PORTICVM. REVISTA D’ESTUDIS MEDIEVALS NÚMERO IV. ANY 2012 ISSN: 2014-0932

I velari medievali dipinti in . Lettura e confronto

MARIA ANTONIETTA FORMENTI Università degli Studi di Milano

Abstract: I velari dipinti rientrano nel corpus ornamentale di molte chiese medievali in . I drappi della Valtellina (Provincia di ), seppur limitati a quattro, offrono interessanti spunti iconografici e tipologici con quelli delle Province di Como e Varese (XI-XII). In San Colombano a il ciclo dei Mesi dello zoccolo absidale è confrontabile con i calendari lombardi e piemontesi di: Gornate Superiore, Jerago, Gattedo, Piona, Borgomanero, Pallanza. Un velario ricamato a stelle orna l’abside di Santa Perpetua a e Sant’Alessandro a , mentre un drappo dal fondo scuro con leoni affrontati si conservava nella distrutta chiesa di San Martino di Serravalle a Sant’Antonio Morignone.

Parole chiavi: Lombardia; Valtellina; Pittura ornamentale; Velari dipinti; Ciclo dei Mesi.

Abstract: The fictive ornamental curtains are depicted in many medieval churches in Lombardia. In Valtellina () there are four drapes with interesting iconographic and typological elements, similar to curtains preserved in the and Como (XI- XII). In Postalesio, at Saint Colombano’s church, a velum with a cycle of the Months decorates the base of the apse, in relation with calendars of: Gornate Superiore, Jerago, Gattedo, Piona, Borgomanero, Pallanza. A drape depicted with stars is on the apse of Saint Perpetua in Tirano and Saint Alessandro in Lovero; a drape with lions adorned a destroyed church of Saint Martino of Serravalle in Sant’Antonio Morignone.

Keywords: Lombardia; Valtellina; Ornamental painting; Fictive drapes; Cycle of the Months.

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MARIA ANTONIETTA FORMENTI I velari medievali...

La finzione del velum dipinto appeso alla parete deriva dalla consuetudine di ornare le pareti con drappi, una soluzione ereditata dall’Antichità e protrattasi nel Medioevo in contesti religiosi, soprattutto nella zona absidale1. Le telae pictae rientravano, infatti, nel ricco apparato policromo ad ornamento delle chiese, occupando la zona di calpestio e le pareti, insieme ai mosaici pavimentali o parietali e i dipinti murali2.

Nella Provincia di Sondrio si conservano ancora quattro velari medievali dipinti: tre in loco, in San Colombano a Postalesio, Santa Perpetua a Tirano e Sant’Alessandro a Lovero; un quarto è stato ricostruito dai frammenti recuperati dagli scavi anteriori alla frana del 1987 in San Martino di Serravalle, appena sopra l’abitato di Sant’Antonio Morignone. Un quinto velario avrebbe potuto ornare l’abside rettangolare del battistero di San Giovanni Battista a Mazzo in Valtellina.

In San Colombano a Postalesio3, a seguito dei lavori di ristrutturazione, fu ritrovato, a livello di fondazione, l’antico semicerchio absidale inglobato all’interno del successivo perimetro rettangolare. Un velario dipinto con scene agricole inerenti al ciclo dei Mesi4 (alto circa 88 cm dal pavimento originario) orna ancora lo zoccolo dell’abside e dell’arco trionfale, mentre la vasta caduta d’intonaco ha compromesso le restanti figure del semicerchio sud.

1 Il presente contributo è tratto dalla mia tesi di Laurea Magistrale discussa presso l’Università degli Studi di Milano: I velari dipinti in Lombardia (VIII-XIII). Catalogo e indagine contestuale nelle Province di Bergamo, Brescia, Sondrio, Dipartimento di Storia delle Arti della Musica e dello Spettacolo, 2010. Colgo l’occasione per ringraziare il Prof. Paolo Piva e il Dott. Fabio Scirea per la costante disponibilità e i consigli ricevuti durante le ricerche. Ringrazio inoltre la Dott.sa Veronica Dell’Agostino e la Dott.sa Silvia Papetti per la gentilezza e la professionalità con le quali hanno condiviso in anteprima i loro studi con i miei. 2 Le fonti scritte dall’età tardo antica al XII secolo testimoniano l’uso e la diffusione delle stoffe dipinte attraverso una serie di vocaboli: velum e cortina (indicano soprattutto tessuti appesi); tapetum e tente (tessuti di varia natura posti sul piano calpestabile o appesi). R. SALVARANI, “La pittura su tessuto nelle fonti scritte anteriori al XIII secolo”, Arte Lombarda, 153-2 (2008), pp. 5-14. 3 Vorrei far presente che i velari della Valtellina sono ancora provvisori, in quanto molti contesti del territorio mancano di un’adeguata riqualificazione. In particolare si attendono i risultati degli scavi e lo studio dei frammenti recuperati da San Colombano a Postalesio e da San Giacomo Maggiore, già San Colombano, a Ravoledo di , oggi nei depositi del Museo Valtellinese di storia e arte di Sondrio. Per San Colombano a Postalesio: V. DELL’AGOSTINO, “Note sul ciclo dei mesi della chiesa di San Colombano a Postalesio” e S. PAPETTI, “La chiesa di San Colombano a Postalesio. Recupero di un luogo fisico e riappropriazione della memoria storica di una comunità”, Bollettino Società Storica Valtellinese, 64 (2011-2012), pp.57-66, 41-56; F. SCIREA, “Postalesio, località Spinedi, San Colombano” in Pittura ornamentale del Medioevo lombardo. Atlante (secoli VIII-XIII), Milano, 2012, pp. 147, 149-150; V. MARIOTTI, R. CAIMI, “Postalesio. Chiesa di San Colombano”, NSAL 1999-2000, Milano, 2002, pp. 191-193; G. VANOI, “Sulle tracce di San Colombano a Postalesio. La chiesa restaurata”, Quaderni Valtellinesi, 75 (2000), pp. 15-17; N. GHIZZO, “Sulle tracce di San Colombano a Postalesio. Gli affreschi svelati”, Quaderni Valtellinesi, 75 (2000), pp. 17-20; R. CASSANELLI, “La cultura figurativa del Medioevo in Valtellina e ” in S. COPPA (ed.), Il Medioevo e il primo Cinquecento, Sondrio, 2000, pp. 54-81, nota 52 (i dipinti di Postalesio sono collegati al Maestro di Santa Perpetua a Tirano); A. SCAMOZZI, La pieve di Berbenno e le sue chiese, Sondrio, 1994, pp. 135, 141; A. MAESTRI, “Postalesio” in Il culto di San Colombano in Italia, Lodi, 1955, pp. 68-69. 4 Cfr. C. HOURIHANE (ed.), Time in the medieval world. Occupations of the Months & signs of the zodiac in the index of christian art, Princeton, 2007. Utile guida per la comprensione delle diverse attività dei Mesi è P. MANE, Le travail à la campagne au Moyen Âge: étude iconographique, Paris, 2006; M.A. CASTI EIRAS GONZÁLEZ ,“Mesi” in Enciclopedia dell’Arte Medievale, vol. VIII, Roma, 1997, pp. 325-335; G. COMET, “Les Calendriers médiévaux, une représentation du monde”, Journal des Savants, Javier-Juin (1992), pp. 35-97; C. FRUGONI, I mesi antelamici del battistero di Parma, Parma, 1992; C. FRUGONI, “Le cycle des Mois à la porte de la «Poissonnerie» de la cathédrale de Modène”, Cahiers de civilisation médiévale, 34 (1991), pp. 281-295; P. e e MANE, Calendriers et techniques agricoles (France-Italie, XII - XIII siècle), Paris, 1983; C. FRUGONI, Chiesa e lavoro agricolo nei testi e nelle immagini dall’età tardo antica all’età romanica in V. FUMAGALLI, G. ROSSETTI (ed.), Medioevo rurale. Sulle tracce della civiltà contadina, Bologna, 1980, pp. 321-341; G. RASETTI, Il calendario nell’arte italiana e il calendario abruzzese, Pescara, 1941. 10

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L’edificio, a pochi chilometri da Sondrio, è ad aula unica coperta da un tetto a doppio spiovente ligneo; il pavimento è rivestito da cristalli, sorretto da travi d’acciaio, per lasciar intravedere ciò che emerse durante la campagna di scavo del 1999-2000 a cura della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Lombardia. Altri significativi dipinti sono parzialmente visibili lungo i perimetrali; sulla parete nordest si trova il busto e parte del volto di un uomo. Sulla parete opposta, invece, resta una monofora tamponata e decorata da motivi a girali incorniciati da una fascia ocra; a sinistra, un’ampia porzione di intonaco rosato è diviso da una fascia a meandro prospettico a «P», presumibilmente a separare due registri figurati andati persi. Le figure del velario sono disegnate in ocra giallo-arancio, ripassate a tratto nero, sopra una tela bianca dalle pieghe grigie a chevron e a ventaglio5. Una fascia decorata a piccoli fiori6 (?) cinge il bordo superiore; il bordo inferiore, a mezzaluna dentellata, è munito di frangia continua a tratti obliqui ed evidenziata da un fondo in ocra gialla7. Le numerose cadute d’intonaco hanno reso il velario poco leggibile, tuttavia alla base dell’arco trionfale, nell’angolo nordest, si distinguono due zampe o gambe incedenti, forse di un animale; parte di un clipeo doppiamente bordato, ripetuto anche nell’angolo sudest, ma con inscritto un motivo vegetale a quadrifoglio e affiancato da un volatile, probabilmente un’oca. Le singole attività agricole raffigurate sul drappo fanno chiaramente riferimento a cinque Mesi del calendario: Febbraio, Marzo, Aprile, Maggio e Giugno (FIG. 1-2). Per verificare l’iconografia delle attività del velario di Postalesio e per procedere ad un inquadramento cronologico è stato utile muoversi per confronti, in particolare con i mosaici pavimentali8 nord italiani di XI e XII secolo, dove il tema dei Mesi è spesso ben conservato e, analogamente, attinente alla zona absidale9.

Nell’abside di San Colombano la prima figura visibile, nel semicerchio sinistro, è un uomo in piedi munito di roncola, mentre toglie un’imperfezione da un ramo appoggiato ad un treppiedi. Il mese raffigurato è Febbraio che regola un ramo da usare a sostegno per la vite, come in San Michele e Santa Maria delle Stuoie a Pavia, San Savino a Piacenza, San Colombano a Bobbio. Segue un uomo che regge con la mano sinistra la parte terminale di una lunga canna (ne restano gli estremi), più larga verso il basso, dalla quale si dipartono quattro

5 In genere il velario ha due bordi, uno superiore e l’altro inferiore, ornati da una fascia compresa tra due linee con differenti pattern; il corpo del drappo è dipinto con pieghe a ‘chevron’ (disposte a lisca di pesce a formare delle “V” concentriche) o a ‘ventaglio’ (si diramano da un punto). Il velario può essere appeso in differenti modi (ad un’asta, ad una fascia; con ganci, anelli, asole, chiodini) e frangiato nella parte inferiore (continua per tutto il bordo o con fili annodati in gruppetti). 6 Il bordo superiore è visibile solo sopra il capo dell’uomo munito di roncola. 7 Il bordo inferiore a mezzaluna, la frangia a tratti obliqui continui, le pieghe grigie a Chevron e ventaglio, si riscontrano in numerosi velari della Provincia di Varese: Santa Maria di Campagna, Ligurno di Cantello; San Biagio, Cittiglio; San Michele presso l’Alpe San Michele, Porto Valtravaglia. Cfr. C. PEDRETTI, “La cortina dipinta di San Michele al Monte (Porto Valtravaglia) e i velari romanici della Provincia di Varese”, Loci Travaliae, 20 (2011), pp. 9-58; C. PEDRETTI, I velari nella pittura murale lombarda (secoli VIII-XIII). Catalogo e indagine contestuale nelle Province di Como, Lecco e Varese, Tesi di Laurea Magistrale in Storia e critica dell’arte, Università degli Studi di Milano, Dipartimento di Storia delle Arti della Musica e dello Spettacolo, 2009. 8 Cfr. L. PASQUINI VECCHI, “Nuove considerazioni sui mosaici pavimentali medievali di Pavia: proposta di lettura iconografica del pavimento musivo medievale relativo al distrutto monastero di S. Maria delle Stuoie”, Atti IV Colloquio AISCOM, (Palermo, 9-13 dicembre 1996), Tivoli, 1997, pp. 975-986; E. PIANEA, “I mosaici pavimentali” in G. ROMANO (ed.), Piemonte romanico, Torino, 1994, pp. 416-420; F.L. VALLA, “Per la cronologia dei mosaici di San Savino a Piacenza”, Bollettino storico piacentino, 87 (1992), pp. 86-91; R. HESS, “Das Bodenmosaik von S. Colombano in Bobbio”, Arte Medievale, 2 (1988), pp. 103-138; A. PERONI, “Il mosaico pavimentale di San Michele Maggiore a Pavia: materiale per un’edizione”, Studi Medievali, 2 (1977), pp. 718-722. 9 alla zona dello zoccolo si collega (sia nella forma che nel contenuto) il pavimento […]. O. DEMUS, “Compito e funzione nella pittura monumentale”, Pittura murale romanica, Milano, 1969, p. 17. 11

MARIA ANTONIETTA FORMENTI I velari medievali... tratti neri a ciuffi. La mano destra, mancante, sostiene un altro oggetto cinto da un’alta fascia e accostato alla spalla. Si tratta del mese di Marzo10 che soffia il vento in una buccina, mentre trattiene un fascio di erbe, un ramo fiorito o un bastone11. Segue il busto e parte del volto (visibili le labbra e i capelli) di un altro uomo, il girocollo della veste ricamato a dentelli, mentre con la mano destra, regge, alzandolo verso l’alto, un vaso/cesto a semicerchio dal bordo decorato con lo stesso motivo della veste. La figura è Aprile, la personificazione della primavera, che solitamente porta uno o più fiori, cime fiorite di arbusti o piccoli alberi. L’esempio di Postalesio si avvicina, in particolare, ai mosaici di San Colombano a Bobbio e della Cattedrale di Aosta, dove Aprile porge, nel primo caso, un vaso a mezzaluna riempito con fiori o rametti, nel secondo, un nido con due piccoli uccelli. Poco più in là si nota la sagoma un cavallo munito di una sella con zaffa; la coda è mossa lateralmente, mentre il muso è proteso a terra. L’animale è accompagnato da un uomo appiedato, del quale permangono solo le gambe e un braccio piegato appena sopra la sella. Si tratta del mese di Maggio; il cavaliere accompagna a piedi il proprio cavallo che bruca l’erba o si abbevera, come accade in San Savino a Piacenza12. Accanto a quest’ultimo si nota una falce a mezzaluna che taglia l’erba, ciò che resta del mese di Giugno. Dell’uomo che tratteneva la falce sono visibili solo gli orli dei lunghi pantaloni13 che indossava, come nel mese di Giugno a San Savino a Piacenza e di Luglio in San Colombano a Bobbio. Dopo l’ampia lacuna in corrispondenza della parte retrostante all’altare, a destra del basamento, traccia di un altro mese non identificabile con una gamba piegata sul ginocchio e accompagnata dalla frangia del velario. La caduta d’intonaco del semicerchio absidale destro, con i restanti Mesi, ha lasciato a vista uno strato anteriore, in particolare una stretta e discontinua fascia in prossimità del pavimento originario. Quest’ultima è decorata da cordicelle verticali liberamente direzionate, forse la frangia di un velario più antico14.

A Postalesio è inoltre ancora visibile, ravvicinato al semicerchio absidale, parte dell’ altare in muratura privo di intonaco. Il calendario nello zoccolo si inserisce quindi, interponendosi a livello visuale, attorno allo spazio dell’altare, sottolineando la relazione esistente tra il tempo ciclico del lavoro e del calendario liturgico. Numerosi altari dipinti permangono nelle

10 Marzo nel calendario italiano è rappresentato con due principali iconografie: lo “spinario”, un uomo che toglie la spina dal piede; un uomo che soffia il vento entro due buccine contemporaneamente, un corno rivolto verso l’alto, un flauto traverso. Quest’ultima è contemplata a Postalesio. L. PASQUINI, “Marzo «spinario» nel mosaico pavimentale di Otranto e nell’iconografia medievale”, Atti XIII Colloquio AISCOM (Canosa di Puglia, 21-24 febbraio 2007), Tivoli, 2008, pp. 311-322; M. LÉON PRESSOUYRE, “Marcius Cornator. Note sur un groupe de représentations médiévales du mois de mars”, Mélanges d’archeologie et d’histoire, 77 (1965), pp. 395-473. 11 La fascia che cinge quest’ultimo oggetto rimanda, tuttavia ad un fascio di erbe, come nel calendario carolingio di Salzbourg (Vienna, sterreichische Nationalbibliothe , cod. f v ), ma associato al mese di Aprile (G. COMET, “Les Calendriers médiévaux…”, 1 2, fig. ). 12 Il cavaliere del mese di maggio si presenta con alcune varianti: porta il falcone (Aosta, Cattedrale); conduce il cavallo dalla briglia (Duomo di Parma, archivolto del protiro); regge un falcetto da grano (Battistero, Parma; Duomo, Cremona); porta un ramo fiorito (Bominaco, Oratorio di San Pellegrino). Cfr.M. D’ONOFRIO, Primavera e nobiltà. La figura di maggio nel Medioevo, Roma, 2005; M. D’ONOFRIO, “L’iconografia del mese di maggio dall’Antichità al Medioevo” in A.C. QUINTAVALLE (ed.), Medioevo: il tempo degli antichi, (Atti del convegno di Parma, 24-28 settembre 2003), Milano, 2006, pp. 267-277; G. TROVABENE, “Primavera cortese: l’iconografia di maggio tra mosaico e pittura nell’Italia medievale”, Atti X Colloquio AISCOM (Lecce, 18-21 febbraio 2004), Tivoli, 2005, pp. 479-492. 13 I pantaloni, a protezione delle gambe dalle punture, dell’erba secca o dalle stoppie del grano, sono molto più diffusi nei Mesi francesi (P. MANE, Calendriers et techniques…, 1 , pp. 12 -130). 14 La frangia trova un confronto nel velario absidale della chiesa di San Vitale a Borgonato (Bs), scoperto nel 2008 e dipinto prima dell’XI-XII secolo. F. SCIREA, “Una nota sul velarium romanico di San Bartolomeo a Bornato”, Civiltà Bresciana, 3-4 (2009), p. 41. 12

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FIG. 1. SAN COLOMBANO (POSTALESIO). VELARIO ABSIDALE : FEBBRAIO, MARZO, APRILE, MAGGIO, GIUGNO

FIG. 2. SAN COLOMBANO (POSTALESIO). VELARIO ABSIDALE: MAGGIO E GIUGNO

Province di Varese, Como e Lecco15; una soluzione adottata anche in Santa Perpetua a Tirano, come dimostrano le tracce di intonaco colorato sopra la mensa dell’altare e, forse, contemplata per l’altare di San Colombano.

15 C. PEDRETTI, I velari nella pittura..., 2009, pp. 85-100. Altari dipinti sono presenti, inoltre, a San Giacomo al Mella (Brescia) e nella Colleggiata di Crema (P. PIVA, “Un Profilo del «romanico lombardo»” in R. CASSANELLI, P. PIVA (ed.), Lombardia romanica, vol. I, Milano, 2010, p. 41). 13

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In Lombardia si conserva solo un altro velario16 con il ciclo dei Mesi in San Michele a Gornate Superiore, in Provincia di Varese, mal del qualse resta solo il mese di Gennaio17. Si tratta di un drapo bianco con pieghe grigie, come quello di Postalesio, ma racchiuse tra due linee puntinate; il bordo superiore è ornato da una maglia a losanghe perlinate; il bordo interiore da elementi decorativi a mandorla con punto centrale. Il mese di Gennaio, all’estremità nord dell’emiciclo absidiale, è tracciato da sicure pennellate un rosso bruno sopra il dissegno guida in ocra gialla. Janus Bifrons, seduto su uno sgabello con indosso una pesante veste di pelliccia, alte calze e un cappello di pelo, scalda la mani al fuoco; alle spalle si trova una construzione dal tetto spiovente e con una grande porta rettangolare (FIG.3).

Di un certo interesse è il registro superiore, occupato da due pastori che accompagnano il gregge, mentre nel semicerchio sud restano due FIG. 3. SAN MICHELE (GORNATE SUPERIORE). figure con rotulo, forse angeli. La scena farebbe VELARIO ABSIDALE. JANUS BIFRONS (FOTO: FABIO riferimento all’Annuncio ai pastori narrato nel SCIREA) Nuovo Testamento (Lc 2,8-20), con una chiara allusione al lavoro rurale legato alla pastorizia, in accordo con il sottostante ciclo dei Mesi.

A poca distanza da Gornate, un altro ed inedito calendario orna lo zoccolo absidale dell’oratorio di 18 San Giacomo a Jerago , dove sono ancora visibili: Aprile, Maggio, Giugno, Luglio, Agosto, Settembre e Dicembre. Sul semicerchio nord dell’abside un uomo, o una donna, ha le braccia spalancate e tiene nella mano sinistra la cima fiorita di un albero (Aprile). Segue il muso di un cavallo munito di criniera, ciò che resta del mese di Maggio. Poco

FIG. 4. SAN GIACOMO (JERAGO). ZOCCOLO più a destra un uomo procede al taglio dell’erba ABSIDALE. MAGGIO E GIUGNO (FOTO: FABIO munito di una falce a mezzaluna dal lungo manico SCIREA) (Giugno). Quest’ultimo, il più integro, indossa una

16 Saverio Lomartire ipotizza la presenza del ciclo dei Mesi anche sul velario in San Pietro a Cassano Albese (Co), anche se tali tracce non consentono di avanzare ipotesi in questa direzione (S. LOMARTIRE, “La pittura medievale in Lombardia”, in C. BERTELLI (ed.), La pittura in Italia. L’Altomedioevo, Milano, 1994, p. 79). Per delle foto si veda: O. ZASTROW, “Cassano di Albese. San Pietro”, Affreschi romanici nella Provincia di Como, Lecco, 1983, pp. 191-192, figg. 1-2. 17 C. BERTELLI, “Gornate Superiore. San Michele” in M. GREGORI (ed.), Pittura tra Ticino e Olona. Varese e la Lombardia nord-occidentale, Milano, 1992, pp. 223-224. Per il velario: E. ALFANI, “Janus Bifrons: tra simbolo temporale e rinascita dell’arte antica. Gli affreschi medievali di San Michele a Gornate Superiore” in Florilegium. Scritti di storia dell’arte in onore di Carlo Bertelli, Milano, 1995, pp. 50-55. 18 Non esiste ancora uno studio esaustivo in merito, si rimanda a: F. SCIREA, “Jerago con Orago, San Giacomo”, Pittura ornamentale…, 2012, pp. 159-160; C. BERTELLI, “L’Alto medioevo” in M. GREGORI (ed.), La pittura tra Ticino e Olona…, 1992, p. 9; C. BERTELLI, “Jerago. Oratorio di San Giacomo” in M. GREGORI (ed.), La pittura tra Ticino e Olona…, 1992, pp. 221-222; S. LOMARTIRE, “La pittura medievale in Lombardia…”, 1 4 p. 6 . 14

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corta veste, le calze rosse e un cappello dall’ampia visiera a copertura del capo; alla cintola è 19 appesa la custodia della pietra affilatrice per molare la lama durante il taglio (FIG. 4). Del mese successivo restano solo tracce di un uomo chino in avanti; accanto, delle sottili linee verticali (spighe?), forse Luglio in atto di falciare le spighe del grano. Più a destra un uomo di profilo, la guancia segnata da un pomello rosa, ha il braccio destro piegato in avanti20 a suggerire il cerchiaggio della botte mancante (Agosto). La figura seguente raccoglie i grappoli d’uva direttamente dai rami della vigna; accanto, nella parte inferiore, si trova un cesto già pieno di frutti (Settembre). I Mesi successivi si interrompono in corrispondenza di una nicchia rettangolare, per concludersi sulla parete sud al di sotto del Martirio di San Giacomo, dove resta il braccio di un uomo teso verso l’alto; accanto, alcune linee verticali suggeriscono lo sventramento del maiale appeso (Dicembre)21. I Mesi di gennaio e febbraio, totalmente persi, erano probabilmente posizionati sulla parete nordest di fronte alla nicchia ricavata alla base dell’arco trionfale. L’abside ospitava così otto Mesi (da marzo a ottobre), mentre sulle pareti laterali erano distribuiti i restanti quattro. Le figure erano contornate da un tratto bruno quasi del tutto cancellato - visibile in alcuni punti del mese di Giugno -, mentre resta solamente il disegno guida sottostante in ocra gialla e rosa su fondo bianco. Nel registro soprastante i Mesi, come succede in molti cicli absidali, si collocano i dodici Apostoli distribuiti in gruppi di tre attorno alle monofore, mentre il catino absidale ospita la Maiestas Domini tra i Viventi. Interessanti motivi ornamentali emergono sulla parete nord: sotto la copertura lignea, una fascia a meandro prospettico a svastica è intervallata da una cornice con inscritto un grosso pesce; in basso, verso l’abside, un ramo fiorito. Sulla parete sudest, in basso, resta invece una fascia avvolta a spirale che ricorda un motivo di ascendenza altomedievale, ripreso anche nella chiesa di San Giovanni Battista a Cividino (Bg). In quest’ultimo caso la fascia a nastro cinge una ghirlanda fogliata intervallata da volti clipeati.

Spostando l’attenzione dalla Provincia di Varese a quella di Como, un altro ciclo dei Mesi si trova presso l’oratorio di San Martino a Gattedo22, immerso nella zona boscosa di Carugo. Sulla parete sudovest, diviso dalle soprastanti Storie di san Martino di Tours da una fascia a meandro ad uncino, si nota un uomo dal busto frontale con indosso una corta veste. La figura regge, con il braccio destro mancante, un corno che si restringe in prossimità del volto scomparso. Si tratta del mese di Marzo che soffia il vento in due corni, solo uno visibile, come in San Michele e Santa Maria delle Stuoie a Pavia e in San Colombano a Bobbio. Segue un uomo frontale, il volto girato verso destra, mentre ha le braccia spalancate; del braccio destro resta la mano chiusa sul palmo, mentre regge qualcosa (il gambo di un fiore?); l’altro

19 In generale la pietra affilatrice è inserita in una custodia ritagliata da un pezzo di legno troncoconico o in un corno di bue (P. MANE, Le travail à la campagne…, 2 6, p. 2 ). 20 La gestualità dell’uomo rimanda al cerchiaggio della botte, intento ad assestare colpi ai cerchi di ferro intorno alle doghe di legno. Le mani avrebbero potuto reggere: un martello (chiostro dell’Abbazia di Piona); un martello e un mazzuolo (protiro del Duomo di Cremona); due martelli (Battistero di Parma); un coltello e un martello (protiro del Duomo di Parma). 21 La posizione dell’uomo e delle braccia suggeriscono lo sventramento del maiale appeso, come in San Savino a Piacenza (Dicembre) e Santa Maria delle Stuoie a Pavia (Novembre). 22 F. SCIREA, “Mariano Comense, località Gattedo (parrocchia di Carugo), San Martino”, Pittura ornamentale…, 2012, pp.52-53; F. SCIREA, “San Martino di Carugo” in R. CASSANELLI, P. PIVA (ed.), Lombardia Romanica. Paesaggi monumentali, vol. II, Milano, 2011, pp. 57-60. Si rimanda inoltre allo studio esaustivo di E. ALFANI, Santi, supplizi e storia nella pittura murale lombarda del XII secolo. La cappella di San Martino a Carugo, Roma, 2000; E. ALFANI, “Itinerari artistici tra Lombardia, Catalogna e Oriente” in P. PIVA (ed.), Pittura murale del Medioevo lombardo. Ricerche iconografiche (secoli XI-XIII), Milano, 2006, pp. 9-11. La chiesa è spesso citata come San Martino di Carugo, anche se l’edificio rientrava nel Castrum di Gattedo; attualmente è gestita dalla parrocchia di Carugo, ma nel territorio di competenza del di Mariano Comense. 15

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FIG. 5. SAN MARTINO (CARUGO). ZOCCOLO DELLA PARETE SUDOVEST. APRILE (RIELABORAZIONE GRAFICA)

braccio, visibile il polsino della manica, trattiene un fuscello fogliato a due rami (FIG. 5). Alla destra del volto tracce della lettera ‘S’, suggeriscono l’identificazione del mese: [APRILI]S23. In controfacciata, al di sotto dei Patriarchi con il seno dei giusti, una porzione di intonaco rovinato (80 x 50 cm circa) mostra il busto di un uomo di tre quarti che impugna con entrambe le mani, protese in avanti, uno stretto bastone (FIG. 6). Quest’ultimo potrebbe essere Luglio colto nell’attività della battitura del grano, munito di correggiato24. I Mesi si interrompevano in prossimità dell’antico accesso per proseguire dall’altro lato; sotto le scene infernali si nota un’alta botte25 riconducibile ad Agosto, il Mese dedicato al cerchiaggio, come in San Colombano a Bobbio e in San Savino a Piacenza. A Gattedo la figura, che presumibilmente accompagnava la botte, potrebbe essere stata cancellata dalla modifica dell’ampiezza della porta. Seguono il fusto e alcuni rami della vite, con appeso un grappolo d’uva, più a destra degli acini di un altro grappolo, in riferimento alla vendemmia prevista nel mese di Settembre. La parete si conclude con un uomo che procede alla semina, mancanti il volto e i piedi, mentre regge sottobraccio un cesto; un’attività ricorrente nel Mese di Ottobre come in San Colombano a Bobbio e nella Cattedrale di Aosta. Infine, oltre l’estesa lacuna che occupa la parete nordovest per una lunghezza di 1,90 m circa, in corrispondenza dei soprastanti Progenitori, si nota il braccio sinistro di un uomo accostato al busto; accanto, tre linee verticali - quella centrale puntinata - che si avvicinano verso l’alto26; un’asta orizzontale, sopra la testa mancante, rimanda a due attività praticate alla fine dell’anno: lo sventramento del maiale appeso (San Savino, Piacenza; Santa Maria Stuoie, Pavia); l’essicazione della

23 Il segno dei Gemelli secondo Elena Alfani (E. ALFANI, Santi, supplizi e storia…, 2 , pp. 1 1-172). 24 L’oggetto è costituito da un manico a cui è agganciata una verga battente tramite un dispositivo d’assemblaggio. A Gattedo è ancora ben visibile il manico del correggiato, mentre è appena accennato il battente sopra il capo dell’uomo (P. MANE, Le travail à la campagne…, 2 6, pp. 1 1-174). 25 La botte in verticale, è assimilabile ad Agosto più che al mese di settembre. Quest’ultimo, infatti, mostra solitamente la raccolta dell’uva e la pigiatura in un basso e largo tino, come in: San Giacomo a Jerago; San Colombano a Bobbio; San Michele a Pavia; San Savino a Piacenza (pigia in un largo tino). 26 Secondo Elena Alfani sarebbe parte del segno zodiacale della Bilancia, in particolare il giogo e le corde che sorreggono uno dei due piatti per la pesatura. Il frammento è però troppo distante dal relativo mese di Ottobre (E. ALFANI, Santi, supplizi e storia…, 2 , pp. 1 1-174). 16

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FIG. 6. SAN MARTINO (CARUGO). ZOCCOLO DELLA PARETE OVEST. LUGLIO (RIELABORAZIONE GRAFICA)

concia (Santa Maria delle Stuoie, Pavia). Sulla stessa parete il ciclo dei Mesi lascia spazio a tre creature fantastiche: le zampe e il corpo anteriore di una Chimera e di un Grifo; il corpo sinuoso di un Serpente. In base alla lettura iconografica dei Mesi, in particolare delle due figure che erano state interpretate da Elena Alfani come il segno dei Gemelli, ma in realtà - dato la presenza del corno e del ramo fiorito - Marzo e Aprile, il calendario avrebbe coinvolto solo la parte occidentale dell’edificio, in relazione ai due registri soprastanti. Dubbia resta, invece, la figura sulla parete nord, che la studiosa legge come il segno zodiacale della Bilancia, tuttavia la presenza dell’asta potrebbe verosimilmente legarsi all’ultimo mese dell’anno, Dicembre. Lo stato frammentario dello zoccolo non permette di capire se fosse stata contemplata la compresenza mese/segno zodiacale, anche se l’esiguo spazio a disposizione non poggerebbe a favore dell’ipotesi. Significativo è il confronto tra i Mesi di Gattedo e il secondo semestre del calendario di Santa Maria ad Cryptas a Fossa27 (Aquila). I due cicli, sebbene cronologicamente e geograficamente distanti sono, infatti, due rari casi di calendari dipinti posti ad ovest in accordo con il programma iconografico della controfacciata e con le citazioni, della mietitura della messe e della vendemmia, nell’Apocalisse di Giovanni (Ap 14, 14-20)28. A Fossa sono presenti anche i Patriarchi con il seno dei giusti, al di sotto dei Mesi sulla parete sudovest; le scene infernali si trovano, invece, in controfacciata nell’angolo nord.

Risalendo il lago di Como per giungere in Provincia di Lecco, sulla strada che dal capoluogo porta verso la Valtellina, un quinto ed ultimo calendario si trova nell’Abbazia di San Nicolò e Santa Maria di Piona. Il ciclo, a differenza dei sopracitati casi di Postalesio,

27 M. DELLA VALLE, “Osservazioni sui cicli pittorici di San Pellegrino a Bominaco e di Santa Maria ad Cryptas di Fossa in Abruzzo”, ACME, 59-3 (2006), pp. 133-158. 28 Getta la tua falce e mieti; è giunta l’ora di mietere, perché la messe della terra è matura (Ap 14, 15); Getta la tua falce affilata e vendemmia i grappoli della vigna della terra, perché le sue uve sono mature (Ap 14, 18). 17

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Gornate, Jerago e Gattedo, si colloca all’esterno della chiesa abbaziale e non sullo zoccolo, ma sulla parete nord del chiostro ad un’altezza di 1,70 m. I Mesi, racchiusi in riquadri alternati a motivi ornamentali e accompagnati da un sottostante ciclo agiografico, rientrano nella tradizione iconografica dei calendari 29 sopradescritti (FIG. 7) . Un ulteriore confronto per i cicli lombardi è offerto da due calendari piemontesi, nelle Province attigue ai confini lombardi e gravitanti nell’area dei laghi, a Borgomanero (Novara) e Pallanza (Verbano FIG. 7. ABBAZIA DI SAN NICOLÒ E SANTA MARIA (PIONA). LATO NORD DEL CHIOSTRO. LUGLIO Cusio Ossola), rispettivamente in San Leonardo e San Remigio30. Nei Mesi dello zoccolo absidale di Pallanza colpisce il senso narrativo del perduto cavaliere di Maggio (FIG. 8), del quale resta la mano coperta da un guantone con appoggiato un falco ad ali dispiegate31; per Gennaio al posto dell’iconografia di Giano bifronte tra due porte (Aosta, Cattedrale) o seduto davanti ad un fuoco (Gornate Superiore, San Michele) è stata preferita quella di Giano che banchetta alzando la coppa32. A Borgomanero particolari sono i Mesi di: Ottobre, un uomo scuote con la verga le fronde di un albero, probabilmente di ghiande, come nel FIG. 8. SAN LEONARDO (BORGOMANERO). ZOCCOLO mese di Novembre in San Colombano a Bobbio ABSIDALE. LUGLIO, AGOSTO, SETTEMBRE

29 E. RAGAZZI, “Nuove proposte iconografiche sul calendario duecentesco dipinto nel chiostro dell’abbazia di Piona” in C. BERTELLI (ed.), Età Romanica. Metropoli, contado, ordini monastici nell’attuale Provincia di Lecco (XI-XII secolo), (Atti del convegno 6-7 giugno 2003, Varenna - Villa Monastero), Milano, 2006, pp. 125-150. Già pubblicato in: E. RAGAZZI, “Il «calendario» duecentesco dipinto nel chiostro dell’abbazia di Piona: nuove ipotesi di lettura”, Periodico della società storica comense, 65 (2003-2004), pp. 5-34. Particolare è il mese di Marzo con tre volti, si veda: C. GADIA RUSMINI, “Un singolare calendario monumentale di ambito monastico: il ciclo dei Mesi nel chiostro del Priorato di Piona”, Arte Cristiana, 88 (2000), pp. 63-72. 30 Non è scopo del presente contributo prendere in considerazione tutti i calendari dipinti del Piemonte, ma solo quelli prossimi agli attuali confini della Lombardia. Cfr M.L. GAVAZZOLI TOMEA, “Per la pittura novarese di tardo Duecento” in F. FLORES D’ARCAIS, M. OLIVARI, L. TOGNOLI BARDIN (ed.), Arte lombarda del secondo millennio: saggi in onore di Gian Alberto dell’Acqua, Milano, 2000, pp. 31-35; G. VALAGUSSA, “Verbania- Pallanza. San Remigio” in M. GREGORI (ed.), Pittura tra il verbano e il lago d’Orta dal Medioevo al Settecento, Milano, 1996, pp. 226-227; G. VALAGUSSA, “Borgomanero. San Leonardo” in M. GREGORI (ed.), Pittura tra il verbano…, 1 6, p. 2 ; M.P. ZOCCHI, Affreschi Medievali: San Remigio di Pallanza. Quaderni del museo del paesaggio, vol. 5, Verbania, 1986, pp. 67-73. 31 La caccia col falcone è molto più diffusa in Francia, mentre in Italia si preferiscono i preparativi per la guerra a sottolineare il ruolo dei miles cristiani all’interno della società medievale come difensori dei più deboli, degli innocenti e della chiesa (P. MANE, Calendriers et techniques…, 1 , pp. 4, ). Sulla falconeria: G. TROVABENE, “La caccia col falcone nei mosaici pavimentali tardo antichi e medievali: attività venatoria e privilegio di classe”, in G. TROVABENE (ed.), Florilegium artium: scritti in memoria di Renato Polacco, Padova, 2006, pp. 173-181. 32 Giano seduto a tavola con una coppa si riscontra nei calendari tardo romanici, come in Saint Andre ad Angoustrine e di Saint Julien ad Estavar nel sud della Francia. M.A. CASTI EIRAS GONZÁLEZ, “Gennaio e Giano bifronte: dalle «anni januae» all’interno domestico (secoli XII-XIII)”, Prospettiva, 66 (1992), pp. 53-63. 18

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FIG . 9. SAN REMIGIO (PALLANZA). ZOCCOLO ABSIDALE. GENNAIO, FEBBRAIO, MARZO, APRILE, MAGGIO per nutrire i maiali; Luglio, un uomo beve da un otre forse per combattere l’arsura dei campi assolati durante i lavori estivi (FIG. 9). Tra i cinque calendari della Lombardia e i due del Piemonte, Postalesio, Carugo, Gornate e Jerago sono accomunati dallo stesso procedimento di stesura del colore attraverso un veloce disegno guida in ocra ripassato da un sicuro tratto bruno o nero, databili al XII secolo. I dipinti di Postalesio risalgono probabilmente ai primi decenni del XII secolo come evidenziano i recenti i studi di Veronica Dell’Agostino in rapporto al linguaggio formale del soffitto ligneo dipinto in San Martino a Zillis nella vicina Svizzera. L’ipotesi è avvalorata dalle analisi dendrocronologiche eseguite sulle tavole lignee del soffitto, gli alberi più giovani sarebbero stati tagliati intorno al 111333. Differente è, invece, la resa grafica arricchita da campiture di colore e da una sviluppata tendenza narrativa, propria del secolo successivo, nei cicli di Piona, Borgomanero e Pallanza.

Interessante è notare come in tutti gli edifici lombardi e piemontesi, eccetto Piona, i Mesi occupino lo zoccolo absidale, come nei calendari dipinti dei Pirenei Orientali, nella regione francese della Linguadoca-Rossiglione, in particolare a Saint Andre ad Angoustrine e Saint Julien ad Estavar; in Spagna nella Provincia di Palencia (Castiglia e León) a San Pelayo a Perazancas34. Nel nord della Francia, invece, il ciclo dei Mesi orna spesso l’intradosso dell’arco trionfale, a divisione della zona absidale e non lo zoccolo, come a: Brinay, Saint-

33 V. DELL’AGOSTINO, “Note sul ciclo dei mesi…”, 201-2012, pp.65-66, con riferimento agli studi di M.A. NAY, S. Martin in Zillis. Canton Graubünden, Bern, 2008. 34 P.L. HUERTA HUERTA, “Ermita de San Pelayo”, Enciclopedia del romanico en Castilla y León. Palencia, vol. II, Aguilar de Campoo, 2002, pp. 819-827; I.G. BANGO TORVISO, “San Pelayo de Perazancas: las imágenes de un calendario románico organizadas según la vieja liturgia hispana, y su contexto en el conjunto del programa iconográfico”, Anales de historia del arte, 4 (1993), pp. 545-557. Il calendario era dipinto anche su alcuni frontali lignei d’altare navarrini (inizi XIV secolo), in prossimità della mensa, a ribadire il legame tra il lavoro dell’uomo e il tempo liturgico, si veda M.A. CASTI EIRAS GONZÁLEZ, “Gennaio e Giano…”, 1 2, pp. 5 -59. 19

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Aignan (Cher, Centre)35; Laval, San-Martin (Mayenne, Loire)36; Pritz, Notre Dame (Laval, Mayenne, Loire)37; Sallertaine, Saint-Martin (Vandea)38. In Italia i calendari dipinti più conosciuti sono di XIII secolo; per esempio in Abruzzo, nell’oratorio di San Pellegrino a Bominaco39 e in Santa Maria ad Cryptas a Fossa; nel Lazio40, a Roma presso l’Aula Gotica dei Santi Quattro Coronati41. Da una rapida panoramica dei cicli italiani, spagnoli e francesi, si noterà come manchino esempi di calendari dipinti su velari; le figure sono, infatti, racchiuse entro clipei, cornici bicrome ed archi. Nei velari veneti, in base agli studi curati da Laila Olimpia Pietribiasi e Mariangela Furlan, la tematica dei Mesi sembra non sia stata affrontata, ma permangano le scene più diffuse: scontri tra cavalieri, tra cavalieri e creature fantastiche, lotta tra Vizi e Virtù, animali in lotta tra loro, animali tratti dal bestiario ma non solo42. I velari di Postalesio e Gornate sono perciò esempi particolarmente rari nel loro genere.

I calendari lombardi e piemontesi, ma anche spagnoli e francesi, sono la dimostrazione dell’attenzione verso l’attività dell’uomo non solo in contesti cittadini, dove i Mesi erano spesso scolpiti in facciata o in mosaico sul pavimento43, ma in luoghi dal profondo legame

35 P. MANE, Calendriers et techniques…, 1 , figg. 1 -105. 36 P. MANE, Calendriers et techniques…, 1 , figg. 1 -111. 37 Poitiers, Photothèque du CESCM: France, Peinture murale, nn. 44315-44317, 82251, 82256. 38 C. DAVY, La peinture murale romane dans les Pays de la Loire, Laval, 1999, pp. 374-375. 39 J. BASCHET, “Il decoro dipinto degli edifici romanici, percorsi narrativi e dinamica assiale della chiesa” in P. PIVA (ed.), Arte medievale. Le vie dello spazio liturgico, Milano, 2010, pp. 212-219; P. PIVA, “Introduzione, per exempla” in L.V. GEYMONAT, P. PIVA, F. SCIREA, Pittura murale, contesto strutturale, pianificazione iconografica (esempi del XIII secolo) in P. PIVA (ed.), L’arte medievale nel contesto (300-1300). Funzioni, iconografia, tecniche, Milano, 2006, pp. 501-509; M. DELLA VALLE, “Osservazioni sui cicli…”, 2 06, pp. 101- 126; V. BRANCONE, “Complementi iconografici per il calendario dipinto dell’oratorio di San Pellegrino a Bominaco”, Arte Medievale, 2 (2004), pp. 75-108. 40 Parte di un ciclo dei Mesi si trova, ad esempio, presso il Santuario SS. Trinità a Vallepietra, sotto la Trinità (fine XII secolo), alla base del catino absidale, come avviene in area lombarda, piemontese, catalana e subpirenea: un uomo che uccide un grosso maiale (IANUARIS); un uomo in piedi con un recipiente (forse l’Acquario); una pentola sul fuoco con le lettere BRU. Cfr. V. BRANCONE, “Complementi iconografici…”, 2 4, pp. 80-81; S. ROMANO, “Santuario della SS. Trinità a Vallepietra” in E. PARLATO, S. ROMANO (ed.), Roma e Lazio. Il romanico, Milano, 2001, p. 272; A.M. D’ACHILLE, “Sull’iconografia trinitaria medievale: la Trinità del Santuario sul Monte Autore presso Vallepietra”, Arte Medievale, 5 (1991), pp. 49-73. 41 A. DRAGHI, “Il complesso dei Santi Quattro Coronati. Aula Gotica [Scheda n. a]” in S. ROMANO e M. ANDALORO (ed.), Il Duecento e la cultura Gotica 1198-1287 ca., La pittura medievale a Roma 312-1431. Corpus e Atlante, vol. V, Milano, 2012, pp. 136-176.. I Mesi, sulle pareti alte della campata meridionale dell’Aula, si presentano come la summa esplicativa di più attività legate al periodo. Si veda inoltre S. MADDALO, “Rappresentare il tempo a Roma nel Duecento: i calendari dipinti tra tradizione laica e riproposta cristiana” e S. ROMANO, “Geografia del potere nella Roma del Duecento” in A.C. QUINTAVALLE (ed.), Medioevo: la chiesa e il palazzo, (Atti del Convegno di Parma, 20-24 settembre 2005), Milano, 2007, pp. 538-597, pp. 628-633. 42 Sono stati censiti cinquantaquattro velari distribuiti tra Friuli-Venezia Giulia, Istria, -Alto Adige e Veneto, si veda: M. FURLAN, “Velaria. La pittura di zoccolo nelle chiese medievali di area veneta: l’influsso dei tessuti”, Ateneo veneto: rivista di scienze lettere ed arti, 8-2 (2009), pp. 57-73; L.O. PIETRIBIASI, “Il velario dipinto nelle chiese venete medievali tra IX e XIII secolo: iconografia e allegoria” in T. BELLÒ, A. MORSOLETTO (ed.), Studi e fonti del Medioevo Vicentino e Veneto, 3 (2006), pp. 71-1 ; E. Cozzi, “Tra sacro e profano. Iconografia e committenza in cicli pittorici di epoca romanica e gotica nell’Italia nord-orientale” in A.C. QUINTAVALLE (ed.), Medioevo: la chiesa…, 2 , pp. 4 1-503; T. STEPPAN, “L’iconografia: temi, programmi, strutture” in H. STAMPFER, T. STEPPAN (ed.), Affreschi romanici in Tirolo e Trentino, Milano, 2008, pp. 49-55. 43 I dodici Mesi sono stati intagliati anche sul manico, in legno di bosso, del coltello Eucaristico (XIII secolo) proveniente da Sant’Andrea a Vercelli, attualmente alle Raccolte d’Arte Applicata del Castello Sforzesco di Milano. Il coltello è un esempio di come il ciclo dei Mesi possa trovare diverse collocazioni in relazione al contesto liturgico, come su velari o zoccoli, ma anche su frontali d’altare come quelli navarrini. Un tema quello della posizione dei Mesi che merita di essere sviluppato in altra sede e sul quale sto lavorando. Per il coltello eucaristico: F. CERVINI, “Lame benedette. Qualche riflessione per studiare le armi e i loro committenti” in A.C. QUINTAVALLE (ed.), Medioevo: I committenti, (Atti del Convegno di Parma, 21-26 settembre 2010), Milano, 20

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con la vita e i ritmi della campagna, dove il dipinto murale consentiva una prolungata durata nel tempo con un esiguo dispendio economico.

Oltre al velario con i Mesi di Postalesio, in Alta Valtellina, un altro importante drappo figurato ornava la chiesa di San Martino di Serravalle44 franata nel 1987. Il velario fu ricomposto dai frammenti ritrovati in due fosse rettangolari presso l’abside, durante gli scavi tra il 1981 e il 198345; lo ornano sei coppie affrontate di leoni46 con il muso frontale, una zampa incedente, le code alzate, la criniera a tratti obliqui e sottopancia con pelliccia a tondi intrecciati. Il fondo del drappo, nero bluastro, intervallato da ampie pennellate in ocra rossa mette in rilievo i leoni bianchi; il bordo superiore è a fascia continua; il bordo inferiore, dall’andamento a mezzaluna, mostra una frangia a gruppi neri ed ocra di quattro fili ciascuno, 47 chiusi da un nodo (FIG. 10) . In un primo momento Carlo Bertelli formulò l’ipotesi che il drappo dipinto fosse ubicato su una transenna a divisione della navata, smentita da recenti studi, in quanto la ricostruzione supera l’ampiezza della chiesa stessa. Se l’ipotesi fosse stata confermata il velario di San Martino sarebbe stato particolarmente raro, in quanto presente su una transenna solo a Santa Maria del Gradaro a Mantova (XIII secolo) e sulla distrutta transenna nell’ex chiesa di San Benedetto a Brescia (X-XI secolo), documentata dalle foto dell’epoca. Quest’ultima, in particolare, presentava due animali affrontati, come i leoni di Serravalle, uno dalle zampe slanciate (equino?) e l’altro munito di artigli (felino?)48. I due animali erano, inoltre, posizionati verso le tre absidi, probabilmente in dialogo con il sottostante mosaico pavimentale a grandi figure: un Grifo che afferra un pesce, un Leone ucciso da un guerriero, un Dromedario beve da una tazza accompagnato da una donna. Il velario di Mantova è, invece, aniconico e si pone verso la navata fingendo una cortina.

2011, p. 385; O. ZASTROW, “[Scheda n. 4] Coltello Eucaristico” in Museo d’Arti Applicate. Oreficerie, Milano, 1993, pp. 28-30. 44 Cfr. C. BERTELLI, “Le pitture murali di San Martino (IX e XI secolo)” in G.P. BROGIOLO , V. MARIOTTI (ed.), San Martino di Serravalle e San Bartolomeo de Castelàz. Due chiese di Valtellina: scavi e ricerche, Cinisello Balsamo, 2009, pp. 175-186; S. TONNI, “I frammenti pittorici di San Martino di Serravalle” in G.P. BROGIOLO, V. MARIOTTI (ed.), San Martino di Serravalle…, 2009, pp. 187-207. Carlo Bertelli inserisce il velario di San Martino tra IX e XI secolo; Giovanni Valagussa propende, invece, per una datazione generale dei frammenti al settimo decennio del XII secolo (G. VALAGUSSA, “Dal IX secolo al Duecento: tra il mito carolingio e la tradizione lombarda” in M. GREGORI (ed.), La pittura in Alto Lario e in Valtellina dall’Alto Medioevo al Settecento, Milano, 1995, p. 3. 45 F. SCIREA, “, località Sant’Antonio Morignone, San Martino di Serravalle”, Pittura ornamentale…, 2012, p. 152; G.P. BROGIOLO, “San Martino di Serravalle. Gli scavi 1981-1 ” in G.P. BROGIOLO, V. MARIOTTI (ed.), San Martino di Serravalle…, 2009, p. 119; C. BERTELLI, “[Scheda n. 2, 5] Frammenti di pittura murale da San Martino di Serravalle” in C. BERTELLI,G.P. BROGIOLO (ed.), Il futuro dei longobardi: l’Italia e la costruzione dell’Europa di Carlo Magno (Monastero di Santa Giulia, Brescia 18 giugno – 19 novembre 2000), Milano, 2000, pp. 394, 399. 46 La natura del leone è molto complessa e sfaccettata, interessante è la lettura del Fisiologo in relazione alla figura di Cristo. Cfr. Fisiologo latino «versio bis», I; L. MORINI (ed.), Bestiari medievali, Torino, 1996, pp. 12- 15. Si veda inoltre: “L e” in E. KIRSCHBAUM (ed.), Lexikon der christlichen ikonographie, vol. 3, Roma, 2004, coll. 111-119. 47 Il velario, su due pannelli sandwich in resina epossidica e fibra di vetro (3,25 x 0,90 m ciascuno), è conservato nei depositi della Soprintendenza per i Beni Storici Artistici ed Etnoantropologici di Milano, in attesa di un’adeguata sistemazione presso il Museo Valtellinese di Storia ed Arte di Sondrio. Ringrazio la Dott.sa Cecilia Ghibaudi per avermi gentilmente mostrato le foto d’archivio; la Dott.sa Angela Dell’Oca del MVSA di Sondrio per avermi segnalato chi di competenza. 48 Il frammento si inserisce nella tipologia dei velari figurati diffusi in Lombardia tra XI-XII secolo, particolarmente affine al velario di San Bartolomeo a Bornato (Bs). F. SCIREA, “Una nota sul velarium…”, 2 , pp. 39-47; G. PANAZZA, “La chiesa in S. Benedetto in Brescia”, Arte Lombarda, 36 (1972), pp. 1-15; A. BREDA, “Archeologia degli edifici di culto di età medievale nella diocesi di Brescia. Atlante” in G. ANDENNA, M. ROSSI (ed.), Società bresciana e sviluppi del romanico (XI-XII secolo), (Atti del Convegno di studi dell’Università Cattolica, Brescia 9-10 maggio 2002), Milano 2007, pp. 244, 246, 265. 21

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FIG. 10. VELARIO CON LEONI AFFRONTATI DALLA CHIESA FRANATA DI SAN MARTINO DI SERRAVALLE. DEPOSITI DE SOPRINTENDENZA PER I BENI STORICI ARTISTICI ED ETNOANTROPOLOGICI DI MILANO

La presenza di animali affrontati ritorna spesso su velari dipinti, come su vere stoffe di importazione orientale, nei mosaici pavimentali a formare un ‘tappeto’, ma inseriti in clipei; ad esempio nel pavimento musivo del “Camposanto di Cremona”, a sud della cattedrale, con quattro registri di clipei annodati e all’interno coppie di animali affrontati: unicorni, pesci ed elefanti. La particolarità del drappo San Martino risiede, tuttavia, nel fondo nero bluastro, insolito per un velario dipinto, quasi sempre delle tonalità del bianco o su fondo chiaro a risparmio, ma che trova appoggio, ancora una volta, nelle stoffe importate49 ed imitate nei dipinti; nel velario dell’abside di Santo Stefano a Verona, con animali inscritti in clipei gemmati o perlinati dal fondo violaceo; nella cappella dell’Assunta in Santa Maria Infra Portas a Foligno in Umbria50, un drappo dipinto con leoni affrontati e dalla frangia raggruppata in fili annodati, come a Serravalle. La stoffa ad orbicoli conosce anche un impiego particolare nella volta a botte della quinta campata di Santa Maria Rossa di Crescenzago51 (Mi); una cortina intessuta all’orientale, dal fondo in terra verde, decorata con grifoni e pantere inseriti in clipei e divisa in due parti da un fregio fitomorfo centrale. Un esempio simile si trova anche in Toscana presso San Michele in Borgo a Pisa, dove le volte della cripta imitano una stoffa ad orbicoli con inscritti animali reali o fantastici52. I grandi leoni di San Martino di Serravalle sembrano perciò essere stati estrapolati dai tondi

49 J. LECLERCQ-MARX, “L’imitation des tissus orientaux dans l’art du Haut Moyen Âge et de l’époque romane. Témoignages et problématiques” in A.C. QUINTAVALLE (ed.), Medioevo mediterraneo: l’Occidente, Bisanzio e l’Islam, (Atti del convegno di Parma, 21-25 settembre 2004), Milano 2007, pp. 456-469; D. DAVANZO POLI, “Stoffe e pittura: dalle origini al secolo XIII” in F. FLORES D’ARCAIS (ed.), La pittura nel Veneto. Le origini, Milano, 2004, pp. 293-308; M. MARTINIANI-REBER, “Tessuto” e S.S. BLAIR, J. BOOM, “Tessuto. Islam” in Enciclopedia dell’Arte Medievale, vol. XI, Roma, 2000, pp. 142-154; M. BETTELLI BERGAMASCHI, “Pallii serici a Brescia nel monastero di Ansa e Desiderio”, in C. STELLA, G. BRENTEGANI (ed.), Santa Giulia di Brescia. Archeologia, arte, storia di un monastero regio dai longobardi al Barbarossa, Brescia, 1992, pp. 147-162. Significativi sono i due frammenti di tessuto ritrovati a Brescia nella chiesa di San Faustino ad Sanguinem; il primo (VIII-IX secolo), con leoni alternati a coppie di cani affrontati rispetto all’albero della vita; il secondo (X-XI secolo), con pavoni inscritti in elaborati orbicoli. 50 E. PARLATO, “La pittura medievale in Umbria” in C. BERTELLI (ed.), La pittura in Italia. L’Altomedioevo, Milano, 1994, pp. 190-192, fig. 243. 51 F. SCIREA, “Località Crescenzago, Santa Maria Rossa, canonica lateranense”, Pittura ornamentale…, 2 12, pp. 114-115; F. SCIREA, “Santa Maria la Rossa a Crescenzago”, Lombardia Romanica…, 2011, pp. 48-49; P. PIVA, “Un Profilo del romanico…”, 2 1 , pp. -40; P. PIVA, “Introduzione, per ‘exempla’…” , 2 6, pp. 5 - 509; V. CAVALLARO, “Un ciclo pittorico duecentesco a S. Maria Rossa di Crescenzago”, Arte Cristiana, 90 (2002), 811, pp. 239-250. 52 M. BURRESI, A. CALECA, Affreschi medievali a Pisa, C. BOZZOLI (ed.), Pisa, 2003, pp. 154, 159, 201. La decorazione della volta è documentata da alcune foto e dalla ricostruzione grafica del XVIII secolo in quanto la cripta è inaccessibile. 22

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caratteristici della stoffa, dalla quale ereditano la postura speculare e ieratica, per occupare tutta la superficie del drappo, come succede nella stragrande maggioranza dei velari e degli zoccoli tra XI e XII secolo. Significativo è il confronto con il velario figurato dell’abside della chiesa i San Giovanni Battista a Cividino (Bg) abitato con creature reali e fantastiche assiepate tra tralci e spirali, in particolare l’Unicorno53 tracciato da un sicuro tratto bruno. Esempi analoghi sono la Chimera e il Grifo dello zoccolo di San Martino a Gattedo (Co), anche se non direttamente riconducibili ad un velario; la Chimera del velario di San Biagio54 a Cittiglio (Va); due quadrupedi rampanti sul velario di Santa Maria di Campagna a Ligurno di Cantello (Va). Un felino con criniera, forse un leone, è presente su velario in San Protasio a Lorenteggio (Mi)55 e in Veneto sullo zoccolo absidale, insieme ad altre creature fantastiche e due cavalieri, presso San Michele Arcangelo a Pozzoveggiani (Pd) 56. Occorre focalizzare l’attenzione anche sulla frangia a gruppi del velario di Serravalle, che si ritrova, ad esempio, già nell’Altomedioevo nel drappo dipinto di Santa Maria Antiqua a Roma, ma ricorre, in 57 particolare, nei velari di XI-XII ; la frangia è visibile in Piemonte, presso il campanile della cattedrale di San Giusto a Susa, con animali affrontati, tra i quali dei leoni; in Lombardia, a Como, in San Pietro in Atrio58, con una moltitudine di figure; in San Pietro a Cassano Albese (Co), un uomo seduto, punte di freccia e la zampa di un animale; in Santa Maria in Monticello ad Arsago Seprio59 (Va) con tracce di un seggio e di un uccello; in Santo Stefano a Garlate (Lc), emiciclo sud, tracce di calzari neri e stinchi con veste di una figura; nel battistero di San Giovanni Battista ad Agliate (Mb), emiciclo absidale60. Infine, il drappo di San Martino di Serravalle è appeso ad un’asta con cordicelle bianche e soprastato da due fasce: la prima, in terra verde; la seconda, in ocra perlinata. Quest’ultima, dalle differenti tonalità, ricorre spesso in età romanica a scansione dei registri della parete, ad esempio appena sopra il velario di Santa Maria in Posterula a Brescia, nascondendo la modalità di appendimento; nell’abside centrale della cripta di San Filastrio presso la Rotonda di Santa Maria a Brescia, alla quale si appoggia l’asta che sorregge il velario; in San Martino a Gattedo, con grosse perle come a Serravalle, a divisione dello zoccolo dai registri soprastanti.

53 F. SCIREA, “Castelli Calepio, località Cividino, San Giovanni Battista”, Pittura ornamentale…, 2 12, p. 2 ; F. SCIREA, “San Giovanni Battista a Cividino-Quintano (Castelli Calepio)”, Lombardia Romanica…, 2011, pp. 212-214; L. RAVELLI, “S. Giovanni Battista. Cividino” in P. CAPELLINI, G.M. LABAA (ed.), Itinerari dell'Anno Mille. Chiese romaniche nel bergamasco, Bergamo, 2000, pp. 135-138. 54 F. SCIREA, “Cittiglio, San Biagio, già Sant’Andrea”, Pittura ornamentale…, 2 12, p. 162; R. MELLA PARIANI, J. LORENZI, “Cittiglio (Va). Chiesa di San Biagio”, NSAL 2006, Milano, 2008, pp. 160-163. 55 Segnalazione di Silvia Apeciti che ringrazio. F. SCIREA, “Località Lorenteggio, San Protasio”, Pittura ornamentale…, 2 12, pp. 11 -114; S. APECITI, I velari nella pittura murale lombarda (secoli VIII-XIV). Catalogo e indagine contestuale nelle Province di Milano, Monza e Lodi, Tesi di Laurea Magistrale in Storia e critica dell’arte, Università degli Studi di Milano, Dipartimento di Storia delle Arti della Musica e dello Spettacolo, 2011, pp. 21-23. 56 G. TREVISAN, “Santa Michele Arcangelo a Pozzoveggiani” in F. ZULIANI (ed.), Veneto romanico, Milano, 2008, pp. 257-261; E. COZZI, “Pozzoveggiani” in F. FLORES D’ARCAIS (ed.), La pittura nel Veneto…, 2004, pp. 80-85. 57 S. SALINES, “Gli affreschi di San Giusto: il contributo dell’archeologia”, La basilica di San Giusto. La memoria millenaria della cattedrale seguesina, (Atti del convegno chiesa cattedrale di San Giusto in Susa, 21 ottobre 2000), Torino, 2002, pp. 109-119. 58 E. MARCORA, L’origine dei velari e la loro diffusione nella Regio Insubrica. Il caso di San Pietro in Atrio a Como. Percorsi di arte e cultura del liceo artistico di Varese, 6-7 (2004); S. LOMARTIRE, “La pittura medievale…”, 1 4, p. ; O. ZASTROW, “Como. San Pietro in Atrio”, Affreschi romanici…, 1983, pp. 202- 203, figg. 46-50. 59 F. SCIREA, “Arsago Seprio, Santa Maria di Monticello”, Pittura ornamentale…, 2 12, p. 15 ; S. LOMARTIRE, “Arsago Seprio. Santa Maria in Monticello” in M. GREGORI (ed.), Pittura tra Ticino e Olona…, 1992, pp. 222- 223. 60 F. SCIREA, “Garlate, Santo Stefano, pieve” e “Carate Brianza, località Agliate, San Giovanni Battista, battistero”, Pittura ornamentale…, 2 12, pp. -80, pp. 130-131. 23

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FIG. 11. SANTA PERPETUA (TIRANO). VELARIO ABSIDALE CON STELLE

In Valtellina un terzo velario si colloca nella chiesa di santa Perpetua61, appena sopra il Santuario della Madonna di Tirano. Lo zoccolo absidale è ornato da un drappo ‘ricamato’ con semplici stelle ad otto punte in ocra rossa e gialla su fondo chiaro, appeso con brevi arcatelle - l’unico elemento posto a suggerire la presenza del velario - ad una fascia a losanghe perlinate (FIG. 11). Nel semicerchio destro, al posto dei mancanti piedi di San Giuda, emerge la sagoma abbozzata di un uomo - attinente al sopracitato ciclo dei Mesi di Postalesio -, munito di corta veste e calzature, forse parte di un programma mai portato a termine. Attorno alle monofore si dispongono cinque Apostoli interrotti dalla porta della sagrestia, al centro Santa Perpetua orante, mentre nel catino absidale restano tracce di una Maiestas Domini tra i Viventi. Le stelle ad asterisco rosse e grigie ritornano anche nella chiesa di Sant’Alessandro a Lovero (So), a decoro di un inedito velario con spesse pieghe grigio-blu, tuttavia a Tirano occupano l’intera superficie senza lasciare spazio a pieghe62.

Tornando al velario si noterà come il motivo a stelle63, che si espande alla decorazione delle monofore, ricorre spesso nelle decorazioni medievali, ma associato alle volte dal fondo

61 F. SCIREA, “Tirano, località Piatta, Santa Perpetua”, Pittura ornamentale…, 2 12, p. 15 ; R. CASSANELLI, “Santa Perpetua a Tirano”, Lombardia romanica…, 2 11, pp. 14 -141; G. GARBELLINI, Santa Perpetua e San Remigio. Antiche chiese gemelle alle porte della Rezia, Sondrio, 2005; R. CASSANELLI, “Santa Perpetua a Tirano” in R. CASSANELLI (ed.), Lombardia Gotica, Milano, 2002, pp. 276-278; G. GARBELLINI, “Ipotesi sulle origini di Santa Perpetua di Tirano”, Mons Braulius. Studi storici in memoria di Albino Garzetti, Sondrio, 2000, pp. 175-189. G. VALAGUSSA, “Tirano. Santa Perpetua” in M. GREGORI (ed.), La pittura in Alto Lario…, 1995, pp. 212-213. 62 F. SCIREA, “Lovero, Sant’Alessandro”, Pittura ornamentale…, 2 12, pp. 15 -151, fig. 68. Del velario resta solo un frammento in prossimità dell’accesso al campanile, inoltre persistono tracce di un tralcio sinusoidale con volute fogliate entro cornice a bande brune con doppio filo di perle e parte di un panneggio lumeggiato (XI secolo). 63 I cieli stellati su fondo blu erano già diffusi nella tarda Antichità, tuttavia non mancavano esempi dal fondo bianco per risparmiare il prezioso pigmento azzurro, con un effetto più aereo; le stelle erano, a volte, commiste a 24

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bianco. Le stelle presentano un’ampia varietà, ad esempio i raggi si dipartono da un punto centrale e terminano con trattini finali, come sulla volta presbiteriale dell’ex plebana di San Salvatore ad Almenno (Bg); sul catino absidale di San Colombano a Vaprio d’Adda (Mi), attorno alla croce centrale e ai quattro tondi cosmologici64; nelle volte della cripta di San Vincenzo a Galliano (Co); sulle tre volte della navata in Santa Maria la Rossa di Crescenzago (Mi). Le stelle si fanno più complesse sulla volta della cappella nel battistero di Galliano, in particolare i raggi sono alternati a piccoli rametti65. A Brescia, nella chiesa di San Francesco, stelle di XIII secolo a code ondulate ornano la volta constolonata della cappella sotto il campanile; sulla volta presbiteriale nella Rotonda di Santa Maria le stelle sono accompagnate da un ricco apparato ornamentale66. Lungo la strada che porta in Valchiavenna un diverso pattern a stelle è offerto dal catino absidale di San Fedelino a Novate Mezzola67 (So); attorno alla figura di Cristo tra due angeli, si dispongono stelle bianche con punto centrale racchiuse in ‘sfere’ in ocra rossa. Non si tratta, infatti, di semplici circonferenze di contorno, ma il fondo è interamente campito in ocra. Un’analoga tipologia di stelle, anche se più elaborata, data la presenza di piccoli rametti tra i raggi, si trova nel catino absidale con la Maiestas Domini tra i Viventi di San Leonardo a Borgomanero (No), all’interno della mandorla con Cristo. Un terzo esempio ritorna a Pavia presso la cripta di San Giovanni Domnarum68, nelle volte dal fondo azzurro, tra i santi e nel clipeo con inscritto il busto di Cristo. Significative, per il velario di Santa Perpetua, sono le stelle che decorano il basamento in muratura 69 dell’altare di San Pietro a Gemonio (Va), datato tra X e XI secolo. In quest’ultimo caso le stelle, a sei punte70 in ocra rossa su fondo bianco, non presentano nessun tipo di trattini o code finali e, come in Santa Perpetua, non sono associate a volte ma ad uno zoccolo71. Le stelle di Gemonio sono circondate da elementi riempitivi irregolari con circonferenze e piccole croci, inserite in due nicchie rettangolari. Lo zoccolo ornato da stelle, alternate a motivi floreali, è piccoli fiori o rosette, una sorta di tappezzeria celeste (H.P. AUTENRIETH, “Pittura architettonica e decorativa”, La pittura in Lombardia. Il Trecento, Milano, 1992, p. 362). 64 F. SCIREA, “Vaprio d’Adda, San Colombano”, Pittura ornamentale…, 2 12, pp. 124-125; F. SCIREA, “San Colombano a Vaprio d’Adda”, Lombardia romanica…, 2 11, pp. 72-73. Le stelle sono distribuite in modo asimmetrico intorno alla croce per un totale di nove, forse ad allusione dei cori angelici che accompagnano il segno del figlio dell’uomo (Mt 16,2 ). 65 C. TRAVI, Affreschi del XIII e XIV secolo, M. ROSSI (ed.) Galliano pieve millenaria, Cantù, 2008, p. 262. La decorazione della cappella del matroneo nel battistero potrebbe risalire alla seconda metà del XIII secolo, tuttavia le stelle caudate sono motivi ricorrenti anche nei secoli precedenti. 66 T. BENEDETTI, “Note sulla pittura architettonica-decorativa a Brescia nel XIV secolo”, Civiltà Bresciana, 1-2 (2009), pp. 7-29. M. ROSSI, “Gli affreschi Duecenteschi della Rotonda di Brescia e lo sciptorium della cattedrale”, Arte Lombarda, 129-2 (2000), pp. 7-19. 67 F. SCIREA, “, località Casenda (parrocchia di ), San Fedelino”, Pittura ornamentale…, 2 12, p. 14 ; R. CASSANELLI, “San Fedelino di Novate Mezzola (Samolaco)”, Lombardia romanica…, 2 11, pp. 12 -129; R. CASSANELLI, “Novate Mezzola. Chiesa di San Fedelino” in S. COPPA (ed.), Il Medioevo e il primo…, 2000, p. 237. 68 F. SCIREA, “San Giovanni Domnarum, cripta”, Pittura ornamentale…, 2 12, p. 1 ; C.L. SCHIAVI, La cripta di San Giovanni Domnarum in Pavia: rilievi e nuovi studi sull’architettura, Pavia, 2010; M.G. ALBERTINI OTTOLENGHI, “Pavia. Cripta di San Giovanni Domnarum” in M. GREGORI (ed.), Pittura a Pavia. Dal romanico al Settecento, Milano, 1988, pp. 55-56. 69 A. BERTONI, R. CERVINI, San Pietro a Gemonio: studi sulla fondazione e le diverse fasi architettoniche e pittoriche, Gavirate, 2003; S. LOMARTIRE, “Gemonio. San Pietro” in M. GREGORI (ed.), Pittura tra Ticino e Olona…, 1992, p. 219. 70 La stessa tipologia delle stelle di Gemonio è impiegata nel mosaico pavimentale dell’abside sinistra in San Giovanni sull’Isola Comacina (Co). La stella è inscritta in una circonferenza e si pone come il centro focale dell’abside, dalla quale si dipartono vari elementi riempitivi (X. BARRAL I ALTET, Le décor du pavement au Moyen Âge: les mosaiques de France et d’Italie, Roma, 2010, p. 309, fig. 115). 71 Anche l’iconostasi della cattedrale di San Vincenzo a Bergamo presenta uno zoccolo a lastre marmoree con tre ruote cosmiche sovrapposte e alternate a specchiature a pelte, tra le quali è inscritta una stella ad otto punte (F. SCIREA, “Il complesso cattedrale di Bergamo”, Lombardia Romanica…, 2010, pp. 201-211, fig. 186). 25

MARIA ANTONIETTA FORMENTI I velari medievali... presente anche in una delle cappelle del cimitero presso l’Abbazia di Chiaravalle Milanese72, anche se lo stato frammentario non permette di capire se fossero su velario. Un’altra soluzione ornamentale particolare è visibile in Santa Perpetua sotto la monofora centrale dell’abside: una ‘predella’ rettangolare bianca a grandi losanghe perlinate. L’espediente è confrontabile 73 con due esempi spagnoli, i dipinti di Sant Pere de Burgal (XI-XII secolo), oggi al Museu National d’Art de Catalunya di Barcellona, e di San Pelayo a Perazancas (XII secolo). Nel primo caso le tre monofore absidali presentano delle ‘tovagliette’ dipinte dal bordo ondulato, idealmente appoggiate alla strombatura inferiore. A Perazancas, invece, sotto la monofora centrale dell’abside, vi è una finta lastra marmorea a girali, incorniciata lateralmente da due colonne dipinte a sostegno della soprastante trabeazione. Una simile predella, ma figurata con una creatura fantastica, è dipinta in San Michele Arcangelo a Pozzoveggiani (Pd). In tutti i casi citati la presenza della monofora, ad interruzione del registro figurato, è abilmente valorizzata da un espediente pittorico, sia che si tratti di finte tovagliette, predelle figurate e lastre marmoree semplici o tra colonne. In Santa Perpetua gli unici elementi architettonici, come le monofore, sono quindi inglobati abilmente nella ‘tessitura’ parietale dalla pittura, capace altresì di fingere velari come lastre marmoree.

Quest’ultime, a brevi onde oblique in ocra rossa e gialla, si conservano sulla fronte dell’arco trionfale, sotto l’Annunciazione. La marmorizzazione conosce un largo impiego negli edifici medievali; il pattern ad onde si ritrova, in particolare, sul lato nord della canna del campanile romanico nella chiesa di Santa Maria in Posterula a Brescia, a fianco della parrocchiale di Santa Maria Nascente nel quartiere di Fiumicello74. Si tratta di onde marmoree oblique di XIII secolo, suddivise, a differenza di Santa Perpetua, in due fasce, una campita con ocra gialla. Nell’ex chiesa di San Barnaba a Brescia, abside sud, una nicchia ricavata nel muro presenta una ricca marmorizzazione a lastre parzialmente ondulate. Nel chiostro dell’abbazia di Piona lastre ad onde elaborate si interpongono tra le scene di martirio dei Santi. La tipologia più affine alle onde di Santa Perpetua è visibile, tuttavia, nella chiesa di San Michele ad Alpe a Porto Valtravaglia75 (Va), con onde oblique in ocra, sulla parete nordovest, a destra dell’affresco con Vergine fra i santi Antonio abate e Bernardo.

Un quinto e ultimo velario si trovava probabilmente presso il Battistero di San Giovanni Battista76 a , all’esterno dell’edificio, sull’antica abside quadrata. Si tratta di una decorazione ornamentale a fascia, dall’andamento a mezzaluna, compresa tra due linee in ocra rossa; nella parte superiore, accenni di una decorazione a girali. Lo strato frammentario non permette di capire se l’abside avesse ospitato un velario o un elemento ornamentale collegato ai girali, tuttavia la fascia compresa tra due linee richiama l’andamento

72 F. SCIREA, “Località Chiaravalle Milanese, Santa Maria, abbazia cistercense”, Pittura ornamentale…, 2 12, pp. 115-118; S. APECITI, I velari nella pittura murale…, 2011, pp. 44-48. 73 G.P. MISEROTTI, “Osservazioni storiche e iconografiche sugli affreschi romanici di Sant Pere del Burgal: la Virgo Prudens e il suo rapporto con l’immagine della donante”, Arte Cristiana, 98 (2010), 858, pp. 309-316; J. SUREDA, “Sant Pere de Burgal”, La pintura rom nica en Catalu a, Madrid, 1995, pp. 282-283; J.AINAUD DE LASARTE, “Sant Pere del Burgal”, El Pallars, Barcelona, 1993, p. 256 (Catalunya romànica, XV). 74 Si rimanda alle brevi citazioni in: G. ARCHETTI, “Pievi e monasteri in età romanica. L’inquadramento ecclesiastico delle campagne tra XI e XIII secolo” in G. ANDENNA, M. ROSSI (ed.), Società bresciana…, 2007, pp. 195-196; A. FAPPANI, “Fiumicello”, Enciclopedia Bresciana, vol. IV, Brescia, 1981, pp. 197-198. 75 C. PEDRETTI, “La cortina dipinta…” 2 11, pp. -58; G. BARUTA, “S. Michele in Monte. Il recupero degli affreschi”, Loci Travaliae, XIII (2004), pp. 153-169. 76 Sull’edificio non esiste ancora uno studio esaustivo. Cfr. F. SCIREA, “Mazzo di Valtellina, San Giovanni Battista, battistero”, Pittura ornamentale…, 2 12, p. 151; F. BORMETTI, Il complesso monastico di Santa Maria, in I restauri di Mazzo. Prime considerazioni, , 2002, pp. 16-21; AAVV., Nell’antica pieve di Mazzo, Sondrio, 2006; M. FRATI, “Lo spazio del battesimo nelle campagne medievale” in A. LONGHI (ed.), L’architettura del battistero. Storia e progetto, Milano, 2003, p. 95. 26

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del bordo inferiore del famoso velario della cripta di Aquileia77. Della decorazione medievale del battistero resta, invece, all’interno, uno sbiadito meandro prospettico tra due fasce bicrome in ocra che cingeva gli otto lati in prossimità dell’antica copertura.

Dalla ricerca è emerso come i velari della Valtellina rientrino nella vasta casistica che coinvolge tutta la Lombardia tra XI e XII secolo. I drappi sono limitati a quattro, ma con molti elementi di interesse; a cominciare dalla tematica dei mesi in San Colombano a Postalesio, su velario solo a Gornate Superiore, ma presente anche a Jerago, Gattedo e Piona. Il velario di San Martino di Serravalle, con i grandi leoni bianchi, è un unicum del suo genere per via del fondo nero bluastro intervallato da pennellate in ocra che si avvicina a tessuti d’importazione orientale. Le stelle ‘ricamate’ sul velario di Santa Perpetua a Tirano e Sant’Alessandro a Lovero sono anomale per uno zoccolo e solitamente associate alle volte, tuttavia sono presenti anche sull’altare dipinto di San Pietro a Gemonio e sullo zoccolo di una cappella del cimitero a Chiaravalle milanese. Alcune caratteristiche tipologiche dei velari Valtellinesi, in particolare le pieghe grigie su fondo bianco, le frange a gruppi o a tratti continui e le losanghe perlinate, ricorrono spesso ad ornamento dei drappi delle Province di Como e Varese, con i quali mostrano le maggiori affinità.

77 Per alcune foto, in particolare la ricostruzione grafica del velario: T. DALE, Relics player and politics in Medieval Venetia, Princeton, 1997, pp. 66-76, figg. 139-148. 27

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LOMBARDIA PIEMONTE Postalesio, Gornate Jerago, Gattedo, Piona, Borgomanero, Pallanza, San Superiore, San Giacomo San Martino Abbazia di San Leonardo San Colombano San Michele (Varese) (Como) San Nicolò e (Novara) Remigio (Sondrio) (Varese) Santa Maria (Verbano (Lecco) Cusio Ossola) Posizione Abside Abside Abside, pareti Controfacciata Chiostro, Abside Abside (velario) (velario) nordest e , pareti parete nord, (zoccolo) (zoccolo) sudest nordovest e (riquadri) (zoccolo) sudovest (zoccolo) Gennaio _ Gennaio _ _ Maiale _ Alza una bifronte si appeso, salumi coppa, scalda al fuoco e pentola salumi, pentolone (?) Febbraio Regola con _ _ _ Regola i rami _ Trattiene un roncola un con la roncola ramo paletto

Marzo Suona una _ _ Suona in un Trifronte _ Suona in lunga buccina, corno (l’altro suona in due due corni porta un fascio mancante) lunghe d’erbe (?) buccine Aprile Porta un _ Trattiene la Trattiene un Uomo/donna cime fiorite Porta un vaso/nido cima di un fuscello fiorito porta mazzi di (LIS)* mazzo di arbusto fiorito a due rami fiori fiori

Maggio Cavallo che si _ Parte anteriore _ _ (MAD)* Un falcone abbevera o di un cavallo ad ali bruca con dispiegate cavaliere sul braccio del cavaliere Giugno Falcia l’erba _ Falcia l’erba _ Miete col _ _ falcetto le spighe di grano Luglio _ _ Miete (?) Batte il grano Batte il grano Beve da un otre Un uomo (?) (?) con accanto spighe di grano (miete?) Agosto _ _ Un uomo, Botte verticale Cerchia la Martello, Un uomo cerchia la botte (cerchiaggio?) botte (cerchiaggio) con le mancante(?) braccia protese in avanti (cerchiaggio ?) Settembre _ _ Coglie l’uva e Grappolo _ Coglie l’uva _ la pone in un d’uva cesto (vendemmia?)

Ottobre _ _ _ Uomo con _ Scuote le fronde Fronde di un cesto sparge i di un albero con albero con semi una verga ghiande (?)

Novembre _ _ _ _ _ (NOVEMB)* Maiale appeso

Dicembre _ _ uccide il Braccio di un _ _ Un uomo maiale appeso uomo, asta, tre appende i (?) linee verticali salumi

FIG . 12. TABELLA SINOTTICA DEI MESI. TRA PARENTESI SONO INDICATE LE LETTERE IDENTIFICATIVE ANCORA LEGGIBILI E RELATIVE A CIASCUN MESE

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