150° dell’Unità d’Italia Sugli spalti del Gianicolo in difesa della Repubblica Romana Quell’Inno per l’Italia unita e poi Mameli muore combattendo di Serena D’Arbela n Inno nazionale brutto e retorico? dosso mi sono avviato verso l’uscita del Un po’ molto “retrò” e persino campo sotto un sole che non vedevo da U misterioso? Sì, c’è una parte di ve- mesi. Camminando a stento tra le poz- rità in queste critiche di tanti ragazzi di zanghere, ho cominciato a cantare a vo- oggi e di coloro che, nella loro vita, han- ce bassa “Fratelli d’Italia” e ad ogni pas- no sempre odiato la retorica, lo sciovini- so prendevo coraggio e urlavo, urlavo Patriota smo e il nazionalismo bolso e pericoloso. sempre di più. Dietro a me si sono acco- giovanissimo Ma bisogna capire, spiegare e raccontare dati gli altri soldati italiani e ci siamo in- con una fede il senso profondo di quelle strofe. Devo- camminati verso la campagna tedesca. no essere collocate al centro della nostra Eravamo un gruppo di poveri disgraziati profonda storia e solo allora tutto diventa più chia- cenciosi e affamati, ma gli altri del cam- in un Paese ro, spiegabile, comprensibile. Metterle al po ci hanno guardato andare via con gli finalmente centro della storia significa semplicemen- occhi pieni di rispetto e di gioia. Gioia libero e unito. te conoscere e riconoscere quanto l’Inno per noi e per la libertà. Ho pianto … Sì Sempre a fianco parla di noi e a noi. E quanto quelle pa- ho pianto ascoltando la mia voce che si di Garibaldi role un po’ strane abbiano significato per incrinava cantando. Noi, quelli di ’O sole e di Mazzini. i primi “ragazzi” che volevano un Paese mio, tornavamo ad essere uomini e ad es- unito che fosse davvero qualcosa di più di sere fratelli italiani… Abbiamo traversato Ucciso una “semplice espressione geografica”. tutti insieme mezza Germania, sempre dalla cancrena Per noi, oggi, tutto è più facile e più con quella bandiera, con i nostri cenci dopo una ferita semplice e possiamo persino dividerci tra addosso e tanta fame. Ci sono voluti “terroni” e “polentoni”, insultandoci a quasi sei mesi per arrivare a casa…». vicenda in tutta serenità o arrabbiandoci E Goffredo Mameli? Morì a 22 anni, a vicendevolmente al pensiero del Sud e Roma. Era uno dei combattenti più co- della ridicola e mai esistita Padania. raggiosi della Repubblica Romana, quel- Ma le parole dell’Inno di Goffredo Ma- la del 1849 di Garibaldi, Mazzini, Ar- meli furono urlate nelle terribili notti di mellini e Saffi. Raccontiamola la sua sto- gelo del San Michele, durante la guerra ria straordinaria e forse, allora, il nostro ’15-’18, mentre in tanti cercavano di Inno nazionale sarà visto e capito in una non farsi ammazzare. E furono urlate dai luce diversa e dunque non sarà un ceri- Goffredo Mameli. partigiani mentre stanchi e vestiti come moniale vuoto e noioso alzarsi in piedi poveracci scendevano dai quando viene suonato o ascoltarlo con monti verso le grandi grande rispetto quando viene cantato di città ancora occupate dai malavoglia dai giocatori di calcio negli nazisti e dai fascisti. Non stradi. Le parole dell’Inno hanno un sen- mi lascia mai un mo- so: eccome se lo hanno. mento il racconto di un Goffredo Mameli era un ragazzo geno- vecchio soldato che ho vese, mazziniano convinto e colto, un conosciuto qualche anno mistico della Patria e della libertà. Della fa e che mi diceva: «Voi Patria intesa come un grande e libero parlate bene, ora. Che vi Paese dalle Alpi alla Sicilia, nato da una manca? Avete quasi tut- scelta collettiva e potente. Non era bello to. Ma io quando sono e cercava sempre di apparire più vecchio uscito dal campo di ster- di quello che era. Occhi nerissimi, baf- minio in Germania, ri- fetti, capelli castani a baschetto, pieno di dotto ad uno scheletro, speranze, aveva la piccola mania di com- ero coperto di stracci. porre poesie, sempre “ardenti” e di pi- Allora mi sono letteral- glio un po’ retorico. A Genova aveva ri- mente avvolto in una schiato per ben due volte di essere cac- bandiera italiana che ave- ciato dall’università dove studiava filoso- vamo nascosto in un ga- fia. Era indisciplinato e passionale, rac- binetto e con quella ad- contano. A diciotto anni aveva scritto al-

patria indipendente l 13 marzo 2011 l 25 26 l patria indipendente l 13 marzo 2011 cune rime poi pubblicate su “Ban- sedetti davanti al cembalo e misi che il Papa era fuggito a Gaeta, diera del popolo”. Era davvero un sul leggio le parole di Goffredo. Goffredo non aveva esitato un repubblicano con tutto il cuore e Strimpellavo e assassinavo quel po- istante ad accorrere a Roma. Fu lui scriveva a Mazzini che lo conside- vero strumento, ma non ne usciva ad avvertire Mazzini, con un laco- rava un figlio. Quella prima poesia niente. Mi misi il cappello in testa nico telegramma, che la città aveva pubblicata su “Bandiera del popo- e corsi a casa e senza neanche spo- proclamato la repubblica. lo” che era un foglio un po’ pa- gliarmi mi buttai sul pianoforte Poi erano arrivati i soldati francesi triottico, un po’ socialista e un po’ urtando la lanterna che si rovesciò di Oudinot che avevano tentato di anarchico, invocava la liberazione e sporcò il foglio con i versi di Ma- entrare in città. Ma mentre al Qui- di Roma dal dominio papale dice- meli. Alla fine riuscii a comporre». rinale e poi in Campidoglio i de- va: “… Ove è sepolto Spartaco / E I versi, oggi, sembrano appunto putati della Repubblica scrivevano maledetto Dante / Ondeggerà enfatici, ma diventarono subito e approvavano gli articoli della fiammante / L’insegna dell’amore popolarissimi anche oltre il Regno Costituzione dello Stato, sugli / Libera, grande unita / Vivrà una Piemontese. La gente urlava quel- spalti del Gianicolo i romani e i nuova vita / La stanca umanità”. le parole per strada e la polizia rin- Garibaldini si battevano, costrui- Mameli scriveva anche poesie d’a- correva, arrestava, proibiva. I di- vano barricate e andavano all’assal- more per un paio di ragaz- to come matti, spinti e inci- ze, ma era soprattutto im- tati da Garibaldi che mena- pegnato a difendere ovun- va sciabolate a destra e que i liberali e propaganda- manca. re l’indipendenza, la lotta Lo sanno tutti: i combatti- contro gli austriaci e con- menti furono terribili e tro il potere temporale del mentre i francesi arrivati a Papa. Roma per rimettere il Papa Era, dunque, lo abbiamo sul trono e cancellare la visto, poco più che un ra- Repubblica, sugli spalti gazzino, ma non aveva esi- della città morivano i ber- tato un istante ad accorrere saglieri di Manara, i Caccia- a Milano per combattere tori delle Alpi, i Garibaldi- durante le Cinque Giorna- ni, i carabinieri genovesi, te. Le sue poesie libertarie, gli artiglieri della Civica, i ormai, venivano spesso re- Tiragliatori romani, un citate da altri ragazzi e ur- gran numero di ex soldati late, in città, dietro le pat- del Papa e la bella Colom- tuglie austriache che pattu- ba Antonietti che, vestita gliavano le strade. da uomo, aveva seguito il A diciannove anni aveva marito, un esperto ufficiale composto “Fratelli d’Ita- e di famiglia nobile. Co- lia”, poi musicato dall’ami- lomba poi morirà e avrà un co Michele Novaro. Era funerale straordinario. andata così. Lo racconta in Ma in quei giorni i difenso- modo magistrale Claudio ri di Roma avevano messo Fracassi nel suo “La mera- Angelo Brunetti detto Ciceruacchio (Roma, settembre 1800 – in atto, per la prima volta vigliosa storia della Repub- Porto Tolle, 10 agosto 1849) fu un patriota italiano, che com- nella storia, anche una in- blica dei Briganti”. batté per la Repubblica Romana, alla cui caduta fuggì con credibile guerra psicologi- per raggiungere Venezia. Venne fucilato Novaro era a Torino in ca- dagli austriaci con il figlioletto. ca: sui muri del Gianicolo, sa di altri patrioti e, all’im- infatti, Garibaldi aveva fat- provviso, avevano suonato alla vieti restarono in vigore fino alla to scrivere un articolo della Costi- porta. Subito si era presentato un dichiarazione di guerra all’. tuzione francese che prometteva giovanottello che arrivava da Ge- “L’Inno di Mameli”, comunque, libertà e indipendenza ai popoli nova. Aveva chiesto: «Chi è Nova- venne anche suonato, per scherno, “schiavi”. ro?» e Michele aveva risposto: dalle bande militari austriache che Non solo: una scassatissima banda «Eccomi». Il ragazzo, allora, aveva volevano sfottere i patrioti italiani. che arrivava ogni volta da Traste- cavato di tasca un foglietto tutto Mameli, nel 1848, era sempre in vere, suonava ai nemici, distanti appallottolato e aveva spiegato: testa alle dimostrazioni di piazza a non più di cento metri, “La Mar- «To’, te lo manda Goffredo». Genova tra cortei e urla. I gendar- sigliese” per ricordare a tutti che Novaro aveva aperto il biglietto e mi non lo perdevano mai di vista. Francia voleva dire, prima di tutto, dopo averlo scorso veloce aveva Nella guerra antiaustriaca aveva libertà e rivoluzione. spiegato: «È una cosa meraviglio- combattuto, con il grado di capita- Loro, invece, avevano iniziato a sa, ve lo recito ad alta voce». no, in una compagnia di volontari, bombardare la città e fu strage per Racconterà poi: «Sentivo dentro tra sparatorie e lettura di poesie. giorni e giorni in Trastevere, verso di me qualcosa di straordinario, mi Poi, quando era arrivata la notizia Piazza Navona, a San Giovanni, a

patria indipendente l 13 marzo 2011 l 27 Ponte Mollo (Ponte Milvio) e lun- go tutta la cinta muraria che difen- deva la città verso il mare. In quel clima di lotta, di entusia- smo e di amore per la libertà, an- che Goffredo Mameli si sentiva non un ragazzo, ma un gigante chiamato dal cielo a battersi per la Patria: parlava, parlava, recitava poesie e cantava quel “Fratelli d’I- talia” che in moltissimi avevano già imparato. Era tutto un accorrere tra il Casi- no dei Quattro Venti e le macerie del Vascello, insieme a Masina, Dandolo, Pisacane, Manara. I mi- gliori e i più coraggiosi erano già caduti. È in quella zona, tra gli at- Il casino del Vascello distrutto dai bombardamenti francesi. tacchi, le ritirate, le fughe e le cor- se disperate per portare via i feriti e siete, dall’amputazione. Ma non si to ad un genovese che lo aveva se- tornare a combattere, che anche poteva. Fido in voi e nel vostro co- guito a Roma: «Tu mi dici sempre Goffredo Mameli era rimasto feri- raggio morale». Ogni tanto, Gof- di riguardarmi e parli sempre di to al ginocchio sinistro: un colpo fredo si riprendeva. Disse al solda- me, quando assassinano il nostro di fucile gli aveva spappolato la ro- to che stava in un letto accanto a paese. Noi non abbiamo altro let- tula. Lo avevano portato subito al- lui: «Essere ucciso all’aria aperta e to che quello della morte. Ma pri- l’ospedale della Trinità dei Pelle- combattendo, menomale, ma esse- ma bisogna battersi, battersi, bat- grini, ma le cose si erano già mes- re ucciso a letto non mi garba». tersi». E la morte arriva venerdì 6 se male. Dopo una settimana, in- Alla madre invece aveva scritto: luglio alle 7,30. I finestroni dell’o- fatti era arrivata la cancrena. Gof- «Carissima madre, continuo a scri- spedale sono aperti e da fuori arri- fredo soffriva moltissimo e delira- vere laconicamente perché facen- vano le grida dei bambini che in- va. Agostino Bertani, il medico dei do la guerra a tutta Europa, com- sultano “i soldati del Papa” e con- garibaldini, ad un certo punto ave- prendi bene che siamo molto oc- tinuano a rincorrersi. va deciso che bisognava amputare. cupati». Poi scrive un biglietto an- Goffredo, in quel suo “Fratelli Mazzini fece giungere al giovane che a che è in un diver- d’Italia”, aveva scritto una cosa amico un biglietto. Diceva: «Non so ospedale e chiede di vedere l’a- che per lui non è davvero vuota posso venire io Goffredo mio, ma mico se potrà muoversi. retorica: “Stringiamoci a coorte, ricordatevi che sono stato e sono Arriva l’amputazione e le condi- siam pronti alla morte l’Italia con voi, che avrei dato anni di vita zioni di Mameli sembrano miglio- chiamò”. E lui muore davvero. per salvarvi, giovane e prode come rare. Pochi giorni prima aveva det- Ebbe un funerale quasi clandesti- no: la città era già occupata dai francesi. Solo nel 1872 lo ebbe grandioso. Fu Garibaldi ad annunciare ai par- lamentari riuniti in Campidoglio che la Repubblica era sconfitta e che lui sarebbe uscito dalle città senza arrendersi ai francesi. Era sporco di fango, di sangue, coper- to di polvere e sudato. La spada che aveva al fianco non entrava più nel fodero perché era storta per quanto il generale aveva menato a destra e a manca. Quando fece i primi passi nella grande sala tutti i deputati, con la fascia tricolore a tracolla, si alzaro- no in piedi e lentamente, lenta- mente e sommessamente, comin- ciarono ad applaudirlo. Lui sembrò stupito e andò avanti. Poi cominciò a parlare, spiegare e Litografia della difesa di Roma con un ragazzino al cannone. a dire delle sue decisioni. W.S.

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