STORIA PITTORICA DELL' ITALIA DAL RISORGIMÉNTO DELLE BELLE ARTI FIN PRESSO A FINE DEL XVIII SECOLO DI LUIGI LANZI CORREDATA DI MOLTE ILLUSTRAZIONI DALL’AB: DE ANGELIS
È DA ALTRt:
VOL. 12
VENÈZIA, 1838 Presso Pietro MILESI Libraio al Ponte di S. Moisè.
DELLA
STORIA PITTORICA
DELLA ITALIA INFERIORE
LIBRO V.
SCUOLA; GENOVESE.
EPOCA QUARTA
I Succedono agli stili patrj il romano e il parmense. Stabilimento di un' accademia.
D o p o il 1667 spenti molti maestri dalla pe stilenza e mancati per altri casi o invecchiati non pochi altri, ed alquanti pure traviati al manieri smo, la scuola genovese cadde in tanta declina zione, che i più de’ giovani si rivolsero altrove per gl’insegnamenti della pittura, e comunemen te frequentarono Roma. Così dal principio di questo secolo fino a’ dì nostri è prevalso in quei pittori il gusto de’ Romani, variato però secondo le scuole ond’ era disceso, e secondo i discepoli che lo esercitavano. Pochi lo han mantenuto sen za mistura ; ed alcuni del romano e del genovese han formato una terza maniera degna di applau so. Nel qual proposito deon essere avvertiti i let- 4 SCUOLA GENOVESE tori, che non gli estimino facilmente da ciò che di alcuni di essi rimane in Roma, come pur tal, volta ho veduto fare, I pittori deono stimarsi dai quadri che fecero in età già adulta: questi sono in pittura ciò che in letteratura le seconde edi zioni,su le quali 'oglion esser giudicati gli autori, Scrissi in altro tomo di Gio. Battista Gaulli, Costui dopo un lungo esercizio sotto Luciano Borzone, mal soffrendo la vista di una città spo, polata e funestata dal contagio, passò a Roma, e quivi con lo studio de’ miglior classici, e con la direzione del Bernino uscì in campo autore di una nuova maniera grande, vigorosa, piena di fuoco, e tuttavia graziosissima ne’ fanciulli e lie tissima nel suo insieme. Diede alcuni alunni allo scuola di Roma; e due ne rese alla scuola patria, Gio.Maria dellePiane, dalla professione dell’avo chiamato il Molinaretto, e Gio. Enrico Vaymcr. Riuscirono buoni compositori; e ne han tavole alquante chiese di Genova, specialmente del pri mo, di cui anche a Sestri di Ponente è una De collazione di S, Gio. Batista celebrata molto. Ma il lor nome e la fortuna derivò da’ ritratti. La perizia che in ciò ebbe il maestro sopra quanti vivevano, conciliò ad essi, oltre il saper«, anco il credilo; onde abbondarono di commissioni e in Genova, che perciò è piena di volti da lor di pinti, ed anche ne’ paesi esteri. Il Vaymer fu tre volle chiamato a Torino per ritrarre i Sovrani e la R, famiglia; e con larghe offerte fu invitato a fermarvisi, le quali egli rifiutò sempre. Il Moli- naretto, dopo essere stato più volte a Parma c a Piacenza, ove fornì di ritratti la corte, e di tavole alquante chiese, dal re Carlo di Borbone in v ita to EPOCA QUARTA 5 a Napoli, ritrattista regio, in buona vecchiezza vi morì, Anche Pietro da Cortona formò alia Liguria qualche degno allievo, Dubbia fama n’ è rimasa di Francesco Bruno da Porlo Maurizio, che in patria lasciò quadri d’ altare sul far di Pietro, anzi la copia d’ una sua tavola; è pittar disugua le, se non dee dirsi piuttosto col sig. Ratti, che certe opere piu deboli a torto gli siano ascritte dal volgo. Con men fondamento si è dubitato che uscisse di quell’accademia Francesco Rosa geno- rese, che intorno a’ medesimi tempi studiò inRo ma. Le pitture a fresco e le tavole che ivi lasciò u S, Carlo al Corso, e specialmente a’ SS. Vincen-, zio e Anastasio, lo scuopron seguace di altre mas-, siine: somiglia ivi Tommaso Luini, e i tenebrosi di quel tempo. Molto meglio dipinse a’ Frati di Venezia un miracolo di S, Antonio in una gran tela, ove, oltre una bellissima architettura, spicca intelligenza d’ ignudo, bel giuoco di chiaroscuro, molta vivacità di teste; in queste poco scelto, ca„ raccesco nel rimanente più forse che cortonesco, Dal Cortona fu senza dubbio ammaestrato Gio, Maria Bottali». Il card, Sacchetti suo mecenate dalla felice imitazione di Raffaello lo chiamò il Raffaellino; cognome che io non so se gli fosse confermato in Roma dal pubblico, e certamente in Genova gli fu negato. Fece però nell’ una città e nell’altra pitture considerabilissime,nelle quali non così imita Pietro, che non deferisca anche molto ad Annibai Caiacci, Una grande istoria di Giacobbe di sua mano vedesi tuttora nella qua-, dreria del Campidoglio, che fu gia.de’ Sacchetti; e in Genova sussiste in una sala di casa Negrotti 6 SCUOLA GENOVESE una sua pittura a fresco. L’ una e l’ altra opera è grande per un pittore che non oltrepassò i tren tun anni. Altro indubitato scolar di Pietro fuGio. Balista Langetti, quantunque nel tinteggiare più si attenga al vecchio Cassana' suo secondo mae stro. E' il Langetti un de’ pittori esteri che dopo il 1650 in Venezia fiorirono, e urtarono l’ estro del Boschini. Egli ne canta come di un professor , lodevole nel disegno e nel pennello (i); e queste lodi gli sono confermate dalloZanetti ; così però che solamente si estendono alle sue pitture fatte con più studio, com’ è un suo Crocifisso nella chiesa delle Terese. Nel resto dipinse assai per mestiere, specialmente busti di vecchi, di filosofi, di anacoreti, pe’ quali è notissimo nelle quadre rie venete e lombarde. Dicesi che solea farne uno al dì: ritraeva sempre un volto dal vero, senz’ag- giungervi quel non so che di grande che ammiria mo tanto ne’greci scultori in soggetti simili. Av vivava però que’volti con una forza di tinte econ un brio di pennello ch'erano ricercatissimi , nè si pagavano men di cinquanta ducati l’ uno. Il suo nome non si legge nell'Abbecedario; nè mol to me ne maraviglio: in opere così vaste chi può mai sapere e notar tutto ? Ma il maggior numero degli studiosi che Ge nova mandò a Roma, si accostò al Maratta. Gio. Stefano Robatto savonese tornò due voltealla sua
(i) L ’opera con bon arte e colpi fianchi, L ’osserva el naturai con bon giudizio, In l' atizar l' atende al bon ofizio, Che i movimenti sia vivi e no stanchi. Carta del navegar pittoresco, pag. 538, EPOCA QUARTA 7 scuola, e vi stette più anni. Si fecondò anche la fantasia, vedendo altre scuole d’Italia, e passan do in Germania ancora; e già maturo d' anni si fermò in patria. Vi ha fatte opere che la onora no, siccom’è il S. Francesco in atto di ricever le stimate, dipinto a tresco nel chiostro de’Cappuc- cini. Altre cose di que’ primi anni son lodate in ogni linea, e specialmente nel colorito,in cui ser vì di ammirazione agl’istessi professori di Geno va , usi a vederne i migliori esempi. Datosi poi al giuoco, e deposto ogni pensier di onore, invi lì il suo pennello ed il nome suo, lavorando co me un artigiano da mercati opere di pochissimo prezzo. Quindi potè dirsi che Savona non ebbe forse nè miglior pittore di lui, nè peggiore. Gio. Raffaello Badaracco figlio di Giuseppe,di cui si è scritto in altra epoca, dalla scuola del pa dre passò a quella del Maratta; indi aspirando a uno stil più facile, divenne corlonesco in gran parte; soave molto nel dipingere, bene impastato e largo dell’ azzurro d’oltremare il più fine , che fa trionfare i suoi dipinti, e gli fa durevoli. Nel le quadrerie sono moltissime sue composizioni di istorie; e delle più grandi che facesse ne ha due la Certosa di Polcevera con fatti del Santo Istitu tore. Pretto maraltista divenne un Rolando Mar- chelli ; ma distratto dalla mercatura poco dipinse. I più nominati in questa schiera sono i figli di tre professori assai celebri; Andrea Carlone , Paolgirolamo Piola e Domenico Parodi. Il pri mo fu figlio di Giambatista, del cui stile, e del romano, e poi anche del. veneto fece un misto ; che più, se io non erro, piace nelle pitture a olio, Che in quelle a fresco. Molto dipinse in Perugia, 8 SCUOLA GENOVESE e nelle città vicine, ben lontano dalla finitezza E grazia del padre, men felice di lui in comporre tuttavia franco, risaltilo, spiritoso all’uso de’Ve- neti, massime in certe storie di S. Feliciano di- finte a Foligno nella stia chiesa Tornato a Ro ma, emendo anche più ia maniera : e Ciò che fe ce da indi innanzi è tutto il suo meglio. Tali so no aldini fatti deila vita di S. Saverio al Gesù di Roma, e molte poetiche rappresentanze a Ge nova nei palazzi Brignole,Saltizzo,Durazzo.Que- sto pittore dà un Utilissimo documento a chi scrive in pittura, di non formare facilmente giu dizio sul merito degli artefici prima di avergli co nosciuti ove meglio operarono. Chi giudicasse del Carlone su la pittura che fede al Gesù di Pe rugia , non si persuaderebbe che potesse in Ge nova aver fatto si belle cose da noverarsi, comè fa il Ratti, fra’ Genovesi più degni di rimembran za. Niccolo suo fratello, e pilo anche aggiunger si allievo, e il debole della famiglia; non perchè gli manchi sufficienza, ma perchè non passa piu oltre. Il Piola nato di Domenico , siccome accennai in altro Ittogo, è Uno de’ più Colti e diligenti pit tori di questa scuola; Vero marattesco nel meto do, per gli studj preparati ad ogni opera ed ese guiti a bell'agio; ma non ugualmente nella imi tazione. In questa parte par che maggiormente si proponesse i Caracci , che molto avea copiati a Roma ; e se ne veggon tracce nel suo bel quadro de’ SS. Domenico e Ignazio alla chiesa di Can gnano , e in ogni luogo dove ha messo pennello Si sa ch’era dal padre proverbiato di lentezza, e ch'egli il lasciava dire , intento sempre ad esser EPOCA QUARTA 9 piò che il padre non era, scelto, grandioso , te nero , vero. Ebbe particular merito in lavori a fresco; e conte uomo di lettere , ideò assai bene favole e istorie in ornamento di varie case patri zie. Lodasi mollo il suo Parnaso dipinto pel sig. Gio. Filippo Durazzo ; e si aggiunge che quel si gnore dicesse di’ era ben contento di non aver chiamato di Napoli il Solimene, avendo Genova tal pittore. Cosi avess’egli meno dipinto in mu ri, e più in tele, onde restar noto anche agli este ri quanto meriterebbe. Domenico Parodi nacque di padre scultore, e scolpì anch' egli , e fu in oltre architetto ; ma il suo gran vanto fu la pittura. Meno uguale a se stesso che non fu il Piola , ha tuttavia maggior stima perchè ebbe genio più vasto, cognizione di lettere e di arte più estese , imitazione del dise gno greco più aperta, pennello più pieghevole a qualunque' stile. Studiò prima in Venezia sotto il Bombelli , e di quel tempo restano in una casa Durazzo copie eccellenti di quadri veneti ; nò quella maniera dimenticò per molti anni che di- poi studiasse in Roma. Da buon marattesco di pinse il bellissimo S. Francesco di Sales a1 Fi lippini. e non poche altre tavole: ma di lui, co me de’Caracci, si trovali opere ov’ egregiamente conformasi or al Tintoretto, or a Paolo, le quali sono descritte nella sua vita. La sala del Palaz zo Negroni è il suo lavoro più decantalo. E opi- nione di alcuni professori che in tutta Genova non ve ne sia altra sì ben dipinta ; ed è certo che Mengs vi sì fermò parecchie ore ammirando un pittore che non avea udito nominar mai. Il col letto disegno , la forza e l' amenità delle tinte , 2 10 SCUOLA GENEVOSE un’ arte sua propria di colorir pareti, spiata da molti e non ben intesa da veruno, rendon questo lavoro osservabilissimo ; nè poco il commendala poesia della invenzione,e la bella distribuzioni de’gruppi e delle figure. Tutto risguarda la glo ria di quella nobil famiglia , al cui stemma fan corona la Prudenza, la Continenza ed altre Vir tù espresse co' loro simboli ; e vi són pure favo le di Ercole Leonicida, e di Achille ammaestra to da Chitone, che significano l'onora di quella gente in armi ed in lettere. Vi sono aggiunti ri tratti; ed è legata ogni parte coll’altra, e variala sì bene, e arricchita tanto di Vestiti di drappi, d’ ogni ornamento , che un’ altra famiglia potrà dirsi meglio cantata da un poeta, ma non cosi fa- cilmente meglio onorata da un dipintore. Altre case patrizie ne hanno avuti be’ lavori a fresco; e la Galleria del sig. Marcello Durazzo ornata di storie e di favole e di chiariscuri, che si direb- bon bassirilievi, è opera molto vicina alla già de scritta. In certe tavole , com’ è il S. Camillo de’ Lellis, non par desso; e forse più di lui vi ope rò la sua scuola. Il suo più celebre allievo fu il prete Angelo Rossi, uno de’migliori imitatori in facezie che avesse il Piovan Arlotto; e in pittu ra buon maraltesco , ancorché autore di poche opere. Batista Parodi fu fratello di Domenico, non già allievo: addetto alla veneta scuola, spe-,1 dito, franco, copioso d’invenzioni , brillante ili colorito, ma non troppo scelto, nè da comparar; s i a’ migliori. Assai visse in Milano e in Berga d io . Peliegro figlio di Domenico dimorò in Lis bona, ritrattista insigne del suo tempo. Molto ha del romano, quantunnne educato in ÈPOCA QUARTA 1 1 Genova, l’Abate Lorenzo figlio di Gregorio Fer rari, uno de’ più gentili pennelli di questa scuo la, imitatóre anco degli scorti e della grazia del Careggio, com’era il padre; ma più di lui corret to , anzi buon maestro in disegnò. Per riuscire nel delicato talora è languido ; senonchè dipin gendo in vicinanza de’ Carloni (come nel palaz zo Doria a S. Matteo) o di altro vivo coloritore, rinforza ivi le tinte , sì che pajono a olio , e di poco cede a qualunque. Prevalse ne’ freschi, co me i più di questa scuola , ed è quasi singolare ne’ fregi a chiaroscuro. Ne abbondan le Chiese e i palazzi; e in quello de’ nobili Carega è una Gal leria , ultimo suo lavoro , tutto variato con fatti della Eneide, tutt’ornato di rabeschi, di stucchi, d’intagli per artefici da lui diretti. Fece anche quadri d’istorie- Per le tavole esposte ai pubbli co esegui dapprima i disegni del padre; di poi Come in quella di varj Santi Agostiniani che si vede alla Visitazione , opero di suo talento ; e sempre di migliori esempj accrebbe la scuola) pittore ancor questo di merito più che di nome. Delicato pennello sul far del Ferrari, e imita zione del Coreggio men disinvolta che in lui, ve- desi in Bartolommeo Guidobono, o sia nel Pre te di Savona. Questi usato a dipinger maioliche insieme col padre , che servi in tal professione alla R. corte di Savoja, pose nel Piemonte i pri mi fondamenti dell’arte; e ne ho osservata in To rino qualche pittura che sente del colorito napo letano, gradito ivi in certo tempo. Ito a Parma e in Venezia, copiando ed esercitandosi , divenne abilissimo dipintore, e abbondò di commissioni in Genova e per lo Stato. Si loda in lui più che 1 2 SCUOLA GENOVESE il disegno delle figure, che de nel lungo, la mae- stria negli accessori, fiori, frutti, animali; e sin- golormenle spiega questo suo talento in certe fa- vole dipinte da lui in palazzo Centurioni. Avea fatti grandi studj sul Castiglione , e ne avea fat. te copie che mal si discernono dagli originali, Nè perciò è figurista da sprezzarsi; ed è sua pro- pria lode l' unire una gran soavità di pennello con bell ’effetto di chiaroscuro ; siccome fece nel. | la Ubriachezza di Loth , e in tre altre storie la olio in palazzo Brignole Sale. Anche in Piemon te restan molte sue opere,e di Domenico suo fra- tello, delicato anch' esso e grazioso , di cui è in duomo di Torino una gloria di Angioli che per poco si terrebbe della semola di Guido. Potreb-, be anteporsi al Prete se avesse tenuta sempre questa maniera; ciò che non fece anzi in Geno va restan di lui fra poche buone pitture molte trivialissime. Prima di lasciare gl’imitatori della scuola par mense, tornerò a scrivere del cav. Gio. Batista Draghi, che nominai di passaggio nel terzo libro, Era stato scolare di Domenico Piola, da cui ap- prese la speditezza; nel resto autore di un nuovo stile che si formò non so in qual paese, ma che assai esercitò in Parma, e maggiormente in Pia cenza, ove visse lungamente e mori. Vi si scuola proti tracce della maniera bolognese e della par migiana; ma nelle teste e nella disposizione de: colosi vi è non so che di nuovo e di suo, che il distingue e il caratterizza. Per quanto fosse ve loce , non è facile convincerlo di trascuratezza Egli con un brio e con una bizzarria che rallegra congiunge uno studio di contorni e di tintee dun EPOCA QUARTA rilievo che ammaestra, massime in quadri a olio. Son di sua mano in Piacenza molte tavole, e fra esse il S. Giacomo Interciso presso i Francescani, in duomo la S. Agnese, in S. Lorenzo il quadro del Titolare, e la gran tela degli Ordini religiosi che da S. Agostino prendon la regola; tema trat tato già nella vicina Cremona dal Massarotti, be ne, ma inferiormente a costui. Il sig. proposto Ca- rasi loda singolarmente ciò che dipinse a Busseto nel palazzo Pallavicino. In Genova non fece se non forse qualche opera per privati. L’Orlandi,che di questo valentuomo non ebbe notizia, computa fra’primi pittori diEuropaGio- seffo Palmieri, che insième co’ precedenti vivea nelle prime decadi del secol presente. Tal lode sembra esagerata; e forse risguarda solo il merito ch’ebbe il Palmieri nei quadri degli animali, che fin dalla corte di Portogallo gli furon commessi. Anche nelle storie di figure umane è pittor di spirilo e di una bella magia di colorito; armo nioso in oltre e gradevole in que’ dipinti ove gli scuri non gli ricrebbero. Ha però una gran taccia nel poco disegno; quantunque studiasse presso un pittor fiorentino, che sembra averlo istruito bene;giacchè nella Resurrezione a S. Domenico, e in altre tavole condotte più attentamente, i professori poco o nulla trovano da riprendere. Ebbe pure applauso specialmente nelle inven zioni e nel colorito un Pietro Paolo Raggi, allievo d’ ignota scuola, ma certamente caraccesco in un S. Bonaventura che contempla il Crocifisso, pit tura considerabile del Guastato.Le quadrerie han di lui certi baccanali che assai partecipano del gusto del Castiglione, siccome notò il Ratti; e di 1 4 SCUOLA GENOVESE quello del Carpioni, come leggesi in una delle Lettere pittoriche inserita nel torno V Ivi si tro, vano grandi encomj del suo valore. Nè altrove meglio si conosce che in Bergamo, ove fra le altre opere fece per la chiesa di S, Marta una Madda lena sollevala dagli Angioli verso il cielo, e pre giala assai. Egli ci è descritto d' umore inquieto, iracondo, facile a disvogliarsi in ogni soggiorno; per cui si trasferì ora in Torino, ora in Savona, or di nuovo in Genova, or in Lavagna, or in Lombardia, ora in Bergamo,ove finalmente trovò morte e riposo. Circa a’ medesimi anni in Finale sua patria cessò di vivere PierlorenzoSpoleti, già scolare di Domenico Piola. Il suo studio più ge niale era stato copiare in Madrid le pitture di Mori Ilo e di Tiziano. Con questo esercizio egli se non giunse mai a distinguersi per quadri d’in venzione, riuscì però valentissimo ritrattista,ado perato in ciòd alle corti diSpagna e di Portogallo. Si fece anche un abito di copiar le altrui compo sizioni, e di trasferirle anco mirabilmente dalle stampe alle tele, crescendone le proporzioni, e adattandovi un colorito degno de’ suoi grandi esemplari. Pittori di tal fatta quanto son più utili i alla società di certi altri, le cui invenzioni quan do si trovano, par proprio di aver trovata la mala ventura ! Fra questi nazionali mi sia lecito ricordaredue forestieri, che venuti a Genova vi si stabilirono, e succedettero a’ buoni artefici di quest’ epoca, o ne furon anche competitori. L’ uno è il bolognese Jacopo Boni, che dal Francesebini suo maestro fu condotto in Genova per ajuto, quando dipinse la gran sala del Palazzo pubblico. Il Boni fin da EPOCA QUARTA 15 qu el tempo vi ebbe stima e commissioni, e vi si stabili nel 1726. Si veggono di lui belle opere specialmente a fresco in palazzo Mari ed in molti altri; e la più riguardevole che facesse nello Stato, è all’ oratorio della Costa presso a S. Remo: ma di lui bastevolmente si è scritto nel terzo libro. L’ altro, che vi giunse tre anni appresso, fu Sebastiano Galeotti fiorentino discepolo in patria del Ghilardini, in Bologna di Giangioseffo dal Sole; uomo di bizzarro e facile ingegno, dise- gnator buono sempre che volle, ardito colorito re, vago nella scelta delle teste, atto alla grandi composizióni a fresco, nelle quali fu talvolta aju- tato per gli ornati dal cremonese Natali. Dipinse in Genova la chiesa della Maddalena; e quegli affreschi, onde cominciò a farsi nome nella città, sono de’ più studiali che mai facesse; ma fu ob bligato dopo la prima istoria a raddolcire alquan to le tinte: Poco aveva operato in patria, e solo ne' primi anni; onde quivi non gode tanta ripu tazione quanta nella Italia superiore. Egli la scor se pressoché tutta, simile a quegli Zuccheri, a que’ Peruzzini, a que' Ricchj e ad altri avventu rieri della pittura, i quali viaggiarono dipingen do, o dipinsero viaggiando; pronti a replicare di paese in paese, senza nuovi studj, le stesse figu re, e talvolta le stesse cose. Quindi ancora di questo si trovai) lavori non solamente in più città della Toscana, ma eziandio in Piacenza e in Par ma, ove assai operò in servigio de’ Principi; e oltre a ciò in Codogno, in Lodi, in Cremona, in Milano, in Vicenza, in Bergamo, in Torino, ove fu creato direttor di quell’Accademia, la tale uf fizio chiuse i suoi giorni nel 1746. Erasi però sta- l 6 SCUOLA GENOVESE bilito in Genova, ove gli succedettero due figli, Giuseppe e Gio. Batista, i (piali viventi nel 1769 dal sig. Ratti furono nominati con onore, e detti egrcgj pittori. Dalla metà del secolo fino a dì nostri, tra pe’di- sastri della guensa occorsi verso quel tempo in Genova, e tra per la decadenza della pittura in tutta Italia, non ci si offrono molti artefici da ri cordare. Non poco merito specialmente in quadri storiali da camera ebbe Domenico Bocciardo di Finale, scolare e seguace del Morandi; pittor di non molta invenzione, ma esatto e di belle tinte. In Genova è a S. Paolo un suo S. Giovanni che battezza le turbe; e quantunque abbia fatte per lo Stato migliori tavole, pur basta per rispettarlo. Qualche riputazione godè pure Francesco Cam- pora nativo della Polcevera, che avea studiato in Napoli sotto Solimene, dalla cui scuola uscì anco Gio. Stefano Maja- ottimo ritrattista. Un Batista Chiappe di Novi, esercitatosi lungamente in Ro ma nel disegno, e divenuto coloritore assai ra gionevole in Milano, parve molto promettere. In S. Ignazio di Alessandria vi è una gran tavola del Titolare, eh’ è uno de’ suoi miglior quadri, assai bene ideato e composto; bel campo, bella gloria d’ Angioli, bella espressione nella principal fi gura, senonchè la testa non presenta il suo vero ritratto. Più belle opere se ne vedrebbono; ma l’ autore morì nel meglio di sua carriera; e nella storia del Ratti è qualificato come l’ultimo delit tori di merito che coniasse la scuola ligustica. Scarseggiò questa scuola per alcun tempo di buoni quadraturisti. Quantunque il P. Pozzi fosse in Genova, nou vi fece allievi. Bologna più che EPOCA QUARTA 17 altro luogo le ne supplì. Di là vennero il Colonna e il Mitelli tanto allora pregiali; vennevi l’ Al- dovrandini,e i due fratelli Haffner,Arrigo ed An tonio. Onesti vi si vestì Filippino; e ornando iqt Genova la sua chiesa e alquanti altri luoghi, ad destrò alla sua professione Gìo. Batista Revello, detto il Mustacchi. Giovò anche co’ suoi esempj a Francesco Costa, che dalla scuola di Gregorio de’ Ferrari era uscito ornatista. Onesti due gio- vani per la somiglianza della professione, che so-, la concilia e le maggior rivalità e le maggiori amicizie, in processo di tempo divennero fra loro unitissimi. Amendue per forse vent’ anni servi rono concordemente a’ figuristi nominati in que sta epoca preparando loro le prospettive e i fre ghe quanto altro richiedea l’ arte. Sono del pari lodati nella scienza prospettica, nella grazia, lu centezza e armonia delle tinte; ma il Revello nella maestria de’ fiorami è preferito al compagno La miglior fattura che se ne conti è a Pegli in palaz zo Grillo, ove ornarono una sala ed alcune ca mere. Nè poche altre cose condussero separata- mente, considerati come i Colonna e i Mitelli della loro nazione. Il paesista di questa epoca veramente rinomato è Carlo Antonio Tavella scolar del Tempesta in Milano, e di un Gruembroech tedesco, il quale dal fuoco che introduceva nei paesi fu anche det to ilSolfarolo. Gli emulò dapprima,indi raddolcì la maniera su le opere del Castiglione, del Pous sin e de’ buoni Fiamminghi. Dopo il Sestri, fra’ paesanti genovesi è contato primo. Il suo stile è facile a vedersi nelle quadrerie di Genova, spe cialmente in palazzo Franebi, che n’ ebbe più di I 8 SCUOLA GENOVESE trecento quadri; e gli concilia la riputazione di un de’ primi della sua età. Vi si veggono arie cal de, belle degradazioni di paesi, graziosi effetti di luce; piante, fiori, animali toccati con moltissi ma grazia,ed espressi con esattissima verità. Nelle figure fu ajutalo da’ due Pioli, padre e figlio,e più spesso dal Magnasco, con cui fece società di lavori Le dipinse talvolta ne’ suoi paesi persè medesimo, copiandole veramente dagli originali .de’ suoi compagni, ma riducendole ad una ma niera ch’ è propria sua. Ebbe Carlo Antonio una figlia, per nome Angiola, debole pittrice d’ in venzione, ma buona propagatrice delle invenzio ni paterne. Molti altri si diedero allora ad imi tarlo; e sopra tutti gli si avvicinò un Niccolò Mi- cone, o sia lo Zoppo, come più comunemente lo chiamano i suoi cittadini. Alessandro Magnasco detto Lissandrino fu fi glio di uno Stefano, che ammaestralo da Valerio Castello, e poi dimorato in Roma più anni, morì ancor giovane, nè altro lasciò alla patria, che poche tavole e grandissimo desiderio del suo in gegno. Il figlio fu istruito dall’ Abbiati in Mila- no: e quel tocco di pennello risoluto e di pochi tratti, che usò il maestro nelle opere macchinose, trasferì egli a’ suoi quadri di capricci, di spetta coli, di azioni popolari, ne’ quali è quasi il Cer- quozzi di questa scuola. Le sue figurine di poco oltrepassano la misura di un palmo. Le rappre sentazioni sono sacre pompe, scuole di donzelle o di giovanotti, capitoli di Frati, esercizj mili tari, lavori di artigiani, sinagoghe di Ebrei, ch’e ra il tema che trattava più volentieri e più face tamente che altro mai. Le sue bizzarrie non sono EPOCA QUARTA 1 9 in Milano rare a vedersi: ne ha pure il palazzo Pitti a Firenze, ove i il Magnasco dimorò per al quanti anni, graditissimo al Gran Duca Gio. Ga stone e alla sua corte. Accompagnando quadri di altro pittore, come spesso gl'interveniva, vi adat tava i soggetti molto a proposito; ciò che fece non sol ne’ paesi del Tavella e di altri, ma ne’ rottami ancora di Clemente Spera in Milano e in altre architetture. Questo artefice fu gradito dagli este ri più che da’ suoi. Quel lavorar di tocco, benché congiunto a gran sentimento e a sufficiente dise gno,non piacque in Genova, perchè lontano dalla finitezza ed unione di tinte che seguían que’ mae- stri: quindi il Magnasco poco lavorò in patria, e non le diede alcun allievo. Uno insigne n’ e- ducò alla scuola veneta, e fu Bastiano Ricci, di cui, si è fatta menzione più di una volta. E' mancalo in questi ultimi anni Gio. Agostino Ratti di Savona, pittore di un umor lietissimo. Assai promosse la ilarità de’ teatri con belle sce ne, e quella de1 gabinetti con lepide caricature, che intagliò anco in rame. Era abile a’ quadri da chiesa, come può vedersi a Savona in S. Giovan ni, che, oltre varie storie del Precursore, ne ha una Decollazione molto lodata; e a Genova an cora in S. Teresa: seguace sempre del Luti, la cui scuola avea frequentata in Roma. Fu anche buon frescante: e ne ho veduto in Casale di Mon ferrato il coro de’ Conventuali, ove alla prospet tiva del cremonese Natali aggiunse figure. Ma il suo maggior talento era per le pitture facete. Avea per esse una fantasia vasta, feconda, sem pre creatrice di nuove idee. Niuna cosa è più le pida delle sue maschere acerrane, da lui compo- 2 0 SCUOLA GENOVESE Sto in risse, o in danze, o in altre azioni, quali s’ introducono dagl’ istrioni nelle commedie. Il Luti , che fu suo maestro in Roma , lo lodava come uno dei miglior talenti che conoscesse in questo genere, fino a uguagliarlo al Ghezzi. Le notizie di questo Gio. Agostino mi furono co- municale dal Cavaliere suo figlio, nominato già molle volte nella mia Storia (1) e morto nel 1795.
( 1 ) Altre notìzie inedite su la sua scuola prepa rava per la stampa ; e riguardavano così gli anti chi tempi come i moderni. Il MS. che ci avria da to modo di accrescere questa edizione si è cerco in darno con detrimento delta medesima. Egli non fu. gran pittore; ma non degno certamente di quel di sprezzo con cui f u trattato in qualche libro. La gra t udine. l'amicizia, il dover della storia, l' uma- nità istessa richieggono da me che io ne accenni quanto può dirsene di bene, essendone già scritto quanto se ne potea dire di male. Leggasi dunque la Difesa di esso diala da noi altrove., e riferita poi col vero suo titolo nel nostro secondo Indice alla voce Ratti. Ivi ( chiunque ne sia l'autore) son rac contate cose da tenerlo, secondo questi tempi, lo devole artefice. Sopra lutto gli fa onore il giudizio di Mengs .che all'Accademia di Milano lo propose per Direttore; e dovendosi nel R . Palazzo di Ge nova dipingere istorie patrie, il R atti e da Mengs e dal Battoni insiemefu raccomandato per sì ono- revole commissione,eseguita poscia da lui con sod- difazione del pubblico. I più accorti han trovato in quelle istorie qualche cosa più che imitazione di buoni autori ; e si sa ch' ci profittò volentieri delle invenzioni altrui o incise o dipinte ma di quanto EPOCA QUARTA 2 1 Altri professori di quella scuola loderanno i posteri, a’ quali essi vivendo tuttora e operando
pochi non può dirsi altrettanto? In Roma poi, ove quattro anni visse in casa di Mengs, fece sotto la direzione di lui opere applauditissimc ; siccome una Natività di G.C.,per cui Mengs gli fece il bozzet- to , che graticolato e colorilo dal R atti, servi per una chiesa di Barcellona. Dovendo dipingere una S. Caterina da Genova , collocata poi quivi nella sua chiesa,Mengs gli disegnò con mirabile espres sione il volto della Santa , e ritoccò poi ancora il quadro, rendendolo stimabilissimo. Si avverta pe rò che simili finezze verso i loro amici o scolari non sùglion usare i valentuomini, ove in essi non iscuo- prano almeno una buona mediocrità. In linea poi di copista dovette il Ratti superarla , anche a giu dizio di Mengs ; avendo questi volato a prezzo ac- quistare una copia del S. Girolamo del Coreggio, che il Ratti avea fatta in Parma. Altra prova del la stima in che l' ebbe è l' averlo animato a scriver cose pittoresche; al che molti lumi doveva avere rac colti nel quadriennio che insieme vissero. Nella ci tata Difesa leggonsi le Accademie che lo aggrega rono . i poeti e i letterati che il lodarono , la croce di cavaliere che ottenne da Pio f i , la direzione dell' Accademia ligustica datagli anche in vita , s'egli avesse voluto ritenerla sempre;finalmente le moltissime commissioni di pittura avute da diversi luoghi : ma io tutte queste cose valuto sol quanto basta; il giudizio che nefoce Mengs è lo scudo più forte che quella Difesa opponga al suo fianco per salvarlo dagli avversarj. Preparate le aggiunte per la nuova edizione , si 2 3 SCUOLA GENOVESE EPOCA QUARTA preparano argomenti per sè di lode, per la pa tria di onore La nuova prole che soccresce ora alla pittura, può anche sperare maggior progres si mercè dell’ Accademia ligustica recentemente fondata per le tre Arti sorelle. Nel giro di pochi anni si è preparato a quest’Accademia uno splen didissimo domicilio con tanta copia di scelti ges si e di rari disegni con lai professori e con tan ti sovvenimenti gratuiti alla gioventù studiosa, che tale stabilimento di già si annovera fra i più belli e i più utili della città. Tutto deesi al ge nio e alla liberalità di molti patrizj tuttor viven ti che concorsero a sì splendida fondazione,e van nodrendola e aumentandola tuttavia.
è pubblicato l’Elogio del cavalier Azara,ove sì di ce che i MSS. di Mengs ammassati e confusi an darono in mano del Milìzia, che si prese la libertà di caricare talvolta a suo talento i giudizj di lui circa a’ pittori più eccellenti. Questa notizia, che vien da una penna mollo autorevole, ho voluto che qui s’inserisse per più ragioni. Essatoglie a Mengs l' odiosità di qualche troppo avanzata critica, o se non. altro gliene scema. Essa convalida ciò che di cela Di Cesar del Matti circa il vero autore della Vi ta del Careggio, che veramente fu il Ratti,ma con qualche ritocco si pubblicò per cosa di Mengs, senza riflettere che l’autore mettevasi in contrad dizione con sè medesimo. Essa fa conoscere che al gran nome di Mengs, oltre il suo grandissimo me rito, cooperò anche la fortuna, che gli diede pro tettori ed amici,quali non so se toccassero ad altro pittor del mondo. 25 LIBRO SESTO
LA PITTURA IN PIEMONTE E NELLE SUE ADIACENZE.
EPOCA PRIMA
Principj dell'arte e progressi fino al secolo x v i.
N o n ha il Piemonte un’antica successione di scuola come altri Stati; nè perciò ha men diritto di aver luogo nella storia della pittura. Questa bell’arte, figlia di una fantasia quieta, tranquil la, contemplatrice delle immagini più gioconde, teme non pur lo strepito, ma il sospetto dell’ar- ini. Il Piemonte per la sua situazione è paese guer riero; e se ha il merito di avere al resto d’Italia protetto l’ozio necessario per le belle arti, ha lo svantaggio di non aver mai potuto proteggerlo durevolmente a sè stesso. Quindi Torino, quan tunque ferace d’ingegni abili a ogni bell’arte per adornarsi da città capitale, ha dovuto cercare al trove i pittori o almen le pitture; e quanto ivi è di meglio, sia nel palazzo e nelle ville Reali,‘sia ne’pubblici luoghi sacri e profani, sia nelle qua drerie dei privati, tutto è lavoro di esteri. Non mi si opponga, che i Novaresi, i Vercellesi, e al cuni del Lago Maggiore non sono esteri. Ciò è ve ro di quei che vissero dopo l’aggregazione di tai comuni al dominio della R. Casa di Savoja. Ma quegli che furono prima di questa epoca, na- 24 PIEMONTE cquero, vissero, morirono sudditi di altro Stato; e per le nuove conquiste non più divennero To rinesi di quel che divenisser Romani Parrasioe Apelle dal momento che la Grecia ubbidì a Ro ma. Per tal ragione, come già dissi, ho conside rati costoro nella scuola milanese, a cui, quan tunque non fossero appartenuti per dominio, si dovrebbon ridurre per educazione, e per domi cilio, o per vicinanza. Questo metodo ho tenuto finora ; avendo io per oggetto la storia delle scuo le pittoriche, non degli Stati. Nè perciò saranno esclusi da questo luogo gli artefici del Monfer rato. È questo ancora un acquisto recente della R. Casa, che Cominciò a possederlo nel 1796; ma è anteriore a’precedenti, e ciò che più monta, i suoi pittori non sono forse mai nominati fra gli allievi de’ Milanesi. E' anche da riflettere ch’essi o operarono assai nel Piemonte, e perciò è luo go da nominarvegli; o non uscirono dal paese na tio, e non dovendo di esso scriversi libro a par te, ragionevolmente aggregasi a quel dominio, con cui ha confinalo sempre, e di cui finalmen te divenne suddito. Adunque limitandoci all’ antico Piemonte, e osservando eziandio la Savoja,e altri luoghi a lui finitimi non considerali finora, poco troviamo scritto (1), nè molto abbiamo da lodare negli ar-
(1) Un elenco de’pittori piemontesi con le opere lorofu edito dal ch. sig. conte Durando nelle note al suo Ragionamento sulle belle arti pubblicato nel 1778. Ha scritto di loro anche il P. M. della V alle nelle Prefazioni ai tomi X e X I del Vasari. Alcune notizie ne ha pubblicate in dotti opuscoli EPOCA PRIMA 25 tefici, ma sì (l’assai nella Famiglia Sovrana che amò sempre e a tutto suo potere promosse le bel le urti. Fin dal loro risorgimento Amadeo IV in vitò alla sua corte un Giorgio da Firenze scola re non so se di Giotto, o di altro maestro: è pe rò certo ch'egli nel 1514 dipingeva al castello di Ciamberì; e se ne trovano memorie fin al 1325 , nel quale operò a Pinarolo. Ch’ egli fin da quel tempo colorisse a olio si è dubitato in Piemonte; e il Giornale di Pisa ha su di ciò pubblicata una lettera nel decorso anno. Io non su che aggiugne- re a ciò che generalmente ho scritto su tali qui- stioni in più luoghi della mia Opera. Giorgio da Firenze è ignoto in patria, come alquanti altri da ricordarsi solamente in questo libro, vivuti mollo nel Piemonte, o almeno in esso conosciu ti meglio che altrove. Nel secolo stesso operò a S. Francesco di Chieri tutto sul gusto fiorentino, un che si soscrive: Iohannes pictor pinxit 1343 e non so qual debole frescante nel battisterio della stes- sa città. Ci sono anche altri anonimi in diversi paesi, e questi di maniere diverse in parte dalla giottesca, fra’ quali computo l’ autore della Con solalo, immagine di N. Signora avuta in gran ve nerazione a Torino. Più tardi, cioè intorno al 1414•Gregorio Bo no veneziano fu invitato pure a Ciamberì da Ama deo Vili perchè gli facesse il ritratto. Lo fece in
l 'autore delle Notizie patrie , ed alquante altre si trovano inserite nella Nuova Guida di Torino del sig. Derossi, e nel primo tomo delle Pitture d Ita lia. Altre finalmente ne abbinili dedotte da vari li bri di pittura che a' debiti luoghi verremo citando. 26 PIEMONTE tavola; nè forse mai dopo quel tempo tornò in Venezia, la cui storia ne tien silenzio. Un Nico las Robert franzese pittar Ducale trovasi aver servito dal 1473 fino al 1477; i cui lavori o pe rirono, o piuttosto s’ignorano: e forse non era questi se non miniatore, o, come allora dicevasi, alluminatore di libri; i quali artefici per la vi cinanza delle professioni son detti pittori come quei delle tavole e delle pareti. Circa il tempo medesimo par che operasse nel Piemonte Rai mondo napolitano, che lasciò il suo nome in una tavola a varj spartimenti inS. Francesco di Chie ri. tavola pregevole per la vivacità de’ volti e del colore, sebben carica d’ oro nelle vestimenta; in dizio per lo più di tempo men raffinato. Di un altro pittar di quegli anni restò indicazione nella chiesa di S. Agostino in quella città per quella soscrizione in antica tavola: Per Martinum Si- mazotum alias de Cananigo 1488. Trovo pur no tata nello spedai di Vigevano una tavola con fon do d’ oro di Gio. Quirico da Tortona. Ma niun luogo somministra in questa età no- tizie che interessino quanto il Monferrato, feudo allora de’ Paleoioghi. Sappiamo dal Padre della Valle, che Barnaba da Modena fu introdotto in Alba fin dal secolo xiv, e certamente fu de’ pri mi che dipingessero con lode in Piemonte. Lo abbiano nominata di volo nella sua scuola, per chè a giudicarne dalle opere qua e là sparse, ne visse lontano. Due pitture in tavola ne riman gono a’ Conventuali di'Pisa, l’ una in chiesa, l' altra in convento, amendue con la immagine di N. Donna, di cui nella seconda tavola rappre sentasela Incoronazione, e vi è aggiunto S. Fran- EPOCA PIUMA 37 cesco ed altri BB. del suo Ordine. Il signor da Morrona ne loda la buona maniera delle teste, de’ panni, del colorito, e lo antepone a Giotto. Così pure fa il P, della Valle per altra immagine di N,Signora rimasa presso i Conventuali di Alba, che chiama di stile più grandioso che non vedesi in ligure contemporanee; e notisi che ivi è se gnato l’ anno i 357, stando alla sua relazione. Ciò ch’ egli asserisce, averla pittura nel Piemonte preso da lui molto lume ed avanzamento, non saprei come confermarlo, non essendo io stato in Alba, e trovando un gran vuoto fra lui e i suoi successori nella città istessa. Vi dipinsero dipoi alla chiesa di S. Domenico un Giorgio Tuncotto nel 1473, e a quella di S. Francesco un M, Gan- dolfino nel 1493. A questi possono aggiugnersi Gio. Peroxino e Pietro Grammorseo, noti tuttora per due tavole che lasciarono a’ Conventuali l’ ti no in Alba nel 15 17, l' altro in Casale nel 1523. Sopra tutti si rese nobile in quelle bande e in Torino stesso Macrino nativo di Alladio e citta dino di Alba; ond’ egli in una tavola ch’ è nella sagrestia della metropoli di Torino, soscrivesi Macrinus de Alba. Il suo nome era Giangiacoma Fava, bravo pittore e di gran verità ne’ sembian ti, studiato e finito in ogni parte, e nel colorire e nell’ ombreggiare dotto a sufficienza. Di lui sa che ha scritto il ch. sig. Piacenza nelle sue note al Baldinucci, opera con iscapito della vera sto ria e della giusta critica rimasa in tronco, e che ora non ho a mano. Non so dove il Macriuo stu diasse; senonchè in quel suo quadro di Torino, che assai somiglia nel gusto Bramantino e i Mi lanesi contemporanei, ha pur messo nel paese 2 8 PIEMONTE per ornamento l’ Anfiteatro Flavio; onde sospet tar che vedesse Roma, o se non altro l’ erudita scuola del Vinci. Ne trovai nella Certosa di Pa- ; sia un’ altra tavola con S. Ugo e S. Siro, opera I d’ inferior nota nelle forme e nel colorito, ben ché piena di diligenza in ogni sua parte. Che che sia del luogo ove studiò, egli è in queste bande il primo artefice che si avvicini al moderno stile; e sembra essere stato considerato non solo in Asti ed in Alba, che ne ritiene varie tavole e quadri da stanza, ma in Torino, e nella casa ¡stessa del Principe, della quale credo essere un Porporato ritratto a" piedi di Nostra Donna e de’ SS. che la circondano, nel quadro del duomo. Più altre pit ture son persuaso ch’ egli lasciasse in Torino; ma questa città fra tutte le capitali d’Italia è stata forse la più bramosa di sostituire a’ quadri anti chi i moderni. Contemporaneo a Macrino fu il Brea nizzardo, che io nominai nella scuola di Genova insieme con tre pittori di Alessandria della Pàglia, tutti vivuti in quello Stato. Qui solo aggiungo il Borghese di Nizza della Paglia, ove e in Bassignana son tavole con questa sòscrizione: H ìeronymus Burgensis N iciae Palearum pinxit. Ne’prirmipj del secolo sestodecimo, o che i tor- bidi d’ Italia richiamassero le cure de’ Principi j a oggetti più serj, o che altro sia, non trovo me morie che interessino. Intorno alla metà del se colo credesi che fiorisse Antonino Parentani, che alla Consolata dipinse dentro il Capitolo un Pa radiso con molti Angeli: pittore d’ incerta patria, | che siegue il gusto romano di quella età, e in certo modo lo impicciolisce. In questo tempo i libri della Tesoriera generale ci tengon vece d’i- EPOCA PRIMA 29 storia, e ci guidano alla cognizione di altri artefi ci; Ne deggio la notizia al ch. sig.barone Vernazza de Fresnois segretario di Stato di S.M., non meno | ricco in cognizioni, che largo in comunicarle. I libri antidetti nominano un Valentin Lomellino da Raconigi; e dopo il 1561, in cui egli mancò di vita o di uffizio, Un Jacopo Argenta ferrarese. L’ uno e l’ altro servì con titolo di pittoreDucale; ma il pubblico non può giudicare del loro meri to. non conoscendone alcun lavoro in Torino nè altrove; e per avventura miniatori furono piut tosto che dipintori. Dal Malvasia e dall’ Orlandi ci è indicalo Giacomo Vigili, che circa il 1567 servendo in corte ili Torino, ne ebbe in dono il castello di Casal Burgone. Anco le opere del Vi gili sono ignote al pubblico; non così quelle dei pittori che sieguono. Alessandro Ardente faentino, comunque altri lo facciano posano ed altri lucchese (1). Giorgio Solerj di Alessandria e Agosto Decio milanese miniatore da me nominato altrove, fecero il ri tratto a Carlo Emanuele duca di Savoja, per cui tutti e tre son lodati assai dal Lomazzo nel suo Trattato a pag. 435. I due primi furono dichia rati anco pittori di corte. Erano oltreché ritrai—
(1) Convien credere a lui stesso, che avendo di pinte tre tavole a S. Paolino di Lucca, in quella di S. Antonio Abate soscrisse: Alexander Ardentius Faventinus 1565, siccome attesta monsignor Man~ si arcivescovo di Lucca nel suo Diario. Egli però in altri luoghi di quella operetta , e il sig. da Mor- rona nella sua Pisa lo dicon pisano, od altri luc chese. So PIEMONTE listi ottimi, anche bravi compositori. Di Alessan dro vedesi in Torino al Monte della Pietà la Ca duta di S. Paolo di uno stile da crederlo erudito in Roma. Più altre cose ne rimangono in Lucca; che in Un Battesimo di Cristo dipinto a S. Gio- Vanni da questo Ardente, ha di quel mistero una delle più nuove invenzioni che mai si vedessero (Guida di L ucca, pag. 261). Ne’ contorni ancora di quella città son molte sue Opere. Lo nomina anco il ch. sig. da Motrona nel T. II della sua Pisa illustrata, e dicendo di non ne aver notizie a bastanza, convien credere che vivesse lunga mente fuori di Toscana. Io credo che assai tem po stesse in Piemonte, trovandosi anche fuor di Torino qualche sua opera, Com’ è in Moncalieri Una Epifania segnata col suo nome e con gli anni 1592; e sapendosi in oltre che morto lui nel 1595 fu dal Principe assegnala pensione alla sua donna e a’ suoi figliuoli ; indizio, pare a me, di un ser vigio prestatogli dall’ Ardente non pochi anni. Del Soleri, genero di BernardinoLanini, diedi cenno nella scuola milanese. E' anche ricordalo j dal Malvasia nel Tomo secondo pagina 134, e paragonato al Passerotti, all’ Arcimboldi, al Gae tano, al Cremasco del Monte in arte di far ritratti. Resta però oscura la sua educazione pittoresca, se non in quanto le sue opere ne possono dar congettura. Due sole potei vederne; nè so che altra se ne conosca. L’ una è in Alessandria, è serve di tavola a una cappella domestica de’ Con ventuali. Rappresenta N. Signora, a cui i SS. Ago stino e Francesco raccomandano la protezione di Alessandria dipinta ivi sotto in mezzo ad una campagna. Il paese è su lo stile del Bri), comune EPocA P rim a 31 a nostri pittori prima de1 Caracci ; le figure han più diligenza che spirito; il colore è languido ; l’insieme presenta Un gusto di chi vorrebbe imi tare la buona scuola romana; ma o non vide, o non seppe a bastanza. Più certa è la tavola che ne hanno in chiesa i Domenicani di Casale con questa epigrafe : Opus Georgii Solerì Alex. 1573. A piè della Vergine che ha seco il Divino Infante, sta ginocchione S. Lorenzo; e presso lui tre gra ziosi Angioletti puerilmente si trastullano con una grande graticola, simbolo usato di quel S.Le vita , e mostrano di durar fatica a sollevarla da terra. Qui è dove meglio appare il seguace di Raffaello, la purezza del suo disegno, la beltà e la grazia de’ volti, lo studio della espressione; se già la idea di quegli Àngioli non si volesse deri vare dagli esempj del Coreggio. Per rendere il quadro più vago ci è aggiunta una prospettiva Con Una finestra,onde Comparisce in distanza bel paese con bel fabbricalo; nè molte pitture oggidì rimangono alla città osservabili a par di questa. Se avesse più vigor di tinte e più forza di chia roscuro, non vi saria che bramare. In Vista di tale stile io non saprei indovinarne la scuola,che non è quella delLanini benché suo suocero,né quella di alcun Milanese, benché egli fosse in Milano. Forse, come alcuni del suo tempo, si formò con le stampe di Raffaello, o se osservò altro pittore,, fu Bernardino Campi, a Cui, toltane certa timi dezza in operare, si appressa più che a niun al tro. Il già descrittoSoleri ebbe un figlio pittore che dipinse assai debolmente, come può vedersi in Alessandria nella sagrestia di S. Francesco. Il 32 PIEMONTE padre, per buon augurio nell’ arte a cui destina- valo, gli area dati i nomi più venerati nell’ arte, chiamandolo Raffaele Angiolo. Ma questi nomi non servirono che a lusingare l’ amor paterno solito ne’ piccioli figli a sperar miracoli. Presso Alessandro Ardente e Giorgio Soleri si trova nominato ne’ libri un Jacopo Rosignoli li vornese, che a que’ tempi era pittor di corte. Il suo carattere è espresso nell’ epitaffio postogli a S. Tommaso di Torino, che lo predica eccellente quibuscumque naturae amoenitatibus cxprimendii ad onmigenani incrustationum vetustatem ; e rol ler dire in grotteschi, ne’ quali imitò assai bene Perin del Vaga. Di un altro pittor di corte quasi ne’ medesimi anni troviam memoria. I libri della Tesoreria lo chiamano Isidoro Caracca, che sem bra essere stalo sostituito all’Ardente; poiché nel 1595 incomincia a leggersi il suo nome, a cui al tri torse aggiugnerà in progresso di tempo la pa tria , la scuola , i lavori. Pare almeno ch’ egli e chiunque sostenne la medesima carica non sian da mettere fra’ pittori volgari, e trasandarne le notizie quando venisse fatto di rintracciarle. Si può aggiugnere a questi qualche altro d’in certa scuola, come Scipione Crispi di Tortona, a cui fa molt’ onore in Voghera la Visitazione posta a S. Lorenzo; e in Tortona stessa ve n’è una tavola co’ SS. Francesco e Domenico intorno a N. Signora col suo nome e con data del 1592. Contemporaneo del Crispi fu Cesare Arbasia di ; Saluzzo, creduto dal Palomino, ma tortamente, scolare del Vinci, siccome dissi a suo luogo (1).
(1) T.IX , pag. 21. Un vero fa strada all’ altro. EPOCA PRIMA 33 Egli visse alcun tempo in Roma, e insegnò nel l’ Accademia di S. Luca, lodato dal P. Chiesa nella vita dell’ Alcin a , come un de’ primi della sua età. Fu anche nella Spagna; e nella Cattedra le di Malaga esiste ancora il suo quadro della In carnazione fallo nel 1579, siccome in quella di Cordova una intera cappella pitturata da lui a fresco: A’ Benedettini di Savigliano dipinse la Volta della chiesa, e nel palazzo pubblico di sua patria fece pure qualche opera a fresco; consi derato anche in corte, che nel 1601 lo pensionò. Vi ‘è fondamento di sospettare che il Solari ammogliatosi in Vercelli, e vivuto in Casale, avesse parte nella istituzione del celebre Caccia, detto il Moncalvo , che segnò _alla pittura nei Monferrato i giorni più belli. È pregio dell' 0- pera soffermarsi alquanto prima di far ritorno a Torino. Fu il Monferrato alcun tempo sotto i Paleoioghi, poi sotto i Gonzaghi: ciò basta per-
HO letto nel sig.Conca t. III. p. 164, che lo stile del l' Arbasia tira a quello di Federigo Zuccaro; giu dizio che io credo del sig. Ponz , guida principale del Conca. .Se Federigo circa lo stesso tempo fu principe e l' Arbasia maestro nell'accademia di R o ma, potè lo stile del primo appiccarsi al secondo. Riflettasi intanto, ch' essendo lo stile del Vinci fi- nito,studiato, fòrte, diametralmente opposto al fa-- cile popolare di Federigo, non possiamo al Palo- mino accordare quell’ autorità e venerazione, che ispirano gli elogi che profonde a lui il sig. Conca, Che diremmo di un critico che ci avesse data per ode composta a'tempi d'Orazio un'ode nel cui sti~ le si ravvisasse quel di Prudenzio? 3 4 PIEMONTE chè si deggia supporre frequentalo volentieri da bravi artefici. Il Vasari racconta che Gio. Fran cesco. Capotto assai dipinse per Guglielmo mar chese di Monferrato sì nella sua corte a Casale, e sì nella chiesa di S. Domenico. Dopo lui vi vennero anco altri buoni artefici, le cui opere restano al pubblico. Sappiamo in oltre avere avuta que’ Principi una raccolta di marmi e di scelte pitture, suppellettile che poi fu trasferita a Torino in ornamento del palazzo e delle ville Reali. Dopo tali notizie non è maraviglia che in questa parte d’ Italia o ne’ luoghi vicini sian fio rite le arti, e vi si trovino pittori degni di am mirazione. Tal è il Moncalvo, così detto dalla lunga di mora fatta in quel luogo: nel resto egli nacque in Montabone, e il vero suo nome è Guglielmo Caccia. Niun nome si ode più spesso da’ colli viaggiatori che scorrono quella parte suprema della nostra Italia. Cominciasi da Milano , ove dipinse in più chiese; si continua in Pavia, ove fece il simile, e vi fu anche aggregato alla citta dinanza. Più spesso ancora egli si ode nominine in Novara, in Vercelli, in Casale, in Alessandra, e per la via che quindi conduce fino a Torino, Nè questo è tutto l’ itinerario a chi voglia veder le sue pitture. Conviene spesso deviare dalla stra da migliore, e cercare per questo tratto castelli e ville che ne han talvolta opere molto pregevoli, specialmente nel Monferrato. Quivi egli ha pas sata gran parte della sua vita; essendo stato al levato in Moncalvo, dice il P. Orlandi, terra del Monferrino, ove pur ebbe e casa e scuola pitto rica. Furono anche in queste banda i principi, EPOCA PIUMA 3 5 del suo dipingere; e come sue prime opere si additano nel sacro monte di Crea certe cappel letto delle stazioni con sacre istorie. Il P. della Valle chiamò il suo stile di Crea, maniera delle Grazie pargoleggianli ; e notò che ti si mise novizio del dipingere a fresco; e che paragonando i primi suoi lavori con gli ultimi, se ne conosce il progresso. Giunse poi a segno da essere proposto in esempio a’ frescanti per la gran perizia in questo genere. Si vede in Milano a S. Antonio Abate, presso i Cartoni di Genova : vi dipinse il Titolare con S. Paolo primo eremita; e reggesi a sì pericoloso confronto. Bello anche e vigoroso è il suo dipi nto nella cupola di S. Paolo a Novara, con una gloria di Àngioli, secondo il suo uso, leggiadrissimi. In pitture a olio non è Iurte ugualmente. Poche tavole ho vedute di lui tinte con quel vigore con cui rappresentò in To rino S. Pietro in abito pontificale nella chiesa di S.Croce.E' anche ben colorito il quadro diS. Te resa nella chiesa del suo titolo; ed è commenda to dalla graziosa invenzione con cui rappresentò la Santa svenuta fra due Angioli alla comparsa della S. Famiglia, che in quella estasi le si mo stra. Vi si può aggiugnere la Deposizione di Croce a S. Gaudenzio di Novara, che ivi è tenuto da al cuni il suo capo d' opera, ed è veramente cosa rarissima. Le più volte così è. delicato, che a’ no stri dì almeno apparisce alquanto languido, col pa forse di non aver ritocco a bastanza. Il suo disegno punto non conviene col carac- cesco: onde ho per sospetta la voce che ne corre in Moncalvo, e lo fa allievo di quella scuola. Un caraccesco saria divenuto frescante in Bologna „ 3 6 PIEMONTE non già a Crea; nè avvia tenuto ne’ paesi lo stile del Bril, come fa il Moncalvo; nè avria spiegata la sua predilezione per lo stile romano a prefe renza del parmense. Il Caccia ha un disegno che par derivalo lontanamente da scuole più antiche; ci si vede un gusto che ritrae da Raffaello, da Andrea del Sarto, dal Parmigianino, grandi ar tefici della bellezza ideale. E per le sue Madon ne, che si veggono in più quadrerie, parrebbe talora uscito dalla scuola or dell’ uno, or dell'al tro; una delle quali ne ha il R. palazzo di Tori no, che par quasi disegnata da Andrea. Ma il co lore, benché accompagnato da grazia e da morbi dezza, siccome dissi, è diverso; anzi piega spessii a languore sul far de’ Bolognesi che precedettero a’ Caiacci, e in ispecial modo del Sabbatini. So miglia questo anche molto nella bellezza delle le ste e nella grazia; e se potesse provarsi con docu menti che il Moncalvo studiò in Bologna, non dovila cercarglisi altro maestro dal Sabbatini in fuori (a), Ma ho notato altrove generalmente che spesso due pittori si abbattono ad avere simile stile,come due scrittori a formare simil carattere, Ho anche osservato in proposito del Moncalvo, ch’ egli ebbe in Casale il Soleri, pittore di un gusto gajo e gentile; e quivi e in Vercelli e in altre città ove stette non gli mancarono sommi esemplari di leggiadria, a cui inclinavalo il suo talento. Nè perciò sfuggi i temi più forti; e ne ha
(a) Lo stil di questo pittore partecipa più di quello de’ Procaccini che di qualunque altro, e sembrano soverchie le lodi che gli vengono tribù tale dal nostro autore. EPOCA PRIMA 3 7 esempj la chiesa de’ Conventuali a Moncalvo, eh’ è una vera galleria delle sue tavole. Chieri ancora ne ha esempj in due quadri d’ istorie in una cappella di S. Domenico Vi fece due laterali di altare; in uno è il Risorgimento di Lazzaro, in un altro la Moltiplicazione de’ pani nel deser to, opere ove campeggia la ricchezza della fanta sia, il buon senso della disposizione, la esattezza del disegno, la vivacità delle mosse; e il primo è tutto cosperso di pietà e di orrore. Essi servi- rebbon di onore a qualunque gran tempio. Operò molto, ajulato da allievi anche deboli, cose che dee schivar ogni buon maestro. Udii in Casale noverarsi fra buoni scolari un Giorgio Alberino; e su la relazione del P. Della Valle vi aggiungo il Sacelli pur di Casale, come suo com pagno iu Moncalvo di pennello più energico for se e più dotto che non ebbe il Caccia. Dipinse in S. Francesco una Estrazione di doti, con mollo concorso di padri di famiglia , di madri, di ver ginelle; e in queste espresse così al vivo gli affet- ti, che in ognuna si scorge se il suo nome già si sia letto, o s’ ella non lo avendo per anco udito, si rattristi, o tema, o lusinghisi di pure udirlo. E a S. Agostino di Casale uno Stendardo con N. Signora ed alcuni Santi, e certi ritratti di Prin cipi Gonzaghi, pittura che si ascrive al Moncal vo; ma a consultarne il gusto massime delle tin te, dee attribuirsi piuttosto al Sacchi Erudì il Caccia, ed ebbe iu ajuto de’ suoi la vori anche due figlie, che sono le Gentilesche o le Fontane del Monferrato, ove sempre stette la vorando non pur quadri da camera, ma tavole di altare iu più numero forse che d’altra donna. Ri- 3 38 PIEMONTE traggono puntualmente dal padre l’esterno de’cor- pi. ma non v’infondono quelle anime. Dicesi che avendo maniera fra sè conforme, per torre occa sione di equivoco, Francesca la minore prendes se per simbolo un uccellino, Orsola, che fondò il conservatorio delle Orsoline in Moncalvo, un fiore. Di questa ha la sua chiesa e Casale ancora quadri d’altare, e non pochi da camera con pae sini toccati all' uso di Bril, e sparsi di fiori. Una sua S. Famiglia di questo gusto è nella ricca qua dreria del palazzo Natta. In fine ricorderò Niccolò Musso onore di Ca- salmonferrt o.in cui visse e lasciò pitture di una maniera che ha dell'originale. Dicesi dall'Orlan- di scolare del Caravaggio per dieci anni in Ro ma : e corre voce in patria che studiasse sotto i Capacci in Bologna. Il Musso sente del Caravag gio; ma è di chiaroscuro più dilicato e più aper to, ed è sceltissimo nelle forme e nell ’espressio ni; uno de’bravi Italiani poco noli all’Italia stes sa. Visse non molli anni, e le più volle servi a privati. Ve n’è in pubblico qualche opera, e più d’ uno a S. Francesco, ove si vede il Santo me desimo a’ piedi di Gesù Crocifisso con varj Àn gioli che accompagnano il suo duolo e il pianto. Il ritratto di questo artefice dipinto da lui stesso è similmente in Casale presso il sig. march. Mos si; e alcune notizie di esso furono pubblicate dal ch. sig. canonico de’Giovanni, siccome leggo nel r. M. della Valle (i).
(i) Pref. al t. XI del Vasari,pag. 20. 39 EPOCA SECONDA
Pittori del secolo XVII, e prima fondazione dell’ accademia.
O r a rivolgendosi a. Torino e al secolo xvii, ne’cui principj o viveano ancora i maestri so- prallodati, o erano spenti di poco, vi troviamo Federigo Zuccaro, il quale in quel suo viaggio a Principi dell’Italia come ne parla il Baglione) non lasciò di veder Torin o.Vi lavorò alcune ta vole in diverse chiese,e cominciò a dipingere pel Duca una galleria, opera non so per qual cagio ne da lui non finita. Questa galleria non dice il Baglione se fosse destinala alle belle arti, ma ciò è verisimile: perciocché fin d'allora aveva la Ca sa Sovrana una raccolta considerabile di marmi antichi (i), di disegni e di cartoni che accresciu ta di poi si conserva nell’ Archivio Reale; e pos sedeva una scelta quadreria, che similmente au mentata sempre fa ora l’ ornamento della reggia e delle ville de’ Principi. Vi son opere del Bel lini; dell’Olbeins, de'Bassani; le due grandi sto rie di Paolo commessegli dal duca Carlo, e rife rite dal Ridolfi; varj quadri de’Caracci e de’loro migliori allievi, fra’quali i quattro Elementi del- l’Albano cosa stupenda; senza dire del Moncal- vo o del Gentileschi vivati qualche tempo in quella città, e di altri buoni Italiani di simil ran go; e senza rammemorare i miglior Fiamminghi, alcuni de’ quali stettero lungamente in Torino. Quindi in questo genere di pitture la R. Casa di
(i) Galleria del Marini,p,ag. 288. 4 0 PIEMONTE Savoja avanza in Italia ciascun’ altra in partico lare, anzi più altre prese insieme. Ma per non turbare l’ordine de’tempi, tornan do a’principj del secolo x v ii, dico che fin d’allo- ra era in quella Capitale per decoro del Trono e per istruzione anco della gioventù una ricca collezione di pitture e disegni, la cui conserva- zione era affidata a un pittor di corte. Trovasi investito di tal carica un Bernardo Orlando di chiarato già pittore ducale fin dal 1617. Tal gra do fu conferito a non pochi intorno a’ medesimi anni, ne’ quali la corte impiegò varj pennelli sì in Torino, e si nel castello di Rivoli; ove però molle lor opere furon distrutte, e sostituite in lor vece nel presente secolo quelle de'due Vanloo, Alcuni di questi sono rimasi ignoti nella storia pittorica, siccome Antonio Rocca e Giulio May- no, il primo non so di qual patria, il secondo di Asti. Ignoto pure è un della Rovere nominato ne’ registri fin dal 1626; e non debb’ essere quel desso di cui nel convento di S. Francesco è rima se un quadro d’invenzione al tutto nuova, il cui soggetto è la Morte. Esprime la sua origine nel peccalo di Adamo e di Eva; e la esecuzione di essa in uno starne filato, avvolto, reciso dalle tre Parche, con altre idee capricciose miste di pro fano e di sacro. Se la invenzione della pittura non può approvarsi , il resto di essa, ch’ è assai gentile, concilia molta stima all’autore,che scris se in quella : Jo. Bapt. a Ruere Taur. f. 1627. Il pittor di corte è chiamato anzi Girolamo. Il Ba- glione ce ne fa conoscere un altro detto Marzio diColantonio,romano di nascita,e bravo in grot teschi e in paesi. Son pur uominati fra’ pittori EPOCA SECONDA 41 ducali certuni che rammentiamo in diverse scuo- le; Vincenzo Conti nella romana , il Morazzone nella milanese,Sinibaldo Scorza in quella di Ge nova- Costoro, ed altri che dipinsero in Torino e altrove circa questi anni, posson leggersi nello Lettere e nella Galleria del cavalier Marini, che in quella corte stette alcun tempo ; deve però usarsi cautela nel credergli. Egli era poeta, e vo lentieri annientava la sua galleria spendendo per ogni disegno o quadro un sonetto; del qual prez zo i mediocri artefici erano più ghiotti che gli eccellenti (i). Anzi dell’ Albano la testimonio il Malvasia di avergli sentito riferire più volte (qua si vantandosene) di aver ciò negato ( il dono di una sua opera ) al cavalier Marini, che perciò di celebrarlo in un suo sonetto gli prometteva (T,II, pag. 273 ). Da’pittori che ho nominati poc’anzi, furono.
(1 ) La mediocrità di alcuni, che pur si leggono celebrati in quelle opere mandate alla stampa cir- i ca il 1610, apparisce dal silenzio che ne tengono gli altri scrittori, o dal poco onore con cui gli no- minano. Non lessi mai, che sovvengami, Lucilio Gentiioni da Filatrava , nè Giulio Donnabella , che ivi compariscono lari disegnatori-, nè Anniba le Mancini, non so di dove, che fu pittore d’isto rie-, nè i due Franzesi, che nello stesso rango son nominati, Mr- Brandin, Mr. Flamminet altrove mu tato in Fulminello: molto meno quel Raffaele R ab- bia e quel Giulio Maina che al poeta fecero il ri tratto , senonchè il secondo credo essere Giulio Morina bolognese, stroppiato nel nome, come non pochi altri di quella Galleria veramente scorretta, 4 2 PIEMONTE mi penso, incamminati nell’ arte que’ Torinesi e quegli statisti che figurarono altrove, siccome il Bernaschi in Napoli , il G aroli a Rom a; e que’ che si dicono ammaestrali anche da esteri,e che si distinsero nel Piemonte. Niuno in questo nu mero dee rammentarsi prima del Mulinali ( o, come dicono i più, Mollineri) o si abbia riguar do al merito o al tempo. I più lo vogliono sco lar de’Caracei in Rom a ; dalla cui imitazione eb be il soprannome di Garaccino fra la sua nazio ne. Io dubito che questa sua gita in Roma pro ceda dal solito fonte di tali equivoci, ch’è la con formità dello stile or vera, or supposta- Il Padre d e lla V a l le ce lo r a p p r e s e n ta in p a tr ia n e l 1621, in età già di quarantanni in circa, languido an cora e malsicuro ne’contorni, e avanzatosi di poi coll’ assistenza de' professori suoi amici ; al che forse potrebbe aggiungersi con lo studio su le stampe de’ Caracci e su qualche loro dipinto. Conferma il mio dubbio il sig. conte Durando, colto e cauto scrittore , che della creduta istitu zione del M ulinari nega trovarsi prova certa; non bastando a ciò il soprannome ili Garaccino , che non difficilmente potè acquistarsi tra il volgo iu città sì lontane da Bologna e da Rom a: quasi co me in certi paesi, che poea han conoscenza del vero stile di Cicerone, si qualifica per ciceronia no chi scrive in latino come un Arnobio. Nel resto egli nelle pitture che gli han fatto nom e è pittor corretto, energico, e se non nobile, vivo e vario nelle teste virili ; perciocché in dipinger donne, confessa il conte Durando, non ha fiordi grazia. Colorisce anche bene; ma in ciò non si conforma a’ Caracci: le sue tinte sono più chia- època. Seconda 43 re, compartite altramente , e talvolta deboli. A Torino passa fra le opere sue migliori il Deposto di Croce ch’ è a S. Dalmazio; ove però la com posizione delle figure è affollata e diversa affat to dalle massime de'Bolognesi. Savigliano, ove il Mulinal i nacque e visse moll’anni, ha pressoché in ogni chiesa tavole di sua mano; nè il suo pro gresso e il suo valore si conosce se noti in quel luogo. Quivi e in Torino ve ne ha di un degno Fiammingo, chiamato Gio. Claret, da altri cre dulo discepolo, da altri maestro di Gio. Antonio nel colorito, e Certamente suo grande amico. E pittore di un pennello franco e brioso,che in va rie chiese ha dipinto a fronte del Mulinari. Giulio Bruni piemontese fu bravo scolare in Genova prima del Tavarone, quindi del Paggi, e in quella città si fermò a dipingere , finché la guerra il costrinse a ripatriare. Vi lasciò pitture se non mollo finite,anzi spesso abbujate con mac chia; di buon disegno almeno, di buon accordo, e composte bene, qual è a S. Jacopo quella di S. Tommaso da Villanova in atto di far limosine. La storia rammemora anco un Gio. Batista di lui fratello e scolare. Giuseppe Vermiglio, benché nato in Torino, non è nominato nella Guida di quella città, ben si trovano pitture di lui pel Piemonte, come a Novara, in Alessandria, e fuor di esso a Manto va e in Milano, ove forse sta il suo capo d’ ope ra. E un Daniello fra’leoni collocato nella libre ria della Passione; quadro grande, ben compar tito, e con bell’ ornato di fabbrica alla paolesca, ove da’ balconi il Re e il popolo riguarda il Pro feta illeso fra quelle fiere, e i suoi accusatori pre- 44 PIEMONTE Cipitali dall’ alto e straziati nel punto istesso. Vi è pur espresso l’altro Profeta portato in aria dal l’Angiolo pe’capelli. Non può lodarsene del tut to la invenzione, elle riunisce Cose avvenute in diversi tempi (a). Tolto questo, il quadro è del più preziosi che si facessero in Milano dopoGau- denzio; Corretto, di belle forme, di studiatissime espressioni, di tinte calde, ben Variate, lucide mollo. Sembra da varie imitazioni di teste che studiasse ne’ Cai acci e non ignorasse Guido; ma nel colore par che avesse lezione da qualche Fiammingo. Dicesi in Milano, forse per la somi glianza del gusto, che insegnò a Daniele Crespi; cosa che mal può credersi, avendo il Vermiglio operato fino al 1675. Così notò nel refettorio del P P. Olivetani in Alessandria a piè del gran qua dro della Samaritana (che dovett'esser de’suoi ul- timi) decorato di bel paese e di superba prospet tiva della città di Samaria in lontananza. Io lo considero come il miglior pittore che Vanti l'an tico Stalo di Piemonte, e come uno de’ miglior Italiani del suo tempo, Perchè operasse Così dap presso a Torino, e in Torino non avesse fortuna, e perchè non fosse considerato dal suo Sovrano, essendo stato accetto a quello di Mantova, non so indovinarlo. Di egual merito non è certo quel Rubini piemontese che intorno a’tempi del Ver miglio lavorò a Trevigi entro la chiesa di S. Vi to: e ne’ MSS. della città, o sia nelle descrizioni di sue pitture n’ è restata memoria, Giovenal Boetto, noto fra gl’intagliatori in ra-
(a) Questo quadro presentemente ammirasi nel la chiesa di S. Marco. EPOCA SECONDA 45 me vivuli in Torino, dec aver lungo altresì fra i buoni pittori per una sala da lui dipìnta in Fos- sano, paese della sua nascila. ì. in casa Garbal- li, e contiene dodici quadri a fresco. I soggetti s o no diverse Arti e Scienze espresse acconcia- mente per via di fatti; per figura la Teologia è rappresentata in una disputa fra ’Tomisti e Sco- listi ; e in esso e negli altri quadri lodasi, oltre la invenzione.anche la verità de’ritratti e la mol- ta forza del chiaroscuro, Poco altro ne resta. Gio. Moneri, fra’cui posteri si son contati al tri pittori , venne a luce vicino ad Acqui, e is- truito dal Romanelli riportò da Roma lo stile di d ella scuola. Ne diede in Acqui le prime pro ve nel 1657, dipingendo alla cattedrale la tavo la dell’ Assunta, oltre un Paradiso, opera a fre sco molto lodata. Si avanzò poi, e nella Presen tazione per la chiesa de' Cappuccini, e in altre pitture che ne restano in quelle vicinanze, sem pre più comparve Copioso, espressivo e di gran rilievo in dipingere. Si sa che operò nel Geno- vesato,nel Milanese e in piò luoghi del Piemon te. Di Torino non può asserirsi^ nè dovea esser facile a un pittor provinciale trovarvi commis sioni quando la Capitale avea già pittori di buon numero, fino a poter formarne tura società. Fino al 1652 non ebbero i professori delle belle arti in Torino forma di compagnia, non che aspetto di accademia. Nel predetto unno co minciarono a coalizzarsi in una società ch’ ebbe il nome da S. Luca , e che indi a pochi anni fu l’Accademia istituita in Torino. Son da vedere intorno ad essa le Memorie Patrie che ne pub blicò il sig. barone Vernazza. La corte intanto 46 PIEMONTE continuava a salariare pittori esteri, che di quel- la società erano l’ ornamento e il sostegno. Essi circa quegli anni furono occupali molto in ab bellire la Reggia, e di poi quel luogo di deli zie che costrutto col disegno dello stesso duca CarloEmanuele II ebbe il nome di Veneria Rea le. I lor freschi, i ritratti e gli altri loro lavori sono in essere anche al dì d’oggi. Dopo un Bal- dassare Matthieu d'Anversa, di cui è una Cena di N. S. nel refettorio dell’Eremo pregiala mol to, si trova dichiarato pitlor di corte Gio. Miel de’contorni pure d’Anversa, scolare di Vandych e quindi del Sacelli; uomo di bellissimo spiri to, applaudito in Roma per le pitture facete, in Piemonte per le serie. Nel soffitto della gran sa la, ov’è la guardia dei Re, veggonsi alcuni qua dri del Miel, che tra le favolose rappresentanze de’Numi gentileschi racchiudono vere glorie del la R. Casa: altri, e forse più belli, ne fece nel- l' antidetta villa; e vi è pur di sua mano una ta vola a Chieri con data del 1654- Si scorge in tut te le sue opere lo studio fatto in Italia; nobile nelle idee, grandioso, elevato oltre il costume de’suoi nazionali, intelligente del sotto in su, di bel chiaroscuro, non però scompagnato da una gran delicatezza di colorito,specialmente inqua- dri da stanza. Il talento ch’ebbe singolare di li gure men grandi lo esercitò specialmente nella Veneria Reale,dipingendovi alcune cacce di fie re in otto quadri, che sono de’ più copiosi che facesse in amena pittura. Leggesi dopo di lui mi Banier pittore di corte, al cui tempo, correndo l’anno 1678, la compagnia di S. Luca, aggrega ta già fin dal 75 a quella di Roma, fu con ap- EPOCA SECONDA t47 protezione sovrana eretta e stabilità in Accade- mia ; e a questo anno deon consegnarsi i natali rii questa pittorica società tanto ampliata a’ di nostri. Ma sopra tutti quei eh’ erano stati e fu- ron di poi al servigio della R. Casa, è rimaso celebre Daniele Saiter, o anzi Seiter viennese; Di lui scrissi, come del Miel, nella scuola roma n a , e non ne tacqui nella veneta, ove apprese l'arte migliorandola poi con gli esempj di tutte le altre scuole d’Italia. Questi ancora si conosce nel palazzo e nelle ville, nè teine la vicinanza del Miei istesso. Se gli cede in grazia e in leg giadria, vince lui e gli altri nella forza e nella magia del Colorito. Nè a Torino comparisce in lui quel men corretto disegno che il Pascoli gli as crive in Roma. Studiati sopra tutto sono i suoi dipinti a olio, qual è in corte una Pietà che si direbbe ideata nell’ Accademia de’ Caracci. Di pinse anche la cupola dello Spedal Maggiore; ed e tino rle’freschi migliori di quella Capitale. An che per Io Stato in diversi luoghi si riscontra in alcune chiese; e in varie gallerie di privati si rivede fuor del Piemonte, avendo molto dipin to in Venezia e in Roma. Un altro estero figurò in qUe' tempi,e fu il cav. Carlo Delfino franzese, professore di molto me tile Da’fegistri degli archivj si raccoglie che fu pittore del principe Filiberto; e dalla vista del le Sue opere si congettura ch’egli più era impie gato per le chiese che per la corte ove comparisce ritrattista animato e vivace,anche nel culore.Fe- ce alquante tavole d’altari per la città: vi spie rà un talento nato più a ritrarre che ad ideare, un fuoco pittorico che avviva sempre le mosse 4 8 PIEMONTE e le composizioni; senonchè talora, se mal non diviso, può parer carico. Così a S. Carlo volen do figurare S. Agostiuo languente di Amor di Dio, figurò un S. Giuseppe che tien fra le brac cia Gesù Bambino, il quale da una balestrina scocca una saetta verso il cuore del Santo;e que sti sviene fra le braccia di alcuni Angioli affac cendati molto per sostenerlo e confortarlo. Fu allievo del cavalier Delfino Gio. Batista Bram billa, che a S. Dalmazio dipinse in gran tela il Martirio del Santo; pittore d i stile sodo e di buon colorito. Altri pittori adoperò la corte dalla metà al fi ne del secolo; alcuni per ritratti, come Monsietur Spirito, il cav. Mombasilio, Teodoro Martham d’Arleme; ed altri per maggiori opere a olio e a fresco. Giacinto Brandi, rammentato già fra gli scolari del Lanfranco, dipinse a palazzo uno sfondo in competenza di parecchi altri fattivi dal Saiter. Agostino Scilla messinese, di cui al trove si è scritto, in concorrenza pure del Sai- ter vi colorì alcune Virtù; pittor vago e di più abilità che fatica. Gio. Andrea Casella da Luga no, scolar di Pietro di Cortona e sito buon se guace, e talvolta anco del Semino in disegno, dipinse alla Veneria R. alcune favole, ajutato da Giacomo suo nipote. Giovanni Paolo Recchi da Como vi operò similmente a fresco, collaju- to di un suo nipote detto Giannandrea. Gio. Pe- ruzzini di Ancona scolare di Simon da Prtarosi ; fece merito con la corte ancor egli, onde he usci cavaliere: e giovò alla gioventù dando lezioni nell’arte sua. Il Casella, il Recchi, il Peruzzini Concorsero ; EPOCA SECONDA 4 9 ad abbellire le chiese di Torino con varie tavo le; e può osservarsi che verso il cader del seco lo gran parte delle commissioni si adempivano dagli esteri. Ai già ricordati si deon aggiungere il Triva, il Legnani, il cav. Cairo ed anche un, Gio. Batista Pozzi, che non facendo fortuna in sua patria, come io credo, coprì di pitture a fre sco moltissime pareti in Torino e per tutto il Piemonte; frettoloso pratico, ma talora di buon effetto nel tutto insieme, come in S. Cristoforo di Vercelli. Un miglior Pozzi, e fu il P. Andrea Gesuita, si trattenne lungamente in Torino ove nella Congregazione dei Mercanti lasciò quattro istorie della vita di N. S. dipinte,a olio di quel suo gusto migliore che ha del Rubens, asperse di que’bei giuochi di luce che indorano in cer to modo la composizione. Dipinse anco a fresco nella chiesa del suo Ordine, ma non fu assai pa go di quell’ opera; e avendo di poi ad ornar la volta pur della chiesa de’suoi a Mondovi, ripe tè la stessa invenzione, e ne fu più contento. Vi ebbe pure il Genovesino così detto dal luogo della sua patria, non tanto conosciuto in Tori no, quanto nello Stato, particolarmente ad Ales sandria; pittore a cui non manca grazia nè colo rito ond’essere considerato ne’gabinelti. Ne han no i PP. Predicatori un S. Domenico e un S. Tommaso in due altari di lor chiesa; il sig. mar chese Ambrogio Ghilini un Gesù orante nel l’ orto, il sig. march. Guasco due Madonne col divino Infante che dorme, di due diverse inven zioni. Il nome di questo artefice è Giuseppe Cal cia, che vivuto in paesi esteri non fu considera to nella istoria patria, e nella Notizia delle Pit~ 5 0 PIEMONTE ture d'Italia è confuso con Marco Genovesini milanese nominato dall’Orlandi. E questi pittor di più macchina, di cui non resta forse in Mi lano se non ciò che dipinse alla chiesa degli Agostiniani; l’Albero cioè di quell’ordine nel l’abside e due grandi storie laterali figure colo rite e variate bene, ma nè disposte nè atteggia te con pari arte. Lungo sarebbe nominar lutti gli esteri cbe operarono allora iu Torino o per lo Stato; e di alquanti di loro sparsamente ('ac ciaili menzione quasi in ogni scuola d’ Italia. I pittori nazionali di qualche riputazione non erano allora molti; e i più considerabili sono, se mal non giudico, il Caravoglia e il Taricco, Bartolommeo Caravoglia piemontese dicesi sco lar delGuercino; e lontanamente ne siegue bor ine, contrapponendo volentieri le ombre alla luce; ma i suoi chiari son troppo men chiari de’ guercineschi, e gli scuri son troppo meno scuri; cosa che non vidi ne’ veri scolari di quel maestro. Non ostante questa languidezza, egli piace per una certa, dirò cosi, modesta armonia che unisce i suoi quadri, e reggesi anche bene con la invenzione, co! disegno, con le architet ture e con le altre decorazioni delle sue tele, E da vedersene in Torino il Miracolo della Eu caristia dipinto nella chiesa del Corpus Domini, che in memoria appunto di quel prodigio av venuto in Torino nel 1453 fu di poi magnifica mente eretta ed ornata, Sebastiano Taricco nàcque in Chcrasco città del Piemonte nel 1645, e chiaramente scorgesi dalle sue opere ch' ci studiò con Guido e con Domenichino alla grande scuola de’ Caracci, EPOCA SECONDA 5 I Così un suo istorico. Questi valentuomini nel l' anno 1645, quando nacque il Taricco, io gli ho cercati in Bologna, ma gli ho cercati invano; erano tutti morti, Ho dunque creduto che l’ au tore volesse dire che il Taricco studiò in Bolo gna le opere de’Caracci, come avean fatto Guido e Domenichino. Ch’ egli apprendesse l' arte in quella città è voce in Piemonte, dalla quale non discorda la sua maniera. Vero è che a que’ dì tutta quasi l’Italia era volta alla imitazione dei Bolognesi; e Torino ne avea già pochi esempla ri, come già dissi. Sopra tutti ne avea di Guido, e de’ suoi seguaci Carlo Nuvolone e Gio. Pèruz- zini, i quali tutti poterono influire nello stile di Sebastiano, scelto nelle leste e vago nel tutto a bastanza, ma facile e senza quelle finezze che distinguono i pittori classici. Ciò scrivo avendo di lui veduta la tavola della Trinità, ed altre sue pitture a olio a Torino: ho però udito che la sala de’ sigg.Gotti da lui dipinta a fresco nella sua patria, e varie altre opere sparse in quella vicinità ne ispirano più alto concetto. Nel tomo VII delle Lettere Pittoriche si fa menzione di un quadro di S. Martino Maggiore a Bologna, ove sono effigiati i SS. Giovacchino ed Anna, e vi è soscritto il pittore con le iniziali TAR , forse Taricco, siccome fu congetturato. Ma lo stile di quel quadro è sabbalinesco, ch’ è quanto dir più antico di quello che ilTaricco professò nelle opere da noi conosciute. Alessandro Mari torinese non visse in patria te non poco, e nulla vi operò in pubblico. Avea cangiale scuola e città , studiando or sotto il Piola. or sotto il Liberi, or sotto il Pasinelli, 5 2 PIEMONTE nè mai scompagnando dall’ esercizio della pit tura quello della poesia. Divenne in fine copi sta insigne, e inventili- capriccioso di rappre sentazioni simboliche, con le quali si fece nome in Milano, poi nella Spagna dove mori. Isabella dal Pozzo si legge soscritta a piè ili mia tavola a S. Francesco, che rappresenta No stra Signora connesso S.Biagio e altri Santi. Nom mi è nota la patria della pittrice: ben posso di re che nel 1666, quando ella il dipinse,, non erano molli pittori a Torino da poter fare cosa migliore. Alquanto più tardi parche operasse Gio. Antonio Mareni scolar di Baciccio; e di questo pure una bella tavola è nominata nella Guida. Verso il principio del nuovo secolo erano adoperati molto per quelle chiese, e ta lora in competenza', Antonio Mari e Tarquinio Grassi, non so se della famiglia di Niccolò Grassi veneziano che dipinse a San Carlo, pa dre certamente di un Gio. Batista. Tarquinia è assai noto in Torino; e sembra ritrarre dal Ci- gnani e da’ Bolognesi di quella età. Il Monferrato non fu scarso nel secolo di ciassettesimo di buoni pennelli. Alquanti ne no minili nel seguilo del Lanini; altri in quello del Moncalvo. Solitario rammento qui Evange lista Martinetti scolar di Salvator Rosa e mira bile in paesi, in picciole figure e animali, come ne scrive l’ Orlandi. Aggiungo che valse anco in maggiori proporzioni; un Battesimo di No stro Signore nel duomo di Casale si addita per suo. ed è cosa studiatissima. Due opere sono ivi in pubblico di un Rariglione di Casale, di cui non so se dopo il Musso abbia prodotto il EPOCA SECONDA 5 3 Monferrato più degno artefice : se ne ignora nondimeno il nome, la età, la scuola. Ferdi nando Cairo fu buon discepolo del Franceschi- ni in Bologna: stabilitosi quindi a Brescia, con tinuò col Boni e con altri a professar quel fa cile stile; e questa città ha il meglio delle sue pitture.
EPOCA TERZA
Scuola di Beaumont e rinnovatone dell' accademia.
I l secolo decimottavo , segnato da’ fasti di tre Regi, tutti amanti di belle arti, è ricco di grandi esernpj rispetto a’ Principi; ma per la declinazione della pittura non è ricco ugual mente di grandi opere. Dopo Saiter, che visse alcuni anni di questo secolo, servì la corte un Agnelli romano, di uno stile misto di cortone- sco e di marattesco. Questi vi dipinse una gran sala, che piena di scelte pitture s’ intitola ora dal suo nome. Successore dell’ Agnelli fu Clau dio Beaumont nato in Torino, il quale, dopo avere studiato in patria, passò in Roma, ove si esercitò lungamente a copiar Raffaello, i Ca- racci e Guido. Non curò molto i maestri della scuola romana che allora vivevano, sembran dogli troppo languidi; al Trevisani deferi as sai, e procurò di emularne la macchia e il vi gor delle tinte; bramò anche di studiare a Ve nezia gli antichi maestri, ma le condizioni do mestiche non gliel permisero. Tornato a Tori no si fece conoscere valentuomo in quelle imi- 4 * 54 PIEMONTE fazioni che si avea proposte dimorando in Ro- ina. Per apprezzarlo quanto inerita, convien ve dere ciò che fece nel suo miglior tempo ; per fi. gura il Deposto nella chiesa di S. Croce, o le pitture a fresco presso le Biblioteca Reale, ove sotto varj simboli celebrò la R. Famiglia, ag giuntovi un Genio con una croce di cavaliere, ch’ era il premio che ne aspettava e che ottenne. Altre camere fornì di pitture a fresco: il Ratto d’ Elena in un gabinetto, il Giudizio di Paride in altro son sue produzioni felici e nel tutto e in ogni lor parte. Parve che la corte aggiugnesse sempre nuovi Stimoli alla sua industria, facendol dipingere in competenza di bravi esteri invitati nel reguo dal ve Carlo particolarmente, per ornare la reggia e le ville e le chiese di regia fondazione, frale quali insigne è quella di Sopperga, opera del re Vittorio II. ove son le tombe de’ Principi, Com petè dunque Beaumont con Sebastiano Ricci, col Giaquinto, col Guidoboni, col de Mura, col Galeotti, con Gio. Batista Vanloo, celebre sco lare del Luti. Vanloo in Torino avanzò sè stesso e ne’ freschi delle ville, e ne’ quadri da chiesa; e vi ebbe Carlo suo fratello allievo ed ajuto, che operò anco più di lui. Sono di questo le graziose pitturiné ond’ è vestito un gabinétto di Palazzo, esprimenti cose derivate dal poema del Tasso. Oltre a ciò quei Principi costumarono di com metter quadri ai lontani pittori più rinomali; e ve ne ha del Solimene, dei Trevisani, del Ma succi, del Pittoni; la vicinanza de’ quali duvea spronare Beaumont o a gareggiar con essi, o al meno a non lasciarsi vincer di troppo. Ed egli EPOCA TERZA 5 5 . nelle opere sue migliori sostiene il suo onore; or superando nel disegno alcunché lo vincono in colorilo, or avanzando nello spirilo quei che avanzan lui nel disegno. Tuttavia è voce comu ne ch’ egli crescendo in età decrescesse nel me rito; e ne incolpano la direzione alla fabbrica degli arazzi; a’ quali menile preparava cartoni, tralignò a poco a poco in libertà di disegno, in volgarità di teste, e più che altro in crudezza e poco accordo di colorii; difetto non raro anche in altri che gli sopravvissero. La sua memoria è venerata in patria, e me ritamente. Fu il primo che su l’ esempio delle grandi accademie dirigesse la torinese: che anzi prese questa a suo tempo nel 1736 cosi miglior forma, che quasi obbliata l’anteriore sua nasci ta, perchè non estesa a tutte le arti del.disegno, si prese dal predetto anno l'’ epoca della Reale Accademia, siccome appare dalla Orazione del Tagliazucchi, e dalle poesie annesse, libretto edito in Torino nel 1756, che ha per titolo: Orazione e poesie per la Istituzione dell’ Accade mia del disegno, in-8. Il Beaumont educò non sol pittori di merito, ma incisori e arazzieri e plasticatori e statuarj; dalla qual epoca la col tura della nazione è cresciuta oltre ogni esem pio de’ tempi andati. Vi ha di quegli che furon scolari al Beaumont in pittura, e tuttora vivono: i trapassati, che soli han luogo nella mia storia, son parecchi, uniformi tutti al suo gusto, seb bene disuguali in seguirlo. Vittorio Blanserì fu creduto fra tutti il migliore, e perciò trascelto dalla corte a succedergli. Le tre tavole di lui a S. Pelagia, e singolarmente un S. Luigi svenuto 5 6 PIEMONTE fra le braccia di un Angiolo, son opere stimate in Torino: e, se io non erro, nella distribuzione de’ chiari e degli scuri ha miglior gusto che il maestro. Più di lui esatto disegnatore, ma infe riore nella poesia dell’ inventare , e nell’ arte de1 colori e dell’ accordo, fu Gio. Molinari, au tore di non molli quadri da chiesa, un de’ quali aS.Bernardo di Vercelli comprende varjSS.ben disposti, bene atteggiati, e con molla diligenza condotti. In Torino v’ è una sua Addolorala al regio albergo delle Virtù ; altri in diversi luoghi dello Stalo; fra questi nella badia di.S. Benigno è un S.Gio Batista col paese del Cignaroli. Pres so privati veggonsi suoi quadri di storie e ri tratti; ne fece anche al Be un applauditissimo, e replicalo da’ copisti assai volte. Figurò meno che non meritava; effetto del suo carattere timi do, riservalo, modesto. Questo dipintore fu ono rato dal signor barone Vernazza di un elogio ele gante che farà sempre onore alla sua memoria. Mancò di vita quasi contemporaneamente un al tro bravo piemontese dello il Tesio; non so se inizialo all’arte dal Beaumont o da altri; so che ito a Roma riuscì uno de’buoni allievi del Mengj; e in Moncalieri luogo di delizia della B. Fami glia veggonsi i migliori saggi del suo sapere. Fe lice Cervelli e Mattia Franceschini operarono or soli, ora in competenza con più facilità e con meno studio, e di passo in passo s’ incontrano per Torino. Più di loro, e forse più che altro ' pittore, in Torino e per lo Stato è ovvio Anto nio Milocco, non discepolo, ma talora compagno del cavalier Beaumont; più secco di lui nel di segno, men colto, meno pittore, ma per certa sua EPOCA TERZA facilita volentieri adoperato da’ privati e talora dal Principe. Circa gl’istessi anni viveva Giancarlo Aliberti in Asti sua patria, cui ornò di varie pitture co piose e di macchina. Le migliori sono a Sant’ A- gostino, ove nel catino della chiesa rapprèsentò il Titolare levato al cielo da molti Angioli, e nel presbiterio Io stesso Santo in alto di battezzare i catecumeni entro una chiesa della sua Ippona. La storia è bene ideata; la prospettiva, che il concavo di quel luogo rendea malagevole, è os servata pienamente: l’ architettura è grandiosa, le figure in espressioni adatte all’ augusta ceri monia; lo stile partecipa del romano e del bo lognese di que’ tempi. Miglior cosa forse avria fatta in duomo; tempio ragguardevole, che tut to si voleva dipinto da lui: ma l’ aver richiesti quindici anni di tempo gli tolse la commissione; nè si stentò a trovare chi l’adempisse assai pre sto senza invidia dell’ Aliberti. Il P. della Valle trova nel suo stile un misto di Maralta, di G ou. da S. Giovanni, di Coraggio; teste e piedi che si direbbon di Guido o di Domenichino, figure che pajon proprio de' Caracci, vestiti di Paolo, tinte all’uso delGuercino, un Sacrificio di Abra- mo imitato dal Mecherino. Io non ebbi tempo da riscontrarvi tanta gente. L’ abate Aliberti suo fi glio dipinse utile città suddite, e ciò che del pa dre io non seppi, nella Capitale. Una sua Sacra Famiglia collocata al Cannine fa buona compar sa; benché nel tingere non vada esente da quel verdognolo ch’era in voga allora in Italia, e che in certi studj domina ancora. Francesco Antonio Cunniberti da Savigliano, 58 PIEMONTE frescante di qualche nome in dipinger cupole e volte, si tenne nella sua patria e nelle vicinanze, Pietro Gualla di Casalmonferrato si occupò an ch’egli in lavori a fresco, e fece inoltre tavole a olio per varj luoghi dello Stato e per la Metro poli.Benché si applicasse tardi a dipingere, coni- parve ritrattista molto vivace. Nè dovea uscire di questa classe, non avendo disegno nè capitali che bastassero per cose maggiori. Già vecchio prese l’ abito de’ Paolotti e in Milano si mise a dipingere una cupola nella lor chiesa; ma si morì prima di aver compiuto il lavoro. In altro genere di pittura,e con fama non vol gare, si esercitò Domenico Olivieri torinese, uo- mo nato a sollazzare altrui col personale ridico lo, co’ motti arguti, con le pitture facete. Sono assai noti nelle quadrerie del Piemonte i suoi quadretti di spiritose caricature sul faredel Laer e di altri bravi Fiamminghi. A’ suoi giorni era cresciuta la gran raccolta del Sonano per ben 4oo pezzi di Fiamminghi, che in lei passarono nella morte del Principe Eugenio, e si discerno- no ancora fra gli altri dal linissimo intaglio e da tutto il gusto delle cornici.Niuno ne profittò me glio dell’ Olivieri per la imitazione. Se avesse il lucido delle tinte, parrebbe fiammingo: è lepido nelle scelte, forte nel colorito, franco nel tocco del pennello. Due grandi quadri ne ha la corte, popolosissimi di figure di un palmo in circa; in un de’ quali è un mercato con ciarlatani, cava denti, risse di contadini, azioni varie del popo- letto, che può dirsi un picciolo poema bernesco. Trasferì l’ abilità medesima a soggetti sacri, co me in quelMiracolo del Sacramento, che in mol- EPOCA TERZA 5 9 te picciole figure espresse sopra due quadri che tuttavia si conservano nella sagrestia del Corpus Domini. Lasciò erede del suo stile un Graneri, che lo imitò assai bene, e morì son pochi anni. Ebbe anco la corte un pitto r di Praga, per no me Francesco Antonio Meyerle, comunemente detto monsieur Meyer, che per quanto lavorasse in grande non si acquistò fama come per piccioli quadretti alla fiamminga : in questi è eccellente. Valse anco in ritratti. Il sig. Cardinal vescovo di Vercelli ne possiede uno di un vecchio che mi ra con una lente, fatto con gran verità e con bizzarria; e nella stessa città, ove visse gli ultimi anni, son frequenti le sue opere, tanto più pre giate, quanto più picciole. In paesini e in altri quadretti da stanza colpeggiati all’uso de’Vene- ti, e di bell’effetto in lontananza, si è distinto un Piemontese detto Paolo Foco vivuto molto in Casale, ove ne resta maggior numero. Tentò anch’egli di crescere le proporzioni delle sue fi gure, ma con poco felice esito. In ritratti era a’tempi dell’Orlandi considera ta un’ Anna Metrana, nata di madre anch’ essa pittrice. A’nostri giorni ha tenuta simil lode in Bologna MarcantonioR i v erditi alessandrino, molto buon seguace di quella scuola.Dipinse an che per chiese d'uno stile chiaro, moderato, lon tano da manierismo; e fra le altre tavole fece per la chiesa de’Padri Camaldolesi una Concezione, in cui scuopresi la sua predilezione per Guido Reni. Morì nella stessa città nell’anno 1774. Pittore di architettura leggo un Michela, non so se Piemontese o d’altronde, che nel Castello Reale dipinse prospettive ornale di figure dal- 6 o PIEMONTE l’ Olivieri; opera fatta in competenza del Luca- , telli, di Marco Ricci e di Gian Paolo Pannini celebri artefici di que'tempi. Per maggiori ope re di chiese o di teatri assai furono impiegati il modenese Dellamano, da noi considerato nel ca pitolo Il delle scuole lombarde, e Giovanni Ba tista Crosato veneto, di cui come di bel genio e di buon gusto fec’ elogio il signor Zanetti. Non però potè contarne in pubblico altro che una ta vola; nel qual genere e in ogni altro di figuri sta fu meno ammiralo che in fatto di quadratu ra. E' di que’ pittori che ingannali l’ occhio col rilievo,, e che i sodi finti fan parer veri. Di tal maestria ha dato saggi qua e là pel Piemonte, ove molto visse; e i più onorevoli alla sua me moria souo alla Tigna dellaRegina. Fu beneme rito della pittura piemontese perchè maestro di Bernardino Galliari prospettivo insigne, parti colarmente per servigio de’teatri,e riputatissimo in Milano, in Berlino e altrove di là da’monti, A questo onorato professore dee la gioventù il miglior gusto nell’arte ch'egli insegnò. Altri pit tori ha prodotti lo Stalo in figura ed in prospet tiva; nè, credo, verun equo lettore mi darà de bito di non averli raccolti tutti. Deggio piutto sto temere che qualche nome da me inserito nel- 1’ Opera ad alcuni non paja degno di starvi. I quali però deon riflettere che la mediocrità dei tempi dà diritto alla storia anche agli uomini mediocri. Molto son recenti i regolamenti dell’Accade mia nuovamente introdotti nel 1778, per poter ne già descrivere il frutto, come ho fatto di so cietà più vetuste. Essi furono pubblicati in quel- EPOCA TERZA 61 l’ anno stesso dalla Stamperia Reale ( i ) , e fan- n’ onore al gusto insieme e alla munificenza del Re Vittorio Amadeo III. Il suo augusto Padre avea preparato il domicilio alle beile arti nelle sale dell’Università, e avea fondala la nuov’Ac- cademia de) disegno sotto la direzione del pri mo piltor di corte. Nuovo lustro ha ella ricevu to dalle cure del Re presente, accresciuta di pro fessori, di stipendj,di leggi,d’ajuti d’ogni manie ra per la gioventù studiosa. La pittura oggidì dà belle produzioni in Torino, quanto dopo Roma, in non molle Capitali d’Italia; l’architettura, la statuaria, la maestria in bronzi, quante in po chissime. Non individuo gli artefici ancor viven ti, che facilmente possono conoscersi o nella Nuova Guida della città, o nella prefazione al T. XI del Vasari stampato in Siena; senza che alquanti di loro.più che per le penne degli scrit tori son conosciuti in Italia pel grido pubblico. Qui sia il fine della mia Storia Pittorica. G li Indici che ora sieguono, l’ uno della nomencla tura e della età degli artefici, l'oaltro degli scrit tori onde abbiam derivate le notizie, il terzo di alcune cose più notabili, daranno l'ultimo com pimento.
( i ) V i è annesso un dotto Ragionamento del signor conte Felice Durando di Villa con note copiose e molto erudite.
ELOGIO DELL' AB. LUIGI LANZI
SCRITTO
D ALL’ AB. G. B, Z ANNONI
Regio Antiquario nella I. e R . Galleria di Firenze (i).
N acq u e Luigi Lanzi in Treia città della Mar ca d’Ancona (2) il di 24 di giugno dell’anno 1702 essendo ivi allora medico di condotta Gaetano Lanzi padre di lui, che nato era, siccome i mag giori suoi, in Montolmo, terra della diocesi di Fermo, la quale dee riputarsi anche patria di Luigi, che a torto i Treiesi vogliono esser lor cittadino (3). Fino dagli anni più teneri mostrò indole pie ghevole al bene, e degli studi capace. Il perchè gli onesti e premurosi genitori di lui ne affida rono hen per tempo la istituzione ai padri della compagnia di Gesù, Come operoso e perito agri- 6 4
collare,che a lavorar si destini un pingue suolo, fidato all’ arte sua e alla fertl ità del terreno, prende lietissime speranze delle più ubertose raccolte: cosi i dotti religiosi scorto avendo nel giovinetto Lanzi quelli, che Quintiliano (4) chia- ma igniculos ingenii, dettero opera sollecita per-
che essi fuor mettessero i bei germogli, e se ne augurarono, e di fatti lo ebbero, ridondantissi- mo il frutto. Lo studio degli autori latini, e poi quello dei greci, assai presto formò in lui virtuosa passio- ne: certa prova in tenera età di sollecito svilup. pamento d’ ingegno. Perocché se è vero, che quei grandi scrittori, o dipingano la natura, o seguano 1’ arte, sempre toccano 1’ apice, sì che coi secoli ne durerà la rinomanza; è vero altresì, che le loro bellezze spesso i fanciulli non col piscono, che di esse minore aver sogliano l’ in tendimento. Più che ogni altro egli amò Cicero ne: sicuro argomento, al dir di Quintiliano (5), di gran profitto nelle lettere; e le opere di lui tante volte nel corso non breve di sua vita per corse, che l’ ebbe alla mente presentissime e quando la materia il volea de’ suoi dotti scritti, 65
e quando richiedealo l' opportunità dei fami liari discorsi. L' incanto però degli autori delle due morte lingue dimenticar non gli fece il dovere di ap plicare alla propria.Lesse egli con uguale diletto i più celebrati scrittori di essa; e Dante per la poesia e il Firenzuola per la prosa, divennero i suoi maestri. Fatti poi i filosofici studi con uguale profitto e vestito l’ abito di Gesuita, si diè con cura sol lecita alle discipline teologiche e a tutte le altre, di che ornato esser debbe ognuno, che officio abbia d’ istruire il popolo nei doveri della reli- gione e in quelli della società. Quantunque il difficile e vigoróso esperimento, ch’ ei felice mente sostenne di tutta la Teologia, potesse al trui far credere,che solo per questa scienza fosse nato; nondimeno veggendo dall’ una parte i suoi perspicaci superiori, che il buon riuscimento ascriver doveasi al molto ingegno e dall’ altra, ch’ egli grandemente inchinava alle umane let tere, a queste unicamente il vollero dedicato. Esultò il giovinetto Lanzi in vedersi destinare a quello studio, cui avealo la natura ordinato; 66
ed allora e sempre benedisse la bella costuman za della società Loiolitica di voler solo da ognu no dei suoi quello ch’ egli dare potesse : Costu manza, che ne ha affezionalo all’ ordine ogni in dividuo di esso, e formato in ogni tempo Uomini in scienze ed in lettere celebratissimi; Doppio scopo allora proponeasi il Lanzi; studio cioè più profondo degli antichi scrittori e il maggior van taggio dei suoi discepoli. Furon frullo del primo i molti componimenti tanto in prosa, quanto in verso, si nelle dotte lingue della Grecia e del Lazio, e si nella nativa; lutti tersi, tutti scritti col sapere dei classici tutti, e ovunque egli in segnasse, applauditi e con sollecitudine ricerca ti. La Versione delle Opere e Giornate d’ Esiodo da lui negli ultimi anni con grandi migliora menti pubblicata, i volgarizzamenti della Buco lica di Teocrito, e delle Poesie caste di Catullo, da me non ha guari di tempo mandati a luce, sono lavoro di quegli anni; e i molti ritocchi, che si veggono negli autografi, mostrano che fu ron anche lunga sua cura. Egli è qui da notare, che qualunque degli antichi esemplari si propo nesse ilLanzi per modello nei suoi componimenti, 67 sapeva egli maravigliosamente imitarlo. VeggasÌ per prova di ciò che affermo, la bella e teneris sima elegia scritta in morte della madre, e stam pata insieme con altre greche e latine poesie nel la Raccolta delle Iscrizioni, nella quale seppe felicissimamente tener dietro all’ elegia, che Ca tullo indirizzò a Mallio; elegia, di cui, giusta l’ autorevol giudizio del Mureto , la più bella non vanta l’ antichità. Per giugner poi al secondo scopo si rendè avanti ad ogni altra cosa amico del discepolo, in guisa però che questi stando con lui in inti ma amistà non dimenticasse il rispetto e la sog gezione che gli si doveano: temperamento, di che facilmente si scorge e si predica la necessità; ma che poi l’ esperienza mostra difficile a recarsi ad effetto, veggendo noi tutto giorno o maestri rigidi di soverchio, e discepoli annoiati dello studio, e dediti alla menzogna per timor del castigo; o precettori di troppo condiscendenti e scolari ignoranti e indisciplinati. Il Lanzi esplo rava l' animo e l’ ingegno di ciascheduno; e fatto imitator d’ Isocrate per rispetto ad Eforo e a Teopompo, l'uno soverchiamente timido, l’altro 6 8
di troppo animoso, per tale, che disanimatosi fermato avrebbe il corso prima di pervenire alla meta onorata, serviasi dello sprone, e facile mo- stravagli il resto del cammino; e tal altro, che ardito e in balia di se stesso ito sarebb' oltre a quei confini, in che natura racchiuse il vero ed il bello, sapeva egli infrenare e rimettere nella via gloriosamente battuta da quei che procac ciarono alle loro opere lode solida ed immortale, Così dalla sua scuola noti uscirono partigiani del gusto corrotto, che, lui giovane, non era ancor spento (6); nè da essa alcuno si rimandò mai, a lasciovvisi in abbandono , come del menomo profitto incapace. Avvisatasi egli sapientissima- mente; che uomo non è si meschino in ingegno, che mercè di studio, soccorso da ottimo metodo, alcuna cosa non possa apprendere. Su' giovinetti di si povero intelletto, costume avea di rimpic ciolirsi con tranquillo animo e con lieto volto a somiglianza del taumaturgoEliseo,il quale affine di richiamare in vita l’ estinto figliuolo della Sunamitide, su lui rannicchiossi, mano con ma no, e bocca con bocca congiugnendo (7): e cosi mostrava il Lanzi che a molto sapere e a molta acutezza di ménte può molta pazienza andare imita; e clic la intolleranza vizio è più presto nata da orgoglio, che qualità inseparabile da vi goroso intelletto e da abbondante dottrina. Ma fin qui non e il Lanzi che buon maestro e scrittore elegante; due pregi, onde mollo il- lustrossi e che procacciata gli avrebbon anche rinomanza maggiore, se continuata per lui si fosse la già intrapresa carriera.Non sarebbe però agli mai così pervenuto a quella altezza di fama, di ancor vivente lo vedemmo salire. La sop pressione dell’ ordine suo avvenuta nel 1773 ne fu il principio; avendola intorno a quel tempo Pietro Leopoldo Granduca di Toscana fatto aiu to del direttore della Galleria di FirenZe.Questo provido e sapientissimo Principe mentre fonda va con cure sollecite la felicita dei suoi Toscani, non dimenticava quello, da cui massimamente si giudica della sovrana magnificenza. Fatto egli emulo delle glorie dei Medici rivolse l'animo al pubblico Museo; e lo accrebbe d’ assai or con la compera di monumenti, or Col recarvi i più belli fra quanti ornavano i regi palazzi e le regie ville. Supplite volle quelle raccolte, che scarse erano, 7 0 siccome l’ Etrusca, di cui poco men che dirsi non possa il fondatore; e sostituite a tante ina, tili ed imperfette opere delle arti quelle che me, glio servissero al loro incremento, e a maggior meraviglia eccitassero il cullo osservatore, ne dilatò la fabbrica; e mercè di nuovi ornamenti la rendè sede vie più degna dei preziosi tesori che conserva. Yide pure esser necessario il por questi in quel miglior ordine, che per tanti anni erasi invano dagli eruditi viaggiatori desiderato; e l' esecuzione del grande e faticoso progetto fu da lui per la massima parte al Lanzi affidata. Avendo questi per costume di porsi sempre all’ opera con quella intensione d’ animo, che uomo onorato mai non dimentica, appien cord- spose al grandioso disegno del suo Principe; e pieno possesso prese insieme di lutti quei mo. numenti, i quali, perchè bene gli disponesse, bene anche dovette considerare. Nè già i preziosi avanzi dell’ arte antica per la prima volta gli comparivano innanzi. Avea egli lungamente vissuto inRoma,ove la frequen za dei monumenti e le continove osservazioni degli artisti e dei dotti sopra i medesimi, giova- 7 l no altrui grandemente a formar l’ occhio erudi to; e pratico era delle medaglie, che fatte si sono splendentissima face all’ antiquaria, da che in questo ramo dell’ umano sapere succeduta è la critica alle capricciose interpretazioni. Se ne dee la gloria al Senator Filippo Buonarroti: e se lo studio della antichità figurata proceduto avesse cen passo uguale a sì felice mossa, rimasto non sarebbe W inckelmann, e a quelli che ven nero dop’ esso, tanta via da percorrere. Ammae stralo il Lanzi dalle opere dei due grandi uo mini e soccorso dal proprio ingegno e dalla mol ta erudizione, conseguì lode non scarsa in trat tare sì difficili discipline. Ne fu primo saggio la Guida della R. Galleria di Firenze da lui pubblicata nel 1782 : guida da che furono oscurate tutte le guide che innanzi erano state scritte, siccome quelle che si scris sero dipoi, e che riscosse ripetuti applausi da Ennio Quirino Visconti, il più insigne interprete dell’ antichità figurata. Si manifesta essa in ogni parte per opera di mano maestra: tanto possesso v’è di ciò che brevemente s’ illustra e tanta ele ganza e bellezza di dettatura. Si percorre ogni 72 Stanza, si da conto dell' ordine dei monumenti, e solo si fa posar P occhio su ciò che v’ ha di più ragguardevole ed importante. Si corregge altresì quello che da altri fu male spiegalo e si avvalorano le nuove spiegazioni con le autorità degli antichi scrittori e col paragone d 'altre più manifeste antichità. Il giudicio poi che scorgesi nel novero dei quadri, egli è tale da poter quasi far presagio della felicità con che egli scritto avrebbe la storia della italiana pittura, della quale farem parola più innanzi, A comporre altra Guida della Galleria ed as- sai più estesa, evasi accinto il Lanzi, e già n'era no usciti in luce alcuni fogli tradotti nella lin gua inglese quand’egli se ne rimase, fatto di ma, la voglia per certo articolo pubblicato nelle No, velie letterarie di Firenze, in cui si diceva, che mentre alcuno (e s’intendeva parlare di lui) fa, cea descrizioni antiquarie della Galleria di Fi renze, altri preparava un filosofico lavoro su di essa: cosa, di che assai rise il celeberrimo En, nio Quirino Visconti. Dovea a questa nuova Guida esser premessa una dissertazione sulla scultura degli antichi, che poi unì il Lanzi al 73 5.° volume del Saggio di lingua Etrusca del qua le or or per me sarà detta alcuna cosa. Questa sola dissertazione basterebbe a far giudizio del criterio sommo di lui, che guidato dall’antichi- tà scritta e figurata stabilisce in questo opuscolo le varie epoche nelle antiche scuole degli Egi- zj, degli Etruschi, dei Greci e dei Romani, ne determina i caratteri e gli addita altrui con bel la norma nei monumenti che si conservano nei varj Musei. Il Winckelmann lo avea in ciò pre ceduto: ma le nuove cure del Lanzi ebbero un successo più avventurato. Avrebbe egli poscia rivolto i suoi studi alla ragguardevolissima col lezione di medaglie della Galleria, se nuovi osta coli non gli si fossero frapposti. Ma chi vuol por re inciampi al genio, tenta arrestare il rapido corso del torrente. Anzi siccome questo più i n furia represso; cosi il Lanzi astretto a divertir l’ animo da quel lavoro, un altro ùe intraprese, il quale se più fatica costogli, gii dette anco glo ria maggiore, Parlare intendo del Saggio di lin- gua etnisca e d'altre antiche d’Italia, uno dei li bri più belli che usciti sieno alla luce delle stam pe sul declinare del secolo passato. Può dirsi il 5 74 Lanzi il padre di questo ramo d’ erudizione. È v ero che alcune opere aveano in avanti recata qualche luce ai monumenti etruschi, ma sono esse piene di dubbiezze o d’ assurdi, e niuna fa scienza solida e degna appieno del riguardo dei dotti. Il Lanzi per aver buon riuscimento nella impresa si diè a raccogliere quante iscrizioni si conosceano degli Etruschi, e considerò bene ogni monumento di loro. Così egli ebbe vantag gio sopra i passati interpreti, che lutto non vi dero, e di quel che videro assai cose trascuraro no. Emendò l’ alfabeto del G ori, che fin allora riputalo si era, e non a torto, il migliore; e il cangiamento, ch’ egli vi fece della creduta M in Σ , scoperta che il Visconti chiamò magna, è ve ramente di somma importanza e tale da far caa- giar indole alla.lingua; perchè ove molte sue pa role escano in M, prende essa sembianza d'orien tale,e ove terminate sieno in Σ ,faccia acquista di greca e di latina.il paragone de’figurati monumen ti degli Etruschi colle loro iscrizioni, l’attento esame delle epigrafi bilingui e delle latine, che si erano scoperte in Toscana, tradur lo fece con sicurezza gli epitaffi etruschi ; e il tener conto 75 dalle urne di uno stesso ipogeo, ore ogni indi viduo di una famiglia ha il proprio epitaffio, gli somministrò il modo, onde conoscere come si enunciassero i varj gradi di parentela. Soprat tutto egli trasse gran profitto dall’ ortografia an tica dei Latini e dei Greci leggendo le vetuste iscrizioni di loro, e attentamente e con sagacità meditando sui Grammatici raccolti dalPutschio. Deferendo cosi al greco e al latino antico (me todo, che egli dimostra esser l'unico da dover si tenere con prove, che il fatto stesso ha con fermate) potè ridurre i vocaboli etruschi a pa rer quasi latini o greci; diè ragione d'ogni let tera insegnando or come alcuna ne manchi , or com’ un’ altra ne sopravanzi. Formò una tavola di dialetto etrusco, stabilì nomi, pronomi, ver bi e lutto quello, di che una grammatica si com pone; la quale, se si considerino i frammenti da che è tratta, non può che destar maraviglia e stupore in chi questi studi pregi e le difficoltà ne conosca. Compilò poi con più indici un pic ciolo dizionario, il quale dà novella prova del la sicurezza del metodo ; perocché trovata una volta l' etimologia e la significanza del vocabo ?6
lo , si piega questo spontaneo ad Una naturale e semplice spiegazione ovunque s’incontri. E' poi l’opera arricchita di varie dissertazioni e osser vazioni, tutte nuove, tutte piene di un giusto criterio; le quali mentre decidono non poche questioni d'antiquaria, di storia e di belle arti, rendono amenissima la lettura di questo libro classico veramente e originale, I due trattati di paleografia greca e latina hanno in sè quanto può desiderarsi di meglio per legger lapidi antichis sime. La storia dei primi abitatori d'Italia è as sai schiarita: e sebbene affermi il Lanzi di non voler decidere la questione su di essi, agitata con tanto calore in molti libri, mostrasi però in clinato a credere,che, per la maggior parte alme- no, derivati sieno da greche colonie. Questa sua sentenza non potrà mai, siccome sembra, frut tuosamente richiamarsi in dubbio; giacché ol tre ad esser favorita dagli antichi, è quella, che a guisa di corollario scende dal trovarsi tanto di greco nei superstiti monumenti degl’itali an tichi, siccome ha egli ad evidenza provato. Le medaglie, le gemme, le così delle patere, le is crizioni gli han porto motivo di fare utili ri- 77 cerche sull’ epoche loro, e sull’ arte, tutto da lui riducendosi a stretto rigore di raziocinio, appog giato all’ epigrafi, alla storia, al paragone dei monumenti. Appena quest’ opera uscì alla luce delle stampe, i più insigni letterali del tempo le fecero plauso; e il sommo Visconti deputato alla revisione asserì pubblicamente, esser quella il miglior libro che fin li si fosse scritto su que- sto difficile e vasto argomento. Il prestantissimo filologo Cristiano Amaddio Heyne, che erronea mente avea innanzi trattato delle arti del dise gno in Etruria, fatto docile al vero, scrisse spon taneo al sagacissimo autore, che per mezzo del suo libro incominciavasi ad aver luce nell’etrus- che antichità e si rallegrò seco lui, che a questo genere di letteratura fosse toccato in sorte un uomo egregio per l’ acutezza d’ ingegno e per la dovizia della varia erudizione. Con tutto questo però non mancarono, sicco me sempre interviene, detrattori. S ’era il Lanzi, compiuta l’ opera, recato da Roma a Pisa per presentarla al benevolo suo Sovrano, cui è de dicala, quando per via fattosegli incontro alcuno di alto affare domandogli con una villania, che 78 per avventura non ha esempio, quante corbelle rie avesse inserite nel Saggio di lingua etrusta: al quale rispose il Lanzi coll’ usata dolcezza e umiltà di aver posta ogni cura per metterne meno che fosse possibile- Egli ripeteva, e ben ne avea ragione, questo affronto dalle male voci sparse da taluno sul suo lavoro prima che comparisse alla luce. G li surse poi contro il Coltellini av vocato cortonese nel suo infelicissimo contento della iscrizione di S. Manno, asserendo in esso con canina impudenza, che la lingua etrusca avea pel Lanzi dato indietro. Questa asserzione calunniosa si annichilò dal Lanzi con una dot tissima e assai spiritosa dissertazione, ch’ egli inserì nel giornale di Venezia, che quei dì com pilavasi dall’ Aglietti. S’ introduce colla spiega zione d’ un umetta etrusca, che prova ad evi denza rappresentare il sacrifizio d’ Ifigenia con tro il Goti, il quale prima vi vide il solenne battesimo degli Etruschi da sè inventato e poscia l ’ espiazione d’ un defunto e contro pure il Col tellini, il quale aveva cecamente seguito il Gori nella prima spiegazione,ignorando forse che egli l’ avesse, sebbene con un altro errore, ritrattata. 79 N’esaminò poi l’ epigrafe aderendo e sviluppan do il metodo da sè tenuto nello spiegare le molte iscrizioni adunate nel Saggio; e questo metodo stesso adattò pure alla iscrizione di S. Manno ri ferendo insieme le autorità di tutti quei grandi uomini, che lo avevano in istampa, o in lettere a lui dirette, approvato; e ponendolo egli stesso con nuove ragioni in lume più chiaro. Il con fronto pertanto di questo metodo sì ragionato con quello che tenne L’inetto avversario, il qua le nella sua interpretazione solo andò dietro al suono delle voci etnische, mosse nei dotti quel medesimo riso che risvegliar si suole in leggere i poeti satirici ed i burleschi, quando alle gran di cose uniscono le più vili. E ad accrescimento di vergogna fuggir vide il Coltellini dalle sue bandiere un giovane di molto ingegno e sapere, e ripararsi sotto quelle del Lanzi. Dire intendo del Sig. Vermiglioli, onore di Perugia sua patria da lui con ogni maniera di scritti illustrata, e uno dei primi Archeologi d’ Italia, il quale se guito avendo nel cominciamento dei suoi studi antiquarj il Coltellini, lieto come colui, che per aspra selva ritrovato abbia la smarrita via, si diè 80 a tener dietro al sistema del Lanzi nel bel co- mento delle Iscrizioni etrusche di Perugia, e in altri libri archeologici stampati dipoi. Nè già il grande antiquario si assiso allora ne ghittoso all’ ombra di quel lauro, onde cinta gli si èra la fronte di onorata corona; ma e da do vere d’ ufficio e da naturai genio eccitato intese a procacciar nuora gloria all’ Italia col tessere la storia della sua pittura. Non era questa facile im presa. Oltre al doversi leggere un immènso nu- mero di volumi, conVenia liberar la storia dai pregiudizi nazionali, è dalle infinite alterazioni di cronologia, e produr notizie fin allora igno rate. Eppure s’ accinse egli all’ opera, e la com piè con felicità Uguale al Coraggio, con che ave va ad essa posto mano. Nè Ciò poteva essere al tramente; perocché quegli che scritto area cori sì felice riuscimento sulla lingua etrusca, tema, di che già disperatasi dagli eruditi, non poteva essere spaventato da difficoltà di nessun altro letterario argomento. Tre edizioni furono da lui medesimo fatte di questa storia (8), e come la se conda assai vince la prima, così quella superata è grandemente dalla terza. Due prncipali fini ei 81 si propose in quest’ opera, l’ avanzamento del l'Arte cioè, e il render più agevole lo studio delle maniere pittoriche. Perciò divise la storia in iscuole, e ciascuna scuoia in tante epoche ; quanti sono i cangiamenti del gusto,ch’ella fece: e così il lettore si dispone da prima a Conoscere le vicende dell'A rte, e vi è poi pienamente am maestrato, quando gli se ne additano in ogni scuola, secondo verità le cagioni. Da ciò consiste il primo fine, e il secondo da ciò medesimo scen de. Infatti reggendosi raccolti i diversi stili di tigni età, di ogni scuola, si riducono tosto le pit ture ad Un cerio gusto: e i disegni e le stampe fan poi venire in chiaro dell’ autor vero delle medesime. E se il lettore esaminar voglia ciascuna scuola, non avrà mai da desiderare abbondanza di notizie, le quali trasse egli dai libri, dalla Voce dei bravi artisti e dalle mol te pitture da sè medesimo osservate con occhi Veramente eruditi. Se parla dell’Arte, il fa sem pre coti somma intelligenza; e se in questioni s’imbatta, ricordandosi che Io storico non dee trattenersi in dissertare, ma studioso mostrarsi di brevità, concisamente le tratta, e con critica 82 giustissima e vera. Lo stile., col quale tutta l'ope- ra è scritta sempre piace, sempre eccita a segui tarne la lettura, perchè conciso sempre e sempre svariato. Con maravigliosa differenza di modi passasi d’ un pittore in un altro. Si traggon pa ragoni or dalla natura or dall’ arte. Si confron ta un pittore con un altro di scuola diversa;e talora la sua maniera si assomiglia allo stile di u n qualche antico poeta. Lui poi rendettero som- mamente conciso e le antiche iscrizioni, che in poche parole elogj contengon bellissimi, e Cice rone nel Bruto, e Quintiliano nel capitolo pri mo del libro decimo delleIstituzioni,ove in non molte pagine ei fa novero di assai illustri uomi ni,e dà verissimi giudizj delleoperedi loro.Ed in questo io non dico ciò che a me pare, ma quel lo affermo che il Lanzi ha a me più volte narralo, Egli tenea sempre rivolto il pensiero al in Gal leria; e posta in ordine la storia pittorica per la terza edizione meditava un’ altra Guida della medesima, ed assai più estesa, la quale servisse alla nuova disposizione che, data avea ai monu menti il Cav.Tommaso Puccini,di quei di diret- tor del Museo ed uomo d e ll' arti belle intelligen- 83 tissimo. Noti volea egli adoperate i melodi mede- situi da sè scelti per le due Guide che ho nomi» nato di sopra; ma suo avviso era partir questa in due tomi descrivendo nel primo con somma bre- vita i monumenti e distendendosi nell’ altro in esporre le antichità, o che non avevano dichia razione, 0 l'avevano errata; e rimandando il let tore ai passati interpreti per quello, che si era da essi rettamente spiegato. Ma la scoperta fatta in Girgenti d'un antichissimo vaso dipinto il di stornò dal proposito e il fece volgere ad altro studio; il fruito del quale valse a ricuperare con sovrabbondanza la perdita dell’ opera, che ave va in pensiero. Parlare intendo delle sue disser tazioni sui vasi chiamali volgarmente etruschi libro che il dottissimo Monsignor Marini riputò degno d’ esser posto accanto al saggio della lin gua etnisca (9). Nella prima di queste disserta zioni si stabilisce innanzi ad ogni altra cosa, che non deon quei vasi chiamarsi nè lutti Etru schi,come vollero il Buonarroti i l Gori e il G-uar nacci, nè tutti Greci come affermava il W inckel- mann, ma aver nome dal suolo, in che sono sca vati; e s'arguisce poi dalle epigrafi greche,dalla 84 greca architettura espressa in essi, e dalle greche favole rappresentatevi, che l’ arte derivò dalla Grecia. Subbietto della seconda dissertazione sono i Baccanali,rappresentanze più frequenti cheogni altra nel diritto dei vasi.Sono qui con erudizio- ne non Ovvia. e con finissima critica posti in or dine i compagni di Bacco, e determinate le sem- bianze di loro, quelle in ispecie dei Satiri semi dei di figura Umana, somiglianti al cavallo sui nella coda e nelle acute orecchie, e non co’pie- di caprini, com’era stato innanzi creduto, tran ne però il celebre Visconti, che accennò quello cui diè pieno svillupamento i l Lanzi in questa seconda dissertazione. Spiega la terza il rammemorato vaso di Gir- genti, che nel diritto rappresenta Teseo che uc cide ilMinotuaro tra due fanciulli e due donzel- le, e nel rovescio Un uomo d’età matura, il qua- le presso una bilancia uguaglia il peso dell’una lance con quel dell’ altra, -versandovi o grano, o simil cosa, assistito all’ opera da due giovinetti. Ascrive il Lanzi la pittura del vaso al primo se- colo di Roma; non già a capriccio, o con' debo- 85 li ragioni, ma colle più forti e meglio pondera te, e valendosi delle notizie tramandate da P li nio sull’arte antica, e comparando con l’epoche di questa quelle che ebbe in Italia l’arte risorta dal suo principio infino al perfezionamento. Bene pur si dimostra, che il Minotauro ha bo vino il capo, e il rimanente di umana forma, e che non già, come il finsero gli antiquarj del passato tempo, uomo per una metà e toro per l’altra. Belle osservazioni si fanno in ispiegare il rovescio sulla foggia delle vesti, che addosso si veggon alle figure, sulla forma delle lettere,sul la voce e su’ più comuni rovesci dei vasi. Sono pure ingegnose le interpretazioni di alcu ni vasi, ch’ei trasceglie in conferma del sistema svolto nella prima e seconda dissertazione. Il li bro assai piacque; e come bellissimo lodato fu dai nostri giornali e dai stranieri. Par da dire, che chiunque, il quale ad illustrar prenda que sto genere di antico vasellame e non voglia il Lanzi per guida, produr debba sistemi al tutto falsi, come innanzi si fece, o ridicoli al pari di quel dell'Orsini, che vide nella pittura dei vasi il calendario degli Etruschi, e ne fu con sali lu- 86 cianeschi deriso dal dotto e lepidissimo cav. Bo- ni. Ma non è oggi,mai da temere questo travia mento. Gli eruditi, che modernamente dati si sono allo studio di questi vasi, han battuto una via diritta, rintracciandovi greche favole, e a ra gione interpretandqle. Sono da citare in esem pio le illustrazioni del Böttiger, del Millin e del Millingen ; dalle quali argomentare si può che ancor questo ramo di antichità è per giunger presto all’ onore medesimo, a che gli altri sono salili, Ma ritornisi all’ illustre antiquario, Da gran tempo desideravano i dotti di veder riunite in un solo corpo,a vantaggio della buona letteratu- ra, e a norma d'altrui, le tante bellissime iscri zioni da lui in varj tempi e in varie occasioni dettale e gliene facevano le più vive istanze.Egli ricusò sempre finché non riuscì all'Eminentis simo Zondadari di vincere con ripetute diman- de la sua modestia. Raccolsele allora,e a lui dei diente le pubblicò unite a varj suoi elegantissi mi componimenti latini. Come grato è ogni fio re, che olezzi soavemente, e, grata è piò la ghir landa, che di cosiffatti s’ intrecci; così quelle 87 iscrizioni, che venute separatamente in luce si erario applaudite, insieme raccolte si estimaro no un tesoro di ottimi esemplari. E questo a ra gione, perocché è in esse tutto il sapore della buona antichità,e ne sono perpetui pregi la chia rezza, la concisione, il sentimento. Ninna cosa è per lui difficile ad esprimersi in latino, chi i Classici e le vetuste lapidi gli somministrarono a sua voglia frasi, nomi di cariche, di onori, e di gradi militari. Quando nell’antico corrispon denza non trova cól moderno, vengono in sussi dio circonlocuzioni giudiziose e secondo l’ ana logia del latino. Da tutto ei trae modo d'inse rir bei pensieri, ed alti a lasciar nell’animo dei lettori quell’aculeo, che Cicerone volea, lascias se l’oratore nelle menti di quei che l’ascoltano. Non avea ancor dato compimento a questa edizione, che un antico e carissimo suo disce polo, l’ Ab. Mauro Boni, il richiese di mandare alla luce delle stampe la versione e il contento delle Opere e Giornate d’Esiodo per le nozze di Lorenzo Giustiniani Recanati con Elena Tiepo- loj volendo egli seguir così la bella costumanza non mollo tempo innanzi introdotta di sostituì- 88 re alle poetiche raccolte, importanti Opere ine dite, o alcuna riprodurne delle più varie. Con- discese il Lanzi alla richiesta, e riprese in ma no quel lavoro, che, siccome è detto di sopra, da molti anni aveva fatto; ne emendò la versione, e vi formò le annotazioni. Quella è armoniosa,so stenuta, e modellata sulla divina commedia di Dante, senza che il vincolo della terza rima osti punto alla fedeltà; e mostrano queste quanto il Lanzi abbondasse di gusto, di criterio, d’erudi zione. Rileva, ove ne sia di mestieri, le bellez ze del greco poeta: pregio,che d’ordinario man ca nei comentatori, se il Cerda si eccettui, l'Hey- ne e pochi altri; e chiama in soccorso di mano in mano t'antichità figurata; fatto emulatore del grande Spanemio a Callimaco. Nulla di volgare nella sua erudizione; e quantunque dotti uomi ni avessero innanzi a lui scritto ad illustrazio ne di questo antico poeta, ciò punto non lo spa venta per dir cose nuove in ogni pagina: e que- sto egli fa con modo assai disinvolto, e alla gui sa del Buonarroti; il quale se nelle sue grandi opere su’ Medaglioni e sui Tetri mostrasi uomo di lettura estesissima col citare assai scrittori; «9 stringendo però in poco quello che unicamente vuole il suo subietto,ammaestra, e non stanca il suo lettore. Lode somigliante meritano le sue dissertazioni poste in principio dell'opera, l’una sulla vita e le opere d’ Esiodo in generale, l’ al tra in particolare sul poemetto che traduce e co- menta. Ma se il più bel comento di un classico è l’ ottima e sincera lezione di esso, nulla è in questo da desiderare, avendolo il Lanzi col sus sidio di 5o manoscritti e delle antiche edizioni ridotto per quanto potevasi qual era all’ età di Plutarco, le cui correzioni ci han serbale Pro clo e gli altri scoliasti. Dopo il novero di tali fatiche è superfluo tes sere il catalogo di tanti opuscoli stampali per lo più nei diversi giornali d'Italia, i cui compila tori si sarebbero riputati privi d’ uno dei prin cipali ornamenti, se non avesser pubblicato la vori di così dotta penna. Se questo grand’uomo potè trattare con som ma sua lode tanti e sì difficili argomenti, e se in questo ebbe gran parte e l'ingegno suo allo a più cose, e la molla sua memoria, non l’ ebbe certo minore il buon metodo ch’ ei sempre tenne in 6 90 ogni suo studio. Non leggeva egli libro fosse di antico o di moderno scrittore, che o non ne fa cesse particolare estratto, o non ne citasse nei suo repertorj alfabetici le più importanti noti zie. Con essi viaggiò per l’ Italia, e vi descrissi i monumenti dell’ antichità e i capolavori delle arti belle , in ispeeie della pittura. Provveduto di tali soccorsi avea egli sempre prontissimi i materiali per qualunque argomento. Erano que sti sue proprietà, e a più ragione eziandio che il copioso avito censo dei grandi; e nondimeno senza invidia comunicavagli con quegli, che o per lettera (10)0 a bocca il consultassero: e l'uno e l’altro spesso avveniva per la sua letteraria au torità e per questa non ordinaria condiscenden za. Della gioventù fu grandissimo fautore, ecci tandola a quelli studi, cui la vedeva inclinare, e le norme additandole, che sicuramente potes se seguire. Sebbene ei fosse sempre inteso ai suoi difficili lavori, era a tutti e ad ogni ora ac cessibile. Quei che con lui conversavano, parti vano sempre lieti dei suoi cortesissimi modi e stupiti insieme della sua moltiplice dottrina. Il visitassero artisti o letterati, quelli trovavano in 91 lui un conoscitore profondo di lor discipline; questi, un solenne maestro dì lor facoltà. Anzi fino ai Teologi e agli Ascetici parve che alle let tere avesse data leggiera opera, e piena agli stu di sacri e divini. I quattro opuscoli spirituali da sè composti, caldissimi siccome sono di celesti affetti, attestano quanto ei fosse attaccato alla pietà e alle sode massime di Religione. Da essa confortato sostenne con esemplare pazienza i lun ghi incomodi degli ultimi anni venutigli in ¡spe cial modo pe' ripetuti colpi apoplettici; i quali se gl’infiacchirono il corpo,vegeta però gli lascia- ron la niente fino al 3 i marzo 1810, giorno, in che all’improvviso cessò di vivere. La sua mor te decorata fu dal pianto degli amici, e dal cor doglio dei buoni: e alcun conforto recato fu al grave dolore in vedergli destinata tomba nel gran tempio di S. Croce di questa città, ove gli fu poscia eretto decoroso (11) monumento, che eterna serberà la memoria di questo gran lette rato, il quale per guiderdone dovuto ai suoi rari talenti riposa tra quei sommi uomini, che furon presidio delle scienze, delle arti e delle lettere, e gran decoro dell’ etadi in cui vissero. 92
NOTE ALE ELOGIO.
( i) Questo elogio fu da me scritto morto ap pena il Lanzi ; e tradotto in francese assai male fra inserito nel Magazzino enciclopedico del Mil- lin il novembre del 181o. Tra per questo, e per essere da me in varj luoghi cangiato c accresciu to, può riguardarsi come nuovo. Ciò. che le opere non riguarda, tratto è dalla bocca medesima del Lanzi, che mi fu maestro negli studi antiquarj, e mi degnò di sua amicizia. Chi aver vuole piena contezza e di questo letterato e delle opere sue, legga il bellissimo elogio storico e letterario scrit to dall’ aurea penna del Cav. Onofrio Boni. (a) V edasi ciò che dico alla pagina 4 18 del primo tomo delle opere postume di esso Lanzi, da me pubblicate nel 1817 a spese di un cospicuo gentiluomo italiano. (I) La patria non è sempre il luogo nel quale si nasce, ma si è quella donde si trae per anti chissima discendenza 1’ origine, dove si hanno gli amati congiunti e gli affini, dove in pace ri posano le reliquie de' nostri padri, e dove le 93 memorie si serbano dei venerali nostri avoli. Labus, vita di Antonio Cagnoli p. V III. È pre messa alle Notizie astronomiche adattate all’ uso comune. Milano 1822. (4) I. O. lib. 6 prooem. (5) I. O. lib. x , c. 1. (6) Narravami egli che leggendosi, lui studen te, nel refettorio le prediche del Segneri, alcuni vecchi Padri del suo Ordine sì ne erano nausea ti, che nella ricreazione dopo il pranzo quasi ad una voce e pieni d ’ ira gridavano: e perchè non legger piuttosto le prediche del P. Zuccarone? (7) In ciò narrarmi si servì egli di questo me desimo paragone. (8) Le altre edizioni che si sono in più luoghi fatte dopo la morte dell’ autore, e quella che sarà eseguita tra breve in Milano, aggiungon prove ai meriti e alla celebrità di questo libro, e rispon dono di per sè sole a ciò che è piaciuto dirne al eh. sig. Ugoni nel suo libro Della letteratura italiana nella seconda metà del secolo XVIII. Arrogi a ciò le edizioni che ne furon fatte di seguito fino a questa , tutte con splendidissimo esito. — Nota dell' Editore Veneziano. — (g) In lettera spontanea all' autore da me ve duta. Il Lanzi e il Marini erano stretti in amici zia; ma non si adulinoli giammai: e se talora 94 uno discorde era dall’ opinione dell' altro, il di cea a lui fnancamentc per illuminarlo, o per es serne illuminato. Amavano essi non s e , ma la scienza che professavano. V oglia D io, che il bel- l' esempio rinnovisi nell’ età nostra, che grande mente ne abbisogna. ( 1o) Gran giovamento arrecherebbe alla storia dell' Antiquaria chi volesse fare spoglio di que ste lettere, le quali per testamento del Lanzi fu rono inviale a Montolmo, ove sono tuttora, e si custodiscono con somma cura dal Sig. Gaetano Lanzi, nipote ed erede del celebre uomo. ( 1 1) Per opera del Cav, Onofrio Boni, il quale e contribuì alla spesa coll' erede e gli amici del- l' illustre definito, e ne fece l' elegante disegno. 9 3
NOTE
ALLA SCUOLA VENEZIANA,
Vol. 6. pag. 8. vers. 12. Per la persecuzione mossa da Leone Isaurìco imperatore d' Oriente contro i veneratori del cullo delle Immagini, molti pittori si rifugiarono a V e nezia e, troviamo stabilita da Teofane greco nel 1200 circa la prima scuola di pittura, alla quale educò Gelasio di Ferrara. — G. p ag. 9 v e rs. 3o. È provato essere stato Giotto in Padova nel 1 3o 6 ma, stando allo Scurdeone, si deve ritenere che nelle antiche chiese di Padova esistessero di pinti fa tti tre secoli prima ed il ch.Cav. Moschini, autore della Guida di quella Città dice, che,non sarebbe irragionevole credere che fossero quelli dei quali rimane tuttavia un qualche avanzo nei nicchi esterni ai lati della porta maggiore del tempio di Santa Sofia; più, dai pubblici docu menti risulta che nell’ anno 1209 si trovasse ivi B uzzacarino di Pisa .— 6. pag. 12. vers. 11, L ’ autore quivi s’ inganna avendo forse di 96 menticato quanto scrisse il Rossetti, cioè, che nel 1762 si scoperse il nome di Giotto cui f u con- fermato dal Brandolese, nel riferire un passo di Giovanni Naone, scrittore del secolo x iy circa alla metà, ed in altro ancora di Riccobaldo Fer rarese (ovvero di un anonimo) il quale le ha a lui assegnale nella sua Compilazione Cronologica sino all’ anno 1312. Vol. 6. pag. 1 3 vers. 13. E qui sarebbe da menzionare vari artisti i quali meritano essere ricordali per aver operato, sicco me pensa il Verci ed. il Federici, con buon suc cesso',e sono Uberto Trevigiano, che ha condotto nel duomo alcuni lavori di pittura e di musaico, locchè è provato da una iscrizione scoperta, nel 1739: Gabriele Villa, salito a qualche rinomanza e nominato di frequente nei documenti dall' anno 1280 al 13 15 il quale, per opinione di questi ul timo, forse ha operato insieme col f iglio,le f igure degli Apostoli Pietro e Paolo, Liberale e Rarto- lommeo ordinate dagli anziani: suppone inoltre che dei medesimi artisti possa essere la pittura che esiste nella Cappella delle campane in chiesa a S. Niccolò, la quale rappresenta l'immagine di Benedetto X I in mezzo alla gloria, avendo a’ suoi piedi alla sinistra uno degli anziani della città in alto di ricevere una borsa. Viene in seguito An 97 gelo Perenzolo e suo figlio che dipinse alcuni animali e fec e vari disegni fr a ’ quali nudi d’ uo- mini e studi anatomici j lavori che appartenevano a Oliviero Forzetta citato dallo stesso Federici. Troviamo fatta menzione ancora di un Maestro Marco dimoratile di que'tempi a Venezia, dipin tore di alcuni arazzi per la chiesa di S. Francesco in Treviso cd imitatore di alcune pitture fatte sul vetro da un frale tedesco, avendone fa lle egli pure alcune egualmente con grazia : questi fu fratello di quel Faolo di cui si terrà discorso alla nota seguente. Ora. stando alle asserzioni del celeber rimo Ab. Lanzi, il quale non ammette essere le opere fatte di quest’ epoca in Treviso, a Venezia ed in altre delle città soggette, imitanti la ma niera di Giotto, si può quindi inferire, siccom’ e- gli stesso pare ne voglia indicare, che sin d ' llora la scuola nazionale addimostrasse eli essersi fo r mala ad uno stile differente. Vol. 6. pag. 14 vers. 4 . Paolo fratello di. Marco su menzionato, oltre all’ Ancona ricontata nella chiesa di S. Marco, (di cui veggasi la Guida del Can. Moschini V e nezia 1815) ha dato mano ad altri lavori già noti, quali sono la morte di S. Francesco e della Ver gine eseguiti negli arazzi della chiesa di S. Fran cesco di Treviso. 9 8 V ol. 6. pag. 15. vers. 3. La tavola trovasi ora all' I. R. Accademia ed il sig. Zanotto ne ha esposto l' illustrazione velia sua Pinacoteca Accademica: ivi pure veggonsi due altre tavole, neglette da tutti gli storici, rappre- sentanti S. Pietro e S. Marco, le quali, in altri tempi, stavano ad ornamento dell’ Uffizio della
S e ta . — 6. pag. 15. vers. I I . D i Niccolò Semitecolo esiste pure all’ I. R. Ac- endemia un Ancona rappresentante varie storie della vita di G. C. ed altre di S. Francesco, e (lessa pure è illustrata nella Pinacoteva. Il sig. A b. Lanzi raffrontando quest’ artista con Giotto, per altra sua tavola esistente in Padova, dice, che gli sla a lato nel colorito; però, al veder questa, risulta che lo superò dal lato della com posizione: f u trasportata dal Cenobio di Santa Chiara ed ora si vede annestata con V altra ta vola di Stefano pievano di S. Agnese, di cui fa remo cenno nella nota seguente : altre tavole per lui operate esistono nella Galleria Manfrin ed è perduto il suo lavoro condotto nell5 oratorio del Folto Santo di.Lucca a’Servi, ove dipinse la storia dello stesso Folto Santo ; resta però una iscri zione a rammentarlo la quale f u illustrata dal eh. sig. Cicogna. 09 Vol. 6. pag. 16. vers. 17 in n. Questo Stefano pievano di Santa Agnese ha dipinto la tavola indicata dal Lanzi per l' Assun ta, mentre è la Coronazione della Vergine che si fa dal fig lio , ove stanno intorno al trono molli Angeli in atto di scioglier la voce a cantici ce lestiali ed è divisa in molti comparti-, fa annessa nel centro all’Ancona del Semitecolo allorché nel trasporto fatto dell' intiera Ancona dalla chiesa di Santa Chiara, ne f u levata quella che aveva condotto lo stesso Semitecolo e data al principa Eugenio : ed a confermazione che sia quella in dicata dal Lan zi, ci piace riportare la soscri zione che vi sta segnata : m.ccc.lxxxi. Stefan. Plebanus S.ce Agnet Veneti. — 6. pag. 18. vers. 18, Questa tavola fu trasportata in parte all' I, R. Accademia e si ebbe cura di conservare il S. Se bastiano. — 6. pag. 19. vers. 1. Dobbiamofa re una rettificazione all' opinione esposta dal nostro autore, onde provaie l’esistenza di Luigi seniore, la verità della citazione degli storici, che attribuiscono ad esso questa favola,e V originalità della iscrizione che vi è apposta, Difatti, il Sansovino nella Venezia illustrata a pag. 65, l’ accenna come lavoro di quest’ artista 100 quantunque ometta V indicazione della iscrizione ciò proverebbe, se non altro, che a’ suoi tempi correva l' opinione essere esistiti due Luigi an ziché uno nella famiglia dei Vìvarini; inoltre, l' opinione del Sansovinofu seguita dal Boschi- ni, il quale, quantunque scrivesse ampollosamente della pittura veneziana, poteva essere al caso di conoscere se il Sansovino avesse erralo e correg gerlo ; ma ciò è niente in confronto della prova che ne abbiamo in Ridolfi il quale, appunto per l'iscrizione sovrapposta,ritiene che la tavola fosse compiuta nel 1414- E giova considerare sic come il Ridolfi essendo pittore e avendo vissuto più vicino a quell' epoca, non si sarebbe così fa cilmente ingannato nel riconoscere se la iscrizione fo sse autografa ; che, se non bastasse questo giu dizio , addurremo altra prova più evidente rife rendo le parole del Zanetti, giudice competen tissimo , il quale asserisce aver Luigi scritto il nome e V anno 1414 ed aggiunge che, per essere stata ingrandita e ritoccata modernamente, per
dette parte della sua virginità e dell’ originale
carattere. Ora però possiamo dare prove talmente irrefragabili, che, a voler negarle, sarebbe rinun ziare alla sana critica: dobbiamo all'instanca bile solerzia del sig. Zanotto la soluzione di que sta controversia portata al più alto grado di evi- i 0 7 denza; egli, nella illustrazione alla tavola dello Stesso artista, la quale rappresenta San G io. Ba tista e S. Matteo Apostolo, due tavolette in una, proveniente dalla chiesa di S. Pietro martire di Murano all’ Accademia, viene discorrendo sulle indagini per lui usate onde porre in luce codesto punto d' Istoria. E i ne dice essersi recato sul
lungo , non senza l’ aiuto de’ più ciliari profes
sori della nostra Accademia e dopo maturo esa
me, di averci convinti che la combattuta iscri
zione è originale in Ogni sua parte: È vero, se gue il sullodato Zanotto, che il dipinto, come
nota Zanetti, si vede ingrandito, alterato anche
nelle tinte, che molto danno sofferse nel correr
degli anni, ma si è osservato che chi lo risiam o
e ingrandì, ebbe poi la cura di salvare gli ori
ginali caratteri per inserirli nella parte inferiore
alla destra di chi guarda, fra le giunte; cosa che
fu sempre praticala, di conservare, cioè, tutto
quanto si può d’ intatto nel ristarmi dei vecchi
quadri, A constatare dell’ autenticità del fat t o , basterebbe, secondo pare a noi, questa esposizio ne ; ma per stringere vie più l' argomento si fa remo innanzi, scortati sempre dallo stesso Za- netto e dimanderemo, nella supposizione anche che l' iscrizione fosse apocrifa, e coni è che colui il quale ebbe ad ingrandire il quadro, avesse a 102 Segnare il nome è l’ anno senza averne certezza o traccia 'almeno ? e non sarebbe più ragionevole supporre, ch' ei si sia valso dell’ epigrafe antica, esclusa poscia soltanto per vetustà dal nuovo ri- Stauro? Arrogi a ciò la diversità dello stile che si è scorto nelle Opere attribuite a Luigi Giuniore, per c u i, poste a paragone con quelle di Luigi Seniore, risulta a giudizio del dótto Sig. Edwards che queste hanno maggior aridità e imperfetto finimento. L e opere attribuite, dietro esame fattone, a questo Luigi sono le seguenti: la tela esistente a’ Ss. G io. e Paolo di cui sorse il dubbio dilucida to ; la tavola all’ I. R . Accademia illustrata dal Zanotto ; altra descritta dal Sansovino che si am mirava nella chiesa d i S. Giorgio maggiore espri mente la V ergine , sostituita nel rifacimento dà Tempio da altra tavola ; una tavoletta con Maria coronata dalla Triade, segnata nel Catalogo dei quadri appartenenti un tempo a Maffeo P inelli ; Una Tergine che trovasi nella galleria Manfrin, omettendo le molte Madonne appartenenti a case private e a monasteri, citate dal sig. Neiiman Riz zi nelle note all’ elogio dei V ivarini. Chi amasse vedere delle notizie erudite intorno ai V ivarini, consulti la Narrazione dell’Isola di Murano scrit ta dal eh. Cav. Moschini. t OD Vol. 6. pag. 19. vers. 1 5 . La tavola, a detta del prefato eruditissimo sig. Cav. Moschini, è opera condotta con amore, ove le figure sono ben disposte e gli angioletti a chia roscuro sì gentili, che si direbbero del Mantegna. Ma qui ci corre obbligo di emendare l’ asserzione equivoca del Lanzi, adducendo tali testimonianze che provino essere esistito un Gio. V ivarino , fratello e parente che fosse di Antonio, e di aver operato in compagnia di Antonio e la tavola che trovasi a S. P antaleone, ed altre tavole ancora. E siccome a pochi è dato di poter consultare la Pinacoteca dell’ I. R . Accademia, illustrata dal sullodato sig. Zanotto, opera resa ormai necessa ria onde quidditare al vero il merito, l' indole ed il genio dei nostri artisti c rischiarare alcuni pun ti di Storia, non sapremmo in qual altra guisa soddisfare alle brame dei nostri soci se non ri correndo alla disamina di quest’ opera. Diremo intanto che se l' Ab. Lanzi avesse rovistato per entro all'opera del Sansovino, avrebbe trovato appunto che in più luoghi ascrisse Giovanni alla famiglia dei Vivarini, specialmente ove parla delle pitture per esso lavorate nelle chiese di S. Stefano e di S. Barnaba: aggiugneremo che non sappiamo concepire come avendo avuto il celebre Lanzi opportunità di consultare le opere 104 di Ridolfi, Boschini e Zanetti, i quali parlano con sicurezza dell’ esistenza di questo Giovanni, stabilendolo altro da quel d'Alemagna, non se ne sia capacitato, anzi abbia impugnato il loro as serto. Che se si appoggia sul Jare oltramontano che traluce dai dipinti dell' Alemanno, sogghi gneremo che per esame istituito da intelligenti sui lavori operali da questo per l' antica scuola dei Calzolai, passati ora nei depositi della Co rona, e per altri lavori eseguiti dal nostro Gio., quali sono due Ancone che si veggono nella cap pella di S. Tarasio a S. Zaccaria , ristaurate di recente, o per meglio dire, ridonate a vita dal valente restauratore Angelo Brancaleone, segnale del suo nome, apparisce tale una disparità di Stile , varietà di modo e diversità di scienza nel l' arte, che a giudizio del suaccennato illustratore si scorge in quello gusto barbaro e povertà di sa- pere,ed in questo si ammira la grazia c la manie ra Vivarinesca. E per f are accorti i nostri lettori intorno alla nota inserita in seguito, relativamen te alla impugnazione fattane dal Meschini nella sua Narrazione ec. in proposito di Un quadra posseduto allora dal N. Ascanio Molin, ora al l' Accademia, e da esso ritenuta per insussistente, diremo esser verissimo stata falsata la sottoscri zione da un impostore, essendo il quadro di altro 100 artefice, ma ciò non provare che non abbia esi stito l' altro Giovanni e provare assai meno che debba essere l'Alemanno mentre per i motivi che ne adduce il Lanzi di semplice supposizione , cioè, che in altra pittura di Venezia si soscrivé
Joannes dee A lem ania o , come in Padova, A n tonio de Murati e Zohan Alamanus e. che dopo il 14 4 7 n o n nomina, più, ma Antonio sola mente od altro V ivarino, domanderemo per qual motivo se si soscrivé sino al 1447 non si soscri- verà nel 1 444 epoca segnata nel quadro a San Pantaleone ? N o i, e per le ragioni anzidetto, e per le opere lavorate dall'Alemanno in Unione ad Antonio nella chiesa di S. Giorgio e nella Con fraternita della, Carità negli anni 1445, 1446, . (fra le quali la tela che trovasi all’ Accademia rappresentante Maria col figlio ccl i quattro dot- tori Girolamo, Gregorio, Ambrogio ed Agostino, proveniente dalla Confraternita e illustrata nella Pinacoteca) nelle quali vi pose il suo nome: e perchè non intendiamo come se omise di apporvi il nome negli anni 1441 a 1444 perchè la s u a consorteria con Antonio era itola a segno da non potersi prender equivoco, come Vuole l' autore, ve l' apponesse negli anni posteriori quando do veva essere più nota la sua maniera e quindi me- no necessaria la sua firma, crediamo che sarebbe 106 cosa inutile usare altre parole à constatare un fatto reso così solennemente veridico — altra ta vola di Gio. ed Antonio Vivarini rappresentante la Coronazione di Maria, trovasi all’ I. R . Acca demia ed è illustrata nella Pinacoteca: in essa pure vi è annotato copulativamente il nome e la patria degli artisti. V ol. 6, pag. 21. vers. 25. Una tavola in tre comparti condotti con intel- ligenza rappresentante Maria Vergine, S. Gioa chino , S. Anna ed altre figure. il cui lavoro lo f a distinguere per ragionato compositore, vedesi nella chiesa di S. Maria Formosa ed ha segnato l' anno 1487. — altra se ne vede ai Frari pari mente divisa in tre comparti con M. V . nel mezzo e quattro Santi ai lati e segnata l' anno 1482.-nella stessa chiesa in una cappella altra ancora lavora ta a tempera con Maria coronata ed altri. Santi, ove per un distico appostovi. si rileva essere co minciata da lui e finita dal Basaiti: —— a Santa Eufemia della Giudecca una figura di S. Rocco dipinta nell'anno 148 0 al dire del Moschini, come è per ilfatto degna del Mantegna : all’Ac cademia trovasi ancora un’ altra tavola prove niente dalla chiesa della Certosa in Isola, rap presentante la Vergine con Gesù dormiente e li santi Andrea, Batista, Domenico e Pietro: di 107 una tavola che possiede la vedova del defunto Gaspare Craglietto, colorita dall’artista nell'anno 1475, si manifesta apertamente rigeneratore della Veneta scuola, riferendosi sempre a quell' epoca; rappresenta Maria seduta su ricco trono col f iglio dormiente sulle ginocchia avendo alla destra G i rolamo , Agnese e Lucia, quelli in piedi, questa con un ginocchio calato a terra e all' opposta par te Agostino, Augusta e Caterina, curvate sì A u gusta come Lucia sul davanti del trono ; in alto due Angioli in atteggiamento di coronarla, i quali sembrano inviati dall’ Eterno Padre che si vede sulla sommità della tavola in mezzo ad una schie ra di Angeli: la scena ridente di paese amenis simo, la nobiltà delle espressioni, la graziosità de’ volti, la gaiezza del colorito, insolita vedersi a que' tempi, e l’ omissione dell' antica pratica delle dorature ,metterebbero in dubbio che appar tenesse a Bartolommeo,se non vi fosse segnato il suo nome e l 'anno. Troviamo menzionate inoltre al tre tavole possedute dal Corniani, dal Baffo e dal Manfrin ; la gran tavola della Certosa in Bolo gna eseguita in compagnia del fratello Antonio per commissione di Papa Niccolò I V , passata in seguito a quell' Accademia ed altro quadro di pinto a tempera che trovasi nel Museo Beale Borbonico di Napoli, omesso nel catalogo delle 108 opere dei V iva rin i— nella chiesa di S. G io. in Bragora, oltre alla Risurrezione citata dal Lanzi, vedesi tre figure in campo d' oro , M. V . cioè, S. Andrea e S, Gio. Battista; credesi anco che la grande invetriata nella chiesa de' SS. Gio. e P aolo, fosse eseguita da Girolamo Mocetto sul suo disegno,
V ol. 6. pag, 22. vers. 6. Questa tavola passata all' I. R . Accademia, f u illustrata nella Pinacoteca: il lettore può ri mettersi alla nota per noi fat t a alla pag. 19. ri feribilmente alla controversia insorta sulla esi- stenza dei due artisti. Sappiamo dal Sansovino aver egli cominciata una tela che doveva essere d'ornamento alla Sala g r a n d e del palazzo Du- cale, compiuta da Gio. Bellini; rappresenta Ot tone figlio di Barbarossa che dopo essere, stato liberalo dalla prigionia si presenta al padre e lo persuade a pacificarsi coi Veneziani.
6, pag, 23. vers. 13. È ben certo che i fig li di Jacopo Bellini supe- ranno il loro padre nell' esercizio dell' arte ciò non pertanto non è da togliergli il inerito che gli si compete come ad uno dei migliori artisti di quella età: citeremo due altri quadri che l' A b, Lanzi non ha veduti de' quali, uno rappresenta un immagine di Gesù in tavola, col suo nome 109 nella cornice, venuto all’ I. R . Accademia dalla galleria Molin ; l' altro grandioso pure in tavola che esisteva nel palazzo Corner della Regina ora di proprietà dei fratelli Co. A b. Cavanis, espri mente una battaglia fu o ri delle mura di una città assediata, dal qual lavoro viene irrefragabilmente attestato quanto fosse innanzi nel valore — più , nella Notizia dell’ anonimo si f a menzione di molti ritratti. Vol. 6. pag. 23. vers. 25. E' da aggiugnere un frate Francesco da Negro- ponte minore osservante contemporaneo di Ja- cobello, del quale è contrassegnata del suo nome (scoperto dal Can. Moschini) una tavola di stu diatissimo lavoro a S. Francesco della Vigna, rappresentante M . V . che adora il bambino ed altra tavola in tre comparti nella sagrestia della stessa chiesa, questa pure lavorata con diligenza. — 6, pag. 25 vers. 11. A Donato viene attribuita una tavola esistente all' I.R.. Accademia, proveniente dalla soppres sa chiesa di S. Niccolo dei Frari, rappresentante G . C. in Croce e al basso M . V ., la Maddalena e li SS. Gio. Evangelista, Francesco d’ Assisi e Bernardino da Siena, illustrata nella Pinacoteca. Tal lavoro, confondendosi con quelli che si av vicinano ai più fe lic i tempi dell' arte, fa dubitare 110 che possa essere eseguito da questo Donato e move a sospettare che sorgesse posteriormente altro artista dello stesso nome che venisse in se guito confuso ; a ciò induce il sapere che Donalo f u allievo di Iacobello circa alla metà del secolo x v , e poca in cui la pittura era lontana da quella maniera adottala in appresso da Palma Seniore e da Gio. Bellini. Troviamo indicalo nel Ridolfi aver egli operato à' Padri di S. Piena una Ter gine non più esistente; nello stesso, nel Boschini e nel Zanetti, altro Leone a lato con li Santi Gi rolamo ed Agostino che si conserva nel palazzo ducale. Sansovino accenna una pala con la Ver gine, fatta nel 1460 per la chiesa di S. Samuele guasta nel correr degli anni e Zanetti descrive una Crocifissione che esisteva a S. Gregorio in Alga. V ol. 6. pag. 25. v e rs. 12 . D i Carlo Crivelli oltre a' quadri menzionati dal Lanzi come esistenti a. Venezia, è da anno verare un graziosissimo quadro con la Vergine e G esù, posseduto dalla vedova Craglietto. — 6 . p ag. 35 . vers. 12. Nella seconda sala Palladiana all’ I. R . Acca demia, vedesi di Antonello una Vergine in alti tudine di leggere. — 6. p ag. 43. v e r s . 7. La tavola indicata dal Lanzi, operala da Gio. 111 per la chiesa di S. Giobbe, trovasi ora all’ I. R. Accademia e se ne legge V illustrazione nella Pinacoteca. A questo proposito vogliamo ricor dale che l’autore,appoggiato alla falsa induzione di Zanetti, il quale vuole che questa tela fosse lavorata nel 1510, stabilisce che essendosi egli formato sugli esempi di Giorgione, (vedi però la prima edizione della Guida di Meschini. Vene zia 1815 in due volumi) ideò più nuovamente, diede più rotondità alle figure, risaldò le tinte ec., ma allorché si sappia che questa tavola fu la pri ma eseguita dal Bellini giusta la nuova maniera di pingere ad olio, quindi verso il 1473. innanzi cioè che nascesse il Giorgione, come espongono concordi il Sansovino ed il Sabellico, si troverà insussistente l' asserto e si dovrà ritenere che stesse nelle risorse del suo genio l’ aver operato con tale felicità , non già negli esempi del suo allievo Giorgione nato nel. 1477 — altra tavola lavorata nella seconda maniera, appartenente al tre volte al N. Ascanio Molili, trovasi all’Acca demia ed è illustrata nella Pinacoteca; rappre senta Maria con Gesù ed i Santi Batista, Rosa, Jacopo maggiore e Giobbe — altra ancora se ne vede proveniente dalla soppressa scuola della Ca rità, illustrata pure nella Pinacoteca, rappresen tante Maria con Gesù infante — il Ridolfi an 112 novera più di ventiquattro Madonne fr a le quali non sono comprese quest’ ultima, le due che esi stono nella Pinacoteca di Milano, una posseduta dal N . Antonio Diedo, Segretario di codesta Ac cademia, altra appartenente a S. E. il Barone Galvagna ed una acquistata dal Rev. D . Ger manico Bernardi, Cantore nella Cappella Mar ciana — nella chiesa di S, Zaccaria, oltre alla tavola accennata dal Lanzi, cui per lo trasferi mento che se ne fece a Parigi ebbe molto a de perire, vedesi altro graziosissimo dipinto con la Circoncisione di N . S. e Santa Caterina — nella cappella Santa alla Vigna avvi un quadretto con M. V . ; quattro Santi e Jacopo D o lfin per cui commissione lo ha condotto nel 1507. — nella chiesa de’ SS, Gio. e Paolo M. V-, il Bambino cd alcuni Santi, opera a tempera, ammiratissima in altri tempi, ma che molto sofferse nel ristauro che se ne fece — nella sala del Pregadi in pa- lazzo ducale , la figura di Tolomeo vicina al quadro di S. Lorenzo di Marco V ecellio, è rite nuta dal Cav, Meschini per sua copia, essendovi scritto il suo nome —- nelle stanze dal palazzo reale un bellissimo dipinto con M. V . ed il Bam bino in campo aperto con paesaggio — a S. Fan tino, sulla porta che mette nella sagrestia, un qua dretto con M . V . che tiene il Bambino, S. Giu- 115 Seppe e prospettiva; opera che venne in troppa tristo stato nelle mani di Gertrude Marcagli; per farci conoscere ipianto dotta e diligente ristora- trice essa fosse — a S. Salvatore la Cena in E maus è tale lavoro che sarebbe ritenuto da tutti del Giorgione e che ha dato luogo a gran numero di copie delle quali aldine buone altre tristi — a
S, G ìo . Grisostomo la pala con S. Girolamo, S, Cristoforo e S, Agostino dipinta nel 15 15 ove ammirasi libera fantasia , nobiltà di carattere t forza, vaghezza ed armonia delle tinte per cui il piviale di S, Agostino specialmente, si terrebbe per tavolo di Tiziano — nel Liceo Convitto a Santa Caterina un quadretto con M. F . e il put- tino ch' era prima nella chiesa — a S. M. del- l' Orto nell’ Altarino sotto l' Organo, M. V . te- nente il Bambino, opera stimatissima — nella sagrestia di S. Giobbe, M. F . con S. Gio. Battista e Santa Caterina ai lati ; bell‘ opera e bene con- servata — agli Scalzi, dietro il maggior altare, l'immagine di M. V . , grazioso dipinto — nella sagrestia ai Frati esiste tuttora la tavola lodata dal V asari — a SS, Gervasio e Protasio sopra f altare del Sacramento si ritiene per sua l’ im- magine di M, V . tenente il Bambino — a Mu- rano nella chiesa di S. Pietro, M. V . in trono tra Santi Agostino e Marco, il quale le presenta 114 il Doge Agostino Barbarigo, condotto nell’ anno 1488 , nella sua semplicità il componimento è maestoso ; le f ig u r e vi stanno variate secondo il loro carattere ed il colorito è vigoroso — nella stessa chiesa M. V . Assunta ed alcuni Santi al piano; bella opera che da taluni viene attribuita al Basalti. Vol. 6. pag. 43- vers. 26. in n. Nel palazzo G rimani a S. M. Formosa vi è un bel quadro del Durero con la istituzione del Ro sario ove ritrasse sè stesso con carta in mano e sua moglie ciarliera coperta , com’ egli soleva rappresentarla sino alla bocca, e nella sala otta gona del palazzo reale è ritenuto per suo lavoro il Cristo mostralo al popolo. — 6. pag. 44- vers. a5. Una vasta tela dipinta da Gentile per la Scuola di S. Gio. Evangelista in cui è rappresentato un voto fatto alla Santa Croce da Jacopo Salis di Brescia e la processione della confraternita dì San Giovanni portante la reliquia intorno alla piazza di San Marco, e di cui se ne legge nella Pinacoteca ampia descrizione, Ammirasi ora al l’Accademia proveniente da quella Scuola. Questa tela valse a confermare all’ autore la fam a che si avea acquistato presso i suoi contemporanei di essere uno fr a i luminari dell’ arte , se non nella 115 pratica in cui era vinto da suo fratello Giovanni si bene nella teorica cioè nella composizione e nel disegno. Che se è pregevolissima guardandola sotto l' aspetto dell’ arte, lo è molto più per la ricòrdanta dei costumi di que’ tempi e delle fa b briche che adornavano allora la piazza ; e in quanto ai costumi, vi si scorge siccome là pietà dei Veneziani li conducesse a prodigare immense somme nel mantenimento del culto è nella pompa della religione ; si rileva le ricchezze straordina- rie che possedevano le confraternite ossia Scuole grandi, indicate dalla preziosità degli arredi che accompagnavano le processioni ; si rammenta la magnificenza con cui mostravasi in pubblico il Doge e la Signoria in occasione di qualche visita solenne j si vede le maniere dei vestiti che indos savano i Compagni della Calza è come amman- tavansi i cavalieri,i nobili e i cittadini e se ne può dedurre per corollario della virtù e della potenza di Venezia in quel secolo. Rispetto poi alla di versità delle fabbriche se ne ha una esatta idea mentre, chi si f a a vedere la prospettiva della Chiesa di S. Marco e del Palazzo Ducale, tro verà in quella che,quantunque sieno rappresentale le stesse storie nei mosaici che ornano la fronte, per le composizioni è la disposizione sono tutti diversi, tranne l' abside che è sopra la porta a 116 destra detta della Madonna : vedrà imbianchito per la f o rza del sole e per lo scendimento della pioggia tutte le agguglie, i tabernacoli, i capi- telli, i rabeschi e gl’ intagli d i’ erano con orien- tal profusione dorati sia quelli della chiesa come quei del palazzo. Questi due monumenti però non hanno soggiaciuto a nessuna mutazione materiale-, com è avvenuto nel rimanente della piazza., poiché era allóra contornata da un portico e coronata di merli ; ove ora sorgono le nuove Procuratie, eravi l' Ospitale di S. Marco; le procuratie V ecchie, la Torre dell' Orologio e la Loggia non erano per anco fabbricate c vi si vedevano le abitazioni co munali dei Procuratori : di tanto ci rende edotti questa sola tela che noi reputiamo preziosa se non fosse per altro, per la reminiscenza delle idee che ci risveglia. Non meno interessante è l' altra tavola che ci presenta il miracolo della Croce avvenuto sul ponte di S. Lorenzo, nell’occasione che la stessa Confraternita recavasi ivi processionalmente con la reliquia onde visitare la Chiesa : questa piti e f u traslocata all’Accademia e ne sta nella Pina coteca diffusa illustrazione — nella Chiesa di S. Marco si additano per sue varie f igure di al- cuni Santi sui portelli dell’ Organo. 117 Vol . 6. pag. 47. vers. 4. Il nostro autore Intendeva parlare della Pre sentazione di Gesù al Tempio, quadro che fu. trasportato dalla chiesa di S. Giobbe all' Acca demia. ove trovasi ancora un dipinto in tavola proveniente dalla soppressa chiesa di S. Francesco in Treviso, con i santi Gioachino ed Anna. L o dovico re di Francia e Orsola martire: se il Lanzi avesse veduto questa tavola, non avrebbe pronun ziato giudizio cosi assoluto, asserendo che, per colpa della prima educazione, non giunse mai (Carpaccio) ad aggiugnere più colore alle carni e più tenerezza ai contorni mentre, per opinione de’ più reputati professori, tanta è la forza e l’ armonìa del colorito, del fluido impasto delle carni, della purezza e castità del disegno che. se questo leggiadro lavoro non fosse segnato del suo nome e dell' anno in cui lo compieva, sarebbe attribuito a Gio. Bellini — il Patriarca di Grado che a mezzo della reliquia della Santissima Croce libera un indemoniato; quadro proveniente dalla soppressa scuola di S. Gio. Evangelista: da questo dipinto si rileva siccome il Patriarca di Grado abitasse a Rialto per essere ivi appunto marcata la sua abitazione ; in qual modo fo sse costruito allora il ponte ; qual ornamento avesse il Canal grande dalle fabbriche circostanti. : come fossero 8 118 ricchi i vestimenti dei nobili e. succinti e leggiadri quelli dei giovani, volendo anche tacere della ric chezza, pietà e devozione degli avi nostri ; per le quali cose tutte e per essere questa la prima tela che venisse operata dall’ autore in vasta dimen sione, in competenza degli altri famigerati artisti di quell' epoca ; avendo quindi studiato di allar gare la sua mente onde emulare i suoi rivali come gli emulò nel disegno, nella piegatura delle vesti, nella prospettiva, nella disposizione della scena, e li vinse nel tono delle tinte e nell’ armonica disposizione delle medesime, dobbiamo conclu dere che, anche alla sola vista di questo lavoro, si resterebbe convinti del torto opinare dell' Ab. Lanzi. — G l' inviati del re d’ Inghilterra chie denti in isposa Santa Orsola a Mauro re di Mau ritania suo genitore ; di questa e delle altre ta vole su enunziate.se ne legge l'illustrazione nella Pinacoteca — nella stessa Accademia veggonsi pure le altre tavole componenti la Storia di questa Santa, meno una, abbandonata per essere molto danneggiata dal tempo e da chi ebbe l' audacia di ritoccarla infamemente. Le altre tutte sono restaurate con intelligenza per mano degli esperti professori Gaetano Astolfoni e Giuseppe Loren zi — a S. Gio. in Bragora reputarsi per sue opere tre fg u re cioè,un S. Andrea, S. Girolamo e S.Mar- 119 tino — nella scuola d i S. Giorgio degli Schiavoni a pian terreno, vi ha nove tavole di egregio lavoro con fa tti di G. C. di S. Giorgio e di S. Girolamo — alcuni attribuiscono a lui la tavola di S. V in- cenzo a' SS.G io.e Paolo in nove comparti — altro quadro è ritenuto per suo nella stessa chiesa sotto il monumento del Doge Pasquale Malipiero, con l' Incoronazione della V ergine, che alletta chi l' osserva — a S. V itale una bellissima tavola all’ aitar maggiore con S. Fitale a cavallo ed altre figure, eseguita nel 1514 , ora restaurata dall’esperto artista Angelo Brancaleone.
Vol. 6. pag. vers. II. D i Lazzaro Sebastiani abbiamo all’ Accademia un dipinto di provenienza dalla scuola di S. Gio. Evangelista, rappresentante un miracolo della Santa Croce, pel quale, una ragazza che soffriva negli occhi e nella persona fin dalla nascila, fin sanata ; è illustrato nella Pinacoteca. Onde giu stificare Sebastiani dalla taccia appostagli dal Lanzi, diremo d i’ essendo vivuto brevi anni in confronto della lunga vita del suo maestro Car paccio, non potè arrivare a quella perfezione cui sarebbe giunto vivendo più lungamente ; però questo quadro, altro rappresentante un deposto di Croce , pure all' Accademia ; una mezza luna a S. Donato di Murano con M. V . il Batista e un 120 divoto, accennata dal Moschini; un quadretto in- dicato daSansovino e riconosciuto di recente nella chiesa di S. Antonino, offrente M. V . che tiene sulle ginocchia Gesù,sono tali lavori da farlo an noverare fr a i migliori seguaci dello stile del suo maestro,e da capacitarne come studiasse indefe s samente di progredire nel perfezionamento del- l' arte. Vol. 6. pag. 47. vers. 12. D i Mansueti abbiamo all' Accademia, prove niente anche questo dalla scuola di S. Gio. Evan gelista, altro miracolo della Santa Croce avvenuto sul ponte di S. Leone, illustralo nella Pinacotca; nella qual tavola si è soscritto qual discepolo di Bellini quindi, non del Carpaccio, come ne addila il Lanzi, difatti volendo por mente a questo la voro, agevolmente si comprende aver appartenuto alla scuola di questo anziché di quello mentre,lo si scorge prossimissimo sia nello stile che nel colo rito alla maniera del Bellini,ed in ciò siamo avvalo rali dal giudizio del V asari,il quale ne dice, aver egli imitato assai le opere di Gentile: questa tela e per il lavoro e per il costume, interessa quanto le altre di Bellini del Carpaccio c di Sebastiani. — 6. pag. 47’ vers. 13. A S. Francesco della Vigna nella seconda cap pella a destra, avvi la cena di G .C. buon compo 121 nimento, nel quale vi è segnato il suo nome; nella chiesa di S. Pietro di Murano M. V . fra ' Santi Girolamo e Geremia con un angioletto a’ piedi. IlCan.Moschini,che ha spiegata l’epigrafe posta vi sopra,in cui si dichiara discepolo di Gio. Bel lino, dice essere di bel colorito e dipinta con amo re, condotta sullo stile antico ma con qualche principio del moderno. V o l. 6. pag. 48. vers. 1 3. La tavola della limosina trovasi ora all’Acca demia, trasportata dalla scuola di S. Gio. Evan gelista. Ivi pure vedasi altra tavola rappresen tante Maria con Gesù e vari Santi, proveniente dalla soppressa chiesa di S. Luca in Padova, che muove appunto verso lo stile Giorgionesco : questa illustrata nella Pinacoteca — si ritiene con fondamento che sieno suo lavoro due quadri la terali all’ Organo in S. Pietro di Murano con l' Annunziata e i Santi Lorenzo ed Agostino : la tavola di Santa Lucia a’ SS. Apostoli non esiste più e, ve n'ha posta in suo luogo una del Tiepo- letto — vedi Moschini Guida. — 6. pag. 48. vers. 20. Noi ci guarderemo dall'adottare l'opinione del nostro autore, che il Basaitifosse più felice com petitore di Gio. Bellini in confronto del Carpaccio mentre, se il primo aggiunse nuovi pregi alla pit- 122 tura nel calar delle tinte, nella diligenza, nell’ e- sattezza del disegno e nella imitazione di natura, non arrivò però mai a vincere il secondo nella feracità della immaginazione, nella giustezza dei pensieri, nel vivo della espressione, nella magni- f icenza delle vesti e nella somma dottrina della prospettiva. Chi amasse capacitarsene, instituisca attenta disamina sulla tavola della presentazione di Carpaccio in codesta Accademia ; vegga di poi le altre del Basaiti e ne giudichi. Con ciò non in~ tendiamo di defraudare alle lodi che si competono al Basaiti. siccome ad uno dei migliori artisti di quell'epoca :ma troviamo ragionevole di collocarlo terzo anziché secondo nella serie, dopo il Bellini. L ' orazione all’ Orto, lamentata dall’ autore come danneggiata non poco, ora ammirasi all’ Accade- mia egregiamente restaurata dall’ esperto profes sore Aslolfoni, pel quale ristauro, riscosse gli applausi e l’ ammirazione de’ suoi collegh i: Ve des i ancora la locazione di S. Pietro o, per dire più esattamente, Pietro, Andrea, Jacopo e Gio vanni, trasportata dall' isola della Certosa, illu strate ambedue nella Pinacoteca. — Una gentile tavoletta rappresentante S. Pietro ed altri Santi, trovasi nella chiesa diS. Pietro di Castello e sopra la porta della cappella detta di tutti i Santi, u. quadro con S. Giorgio— a S. Pietra di Murano un 123 quadro con l' Assunzione di M. V . e alcuni Santi al piano, opera che reputerebbesi di Gio. Bellini. V o l. 6. pag. 49- vers. 23. Racconta il sig. Zanotto nella sua Storia della pittura Veneziana, di aver veduta una delle ma donne di Bellin che portava la sua scritta,ma che parendo il lavoro unadelle opere condoltedal pre cettore nella prima età, vi fu per le male arti del possessore levato il nome e sostituito quel di Gio vanni locchè. se torna a lode dell' artista per esser giunto al punto che i suoi lavori fossero confon dibili con quelli del maestro, deve essere argo mento agli amatori di quadri antichi, di tenersi in avvertenza nel fare qualche acquisto, onde non lasciarsi accalappiare da qualche ciurmadore. — 6-. pag- 4 9- vers. 27. N ella nota che si riferisce a Bartolommeo V i- varini, abbiamo detto come sul suo disegno di pingesse Girolamo Mocetto la grande invetriala nella chiesa dei SS. Gio. e Paolo che porta la sua iscrizione. Vedi Moschini. — 6. pag. 50. vers 13. Per dono fattone dal N. Girolamo Contarini, quest’ opera è passata all’Accademia unitamente alla copiosa raccolta cui apparteneva. — 6. pag, 5o. v e r s . 22. Apparteneva al Magistrato del Sale ed ora tro 124 vasi all'Accademia una tavola di Vincenzio Ca tena, rappresentante la Vergine col bambino e i Santi Girolamo e Francesco d'Assisi, dipinta con meno stento e più grandiosità delle altre,non ram mentata per lo innanzi da alcuno — due tavolette che ornavano il Cenobio di Santa Giustina con i Santi Girolamo ed Agostino di maschia bellezza e di tono allo di tinta, non menzionate da altri, illustrate nella Pinacoteca — evvi anche una fla gellazione di Cristo — a’ SS. Gio.e Paolo a canto al monumento Vendramin, mun suo quadro rappre sentante la Trinità — a S. M. Mater Domini, Santa Cristina presso ad essere gettata nel lago di Bolsena, tavola condotta con giudizio e con amore. Vol. 6. p n g . 5 1. v e r s. 4. Il ritratto del cardinale Bessarione fatto da Giannetto Cordegliaghi o Cordella per la scuoia della Carità. fu tradotto alla Biblioteca Marciana. — 6. pàg. 51. vers. 8. Andrea Cordella apparteneva al casato di Gian netto, ma è pittore più lindo e più vago e che tiene dei modi di Cima nel suo tempo migliore. La gra ziosa Madonna che condusse per la galleria Zeno, fu tradotta dì recente a Berlino per averne fatto acquisto quel Principe ereditario — a S. M. della Salute sopra una piccola porta che mette al corri- 125 dolo della Chiesa, vi è la testa del Salvatore con bel giuoco di luce. V ol. 6. pag. 5 1. v e r s . 33 . Nel soffitto operalo dal Pennacchi in Santa Ma ria dei Miracoli, se non seppe raggiungere le leggi del sotto in su , seppe trovare però la vaghezza delle forme ed il sapore del colorito — nell’ altro soffitto copioso e ricco agli Angeli a Murano, si dimostra vago dipintore e, per una sua Trasfigu razione che, dalla Chiesa di Santa Margherita di Treviso passò all’ Accademia, si f a riconoscere per allievo del Bellini di tal guisa che, facendo parte questa Trasfigurazione di una tavola più ampia, fu creduta dello stesso Giovanni; aggiun gasi il quadro con M. V . nell’ atto di ricevere V annunzio, in una cappella a S. Francesco della Vigna, pittura così amorosa che per giudizio di M. Moschini, non farebbe torto al Bellini ; una B. V . col Bambino fr a le nubi, quadro laterale alla poita maggiore della sagrestia di S. M. della Salute, lavoro di grandioso studio ; e i quattro Cherubini che stanno ne’quattro angoli della Chie sa di S. Pietro di Murano. di carattere grandioso e si dovrà ritenere che il Vasari aveva torto se noi pregiava, ovvero era compatibile se noi cono sceva. 126 V o l. 6. pag. 52. vers. i. Nelle poche opere che rimangono di Francesco B issolo, vi si veggono le traccie delle massime antiche nelle quali fu educato, ma vi si scorgono ancora gli sforzi da esso fa tti per isciorsene e per mettersi nelle vie additate da Giorgione e dagli altri, i quali portarono all’ apogeo l' arte in quel tempo e, la tavola che da S. Pietro Martire di Murano fu trasportata all’Accademia, rappresen tante Cristo che corona Santa Caterina, illustrata nella Pinacoteca, n’ è testimonio,come pure l’ altra della Trasfigurazione che vedesi a S. Maria Mater Domini. — 6: pag. 52. vers. 8. I suoi lavori sono in Chiesa a S. Martino una Risurrezione di Cristo a fianco del maggior alta re ; un’ Annunziazione di Maria al fianco destro del coro, grazioso quadretto posto in una nicchia che porla il suo nome, scoperto di recente da M. Moschini ed indicato nell’ ultima edizione della sua Guida; e nel parapetto dell’ Organo la Cena di N. S. accennata dal Lanzi, che lo dimostra emulo del Giorgione anziché allievo della vecchia scuola : nella Chiesa di S. Francesco della V igna una bellissima figura del Salvatore ed il martirio di S. Lorenzo cui,dice il Moschini,essere un buon ricordo del suo per essere stato trasportato l' altro 127 in tempo di Democrazia : a S. Giuliano la tavola, del maggior altare con M. V . coronata e tre Santi al piano ; a S. Silvestro i Santi Tomaso Cantua- riense , Giambatista e Francesco, tavola dipinta con molta naturalezza e buon senso; all'Accade mia la V ergine col Bambino, S. Giovanni ed altri Santi: nell’ Isola di B urano, alla parrocchiale, S. Marco in trono ed altri Santi fr a ’ quali la fi gura di questo Santo bellissima, ben disegnata e piena di maestà, per cui lo si deve stabilire se guace degli ultimi tempi di Gio. Bellini. V o l . 6 . p a g . 55 . v e r s . 23 , Tanto stupendo imitatore dello stile di Gio. Bellini f u il Cima, che una sua tavola eseguita per la scuola della Carità, rappresentante M. V . col Bambino ed altri Santi, che ora conservasi all’Accademia,fu giudicata dal Boschini e cre duta in seguito da taluni dello stesso Bellini : il sig. Zanotto però ha dimostrato che i modi suoi non si possono confondere con quelli del Bellini mentre,la varietà della scena prospettica, la mae stà sempre nuova, la diligenza, la grazia, la vi vacità delle mosse e specialmente V accuratezza del disegno,per cui il celebre professore che fu di codest’Accademia-, Teodoro Matteini, al vedere le sue opere soleva sempre ripetere, essere Egli il Raffaello della Veneta Pittura, son tali indizi che 128 valgono a fa r distinguere, i suoi lavori da quelli, del suo Maestro ; ed in prova di ciò citeremo l 'al tra tavola che trovasi parimente all’ Accademia, proveniente dalla soppressa Scuola dei Muratori, dalla quale emerge essersi svincolato affatto dalle prime maniere onde vincere i suoi contemporanei nella varietà e novità delle invenzioni, e nella di- ligente e giudiziosa imitazione della natura. In altre sue opere che ammiransi sparse per la Città, c particolarmente nella tavola col Batista ed altri Santi a S. M. dell’ Orlo, rianimata non ha guari dal sicuro pennello del nostro Brancalcane, si scorge sempre la sua maniera inconfondibile af fatto con quella degli altri: le due prime tavole sono illustrate nella Pinacoteca : toccheremo ora delle altre ; a S. Gio. in Bragora all’ aitar mag giore una magnifica opera nella quale il Batista sta battezzando Gesù al fium e Giordano, restau rata ora dalia esperta mano del Lorenzi ; a destra della stessa Cappella, Costantino e S. E lena che sostengono la Croce ; nella sagrestia del palazzo reale un quadrello con M. V . ed il Bambino ; a S. M. del Carmine la Nascita di G. C., rovinata nel recente ristauro : il Nob. Sig. Jacopo Vincenzo Foscarini possiede una preziosa tavoletta,ritenuta per lungo tempo di Gio. Bellini. r ì 9 Vol. 6. pag. 54. vers. 36. D i Pellegrino da S. Daniele trovasi all' Acca demia un’ Annunzi azione. — 6. pag. 56. vers. 4. Prima di passare ai seguaci, dei Bellini sparsi nelle altre Città. troviamo che si debba compire la serie di quei della Capitale col nome dell’ignoto pittore Andrea B usati , il quale, per una sua ta vola che trovasi all’ Accademia, assegnata dal Boschini e da Zanetti al Basaiti, ma che per es sere segnata del suo nome, non può più accadere dubbio che non gli appartenga, come viene atte stato anche dal Cav. Moschini nella sua Guida: dal suo stile si rileva aver egli seguito la maniera dei Bellini e , per le indagini usate dal sig. Za- notto, risulta che abbia lavorato fr a il 148o e 1510. — La tavola proviene dall’ ex Magistrato delle Ragioni Vecchie e se ne legge l' illustrazione nella Pinacoteca. Cinque altri ne aggiungeremo, se non allievi dei Bellini, certo contemporanei, non registrati che dal Sansovino : Marco Rocca i, i fratelli Zobbini, Francesco de' Franceschi e Mi chele Giambono ; taceremo dei primi per essere distrutte o disperse le loro opere ; dell’ ultimo di remo che, per una sua tavola che rimaneva igno rata nella Scuola del Cristo alla Giudecca e che f u tratta di là onde trasportarla all’ Accademia, 130 si f e conoscere dilìgente pìllole e sì reputò che meritasse di essere illustrata nella Pinacoteca: fu lodato anche come egregio Mosaicista e Scultore. Vol. 6. pag. 60. vers. i. Pervenne all’accademia dalla Chiesa di S. Ele- na in Isola,una tavola del Parentino con la Nasci ta del Salvatore ed altri Santi ai lati, illustrata nella Pinacoteca e dal Cenobio degli Scalzi, altra tavola con lo stesso soggetto. — 6. pag. Co, vers. 31. D al soppresso monastero di Santa Croce fu portata all’ Accademia una tavola di Gregorio Schiavane,esprimente la v e rgine col Bambino, di cui se ne fé ’ illustrazione nella Pinacoteca ove il sig. Zanotto osserva aver detto inesattamente il Lanzi, non esser rari i suoi quadri giacché, dopo quello veduto da esso lui in Fossombrone, altro accennato dal Brandolese a’ padri di S. Francesco in Padova e questo, avendo svolto molli Cataloghi e Guide di parecchi luoghi,non nè ha trovato in dicato nessuno. — 6. pag. 61. vers. 7. D i Girolamo di Treviso,che per quanto sembra f u scolare od imitatore dei Bellini e di Giorgione anziché dello Squarciane, abbiamo nella Chiesa di S. M. della Salute, in un gran quadro laterale alla porta maggiore i Santi Girolamo, Rocco e i5i Sebastiano di dolce stile ; dono lascialo dal Pa triarca Pyrker insieme ad altro quadra del Pen nacchi, Vol. 6. pag. 62. vers. 28. Nel legato lasciato dal N. Ascanio Molin al- l' Accademiafra quei quadri avvene uno di Bar tolommeo Montagna, con la Vergine, Gesù bam bino e i Santi Sebastiano e Girolamo, lavoro che sembra colorito nel fervore degli anni,ovefa mo stra di grandioso e rilevato carattere ; è illustralo nella Pinacoteca. Giunse pure all' Accademia la tavola che si trovava a S. Rocco di Vicenza con Cristo paziente fr a due Santi, portala quivi al tempo della soppressione dei monasteri; l' altra tavola che si trovava a S. Michele, crediamo che sia passata nella Pinacoteca di Milano. — 6. pag. 64. vers. 2. A S. Giacomo dall’ Orio sta appesa una gran tavola del Buonconsigli con parecchi santi di fi gure al naturale; è di colore buono, armonica nelle tinte e di bastevole scorrevolezza di pennel lo — nella Chiesa dello Spirito Santo, una bella tavola col Redentore e i Santi Girolamo e Secon do : queste tavole ebbero buon ristauro e sono an cora valevoli a dimostrare i meriti del loro autore. 132 Vol. 6. pag. 68. vers. 8. Nella sala delle pitture antiche all’Accademia, ve n’ è una di Paolo Zoppo. — 6. pag. 85. vers. 14. Questa tavola f a trasferita dalla scuola di S. Marco all'Accademia e nella Pinacoteca vi sta l' illustratone; ivi esiste pure un ritratto di No bile V eneto— nella Galleria Manfrin, due tavole rappresentanti una famiglia e l’ Astrologo — in una stanza del palazzo Grimani a S. M. Formosa è reputato suo un Ovado con i quattro Elementi. — 6. pag. 85. vers. 18. La tavola f u restaurata da poco tempo dal Brancaleone: a S. Bartolommeo vi sono quattro grandi figure in altrettanti quadri. — 6. pag. 88. vers. 1. Una magnifica tela per V innesto della Scuola Veneta con la Romana pervenne all’Accademia, nel dono fattole dal N. Ascanio Molin e rappre senta Gesù che disputa fr a i Dottori, di cui tro vasi illustrazione nella Pinacoteca : nel palazzo Grimani, due stanze sorprendenti, una però in specialità, per essere adornate dei suoi stucchi e dipinti, come si trova enunciato nell’ allegata Guida di Moschini. — 6. pag. 90. vers. 18. e pag. 91. Si mantiene ancora in buon essere la tavola di 135 S. Antonino che riceve suppliche e largisce limo- sire, bella singolarmente per le leste di donne che vi sono ritratte dal vero: l' altra bellissima a S. M. del Carmine, ebbe la mala sorte di essere rovinala da chi la restaurò ; sorte pari toccò all’ altra a S. Giacomo dall' Orio ; sopra una delle porte a S. M. della Salute, vi è una testa di S. Paolo con bel giuoco di luce. Vol. 6. pag. 93. vers. 3. L ‘ intelligentissimo sig. Cav. Moschini, fatte le più accurate osservazioni, seguendo in ciò l'o pinione di Sansovino, trova di attribuirlo piuttosto al Bonifacio: dalla villa Fontanelle di Oderzo pervenne all’ Accademia un dipinto de’ più pre clari, con S. Pietro in cattedra circondato da vari Santi da nessun ricordato per essere stato sepolto, per così esprimersi in quel villaggio, ove non era veduto che da pochissimi se non che. la munifi cenza di Francesco I. .Imperatore, accorse a farne l 'acquisto e ad incontrare le spese occorrenti onde restaurarlo : altro dipinto obbliato da mol tissimi scrittori, il quale ornava un tempo la chie sa di S. M. Maggiore, forse V ultimo che lavo rasse,per non esser giunto afinirlo, pervenne pure all’ Accademia-, rappresenta l' Assunzione di M. V., ambedue sono illustrati nella Pinacoteca — a S. G io. in Bragora un quadro con Cristo condotto 134- a Pilato e della sua maniera una Santa Veronica; nella cappella del palazzo, Grimani, Cristo coro nalo di spine ; a S. M . dell' Orto, una tavola con cinque Santi, ora restaurata ; a S. Silvestro una Cena dimostrante scioltezza di fantasìa e padro nanza di pennello ; a S. Barnaba una tavola con i Santi Jacopo,Antonio e Diego e una mezza luna con un Deposto di Croce.a parere del Cav.Moschi- ni, opere giorgionesche ; a S. M . della Salute un amoroso quadretto con M. V . e ritratti, creduto da alcuni per suo; era del Patriarca Milesi; aS. Pietro di Murano una tavola con M V . tra’ Santi Lo renzo e Agostino, attribuitagli dal prefato cav. Moschini con adesione degl' intelligenti; è creduta pure sua opera, una tavola cospersa di molte bel lezze a S. Zaccaria. V o l. 6. pag. 94- vers. 16. Altra opra affatto giorgionesca legata dal mentovato N. Ascanio Molin trovasi all’Accade mia, con M , V . il f iglio e quattro Santi, illustrata nella Pinacoteca. — 6. pag. 95. vers. 7. A ll’ Accademia, proveniente dalla soppressa chiesa dei Servi, abbiamo una Deposizione dalla Croce con Maria Salome, N icodemo, Maria Mad- dalena e S. Filippo Benizi, opera che lo pone fra i buoni imitatori d ell' aureo stile, ma che deve es- 1 3 5 ter lodata maggiormente per la bellezza delle teste e per l 'armonia ed accordo della luce: da questo lo si reputerebbe scolare del Bellini ma, a farlo conoscere anche seguace di Giorgione e del V e- cellio, citeremo altro dipinto venuto all’ Accade mia, dalla soppressa chiesa di S. Maria Nuova, col Redentore fr a i Santi Pietro e Gio. Batista, tavola che si riprenderà dal lato del disegno, ma che da quello delle tinte e dei passaggi di luce e di ombra,merita di essere molto encomiata— tutte due sono illustrate nella Pinacoteca: la tavola a’ SS. Gio, e Paolo rappresenta il Salvatore ed i Santi Pietro e Andrea,non già tre Apostoli, come scrive V autore: l' Adultera trovasi ora nelle sale del palazzo reale : nella sagrestia a’ SS, Gervasio e Protasio vi è un Salvatore che benedice. Vol. 6. pag. 95. vers. 34. Questo quadro fu recentemente restaurato e si rilevò che nel 1723 Giovanni Bambini vi aggiun se la mezza luna : la Storia dell’’ anello, in tempo della dominazione francese f u recata al Louvre ma,ritornata a Venezia e posta nelle sale dell’A c cademia , ferma l’ attenzione di tutti e partico larmente di quelli che sanno cosa sia amor patrio fu illustrata prima nell’ almanacco intitolato le Belle Arti in Venezia, poscia nella Pinacoteca ; a S, Gio. in B ragora, la Cena di Gesù Cristo ; 156 in una sala del palazzo reale, Cristo morto Con due angeli piangenti ; a S. Andrea un S. Agostino con la testa sì viva e vera che pare di Tiziano o di Giorgione ; il Paradiso ch' era agli Ognissanti di Treviso, trovasi ora all’ Accademia ; nella Galleria Manfrin il ritratto della Violante, inciso recentemente da V iviani, ed altre opere. Vol. 6. pag. 99. vers. 10. Questa magica tavola vedasi ora all’ Accade mia, ove se ne vede altra più magica ancora, sarei per dire, acquistata dal cav. Canova, dalle fam i glia Ottoboni di Roma e donata all’ Accademia dopo la sua morte, da suo fratello M. Sartori Canova ; rappresenta la B. V . del Carmine vene rala da S. Simeone Stock, dal Bealo Angelo e da vari dinoti e divole carmelitane : furono illustrate nella Pinacoteca : sui suoi disegni furono eseguiti dai fratélli Zuccato i mosaici che si veggono nel la mezza luna in faccia alla porla maggiore di S. Marco con Cristo sepolto e, le due laterali con Lazaro risorto e Maria tumulata ; a S. Gio. Ele mosinano c’ è una tavola con S. Sebastiano, Santa Caterina e S. Rocco, opera della sua migliore maniera in cui, nel vigore della tinta, nella forza e nel tocco del pennello eguagliò Tiziano : peccato che sia mal collocata pel riflesso della luce ; nei- l' andito della sagrestia di S. Rocco, un S. Seba- 137 Stiano a fresco e le due istorie de' Santi Martino e Cristoforo , fra ' due altari, di molta fo n a e di grandioso carattere ; agli Angeli a Murano l'An nunziata opera graziosissima.
Vol. 6. pag. 101 . v e r s . 14. Esiste tuttora in buono stato ; nella Galleria Manfrin c’ è un bel lavoro di modi larghi e in tutto eguali alla tavola dei Frari. — 6. pag. 101. vers. 25. Cioè nella Sala della vecchia Biblioteca. — 6. pag. 102. vers. 14. Quadro che passato a quest'Accademia; attesta avere seguito il Beccaruzzi oltreché lo stile del Pordenone, anche quello di Tiziano poiché, pel calore delle tinte, il giuoco di luce, la vivezza delle teste e la verità di natura che rapisce ed incanta, richiama al pensiero le opere di questi ul- timo : fu illustrato nella Pinacoteca: a' SS. Gio. cePaolo un quadretto di S. Francesco, nominato nell’ anzidetto Guida, è condotto con buoni prin cipi ma alquanto trascurato nella esecuzione. — 6. pag. 107. vers. 5. La tavola trovasi ora nel palazzo ducale e sarà leciso in seguito ove debba essere condegnamente collocata. — 6. pag. 107. vers. 13. Un suo dipinto con Maria, Gesù e il Batista 138 con un Angelo ai piedi ed i Santi Agostino e Monica ai lati, pervenne all.’ Accademia dalla soppressa chiesa dei Servi; dal, Martignoni e dal Boschini fu attribuito a Benedetto Diana:Zanetti f u il primo amoverne dubbio ed ora nel levarlo dal posto ove era collocato e nel detergerlo dalle brut ture , f u riconosciuto per suo non solamente dai modi e dalla maniera sua propria, ma dall'esser vi dipinta una pianta di fìor campanello che quasi sempre lasciava nelle sue opere. Vol . 6. pag. 110. vers. 23. Intendeva parlare l' autore della Dedicazione di Maria al Tempio, quadro che apparteneva alla Scuola della Carità,rimasto in seguito all' Acca demia e ristaurato dal Sig. Sebastiano Santi con tale successola lasciare appieno soddisfe le bra me di tutti gl’ intelligenti, illustrato già nella Pi nacoteca, nella quale illustrazione viene provato averlo dipìnto negli anni più vigorosi e più. ma schi di sua vita e verosimilmente dopo l’ anno 62 : — l' Arcangelo R affaello con Tobia,fu traspor tato dalla sagrestìa nella chiesa di S. Marziale e il S. Pietro martire a' SS. Gi o. e Paolo, lavoro che sbalordisce meglio che incantare,dopo essere stato trasportato a Parigi ,fu riposto a suo luo go ; furono ritocchi con molta perizia e questo f u inciso da pochi anni, dal defunto Felice Z ulia- 139 ni sul disegno del prof. Matteini e di recente an- che litografato.
Vol. 6.,pag. 118 . v e rs .. 16. Soggiacque anche questo alla peripezia di do- ver incontrare un viaggio in riva alla Senna e fortunatamente lo si riebbe: sofferì molto dall' e- dacità del tempo, dai vari restauri e soffre ancora più dall’ esser posto in lume falso, motivo per cui non se ne può avere idea precisa de’ vari effetti della luce: venne all'Accademia dalla soppressa chiesa di S. M. Maggiore il Batista nel deserto, lavoro nel quale si distinse sommamente, nel più accurato disegno che,se il V asari l' avesse veduto senza mala prevenzione non avrebbe potuto scri vere che gli mancasse appunto il disegno per es sere eccellente pittore: dalla chiesa di S. Angelo il Salvatore deposto in seno alla madre, con Ma ria Maddalena e Giuseppe d’ Arimatea, comin ciato da lui e compiuto da Palma il giovane ma che per essere quasi distrutto dal tempo, fu dallo stesso Sebastiano Santi ridotto al pristino splen dore ; dal monislero di S. Andrea la Visitazione di M. V . a S. M. Elisabetta, che si custodiva nell’interno del Cenobio ove non era permesso a piede profano di calcare le soglia motivo per cui non fu veduta e non si trova ricordata presso al cun scrittore -, il Procuratore Jacopo Soranzo e 140 Lucia Veneziana. madre dell' autore, due ritratti proveniente il primo dalle stanze dei Procuratori, l' altro per dono fattone dal N. Ascanio Molin; dalla scuola di S. Gio. Evangelista gli Emblemi degli Evangelisti e dieci teste di putti, fregi di una tavola che raffigura l' ’ Evangelista Giovanni, che, per cambio fattone dall’ Accademia stessa, passò a Torino ; dalla chiesa di S'. M. dei F rari l' Assunta, lavoro il più classico che l' autore fa cesse, miracolo dell’arte che, quanto più si mira, tanto più si resta esterre fa tti e presi alla con templazione delle portentose sue bellezze. Non se ne può fa r gravame all’ autore se non V accennò nella sua storia, giacché sappiamo come giaceva sull'altar maggiore dei F rari ove, per esser otte- nebrato dal fum o dei cerei e dell’ incenso, sin dall’ epoca del Vasari era caduto in obblivione, per cui egli stesso ne deplorava il mal governo e non fu se non per le cure del benemeritissimo Co- Cicognara che si levò di là e si ripose all'Acca- demia,ove,al dire del Zanotto.rifulge fra gli altri capi d’ opera della Veneta Scuola qual sole fra le stelle minori. Troppo lunga e malagevole ope ra sarebbe voler analizzare questo stupenda pro digio nelle varie sue parli ; si limiteremo quindi ad accennare che f u posto a confronto con la Trasfigurazione di Raffaello: col S. Girolamo di 141 Coreggio : e con la comunione di S. Girolamo del Domenichino, pitture uniche al inondo e che,non si tosto si sparse la notizia che fosse tòlta dalla oscurità e riposta nel suo vero seggio all' Acca demia , accorsero da tutte parti valenti artisti a ritrarla ; che il Gran Duca di Toscana mandò espressamente il prof. Francesco Sabatelli onde dipingerla per adornare le sue gallerie ; che l' Im peratore di Russia e il re d’ Inghilterra mandaro no famigerati artisti a copiarla ; che fu disegnata dal celeberrimo Toschi, dal prof. Matteini e dal Busato in, picciole dimensioni, tacendo di molti altri; che fu incisa da Schiavoni, dal Nardello, dal Viviani. dal Bordignon, dal Dalla Bruna, e litografato, sul disegno del Dusi in grandi dimen sioni — tutte queste tavolefurono illustrate nella Pinacoteca — dalla soppressa chiesa di S. N ic colò dei Travi fa trasportata nella Pontificia A c cademia di Roma la celebre tavola col santo ti tolare ed altri santi — abbiamo quivi a S. Leone un S. Jacopo. Apostolo,lavoro di sua senilità,ope rato però con intelletto e mano giovanili : nel pa lazzo ducale sur una scaletta di seguito alla chie setta interna, la figura di S. Cristoforo, stupenda per carattere ed. espressioneforse l' unico suo af fresco che resti intatto : nella sala delle quattro porte il quadro della Fede con S. Marco che 9 142 guarda e il Doge Grimani. è opera celebratissi mi che fu trasportata in Francia e rimessa a suo luogo in tempi migliori ; nelle stanze del palazzo reale, Faraone sommerso, lavoro giovanile fat t o in concorrenza, per quanto dicesi. della Discesa di Gesù al Limbo di Giorgione ; a S. Salvatore mantiensi in buon essere la tavola dell' Annun ziata citata dall' autore ; all’ aitar maggiore della stessa chiesa vi è la tavola con la Trasfigurazione di N. S. che, quantunque la dipingesse in età avanzata, vi spiegò tuttavia il gran vigore della sua immaginazione imperocché le figure sono piene di spirito, mosse e istoriate con tutta pro prietà e maestria ; gli è attribuita una tavoletta con l’Angelo e Tobia che si trova nella chiesa di S. Caterina ; nella Chiesa dei SS. Ermagera e Fortunato vi è un quadro della sua prima manie ra con Gesù bambino fr a ’ Santi Andrea e Cate rina; a S. Gio. Elemosinario la tavola del Santo Titolare che per mancanza di luce pare senz’ a- nima: ai Frari la tavola della Concezione di M. V . con quattro santi e ritratti che sembrerà a taluno di fa cile lavoro per la semplicità della composi zione , è all' opposto frutto è studio di molto in gegno sendochè i contrasti dei colori producono i l migliore effetto e non peccano minimamente di violenza; in chiesa a S. Rocco, nella cappella la terale alla maggiore, la f igura del Salvatore stra- 143 seinato da un manigoldo, opera pregiata ; ascesa la prima scala della confraternita di S. Rocco, l' Annunciata è opera del suo tempo migliore nella quale sparse anzi profuse sono le bellezze; a S.Se- bastiano S. Niccolò seduto, figura grandiosa e di maestà; le storie che adornano la sagrestia di S.M. della Salute sono le seguenti ; i tre comparti del soffitto con Caino che uccide Abele ; il Sacrifizio di' Isacco e la vittoria di Davidde contro Golia ed un quadro con S. Marco nell' alto e al piano S. Rocco e S. Sebastiano che addita la sua piaga a’ santi Cosma e Damiano, opera che essendo dipinta nella vecchia maniera, è creduta di suo Nipote però,è lavoro talmente, ricco di ogni mag giore bellezza, che viene considerato il più dili gente che si abbia in pubblico,tanto è finito,ed il bianco panno di S. Sebastiano è reputato meravi glia ; (veggasi la Guida di Moschini) in chiesa, la discesa dello Spirito Santo è assai bene conce- puta e della sua migliore età ; nel Coro sono suoi gli otto minori camparti lavorati in vecchiezza ma di grande rilievo ; rappresentò gli Evangelisti « i quattro Dottorifr a ’quali se stesso in S. Matteo, mettendosi in mano il pennello anziché la penna. Vol . 6. pag. 121. vers. 12. A ll’ Accad. esiste una sua Annunziata pervenu tavi dalla soppressa chiesa di S. Nicolò di Castello, 144 illustrata nella Pinacoteca ; a S. Salvatore sono sue le portelle dell’ Organo. V ol. 6. pag. 122. vers. 5. Sono le seguenti a’ ss. Gio. e Paolo, un Cristo fulminante, bellissima figura ; nella sala del 'Pre ga di in palazzo ducale, s. Lorenzo Giustiniani di vigoroso lavoro ; nel soffitto della stessa Sala un ovado presso la porta, con la Zecca operosa e due figure simboliche espresse negli angoli ; nel quadro della Fede in Sala delle quattro porte, le due figure laterali di un profeta e di un alfiere ; nella stanza del Consiglio de’ X , Clemente V I I e Carlo V i quali fermano la pace d’ Italia in Bologna, nell'anno 1529; in un luogo ivi vicino detto la Bussola, rimpetto alle finestre, M. V . e S. Marco che assistono al Doge Donato ; nella Sala dello Scrutinio Ruggero vinto dai V ene- ziani ; a S. Jacopo di Rialto due quadri uno con la Nascita, l' altro con i Sponsali di M. V . e la tavola dell’ altare, sono opere che lo fanno cono scere buon allievo di suo Zio ; a S. Gio. Elem o sinario nei tre quadri uno col Santo Titolare, l' altro con S.Marco e il terzo con un parroco che porge l' acqua santa al Doge Leonardo Dona che visita la chiesa, spiegò tutto il suo genio: aS. Nic colò di Lido compiè la tavola di S, Marco co- minciata dal D amini, 145
V ol. 6. pag. 122. vers. 18. In una cappella della chiesa di S. M. dei Frari si veggono due quadri con S. Ambrogio che scac cia Teodosio dal Tempio l' uno e con S. Carlo nello spedale l' altro. — 6 . p ag. 125. vers. 22. La tavola rappresenta L Santi Cosma e D a miano. — 6. pag. 124. vers. 14. A S. Salvatore avvi una mezza luna col Padre Eterno, il Figliuolo e M. V ., unica opera che si vegga in pubblico: alcuni anni addietrofu veduta stesa a terra dal sig. Canonico Moschini il quale, al vederla, ebbe a conformarsi nell’ opinione che fo sse pittore di largo stile. — 6. pag. 135. vers. 26. In chiesa a S. M. della Salute abbiamo un suo quadretto con M. V . e la sacra famiglia. — 6. pag. 135. vers. 32. . Converrebbe che si trattenessimo a lungo onde provare essere V eneziano questo Bonifazio ed aver vissuto contemporaneamente a Venezia altro Bonifazio Veronese ma eli diversa indole in pit tura; si limiteremo però a far e l' estratto di quanto scrive il sig. Zanotto nei cenni sulla sua vita e diremo in primo luogo che, osservate le epoche segnate in alcuni de’ suoi dipinti, giungono sino 9 146 all’ anno 1562: ora. nel Necrologio della Chiesa dei SS. Ermagora e Fortunato il Zanetti ha letto esser morto nel 1553 un Bonifazio pittore -, quindi è provata l' esistenza di due artisti dello stesso nome ; p iù, lo stesso sig. Zanotto ebbe a vedere in un antico registro della compagnia dei Pittori in Venezia, segnato all’anno 1550 un Bonifazio da Verona e questo deve esser quello citato nel Necrologio e che, secondo il Sansovino, dipinse nella sagrestia di S. Sebastiano, ed essere il V e- neziano,quello che dipinse le grandiose tele nelle quali sono inarcati gli anni 1556, 1558 e i 562 riportato dal V asari., mentre, dopo il 1553, epoca in cui moriva l' altro,è da ritenere che non dipin gesse più: sicché dunque,o sono in contraddizione questi due Storici, ovvero hanno esistito due Bo nifa z i ed è ben ragionevole che, ove fosse caduto in mente a Zanetti la circostanza delle epoche, certo non avrebbe omesso di tenerne conto , e par lando delle opere eseguite dai due artisti, il V a- sari menziona essere operate dal Veneziano le ta vole per le chiese dei Servi e dello Spirito Santo, una passata all’ Accademia, l’ altra perita, ed il Sansovino addita come lavori del Veronese la Cena di Cristo in S. M. Mater Domini e le tele della sagrestia di S. Sebastiano che esistono tut tavia ; ma una sola considerazione ancora per 147 concludere che sieno stati due i Bonifazi e che, per l' eguaglianza del nome e per esser vissuti contemporaneamente nella stessa città, gli storici, mancanti d'altronde della sicura notizia che sino al 1553 esistessero due Bonifazi, sieno caduti in errore, ed è sulle due maniere una affatto Tizia nesca.da giungere fino a far scambiare alcune sue tavole, per lavori, di Tiziano le quali. anziché ri velare un suo discepolo,ovvero di G iorgione o di Palma come altri vogliono, lo appalesano per sa gace imitatore di tutti tre i stili, avendo seguito il primo,nelfuoco pittoresco,nella grandezza e nella proprietà; il secondo nei vestimenti e nelle tinte; e l'ultimo nella delicatezza,come f u espresso egre giamente dal Lanzi laddove l’ altra è mancante di forze nelle tinte, secca ed esile nelle figure per cui appariscono lunghe anziché no e diffatti, nei lavori operati dal Veneziano nella scuola dei Sarti Vanno 1533, negli uffizi della Cassa del Consiglio dei Dieci, del Magistrato al Sale, dei Governa tori all’ Entrate ed in altri edifiz i, vi si vede il fuoco Giorgionesco mentre, in quei operali dal Veronese nell’ anzidetto sagrestia di S. Sebastia no, si scorge una maniera affatto diversa,da giu dicarla senza esitanza alcuna di altra mano e quei fa tti per l'uffizio della Zecca,al Zanetti stesso sembrarono diversi affatto dalla maniera adottata 1 48 dalla nostra Scuola e avvicinantisi piuttosto alla fiorentina:finalmente in una tavola che si conserva nei depositi dell’Accademia, pervenutale dall' an tica Accademia di pittura, si marca più che in ogni altra questo secondo stile,ove le figure pec cano di esilità e pendono, alla maniera veronese come sarebbe per esempio quella del Badile, di Bernardino India, dello Scalabrino ec. eguale alle opere lavorate per la Zecca e a quelle che esistono a S. Sebastiano; ora novereremo le opere che si trovano del primo all’ Accademia ; l' Adorazione dei M agi,proveniente dall’ uffizio della Cassa del Consiglio dei Dicci ; Cristo fra gli Apostoli in atto di parlare a Filippo, dalla soppressa chiesa di S. M. dei Servi -, questa, nel toglierla dai con servatori accademici per metterla in luce, non vi f u nessuno dei professori che non la ritenesse per uno dei lavori più illustri di Tiziano se non che, le memorie istoriche li convinsero che appartiene al Bonifazio ; S. Marco E vangelista, proveniente dall’ ex Magistrato del Sale-, il Salvatore seduto in trono con la Vergine ed altri santi ai lati, dal f u Magistrato dei Governatori alle Entrate ; il ricco Epulone che apparteneva alla nobil fam i- glia Grimani e fu donato dall'ex Viceré Euge nio ; altra adorazione dei M agi, dimenticata da Zanetti, dalla scuoia di S. Teodoro; iSanti Bruno 149 e Caterina dal soppresso monistero della Certosa, una delle più nobili e grandiose che vi si trovasi se ; la donna adultera innanzi a Gesù, dall' ex Magistrato del Sale -, S, Silvestro e S. Barnabay dal f u Magistrato dei Governatori alle Entrate ; la Strage degl' Innocenti, dalle stanze delle ex Magistrature a Rialto: tutte queste tavole sono illustrate nella Pinacoteca e meritano quale più quale meno, gli elogi che il Lanzi ha resi all’ar tista per la Cena di N. S. che si trovava alla Cer tosa,e pel discacciamento dei venditori dal Tem pio nel palazzo ducale. Accenneremo ora le altre sue tavole che si trovano all’Accademia e sparse per la Città: all’Accademia, i santi Girolamo e Margherita di Lione,opera di franco e largo stile; una terza adorazione dei Magi: il pittore sig. Natale Schiavoni acquistò qualche anno addietro dalla famiglia Grimani una tavola con M. V., corteggiata da quattro Santi e da due Angeli, opera nella quale si raduna lutti i pregi che può presentare una tela dipinta da clàssico autore; in chiesa a’ SS. Gio. e Paolo, due quadri con tre Sunti per ciascuno ; altro quadro con tre Santi ; lo scacciamento dei venditori dal Tempio trovasi nell’ antichiesetta del palazzo ducale: nella sala dello Scudo, una quarta Adorazione dei Magi; nele stanze del palazzo reale, a Moltiplicazione 15o dei pani e pesci con le figure poste in belle attitu dini e ben ornate ; la Pioggia di cotornici e della Manna ; S. Marco clic porge lo stendardo a V e- nezia : le figure dei Santi Girolamo e Vittore; il Giudizio di Salomone, il Redentore seduto eM .V . con ire Santi, opera della miglior maniera gior- gionesca -, a Santo Stefano un quadro con M. V . S. Giuseppe, S. Maddalena e Santa Caterina,at tribuito al vecchio Palma ma che al Canonico Moschini sembra suo la Cena di G. C. a S. M. Mater D omini attribuita dal Zanetti al vecchio Palma e riportata dal Sansovino come lavoro di Bonifazio Veronese., il sullodato Canonico M e schini consideratala bene e osservali tutti i suoi caratteri, trova di attribuirla a lui ; in una cap pella all’ A ngelo Raffaele altra Cena di N. S ., opera assai bella: nella Pinacoteca di Milano si conserva due grandiose opere una appartenente un tempo al Magistrato del Sale l' altr a al Mo- nistero della Certosa c questa supponiamo essere quella Cena tanto lodata dal Lanzi.
FINE DEL DUODECIMO VOLUME. INDICE
DEL DUODECIMO VOLUME.
LIBRO QUINTO
S c u o l a g e n o v e s e .
E poca q u arta. Succedono agli stili patrj il romano e il permanense. Stabilimento di un’a cc a d e m ia ...... pag. 3 LIBRO SESTO
L a p i t t u r a i n P i e m o n t e e n e l l e s u e ADIACENZE.
Epoca p r i m a . Principj dell'arte e progres si f ino al secolo x V I ...... „ 23 E poca seconda. Pittori del secolo xvii, e prima fondazione dell’accademia . 39 E poca t e r z a . Scuola di Beaumont e riti- novazione dell’accademia . . . . „ 53
E l o g io dell’abate Luigi Lanzi scritto dal- l' A b . G . B. Zannoni...... „ 63
Note alla scuola Veneziana 95 TIPOGRAFIA SANTINI