiale italiana di una acciaieria tedesca colo Teatro, anzi proprio per diffonderne il come apprendista-fatturista. Raccontai inol- progetto, andavamo insieme a fare dei “comi- tre che il mio maestro della quinta elementare zi teatrali”. In quel periodo lui scriveva come desiderava che i miei genitori mi facessero so- critico per l’Avanti e io ero il vice di Pandolfi stenere gli esami di stato per poi andare al all’Unità. Andavamo nelle fabbriche dicendo ginnasio; ma non fu possibile, quindi lavora- agli operai che in tutta Europa, nei Paesi so- vo e studiavo da privatista per conseguire la cialdemocratici e non, e anche in Svizzera, licenza ginnasiale. Dissi loro che mio padre esistevano i teatri comunali, quelli a gestione era di salute cagionevole e lavorava alle Offici- pubblica...che era vero che le scuole avevano i vetri rotti per via dei bombardamenti e che ne Meccaniche (OM), azienda che sarebbe “Storia di un’adolescenza breve” di Virgilio Tosi (2015) stata più tardi incorporata nella FIAT. Eviden- Carocci Editore, pagg. 212 ISBN: 9788843078516 temente si resero conto della difficile situa- zione familiare e, senza che io chiedessi nulla, faceva comizi proclamando l’insurrezione. mi proposero di andare a lavorare a Roma L’entusiasmo era talmente forte che mia so- presso l’Ente Teatrale Italiano, allora appena rella addirittura copiava i manifestini, scri- costituito, con l’impegno, sulla parola d’ono- vendoli con la macchina da scrivere, che il Co- re, di conseguire la maturità classica da priva- mitato di Liberazione Nazionale stava tista in meno di due anni. Risposi che avrei diffondendo nel territorio. E questo avveniva accettato solo se i miei genitori fossero stati nonostante i miei familiari non fossero impe- d’accordo. Fu così che dopo tre mesi, in piena gnati politicamente. guerra, mi trasferii nella capitale. Non avevo Mio padre diceva sempre con molta reticenza: ancora 17 anni. Mi riconobbero uno stipendio «Ricordatevi che noi italiani siamo dei sudditi adeguato come impiegato di concetto e mi perché abbiamo il regno, invece la Repubblica dettero la possibilità di studiare. vuol dire essere dei cittadini...». Era un socia- Da quel che mi dici, risulta quindi che tuo padre e la lista riformista, che nel ‘31 fu costretto a pren- tua famiglia furono d’accordo di lasciarti andare a dere la “tessera del pane” aderendo al fasci- vivere da solo a Roma, ancora minorenne, in piena smo quando riaprirono le iscrizioni. Essendo guerra mondiale, con i bombardamenti e tutte le al- stato licenziato a causa della crisi internazio- tre difficoltà. Una decisione coraggiosa. Forse an- nale del ‘29, quando fu riassunto il suo stipen- che per questo hai dedicato il tuo libro alla loro me- dio fu ridotto ai minimi senza il riconosci- moria. Raccontami qualche ricordo di tuo padre nel mento degli scatti d’anzianità. Tutte cose che periodo della tua adolescenza e quanto siano stati pesano nella vita di un giovane. rilevanti nella tua vita gli ideali che ti ha traman- Nel tuo libro parli anche delle tuo impegno cultura- Virgilio Tosi (foto di Angelo Tantaro) dato. le, nell’immediato dopoguerra, nel campo teatrale Mio padre, come ti ho detto, lavorava alle Offi- passando successivamente al cinema in quello non c’erano soldi...ma ritenevamo che alla cine Meccaniche (OM), la prima fabbrica ita- dell’associazionismo cinematografico: cultura non potesse essere negato il diritto di liana salvata dall’IRI (Istituto per la Ricostru- Dopo la mia esperienza con l’Ente Teatrale vivere...quindi bisognava pretendere che an- zione Industriale) nel 1933. Fu tra quel Italiano e conseguita anche la maturità classi- che a Milano ci fosse un teatro civico gestito centinaio di lavoratori ad essere incolonnati e ca da privatista, nel dopoguerra a Milano, mi dal pubblico e non solo i teatri privati. Il no- collocati su un treno, viaggiando di notte, per trovai addirittura coinvolto nella fondazione stro era un incitamento alle segreterie dei andare a Roma a manifestare a Piazza Vene- del Piccolo Teatro. Fui uno dei 4 membri fon- partiti di sinistra per ottenere una reazione a zia per chiedere a Mussolini di fondare l’IRI. datori insieme a Paolo Grassi, Giorgio Streh- quegli estremismi populisti che dicevano Lui lavorò in quell’azienda dal 1914 e ci rimase ler e Mario Apollonio, nominati dalla giunta “Macché Piccolo Teatro, in questo momento finché andò in pensione. Nei miei ricordi c’è comunale come membri della prima Com- c’è l’emergenza degli asili che non hanno i sol- ancora vivo quello che mi avevano raccontato missione tecnico-artistica del Piccolo Teatro. di per comperare seggiolini per i bambini...” e mio padre e mia sorella Laura che, giovanissi- Grassi l’avevo già conosciuto nel 1944 alla casa cose simili. Alla fine la battaglia fu vinta e il ma, lavorava anche lei all’OM, su Sandro Per- editrice “Rosa e Ballo”, una casa editrice d’a- Piccolo Teatro ottenne il grande successo (che tini. Pertini, a Milano, da un treno, sulla linea vanguardia che pubblicava libri straordinari continua ad avere ancora oggi). Ma i litigi tra ferroviaria che confinava direttamente con il in una condizione di semiclandestinità. Paolo Grassi e Strehler continuavano e ad un certo retro della fabbrica, tra il 24/25 aprile del 1945 Grassi era militare e non si era presentato alla punto, dopo la fine della prima stagione del tenne un comizio rivolgendosi direttamente chiamata della Repubblica sociale italiana. Io 1947-48, decisi di abbandonare l’impegno con il agli operai. Ricordo benissimo la sorpresa di allora ero ancora funzionario dell’E.T.I. che Piccolo Teatro, prendendo coscienza del fatto mio padre e di mia sorella al rientro dalla fab- gestiva teatri e compagnie teatrali di prosa, che il mio interesse per il cinema era diventato brica nel raccontare di questo socialista che alcune famose come quelle di Memo Benassi e segue a pag. successiva 12 [email protected]

segue da pag. precedente e membro del Direttivo della FICC. Veniva tal- preponderante rispetto a quello per il teatro. volta a Roma a sue spese perché la FICC non Quando ebbe inizio il tuo impegno come operatore poteva permettersi di pagargli né il viaggio né culturale nei circoli del cinema? una camera ammobiliata. La FICC sopravvi- Frequentavo l’ambiente del cinema, quello veva in condizioni economiche difficili. (E’ ri- della Cineteca “Mario Ferrari”, chiamata così saputo che, durante la presidenza di Zavatti- dal nome del suo fondatore. Ferrari era un ni, accadde allo stesso Zavattini persino che giovane di famiglia abbiente che andava in gi- gli mettessero i sigilli al suo televisore privato ro per mercatini a comprare vecchi film che perché la FICC non aveva pagato la bolletta erano destinati al macero. Costituimmo an- del telefono). Un giorno Callisto mi avvertì te- che il Circolo del Cinema “Mario Ferrari” e ne lefonicamente del suo arrivo a Roma e con- diventai il segretario. Forse il presidente era cordammo che io sarei andato a prenderlo Lattuada o Comencini. Fu il mio primo Circo- Un momento dell’incontro: Patrizia Masala e Virgilio all’aeroporto di Ciampino intorno alle 9,30. lo del Cinema. Nel 1947 fui tra i fondatori della Tosi. (foto di Angelo Tantaro) Lui viaggiava infatti con una linea aerea, in Cineteca Italiana. A Roma invece c’era la Ci- parte di proprietà della sua famiglia. Era neteca Nazionale del Centro Sperimentale. Io FICC dal 1947 e passi in rassegna la tua esperienza un’affermata famiglia di armatori marittimi. ricoprivo a Milano la doppia funzione di se- diretta come operatore culturale e dirigente della All’uscita dei passeggeri mi venne incontro un gretario del Circolo del Cinema e membro del FICC fino al ‘53, vorrei chiederti di accennare al pe- giovanotto in smoking: mi ci volle un momen- consiglio d’amministrazione della Cineteca riodo della presidenza di Cesare Zavattini dal ‘52 to per riconoscere in quel giovanotto Callisto. Italiana. Nel ‘47 fui anche ideatore e promotore al ‘65 e vorrei anche che tu mi raccontassi della tua Più o meno barcollante, perché reduce da una insieme a Enrico Rossetti del convegno di Ner- amicizia con Callisto Cosulich, dei tuoi “maestri”, notte brava, mi disse in triestino «...tu capisci vi. Io portavo come bagaglio l’esperienza con del rapporto professionale con Cesare Zavattini e Virgilio! Stanotte, bevendo e spassandocela, la Cineteca Italiana, mentre Rossetti era il cri- con Alessandro Blasetti. Infine, quali erano le ra- abbiamo fatto le quattro del mattino, l’aereo tico cinematografico della redazione genove- gioni che ti hanno impedito di occuparti ancora at- partiva alle sette e non era il caso di andare a se dell’Unità. Sulla spinta delle esigenze che si tivamente della FICC in questi ultimi anni. dormire e quindi sono venuto così...». La mia sentivano all’interno delle Cineteche organiz- Questa mattina, mentre ti aspettavo, sfoglia- amicizia con Callisto era nata da un malinteso zammo il convegno, al quale partecipò anche tra noi nella sala riunioni della Prefettura di Callisto Cosulich. L’idea era quella di fondare Venezia in occasione del convegno del ‘47 che la Federazione Italiana dei Circoli del Cine- portò alla costituzione della FICC e scaturiva, ma, ma i tempi e gli aspetti legali non erano lo confesso, da una mia scherzosa sbruffona- maturi. Rimandammo la sua costituzione e i ta. Io mi vantavo di aver già visto il capolavoro preparativi in occasione del Festival di Vene- di Dreyer “La passione di Giovanna D’Arco”. zia. A Venezia vennero anche quelli del Circo- Era però normale che, vivendo a Milano, il lo Romano del Cinema, rappresentati ufficial- film io potessi averlo già visto perché frequen- mente da Antonio Pietrangeli, che diventerà tavo la Cineteca Italiana e avevo amici come l’8 novembre del ‘47 il primo presidente della Luciano Emmer, Luigi Comencini, Alberto FICC. Era presente in quell’occasione anche Lattuada, Luigi Rognoni; mentre Callisto vi- un suo collaboratore del Circolo, Claudio For- veva a Trieste e la Cineteca milanese non ave- ges Davanzati, figlio di un notissimo produt- va allora né i soldi né i diritti per stampare le tore. Pietrangeli, essendo stato compagno di copie del film di Dreyer e quindi Callisto non scuola di Giulio Andreotti, sottosegretario al- poteva averlo visto. Tuttavia da questo scam- lo Spettacolo, riuscì a strappargli quella fa- bio di battute nacque una profonda amicizia e mosa lettera in cui il governo italiano si impe- un impegno culturale nel mondo dell’associa- gnava a riconoscere il carattere culturale e zionismo che ci ha unito fino alla sua morte, privato delle associazioni private come i cine- Callisto Cosulich (1922 - 2015) anche se problemi di salute nell’ultimo perio- club. La legge fascista le aveva disconosciute do della sua esistenza avevano ridotto i nostri totalmente. Davanzati lasciò la FICC quasi su- vo proprio il mio libro che tu ora hai citato, ri- incontri. Trascorrevamo però ore e ore al tele- bito perché chiamato da Luchino Visconti per flettendo su alcune vicende che hanno accom- fono chiacchierando e confrontandoci conti- collaborare al suo documentario che diventò pagnato il mio percorso come dirigente della nuamente. I miei maestri? Non mi è mai pia- poi il film “La terra trema”. Pietrangeli, inve- FICC. Però prima vorrei menzionare una cosa ciuta la parola “maestro”. Dico spesso che ce, appoggiato anche dalla FICC, si candidò curiosa: con un divario temporale di circa ses- nella vita ho avuto tre fratelli maggiori di ele- nelle liste di sinistra del Fronte popolare. Ma sant’anni noi due siamo colleghi: tu (Patrizia zione. Uno di loro è stato Joris Ivens. Lo co- perse le elezioni: quelle del 18 aprile del ‘48. La Masala) sei oggi vice presidente della FICC. Io nobbi a un convegno a Perugia nel 1949; rappre- sconfitta elettorale del blocco delle sinistre, lo ero diventato nel 1952 dopo aver lasciato la sentavo la FICC della quale da poche settimane che portò anche alle dimissioni di Pietrangeli segreteria generale a Callisto Cosulich. Su di ero il segretario generale. Anche Ivens si con- da presidente della Ficc, mise in crisi l’asso- lui ho scritto recentemente un’intera puntata siderava un figlio dei Cineclub sin dagli anni ciazionismo e creò divisioni al suo interno. A in “La rubrica di Virgilio”, che curo su un por- ’20 e anche in seguito, ma era poi divenuto un quel punto occorreva reagire. Decidemmo di tale italiano indipendente sul cinema docu- personaggio leggendario. Io lo considero uno proporre come presidente della federazione mentario () con il dei più grandi documentaristi della storia del un intellettuale, al di fuori della contesa politi- quale collaboro da alcuni anni e che è diretto cinema: comunque anche allora, nell’imme- ca nell’ambito cinematografico. Ci accordam- da Stefano Missio, un mio ex allievo del Cen- diato dopoguerra, i suoi film era difficile aver- mo sul nome di un letterato: Franco Antoni- tro Sperimentale. Di Callisto Cosulich, recen- li visti perché proibiti dalle censure di molti celli. Era stato presidente del CLN, il Comitato temente scomparso, ricordo con molta sim- paesi. Fu la FICC a farli conoscere nei suoi cir- di Liberazione Nazionale del Piemonte, presi- patia alcune vicende che ci hanno accomunato coli del cinema già nel 1951. Il secondo mio dente dell’Unione Culturale a Torino e presi- nel percorso della FICC. Nel periodo in cui ero fratello maggiore è uno tra i più grandi foto- dente del cineclub della città. ancora segretario generale lui di tanto in tan- grafi della storia della fotografia: Paul Strand. Invitando alla lettura del libro “Quando il cinema to veniva a darmi una mano perché in quel pe- Per intenderci Strand è colui che ha realiz- era un circolo” - utilissimo per ogni operatore cultu- riodo ero fisicamente molto provato. Allora lui zato uno dei più bei fotolibri pubblicati rale - in cui racconti dettagliatamente la storia della era il segretario del Circolo delle Arti di Trieste, segue a pag. successiva 13 n. 36

segue da pag. precedente perché vedrai che ti realizzerà dei documentari Poetiche nel secolo scorso intitolato “Un Paese” (Einau- molto interessanti». Iannotta mi ricevette con- di, 1955). Il paese è Luzzara, paese natale di Za- vattini in provincia di Reggio Emilia. Strand Il valore degli cercava uno scrittore italiano per fare un libro sconfitti fotografico su una località italiana e gli pre- sentai Zavattini. Posseggo una copia del libro con la dedica di Zavattini che mi scrive «Caro Virgilio tu mi hai portato Paul Strand sapendo esattamente che cosa sarebbe nato da questo nostro incontro». Avrai capito che il terzo fra- tello maggiore è stato per me Cesare Zavatti- ni. Di lui potrei parlare per vent’anni avendo avuto con lui un rapporto sia da discepolo che professionale. Lo conobbi personalmente du- rante la mia attività alla FICC quando all’epo- ca era un importante e apprezzatissimo espo- nente del Circolo Romano del Cinema e diventammo amici. Dell’esperienza condivisa nella FICC di cui fu presidente dal ‘52 sino al ‘65 , se ne possono leggere i dettagli nel mio li- bro “Quando il cinema era un circolo”. Per quanto riguarda invece il nostro rapporto professionale posso dire che gli sarò sempre riconoscente per avermi procurato l’opportu- nità di collaborare con lui a qualche sceneg- “Quando il cinema era un circolo”. La stagione d’oro dei giatura. Aveva capito che volevo inserirmi nel cineclub (1945-1956) di Virgilio Tosi (1999) pagg. 232, mondo del cinema, imparare il mestiere e riu- Editore Marsilio (collana Biblioteca di Bianco & Nero. scire a trarre attraverso questa attività un Doc. e strum.) compenso che mi permettesse di vivere. Mi fermandomi che Blasetti aveva garantito per chiamò quindi a collaborare ad alcune sceneg- me, gli confermai la mia propensione per il giature, tra le quali un progetto per un film di documentario scientifico e anche il fatto che Blasetti, ma anche per “Suor Letizia” di Mario per realizzarli mi sarei avvalso della consulen- Camerini, film interpretato dall’indimentica- za di ricercatori universitari. Incominciai così bile Anna Magnani, e altri ancora. In me co- a occuparmi di documentario scientifico pro- munque si faceva sempre più forte la passione fessionalmente. Partecipai alla costituzione per il documentario, anche se con molta fati- dell’Associazione italiana di cinematografia Penso che sia necessario educare le nuove ge- ca mi guadagnavo da vivere. Era il periodo scientifica e alle attività della Associazione in- nerazioni al valore della sconfitta. della “guerra fredda”, del maccartismo e non ternazionale. Per un certo tempo divenni an- era facile inserirsi nel mondo del lavoro quan- che membro di una commissione per la cine- Alla sua gestione. do si era sospettati di nutrire opinioni di sini- matografia scientifica del Consiglio Nazionale stra. E io avendo ricoperto un ruolo molto attivo delle Ricerche. A quel punto, siamo intorno al All’umanità che ne scaturisce. nei circoli del cinema, in cui si proiettavano i ‘53, tutti questi impegni naturalmente provo- film di Ejzenstejn e di Pudovkin, carono un distacco, non un ab- A costruire un’identità capace di avvertire una non potevo certo nasconderlo. Per bandono, negli impegni con la comunanza di destino, dove si può fallire e ri- cui quando andavo all’Istituto LU- FICC. Mi sono sempre considera- cominciare senza che il valore e la dignità ne CE e portavo proposte di soggetti to un missionario dei cineclub e siano intaccati. per documentari di interesse cultu- non ho mai abbandonato questa rale e scientifico misteriosamente missione, ma ho una sola vita da A non divenire uno sgomitatore sociale, li perdevano. Io capivo che non li vivere e quindi necessariamente a non passare sul corpo degli altri per arrivare perdevano, semplicemente non mi ho dovuto fare delle scelte. La- primo. volevano far lavorare. Ad un certo sciando la FICC sono semplice- punto mi rivolsi a Blasetti, che ave- mente passato dalla mia posizio- In questo mondo di vincitori volgari e disone- vo conosciuto e frequentato nei ci- ne di missionario laico per la sti, di prevaricatori falsi e opportunisti, della neclub e che aveva realizzato docu- cultura cinematografica a missio- gente che conta, che occupa il potere, che scip- mentari di divulgazione scientifica, Alessandro Blasetti (1900- nario laico per la diffusione del ci- pa il presente, figuriamoci il futuro, a tutti i raccontandogli le mie disavventure 1987) nema scientifico. Finché c’è stato nevrotici del successo, dell’apparire, del di- con l’Istituto LUCE. Dopo qualche giorno mi te- Cosulich alla FICC i miei rapporti con i circoli ventare. lefonò riferendomi di aver parlato con l’avvoca- del cinema sono rimasti molto forti. Poi lui to Iannotta, che era sì un’antifascista ma non passò alla direzione della segreteria dell’A- A questa antropologia del vincente preferisco certo un progressista, e dirigeva la “Documen- NAC, l’associazione degli autori cinematogra- di gran lunga chi perde. to film”, allora importante casa di produzione fici della quale anch’io facevo parte. Infine, di film e di documentari, chiedendogli di met- però, ti confesso, che da quando viene pubbli- E’ un esercizio che mi riesce bene. termi alla prova. Aggiunse anche che Iannotta cato Diari di Cineclub ho ripreso un contatto gli disse «…ma quel Tosi dei cineclub?…mi han- culturale con i circoli perché sfogliare questa E mi riconcilia con il mio sacro poco. no detto che è un comunista». Blasetti mi disse: rivista mi permette di sapere e capire cosa «sai cosa gli ho risposto? - Io non lo so se è un succede nell’associazionismo culturale. comunista o se non lo è. Non me ne frega nien- Patrizia Masala te, so che Tosi è bravo, quindi se vuoi ricevilo *Incontro avvenuto il 10 dicembre 2015 Pier Paolo Pasolini 14 [email protected] Georges Simenon. L’inarrestabile bulimia creativa e libidica di un grande scrittore del ‘900 Trasgressiva nel quotidiano ma precisa e maniacale nell’atto creativo. L’amicizia con André Gide, Charlie Chaplin e Federico Fellini Chissà se a Georges Si- in case che diventano succursali dell’inferno, menon, nella sua lunga in cui tutti, giovani e vecchi sprofondano, si e irrequieta esistenza, annullano e soffocano in spazi dove manca è mai venuta l’idea di l’aria. Sono donne religiose, perbeniste, bor- sdraiarsi sul lettino di ghesi, ottuse, assassine, inevitabilmente vin- uno psicanalista. Quan- citrici. Gli uomini frustrati, sconfitti”. Non ri- do per esempio non esco a immaginarlo nei panni di un prete che riusciva a mettere ra- celebra messa, ma durante la sua infanzia lio- dici in nessun luogo nese, quando studiava dai Gesuiti, è stato cambiando continua- sfiorato dal pensiero di prendere i voti, proba- mente residenza e do- bilmente per assicurarsi pane e companatico. Alessandro Macis micilio, o batteva fre- Ma la sua fede era incerta e vacillava. Una neticamente i tasti della sua Remington conturbante fanciulla gli rubò precocemente riversando sul foglio bianco parole che dava- la verginità, introducendolo alle gioie dell’a- no alito e vita ai suoi personaggi dalle esisten- more carnale e allontanandolo definitivamen- te inquiete e dalle psicologie contorte, scri- te da quelle mistiche del sacro. «Io volevo sco- vendo tre romanzi per volta. O quando varcava pare e la Chiesa mi diceva che sarei stato la soglia di un lupanare per dare sfogo alla sua dannato per questo. Allora ho mollato tutto». bulimia sessuale. L’infanzia vissuta in pover- Dovette in ogni caso abbandonare presto gli tà, tra un padre debole che tirava avanti con studi. Il padre Désiré si ammalò e fu costretto un modesto stipendio e una madre assillata a contribuire ai magri bilanci familiari, adat- dall’accumulare denaro per acquisire una si- tandosi ai lavori più umili. Così come il sesso curezza economica, che gli ha negato amore e anche la scrittura arrivò precocemente. Era Georges Joseph Christian Simenon (1903 – 1989) tenerezza riversandola sul secondogenito ancora quasi un bambino, quando trovò im- scrittore belga di lingua francese, noto al grande Christian, lo ha segnato per tutta la vita. Don- piego alla Gazette de Liege, che si atteggiava a pubblico soprattutto per avere inventato il personaggio na anaffettiva, ignorante e superstiziosa, piccolo uomo, con la sua pipa e il suo tabacco. di Jules Maigret, commissario di polizia francese Henriette Brüll si spaventò quando diede alla La scrittura era un dono degli dei e veniva luce, in rue Leopold, a Liegi, il suo primogeni- fuori come un flusso inarrestabile. Ma Liegi, divenuto popolare grazie alle trasposizioni fil- to Georges, che ebbe la sventura di nascere ve- la città in cui era nato, gli stava stretta e presto miche sul piccolo e grande schermo, con il vol- nerdì 13 febbraio, nell’anno del Signore 1903. si rivelò troppo provinciale. Stemperava la sua to bonario di Gino Cervi in Italia, e quello bur- Per esorcizzare future disgrazie, la donna ansia fumando la pipa, leggendo, scrivendo, bero e severo di Jean Gabin oltr’Alpe. Ma non pensò di anticipare di un giorno la registra- frequentando i bordelli della città e bevendo si accontentò. La sua ambizione era quella di zione all’anagrafe. Uno dei ricordi più intensi vino e grappa di ginepro. Una notte, a corto di scrivere romanzi che gli dessero un posto di di Simenon sull’indigenza in cui versava la fa- contante, barattò l’orologio che gli aveva rega- rilievo nella storia della letteratura e l’immor- miglia, come ha dichiarato durante un’inter- lato il padre per qualche ora d’amore. Iniziò a talità. Maigret era solo un diversivo e una car- vista a un giornale popolare, risale agli anni frequentare Régine Renchton che gli amici ta di credito che gli permetteva una vita agia- dell’infanzia, «In cui avevo fame, molta fa- chiamavano Tigy, senza rinunciare alle putta- ta. Come il cinema che non amò mai. Non era me». Per comprendere l’uomo e lo scrittore è ne. L’aria della provincia gli diventò irrespira- quasi mai soddisfatto di come le sue storie e i fondamentale seguirne il percorso esistenzia- bile e Georges spiccò il volo verso Parigi. Ma la suoi personaggi venissero raccontati per im- le, che si riflette sui personaggi creati nei ro- solitudine gli era insopportabile e sposò in magini, ma continua a lavorare per il cinema manzi e sulla sua filosofia di vita. Filosofia tutta fretta Tigy, pur non amandola. Arrivò a esclusivamente per denaro. La sua esistenza è che lo indirizza a non giudicare mai i suoi si- Parigi che aveva vent’anni, scese dal treno alla stata un ossimoro: trasgressivo nel quotidia- mili né nella vita reale, né nella finzione. Li os- stazione de La Gare du Nord in una livida al- no, preciso e quasi maniacale nell’atto creati- serva, semplicemente, vivere e muoversi nel ba, e iniziò la sua grande avventura. Voleva fa- vo. Sveglia alla 6 del mattino, colazione, poi loro quotidiano e nel loro ambiente, senza re lo scrittore, solo lo scrittore. Iniziò a man- dietro alla macchina da scrivere fino alle 9.30. mai assolverli o condannarli, senza esprimere dare i suoi racconti a giornali e riviste, nella Dopo lunghe passeggiate, con tutti i sensi vi- giudizi d’ordine morale. Vuole solo compren- speranza di vederseli pubblicati. La fortuna e gili ad osservare e registrare ambienti, perso- derli. Nonostante le nevrosi che ne hanno ca- il talento gli diedero una mano; l’insicurezza ne, frammenti di conversazioni che poi fini- denzato l’esistenza, Simenon era un giovane però lo divorava. Firmò i suoi primi romanzi vano nei suoi romanzi. Ha sempre dichiarato sveglio e pragmatico, ma assillato da una con diversi pseudonimi. Voleva capire se le di avere poca fantasia e di avere la necessità, snervante insicurezza. Ha vanamente perse- cose che scriveva potessero avere il gradimen- per scrivere, di rubare le vite degli altri. Pran- guito la chimera di essere amato e accettato to del pubblico, prima di metterci la faccia. In- zo veloce, riposo pomeridiano, e poi ancora dalla madre, inseguendo la notorietà, la ric- cominciarono ad arrivare i primi soldi e Sime- ad esplorare il territorio, ad occupare gli spa- chezza, la gloria. E specularmente, da incalli- non iniziò a condurre una vita dispendiosa. zi. Un pastis come aperitivo, la cena, un po’ di to narciso, il desiderio compulsivo di piacere a Dopo tanti romanzi popolari, il personaggio televisione e ancora scrittura, accompagnata tutti. Il problematico rapporto con la madre che gli diede il successo universale, la ricchez- da una buona bottiglia di vino. Come inter- ha segnato la sua visione del mondo femmini- za, e lo fece conoscere e tradurre in tutto il mezzo, veloci coiti con una moltitudine di fan- le. Nel descrivere le donne utilizza sempre un mondo, nacque nella mente dello scrittore nel ciulle in fiore. Georges, dopo la scrittura, non punto di vista maschile. Nei suoi romanzi, 1931, mentre naviga con la sua barca lungo i amava rileggere, correggere o revisionare. Maigret a parte, “le figure femminili sono canali dei Paesi Bassi. E’ il commissario Mai- Era un’operazione che detestava e lo anno- donne dominatrici, represse in un silenzio in- gret che in 75 romanzi attraverserà buona par- iava. Centellinava le amicizie come un buon teriore, dirigono la vita della famiglia, abitano te della sua produzione letteraria. Personaggio segue a pag. successiva 15 n. 36

segue da pag. precedente Cinema e letteratura in giallo Armagnac, convinto com’era che bisognava diffidare di tutti. Con Andrè Gide, dopo un primo momento di diffidenza legato, forse, ai Una 44 magnum per l’ispettore Callaghan di gusti sessuali dello scrittore, nacque un rap- Ted Post porto di reciproco affetto e complicità artisti- ca. Negli Stati Uniti, dove emigrò alla fine della Cast: Clint Eastwood, Hal Holbrook, Mitchell Ryan, David seconda guerra mondiale, ufficialmente per cercare nuove fonti di ispirazione e promuo- Soul, Christine White vere i suoi libri, ma in realtà perché impaurito Quattro agenti motoci- sua proverbiale indisciplina, ma non condivi- dalle inchieste della magistratura francese che clisti della Polizia Stra- de questo modo di fare giustizia e si occupa indagava sul suo presunto collaborazionismo dale, dopo aver conclu- del caso. Ben presto verrà a sospettare di un con le truppe tedesche d’occupazione, conob- so i corsi di formazione, gruppo di giovani agenti che si sono autono- be a Hollywood il grande Charlie Chaplin, che sono da poco entrati minati “giustizieri” creando un vero e proprio continuerà a frequentare anni dopo, quando i in servizio. Sono tutti “ squadrone della morte”. Dopo “Il caso Scor- due vivevano entrambi in Svizzera. Ma l’ami- degli ottimi tiratori e pio è tuo” torna così un nuovo film sull’ispet- cizia più intrigante, fraterna, carnale, fu quella costituiscono un grup- tore Callaghan, sempre Clint Eastwood prota- con Federico Fellini. “Entrambi sono degli Giuseppe Previti po che vuole combat- gonista, mentre al posto del mitico Don Siegel istintivi, navigano in un mondo onirico e psi- tere le troppe assolu- si cimenta nella regia il meno famoso Ted chico: l’inconscio domina la loro arte”. Si co- zioni di una magistratura che considerano Post, che aveva già diretto Eastwood in “Im- nobbero nel 1960, a Cannes, dove Simenon era troppo debole. E quindi decidono di fare loro piccalo più in alto”. In compenso a stendere la presidente della giuria del Festival del Cinema. stessi giustizia eliminando i criminali manda- sceneggiatura sono stati chiamati due nomi Lo scrittore era più interessato alle giovani at- ti assolti. Sarà l’ispettore Callaghan a fronteg- importanti come John Milius (noto per “Apo- trici piuttosto che ai film, ma rimase colpito giarli. Lui che pure è scontento di questo mo- calypse Now”) e Michael Cimino (il regista de dalla personalità del regista e da “La dolce vi- do di gestire la giustizia è però altrettanto “Il Cacciatore”). Il film è in linea con i polizieschi ta”. Nonostante le polemiche e l’avversione di convinto che co- degli anni ‘70 che alcuni giurati, riuscirà a far ottenere al film la munque la legge, hanno sempre una Palma d’Oro. In America sbocciò anche un l’ordine debbono es- vena giustizialista e nuovo amore. Abbandonò la prima moglie e sere sempre rispet- che sempre mostra- sposò Denyse Ouimot da cui avrà altri tre figli. tati e difesi. Il quar- no i modi contra- E poi ancora quel senso di inquietudine, il bi- tetto perde un uomo stanti in cui si può sogno fisico di divorare gli spazi. Lasciò l’Ame- colpito durante un applicare la rego- rica e sbarcò di nuovo in Europa, inseguito conflitto con dei lamentazione del- dall’ansia e dall’infelicità. Denyse beveva smo- gangster, e quindi la legge. Clint Ea- datamente, entrò in competizione con Geor- Callaghan cercherà stwood forse appare ges e volle ritagliarsi spazi e ruoli creativi. Si- di opporsi agli altri meno “cattivo” che menon sopportava tutto, poi non resse più alle superstiti che però nell’episodio prece- pressioni e staccò la spina. Lasciò Denyse che non esitano a cer- dente. Qui lui è al entrava ed usciva dagli ospedali psichiatrici in care di eliminarlo servizio della leg- un vortice di depressione e alcolismo, e intrec- con un attentato. ge mentre nei rap- ciò una relazione con l’italiana Teresa Sbure- Callaghan si salva ma porti con gli altri lin, donna di servizio in casa Simenon, che gli nell’attentato perde applica il principio rimase vicina fino alla morte. A subire le con- un suo collega. Cal- “ogni uomo do- seguenze di queste tensioni familiari, la perso- laghan chiama allo- vrebbe conoscere i na più fragile e indifesa della famiglia, la figlia ra l’ispettore Biggs propri limiti”. Tra i Marie-Jo che morì suicida. Si stava chiudendo per fargli esamina- protagonisti di que- un ciclo umano e creativo. George era stanco, re la bomba, ma poi sto più che accet- senza più la torrenziale ispirazione di un tem- scoprirà che è pro- tabile poliziottesco po. La vena creativa si era prosciugata. Il mon- prio Biggs a capeg- un David Soul nei do onirico mediato da un processo osmotico giare la banda e che panni del cattivo, con la realtà, aveva interrotto il suo flusso: non il piano era stato ar- in seguito sfonderà c’era più niente da narrare. Solo riordinare i ri- chitettato per elimi- nella serie TV “Star- cordi di una lunga vita, da far confluire nelle narlo. Callaghan si sky & Hutch”. Un’al- pagine di un diario: era l’unico progetto a bre- rifugia in una vec- tra curiosità è che ve termine, inframezzato dalla lettura di testi chia portaerei in disuso nel porto per sfuggire nel titolo si fa riferimento all’arma preferita da di medicina e psichiatria. Una vita tra mito e ai tre agenti che gli danno la caccia. E così ci si Callaghan ovvero la pistola Smith & Wesson realtà, che si spense stringendo la mano della avvierà alla resa dei conti. “Una 44 magnum mod. 29 calibro 44 Magnum. Questo film, dopo sua ultima compagna di vita. per l’ispettore Callaghan” è un film statuni- il successo di “Ispettore Callaghan, il caso Scor- tense, per l’esattezza il secondo della famosa pio è tuo” era molto atteso, ne è uscita una pel- Alessandro Macis serie in cui Clint Eastwood ha interpretato licola più che vedibile. Eastwood si conferma a con grandissimo successo l’Ispettore Calla- suo agio nei panni di quest’uomo abile ed effi- ghan. Abbiamo avuto il piacere di rivederlo in ciente quanto però immorale e troppo indivi- una retrospettiva dedicata ai polizieschi di va- dualista. Non per niente era definito “ Harry la rie nazionalità, girati negli anni settanta. Il carogna”. Il film si basa su azione e violenza film prende spunto dall’assassinio di un sin- forse poteva essere approfondita di più la Alcune notizie biografiche sullo scrittore sono liberamente dacalista, assolto dall’accusa di omicidio, da molla ideologica che spinge i vari protagoni- tratte da: George Simenon-Una biografia di Pierre Assou- parte di quello che è diventato un vero e pro- sti. Comunque ne è risultato. lene, Ed. Odoya-Georges Simenon... mon petit cinéma di prio “squadrone della morte”. Callaghan è sta- AA.VV. Ed. Bergamo Film Meeting 2003. to sospeso per i suoi metodi violenti e per la Giuseppe Previti 16 [email protected] Al cinema Francofonia: l’Arca francese «I fantasmi, questa è La Libertà che guida il popolo (1830), rappresen- forse, in sede lettera- tazione allegorica della Repubblica francese, ria, la maggiore sco- ma che, in questa sede, non fa altro che ripete- perta della letteratura re in maniera meccanica lo slogan dei valori russa. Gli spettri della ra- repubblicani “Liberté, Égalité, Fraternité”; e gione, i mostri dell’im- un imperatore “rivoluzionario” (definito “me- maginazione, in nes- dium” da Sokurov), il quale, con insistenza, suna letteratura sono afferma che tutta l’arte contenuta nel Louvre è Vincenzo Esposito presenti come in que- frutto delle sue guerre. “Io ho fatto la guerra – Marianne e Napoleone guardano La Gioconda sta, che veramente fi- dice -, io ho portato qui tutto questo. Ho fatto gura il loro trionfo». (Tommaso Landolfi, I Cultura non stanno sempre dalla stessa parte. la guerra per l’arte”. Le ragioni di Stato, quin- Russi, Adelphi Edizioni). Gli spettri e i fanta- “E di cosa parla il Louvre se non di uomini che di, a volte, possono anche coincidere con quel- smi dei grandi russi: Dostoevskij, Čechov, soffrono, uccidono, mentono, amano?”, si/ci le dell’arte. A incorniciare questo duplice pia- Tolstoj… Proprio con dei ritratti funebri di interroga la voce narrante (diventata ormai no narrativo (passato/presente) - che si questi ultimi due si apre Francofonia. La voce pura alterità) in un secondo livello testuale riferisce da un lato alla storia del Louvre du- di Sokurov, che, dalle Elegie all’Arca Russa, spesso ci ha accompagnato nei suoi percorsi audiovisivi, li invita al risveglio: “Signor Čec- hov… si svegli!”. Il Novecento avrebbe avuto tanto bisogno di sentire ancora la loro voce. Il film parte da molto lontano (e torna spesso a parlare della Russia, dell’Ermitage, dell’asse- dio di Leningrado) per arrivare fino ai giorni nostri, e attraversa, godardianamente, “il se- colo del cinema” utilizzando molteplici for- mati e materiali visivi e sonori per riflettere sull’eterno gioco di forza tra arte e potere. Francofonia è innanzitutto un film “storico” (e malinconico), su come l’Europa sarebbe potu- ta essere, e non è stata. Ci troviamo di fronte a un’opera aperta e metacinematografica, dove, però, la forma diviene sostanza e contenuto; specchio, talvolta deformante, del complesso intreccio tra politica e cultura. Il nucleo narra- tivo dell’ultima fatica di Aleksandr Sokurov è riassunto bene dal sottotitolo che si è dato al film, Il Louvre sotto occupazione; anche se non c’è solo questo. Giugno 1940, Parigi è occupata dai tedeschi. Il conte Franz Wolff-Metternich Sokurov al Louvre, dietro di lui il quadro “La zattera della Medusa” di Théodore Géricault (Benjamin Utzerath), capo del Kunstschutz, la Commissione tedesca per la protezione del- presente nel film, e ci invita a “vivere” le sue rante l’occupazione tedesca e dall’altro allo le opere d’arte in Francia, incontra Jacques Ja- immagini senza sospendere la nostra incre- splendido museo di oggi -, c’è lo stesso Soku- ujard (Louis-Do de Lencquesaing), direttore dulità. Con questo blocco semidocumentari- rov, questa volta non più solo in voce ma in del museo del Louvre. Il primo proviene stico, che si svolge all’interno del Louvre ai carne e ossa, che interagisce via Skype, tra ru- dall’ambiente aristocratico ed è un eroe di giorni nostri, il regista illustra i capolavori an- mori e interferenze, con un amico imbarcato guerra. Jaujard, invece, è un alto funzionario tichi e moderni del museo, dialogando, a vol- su una nave container che trasporta un carico dell’amministrazione francese che ha scelto pieno di opere d’arte, e che alla fine affonderà di rimanere al suo posto, mentre molti suoi a causa di una tempesta. Anche in questo ca- colleghi sono scappati al sud. Tutti e due sono so, al periglioso viaggio tra i marosi del pre- innamorati dell’arte, entrambi sono patrioti e sente, il regista accosta la potenza simbolica convinti di essere stati chiamati a svolgere di un quadro conservato nel Louvre, La zattera una missione necessaria. Su questo terreno, della Medusa di Théodore Géricault (1818), l’occupante e l’occupato, provano a costruire un’icona portatrice di autentici valori roman- una forma di pacifica collaborazione. Ma la lo- tici, cui il regista sembra proprio non voler ri- ro “integrità morale” mostra delle evidenti nunciare. Le domande fondamentali dell’Io crepe, e deve fare i conti con la Storia. Metter- narrante di Francofonia appaiono dunque reto- nich si vede costretto a scegliere tra la fedeltà riche: “Cosa sarebbe la Francia senza il Lou- al Reich che sta depredando le collezioni di Il conte Franz Wolff-Metternich (Benjamin Utzerath) vre? Cosa sarebbe il mondo senza i musei?”. Il tutto il mondo e l’amore per l’arte, che gli sug- e Jacques Jaujard (Louis-Do de Lencquesaing), Louvre, l’Ermitage, i musei esistono perché si gerisce, al contrario, di difendere i capolavori direttore del museo del Louvre è fatta la guerra, ma a essa sono sopravvissuti del Louvre dalle mire di Hermann Göring. Ja- per portarci la sublime bellezza dell’Arte. E al- ujard è altrettanto combattuto: “Sono un funzio- te, con altri due fantasmi che lo abitano, Ma- la fine, “La bellezza salverà il mondo”: non ne nario di un governo che allea la Francia al nemico”, rianne (Johanna Korthals Altes) e Napoleone era forse convinto il principe Miškin ne L’idio- ripete spesso. Le ragioni di Stato, insomma, coin- (Vincent Nemeth): un personaggio uscito dalla ta di Dostoevskij? cidono raramente con quelle dell’arte. Potere e finzione del famoso quadro di Eugène Delacroix Vincenzo Esposito 17 n. 36

La morte di Accattone “Tutto avvenne come senza senso e senza ragione, nell’oro del sole che tramontava su Testaccio. Cartagine e il Balilla, già ammanettati, videro Accattone correre, sbandare, buttarsi su una motocicletta ferma accanto a un baretto sull’orlo del marciapiede, salire, partire a tutta velocità. E mucchi di gente intorno che correva, che gridava. Si sentì il rombo della motocicletta, che scomparve in fondo a una trasversale, veloce. Poi un improvviso botto, silenzio e urla, urla strane, con la gente che accorreva più fitta. Anche l’agente, e Cartagine e il Balilla, ammanettati, corsero in fondo alla strada, e si fecero largo tra un mucchio di gente, che guardava impressionata. La motocicletta era fracassata contro la parte davanti di un camion. Accattone stava lungo, sanguinante, sul marciapiede, nel posto dove poco prima lui e gli amici avevano tanto riso. Cartagine si buttò su di lui, spaventato e piangente come un ragazzino.” “Accattò....?Accattò...? Che te senti...?!” gli chiese Cartagine. E lui, la testa insanguinata accostata al marciapiede gli disse: “Ah..... Mò, sto bene...!” E spirò. Mò sto bene In ricordo di Franco Citti l’imbianchino che divenne autore

E spirò il 14 gennaio, dopo dieci anni dalla scom- “Sogni e bisogni”, “I Magi randagi”, ma anche da le sue interpretazioni, che è cambiato o non esi- parsa del fratello regista Sergio (11 ottobre 2005) Francis Ford Coppola per “Il Padrino” e “Il Padri- ste più. Un borgataro che aveva raggiunto la fa- anche Franco Citti, all’età di 80 anni, colpito da no-parte III”, prestando il suo volto anche ad al- ma lavorando con alcuni dei più autorevoli regi- una serie di ictus, divenuto un po’ di anni fa pa- tri registi (Corbucci, Fellini, Zurlini, Petri, Berto- sti permettendogli solamente di star meglio ralizzato fino a parlare con difficoltà. Nato in lucci, F. Maselli), fino a diventare autore/regista, economicamente senza influenzare mai la sua miseria nel ‘35 a Fiumicino, allora estrema bor- con la fraterna collaborazione del fratello Ser- spontaneità come disse in diverse occasioni «sa- gata romana, aveva iniziato a fare l’imbianchino gio, del film “Cartoni animati” in cui Franco tor- rebbe stato meglio continuare a fare il muratore insieme al padre e suo fratello Sergio, quando na a rivestire quasi il personaggio di Accattone, perché al cinema c’è troppa gente falsa». Perché, nel ‘61 conosciuto un “certo” Pier Paolo Pasolini, a simboleggiare l’ultimo suo respiro della poeti- per continuare a dirla alla Citti/Accattone “Er presentatogli dal fratello Sergio in una pizzeria ca pasoliniana. Una carriera prolifica quella di mondo è de chi cià li denti”. Ed allora noi sorri- di Torpignattara, gli cambiò la vita. Ed è proprio Franco Citti, esatta incarnazione dei volti che diamo ricordando il viso ingenuo di Franco cer- a lui che l’intellettuale di Bologna riservò il ruolo Pasolini prediligeva, quelli propriamente genui- cando di non soccombere al pessimismo, anche da protagonista del “ragazzo di vita” nel suo film ni, carichi di verità espressiva. Rappresentazio- se a volte ne avremmo validi motivi. E speriamo d’esordio intitolato “Accattone”. E’ stato l’indi- ne perfetta della vita descritta nella poetica Pa- anche che Franco Mò stia bene e che Pasolini lo scusso attore di altri film Pasoliniani “Mamma soliniana; quella dei giovani che appartengono a stia aspettando, così come scrisse nella sua Roma”, “Edipo Re”, “Porcile”, “Il Decameron”, “I un mondo lontano rispetto a quello della bor- autobiografia pubblicata nel 1992, in Paradiso. racconti di Canterbury”, “Il fiore delle Mille e ghesia altolocata che vivono di espedienti pur di una notte”, diretto dal fratello Sergio in “Ostia”, procurarsi qualche soldo. Un mondo, quello dei “Storie scellerate”, “Casotto”, “Il minestrone”, borgatari che Franco Citti ha simboleggiato con Diari di Cineclub

18 [email protected] Amore e morte nella Sicilia del 1500 La Baronessa di Carini primo film muto tratto dalla narrativa siciliana Divenuto consapevol- svela ogni cosa al barone di Carini, il quale, ac- mente, nel breve vol- cecato dall’ira, fa sorprendere e uccidere i due gere di pochi anni, giovani amanti. L’ellissi narrativa, necessaria racconto per immagi- per comprimere la vicenda in pochi minuti (la ni e postosi spasmodi- lunghezza è di appena 244 m.), elimina drasti- camente alla ricerca di camente sia il matrimonio che il lungo arco di soggetti, il cinema vita coniugale della donna (venti anni), sal- delle origini (che nella vando solo lo spunto iniziale. Storicamente i letteratura individua fatti ebbero uno svolgimento tuttora non del Franco La Magna il suo naturale alleato) tutto chiarito. Alla fosca e cruenta vicenda di non impiega molto a donna Laura Lanza seguì, poi, una conclusio- scovare e impadronirsi di uno dei più cono- ne sconcertante, generalmente taciuta. Com- sciuti e accurati poemetti popolari anonimi, piuto l’omicidio, dopo un primo bando e se- scritto nel XVI secolo in dialetto siciliano e questro di beni adottato dal viceré, don Cesare raccolto dal cunto d’un cantastorie. Pubblica- Lanza si rivolse al re Filippo II spiegando d’a- vive una donna che sembra la reincarnazione to per la prima volta nel 1870 dal demoetnoan- ver colto i due amanti in flagrante adulterio delle baronessa, uccisa tre secoli prima. Altra tropologo isolano Giuseppe Salomone Mari- chiedendo perdono, ottenendolo con la resti- versione è il pasticciato remake La Baronessa di no, la tenebrosa vicenda de La Baronessa di tuzione di tutti i beni. Anche il barone La Grua Carini (2007) di Umberto Marino, miniserie Carini vanta addirittura circa 400 controverse (subito convolato a nuove nozze) fu assolto con Vittoria Puccini, Luca Argentero e i sici- varianti che Marino - nel corso dei suoi appas- con formula piena. L’aristocrazia del tempo - liani Enrico Lo Verso, Lucia Sardo e Lando sionati studi - riesce faticosamente a rinveni- scrive il Dentici - era al di sopra delle leggi e Buzzanca, in onda il 14 e 15 ottobre 2007 su re e di cui egli stesso poi, tra il 1870 e il 1914, ne della giustizia. Sull’omicidio questa la chiusa Rai Uno, anche questa ambientata nell’800 scrive ben tre versioni. Tuttora oscuro (c’è chi del memoriale di discolpa di Lanza indirizza- (1860) e trasformata in una bizzarra storia di addirittura lo colloca nelle leggende) l’amaro e to al re: …trovaro li ditti baronissa et suo reincarnazione pencolante tra Fogazzaro e il straziante caso della povera baronessa di Ca- amante nella ditta camera serrati insieme et rini, narra di donna Laura Lanza di Trabia - cussì subito in quello stanti foro ambodoi am- andata sposa senza amore a soli 14 anni nel mazzati. Eccettuato uno stravagante accosta- 1543 al barone Vincenzo La Grua Talamanca - mento al filmFenesta ca lucive… (1926) di Mario che delusa dalla vita matrimoniale e divenuta Volpe e Armando Fizzarotti - che secondo uno amante del cugino Ludovico Vernagallo - nel dicembre del 1563 viene scoperta e uccisa in- sieme all’amante (complice il marito) dal po- tente padre don Cesare Lanza, barone di Tra- bia e conte di Mussomeli (già perdonato da Carlo V per un precedente omicidio). Dalla cruenta e fosca storia dell’amore proibito tra l’infelice Laura e Ludovico, la Cines ne ricava una breve (ma allora la durata si limitava in- torno a 15’) e notevolmente modificata versio- ne cinematografica, La Baronessa di Carini (1910) di cui resta ignota la regia. Il film è un vero e proprio eponimo (a meno di miracolosi ritrovamenti) tratto dalla letteratura siciliana, “L’amaro caso della Baronessa di Carini” (1975) regia da allora prodiga di soggetti per la spregiudi- di Daniele Danza, con Ugo Pagliai cata e straripante settima arte subito accusata di tradire la fonte letteraria, salvo poi letterati spericolato volantino pubblicitario del tempo e drammaturghi (vergognosi di tale inconfes- (curiosamente errato anche sul blasone) si sabile relazione adulterina, ma subito pronti a ispirerebbe molto liberamente alla composi- fornicare quando se ne presenti l’occasione), zione musicale che ricorda l’idillio della Con- a ripiegare su più accomodanti posizioni con tessa di Carini… (sbagliando anche il titolo “La Baronessa di Carini” (miniserie tv in 2 parti) 2007, clamorose sconfessioni dettate da guadagni nobiliare) - per lungo tempo, nonostante la giallo, regia di Umberto Marino con Vittoria Puccini e insperati e ragguardevoli (caso Verga docet). straordinaria fortuna e diffusione popolare, Luca Argentero Vicenda d’amore e morte, di eros e thanatos - non ripreso dal grande schermo (per quanto sempiterno binomio atto a blandire la ghiotta non è da escludere che altri film ne abbiano genere giallo-thriller, felicemente conclusa curiosità dei primi pubblici cinematografici - tratto ispirazione), il remoto fatto di sangue con la fuga dei due amanti attraverso il pas- La Baronessa di Carini prodotta dalla romana in anni più recenti ha trovato però nella televi- saggio segreto segnato dall’impronta della Cines (allora la più importante casa cinema- sione nuove, stravaganti, consacrazioni me- mano insanguinata della sventurata Laura. tografica italiana) viene presentato al pubbli- diatiche. Una prima volta con, Jeanet Angren, co il 24 ottobre 1910, ma con significative va- Adolfo Celi, Paolo Stoppa, Vittorio Mezzo- rianti rispetto all’originale. Così la sinossi giorno, Enrica Bonaccorti e il catanese Guido ricavata dal Catalogo della stessa Cines: Cate- Leontini, andato in onda in prima serata in rina, figlia del barone di Carini, rifiuta l’amo- quattro puntate dal 23 novembre 1975, am- re di uno scudiero di suo padre perché ama bientato nella Sicilia del 1812 dove un giovane segretamente un gentiluomo, acerrimo nemi- funzionario del regno viene inviato per un’in- co del barone. Lo scudiero, geloso e vendicativo, dagine sul feudo del barone di Carini e dove Franco La Magna 19 n. 36 Antonello Branca, documentarista Contro l’intolleranza: A concludere un anno il suo occhio riesce a cogliere le inquietudini Il Destino (1997) di intenso, la Società Uma- sociali dovute al razzismo, piaga continua ne- nitaria-Cineteca Sarda, gli States nei confronti soprattutto degli afro- Youssef Chahine a Cagliari, ha proposto americani. Uno dei suoi film più noti (pare es- 1. Ogni popolo ha avu- una serata, il 29 di- sere pure l'unico rintracciabile in DVD) è Seize to le sue intolleranze cembre, dedicata al re- the time, in cui conosciamo un'America sotter- L’immagine, medieva- gista Antonello Branca, ranea e intollerante, mentre si organizzano le le, mostra il rogo di un di cui sarà organizzata “Pantere nere” decise a combattere il “potere eretico cristiano. La Elisabetta Randaccio una rassegna nel pros- bianco”. Branca aveva in mente una vera e chiesa romana, infatti, simo febbraio. Con la propria storia alternativa degli USA e compo- oltre ad essere intolle- presenza di Vincenzo Vita, presidente dell'Ar- ne un trittico che conta Il dissenso, Los Ange- rante verso i devoti di chivio Audiovisivo del Movimento Operaio, les una città in automobile, Il laboratorio del Stefano Beccastrini altre fedi religiose - a dove sono conservati buona parte dei lavori di futuro. Il progetto avrebbe dovuto essere più cominciare da quelli Branca, donate dall'associazione ACAB, la complesso, ma non andò definitivamente in delle altre due religioni monoteistiche presen- quale ha come obiettivo principale quello di porto, così come rimase sulla carta una sce- ti nello scenario mediterraneo ossia l’ebraismo diffondere l'opera di uno dei più grandi docu- neggiatura tratta dal libro più famoso di Ma- e l’islamismo - perseguitava anche coloro, ap- mentaristi italiani e, paradossalmente, non nuel Scorza, l'invisibile. Antonello Branca tor- punto i cosiddetti “eretici”, che, pur dichiaran- sufficientemente ricordato nella storia del nò in Italia, nel momento delle agitazioni dosi seguaci del cristianesimo, ne davano inter- nostro cinema. La serata di anteprima alla operaie e si concentrò sulle dinamiche sociali pretazioni non conformi a quelle dogmaticamente rassegna ha avuto il merito della FIAT, allora, come ha di iniziare a comporre il ri- sottolineato nella sua presen- tratto di un filmaker origina- tazione Vincenzo Vita, vera e le e creativo, che ha dato un propria metafora della classe contributo straordinario al operaia. Il suo “modus ope- cambiamento del linguaggio randi”, in questo contesto, lo e dei contenuti del cinema si è visto attraverso gli spez- documentario. La sua storia zoni dei film proiettati in Ci- potrebbe sovrapporsi, nella neteca. Ne I giovani e la fabbri- sua prima parte, a quella di ca e Incatenati al tempo, un qualsiasi giovane sardo ambedue del 1978, un anno di emigrato, impossibilitato, nel- svolta nella storia recente ita- la sua isola, ad esprimersi in liana, si può notare come maniera indipendente. C'è da Antonello Branca (1935 - 2002) Branca alterni momenti pret- sottolineare come, nonostan- tamente oggettivi ad altri che Rogo di un eretico (da una miniatura del XV secolo te la mole incredibile di lavoro lasciatoci da ricostruiscono, in una sorta di fiction, le pro- Branca (oltre cineasta fu un ottimo fotografo), blematiche di un mondo operaio ripreso in un e autoritariamente definite dalla chiesa stessa. non fu mai valorizzato adeguatamente. Nei periodo di cambiamento epocale. Il regista ci Naturalmente anche le altre religioni - l’ebrai- tardi anni cinquanta, si stabilisce a Londra mostra soprattutto i conflitti interni di tipo smo e l’islamismo, per esempio - avevano, e dove lavora per l'Agenzia Italia e gira i suoi generazionale con approcci completamente perseguitavano, i propri eretici. Un segno di primi documentari, ma una svolta fondamen- diversi tra nuovi e “vecchi” lavoratori per civiltà, da pochi secoli a questa parte e laddove tale, come è stato messo in evidenza durante quanto riguarda la lotta di classe, le nuove esi- hanno fatto sentire la propria influenza movi- la serata cagliaritana da Vincenzo Vita, è la genze fondate su desideri diversi, anche per il menti quali la riforma protestante, l’illumini- collaborazione con la RAI nella trasmissione tempo libero. Su questa questione, ci raccon- smo, l’affermarsi della democrazia politica e giornalisticamente più interessante dell'epoca, ta di una coppia schiacciata, “incatenata”, da- del connesso “relativismo culturale” (concetto ovvero TV7, che affrontava con la forza delle im- gli orari lavorativi. Non si può solo sopravvive- che non considero affatto - se ben definito - di- magini cronaca e attualità con uno stile coin- re, si deve anche trascorrere una esistenza sdicevole e anzi alla tolleranza e alla democra- volgente e senza troppe “veline”. Antonello umana, lontano dalla fabbrica. Antonello zia delle idee necessariamente connesso) con- Branca si trovò a filmare una delle catastrofi Branca, nel suo percorso creativo, avrà modo siste proprio nel superamento delle troppe maggiormente devastanti della storia d'Italia, di dedicarsi anche ai bambini. Così, dirigerà crociate, guerre sante, scomuniche e anatemi un dramma dove trionfarono appetiti politici con la collaborazione di Gilberto Tofano (il fi- che per secoli hanno insanguinato le sponde e incapacità di gestione del territorio: l'alluvio- glio di Sergio) alcuni episodi del Signor Bona- del Mediterraneo. Per questo oggi appare ne del Vajont, con la diga modello che si schian- ventura. Il regista continuerà a filmare e a pro- così indegna la minaccia antioccidentale del tò e provocò un muro d'acqua e travolse abita- gettare; ancor oggi non abbiamo del tutto “califfato” Daesh: perchè precipita di nuovo zioni e uomini. Le immagini di Branca sono chiara la sua filmografia e, oltre al materiale l’Europa e il bacino mediterraneo - ma, or- fortissime, rendono l'idea di una tragedia pro- donato all' AAMOD, sicuramente negli archivi mai, il mondo intero - nella barbarie dell’in- vocata da uomini incoscienti, ottenebrati dal RAI potrebbero nascondersi gioielli da rivalu- tolleranza, del dogmatismo fanatico, dell’o- potere. Ancora oggi quel servizio è potente e tare. In questo senso, comunque, la rassegna, dio contro il diverso. Per questo occorre non lascia indifferenti. Ma siamo nel 1961 e che, da febbraio, animerà la Cineteca Sarda, combattere tale minaccia con tutte le armi - per questo reportage viene allontanato dalla sarà un momento importante per apprezzare possibilmente culturali piuttosto che letali - RAI, così come il direttore del rotocalco gior- un documentarista originale, il quale, come a nostra disposizione. Credo molto utile, in nalistico. Branca, però continuerà a speri- affermò qualche anno fa Italo Moscati, mo- tal senso, l’utilizzo e la diffusione di espres- mentare e a girare un po' in tutto il mondo tra strava “la ricerca umile e precisa della profon- sioni artistiche, nel nostro caso cinemato- teatri di guerra e paesi socialmente in fermen- dità e non la schiuma del tempo; lo stupore di grafiche, che lottano, dall’interno di ogni fe- to. Come erano gli Stati Uniti negli anni ses- un autore che non smette di interrogarsi de religiosa e ideologica, per la tolleranza, santa dove il regista originario della Sardegna mentre gira e di aiutarci a farci domande do- per il rifiuto di ogni fondamentalismo, per si interessò alle nuove forme d'arte prodotte po risposte”. l’ascolto e il rispetto del diverso (che è ora di dalla Beat Generation e dalla pop art, così come Elisabetta Randaccio segue a pag. successiva 20 [email protected]

segue da pag. precedente contaminazione tra queste due diverse e au- smettere di considerare l’eretico e l’infedele). tonome dimensioni del sapere e del credere Mi piace dunque, in questo numero della no- umano. Proprio perciò fu un acceso difensore stra rivista, fare l’elogio di un film, di matrice del dialogo e della tolleranza e un fiero nemi- musulmana e di nazionalità egiziana, che co d’ogni integralismo e d’ogni fondamentali- proprio a tali regole di convivenza è intera- smo. mente dedicato: si tratta de Il destino, 1997, di 4. Il destino Youssef Chahine, unico film di questo gran- Il film inizia mostrando un eretico che, nella dissimo cineasta diffuso, seppur per poco Provenza del XII secolo, è condotto al rogo dai tempo, nelle nostre sale (ma, per esempio, monaci cristiani. Poi, la storia si sposta nella non esiste purtroppo alcuna versione italiana città andalusa di Cordova, ricca di cultura e di in DVD di esso). tolleranza, grazie alla volontà del califfo 2. Youssef Chahine Al-Mansour di tenere a freno i più integralisti Youssef Chahine, grande conoscitore ed esti- un grande amore per la propria terra e il pro- tra i suoi sudditi. Nella grande moschea della matore del cinema americano, è stato sicura- prio popolo con la conoscenza appassionata città, una delle più belle ed ampie del mondo, mente il maggior cineasta arabo del 900. Nato del mondo intero nonchè trasformare in insegna il celebre Averroè, uomo stimato e ad Alessandria nel 1926, è morto nel 2008. buon cinema ogni genere filmico, anche il più ammirato dallo stesso califfo - che l’ha scelto tradizionale e popolare. quale maestro dei suoi figli - e alle cui lezioni assistono decine e decine di giovani entusia- 3. Averroé Protagonista de Il destino, ambientato in quel- smati dalla profondità e dalla saggezza del la Cordova del califfato di Al Andalus - siamo suo pensiero. Naturalmente, proprio perciò nel XII secolo - che era uno dei luoghi più colti Averroè risulta inviso agli ambienti fonda- del mondo e una terra ove pacificamente con- mentalisti di Cordova. Accade purtroppo che, vivevano arabi, ebrei e cristiani, è il filosofo, un giorno, i seguaci di uno sceicco integrali- medico, giurista e astronomo Muhammed sta riescano ad aizzare la popolazione più in- Ibn Rushd, conosciuto in Occidente come colta e fanatica della città contro Averroè e il Averroè, forse il pensatore più grande della suo insegnamento, ritenuto troppo aperto e laico, addirittura eretico e ateistico. Alla fine storia del suo popolo (furono suoi lettori e Yūsuf Shāhīn, (1926 – 2008) noto anche come Youssef lo stesso califfo, per non inimicarsi i propri estimatori anche illustri intellettuali cristiani Chahine, è stato un regista, sceneggiatore e produttore sudditi, è costretto a schierarsi contro il filo- quali Sigieri di Brabante e Dante Alighieri). cinematografico egiziano sofo e a decretarne l’esilio a Marrakesh (ove Averroè - la cui figura è interpretata, nel film poi egli morirà) ed a condannare al rogo i suoi dall’attore Nour Al-Sherif - fu un profondo Purtroppo è pochissimo conosciuto nel no- libri (in realtà, i figli del califfo riescono a por- lettore e commentatore di Aristotele nonchè, stro Paese, notoriamente uno dei più igno- tarne alcuni in salvo, in Egitto). Mentre vede nei propri libri, sostenitore della necessaria ranti di cinema dell’intera Europa. Il primo le proprie opere gettate alle fiamme, Averroè indipendenza tra le ragioni della fede e quelle film ad essere conosciuto fuori dal suo Paese non se la prende eccessivamente, anzi in se- della scienza, rifuggendo ogni reciproca d’origine fu I figli del Nilo, 1951, presentato a gno di dispregio verso quello stolto fanatismo Cannes. Nella ricca produzione di opere, sia egli stesso getta sul rogo l’ultimo volume an- di fiction che documentaristiche, di Chahine cora rimasto. Egli sa che il pensiero di un uo- conviene almeno ricordare anche Lotta sul fiu- mo libero non potrà mai essere distrutto me, 1954, che dette inizio alla carriera cinema- (chissà perchè i fanatici, i dogmatici, i dittato- tografica di Omar Sharif, Stazione centrale, ri continuano a pensare che il frutto dell’intel- 1958, probabilmente il suo capolavoro, L’emi- ligenza umana si possa sradicare una volta grante, 1996, che gli procurò molte noie fo- per tutte: Gramsci sarà ancora letto quando di mentate dagli integralisti islamici e per rea- Mussolini resterà soltanto un pallido, penoso zione contro le quali Chahine diresse l’anno ricordo). Come afferma, infine, Averroè: “Il successivo Il destino, che fece vincere al suo au- pensiero è come un uccello, vola dove vuole e tore la Palma d’oro alla carriera al festival di nessuno glielo può impedire”. Il film, insom- Cannes, Adieu Bonaparte, 1985, affresco storico ma, è un inno alla tolleranza: sublime, vivace, anticolonialista sulla spedizione egiziana di

Antonio Gramsci (1891 - 1937) persino divertente nel proprio presentarsi quale geniale mescolanza di vari generi cine- matografici, dallo storico al melodrammatico, Averroè,Santa Maria Novella, Firenze “Il destino” (Al-Massir) 1997, di Youssef Chahine, dall’avventuroso al musical. Una delle opere Napoleone, Il caos, 2007, suo ultimo film, ter- Cinema e Medioevo presentato in concorso al 50º più civilmente impegnate di un grande, eclet- minato un anno prima della morte. Un cinea- Festival di Cannes,[1] dove Youssef Chahine ha tico, intellettuale e popolare a un tempo, mae- sta di immenso talento, di profonda cultura, di ricevuto il Premio del 50º anniversario per l’insieme stro del cinema. notevole apertura mentale, capace di coniugare della sua opera Stefano Beccastrini 21 n. 36 Cinema (letteratura) & finanza Il cinema italiano, co- non ho la competenza e la capacità di fare una me del resto la lettera- ricognizione altrettanto meticolosa. Dunque tura, ha scoperto fi- mi limito a due film recenti, il “Capitale uma- nalmente l’economia, no” (2014) di Paolo Virzì - che aveva già esplo- la finanza, le multina- rato con “Tutta la vita davanti” (2008) il mondo zionali, le banche, il de- del precariato e dei call center - e “La felicità è Filippo La Porta naro, gli uomini d’af- un sistema complesso”(2015) di Gianni Zanasi. fari. Mi soffermo per Il primo, avvitato a una specie di noir (un cicli- un momento sulla letteratura, anche perché si sta investito da un Suv nella Brianza), ha una tratta di un campo che conosco meglio. Al morale fin troppo esplicita, e rischia alcuni centro dei romanzi di questo decennio incon- passaggi poco credibili come quando la mo- triamo figure di broker spregiudicati, di eroi o glie dell’imprenditore di successo (l’attrice pirati della finanza, di im- Valeria Bruni Tedeschi) gli prenditori e di operai di fab- fa un discorso contro il capi- brica. E con l’economia vi è talismo (che ha rovinato entrato il denaro, divinità vi- questo paese) che neanche sibile e meretrice universale, Vendola in un raptus decla- inversione di tutte le qualità matorio… Zanasi, assai me- umane e dissolvitore di ogni no didascalico ed edificante, vincolo (così Shakespeare, ri- inventa per il personaggio di preso dal giovane Marx). Valerio Mastandrea un me- Proviamo a elencare qualche stiere che non c’è ma che vale titolo: a parte il pionieristico una sintesi geniale della no- Sandro Veronesi con “Per do- stra epoca: deve avvicinare “Tutta la vita davanti” (2008) di Paolo Virzì, liberamente ve parte questo treno allegro” imprenditori che stanno per ispirato al libro “Il mondo deve sapere” di Michela (Theoria 1988: padre e figlio far fallire le loro aziende, di- Murgia devono portare una valigetta ventarne amico e convincerli di soldi in Svizzera), vorrei se- ad espatriare, limitando i Tipiche virtù postfordiste. Il regista si affida gnalare almeno Simona Vinci, danni. Un lavoro sfuggente e perlopiù all’immensa gigioneria di Mastan- “Stanza 411” (Einaudi 2006: del tutto “immateriale” (per drea, che ormai interpreta e reinventa sempre storia d’amore ma anche ri- la gioia dei filosofi operaisti, se stesso, un po’ come faceva Vittorio Gas- flessione sul rapporto del de- che rileggono i Grundrisse mar- sman: con i suoi tic, le sue pause, la sua ge- naro con il piacere, il sesso, il xiani e dunque considerano stualità è forse una “visione del mondo” prima potere: “i baiocc. Gli sghei. I intelligenza e comunicazio- di essere un attore più o meno versatile. Dopo ghell. I danee. La grana…”), ne come principali forze pro- un po’ il film - che sembra aver avuto una lun- “Stanza 411” (2006) di Simona Vinci. Vincenzo Latronico, “La co- duttive nel nostro presente). ga gestazione - non controlla le troppe storie, Einaudi Editore spirazione delle colombe” In cosa consiste la sua pro- che quasi implodono su se stesse. Però Ma- (Bompiani 2008: storia di un giovane im- fessionalità? Non ha laurea né master. Solo nel standrea dà vita a un personaggio palpitante, prenditore ambizioso e di un albanese poi savoir faire, nella simpatia e schiettezza molto destinato a restare nel nostro immaginario bocconiano con borsa di studio, sullo sfondo romanesche, nell’umanità e nel buonumore, più e meglio di tanti personaggi della narrativa dei flussi finanziari di questi anni), Silvia Aval- nell’empatia e nella capacità di gestire relazioni. contemporanea. Sia Virzì che Zanasi hanno lone, “Acciaio” (Rizzoli 2010), Edoardo Nesi, soprattutto il merito di evitare la coazione ita- “Storie della mia gente” (Bompiani, Premio liana al comico-grottesco, sottraendosi alla cari- Strega 2011: Nesi e Avallone rappresentano la catura, alla affliggente macchietta, al risaputo deindustrializzazione del paese), Gianluigi Ri- teatrino dialettale (perlopiù vernacolare). Il cuperati, “Il mio impero è nell’aria” (Minimum loro realismo soft costeggia la grande tradizio- Fax 2011: il nevrotico protagonista è ossessio- ne della commedia dei Risi e Monicelli, forse nato da denaro e se lo fa continuamente im- con meno mestiere ma senza mai cadere nella prestare); ma probabilmente il romanzo più parodia - feroce però sempre un po’ complice emblematico è “Resistere non serve a niente” - dei vizi nazionali. di Walter Siti, che ha vinto un premio Strega. Filippo La Porta Spostiamoci sul cinema. A proposito del mon- do della finanza, di manager e truffatori, di Critico e saggista, è nato a Roma, dove vive. Collabora a bancarotte e arricchimenti, possiamo ricorda- quotidiani e riviste, tra cui il “Domenicale” del “Sole 24 re alcuni grandi classici come “Una poltrona ore”, “Corriere della sera”, “Il Messaggero”, l“Espresso”. per due” (1983), “Wall street” (1987), “Una don- Ha tenuto corsi di scrittura presso università (Facoltà di na in carriera”(1988), etc. e fino a “The wolf of Lingue a Cagliari, Suor Orsola a Milano, Luiss a Roma), Wall street”(2013). Ma esiste nel cinema attuale cooperative culturali (Omero), istituti (Istituto Europeo del nostro paese un equivalente di quella irru- del Design a Roma), librerie (Punto Einaudi a Roma). zione dell’economia che si è avuta nella narra- Autore del documentario “Berlino città tatuata”(50’), rea- tiva? Credo che “La ricerca della felicità”(2006) lizzato nel 2011 per Rai Cinema. Ha svolto conferenze, a di Muccino, ennesima rilettura del Sogno partire dalla seconda metà degli anni ’90, in varie univer- Americano, sia stato un importante apripista, sità americane (Georgetown, NYU, Yale, UCLA, Brown…) mentre il “Gioiellino”(2011) di Andrea Molaio- e istituti di cultura nel mondo (New York, Washington, li è probabilmente il film che ha raccontato più “ll gioiellino” (2011) scritto e diretto da Andrea Molaioli. Parigi, Varsavia, Praga,Rabat…). Da marzo ad agosto fedelmente la drammatica vicenda di una Un’analisi sulla grande crisi finanziaria globale d’inizio 2007 borsa Fulbright di ricerca presso università For- azienda in crisi (il crack della Parmalat), ma III millennio, ispirata alle vicende del crack Parmalat dham di New York. 22 [email protected] Qui si dibatte sul doppiaggio... A partire dal numero di novembre, abbiamo pubblicato interventi sul doppiaggio. Continuiamo con altri contributi e precisazioni

..Ancora sulla querelle doppiaggio E’ comprensibile la rea- complesso e dimostrando ampiamente la pe- di Di Cola con uno dei suoi tanti studi portati zione di Paolo Minuto rizia tecnica, la bravura interpretativa e la cre- avanti “sul campo”. Uno dei suoi cavalli di bat- alla questione doppiag- atività dei nostri doppiatori, direttori di dop- taglia della ricerca in lungo e in largo che con- gio, com’è comprensi- piaggio e adattatori. Francamente non mi (ci) duce da anni, è lo studio degli attori italiani bile il suo fastidio per interessa tornare sulla querelle doppiaggio si doppiati, che in questo caso analizza addirit- la riscrittura di un te- /doppiaggio no e la contrapposizione tra i pro tura Anna Magnani in sala di doppiaggio, av- Alberto Castellano sto filmico originale e i contro mi (ci) sembra un po’ vecchiotta. Dal valendosi come suo solito di una consistente ma solo se ci si mette punto di vista strettamente linguistico non documentazione che gli permette anche di dalla parte dei puristi che vedono la versione mi va di riaprire una discussione che però og- scoprire aneddoti clamorosi. Non pretendia- italiana di un film straniero come un tradi- gi avrebbe senso solo parlando anche di semi- mo naturalmente che quest’analisi sia suffi- mento o come un’operazione contro natura. otica linguistica e di strutturalismo, tirando ciente a convincere Minuto ed altri della vali- Non sono giustificabili invece le argomenta- in ballo Chomsky, Jakobson e Wittgenstein. dità culturale del doppiaggio e della sua zioni. Sull’argomento abbiamo già dato e sono Ma non voglio fare il professorino e oltre tutto prerogativa paradossalmente di rendere wel- almeno vent’anni che io, Gerardo Di Cola e al- credo che serva a ben poco per far avanzare il lesianamente il falso “più vero del vero”. Ma tri studiosi ci battiamo per la causa producen- “dibattito” anche perché noi pro doppiaggio crediamo che a qualcosa possa servire per non do non pochi saggi, volumi e materiali e so- della prima ora abbiamo verificato nel tempo continuare ad impantanarsi nel tifo pro o prattutto demolendo equivoci e mistificazioni, che alla fine prevalgono da una parte e dall’al- contro la questione voce/volto. contribuendo alla comprensione e conoscenza di tra pregiudizi e dogmatismi. Può essere più un mondo espressivo e un sistema organizzativo utile perciò affidare una replica all’intervento Alberto Castellano

A proposito di doppiaggio: precisazioni pervenute 1. Il doppiaggio che io te ‘originale’. toccare, per rispetto filologico e per rispetto accuso di manipola- 2. La tecnica di creare la versione originale an- del pubblico che ha diritto all’integrità dell’o- zione, ovvero il dop- che attraverso la registrazione dei dialoghi in pera come voluta dal suo autore, come dice piaggio propriamente studio, anche utilizzando attori diversi rispet- anche la Carta dei diritti del pubblico. detto, è quello che in- to a quelli che sul set hanno recitato con il cor- 3. Secondo questi parametri Antonioni e Felli- terviene sull’opera fi- po non è doppiaggio strettamente, ma è parte ni il doppiaggio l’hanno solo subito, come ho nita, licenziata e fir- del processo creativo, durante il quale si può scritto. Ci sono, infatti, ad esempio, versioni mata dall’autore in fare di tutto, come giustamente ricordava Mi- in inglese di Amarcord o versioni in italiano di una versione da lui ri- no Argentieri. Una volta terminato questo Zabriskie Point. conosciuta e quindi processo, però, inizia a vivere e a circolare la Paolo Minuto definita tecnicamen- cosiddetta versione originale, che non si deve Paolo Minuto

Il doppiaggio è morto. Viva il doppiaggio Nella annosa ma sem- spesso si perde anche quella. Nessuno però sull’argomento, studi che hanno portato uno pre verde polemica tra pare vergognarsi di aver letto i grandi classici dei massimi teorici della traduzione, il france- sostenitori e detratto- nelle loro traduzioni, che anzi vengono citate se Edmond Cary (1912-1966) a definire la tra- ri del doppiaggio, te- senza imbarazzo. Ancora, “tradotto in venti duzione cinematografica addirittura come la mo che la veemenza lingue” è sinonimo, in editoria, di successo forma più alta di traduzione, la “traduzione con cui questi ultimi planetario, e nessuno scrittore si sognerebbe totale”. A sentire Cary, “la traduzione è un’o- Eleonora Di Fortunato sostengono la sua in- di vietare le versioni straniere dei suoi libri in perazione né completamente scientifica né vasività nell’opera ci- nome della purezza del parto originario della completamente linguistica: è un’operazione nematografica faccia perdere di vista (a loro e sua penna. Cosa che puntualmente avviene sui generis, e quindi va affrontata come tale, a chi li ascolta) un fatto molto semplice: che, nel cinema, perlomeno per quello italiano, i in tutta la sua complessità, in tutti i suoi sempre, l’opera tradotta non è più la stessa. cui autori, sempre in nome di questa fanto- aspetti, irriducibili all’univocità di una defini- “L’originale è infedele alla traduzione”, diceva matica “purezza”, non hanno mai preso in zione scientifica: la traduzione letteraria è Borges, a mio parere intendendo anche che – considerazione l’opportunità di far doppiare i un’operazione letteraria, la traduzione poeti- avendone l’esigenza – è preferibile, in termini loro film per vederli circolare oltre gli angusti ca è un’attività poetica, il doppiaggio cinema- di soddisfazione, accostarsi all’opera tradotta confini linguistici cui sono destinati. Anche tografico è un’operazione cinematografica”. come si trattasse di un nuovo originale e non qui, la caparbietà è tale da far perdere di vista (E. Cary, Comment faut-il traduire?, Parigi, come una versione mutilata del vecchio. Ciò diversi onorevoli obbiettivi: la diffusione della 1958, traduzione mia). Se lo scopo che il cine- per dire che ancora mi sorprendo a sentire propria opera, la circolazione della cultura e ma si prefigge è quello di suscitare, come di- tuonare contro il doppiaggio e mai contro la perfino il profitto, utile tra l’altro a girare nuo- ceva Hitchcock, le stesse emozioni in persone traduzione della letteratura e ancor più della vi film. Meno male, quindi, che c’è il doppiag- lontane e culturalmente diverse (per dire, un poesia: se, infatti, con il doppiaggio cinema- gio, che permette a chiunque voglia eserci- giapponese e un indiano), lo scopo che si pre- tografico si perde la scrittura e l’interpretazio- tarsi nell’arte dialettica di discettare di figge la traduzione audiovisiva (che chiame- ne originale, nel romanzo tradotto si perde tut- traducibilità e intraducibilità con una sorta di remo per comodità “doppiaggio”) è quello di to tranne, ovviamente, la trama e nella poesia beata innocenza che ignora decenni di studi segue a pag. successiva 23 n. 36

segue da pag. precedente e quello che diciamo, ma anche come lo dicia- risolvere il problema della comprensibilità mo. Ma questo “come” scompare nei sottoti- Anna Magnani e il universale, nel modo, contrariamente a quel toli, che devono essere non solo brevi ma so- doppiaggio che sembra, più indolore possibile. Il dop- prattutto comprensibili. Il sottotitolo è tutta piaggio aspira a ricreare modelli comprensi- comunicazione e niente espressione; il dop- Anna Magnani debutta bili, muovendosi sul sottile confine tra esigen- piaggio cerca di contemperare le due esigen- nel cinema in un film za espressiva ed esigenza comunicativa, nella ze, giocandosi la credibilità, parola dopo pa- di produzione italo-te- convinzione che la visione di un film sia un’e- rola, sul sottile crinale della finzione nella desca, Scampolo, realiz- sperienza complessa, non riducibile né alla vi- finzione. Ci riesce? Non sempre, e così venia- zato nel 1928 dal regi- sione né all’ascolto né alla loro somma, che il mo all’altro punto tanto caro ai detrattori: il sta Augusto Genina. In cinema sia un’arte che parla all’inconscio (per doppiaggese, ovvero quella lingua artificiosa, un ruolo assolutamen- citare anche Buñuel). La prima conseguenza, coacervo di calchi, stereotipi, errori, ipercor- te marginale, Anna en- direi scontata, è che se si parla all’inconscio in rettismi, che spalmano un velo di grottesco Gerardo Di Cola tra nel cast del film che un’altra lingua, il messaggio non arriva. Il sulle versioni italiane dei film, tracimando e è muto, anche se il so- rapporto personale e privatissimo che si in- inquinando il modo di parlare quotidiano. Ne noro ha già rivoluzionato da poco meno di un staura tra lo spettatore e il film è un rapporto è un esempio l’aberrante uso del congiuntivo, anno il mondo cinematografico americano. che comporta per prima cosa quella che in se- che ormai si insinua in modo rocambolesco in L’invenzione che ha permesso al cinema di miotica si definisce la “sospensione del dub- ogni subordinata, rendendo inattendibile il parlare é utilizzata per la prima volta in due bio”, ovvero la disposizione a sospendere le parlante (sia esso televisivo o reale) e chiara film girati quasi contemporaneamente dalla proprie facoltà critiche per poter godere ap- l’esigenza di una riflessione sulle conseguen- Warner Bros, Lights of New York e Il cantante di pieno di un’opera di fantasia. La disponibilità, ze nefaste del doppiaggio. Una riflessione ne- jazz. Il primo é proiettato l’8 giugno del 1927, il insomma, a vedere gli attori non più come ta- cessaria, che sarebbe bene però fondare su un secondo, che sarà ricordato come il primo film le ma come personaggi di una storia e a consi- terreno privo di preconcetti. Perché il dop- parlato della storia del cinema, il 6 ottobre derare quella storia “vera”, al punto da esserne piaggio, non dimentichiamo, può essere an- 1927. Quando Genina realizza il film d’esordio emotivamente influenzati, perlomeno per il che fatto bene e molto bene. Perché le “memo- della Magnani, gli stabilimenti italiani (e an- tempo della visione, quando non cultural- rable quotes” tanto citate – in italiano – sono che quelli europei) non sono ancora attrezzati mente condizionati per il resto della vita. Se il frutto della fantasia e del talento di un dialo- per registrare il sonoro contemporaneamente cinema ha tanta capacità di penetrazione, di ghista, come per aver pianto o riso bisogna alle immagini e il doppiaggio non è stato anco- persuasione, di condizionamento è perché si ringraziare (anche) dei bravi attori doppiato- ra inventato. Gli italiani devono aspettare tre compie questa specie di miracolo. E se il mira- ri. Ammesso questo, dobbiamo ammettere anni per vedere il primo film parlato realizzato colo si è compiuto, è irrilevante che un perso- anche che il doppiaggio riesce sempre meno in Italia, La canzone dell’amore (1930) di Genna- naggio che si muove in un altro paese parli la nel suo intento, è sempre meno memorabile, ro Righelli. Per i film stranieri, gli italiani, so- mia lingua; insignificante come lo è nelle fia- più sciatto. Qui il discorso si fa complesso: mi no costretti a pazientare ancora un anno e a be. La seconda conseguenza è che ogni dia- limito a osservare che al decadimento congiu- sopportare le fastidiose didascalie dei tempi framma che si pone tra il film e lo spettatore è rano la diffusa disistima della “operazione del muto. Con l’introduzione della tecnica del un disturbo al rapporto intimo, diretto, im- doppiaggio” e l’istinto di autodistruzione del doppiaggio, finalmente, tutti gli italiani pos- mediato, tra i due soggetti del rapporto. E qui settore, in qualche misura forse conseguente, sono andare al cinema per divertirsi senza af- veniamo ai sottotitoli, visti da molti come la che porta dei professionisti ad accettare un faticarsi nell’inseguire le numerose didascalie panacea di tutti i mali del doppiaggio. Nel mercato le cui regole somigliano sempre di esplicative che si alternano, spesso, troppo ve- senso che il sottotitolo è, quello sì, un elemen- più a una primitiva lotta per la sopravvivenza. locemente. Nel 1934 Anna Magnani, nella parte to di disturbo. Disturbo estetico, in primo luo- Autori e artisti che si piegano senza resisten- della cameriera Emilia, entra nel cast di Tempo go, visto che va a piazzarsi nel bel mezzo di za né coscienza, per dirne una, al “similsinc”, massimo, pellicola d’esordio di Mario Mattòli. Il una inquadratura magari studiata per mesi, l’aberrazione forse definitiva della traduzione film, girato in presa diretta con il sistema RCA distogliendo lo sguardo e quindi l’attenzione audiovisiva, sono francamente poco difendi- da interpretazioni magari provate per giorni. bili. Solo, sarebbe bello che prima che su Disturbo comunicativo, poi, per una serie non quest’arte, che in quasi cento anni di storia irrilevante di ragioni. La prima, quantitativa, non è purtroppo riuscita ad emergere da una è che il sottotitolo è un sunto del dialogo e condizione di sub-industria sub-culturale, ca- sconta quindi l’esigenza di stringatezza (mas- li definitivamente il sipario, anche la critica simo 38 caratteri, spazi compresi, per una cinematografica si interroghi. Che accantoni i permanenza sullo schermo di 2 secondi a ri- pregiudizi e si accosti al doppiaggio con rigo- ga) necessaria alla lettura e alla comprensione re, ma anche con disponibilità, andando a col- del testo. Un banale conticino dimostra che mare un’assenza che ha, in qualche misura, un film sottotitolato perde dal 40 al 70 per autorizzato la decadenza di un settore ancora cento del testo originale, mentre la mera let- così centrale nella diffusione dell’audiovisivo, tura dei sottotitoli sottrae alla visione circa la a tutto discapito delle opere, degli autori e de- metà della durata del film. Ma è la seconda ra- gli spettatori. gione, quella per così dire qualitativa, che ren- de i sottotitoli non solo disturbanti ma anche Eleonora Di Fortunato fuorvianti: la lingua del cinema è una lingua parlata. Scritta, certo, ma per sembrare parla- ta. La lingua dei sottotitoli invece è una lingua scritta per essere letta. La prima lingua mira a riprodurre tutte le caratteristiche del parlato, Anna Magnani comprese le incertezze, i tic, le ripetizioni, le Traduttrice e dialoghista cinetelevisiva, si occupa anche di ridondanze. Anzi, sono proprio queste carat- comunicazione e di diritto d’autore. Da molti anni ha in- PHOTOPHONE, non ha bisogno di parti da ri- teristiche a raccontare tanto del personaggio; carichi di docenza in traduzione cinematografica presso doppiare anche se gli stabilimenti dove Mat- in altre parole, noi (e quindi anche noi sullo diverse Università italiane e ha pubblicato sull’argomento tòli gira, Cines-Pittaluga, sono stati i primi a schermo) siamo non solo quello che facciamo volumi e saggi. segue a pag. successiva 24 [email protected]

segue da pag. precedente adatta a essere reimpostata qualche tempo dopo dotarsi di una sala di doppiaggio. Così nel in una fredda sala di doppiaggio, lontano dal ca- 1935 quando gira, nella parte di Anna, La cieca lore del set che la esalta. Il doppiaggio é una tec- di Sorrento di Nunzio Malasomma. Sempre in nica che i nostri doppiatori del passato sono riu- presa diretta, con il solito sistema PHO- sciti a nobilitare in arte per una grande TOPHONE, Anna gira Quei due di Gennaro Ri- capacità di usare la voce in tutte le sue sfuma- ghelli e due film nel 1937,Trenta secondi d’amore ture, possedendo, i più bravi, una gamma di Mario Bonnard e Cavalleria di Goffredo straordinaria di timbri. Gli attori, che non so- Alessandrini. Nel 1938 entra nel cast di La prin- no abituati al doppiaggio, si trovavano spesso cipessa Tarakanova di Fedor Ozep e Mario Sol- in difficoltà; difficoltà che si accentua quando dati. Nel film, di produzione italo-francese, necessariamente ci si trova a confrontarsi in dove interpreta Marietta, è doppiata per la pri- sala di doppiaggio con i doppiattori professio- ma volta da Marcella Rovena, l’attrice che sarà nisti. E’ accaduto alla Magnani e a tutte le altre la stupenda vedova in La strada di Federico Roberto Rossellini e Anna Magnani in sala di attrici italiane che hanno tentato l’avventura Fellini. E’ uno dei primi film della storia del ci- doppiaggio americana come Sophia Loren che nei film nema in cui tanti attori italiani lasciano che far entrare la piccola figlia, Maria, interpreta- americani é sempre doppiata (o quasi) da Lydia qualche altro reciti in voce per loro. E’ un ta da Tina Apicella, nel mondo magico del ci- Simoneschi e Rita Savagnone. Nel 1960 Anna evento singolare che dovrebbe restare circo- nema. Durante la sequenza conclusiva della Magnani è la signora Torrance in Pelle di serpen- scritto nell’ambito della straordinarietà. Av- riappacificazione con il marito, Spartaco Cec- te di Sidney Lumet. Questa volta si confronta viene, invece, che la pratica di realizzare un coni, interpretato da Gastone Renzelli, si sen- sul set con l’attore più grande di Hollywood, film con attori che recitano con la voce di altri te arrivare dall’esterno la voce del protagonista Marlon Brando, e in sala di doppiaggio con il diventi una consuetudine che si accentua nel che Maddalena attribuisce a Burt Lancaster, doppiattore più grande del mondo, Giuseppe tempo fino a cristallizzarsi in prassi dopo l’e- ma in realtà è quella del suo doppiatore, Emi- Rinaldi. Anche in quest’occasione i risultati vento bellico che sta per abbattersi sull’Euro- lio Cigoli. Questo flash sonoro è una citazione non sono entusiasmanti. La spontaneità è ap- pa. Nel 1942 Anna Magnani, nella parte di Ni- indicativa sul doppiaggio che Visconti inseri- pannata, si avverte un senso di stanchezza. netta “Lulù”, gira Finalmente soli di Giacomo sce quasi a sottolineare che la mistificazione Riproporre una scena non soddisfacente sul Gentilomo che è affiancato da due giovani della realtà nel mondo del cinema è prassi e set è profondamente diverso dalla ripetizione aiuti, Mario Monicelli e Alberto Vecchietti. può portare una madre a sacrificare la sereni- che spesso è necessaria in sala di doppiaggio. L’attrice, che canta con la sua straordinaria tà della famiglia per un desiderio patologico Nel primo caso si ha uno stimolo ulteriore per voce, nel parlato è doppiata. Probabilmente le di emergere. La citazione viscontiana ci indu- migliorare la prestazione; nel secondo, inve- ragioni non si sapranno mai, ma il dato è cer- ce a una riflessione: mentre i critici “non ci ce, ogni volta che si deve ripetere una battuta to essendo certa la timbrica inconfondibile di fanno caso”, i registi sono consapevoli (non perché una sillaba è fuori sincronismo, si vie- chi la doppia, Tina Lattanzi. La recitazione può essere altrimenti visto che lo usano) del ne colti dallo sconforto. Se, poi, non c’è l’abitu- della Lattanzi fa moda in questo periodo con il fenomeno doppiaggio, ma non ne parlano se dine a recitare davanti ad un leggio con micro- suo famigerato birignao. Il bel timbro di voce non stimolati com’è accaduto a chi scrive in fono, il ripetere un anello diventa insopportabile. dalle tante sfumature, una gamma estesa di un’intervista a Carlo Lizzani. Soltanto insisten- Senza andare troppo per il sottile, il direttore di tonalità e una recitazione che è un saliscendi do il regista ha ammesso che di doppiaggio doppiaggio, che non ha l’autorevolezza suffi- di vocalità sono l’ingrediente esplosivo che la “non si doveva parlare”. I registi, quindi, dopo ciente per tormentare ulteriormente la grande rendono unica e facilmente imitabile. Tutti qualche tentennamento parlano di doppiag- attrice, dà per buono qualcosa che avrebbe biso- cercano di copiarla, anche le attrici italiane gio e, se incalzati, non potendosi trincerare gno di qualche ritocco. Anche se il direttore si che hanno delle voci non all’altezza e recita- dietro “non ci facevamo ca- chiama Giulio Panicali che è il zioni discutibili, ottenendo risultati esilaran- so”, mostrano di conoscere referente della United Artist ti. Non è il caso della Magnani che possiede profondamente il mondo del- che ha prodotto il film. Nel una straordinaria voce, forse non bella secon- le voci. Anna Magnani, con la 1972 Anna è seguita da Federi- do i canoni dell’epoca ma incisiva e coinvol- sua voce intensa e vibrante, co Fellini per i vicoli di Roma. gente. L’unica spiegazione, quindi, è l’assenza non è proprio a suo agio quan- Il regista sta girando, con il dell’attrice, magari impegnata in teatro o per do si auto doppia tendendo al suo occhio discreto, il film Ro- le vicende legate alla guerra nel momento del birignao secondo la moda dell’e- ma. Mentre sta per raggiun- doppiaggio essendo il film sicuramente ricor- poca. Viene meno la spontanei- gerla, Fellini recita: so alla pratica più detestata del cinema italia- tà recitativa e si perde l’autenti- “Questa signora che rientra a no. Tra il 1943 e il 1944 Anna Magnani recita in cità vocale del suo dirompente casa costeggiando il muro Campo de’ fiori, L’avventura di Annabella, La vita temperamento di attrice che Giuseppe Rinaldi (1919 - 2007) dell’antico palazzetto patrizio è è bella, T’amerò sempre, L’ultima carrozzella, Il fio- in sala di sincronizzazione in considerato “Il Re del doppiaggio” un’attrice romana, Anna Ma- re sotto gli occhi, ma deve rinunciare a girare alcune occasioni sembra co- gnani, che potrebbe essere anche Ossessione di Luchino Visconti, film che dà ini- me frenata. La dimostrazione di quest’affer- un po’ il simbolo della città”. zio alla nuova stagione del cinema italiano, il mazione, che può sembrare irriverente verso la “Che so io?”. Neorealismo. Anche Ossessione è un film più grande attrice italiana, si può avere dall’a- “Una Roma vista come lupa, vestale, aristocratica e doppiato ma nessuno se ne accorge. Così Ro- nalisi degli auto doppiaggi che Anna Magnani stracciona… tetra, buffonesca… potrei continuare fi- ma città aperta (1945) di Roberto Rossellini do- attua per i film girati negli Stati Uniti. Senza no a domattina”. ve un’inarrivabile Magnani si auto doppia co- preconcetti, tutti potrebbero rendersi conto, “A Federì, va a dormì, va!”. me Aldo Fabrizi ma tutti gli altri attori sono anche i critici cinematografici, che misurarsi “Posso farti una domanda?”. doppiati e i nostri grandi critici cinematogra- con i doppiatori professionisti è arduo anche “No, non me fido…ciaooo. Buonanotteee!”. fici “non ci facevano caso”. Neanche quando per la Magnani. In La rosa tatuata di Daniel Mentre il portone sbatte con un tonfo sordo Anna Magnani è nuovamente doppiata da Tina Mann recita con Burt Lancaster sul set e con chiudendo la sua vita artistica. I due grandi Lattanzi in Quartetto pazzo di Guido Salvini. Nel Emilio Cigoli in sala di doppiaggio. In Selvaggio è della cinematografia italiana hanno recitato 1950 Anna Magnani è Maddalena Cecconi in il vento di George Cukor recita con Anthony le battute in presa diretta o sono andati in sala Bellissima di Luchino Visconti. Il film, girato Quinn sul set e con Arnoldo Foà in sala di dop- di doppiaggio? Ai critici l’ardua sentenza. in presa diretta, ha alcune parti doppiate. piaggio. La Magnani mostra che la sua recitazio- Maddalena vive ossessionata dal desiderio di ne a forti tinte, istintivamente passionale, mal si Gerardo Di Cola 25 n. 36 Mario Dondero poeta della vita e della fotografia Nel dicembre dello scorso anno se n’è andato via l’”angelo necessario”, come lo chiamava l’amico e collega fotografo Danilo De Marco. Se n’è andato via leggero, senza chiasso, forse anche con un ultimo sorriso sornione e un lampo finale di intelligenza mite negli occhi Questa creatura pre- ziosa è Mario Donde- ro, dolcissimo poeta della fotografia e uo- mo di raro spessore, uno di quei pochi per i quali vale la pena di scomodare la catego- ria dell’humanitas allo stato puro. Dico “è”, e Angela Felice non “fu”, perché Ma- rio (basta il nome) vi- Mario Dondero “Nouveau Roman” 1959 ve nel futuro dei suoi scatti memorabili, de- stinati a rimanere nei libri di storia. Come bohéme squattrinata del Bar Jamaica di Bre- quello che lo rese celebre e in cui immortalò a ra, agli esordi di una vita da leggenda che lo Parigi nel 1959 il gruppo del Nouveau Roman, portò in giro per il mondo, senza che in tasca sorpreso come per una foto spontanea da gliene derivasse granché. E perciò Mario, irre- classe scolastica in gita. O come quell’altro, stupendo e struggente, in cui fissò Pasolini Mario Dondero, fotografo e fotoreporter (1928 - 2015) e sua madre Susanna, così vicini, così lontani. O come i moltissimi altri di una lunga lista di sulla sedia da regista, la spettrale visione delle fotografati, di volti illustri o dell’amata gente tre croci e, in mezzo, il regista Pasolini, con la comune come i portuali, di cui Mario, milane- resistenza di una irriducibile presenza “altra”, se di nascita ma genoano nell’anima, si senti- se non altro per il segno di non connivenza af- va l’orgoglioso alfiere. All’amico Pasolini, in fidato all’inseparabile cravatta. E così, nel particolare, scattò parecchie immagini nei pri- 1963, fu anche per le foto scattate al chiuso del- mi anni Sessanta. Così fu nell’autunno 1962 sul la sala di montaggio de La Rabbia, ispirazion e set de La ricotta, in un pratone polveroso e de- per Dondero di una formidabile galleria di solante della periferia romana, già minacciato bellissimi primi-piani di un Pasolini quaran- all’orizzonte dall’avanzata di anonimi caser- tenne, concentrato nel lavoro e catturato dal moni-condomini di massa, fondale di un Gol- suo fotografo in una sorta di sospesa, assorta gota per un film da girarsi sulla Passione, tra enigmaticità. E poi ci sono gli scatti realizzati comparse sbracate in pausa con l’agognato cesti- all’aperto sul set on the road di Comizi d’amore, no, un pachidermico Orson Welles sprofondato semiserio spaccato dell’Italia del boom, ma ancora arroccata nei suoi atavici pregiudizi sessuo e omo-fobici dietro la vernice di una nuova disinvoltura di costumi, ferie di massa incluse. Una colpisce in particolare: sull’areni- le di Viareggio, sullo sfondo di una schiera di ombrelloni, Pasolini guarda il suo fotografo Mario Dondero. Pier Paolo Pasolini e l’amata madre amico (e noi) con un sorriso di ammiccante e Susanna. Primi anni Sessanta divertita complicità, sicuro nella postura fisi- ca, si direbbe, modernamente sportiva, da sistibile magnete di umanità, vive anche nel “Socrate sulla spiaggia”, come ha chiosato be- ricordo di chi ha avuto la gioia e la fortuna di nissimo Federico De Melis. Ecco un gioco di conoscerlo. E che ne è stato fatalmente sedot- sguardi che rimbalza su di noi e ci chiama in to e conquistato o che anche, possibilmente causa. Era lì il segreto inimitabile di Mario. attorno a un tavolo di osteria, ha cantato con Perché a lui interessava l’incontro umano, lui Les feuilles mortes dell’amatissima Rive prima ancora che la fotografia, che semmai ne Gauche parigina. Volendo, anche Bandiera era un corollario e, se valeva, era perché era rossa e L’Internazionale, per bis a richiesta a stata ponte e frutto di autenticità, non di pro- cui Mario, chansonnier niente male, si con- gettazione estetica, di volontà documentaria cedeva volentieri. Anzi, ça va sans dire, senza o di interesse mercantile. E perciò ne veniva- farsi pregare nemmeno più di tanto. no risultati eccezionali per vibrazioni di sin- cerità spontanea, dietro le quali batteva il cuo- re non di un tecnico, ma di un uomo. Anche timido, oltre tutto, candido e sempre stupito dalla vita, un eterno partigiano della libertà ri- Mario Dondero. Pier Paolo Pasolini alla moviola per il masto ragazzo dai giorni della Resistenza cui docu-film “La rabbia” (1963) aveva partecipato giovanissimo o dalla Angela Felice 26 [email protected] Al cinema Macbeth for ever L’uscita al cinema del dramma scespiriano in un confronto con la storica versione di Orson Welles del 1948 e l’opera musicata da Verdi Quest’anno Shakespeare com- pie 500 anni, ad aprile. Ma non è mai passato di moda. An- che il cinema se ne è ovvia- mente interessato e sono una decina i lavori di adat- tamento filmico del lavoro del grande Bardo. E’ attual- Mario Dal Bello mente in sala l’ultima ver- sione, diretta dall’australia- no Justin Kurzel, sulla quale torneremo. Vale però la pena dapprima soffermarci sulla prima volta che il cinema si è occupato di Macbeth, ossia su que- sta enorme tragedia del potere e dell’ambizione di cui è ispiratore il demonio, personificato dalle streghe. Michael Fassbender in una scena di “Macbeth” (2015) di Justin Kurzel con protagonista Marion Cotillard. La Macbeth, guerriero onesto, viene sedotto da esse con pellicola, adattamento della tragedia di William Shakespeare, è stata presentata in concorso al Festival di la profezia del regno futuro, mentre all’amico Banquo Cannes 2015 si prospetta il regno per i figli. La tentazione si insinua nell’animo di Macbeth ancor più forte quando sete di potere e alla suggestione diabolica. nonostante la bravura degli attori, lascia con la moglie lo induce a seguirla, anche perché la Molto diverso è il Macbeth del trentanovenne un senso di incertezza, come se gli fosse prima delle profezie si è avverata. Lei è già regista di Adelaide. La perfezione dei mezzi mancata la forza morale di andare sino in preda delle forze demoniache a cui s’è offerta tecnici gli permette certo atmosfere nebulose, fondo all’anima del dramma di William. Una ed è facile convincere il marito ad uccidere il tinte sanguigne, tanto più che il film è girato spia della nostra attuale sensibilità occidenta- re che soggiornerà da loro nella notte per oc- durante l’inverno scozzese, tra cieli grigi le. Chi è andato sino in fondo a Shakespeare è cuparne il posto, come succede. Macbeth ha monti innevati e saloni gotici di grandi castel- stato Verdi. Nelle due versioni – la prima fio- vinto i rimorsi ed è più facile far seguire delit- li. C’è subito un clima desolante, con il funera- rentina del 1847, più sintetica, la seconda, più to a delitto, uccidendo Banquo. Ma la coscien- le di un bambino – il figlio di Macbeth e della vasta, a Parigi nel 1865 – egli affronta con pi- za non può tacere. La scena del banchetto, do- Lady – una delle licenze del regista, che tutta- glio risoluto il tema del potere, che gli è molto ve solo lui vede il fantasma di Banquo è via potrebbe psicanaliticamente (come usa congeniale (si vedano Simon Boccanegra e indicativa. Il finale, è noto, è desolante: la La- oggi) spiegare l’amore os- Don Carlo). La musica è dy, cieca, è preda ormai dell’angoscia, ma ri- sessivo futuro dei due per asciutta, decisa sin dal mane ossessionata sino alla morte; lui cadrà il potere. Fra le nebbie avan- breve Preludio dove ri- ucciso, col rimorso, dal giovane non “nato da zano quattro streghe di va- suonano sia il tema delle donna”. Epilogo morale di estrema forza poe- rie età e profetizzano per streghe – vero terzo per- tica e drammatica, Welles, che dirige e inter- Macbeth e Banquo. Mac- sonaggio dell’opera accan- preta il re, grazie alla potenza del bianco-e-ne- beth è interpretato dall’at- to ai due protagonisti – co- ro ottiene una resa tragica sin dall’inizio, tra tore Michael Fassbender, me quello doloroso della brume e nuvole in cui appare l’albero stecchi- uomo forte che lentamen- follia della Lady, una stu- to con le tre streghe. La scena riflette un’era te viene irretito dalla Lady penda melodia. Poi, l’o- primordiale appena toccata dal cristianesi- (Marion Cotillard) che usa pera scorre durante quat- mo, come dicono i costumi, e nel castello tra il sesso - altra licenza, tro sintetici atti. Cori dirupi vive una umanità guerriera e supersti- comprensibile - per convincerlo a compiere il sospesi tra ombre notturne o lamenti di esuli, ziosa. I lunghi e intensi primi piani di Mac- delitto. Macbeth è dominato dalla donna. La scene macabre di stregonerie con danze – beth e della Lady sono fortemente espressivi: scena del fantasma di Banquo pare risvegliare nell’edizione parigina -, momenti deliranti colpisce lo sguardo glaciale di lei – una ma- la coscienza del re – una intensa interpreta- come la grande scena del banchetto e del fan- gnifica Janette Nolan – e il suo stesso corpo zione di Fassbender - per un attimo nella va- tasma, dove Macbeth sillaba le parole con una dall’andamento di serpe: una intuizione ge- sta sala ed è singolare come la bellezza sceno- agitazione drammatica che fa rabbrividire in- niale da parte del regista di far parlare il cor- grafica del film risulti sovente anche dai vasti sieme al brindisi di falsa allegria, volgare, can- po per dire l’anima. Il Macbeth di Welles ambienti quasi spogli, a dire la solitudine del tato dalla Lady. L’atmosfera è sempre nottur- esprime la ridda di pensieri emozioni odi e potere. Nella seconda parte del film il regista na e l’orchestra lo sottolinea. Momento più terrori del personaggio, grazie ad una foto- fa emergere Macbeth sulla regina, forzando alto è la scena del sonnambulismo (“Una mac- grafia ‘caravaggesca’, adatta al clima tra il qui la versione scespiriana: la donna assiste chia è qui tuttora”) una melodia sanguinante fantastico e il cupo del racconto. Ne esce una attonita alle uccisioni di innocenti da parte che chiude con un acuto perso nel buio, a dire versione stilizzata di un mondo barbarico e del marito e muore disperata, mentre lui è or- la follia della Lady. Ma Verdi indaga i caratteri violento, accentuato da alcune “libertà” del re- mai preso dal male. Macbeth finirà ucciso, co- e le situazioni con lo stesso spessore dramma- gista come il suicidio della Lady, ma conse- me è noto, ma il regista lo fa morire non a ter- tico e morale di Shakespeare, cui è natural- guente al testo. Il Macbeth di Welles rimane ra, ma inginocchiato, quasi in piedi, coraggioso mente e artisticamente vicino come pochi al- così un capolavoro di sangue e di ambizione, sino alla fine, anche davanti al suo fallimento. tri, tant’è vero che poi scriverà “Otello” e una lotta fra la luce e le tenebre - ben eviden- Macbeth, secondo Kurzel, ha ritrovato morendo “Falstaff”. ziata dalla fotografia – come voleva Shakespe- l’onestà antica? Difficile dirlo, perchè il film, per- are, narrando la fragilità umana davanti alla fetto scenograficamente e paesaggisticamente, Mario Dal Bello

27 n. 36 Pier Paolo Pasolini a Genova La recente ricorrenza del quarantennale dal- la morte di Pier Paolo Pasolini ha trovato an- che a Genova una va- sta eco culturale con varie iniziative fra cui spicca particolarmen- te la documentata mo- stra bibliografica orga- Manlio Todeschini nizzata dalla Biblioteca Universitaria di Geno- va nella nuova e prestigiosa sede dell’ex-Hotel Columbia. Per parte nostra vorremmo qui ri- portare e testimoniare tre momenti del rap- porto fra la città e il grande intellettuale, a due dei quali anch’io partecipai. Una delle prime volte di Pasolini a Genova fu nel 1959, quando percorse a bordo di una Fiat Millecento la co- sta italiana da Sanremo a Trieste per raccon- tare on the road il paese delle “prime” vacanze estive degli italiani. Il diario venne pubblicato sulla rivista “Successo” con il titolo “La lunga strada di sabbia”. Genova fu una delle prime tappe di quest’itinerario e il poeta ce la rac- Pasolini in piena azione allo stadio L.Ferraris nel maggio 1975 conta così: “Il mare cambia colore, dopo esse- re scomparso per decine di chilometri in una narrata dal regista teatrale Marco Parodi, che Negli anni Settanta aveva anche fondato la enorme fuligginosa città di magazzini: ri- all’epoca si occupò dell’organizzazione di que- nazionale attori-cantanti di cui era capitano e compare dietro due spunzoni di roccia e una sto evento.2 L’ultima volta di Pasolini a Geno- nel maggio del 1975 la sua squadra affrontò a torre campanaria tra barbaresco e liberty, con Genova una mista di giornalisti ed una fila di grattacieli sopra un’altura color ex-calciatori genovesi. Per dare un polvere, com’è polvere tutto. Genova fuma, tono di rivalità alla partita le due sfuma in un guazzabuglio supremo”.1 Sono compagini indossarono le divise schegge poetiche e letterarie di assoluto vigo- del Genoa e della Sampdoria, e la re che non necessitano di commento, per co- squadra del poeta scelse quella me riescono a dipingere un contesto urbano e rossoblu forse per affinità croma- sociale. Qualche anno più tardi, nel 1962, subi- tica con il Bologna di cui era tifoso, to dopo la sua prima esperienza cinematogra- ma a chi scrive piace pensare che fica con “Accattone”, Pasolini ritornò a Geno- lo fece anche per un trasporto em- va proprio per presentare il suo film che stava patico. Di fronte ad oltre duemila suscitando accesi dibattiti estetici e politici. Il spettatori, Pasolini sciorinò anche regista venne invitato dalla “Società di Cultu- in campo le sue doti di regista an- ra”, un’associazione della sinistra genovese, che calcistico e, ancorché sbaglias- per un incontro pubblico nella sua sede sita se un rigore calciandolo alle stelle nel grattacielo di piazza Dante. La sala era in- (ma – come canta Francesco De solitamente gremita e fu subito chiaro che Gregori- non è da questi particola- gran parte degli intervenuti proveniva da am- ri che si giudica un giocatore…), bienti della destra neo-fascista radunatisi per diede prova di abilità calcistica e di contestare provocatoriamente il regista, an- impegno appassionato. Le crona- che sotto il profilo smaccatamente personale che cittadine così lo appellarono e omofobo. Pasolini affrontò la situazione con letterariamente, parafrasando il una calma assoluta e chi scrive ricorda ancora titolo di un celebre romanzo di adesso il timbro della sua voce in risposta al John Updike: “Corri, Pier Paolo, bovino berciare del gruppo; sibilò con la sua corri”, sicuramente verso il goal timida ma tagliente cadenza friulana, addol- che, come scrisse Pasolini in un ar- cita dal lungo soggiorno bolognese, un deciso: ticolo su “Il Giorno” del 1971, è: “Non muggite, parlate!”. L’atmosfera, già cal- “ineluttabilità, folgorazione, stu- da, diventò incandescente, fino a trascendere pore, irreversibilità. Proprio come Pasolini a Genova nel 1959 in tensione palpabile per il timore di fantoma- la parola poetica”. Fu quello l’ulti- tiche squadracce in attesa dell’uscita del regi- va non fu a carattere culturale, ma a fini ludi- mo incontro tra Pasolini e Genova, perché di lì sta dalla sala; per questo fu addirittura chia- ci. Come si sa, il regista era un grande a soli quattro mesi ci sarebbe stato l’epilogo mato un gruppo di portuali della compagnia appassionato di calcio; esiste anche un libro, tragico della sua vita su una spiaggia di Ostia, unica del porto che si posizionò di fronte all’op- curato da Valerio Piccioni ed edito da Limina, che verrà peraltro cantato proprio da un ge- posta fazione per salvaguardare il passaggio di dedicato a Pasolini “calciatore”: “Quando gio- novese, Fabrizio De Andrè, che gli dedicò ap- Pasolini. Una bella cronaca dell’episodio è cava Pasolini. Calci, corse e parole di un poeta”. punto la sua splendida “Una storia sbagliata”. 1 Pier Paolo Pasolini, “La lunga strada di sab- 2 Marco Parodi, “Memorie di una vita futura”, Manlio Todeschini bia”, Contrasto, Roma, 2014. La Mongolfiera, Doria di Cassano Jonio (CS), 2011. 28 [email protected] Ricordo di Gianni Rondolino Stefano Pittaluga, Maestro, lui lo era anche “prima”... un genovese da non Non hanno stupito Vittorio Cottafavi: cinema e TV (Cappelli, 1980), dimenticare certo, la mattina di per due appassionati omaggi al muto (Torino Si può senz’altro consi- martedì 12 alla chiesa come Hollywood 1896-1916, Cappelli, 1980, e I derare Stefano Pittaluga del Sacro Cuore in via giorni di Cabiria, Lindau, 1993); per due impor- come uno dei massimi Nizza a Torino, a po- tanti sebbene talora reticenti biografie criti- esponenti dell’impren- che centinaia di metri che (Visconti, UTET, 1980, e Roberto Rossellini, ditoria del cinema ita- Nuccio Lodato dalla sua abitazione di UTET, 1989), nonché come critico di La Stam- liano di anteguerra, in via Saluzzo, le fittissi- pa. Ancora maggior rilievo acquista fondando particolare per quel che me presenze (non scevre da qualche assenza) nel 1981, con Ansano Giannarelli, il Festival Ci- concerne il settore del- alle esequie di Gianni Rondolino. Le ultime, in nema Giovani, diventato poi Torino Film Fe- la produzione senza pe- ordine di tempo, di una recente serie (Tullio stival, che ancora una volta conferisce alla sua raltro trascurare la ge- Kezich a Roma, poi Claudio G. Fava a Genova, capitale subalpina una centralità nazionale, Claudio Serra stione di oltre 200 sale infine poche settimane fa Morando Morandi- ma il suo sogno non viene compreso sino in cinematografiche delle 2.500 presenti in tutta Ita- ni a Milano) che ha praticamente segnato l’u- fondo dalle istituzioni che nel 2006 lo costrin- lia. Nacque a Campomorone, un paesino nell’im- scita anche fisica, biologica, dalla scena della gono, non senza duri scontri, a lasciare anche mediato entroterra di Genova, il 2 febbraio 1887 e vita di quella che è stata la grande critica cine- la presidenza della relativa associazione (a fa- fin dall’età di 26 anni iniziò la sua attività nel cam- matografica di libera opinione avvalorata dal- vore del più “spendibile” Nanni Moretti)». Ci po cinematografico in qualità di distributore di la militanza quotidianistica, che ha conferito si può limitare a dire che quegli sgradevoli pellicole, fondando il 19 marzo 1919 la SASP (So- valori alla nostra cultura dell’ultimo mezzo se- eventi non furono un’attestazione adamanti- cietà Anonima Stefano Pittaluga) con un capitale colo. E molto sobrie, appropriate e com- sociale di lire 2.000.000, occupandosi prevalente- petenti sono apparse, finalmente, le pa- mente di noleggio, distribuzione e importazione role con le quali il sindaco Fassino ha di film stranieri in particolare dalla Germania e inteso ricordarlo a fine cerimonia. A dif- dagli Stati Uniti. Verso la metà degli anni Venti del ferenza degli altri tre colleghi sopra evo- Novecento, approfittando del periodo di crisi del cati, Rondolino aveva imboccato la stra- cinema italiano, cercò di risollevarne le sorti, dedi- da della cattedra universitaria. Ma l’aveva candosi al miglioramento della tecnologia in ma- percorsa, contrassegnata e conclusa nella teria di sonorizzazione, tanto che fu tra i primi ad maniera meno “accademica” possibile, introdurre nelle sale da lui gestite apparecchi per come possono testimoniare i numerosis- far udire l’audio, nonostante il proibizionismo simi suoi allievi che sono venuti via via ri- americano. Non per nulla il primo film sonoro ita- vestendo importanti ruoli nella ricerca, liano dal titolo “La canzone dell’amore” (libera- nella pubblicistica e nell’organizzazione mente tratto da una novella di Luigi Pirandello) culturale, battendo le vie che erano state per la regia di Gennaro Righelli, fu da lui prodotto loro aperte da lui, con un’abilità e una nel 1930, allorquando entrò da un anno in qualità lungimiranza che non trovano riscontri Gianni Rondolino (1932 - 2016) di socio negli stabilimenti della Cines, acquisendo in quelle di alcun’altra personalità della cultu- na dell’esistenza della Gratitudine... E vorrei l’80% delle azioni. Pittaluga, oltre alla succitata Ci- rale cinematografica italiana. Nessuno dei ca- solo aggiungere, per quanto riguarda la mia nes, aveva già dal 1924 rilevato diversi stabilimenti piscuola della recente vicenda della storia del modesta esperienza personale, il suo apporto di ditte fallite, come la Fert, la Rodolfi Film, l’Itala cinema impartita negli atenei (pur limitando- continuativo e determinante a tanti tanti anni Film e la Cines, e costituì due nuove società deno- si ai più generosi: penso ad esempio a Micci- della giuria del Premio alessandrino dedicato minate Fert-Pittaluga e Cines-Pittaluga. Nel 1926 ché e a Farassino, a Brunetta e a Tinazzi, ad dal 1978 alla memoria di Adelio Ferrero, e il de- rilevò anche gli stabilimenti dell’Unione Cinema- Argentieri o a Costa) ha potuto annoverare un bito inestinguibile di gratitudine che si accese tografica Italiana, sua principale concorrente in- simile numero di discepoli divenuti in qual- nell’estate 1962, con la lettura adolescenziale terna nella distribuzione dei film, settore nella che modo presenze-chiave decisive nel nostro del suo remoto “quaderno” del Circolo Monze- quale la Pittaluga consolidò il proprio dominio in scenario. Rubo all’amico Lorenzo Pellizzari le se del Cinema Marcel Carné: revisione di un Italia. Diventò altresì distributore esclusivo per l’I- parole più utili a descrivere pur sinteticamen- mito, che fu il primo saggio di critica cinema- talia delle case cinematografiche americane Uni- te la sua attività: «Espressione come pochi del- tografica in cui mi imbattei, e mi fece sorgere versal, Warner Bros e First National, tanto che al la torinesità sin dai tempi dell’Università il desiderio -sia pure foriero di risultati mode- 1930 era in grado di con- quando nel 1959 crea e dirige la rivista Centro- stissimi - di provare a fare anch’io, nell’inge- trollare l’80% del mercato film (suoi un McLaren, 1959, e un Aleksandrov, nuità entusiasta dei sedici anni, la stessa cosa. cinematografico naziona- 1960), il miglior e più duraturo esempio di Insomma, per tirare le somme, indipendente- le. Fatalità vuole che il pubblicazioni del genere. Senza soluzioni di mente dal suo ruolo pionieristico (sulla scia grande Stefano Pittaluga continuità, da brillante studente a docente, si- dei Chiarini, degli Aristarco e dei Verdone) fu colpito dalla morte im- no alla cattedra di storia e critica del cinema nella pur tardiva e misconosciuta affermazio- provvisa avvenuta a Roma con la quale pare identificarsi. Ma non è acca- ne degli insegnamenti universitari attinenti il 5 aprile 1931 all’eta di soli demica la sua Storia del cinema d’animazione al cinema, la cosa più importante è riconosce- 44 anni. A ricordo, a Geno- (Einaudi, 1974, nuova ed. 2004) che ne mette re e affermare che Gianni Rondolino maestro va una sala cinematogra- acutamente in luce le lontane origini, critica lo è stato anche prima: non soltanto di studi e fica di corso Buenos Aires fortemente la produzione Disney e predilige di cultura, ma anche, per parafrasare un’affer- è stata a lungo intitolata a lui, prima di cambiare le opere meno commerciali e più sperimenta- mazione fondamentale del “suo” Rossellini, nome in Odeon. A seguito dell’ultima ristruttura- li. E non certo manualistica è la sua Storia del riguardo al mestiere più importante, rispetto zione nel 2003, l’attuale gestore ha ribattezzato le cinema (UTET) che dal 1977 è punto di riferi- tanto di quello di regista che di critico: quello due sale ora in funzione, rispettivamente sala “Pit- mento per tutti gli studenti. Curatore del cu- di saper essere autentici uomini, capaci cioè ta” e sala “Luga” in omaggio al personaggio che tan- rioso Catalogo del cinema italiano 1945-1980 (Bo- di stare al mondo umanamente. to diede al cinema italiano delle origini. laffi, 1976-1980), lo si ricorda per un meritorio Nuccio Lodato Claudio Serra 29 n. 36

Sguardi del Viandante 2° Edizione - Dicembre 2015 – Gennaio 2016 Gli artisti-viandanti del Grand Tour “Anche le pietre parlano, Seconda edizione degli “Sguardi del Viandante” un luogo predestinato do- Tema: ve l’anima vi si smarri- “FRA CIELO E ACQUA” sce, una città fuggevole come Disegni, Incisioni, Sculture. una sensazione, cangiante Artisti viandanti di ieri e di oggi come un colore e inafferrabile Premio al miglior viandante dell’anno a come il suono dell’acqua”. Renato Mammucari Questa significativa e “Il bastone del viandante” è stato realizzato dal sintetica frase riferita maestro Serarcangeli. a Roma da Mammuca- Giovanni Papi Archeoclub d’Italia sede di Aprilia (LT) ri tratta dal monumen- William Turner, “Il lago di Nemi”, olio su tela, ca. 1828 tale lavoro che il maestro ha dedicato in vari decenni agli artisti provenienti da tutta Europa, Impressionista “inaugurato” a Parigi nel 1874 e personaggi illustri del Gran Tour che hanno la- in particolare dalla fine del Settecento all’Otto- prima degli stessi Macchiaioli. Una pagina sciato appunti di viaggio, diari, racconti, scrit- cento, fino ai primi decenni del XX secolo, si dell’arte italiana trascurata e ancora tutta da ti, disegni, incisioni (dei quali lui rimane, come può e si deve estendere a tutta la campagna esplorare. Singolare e a ben vedere il più noto cultore e collezionista, il massimo custode e sa- Romana e alle Paludi Pontine: a quello spazio dei simbolisti europei, lo svizzero-tedesco cerdote): regalandoci così l’emozione, con solenne e maestoso: un vasto “vassoio” natura- Bocklin negli anni che vive a Roma anche lui aneddoti e citazioni poetiche, di un ulteriore e le che partendo dalla capitale comprendeva i conosceva bene la forza tragica ed eroica dei particolare spaccato delle loro anime in sinto- Castelli romani, il litorale laziale fino al monte paesaggi delle paludi e il dipinto “Paesaggio nia con le bellezze artistiche e ambientali italia- del Circeo: il Latium Vetus. Nei quadri, negli ac- dall’Agro Pontino” del 1851 ne è una sua inten- ne, a iniziare da Goethe, Stendhal, Byron, Go- querelli, nelle incisioni di tutti quegli artisti che sa testimonianza che ritroviamo poi nel qua- gol, fino ai XXV pittori della campagna romana. si avventuravano in quella rigogliosa natura si respirava il sentimento dei luoghi, l’arcadia, la natura incontaminata. Questo immenso lavo- ro e tutte queste esperienze si ripercuotono in altri movimenti artistici europei. I colli Albani, il laghi vulcanici, i boschi, la selva, i ruderi, le antiche vestigia, la via Appia, Ostia, Ninfa, le cittadine dei Castelli e delle paludi pontine, i monti, il Circeo, il mare, gli acquitrini, i laghi costieri: gli artisti riscoprono la natura rivolu- zionando nell’arte il concetto stesso e l’idea del “Paesaggio”. Non è un caso che l’Ottocento vie- ne definito come il secolo del paesaggio: nume- rosi artisti, provenienti dal resto dell’Europa e poi anche dall’America, hanno trasformato la regione Lazio e la Campagna Romana in un im- menso studio a cielo aperto, dove le tante speri- mentazioni pittoriche qui condotte, insieme a “Paludi Pontine” Olio su tavola di cm. 40×76 di Nino Costa (1826 – 1903), pittore e patriota. Esponente di punta pittori italiani, si diffonderanno poi anche ne- della pittura romana dell’Ottocento, ha contribuito al diffondere delle idee naturalistiche anche tra i membri del gli stessi paesi di loro provenienza e in vari movimento pittorico dei macchiaioli contesti culturali. Da Turner a Corot, da D’Aze- glio a Costa … ma anche fino a Cambellotti, in dro “L’isola dei Morti” il più famoso di tutta la A Mammucari va il merito di aver fatto cono- questi luoghi mitici, lambiti dal mare e disse- sua produzione del 1880 “icona romantica-sim- scere e diffondere l’immensa opera degli artisti minati di antiche vestigia, di laghi, di monta- bolista”: massima e successiva esemplificazio- del Grand Tour, divulgando lo straordinario la- gne, di piccoli paesi, in un panorama avvolto ne. Bocklin sarà l’artista di riferimento per De voro dei pittori della Campagna Romana e del- dalla luminosità dorata dei cieli mediterranei, Chirico nella nuova visione Metafisica. Visione le Paludi Pontine. Attraverso le sue numerose si sono intrecciate nel corso del tempo poetiche che “ritorna a casa” in Italia, e che a sua volta pubblicazioni e un costante e infaticabile lavo- fondamentali come quelle della pittura roman- influenzerà movimenti fondamentali come il ro di promotore culturale, essendo anche uno tica, realistica, del sublime, dell’impressione, Dadaismo e il Surrealismo. Questi sono i temi dei maggiori esperti dell’800 italiano nonché della vastità delle vedute, della percezione vi- che sono stati sottolineati nell’incontro illu- straordinario e sensibile collezionista, ha svol- sionaria e di quella antinaturalista. Con la pre- strando anche l’idea e il senso di una continuità to un ruolo fondamentale nel far capire l’im- sa diretta della realtà e il contatto continuo con fra artisti lontani e i nostri contemporanei pre- portanza e il valore di un periodo storico che la natura en plein air senza condizionamenti ac- senti nella mostra: idea centrata nello scambio non veniva (nemmeno) quasi considerato nelle cademici, lontani dai salotti e senza stare al necessario e continuo fra epoche diverse con la nostre accademie d’arte. Il clima propositivo e chiuso dei propri atelier, quei numerosissimi trasmissione di saperi e le tante modalità di associativo dell’incontro, dando valore a per- artisti, a diverso titolo, hanno dato alla storia raffigurazioni rapportate oggi al “nostro oriz- sonaggi come Renato Mammucari che con la dell’arte un notevole contributo, creando nuovi zonte culturale”. Si è realizzato in nuce: un dia- loro passione e competenza danno prestigio al linguaggi estetici confluiti poi nel panorama logo a distanza fra le visioni dell’Ottocento e territorio, alla cultura e alla storia dell’arte, dei grandi movimenti figurativi ed espressivi quelle del Novecento. Mammucari, molto ap- confermano la piena adesione ai valori storici europei. Con la ricerca della luce hanno rivolu- prezzato e stimato dal pubblico, ha anche ri- e agli ideali di bellezza ai quali apparteniamo zionato il modo di rappresentare la natura e il cordato successivamente, riprendendo la paro- con continue riflessioni e visioni. paesaggio. L’Impressionismo è nato nella Cam- la visibilmente commosso dopo la premiazione pagna Romana, molto prima del movimento da tanta calorosa accoglienza, i tanti letterati e Giovanni Papi 30 [email protected] In Trance: un intrigo machiavellico tra i segreti della memoria e la speculazione di genere Una rapina, una di quelle grandi e spetta- colari ai danni della so- lita oligarchia di pluto- crati che pur essendo le vittime del furto fini- scono sempre per ap- parire come i cattivi. Un incidente, uno scon- tro, un imprevisto ap- parentemente piuttosto incongruo. E un’amne- Giacomo Napoli sia. Da qui la disperata ricerca di una cura che finirà per essere scelta tra le più particolari (e probabilmente efficaci) di ogni tempo: l’ipnosi. “In trance” è un film britannico del 2013, in per- fetto equilibrio tra dramma, thriller e giallo, di- retto da Danny Boyle e interpretato dal bravissi- mo James McAvoy, l’altrettanto bravo Rosario Dawson e il solito, inossidabile Vincent Cassel, remake del film TV “Trance” del 2001. La trama, sfondo di una Londra estremamente credibile, tesoro non sta nella forza bruta, nelle armi, dopo la prima mezz’ora di film, apparirebbe tangibile, moderna. Non è la solita capitale da nemmeno nei piani ben congegnati… sta nella piuttosto lineare; il protagonista, criminale im- cartolina ma nemmeno il mostro architettonico memoria. E nel tortuoso percorso psicologico, provvisato e giocatore d’azzardo patologico, at- e sociale che certi altri film pretendono di mo- visionario (e ipnotico) teso a recuperarla. La me- traverso il sapiente lavoro di ipnosi che Eliza- strare. E’ la Londra reale, col suo nuovo e col suo moria e l’arte, ecco i veri protagonisti di questo beth, la geniale dottoressa, pratica su di lui sotto antico fusi assieme; abitabile, convincente, originale e gustosissimo thriller che si diverte in la supervisione dei feroci membri della banda agrodolce come solo gli inglesi sanno mostrarla. più occasioni a sovvertire le regole del giallo per criminale che ha organizzato il furto, prima o E il tesoro stesso, come dicevo qualche riga fa, poi tornarci sopra, per poi mostrarcele quasi poi recupererà la sua memoria e con essa tor- non è il solito mucchio di metallo prezioso o di tutte ricostruite, attualizzate, in una chiave so- nerà a ricordare dove abbia nascosto il prezioso buoni del tesoro al portatore. Qui si tratta di un spesa tra il dramma psicologico, l’incastro per- bottino della rapina: una tela di Goya. E qui ini- quadro, un’opera d’arte. Un piccolo capolavoro fetto in stile “Inside man” e il lirismo visionario, ziano gli aspetti interessanti. Già il fatto che il minore di Francisco Goya che vale più di venti tipico ad esempio di “Inception”. Tutto questo “tesoro” non sia composto da oro, gioielli o pe- milioni di sterline. Una cifra considerevole sul per mostrarci infine che le persone scelgono; trolio ma bensì da una rara e magnifica opera scelgono di seguire un certo comportamento in- d’arte ci fa entrare nello spirito della pellicola vece di un altro, scelgono di far del male o di far che vorrebbe farci credere l’ennesimo thriller del bene, scelgono di aiutarsi o di condannarsi e ben confezionato ma che in realtà è tutt’altro: un questa scelta che a volte non è nemmeno con- piccolo gioiello di artigianato cinematografico. scia, non è evitabile, nemmeno per il protagoni- Ed ecco che proprio quando la storia sembra sta che a inizio film appare talmente innocuo. E volgere all’inevitabile finale, coi delinquenti di quella dottoressa, brava, paurosamente intelli- alto bordo pronti a disfarsi dello scomodo prota- gente e, stavolta lo devo ammettere, pure molto gonista non appena lui avesse ricordato (e con- bella e affascinante che da una posizione appa- diviso con loro) la posizione della tela rubata alla rentemente insospettabile si rivela l’artefice casa d’aste londinese, tutto si capovolge, in un dell’architettura di un intero mondo mnemo- meccanismo strabiliante di sapienti colpi di sce- tecnico nel quale tutti gli altri, compresi i crimi- na a ripetizione che scoppiano come allegri fuo- nali della banda, finiscono per entrarne a far chi d’artificio in un crescendo calcolato e inarre- parte. Attori ispirati, ottima regia, montaggio stabile, costringendo lo spettatore a guardare il perfetto, maestria narrativa e dettagli curati film fino in fondo con un senso di giusta e cre- all’estremo fanno quindi di questa pellicola uno scente aspettativa (oltremodo del tutto soddi- dei migliori thriller degli ultimi anni; consiglia- sfatta). E ben presto si scopre che il vero prota- tissimo, il mio voto è decisamente positivo. Un gonista non è altro che l’ipnotista stessa, la quale ultimo appunto sociologico: fate caso alla coppia ha architettato un piano a dir poco machiavelli- al centro della vicenda, non è certo un caso se lei co a partire da un punto della trama che, a ben è nera e lui è bianco. Tenete a mente questa ac- vedere, si trova addirittura molto a priori dell’i- coppiata multietnica e, collegandola ad altri nizio del film e che viene dedotto, un pezzo alla esempi analoghi che potrete trovare ovunque volta, con minuzia e precisione di ritmo perfetta (non ultima l’immagine di logout di facebook…), via via che il film procede verso il suo vero epilo- serio. Ed è come se Boyle ci volesse sottolineare provate a ricordare gli anni Novanta, quando lui go… Un epilogo in cui niente è come sembra, in certe evidenze che nella quotidianità passano era nero e lei bianca… anche questi dettagli ci cui ogni personaggio si rivela quasi il suo oppo- troppo spesso inosservate… il vero tesoro, un te- parlano del contesto culturale che dà i natali sto e il tempo e lo spazio si distorcono geometri- soro che val la pena di rubare, a rischio della pro- ad una pellicola. E ci aiuta a sistemarla nel camente e implacabilmente sotto la mano sa- pria incolumità e infrangendo tutte le leggi è tempo e nella storia. E a capirla meglio. piente del regista, a mostrarci la vera storia di “In un’opera di cultura (un quadro), un’opera di in- Trance”, il vero antagonista, il vero tesoro, sullo gegno, di arte. E il modo per raggiungere questo Giacomo Napoli

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I dimenticati # 17 Matthew Garber Si può avere un’idea 1934: ma questa, trovando ‘dolciastri’ i film di della forza del cinema Disney s’era sempre rifiutata di cedergli i di- dall’assoluta democra- ritti; finché nel 1958, dopo un incontro perso- ticità con cui, a somi- nale con lei, Disney riuscì a spuntarla, garan- glianza dei ricordi, le tendole l’astronomica somma di 100.000 sue immagini s’impri- dollari più il 5% sugli incassi: una proposta ir- mono nella nostra me- rinunciabile. Ma giacché pochissimo convin- moria: certo, in esse ta, la Travers desiderava comunque poter dire trovi anzitutto momen- la sua sulla sceneggiatura: e in parte la spun- Virgilio Zanolla ti topici come - tanto tò, anche se gli sceneggiatori Bill Walsh e Don per dire - il bacio di DaGradi si presero non poche licenze sul li- Grace Kelly a Cary Grant prima di rientrare bro. Le uniche scelte su cui l’autrice concordò nella sua camera d’albergo in «Caccia al ladro» subito furono quelle della protagonista, Julie di Hitchcock, o lo sguardo smarrito di James Andrews, e dei due bambini. Durante la lavo- Stewart dopo ore d’ininterrotta oratoria al razione del film Matthew, che aveva paura del congresso americano in «Mr. Smith va a Wa- vuoto, veniva incoraggiato a vincersi con la shington» di Capra; ma accanto, con identica promessa d’una moneta da 10 cent per ogni qualità nella suggestione, il nostro pantheon scena in cui i bambini venivano ‘fatti volare’. può contemperare - anche qui tanto per dire - Nel filmare la scena in cui, appena giunta in il sorriso a trentadue denti nel faccione mali- casa Banks, estrae dalla sua zioso del portiere d’albergo Vinicio Sofia, Matthew Garber borsa un’incredibile serie d’oggetti (realizzata quando, in «Avanti, c’è posto!» di Bonnard, il in questo modo: la borsa, poggiata sul piano tramviere bigliettaio Aldo Fabrizi si presenta anni, quando fu scelto per impersonare il pic- d’un tavolo, era bucata, e così il piano stesso: a chiedere una camera per la domestica Adria- colo Geordie McNab nel film «Le tre vite della da sotto, un attrezzista provvedeva a posizio- na Benetti, licenziata dalla padrona di casa. gatta Tommasina» di Don Chaffey, a fianco di nare rapidamente gli oggetti da estrarre), ge- Ebbene, tra i momenti memorabili a me è ri- , la bimba di un anno maggiore nialmente il regista non volle che i bambini masto negli occhi quello in cui, in «Mary Pop- di lui che interpretava Mary McDhui, la figlia fossero avvisati del trucco: sicché la stupefa- pins» di Robert Stevenson, Mr. Banks porta i del protagonista. Il padre di Karen, l’attore zione ripresa nei loro occhi è genuina. Dopo due figlioletti in banca, e il suo secondogenito scespiriano , era amicissimo del l’esito trionfale di «Mary Poppins», col caloro- Michael si rifiuta di versare i due penny che padre di Matthew, e per le parti dei bambini so consenso della critica, la conquista di cin- possiede per aprirvi un conto, provocando l’i- suggerì al regista sua figlia e Matthew, che si que premi Oscar e il pieno nei botteghini dei ra del vetusto presidente dell’isti- cinema di varie parti del mondo, tuzione, Mr. Dawes senior (inter- Matthew e Karen si ritrovarono a pretato da un truccatissimo Dick lavorare ancora insieme tre anni Van Dyke - celatosi dietro l’ana- dopo ne «Lo gnomo mobile» (1967), gramma Navckid Keyd - che nel tratto dall’omonimo romanzo di film ricopre anche il ruolo del sim- Upton Sinclair e diretto anch’esso patico spazzacamino Bert). La sce- da Robert Stevenson, nei ruoli di na in cui Mr. Dawes tenta d’arraf- Rodney ed Elizabeth, i due nipoti fare i penny dalla mano di Michael del burbero miliardario Dj Mulro- e lui gridando si tira indietro, su- oney (): fu il terzo scitando un pandemonio tra i clien- e ultimo film di Matthew, che non ti della banca, m’ha colpito fin dal- lavorò più nel cinema. Egli morì il la prima volta in cui vidi il film; 13 giugno 1977, all’età di ventun an- ogni volta che l’ho rivista mi sono ni, due mesi e diciannove giorni. chiesto: chi era il piccolo Michael, Sulle cause del decesso si fecero e cosa sarà di lui adesso? Immagi- tante illazioni: per la sua malattia navo due possibilità: una, che aves- Matthew Garber e Karen Dotrice in «Mary Poppins» (1964) si mise in causa perfino la possibi- se continuato la carriera d’attore, le assunzione di droga; la verità mutandosi nel tempo in bravo caratterista; conoscevano fin dall’infanzia; quest’ultimo emerse il 24 ottobre 2004, quando nel corso di due, che avesse smesso dopo «Mary Poppins», aveva un carattere vivace: gli piaceva molto un’intervista rilasciata alla tv inglese suo fra- e la partecipazione a quel film fosse per lui or- fare scherzi, ma amava anche leggere libri tello Fergus, minore di lui di otto anni, rivelò mai soltanto un lieto ricordo. Ma sbagliavo in d’avventura, e (più tardi) la mitologia e la poe- che, nel corso d’un viaggio in India effettuato entrambi i casi: perché Matthew Garber, que- sia. Prodotto dalla Disney, il film narrava una nel ’76, Matthew aveva contratto una forma sto il nome del bambino che interpretava Mi- storia molto fantasiosa ambientata nella Sco- d’epatite mangiando carne infetta; già grave- chael Banks, purtroppo non è da tempo più zia del 1912; piacquero le faccette dei due pic- mente malato, l’anno dopo venne riportato in tra noi. Di lui non si sa molto, tanto che per coli interpreti, e siccome si dimostrarono bra- patria dal padre e ricoverato nel Royal Free racimolare qualche notizia ho penato parec- vi e naturali, la casa di produzione li ‘precettò’ Hospital di Hampstead: l’epatite si era ormai chio. Nato a Londra il 25 marzo 1956, Matthew anche per un altro film che aveva in program- estesa al pancreas, causando la pancreatite Garber era il primo dei due figli di L. L. Garber ma, l’ambizioso «Mary Poppins». Walt Disney emorragica necrotizzante che gli fu fatale. Il e di sua moglie Margot, una coppia che aveva sognava di produrlo da vent’anni, giacché da suo corpo venne cremato al Saint Marylebone trascorsi nel mondo dello spettacolo. Studiò piccole le sue due figlie avevano letto con entu- Crematorium. alla Saint Paul’s Primary School di Winchmo- siasmo l’omonimo romanzo della scrittrice au- re Hill eppoi, tra il ’68 e il ’72, nella Highgate straliana Pamela Lyndon Travers (pseudoni- School. Il suo esordio nel cinema avvenne a sette mo di Helen Lyndon ‘Guintry’ Goff), uscito nel Virgilio Zanolla 32 [email protected] La grande scommessa La crudeltà del Living Quando un pubblico mainstream, in ogni parte e il vero della pellicola del mondo, paga bei soldi per vedere un film in una sala buia, lo vuole pieno di un’energia che solo […] “Noi non siamo libe- i movimenti della macchina possono dare. (Gill ri. E il cielo può sempre Bettman) cadere sulla nostra testa. Insegnarci questo è il pri- Ritmi serrati e ossessi- mo scopo del teatro” […] vi per creare una ar- E’ Antonin Artaud, fe- chitettura funzionale condo scrittore france- alla storia dove i dialo- Gosling, ci sono i due giovani investitori aiu- se dell’arte teatrale (ma ghi si fanno sempre tati dall’esperto della finanza interpretato da Lucia Bruni anche commediogra- più intriganti e condu- Brad Pitt, c’é il capo di un hedge fund che non fo, attore di teatro e ci- cono anche i più profa- é riuscito a fermare il suicidio del fratello e nema, regista teatrale), a sostenere questo in ni nelle incongruenze cerca un riscatto morale totalmente sfiduciato un capitolo del libro “Il teatro e il suo doppio” del mondo dell’econo- nel sistema, ma che alla fine cede al desiderio (1938), sorta di breviario per chi voglia immer- Paola Dei mia e della finanza, fo- di arricchirsi come tutti gli altri. I primi piani gersi a tutto tondo nell’universo delle avan- calizzando l’interesse sulle loro modalità di pensiero esaltano e met- guardie teatrali del Novecento e nel quale l’au- degli spettatori su un tema di grande attuali- tono in scena la soggettività di ognuno, tanto che tore teorizza il suo “teatro della crudeltà”. […] tà. Diretto da Adam McKay con fra gli altri, il loro movimento é generato dal loro modo di “Per raggiungere da ogni lato la sensibilità dello Brad Pitt, Christian Bale, Ryan Gosling, Mar- essere nel mondo. Centinaia di immagini e al- spettatore, preconizziamo uno spettacolo mobile il got Robbie, Marisa Tomei, distribuito dalla cuni deliziosi cammei, come quello che vede quale, anziché dare della scena e della sala due mon- Universal Pictures, il film, ispirato al libro di protagonista Margot Robbie nella vasca da ba- di chiusi, senza comunicazione possibile, diffonda i Michael Lewis, ripercorre e anticipa il periodo gno avvolta dalla spuma dei sali da bagno che, suoi bagliori visivi e sonori su tutta la massa del della grande crisi economica americana intor- mentre beve champagne, ci rende edotti sulle pubblico” […], scrive ancora Artaud. La vita, sul no agli anni 2007-2008, preceduta da un mo- nuove frontiere del mercato finanziario, rie- palcoscenico, dunque, rappresentata nella mento in cui chiunque chiedeva un mutuo, scono a creare scene che comunicano a chi os- crudezza (crudeltà, appunto) del suo quotidia- preferibilmente a tasso variabile, a qualsiasi serva la leggerezza necessaria per poter dige- no, senza mediazioni di sorta, senza metafore banca, riusciva ad ottenerlo lasciando presa- rire una realtà drammatica come quella che gire un ottimo proseguo dell’economia. Sol- l’America sta vivendo in quel periodo storico. tanto Michael Burry intuì qualcosa che nessu- Non c’é tempo per scomporre le immagini, no riusciva ancora ad intravedere e che in non c’é modo di intravedere uno stereotipo se concreto si traduceva in una pericolosa insta- non in alcuni momenti che però si trasforma- bilità del sistema aggravata dalla smodata no sotto i nostri occhi, soprattutto nella caratte- rizzazione dei personag- gi, mentre la lucentezza del film di stampo ne- vrotico assicura il di- vertimento grazie alla maestria di un regista che è riuscito a rendere commedia la tragedia, in sintonia perfetta con quanto auspicava il gran- de Eduardo De Filippo, anche se resta una goc- cia di amaro in bocca non tanto per il tasso variabile dell’economia quanto per le variabili della moralità umana. Il film decolla, stupisce Antonin Artaud (1896 –1948), commediografo, attore, vendita di pacchetti azionari pressoché nulli, e rapisce con il pregio di mostrarci la realtà scrittore e regista teatrale francese etichettati in maniera fraudolenta. É intorno a non vista dalla parte delle vittime, né da quella questa scoperta che si dipana la storia che sem- dei carnefici, bensì dalla prospettiva di un che la confondano con quella “verità” che spes- bra costruita su una giostra in mezzo a perso- gruppo di cosiddette ”volpi” che resosi conto so viene rappresentata sul palcoscenico e nel naggi che il regista studia con dovizia di parti- del disastro che sta per accadere presi dalla cinema. Per Artaud il testo stesso non deve colari riuscendo a creare un cast efficace dove vertigine del gioco decidono di puntare ed az- esercitare una funzione nello scambio di co- ognuno assume le sembianze del modello a zardare tutto contro la stabilità del sistema. municazione con lo spettatore, ma è l’insieme cui si ispira in una consapevole riproduzione Una seduzione che profuma di ricchezza e delle forme di linguaggio (gesto, movimento, dei tipi psicologici. I movimenti corporei, la lusso alla quale nessuno dei personaggi sa re- luce, parola) che devono fondersi e interagire gestualità e persino i capelli che, come nel ca- sistere e che solletica i significati semantici nello spazio scenico per dar vita allo spettaco- so di Ryan Gosling, sono rigorosamente neri, del nostro immaginario con precisi significa- lo. Da qui il Living Theatre di Julian Beck e Ju- fanno luce sul potere espressivo tipicamente ti. dith Malina (ho avuto la fortuna di conoscerli umano che il film ci fa respirare. C’é l’eccentri- di persona), che dalla sua fondazione (1947, fi- co manager di un hedge fund, interpretato da no alla morte dei fondatori) non ha mai cessato Christian Bale, c’é il narratore di film e lupo di portare avanti il concetto di teatro integrale, solitario di Wall Street interpretato da Ryan Paola Dei segue a pag. successiva 33 n. 36

segue da pag. precedente vale a dire: “Non si tratta di fingere la vita ma di Il Teatro Bellini di esserla, di viverla davvero”, secondo la loro affer- Acireale, Eduardo De mazione e nel rispetto di quella “crudeltà” an- nunciata da Artaud. Gli anni Sessanta e Set- Filippo e... la gallina! tanta furono fertili di compagnie teatrali Il 16 aprile 1870 fu sperimentali che seguirono questa linea inse- inaugurato il Teatro rendosi fra le avanguardie teatrali sperimen- Bellini di Acireale con tali più significative. E’ un altro teatro, dun- “La Sonnambula” di que, quello di Artaud, qualcosa di impossibile Vincenzo Bellini, in- da ripetere sul set cinematografico in quanto terpretata dal soprano vive del momento in cui gli attori vivono se Emma Albani (nome stessi e l’azione che portano sulla scena. Il ci- d’arte di Marie Louise nema utilizza il teatro anche come strumento Emma Cécile Lajeu- metalinguistico, vale a dire rispettando talvol- Mario Patanè nesse) e dal tenore ta certe convenzioni di metafora (ad esempio Ruggero Sirchia. La Pi- molte azioni che si svolgono nel medesimo nacoteca Zelantea conserva il ritratto della so- luogo) più adatta alle tavole del palcoscenico prano, opera del pittore acese Antonino Bo- che alle location dei film, ma è proprio così che naccorsi detto “Il Chiaro”; nella cornice del le due arti si fondono, integrando caratteristi- quadro, precedentemente allocato nel foyer che e risorse. Nel teatro del Living questo è im- del Teatro, si legge: “Emma Albani nata nella possibile perché la metafora è come se non esi- patria del Washington, ventenne appena, in stesse di per sé ma solo come significante (ma una insieme ad altri artisti, il nostro teatro anche significato) delle azioni che si svolgono Carl Einhorn and Karen Weiss in “Paradise Now” Living Bellini al 1870 inaugurava e questa effigie dal sulla scena. Prendiamo ad esempio uno dei loro Theatre, 1968 (foto di Kenneth L. McLaren) Bonaccorsi ritratta a perpetuare l’idoleggiata testi come “Paradise Now”, del 1968, dove le memoria per unanime voto statuivasi”. Il Tea- scene sono costituite non dalla successione, soprattutto la storia della commedia umana. tro, progettato dall’ingegnere catanese Car- diciamo, logica della narrazione di una storia, Altro lavoro originale è “Sogno di una notte di melo Sciuto Patti, fino al 1938 ospitò opere liri- ma dalla rappresentazione “gestuale”, affidata mezza sbornia” (1959), sempre per la regia e che, operette, veglioni. Concesso in locazione, al solo corpo nudo, considerato unico stru- l’adattamento in versione napoletana di come sala cinematografica, fu dichiarato ina- mento per la condivisione (le scene sono in- Eduardo, tratto dalla commedia di Athos Setti gibile dopo il bombardamento del luglio del fatti un insieme di corpi che interagiscono) di L’agonia di Schizzo, dove, fra il magico gioco 1943. Dopo alterne vicissitudini, fu riaperto in espressioni e sentimenti: amore, violenza, pa- del lotto e taluni terrori profetici del protago- occasione del Carnevale del 1950 e, chiuso an- ce, guerra ecc., quindi non già “la verità sco- nista, viene fuori uno spaccato di autentica vi- cora una volta per inagibilità, venne distrutto dellata” ma il sapore della denuncia e dell’alter- da un violento incendio all’alba del 15 febbraio nativa alla narrazione stessa degli eventi che 1952. “... Ad appena un giorno dell’apertura del poi non sono altro che la vita quotidiana dove Cine Teatro Maugeri, un furioso incendio di- ognuno recita la propria parte. Qui ampiamen- strugge il vetusto Teatro Bellini. L’interno ri- te trasfigurata. Mezzi espressivi impossibili da mane interamente carbonizzato, il tetto crolla, trasporre nel cinema. Confrontiamolo con restano solo i muri perimetrali e la bellissima “Paradise Now” del 2005 di Hany Abu-Assad, facciata dalla quale non traspare l’avvenuta completamente diverso, dove la sceneggiatu- tragedia. La sala - da due anni dichiarata ina- ra, ossia la raffigurazione del “vero” o del pos- gibile - affittata alla ditta Paolo Sposito di Pa- sibile, oltre ad attori che recitano in un conte- lermo, vincitrice dell’asta pubblica per l’illumi- sto “figurativo”, vuole suscitare una riflessione “Napoli milionaria” commedia scritta ed interpretata da nazione di Carnevale, era usata come deposito. su scelte drammatiche che ognuno di noi può Eduardo De Filippo nel 1945 Gli acesi accorrono in massa a vedere le mace- trovarsi a dover affrontare nella vita. Qui la re- ta partenopea. Tra l’altro, qui, il set è solo il rie fumanti e, specie i più anziani, se ne addo- altà non è trasfigurata ma presentata in tutte palcoscenico. Del film “Questi fantasmi”, trat- lorano molto considerando l’evento come un le sue pieghe esistenziali. Nel cinema, l’imme- to dall’omonima commedia di Eduardo De Fi- vero e proprio lutto cittadino. Le fiamme, per il desimazione nella parte da recitare offre il lippo scritta nel 1945, troviamo addirittura comandante dei vigili del fuoco ing. Sarullo, si fianco alla “finzione”, di cui lo spettatore è due versioni, quella del 1954, per la regia di sono sviluppate dal di fuori della sala, tra il consapevole, quindi si viene a creare un gioco Eduardo dove De Filippo si presenta esclusi- muro esterno situato alle spalle del palcosceni- fra attore e pubblico che ripete una “verità” di vamente come regista, abbandonando ad altri co e la parete di legno della sala. Le cause, defi- convenzione, sorta di realtà virtuale che tutti il suo personaggio e la sua creazione, e la ver- nite dalla stampa “misteriosissime”, sono al accettano. Non così nel Living, dove la funzio- sione del 1967 diretta da Renato Castellani, centro di un’inchiesta aperta dal capitano dei ne dello spettacolo è quella di appiccare la con una Loren e un Gassman perfettamente Carabinieri Laboratore, che però non appro- miccia della provocazione e della metafora da calati nei panni dei patetici ingenui protago- derà ad alcun risultato concreto. L’idea dell’in- cui partiranno altre provocazioni, altre meta- nisti i quali si lasciano abbindolare cadendo cendio doloso aleggia nell’ aria”. Fra i tanti ar- fore e così via. Prendiamo invece alcune com- nella rete di un intrigo amoroso. E ancora con tisti che calcarono le scene del Teatro, uno dei medie di Eduardo De Filippo (il quale affida la Eduardo, “Non ti pago” (1942) per la regia di più famosi fu certamente Eduardo De Filippo: sua arte a un teatro di parola) e la conseguente Carlo Ludovico Bragaglia, oppure “Ragazze da le sue prime esperienze teatrali lo vedono, gio- trasposizione in campo cinematografico a cui marito” del 1952, diretto da Eduardo, o “L’oro vanissimo, in giro per l’Italia, corista in una lui stesso partecipa. Qui si recita la vita, quella di Napoli” (1954) diretto da Vittorio De Sica (e compagnia di operette che, passando da un in- reale, che ci sta addosso con le paure, i sogni, ci fermiamo qui), tutti tratti da commedie di successo all’altro, concluse la sua avventura ad le illusioni, le gioie, le delusioni, le euforie e Eduardo De Filippo. E ci sarebbe di che conti- Acireale. Ecco cosa scrive il grande Eduardo a così via. “Napoli milionaria” del 1950 diretto nuare. pag. 5 de «La Domenica del Corriere» (Anno da Eduardo De Filippo e tratto dalla sua com- 42, N. 2, 7-13 gennaio 1940 XVIII), nella rubri- media omonima del 1945, dove fra alterne vi- ca “Memorie d’Artisti” con il titolo cende si narra, come sempre in Eduardo, Lucia Bruni segue a pag. seguente 34 [email protected]

segue da pag. precedente avesse saputo! Per otto giorni di seguito la gal- “Quasi tutte rose”: “Debbo sinceramente con- linella venne a portarmi il pane quotidiano e mi Al Magnetto di fessare che la mia strada è stata assai facile e salvò la vita. Giunse finalmente il vaglia di Almese (To), prima che non ho conosciuto le peripezie tragiche che mammà, - 200 lire, per la storia, - saldai il con- rendono interessanti gli attori agli occhi del to, acquistai il biglietto di viaggio e volli acco- e dopo il film, libri in pubblico. Certo non tutta la mia vita è stata co- miatarmi dalla padrona di casa. Ero allegro sparsa di rose, ma posso giurare che nel mio perché avevo finalmente potuto saziarmi con transito diario non figurano ore di tormento, di scon- due piatti di spaghetti, e non pensavo più alla Son passati trent’anni forto, di fame vera e propria. Qualche spina: ec- gallina benefica. Fui un ingrato. L’ingratitudi- dalla nascita del nostro co tutto. Se qualche amarezza ho sofferto nei ne è stata, ed è, sempre di moda. La padrona, primo Cineclub non ci sono più i gloriosi pro- iettori 35mm e neppu- re il mestiere artigia- nale dei proiezionisti, è cambiato il modo stesso di guardare un film spesso acconten- tandosi di un tablet o Alberto E. Calosso della TV di casa, sono cambiati i costumi e la morale, anche il mondo è cambiato ma non è cambiata la nostra passione per il “buon cine- ma sul grande schermo”. La diminuzione del numero di spettatori in sala ha fatto chiudere molti cinema nella grandi città e soprattutto in provincia, così è avvenuto trent’anni fa anche ad Almese dove l’antico cinema Sada ha cessa- to l’attività a metà degli anni ’80. Il suo storico proiettore, un CineMeccanica degli anni ’50, è oggi nell’atrio del Magnetto dove sono in tanti ad ammirarlo e noi siamo lieti di raccontare ai Foto d’epoca del Teatro Bellini già chiuso nuovi spettatori “digitali” il fascino di queste miei anni giovanili, la debbo al mio spirito di macchine che per oltre un secolo hanno diffu- avventura che mi portava spesso a scegliere la una donnona peso massimo, dalla pelle bron- so nel mondo la magia del cinema. E’ forse un via più difficile. Avrei potuto essere scritturato zea e dai capelli crespi, -assomigliava piuttosto ricorso della storia se nel 1896, proprio nel me- in una formazione dialettale, con una piccola a Giovanni Grasso che non a Joséphine Baker -, se di gennaio di centovent’anni fa, veniva pro- paga sicura, e preferii avventurarmi nel caos di mi venne incontro scoprendo i suoi denti affu- iettato un cortometraggio della durata di cin- una compagnia operettistica, col ruolo di cori- micati e stringendo nella destra, tenendola per quanta secondi al Salon du Grand Café, a sta. Sissignore, di corista, e senza speranza di le ali, come un carnefice, la vittima, la mia po- Parigi in Boulevard des Capucines, dal titolo far carriera, perché i miei «sol» e i miei «do» vera amica che starnazzava disperatamente. “L’arrivée d’un train à La Ciotat”. Questo film mettevano i brividi. Era oltre tutto una compa- “Perché le fate male?” - dissi, accarezzando la dei fratelli Lumière si dice abbia suscitato il gnia scalcinata, lanciata alla deriva nelle picco- gallina.- “Non ci badate, la porto in cucina per panico tra gli spettatori che avevano l’impres- le piazze di provincia. Ad Acireale la barca si tirarle il collo. Da otto giorni non mi fa più uo- sione di venire investiti dalla locomotiva, gra- arenò. Cinque recite. Cinque fiaschi. Sciogli- va!” . Avrei potuto con una sola parola salvare zie al realismo della scena realizzata con una mento della compagnia. Appello telegrafico a dall’esecuzione capitale la mia... ammiratrice a messa a fuoco perfetta. Oggi questo storico mia madre perché mandasse un po’ di denaro due zampe, ma, vigliaccamente, lasciai che le evento è ricordato con una ricostruzione mol- per farmi tornare a casa, ed attesa impaziente a facessero la pelle. Vi giuro che è stata la sola vit- to realistica al Museo del Cinema di Torino alla stomaco vuoto. Unico mio conforto, ed unico tima della mia vita! Rientrai a Napoli ma fui ri- Mole Antonelliana. La nostra piccola Associa- mio rimorso, in quell’avventura, fu una gallina. preso dalla smania del vagabondare e con Pep- zione, che oggi non a caso si chiama “35mm”, Avevo preso alloggio in una casa di campagna. pino mi «arruolai» in una formazione dialettale”. ma che nel 1985 si chiamava “CineMania” (Acireale non è Parigi e la campagna se ne sta Dall’incendio del Teatro Bellini sono trascorsi quando diede vita al suo primo cineclub nella tranquillamente in città). La mia stanza a pian- oltre 60 anni e si attende ancora il suo restau- sala del cinema Gioiello di Rivoli che oggi non terreno era piena di luce e di miseria; non un ro! Il 27 ottobre 1991 un incendio distrugge il te- esiste più. Chi volesse leggere questa nostra soldo nelle mie tasche. E non più credito presso atro Petruzzelli di Bari: il 6 dicembre 2008 ven- storia lunga trent’anni può trovare il link sul l’affittacamere. Unico mio conforto mattutino gono ultimati i lavori della sua ricostruzione. Il sito (www.ilclub35mm.com). Al Magnetto di era, ripeto, una gallinella screziata che, alle otto 29 gennaio 1996 un incendio distrugge il teatro Almese il cineclub è approdato nel 2013, dopo in punto, senza farsi an- La Fenice di Venezia: il 2 una lunga e non sempre facile navigazione, nunziare, entrava in ca- agosto 2004, in anticipo raccogliendo al suo esordio un centinaio di ab- mera mia passando dal sui tempi previsti, il tea- bonati. I film della rassegna utilizzavano il for- balcone sempre aperto, - tro viene riconsegnato alla mato Blu Ray ed una apparecchiatura con un vi ho detto che vivevo d’a- Città. Ma queste, ahimè, piccolo proiettore Panasonic ma un buon au- ria, - come se andasse ad sono altre storie! dio e uno schermo nuovo di 7 metri. Nel 2015 il un appuntamento amo- Mario Patanè comune di Almese ha partecipato e vinto un roso. Si chiamava «Pipi» * (Felice Saporita, “Il Risveglio: bando della Compagnia di San Paolo grazie al e veniva a posare, mater- Acireale 1944 - 1960”, Accade- quale è stato possibile dotare la sala di un nuo- namente, l’uovo giorna- mia degli Zelanti e dei Dafnici, vissimo proiettore Sony 4K e di un audio Dolby liero in un cassetto mal Acireale 2002) 7.1. Gli abbonati al cineclub sono oggi trecento chiuso dello sganghera- e abbiamo iniziato anche la programmazione to canterano. Come se Eduardo De Filippo (1900 - 1984) segue a pag. successiva 35 n. 36

segue da pag. precedente Teatro di prima visione in un luogo in cui questa manca- va da tanto tempo. Il titolo che abbiamo scelto per l’inaugurazione è stato il bellissimo film di Ron The pride di Alexi Kaye Campbell Howard: “Heart of the Sea – Le origini di Moby Di- ck”. Nella serata inaugurale abbiamo detto al no- Con “The Pride” Luca Zingaretti mette a confronto diversi stro pubblico che ci impegneremo sempre in dife- modi di vivere, ieri e oggi, un’esperienza omosessuale sa del “buon cinema” e che in nome del cinema di Quaranta film. oltre Sylvia, una ex attrice reduce da un esaurimen- qualità ci rifiuteremo di proiettare sul nostro venti spettacoli di pro- to nervoso, sta lavorando alle illustrazioni del schermo i cine-panettoni che di sicuro, una volta sa, serie televisive, il libro di Oliver, uno scrittore per ragazzi. Non terminate le abbuffate di Natale, non lasceranno seguitissimo commis- vede l’ora di presentarlo al marito Philip e più alcuna traccia di sé. Ad affiancare l’attività di sario Montalbano in quella sera, finalmente, usciranno a cena in- cinema al Magnetto ci sono due tavoli di libri a di- testa, di cui si annun- sieme. Quel lavoro è un’occasione importante sposizione degli spettatori con lo slogan: cia già entro il 2016 per lei e ci tiene che i due uomini più impor- LIBRI IN TRANSITO una nuova serie. Luca tanti della sua vita vadano d’accordo.Ma fra Al Magnetto prima e dopo il film scambio di idee Zingaretti è questo e di loro accade qualcosa: vivono un’esperienza anche con i libri tanto altro ancora nel omosessuale tormentata dai sensi di colpa, REGOLAMENTO Giuseppe Barbanti mondo dello spettaco- impossibile da affrontare esplicitamente, ben 1. si può prendere un libro senza alcuna formalità; lo italiano, ma la sua passione per la prosa ne diversa dall’omosessualità ostentata cui ci 2. si può tenerlo oppure riportarlo dopo averlo let- ha fatto uno degli attori italiani sempre coin- hanno abituato gli ultimi vent’anni.Di cui ci to; volti nell’allestimento di cui è interprete, non offre, invece, un corposo assaggio la seconda 3. si può portare un proprio libro per contribuire solo dirigendo anche i colleghi ma spesso di- storia, ambientata oggi sempre a Londra: in allo scambio di idee. venendone addirittura produttore. In questa una serata da incubo Oliver, un giornalista L’iniziativa, che è in collaborazione con la biblio- veste Zingaretti non è nuovo alla scelta di te- gay, ha appena rotto con Philip, un photore- teca di Almese, funziona senza richiedere alcun sti non ancora rappresentati in Italia come porter con il quale ha avuto una storia di due intervento da parte nostra, i libri aumentano in appunto “The Pride” di Alexi Kaye Campbell, che sta portando in tournée, un lavoro con- temporaneo di cui il teatro ha bisogno oggi più che mai, pena la sopravvivenza. L’auto- re greco, che ha studia- to in America e recita- to per diverse stagioni nella Royal Shakespea- re Company, ha curio- samente costruito un testo in cui si alterna- no due storie distinte ma riflesse, ambienta- te intrecciando le vi- modo spontaneo e sono gli stessi spettatori-lettori cende dei tre personag- che si consigliano tra loro nella scelta di titoli e si gi che condividono i fermano a chiacchierare tra loro di libri e di cine- nomi in entrambe le sto- ma. Così con l’occasione di vedere un buon film è rie e per volere dell’au- anche cresciuta la voglia di scambiare opinioni tra tore sono interpretati persone che prima si conoscevano solo di vista. In dagli stessi attori, a sot- un’epoca in cui nel nostro Paese solo il 20% delle Foto di scena di Daniele Romano tolineare come l’una sia persone va al Cinema o a Teatro o legge un libro, l’ombra dell’altra. Si tratta di due storie d’a- anni. Sylvia, amica di entrambi, cercherà di questa ci sembra una “piccola grande idea” che more in cui si affronta il tema dell’omosessua- indagare i motivi per cui la relazione fra Oli- speriamo venga imitata e si diffonda. La cultura è lità, vicende che toccano nel profondo il pub- ver e Philip è saltata: Oliver si avvicina a Syl- una molla potente che può rendere migliori le per- blico, perché si parla dell’identità di ciascuno via, presentatagli proprio da Philip, per con- sone. Anche il futuro del cinema sul grande scher- di noi, del coraggio di scoprire chi si è, di trastare la solitudine e cercare di capire grazie mo fa parte a pieno titolo della cultura e noi sotto- prenderne atto, e agire di conseguenza. “The alla sua amicizia le ragioni del proprio com- scriviamo con convinzione le parole di Walter Pride” pone, infatti, a fianco l’una dell’altra portamento. Le due storie scorrono parallele e Veltroni: “(…) Per una sera (…) guardate di aver una vicenda ambientata in un periodo segna- le scene si alternano sullo sfondo delle elegan- spento la luce e prendete le chiavi di casa e chiude- to dalla repressione (la fine degli anni ’50 del ti scene di Andrè Benaim. La regia (la terza te la porta dietro di voi. Stasera si va al cinema. (…) secolo scorso) ad un’altra vissuta nel nostro della sua carriera) firmata da Luca Zingaretti Perché l’ingresso in quella sala, una volta spostata presente. La sorte dei personaggi è legata alle lascia spazio al testo e al comprimario Mauri- la tenda lisa, era un’emozione in sé. Perché si era epoche in cui vivono: le azioni sono le medesi- zio Lombardi che entra e esce da due perso- sempre in tanti e si rideva, facilmente, e si piange- me, ma gli esiti sono molto diversi. Il testo in- naggi, distantissimi tra loro, senza incertezze va, facilmente, insieme. (…) Stasera andate al cine- duce a riflettere su come sia cambiato il modo e senza confondersi o confondere. Zingaretti ma. E non accettate mai che una sala chiuda sen- di vivere l’omosessualità nell’arco di nemme- è affiancato anche da un nucleo di validissimi za provare dispiacere. E’ come un albero che no sessant’anni. Si parte dalla Londra del 1958 interpreti, Valeria Milillo, Riccardo Bocci e da cade. Meno ossigeno per tutti.”. per arrivare a quella dei nostri giorni. La prima Alex Cendron. Alberto E. Calosso vicenda prende le mosse da una serata speciale. Giuseppe Barbanti Associazione 35mm (aderente alla F.I.C.C.) 36 [email protected] I tempi della visione cinematografica Nel sostenere il prima- estetica (argomento di cui tratterò successi- (anche in questo caso ritengo opportuno de- to della parola sull’im- vamente). Ogni cosa al suo posto e tutti inven- dicare ampio spazio nei capitoli successivi). Si magine – icona cri- tori. Nelle circostanze odierne – in un oggi parlerà, pertanto, di grado visivo e gradualità stallizzata e, dunque, prolungato da oltre cinquant’anni – alla spet- percettiva, implicando la scansione bidimensio- avversa alla vita – il ci- tacolarizzazione si è pervenuti di pari passo nale (piatta) a un tempo simultaneo per giun- nema apre la strada al alla società dello spettacolo (N. Chomsky) e su- gere alla tridimensionalità (superficie e profon- superamento dell’ar- scita stupore che la cinematografia se ne ten- dità), fino a una quadri-dimensionalità formulata te, stando all’utilizzo ga lontana, se non quando devia, per taluni secondo l’appercepibilità tridimensionale di situazionale dell’arte. fronti, verso la piaggeria che comunica ciò concerto allo stato di sistema dell’osservatore. La parola garantisce in- che è la realtà del videor: una realtà che scim- Da questo momento inesauribile l’elaborazio- nanzitutto il supera- miotta il sembrare fino a esserne totalmente ne diviene complesso di situazioni, i cui movi- menti sono periodicamente scomposti e ricom- Carmen De Stasio mento dell’immagine risucchiata. In termini tecnici, la cinemato- contemplativa, soste- grafia gode di tre momenti portanti e inesau- posti fino a ottenere un complesso di immagini nendo il flusso di pensieri e, contro il pericolo ribili (mi riservo di spiegarne in seguito il mo- in una consequenzialità che consiste di un ve- della soggettivizzazione, incanalando verso la tivo): la luce, i pigmenti cromatici dell’immagine ro e proprio apparato, in cui la storicità dell’in- creazione di un ambiente parlour. Ciò si rivela com’è percepita, la condizione dell’osservato- dividuo conferisce corporeità alla dimensione efficace negli anni ’60 del secolo visiva. Una questione di scelta scorso con la diffusione dei cine- ottica e, per questo, consequen- forum quali luoghi di dibattito a ziale. In un certo senso, l’inter- uso di intellettuali (e, in ogni ca- vento involontario del soggetto so, di amatori interessati) garan- attivo nella sua azione visualiz- ti di una tendenza all’apprezza- zante deforma le immagini e ne mento del cinema di qualità. Le riconduce la sequenza secondo iniziative recuperano un’idea un tipo di penetrazione del tutto sollecitata a suo tempo dai surre- inconsueta, cosicché nelle im- alisti, per i quali fondante impal- magini cinetico cinematografi- catura fosse l’innesto del mecca- che va a incastrarsi l’intonazione nismo del pensiero individuale della memoria (ciò che guardia- per scongiurare la malformazio- mo è già passato), recuperando ne automatizzata tendente a un altresì l’oblio. Il che rientra in vocalizzo piano, sì da evitare un quella che Mario Perniola stabili- giudizio critico prevalente d’o- sce essere la dinamica del valore rientamento o, peggio, di dire- culturale1 e sottende (qui insisto) la zionamento, al gusto in un’og- variabilità nel concepire una se- gettività implosiva. Si parlerà, quenza organica come assoluta pertanto, di cinefilia strategica, e stabilita una volta per tutte. Mi adattata alla tecnica di guardare spiego: una pellicola qualsivoglia alla cinematografia: di fatto, in che sia sostenuta da appercezio- un’epoca in cui s’avverte forte lo ne condizionata dal sistema in- scombussolamento del linguag- dividuale graduante non è ga- gio in un’unica sostenibilità a ranzia di reiterate sensibilità, se opera di quella che considero co- considerata fuori da schemi municazione incompiuta – o in- temporali (storici) diversi: le ri- compiutezza della comunicazio- sultanze, in ordine di complessi- ne – è la porzione scritta (grafia) tà, saranno sottoposte ad altri a restare come unica voce che valori (elementi) di acquisizione contempli la prosecuzione dall’im- cumulativa o in detrimento con magine in scorrimento a un que- uno o più effetti di contamina- stionare, evidenziare, commutare, Gettyimages 1920’s, Konemann, Germany, 1998, p. 261 zione, che, a loro volta, interagi- transitare mediante la strategia ranno di conseguenza con il si- del pensiero cinetico. O cinematico, dunque. re allineata dagli individuali sistemi visivi. stema, dal quale risalirà l’immagine (e, altresì, Non potendo esclusivizzare le intenzioni che Quella che in arte è definibile poesia corri- il movimento d’immagine) percepita. Questo promossero nella seconda metà del XIX seco- sponde allo stato soggettivo in cui la visione è forgia la novità: accanto ad azioni inconsape- lo la creazione effettuale della cinematogra- assicurata dalla singolarità del sistema abi- volmente acquisite, nelle fasi di visualizzazio- fia, e potendo esortare una riflessione che me- tuale di (ap)percezione della strategia visiva, ne successiva in ordine al tempo, si avrà consi- di dalla promozione curiosale di attendere a anziché la spontanea e fuorviante tattica visiva derazione di sensibilità coscienti della medesima nuove escrescenze tecnologiche aperte dalla variazione, sì che il pigmento di luce sarà sca- già scoperta fotografica in estensione in am- turigine di un’innovativa, dinamica curiosità, bito chimico e ottico, oso presumere si trat- di contro alla normalizzazione omogeneiz- tasse, quale risultato, di spettacolarizzazione zante2. di un’immagine fissa o fotografica, appunto. Carmen De Stasio Un uso sorprendente per rafforzare la ten- denza alla vivacità di cui in quel tempo allun- * Prossimo numero: La comunicazionalità cinematografi- gato anche nel secolo successivo godesse tan- ca to la tecnologia che gli avanzamenti scientifici 1 M. Perniola, Contro la comunicazione, in genere, al punto da rivedere tutte le teorie e Tullio Pànteo in “La Scena Illustrata”, Pollazzi, N. XIX, Einaudi, Torino, 2004, p. 97 le certezze risolutive riguardanti il concetto di Firenze, 1 Ottobre 1903, p. 9 2 ibi, p. 97 37 n. 36

Abbiamo ricevuto Al cinema Sotto il segno dei Perfect Day Taviani Non tutti gli anniver- corda si spezza. Il resto del film è la ricerca di sari sono uguali. E si una nuova corda. Ecco allora che, come in una i film: 1962-2014 sa come la macchina ballata piena di ritmo (strepitosa anche la co- mediatica li “celebri” a lonna sonora), vediamo i nostri fare su è giù seconda di opportuni- per la zona a bordo dei loro suv, incrociando la tà politiche o di “mer- brulicante umanità che popola il caos di que- Gabriella Gallozzi cato”. Tra quelli del 2015 sto teatro dell’assurdo. Le truppe Nato che con appena terminato, per kafkiano diletto mettono i bastoni tra le ruote esempio, ce n’è stato uno passato quasi inos- servato, almeno alle nostre latitudini. A riba- dire come certe pagine di storia vadano a fini- re dritte dritte nell’oblio collettivo. Stiamo parlando, infatti, degli accordi di Dayton che, vent’anni fa, avrebbero dovuto mettere la pa- rola fine alla guerra dei Balcani, uno dei con- flitti più atroci e sanguinosi di questo nostro presente recente. Ebbene, nell’indifferenza collettiva a ricordarceli, la guerra soprattutto e gli accordi, è stato un film. Un bellissimo film:Perfect Day dello spagnolo Fernando Leon De Aranoa, passato a Cannes e “dirottato” nel- ai cooperanti, invece di agevolarne gli inter- le nostre sale dalla sapiente Teodora di Vieri venti. Il circo mediatico. I combattenti ancora Razzini e Cesare Petrillo. Fernando Leon De in stato di guerra che continuano a fare posti «… Nel Sessantotto si voleva usare un linguag- Aranoa, il Ken Loach spagnolo per intenderci, di blocco e, dove possibile, stragi fratricide. I gio violento, cattivo, che doveva essere un pu- che a inizio 2000 conquistò la ribalta interna- civili che non collaborano in alcun modo, an- gno in faccia allo spettatore addormentato. Si zionale con I lunedì al sole, gioiello d’ironia e zi. Sentinelle messe a guardia del nulla. Ra- diceva: lo so che è un pugno, lo so che fa male, “militanza” sulla crisi del lavoro, ma intanto vi scuote. E invece è arrivato quel stavolta ha trovato ispirazione in successo planetario. Quando sai che un miliar- un libro: Dejares Llover della spa- do e mezzo di persone ha visto un tuo film, gnola Paula Farias, scrittrice ma non è che cambi il modo di fare cinema, anzi, il soprattutto volontaria di Medici tuo rigore aumenta, ma cerchi di avere una senza frontiere. La sua esperienza maggiore trasparenza, così che il tuo rigore ar- di responsabile delle emergenze rivi in modo più diretto. Da lì è nato quello che mediche durante la guerra dei Bal- chiamano il nostro cinema dell’affabulazione. cani, infatti, è il tema di Perfect Day Il tuo essere autore vive del tuo rapporto con che al lavoro degli operatori uma- gli altri. E fortunatamente si cambia, altri- nitari rende omaggio, seppure a menti la vita sarebbe noiosa, sempre uguale. suo modo, col sostegno di un cast C’è sempre un continuo scoprire, sbagliare e internazionale: Benicio Del Toro, trovare…» Tim Robbins, Olga Kurylenko (la Paolo e Vittorio Taviani svenevole studentessa de La corri- spondenza di Tornatore) e Mélanie a cura di Jaurès Baldeschi Thierry. Non stupisce, infatti, che “Perfect Day”( 2015) scritto e diretto da Fernando León de Aranoa, Interventi di De Aranoa, dopo un percorso d’au- adattamento cinematografico del romanzo “Dejarse Llover”, scritto da Mino Argentieri, Riccardo Bernini, Luisa Ceretto, Roberto tore ormai consolidato anche nel Paula Farias Chiesi, Marco De Poli, Gualtiero De Santi, Claudia Gemi- documentario sociale, sia rimasto niani, Andrea Mancini, Tullio Masoni. Con la collabora- colpito da questo romanzo che proprio con gazzini dalle famiglie sterminate dai loro vici- zione di Andrea Campinoti, Lorenzo di Falco, Marco Pucci l’arma dell’ironia racconta la follia della guer- ni di casa. Case fatte saltare in aria con le Circolo del Cinema “ANGELO AZZURRO”. ra e i suoi quotidiani paradossi. Siamo in Bo- bombole del gas, interamente distrutte, così

snia, nel 1995, all’indomani degli accordi di da non permettere più il ritorno di eventuali Castelfiorentino 2015 Dayton. Eppure la “pace” resta un miraggio. proprietari, secondo la folle legge della pulizia La Conchiglia di Santiago pagg. 146 €10,00 Nulla è come prima e il caos regna sovrano. In etnica (uno dei pochi momenti drammatici ISBN 9788897405146 questo scenario si muovono Mambrù (Benicio del film e il più alto). Insomma, la guerra con Distribuzione CDA libri Bologna Del Toro), responsabile di una ong e il suo col- tutta la sua atroce follia. In particolare quella lega B (Tim Robbins), l’uno inguaribile don- dei Balcani la più assurda e apparentemente Pubblicato in occasione della retrospettiva giovanni ma serio e determinato nell’agire, incomprensibile che De Aranoa ci racconta SOTTO IL SEGNO DEI TAVIANI: i film 1962-2014 adrenalinico e fuori di testa l’altro. In squadra sul filo dell’ironia e dello humour nero, tra me- 7ª edizione de “Il giglio d’oro” con Mabrù c’è la giovane ed idealista Sophie tafore e non, attraverso una scrittura ad oro- Cinema Teatro Scipione Ammirato - MONTAIONE - 24 (Meélanie Thierry), esperta di purificazione logeria che sicuramente guarda ad un illustre settembre – 4 ottobre 2015 Teatro GAT, CASTELNUOVO delle acque. Il loro compito è “bonificare” un precedente: Non Man’s Land del bosniaco Da- D’ELSA Castelfiorentino - 8 – 24 ottobre 2015 pozzo: il cadavere di un ciccione, buttatoci den- nis Tanovic, che per primo ha saputo raccon- La rassegna cinematografica è stata diretta da Jaurès Bal- tro ad hoc, rischia di avvelenare l’unica fonte di tare il ridicolo di una guerra atroce. Come, a deschi con la collaborazione di Andrea Campinoti, Federi- approvvigionamento della vasta area montuo- guardar bene, sono tutte le guerre che insan- co Cioni, Lorenzo Di Falco, Marco Pucci e Marco Ulivieri sa. Il film inizia da qui: Mambrù che tenta di ti- guinano il mondo. ISBN 9788897405146 - Distribuzione CDA libri Bologna rare su il morto quando, improvvisamente la Gabriella Gallozzi 38 [email protected] Il Cinema in Puglia all’inizio del 2016 II parte* di differenziare gli interventi della Commis- costume “Estrella Fugaz” (Stella cadente, Fal- La descrizione prose- sion, che offre il supporto ad autori affermati ling Star; Spagna 2014, 111’) prodotto e diretto gue con alcune produ- e con indubbie prerogative di mercato, ma so- da Luis Miñarro, girato anche a Castel del- zioni audiovisive in stiene anche progetti dai linguaggi più com- Monte (ma principalmente a Barcellona) e via di completamento, plessi, che necessitano di particolare atten- presentato al Torino Film Festival nel Novem- altre lavorazioni e post zione, per reperire risorse utili al processo bre 2014, è stato già distribuito in Spagna. In- produzioni in fase fi- produttivo e a un efficace circuito di distribu- terpretato da Àlex Brendemüh, con Geraldine Adriano Silvestri nale e tanti film già zione». L’ultimo film distribuito tra le produ- Chaplin, Bárbara Lennie, Lola Dueñas e Lo- programmati all’estero, ma ancora in attesa zioni straniere – uscito il 16 Dicembre scorso renzo Balducci: «Le vicende di Amedeo D’Ao- di ottenere un piazzamento nelle sale Italia- - è “La Vie trés privée de Monsieur Sim” (Fran- sta, un personaggio poco descritto dalla storia ne. Incominciamo – tuttavia – con un action cia 2015, 101’) di Michel Leclerc, presentato in e dalla cinematografia, al centro di giochi po- thriller che è sugli schermi proprio in questi contemporanea nelle sale di Francia, Belgio e litici, proclamato Re di Spagna nel 1870. Un giorni: si tratta del remake di “Point Break” Svizzera dopo la proiezione al festival di breve e travagliato Regno, metafora di un mo- (Usa 2015, 114’), diretto da Ericson Core, di- Tokio: interpretato da Jean Pierre Bacri, Chri- mento storico, con un focus sul periodo della stribuito da Eagle Pictures in versione Real 3 stian Bouillette, Anais Fouque e con Valeria sua reclusione e del ritorno in Italia». Per D. Il cast comprende l’attore venezuelano Ed- Golino e Venantino Venantini. Commedia “Stratton”, diretto da Simon West, l’uscita è gar Ramirez, la coppia di giovani australiani tratta dal romanzo “The terrible privacy of prevista per l’anno 2016 in Regno Unito. In Luke Bracey e Teresa Palmer, gli interpreti Maxwell Sim” di Jonathan Coe: «Monsieur Luglio scorso a Brindisi, nella Centrale Enel di britannici Ray Winstone e Delroy Lindo: «L’U- Maxwell Sim arriva al limite; viene lasciato Cerano, nella Baia dell’Orte, a Squinzano e in- nica legge che conta è quella della gravità. Un dalla moglie e dalla figlia, ha un pessimo rap- fine a Roma si sono effettuate le riprese agente Fbi si infiltra in una squadra di atleti di porto con suo padre e non trova conoscenti a dell’action thriller movie, basato sui romanzi sport estremi che - sospetta - stiano pianifi- cui confidare i propri pensieri, nonostante i omonimi scritti da Duncan Falconer. Prota- cando una rapina». Il titolo significa “Punto di 74 “amici” su Facebook. Riceve una proposta gonista è Dominic Cooper. Nel cast: Austin rottura” ed è un termine surfistico, che indica di lavoro, per la quale intraprende un lungo Stowell, Gemma Chan, Thomas Kretshmann, viaggio, alla riscoperta Connie Nielsen: «Un agente della Special Boat del suo passato fami- Service (Marina Militare Inglese), ha il compi- liare, che lo condurrà a to di scoprire e catturare una cellula terrori- verità sorprendenti». stica. La caccia all’uomo si svolge in Europa, e Terminarono in Otto- lo conduce a Roma, da dove si addentra nelle bre 2014 le riprese tra maglie della criminalità italiana, per intercet- le Isole Tremiti, Villa- tare Bascanti, un terrorista al centro di una nova ed Ostuni e l’ae- operazione internazionale, che sta pianifi- roporto di Brindisi, cando un attacco a Londra». Il film horror poi la troupe ha girato “Spring” (Usa 2015, 109’) dei registi americani in Costa Azzurra. È Aaron Moorhead e Justin Benson, è uscito in stato – invece – già di- parte degli Usa il 20 Marzo scorso e poi in Re- stribuito in Svizzera il gno Unito il 22 Maggio. È stato presentato in lungometraggio “De almeno trenta Festival all’estero, ma mai in “Point Break” - Punto di rottura 2015, remake del film del 1991 l’autre côté de la mer” Italia. Prodotto da David Lawson e Luca Le- (Svizzera / Albania 2015, gnani per “XYz Films” e girato a fine anno 106’), scritto e diretto 2013 a Polignano a Mare, Conversano, Oria e il fondale roccioso, luogo adatto a praticare lo da Pierre Maillard: «Una storia di migrazione, negli scavi archeologici di Egnazia, e infine a sport del surf. Il set fu allestito anche in Salen- tra un vecchio fotografo di guerra di origine Los Angeles. Protagonisti Lou Taylor Pucci e to, in particolare nel porto di Castro e alla diga svizzera e una giova- di Punta Riso a Brindisi, in Agosto 2014, con ne ragazza in fuga, una eccezionale serie di riprese e con l’impie- tra sud Italia e Alba- go dei migliori stunt mai coinvolti per la rea- nia, che confluisce in lizzazione di un film in Puglia. La troupe (che nuova energia per in precedenza aveva girato a Berlino), poi si continuare a resiste- trasferì in Austria, Svizzera e Francia, per re.» Nel cast: Carlo continuare a Tahiti, in Polinesia francese, Brandt, Kristina Ago, Messico, Venezuela, India e negli Stati Uniti. il barese Michele Ve- Le riprese si sono concluse in Italia a Cour- nitucci, Rael Hoxha e mayeur a Novembre 2014. Il film - prodotto da Al- altri attori albanesi. con Entertainment - è scritto da Kurt Wim- Prodotto da Cab Pro- mer, che si è ispirato alla precedente omonima ductions: ricalca il pellicola, uscita nel 1991, diretta da Kathryn film di identico titolo Bigelow (titolo italiano: “Punto di rottura”). uscito nel 1997 e il più Con Raffaella Delvecchio, International pro- recente episodio tv duction manager della Apulia Film Commis- di Maria Cristina sion, compiliamo una rassegna dei titoli stra- Haller. Girato a Set- “Estrella Fugaz” di Luis Minãrro. (foto di scena a Castel del Monte) nieri girati negli ultimi tempi nella Regione tembre 2014 “dall’altro con il sostegno della Fondazione, a partire da lato del mare” in Albania e poi in Ottobre tra Nadia Hilker, fotomodella bavarese: «Un gio- “My Rastafari Roots”, documentario diretto Bari/ San Giorgio, Torre Santa Sabina, Torre vane, attraversato da una spirale di crisi per- da David Verhaeghe e prodotto da Off World Canne, masseria San Lorenzo di Fasano e Ci- sonale, fugge dalla California verso il Meri- di cui si sono ultimate le riprese: «Queste ope- sternino con produzione esecutiva affidata a dione d’Italia, e qui avvia una storia d’amore re nel loro complesso rispecchiano la volontà Oz Film di Francesco Lopez di Bari. Il film in segue a pag. successiva 39 n. 36

segue da pag. precedente YouTube Party #16 con una donna che appare tranquilla, ma porta dentro di sé un oscuro segreto...». La Puglia si conferma lo scenario ideale per le produzioni ci- Hell’s Club.Mashup/Movie.Official.Amdsfilms nematografiche a livello Internazionale. Alcune, da tempo girate, attendono una data di uscita Visualizzazioni - 5’338’420 (link) nelle sale italiane: tra queste c’è “Banat. Il Viag- La trama - Dalle casse del secolo scorso, i bambini venivano battez- gio”, opera prima del regista milanese Adriano pompano i Bee Gees, zati con nomi di matrice variamente tradizio- Valerio (2015, 84’), girato in gran parte a Bari nel le luci annegano il nale (cristiani, tratti dall’epica classica o dalla dancefloor di opale- storia), ora è sempre più comune rinvenire scenze cremisi e ame- fortunati infanti nominati Ridge (da Beautiful) tista, l’aria è pregna di o Khaleesi (“moglie del signore della guerra” un teso onirismo. È in lingua dothraki, da Game of Thrones). Hell’s una serata come le al- Club ci fornisce anche interessanti anomalie: Massimo Spiga tre all’Hell’s Club, di- notiamo come Micheal Jackson, ad esempio, scoteca in cui si intrecciano i destini di Termi- sia “asceso in vita” nella mediasfera iperurani- nator, Tony Montana, Blade, Pinhead, Carlito ca, un po’ come la Madonna o gli imperatori Brigante, Darth Vader, Micheal Jackson, Ro- divinizzati della romanità. Gli eroi pop hanno “De l’autre côté de la mer” (Dall’altra parte del mare), bocop e un’intera legione di icone cinemato- plasmato la mentalità e guidato le vite di mi- del registra svizzero Pierre Maillard grafiche degli ultimi quarant’anni. Hell’s Club, lioni di persone, e, finora, il cinema è stato il opera del regista Antonio Maria De Silva, è un medium supremo nel veicolare il loro verbo, marzo scorso e - per il resto - in Romania, con cortometraggio dal montaggio aggressivo che ancor più della televisione. Mentre aspettia- qualche scena anche in Bulgaria e Macedonia, si rifà alla tradizione musicale del mashup; mo la fondazione della chiesa di Santo Bat- con protagonisti Edoardo Gabbriellini ed Elena davanti ai nostri occhi sfilano eroi cinemato- man Redentore, ricordiamoci che noi tutti Radonicich e con la partecipazione di Piera Degli grafici, estratti dalle lo- Esposti: «La vicenda di una emigrazione al con- ro prigioni di cellulosa trario, alla ricerca di lavoro e felicità. La genera- e ricontestualizzati in zione dei trentenni tra crisi economica, senti- un nuovo ambiente, in mentale e sociale, attraverso la storia tra due cui possono interagire ragazzi, che si incontrano casualmente, mentre in nuovi e inaspettati uno dei due lascia all’altro l’appartamento in cui modi. Hell’s Club ci pre- vive: Ivo è agronomo e la mancanza di opportu- senta un possibile pan- nità lo spinge ad accettare un lavoro nel Banat. theon visivo del nuovo Clara è appena uscita da una relazione, ma si ca- secolo. E, così come i piscono subito e passano una sola notte insieme, pantheon dell’età clas- prima che Ivo parta. Poi la donna gli fa visita in sica, basta il tempo di un respiro perché le auguste adunate degli siamo animali che raccontano storie per spie- eroi si trasformino in una mega-rissa da pub gare a sé stessi il mondo in cui vivono. Chi im- irlandese. magina un Medio Oriente sotto il giogo della L’esegesi - Al contrario dell’Ottocento, un seco- superstizione e dell’irrazionalismo, in conflit- lo che annegava nella storia e nello storicismo, to con un occidente laico e scientifico, si rifiu- il nostro ha scelto di percorrere il sentiero in- ta di vedere gli spiriti e gli dèi - ovvero, le sto- verso. Per usare le parole di Joyce, ha deciso di rie - che animano il nostro fervore religioso, la svegliarsi dall’incubo della storia; è un’era mi- corte invisibile di miti commerciali, che ci “Banat” (Il viaggio) tica ed epica, avulsa dall’idea di passato e di guarda dall’alto e sorride. Dopotutto, un pesce futuro: un presente assoluto che cela dietro non può scorgere la corrente in cui nuota. Romania: ma davvero questo esilio è l’unica stra- una sottile patina pseudo-razionale (Crowley Il pubblico - I bravi fedeli inneggiano ciascuno da per la felicità?» Banat è il nome di una Regio- definì lo scientismo odierno “il gorilla che al proprio nume tutelare (Manero! Darth Va- ne Romena ed ha fatto il giro dei festival: in Set- scimmiotta Thoth”) la sua segreta nostalgia der! et similia), mentre altri commentano ne- tembre scorso unico film italiano in concorso del neolitico. Che questo sia dovuto all’odier- gativamente la mancanza del proprio (Bat- alla Settimana della Critica a Venezia e poi in An- na struttura delle classi sociali e relative dina- man!), in un incipiente conflitto tribale. teprima Nazionale a Foggia. Il lungometraggio, miche del capitale, sciolto dai suoi antichi vin- Inoltre, un nutrito drappello di fan dei Bee con soggetto e sceneggiatura di Adriano Valerio coli, o alla natura eminentemente visiva dei Gees punta le attenzioni della massa adorante ed Ezio Abbate, è una produzione Movimento media elettrici (il paganesimo si sviluppa tra- sul loro piccolo altare votivo. Molti altri elogia- Film con Rai Cinema con Ars Digita (Bulgaria), mite medium visivi, mentre il monoteismo è no il regista per le sue abilità artistiche e tecni- Parada Film (Romania) e - per la prima volta - da sempre più affine alla lettera scritta), è irri- che, criticando in modo sferzante chi la pensa coinvolge in una co-produzione con l’Italia, la levante ai fini di questo articolo. In nessun in modo diverso («[…]mutha fuckers complai- Macedonia (Kt Film). A ottobre ha aperto a Pado- luogo questo stato di cose è più evidente che ning and shit»). In un trionfante tripudio di va il Detour Film Festival (Cinema di viaggio), a nelle grandi produzioni hollywoodiane, una celebrazioni, molti elogi vanno al montaggio, Novembre è stato premiato al Festival di Tirana e fabbrica di miti che sputa dèi, semidei ed eroi sia in questo specifico sfoggio di bravura, sia – infine - è uno dei tre film italiani che hanno a getto continuo. Hell’s Club è una rappresen- nella sua accezione generale: in una società partecipato nella California ai primi di Gennaio tazione plastica di quanto detto finora, fin primariamente visiva, quest’arte è capace di 2016 al Palm Springs International Film Festival. dalla didascalia iniziale: la discoteca si trova fabbricare nuove realtà e plasmare nuove divi- Ma al momento non è ancora in distribuzione infatti “fuori dal tempo” e “fuori dalla logica”; nità oppure terribili shaitan, gli avversari, il nelle sale. il nostro olimpo pop è concepito come tra- Grande Altro. Teniamolo a mente, la prossima Adriano Silvestri scendente la razionalità, sopra e oltre il pre- volta che guardiamo il telegiornale. *La prima parte è stata pubblicata sul numero 35. La sente assoluto in cui viviamo. Possiamo notare terza parte, dedicata al cinema italiano, proseguirà sul tracce di questo nuovo paganesimo commercia- prossimo numero le anche nei fatti minuti della vita. Se, all’inizio Massimo Spiga 40 [email protected] Streaming tv, binge watching e serie sempre più simili a film Il panorama seriale con- - se non quelle scelte e volute dallo spettatore, serie può piacerci o meno - e se quindi voglia- temporaneo da qualche libero di fruire delle puntate come meglio cre- mo farne un appuntamento settimanale o anno a questa parte sta de -, non ci sono i mid season finale o pause meno -, con queste nuove serie è necessario subendo interessanti tra- estive o invernali, non ci sono festività che in- guardare più di un episodio per farsi un’idea sformazioni, da quando terrompono il normale flusso di palinsesto. precisa. Sono serie che magari non partono hanno fatto la loro com- Non c‘è un palinsesto, in effetti, se non quello col botto e sono meno sconvolgenti, probabil- parsa diverse piattafor- creato dal singolo spettatore. Cosa comporta mente, delle altre a cui siamo abituati, ma Laura Frau me che hanno modifi- cato i connotati classici delle serie tv, perlomeno per come eravamo ormai abituati ad inten- derle da “Twin Peaks” a questa parte. A otto- bre è sbarcato anche nel nostro Paese - con qualche anno di ritardo - Netflix, l’azienda statunitense prima collegata al noleggio di DVD e videogiochi e dal 2008 entrata anche nel mercato dello streaming tv, divenuta ben presto un competitor per la televisione via ca- vo e quella online, producendo serie originali come “House of Cards”, con protagonista il premio Oscar Kevin Spacey, “Orange is the New Black” (di cui è attesa a giugno la quarta stagione), “Sense8”, “Narcos” e le marveliane “Daredevil” e “Jessica Jones”. Ancora è presto per analizzare l’impatto che ha avuto nel no- stro Paese (i primi dati dicono che in realtà non avrebbe modificato così tanto il panora- ma televisivo nazionale), ma è indubbio che abbia rivoluzionato il concetto stesso di serie. “Mozart in the jungle” è una serie prodotta da Picrow per Amazon Studios, con protagonista Gael García Bernal. Netflix e Amazon non sono i soli ad offrire un servizio di video streaming, ma ciò che è bene tutto ciò? Sicuramente modifica la visione e la hanno un altro modo di far leva sullo spettato- evidenziare della loro attività è che negli ulti- fruizione dei contenuti nonché la struttura re e affascinarlo. Si tratta sicuramente di un mi anni hanno iniziato a produrre serie pro- degli episodi: non serve più inserire in ogni nuovo linguaggio, che richiede del tempo per prie (oltre che a salvare quelle esistenti, come puntata un colpo di scena (come ha riferito essere metabolizzato, come sempre accade: avvenuto con “Arrested Development”, chiusa anche l’attrice Deryl Hannah a proposito di non servono più, ad esempio, i recap ad inizio nel 2006 e riportata in vita proprio da puntata che ricordino allo spettatore Netflix). Oltre al fatto che contribui- cos’è successo nella puntata preceden- scono ad accrescere l’offerta di serie te appena vista; tutti i meccanismi tv, la vera rivoluzione sta nelle nuove narrativi tipici di ripetizione non sono regole seguite per la produzione di più necessari. Ciò che prima rappre- questo nuovo tipo di serie e per la loro sentava l’eccezione, ovvero qualche fruizione. Le serie netflixiane (ma episodio “stand alone” che mostrava così accade anche per quelle targate una trama quasi autonoma rispetto a Amazon “The Man in The High Cast- quella generale di una data serie (pen- le”, “Mozart in the Jungle”, “Transpa- siamo a “The Constant”, il quinto epi- rent”) vengono rilasciate per stagioni. sodio della quarta stagione di “Lost”, Il che significa che in una sola giorna- che tra passato, presente e futuro si ta vengono resi disponibili tutti gli focalizza sul personaggio chiave di episodi insieme e non a cadenza setti- Desmond e della sua costante, Pene- manale come invece avviene per i pro- lope, in grado di fermare i suoi viaggi dotti seriali delle principali emittenti spazio-temporali) è ora una situazio- televisive. Una differenza non da po- ne comune a quasi tutti gli episodi di co, se ci pensiamo bene, che favorisce queste nuove serie. Positivo o negati- quello che viene definito “binge wa- vo che sia questo cambiamento, è in- tching”, l’abbuffata, la maratona di negabile che sia una sorta di rivoluzione, ore e ore davanti allo schermo. Men- dato che implica una trasformazione tre le serie a cui siamo solitamente nella concezione classica di televisio- abituati hanno una programmazione ne e di serie, nella modalità di fruizio- “Sense8” è una serie fantascientifica targata Netflix, che ha rilasciato la prima settimanale e devono tenere vivo l’in- ne dei contenuti e nel linguaggio utiliz- stagione nel giugno 2015 e di cui è adesso in produzione la seconda stagione. teresse dello spettatore in ogni punta- zato. Piattaforme come Netflix possono ta (sfruttando ampiamente i cosiddetti “clif- “Sense8”, molto più lento delle serie tradizio- non seguire le regole canoniche del mercato, of- fhanger”, i colpi di scena che chiudono quasi nali, privo di eccessivi colpi di scena eppure frendo dei prodotti diversi dal solito, storie ogni episodio), questa necessità nelle serie co- molto godibile e particolare), ogni stagione che forse non troverebbero mai spazio sulle me “Sense8” scompare: i frequenti colpi di assume sempre più i connotati di un film lun- emittenti tradizionali, sempre alla ricerca scena diventano superflui e quindi sfruttati go, con una storia che può svilupparsi anche dell’impatto sullo spettatore. solo quando necessario, mentre la narrazione lentamente, perché è assente l’obiettivo di sor- si avvicina ad un film lungo ore più che ad una prendere sempre e comunque. Se normalmente serie. Non ci sono pause nella programmazione basta la visione del pilot per capire se una nuova Laura Frau 41 n. 36 Il silenzio degli innocenti L’ inquadratura di aper- tura del film ritrae il personaggio interpre- tato da Jodie Foster (l’agente Clarice Star- ling) durante una delle sue faticose sedute di al- lenamento atte a tem- prarne la capacità di so- pravvivenza e la volontà Giovanni Mazzallo di resistenza in un mondo in cui ha subito diversi traumi (fra cui la morte del padre poliziotto cui spararono quand’era ancora troppo piccola) pur di rag- giungere il suo sogno principale, ossia entrare nell’FBI per lavorare nelle perizie criminolo- giche al fianco del dott. Jack Crawford. Il vero protagonista della pellicola in questo senso è il passato, che non si limita meramente a de- terminare le condizioni vigenti al momento presente per lo stato dei personaggi, ma è an- che perennemente compartecipe simultanea- mente ai protagonisti della vicenda di ogni donna, Clarice può essere l’ultima opportuni- col passato, quello di Bill è di cancellazione e avvenimento che, per sua natura, si ricollega tà per indurre Lecter, che viveva da anni in (auto)distruzione. Il desiderio, ciò che si vede, imprescindibilmente a un dato tassello di vita prigione nella stessa cella da cui non aveva il cinema degli occhi muove l’essere umano. trascorsa che non si è ancora riusciti piena- modo di vedere alcunché del mondo esterno, Clarice stanerà Bill e, districandosi nell’oscu- mente a scardinare da se stessi in modo da ad aprirsi, poiché può istituire quel confronto rità della sua casa che simbolizza le tenebre non essere più vincolati al dolore che ne pro- di caratteri e di relazionalità in grado di far che hanno da sempre costituito la sua vita, in- viene e che debilita tanto il corpo quanto lo breccia in Lecter e convincerlo a collaborare fine lo ucciderà. Gli innocenti, gli agnelli, non spirito. Il personaggio della Starling, che già a con la polizia per la cattura di Buffalo Bill, che piangono più. Adesso stanno zitti, in silenzio. partire dal nome indica semioticamente la era stato a suo tempo un suo paziente. Quello Il silenzio degli innocenti. La trasfigurazione cristallinità e la trasparenza positiva della ra- che Clarice non può prevedere è che dall’in- di Clarice è avvenuta, è una donna che ha su- zionalità con cui tenta di far fronte ad ogni si- contro, e dai successivi incontri, con il dott. perato la prova del fuoco della sua vita (come tuazione (Clarice è “chiarezza”, star è “stella”, Lecter l’unica persona ad essere una diretta indicato anche dall’interesse nei suoi con- ling è “risplendere”), mos- fonte di rivelazioni (sul fronti manifestato da Crawford e già antici- sa dalla perdita subita in suo passato, sulla sua pato lungimirantemente da Lecter). Lecter, giovane età, reagisce nel- infanzia, sulle sue moti- nella scena finale, intimerà a Clarice di non la maniera opposta, cer- vazioni, sui suoi ideali) cercarlo per catturarlo, anche se ciò gli dispia- cando di non lasciare che sarebbe stata proprio lei, ce (egli, anche se a suo modo, ha voluto solo il le tenebre del tempo pre- che nel rapporto frontale suo bene a conti fatti). Anche Lecter, in fondo, cedente adombrino inte- con Lecter avrebbe dovu- vuol trasformarsi come Clarice, con lei condi- ramente il suo presente e to rimuovere ogni tipo vide la perdita e il desiderio di trasfigurazione futuro corso esistenziale, di barriera protettiva con la creazione di una relazione umana (sino poiché ciò significhereb- pur di andare a fondo a quel punto rappresentata dal fagocitamento be permettere che la luce nella verità del caso che delle sue vittime con cui cercava di scacciare del bene, da lei emblema- le era stato essenzial- l’incubo della sorella morta per un atto di can- ticamente rappresentata, mente chiesto di risol- nibalismo compiuto in tempi di guerra). Le lo- venga completamente sof- vere, a costo della rie- ro dita, nel loro ultimo incontro, si sono sfio- focata dal buio del male e mersione dei fantasmi rate un po’ come nel Giudizio Universale di che suo padre pertanto, che doveva ancora supe- Michelangelo. Il male esterno si può combat- che tanto aveva lottato in rare e finalmente debel- tere solo al prezzo di sconfiggere il demone vita sua per far rispettare lare. Bill, così come Cla- interiore. Eros e Thanatos, in termini freudia- la legge ed essere degno rice, compie le sue azioni ni, sono i principi destinati a comunicare e dell’amore della figlia, sia per il suo desiderio di sempre a sfiorarsi fra di loro dell’essere uma- morto invano giacché la trasformazione (simbo- no. Lecter può incontrare Clarice, se è anch’e- figlia non ha saputo essere erede e continua- lizzato dai lepidotteri inseriti nella bocca delle gli disposto a dominare il tempo passato. L’ul- trice del suo operato. Crawford (Scott Glenn), vittime). Egli vuole trasformarsi per dimenti- tima scena («Ho un amico per cena» in che ben conosce Clarice per i suoi eccellenti care la sua infanzia fatta di violenze illuden- riferimento all’odiato dott. Chilton) non lascia risultati accademici e che l’apprezza manife- dosi di essere una donna (scuoia le donne per presagire questo, ma in Hannibal la dualità si stamente anche per la sua bellezza fisica, vede crearsi una perfetta pelle da donna) per rinne- sarebbe infine composta in armoniosa unità. Il in lei l’unica possibilità per tentare di solleci- gare la sua identità. Ma rinnegare la propria dioscurismo si trasforma in monoscurismo tare un detenuto molto speciale del peniten- identità significa anche rinnegare l’identità dell’Essere. Spettacolare. ziario psichiatrico a rivelare ciò che sa in me- degli altri e perdere ogni rispetto per la perso- rito al caso di un serial killer (Buffalo Bill, na, il tempo della persona e il suo essere stes- interpretato da Ted Levine) che uccide e scuo- so. Questa è la distinzione fondamentale fra la ia le donne: il celeberrimo psichiatra cannibale trasformazione di Bill e quella ricercata da Clari- Hannibal Lecter (Anthony Hopkins). In quanto ce. Il desiderio di Clarice è di riappacificazione Giovanni Mazzallo 42 [email protected] Animali nella Grande Guerra Negli ultimi tempi ho trasporto di attrezzature da campo, armi, can- avuto diverse occasio- noni, la ricerca di feriti e il rilevamento di gas le- ni di organizzare nelle tali, a quelli legati alla comunicazione, come i scuole, nell'ambito del- piccioni viaggiatori portatori di importanti le attività relative al messaggi strategici, e naturalmente servivano centenario della Gran- anche come risorsa alimentare, poiché in casi di de Guerra, proiezioni emergenza venivano sacrificati per il sostenta- del docufilm di Folco mento. Muli, buoi, cani, cavalli, maiali, piccioni Quilici Animali nella viaggiatori sono quindi i protagonisti della sto- Grande Guerra, e di di- ria. Emerge con grande forza il rapporto uo- scuterne con i ragazzi, mini animali e di come questi ultimi diventa- Anna Quarzi che apprezzano e rico- no un elemento di conforto necessario alla noscono l'originale e importante racconto sopravvivenza mentale dei soldati. Il rappor- della prima guerra mondiale da un punto di to, dentro e fuori la trincea, tra uomini e ani- vista finora mai trattato. I protagonisti, infat- mali, viene ricostruito attraverso storie, ricor- ti, non sono solo gli uomini, i soldati coinvolti di, immagini di vita vissuta che alterna nel drammatico scontro, ma gli animali che incredibili momenti di assoluta serenità e te- fedeli sono stati loro accanto in un “rapporto nerezza allo sfondo di uno dei più tragici pe- profondo, intimo”, un legame improntato alla riodi della storia contemporanea. Il lavoro de- mutua sopravvivenza in cui uomo e animale nota una profonda ricerca storica d'archivio: diventavano indispensabili l’uno all’altro. Il documenti, lettere, diari, fotografie scattate film, uscito nel maggio 2015, prodotto da Ma- dagli stessi combattenti. Il materiale storico rio Rossini per la Red Film (in associazione documentario recuperato è accompagnato da con Luce Cinecittà e con BNL-Gruppo BNP nuove riprese, utilizzando in questo un lin- Paribas), rientra nel programma ufficiale del- guaggio moderno capace di raggiungere più le commemorazioni del Centenario della Pri- facilmente gli spettatori e soprattutto i giova- ma Guerra mondiale della Presidenza del ni. Il materiale cinematografico, in gran par- Consiglio dei Ministri e in versione ridotta è te, rinvenuto all’archivio Luce mostra la pre- andato in onda su Rai1 proprio il 24 maggio senza animale solo per casi fortuiti, in quanto dell'anno scorso in occasione dell'anniversario durante la guerra gli animali non venivano fil- dell’entrata in guerra dell’I- nella grande guerra, per rac- talia. Animali nella Grande contare non solo la storia di Guerra si richiama esplicita- esseri sacrificati ai nostri sco- mente all’unico titolo che ha pi, non solo delle storie di dedicato, in una storia di guerra (molti sono gli episodi grande fiction, War Horse di di amore fra uomo e animale Steven Spielberg, ma tra sto- che è riuscito a ricostruire) ria e ricostruzioni filmate - ma a cercare di far riflettere dichiara Quilici - vuol essere su tutti gli esseri viventi, sui soprattutto un omaggio a tut- loro rapporti e sulla “follia” del- ti quegli animali che, accanto la guerra. Quilici inoltre in di- ai soldati, hanno condiviso gli verse interviste ha puntualiz- orrori e l’eroismo della guer- zato due aspetti che hanno ra, combattendo a volte pro- caratterizzato la lavorazione. prio come i soldati e non solo Da una parte quello che egli con loro in una vera inutile stesso definisce un aspetto carneficina che costò oltre positivo, ossia la ricchezza 10 milioni di caduti militari, degli archivi storici nei quali e più di 7 milioni di vittime sembrano celarsi molti più civili, ma anche 10 milioni di materiali di quelli che si pos- cavalli, muli, buoi e piccioni sono immaginare riguardo i viaggiatori. Gli animali rico- temi più disparati. E dall’al- privano diversi ruoli: da quelli pratici come il mati poiché non vi era alcun interesse nel do- tra un aspetto critico che sembra a tutti gli ef- cumentare la loro partecipazione attiva. Que- fetti un appello a valorizzare gli archivi, affer- sto fattore, secondo Quilici, si è rivelato positivo ma infatti la necessità di utilizzare tutte le perché dona al docufilm un connotato di mag- tecnologie a disposizione per archiviare in giore veridicità, poiché si tratta appunto di modo ordinato l’immensa quantità di mate- frammenti casuali e non predefiniti. Oltre ai riale storico che ci appartiene. Un appello che frammenti dei documenti cinematografici, re- ci trova concordi e partecipi. Animali nella periti, come sopra citato, sono stati introdotti Grande Guerra è sicuramente un bel modo per inserti di fiction (alcune scene sono state girate ricordare le vittime più innocenti di quell' nelle trincee che sovrastano Rovereto e in Val- «inutile strage» che fu la prima guerra mondia- sugana) e materiali fotografici, che sono stati le. animati in post produzione rendendo più di- namica e moderna la fruizione del documenta- rio. Il regista ci rivela di essere molto soddi- sfatto per essere riuscito a realizzare Animali Anna Quarzi 43 n. 36

3 - 8 MAGGIO 2016 Valdarno Cinema Fedic 67° Concorso Nazionale “Premio Marzocco” 34ª Edizione www.cinemafedic.it

E’ stato pubblicato il bando per concorrere al festival del cinema di San Giovanni Valdarno (Arezzo). Si terrà dal 3 all’8 maggio. Possono concor- rere sia lungometraggi (opere di fiction e documentari della durata superiore di 40 minuti), sia cortometraggi (opere di finzione o documentari della durata inferiore o pari a 40 minuti). I film devono essere prodotti a partire dal 1° gennaio 2015. Scadenza per iscriversi: sabato 5 marzo 2016.

Scarica il bando su www.cinemafedic.it

Valdarno Cinema Fedic è un’evento di eccezione ed è supportato da Diari di Cineclub.

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