Breve Introduzione Allo Studio Delle Antichità Cristiane Della Sardegna
Total Page:16
File Type:pdf, Size:1020Kb
Antonio M. Corda Breve introduzione allo studio delle antichità cristiane della Sardegna Ortacesus 2007 2 c dicembre 2007 - Nuove Grafiche Puddu Editore Via del Progresso, 6 09040 - Ortacesus (Cagliari) ISBN 88-89061-41-1 Collana diretta da Antonio M. Corda, Franco Loi, Antonio Piras Questo testo è stato compilato con LATEX 2"; la bibliografia è stata composta utilizzando BibTEX e il pacchetto jurabib (schema bibliografico ’oxford’). 30 Quadro storico Penisola che dal 40 al 38 non potè più contare sull’afflusso granario sardo se non per un brevissimo periodo, quando l’Isola venne riconquistata (nell’anno 40) da Eleno, liberto di Ottaviano. Menodoro riuscì però, quasi subito, a cacciare le truppe di Eleno così da indurre Ottaviano ed Antonio ad addivenire a patti con Sesto Pompeo, al quale assegnarono, oltre alla Sardegna e la Corsica, anche una serie di proventi derivanti dall’esazione di tasse nel Peloponneso. L’accordo, si- glato nel 39 a Miseno, non fu però rispettato da entrambe le parti e la situazione sarebbe tornata ad essere quella di prima se non vi fosse stato il tradimento, risolutivo, di Menodoro che passò dalla parte di Ottaviano agli inzi dell’anno 38. La transizione dell’Isola nelle mani di Ottaviano sarà definitiva e anche nella guerra contro Antonio la Sardegna giurerà fedeltà al futuro Augusto. 1.2.3 La Sardegna in età imperiale Tra le province affidate alla cura diretta di Augusto venne esclusa, nel 27 a.C., la Sardegna, la cui amministrazione venne invece assegnata direttamente al Senato, secondo il criterio in base al quale a quest’ultimo dovevano essere affidate le province con le popolazioni più integrate e quelle con i confini più tranquilli. Tale valutazione venne quasi subito modificata dagli eventi, poiché sappiamo che, a partire dal 6 d.C., la situazione locale sarda richiese l’invio di un grosso contingente militare per sedare dei tumulti. A capo di questo contin- gente venne inviato un comandante militare di nomina imperiale con funzioni di governatore provinciale. Le truppe, forse un reparto legionario, si trattennero in Sardegna per lungo tempo fino almeno all’anno 14 d.C., anno della morte di Augusto, anche se sappiamo per certo che con questa data non finirono i pro- blemi, giacché, pur nella scarsezza generalizzata delle fonti, vari indizi lasciano supporre una situazione non ancora stabile. Una importante iscrizione rinvenuta nell’area di Forum Traiani (l’odierna Fordongianus) ricorda per l’anno 19 una dedica all’imperatore Tiberio da parte delle Civitates Barbariae. L’espressione, purtroppo ricorrente in un testo fortemente lacunoso, indica quei popoli delle aree interne che con quest’atto intendevano ’ribadire’ la propria fedeltà (o una propria sottomissione) a Roma. Questa sostanziale instabilità ci viene inoltre confermata dalle fonti che ci attestano, almeno fino all’anno 46 d.C., l’esclusivo invio in Sardegna di governatori a forte connotazione militare così come sembrano suggerire i titoli utilizzati per definire i loro incarichi al po- 1.2 La Sardegna in età storica 31 sto del più normale titolo di procurator: vediamo infatti come si passi dal primo prolegatus del 6 d.C. fino all’ultimo praefectus del 46 d.C. Il primo funzionario imperiale conosciuto con il normale titolo di procurator sarà solo del 67 d.C. e, paradossalmente, è noto proprio nella prima parte dell’anno in cui la Sardegna, che rimarrà, per quasi tutta la sua storia assegnata all’amministrazione diretta dell’imperatore, passava al Senato in cambio della Grecia, provincia tradizio- nalmente senatoria e liberata da Nerone. Sono noti infatti per via epigrafica a partire da questo periodo tutta una serie di governatori di rango pretorio, se- natori quindi, con il titolo di proconsul. A partire da Vespasiano in poi, forse dall’anno 73, la situazione veniva ristabilita con la riassegnazione della Grecia al Senato e il nuovo passaggio della Sardegna all’amministrazione diretta da parte del principe. A questo punto i governatori provinciali saranno tutti di ordine equestre e verranno insigniti di quel titolo di procurator, la cui forte connotazio- ne militare verrà però asseverata dal titolo di procurator Augusti et praefectus con cui è nota buona parte dei funzionari nominati a partire da Settimio Se- vero. Questa titolatura si alternerà sempre più spesso con quella di procurator Augusti praeses provinciae Sardiniae. Entrambi i titoli risultano, in Sardegna, solitamente riferiti a procuratori imperiali di rango ducenario e quindi portati da individui di un certo livello a testimonianza indiretta, se mai ve ne fosse bisogno, dell’importanza economica e strategica attribuita ad un’area così vici- na al cuore stesso dell’impero. La Sardegna continuerà per i secoli successivi a rifornire di grano e altre materie prime la capitale e, nella riorganizzazione del- l’impero voluta da Diocleziano, venne affidata a Massimiano Augusto, il quale, una volta abdicato a favore della seconda tetrarchia, si vide succedere nel 305, nell’amministrazione della Sardegna, dal Cesare Severo. Le vicende degli anni successivi sono ben note e la Sardegna, così come ci testimoniano le fonti epigrafiche rappresentate da due miliari, si schiererà in favore sia dell’usurpazione di Massenzio (308-309), sia dell’usurpazione, contro lo stesso Massenzio, di L. Domizio Alessandro [vedi figura 1.1]. L’avventura africana di L. Domizio Alessandro finirà dopo tre anni e nel 310/311 Massenzio, ripresosi la Sardegna, provvederà a punirla di questa sua defezione spogliandola letteralmente dei suoi beni con un’aggressiva politica fi- scale. Si era del resto nell’immediata vigilia del grande confronto con Costantino Magno avvenuto il 28 ottobre del 312 presso Ponte Milvio e nel quale Massenzio risulterà soccombente. 32 Quadro storico Figura 1.1: Miliario di L. Domitio Alessandro (disegno di G. Sotgiu). Il regno di Costantino sarà lungo e caratterizzato da grande stabilità. Di questa situzione si avvalse la Sardegna che, amministrativamente parlando, ver- rà inquadrata dall’imperatore nella sua riforma del 325 nella diocesi italiciana della quale facevano parte, oltre ovviamente alla stessa penisola italica, le altre grandi isole del Mediterraneo, la Tracia, la Macedonia e l’Illirico. Il governatore della Sardegna, che da questo momento in poi avrà sempre il titolo di praeses (cosa peraltro che abbiamo già visto accadere anche precedentemente seppu- re in maniera non esclusiva), risponderà direttamente al vicarius urbis Romae, responsabilile a sua volta di una divisione della stessa diocesi italiciana compren- dente le regioni a sud dell’Appennino e le isole mediterranee. Questa struttura amministrativa rimarrà in piedi per lungo tempo e da essa la Sardegna non verrà mai, sia pure con le vicissitudini che vedremo, scorporata. Alla politica religiosa promossa da Costantino, che com’è noto fu favorevole al cristianesimo tanto da renderlo una sorta di religione di stato (cosa che giuridicamente avverrà solo con Teodosio nel 380), si deve, indirettamente, l’avvio della cristianizzazione della società sarda. Immediatamente dopo il cosiddetto editto di Milano infatti si incomincia ad avere nelle fonti qualche riferimento a comunità cristiane più o meno organizzate ed ampie come quella di Carales, di cui conosciamo, nel 314, il vescovo Quintasius [vedi infra §1.4]. Da una lettura globale delle fonti si può indicare nel VI secolo inoltrato il momento di una totale conversione alla nuova religione (in questo senso sembra convenire la letteratura più recente e, 1.2 La Sardegna in età storica 33 a mio avviso, più critica). Una volta morto Costantino, nel 337, la successione, ancorché pianificata dal grande imperatore, non fu né indolore né pacifica e da questa situazione non poté certamente affrancarsi una Sardegna che, proprio perché regione periferica, fu sballottata qua e là dai partiti dei vari contendenti e subì piuttosto passivamente gli eventi. Sono sempre i cippi miliari, vero e proprio manifesto politico, a darci chiari indizi cronologici sulla posizione sarda nel panorama politico più ampio. Alla morte di Costantino II, in guerra da tempo con il fratello Costante, l’Isola, che era stata sempre dalla parte del primo, riconobbe nel 340 il secondo come impe- ratore. Lo stesso atteggiamento ebbe poco tempo dopo, si era nel 350, quando riconobbe Magnenzio che ebbe la meglio su Costante. A sua volta Magnenzio, sconfitto dalla reazione di Costanzo II imperatore romano d’Oriente, morirà sui- cida nel 353 a Lugdunum: puntualmente la Sardegna con i soliti miliari ricorderà l’imperatore vincente. Pochi anni dopo, nel 360, una nuova usurpazione, partita questa volta dalle Gallie, attraeva l’anno successivo nella propria orbita la Sar- degna. Giuliano ebbe in poco tempo dalla sua il favore delle province europee e delle grandi isole mediterranee mentre al contrario l’Africa rimase assoluta- mente fedele a Costanzo. Questi però morì per cause naturali lasciando erede del proprio dominio lo stesso Giuliano. L’intricata situazione politica, soprattut- to in relazione alle successioni vedrà ancora la Sardegna schierarsi nel 387 dalla parte di Magno Massimo, usurpatore e causa dell’assassinio nel 383 di Graziano. Questo suo aperto schierarsi costò, quando la rivolta fu sedata, una citazione in giudizio per alcuni senatori sardi che, come ci dicono le fonti, erano stati parti- colarmente attivi. Una iscrizione funeraria cristiana di Turris Libisonis datata al giugno del 394 ci indica con certezza che l’Isola non seguì l’usurpazione di Eugenio che due anni prima era stato acclamato imperatore in Gallia. Eugenio verrà sconfitto da Teodosio nel novembre del 394 e l’Isola, dopo la morte di que- st’ultimo del gennaio 395, passerà sotto il governo di Onorio. Nell’ultima grande crisi del IV secolo, la rivolta di Gildone in Africa, la Sardegna sarà dalla parte del legittimo imperatore, che essa sosterrà con la forza delle sue scorte granarie e di materie prime. Questa rivolta particolarmente grave verrà comunque sedata e la reazione onoriana causerà la morte del ribelle nel 398.