Tradurre Lucrezio: Ricostruzione Dell'identità Storica Dell'autore Messo in Versi Italiani Da Alessandro Marchetti

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Tradurre Lucrezio: Ricostruzione Dell'identità Storica Dell'autore Messo in Versi Italiani Da Alessandro Marchetti Tradurre Lucrezio : ricostruzione dell’identità storica dell’autore messo in versi italiani da Alessandro Marchetti Francesco Massoni To cite this version: Francesco Massoni. Tradurre Lucrezio : ricostruzione dell’identità storica dell’autore messo in versi italiani da Alessandro Marchetti. Humanities and Social Sciences. 2015. dumas-01198608 HAL Id: dumas-01198608 https://dumas.ccsd.cnrs.fr/dumas-01198608 Submitted on 14 Sep 2015 HAL is a multi-disciplinary open access L’archive ouverte pluridisciplinaire HAL, est archive for the deposit and dissemination of sci- destinée au dépôt et à la diffusion de documents entific research documents, whether they are pub- scientifiques de niveau recherche, publiés ou non, lished or not. 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Université Stendhal – Grenoble 3 Università degli Studi di Padova Master Lettres – Langues Dipartimento di Studi Linguistici e Letterari Spécialité Études françaises – Études italiennes Corso di laurea magistrale in Filologia Moderna Double diplôme international Curriculum Francesistica e Italianistica Classe LM-14 Tradurre Lucrezio: ricostruzione dell’identità storica dell’autore messo in versi italiani da Alessandro Marchetti Relatori: Chiar.mo Prof. Enzo Neppi Chiar.mo Prof. Guido Baldassarri Candidato: Francesco Massoni Anno accademico 2014-2015 Introduzione «Ser, de alguna manera, Cervantes y llegar al Quijote le pareció menos arduo – por consiguiente, menos interesante – que seguir siendo Pierre Menard y llegar al Quijote, a través de las experiencias de Pierre Menard» Jorge Luis Borges, Pierre Menard, autor del Quijote Mario Luzi scrive che «leggere Lucrezio equivale spesso a guardare il mondo con occhi limpidi e spazzati sorprendendo le cose per la prima volta e allo stato nascente»1. Luzi ha certamente ragione nel cogliere la linea universale della poesia di Lucrezio e quella particolare tensione ispiratrice che lascia intravedere fra i versi del De rerum natura l’ombra di una verità nascosta ed eterna. Proponendosi quale lucida esposizione degli immutabili principi che regolano il mondo e la vita dell’uomo, può quindi apparire paradossale che il poema lucreziano sia stato letto tanto diversamente nel corso dei secoli. Per esempio, potremmo argomentare che i carmina del sublime Lucrezio ricordati da Ovidio non erano affatto gli stessi che, diciotto secoli più tardi, si sarebbero trovati sugli scaffali della biblioteca privata di Thomas Jefferson. Il poeta dell’Ars amatoria, infatti, riconosceva in Lucrezio un modello stilistico; Jefferson, invece, collezionò cinque copie e due traduzioni dell’opera di un autore che per lui rappresentava l’ambasciatore della filosofia epicurea nella forma più completa ed esauriente a disposizione. È perciò naturale che da due diverse letture del poema siano derivate interpretazioni e rielaborazioni differenti: nel primo caso l’imitazione e la ripresa di alcune tematiche e stilemi lucreziani da parte del poeta augusteo, nel secondo un contributo alla formazione del pensiero politico e sociale di un uomo che nella Dichiarazione di indipendenza degli Stati Uniti d’America annoverò fra i diritti inalienabili di ogni individuo the pursuit of happiness. Il titolo di questo lavoro, Tradurre Lucrezio: ricostruzione dell’identità storica dell’autore messo in versi italiani da Alessandro Marchetti, chiarisce il taglio storico con il quale si intende affrontare lo studio della prima traduzione italiana dell’opera lucreziana. Lo spunto per questo approccio è tratto da un discreto numero di saggi molto recenti2 che si pongono l’obiettivo di precisare che cosa significasse leggere Lucrezio in una certa epoca. Ebbene, la stessa analisi può essere condotta, a mio avviso, anche a proposito di che cosa significasse tradurre Lucrezio in un particolare momento anziché in un altro. Ciò è esattamente il fine che si propone questa tesi: segnare un perimetro diacronicamente stratificato entro cui mettere in luce alcune dinamiche che poterono condizionare e orientare il lavoro del Marchetti traduttore. La linea argomentativa sarà dunque articolata in tre parti, al termine di ognuna delle quali saranno tratte delle conclusioni: ci limiteremo in questa sede soltanto a presentarle, rimandando ulteriori sviluppi alle rispettive premesse. 1 LUZI 1974, p. 73. 2 Eccone alcuni: Reading Lucretius in the Renaissance, PALMER 2014, The return of Lucretius to Renaissance Florence, BROWN 2010, ma già anche Savoir de la nature et poésie des choses. Lucrèce et Épicure à la Renaissance italienne, GAMBINO LONGO 2004. 3 La Parte prima, Tradurre un autore, tradurre Lucrezio, mira a fornire una risposta storicamente fondata all’interrogativo circa l’identità di Lucrezio così come essa venne strutturandosi a partire dal I secolo a. C. sino alla fine del Rinascimento. Si tratta, come è evidente, del segmento di una narrazione molto più ampia, quella della costruzione della figura dell’autore del De rerum natura, che si sceglie di interrompere arbitrariamente alle soglie del Seicento per poterne inferire le implicazioni sugli studi e la traduzione del Marchetti. Cercare di capire chi fosse Lucrezio all’epoca del nostro volgarizzatore sarà infatti necessario per comprendere appieno quali possano essere state le difficoltà incontrate dal Marchetti stesso nell’avvicinarsi al poema e, soprattutto, al momento di metterlo in versi italiani. Come vedremo, l’identità «debole» del poeta epicureo da un lato rappresentò un innegabile ostacolo per il traduttore, ma dall’altro lasciò anche ampi margini di azione per un’appropriazione e una rielaborazione personale e originale del testo lucreziano. La centrale Parte seconda, Un traduttore nel suo contesto, è invece dedicata ad Alessandro Marchetti e alla sua opera. Attraverso un profilo biografico si metterà in luce la formazione complessa e poliedrica del matematico, filosofo e poeta toscano. Il lavoro del Marchetti sarà quindi studiato in rapporto al suo contesto: le correnti letterarie che attraversarono la sua vita, la temperie culturale pisana ed europea che fece da sfondo alla sua esistenza, le accademie sia scientifiche sia letterarie delle quali fece parte forniscono, infatti, delle chiavi di lettura molto utili per l’approfondimento tanto del traduttore quanto della traduzione. Anche nella Parte seconda sarà dunque mantenuto un taglio storico, ma questa volta in un’ottica sincronica dalla quale si potrà osservare quali furono i debiti e quali, invece, gli apporti della versione marchettiana nei confronti dell’ambiente in cui fu realizzata. Se quindi nella Parte prima l’interrogativo di riferimento era indagare chi fosse Lucrezio per il Marchetti e come si fosse giunti a quel Lucrezio, il problema soggiacente la Parte seconda sarà piuttosto, una volta chiarito chi fosse l’autore, verificare che cosa significasse per un matematico tradurre quel particolare poeta latino alla fine del XVII secolo. Infine, la Parte terza, A mo’ di appendice, presenta un ristretto numero di esempi tratti dal Della natura delle cose attraverso i quali si potranno verificare sul testo alcuni degli elementi esposti in sede teorica nelle due parti precedenti. In primo luogo troverà spazio in quest’ultima sezione del lavoro un sondaggio dei principali modelli letterari cui il Marchetti dovette fare riferimento, pur con diversi livelli di consapevolezza, durante la redazione della sua versione. Ci sarà inoltre occasione di chiarire alcuni fenomeni di slittamento o sostituzione di identità secondo i quali, in vari luoghi del poema, il traduttore sembra prendere il posto e assumere le funzioni dell’autore. Allo stesso modo si darà anche prova di alcune modifiche e rimaneggiamenti orientati nel senso di un’attualizzazione che spesso adombrano, sotto le spoglie del rifacimento letterario, ragioni più meditate e profonde. 4 Parte prima – Tradurre un autore, tradurre Lucrezio Premessa Nella Protesta del traduttore a’ lettori anteposta all’editio princeps del volgarizzamento di Alessandro Marchetti, che vide la luce a Londra nel 1717 per le cure di Paolo Rolli, si legge: «Sappi però ch’io talmente abborrisco gli empii suoi [scilicet di Lucrezio] dogmi intorno all’anima umana ed al sommo Iddio, e sì fattamente gli detesto; che per difesa de’ loro contrarj sarei prontissimo (ogni qualvolta il bisogno ciò richiedesse), non solo ad impiegare tutto l’ingegno e le forze mie, ma anco a spargere tutto il mio sangue, avvengaché io mi pregi veramente d’esser Filosofo; ma più mi glorii d’esser Cristiano»3. Sul passaggio in questione e sul resto della Protesta torneremo successivamente per un’analisi più puntuale nella Parte seconda di questo lavoro; per il momento basti rilevare che una tale presa di distanza fu tanto accorata quanto inefficace, se essa poté accompagnare il testo soltanto in un’edizione postuma sotto dei torchi stranieri. La ragione per la quale si è scelto di introdurre queste pagine con le prudenti parole del Marchetti risiede nella necessità di chiarire i motivi che ci spingono a premettere all’analisi della traduzione di un testo antico una disamina della fortuna e della ricezione di un autore complesso come Lucrezio. Dalla citazione di cui sopra è evidente quanto forte fosse per il Marchetti l’esigenza di mettere in chiaro la sua sostanziale estraneità al contenuto del poema e il fermo ripudio «degli empii suoi dogmi intorno all’anima umana
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