Sa Lilla (Via Dell’Argento 2 Parte)
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Club Alpino Italiano – Sezione di Cagliari Programma Annuale Escursioni 2oo9 domenica 8 febbraio 3a ESCURSIONE SOCIALE a Sa Lilla (Via dell’argento 2 parte) Riferimento cartografico Foglio IGMI scala1:25000 549 Sez. IV – Ballao Comuni interessati Ballao, Armungia, S. Vito Lunghezza 13 km circa Dislivello in salita 520 m circa Dislivello in discesa 110 m circa Acqua Rio Gruppa Tempo di percorrenza 5:00 h circa Difficoltà E Come si arriva Partendo dall’inizio della statale 387 (cimitero di Monserrato), si supera Dolianova, S. Andrea Frius, S. N. Gerrei, e si giunge a Ballao, donde si prende a destra la statale 387 per S. Vito. Dopo circa 6,5 km, subito dopo la prima galleria, si prende a destra la sterrata (ex statale) che condurrebbe ad Armungia. Dopo circa 1 km, superato un ponticello, si prende a destra l’asfaltino in discesa che presto guada il Flumendosa mediante un ponte sommergibile e va a destra, penetrando rapidamente nella valle del rio Gruppa. Dopo circa 5 km, dirimpetto a una casetta di cacciatori, si lascia la vettura in una piazzuola. Presentazione La prima notizia dell’argento in quest’area paleozoica è del 1757, quando Mendel cominciò a scavare a Monte Narba presso San Vito. Ma fu nel 1870 che la Compagnia delle Miniere di La- nusei, aiutata dal talento dell’ing. Traverso, impresse scavi sistematici lungo il filone di 40 km che s’ estende da Burcei a San Vito, da Silius a Muravera. In breve gran parte del Sarrabus - Gerrei fu soggetto a scavi. Per il transito del minerale sui carri a buoi furono aperte stradette in pietra, il cui reticolo di cir- ca 200 km pervase pressoché ogni valle ed ogni gola. In quelle dell’Ollastu e del Brabaìsu la pi- sta assume un aspetto fiabesco: abbarbicata sul fianco precipite della gola, appollaiata sopra la turbolenza del torrente, questa mirabile viabilità ambientale in pietra a secco lascia sbigottiti per l’arditezza, la perfezione, la magia della fusione tra natura e manufatto. Sa Lilla è un di questi àmbiti minerari ormai dismessi, sito confinario tra i territori di Armungia e Villasalto, lembo estremo della foresta di Murdèga: è un eremo ombroso incassato tra forre e rupi, singolarmente fresco ed ubertoso, scorcio idilliaco scolpito nel silenzio, bacino d’attrazione di energie cosmiche. Il nome di Sa Lilla, già di per sé poetico, sembrerebbe nato ai tempi del mito. Nella sua sem- plicità connota una ‘prateria di gigli’ (tale è il significato). Ma questo allora dovrebbe essere l’unico sito naturale della Sardegna ad avere una prateria di pancrazi (gli unici gigli dei nostri alti - pascoli). E invece va detto che le liliacee non crescono a praterie ma isolate; in secondo luogo a Sa Lilla – area botanicamente integra – le liliacee non esistono affatto. Ebbene, nono- stante che Giovanni Spano, dotto di centocinquant’anni fa, non ne abbia imbroccata una nel pertinace tentativo di svelare i toponimi della Sardegna, forse ha azzeccato proprio la resa di questo toponimo, che lui ipotizza come corruzione di Galilla. In effetti la foresta di Murdega -Sa Lilla era l’epicentro territoriale di questo misterioso popolo che tanto preoccupò gli antichi ro- mani. Quindi, probabilissima l’identità Sa Lilla - Galilla. E’ meglio, comunque, non avventurarsi oltre nell’ermenèutica. Itinerario Dall’asfaltino presso la Casa dei Cacciatori, a quota 90 lungo il riu Gruppa, nel punto dove sta un vascone circolare di plastica (antincendio) e un abbeveratoio, guadiamo il rio medesimo portandoci alla sinistra orografica. Attenzione: all’abbeveratoio o nel rio abbiamo una preziosa possibilità di riempire la borraccia. Non si trova altra acqua sin quasi alla fine. Risaliamo pigramente su una pista mineraria abbandonata che entra in una valle laterale incisa ad est. Tale valle è occupata interamente dal sito minerario. Siamo in mezzo agli scisti paleo- zoici (Gotlandiano) tra affioramenti vari, compresi i calcari, nonché gli inevitabili graniti del pe- riodo Ercinico affioranti qua e là. La pista conduce lungo la sponda sinistra di un rio tributario che da valle a monte, in poco più di 2 km, prende quattro nomi (Moddizzaxiu Mannu, Baccu Prullas, Baccu Porcile don Peppe, Baccu sa Mianesa: quest’ultimo è relativo ad un cortissimo subaffluente). Il bosco è abbastanza intatto, non presenta segni d’incendio. Vi sono alberi di vario tipo e un sano sottobosco. Dopo oltre 300 m in questa valle che vie più s’incassa tra rupi scenografiche, troviamo le prime due case minerarie, registrate in mappa: una ancora utilizzabile ed una di- roccata. A destra delle case inizia una pista mineraria di rango inferiore e pendenza maggiore che risale entro un arioso bosco di lecci in purezza, ricresciuto dopo la totale ablazione subita negli anni ’80 del XIX secolo. Ne sono testimoni gli ariosi cercini, larghi talvolta 2 metri, sull’areola dei quali sono ricresciuti vigorosi polloni ora diventati adulti. Altri testimoni muti sono le numerose areole (carbonaie) che costellano tutta la foresta, segno di simbiosi perfetta tra i forestali ed i minatori che popolarono il sito un secolo fa. E’ immaginabile il profittevole scambio di traversi- ne per armare le gallerie della miniera. Rapidamente tocchiamo una casetta ex-forestale diroccata. Quanto prima la pista comincia a presentare segni di degrado causato dai nubifragi. A q. 194 (dopo 1 km) c’è una biforcazione e noi prendiamo a sinistra (la pista di destra serve una branca dove si trova un porcile, nonché gallerie e casette di minatori). La nostra pista risale con minore pendenza entrando nel cuore del sistema minerario di Sa Lil- la. Tenuto conto dell’esposizione bacìa, del microclima fluvio-forestale-collinare e dell’apporto di numerosi microminerali, il bosco è cresciuto su un humus ideale, fresco, profondo e poco ar- gilloso; e tuttavia nel clima generale della Sardegna l’ubertà, abituando gli alberi all’umidità costante, li espone immancabilmente allo stress idrico, quando questo imperversa alla stregua degli ultimi tempi. La siccità del 2002 ha dato il colpo di grazia a circa mille lecci di Sa Lilla. Ed oggi, nel 2009, essa continua a mietere largamente. Il sistema geologico dell’area è ricco di scisti argillosi (con presenza di muscovite) e di scisti calcarei, durissimi entrambi, capaci di dare dei marmi di buona qualità (come lungo il rio Grup- pa, dove esiste un’antica cava). Superiamo un declive ruscellaccio, chiamato riu Gutturu Nieddu a causa dei marmi nerastri le- vigati dall’acqua, e flettiamo verso est risalendo a zig-zag su una ex-carreggiabile a tratti baso- lata ma piuttosto sconnessa. Cominciamo a incontrare le viuzze laterali dove s’aggrappolano diroccate casette di minatori, fiorite in siti bellissimi. La più bella è appollaiata a quota 377 in uno sperone scenografico che precipita senza fiato sulla forra. Fin qui abbiamo percorso circa 2.5 km. Proseguiamo con vari ondeggiamenti nella foresta, abbandonando a malincuore il bellissimo villaggio minerario e cominciando a scorgere il passo chiamato Arcu is Brogus (‘la sella dei por- ci’), confine territoriale tra Armungia e Villasalto, anzi confine tout court: confine antropologico ed ecologico. Centosettant’anni fa la foresta di Armungia – che stiamo per lasciare – era popo- lata da ogni tipo di quadrupede selvatico e da numerosi tipi di volatili, a stormi numerosi, com- presi piccoli e grandi rapaci. Le sue ghiande erano capaci di sfamare, negli anni piovosi, fino a 8000 maiali, quasi 10 ad abitante! Varcato il passo dei porci, ecco il brullo territorio pastorale di Villasalto, coperto di steppa e di macchia bassa e improduttiva, simbolo antropologico d’una devastazione secolare, incendi apocalittici, accidia irriducibile e contagiosa. È paradossale, ma i due territori, così antitetici, sono pure simbiotici l’uno all’altro. Fu inesorabile che la ricchezza di selva, di foresta e di fauna del territorio di Armungia divenisse un’incubatrice al servizio del deserto di Villasalto, dove il sovrappascolamento e l’eccesso di caccia hanno indotto un impo- verimento ecologico generale e senza rimedio. Giunti all’Arcu is Brogus (quota 543), dove convergono due strade pastorali, prendiamo quella che punta ad est (a sinistra) appena sotto la Mògola s’Arrideli (‘il plateau delle filliree’), che dopo 500 m svolta a gomito puntando in risalita a nord sin sopra la mògola, la cui piatta som- mità – molto ampia – è chiamata Sa Lilla (‘il campo dei gigli’. Ma dopo la telegrafica presenta- zione più su fatta dei Galilla, non è che possiamo vedere in questo piatto sito la base d’un in- sediamento fisso di capanne o persino d’una cittadella dei tanto perseguitati Galillenses?). Giungiamo a q. 609 presso una lunga casa mineraria diroccata, innestandoci (oltre un intermi- nabile filo spinato) in due strade convergenti. Siamo in area soggetta alla riforestazione, e siamo pure rientrati in territorio di Armungia. Andiamo a nord-est lungo la mògola per mezzo chilometro nel territorio chiamato Perda Longa, tenendoci affianco del lungo filo spinato. A q. 582, pervenuti ad un nuovo nodo di piste, an- diamo lungo la mogola a nord-ovest, ed a q. 569 con un doppio tornante cominciamo l’estenuante discesa al cuore della foresta armungese. Flettendo gradatamente verso W-NW, passiamo al di qua di Bruncu Stalladroxiu e della diruta Dispensa Scartabelli, giungendo alla sella di q. 492 situata tra Bruncu Stalladroxiu e Br. Calixetta (presso una casamatta in la- miera). Sinora abbiamo percorso circa 6 km. Da qui prendiamo la pista che declina nella foresta sul fianco sinistro di Baccu Entruxi (‘la forra dell’avvoltoio’), e dopo 1.3 km cominciamo a flettere verso sinistra, lasciando il baccu e decli- nando con vari tornanti sino alla base, alla dispensa Is Forreddus (Sciorreddus), punto-sosta del Sentiero Italia. Qui c’è la seconda possibilità di rifornirsi d’acqua. Andiamo ad ovest lungo la rotabile bianca per oltre 1 km, innestandoci poi nella rotabile di Murdega, che prendiamo a sinistra percorrendola per oltre 2 km, incontrando l’asfalto e, dopo un altro km, giungendo al sito di partenza.