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Cava di marmo in località ‘Muschi’

Comune di Selva di Progno

loc. Campofontana

Le sottoscritte associazioni:

WWF Lessinia, WWF , Lessinia Europa, Coordinamento marcia per la Lessinia, Comitato Lessinia Viva, Comitato Lessinia Ambiente

Invitano l’Ufficio Territoriale del Governo di Verona, Il Corpo Forestale dello Stato-

Coordinamento Provinciale di Verona, il Ministero dell’Ambiente:

- Ad acquisire presso i competenti uffici (Regione , Comune

di Selva di Progno, Provincia di Verona, Servizi Forestali Regionali

dip. di Verona) gli atti relativi alla cava di marmo detta ‘Muschi’

ubicata nel Comune di Selva di Progno (Provincia di Verona);

- a verificare le ragioni in base alle quali la cava di marmo detta

‘Muschi’ sia da molti anni in costante espansione all’interno di area

tutelata dal vincolo paesistico (ai sensi della L. 1497/39), dal

vincolo ambientale (ai sensi del D.L. 490/99 ex ‘Galasso’) nonché

dal vincolo idrogeologico e forestale (ai sensi del R.D.L. 3267/23);

- a verificare le ragioni in base alle quali la cava di marmo detta

‘Muschi’non sia fatta oggetto di ricomposizione ambientale, come

previsto da tutte le successive concessioni di scavo succedutesi dal

1957 ad oggi;

- a monitorare la situazione complessiva dell’attività estrattiva nel

Comune di Selva di Progno, Provincia di Verona, interamente

sottoposto a vincolo paesistico ai sensi della L. 1497/39;

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Il presente documento si articola nei seguenti capitoli:

1) Premessa

2) Cronologia storica cava ‘Muschi’

3) Osservazioni

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1) Premessa

Il territorio di Campofontana comprende la porzione nord-orientale del comune di Selva di Progno, Provincia di Verona. Si estende sull’ampia conca prativa che digrada dal gruppo delle Lobbie sino alla dorsale sopra

San Bortolo delle Montagne. Numerose e antiche contrade circondano la frazione di Campofontana e custodiscono pregevoli esempi di architettura e di arte popolare così detta cimbra, dal nome della popolazione di origine germanica che colonizzò queste aree a partire dal XIII secolo. Discendendo un piccolo vajo sul versante orientale della valle, si incontra, sulla sommità di un colle a 1058 metri, la contrada Muschi, con doppia schiera di costruzioni rivolta verso sud-ovest. La contrada sovrasta il bosco che si estende sul versante orientale dell’alta Valle di e si congiunge a nord con la Foresta di Giazza, Riserva Naturale del Parco Regionale della

Lessinia.

La cava di marmo detta ‘Muschi’ si trova all’interno di quest’area, interamente boscata, sottoposta a vincolo paesistico (ai sensi della L.

1497/39), al vincolo ambientale (ai sensi del D.L. 490/99 in virtù della presenza di faggeta) nonché dal vincolo idrogeologico e forestale (ai sensi del R.D.L. 3267/23).

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2) Cronologia storica cava Muschi

La prima richiesta di esercizio attività di cava, relativa a parte del mappale

370 fg. 6, viene avanzata da Lovato Elena con richiesta al Corpo Forestale dello Stato in data 01/05/57 (prot. 3202/57 pos. IV-2/32).

Il Ministero Agricoltura e Foreste – Corpo Forestale dello Stato con prot.

4557 pos. IV-2/32, in data 25/07/57, determina di concedere l’esercizio della cava ‘per un anno’, a condizione che ‘al termine dell’esercizio della cava il terreno venga opportunamente conguagliato, sistemato e rimboschito’. Tutti i lavori di ripristino, in base al medesimo documento,

‘dovranno essere riconosciuti ben eseguiti dall’Ispettorato Ripartimentale delle Foreste di Verona, in caso diverso sarà proceduto a carico del concessionario ai sensi dell’art. 24 e seguenti della Legge Forestale’.

La scadenza della concessione viene fissata al 30/06/1958 salvo richiesta di proroga nei trenta giorni antecedenti a tale data.

Nessun ripristino viene effettuato. Lovato Elena presenta invece domanda di proroga al Comune di Selva di Progno (prot. 2259 del 21/06/58) e al

Corpo Forestale dello Stato (prot. 5559 pos. IV-2/32 del 09/08/58) con formula sostanzialmente identica alla precedente.

Il Ministero Agricoltura e Foreste – Corpo Forestale dello Stato in data

15/10/58 concede nuovamente l’esercizio di cava per un anno rinnovando la condizione del successivo ripristino e del rimboschimento sotto il controllo dell’Ispettorato Ripartimentale delle Foreste di Verona. La scadenza della concessione viene fissata al 31/12/1959.

Anche in questo caso nessun ripristino viene effettuato.

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Lovato Elena presenta nuova domanda di proroga in data 01/07/60 al Corpo

Forestale dello Stato e al Comune di Selva di Progno.

Il Corpo Forestale dello Stato autorizza in data 11/04/61 (prot. n° 3089 pos.

IV-2/32) stabilendo la durata di anni due, rinnovando la condizione della sistemazione e del rimboschimento finale ed affermando che la concessione si intenderà scaduta il 10/04/63. Anche in questo caso nel documento autorizzativo si afferma che ‘in caso di inosservanza delle prescrizioni suddette sarà proceduto a termini di legge’.

Nessun ripristino viene effettuato. Il 29/03/63 Lovato Elena chiede invece ulteriore proroga, con protocollo al Comune di Selva di Progno in data

14/04/63.

Il Corpo Forestale dello Stato autorizza in data 28/09/64 (prot. n° 6657 pos.

IV-2/32 ), stabilendo la durata di anni due con scadenza al 25/10/66 e rinnovando la condizione della sistemazione e del rimboschimento finale.

Nessun tipo di ripristino viene effettuato.

Il 25/08/67, con protocollo 2627 del Comune di Selva di Progno, Rancan

Luigi chiede l’autorizzazione all’apertura di una cava sul medesimo mappale (n° 370, fg. 6), con deposito materiale sul mappale confinante n°

402.

Il Corpo Forestale dello Stato autorizza in data 25/05/68 (prot. n° 4127 pos.

IV-2/32) con scadenza al 16/05/70. Viene posta la condizione che alla fine dell’esercizio della cava il materiale di risulta dovrà essere conguagliato, inerbito e rimboschito. Nel documento autorizzativo si afferma che ‘in caso di inosservanza delle prescrizioni suddette sarà proceduto a termini di legge a carico del concessionario’.

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Tuttavia nessun ripristino viene effettuato.

Con prot. 109309 del 22/12/75, la ditta Cugini Rancan s.n.c. presenta alla

Regione Veneto domanda di proroga.

La Regione Veneto, con nota n° 109309 del 12/02/76 inoltra la richiesta all’Ispettorato Ripartimentale delle Foreste per il parere di competenza.

L’Ispettorato Ripartimentale delle Foreste esegue sopralluogo in sito. Il relativo referto (prot. 441 del 24/08/76) rileva che la cava si trova nel perimetro di un bosco di faggio e ‘si prevedono enormi danni al soprassuolo in quanto il bosco di faggio è a ridosso del fronte di cava’.

Il medesimo Ispettorato indirizza quindi alla Regione Veneto la ‘Relazione informativa e il parere di competenza sulla richiesta di autorizzazione all’esercizio dell’attività estrattiva in territorio soggetto a vincolo idrogeologico ai sensi della L.R.17/04/75 n° 36’ (prot. 5204 pos. IV-2/32), rilevando quanto segue: ‘dall’esame delle condizioni dell’appezzamento, dal rilievo delle pendenza e della natura del terreno, dalla valutazione del quantitativo di materiale che verrà scavato (…) si esprime parere contrario per l’esercizio della cava sull’appezzamento suindicato’ poiché ‘la coltivazione arrecherebbe danno irreparabile alla faggeta circostante che rischia di essere distrutta senza adeguata contropartita’ e poiché ‘il materiale di scarto non può trovare posto attorno alla zona di cava, già carica di detriti’.

La Regione Veneto nega pertanto al richiedente la concessione di scavo.

Tuttavia la medesima Regione ritorna successivamente su questa decisione e con prot. 4307 ogg. 1551, in data 17/03/81 ‘ritiene di poter modificare le conclusioni negative a suo tempo espresse e di poter esprimere parere

5 6 favorevole alle seguenti condizioni: che l’escavazione sia limitata alle superfici indicate sulla planimetria (mappale 370 fg 6) come A,B,C,D,E escludendo qualsiasi sconfinamento o danneggiamento dei boschi circostanti’; (…) e che venga eseguito il ripristino ambientale sull’area oggetto di scavo. In particolare tale ripristino ‘dovrà essere eseguito con la seguente metodologia: riempimento degli spazi di cava utilizzando i detriti esistenti nelle aree di deposito e conguaglio generale del suolo il cui profilo dovrà essere avvicinato quanto più possibile a quello originario del versante e comunque reso uniforme; stendimento di materiale minuto e terroso; rimboschimento’.

In realtà a opere ultimate non verrà attuato alcun tipo di ripristino ambientale, ma al contrario a fronte delle precise condizioni imposte dalla

Regione per modificare il precedente parere negativo, la ditta concessionaria avanza con prot. n° 2509 del 17/05/82 richiesta di proroga e ampliamento esteso ai mappali 402, 370, 118, 119 e 369.

La Regione Veneto (che nella precedentemente citata autorizzazione del

1981 aveva escluso la possibilità di successivi ampliamenti), con prot. n°

6874 del 19/12/84, autorizza ora lo sconfinamento sui mappali confinanti n° 402, 370, 118, 119 e 369 ‘perché il progetto prevede l’ampliamento della cava già autorizzata e un nuovo programma di ricomposizione ambientale che comprende tutta l’area interessata dagli scavi’, che evidentemente non ha subito fino a questo momento alcun intervento di ricomposizione.

A valle di tale ennesima concessione di proroga e ampliamento, nessun ripristino viene comunque effettuato.

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Successivamente, con prot. 510 del 07/02/95 la Regione Veneto proroga fino al 31/12/2004 i termini per la concessione di scavo sui mappali 118,

119, 402, 369 e 370.

Due anni più tardi la ditta Marmi Rancan s.r.l., in data 14/02/97 (prot. n°

1298/31211) presenta domanda di ampliamento sul confinante mappale

117.

La Regione Veneto con prot. n° 4056 del 18/11/97 autorizza l’ampliamento vincolato al ripristino. Con riferimento al vincolo paesaggistico presente sull’area la deliberazione regionale rileva che ‘il progetto di coltivazione è costituito non solo dal piano estrattivo, ma altresì dal programma di ricomposizione ambientale e che l’intervento di scavo ha carattere temporaneo e non produce effetti non compatibili con le caratteristiche dei luoghi’. I lavori di coltivazione dovranno essere conclusi entro 2 anni. La

Giunta Regionale prescrive di effettuare la ricostruzione della parte boscata del sito sotto il controllo del Servizio Forestale Regionale e di trasmettere dichiarazione di attecchimento delle essenze arboree piantumate.

Non viene effettuato alcun intervento di ripristino sull’area scavata. In data

01/12/98 prot. 10860/31211 la ditta Marmi Rancan s.r.l. presenta invece domanda di scavo sui confinanti mappali 305, 306, 307, 368.

La Regione Veneto autorizza l’ampliamento con doc. n° 2925 in data

14/09/00. Tale provvedimento della Giunta Regionale revoca la precedente autorizzazione n° 4056 del 18/11/97 ‘poiché la ditta ha presentato un nuovo progetto di coltivazione che prevede l’ampliamento della cava già autorizzata ed un nuovo programma di ricomposizione ambientale che comprende anche l’area già interessata dagli scavi’. La data di ultimazione

7 8 dei lavori di scavo è fissata questa volta al 31/12/2004. Con riferimento al vincolo paesaggistico presente sull’area la deliberazione regionale rileva che ‘il progetto di coltivazione è costituito non solo dal piano estrattivo, ma altresì dal programma di ricomposizione ambientale e che l’intervento di scavo ha carattere temporaneo e non produce effetti non compatibili con le caratteristiche dei luoghi’. La Giunta Regionale prescrive che la ricostruzione della parte boscata del sito dovrà essere effettuata sotto il controllo del Servizio Forestale Regionale e che dovrà essere trasmessa la dichiarazione di attecchimento delle essenze arboree piantumate. La medesima deliberazione della Giunta Regionale non manca di far notare come ‘la domanda della ditta appare compatibile anche rispetto alle esigenze di tutela ambientale, in particolare con i vincoli paesaggistico e idrogeologico esistenti sull’area di cava’.

La suddetta Deliberazione regionale n° 2925 del 14/09/00 rappresenta l’ultimo atto autorizzativo ad oggi disponibile. Tale Deliberazione costituisce, a partire dal 1957, la decima concessione di proroga e ampliamento vincolata, come peraltro tutte le precedenti, a opere di ripristino ambientale a carico della ditta concessionaria mai in realtà attuate.

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3) Osservazioni

Questa vicenda inizia nel 1957 e prosegue senza soluzione di continuità fino ad oggi. Nel corso di 45 anni sono dieci le autorizzazioni di scavo che vengono successivamente concesse, prima dal Ministero Agricoltura e

Foreste - Corpo Forestale dello Stato e poi, a partire dal 1981, dalla

Regione Veneto.

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Lo schema che si ripete è costituito talora dalla semplice richiesta di proroga o ampliamento, talora dall’impegno da parte del richiedente al ripristino sull’area precedentemente scavata e parallelamente dalla richiesta di ampliamento su aree confinanti.

In questo modo, partendo dal mappale 370 oggetto della prima autorizzazione, vengono successivamente interessati il mappale 402, quindi i mappali 118, 119, 369, poi il 117, poi ancora i mappali 305, 306, 307,

368.

La ditta concessionaria dell’autorizzazione di scavo sembra talora offrire come contropartita al rilascio delle autorizzazioni di ampliamento il ripristino delle aree precedentemente scavate, essendo piuttosto tale ripristino un atto dovuto e prescritto nelle autorizzazioni già ottenute.

Tale prassi viene accettata dalla Regione Veneto che periodicamente concede le proroghe e gli ampliamenti richiesti ‘perché il progetto prevede l’ampliamento della cava già autorizzata e un nuovo programma di ricomposizione ambientale che comprende tutta l’area interessata dagli scavi’. Affermazioni di questo tipo si succedono infatti nei successivi procedimenti autorizzativi.

Assai significativo risultano gli atti redatti nel 1976 dall’Ispettorato

Ripartimentale delle Foreste (prot. n° 441 e 5204). In tali atti, constatando che la cava si trova nel perimetro di un bosco di faggio, si esprime parere negativo all’ennesima richiesta di ampliamento dal momento che ‘si prevedono enormi danni al soprassuolo in quanto il bosco di faggio è a ridosso del fronte di cava’ e dal momento che ‘la coltivazione (di cava)

9 10 arrecherebbe danno irreparabile alla faggeta circostante che rischia di essere distrutta senza adeguata contropartita’.

A fronte di un così chiaro pronunciamento la Regione Veneto è costretta a negare l’autorizzazione di scavo per poi ‘modificare le conclusioni negative a suo tempo espresse’ accogliendo l’ennesima richiesta di proroga e ampliamento, a condizione che lo scavo sia limitato alla superficie indicata nelle planimetrie (zone A, B, C, D del mappale 370) ‘escludendo qualsiasi sconfinamento o danneggiamento ai boschi circostanti’. Il medesimo documento impone la sistemazione finale con il ripristino del profilo e il rimboschimento del sito che, come nei precedenti casi, non verrà effettuato.

Riteniamo particolarmente significativo questo passaggio (datato 1981) perché esso si rileva un comportamento assai singolare da parte della

Regione Veneto: da un lato infatti la Regione afferma che si può superare il parere negativo espresso dalla Forestale, purchè si scavi soltanto in un’area ben precisa ‘escludendo qualsiasi sconfinamento o danneggiamento ai boschi circostanti’, dall’altro con tutte le concessioni di scavo successivamente rilasciate (a partire dal 1984) la Regione stessa dimentica questa precisa condizione autorizzando ampliamenti tali da ingigantire la superficie della cava in pochi anni ed accettando il fatto che il momento dell’effettivo ripristino venga ripetutamente procrastinato.

Infatti questo dato di fatto (l’assenza totale dei ripristini ambientali) non impedisce ai competenti organismi regionali di rilasciare ulteriori concessioni di proroga e/o ampliamento, prima nel 1984, poi nel 1995, quindi nel 1997, infine nel 2000. La giustificazione che testualmente si legge nei diversi procedimenti autorizzativi è generalmente espressa nella

10 11 medesima forma: ‘poichè il progetto di coltivazione è costituito non solo dal piano estrattivo, ma altresì dal programma di ricomposizione ambientale e poichè l’intervento di scavo ha carattere temporaneo e non produce effetti incompatibili con le caratteristiche dei luoghi’.

Gli atti autorizzativi fanno quindi reiterata menzione del ‘carattere temporaneo’ degli interventi di scavo.

Tale ‘carattere temporaneo’ dura nei fatti da oltre 45 anni.

E’ quindi oggettiva e prescinde da qualsiasi soggettiva interpretazione la constatazione che l’area interessata dall’attività di estrazione è oggetto di interventi ‘temporanei’ che durano da decenni, senza che un solo metro quadro di cava sia mai stato ripristinato.

La vicenda di cava Muschi sembra tutt’altro che avviata a conclusione. Nel gennaio del 2003 infatti la Mag Marmi di Arzignano (Vi) presenta al

Comune di Selva di Progno (prot. n° 42 del 08/01/2003), alla Regione

Veneto e alla Provincia di Verona il progetto di scavo per cosiddetta ‘Cava

Nox’ in località Muschi di Campofontana. Si tratta dell’ampliamento sui confinanti mappali n° 114, 115, 116 della medesima cava Muschi di cui sopra si è ricostruita la vicenda.

Sorge spontanea la domanda: merita il territorio un ulteriore intervento

‘temporaneo’?

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Dalla somma dei fatti e delle considerazioni sopra esposte la richiesta di un

Vs intervento al fine di interrompere questa spirale, arrestare la distruzione di un territorio vincolato dalle Leggi dello Stato ed imporre l’esecuzione dei ripristini previsti.

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Riteniamo di aver ricostruito con correttezza, anche se con la dovuta sintesi, la vicenda in oggetto basandoci peraltro sugli atti reperibili nei competenti uffici, dei quali abbiamo puntualmente richiamato gli estremi di protocollo.

Auspichiamo che il quadro, ancorché sintetico, che si è tracciato possa determinare le condizioni per un Vostro successivo più completo approfondimento.

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Verona, 07/04/2003

Giovanni Tellini – WWF Verona - WWF Lessinia

Emanuele Napolitano – Lessinia Europa

Tomaso Bianchini – Coord.to Marcia per la Lessinia

Enrichetta Bonazzi Picotti – Comitato Lessinia Viva

Roberto Gotta – Comitato Lessinia Ambiente

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