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Davide Riccio

ITALIAN BOWIE Tutto di in Italia e visto dall'Italia INTRODUZIONE

Bowie ascoltava la musica italiana?

Ogni nazione avrebbe voluto avere i propri Elvis, i propri Beatles, i propri Rolling Stones, il proprio o il proprio "dio del rock" David Bowie, giusto per fare qualche nome: fare cioè propri i più grandi tra i grandi della storia del rock. O incoronarne in patria un degno corrispettivo. I paesi che non siano britannici o statunitensi perciò di loro lingua franca mondiale sono tuttavia fuori dal gioco: il rock è innanzi tutto un fatto di lingua inglese. Non basta evidentemente cantare in inglese senza essere inglesi, irlandesi o statunitensi et similia per uguagliare in popolarità internazionale gli originari o gli oriundi ed entrare di diritto nella storia internazionale del rock. A volte poi, pur appartenendo alla stessa lingua inglese, il cercarne o crearne un corrispettivo è operazione comunque inutile ai fini del fare o non fare la storia del rock, oltre che un fatto assai discutibile, così come avvenne a esempio negli States in piena Beatlemania con i Monkees, giusto per citare un gruppo nel quale cantava un certo David o Davy Jones, lo stesso che - per evitare omonimia e confusione - portò David Robert Jones, ispirandosi al soldato Jim Bowie e al suo particolare coltello, il cosiddetto Bowie knife, ad attribuirsi un nome d'arte: David Bowie. I Monkees nacquero nel 1965 su idea del produttore discografico Don Kirshner per essere la risposta rivale (anzitutto commerciale) americana ai Beatles, quindi i Beatles americani o gli anti-Beatles. Quattro giovani fotogenici scelti a tavolino (diventerà poi prassi dagli anni '80 in poi con le cosiddette boy bands) che cantavano canzoni scritte per loro da professionisti come Neil Diamond, e che esordirono in una serie di telefilm sulla falsariga dei film dei Beatles (A Hard Day's Night, Helpǃ). Nonostante il loro successo iniziale - ma effimero, di superficie - tra i Monkees e i Beatles non si può azzardare più - e tanto più oggi alla luce della storia - alcun paragone. I Monkees sono fuori dalla storia del rock (il rock che conta quanto meno), i Beatles no. Ma se anche i Monkees un angolino di storia lo avranno ancora, lo stesso per esempio non si potrà dire - tra i tanti che aspirarono a questo titolo in Italia - dei Five Continental's che, nati in Emilia Romagna tra il 1963 e il 1964, furono definiti "la risposta Italiana ai Beatles". Non ce li ricordiamo più neanche noi italiani, figurarsi il mondo.

La storia del rock può fare a meno di chiunque non sia stato britannico, irlandese o statunitense, quanto meno - se non originario - di adozione. Si può discettare a lungo su questo, che - campanilismi o meno - rimane tuttavia un dato di fatto. Si può quindi riscrivere l'affermazione di cui sopra come segue: ogni nazione avrebbe voluto avere (ma non ha avuto) una parte nella storia del rock in un modo altrettanto influente e autentico sul piano internazionale quanto il Regno Unito e gli Stati Uniti d'America. Ma anche l'Irlanda, l'Australia e il Canada e qualche altro paese di lingua inglese come la Giamaica. L'unica eccezione è stata la Germania con il cosiddetto "rock crauto", o meglio la Kosmische Musik ("krautrock" fu inizialmente coniato dalla stampa angloamericana come termine tutto sommato denigratorio) per l'apporto elettronico fondamentale dato al rock da molti gruppi tedeschi in varia misura e forma negli anni '70. Genere che per altro influenzerà anche il Bowie della seconda metà degli anni '70: "Red Sails" suonava assai simile al brano "Monza" degli Harmonia (Deluxe, 1975): "V-2 Schneider" è un omaggio a Florian Schneider dei , considerato da Bowie una delle sue più significative influenze all'epoca, così come in "Trans Europe Express" i Kraftwerk "from back to Dusseldorf City" incontravano e omaggiavano e David Bowie. Edgar Froese dei , uno degli esponenti di spicco della Berliner Schule der elektronischen Musik, fu colui che rese possibile il trasferimento di Bowie a Berlino nel 1976 ospitandolo per due settimane nel suo appartamento in Schwäbische Straβe 7 nell'attesa che finissero i lavori nell'appartamento, oggi meta di pellegrinaggio, al numero 155 di Hauptstrasse. Questo discorso introduttivo, ovviamente, vale solo per il rock. Le altre nazioni hanno avuto altra musica e altri meriti. Contamineranno a loro volta il rock, ma rimarranno un fatto marginale rispetto a tutto il contesto, un mero assorbimento o cross-over tra innovazioni e sperimentazioni per lo più riconosciute ad artisti angloamericani; o non solo, ma che il mercato angloamericano sopra tutti abbia assorbito o"riassorbito" e internazionalizzati. L'Italia, dal canto gregoriano in poi fu per molti secoli in età classica patria di grandi compositori e di importanti scuole (romana, veneziana, napoletana, fiorentina, violinistica piemontese eccetera fino all'opera e al belcanto). I compositori italiani dal medioevo al Settecento vennero accolti ovunque nelle corti europee. E ovunque in Europa si perseguirono e imitarono musiche "all'italiana". Rimarchevole fu ancora la corrente del Futurismo. Nel '900 l'Italia, per il suo enorme patrimonio e per la sua incredibile varietà di canti popolari e di musica etnica colpì anche uno studioso di grandissima caratura come l'etnomusicologo e antropologo americano Alain Lomax nel suo viaggio fra il 1954 e il 1955 nella penisola, percorsa capillarmente dalla Sicilia alla Val d'Aosta, conducendo una vasta opera di registrazioni sul campo (oltre duemila). Di quei sette mesi di viaggio in Italia Lomax scrisse nel suo libro "L'anno più felice della mia vita". Anna Lomax Wood ha ricordato che secondo suo padre “il paesaggio sonoro italiano era il più ricco, vario e originale” da lui mai incontrato nei suoi viaggi per il mondo, e che riteneva la tradizione musicale italiana la più interessante in Europa. Poi però giunsero, in Italia come nel resto del mondo, le musiche americane: il jazz, il blues, i musical di Broadway, la popular music commerciale e di facile ascolto dipendente dalle grandi industrie discografiche (esemplare quella della Tin Pan Alley) su fino al rhythm & blues, al , al soul ( music inclusa), al rock'n'roll e al rock con le sue innumerevoli declinazioni in generi e sottogeneri a seguire. E da allora la musica e la canzone italiana hanno per lo più ricalcato quella statunitense, poi quella britannica con l'avvento dei Beatles e il "beat" (da noi ridetto "bitt"), del prog rock, del punk, della new wave eccetera. L'Italia nel Novecento, ma non solo l'Italia, ha quindi per lo più smesso di attingere alle proprie radici musicali, incapace di creare a sua volta qualcosa di nuovo o diverso che fosse altrettanto rivoluzionario e moderno, originale, accattivante e divertente quanto le musiche provenienti dai paesi di lingua inglese. Tutt'al più si è sviluppata una generica italianità melodica leggera di stampo sanremese. Dalla metà del Novecento il mondo (inoltre soggetto a crescente globalizzazione), e soprattutto l'Italia salvo eccezioni, non fa che produrre musica sui modelli angloamericani. Pochi i compositori o cantanti autori italiani che hanno lasciato un segno fuori dal proprio paese. Modugno con la sua "Nel blu dipinto di blu" è stato uno, ma soltanto per la bellezza di quella precisa canzone, in quel dato momento, non per la sua produzione in generale. Ennio Morricone, certo, è stato un altro: alcune sue musiche, quelle a esempio scritte per gli "spaghetti-western", hanno persino dato un riconosciuto contributo a un certo desert rock o alternative country che ha le sue radici nel Tex-Mex come nella chitarra di Marc Moreland dei Wall of Voodoo o in gruppi come i Calexico. Su tutto basti citare l'album tributo statunitense "We all love Ennio Morricone", che racchiude omaggi al Maestro da Bruce Springsteen ai a Roger Waters. Giorgio Moroder, un altro ancora. Complice il suo trovarsi nel posto giusto al momento giusto, Monaco e la Germania degli anni '70, Moroder fu il primo a usare i sintetizzatori e i sequencer nella discomusic, mescolandola quindi con l'elettronica. O Giampiero Reverberi che, con il suo Rondò Veneziano, ha saputo fondere la pop music con la grande tradizione italiana della musica barocca: parliamo di 25 milioni di dischi venduti nel mondo che hanno creato, attraverso composizioni originali, usando le parole di Reverberi stesso, «un genere classico non impegnativo e, contemporaneamente, una musica leggera non superficiale, avvicinando i due mondi, perciò apprezzata da un pubblico molto eterogeneo». In ogni caso una musica il cui DNA è internazionalmente riconoscibile come qualcosa di esclusivamente italiano. Ed eventualmente ancora questo e quello. Ma non sono molti. Alcuni gruppi musicali, soprattutto progressive, e diversi cantanti italiani hanno avuto successo internazionale, ma in termini di vendite, non di influenze esportate. Il mondo fa dopotutto a meno di quasi tutta la nostra musica, escluso la lirica (Rossini, Verdi, Puccini e via dicendo) e la romanza su fino a Pavarotti, la canzone napoletana classica (per una certa idea romantica ormai d'antan dell'Italia), Vivaldi e la musica classica in generale (quella più specificatamente rinascimentale e barocca) e poco altro. E Bowie, che non risulta essere mai stato nel pubblico di un concerto pop o rock di cantanti o gruppi italiani, ha sicuramente invece assistito a qualche opera lirica, come il 25 settembre del 2006 (lo scrisse sul suo diario Bowie.net), presente con alla prima della Madama Butterfly di Puccini alla di . Al suo matrimonio Bowie volle musica barocca italiana in chiesa e canzoni della tradizione italiana “tenorile” come 'O sole mio e Firenze sogna per la festa nuziale. Al "Pavarotti & Friends", il noto evento musicale benefico organizzato per dieci edizioni tra il 1992 e il 2003 a Modena dal tenore per sostenere cause umanitarie, Bowie non ha invece partecipato come alcuni dei suoi amici (, o ). , nell'organizzazione, dava una mano al grande tenore modenese. Da un articolo di Paolo Panzeri si apprende che ci fu un tentativo di coinvolgere Bowie. Un giorno (racconta Zucchero) il Maestro mi chiama: Conosci uno che si chiama Bov, Bovi… David Bowie? Quello lì, quello lì. Ma è bravo? Ma lo dobbiamo chiamare? Ma, insomma… magari se venisse…". L'invito venne fatto, ma Bowie declinò perché impegnato altrove. Tuttavia non è escluso che si fosse infine tenuto lontano da quella che a seguire risultò, tra tangenti e regali, una già nota (nell'ambiente) gestione “allegra” e poco limpida dell'associazione benefica War Child Uk (ne indagò la Charity Commission, ne parlarono Channel 4 e giornali di rilievo come ). Lo stesso Pavarotti si dissociò. Su La Repubblica del 10 gennaio 2001 si legge: Ma che le cose non fossero limpide nella gestione dei fondi dell'ente benefico non era un segreto. Altri sponsor famosi si sono dissociati. Fra questi la rock star David Bowie, il capo di Mtv Brent Hanson, il commediografo Tom Stoppard e l'attrice shakespeariana Juliet Stevenson. Senza contare gli undici amministratori che avevano rassegnato le dimissioni per gli stessi motivi. E ciò nonostante, Lou Reed con Pavarotti cantò nel 2002 una certa "Perfect Day", canzone dell'album "Transformer" del 1972. La traccia, così come tutto l'album, venne prodotta da David Bowie e . Insomma, volendo, c'è stato un po' di Bowie anche nel "Pavarotti & Friends", sebbene a debita distanza. Errata l'attribuzione a Pavarotti fatta da alcuni youtubers della voce invece di sir Thomas Allen, il baritono inglese comparso nella nuova incisione di "Perfect day" del 1997, realizzata a scopo benefico dalla BBC, per la quale numerosi artisti, tra i quali David Bowie, Bono, Elton , , Suzanne Vega, Joan Armatrading, Emmylou Harris. Tom Jones ecc., registrarono un verso della canzone a testa. Il 45 giri raggiunse il 1º posto nella UK Singles Chart, contribuendo a far entrare il brano nel pantheon delle più classiche ballate rock di sempre. Una canzone che venne tradotta in italiano e cantata anche da Patty Pravo, rimanendo però a lungo inedita. Il 28 ottobre 2013, il giorno dopo la morte di Lou Reed, ormai lontano il tempo del Concilio Ecumenico Vaticano II con la nascita della Messa Beat, il Cardinale e presidente del Pontificio consiglio della cultura Gianfranco Ravasi postò un messaggio su Twitter con il ritornello della canzone. Dobbiamo ammetterlo senza adombrarcene. Senza scomodare il blues e il jazz, il mondo, da un certo momento in poi nel Novecento, non ha potuto più fare a meno di Elvis Presley, di Bob Dylan, dei Beatles, dei Rolling Stones, dei Led Zeppelin, di , dei , di Frank Zappa, dei Velvet Underground, dei Clash, di David Bowie, etc. etc. etc. Allo stesso tempo il mondo, a cominciare da Stati Uniti d'America e Regno Unito, ha finora fatto ampiamente a meno di quasi tutto quello che è stato prodotto musicalmente in Italia dagli anni '50 ad oggi. L'Italia, a un certo punto del '900, ha smesso di essere una guida nella musica contemporanea. Poche singolarità, nessun disco che possa essere considerato universalmente fondamentale nella storia del rock, idem per l'italian progressive (e non me ne vogliano i molti appassionati), che all'estero gode tuttora di un discreto seguito, ma che - semmai influenzato dal progressive britannico - è rimasto - sul piano internazionale - sostanzialmente ininfluente. Ottimo, ma ininfluente. E questo vale anche per le altre nazioni. Ci sono solo musicisti e addetti ai lavori sparsi che hanno apprezzato pubblicamente alcuni autori italiani: a Leonard Cohen e a piaceva De Andrè (Crêuza de mä invero è stata una pietra miliare della nuova musica etnica o world music); John Cage apprezzò molto gli esperimenti con la voce di Demetrio Stratos; Bowie manifestò stima verso Battisti elogiando in particolare il suo disco Anima Latina... Ma questo non cambia la reale sostanza e ingoiamo pure il rospo, nonostante i tanti gruppi e autori di grande, grandissima qualità che abbiamo avuto e ancora abbiamo.

Ma perché un libro su David Bowie e l'Italia? Forse perché oggi più che mai l'Italia ha bisogno di ritrovare un po' di autostima? E Bowie, l'artista più amato del mondo e forse di tutti i tempi, ha amato molto l'Italia. Vi è stato molte volte, quasi come in una seconda casa dopo Londra, , New York, l'isola di Mustique o, per un periodo ben definito, Berlino passando anche dalla Svizzera sulle rive del lago Lemano. Debbie Harry disse, all'indomani della scomparsa del "Duca Bianco": Who doesn't love David Bowie? Chi non ama David Bowie? Così tanto amato da chiunque e ovunque nel mondo da essere probabilmente l'unico cantante con decine e decine di canzoni dedicategli già in vita, non parliamone dopo la sua scomparsa, e le cui reliquie vengono battute all'asta a cifre da capogiro, come la ciocca di capelli biondo pallido presa dal produttore Wendy Farrier dopo che Bowie posò per la sua statua di cera al Madame Tussauds di Londra nel 1983, venduta a Los Angeles per 15.626 euro. Bowie, universalemnte amato, è stato un uomo universale. Lo è stato nell'accezione cioè di genio, di polimata, di persona di straordinaria intelligenza che giganteggia insolitamente versatile sopra tutti e tutto ciò che gli sta intorno, eccellendo in molti campi, avendo profonde conoscenze sui più svariati argomenti, osando, anticipando, innovando nel corso di tutta la sua carriera senza mai diventare artisticamente datato. E in quanto uomo universale è stato un uomo di qualunque nazione, quantunque italiano forse in maggior misura, se a ricordarci dell'uomo rinascimentale. Secondo la tesi di Burchkardt, la grande conquista del Rinascimento italiano (e dell'Umanesimo) risiedette nella scoperta e nella valorizzazione dell’uomo e della sua individualità, del concetto della gloria e della fama individuale, nella emancipazione dell’uomo dall’appartenenza e sottomissione all’ordine in cui è inserito e lo trascende, rivalutando la vita terrena e quindi il mondo, mettendo in discussione e scartando tanto il principio di autorità, quanto quello dei dogmi tutti siano essi religiosi, politici, sociali, artistici, intellettuali o quant'altro. Bowie, in quanto genio o uomo rinascimentale, dunque, è stato più italiano di quanto finora non si sia detto e pensato. Tra i suoi tanti e continui cambiamenti, italiani o no, un'altra cosa è certa ed è che esiste un David Bowie per ognuno di noi e/o per ogni periodo della nostra vita. ANNI '60 E '70

David Bowie venne varie volte in Italia, pubblicamente e privatamente. La prima volta certa e documentata fu a Monsummano Terme, provincia di Pistoia, dove il 31 luglio 1969 si replicò, al Teatro Primeo (altrove si indica Teatro Premio), la gara del Festival Internazionale del Disco, una gara canora collegata al concorso "Voci nuove" del festival di Castrocaro, organizzata dal circolo culturale "Giuseppe Giusti" e dall'Oscar di Malta, organizzazione che aveva già allestita la kermesse a Sliema, La Valletta. Arduo è risalire al teatro tanto Premio quanto Primeo. Il teatro di Monsummano Terme, originariamente intitolato al poeta Giuseppe Giusti, divenuto poi “Casa del Fascio”, dopo alterne vicende cessò i suoi spettacoli con gli anni sessanta e chiuse per essere ristrutturato e riaperto nel 2006 come Teatro Yves Montand. Forse il teatro Giusti ebbe qualche altro nome transitorio od occasionale, come Primeo o Premio. Oppure fu allo Chalet (poi Posta Club) di piazza Quattro Novembre, di fianco al Comune di Monsummano come altri hanno ricordato, sebbene un programma e un manifesto originali della manifestazione riportino invece come luogo dell'evento il Teatro Giardino E.N.A.L. o “Casa del Poeta”. Ma riavvolgiamo il nastro e torniamo indietro di una settimana da Monsummano Terme all'isola di Malta. Il 25 luglio 1969 a Malta, all'Hotel Hilton, Bowie cantò "When I live my dream". Si classificò secondo dopo la cantante barcellonese Cristina e guadagnò il primo riconoscimento della sua lunga e impareggiabile carriera, ossia il premio (pare creatogli ad hoc) per la migliore produzione. Si è scritto che cantò anche una canzone tradizionale maltese, di cui tradusse il testo in inglese: “No-one someone” (fonte David Bowie Chronology di Patrick Lemieux). A Londra, una ventina di giorni prima, Bowie aveva appena concluso la registrazione di "". Era iniziato finalmente, dopo quasi un decennio di tentativi, diversi 45 giri e un primo omonimo album per l'etichetta Deram passato inosservato, il conto alla rovescia verso il successo. Nel giugno del 1967 il manager Kenneth Pitt, subito dopo l'omonimo album d'esordio di Bowie, spedì lo stesso a Franco Zeffirelli insieme a un demo tape che conteneva alcune idee di David per una colonna sonora, quella di "Romeo e Giulietta", che uscì nel 1968. Zeffirelli si complimentò con David per il suo album ma affidò la musica del suo film a Nino Rota.

Bowie fu ingaggiato dai maltesi, per cui - secondo una fonte presente in internet - avrebbe cantato qualche tempo addietro presso il Cafè Premier (Premier potrebbe essere all'origine della confusione generatasi sul nome di teatro Primeo o Premio), del che però non c'è per ora riscontro nel lungo elenco delle sue gig disponibile in rete. Alla manifestazione si esibirono quindici cantanti, tutti molto giovani e agli albori della carriera. Tra i suoi rivali: Ricardo Ceratto dall'Argentina, la francese Sabrina, Ann Soetaert dal Belgio, María del Carmen Arévalo Latorre in arte "Cristina" dalla Spagna, il tedesco - ma nato greco - George Monro, l'austriaco Peter Horton... L'Italia era rappresentata dal cecinese, allora come in seguito sconosciuto, Franco Valori. Bowie in quel di Malta passava del tempo a suonare la chitarra, canticchiando motivi seduto sulle scale dell'Hilton Hotel. Qui fece amicizia con un giovane musicista di nome Donald Felice, marito di una ballerina presente al festival. È Donald Felice stesso a ricordare: “Era molto giovane allora, e magrissimo! Aveva la testa piena di capelli, come Jimi Hendrix. Io ero ancora uno studente e mi portavo ovunque la chitarra. Lo incontrai allo Hilton e, vedendomi con la mia chitarra, mi chiamò a sé e passammo quei pochi giorni insieme, sedendo sulle scale, suonando musica. Volle farmi ascoltare una delle sue canzoni, ancora inedita. Più tardi seppi trattarsi di Space Oddity. Quando Bowie mi propose di collaborare, lui come cantante e io alla chitarra, mia moglie mi sconsigliò e perciò rifiutai l'offerta. Be', visto come per lui sono poi andate le cose, credo che avrei dovuto ignorare mia moglie”. Così ricorda dunque Donald Felice, che poi nella vita non farà il musicista, tanto meno con Bowie, nonostante l'opportunità avuta in quei giorni, ma il dottore (fonte Claire Caruana su Times Malta). Prima di lasciare Malta Bowie improvvisò un concerto per i marinai a bordo della portaerei USS Saratoga attraccata al porto di La Valletta. Lo testimonia anche una foto su un giornale locale in cui posa con la sua chitarra 12 corde (invero 11, perché il Sol non era raddoppiato) accanto a un ufficiale della nave. Dopo Malta fu quindi la volta di Monsummano Terme. Kenneth Pitt, l'allora manager di Bowie, ricorda quei giorni nel suo memoriale "The Pitt Report" (Omnibus Press, 1985)...... Il 30 luglio volammo tutti a Roma, prima tappa del viaggio verso Monsummano Terme, in provincia di Pistoia... Ken Pitt rievoca un viaggio in pullman di 6 ore, le inutili proteste per un tragitto così lento, l'abbandonarsi infine a un sonnellino (Il primo ad addormentarsi fu David, con la testa appoggiata sulla mia spalla...), l'arrivo a destinazione alle prime luci del giorno e la sistemazione presso l'Hotel Reale, quindi a Montecatini Terme. David venne raggiunto a Monsummano dalla futura moglie Angela (nata ad Agios Dometios), che nei giorni precedenti era stata a Cipro dai suoi genitori. E continua Ken Pitt nel suo racconto: "Monsumanno è una piccola città famosa per le sue terme e la Grotta Giusti. La visita alla città non è completa se non si è provato il calore delle grotte e se non si sono gustate le sue acque, notoriamente salutari. Chi soffre di una qualsiasi malattia si sottopone a lunghi trattamenti in questo stabilimento di bagni termali; noi dovevamo passarci circa un’ora, ed era più che sufficiente..." Ken Pitt racconta ancora di un'organizzazione festivaliera piuttosto precaria e la messa a disposizione di un gruppo per la registrazione delle basi musicali o per accompagnare dal vivo qualche cantante che ne fosse stato sprovvisto, composto da tre musicisti che non erano però in grado di leggere la musica dagli spartiti. David, teoricamente a posto giacché aveva con sé la base strumentale registrata di When I Live My Dream, si prodigò generosamente con i colleghi e con l'organizzazione nel mettere insieme un gruppo tra tutti i cantanti e i musicisiti presenti e nel rimediare quindi a una situazione che poteva compromettere gli esiti della manifestazione. La sera della manifestazione Ken ricorda l'apparizione di grande effetto di David e Angela. David aveva i lunghi capelli legati da un nastro di velluto nero e indossava una camicia vecchio stile comprata a Portobello Road. Angela indossava un abito così diafano da lasciar vedere la sua nudità a parte un paio di slip. Per capire meglio l’effetto che provocavamo sulla popolazione locale bisogna ricordare che ci trovavamo in una piccola comunità italiana molto chiusa, in cui ogni pensiero ed ogni azione erano modellati sulla secolare tradizione Cattolica Romana… Probabilmente quella fu la notte più eccitante che la gente del posto abbia mai trascorso. Tutti i biglietti erano stati venduti e ogni artista ricevette applausi entusiasti". Ken Pitt paragona l'apparizione di David Bowie al pubblico italiano a quella di un redivivo biondo Shelley, il poeta annegato nel golfo di La Spezia. Prima di rientrare, il delegato spagnolo Francesco Figueras prese Ken Pitt da parte per dirgli che, in accordo coi delegati delle altre nazioni concorrenti, era opinione di attribuire a David Bowie un premio di riconoscimento per il suo contributo al successo della serata. "Li aveva impressionati tutti con la sua cordialità, la sua disponibilità ad aiutare e la sua indiscutibile arte. Venne proposto di creare una categoria speciale, quella del disco meglio prodotto, e per decisione unanime il premio andò a David per When I Live My Dream, che senza dubbio era il disco meglio prodotto presente al festival. Naturalmente fui d’accordo, e David vinse il trofeo che pochi giorni dopo avrebbe avuto tanta importanza nella sua vita".

A Monsummano Terme presentò Daniele Piombi. Le date: da giovedì 31 luglio alla finalissima di sabato 2 agosto (quindi è un errore la data sovente riportata del 3 agosto, come si evince da un giornale locale dell'epoca). Il 3 agosto Bowie risulta essere rientrato a Londra, suonando a The Three Tuns pub di Beckenham, la città nel Borough di Bromley in cui abitava all'epoca, più precisamente in Foxgrove road, come attesta un telegramma da lui inviato da Malta alla sua futura sposa Angela Barnett, conosciuta nell'aprile di quell'anno. La sua carriera nacque in parte proprio in quel pub nella Londra del Southeast, The Three Tuns, che oggi, quasi a chiudere un piccolo cerchio italiano insieme al successo ottenuto a Malta e a Monsummano in quei giorni, è occupato da Zizzi, un locale di cucina italiana.

Se prima nella competizione di Malta fu acclamata la cantante barcellonese Cristina, Bowie ottenne comunque il secondo posto, un premio per la migliore produzione e un attestato in ricordo. Bowie piacque in seguito anche al pubblico di quella "Estate Canora Monsummanese", ma la critica ignorò. In quei giorni Bowie si aggirava per le strade della città termale in Valdinievole, luogo natio del poeta Giuseppe Giusti e dell'attore e cantante Ivo Livi, in arte Yves Montand, e centro di uno dei più importanti distretti calzaturieri italiani fin dagli anni Venti del Novecento. Vestiva jeans scuri, maglietta bianca, stivali da cowboy, portava sulle spalle la sua chitarra acustica a 12 corde. A Monsummano non si era mai visto nessuno così e le ragazzine impazzivano. Come Cristina Magrini, figlia di Alfio, principale animatore del circolo culturale “Giuseppe Giusti”, che insieme all'associazione Oscar di Malta (La Valletta era gemellata con Monsummano) avevano promosso l'appuntamento canoro: «Ero piccola, ma ricordo benissimo come non perdevo occasione per mettermi sulle ginocchia di questo giovanotto inglese. Ricordo come era gentile e carino con noi, quanta attenzione ci dimostrava. E poi avevamo un legame particolare, anche perché io e mia sorella, vestite da bambine cinesi, aprimmo la sua esibizione allo Chalet» (Luca Signorini, Il Tirreno, edizione Montecatini Terme, 12 gennaio 2016). È stato ricordato così, mentre dalla piazza Giusti di Monsummano andava a piedi, sotto il sole, fino al calzaturificio Fiorella al confine con Pieve a Nievole. Da un articolo di Andrea Rocchi pubblicato dal quotidiano "Il Tirreno" del 22 gennaio 1997 veniamo a sapere che "incuriosiva la sua andatura dinoccolata, il suo sguardo comunicativo. Si vedeva lontano un miglio che era straniero. Questo ragazzo acqua e sapone di Brixton, quartiere povero nel sud-ovest di Londra, che non spiccicava una parola in italiano, era uno come tanti. Gli affidarono, come sponsor, il calzaturificio Fiorella. L'azienda gli offrì il soggiorno, e lui diventò per tre giorni il paladino della calzatura e l'idolo delle ragazzine del posto che gli scodinzolavano intorno ogni qualvolta si spostava dallo Chalet davanti al municipio (dove si cantava) per recarsi in albergo. Non sapevano chi fosse, eppure era un personaggio che incuriosiva da morire". Durante l'International Song Festival di Malta, Bowie venne raggiunto dalla notizia del padre malato: Haywood Stenton Jones morirà qualche giorno dopo il rientro di suo figlio in Inghilterra, il 5 di agosto, a soli 56 anni. Lo stato emotivo in cui versò nelle settimane dopo il lutto, venne da Bowie descritto in “Unwashed and Somewhat Slightly Dazed” (l'album "Space Oddity" verrà pubblicato il 4 novembre). La morte del padre, che lo aveva sostenuto nella sua ricerca di affermazione come cantante, fu per Bowie un duro colpo, specialmente ora che le cose stavano girando meglio e avrebbe voluto esultarne col genitore. Arrivò nei mesi seguenti il successo di "Space Oddity", il cui singolo era stato pubblicato l'11 luglio 1969 (un'incisione acustica di Wild Eyed Boy from Freecloud sul retro), aiutato anche dalla missione Apollo 11 culminata il 20 luglio con l'allunaggio di Neil Armstrong e Buzz Aldrin: il brano venne infatti usato dalla BBC per il servizio televisivo sullo sbarco. La storia del viaggio di , che si perde nello spazio a causa di un'avaria della sua astronave, verrà rivisitata in Francia nel 1971 da Gérard Palaprat col titolo de Un homme a disparu dans le ciel e in Italia nel 1969 e nel 1970 in due differenti versioni: "Ragazzo solo, ragazza sola" (testo scritto da Mogol senza attinenza con quello originale) interpretata prima da I Computers, poi da Bowie stesso e "Corri uomo, corri" de I Giganti, trasposizione più vicina al testo originale. Negli anni '60 fu viva e fervida la consuetudine da parte di inglesi e altri stranieri di cantare le proprie canzoni anche in una versione italiana, essendo il mercato italico del boom economico particolarmente appetibile. Oggi si scherza sopra la pronuncia italiana imperfetta di Bowie di questa versione e tuttavia a quel tempo questa era quasi un valore aggiunto: piaceva agli italiani l'accento esotico dei cantanti inglesi che cantavano in italiano. La reinterpretazione di Mogol (erroneamente indicato come Ivan Mogul nel booklet allegato alla "40th Anniversary Edition" dell'album Space Oddity) venne dapprima incisa come esordio nel 1969 dai fratelli Balducci, un duo nominatosi I Computers, per l'etichetta Numero Uno di , con l'arrangiamento di Gian Piero Reverberi. Il 45 giri riuscì ad arrivare fino alla posizione n. 23 della hit parade. Visto lo scarso risultato in Italia della versione originale ma le buone vendite ottenute con la versione in italiano de I Computers, l'entourage di Bowie chiese all'artista di incidere lui stesso la canzone, facendogli credere (qualcuno ha scritto) che si trattasse di una versione fedelmente tradotta. Mogol scrisse invece un testo completamente diverso, poiché l'originale fu ritenuto inadatto a scalare le classifiche italiane. Bowie, in seguito, avrebbe confessato di non sapere cosa stesse cantando, quale fosse cioè il senso delle parole italiane. Così ha scritto per esempio un suo fan sul forum di Discogs: For the story, DB sang this version on a one shot and didn't know what he was singing. Later he explained that if he had known the meaning of the lyrics (that have nothing to do with the original SO) he would never had recorded that version. Non sono tuttavia riuscito a trovare questa dichiarazione e quindi a comprovarla. Il 45 giri venne pubblicato nel febbraio del 1970 (e di nuovo "Wild eyed boy from freecloud" sul lato B). RAGAZZO SOLO, RAGAZZA SOLA (Bowie/Mogol)

La mia mente ha preso il volo Un pensiero uno solo Io cammino mentre dorme la città I suoi occhi nella notte Fanali bianchi nella notte Una voce che mi parla chi sarà?

Dimmi ragazzo solo dove vai, Perchè tanto dolore? Hai perduto senza dubbio un grande amore Ma di amori è tutta piena la città, No ragazza sola, no no no Stavolta sei in errore Non ho perso solamente un grande amore Ieri sera ho perso tutto con lei. Con lei I colori della vita Lei I cieli blu Una come lei non la troverò mai più Ora ragazzo solo dove andrai La notte è un grande mare Se ti serve la mia mano per nuotare Grazie ma stasera io vorrei morire Perchè sai negli occhi miei C’è un angelo, un angelo Che ormai non vola più Che ormai non vola più Che ormai non vola più

C’è lei I colori della vita Lei i cieli blu Una come lei non la troverò mai più

CORRI UOMO, CORRI Bowie/I Giganti

Piangi piangi umanità questa tua ingenuità Nello spazio vuoi portare i sogni tuoi Guardo il cielo e penso che ora un lama salirà Per cercare un’assoluta verità. Corri uomo corri verso il sole Il cielo tu aprirai Come un angelo tu volerai tu volerai Per sentirti per un attimo vicino agli dei Quando l’uomo perderà l’orgoglio Son certo troverà oh mio dio La tua immagine oh no! Oh mio dio, la tua immagine oh no! Vai verso un sogno senza fine Blu tutto blu La tua ingenuità dove mai ti porterà?

(parlato) Torre di controllo chiama capitano John Torre di controllo chiama capitano John Qui capitano John sono in ascolto Ehilà John come va? Ok, gli strumenti di bordo Funzionano perfettamente Come ti sembra la terra vista da lassù? È come una pallina da golf ah ah ah Qui a terra vogliono sapere Ti senti solo in mezzo alle stelle? No! Mi hanno dato il permesso di portare il mio piccolo cane...

Corri uomo corri verso il sole Il cielo tu aprirai Come un angelo tu volerai tu volerai Per sentirti per un attimo Vicino agli dei Questa mia generazione A cosa si rivolgerà per cercar l’amore A chi si rivolgerà?...

Se tu già convivi tra le stelle Io diventerò come una pietra che Nello spazio vaghera’ ... Uomo corri verso il sole corri verso il sole corri verso il sole... Le parole del brano intitolato Ragazzo solo, ragazza sola non avevano dunque nulla da spartire con quelle originali, ma raccontavano la fine di un amore tra un ragazzo e una ragazza. La registrazione fu effettuata ai Morgan Studios di Willesden il 20 dicembre, con Claudio Fabi (padre dell'allora piccolo Niccolò Fabi) in veste di produttore e consulente per l'accento italiano di David. Il 45 giri fu pubblicato dalla Philips Records nel febbraio del 1970. Pare in effetti strano e molto poco probabile che Bowie fosse convinto della fedele traduzione del testo e ne ignorasse davvero il contenuto, così come sembrerebbe da lui stesso affermato molti anni dopo, al punto che, se lo avesse saputo, non avrebbe mai registrata quella versione. Claudio Fabi mi ha confermato molto lapidariamente: "Sapeva benissimo". Tra l'altro, se "Ragazzo solo, ragazza sola" fu registrata ai Morgan Studios di Willesden, allora qualcosa non torna nella dichiarazione di Nicoletta Strambelli, in arte Patty Pravo, fatta nel corso di una intervista rilasciata a Famiglia Cristiana nel 2016, un mese dopo la morte di Bowie. Patty Pravo risponde così alla domanda se avesse mai conosciuto Bowie. «Sì, una prima volta nel 1969. Non era ancora famosissimo, ma era già anni luce avanti rispetto agli altri. Ci siamo rivisti molti anni dopo durante una cena in un ristorante giapponese a Los Angeles sul Sunset Boulevard. Lui mi ha riconosciuta subito». A Marco Molendini de Il Messaggero, alla stessa domanda, Patty Pravo rispose: "Era a Roma per incidere la versione italiana di Space Oddity, il suo primo successo. Aveva preso in affitto una villa sull’Appia antica con la piscina. Si divertiva a stare a Roma per un po’. Era con la moglie e sono andata alcune volte a trovarli. Il collegamento erano i miei musicisti, che erano inglesi e conoscevano David. Poi ci siamo rivisti anche in Inghilterra. Insomma, siamo rimasti amici". La villa sull'Appia antica è invece sicuramente quella che Bowie affitterà nel 1973. Molendini inizia l'articolo e la sua intervista con Patty Pravo asserendo senza dubbio che il cantante "più David Bowie" della musica italiana è stata una donna: Patty Pravo, la prima icona androgina della nostra musica. «Bowie? Me lo hanno sempre detto che siamo simili, ma io ho fatto la mia vita, come lui ha fatto la sua. Poi ci siamo conosciuti e abbiamo fatto amicizia». Ho chiesto a Claudio Fabi conferma sul luogo di registrazione, se Roma o Londra. "Ragazzo solo... lo registrai e missai a Londra e sinceramente non ricordo il nome dello studio. Poi se Nicoletta ricorda di averlo conosciuto a Roma allora fu solo per un promo, non per registrare il pezzo".

Tuttavia, di certo, c'è soltanto che Bowie fu di passaggio a Roma verso la fine di luglio del '69 per andare a Monsummano Terme, ed era ancora da noi un perfetto sconosciuto e bisognerà aspettare la fine dell'anno per la registrazione della sua versione italiana, che uscirà poi l'anno dopo. Dei mesi successivi, non ci sono notizie relative alla promozione a Roma del pezzo o per altre ragioni. Può essere che invece - come già accennato - Bowie e Patty Pravo si siano conosciuti nel 1973, quando David fece la sua prima vacanza nota in Italia, a Bracciano, Roma. Tra l'altro nel 1975 Patty Pravo registrò, senza pubblicarlo, un provino con testo in italiano della celeberrima "Perfect Day" (Un giorno perfetto) di Lou Reed, artista del quale aveva già inciso una fortunata versione di "Walk On The Wild Side" intitolata "I giardini di Kensington" nell'album "Pazza idea" del 1973 (entrambe i brani prodotti nel disco "Transformer" di Lou Reed da David Bowie e Mick Ronson). "Ragazzo solo, ragazza sola" verrà ripescata integralmente da Bernardo Bertolucci per il film "Io e te" del 2012: sulle sue note, i protagonisti Lorenzo (Jacopo Olmo Antinori ) e Olivia (Tea Falco) ballano prima della fine della loro particolare vacanza. Una cover più recente del brano è quella di Walter Farina, cantante noto per le sue reinterpretazioni - abilmente imitate - delle canzoni di Renato Zero.

Nel 1973 accadde ancora che in Italia si traducesse una canzone di Bowie, cambiandone completamente il senso: toccò a "Starman", trasformata nel titolo in "L'amore mi aiuterà". In Italia, insomma, pare che non si potesse cantare altro che d'amore. L'autore del testo in italiano fu il paroliere milanese Daniele Pace e il brano fu affidato a due gruppi, Kriss e il Gruppo 2000 e i Profeti, e alla cantante Dawn Vinci (Mara Cubeddu) .

L'AMORE MI AIUTERÀ Bowie/Pace

Dove sono? Io chi sono? Com’era triste la mia libertà ah ah Sapendo quello che faceva lei ehi ehi Ma questa notte pur di averla qui la pagherei

In questo mondo non si vive più uh uh Ti fan vedere rosso quel che è blu uh uh Ma forse guarirei se avessi ancora lei

È l’amore che mi aiuterà Ma cosa sto dicendo? Questo amore dove sta? È l’amore che io non ho più Per questo sto morendo piano piano senza te Ma perché nel mio cuore non c’è più Se ci fosse ancora lei un cretino non sarei la la la la la la la la la la la...

È primavera come un anno fa ah ah Son fiori rossi la mia libertà ah ah E mi han promesso che tra poco io ti rivedrò E la paura non mi fermerà ah ah

La stessa strada io camminerò oh oh Per ritornare ad impazzire ancora accanto a lei È l’amore che mi aiuterà Ma cosa sto dicendo? Questo amore dove sta?

È l’amore che io non ho più Per questo sto morendo piano piano senza te Ma perché nel mio cuore non c’è più Se ci fosse ancora lei un cretino non sarei

Se Bowie davvero non seppe cosa stava cantando in "Ragazzo solo ragazza sola" (ma il dubbio è lecito), allora per contrappasso o magari "per elegante vendetta" Bowie tradusse per Mick Ronson e il suo primo album solista Slaughter on 10th Avenue "Io vorrei... non vorrei... ma se vuoi..." di Battisti/Mogol. E forse avvenne per ulteriore vendetta del destino che "Ragazzo solo, ragazza sola" venisse accreditata quarant'anni dopo a "Ivan Mogul"... Ivan Mogul per altro esistente musicista di una degli anni '60 di nome The Grass Roots, nonché amico e vicino di casa di Bart Bacharach, quindi editore musicale della eponima Ivan Mogull Music Corporation. Bowie, come già fece Mogol con "Space Oddity", non tenne minimamente in considerazione il testo originale. Mogol dichiarerà, nel corso di una intervista fattagli su Radio Cusano Campus: "Ho scritto la versione italiana di Space Oddity, anche se il testo era assolutamente nuovo. Entrammo in contatto perché l'editore mi fornì la canzone da fare in italiano, ma io lo cambiai. Il testo originale parlava di spazio, io non lo sentivo, così gli ho cambiato significato. Ho pensato di scrivere un altro testo, che poi lui ha approvato, visto che l'ha anche cantato e inciso..." E ancora: "Per me il testo è già nella musica, io cerco sempre di raccontare qualcosa di concreto, di reale, magari accaduto a me o a qualche persona che conosco. Bowie ha anche fatto la versione inglese di Io vorrei, non vorrei, ma se vuoi, ma non ha rispettato il testo e ne ha fatto uno completamente diverso dal mio. Insomma, non ne fui entusiasta, anche se fu un onore che interpretasse una nostra canzone". Bowie, per quanto fosse un intellettuale vorace e onnivoro, ha raramente fatto menzione di artisti italiani tra i suoi preferiti, ignorando per lo più la nostra scena musicale a lui contemporanea. Evidentemente non c'è stato mai abbastanza da interessarlo. Questo anche per diradare l'idea comune che Bowie sapesse o facesse di tutto. Un esempio? Bowie era bensì un polistrumentista, ma risulta alquanto imbarazzante una testimonianza in "Almost True", programma trasmesso da Deejay TV nel 2010, ideato e condotto da Carlo Lucarelli, ovvero sulla leggenda di Warhol, Lou, Bowie & co. in quanto confraternita di autentici vampiri (prendendo spunto dalla vicenda di Andy Warhol ferito da Valerie Solanas - una attivista femminista squilibrata convinta che Warhol fosse un vampiro - e dalla frequentazione della Factory da parte di Bowie). Testimonianza secondo cui Bowie mise un tempo le mani su uno Stradivari autentico suonandovi la "Risata del Diavolo" come fosse lui stesso un novello reincarnato Paganini... Bowie non risulta aver mai messo pubblicamente le mani su un violino, figuriamoci ai livelli di un Paganini! Così come non sapeva suonare il violoncello. Il che non toglie che almeno in un caso volle limitatamente addestrarsi e imparare a suonare alcune note di Bach al violoncello per rendere più credibile una scena del film "The Hunger" (Miriam si sveglia a mezzanotte) di Tony Scott, tratto dal romanzo di Whitley Strieber. Uno degli sceneggiatori, Micheal Thomas, disse al riguardo: "La maggior parte degli attori farebbe finta di suonare, apparendo in inquadrature indirette o in campo lungo, usando invece musicisti professionisti per i primissimi piani. Non David. Lui imparò a suonare il violoncello. Lavorò bastardamente fino a che non gli riuscì di suonare una cantata di Bach in modo decente". Ma ripercorriamo la testimonianza dal programma "The sound of future" del 1985 ripresa da Lucarelli in "Almost True". "Pochi anni fa al Metropolitan Museum dove lavoravo si teneva una mostra di strumenti musicali molto rari. David Bowie era a quei tempi a New York per girare Miriam si sveglia a mezzanotte, e venne a sapere che al museo c'era la mostra. Bowie volle vedere tutti gli strumenti, ma era particolarmente interessato a un violino. Era uno Stradivari, un'opera d'arte, e chiese di averlo sul set del film. Be', poteva essere rischioso per noi. Il violino era prezioso e c'erano problemi burocratici di assicurazione. Ma alla fine tutto si risolse. Io sono stato incaricato di portare il violino sul set. All'inizio credevo che Bowie avesse chiesto il violino solo per farsi vedere, per fare la rockstar eccentrica, per impressionare le persone intorno a lui. Ero molto preoccupato che succedesse qualcosa. Era un esemplare unico e Bowie poteva romperlo. Invece ha preso il violino e inaspettatamente ha cominciato a suonarlo. Era bravissimo. Ha suonato anche una variazione del Trillo del Diavolo. Era un pezzo molto particolare, famoso perché solo una persona lo sapeva davvero suonare: Niccolò Paganini". Ora, basti dire che il "Trillo del Diavolo" è una sonata per violino e basso continuo (quella in sol minore) scritta da Giuseppe Tartini (1692 - 1770), famosa appunto per essere tecnicamente molto impegnativa, e non quindi opera di Paganini (ma va bene, si sarà confuso con la "Risata del Diavolo"), ma soprattutto che non si può immaginare un Bowie lui soltanto capace di suonare un pezzo, per quanto difficile, di Paganini, a cominciare dal fatto che esistono violinisti grandi interpreti di Paganini, tra i quali il migliore è considerato il torinese Salvatore Accardo, che vampiro non è, né tanto meno una reincarnazione di Paganini. Non starei ad approfondire oltre una simile testimonianza, se vera o se fasulla. A rendere ancora più incredibile chi ha pensato che Bowie fosse la reincarnazione di Paganini nonché un autentico vampiro, c'è anche il racconto di un certo Lorenzo De Balzi nel programma "itinerari del vino" (2000): "Io lavoravo a Candeli quando ci fu la cosa del matrimonio di Bowie, lavoravo nell'hotel dove Bowie venne a festeggiare, dopo essersi sposato. Era un'estate calda, era il giugno del 1992 e Bowie requisì tutto l'hotel, lo volle tutto per sé, però tenne per sé proprio una stanza specifica, che era la stanza in cui aveva dormito il maestro Niccolò Paganini. Alcuni giorni dopo Bowie ebbe un dolore ai denti, stette male per i denti e allora andò da un dentista qui del luogo, il dottor (bip censorio) e niente... Fu visitato e guarì, insomma, fu risolto il problema. Poi si venne a sapere che lo studio del dottor (bip censorio) fu svaligiato e soprattutto non si trovarono più, non vennero più trovate le lastre dei denti di Bowie, perché evidentemente le avevano trafugate... cioè, guarda che cosa farebbero questi fan, farebbero di tutto per avere le foto anche dei denti del loro cantante favorito..." Davvero dei fan di Bowie rischierebbero tanto, capaci di svaligiare lo studio di un dentista improvvisandosi ladri professionisti, pur di avere una lastra dei denti di Bowie? O fu Bowie stesso, magari su ordine del suo "angelo custode" Coco Schwab, a mandare qualcuno a prendere quella lastra che avrebbe comprovata la vampiresca presenza di zanne retrattili? Ma va bene anche così, a raccontare Bowie anche con un po' del nostro italico folclore. Carlo Lucarelli insisterà con la storia di Bowie e il vampiro anche in un programma radiofonico su Radio Deejay, Dee Giallo. Storia che naturalmente va capita nel verso giusto, tra il metaforico e l'ironico, non certo perché vera.

Lucio Battisti (che, qualcuno ha detto Bowie riconoscere come un pari grado, cioè un genio senza cittadinanza) fu più volte nominato come il suo musicista italiano preferito. Nel 1997 parrebbe che Bowie definisse Lou Reed e Lucio Battisti i migliori cantanti del mondo ("Lucio Battisti. Discografia mondiale" di Michele Neri). In effetti Bowie ammirava Lucio Battisti, di cui pare avesse non uno, ma più dischi se non tutti. Sono un romantico e della musica leggera italiana mi piace tutto quello che ha fatto Lucio Battisti, aveva affermato. Due agosto 1973: alla periferia di Roma, sulla via per Bracciano, nella ottocentesca Villa San Nicola, in località La Storta, chi in treno, chi in aereo, giunse la "corte" di David Bowie, che aveva da poco terminate le registrazioni di allo Château d’Hérouville, a trenta chilometri da Parigi. Tra i tanti, spiccavano Mick Ronson e la sua fidanzata Suzi Fussey, parrucchiera personale di Ziggy Stardust. Bowie ricevette alcuni Vip della musica italiana, tra cui Patty Pravo, che ricorda un incontro “molto piacevole”, "persone deliziose", “una bella casa, con una bella piscina”. Piscina più, piscina meno, Bowie, che per altro non sapeva nuotare, non vi soggiornò a lungo, ripartendo per Londra il 7 agosto, dove era atteso per finire di mixare l'album Pin Ups. Rimase in Italia il resto della compagnia. Suzi e Mick passarono il loro tempo da innamorati perdendosi per le vie e i quartieri di Roma, tra osterie e rovine del tempo. Furono conquistati anche dalla musica italiana di quel momento. Due canzoni soprattutto divennero la colonna sonora di quel loro periodo romano: Io vorrei… non vorrei… ma se vuoi di Lucio Battisti e Io me ne andrei di Claudio Baglioni. Entrambe Mick Ronson rifarà con i titoli di Music is lethal e The empty bed, comprese nei suoi primi due album da solista. Baglioni fu lusingato dalla versione di Ronson. Di Battisti non si sa. Per Music is lethal Ronson chiese a Bowie di scrivere un testo in inglese.

Seguendo tuttavia la vedova Suzi Fussey-Ronson, sembra un'altra la genesi della cover di Mick. Suzi Ronson dichiarò nel 2008 (Mick deceduto nel 1993) di aver scritto di suo pugno il testo della cover, anche se nei crediti si era sempre letto il nome di David Bowie. Rivelò Suzi: "Il testo è mio, non di David! Io e Mick ci siamo innamorati in Italia e abbiamo ascoltato un sacco di musica italiana. Ecco perché lui ha registrato quella canzone di Lucio Battisti". Il che spiega il perché della scelta di Ronson, nel suo secondo album successivo, di un ulteriore remake di un successo italiano di quel periodo, questa volta di "Io me ne andrei" di Claudio Baglioni reintitolata "The empty bed". "The empty bed", sui crediti del disco, è firmata, ovviamente, Claudio Baglioni e Antonio Coggio per la musica, e Ronson per il testo. Che il testo l'abbia scritto Mick oppure Suzi Ronson, o che l'abbiano scritto insieme, poco fa. Piuttosto, dopo tanti anni, si può anche fare confusione, su chi piuttosto abbia riscritto il testo di "Io vorrei... non vorrei... ma se vuoi" piuttosto che quello di "The empty bed". Di fatto "Music is lethal" ("Io vorrei... non vorrei... ma se vuoi") è stato attribuito a Bowie sulla copertina del disco di Ronson e questo pone fine a ogni questione. Perché Bowie torni a cantare in italiano una seconda e ultima volta, bisognerà attendere il 1986 e un'altrettanto non fortunatissima "Volare (Nel blu dipinto di blu)" di Modugno e Migliacci nel film di "Absolute Beginners" e relativa colonna sonora.

MUSIC IS LETHAL Battisti/Bowie

My friend myself Boredoms hero of the alleys Stumble falling to a winsome table in search of wine

Mulatto hookers, Cocaine bookers, Troubled husbands Stolen freedoms, that only evening unfolds to shine

Through the twisting inn of screaming pleasure Two wet lips of infant leisure smiled Could I grasp at the stars? As they play your night blue hair

Sable eyes, Ebony thighs She shines forever Dancer be, dancing free She shines for me

So a masked man should mourn The passing of night time The long metal dirge We were prisoners no more Of the near fallen angels She will shine on for me

Let the panting begin Though the music is lethal Let the night take me in You know the daybreak shall win She will shine on forever He will shine on for me

While jeering waiters grope at your shoulders I drink your kisses Exquisite room, my charming tomb I see the man

With marble hands Your smooth pimp, piranha Cradles my swimming head Cracks his glass, into my face, I'm thrown away

And then I'm tossed a' bleeding out on the street And ask me, John do I have to drag you away? And I curse where I lay Have made me bow with thanks some day

Ten thousand engines skid unwielding Puncture my Bait and taunt For me to run, back to my rooms

Though the bad taste of sleep Clutching my pillow In anger I weep She will cry on my chest She will shine on forever She will shine on for me

Let the tempting begin Though the music is lethal Let the night take me in Though the daybreak shall win She will shine on forever She will shine on for me

Prima del 1969 Bowie parrebbe non aver avuto significativi rapporti col Bel Paese, diretti o indiretti, a parte quello con scarpe e vestiti e con la Fiat 500 del padre. Fu proprio sulla sua 500, stipatissima, come racconta John "Hutch" Hutchinson in "Bowie & Hutch", che Haywood Jones accompagnò il figlio ventenne nel suo primo trasloco dalla casa di famiglia alla stanza offertagli dal manager Kenneth Pitt nella propria abitazione in Street. Una Fiat 500 che Bowie guidava anche in prestito, come si legge da un ricordo di Dana Gillespie del 1969. "David e Angie vennero a prendermi a casa di mia madre sulla strada per Wolverhampton in una Fiat 500 con alcuni diffusori acustici legati pericolosamente al vento sul tettuccio". Bowie ebbe molte automobili, ma tutto sommato abbastanza "normali", senza avere mai il gusto o la passione di collezionarne o di averne di eccessivamente esclusive. È famosa la Mini Cooper dalla livrea completamente cromata, anche vetri e interni, che Bowie ha realizzato nel 1999 come omaggio per il quarantennale della mitica vettura di Alec Issigonis, oggi esposta al BMW Museum di Monaco. Non sappiamo se Bowie ne ebbe una, di Mini; sicuramente - visto l'omaggio - vi era affezionato, la guidò e, a quanto risulta da una fotografia, non datata, sulle Mini vi lavorò per un periodo. La foto in questione lo ritrae al lavoro alla catena di montaggio della Mini Mark-I (costruita tra il 1959 e il 1967). Nessuna notizia finora mi pare sia ancora mai circolata su questo altro pezzo di passato di un Bowie operaio alla British Motor Company. Sappiamo invece che girò in lungo e in largo l'Inghilterra per suonare in piccoli club, dormendo e praticamente vivendo dentro un'ambulanza riadattata, un Morris J2. Auto italiane o no, viene ed è venuto a molti anche il desiderio di curiosare tra le sue automobili e le sue motociclette.

Lontano ancora dal posare su una Harley o dal firmare il serbatoio di una potentissima - persino eccessiva - Hoss Boss V8, circola una foto di metà anni Sessanta che ritrae Bowie a cavallo di una Lambretta insieme a una ragazza sconosciuta. La Lambretta è stata un prodotto italiano della Innocenti simbolo in particolare di quella generazione di giovani appartenenti alla corrente (taluni direbbero subcultura) detta dei mods. La cultura mod si sviluppò a Londra nei tardi anni cinquanta e raggiunse il picco di popolarità nei sessanta. Gli elementi significativi dei mods della Golden Era (1962-1965) erano il look curato e innovativo, la musica afroamericana e giamaicana (il soul, il rhythm and blues e lo ska) e la musica beat, le notti intere a ballare nei club notturni (aiutati dalle amfetamine), l'abbigliamento italiano degli anni sessanta e la cura maniacale per il look, gli scooter italiani (Vespa e Lambretta), spesso adornati con molte luci, specchietti e cromature supplementari per richiamare l'attenzione. Bowie ebbe soprattutto varie Mercedes (600 Landaulet decapottabile, 450 SEL, 230 SL coupè, nota anche come Pagoda..., la Jaguar XKE o E-Type del periodo "" da Bowie battezzata "The Big Cat" e una Jaguar XK, una Rolls Royce Silver Ghost degli anni '20 (ma è solo una foto in cui Bowie vi posa vicino negli anni di Ziggy Stardust e non è detto che gli appartenesse) fino alle più recenti Lincoln Town Car L terza generazione e una Ford Mustang. Di italiana solo la Volvo 262C Bertone del 1981, una svedese firmata dalla carrozzeria torinese e assemblata interamente nello stabilimento di Torino, nera, venduta dopo la sua morte all'asta per 180 mila euro. Il musicista e scrittore Carlo Zannetti nel suo libro "Il tormento del talento" racconta di aver visto Bowie nei pressi di Oxford Street a Londra in un giorno di novembre alla fine degli anni '80: "...vidi delle ragazze che correvano verso di me. Sembravano pazze. Io in quel momento sostavo in piedi vicino a un semaforo... In contemporanea sopraggiungeva una rumorosa Ferrari nera che precedeva di poco quel gruppo di giovani urlanti e che, dopo qualche metro, si fermò proprio di fronte a me. I suoi occhi incrociarono i miei per un secondo, era lui, era David Bowie. Era davvero bellissimo, quasi sembrava un manichino. Per sua fortuna il semaforo divenne subito verde, perché stava rischiando di essere raggiunto e quindi di trovarsi qualche ospite non gradito all’interno della sua lussuosa automobile". Prima di questa testimonianza non era mai trapelato nulla sul possesso di Bowie di una italianissima Ferrari, né mai una sua passione per auto corsaiole. Per altro pare che avesse una menomazione visiva all'occhio di apparente colore diverso a causa della midriasi permanente causatagli da un pugno del compagno di scuola George Underwood. Una volta Bowie dichiarò che da quell'occhio non vedeva l'avvicinarsi o l'allontanarsi delle cose come in una normale vista prospettica, ma vedendole diventare man mano più grandi o più piccole. La scrittrice Elena Stancanelli su La Repubblica, parlando degli occhi di Bowie si interroga: Ma lui? David Bowie vedeva le stesse cose che vediamo noi, nello stesso modo? No, ovviamente. La luce e la profondità, viste da quei due magnifici occhi, erano alterate. La distanza tra le cose, le prospettive, la luccicanza. Nonostante l'adattamento a questa condizione, non credo che guidare alle alte velocità con quel problema potesse essere desiderabile né così sicuro per Bowie. Insomma, tutto men che godersi davvero una Ferrari. E infatti ebbe spesso degli autisti, fu visto guidare automobili più "classiche" e "tranquille" e, dopo il matrimonio, come da lui ammesso, lasciava spesso e volentieri il volante a Iman. Quanto al remix di “Miracle goodnight - Maserati Blunted Dub” ovviamente la Maserati non c'entra, ma un certo Tony Maserati, tecnico del suono e produttore noto sulla scena R&B e hip hop newyorchese di fine anni '80 e degli anni '90 (ha lavorato con Notorious B.I.G., Puff Daddy e Queen Latifah tra gli altri).

Di luoghi, cose o personaggi dell'Italia non c'è quasi mai traccia nelle canzoni di Bowie, anche se generalmente ricche di citazioni, né mai l'uso di anche una sola parola italiana. C'è un richiamo alle pubblicità di Benetton (più che a Oliviero Toscani, che 1982 al 2000, e nuovamente dal 2018, si è occupato della pubblicità della Benetton), in "" cantata in coppia con Al B. Sure (1993): Getting my facts from a Benetton ad I’m lookin’ thru African eyes Lit by the glare of an L.A. fire... Prendendo la mia realtà da una pubblicità della Benetton, guardo cogli occhi d’un africano, illuminato dal bagliore di un fuoco di Los Angeles.

La pubblicità in questione della Benetton mostrava il regista Spike Lee bianco a fronte di uno Schwarzenegger reso invece nero. Bowie scrisse la title track di "Black Tie White Noise" al rientro a Los Angeles dall'Italia, dopo il matrimonio con Iman. Proprio in quei giorni la città fu messa a ferro e fuoco dagli L.A. Riots e la canzone parla della rivolta della comunità nera a Los Angeles nel 1992, in seguito alla liberazione dei poliziotti bianchi responsabili del gratuito e selvaggio pestaggio di Rodney King, un automobilista di colore. Sei giorni di devastazioni e saccheggi che si conclusero il 4 maggio con un bilancio di 53 morti, centinaia di feriti e danni per un miliardo di dollari. In una intervista rilasciata a Steve Sutherland apparso nel 1993 sul New Musical Express a Bowie fu chiesto come mai avesse citato Benetton in "Black Tie White Noise". "Perché ho trovato sospetto che Spike Lee facesse qualcosa per loro. Sai, mi è sembrato che la lettura delle relazioni razziali attraverso la pubblicità della Benetton fosse quasi un insulto. Ma d'altra parte stiamo assumendo che ogni dichiarazione fatta debba essere altruista. Voglio dire, cosa conta di più davvero: l'altruismo o l'opportunismo? Me lo domando... Voglio dire, dal momento che ha umanizzato e dato dignità agli atleti neri, la Nike sta facendo un lavoro di promozione delle relazioni razziali migliore di quello del governo? Tutti amano Magic (Johnson), tutti amano questi ragazzi adesso, soprattutto perché la Nike li ha resi delle persone e li ha mostrati come delle celebrità invece di dire: "Tutti i neri sanno giocare a basket". Ha aperto un varco e li ha presentati come degli esseri umani in carne e ossa in grado di pensare e avere delle opinioni proprie, e questo ha molto seguito ed è qualcosa di molto seducente e, sì, naturalmente vende carichi e carichi di Nike. Ma ha fatto qualcosa anche nell'ambito delle relazioni razziali?" (Traduzione di Christian Caira da "Sono l'uomo delle stelle".

C'è una maschera italiana importante nella storia di Bowie ed è quella di Pierrot. Pierrot fu dapprima una sua piéce teatrale dal titolo "Pierrot in Turquoise or the Looking Glass Murders", la quale divenne anche un film cortometraggio. La pantomima, a fianco del mimo Lindsay Kemp, di Jack Birkett e di Annie Steiner (Colombina) rappresentò anche il debutto in teatro di Bowie all'Oxford New Theater il 28 dicembre 1967. Nota la fascinazione di Bowie per la maschera di Pierrot, così come ancora emerse nel costume di "Scary Monsters", vestito anche nel videoclip di "Ashes to ashes". Costato circa 250.000 sterline, all'epoca fu il video più costoso mai girato. In un'intervista rilasciata nel 2003 alla rivista Performing , Bowie spiegò che per "Ashes to ashes" si era ispirato al brano Inchworm, cantato da Danny Kaye nel film del 1952 Il favoloso Andersen. Bowie disse: «Amavo quella canzone da bambino ed è rimasta con me per sempre. Ci ritornavo spesso. Non credereste alla quantità di miei brani che sono una sorta di spin-off di quella canzone. Non che sia così evidente. Ma qualcosa come Ashes to Ashes non sarebbe successa se non fosse stato per Inchworm. C'è un elemento da filastrocca infantile in essa, e c'è qualcosa di così triste e commovente nell'insieme. Mi riporta indietro con la mente ai quei puri e sinceri sentimenti di tristezza che si hanno da bambini, e che da adulti sono così identificabili. C'è una connessione che può essere fatta tra l'essere un bambino di cinque anni che si sente un po' abbandonato, e la stessa sensazione che si può provare quando si hanno vent'anni. E così fece quella canzone con me». "Pierrot" venne ancora una volta citato nel video di "". In un’intervista del 1976, Bowie dichiarò:‘Sono Pierrot, sono ogni uomo io voglia essere. Quello che sto facendo è teatro e solamente teatro…Quello che vedete sul palcoscenico non è sinistro. È pura clownerie. Sto usando me stesso come una tela cercando di dipingervi la verità del nostro tempo”. Come si legge nelle enciclopedie, Pierrot in realtà non è una maschera originaria francese ma un francesismo che deriva dal personaggio italiano della commedia dell'arte, uno dei primi Zanni, Pedrolino, interpretato nella celebre Compagnia dei Gelosi da Giovanni Pellesini alla fine del Cinquecento. Il personaggio fu portato in Francia, dove entrò a far parte dei repertori delle Compagnie francesi con il nome di Pierrot grazie all'apporto di Giuseppe Geratoni che per primo lo introdusse nel 1673. E il primo grande Pierrot fu un italiano, Fabio Antonio Sticotti (1676-1741). In seguito il personaggio fu perfezionato dal figlio Antonio-Jean Sticotti (1715 -1772) che lo esportò anche in Germania. Gli Sticotti reinventarono e diedero nuova vita a questo personaggio adattandolo al gusto dei francesi e poi del pubblico delle corti europee. Nella versione francese Pierrot perse le caratteristiche di astuzia e doppiezza proprie dello Zanni per diventare il mimo malinconico innamorato della luna, quello che compare con il nome di Gilles nel celebre quadro di Antoine Watteau... Bowie scrisse anche alcune canzoni per il suo "Pierrot in Turquoise", tra cui "Columbine", rimasta a lungo una rarità. Amore di Pierrot, il che ci ricorda come Pierrot derivi da un Arlecchino, fu proprio Colombina, altra maschera veneziana della commedia dell'arte, spesso oggetto di attenzioni da parte del padrone Pantalone e causa della gelosia di Arlecchino. Il nome Colombina è citato per la prima volta nel testo: Cicalamento in canzonette ridicolose, o vero Trattato di matrimonio tra Buffetto e Colombina comici (1646) scritto dal celebre Carlo Cantù, inventore della maschera di Buffetto. Con il nome di Colombina debuttò nel 1683 Caterina Biancolelli figlia di una famiglia di comici dell'arte che per lungo tempo dominò la compagnia dei comici italiani in Francia. E in “Columbine” Bowie menziona anche la famosa maschera bergamasca di Arlecchino nata a metà del cinquecento con l'attore Alberto Naselli (o probabilmente Alberto Gavazzi) noto come Zan Ganassa .

Columbine my frail design I see you see me standing on my own Is it you that I'm walking through Should I retrace my point of view I'm left in clouded dreams of finding who Not Columbine Just incase you're my disguise I found yourself to my surprise I'm on the ground And it's Harlequin who fix me up Who catches you Who wanishes me From finding who You are

C'è poi un ricordo di Rodolfo "Rudy" Valentino nei versi di "Don't look down", che tuttavia scrisse Iggy Pop per "New Value" del 1979 e da lui ripresa nel 1984 in "Tonight".

I went this morning to the cemetary To see old Rudy Valentino buried Lipstick traces on his name He never looked down

Sono andato stamattina al cimitero A trovare il vecchio Rudy Valentino sepolto Tracce di rossetto sul suo nome Lui non ha mai guardato in basso

Rodolfo Valentino però era già nell'immaginario di Bowie quando nel 1971 formò la band "Arnold Corns", un nome che si ispirava al debut single "Arnold Layne" di Syd Barrett e i Pink Floyd. Gli Arnold Corns non furono altro che un B-side project o dry run (cioè un progetto pilota, invero di scarsissimo successo) per valutare l'impatto dell'evoluzione in qualcosa che diventerà Ziggy Stardust. Il nucleo dei futuri "Spiders from Mars" era qui già al completo: oltre a Bowie, Mick Ronson, e Mick Woodmansey erano presenti il chitarrista Mark Carr-Pritchard e il finto frontman Freddie Burretti "aka" Rodolfo Valentino (non inganni il cognome italianizzato di Frederick Burrett). Bowie aveva conosciuto il diciannovenne Burrett a El Sombrero, un locale alla moda di Kensington, nel 1970. Burrett era in realtà un sarto che possedeva un approccio alla sartoria elegante e fuori dal comune: venne notato da Bowie e da Angie per il suo abbigliamento appariscente proprio in un periodo in cui Bowie stava cercando un nuovo look, giocando con l'androginia e il non terrestre. Da questo incontro si generò il sodalizio artistico che avrebbe traghettato Bowie verso Ziggy Stardust, provandone prima gli effetti via Arnold Corns. Burretti creerà le mises per Ziggy Stardust, ispirandosi tra l'altro alle tute indossate da Alex e i suoi Drughi in "Arancia Meccanica" di Kubrick; suoi tra l'altro il patchwork indossato per l'esibizione di Starman nel 1972 alla BBC e il tailleur azzurro ghiaccio del videoclip di Life on Mars? Tutti abiti oggi conservati al Victoria and Albert Museum. Gli Arnold Corns con Burretti "uomo immagine" registrarono negli studi di Radio Luxemburg i demo di e Right on mother, quindi ai Trident Studios il singolo / seguito dal secondo singolo rimasto inedito fino al 1985 Man in the middle (cantato da "Valentino") e Looking for a friend. Il rapporto tra Bowie e Burretti si interruppe bruscamente nel 1974 forse per disaccordi finanziari. Bowie senz'altro apprezzava molte altre cose dell'Italia, se non particolarmente la musica, probabilmente a causa della lingua, che non conosceva: innanzi tutto la moda, l'arte e il design. Del resto Bowie entrò nel 1960 in un gruppo di studenti della Bromley Technical High School interessati all'arte (le sue doti creative furono incoraggiate dall'insegnante Owen Frampton, padre del chitarrista ) e nel luglio 1963 venne assunto come grafico presso la Design Group Limited, restandovi però per soli sei mesi. Bowie disegnava, dipingeva e scolpiva nel tempo libero. Tra i suoi artisti preferiti Tintoretto, John Bellany, Erich Heckel, Picasso, Michael Ray Charles, Egon Schiele (sua intenzione, non andata in porto nel 1978, fu quella di girare un film sulla vita del grande espressionista austriaco) e, al punto da metterlo al grado di Little Richard e William Burroughs, Eduardo Paolozzi (lo disse a Fabio Fazio a "Quelli che il calcio" nel 1999). F.F.: Lei è un grande appassionato d’arte, dipinge, scolpisce. Qual è l’incontro fondamentale della sua vita? Artistico, intendo. Una persona che l’ha cambiata, che le ha dato tante cose, di cui consiglierebbe a qualcuno di leggere qualcosa o di informarsi su qualcosa? D.B. (dopo aver menzionato Little Richard per la musica e William Burroughs per la letteratura): "Forse non sta a significare molto in Italia, non è molto importante. Ho incontrato uno scultore, un artista incredibile, Eduardo Paolozzi. Una persona eccezionale, importantissima”... Ma, in fondo, era vero: Paolozzi, scultore e incisore, non diceva molto - così come credo ancora non dica molto - in Italia; e, in fondo, sir Eduardo Paolozzi, anche se da famiglia di immigrati italiani, nacque nel distretto edimburghese di Leith e fu di fatto un britannico. Rimane Tintoretto "il furioso". E rimane il fatto che la prima scultura a lui dedicata gli è stata "nonostante tutto" tributata proprio dall'Italia in Italia, quasi un anno prima di quella realizzata da Andrew Sinclair e inaugurata ad Aylesbury, nel Buckinghamshire, con Ziggy Stardust in posizione centrale rispetto ai tanti altri volti e personaggi dell’artista britannico. I media britannici la presentarono parlandone come del primo monumento al mondo dedicato al Duca Bianco. Invece no. La prima statua del mondo a David Bowie è stata quella in marmo (costata 176 mila euro) presso l’Oasi di Campocatino, dove il regista Giovanni Veronesi girò il film “Il mio West”, cui partecipò lo stesso Bowie in veste di attore, affiancando Harvey Keitel, Leonardo Pieraccioni e Alessia Marcuzzi. Sul basamento è incisa la frase: "DAVID BOWIE - ORGOGLIOSI CHE ABBIA FREQUENTATO VAGLI SOTTO" Scultura dedicata a David Bowie ad Aylesbury - Buckinghamshire

Scultura dedicata a David Bowie - Oasi di Campocatino

In “” Bowie rispolvera due slang oscuri interpolando il Nadsat, linguaggio inventato da Anthony Burgess nel libro “Arancia Meccanica” e il Polari, inventato e usato dai gay inglesi degli anni '20 del '900 per comunicare all'interno della comunità senza correre il rischio di essere scoperti come omossessuali e quindi di finire in galera in quanto tali. La parola “polari” deriva dall'italiano “parlare” e include parole rimaste tali, cioè italiane, sebbene con altro significato (per es. “rozzo” è la “polizia”... “Veloce” invece la droga cosiddetta speed... da cui “nanti vellocet” o “in the rozz-shop”, nessuna anfetamina e dorme alla stazione di polizia. E dell'Italia in particolare Bowie apprezzava la moda e il design. Dopo la sua scomparsa sono stati venduti all'asta molti dei suoi beni di valore, frutto di anni di collezionismo d'arte e design (possedeva tra l'altro pezzi di Picasso, Duchamp, Damien Hirst, Henry Moore, Graham Sutherland, Frank Auerbach e Basquiat). E collezionava mobili e oggetti. Tra i suoi 400 pezzi battuti all'asta da Sotheby's nel novembre 2016, ben 100 gli arredi realizzati dal gruppo Memphis, il collettivo italiano di design e architettura fondato da Ettore Sottsass, attivo tra il 1981 e il 1987, tra i quali le librerie Carlton e Casablanca. Venduto invece per 257.000 sterline un radiofonografo stereofonico Brionvega RR126 progettato nel 1965 da Pier Giacomo e Achille Castiglioni. E ancora arredi firmati da Michele De Lucchi e Marco Zanini, tutte eccellenze del made in . «L’arte è l’unica cosa verso la quale io abbia mai nutrito il senso del possesso» disse Bowie.

Bowie vestì sovente capi di vestiario italiano, in particolare di Armani e Versace. L'uomo che dello stile ha fatto un vero e proprio marchio di fabbrica, iniziò a indossare alla Sinatra l'iconico "Borsalino" fin dalla metà dei Settanta, come ha detto Giuseppe Videtti, "tocco finale e indispensabile del dandy di una nuova fin de siécle". La Borsalino è un'azienda manufatturiera italiana la cui fondazione si deve ai fratelli Giuseppe e Lazzaro Borsalino nel 1857 con sede ad Alessandria. La manifattura Borsalino è rimasta negli anni fedele a un processo produttivo che, tramandato di generazione in generazione i suoi cappelli continuano a essere prodotti artigianalmente ad Alessandria a partire dalle fibre di pelo sottoposte a più di 50 passaggi manuali e 7 settimane di lavorazione; la realizzazione dei modelli in paglia, intrecciati manualmente, può invece richiedere fino a sei mesi per ogni singolo cappello. E l'ultimo Borsalino è stato quello delle ultime foto di Jimmy King durante l'ultima apparizione di Bowie in pubblico prima del musical "" il 7 dicembre 2015 a New York. La sua passione per le scarpe italiane invece risale perfino ai primi anni '60. In una intervista telefonica allo stilista britannico Alexander McQueen (sua tra l'altro le redingote costituita da una lacera bandiera inglese vestita da Bowie per la copertina di Earthling), Bowie ne parla con lui (da "Dazed & Confused Magazine, novembre 1996).

David Bowie: Armani o Versace?

Alexander McQueen: Marks and Spencer.

Per nessun altro come con Bowie ci si è scomodati a sondare ogni personale preferenza nei più disparati campi. Vanity Fair nel 2003 ottenne da Bowie e pubblicò una lista di 25 dischi (tra i suoi 2.500 vinili) preferiti "of all time". Sebbene presenti autori anche da Olanda, Germania, Francia, Russia, Giamaica... Nulla d'italiano... E se tra i suoi vinili preferiti c'è perfino la bizzarra ma "atroce" e stonatissima outsider Foster Jenkins... Amen. Forse tra i cd il risultato sarebbe stato diverso, ma nessuno ebbe a chiedergli anche una lista in tal senso. È andata meglio con i libri. Nella David Bowie's Top 100 books pubblicata da The Telegraph tre sono i libri di autori italiani: L'Inferno della Divina Commedia di Dante, A Grave for a Dolphin (scritto direttamente in lingua inglese) di Alberto Denti di Pirajno del 1956 e The Leopard (Il Gattopardo) di Giuseppe Tomasi Di Lampedusa del 1958. E c'è un solo musicista italiano di nascita tra i tanti che hanno collaborato con Bowie ed è Giorgio Moroder. Brian Eno e David Bowie erano a Berlino nel 1977, nello studio di registrazione Hansa Tonstudio, durante la lavorazione di "Heroes". Eno disse a Bowie: «Ho sentito il suono del futuro». E gli fece ascoltare I Feel Love di Donna Summer firmata e arrangiata da Moroder. Giorgio Moroder, nativo di Ortisei, trasferitosi a 27 anni a Berlino e poi a Monaco di Baviera, è stato uno di quei rari italiani che hanno avuto un'influenza innovativa internazionale sulla musica, nello specifico su quella da discoteca, introducendovi per primo una strumentazione elettronica. Moroder collaborò in seguito con Bowie, componendo la colonna sonora di "Cat People" (Il bacio della pantera), un film remake del 1982 di Paul Schrader con Nastassja Kinski. I due scrissero la title- track "Cat People (putting out fire)" e una seconda versione apparve sull'album di Bowie Let's Dance nel 1983. Nel 1981 il regista Paul Schrader chiese a Bowie di scrivere un tema musicale per un suo progetto cinematografico per il quale Moroder aveva già scritto la maggior parte delle musiche. Bowie allora scrisse un testo da adattare a una delle musiche scritte dal produttore. Il singolo raggiunse la posizione numero 26 in Gran Bretagna e la numero 67 in USA, miglior risultato per Bowie dopo Golden Years del 1975. La canzone balzò in vetta alla classifica in Nuova Zelanda, Svezia e Norvegia. Nel 1983 Bowie registrò nuovamente il brano per il suo album Let's Dance. Bowie avrebbe voluto inserire la versione originale della canzone nel suo disco, ma la MCA Records si rifiutò di concedergli i diritti, poiché non volevano che la concorrente EMI America, utilizzasse una delle canzoni di loro proprietà. A Monaco Bowie incontrò anche il regista Dario Argento. Così ricorderanno nel 1995, quando si reincontrarono una seconda volta testimoniato dalla presenza di Cesare Fiumi, che ne ha scritto in un suo articolo. . “Ricordi, David, ci siamo conosciuti una notte a Monaco di Baviera, nel ’78? Eravamo in un ristorante con Fassbinder. Stavo girando Suspiria". “Si, ricordo. Succedevano un sacco di cose in Germania in quegli anni, Berlino era come la Berlino degli anni ’20: da una parte la città del rinascimento artistico, dei neo-impressionisti, dall’altra la capitale dell’eroina, del film Christiane F., i ragazzi dello zoo di Berlino. Due realtà che vivevano una accanto all’altra”. Si incontreranno nuovamente nel 1995, dopo l'uscita di Outside e una settimana dopo l'uscita nelle sale de La Sindrome di Stendhal. Tuttavia, oltre a Moroder, c'è stato un altro importante, probabilmente il più importante, collaboratore di Bowie le cui origini sono italiane: ... Quella con Visconti, figlio di un carpentiere italo-americano, fu la collaborazione più duratura di Bowie che inizierà nel 1969 con Space Oddity e terminerà con l'ultimo album Black Star del 2016. Visconti ha prodotto e talvolta partecipato come strumentista in molti degli album di Bowie. Tony Visconti imparò la musica da suo padre, che suonava la fisarmonica e l'armonica e spesso in casa cantava canzoni italiane. Conobbe Bowie nel 1967 e, malgrado l'artista inglese in quel periodo non avesse ancora avuto successo, fu subito attratto dalla sua voce, dalle sue composizioni e dalla varietà dei suoi brani. Bowie era già considerato un artista particolarmente eccentrico, e la scelta di avere Visconti come produttore fu probabilmente dovuta al fatto che questi stava portando al successo Marc Bolan, a sua volta già noto per la sua estrema originalità.

Bowie non terrà in Italia alcun concerto fino al 1987. Invero nessuna star straniera aveva voglia di suonare in Italia durante il decennio dei '70, temendone gli anni di piombo e di pesanti conflitti politici e sociali. Spesso ai concerti scoppiavano incidenti, a cominciare dalla pretesa generalizzata che la musica dovesse essere di tutti e quindi gratuita. Per i dischi nostrani, meglio se di cantautori e meglio se ideologicamente impegnati, politicizzati, insomma "engagé", spesso si praticava il cosiddetto "prezzo politico". Chi non cantava canzoni politicamente e socialmente impegnate, veniva ostracizzato, messo al bando. Per molti anni Bowie (quello del periodo glam) non fu amato nell'Italia "machista" e omofobica che vedeva contrapporsi destre e sinistre estremizzate, né poi per via di certe dichiarazioni di Bowie su Hitler e sul fascismo/nazismo (periodo Duca Bianco). Perché Bowie venga in Italia più diffusamente apprezzato, bisognerà attendere l'uscita dell'album "Heroes". Bowie dichiarò in una intervista di non avere alcuna intenzione di suonare in Italia, non capendone la situazione politica particolarmente tesa. Con l'arrivo dei gruppi più famosi all'inizio dei '70 cominciò nello stivale anche la stagione degli incidenti. Nel settembre del 1970, nel poco capiente Palalido di Milano, i Rolling Stones ebbero una spiacevole esperienza: scoppiarono scontri e 63 giovani vennero arrestati. Il concerto dei Led Zeppelin, al Vigorelli di Milano nel 1971, fu funestato da una contestazione organizzata contro i "padroni della musica", identificati prima con gli organizzatori, poi con gli artisti stessi, come succederà ancora nel caso di Lou Reed a Roma, o di Carlos Santana a Milano nel 1975, il cui concerto fu interrotto addirittura dal lancio di molotov sul palco. Tra lacrimogeni dentro e fuori il Vigorelli, gli scontri tra polizia e manifestanti, le contestazioni, i lanci di oggetti contundenti, pompieri, sirene, la bolgia selvaggia, al concerto dei Led Zeppelin quel gran casino culminò nell'accensione di fuochi a ridosso del palco, rischiando di incendiare il legno e di trasformare il velodromo coi suoi 15 mila spettatori, in una trappola mortale. E casini ne scoppiavano anche ai concerti di autori nostrani. Ancora nel 1980, a Torino, fu fischiato e contestato da alcuni perfino De Andrè che "disimpegnato" proprio non si poteva dire. Chiunque avesse avuto all'epoca un po' di successo, subito veniva incolpato di fare musica “solo per i soldi". L'episodio più drammatico fu però quello del Parco Lambro nel 1976: qui i musicisti vennero duramente contestati, il palco venne occupato, furono assaltati gli stand e un vicino supermercato e seguirono duri scontri con la polizia. Cantanti come De Gregori e Guccini subirono addirittura un "processo" popolare da parte del pubblico. Passata questa fase, bisognerà aspettare gli anni '80 per vedere nuovamente e in santa pace la musica dal vivo in Italia. L'Italia venne insomma cancellata per una intera decade dai tour di artisti stranieri. A non suscitare simpatia per Bowie in Italia, a metà degli anni '70, c'erano anche state alcune sue dichiarazioni in merito a Hitler e al nazismo, e quel famoso saluto ai fans col braccio teso (e frainteso) in piedi sulla sua Mercedes 600 Landaulet... Negli anni ’70 Bowie salì anche alla ribalta per la sua fascinazione verso l'occultismo e il nazismo esoterico, associata a una forte dipendenza da cocaina e alcool, a psicosi paranoide e a disordinata alimentazione (per un periodo la sua dieta pare si basasse solo su latte e peperoni crudi). A causa del suo stato, di cose strane ne faceva e diceva non poche, spesso poi ritrattate, e per il solo gusto di provocare. Viaggiando verso l’Unione Sovietica, Bowie venne trovato alla frontiera tra Polonia e URSS con alcuni libri di Goebbels e di Speer. I giornali lo dipinsero come un uomo ossessionato dal nazismo e da Nietzsche (quel Nietzsche per altro già troppe volte distorto e confuso come ispiratore del nazismo). A Playboy l’artista raccontò che Hitler era stata la prima grande rockstar e il nazionalsocialismo una splendida iniezione di morale. Poi ci fu quel saluto nazista in piedi sulla Mercedes Pullmann Laundaulet 600 “intercettato” e male interpretato da uno scatto a chiusura di un concerto del 1976, che fece esplodere altrettante polemiche. Winona Williams descrisse un Bowie a Berlino che componeva alcuni dei suoi capolavori alla scrivania appartenuta a Goebbels, ministro della propaganda del Terzo Reich. La Williams parlò di un Bowie interessato alla storia e all’estetica nazista ma non antisemita, né politicamente o moralmente vicino al nazismo. I tabloid scandalistici specularono sulle presunte tendenze naziste del cantante, alimentate da affermazioni come quelle riferite da Playboy e New Musical Express. Bowie disse anche: «Avevo scritto una canzone intitolata che parlava dell'Homo Superior e attraverso di essa mi sono interessato al nazismo. Sono sopraffatto dai loro metodi diabolici. Non c'è spazio nella mia testa per la loro teoria, gli effetti osceni, il terribile disprezzo per la vita umana». Basato su un riff di chitarra regalato da Jimmy Page a Bowie nel '65, The supermen, apparsa nel 1970 nell'album "The man who sold the world"è intrisa delle influenze nietzschiane. In questo periodo il cantante si era dedicato alla lettura di Al di là del bene e del male e Così parlò Zarathustra. “Ho sempre avuto un bisogno ripugnante di essere qualcosa di più che umano”, diceva il camaleontico Duca Bianco David Bowie in un’intervista rilasciata a Rolling Stones nel Febbraio 1976. Nietzsche scrisse a Torino i suoi ultimi libri: Il caso Wagner, Crepuscolo degli idoli, L’anticristo, Ecce Homo, Nietzsche contra Wagner e i Ditirambi di Dioniso), e Lettere da Torino. Di Nietzsche a Torino si ricorda l’aneddoto della sua follia esplosa il 3 gennaio 1889 quando vide un cocchiere frustare il cavallo e si gettò ad abbracciare l’animale. Qualche giorno dopo, l’amico Overbeck venne a prenderlo per portarlo a Basilea dove verrà ricoverato in una clinica per malattie mentali. Qui visse ancora del tempo in completa catatonia. Una vicenda biografica sicuramente nota anche a Bowie passando per le tragiche vite eterne dei superuomini dal pensiero che nessuna mente può sopportare e per la strana e pazza celebrazione in cui dolcemente muore un super dio.

Simpatie o no per Bowie in Italia in quel decennio, fu in ogni caso il periodo in cui nessuna star straniera volle comprensibilmente venire a suonare in Italia. Non amando volare e preferendo all'aereo i treni o le navi, David Bowie fece una brevissima tappa in Italia nella prima settimana dell’aprile del 1976, al porto di Genova, proveniente da New York sulla Leonardo Da Vinci e diretto poi in auto a Monaco di Baviera passando via Verona e Brennero per la prima data del tour europeo di Station To Station. Un giornalista del settimanale Sound, Ferdinando Fisher, lo incontrò assieme allo staff della RCA e lo intervistò. L’attore-cantante annunciava trattative in corso per un grosso concerto al Palasport di Roma sotto il patrocinio politico di Lotta Continua entro il mese di maggio. Sulla banchina erano schierate due limousine e un Ford Transit destinato ad accogliere una trentina di massicci bauli. Ad attenderlo la moglie Angie, il figlioletto Zowie e, tra gli altri, il produttore e regista Claudio Bonivento. Fisher racconta dei convenevoli allegri e informali, della visita alla cabina, di un caffè offerto (“Questo si è un vero fragrante caffè, non quella brodaglia acquosa americana” disse Bowie visibilmente soddisfatto e compiaciuto). Bowie raccontò di alcuni curiosi episodi avvenuti a bordo della nave (“Tutte le mattine un premuroso cameriere mi svegliava portandomi la colazione a letto e mi diceva con voce amorevole ma assai autoritaria – mangia tutto, capito? – forse era preoccupato della mia salute vedendomi così magro…”) e, dopo essersi scambiato dei regali con Zowie, avviò con Fisher l'intervista. Fisher chiese: Perché non suoni da noi? “Non ti nascondo che temo molto le reazioni del pubblico italiano. Dopo aver parlato con Lou Reed e saputo quello che gli è successo non vorrei correre inutili rischi: so che avete problemi politici interni di notevole entità e li rispetto, ma non è giusto che io venga coinvolto e che il mio show diventi un bersaglio”. Intervenne il discografico della RCA Carlo Basile: “Ci sono trattative in corso per un concerto di David a Roma al Palasport sotto il patrocinio politico di Lotta Continua; la manifestazione dovrebbe essere interamente controllata e gestita da loro per evitare il benché minimo incidente”. Rispose lo stesso David. ”Non so molto della vostra situazione politica ma credo di aver capito che questo partito vorrebbe organizzare lo spettacolo e sorvegliarne l’andamento. Ne sarei felice perché amo profondamente l’Italia e voglio esibirmi a tutti i costi nel vostro paese, ma voglio che il concerto si svolga all’insegna della massima tranquillità senza pericoli per l’incolumità dello staff dello show e degli spettatori. Comunque la RCA italiana sta cercando di mettere a punto questo accordo. Non ho nulla in contrario che siano loro ad organizzare le cose. Loro conoscono certamente la situazione meglio di me”. Fisher, alla fine dell'intervista, racconta che David gli chiese notizie su un sigaro italiano forte e “sbrozzoloso” (bitorzoloso) che normalmente si taglia in due: era il famoso sigaro toscano, che gli portò più tardi nel sontuoso hotel Columbia: “That’s what I want, thank you so much”. "Ferdinando, I really wanna play in Italy”, disse ancora Bowie a Ferdinando Fisher prima di partire per Monaco. Il concerto dello Station to Station tour a Roma alla fine non ci fu. Carlo Basile aveva cominciato a lavorare come discografico alla RCA italiana e, su sua accolta richiesta, proprio con David Bowie. Da una intervista di Marco Lucchi con Basile per l'australiana radio SBS Special Broadcasting Service, apprendiamo che Bowie lo definì pubblicamente come il solo amico che avesse in Italia. Accadde al Piper nel 1983 - racconta Basile - durante una conferenza stampa per la promozione di Let's dance (forse però fu nel 1987, perché non c'è traccia di un passaggio al Piper da parte di Bowie per promuovere Let's dance nel 1983, ma bensì di e del Tour nel 1987). Qualcuno dal pubblico chiese a Bowie se avesse qualche amico in Italia. Egli rispose: l'unico amico che conosco è Carlo Basile. Se è qui, alzi la mano. Basile c'era e ci fu un abbraccio pubblico. Basile, anche se Bowie aveva lasciato la RCA nei primi anni '80, fu da lui ricevuto affettuosamente in svariate altre occasioni, l'ultima al Festival di Sanremo. Nel 1976 Bowie esordì ufficialmente nel cinema e nella recitazione (anche se aveva già recitato in alcuni cortometraggi e in qualche apparizione non accreditata tra il 1967 e il 1970) con il film di fantascienza "L'uomo che cadde sulla terra" di Nicolas Roeg, dal romanzo di Walter Tevis. Un film che non si basava sui tipici effetti speciali del genere fantascientifico ma che, attraverso l'alieno umanoide e protagonista Thomas Jerome Newton, raccontava la solitudine, i timori e le sconfitte della civiltà d'oggi. La rockstar fu scelta per vestire quei panni perché già forte di una sua propria misteriosa e problematica immagine androgina e aliena, affermatasi negli anni di Ziggy Stardust, risultando perciò assai credibile come extraterrestre senza bisogno di particolari trucchi. Quel film segnò anche la fine del periodo losangelino, quello più difficile di Bowie con la cocaina, l'alcol e le molte paranoie legate al suo interesse verso l'occultismo e l'esoterismo, quindi l'inizio di un nuovo periodo che da "Station to Station" porterà - insieme alla disintossicazione - al capolavoro seminale definito "trittico" o "trilogia" berlinese. L'Italia conserva una maschera del viso di Bowie realizzata per il set del film. Il regista Nicolas Roeg aveva fatto modellare sul viso della star un calco in gesso dal quale poi riprodurre le maschere trasparenti che, nel film, donavano al già etereo Bowie un aspetto ancora più alieno in alcune sequenze rivelatorie della sua vera immagine non umana. Un calco che fu acquistato sul finire degli anni '90 dal giornalista Red Ronnie, oggi nella collezione dell'artista pavese Giovanni Fra, che lo ha anche prestato per una mostra tenutasi al Mondadori Store di piazza Duomo a Milano nel 2017, replicata poi all'Ariston per il Festival di Sanremo e a Imperia a Villa Paravelli. Una mostra ("David Bowie the Real Face") che ha ospitato altresì le opere di altri artisti italiani "innamorati" di David Bowie, tra i quali Marco Lodola, lo stesso Giovanna Fra, Bianca Lodola, Andy Fluon e Sergio Pappalettera. Una maschera originale, unica al mondo che Red Ronnie si era aggiudicata nel corso di un’asta di Sotheby’s e che mostrò con sorpresa a Bowie nel corso di una intervista televisiva: la estrasse da una grossa busta, la mostrò all’artista che, molto divertito, la sorresse «come un Amleto con il teschio». La maschera verrà riprodotta in copertina nel 2017 sul libro "Il corpo dell'artista (nel teatro e nelle arti)" di Silvia Urbini e Alessandro Pedersoli con i contributi di Antonella Huber, Veronica Ceruti, Angela Vettese, Giuseppe Virelli, Shelton Waldrep, Luca Scarlini, Lucio Spaziante: uno dei tanti omaggi italiani a un impareggiabile artista. Un libro che ruota intorno al tema della messa in scena da parte di Bowie di corpo e immagine elevati a territorio di sperimentazione fondamentale nell'espressione della propria opera.

Nel 1977 Bowie venne a Roma per presentare "Heroes" (ma niente concerti) ospite di "Odeon - Tutto quanto fa spettacolo", un rotocalco televisivo creato dai giornalisti Brando Giordani ed Emilio Ravel per la Rai del TG2. Bowie interpretò "Heroes" e "" al piano, al mellotron e al synth, uno Steelphon S900. "Sono apolitico. Tutto quello che dico è provocatorio. È un pretesto per fare del teatro" ebbe qui occasione di dire. "Nella mia famiglia la maggioranza sono pazzi e sono già in manicomio o ci stanno andando o ne sono appena usciti. Vorrei poter pensare che la pazzia dipenda dal fatto che la nostra famiglia è costituita da geni. Ma temo che non sia vero". E chiudeva così: "Non ho la minima idea di cosa sarò l'anno venturo: un pazzo scatenato, un figlio dei fiori, un dittatore o un reverendo. Chi lo sa?"

Sempre quell'anno, il 10 ottobre, rivelò in un’intervista al Corriere della Sera il suo sogno segreto: un grande concerto gratuito al Colosseo. «Sono ricco, non so nemmeno quanto. Voglio fare, l’anno prossimo, un concerto gratis a Roma, fra le rovine del Colosseo». Alla domanda se confermava di aver dichiarato al mensile Playboy di "credere fermamente nel fascismo" e che "il solo modo che abbiamo per vivificare questa specie di liberalismo stagnante è di accelerare l'avvento di una tirannide di destra che sia totalmente dittatoriale", Bowie rispose «No. Ad ogni modo le mie dichiarazioni non sono mai un fatto politico ma teatrale. Se ho detto qualcosa del genere mi riferivo all'assurdo stato di apatia culturale in cui versa l'Inghilterra».

Bowie ritornerà a Roma a maggio del 1979 rilasciando un'intervista televisiva a Fiorella Gentile per il programma L'Altra Domenica ideato e condotto da Renzo Arbore (tra i tanti italiani che pronunciavano Bowie con il tremendo Baui). "Perché vuoi sempre cambiare?" gli chiese Fiorella Gentile. "Non voglio diventare un vecchio reazionario", fu la risposta.

Un'altra lunga intervista su "Lodger" rilasciò a Ciao 2001 a cura di Aldo Bagli. In questa presentò Lodger come una sorta di miscuglio primitivo di stili che aveva finito per creare una amabile miscela. "Mah, in fondo credo che Lodger abbia sancito ufficialmente la nascita del Bowie-pop. Il Bowie-pop non è che la sintesi organica di tutte le mie precedenti esperienze musicali. Nel corso della mia vita artistica sono passato attraverso numerosi stili, avendo però sempre dentro di me l’intima convinzione di non rimanervi troppo attaccato. Ora sento invece l’esigenza di stare un po’ fermo, di racchiudermi in me stesso, di elaborare i dati raccolti e di farli confluire nel Bowie-pop. Per questo prevedo in futuro un discreto periodo di silenzio artistico durante il quale passerò in rassegna tutti i miei piani".

Per chiudere gli anni '70 di Bowie e l'Italia dobbiamo ora affrontare un mistero rimasto irrisolto da una decina di anni a questa parte. All'inizio degli anni 2010 apparve su eMule, noto software applicativo open source dedicato alla condivisione dei file basato sul peer to peer, uno strumentale attribuito a David Bowie e Brian Eno, come outtake (qualcuno la ribattezzerà outfake) di Low o di Heroes. Le "outtakes" sono particolari tracce o versioni differenti di brani musicali non incluse nella versione finale di un album discografico. Il titolo di questa composizione è "Trieste". Nè Bowie, né Eno, né nessun altro si sono negli anni a seguire mai attribuiti la paternità di questa traccia che, invero, suona molto nello stile e nella strumentazione di Low del '77. Né mai è stata smentita. Semplicemente permane il mistero. E quindi anche il mistero di una simile titolazione alla città di Trieste. ANNI '80

Gli anni '80 per Bowie, anche se con tre dischi non molto amati all'epoca da coloro che lo avevano apprezzato e seguito negli anni '70, vedranno il suo traguardo al grado di superstar in tutto il mondo, finalmente anche in Italia. "Let's dance" fu il primo disco a vendere significativamente nella nostra penisola. Nonostante questo, le classifiche italiane con Bowie non sono mai state particolarmente generose. Ne scrive Walter Bianco sul sito velvetgoldmine, fun club italiano dal 1999. Bianco osserva che David Bowie non ha mai goduto di un grande successo in Italia, certamente non corrispondente alla sua statura artistica e i motivi possono essere vari: una certa lontananza di “feeling” tra il pubblico nostrano e il tipo di musica proposta da Bowie; e l’essere emerso in un periodo in cui in Italia erano altri i generi più seguiti. Nella "All Time Chart" della Hit Parade Italia tra i dischi più venduti di tutti i tempi nel paese risultano solo tre dischi di Bowie: Never let me down nel 1987 al 17° posto, Absolute Beginners al 21° e con i Queen al 193°. Tra le posizioni migliori Top 100 raggiunte e quelle nelle chart annuali, vediamo anno per anno (quindi negli anni di uscita) quali sono stati tra i primi cento dischi venduti da Bowie in Italia. Il singolo Space Oddity raggiunse il 54° posto nel 1969. Nessuna presenza nelle classifiche italiane per gli album Space Oddity, The man who sold the world, Hunky Dory, The rise and the fall of Ziggy Stardust and . raggiunse l'ottavo posto come miglior piazzamento e il trentaduesimo posto nella classifica annuale. Nulla per Pin-Ups. arrivò al 16° (55° nella annuale). (75° e 22° annuo nel 1975, quindi l'anno dopo la sua pubblicazione), non entrò tra i primi 100. Station to Station raggiunse il 16° (64° annuale), Low non pervenne, Stage (24° e 83° annuo nel 1978), Heroes (11° e 42° annuo), Lodger e Scary Monsters non vendettero abbastanza da entrare nella Top 100. Let's dance arrivò 5° (35° annuale), Tonight al 7° (59° annuale), l'antologia al 5° (30° annuale), Never let me down al 4° (24° annuale), all'11° (50° annuale). Gli anni '80 furono quindi il momento migliore per Bowie nelle classifiche italiane. E ancora: Black Tie White Noise fu al 6° posto (45° annuo), l'antologia ChangesBowie all'11° (41° annuo) nel 1990, Outside e Earthling non scalarono le prime 100 posizioni, Hours giunse al 9° posto (60° annuo). Heathen e Reality furono altri due dischi di Bowie che non entrarono nella Top 100 italiana. Dopo il lungo silenzio discografico andò meglio con che toccò il 2° posto (39° annuo). La scioccante notizia della scomparsa di Bowie all'indomani dell'uscita del suo ultimo disco portò infine il testamentario Black Star in Italia al 1° posto per la prima volta (20° annuo). Nonostante lo scarso successo immediato nelle vendite in Italia del trittico berlinese, lo stesso ebbe anche da noi un impatto fortissimo su chi faceva musica, influenzando notevolmente il nuovo corso del post-punk e della new wave. Bowie cominciò a ispirare una lunga schiera crescente di cantanti e gruppi italiani. Tutti i gruppi new wave italiani del decennio gli furono in qualche modo debitori dichiarandone le influenze, imitandone qualcosa sia musicalmente o nella voce, nel modo di cantare, sia nel look, sia pure nella gestualità. Poche le eccezioni. E in Italia iniziò anche la caccia al "David Bowie italiano", al cantante cioè che potesse essere considerato come la versione o incarnazione italiana di Bowie. Cosa questa che a volte diede origine a paragoni improbabili o perfino imbarazzanti. Si passò da Renato Zero a Cristiano Malgioglio per coloro che videro nel Bowie degli anni '70 soltanto un'icona della liberazione sul fronte omosessuale o bisessuale e una eccentricità glitter poco più che fine a se stessa, scambiando trucco, capelli e vestiti da androgino spaziale per un mero travestitismo proprio di un terzo sesso e basta. Nel 1973, quando Zero pubblicava il suo primo disco, fu anche l'anno semmai della "morte" di Ziggy Stardust. Lo stesso glitter rock o glam rock all'apice già veloce agonizzava.

Zero, presentando il suo album "Alt" nel 2016 disse scherzando: "Mi hanno definito il David Bowie italiano? Considerate piuttosto David Bowie il Renato Zero inglese!" Zero, se non che scherzando, non ha mai fatto suo questo paragone, del resto irrispettoso probabilmente per chiunque e sicuramente inutile (e un tantino "scivoloso"). "Per noi, il fatto di sapere che esistevano David Bowie e i Pink Floyd ci costringeva a fare lavori che non sfigurassero. Stesso discorso anche in Italia, con Battisti, Lucio Dalla, De Andrè... C'era concorrenza anche da noi: non si poteva fare a meno, altrimenti eri fuori. Oggi lo standard si è abbassato, gli artisti vanno in classifica al secondo posto con duemila copie vendute" ha ancora dichiarato Zero. E alla morte di Bowie: "Non verrà dimenticato. Ma preferirei che non avesse preso l'astronave e fosse ancora qui. Mi sarebbe piaciuto, tra 15 anni, incontrare un elegante vecchietto in un parco di Londra e dirgli balbettando: "Mr Bowie, sono un suo vecchio fan italiano. Grazie per l'ispirazione, grazie di tutto. Mi saluti i suoi amici su Marte". Il libro di Leo Mansueto, edito da Caratterimobili, "L'ultimo dei marziani. David Bowie raccontato dal italiano" spiega come l'artista inglese più di ogni altro abbia saputo lavorare lungo direzioni diverse, unendo con grande maturità alla ricerca musicale elementi provenienti dalla pittura, dal cinema e dalla danza. Per certi versi, si può dire che Bowie abbia portato a compimento la lezione di Elvis Presley, a cui da giovane diceva di ispirarsi, influenzando in maniera decisiva le icone della musica pop emerse negli anni '80. Ma anche la lezione di un altro grandissimo della musica (questa volta un italo-americano): . Per altro è noto che è proprio a "Frankie" (come dedica sul retro della copertina di Hunky Dory) che deve la creazione della sua canzone definita la più bella di ogni tempo, nonché la sua signature tune: Life on Mars? "Life on Mars?" nacque infatti come omaggio o forse vendetta sugli stessi accordi di "Comme d'habitude" di Claude François, a cui nel 1968 Bowie aveva tradotto in inglese e su commissione il testo in "Even a fool learns to love". Traduzione che non ebbe seguito, poiché fu preferita quella di nella celebre "My way", canzone presto cavallo di battaglia anche di Frank Sinatra. E Bowie, come crooner elegante e rubacuori, fu spesso associato a Frank. Al “Duca Bianco” fu anche offerto di recitare la parte di “The Voice” Frank Sinatra in una versione cinematografica sulla vita del cantante e attore scomparso nel 1998. Secondo alcune indiscrezioni riportate dal New York Daily News Bowie si disse molto interessato e lusingato per la proposta: "ho sempre ammirato la sua classe e il suo stile”, avrebbe infatti commentato.

Tra la fine degli anni '70 e l'inizio degli anni '80, con l'acclamarsi di Bowie e l'affermarsi anche in Italia del post-punk e della new wave, arrivò dunque anche la strana necessità di etichettare qualcuno e più di uno come il Bowie italiano. Tra i primi accadde con Fausto Rossi in arte Faust'O e con Renato Abate in arte Garbo. Mimma Schirosi ha scritto di Faust'O su OndaRock: Il suo esordio nel panorama musicale italiano è del 1978, con l'album Suicidio. Il disco, pubblicato con lo pseudonimo Faust'O, si impone per il suo stile originale e innovativo, ispirato alla new wave del periodo. I testi ripetuti in modo ossessivo, i ritmi nervosi e gli arrangiamenti musicali fuori dagli schemi di matrice glam fanno di Faust'O una sorta di David Bowie nostrano. Faust'O, nel suo secondo disco "Poco zucchero" del 1979, in cui i richiami ai padri del rock elettronico si avvertivano ancora chiaramente dopo il disco di debutto, soprattutto gli Ultravox e l'amato David Bowie, incise una canzone intitolata "In tua assenza", che nel testo è un esplicito omaggio a Bowie e alla sua "Breaking glass" da Low: "Ancora sono stato nella tua stanza / A rompere specchi / A rompere specchi / Nella tua stanza più segreta..." Taluni in quegli anni hanno invece visto in Garbo il Bowie italiano e ancora oggi è da tal'altri considerato uno dei suoi eredi italiani spirituali (a lui infine sarebbe stato assegnato il titolo definitivo di Bowie italiano). Un 45 giri promozionale della EMI italiana del 1983 aveva "Let's dance" sul lato A e "Generazione" di Garbo sul lato B. "Il fiume" del 1986 sembrò a molti contenere una citazione di Heroes. Naturalmente Garbo non ha mai smentito l'influenza di Bowie. "Adoravo Bowie, ma più quello di Hunky Dory e Ziggy Stardust. Certo, Heroes è un album indispensabile, come Remain in Light dei Talking Heads. Sono lavori che hanno aperto nuove dimensioni. Gli artisti non sono figli di nessuno, hanno dei papà e dei nonni che hanno aperto delle finestre. L’impresa miracolosa è riuscire ad aggiungere qualcosa a quelle illuminazioni" (da una intervista di Andrea Silenzi su Repubblica.it). E ancora: Domanda: A proposito, Bowie era comunque considerato il suo modello. Lo ha mai incontrato? Garbo: "Solo una volta, ma molto velocemente, nel 1983. Però una sera sono stato a cena con Iggy Pop, dopo un suo concerto a Milano. Eravamo a tavola con discografici e manager, io ero imbarazzato perché mi ha fissato tutta la sera. Mi ha rivolto la parola solo mentre andavamo via: 'Mi ricordi molto un mio amico', mi ha detto. Per me era un complimento".

"Piccoli Bowie d'Italia" si intitola un articolo della webzine "Rockit" di Renzo Stefanel, che vorrei ripercorrere: "È il periodo della storia del rock compreso tra il 1978 e il 1983: non più classic rock, non ancora anni '80. In sintesi, il regno del post punk. Molte furono le cose belle che in esso videro la luce, ma fu anche il periodo in cui in Italia fiorirono i seguaci di Bowie. Un’influenza esibita, ostentata, quasi un’appartenenza, un chiamarsi fuori ed essere alieni a quello che il nostro panorama musicale e sociale offriva." Anche Stefanel rileva la superficialità degli accostamenti fatti tra Bowie e Zero solo per una questione di "travestitismo" (che poi Bowie tutto fu meno che un cantante "en travesti") nonché il fatto che fino a “Low” e “Heroes” (e come anche già detto qui) Bowie in Italia - quell'Italia machista ed estremamente politicizzata della prima metà dei '70 - non era affatto considerato, oppure lo era ma negativamente. Annota ancora Stefanel: All’improvviso tutto cambiò. Grazie a due eventi: il primo, il servizio oggi impensabile che Odeon, un rotocalco tv su Rai2 di grande successo all’epoca, dedicò all’uscita di “Heroes”, nel 1977: tramite esso, gli italiani videro il nuovo Bowie futurista e decadente insieme, che peraltro dichiarava di aver “smesso di essere omosessuale”, con buona pace dei timori machisti. L’altro, nel 1981, fu il film “Christiane F. - Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino”, che allora segnò davvero un’epoca, in cui Bowie appare come forse l’unico punto di riferimento nella vita dei protagonisti: un suo concerto era una delle scene centrali del film e sua era la colonna sonora. Il fatto che il film fosse tratto da un romanzo autobiografico, poi, fece aumentare a dismisura le quotazioni di Bowie, già altissime per l’evidente tributo che tutta la generazione new wave gli pagava". Tra i primi artisti considerati tra i Bowie italiani bisogna menzionare anche Alberto Camerini, che omaggiò Bowie nel 1981 con la sua "Rock'n'Roll Robot": "Lui suona la chitarra in una rock'n'roll band" e "Johnny play " alludevano chiaramente al "Ziggy plays guitar" di "Ziggy Stardust". Poi la staffetta toccò al torinese Andrea Liberovici, figlio del compositore Sergio Liberovici e di Margot Galante Garrone del Cantacronache, il quale citò "V2 Schneider" in "Tira tira tira". Liberovici dichiarò: "Certo che Bowie mi ha influenzato. Soprattutto è stato uno dei primi nel secondo '900 a realizzare, attraverso i nuovi media, il grande sogno wagneriano dell'arte totale. Proprio questo mi colpì di lui, oltre a lavori come Heroes, Lodger, Scary Monsters: la capacità di realizzare, seppur in brevi tratti come sono le canzoni, il concetto di opera totale ovvero musica, testo, scene, costumi, storia ecc." Poi ancora toccò a Ivan Cattaneo, che su Rockol, a proposito di Bowie ha dichiarato: Tutti gli devono qualcosa, tutti abbiamo imparato da lui. È stato il maestro del trasformismo. Senza di lui non ci sarebbero stati , , Lady Gaga e tanti altri. Sono stati tutti a scuola da lui. Bowie ha insegnato a vestire la musica, a far sposare l'immagine con il rock. Per la musica, è stato un Picasso. Anzi, un Dalì! Era un artista a 360 gradi. Ha coniugato arte e musica, teatro e musica, poesia e musica. Ha unito i linguaggi, è stato il più grande. In ogni suo disco c'era un cambiamento non solo musicale, ma anche fisico ed estetico. Ci aveva abituati alla sua poliedricità. Un vero camaleonte. Era una star, una star aristocratica. E non a caso, si faceva chiamare il Duca Bianco... Senza stare a enumerare le moltissime band new wave dell'epoca che si ispiravano a Bowie, bisogna ricordare almeno un grande gruppo musicale come quello dei Matia Bazar che negli anni '80 si rinnovano nel suono e nel look a cominciare dal disco "Berlino, Parigi, Londra", passando dalla musica pop leggera a un raffinato rock elettronico d'appeal internazionale grazie anche al contributo del nuovo tastierista Mauro Sabbione, portatore della passione per Bowie. La canzone "Elettrochoc" fu rappresentata in televisione a "Domenica In" nel 1983: qui la Ruggiero esibì una gestualità bowiana quando mimò i gesti che Bowie, appresi forse alla scuola di Lindsay Kemp, compiva all'epoca di Ziggy Stardust in "".

Come abbiamo visto fin qui, Bowie è stato interpretato dagli italiani prima come il portatore e portavoce di una ostentazione provocatoria di più liberi costumi sessuali, poi come dandy raffinato e decadente riconosciuto a capo della cosiddetta new wave. Solo parti, dunque, di un tutto molto più sfaccettato e complesso, di un trasformismo camaleontico dalla genialità sperimentatrice invece inimitabile. La costante ricerca di nuovi suoni, di nuovi modi di fare musica porteranno altri all'accostamento - meno appariscente e più di sostanza - di Bowie allo sperimentatore poliedrico italiano Franco Battiato. E poi, con ulteriori debite differenze, ci sono Morgan e i Blu Vertigo, i quali hanno da sempre omaggiato Bowie, sia ricantandolo, sia dichiarandone la grandezza e l'influenza ricevuta. Il David Bowie Show "Andy & White Dukes" del 2018 è stata una rivisitazione di parte del suo repertorio e delle sue hit principali da parte di Andrea Fumagalli, in arte Andy Fluon, cofondatore dei Bluvertigo. «Non ho costruito uno spettacolo per emulare Bowie. È una mia visione. Per me è l’occasione di mettermi davanti, di fare il cantante secondo il suo repertorio, un’occasione di ulteriore ricerca che mi spinge verso cose che non ho ancora sperimentato» ha dichiarato Andy a Francesco Verni de Il Corriere della Sera, ricordando anche la volta che ebbero l'occasione di suonare prima di David Bowie a Lucca. «Ci siamo sfiorati con i Bluvertigo al Lucca Summer Festival del 2002. Una fortuna in più è stata che dovevano esserci i Travis tra noi e Bowie, ma si fece male il batterista e così abbiamo suonato prima di lui. Nel backstage è stato un onore conoscere i suoi musicisti, ma Bowie ci è solo sfrecciato davanti: aveva un’energia che muoveva le pareti». Anche Enrico Ruggeri ha spesso omaggiato Bowie. In una videointervista dichiarava: "Un musicista che non è un fan di David Bowie è un mezzo musicista". In "Punk prima di te" rifece per esempio e e nel 2016 dal vivo cantò Life On Mars? In omaggio al Duca Bianco, insieme ai rinnovati Decibel, porterà una dedicata "Lettera dal Duca" al Festival di Sanremo del 2018. Passano come rondini Possibilità e utopie Volano senza redini Come libere armonie. E non conosco più leggi di gravità Ostacoli e complessità Raggiungo un'altra dimensione Se chiudo gli occhi vedo l'infinito in me Supero i miei limiti più di quanto immagini Tu stai parlando a una persona che non c'è Silenziosa anima che questo sole illumina

I see the towns I see the mountains Here in my heart Fuori dal tempo A new frontier Another game to play

Passano vecchie immagini Indelebili su di noi Restano frasi e musica E quel battito sentirai Io non capisco più certe meschinità Le misere mediocrità Io vivo un'altra dimensione Se chiudi gli occhi vedi l'infinito in te E superi i tuoi limiti più di quanto immagini Ti accorgerai che un mondo spirituale c'è Fuoco dentro all'anima che tutto intorno illumina

I see the towns I see the mountains Here in my heart Fuori dal tempo A new frontier Another game to play I see the towns I see the mountains

Se chiudo gli occhi vedo l'infinito in me Supero i miei limiti più di quanto immagini

Down down, I see the wall falling Tra gli omaggi italiani va menzionato anche quello di Alice nel 2000 con una sua versione italiana di "", canzone scritta da Bowie con e Lyle Mays per il film "The falcon and the snowman", pubblicata nel 1985. Anche nel caso del remake di Alice, il testo è del tutto (o quasi del tutto) nuovo. This is not america, shala la la la qualcosa muore in te, qualcosa muore in me, ormai (this is not a miracle) siamo senza alcun potere fiori chiusi nel destino che non sbocciano, forse (this is not america) anche l'anima è virtuale? Ma il vento che piegava gli alberi mostrava le profondità di orizzonti e prospettive in noi For this is not america, Sha la la la la This is not america, no, this is not, Sha la la la la io non voglio consacrarmi a una vita che mi dà (this could be the biggest sky) solo paure e aggressività Qualcosa muore in te, qualcosa muore in me ma non (this could be a miracle) questo senso di eternità il vento che piegava gli alberi mostrava le profondità di orizzonti intangibili This is not america, Sha la la la la This is not america, no, this is not, Sha la la la la This is not america, no, this is not This is not america, no, this is not, Sha la la la la

Rai Tre dedicò una nuova intervista con David Bowie, andata in onda nella puntata di Mixer di Giovanni Minoli del 9 marzo 1981, fatta nel periodo successivo a The Elephant Man interpretato a teatro a Broadway da Bowie (debuttò il 23 settembre 1980), una piéce di Bernard Pomerance basata sulla biografia di Joseph Merrick. In questa intervista Bowie espresse il desiderio, prima o poi, di fare un film come regista. "Lavoro mese per mese senza fare piani con scadenze" affermò anche. E, purtroppo, l'occasione o il mese per mese per fare un film da regista non giunsero mai. Nel 1982 la RCA pubblicò un 33 giri dal titolo BOWIE RARE senza l'autorizzazione dell'artista, il quale dichiarerà di non aver apprezzato né compreso il gesto. I rapporti fra Bowie e la casa discografica erano ormai deteriorati da tempo, e il cantautore avrebbe di lì a poco firmato un contratto di esclusiva con la EMI, ponendo così fine a un sodalizio durato anni. La compilation contiene un mix di rarità provenienti dal periodo 1969-1980, come la versione in italiano di Space Oddity (Ragazzo solo, ragazza sola) e la versione in tedesco di Heroes. I brani presenti nella raccolta erano effettivamente di difficile reperibilità. La compilation, curata da Fabrizio Ferrucci e Carlo Basile della RCA italiana, masterizzata da Piero Mannucci, non è stata ancora mai ristampata in formato compact disc, ed è da tempo fuori catalogo. L'album, distribuito solo in Europa, raggiunse la posizione numero 34 in classifica in Gran Bretagna. "Bowie Rare è un lavoro in vinile intelligente, nuovissimo e made in Italy dalla testa ai piedi; è il lavoro che milioni di fans attendevano da tempo. Ci sono qui brani tra i meno masticati dal grosso pubblico, una montagna di b-sides logorati dal tempo e fatti rivivere per la delizia del rock'n'roll". Così scriveva Francesco Adinolfi su Ciao 2001.

Nonostante il buon successo nel 1983 in Italia di "Let's dance", Bowie non portò in Italia il suo "Serious Moonlight Tour". I posti più vicini per andarlo a vedere furono in Francia, a Lione o a Fréjus in Costa Azzurra. Nel 1984 fu la volta dell'album "Tonight" e del videoclip di "" co-diretto da Bowie insieme a , in cui lo scenario sembra ispirato alla pittura metafisica di Giorgio De Chirico. Non vi si riconosce un quadro in particolare, come da qualche parte si è concluso descrivendo la backing band che spunta fuori da un dipinto di De Chirico. C'è qualcosa di dechirichiano negli archi del palazzo sullo sfondo del video, che rievocano il fronte del Palazzo della Civiltà Italiana o della Civiltà del Lavoro nel quartiere Eur a Roma, esemplare connubio architettonico tra surrealismo e razionalismo. E nel volto dipinto di blu di Bowie, nel video come nella copertina del disco, non si può a meno di vedervi rievocare la faccia dipinta di blu di Modugno ancorché di Chagall. "Loving the Alien" sicuramente ci dice però che Bowie non aveva significativi rapporti ideali, intelletuali o spirituali con una certa Italia, quella cioè di Roma cattolica, con il cristianesimo nato appunto a Roma. Anzi, ne prendeva decisamente le distanze così come anche dal musulmanesimo e da qualunque altra religione in quanto tale. Bowie scrisse "Loving the Alien" in un momento nel quale provava un forte sentimento di rabbia verso le religioni costituite. Portava al collo un crocefisso d'argento come semplice porta fortuna, niente più di un amuleto di magia bianca. Dichiarò: Loving the Alien nasce dalla sensazione che gran parte della storia sia sbagliata, dal momento che viene riscritta continuamente, e che ci basiamo troppo sulle errate conoscenze che abbiamo accumulato... È stupefacente, se consideriamo tutte le erronee traduzioni della Bibbia, che le nostre vite siano condizionate da questa disinformazione e che a causa di essa siano morte tante persone. Così pensava allora Bowie del cristianesimo e del cattolicesimo, lui piuttosto coinvolto con il mondo dell’esoterismo, subendo anch'egli come molti altri artisti rock il fascino dell'Ordine Ermetico dell'Alba Dorata e di Aleister Crowley, al punto che tutta la sua carriera artistica è stata interpretata come un vero e proprio mito gnostico. Su Santa Romana Chiesa dichiarerà ancora: Tutta colpa di questa dannata chiesa cattolica, l’ho odiata fin da piccolo, che non ha consentito a ciascuno di giungere a Dio per la propria strada... E quelli che non erano d’accordo erano eretici e gnostici. Adesso il bisogno di spiritualità ha recuperato l’autodeterminazione e un nuovo primitivismo: tatuaggi, piercing, e altro ancora. Una posizione verso la chiesa cattolica rimasta sempre molto polemica, anche provocatoria, come sarà ancora nel videoclip di "The next day", per altro di una regista italiana naturalizzata canadese, Floria Sigismondi, ritenuto un attacco violento al cristianesimo e che alcuni fedeli accusarono di oscenità e blasfemia. Tuttavia Bowie, in quanto incarnazione di uno, nessuno e centomila, fu anche colui solo che in ginocchio recitò il Padre Nostro al concerto in onore dello scomparso , tenutosi il 20 aprile 1992 al Wembley Stadium di Londra. E Bowie, che piacque prima o poi a chiunque o quasi in ogni angolo del mondo, non dispiacque nemmeno alla chiesa , benché sue affermazioni come questa: Quello che trovo difficile è ciò in cui sono cresciuto, il cristianesimo che curva la spina dorsale ed esegue degli ordini. Sono un cristiano così cattivo. Non sono più un cristiano. Non posso fare a meno di pensare che gli inizi del cristianesimo non avessero nulla a che vedere con ciò che conosciamo oggi. Era una serie di consigli umanisti sulla vita e sulla sopravvivenza quotidiana. Il Nuovo Testamento è un libro censurato, con dei brani scelti, e si è lasciato da parte tutto ciò che si è ritrovato oggi nei manoscritti del Mar Morto, o il Vangelo di Tommaso. Penso che la parola di Cristo fosse più vicina a quella degli gnostici. L’istituzione dei Vangeli è stata un atto politico. I cristiani avevano in qualche modo bisogno di una Chiesa, di un canone, di una comunità per difendersi e a loro interessava demonizzare gli ebrei (Epok, 2003). Alla morte di Bowie messaggi di cordoglio arriveranno anche da influenti uomini di chiesa come nel tweet del cardinale Gianfranco Ravasi, che citava "Space Oddity"... May God's love be with you. E questo ribadisce che c'è stato un Bowie per tutti.

Due film con David Bowie, da noi in forte crescendo di popolarità, ottennero un buon successo in Italia, ma non nel complesso: Absolute Beginners e Labyrinth. Absolute Beginners è un film musicale diretto da Julien Temple tratto dal libro omonimo di Colin MacInnes sulla vita a Londra alla fine degli anni '50. Absolute Beginners ottenne bassi incassi al botteghino trascinando la casa di produzione Goldcrest, già provata dal recente fallimento del film Revolution, sull'orlo del baratro finanziario. Solo in seguito il film acquisì lo status di cult movie, in parte grazie alla sua colonna sonora. Nella colonna sonora Bowie, oltre alla title-track, cantò per la seconda e ultima volta in italiano, reinterpretando il successo planetario di "Nel blu dipinto di blu" (per molti semplicemente "Volare") di Domenico Modugno e Franco Migliacci. Non piacque a molti italiani questa rinnovata incursione di Bowie nella lingua italiana e quel "mi dipingevo le mani e le faccia di blu". Che poi, a dirla tutta, non fu nemmeno tra le peggiori delle pronunce italiane da parte di un cantante anglo-americano. Anche l'arrangiamento è stato a volte criticato, ma tutto sommato non perfettamente capito. Bowie ebbe l'intelligenza e la grazia di trattare una canzone così difficile, oramai monumentale, in una chiave lounge e leggera, divertita e divertente, sicuramente moderna, fondamentalmente umile rispetto a chi invece, di un classico di simili proporzioni, si sentirebbe in obbligo di farne un super arrangiamento magari non scevro di sinfonismi. Labyrinth - Dove tutto è possibile è un film fantastico diretto da , il creatore dei Muppets. Per il ruolo di fu scelto Bowie, sebbene inizialmente la produzione avesse pensato a Michael Jackson o a . E Bowie regalerà al film, insieme a , una colonna sonora ormai mitica. Anche il film Labyrinth si rivelò un fiasco al botteghino, incassando non molto negli Stati Uniti, ma la successiva trasposizione per l'home video lo consacrò come cult movie, tanto che nuove edizioni si sono succedute spesso a cadenza annuale nel periodo natalizio. Di uno dei brani della colonna sonora di "Labyrinth", , esiste una cover decisamente terribile fatta nel 2008 dall'alternative dance vocalist e producer Kelley Polar (all'anagrafe Micheal Kelly), violista classico di Providence. Il testo infatti è stato tradotto parzialmente in un italiano che somiglia le traduzioni automatiche di Google Translate e pronunciato anche peggio... Ho visto mio figlio... Parole incomprensibili... Il suo amore se n'è andato via / lasciato mio bambino triste... Parole incomprensibili... Poi bambino detto: Dance magic dance, jump baby jump... Finalmente arrivò il 1987: era l'anno di Never let me down e del Glass Spider Tour. David Bowie atterrò a Fiumicino e ad attenderlo all'aeroporto accorsero centinaia di giovani fans. Un servizio di Red Ronnie, ad attenderlo con loro, fissò quel momento. Fu il 24 marzo e Bowie non lo si intravede che appena, portato via velocemente su una sgommante Mercedes e super protetto dagli assalti dei fans, alcuni dei quali poi delusi intervistati da Red Ronnie. Prima di iniziare il Glass Spider Tour (prima data europea il 30 maggio a Rotterdam), David Bowie anticipò sia lo show che l'uscita dell'album Never Let Me Down in otto incontri con la stampa (showcase incluso) che si tennero, a partire dal 17 marzo 1987, nelle principali capitali del mondo, ossia , New York, Londra, Parigi, Madrid, Roma, Monaco e Amsterdam. A Roma Bowie incontrò la stampa e un piccolo gruppo di fans il 25 marzo, al Piper Club. Tutta la band, ad esclusione di Erdal Kizilcay, partecipò a quel mini-tour promozionale; due i brani eseguiti, Bang Bang e '87 and Cry, seguiti da circa venti minuti di domande e risposte con i giornalisti. Di quell’incontro rimangono alcuni report di qualche telegiornale, il ricordo di Red Ronnie che annunciò in televisione (a Domenica In) l’arrivo di David a Fiumicino (provocando una bella ressa di fans all’aeroporto) e soprattutto un 45 giri bootleg in vinile colorato che documenta quella giornata al Piper Club. Bowie interagì col pubblico italiano al Piper, ricevendo anche un anello da parte di una fan, prendendolo, apprezzandolo, ma declinando elegantemente. Poi, insistendo quella donna del pubblico, accettandolo e infilandoselo a un dito poco dopo l'attacco di '87 and cry. Qualcuno dal pubblico gli chiese se gli piacesse la musica italiana e Bowie rispose di sì e "I like Battisti, he's very good! He's nice!". Lo special curato da Red Ronnie terminò con una intervista a Umberto Tozzi, che a proposito di Bowie disse: è stato uno dei miei primi idoli dopo i Beatles e gli Stones, che erano però dei gruppi. Il primo mio idolo che non fosse quindi un gruppo. Ha un grande fascino, è uno degli artisti più interessanti da seguire ancora adesso. Dopo un paio di mesi gli stadi di alcune città italiane avrebbero accolto migliaia di persone accorse a vedere David e il suo mastodontico Glass Spider, da taluni per altro in seguito criticato proprio per le dimensioni da stadio non proprio ideali a garantire la qualità del suono e da qui il ritorno in seguito a luoghi più "raccolti" nel tour con i Tin Machine. L'ultima colossale tournée mondiale, il gigantismo della produzione diede a volte l'impressione di una certa confusione oltreché di un qualcosa di kitsch. Così rispose Bowie a questa osservazione fattagli da Famiglia Cristiana dopo la pubblicazione di Tin Machine I... "Credo che sarebbe meglio dimenticare per un po' quella tournée. A furia di parlarne, temo di lasciarmi coinvolgere dall'opinione generale piuttosto negativa. Alcuni aspetti di quello spettacolo erano notevoli e completamente nuovi. Abbiamo sbagliato a proporre un concerto così complesso negli stadi, anziché in auditorium per diecimila spettatori. Non è stata, comunque, una fatica inutile: non tutti i quadri sono capolavori" P.N. (con queste sole iniziali si firma l'autore dell'intervista): Nell'attuale tournée (con i Tin Machine) hai però scelto spazi più raccolti, fai pochi concerti e non vieni in Italia. Deludi così molti fan. D.B. : "Questo breve giro di concerti non è stato pensato per gli ascoltatori, ma per noi musicisti. Davanti a un pubblico meno numeroso vogliamo scoprire qual è la vera sostanza del gruppo: l'anno prossimo verremo sicuramente anche da voi. Nel vostro Paese mi trovo molto bene. E poi vesto all'italiana". Finalmente il primo concerto di Bowie in Italia arrivò il 9 giugno 1987 a Firenze. 45.000 spettatori si raccolsero nello stadio comunale oggi intitolato ad Artemio Franchi, un monumento nazionale progettato da Pier Luigi Nervi e Gioacchino Luigi Mellucci. Bowie arrivò all'aeroporto di Pisa alle 16 dell'8 giugno e in auto venne trasferito alle porte di Firenze in località Candeli per essere ospitato insieme al suo staff all'Hotel Villa La Massa, una palazzina del Seicento molto apprezzata dall'artista. Un articolo su La Repubblica del 10 giugno, scritto da Paolo Vagheggi, ci fa sapere anche qualche particolare di quella breve permanenza in attesa dello show. A Bowie fu riservata la suite lusso n. 34, arredata in stile settecentesco e con parati a fiori azzurri; passeggiò in giardino, chiacchierò con gli amici e nella notte, improvvisa, fece una puntata in discoteca al Central Park all'interno del parco delle Cascine. L'indomani, sveglia alle 10, colazione con caffelatte, brioche e uova. Avrebbe voluto dedicare la mattinata allo shopping, ma un incidente grave, per fortuna non mortale, aveva turbato tutti quel giorno: un tecnico dello staff, Mike Spyder, cadde da una impalcatura alta 15 metri mentre veniva montato il maxi palco, procurandosi fratture multiple e una prognosi di 40 giorni. Bowie quindi cambiò programma e rimase in hotel, dove ammirò - è scritto sempre nello stesso articolo - una Madonna del Verrocchio che dominava il ristorante della Villa, un tempo appartenente alla famiglia dei patrizi fiorentini Pecori Giraldi (Guglielmo Pecori Giraldi fu generale e Maresciallo d'Italia). Sappiamo anche cosa assaggiò quel giorno della cucina dello chef Paolo Giorgetti: pollo con noce di cocco, spaghetti al pesto, scaloppine e pasticcini. Infine, protetto dalle guardie del corpo e dagli addetti degli organizzatori italiani, Bowie fu accompagnato (un altro articolo riferisce che il trasferimento avvenne su un cellulare della polizia) allo stadio verso le 19. Qui rilasciò un paio di interviste televisive prima del concerto. La band era composta da , Peter Frampton, , Richard Cottel, Erdel Kizilcay, Alan Childs e 5 ballerini tra i quali la fidanzata di Bowie in quel periodo, Melissa Hurley. Bowie calava sulla scena su un filo d'acciaio dalla pancia del gigantesco ragno, sganciandosi simbolicamente dal suo passato tela di ragno, dibattendosi tra un pezzo e l'altro tra le lusinghe o tra le aggressioni di fantasmi da lui stessi creati nel corso della sua carriera, tra la realtà e l'irrealtà del rock e della rock stardom e i suoi cliché, archetipi e stereotipi. Fu un trionfo, quella, come anche le successive date italiane (e non solo). Dopo il concerto un cenone e prima di partire, spaghetti alla carbonara. Ma non sarà questo l'unico giornale a prestare particolare attenzione ai menù di Bowie in Italia.

Il maxi palco del rock theatre show con l'enorme ragno di plexiglass dalle 8 zampe luminose, tra decine di TIR e centinaia di addetti, andò quindi a Milano. La stessa sera suonò anche Peter Gabriel al Palatrussardi. Mercoledì 10 giugno 65.000 persone stiparono lo Stadio Meazza o San Siro di Milano. Duemila scelsero invece Peter Gabriel al Palatrussardi. Molti anche i VIP accorsi, tra i quali l'ex sindaco Carlo Tognoli, il politico Gianni De Michelis, lo scrittore Pier Vittorio Tondelli, l'autore di Altri libertini, romanzo di culto fra i giovani italiani degli anni ottanta, Dori Ghezzi, Nada... Bowie e Gabriel coronavano una settimana particolarmente ricca di appuntamenti importanti con la musica: dal venerdì precedente si erano già esibiti Prince, Simply Red e . Dal Corriere della Sera sappiamo solo che fu ospitato da alcuni conoscenti in una villa fuori Milano (pertanto non ci è dato sapere cosa mangiò in quel di Milano) e che in città fece sicuramente shopping come già altre volte. Milano non era dunque nuova per Bowie, abitando in quel periodo in Svizzera romanda, a Losanna, sul lago di Ginevra. Nonostante avesse ancora un appartamento a Chelsea a Londra, fin dal 1976 Bowie scelse la Svizzera come residenza per vivere più tranquillamente. E magari anche perché paradiso fiscale. Fino al 1982 in una villa a Blonay, sopra Vevey e a pochi chilometri da Montreux, vicino di casa del pittore Balthus (che per altro, Bowie intervistò nel 1994 collaborando fino al 1998 alla rivista d’arte Modern Painters, un’intervista preziosa, se pensiamo che Balthus era particolarmente restio a concedersi ai giornalisti) e di Oona O'Neill, figlia del drammaturgo Eugene O'Neill e moglie di Charlie Chaplin da poco vedova (e si mormora di una loro fugace relazione). Dal 1982 Bowie si trasferì nello Château du Signal, comprato all'editore Albert Mermoud, un castello di 20 camere a Epalinges, sopra Losanna. Vi rimase, assieme alla seconda moglie Iman Abdulmajid, fino alla loro partenza per New York nel 1998. Un castello in cui erano stati ospitati da Mermoud poeti e scrittori come Blaise Cendrars e Jacques Prévèrt. In Svizzera Bowie sicuramente si appassionò di sci. De 1982 girano alcune foto di lui e Coco Schwab a Breuil Cervinia nel comune di Valtournenche (Aosta), sia mentre sciano, sia all'esterno del ristorante Pavia. Da Montreux e da Losanna a Milano, la strada non è lunga. A Milano, quella Milano centro di poteri economici e tutta "da bere", Bowie fece sicuramente più viaggi e quindi incetta di abiti e oggetti di design (particolarmente quelli progettati e firmati dal gruppo Memphis). E quant'altro. Venne in seguito il doppio concerto a Roma del 15 e del 16 giugno allo stadio Flaminio: 40.000 gli spettatori a sera. I quotidiani romani non fornirono alcuna informazione in merito a quel soggiorno romano tra i due concerti. Sappiamo solo che la scaletta di Roma fu più avara, avendo Bowie suonato 24 dei 26 pezzi suonati a Firenze e a Milano: mancavano Heroes e New York's in love. Il 18 giugno Bowie arrivò a Torino. La scaletta di Torino allo Stadio Comunale, oggi Vittorio Pozzo, fu invece più ricca, forse perché si trattò dell'ultimo concerto prima di lasciare l'Europa. Fu l'unica data in cui, oltre a suonare tutti i 26 brani delle altre date, vi aggiunse una "Young Americans" non suonata nelle tappe di Firenze, Milano e Roma. Marinella Venegoni su La Stampa, il quotidiano torinese, riportò che i fans avevano iniziato a inondare piazza d'Armi fin dal primo pomeriggio e intorno alle sei si contavano almeno diecimila persone sul prato (altri scrivevano trentamila). Naturalmente io c'ero. E ci sarei stato anche prima a Milano, se quasi arrivati a destinazione non si fosse rotto il radiatore della R5 del mio amico Aldo in tangenziale per finire la serata portati dall'autosoccorso in una officina che, per ulteriore beffa, era nei pressi nel Palatrussardi dove si sentivano le note a metà concerto di Peter Gabriel che si tenne la stessa sera. Ma in effetti quel gigantismo c'era e quel Bowie atteso in Italia per così tanti anni, quel Bowie che avresti voluto conoscere di persona, stringergli la mano, chiedergli cose, quel Bowie era una piccolissima e lontanissima delusione dal punto di vista dello stadio in cui ero. Finito il concerto a Torino, molti ragazzi si spostarono verso il centro cittadino, a presidiare i portici davanti al prestigioso Turin Palace, in via Sacchi. Secondo Tripadvisor nel 2017 il Turin Palace a Torino verrà riconosciuto come il miglior hotel d’Italia, vincendo inoltre il «Travelers’ Choice Hotel Awards 2017 e aggiudicandosi anche la terza postazione a livello mondiale. Un manipolo di fans rimase ad aspettare Bowie fuori dal Turin Palace fino al mattino. Intanto, dentro l’albergo Bowie si rifocillava, dopo il concerto, con «un menù tutto di pasta: spaghetti con pomodoro fresco, basilico e aglio; tagliolini freschi ai funghi; pasta al forno cucinata in varie maniere. L’appostamento degli irriducibili si concluse poi con un buco nell’acqua. Depistati da una Mercedes blu parcheggiata in via Sacchi, davanti all’uscita dell’albergo, i fan non si accorsero che David Bowie stava lasciando il Turin Palace, alle 9,15 del mattino, dall’ingresso del garage a bordo di un fuoristrada. Non sappiamo se Bowie abbia conosciuto qualcos'altro di Torino oltre al Turin Palace. Da torinese mi piacerebbe molto saperlo, ma non vi sono al momento altre testimonianze. Probabile però che non ignorasse la storia dell'esordio della follia di Nietzsche avvenuto a Torino. O forse anche che a Torino vi nacque la pittura metafisica di De Chirico e sicuramente vi nacquero anche le sue amate Fiat 500 e Volvo 262c Bertone (progettata in Svezia ma interamente costruita a Torino). In quanto poi cultore dell'esoterismo in generale forse sapeva anche della leggenda della "Torino magica" al vertice dei due triangoli del bene e del male, quello bianco (con Parigi e Lione) e quello nero (con Los Angeles e Londra). Ma sono solo supposizioni. Negli anni '80 Bowie avrà invece un altro incontro con Torino, sebbene indiretto. E si tratterà, come vedremo, di una donna.

Dei concerti del Glass Spider Tour in Italia esistono ben cinque bootleg, tutti stampati e distribuiti pochi giorni dopo il tour italiano: Torino, 3 lp, Goodbye Europe (Wildcat records); A night with the Duke, Milano, 2 lp (Roar records); Extramilan (TPHP records); Waiting in the wind, Cinthia records, Roma, 2lp; Demanding Billy Dolls, box 3 singoli.

Torino o, se preferite, l'Italia, ritorna nella vita di Bowie in una donna. Possibile infatti che tra tante donne che ebbero una relazione con Bowie (un elenco più volte fatto dai media decisamente ragguardevole, specialmente per la quantità di donne bellissime e di grande personalità e notorietà) non vi sia stata anche qualche bellezza italiana? Bowie non era soltanto bello, ma emanava un fascino magnetico, tale che nessuna donna o quasi - ma anche uomini è stato detto - ne rimanessero immuni. Sidne Rome era statunitense, di Akron, anche se poi naturalizzata italiana. Amanda Lear, scoperta proprio da Bowie, lavorerà per molti anni in Italia, ma era nata a Hong Kong da padre marinaio britannico e madre di origini russo-mongole, poi cresciuta a Nizza. Amanda Lear testimonierà il periodo con Bowie in una intervista telefonica a Destini Incrociati di Radio 24... Mi volle conoscere dopo avermi visto sulla copertina del disco dei ... Lui mi convinse a darmi alla musica, fu lui a dirmi: “Hai una voce eccezionale, devi cantare”. Io non ci avrei mai pensato. E invece lui ci credeva davvero. Mi pagò corsi di canto e di ballo. Poi iniziai a cantare con lui, ho imparato tanto. Alla fine proprio in Germania incisi il mio primo disco. E lì ci lasciammo. Poco tempo dopo registrò insieme a Bowie la sua prima canzone intitolata Star, prodotta da Toni De Fries, mai pubblicata, esistente forse in un solo acetato 45 giri mai fatto ascoltare al mondo.

David è stato l'unico uomo con cui sono andata a letto che si truccava più di me. E ancora: David Bowie l'ho conosciuto che era un ignorante totale (sic), ho dovuto insegnargli tante cose: gli ho fatto conoscere l'espressionismo tedesco, il surrealismo e Salvador Dalì, Fritz Lang e il film Metropolis... però era un ragazzo molto sveglio, curioso, assorbiva tutto... Nessuna italiana vera, dunque, finora. Però un'italiana autentica Bowie ammirò particolarmente: era la torinese Patrizia Novarini, in arte Rosa Fumetto, pin-up spogliarellista, regina negli anni '70 del Crazy Horse di Alain Bernardin, da questi ingaggiata a Torino nel 1968. Su di lei, che con il suo caschetto nero venne definita l'incarnazione della Valentina di Guido Crepex, Bowie una volta si espresse: Non so, io volevo parlarle, toccarla, era come un sogno irraggiungibile. E Rosa Fumetto, in una intervista del 2010 a cura di Alessandro Dell'Orto, ricorda alcuni clienti abituali del Crazy Horse e il personaggio più particolare era proprio lui, David Bowie. Al suo arrivo si blocca il locale: ha i capelli rossi ed è truccato come un Ufo. I più assidui frequentatori... Duchamp e Salvador Dalì, Johnny Hallyday, David Bowie, i Rolling Stones, Richard Gere, Warren Betty, Fellini e De Sica. Agli anni '80, al periodo del film "Furyo" di Nagisa Oshima, di buon successo in Italia arrivando 39esimo tra i 100 film di maggiore incasso, risale anche una discreta e strana non frequentazione di Bowie e David Sylvian. Ed è un italiano, l'attore Carlo Verdone ad averne avuto forse per ora unico una conferma dalla voce stessa di Bowie. La domanda che i fans di Bowie (che spesso sono anche fans di David Sylvian, di Brian Eno e di Kate Bush) si sono spesso posta è la seguente: se Bowie e Eno hanno collaborato creando pietre preziose e miliari quali Low, Heroes, Lodger e Outside, perché non c'è mai stata occasione in cui Bowie incontrasse anche Kate oppure Sylvian? O meglio: si incontrarono, ma non è mai stato per una collaborazione. Eppure Bowie ha collezionato un bel po' di duetti anche dei più stravaganti, come quello con Bing Crosby. Alcune volte Bowie e Kate, come lei stessa dice, si incontrarono personalmente. E Kate omaggiò svariate volte Bowie, citandolo fra i suoi artisti più amati e rispettati a cui si è ispirata fin da giovanissima, uno dei suoi più grandi eroi. Entrambi, in tempi ovviamente diversi, ebbero per altro un comune maestro nel mimo Lindsay Kemp. Da parte di Bowie invece non si conoscono dichiarazioni in merito a Kate Bush. Non ci sono fotografie che li ritraggano anche una sola volta insieme, sebbene Bowie soprattutto sia stato fotografato ovunque e con chiunque. Negli anni '80 per molti David e Kate rappresentarono una sorta di coppia ideale. Non per niente nel 2007 a Vancouver fu messa in scena una pièce teatrale (“Kate Bowie”) di Maiko Bae Yamamoto e James Long in cui si immagina e rappresenta una collaborazione tra i due nell'anno ipotetico 1981, insieme reclusi in una dimora in qualche remoto angolo d'Inghilterra per la realizzazione di un loro disco. Già, chissà come sarebbe stato un loro disco, una loro canzone? C'è in ogni caso una canzone che Kate Bush dedicò a Bowie dal titolo “Humming”, un demo del 1975 e rimasterizzato nel 2018: Oh Davy, you may have many words / And many thoughts for you're near / You're so like a star upon me / So like a star upon me To be one in your garden / Humming, humming, humming... Poi c'è David Sylvian. E qui c'è un mistero per gli ammiratori di entrambi. I due David, in un qualche punto delle loro storie, sembra non siano riusciti a simpatizzare. Intanto Sylvian, all'anagrafe David Alan Batt, agli inizi si poteva pensare che si fosse scelto il nome d'arte Sylvian prendendolo da una canzone di Bowie, quella “Drive In saturday” in cui Aladdin Sane canta: “Cursing at the Astronette / Who stands in steel / By his cabinet / He's crashing out with Sylvian / The Bureau Supply / For ageing men” etc. (Imprecando contro l'Astronette / Che si trova, d'acciaio, vicino al suo armadietto / Lui si precipita fuori con Sylvian / L'Ufficio di Approvigionamento / Degli uomini che stanno invecchiando...) Questa canzone fu scritta da Bowie lungo la strada da Seattle a Phoenix dopo aver visto una serie di cupole con numerosi avvisi di pericolo di radiazioni. Bowie immaginò un mondo post-nucleare in cui i sopravissuti, avvelenati dalle radiazioni, dovevano reimparare a fare l'amore guardando vecchi film ai drive in. Astronettes, donne astronaute, era il nome di danzatori e danzatrici al concerto di Ziggy Stardust al Raimbow Theatre di Londra il 19 agosto 1972. “Sylvian” pare fosse il nome di un ballerino o di una ballerina delle Astronettes. Invece no. David Sylvian disse di avere omaggiato , il chitarrista militante nella band simbolo del glam rock americano, The . In effetti qualche vaga affinità musicale, ma soprattutto di look, c'era tra i primi dischi dei Japan (Adolescent Sex e Obscure Alternatives) e The New York Dolls. Eppure non torna la differenza tra Sylvain e Sylvian... Questa affermazione non sembra essere molto convincente, tant'è che certi brani dei Japan suonavano veramente troppo come la musica di Bowie. Anche i pochi omaggi dei Japan guardavano altrove, come per esempio ai Velvet Underground (con la cover di “All tomorrow's parties”), grandi ispiratori di Bowie. E in seguito, con “Quiet Life”, nei Japan e in Sylvian ci fu veramente tanta scuola /Roxy Music, un altro dei gruppi/artisti di dichiarata ispirazione per Bowie. O quel guardare a Berlino (“Suburban Berlin”) proprio nel 1978. E poi c'era “The Tenant” (Obscure Alternatives, 1978), un brano che non sarebbe mai esistito senza “Low” e in particolare “Warszawa”. Bowie non ha mai amato i suoi cloni. Verso Gary Numan emise un verdetto impietoso. Ma poi Sylvian sperimenterà e farà altro, conseguendo presto una propria cifra personalissima e altissima. David Sylvian, dopo la morte di Bowie, riferì su Facebook di averlo certamente in grande rispetto, ma di non ritenersi un esperto della sua produzione, la quale non aveva più ascoltato o seguito da decenni. Qualcuno poi gli domandò se avesse mai conosciuto di persona Bowie e Sylvian rispose di averlo incontrato una volta soltanto: aveva diciott'anni e si trovava in un nightclub privato. Bowie era con Marc Bolan la sera delle riprese del Marc Bolan Show. Non disse altro, né se vi fosse stata una qualche interazione. Era il 1977 e i Japan, attivi dal 1974, ancora non avevano inciso alcun disco. Poi il film del 1983 “Merry Xmas Mr. Lawrence” (Furyo) di Nagisa Oshima portò i due molto vicini a un incontro, a una collaborazione che in effetti, indirettamente, potrebbe essere considerata tale. Nel film recitano Bowie e Ryūichi Sakamoto e la colonna sonora, di Sakamoto, include quella struggente e indimenticabile “Forbidden Colours” cantata dal co-autore David Sylvian. Sylvian però sembra non aver mai incontrato Bowie né sul set né fuori, evidentemente collaborando solo con Sakamoto. Bowie, che nel corso del suo Serious Moonlight Tour del 1983 fu intervistato da Sakamoto, fece un'apparizione sulla televisione giapponese che innervosì Ryūichi, al piano per suonare le note di “Forbidden Colours”. E appena Ryūichi Sakamoto inziò a suonare quel tema, Bowie, aggirandosi insofferente intorno al piano, disse "Again? I'm already tired of it..." D'altro canto si era in quel periodo anche diffuso il videoclip di Forbidden Colours in cui, a un David Sylvian mentre canta, si avvicendano sequenze dal film. Ebbene, in nessuna di queste sequenze si vede anche solo di striscio David Bowie, al punto che i protagonisti principali del film sembrano essere Sakamoto, Takeshi Kitano e Tom Conti. All'epoca Sakamoto era poco più di un ex membro della semisconosciuta Yellow Magic Orchestra. La vera e unica star, anzi superstar del film era una soltanto: David Bowie. Perché non farlo apparire in quel video? Poi venne Carlo Verdone, con il suo racconto dell'incontro del 1991 con Bowie e Iman avuto insieme a Margherita Buy nella casa di Versace a Milano, più volte raccontato in svariate occasioni. L'ultima, più dettagliata, nel libro omaggio di autori vari “Rebels – David Bowie in 6 ritratti d'autore”. Verdone racconta che in quel periodo era totalmente preso dalla musica di David Sylvian. Chiese a Bowie cosa ne pensasse e rimase piuttosto incazzato per la risposta che ne ebbe.

“David Sylvian... mmm...” e alzò il sopracciglio. “Forse non le piace?” Non rispose. A un metro da noi (continua il racconto di Verdone) si trovava , che chiese a Bowie chi fosse Sylvian. E lui: “Mah... Un cantante biondo, che ama truccarsi e vestirsi come una donna; stava in un gruppo curioso di nome Japan”. “Ma non vi siete conosciuti ai tempi di Furyo. Sylvian scrisse con Sakamoto il tema principale del film, Forbidden Colours”, obiettai attonito. Non rispose. La conversazione tra Verdone e Bowie su Sylvian finiva qui.

Insomma, cosa mai sarà successo tra questi due grandissimi? E perché Bowie, solitamente molto generoso coi colleghi di cui avesse avuto stima, nel 1991 fu così sbrigativo e riduttivo nei confronti di un artista andato molto oltre gli esordi più o meno glitter-rock, collaborando anche con , il chitarrista dei King Crimson a cui tanto deve l'album Heroes, innovando e sperimentando anch'egli con dischi di assoluto valore e di indiscutibile originalità, divenendo lui stesso un importante riferimento per molti? Strano, davvero strano. Da queste poche notizie si può desumere solo che il loro rapporto sia iniziato e subito finito nel 1983, proprio con Furyo e con Forbidden Colours.

Con la fine degli anni '80 e l'inizio del nuovo decennio Bowie fondò la Tintoretto Music Publisher. Chiunque voglia suonare un pezzo di Bowie, è alla Tintoretto che deve chiedere autorizzazione e pagare i diritti d'autore. Ed ecco dunque un nuovo omaggio all'Italia. Bowie, nel 1987, acquistò da Colnaghi di Bond Street a Londra una pala d'altare di Tintoretto dipinta tra il 1560 e il 1570: era l'Annunciazione a Santa Caterina di Alessandria del suo martirio (e - curiosamente - Alexandria è stato il nome dato alla figlia avuta con Iman). Un'opera acquistata alla morte di Bowie e che probabilmente verrà esposta alla Biennale di Venezia nel 2019 insieme a una serie di opere di maestri fiamminghi influenzati da Tintoretto, tra cui Rubens, Van Dyck e Maerten de Vos. Dopo la morte di Bowie, la monumentale pala d'altare di Santa Caterina, dipinta nel 1570, fu acquistata all'asta di Sotheby's da un collezionista privato che, a pochi minuti dalla vendita, annunciò alla stampa mondiale che avrebbe prestato il dipinto a lungo termine alla casa di Rubens, un museo che Bowie stesso apprezzava molto. Quello che nemmeno il cantante britannico ha mai potuto sapere è che durante un esame tecnico della pala d'altare presso l'Istituto Reale per i Beni Culturali di Bruxelles (KIK-IRPA), è stato appurato che la tela di Tintoretto fu probabilmente solo opera del pittore e non, come si pensava, in parte della sua bottega. GLASS SPIDER TOUR SCALETTA DI FIRENZE 9 GIUGNO 1987

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SCALETTA MILANO 10 GIUGNO 1987

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SCALETTA ROMA 15 E 16 GIUGNO 1987 Up The Hill Backwards Glass Spider Up The Hill Backwards (reprise) Day In Day Out Bang Bang Absolute Beginners Loving The Alien China Girl Fashion Scary Monsters All The madmen Never Let Me Down Big Brother ’87 And Cry Time Will Crawl Beat Your Drums Son Of The Silent Age Dancing With The Big Boys Zeroes Let’s Dance Fame bis

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SCALETTA TORINO 18 GIUGNO 1987

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Il Daneb Star a Napoli, foto tratta da "NapoliToday", 13 gennaio 2016.

Bowie in quei tardi anni '80 viaggiava spesso per mare a bordo del suo yacht, il Deneb Star. Pare che navigasse prevalentemente nel Mediterraneo e lungo le coste italiane in particolare. Nel 1988 fu fotografato in visita alla piazzetta di Portofino in compagnia di Melissa Hurley. Il Secolo XIX lo ricorderà con un articolo dopo la sua scomparsa «Non alzava mai lo sguardo. David Bowie camminava con gli occhi bassi, in mezzo a un gruppone di gente, bodyguard e amici». Mauro Evangelista, titolare del Jolly, al numero 10 di calata Marconi, fruga nell’archivio della memoria e trova poche, scarne immagini del “Duca Bianco del rock”, ucciso dal cancro a 69 anni. «Era riservatissimo – dice Evangelista -. L’ho visto un paio di volte in calata. Non si faceva avvicinare da nessuno. Qualcuno l’aveva riconosciuto, non ricordo se fossero turisti americani o portofinesi. Volevano fotografarlo, fissare quel momento sulla pellicola. Ma eravamo tra la fine degli anni Ottanta e l’inizio dei Novanta e i cellulari e i-Pad non esistevano. Fotografare non era un’azione così immediata. Lui, comunque, non avrebbe gradito, si vedeva dall’atteggiamento distaccato che non incoraggiava neppure i suoi fan. I ricordi che ho di David Bowie a Portofino si fermano qui. Marco Caiazza, su La Repubblica di Napoli, descrive Bowie come un appassionato dei tesori artistici e naturali della Campania. Scrive in un suo articolo: David Bowie ha frequentato per qualche estate Capri, Pompei e la Costiera Amalfitana negli anni Ottanta. Lo ricorda Francesco Luise, manager della J. Luise & Sons, la società che gestisce l'omonimo molo a Mergellina. "Bowie veniva a Napoli con il suo yacht, il Deneb Star, e la compagna Iman, che poi qualche anno dopo sarebbe divenuta sua moglie". La lussuosa imbarcazione di 38 metri faceva tappa fissa a Capri: "Proprio da lì, un giorno d'estate del 1987, ci chiamò: voleva visitare la chiesa di Santa Chiara, aveva letto da qualche parte che era un gioiello dell'arte gotica, assomigliava molto al genere d'architettura di cui era appassionato". Curioso l'aneddoto raccontato da Luise: "Ovviamente assecondammo quella richiesta, pregandolo però di fare attenzione perché l'avrebbero di certo riconosciuto. Ebbene, scese dalla macchina con un completo bianco, un enorme cappello con paillettes con i colori della bandiera americana. E al suo fianco Iman, all'epoca tra le modelle più conosciute al mondo, indossava un vestitino estivo. Il tempo di fare un passo e sentimmo un urlo da lontano: è David Bowie! Un ragazzo l'aveva riconosciuto, si fece in fretta un capannello intorno a noi. Lui però la prese bene, firmò qualche autografo prima di entrare a Santa Chiara, dove rimase per oltre un'ora con la guida". Fu l'unica tappa nel centro storico cittadino: "Anche se poi ho saputo che spesso ha visitato Pompei. A Capri - conclude Luise - è certamente tornato altre volte, ma non con la stessa frequenza". E il Deneb Star? "Fu venduto a una società di Venezia".

Come vedremo anche in altre occasioni, c'è però forse da dubitare della precisione sulle date di certi ricordi. Come già per Venezia e una mostra che Bowie visitò del pittore Ludovico De Luigi (vedremo più avanti), ci sono ricordi di Iman al suo fianco che non si spiegano. Prima del 1990, come hanno raccontato loro stessi, i loro incontri furono pochi e piuttosto casuali. Del loro primo viaggio in barca per sei settimane lungo le coste italiane, ne parlano Bowie e Iman, e le riportano all'anno prima del loro matrimonio, il 1991. Quindi la visita della Basilica di Santa Chiara non sarebbe avvenuta nel 1987, ma qualche anno dopo.

Il Deneb Star, così battezzato come la stella più luminosa della costellazione del Cigno. nonché la diciannovesima stella più luminosa del cielo notturno, ora ribattezzato Intuition Lady è un superyacht dalle linee classiche Benetti di 38 metri, costruito nel 1977 e completamente aggiornato nel 2000. Acquistato da Bowie nel 1985, secondo quanto racconta Janine Allis nel suo libro The Secrets of my success, ci salirono personaggi come , Robin Williams e . Altro tassello d'Italia, dunque, nella vita di Bowie, questo yacht dei Cantieri Benetti, fondati nel 1873, con sede storica a Viareggio e due stabilimenti anche a Fano e a Livorno.

Se da una parte è vero che Bowie non ha mai collaborato con artisti italiani, diversi sono stati invece gli italo-americani o italo-inglesi (primo tra tutti, come già visto, Tony Visconti). Altri vedremo più avanti. Nel 1988 fu importante l'incontro di Bowie con il regista Martin Scorsese. Martin Scorsese è nato nel Queens, borough di New York, ma i nonni, sia paterni sia materni, erano immigrati italiani originari, rispettivamente, di Polizzi Generosa e di Ciminna (entrambi comuni della provincia di Palermo), giunti negli Stati Uniti agli inizi del XX secolo. Martin è oggi cittadino italiano dopo aver trascritto il suo atto di nascita al comune di Polizzi Generosa, in provincia di Palermo. Bowie quell'anno interpretò il ruolo di Ponzio Pilato nel controverso film di Martin Scorsese "L'ultima tentazione di Cristo" tratto da un romanzo dello scrittore greco Nikos Kazantzakis. Un film che fu accompagnato da innumerevoli critiche e prese di posizione, le stesse che avevano bloccato il progetto iniziale nel 1983: "una valanga di lettere alla direzione deplora il romanzo blasfemo e una campagna di boicott+aggio telefonico manda in crisi gli uffici della società". In Italia, ma non solo, si invocò un'azione censoria dalle autorità, mentre in alcune nazioni il film non è mai entrato neanche in circolazione. Nonostante questo Martin Scorsese ricevette una nomination all'Oscar come Miglior regista. Superata la fase travagliata di realizzazione il film esordì con la proiezione alla 45ª Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia del 1988 (non sappiamo se Bowie fosse presente per l'occasione).

Per interpretare "colui che fece per viltade il gran rifiuto" Scorsese scelse dunque Bowie, mentre Gesù fu interpetato da William Dafoe. Come già in Labyrinth per il ruolo di Jareth da parte di Jim Henson, anche ne "L'ultima tentazione di Cristo" Scorsese, per la parte di Ponzio Pilato, aveva però inizialmente pensato a Sting. Un David Bowie che "con tempi da vera rockstar girò la sua sequenza in un solo giorno". Le riprese, interamente realizzate in Marocco, iniziarono il 15 ottobre 1987 e si conclusero il 20 dicembre. Il film uscì negli Usa il 12 agosto 1988, in Italia il 7 settembre al Festival di Venezia. In merito a Bowie Scorsese ha dichiarato: Sono rimasto un po’ spiazzato quando ho incontrato Bowie: era un uomo pacato, concentrato, riflessivo e davvero, davvero umile. Abbiamo avuto l’opportunità di lavorare insieme per L’Ultima Tentazione di Cristo in cui ha interpretato Ponzio Pilato e per me è stata una vera gioia. È stato un grande artista che si è lasciato dietro un ricchissimo corpus di opere. E ancora: È devastante che David Bowie se ne sia andato. Era uno dei quegli straordinari artisti che si vedono raramente in giro. C’è una canzone nel suo album Low intitolata ‘Speed of Life’, che rappresenta un po’ la velocità con sui sembrava muoversi — la sua musica, la sua immagine, i suoi obiettivi, sempre in movimento; con ogni movimento, con ogni cambiamento ha lasciato uu'impronta profonda sulla cultura.

Alla fine degli anni '80 Bowie si fidanzò ufficialmente con la ballerina Melissa Hurley. Bowie le fece una proposta di matrimonio in occasione di un romantico viaggio a Venezia e nel gennaio del 1990 donfermò alla stampa le prossime nozze a seguire. Non molto tempo dopo invece si lasciarono: Melissa sposerà il ballerino Patrick Cassidy, Bowie - si sa - Iman. Bowie disse al riguardo di quella rottura che la loro relazione era stata "come una di quelle classiche storie tra un uomo maturo e una ragazza più giovane (di 23 anni n.d.a.) in cui ho avuto il piacere di mostrarle il mondo e farle conoscere le cose. Ma ho capito che non avrebbe mai funzionato e un giorno lei mi ringrazierà per questo". GLI ANNI '90

L'album di Bowie Never Let Me Down e la successiva tournée, il megashow "affetto da inutili gigantismi alla Spielberg" come scriverà Giacomo Pellicciotti, il Glass Spider Tour, erano stati attaccati aspramente dalla critica, e il cantante - raggiunto l'apice del successo mondiale - era consapevole del pericolo di una sua progressiva diminuzione di popolarità. Ansioso di tornare a creare musica più per se stesso che per il pubblico tradizionale che si era conquistato negli anni '80 a cominciare con l'album Let’s dance, Bowie cominciò a collaborare nel 1988 su nuove proposte musicali con Reeves Gabrels, che sollecitò il cantante a riscoprire il suo lato sperimentale, e col multi-strumentista Erdal Kizilcay. Il primo risultato di questa collaborazione fu un remake di Look Back in Anger di Bowie, suonata al concerto di beneficenza Intruders at the Palace il primo luglio 1988 con un balletto di La La La Human Steps e la bravissima ballerina Louise Lecavallier, seguito dalle esibizioni del Kronos Quartet, dei Woodentops e Microdisney. Poi cominciarono a progettare un album tematico basato sull'opera in versi East di Steven Berkoff, ma questa idea venne infine scartata e i due si appoggiarono al produttore per sviluppare nuove idee, assoldando i fratelli Hunt e Tony Sales per la sezione ritmica. Bowie aveva lavorato con loro nell'album Lust for Life di Iggy Pop. I fratelli Sales indirizzarono la tonalità delle sessioni verso l'hard-rock spontaneo, vagamente punk; Bowie guardava in quel momento a uno dei suoi gruppi favoriti dell'epoca, The Pixies. Il gruppo scelse il nome Tin Machine e Bowie decise così di reinventarsi e riproporsi come un quasi anonimo membro tra gli altri di una rock band, lasciando al resto del gruppo il compito di rispondere alle interviste. Il primo album della band, pubblicato nel maggio 1989 e intitolato Tin Machine, ricevette recensioni diversificate, alcune positive, altre sprezzanti per questo tentativo di Bowie di reinventarsi camuffandosi come un membro della band da una parte, dall'altra vestendo i panni "giovanilisti" di duro rocker. I Tin Machine pubblicheranno in tutto tre dischi, di cui uno dal vivo e in concerto suoneranno esclusivamente materiale del gruppo. Questa esperienza tuttavia non impedirà a Bowie di ripresentarsi parallelamente dal vivo ancora come David Bowie con il suo repertorio storico nel "Sound & Vision Tour". La decade degli anni '90 per l'Italia è stata la più visitata da David Bowie. Diciotto i concerti tenutisi a cominciare dalle quattro date del Sound & Vision Tour del 1990: 13 aprile e Milano, Palatrussardi; replica il 14 aprile; 17 aprile a Roma, Palaeur; 8 settembre a Modena, Festival dell'Unità. Milano, 14 aprile, Palatrussardi. David Bowie, camicia bianca, gilé, scarpe griffate, elegantissimo gessato nero, ancora non ama viaggiare in aereo ed è arrivato da Stoccarda con un pullman-letto. Tra il pubblico in platea Marco Pastonesi de La Repubblica, nota la presenza di Little Steven vestito da pirata, canottiera, impermeabile e foulard. E Pastonesi così descrive l'evento: ...Invocato, osannato e celebrato come un angelo Ad assistere alla sua reincarnazione sono venuti da tutto il nord Italia, da Genova, Torino, Piacenza, , per un servizio d' ordine degno di una finale mondiale. I primi inguaribili appassionati hanno cominciato a bivaccare davanti al teatro fin dal primissimo pomeriggio. Poi è stato un continuo pellegrinaggio, senza limiti di età e di fede: punk e dark, professionisti e musicisti, gli immancabili presenzialisti e un'autorevole rappresentanza delle firme italiane nella moda e nel design. Più randagi che rampanti, comunque, per un pienone che lascia ancora qualche biglietto disponibile per la replica di stasera. In palcoscenico, alle sue spalle su uno schermo gigante si proiettavano le immagini di sue antiche esibizioni e dimostrazioni, virtuosismi e travestimenti, perfino attimi di vita quotidiana. E poi giochi, colori, scomposizioni computerizzate ed effetti speciali degni dell'Oscar. Dietro, quasi in disparte, c'era la band: l'elegante bassista Erdal Kizilcay, l'intelligente e prodigioso chitarrista , il fidato Rick Fox alle tastiere, il puntuale batterista Michael Hodges. Il repertorio, eseguito a memoria e alla perfezione, è nato attraverso un referendum popolare: una trentina di brani scelti direttamente dai fans italiani, con votazioni raccolte e elaborate da Raistereodue: anche questa, nel suo genere, una novità rivoluzionaria. L'unica eccezione ha forse riguardato Pretty Pink Rose, un pezzo scritto a quattro mani da Bowie e Belew, che della band è stato certamente l'uomo più (e meritatamente) in vista. Bowie, all'anagrafe David Robert Jones da Brixton, classe 1947 e classe da vendere, è il solito etereo, indefinibile, delicato, fragile musicista, eppure allo stesso tempo prepotente, formidabile, sorprendente e furbissimo artista. Caldo e freddo, come una doccia scozzese. Il bene e il male, come predicavano i manicheisti. Lo spettacolo di ieri sera può essere inteso come la tappa finale di un lungo giro alla ricerca di se stesso: il periodo transessuale, il periodo extraterrestre, il periodo del revival, il periodo del teatro. E poi il Bowie inglese e americano, nostalgico e futurista, ispirato da Andy Warhol o da Jean Genet, da Bertolt Brecht o da Bing Cosby. Un'antologia, un'enciclopedia, un mosaico, un puzzle, un menù. Nella seconda parte dello spettacolo Bowie ha ripreso con Ziggy Stardust, Sound & Vision, Station to Station, Moon Over Alabama, Young Americans, , Fame e l'attesissima, immancabile Heroes. E come se non bastasse, ha regalato anche tre bis, accolti come la moltiplicazione dei pani e dei pesci: The Jean Genie, Pretty Pink Rose e, ovviamente, il Vangelo della sua storia musicale, una particolare versione di Rock' n' Roll Suicide. Il Sound & Vision Tour 1990 di quello che è stato ribattezzato il Duca bianco ha dunque fatto centro. Pubblicizzato e promosso come l'ultimo viaggio della sua carriera su un palcoscenico, il grande show dell'ora o mai più ha funzionato. Ma sul fatto che sia veramente l'ultimo, non c' è proprio da giurarci. Intanto stasera si replica al Palatrussardi, poi si continua al Palaeur di Roma martedì 17 e mercoledì 18 aprile. Questa, dunque, la setlist scelta via referendum, dagli italiani: Space Oddity Changes TVC 15 Ashes To Ashes Golden Years Fashion Life On Mars? Blue Jean Let’s Dance Stay China Girl Ziggy Stardust Young Americans Suffragette City Fame 90 Heroes Pretty Pink Rose The Jean Genie Modern Love

Il 14, in chiusura del concerto, Modern Love venne sostituita da "Rock’n’Roll Suicide". Il "Sound and vision tour" piacque più del precedente "Glass Spider". Gli spazi furono meno dispersivi rispetto ai precedenti stadi. Uno schermo di 18 metri per 11 proiettava immagini dei video musicali di Bowie alternate a riprese in bianco e nero della band sul palco. Altri due schermi rotondi ai lati furono riservati alle sole riprese dal vivo. Uno spettacolo multimediale di grande effetto che fu annunciato come l'ultimo tour di Bowie, l'ultima occasione per ascoltarlo e vederlo dal vivo; il che poi ancora non fu.

A Roma suonerà due pezzi in più, e Station to Station, ma non andò benissimo. Nel programma del suo Sound and Vision Tour Bowie sarebbe dovuto rimanere due giorni a Roma per due concerti, ma rimase solo uno. Ne riferisce Alba Solaro in un articolo su L'Unità, intitolato "David contro David. Zard ha dimezzato Bowie". David Zard, stante il flop delle prevendite, dovette ridurre il costo dei biglietti da 65.000 lire (t-shirt di Bowie inclusa) e 40.000 per la platea e 50.000 lire in tribuna. La maglietta, a cui pare non importasse granché al pubblico romano a fronte di un biglietto dal prezzo più ragionevole e comunque alto, fu al centro delle polemiche, ma anche la location. Dal palco Bowie salutò il pubblico dicendo: "Sono felice di essere di nuovo a Roma, anche se avrei preferito non dover suonare in un cesso". La richiesta di annullare il secondo concerto venne quindi da Bowie stesso, ovvero dal suo manager. Zard dirà di aver sbagliato a non annullare entrambe i concerti romani, trattandosi ormai di un'operazione a perdere. I comunisti della FGCI romana emisero un comunicato il 9 aprile col quale invitarono al boicottaggio: sessantamila lire sono troppe, diceva, per assistere a un concerto in un luogo rinomato per la pessima acustica e la cattiva visuale. Zard negò di aver abbassato il costo dei biglietti in seguito a svariate pressioni e per altro permise ai giovani della FGCI di effettuare all'interno del Palaeur, anziché fuori, la raccolta di firme per l'appello alle istituzioni comunali sulla insufficienza di spazi musicali nella capitale.

Le riviste di gossip pubblicarono alcune foto di Bowie (43 anni) e la sua compagna, la ballerina Melissa Hurley (23 anni), aggirarsi a piedi per le strade di Roma in compagnia di John Taylor, andato appositamente a Roma per assistere al concerto di Bowie. Recitava una didascalia a corredo delle foto: Davide e Melissa continuano le loro scorribande per la capitale insieme con il bassista dei Duran Duran e la sua giovanissima conquista Amanda De Cadenet. Giornata di shopping nei più bei negozi della capitale. Bowie venne anche fotografato mentre usciva "a razzo" da un negozio munito di macchina fotografica e, con modalità da paparazzo, divertendosi a fotografare a sua volta il vero paparazzo. A Modena 37.000 i biglietti venduti, Bowie suonò alla Festa dell’Unità organizzata nell’area dell’ex-mercato bestiame. «A quei tempi era facile portare artisti leggendari nella nostra città (, Bob Dylan, Sting, Pink Floyd, AC/DC, Tom Petty and ...), ormai si era sparsa la voce che eravamo una piazza all’altezza e quindi convincere David Bowie non fu complicato», ricorda Rolando Rivi, amministratore dell’agenzia Studio’s. «Tutti i centri più grandi avevano paura ad ospitare eventi rock perché c’era il timore che i fan creassero problemi di ordine pubblico e noi ne approfittammo: oggi chiunque farebbe a cazzotti per vantare nomi di quel livello. Inoltre sul finire degli anni ‘80 fummo avvantaggiati dal fatto che molti stadi erano impegnati nelle ristrutturazioni per i mondiali». Quello di Modena tuttavia non fu un concerto memorabile o forse, proprio per quello che vi accadde, a suo modo memorabile, in qualche modo indimenticabile anche in negativo. Lo spettacolo fu interrotto da Bowie dopo un'ora e venti minuti circa per un abbassamento della voce a causa di un raffreddore e forse, qualcuno ha insinuato, anche per via di un’acustica problematica. Interruppe Station to Station e disse al microfono: "Ok, I'm gonna have to pick some easier songs, or I'm never gonna get through half of these..." poi lasciò il palco scagliando arrabbiato la chitarra dall'altra parte del palco. «Si scrissero troppe inesattezze su quell’evento e non vi furono intoppi tecnici – sottolinea Rivi –. Lo spettacolo finì circa mezz’ora prima del previsto e solo perché Bowie ebbe un abbassamento di voce. Non tutti sanno che in quegli anni non c’era una vera e propria scaletta e i cantanti avevano carta bianca per esibirsi quante ore volessero. Al contrario l’entourage fu soddisfattissimo. Bowie e i suoi musicisti arrivarono il giorno stesso per le prove: amavano particolarmente il vino rosso e si fecero consegnare diverse bottiglie di etichette piemontesi. Fu un periodo davvero emozionante e nessun’altra città ha più avuto la stessa concentrazione di concerti». In un articolo de L'Unità di quel giorno sono riportati molti dettagli extra musicali. Per Bowie fu eretta una bianca tensostruttura del palco: una tenda di 15 per 30 metri per gli uffici e tre tende 15 per 15 metri adibite alla hospitality, con cucina, bevande e stuzzichini, e due guardaroba; sale trucco e camerini; infine la stanza di Bowie, sobria e spaziosa con moquette rossa, pannelli bianchi, salotto di tessuto marrone, tre poltrone e un divano, televisore a colori e videoregistratori, impianto stereo, una parete completamente rivestita di specchi, piante e fiori dappertutto. Bowie aveva chiesto anche un tavolo da ping pong e una saletta di videogame per i suoi tecnici. Quisquilie, annota la giornalista Silvia Fabbri, se paragonato tutto questo alle richieste invece fatte da Prince, che a Modena aveva preteso qualcosa come cento asciugamani color albicocca e quantità industriali di champagne e Coca Cola. Il Duca fece diventare tutti matti (parole testuali del personale di Modena) per cercare due casse di vino particolare: Barbaresco e Nebbiolo. Purtroppo, costretto senza più voce a interrompere Station to Station dopo poche note, quello di Modena è stato il concerto "più drammatico" nella carriera di Bowie (a sua detta): "a fucking nightmare".

Bowie tornò in Italia nel 1991 con i Tin Machine per lo "It's my life tour": 5 gli appuntamenti; 5 e 6 ottobre a Milano al Teatro Smeraldo; 8 ottobre a Firenze, al Palazzetto dello Sport; 9 e 10 ottobre a Roma al Teatro Brancaccio. A Milano, sabato 5 e domenica 6 ottobre, Bowie dedicò la prima tappa della nuova tournée con i Tin Machine. Arrivò a Milano sbarcando da un volo Air France all'aeroporto di Linate. A chi gli riuscì di vederlo, sembrava in gran forma, anche se i portavoce riferirono invece di un Bowie che covava da giorni un'influenza. Forse, il suo apparire invece in gran forma fu per via di una abbronzatura presa in Italia dove aveva da poco svolte le sue vacanze tra la Toscana, la Sardegna e . Bowie attraversò la hall degli arrivi dell'aeroporto di Linate indifferente - anche perché abituato - allo scompiglio creato, avvolto da un guscio umano di poliziotti e carabinieri che non lo mollarono un momento, spostandolo quasi di peso da una parte all'altra. Intorno la ressa di fan, giornalisti e cameramen. Poi via di corsa all'hotel Hilton di via Galvani. L'indomani mattina, fatta colazione con caffè americano, brioche e spremuta d'arancia, fece un rapido giro di shopping in centro con tappa prolungata in via Durini, nel negozio di Moschino, e nello show-room Versus in via Serbelloni, dove fece incetta di jeans firmati Versace. Dopo un pranzo tutto milanese preparato dallo chef Gaspare Alessi (risotto, cotoletta al burro e zabaglione), passò il pomeriggio chiuso in albergo. L'indomani fu ospite nella villa dell'amico a Cernobbio a cui seguirono le prove nel tardo pomeriggio e quindi l'esibizione. Bowie, Reeves Gabrels, Tony e Hunter Sales, quattro elementi - come scrisse Mariella Tanzarella su La Repubblica - uniti dall'età non più verde, dalla lunga militanza nelle fila del rhythm'n'blues e del rock e dalla voglia di fondersi in un organismo omogeneo, lasciando da parte i protagonismi per concentrarsi sul prodotto musicale, che dev'essere sempre ritmo selvaggio, rock duro, passione bollente. "Duro e puro" intitolò il suo trafiletto Gabriele Ferraris: "Alleluja. Abbiamo visto la luce del rock. L'abbiamo vista in 2.500 pigiati ed emozionati tra le poltrone di velluto del Teatro Smeraldo, l'ultimo posto al mondo dove avremmo pensato di vederla". Poltrone numerate invero lasciate quasi subito in platea: gran parte del pubblico abbandonò presto le poltrone per riversarsi davanti al palco e nei corridoi, tutti in piedi in un clima di grande eccitazione ed esaltazione collettiva. Piace il nuovo Bowie che ha detto no al circo del rock business, che ha rinnegato se stesso come rockstar e suona uguale fra uguali in una band, professando l'onesta e nobile religione del rock'n'roll. Un Bowie musicista che ha rinunciato ai lussi e agli eccessi - continua Ferraris -, che si esibisce in un piccolo locale con poche luci di scena ed è felice di vedere il proprio pubblico, di stringerne le mani, di ricevere da una giovane donna un mazzo di rose e sentirne il profumo. In repertorio non ci fu posto per i suoi pezzi storici, neanche in forma di bis. E nessuno glieli chiese. L'acustica però non fu impeccabile: volume esagerato, suoni sbilanciati... "Stasera - dichiarò Bowie al Corriere della Sera dopo lo show - c'è stata molta improvvisazione e molto caos sonoro. Della prima siamo orgogliosi, sul resto cercheremo di fare un po' d'ordine". Alle 22.30, finito il concerto, accese le luci in sala, mentre risuonavano le note dall'ouverture di "Tristano e Isotta" di Wagner, il pubblico continuò ad applaudire, rifiutandosi di abbandonare il teatro. E Bowie, che stava già uscendo, fu costretto a tornare per un ulteriore bis, eseguito a torso nudo. Una fan gli lanciò il suo reggiseno, che lui raccolse e posò sulle tastiere. È noto che dopo il primo concerto con i Tin Machine a Milano Bowie fu ospite a cena con il gruppo e Iman sua futura sposa nella villa di Versace. Lo ha raccontato in varie occasioni Carlo Verdone, anch'egli ospite insieme a Margherita Buy. Racconta Verdone: Non potrò mai dimenticare il batticuore quando Versace mi prese sottobraccio dicendomi: «Vieni, Carlo, che ti presento David». Mentre percorrevo la sala, vidi che Bowie era intento a osservare alcuni quadri. Casa Versace era un’incredibile pinacoteca dove potevi trovare pezzi assiri, mesopotamici, egizi, romani, tele del Settecento, dell’Ottocento e tante altre meravigliose opere d’arte. Verdone spiegò qualcosa del film che stava girando (Maledetto il giorno che t’ho incontrato), poi ebbe occasione inserirsi in una conversazione su Nicolas Poussin. «Conosco una persona che vive in un appartamento a Roma con i soffitti affrescati da Poussin», dissi con finta nonchalance. «È un amico di mio fratello». «Vorrei vedere quell’appartamento», rispose Bowie. «Sarei felice se lei potesse organizzare per me una visita. È un appassionato d’arte, signor Verdone?». «Molto, anche perché mio padre è uno studioso dell’arte e, in particolar modo, delle avanguardie come il futurismo». Nel sentire la parola «futurismo», Bowie socchiuse gli occhi, tirò un respiro e sussurrò: «I love Prampolini and Depero». Rimasi a bocca aperta perché per la prima volta non avevo sentito i nomi di Balla, Boccioni e Carrà, bensì quelli di due futuristi importanti ma più «appartati». «Mio padre possiede l’unica statua in bronzo di Prampolini e io un bellissimo olio di Depero che mi richiedono in tante mostre», replicai con orgoglio. I due conversarono ancora di pittura e - sottolinea Verdone - non c'era un solo artista sconosciuto a Bowie, così che Verdone chiese come una rockstar di quel livello, sempre piena d’impegni, potesse avere una cultura così vasta sulla materia. Versace spiegò che per un paio di mesi all’anno Bowie andava in giro per il mondo a vedere le più importanti mostre, guidato da un famosissimo storico dell’arte di Harvard che gli spiegava tutto. Durante quei viaggi si estraniava totalmente dal mondo della musica per immergersi in quello dell’arte. Seguì la delusione di Verdone dopo aver chiesto di Sylvian a Bowie, come già visto nel capitolo precedente, senza andare oltre: avevo intuito che non voleva neppure sentirlo nominare; poi meditai su certe assurde antipatie che fanno parte del divismo: se non ci fossero, sarebbe tutto molto insipido. Salutai Bowie e mi avviai verso la porta per andare via: si era fatto molto tardi e in mattinata mi aspettavano le riprese del film. Verdone cercò Margherita Buy, trovandola in difficoltà: Iman si era seduta sulla sua giacchetta e discuteva con un'amica di Versace. Vergognandosi di chiederle di alzarsi, toccò a Verdone di recuperarle la giacchetta. Alla fine mi scocciai, mi avvicinai spedito al divano, chiesi con calma a Iman di sollevarsi per recuperare la giacchetta e lei, senza neppure degnare di uno sguardo, eseguì infastidita consegnandola tutta stropicciata. «Ma tu guarda ’sta cafona che m’ha rovinato la giacchetta e manco mi ha chiesto scusa!!!» sbottò Margherita mentre varcava la porta. Ma passò tutto presto, perché appena giunti in strada iniziammo a cantare allegramente Absolute Beginners.

Bowie aveva chiesto personalmente di poter suonare a Firenze, esprimendo il desiderio di visitarne i musei e fare una capatina a San Giminiano. E tornerà a Firenze, un anno dopo, per sposarsi con Iman.

SCALETTA

Tin Machine (intro) One Shot Betty Wrong Statesite Amlapura Goodbye Mr. Ed I Can’t Read Sacrifice Yourself You Belong In Rock’n’roll You Can’t Talk Go Now A Big Hurt Debaser If There Is Something Sorry Heaven’s In Here bis I’ve Been WaIting For You Crack City

David Bowie e la top model di origine somala Iman Mohamed Abdulmajid si fidanzarono a Parigi nel 1991, durante una cena notturna lungo la Senna su un battello interamente affittato da Bowie. Seguì un loro lungo viaggio in navigazione lungo le coste italiane. Il 24 aprile 1992 l'ufficiale di stato civile di Losanna, poiché entrambi divorziati, lui cattolico, lei musulmana, li unì in matrimonio, nel municipio losannese situato alla piazza Palud. "Un certo David Jones" vuole sposarsi, aveva avvertito un messaggio dell'ambasciata elvetica a Londra, completato dall'indicazione "Bowie, cantante". Il preposto non aveva nascosto la sua preoccupazione, qualora Bowie si fosse mai presentato conciato in modo strano, come nelle copertine dei suoi dischi o i suoi videoclip. La cerimonia si svolse invece in modo intimo, con sole sei persone nella sala: i futuri sposi, i testimoni, l'ufficiale e un interprete. A rito ultimato, commentò commosso l'ufficiale al giornale locale, "Iman mi ha abbracciato e baciato. Nei suoi occhi c'era polvere di stelle. Anch'io ne ho quando mi ricordo della scena". Del matrimonio a Losanna Bowie parlò alla rivista Moda (n. 99): “È una di quelle scelte burocratiche infelici alle quali si è costretti a ricorrere in alcune circostanze. Le due ragioni più importanti sono che io sono cristiano e Iman musulmana, e che siamo entrambi divorziati, il che rende il matrimonio in chiesa, specialmente in una chiesa italiana, molto difficile da ottenere. È occorsa una valanga di carte. Ma dopo Losanna non ci siamo sentiti veramente sposati. Inconsciamente sapevamo che il nostro vero matrimonio, quello santificato da Dio, dovevamo celebrarlo in una chiesa di Firenze. Al matrimonio civile c’eravamo solo io, Iman e due testimoni. Dopo siamo andati a farci un hamburger. Veramente… forse non proprio un hamburger, probabilmente una croque monsieur, be’, veramente è stato un pranzo delizioso”. Il matrimonio fu in seguito ricelebrato con rito religioso presso la chiesa episcopale americana di Saint James in via Bernardo Rucellai 13 a Firenze. Una chiesa anglicana e vetero- cattolica fiorentina che rispecchia i canoni del neogotico di matrice inglese Era il 6 giugno del 1992. Si diceva — lo avevano dichiarato i promessi sposi sempre fedeli all’amore per gli scherzi — che la cerimonia del matrimonio si sarebbe svolta a Mustique, un’isola dei Caraibi. C’era scritto anche sulle partecipazioni di nozze. Depistati paparazzi e ospiti indesiderati, Iman e David quatti quatti atterrarono dunque a Firenze. Ad accogliere le due star fiori (40 milioni di vecchie lire in gigli bianchi, bouquet compreso) e una quarantina d'invitati, tutti atterrati due giorni prima all'aeroporto di Firenze-Peretola su voli diversi: David e Iman misero piede sul suolo fiorentino scendendo le scalette di un volo Sabena proveniente da Bruxelles. Ad attenderli, una Mercedes che li portò dritti a Villa La Massa di Candeli, sulla collina di Firenze (la camera n. 34, la stessa dove aveva dormito Madonna anni prima). Riservatissimi, si fecero vedere poco in giro, e altrettanto poco trapelò sul menù del pranzo - a base di pesce, irrorato di vini toscani e californiani - e sui festeggiamenti, se non il desiderio di stringersi all'affetto delle persone più vicine. Iman era elegantissima, con un abito bianco di Hervé Leger e i capelli appena ritoccati; nessun paggetto, nessuna damigella; nessun fronzolo, qualche fiore; David indossava un tight di Thierry Mugler. Neppure la vecchia aristocrazia fiorentina avrebbe rinunciato a tanto. E invece gli invitati eccellenti si contarono sulle dita della mano. Ad assistere a quella che qualcuno chiamò la cerimonia del secolo, non molti gli invitati: i genitori di lei, Marion e Mohamed Abdulmajid; la madre di lui, Margaret Jones. C’era anche il figlio ventunenne di David, nel ruolo insolito di testimone, e la sua fidanzatina, Jenny Ishida. Qualche fratello, un paio di sorelle di Iman e gli amici del giro di Bowie: Brian Eno, Bono, , Bianca Jagger. Qualcuno menziona anche , di cui però non c'è traccia nelle fotografie disponibili di quel giorno. Presenti anche gli stilisti Hervé Leger e Thierry Mugler. E c'erano i giornalisti, racconta sulla Nazione del 7 giugno 1992 Rossella Martina, e i fotografi che, mentre le forze dell'ordine arginavano con lunghe catene umane l'euforia dei presenti, documentarono molto bene la favola. "Le persone che hanno partecipato sono davvero nostri amici, amici stretti. Che ci crediate o no, Iman ed io abbiamo pochi amici che lavorano nel nostro mondo professionale. Ci sono delle strane eccezioni. Thierry è venuto, come anche Hervé e, per me, Yoko Ono, Bono e Brian Eno. Il resto degli invitati è gente che ha significato molto nel nostro passato o nelle nostre famiglie” (Moda, n. 99, luglio 1992).

Nessun eccesso hollywoodiano. Invece, solo un'ensemble strumentale - l'Orchestra da camera fiorentina - un complesso da camera che suona Vivaldi e Corelli. “Entrambi detestiamo la Marcia nuziale, uno dei pezzi di musica più orribili che abbia mai ascoltato. Così abbiamo pensato che il pezzo di musica più delizioso e tranquillo per l’entrata della sposa fosse l’esecuzione da parte di un coro bulgaro di La voce misteriosa di Bulgaria così almeno credo che si chiami. Abbiamo voluto invece che il resto della musica fosse personalizzato. Iman mi ha dato il permesso di occuparmene, di scriverla. Ho composto pezzi per vari strumenti che mi sembrava fossero in armonia con il tipo di rito che desideravamo" ha dichiarato Bowie alla rivista Moda. Un diamante da dieci carati fu il dono del cavaliere alla sua dama. E poi tutti a mangiare a Villa La Massa Candeli, con ribollite, costate, crostini alla selvaggina. Fuori tirava il Ponentino. Toccherà poi al dj Enico Tagliaferri e a una band capitanata dal musicista irpino Agostino Penna (e non Lapenna, come alcuni hanno scritto), al quale vennero fatte le richieste più pittoresche: da O sole mio a Firenze sogna, che si racconta - mandò in sollucchero il Duca Bianco.

Agostino Penna, musicista di Contrada ma originario di Montoro Inferiore, che bazzica ormai da molti anni nei meandri della tv, Rai come Mediaset. Penna ha esordito cantando la colonna sonora del film "La strada per El Dorado", interpretata in originale da . Tra i suoi ricordi più belli - come dichiarerà - ci fu proprio quest'ingaggio come cantante show-man, nonché direttore artistico, del matrimonio di Bowie e Iman a Villa La Massa. Fu una cerimonia bellissima, al riparo da occhi indiscreti e paparazzi. "Penso che quella giornata non la scorderò mai", ha detto Penna, che all'epoca aveva 26 anni. Il musicista irpino fu contattato in primavera da Jeff Perry, il road manager di Bowie. "Il repertorio era stato espressamente richiesto. Può sembrare strano, ma un personaggio controcorrente come Bowie ha mostrato di apprezzare molto la melodia mediterranea. Si è divertito piuttosto a canticchiare in coro come tutti gli altri ospiti, i motivi più famosi. Da "Quando quando" a "Sciuri sciuri", il motivo più recente è stato "Caruso" di Dalla, ma c'è stato anche un omaggio alla città con "Firenze sogna". Bowie era raggiante. Ha parlato molto con i suoi invitati, è stato spesso ironico, disponibile, estroverso, mentre Iman si è dimostrata sempre molto riservata". La serata al matrimonio di Bowie a Enrico Tagliaferri, già direttorre artistico di alcune Radio e già esperto di feste per i VIP (aveva già lavorato a Villa La Massa per l'allora ministro De Michelis), fu proposta dal service fiorentino Gramigni & Canino. Gli fu detto trattarsi di un politico americano e di una ricca inglese... "Ma non immaginavo minimamente che si trattasse del grande David. Lo seppi dalle telefonate dei miei amici che lessero le prime pagine dei giornali e mi svegliarono implorandomi di portarli con loro… Ovviamente esclusi tutti i pezzi suoi, mi sembrava troppo scontato. Poi come al solito mi lasciai guidare dalla pista, e cercai di accontentarli il più possibile. Non erano moltissimi, una trentina non di più, e soprattutto Iman voleva fare una specie di Hullygully con Bianca Jagger e le sue amiche top model… E poi arrivava lui, che dal suo DAT, metteva canzoni inedite che ballava esclusivamente con lei. E tutti a chiedermi che musica fosse, avevano capito che si trattava di roba inedita di David, e avevano l’opportunità di ascoltarla mesi e mesi prima (l’album "Black tie white noise" usci sette mesi dopo..) Il lavoro di Tagliaferri durò meno di un'ora... Era veramente una festa riservatissima e le rockstar in privato sono molto più tranquille di noi comuni mortali… Ebbi la sensazione di vivere il mio quarto d’ora di celebrità; e anche se era di luce riflessa... beh quella luce era talmente fulgida che ancora oggi ne parlo. Grazie David; grazie per tutte le emozioni che mi hai regalato, con le tue canzoni prima, e con il tuo sguardo poi, chiedendomi i brani in consolle. Grazie davvero (Intervista di Shpresa Tulekul, MusicalNews, 2016). Bowie e Iman (che per altro parla correntemente cinque lingue, tra cui - come ancora molti somali - l'italiano) rilasciarono una lunga intervista, corredata da un ricco servizio fotografico, alla rivista MODA. Tra le cose di italiana rilevanza che si leggono da questa intervista, ne emergono alcune veramente deliziose. Di Iman Bowie disse: La prima volta che l’ho incontrata, oltre che apparirmi estremamente sicura, ha rivelato le caratteristiche di un temperamento passionale stile Sophia Loren. E io, devo ammetterlo, all’età di circa 13 anni, di Sophia ero follemente innamorato. Pensavo che, se avessi incontrato una ragazza come lei, sarebbe stata l’unica della mia vita. Pensate che fortuna. Alla domanda circa il perché avessero scelto l'Italia per sposarsi, Bowie rispose: “Ci sentivamo molto legati all’Italia. Sono sempre stato un grande ammiratore dell’arte italiana, specialmente del Rinascimento. C’è uno splendore naturale e una qualità di vita impossibili da trovare altrove. Da voi la vita in se stessa è molto più importante che non i progetti di carriera. Comunque è la meta finale di ogni giorno di lavoro. È questo che Iman e io, con le nostre carriere febbrili, vogliamo recuperare. Ecco che cosa rappresenta per me l’Italia”. E Iman: ”Gli italiani hanno un buon senso del divertimento. L’italiano è stata la mia prima lingua straniera. Lo parlo meglio dell’inglese. Ho studiato in italiano, la era una colonia italiana, e così sono cresciuta tra italiani. Ho lavorato e ho viaggiato per l’Italia moltissimo durante la mia carriera di modella e una delle mie città preferite è sempre stata Firenze. David e io abbiamo trascorso in Italia la nostra prima vacanza estiva insieme. È stato splendido. Per la bellezza, per l’arte, per gli italiani e per il grande cappuccino. Firenze ha tutti questi doni”. A questo punto dell'intervista Bowie parla di una loro romantica vacanza in barca prima del matrimonio: “Sei settimane di vacanza in barca su e giù per le coste italiane. In una situazione così claustrofobica si ha veramente l’opportunità di conoscere bene qualcuno. Alla fine delle sei settimane o sei pazzo d’amore o non sopporti neppure più la vista dell’altro. Per noi ha funzionato bene. Ogni giorno di quella vacanza scoprivamo di amarci di più. Quando siamo arrivati a Firenze, abbiamo detto: Questa è la nostra piccola Shangri-La, il luogo che amiamo di più fino ad oggi”. E ancora: "Una delle maggiori attrattive che ha avuto Iman per me è che è una delle migliori cuoche che conosca. È molto raro incontrare una donna di tale bellezza che sia capace di mettere insieme tre favolosi pasti al giorno senza essere assolutamente stanca. Così non sono obbligato a trascinarla in giro per i ristoranti di Los Angeles tutti i giorni. Ma lo faccio perché adoro mostrarla. Sono molto fiero di lei. Ma quanto è brava a cucinare la pasta! Il cibo italiano è il mio preferito”. Il Bowie di mezza età - si è scritto - ha una dieta più regolare e nella sua vita spunta la passione per la cucina italiana, la pasta, in particolare cucinata dalla moglie e modella Iman. Ma anche i bomboloni alla crema e i sandwich del Caffe Falai, ristorante italiano e wine bar, specialmente quelli con il prosciutto di Parma. Questo il locale in Lafayette Street a , non molto lontano dalla sua penthouse che Bowie chiamava ‘casa dolce casa’ e in cui un Bowie sessantenne si recherà almeno due volte a settimana per il take away di sandwich e pasta. E la pasta italiana, linguine, fettuccine, ravioli, fin dallo stesso titolo torna anche nel film del 1991 "The linguini incident" di Robert Shepard, con Bowie nei panni del barista Monte e Rosanna Arquette. Nella locandina del film Bowie e le altre teste dei protagonisti emergono da un groviglio di linguine, i tipici spaghetti piatti di origine genovese.

Forse il brano strumentale "The wedding" da "Black ties white noise" potrebbe essere considerato un altro pezzo italiano di Bowie, con quelle campane che sicuramente rievocavano quelle a festa della chiesa di Saint James nel giorno del suo matrimonio con Iman. Naturalmente non si tratta delle vere campane di Saint James a Firenze, un field recording o cosa, poiché è noto trattarsi di campane tubolari suonate da Michael Reisman.

Nel 1995 pare che David Bowie intendesse comprare un castello in Italia. Più precisamente a Todi. «Adoro l'Italia e la mia nuova casa sarà dalle parti di Assisi o Todi». Lo disse David Bowie durante un’intervista rilasciata quell'anno. E Bowie cercò la sua nuova casa a Todi attraverso l'Agenzia immobiliare di Gianfranco Grassetti, che ancora ricorda i contatti avuti con il cantante che aveva affidato una procura a una agenzia di Londra. "Voleva un castello medievale e chiaramente non si sarebbe fermato dinanzi a un prezzo anche alto" ha ricordato Grassetti. "In quel momento avevo nella disponibilità il castello di Fiore Vecchio del quale inviai una foto. L'agenzia inglese si riservò di mostrarla all'artista che dette un suo assenso, ma che rinviò tutte le formalità contrattuali al ritorno da una sua tournée in giro per il mondo. Quel castello, allora un rudere ma dalla interessante storia, era però molto appetibile tanto che ci avevo accompagnato più di un possibile acquirente. Non avendo avuto assicurazioni concrete da Londra, e non conoscendo i tempi del possibile prossimo contatto, quando mi si ripresentò un imprenditore bolognese veramente interessato, conclusi con lui che ha poi provveduto ad un perfetto restauro». Certo è, che alcuni mesi dopo, l'agenzia inglese che trattava per Bowie si rifece viva dichiarandosi pronta a chiudere l'affare. L'immobiliarista si trovò in imbarazzo, ma indietro non era più possibile tornare. "Ma compresi le vere intenzioni del cantante di voler ad ogni costo acquistare a Todi, perché dopo aver digerito la disillusione tornò alla carica per un'altra soluzione che prospettai con l'offerta di una torre, sempre medievale, nei pressi del bivio di Romazzano. Purtroppo però sembrò troppo piccola per le esigenze espresse". Non solo in Svizzera, c'è stato un periodo di David Bowie più vicino all'Italia albergando a Monte Carlo. Un articolo degli anni '90 su Monte Carlo di Specchio dei Tempi de La Stampa di Torino, forniva una mappa delle case dei famosi che avevano comprato nella città monegasca. Tra questi, se ben ricordo - poiché non ho poi conservato quel numero - risultava David Bowie con una suite nell'Hotel Mirabeau, un résidence in Avenue de Citronniers. Del suo passaggio a Monte Carlo sono note alcune fotografie, 34 in bianco nero, fattegli nel 1983 da Helmut Newton. Due apparvero su Vogue, le altre rimasero inedite fino al 2016. E Monaco dedicherà alla figura iconica di Bowie una mostra tra il 2016 e il 2017 alla galleria Carré Doré, curata da Flavia Cannata. In mostra opere firmate da ventitré artisti contemporanei tra i quali il pittore Chemi Akutami, David Shilling, maestro della cappelleria moderna; Markus Klinko, rinomato fotografo, che ha messo a disposizione i suoi scatti di Bowie; Natali De Lyrik con i suoi gioielli ispirati al musicista; James Cochran, conosciuto per le sue ‘urban narrative’ e lo stile ‘drip painting’, che ha creato il tributo ufficiale a David Bowie a Brixton; Gil Zetbase, celebre per i suoi scatti di pop-art; Hiroyuki Kikuchi, illustratore, direttore artistico, grafico e fotografo di moda; Gianni Molaro, eclettico art designer partenopeo definito dalla critica ‘il nuovo Salvador Dalì; Marcos Marin, scultore e compositore di cui gran parte delle opere appartengono alla Famiglia Reale di Monaco; la stilista Marie Escote, che ha realizzato una collezione dedicata a David Bowie, parte della quale indossata dalla cantante Laura Pausini durante l’ultimo tour mondiale; Vitoria Bas, la più giovane della mostra, presenta con la serie illustrativa ‘Why was David Bowie so important?’ Bowie tornò ufficialmente in Italia nel 1996 per l', due date: 8 febbraio a Milano (Palatrussardi) e 9 febbraio a Bologna (Palasport). Bowie era accompagnato da , Reeves Gabrels, Carlos Alomar, Zachary Alford, , Peter Schwartz e George Simms. A Milano come a Bologna 9.000 circa gli spettatori e due i gruppi musicali di supporto: Placebo e gli emiliani Ustmamò. Piacque questo nuovo viaggio nel futuro oscuro e alienante di fine millennio che attingeva alla follia e al crimine, alle atmosfere decadenti della trilogia berlinese realizzata con Brian Eno, sodalizio che si era ricostituito con Outside, e alle tecniche di scritture di William Burroughs e Bryon Gisin, il cut-up. Come scrisse su La Stampa Stefania Miretti, una scelta che non riempiva le arene, ma che testimoniava la vitalità artistica del divo, la sua capacità di rinnovarsi anche a costo di rimettere in gioco la propria popolarità: "Mai stato popolare" amava dire sprezzante Bowie, "il successo di Let's Dance è stata la cosa peggiore che poteva capitarmi". L'Unità sottolineò, oltre alle scene e alle luci tanto belle quanto inquietanti, anche "una acustica e un impianto che stavolta convincono e reggono l'impatto di un concerto tesissimo sin dalle prime battute. Il suono è una bomba, il volume strapazza i padiglioni auricolari, i musicisti picchiano forte, il Palatrussardi è una bolgia di chitarre e la voce di Bowie regna sovrana".

SCALETTA DI MILANO 8/2/'96: The Motel Look Back In Anger The Heart’s Filthy Lesson Scary Monsters I Have Not Been To Oxford Town Outside Andy Warhol The Voyeur Of Utter Destruction The Man Who Sold The World A Small Plot Of Land Strangers When We Meet Diamond Dogs Breaking Glass We Prick You Nite Flights Under Pressure Moonage Daydream

SCALETTA DI BOLOGNA 9/2/'96:

Look Back In Anger The Heart’s Filthy Lesson Scary Monsters I Have Not Been To Oxford Town Outside Andy Warhol The Voyeur Of Utter Destruction The Man Who Sold The World Strangers When We Meet Diamond Dogs Hallo Spaceboy Breaking Glass We Prick You Nite Flights Teenage Wildlife Under Pressure

Bis

White Light White Heat Moonage Daydream

Bowie ritornò il 9 luglio a Roma (Stadio Olimpico - Curva Sud). Il concerto di Roma fu trasmesso in diretta dalla radio RAI e originò il bootleg "Trouble in Rome". Altro bootleg, ovviamente di eccellente qualità poiché ricavato dalla diretta di RaiRadio2, tagliata la voce dello speaker, gira col titolo è "David Bowie Live Rome 1996". La sera del 9 luglio Bowie non finì il concerto. Un articolo de La Repubblica di Flavio Brighenti così riportava: È passato alla storia del rock con il soprannome di Duca Bianco. Ma l'altra sera, alla fine del suo concerto allo Stadio Olimpico, uno degli eventi clou del cartellone del Live Link Festival, gli appellativi rivolti dal pubblico a David Bowie non erano di tono propriamente nobiliare. Il palcoscenico è stato lasciato dopo un'ora soltanto di show, decurtando di mezz'ora la scaletta prevista e senza concedere neppure un bis, malgrado gli spettatori non ne volessero sapere di abbandonare gli spalti. Il promoter Claudio Trotta, che si era assicurato l'unica data italiana del tour estivo del divo inglese, chiede scusa al pubblico: "Il comportamento del signor Bowie è assolutamente da redarguire. Il concerto era previsto per almeno un'ora e quaranta minuti. Non c'è stato nessun motivo né logico, né fisico, né tecnico, né di sicurezza che impedisse a Bowie di andare avanti. Invece è scappato via, evitando pure di darci una spiegazione". Certo è che Bowie non aveva trovato dinanzi a sé una folla oceanica: appena 5.000 spettatori, malgrado la maratona di musica degli artisti di supporto, iniziata alle quattro del pomeriggio con Carmen Consoli e proseguita con Moloko, Ustmamò, Joe Satriani e Black Grape. Ma il flop ai botteghini non può, da solo, giustificare l'atteggiamento algido di una star come Bowie, e il rispetto che si deve comunque agli spettatori che avevano pagato un biglietto da 50.000 lire. Al nervosismo della rockstar potrebbe aver contribuito anche la "rivolta" dei fotoreporter, che avevano restituito platealmente i loro pass, gettandoli sul palco al suo arrivo, per protestare contro la decisione di concedere ai loro flash lo spazio di una sola canzone..."

SCALETTA Roma 9/7/1996

Look Back In Anger Scary Monster Outside Aladdin Sane The Vouyer Of Utter Destruction The Man Who Sold The World Hallo Spaceboy Breaking Glass Under Pressure Heroes

Bowie fu di nuovo in Italia nel'autunno del 1996, invitato alla prima edizione della Biennale di Firenze che si svolse a Firenze e a Prato dal 21 settembre al 15 dicembre 1996. L’obiettivo era quello di esplorare e raccontare le influenze reciproche, il rapporto creativo fra l’universo della moda e le arti visive, il design, l’architettura, il cinema, la fotografia, il costume e la storia. Un’indagine sulle contaminazioni, sul vicendevole influenzarsi, sulle contiguità, sui legami, i possibili scenari futuri fra le arti e quell’espressione quotidiana della cultura di massa che è la moda. All’interno della sezione New Persona/New Universe, allestita all’interno dell’ottocentesca stazione ferroviaria di Firenze “La Leopolda”, venne ideato un insieme di ambienti in cui tredici fashion-designers (assieme a quattordici artisti contemporanei) mostravano le loro idee sulla trasformazione dell’immagine contemporanea del corpo. E tra questi David Bowie, che partecipò con una installazione, immersa in un ambiente scuro e ovattato, composta da un manichino/robot appeso impiccato a una scatola contenente un luminoso ufo. Era lo stesso manichino impiegato in seguito per la copertina dell’album Earthling. Bowie fu presente alla mostra di inaugurazione, fotograficamente immortalato da Tania Bucci insieme a Iman e a Dolce & Gabbana. Bowie portò anche in Italia, in 4 date, il tour promozionale di "Earthling" nel 1997, il 20 febbraio passando anche sul palco del Teatro Ariston per il festival di Sanremo. Con lui Gail Ann Dorsey, Reeves Gabrels, Zachary Alford... La canzone, una versione accorciata ai 4 canonici minuti sanremesi di "Little wonder". "Non mi è mai successo di presentare uno spettacolo presentando un mito... Pensate, è un cantante così famoso da essere l'unico quotato in Borsa" esordì gasatissimo Mike Bongiorno. Nel dicembre del 1996 Bowie divenne la prima rockstar quotata in borsa, offrendo agli investitori obbligazioni collocate sulla piazza di Wall Street. I Bowie Bonds ebbero una validità decennale, furono garantiti principalmente dai proventi di 287 canzoni contenute nei suoi album registrati prima del 1990, per un valore complessivo di 55 milioni di dollari e furono interamente acquistati dalla Prudential Insurance Company di New York. Quest'operazione rese Bowie uno dei cantanti più ricchi del mondo e il suo esempio venne presto seguito anche da artisti come Elton John, , Ashford & Simpson e . Forse a Sanremo ci sarebbe tornato nel 2015. A rivelarlo è stato Carlo Conti: "Avremmo potuto avere David Bowie a Sanremo nell’edizione 2015 sul palco dell’Ariston e invece ci siamo dovuti accontentare della reunion di Al Bano e Romina". "C’è un aneddoto che riguarda il mio primo Sanremo (e ripensandoci ora mi mangio un po’ le mani), che stava andando già molto bene in termini di ascolti, alla terza serata abbiamo avuto l’opportunità di ospitare David Bowie, ovviamente ad un costo notevole (400 mila euro). Ci siamo guardati in faccia con il capo struttura Claudio Fasulo e l’allora direttore di Rai1 Giancarlo Leone e ci siamo chiesti se fosse necessario spendere quei soldi e abbiamo deciso di rinunciare. Sarebbe stata probabilmente la sua ultima ospitata in televisione". A riportare Bowie a Sanremo ci penserà poi la reunion dei Decibel nel 2018 con la canzone a lui dedicata dopo la scomparsa, "Lettera dal Duca". Quel febbraio 1997 a Sanremo Bowie concesse un'intervista a Roberto Giallo su L'Unità... Biondissimo, sorridente, felice. Se la categoria degli “splendidi cinquantenni” cercasse un rappresentante ideale, David Bowie sarebbe una scelta naturale. Di passaggio a Sanremo per promuovere il suo nuovo album, Earthling, il Duca Bianco si concede alla stampa. Per raccontare le nuove delizie del drum’n’bass che esplode dal suo disco. Parole chiave: spontaneità, arte e, naturalmente, money. Ecco l’ uomo che cadde su Sanremo... Come un gioiello in uno scrigno, David Bowie se ne sta tranquillo in un albergone elegante della. Costa Azzurra, a Cap Ferrat, coccolato a vista da guardie del corpo e discografici, in attesa di suonare al Festival. Compare di colpo tutto di nero vestito, biondissimo, con quegli occhi uno azzurro e uno blu che gli danno (pure!) un’aria sorniona. Qualche anno fa si era definito “oscenamente felice”, e il suo sorriso dice subito che si sente ancora così. In più, sembra un ragazzino, segno inequivocabile che il rock mantiene giovani. Ghigna e scherza, disponibile finché una Erinni multinazionale fa cenno, burbera, che il tempo è finito, e se lo porta via. Alla domanda di Roberto Giallo se avesse avuto un’idea di dove sarebbe capitato quella sera, in che tipo di manifestazione, Bowie rispose di no. "No, francamente non ho la minima idea di che show sarà, e altrettanto francamente non mi interessa. Tengo moltissimo a questo mio nuovo disco e voglio fare ogni sforzo per promuoverlo a dovere. La casa discografica mi ha assicurato un’audience altissima e questo va benissimo. Quello che mi interessa è far sentire la mia band, la migliore che ho mai avuto. Per noi 7.000 o 40.000 persone è la stessa cosa, stiamo bene ovunque, indipendentemente dal contesto". I progetti futuri? Si era parlato anche del Pavarotti International… Dopo la promozione partiamo con il tour, da marzo a dicembre. È vero, ero stato contattato per una partecipazione al Pavarotti International, ma ero sempre in giro a suonare e non ho potuto. Chissà forse ci sarà un’altra occasione. All'ultima domanda su come faceva a essere così a cinquant’anni, Bowie: Ma io non ci penso mai ai cinquant’anni! Tutti pensano che il talento degli artisti si affievolisce con l’età, ma non è vero. Non è il talento che va via, è l’entusiasmo. Per la vita, per la musica, per il lavoro. Però non è detto che succeda. Se penso a geni come Burroghs o Picasso… Io voglio lavorare fino alla fine… E, con Black Star e Lazarus, sarà davvero così, fino alla fine. alla lettera. Una lezione di stile, riprenderà Alba Solaro sempre su L'Unità, che si consuma in pochi minuti. Appena un assaggio, ma di quelli che rialzano le sorti di una serata che sembrava di routine, e che invece si rivela assai più pirotenica delle altre. E anche ricca di sorprese. La sorpresa per esempio di scoprire che a Sanremo c’ è ache Julian , il primo figlio di (in Italia perché sta registrando a Roma un nuovo album prodotto dalla stessa casa discografica di Bowie, la Bmg), che è uguale al padre, stesso volto mite e occhialuto, ma che i teenagers ammassati davanti all’Ariston in attesa di un Ragazzo Italiano o del clone di Enrico Papi, lasciano passare per il corso senza muovere un ciglio. Non così Bowie, che durante le prove del pomeriggio, vedendo Julian seduto in platea, è sceso giù ad abbracciarlo. Lo "Earthling Tour" in Italia ebbe dunque quattro date: il 2 luglio al Pistoia Blues Festival, l'8 luglio allo Stadio Rigamonti di Brescia, il 10 luglio all'Ilva di Bagnoli, Napoli, e l'11 luglio ad Arbatax, Nuoro, al Rocce Rosse festival. Al Pistoia Blues Festival, già Bluesin, a fare da spalla in piazza Duomo ci fu il torinese Frankie Hi-NRG, che per questo ebbe qualche problema. Molti lo fischiarono tanta era l'attesa e la premura che arrivasse a suonare Bowie. Ebbe anche problemi con il tour manager. Frankie Hi-NRG ne ha scritto nella sua pagina Facebook: ...il 2 luglio 1997 quando ho aperto il concerto di David Bowie a Pistoia Blues... Un'esperienza unica: lui straordinario e inavvicinabile, Iman una dea meravigliosa, Bowie ha ricoperto tutto di polvere di stelle. Quattro o cinquemila spettatori, palco spoglio, luci semplici ma efficaci, due grandi bulbi oculari e proiezioni astratte di volti e danze, la prima data italiana dell'earthling Tour fu, a detta di Paolo Russo su La Repubblica, impagabile dal punto di vista scenico, anche se ormai Bowie un poco appannato nei suoi leggendari registri alti. Marinella Venegoni su La Stampa scriveva invece così: Che cosa mai c'entri David Bowie con il blues dev'essere un mistero anche per il raffinato Duca Bianco, che aprendo l'altra sera uno dei più antichi Festival a tema italiani, appunto il Pistoia Blues, nella bella piazza del Duomo, ha sottolineato l'incongruenza: "Questo è un festival blues, vero? E tu, Reeves, sei un bluesman?" Reeves, che di cognome fa Gabrels ed è prode chitarrista (l'unico sopravvissuto dai Tin Machine), ha fatto sì con la testa e ha poi infilato un giro di blues mica male, sul quale si è sviluppata la storica "Jean Genie", una versione densa quanto un ragù. E il blues è finito lì. E ancora: Bowie è un , ma collocato in un ambito inopportuno come Pistoia... Ha racimolato 4000 persone e si è pure lamentato (nella notte, a cena con la sua Iman a Firenze) dello scarso entusiasmo della gente. reduce da due dischi un po' tanto cerebrali (Outside ed Earthling), il Duca soffre di usuramento di immagine: è utile ricordare che è stato in Italia anche l'anno scorso, lasciando il cattivo ricordo d'un concerto breve e freddo a Roma. Ci ha poi spiegato che quel giorno stava male...

SCALETTA al Pistoia Blues Festival: Quicksand All The Young Dudes The Jean Genie Dead Man Walking The Man Who Sold The World I’m Afraid Of Americans Battle For Britain (The Letter) Fashion Seven Years In Tibet Fame Looking For Satellites Under Pressure Telling Lies Scary Monsters Hallo Spaceboy Little Wonder

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Il tour di Earthling in Italia ha forse il merito di essere approdato in località italiane piuttosto insolite per una superstar: Pistoia, Brescia e Arbatax. E Napoli. L'8 luglio Bowie e la sua band sono dunque a Brescia allo Stadio Rigamonti e dove qualcuno orgoglioso ricorda che il Duca cambiò (o gli sembrò cambiare) le parole di "Under pressure" con "Under Brescia"... Il Giornale di Brescia titolò: Bowie superstar di un concerto da sogno, festa psichedelica e brani-nostalgia col Duca Bianco. "Mi spiace, non parlo italiano" disse David dopo Quicksand e All The Young Dudes, piazzando un frammento di "Nel blu dipinto di blu" e commentando "Questo è un blues italiano..." scrive Pippo Piarulli. Giovanna Capretti aggiunse: È proprio vero che Brescia non è abituata ai grandi eventi. La star del giorno (e sicuramente dell'anno, se non degli ultimi anni) David Bowie arriva su un furgone, scortato dalla polizia. Sono le otto. Fuori dai cancelli gruppetti di persone aspettano, si cercano, si telefonano e Bowie passa inosservato. Brescia, per una volta sotto i riflettori, è più attenta a guardare "chi c'è e chi non c'è". E mentre i Mansun hanno già iniziato a suonare davanti ai teenager assiepati sotto il palco, sulla tribuna arrivano alla spicciolata gli over 50 che Bowie l'hanno conosciuto ai tempi di Ziggy Stardust e che non sanno se sono qui per ritrovare un mito o un tuffo nel futuro.

SCALETTA di Brescia:

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Il 10 luglio Bowie e la sua Dream Band furono a Bagnoli, quartiere di Napoli che si affaccia sulla baia di Posillipo. Il concerto si tenne nell'impianto siderurgico dismesso quattro anni prima dell'ILVA e nel contesto del Festival Neapolis Live Festival. Il calendario prevedeva, il 10 luglio, Duncan Sheik, Timoria, Mansun, e David Bowie. Nei successivi due giorni Polar, Bisca, Casinò Royale, Nofx e (l'11) e il 12 i torinesi Mao e La Rivoluzione, Mar dei Sargassi, Edoardo Bennato, 99 Posse e Vasco Rossi. Paolo De Luca de "La Repubblica" ha scritto: Quelle ciminiere e quei calderoni avevano smesso di fumare da appena quattro anni. Sembrava un miracolo, per molti napoletani, entrare nello stabilimento e respirare. E, soprattutto, trovarci due palchi e una discoteca. Quell'estate andava in scena il primo Neapolis Rock Festival. Un simbolo, oltre che un evento. Una speranza di rilancio in musica per l'area industriale di Bagnoli, che il tempo ha purtroppo smentito. E, tra le prime star a salire su quel palco, c'era lui, David Bowie. Nel pubblico dell'ex Italsider c'erano adulti, fan di una vita, ma anche tanti adolescenti, ingenui e affascinati da quel sound. Il Duca Bianco eseguì impeccabilmente la sua performance". Un articolo su La Repubblica del 2016 di Antonio Tricomi ricorda quell'evento. "Ma è incredibile", mormorò David Bowie prima di cominciare a cantare, affacciandosi dal palco del Tuborg Neapolis Rock festival di Bagnoli. Davanti a lui migliaia di fan e ancora più in là, oltre la massa del pubblico in adorazione, lo spettacolo del mare, con la sera che scendeva sul golfo di Pozzuoli. Nisida da una parte e Miseno dall'altra a chiudere uno specchio di mare scuro e tranquillo. Suggestione unica a cui anche una delle massime rockstar mondiali non poteva restare indifferente. E alle spalle il paesaggio di archeologia postindustriale come scenario ideale a un cantante che da sempre aveva cantato le tensioni e le nevrosi di un'epoca che cambiava troppo rapidamente rispetto alla stessa capacità umana di adattarvisi (tema questo caro a Bowie, come dichiarò a Odeon nel 1977, al tempo di Heroes).

SCALETTA di Napoli:

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Carla Villa Maji, giornalista autrice del sito web "Positano News" ha raccontato, dopo la scomparsa di Bowie, di averlo incontrato prima di un concerto (non specifica quale, quello di Bagnoli?). Riferisce che al tempo scriveva liriche nella speranza che trovassero una via nel mondo discografico. "Nel guardarlo" aggiunge, "percepii un vuoto devastante in lui ma peggio ancora non mi piacevano affatto alcune persone intorno, mi invitò a passare dopo il concerto per parlare dei miei scritti ma non ci andai, come in altre occasioni della mia vita, fu come un velo invisibile ma fortissimo che mi trattenne, non ebbi rimorsi né rimpianti, non ci ripensai". È questa l'unica testimonianza per ora rintracciabile del passaggio di Bowie a Positano e forse a Ravello, dove la divina Greta Garbo (cui Bowie dedicò un verso in "Quicksand"), via da Hollywood, si rifugiò nel 1938 a Villa Cimbrone, consumando una vera e propria fuga d’amore con il direttore d’orchesta Leopold Stokowsky.

Bowie arrivò ad Arbatax in elicottero tra le sirene della polizia. Tutta l'Ogliastra era presidiata quel giorno dalle forze dell'ordine: polizia, carabinieri e militari controllavano ogni strada e ogni passo. Correva voce che quel giorno l'imprenditrice Silvia Melis, sequestrata dalla Anonima Sarda il 19 febbraio, sarebbe stata liberata dopo cinque mesi di prigionia: le trattative con i rapitori erano serrate e si credeva davvero che l'incubo del sequestro sarebbe finito. La sua liberazione però avvenne solo diverse settimane dopo. E tra le sirene della polizia quel giorno 11 luglio del 1997, sui cieli di Arbatax si distingueva il rumore dell'elicottero che trasportava David Bowie verso il palco del festival Rocce Rosse Blues. Un'edizione storica, quella: nel cartellone , B.B. King, James Brown, Wilson Pickett. Il gotha del blues e del jazz si era ritrovato trovato in quei giorni ad Arbatax, nel suggestivo scenario della spiaggia con le rocce in granito rosso, come ha raccontato Tito Loi, direttore artistico del festival. Bowie fu ospitato in albergo a Olbia. SCALETTA di Arbatax:

Quicksand All the young dudes The Jean Genie Dead man walking I'm afraid of Americans Battle for Britain White light, white heat Fashion Seven years in Tibet Fame Looking for satellites Under Pressure Stay Scary Monsters Hello Spaceboy Bis Outside The heart's filthy lesson O Superman (Laurie Andreson) Strangers when we meet

Nel 1996 Bowie iniziò una collaborazione con la fotografa, regista e scultrice italiana naturalizzata canadese: Floria Sigismondi. Il primo video musicale realizzato dalla Sigismondi per Bowie fu quello di "Little wonder", cui seguirà "Dead man walking" nel 1997. La Sigismondi realizzerà in seguito anche i videoclip di "The Stars (are out tonight)" e "The next day" nel 2013. Floria Sigismondi, nata a Pescara nel 1965, è figlia di Lina e Domenico Sigismondi, cantanti d'opera. La sua famiglia si trasferì ad Hamilton, Ontario, quando lei aveva due anni. Di lei si racconta che iniziò a disegnare e dipingere alla sola età di due anni. Cominciò la sua carriera come fotografa di moda e iniziò a dirigere video dopo essere approdata alle compagnie di produzione The Revolver Film Co. e Black Dog Films nel 1992. Lavorerà per molti artisti di assoluto rilievo (anche , Björk, Sigur Rós, ). I suoi video sono stati considerati molto innovativi, ma anche molto scioccanti, ambientati in scenari che lei una volta definì come "entropici sottomondi abitati da anime torturate". Ha dichiarato in seguito che la sua arte si ispira alle immagini disturbate di David Lynch e Francis Bacon, dai film di Stanley Kubrick e Federico Fellini. Come e ancora più del collega Chris Cunningham, Floria mette in scena "freaks" e persone che appaiono malate, riuscendo sempre nell'intento specifico di mettere a disagio lo spettatore.

1998: Bowie tornò in Toscana. Questa volta per girarvi un film. David Bowie era anche un grande attore - ricorda il regista Giovanni Veronesi - intuitivo, sarcastico finemente ironico. Alla fine penso fosse toscano. Veronesi è l'unico regista italiano che abbia lavorato con Bowie nel suo film "Il mio West" insieme a Leonardo Pieraccioni, Harvey keitel, Alessia Marcuzzi, Sandrine Holt, Jim Van Der Woude... Veronesi ammette di avere osato più del dovuto: era un fan di Bowie fin da ragazzo, pensò che non ci sarebbe stato miglior cattivo di bowie, provò con un fax a offrirgli la parte e Bowie, entro 48 ore gli rispose, dicendogli che era molto pazzo ad offrirgli quel film, ma che lui era ancora più pazzo perché accettava. Pare che ad averlo colpito fu il fatto che il suo personaggio morisse. Ossessionato dalla morte, la esorcizzava parlandone spesso, anche durante il pranzo nelle pause delle riprese, e vivendola per finta nei video musicali e nei film. Gran parte dei personaggi che interpretava infatti morivano. E forse ad allettarlo, oltre che un ritorno alla sua amata Toscana, ci fu l'interpretazione di un qualcosa di mai fatto prima, cioè di un personaggio in un film western (anche se "all'italiana"). Il film fu girato in gran parte in Garfagnana. L'unica richiesta che Bowie fece fu di stare in una casa che non avesse cani che abbaiavano in un raggio di tre chilometri. Ricorda Veronesi: Nella campagna toscana è difficile, così abbiamo fatto una specie di retata e alcuni di quei cani sono rimasti con me nella mia villa. Sul set non era facilissimo il rapporto. Bowie voleva parlare solo con me. Con Harvey Keitel sembravano amici ma secondo me facevano finta e con Pieraccioni si scambiava sguardi amorevoli, ma non si parlavano. A seguirlo dappertutto c'era la sua segretaria, una specie di Mary Poppins agé, che aveva una borsa come il personaggio Disney... Quando Veronesi gli chiese perché avesse accettato di fare il suo film, Bowie rispose: "Il mio criterio sono le foto di scena. Ne avevo già vestito da vampiro, da alieno, da guerra mondiale... Invece da cowboy mi mancava". Veronesi, intervistato sul sito internet Democratica da Francesca De Sanctis ricorda ancora. ...Durante le pause Bowie parlava sempre di morte, dal punto di vista filosofico. Era molto colto e questo tema lo appassionava. In tutti i film in cui ha recitato il suo personaggio muore. Quindi anche in questo caso si può dire che ha accettato quasi esclusivamente per questo, perché sul set amava morire! La scena finale in cui muore, nel mio film, ha voluto rifarla 7-8 volte. Stava tutto il tempo vestito da cowboy, anche quando era di riposo e avrebbe potuto tranquillamente fare a meno di indossare abiti di scena. Era l’orgoglio della costumista. Unica sua richiesta fu la penna sul cappello, un vezzo. Penso che alla fine si sia portato via il suo costume da cowboy. Quando finirono di girare il film Bowie gli disse: “Lo sai che forse non ci vedremo più? Come si salutano due persone così?”. “Abbracciandosi”, risposi, E rimanemmo abbracciati per trenta secondi. Quando gli ho mandato il dvd del film mi ha detto: “Non sono mai stato così bello”. E pensare che ha accettato la mia proposta per soli 100mila dollari, lui era così, molto passionale.

Anche Marco Limberti, aiuto regista sul set de "Il mio West" ha ricordato svariati aneddoti... perché quando si ha a che fare con un mito così, varrebbe la pena di raccontare tutto. La casa scelta per Bowie, dopo una settimana di ricerche, fu offerta da Mariolina Marcucci, una villa bellissima ma distante un'ora dal set. Con Bowie c'era anche Iman, che passava le giornate a fare su e giù per Firenze, pare svuotando gli antiquari di via Maggio e comprando letti, armadi, librerie antiche. Ricorda Limberti, o almeno gli pare, che fu necessario noleggiare un cargo apposta per portare in America tutta quella roba. E ricorda gli occhi di Bowie: Quando Bowie ti guardava negli occhi, ti veniva solo da tacere e scomparire. David aveva una guardia del corpo russa di nome Igor che si esercitava col bastone in aria dietro il saloon e una vecchia megera nana cattivissima tipo Linda Hunt come agente. Dovendo avere a che fare con loro due, tutti evitavano e così Bowie poteva permettersi di essere buonissimo, tanto non lo scocciava nessuno... C'era il divieto assoluto di fare fotografie e riprese non autorizzate. Ogni tanto beccavamo dei paparazzi, travestiti da finti alpinisti, che si arrampicavano sulle vette circostanti con le piccozze comprate da Decathlon nuove di zecca e con l'etichetta ancora attaccata... Un fan sui 40 anni, che era venuto apposta, lo aspettava notte e giorno, con il sole e con la pioggia, con un vinile in mano appena fuori dal villaggio West a Campo Catino. Alla fine David fece fermare la Mercedes di produzione, scese e l'autografò. Il fan aveva le lacrime agli occhi. Bowie chiese anche scusa al tizio perché aveva dovuto aspettare ma non l'aveva visto prima... Limberti ricorda anche della notte in cui girarono la scena di Bowie che strimpellava una chitarra cantando e stonando "John Brown's body" per provocare e spaventare gli abitanti della casa. Faceva freddo, Keitel e Pieraccioni stavano all'interno di una baracca al caldo e non riuscivano a smettere di ridere, prolungando i tempi delle riprese evidentemente oltre la sopportazione di Bowie. Al decimo ciak Bowie chiamò fuori Harvey Keitel, si appartarono sussurrandosi qualcosa "come due capi di stato". Poi Keitel tornò dentro la casa e finirono la scena in 5 minuti. Questi alcuni degli aneddoti raccontati da Limberti, aiuto regista di Veronesi. Alessia Marcuzzi ha ricordato David Bowie su Facebook: «Io l' ho conosciuto così... sul set del film "Il mio West". Ero così emozionata, non ci potevo credere... stavo lavorando con uno dei più grandi musicisti rock di tutti i tempi... non riuscivo a guardarlo negli occhi. Mi ricordo che c'era gente che dormiva da giorni sulle montagne in Garfagnana, solo per poterlo vedere da lontano. Ed io ho avuto l'onore di passare dei giorni con lui sul set... Non li dimenticherò mai. Non dimenticherò mai la sua gentilezza, la sua eleganza e il tono della sua voce». Bowie diede delle dritte alla Marcuzzi per fare l'Actor's Studio in America... Ma poi, rimpiange l'attrice, successe qualcosa e la sua vita professionale prese tutta un'altra piega. Se come attore ebbe numerose parti e alcuni camei, Bowie non riuscì invece mai nel suo desiderio di girare un film nelle vesti di regista, ma ebbe modo di contribuire alla produzione di tre film: Büvös vadász (1994) (alias Magic Hunter), diretto dalla regista ungherese Ildikó Enyedi; Scott Walker: 30 Century Man (2006), documentario su Scott Walker di Stephen Kijak e una commedia romantica, Passaggio per il paradiso (Gentle into the night), (1996, altrove datata 1998) del regista romano Antonio Baiocco, Julie Harris, Tchéky Karyo, Mariano Rigillo, Vittoria Belvedere, Tomas Arana e con la colonna sonora di Pat Metheny. Bowie ne è il produttore esecutivo insieme a Robert Goodale e Laura Bernieri.

Il 21 ottobre Bowie 1999 fu a Milano per incontrare Adriano Celentano alla trasmissione “Francamente me ne infischio” su RaiUno e le cose non andarono per niente bene. Il molleggiato sconcica Ziggy con tiritere pacifiste quando lui vuole solo cantare la sua canzone. Adriano Celentano intervistò David Bowie dopo l'esibizione di “Thursday ’s Child”. La chiacchierata tra i due cantanti divenne sempre più tesa e imbarazzante. Celentano tentò una conversazione insistita sui massimi sistemi come la fame nel mondo o la guerra e la pace che finisce per essere alquanto dozzinale, sicuramente fuori luogo con un Bowie che ride, ma è sempre più infastidito. Il 22 ottobre la agenzia Adnkronos pubblicò: Bowie indispettito per l'interrogatorio di Adriano Celentano sulle cause delle guerre nel mondo? No, almeno secondo quanto ha spiegato lo stesso 'Duca Bianco'. Che ieri sera, al termine dell'intervista con Celentano in 'Francamente me ne infischio', era divertito e niente affatto indispettito, secondo quanto giura il suo entourage. D'altra parte, Bowie con Celentano aveva concordato cinque domande, più o meno quelle che Adriano gli ha fatto anche se 'il Molleggiato' non ha accennato al disco. In seguito, durante una conferenza stampa presso il Four Seasons di Milano raccontò l’accaduto, sfogandosi: “Capivo perfettamente cosa mi stava dicendo – disse ai giornalisti -. Credo che lui sia un idiota. Però ero lì per suonare la mia canzone. In ogni caso, non credo che mi inviteranno ancora”. “Io forse sono un idiota, ma certamente essere quotato in Borsa ti rende confuso – rispose poco dopo Celentano -. Il tema dell’intervista nasceva da una dichiarazione che Bowie aveva fatto a Parigi e nella quale diceva che partecipava volentieri perché io ero ‘socialmente impegnato’. Illudendomi, cercai di coinvolgerlo sul piano sociale, constatando invece che lui era ‘socialmente impegnato’ solo a promuovere il suo disco”. Ecco la trascrizione di quell'incontro. David Bowie: Hello Adriano Celentano: Hello… Secondo te c’è il futuro? David Bowie: Ahah for me? Ya. For you? Secondo me? E secondo te? Adriano Celentano: Si David Bowie: Ok ahah Adriano Celentano: Nel mondo ci sono, lo sappiamo che nel mondo c’è tanta gente, c’è troppa gente che soffre la fame, che muore di fame. David Bowie: Ya Adriano Celentano: Tu pensi che, secondo te può cambiare questa cosa? Pensi che ci sarà un modo? Tu hai provato a pensare? David Bowie: Yes absolutely. Only if this add at a governmental and political level a commitment to actually make some change. If this is half hearted the change will be half hearted but it’s a major universal commitment that needs to be made. But who to instigate that? It has to come from the people we elected to power to make that commitment. Certo, solo se ci fosse un impegno politico governativo per fare questo cambiamento. Questo è l’unico modo per apportare un cambiamento. Quindi dev’esserci un impegno a livello universale e profondo, ma chi deve dare origine a questo? Deve essere la gente che è al potere a dare inizio a questo movimento. Adriano Celentano: E secondo te perché la gente tarda a dare questo movimento? Forse per la bramosia di stare… David Bowie: Don’t ask me! (Ride) Non chiederlo a me! Adriano Celentano: No certo no, ti faccio queste domande perché io tante volte mi chiedo, provo, mi domando e dico, cerco di organizzare, come, come se fosse una cosa in cucina, come se si dovesse preparare da mangiare, delle cose, come potrebbero risolversi le cose del mondo. Cerco di organizzarle così perché io non sono un politico, perché sono uno che anch’io mi sorprendo quando vedo la televisione e vedo certe cose, certe cose che abbiamo visto anche qui. Uhm, tante volte mi chiedo ma come, come si potrebbe fare, ecco, io per esempio penso, per esempio ti dico cosa penso io, io penso che se tutti i ricchi si mettessero d’accordo nel mondo, per cercare di, di pensare anche un po’ a quelli che stanno male, eh, forse questo si può fare, eh, cioè, è un’organizzazione… sembra… David Bowie: I think it’d be very important for anybody to tie a least percentage of what they make every year towards organizing a charity world course towards […] a course but it’s even better sense if, of say, a country that has its national product of something like two hundred billion dollars to tie a small percentage of that […] But it really needs to be instigate at a governmental level. But […] of course an individual should do something. Sarebbe importantissimo, tutti dovrebbero tentare di donare una percentuale di quello che guadagnano ogni anno a, diciamo, alle organizzazioni di carità per varie cause, sarebbe anche meglio se un paese che ha un pil elevato, circa duecento miliardi di dollari, se donasse una percentuale di questo pil a persone che invece sono più povere. Bisogna comunque agire a livello governativo, dev’essere il governo a iniziare queste cose ma ovviamente anche gli individui possono fare molto, le singole persone quindi. Adriano Celentano: Sì certo, sono d’accordo. E secondo te si può fare eh qualcosa per, per far cessare le guerre nel mondo, sempre eh anche questo… David Bowie: I don’t know!

Non lo so.

Adriano Celentano: No, non si può fare? E allora come si fa?

David Bowie: I’m not the person to ask!

Non sono la persona adatta a cui fare queste domande.

Adriano Celentano: E adesso siamo sotto…

David Bowie: I’m getting radio Moscow...

Ho qui radio Mosca nel mio, nel mio orecchio, ho radio Mosca che interferisce.

Adriano Celentano: No però io non voglio farti… ·

David Bowie: I’ve lost it. They’re gone.

Li ho persi, se ne sono andati.

Adriano Celentano: Sì, no, io però non voglio farti una domanda per, per avere la spiegazione, voglio soltanto sapere cosa ne pensi tu. Io so che sei uno che pensa…

David Bowie: Ah ah...

Adriano Celentano: Tu hai la faccia di uno che pensa. Non ti chiedo di, non ti chiedo di avere la risposta giusta oppure di avere la formula giusta per salvare il mondo, voglio sapere, sapere soltanto cosa ne pensi…

David Bowie: I promise, I promise that I won’t start any wars!

Prometto che non darò inizio ad alcuna guerra!

Adriano Celentano: E secondo te…

David Bowie: This is all an individual can do. This is my individual promise.

Questo è comunque un impegno mio individuale, è una promessa mia personale.

Adriano Celentano: Sì certo, e secondo te io invece darò inizio a una guerra? David Bowie: I told you this afternoon, I doubt it.

Lo dubito, l’ho già detto oggi pomeriggio ma lo dubito.

Adriano Celentano: Oh grazie, sei un amico. David Bowie: World peace! (Pace nel mondo!)

Adriano Celentano: Vai via?

David Bowie (seccato e tagliente): World peace. Right here, right now, on this programme. No more wars, world peace. See what we can do. Two individuals.

Facciamo pace, qui, in questo programma, in questo posto decidiamo che ci sarà la pace mondiale! Non ci sarà più nessuna guerra! Fantastico! Vediamo cosa riusciamo a fare. Due persone si sono impegnate.

Adriano Celentano: Perfetto, tu in Inghilterra e io in Italia. Ok? Sai cosa c’è? Che per fare questa cosa qui, adesso, per, per adempiere a questo impegno che ci siamo dati bisogna che io adesso m’imparo subito l’inglese. Io l’unica cosa che so è “you understand?”.

David Bowie: You understand?

Adriano Celentano: Tu pensi che ci vedremo in futuro?

David Bowie: Having met this occasion we never need to meet in the future

Dato che ci siamo incontrati qui non è necessario che ci incontriamo in futuro. Adriano Celentano: Bella risposta questa. Beh, devo dire che è stato un piacere conversare con te perché io ti ho sempre ammirato…

David Bowie: Good to talk to you and good to sing for you.

È stato bello parlare con te e anche cantare per te.

Adriano Celentano: Sì! Grazie, però l’hai detto un po’ in fretta. Quasi come se te ne volessi andare subito. Quasi come se volessi troncare il discorso. ·

David Bowie: You wanna learn me sing one song? Oh do you mean the conversation? Vuoi dire che volevo troncare la conversazione così rapidamente? È questo che intendevi?

Adriano Celentano: Sì, no...

David Bowie: Hey don’t stop me talking, I’ll talk all night long! You’re kidding me? You don’t even know, you don’t even wanna begin talking to me! I can talk under that fucking carpet, man!

Ho parlato per tutta la sera non fermatemi state scherzando? Non sai neanche cosa vuol dire, non puoi neanche iniziare a parlare con me! Ti posso parlare anche sotto quel cazzo di tappeto! Adriano Celentano: Ah sì! È una proposta questa? Ahahahah ti ringrazio David. Tu sei forte. Spero di incontrarti ancora presto. Ciao. Il 4 dicembre 1999, alla vigilia del 2M, Bowie tornò a Milano per presentare il suo nuovo album "Hours" all'Alcatraz. Albergò quella notte all'Hotel Four Seasons in via Gesù con gli immancabili irriducibili fans ad aspettarlo fino al mattino seguente.

Il 6 dicembre Giacomo Pellicciotti riporta alcune di quelle domande erisposte su La Repubblica.

Si diverte ancora a fare concerti dopo tanti anni?

"Tendo a non ripetermi dal vivo. Una delle abitudini che ho perpetuato fin da quando ero molto giovane è la capacità di tenere a freno le cose che più apprezzo nella vita e di sfruttarle come motore di quello che faccio come artista. Altrimenti sarei uno stupido".

Lei è un artista quotato in borsa: ha dato finora soddisfazioni ai suoi azionisti?

"Ogni giorno do loro tante soddisfazioni, sono sempre notizie felici".

Che consigli darebbe ai teenagers di oggi?

"Assolutamente nessuno. Sarebbe sciocco, per uno avanti nell' età, dare ai più giovani consigli che non saranno mai ascoltati. Quando ero teenager io, apprezzavo personaggi come William Burroughs o Jack Kerouac. Forse non erano gli esempi migliori, ma i miei tentativi di avvicinarmi alla loro abilità hanno fatto sì che vivessi una vita assolutamente straordinaria. Ho passato periodi meravigliosi e terribili, di grandi gioie e grandi tragedie".

Con "Hours" lei torna al suo passato più glorioso...

"L'idea è di raccontare un personaggio della mia generazione che guarda indietro nel tempo, vede occasioni mancate e sente qualche angoscia. In complesso è un album triste. Per quanto mi riguarda, avrei tante storie buffe da raccontare sui rimpianti. Ma l'infallibilità non rientra nelle possibilità dell'essere umano, perciò non serve avere rimorsi".

Ci vuole finalmente spiegare com'è andata, quando è stato ospite di Celentano in tv? Forse non lo capiva bene?

"Ho capito molto bene cosa voleva dire e credo che sia un idiota. Alla fine sono riuscito a cantare la mia canzone, che era l'unica ragione della mia presenza allo show. Probabilmente non mi inviterà più, peccato".

Il 5 dicembre Bowie fu nuovamente ospite della televisione italiana nel programma su RAI2 "Quelli che il calcio", condotto da Fabio Fazio. Questa volta andò meglio. Bowie interpretò "Survive" e nuovamente "Thursday's Child". Fabio Fazio, stringendo la mano di Bowie: “Molto piacere, Fabio. David Bowie!”

David Bowie: “Glad to see you. We get to leave this.”

Piacere mio. Devo lasciarla (la chitarra) a qualcuno...

Fabio Fazio: “Se vuole gliela tengo io, come vuole.”

David Bowie: “Thank you very much...” (lascia la chitarra ad un tecnico).

Fabio Fazio: “Tutti “io, io”. Ha sentito, ha visto. Si, volevano aiutarla tutti. Grazie. Stia tranquillo, eh! È solo che…”

David Bowie: “You shouldn’t stay much too closer.” (tossisce).

“Non dovrebbe starmi troppo vicino”.

Fabio Fazio: “Anch’io. Me too.”

David Bowie:“You too?” (Anche tu?)

Fabio Fazio: “È solo che abbiamo pochi minuti e mi piacerebbe che questa nostra chiacchierata avesse in realtà il tempo di una conversazione, anziché di una intervista e quindi avendo invece così poco tempo, c’è soltanto la possibilità di…”

David Bowie: “Let’s have a friendly conversation.”

"Chiacchieriamo amichevolmente".

Fabio Fazio: “Si, si, a friendly… Grazie. Senta, lei… Tante cose ci sarebbero da dire. La prima che mi viene però in mente, intanto che la vedo molto felice, molto sereno.”

David Bowie: Extremely! Yeah, yeah, I’m very…Life is perfect.”

"Estremamente! Sì, sì... Lo sono molto... La vita è perfetta"

Fabio Fazio: “È vero. Dove ha trovato questa serenità, questa pace con se stesso in questo momento, da che cosa le deriva?”

David Bowie: “Desperation. You have to be happy or you die".

"Dalla disperazione! Devi essere felice, se no muori.”

Fabio Fazio: “Senta. Lei, vabbé, in realtà usa la musica come tante altre forme di espressione, perché è un artista vero, usa tutte le forme d’arte per raccontare una storia, la sua storia. A che punto è di questa storia, secondo lei? A che punto siamo di questa storia?”

David Bowie: “Well, it’s important to realize all artists’ disfunction. So it’s the “roman de mad”. I’m getting sane.” “Be', è importante rendersi conto delle disfunzionalità degli artisti. È un dramma da matti. Però sto diventando più sano di mente".

Fabio Fazio: “È anche vero che lei ha usato come forma artistica proprio se stesso, il suo corpo. Il materiale sul quale ha lavorato è proprio lei, una forma d’arte straordinaria questa.”

David Bowie: “I’m a melody!”

“Sono una melodia!”

Fabio Fazio: “È vero, anche”...

David Bowie: “I’m an extra-rhyme! I’m an opera!”

“Sono un’opera!”

Fabio Fazio: “Be’, tant’è che lei ha tante vite quanti sono i personaggi che ha inventato per lei in tutti questi anni.”

“Io non parlo italiano, I’m sorry!”

Fabio Fazio: “I’m sorry, I don’t speak English. We can speak French? No?”

David Bowie: “Very bad. Almost as bad.”

"Bruttissimo, brutto quasi quanto l’italiano.”

Fabio Fazio: “Anche per me. Io lo sapevo che lei non parla francese allora l’ho detto apposta, tanto per fare bella figura.”

David Bowie: “Un petit peu.”

Fabio Fazio: “Un petit peu moi aussi, j’ai fini dejà.”

David Bowie: “Est-ce que vous avez Marlboro Light?”

“Ha una Marlboro Light?”

Fabio Fazio: “Non faccia pubblicità, per carità! No, no, non dica… Non faccia pubblicità, è la fine! L’ha detto lui, non l’ho detto io!”

David Bowie: “That’s my only knowledge for French.”

“È l’unica cosa che posso dire in francese.”

David Bowie: “I can ask for a sigarette in every language.”

“Posso chiedere una sigaretta in qualsiasi lingua.”

Fabio Fazio: “I don’t smoke. It’s the only phrase that I can say in English. Senta Sig. Bowie. Lei nella sua vita ha incontrato le persone più straordinarie, che hanno fatto la storia della musica e anche dell’arte di questo secolo. Lei è un grande appassionato d’arte, dipinge scolpisce. Qual è l’incontro fondamentale della sua vita? Artistico, intendo. Una persona che l’ha cambiata, che le ha dato tante cose, di cui consiglierebbe a qualcuno di leggere qualcosa o di informarsi su qualcosa.”

David Bowie: “It wouldn’t mean very much in Italy, but there is a scots sculptor, Eduardo Paolozzi, who is very, very important.”

“Forse non sta a significare molto in Italia, non è molto importante. Ho incontrato uno scultore, un artista incredibile, Edoardo Paolozzi. Una persona eccezionale, importantissima.”

Fabio Fazio: “Cercheremo di saperne di più.”

David Bowie: “And for music, maybe Little Richard, maybe very, very important to me; and a writer, and I met previously William Borroughs.”

“Per quanto riguarda la musica invece, Little Richard, mi viene in mente questo, importantissimo per me e poi anche uno scrittore, la persona che ho incontrato è William Borroughs.”

Fabio Fazio: “William Borroughs. Grazie per aver risposto, intanto. Senta, posso chiederle un’altra cosa? Per me. Me lo fa un autografo?”

David Bowie: “Oh, pleasure!”

Fabio Fazio: “Se no quando la rincontro?”

“Con piacere!”

Fabio Fazio: “Grazie. Lei non viene a Sanremo? Io quest’anno forse ci sono. Forse. Forse.”

David Bowie: “Thank you very much for the invitation.”

“Grazie mille per l’invito.”

Fabio Fazio: “Si. Non so se ci sarò io. Se c’è lei son contento, la guardo comunque volentieri, ma…”

David Bowie: “I should say that Ok.”

“Dico che va bene”

Fabio Fazio: “Grazie. Io faccio questa trasmissione apposta, per poter incontrare persone come lei. Grazie molte. È forte David Bowie, molto forte.” (Imitando Celentano).

David Bowie: “It’s good to me.”.

“Per me va bene”.

Fabio Fazio: “Sto scherzando! Adesso ascolteremo “Thursday's child" in cui David Bowie incontra se stesso” (Fazio pronuncia tuesday e non thursday)

David Bowie: “Yes.”

Fabio Fazio: “E ascolteremo volentieri questa storia. Ha visto? Non le ho chiesto cosa possiamo io e lei per la guerra. È contento?”

David Bowie ride...

A metà degli anni '90 Bowie affidò il design e il computer imaging delle copertine di "Outside" e "Earthling" al disegnatore grafico Davide De Angelis. E iniziò anche una loro collaborazione saltuaria intorno a un futuro prodotto cartomantico, portato definitivamente a termine solo dopo la morte di Bowie. Si tratta di "Starman Tarot", un libro e un mazzo di tarocchi pubblicati in Italia da Lo Scarabeo nel 2018, ma la cui gestazione è stata dunque particolarmente lunga. Ha spiegato De Angelis al riguardo: "Andando a guardare come è tutto cominciato, quella scintilla immaginifica che si sarebbe un giorno consolidata nello Starman Tarot è scaturita nel momento in cui la figura spettrale di David Bowie è entrata nel ristorante italiano che mio padre aveva nella vecchia Old Compton Street di Londra. Avevo solo dieci anni, e giocavo spensieratamente con carta e penna: non avrei mai immaginato, in quel momento, che vent'anni dopo mi sarei trovato a sedere accanto a Bowie stesso, con una matita in mano, facendo schizzi e illustrando idee per il suo nuovo album: Outside. Il concetto dello Starman Tarot è nato in quegli anni che ho passato a lavorare con Bowie sugli album Outside e Earthling. Il mazzo è come un arazzo che intreccia tipografia sperimentale, graffiti, immaginario fantascientifico, filosofia, sciamanesimo, teoria del caos, Caravaggio, frammenti decostruiti di arte punk e geometria sacra. Ogni carta è come un appassionante ecosistema narrativo completamente formato ma che allo stesso tempo si trasforma costantemente. Ogni carta vuole colpire il vostro cuore e la vostra mente, e guidarvi con forza, compassione e saggezza. Vuole rivelare una nuova realtà, completamente diversa, che si trova appena dietro il mondo di cui facciamo esperienza: lo straordinario celato nell'ordinario!"

L'anteprima di alcune di queste carte avvenne nel 2017 nella città italiana magica per eccellenza, Torino, al MEF Museo ettore Fico, nel corso della mostra Tarocchi – Dal Rinascimento ad oggi, a cura di Anna Maria Morsucci. Anni 2000 e 2010

Negli anni 2000 e 2010, almeno ufficialmente, la presenza di David Bowie, quanto meno ufficialmente, forse anche a causa della sua residenza oltreoceano, la sua da sempre poca simpatia verso i voli, si dice acuitasi negli ultimi anni, la nascita della figlia Alexandria e il piacere crescente di fare una vita più quieta, appartata e dedicata alla famiglia con la sua quotidianità, è andata decisamente diradandosi. Ma anche a causa del ritiro dalle scene dopo l'intervento al cuore avvenuto a 57 anni, nel 2003, in Amburgo, dopo un malore accusato sul palco a Scheeßel. Bowie ha ormai venduto già da qualche tempo diverse sue proprietà per stabilirsi dal 1999 e definitivamente a New York nei 5.300 metri quadri di SoHo in 285 Lafayette Street. Qui i suoi rapporti con l'Italia si limiteranno molto e in particolare al cibo come le colazioni con cappuccino e bombolone alla crema o un caffè italiano al Caffe Falai sotto casa (parola del proprietario Danilo Durante), al Caffè Reggio in McDougall Street, qualche break o qualche cena in ristoranti italiano del quartiere, come quello al piano di sopra dello scantinato degli 6/8 Studios non lontani da casa, in cui riunì segretamente la band che darà vita all'album del ritorno "The next day" (probabilmente il bar Primi e pasta shop all'angolo con la Bowery). La spesa, come apprendiamo dalle pagine di David Bowie, l'arte di scomparire" di Francesco Donadio (indagine sugli ultimi dodici anni dell'Uomo delle Stelle), la faceva invece da Dean & DeLuca (560 Broadway).

Aveva venduto già da qualche anno il castello in Svizzera e anche la villa Mandalay a Mustique, l'isola esclusiva dei Caraibi, progettata dall'architetto Arne Hasslqvist e dalla designer Linda Garland in un perfetto mix tra architettura giapponese e balinese con piscine naturali terrazzate tra rocce, cascate, portici con colonne, pagode e interni sfarzosi. Un capriccio che doveva essere il meno caraibico possibile, voluto da Bowie alla fine degli anni '80. Una villa venduta nel 1995 all'editore Felix Dennis per 4 milioni di dollari. Dopo la morte dell'editore Felix Dennis nel 2014, nella villa appartenuta a bowie a Mandalay, è oggi possibile soggiornare una settimana in vacanza al "modico" costo di 60-70mila dollari, 40mila in bassa stagione. Dell'appartamento a Los Angeles non si hanno più notizie. Bowie passò invece periodi di riposo nel buen retiro di una località tenuta a lungo il più possibile segreta, a Shokan nei pressi di Woodstock, dove comprò per quasi 2 milioni di dollari una casa e 64 acri di bosco (circa 26 ettari) sulla Little Tonshi o Tonche Mountain, una montagna dei monti Catskill, parte delle catene degli Appalachi. Secondo alcuni giornali americani è qui che avrebbe trascorso gli ultimi giorni della sua vita ed è qui che avrebbe chiesto di spargere o conservare le sue ceneri. Secondo altri, stando al suo testamento, l’artista avrebbe invece chiesto che le sue ceneri fossero sparse “secondo il rito buddista di Bali”, precisando che, se non avesse potuto essere cremato lì, avrebbe voluto comunque che i suoi resti arrivassero successivamente sull'isola indonesiana.

Quest'ultimo particolare, per volontà di Bowie stesso, resterà tuttavia un segreto ben custodito dalla famiglia. Bowie, come chiese anche Freddie Mercury rispetto alle proprie ceneri, si era così espresso per evitare inutili monumenti e pellegrinaggi, preferendo essere ricordato per la sua vita e non per una lapide o un memoriale.

Di case comprate invece da Bowie a Venezia o in Toscana, forse dalle parti di Lucca o in Lucca stessa, di cui si è talvolta vociferato, non c'è alcuna traccia che lo comprovi. Su Bowie girano tante cose. Per esempio una lista del 1969 in cui avrebbe elencate le cose che amava o che odiava tra le quali la sua Fiat 500 blu scuro ("...ce l'ho da 18 mesi e non mi ha mai abbandonato, fa 56 miglia al litro") e andarsene in giro per il Nord Italia (...godendomi paesaggi pazzeschi e chiacchierando con le persone che trovo abbiano uno sguardo verso il mondo e la vita sempre caldo e la giusta prospettiva sulla vita...) Di questa lista parla una sua fan in internet, che se la sarebbe ritrovata tra le mani insieme alle molte memorabilia di un altro fan presentato come il boss dei fans italiani. Poco credibile che la vecchia Fiat 500, per quanto consumasse poco, potesse fare 56 miglia con un litro (90 chilometri circa). Quanto all'andarsene di Bowie in giro sul finire dei Sessanta per il nord Italia, non c'è davvero nessuna testimonianza diretta o indiretta. La prima volta di Bowie in Italia fu a Monsummano Terme nel 1969, poi più nulla fino alla vacanza a Roma del 1973. Sul sito bowiewonderland.com sono stati pubblicati dei diari incredibili settimanalmente pubblicati da luglio del 1973 a maggio del 1975 a nome di Bowie. Bowie stesso, in proposito, ha dichiarato di non aver scritto una sola parola di questi diari pubblicati sulla teeny magazine Mirabelle. Furono invece scritti, con il suo consenso, da Kathleen Dorritie, nome d'arte di Cherry Vanilla, cantautrice, attrice, scrittrice e addetta stampa newyorchese. Insomma, si trattava di un gioco: Cherry Vanilla immaginò e pubblicò ogni settimana su Mirabelle un diario immaginario di Bowie/Ziggy Stardust senza nemmeno troppo preoccuparsi di far coincidere la realtà con l'irrealtà. Ne sono un esempio le pagine di fine luglio e di agosto in cui Bowie era nello studio castello di Château d'Hérouville a registrare Pin Ups e il 2 agosto giunse a Roma per una vacanza prima di tornare in Francia a completare le sessioni con la sua voce. Il diario in questione invece lo descrive in viaggio in Giappone e in Russia. Con David Bowie, sommando la sua grandezza eclettica universalmente riconosciuta, quasi a incarnare l'Oltreuomo nietzschiano al "gioco" attoriale dei suoi personaggi, bisogna fare molta attenzione. C'è una certa tendenza ad attribuirgli di tutto, come se già la sua carriera non fosse stata mai "abbastanza" straordinaria. Lo abbiamo già visto quando, per averlo visto suonare il violoncello nel film "The hunger", solo debitamente istruitosi a suonare per l'occasione alcune note di Bach, poi gli si attribuiscono capacità reali di suonarlo. Nel wikipedia inglese, quando si parla delle sue capacità di polistrumentista, è infatti sancito che egli suonasse il violoncello e la viola. Anche quest'ultima in realtà, la viola, la prese in mano una volta nel finale di un concerto il primo d'aprile 1979 (dunque nel segno di un autentico April Fool’s Day). Bowie, vestito con un nero kimono raggiunse John Cale sul palco dove si erano anche esibiti e Steve Reich (lo show era intitolato "The first concert of the Eighties"), prese la viola del collega per eseguire "Sabotage" (brano di John Cale). Pare che Cale gli avesse date due dritte per fare il brano, ma il fine era un altro: sabotare "Sabotage". Ricorda John Cale: "The first time I met Bowie was at the Tibet House concerts in New York. He absolutely wanted to play and join in, so I taught him a viola part: a riff to Sabotage. He was game and picked it up straight away. Otherwise we did a lot of drinking, a lot of running round at the Mudd Club. Most of that's a blur."

Nelle registrazioni di "Heathen" (2002) è ospite una cantautrice e musicista polistrumentista di formazione classica molto stimata sia per la sua musica, sia per i suoi testi: è Lisa Germano, nata a Mishawaka nell'Indiana, ma di evidenti origini italiane, che nel disco di Bowie fu invitata a suonare il violino. "L’Italia rappresenta per me l’idea di vivere la vita in tutta la sua pienezza. Il luogo dove ogni cosa è ingigantita... passione e amore per la bellezza, cibo, sesso, musica, vino, lottare, ballare, ridere e piangere". Claudio Fabretti su OndaRock nel 2007 le ha rivolto una domanda su quell'incontro: Una delle esperienze più stupefacenti è stata quella con Bowie. E' un personaggio così famoso... una leggenda. Ed è davvero magnifico, molto genuino e creativo. Tanti artisti, ottenuto un certo tipo di fama, diventano timorosi di sperimentare, di spiazzare i loro fan. Lui invece era pieno d'entusiasmo, voglioso di sperimentare sempre strade nuove, e abbiamo parlato tanto insieme. È stato magnifico.

Bowie tornò in Italia nel 2002 per promuovere Heathen. Il 15 luglio suonò a Lucca, per il Lucca Summer Festival, in piazza Napoleone. La Nazione di Lucca lo ricorda in un articolo del 2016: era un David Bowie in splendida forma, completo nero e camicia bianca, in uno show che ha lasciato il segno. Da “Life on Mars” accompagnato al piano da Michael Garson, a “Ashes to ashes”, passando per “Cactus”, “Slip away”, “Starman”, “China Girl”, “Changes”, “Fame”, “Heathen” e l'intramontabile “Heroes”. Allora un gran calore abbracciò il Duca Bianco, che al pubblico concesse un bis a base di pezzi come “Fashion”, “Let's dance” e “Ziggy sturdust”. Ad aprire il concerto furono i Bluvertigo, mentre 'nascosti' in piazza nel pubblico c'erano Zucchero e Jovanotti. Diecimila gli spettatori accorsi da tutta Italia, sfidando una intera giornata di pioggia cessata soltanto poco prima dell'inizio dell'esibizione di Bowie. In una piccola tribuna riservata, oltre a Zucchero e a Jovanotti, si intravide anche l’arbitro Pierluigi Collina. Per la prima volta si vide un Bowie colloquiale, che fra una canzone e l'altra (come scrisse Marinella Venegoni su La Stampa) ti spara una cascata di chiacchiere divertite con forte accento cockney, e poiché nessuno ci capisce un'acca tutti rispondono come sempre "yeah" tanto che lui se ne accorge e fa un gestaccio. È un Bowie bello e biondo come un dio anglosassone, alla faccia dei 55 anni magro come un'acciuga dell'Atlantico (pare si nutra solo di succhi di frutta e verdure).

SCALETTA

Life On Mars? Ashes To Ashes Cactus Slip Away Starman China Girl I Would Be Your Slave I’ve Been Waiting For You Changes Stay Fame I’m Afraid of Americans 5:15 The Angels Have Gone Heroes Heathen (The Rays) A New Career In A New Town Fashion Everyone Says Hi Hallo Spaceboy Let’s Dance Ziggy Stardust

Il giorno seguente Bowie, a Montecatini Terme, fu intervistato da Lucia Nicolai per MTV. Lucia Nicolai gli fece osservare che una volta cantava "I'm afraid of Americans" e, tuttavia, ora in America era andato a viverci. E Bowie rispose: Penso che avrei dovuto riscrivere il titolo in “I’m Afraid of Certain Americans”, non di tutti in generale. Nella mia band ci sono sei americani che amo moltissimo e con cui lavoro da sempre e naturalmente ho moltissimi amici a New York che rispetto profondamente. Quando ho scritto quella canzone, era metà anni Novanta ed era motivata dal franchising dell’immagine americana ovunque. Sono arrivato a Lucca e la prima cosa che ho visto è il McDonald’s. Appena abbiamo passato il cartello ‘Benvenuti a Lucca’ la prima cosa che ho visto è stata McDonald’s e penso che sia lo schiacciamento di culture individuali a costituire fonte di grossa preoccupazione. E sulla serata di Lucca... Lucia Nicolai: Mentre ti stavi esibendo hai raccontato molti aneddoti riguardanti visite precedenti a Lucca. C’è alcuna verità in tutto questo? David Bowie: No! Facevo solo un po’ di scena! Mi aveva colpito molto il fatto che ci fossero così tante persone alle finestre delle case circostanti e che probabilmente odiano il rock’n’roll. Era così ironico che fossero costretti ad ascoltare un festival di musica per tre giorni consecutivi! Così mi sono inventato dei nomi di persone per le quali andavo a passeggiare il cane… come si chiamava? Giancarlo, vero? (ride) La seconda tappa italiana, domenica 6 ottobre 2002, fu nuovamente in televisione a "Quelli che il calcio" su Rai Due, questa volta condotto da Gene Gnocchi e da Simona Ventura, che gli si getta letteralmente ai piedi abbracciando le sue ginocchia, invocando di essere ibernata così: Ibernatemi! Ibernatemi ora! Tra mille anni sghiacciatemi! Gene gli chiese più sobriamente un autografo, chiedendo infine di salutargli Frank Black dei Pixies con risata di Bowie. Due i brani per l'occasione: Cactus, cover di un brano dei Pixies, e Everyone sais Hi. Dopo l'esecuzione dei brani in televisione Bowie fece l'indomani una apparizione allo store LaFeltrinelli Libri e Musica di Milano in Piazza Piemonte, preso d'assalto, per una session di autografi, ma solo per i primi 250 arrivati, regolati da un numero per mettersi in fila fin dall'alba. Moltissimi i delusi che non arrivarono per tempo.

L'ultima volta che Bowie suonò in Italia fu nel 2003 nel corso del Reality Tour. 24 ottobre, Filaforum di Assago, 13.000 spettatori, tutto esaurito. La band: Gail Ann Dorsey, Gerry Leonard, , Mike Garson, , Catherine Russell. Band di spalla i Dandy Warhols. Io ero tra quel pubblico e tornato a casa quella sera appuntai qualche verso (poesia poi pubblicata nel mio libro "Raccolti", Oèdipus Edizioni, 2019):

LOVING THE ALIEN 23 ottobre 2003 Forum di Assago

Dalla platea ai palchi agli skybox del forum si apre la porta delle stelle con la voce di un ottavo arcangelo e non vale meno così che davvero.

Che fa se le stelle che luccicano sono fiammelle di Bic e polvere di giovani Pleiadi veloci o Leo Minoridi* le sigarette aspirate?

Nel campo di Assio come Cassio con Aulo Allieno perisca pure il mondo stasera! Io sono David Bowman che non muore nel monolito ma evolve nell'infinito alieno. . Mio Dio, siamo pieni di stelle!

* Il periodo di visibilità dello sciame meteorico delle Leo Minoridi va dal 21 al 23 ottobre. L'entrata (scrisse Giacomo Pellicciotti su La Repubblica) è degna della grande rock star. Dei buffi disegni animati su schermo gigante che li raffigurano con scanzonata ironia, i musicisti della band e il Duca Bianco si materializzano sul palco del Filaforum. Bowie è l'ultimo. Emerge dal buio, impeccabile come sempre, cantando Rebel Rebel restaurato alla moda. Basta questo semplice colpo ad effetto a scatenare subito il primo applauso grandioso dei più di dodicimila fortunati (tra i vip si vedono Morgan, Romeo Gigli e Paolo Liguori)... E conclude R.T., inviato da Il secolo XIX: Nato per il palco, Bowie, recita prima ancora di cantare, si trasfigura per il solo fatto di respirare. È un don Giovanni estatico in "Fashion", un intellettuale radical in "I'm afraid of Americans" e il grande predicatore in "Heroes". Un enigma che spilla poesie elettriche... Molto più intrigante di una rockstar.

SCALETTA

Rebel Rebel Fame Cactus China Girl Fall Dog Bombs The Moon Hallo Spaceboy Sunday Under Pressure Ashes To Ashes Fashion Never Get Old The Motel 5:15 The Angels Have Gone Loving The Alien I’m Afraid Of Americans Heroes Heathen (The Rays)(bis) Slip Away Changes Let’s Dance Hang On To Yourself Ziggy Stardust

Massimo Gatto su L'Avvenire anticipava la possibilità di un ritorno del Reality Tour nell'estate del 2004 all' di Verona. Bowie però fu costretto ad annullare il resto della tournée europea dopo la performance al festival di Scheeßel in Germania, durante la quale aveva accusato malori e per i quali venne operato d'urgenza al cuore. Già prima dell'episodio di Scheeßel, David Bowie aveva dovuto interrompere il suo concerto a Praga per disturbi alla vertebra cervicale e alla spalla, e il giornale scandalistico ceco "Blesk" aveva scritto, per tutta risposta, che l'autore di "Heroes" era stato trasportato di nascosto dall'albergo "Four seasons" all'ospedale di Praga-Motol con un sospetto d'infarto.

Finita la musica dal vivo, finite le tournée per il mondo, sospesa per dieci anni l'attività musicale stessa, a parte qualche collaborazione sporadica, occasioni per sapere ufficialmente Bowie in Italia non ve ne saranno fino al 2013, a Venezia. Sapere per contro se vi sia tornato privatamente non è facile, anche se il suo ritiro ha mosso molti a rendere pubblico un qualunque brandello di apparizione pubblica.

Diversi si dice siano stati i suoi viaggi a Venezia e come tali testimoniati. Qualcuno mise in giro la voce che Bowie avesse appunto comprato una casa anche nella città lagunare. A Venezia però girò, per la campagna pubblicitaria della casa di moda Louis Vuitton, un cortometraggio da un minuto insieme al regista Romain Gavras e alla modella americana Arizona Muse. Titolo: L'Invitation au Voyage (L'invito al viaggio, come la poesia di Charles Baudelaire). Arizona Muse atterra con una mongolfiera a Venezia e si ritrova a una festa in costume con David Bowie che suona al clavicembalo un riarrangiamento baroccheggiante della sua "I'd rather be high" da "The next day". Una mongolfiera che arrivò in Piazza San Marco e finì al centro della polemica per via delle mancate autorizzazioni. In un omaggio alla Serenissima e alla sua storia senza tempo, Louis Vuitton volle dunque ambientare a Venezia il secondo capitolo dell’intrigante campagna «L’invitation au Voyage». Partita dai cortili del Louvre di Parigi a bordo di una mongolfiera, la protagonista, la top model americana Arizona Muse, arrivava ora nel cuore della notte in una deserta e affascinante Piazza San Marco e, incuriosita da una musica ammaliante, entrando in un magnifico palazzo, scostando pesanti tende... si ritrovò, nel mezzo di un ballo in maschera, davanti a un David Bowie seduto al clavicembalo.

Un altra comparsa di Bowie in Italia risalirebbe al 1988 ed è riferito da La Nuova di Venezia. Una foto ritrae Bowie (con sciarpa e colbacco) con il pittore veneziano Ludovico De Luigi all'inaugurazione di una sua mostra presso la galleria d'arte Ravagnan in piazza San Marco. La foto fu scattata invece al Palazzo delle Prigioni. Nella foto è presente anche Iman. "Giornata bellissima" ricorda De Luigi.

Ludovico De Luigi nacque a Venezia nel 1933 da una famiglia di pittori aperta alle problematiche culturali e all’influenza dell’arte moderna. La sua vocazione artistica matura tuttavia attraverso diverse esperienze. Dopo un’iniziale formazione compiuta nell’atelier del padre Mario, noto pittore astratto, lasciò Venezia nel 1950 e visse per un periodo a Torino e a Roma, decidendo poi di trasferirsi in Francia. In questi anni si applicò intensamente al disegno e alla copia dei maestri del passato, ricercando contemporaneamente un proprio linguaggio autonomo. Si interessa inoltre alle scienze naturali, in particolar modo all’entomologia, di cui si trova traccia nei dipinti successivi. Nella primavera del 1959 cominciò a studiare in maniera approfondita l’opera di Canaletto, assimilandone la grande lezione di unione tra tecnica e mezzi di espressione. Questo lungo e appassionato studio si concluse nel 1964 con la realizzazione della dettagliata copia del dipinto raffigurante Piazza San Marco presente a Palazzo Corsini che, oltre ad essere un esempio di straordinario virtuosismo, costituisce il punto di partenza di una ricerca artistica che dal 1966 si sviluppò con sempre maggiore profondità. Di questo anno fu una rappresentazione pittorica di Venezia proiettata nel tempo e gremita di insetti. Nel 1967 De Luigi, assieme alla moglie, la pittrice americana Janice Lefton, lasciò l’Italia per recarsi negli Stati Uniti. Stimolato dai consensi pubblici e privati, l’artista continuò nella sua ricerca che accosta a una cultura pittorica consacrata dal tempo un processo di elaborazione surreale che prefigura apocalittici scenari della città di Venezia. In seguito si interessò anche alla scultura, realizzando una serie di opere equestri e altri bronzi, che uniscono all’aspetto onirico un significato allegorico e simbolico. L’avvento dell’era elettronica lo spinse infine ad avvalersi del computer nella produzione dei suoi dipinti. Così, sul sito della Peggy Guggenheim Collection, leggiamo della storia di questo pittore che Bowie deve aver quindi particolarmente apprezzato. E tuttavia c'è qualcosa che non va nella datazione, poiché nel 1988 non risulta che Bowie andasse in giro con Iman. A quel tempo era legato invece a Melissa Hurley. Si erano visti qualche volta negli anni, ma la loro storia cominciò nell'autunno del 1990, a un invito a cena da parte di un amico in comune. Inoltre la Galleria Ravagnan cita, tra le oltre duecento esposizioni organizzate nel corso della sua lunga attività, una mostra di Ludovico De Luigi nel 1992. Anche il Bowie della fotografia è apparentemente quello con barba del periodo dei Tin Machine e non quello reduce a seguire di Never let me down e del Glass Spider.

Nella sua venuta a Venezia del 2013, in occasione del suddetto spot per Louis Vuitton, Bowie fu avvistato e paparazzato con sua figlia Lexi (Alexandria), allora dodicenne, mentre salivano a bordo di un taxi acquatico per visitare la città dai suoi canali. La figlia era accompagnata da un'amica e appariva ai testimoni visibilmente elettrizzata. Il padre, in abiti casual, supervisionava tutto con aria seria e corrucciata. Così qualcuno disse.

Carlo Zanetti, lo stesso che vide Bowie a Londra su una Ferrari, racconta di un fatto che ha dell'incredibile. Dopo pochi anni, una volta tornato in Italia, andai a suonare in un locale di Venezia per lo più frequentato da ragazzotti in gran parte gondolieri, facchini o trasportatori di laguna, i quali tra una birra e l’altra, spesso si contendevano la possibilità di fare colpo su qualche malcapitata turista straniera. Le proposte erano sempre le stesse e sempre descritte attraverso un inglese maccheronico: gite notturne in motoscafo, oppure in gondola, per vedere le meraviglie della città… Uno di questi baldi giovani, forse il più tranquillo, mi propose alla fine del mio concertino prettamente targato rock, di seguirlo a casa sua perché doveva per forza raccontarmi una storia pazzesca e farmi vedere un dipinto. Era un gondoliere molto gentile che aveva apprezzato il mio modo di cantare e suonare. Lo seguii e poco dopo mi trovai di fronte ad una parete piena di disegni che raffiguravano persone, animali e cose strane. In un angolo c’era una firma: “David”. In breve, mi spiegò che David Bowie aveva fatto quel grande disegno, che lui era stato a casa sua dopo essersi incontrati casualmente una notte in giro per Venezia. Rimasi esterrefatto quando mi disse che si era seduto proprio dov’ero seduto io. A riprova della veridicità di quanto detto mi fece vedere una foto. Era tutto vero! ...In un'intervista David Bowie dichiarò che spesso girava il mondo da solo, perché diceva che nessuno lo riconosceva. Aveva un cappello con frontino, un giubbino verde e gli occhiali da sole.

Certo fa strano che qualcuno nella sua casa abbia dei disegni così preziosi sul muro di una stanza senza averlo mai divulgato, in qualche modo magari anche "capitalizzato". Ma noi prendiamo per buono, per ora, aspettando di saperne di più.

In Veneto pare non si limitò però alla sola Venezia. Vvox ha scritto che la star del rock David Bowie amava l’Italia e il Veneto. Tanto da recarsi in laguna in più di un’occasione. Con la figlia Lexi aveva visitato la Biennale mentre due anni prima era stato a Venezia per girare in Piazza San Marco uno spot per Louis Vuitton... A cavallo tra gli anni ’80 e ’90, il cantante si vedeva spesso in città tra i ristoranti di Rialto e campo Santa Margherita. Il Duca Bianco amava anche frequentare mostre e gallerie d’arte. Ma non solo a Venezia. Bowie visitò anche Padova: sempre negli anni ’90 la rockstar si era concesso una giornata da turista al Santo (credo ci si riferisca alla Basilica di Sant'Antonio da Padova) e alla Cappella degli Scrovegni. Da questo articolo risulterebbe quindi una visita di Bowie alla Biennale Arte di Venezia del 2015 diretta da Okwui Enwezor con la mostra "All the World's Futures", poiché lo spot per Louis Vuitton lo girò nel 2013. Altre testimonianze però non sono disponibili.

A Bologna nel 2016 approdò , una delle mostre di maggior successo degli ultimi anni, realizzata dal Victoria and Albert Museum di Londra, la prima retrospettiva dedicata alla straordinaria e prolifica carriera di David Bowie, capace in cinque decadi di perseguire in modo duraturo l’innovazione senza mai tradire se stesso e il suo pubblico. David Bowie Is, partita da Londra nel 2013, dopo essere stata a Chicago, San Paolo, Toronto, Parigi, Berlino, Melbourne e Groningen, arrivò dal 14 luglio al 13 novembre al MAMbo, unica tappa italiana, totalizzando 130.000 visitatori. La mostra celebrava la prolifica carriera di David Bowie attraverso un percorso fatto di contenuti “multimediali” e di 300 oggetti selezionati dai curatori Victoria Broackes e Geoffrey Marsh dall’archivio personale del musicista. Bowie conservò sempre tutto nel corso della sua carriera, non solo scarpe, vestiti e costumi di scena, istituendo un vero e proprio archivio. Tra gli oggetti l’outfit di Ziggy Stardust (1972) disegnato da Freddie Burretti, il costume "Blue Clown" di Ashes to Ashes, lo Union Jack coat di Earthling, fotografie e disegni, i testi originali delle sue canzoni scritti a mano e alcuni dei suoi strumenti, tra i quali la chitarra Supro Dual Tone di look retrò usata nel Reality Tour, lo EMS Synthi AKS usato in Heroes, il mazzo di carte delle Strategie Oblique ideate da Brian Eno e Peter Schmidt che propongono oscuri e criptici aforismi, volti ad aiutare il musicista a rompere i blocchi mentali favorendo il pensiero laterale. "È una grande occasione d'incontro - commentò il Sindaco Virginio Merola - e di riscoperta di una figura come Bowie, per assaporare la sua trasversalità in una città che sta saldamente nel contemporaneo. Bologna è pronta ad accogliere le persone che accorreranno per vedere una figura che ha saputo fare la differenza, in una città che fa la differenza".

Non so spiegare perché noi, a Bologna, vi abbiamo visto anche il suo primo sax alto, un Grafton saxophone di plastica bianca regalatogli dalla famiglia nel 1958. Bowie, come detto dal curatore della mostra Geoffrey Marsch, aveva declinato fin dall'inizio il prestito di questo oggetto delicato e così importante per lui. Rispetto a questa apparizione o cambiò qualcosa dopo la sua scomparsa o si trattò di una copia, di un qualunque altro Grafton saxophone.

Bowie ha amato l'Italia e l'Italia ha ricambiato e continua a ricambiare. Soprattutto dopo la sua scomparsa sono stati numerosi (e lo saranno ancora per molto tempo) gli omaggi. Diversi interi dischi gli sono stati dedicati. Tra questi Andrea Chimenti canta David Bowie, Jazz Oddity di Federica Zammarchi, Fascinated by Bowie di Camilla Fascina. “Per me David Bowie è stato una vera scoperta" dice Camilla Fascina in una intervista. "Da qualche anno mi sono avvicinata pian piano al suo mondo e poco alla volta mi sono lasciata travolgere da questo mito che ha attraversato decenni di musica ed è ancora vibrante e proiettato nel futuro. Quello che mi attira e affascina di lui infatti è il genio, la creatività, la poliedricità, la natura iconica e camaleontica. Così ho pensato che il tempo fosse maturo ora per questo mio primo EP che raccoglie 5 brani tratti da diversi album di Bowie. E devo dire che è andato bene: l’EP infatti è stato presentato l'anno scorso durante il mio opening act a Morgan per il David Bowie Bash, ed è stato poi menzionato sul sito ufficiale di David Bowie".

Rita Rocca, giornalista Rai, gli ha dedicato un documentario di 62 minuti BowieNext - Nascita di una galassia. Il film ricorda il Glass Spider Tour del 1987, che il 13 giugno di quell'anno approdò in Italia. Varie immagini di repertorio, tra cui alcune dalle Teche Rai, come il miniconcerto al Piper di Roma del 25 marzo 1987, l'intervista del 1977 realizzata da Fiorella Gentile per il programma "L’altra domenica" e spezzoni di interviste da "Mixer" (1981) e "Tg2 Pegaso" (1993). Il docu-film è arricchito da testimonianze di vari artisti che hanno lavorato con lui (fra cui Sterling Campbell, Gail Ann Dorsey, Mike Garson, Lindsay Kemp, Earl Slick, Rick Wakeman), testimonianze di chi lo ha conosciuto (Dario Argento, Sydne Rome) e critici musicali (Simon Reynolds e Francesco Donadio). I «Lies of love», Enrico Condelli e Nicoletta Pace, sono stati selezionati per far parte del film tributo. Gli autori del film-tributo hanno scelto i «Lies of Love» dopo aver ascoltato la loro interpretazione della canzone-manifesto del duca bianco, «Heroes». «L’idea era non copiarlo, non prendere dei pezzi di repertorio - ha detto Rita Rocca -, ma creare qualcosa di originale ispirato a Bowie. E devo dire che sono arrivate, da tutto il mondo, delle cose molto belle e molto professionali, superiori anche alle mie aspettative».

Svariati anche i libri, tra cui "David Bowie, l'arte di scomparire", indagine sugli ultimi anni dell'Uomo delle Stelle di Francesco Donadio; "Rebels - David Bowie in 6 ritratti d'autore (scritti di Franco Battiato, Michael Cunningham. Michel Faber, James Grady, Rick Moody, Carlo Verdone e una "favola" del cantautore Dente); "Ziggy Stardust - La vera natura dei sogni" di Luca Scarlini; una versione aggiornata di "David Bowie - Fantastic Voyage", testi commentati, di Francesco Donadio; "For ever and ever (I miei 15 anni di David Bowie)" di Stefano Bianchi con l'introduzione di Ivan Cattaneo. E molti altri.

La Repubblica di San Marino, il quarto stato più piccolo d'Europa, che al di là di tutto è un pezzo d'Italia e di Romagna, è stata la prima nazione al mondo - battendo sul tempo la stessa Gran Bretagna - in cui sono stati emessi dei francobolli dedicati a Bowie per celebrare il 70esimo anniversario dalla sua nascita, affidandone la grafica a Jonathan Barnbrook, designer e curatore della grafica degli ultimi album di Bowie: tre valori bollati, tutti da € 1,60. Il primo valore mostra il giovane Bowie nei panni di Major Tom, il primo personaggio che lo ha portato al successo. Ma c’è anche una stella nera in alto a destra ad indicare il suo ultimo album. Il secondo valore è un’originale rielaborazione della copertina di Aladdin Sane, molto stilizzata e con il fulmine di Ziggy Stardust in primo piano. Il terzo e ultimo è dedicato all’album Low e ne riproduce l’immagine di copertina con una corona bianca che richiama il Duca Bianco.

David Bowie - come si apprende da una intervista di Pauline Pilot dedicatale dal sito www.davidbowieblackstar.it - ha ispirato l'artista Maria Primolan, architetto e scultrice torinese. Maria Primolan dal 2016 ha realizzato un ciclo di lavori ispirati a Bowie tra i quali le sculture “TheAngel’s Gift” e un busto in legno dal titolo “Goodbye Mr. Bowie” oggi presso la Biblioteca di Beckenham, Londra. Questi lavori le hanno quindi fruttato una mostra di sculture dedicate a Bowie tenutasi a Bromley.

Ma l'omaggio più bizzarro dell'Italia a David Bowie è arrivato da un suo fan, Andrea Natella, che nel gennaio 2016, pochi giorni dopo la scomparsa del Duca Bianco, sulla piattaforma online charge.org, lanciò una petizione rivolta "a Dio o chi se ne occupa" per riportare il Duca sulla Terra: "Dire no alla morte di David Bowie. Riportalo sulla Terra". L'obiettivo (quasi raggiunto) era di trovare almeno 10mila sostenitori per dare corpo alla sua ambiziosa idea. All'appello rispose anche il profilo Twitter di Dio (@TheTweetOfGod) in cui si rispose che non v'era alcuna intenzione di rimandare indietro il Duca: "Onestamente uscire con David Bowie è molto più figo di quanto pensassi!" Una raccolta firme come gesto simbolico per dire addio a Bowie, ma non solo. "È un modo per pensare che la morte di David Bowie, così come quella di altre persone famose, sia come quelle dei personaggi di finzione" spiegò all'Indipendent: "...ma volevo anche sottolineare di come possano essere inefficaci la maggior parte delle petizioni online!". INTERVISTE

Nelle quasi 750 interviste a gruppi musicali e autori vari per lo più italiani, esordienti e non, dell'underground e non, fatte negli ultimi dieci anni per la e-zine Kult Underground e non solo, spesso mi sono imbattuto nella citazione obbligata di David Bowie tra coloro che hanno più influenzato gli stessi. Questo prova che Bowie, caso più unico che raro, non è stato solo capace di essere un personaggio cangiante e sempre affascinante, da chiunque rispettato, e un autore assolutamente geniale, ma in cinquant'anni di carriera ha creato un repertorio musicale capace di influenzare più generazioni, anche italiane. E probabilmente resterà ancora tale per molti decenni. Bowie infine è diventato anche in Italia un autore imprescindibile, una stella polare, un polo magnetico. Ecco una selezione e alcuni estratti da quelle interviste. A fianco degli intervistati, il nome dell'album che fu occasione delle interviste.

ANDREA MIRÒ, "Nessuna paura di vivere" (presente nel cd una cover di "Heroes")

Davide Riccio So che tu ed Enrico (Ruggeri n.d.r.) condividete un comune amore per David Bowie. Cosa ci ha lasciato più di tutto dal vostro punto di vista?

Andrea Mirò È venuto a mancare un artista senza pari che, per la generazione di Enrico prima, e per la mia e la seguente, è stato ed è (e sarà) un faro illuminante. La parola che più accosto alla sua carriera e alla sua produzione in toto (anche d'immagine) è "osare".

GENOMA, "Mostri, paranoie e altri accadimenti" (presente nel cd una cover di "Heroes")

Davide Perché una cover di “Heroes”, inoltre resa così particolarmente soffice?

Genoma È un pezzo di storia della musica, un grande brano di un grande artista, che abbiamo voluto sussurrare alla nostra maniera. il dEli, "Lo stupido che canta" (Roberto Deliperi) Davide Oggi la neuroscienza sta spiegando le ragioni per cui la musica può farci venire i brividi, sebbene sia alla fine un fatto anche molto personale. Quali canzoni ricordi tra quelle che nella vita ti hanno fatto venire la cosiddetta “pelle d'oca” una o, riascoltandole, più volte?

Roberto Sicuramente è un fatto personale, altrimenti non si spiegherebbero i diversi gusti... Alcuni (ma proprio alcuni) dei brani che mi emozionano ad ogni ascolto sono: When a man loves a woman (Percy Sledge, probabilmente la mia canzone preferita in assoluto), Waiting on an angel (Ben Harper), Black (Pearl Jam), Strade di Francia (Daniele Silvestri), Pianoman e New York state of mind (), Where did you sleep last night (Nirvana), (David Bowie), il 70% dei brani dei Beatles, Pelle (Afterhours), Ora solo ora (Casino Royale), Uomini (Ritmo Tribale) e almeno un altro milione di brani...

PRESENCE (Sophya Baccini), "Masters and followings"

Davide Tra le cover di "Masters and following" un capolavoro dimenticato degli Sparks (This town ain't big enough for the both us). Cosa ha di solito una canzone perché susciti il tuo desiderio di reinterpretarla?

Presence (Sophya Baccini) È l'importanza diciamo storica, la loro rappresentatività che ci ha portato a volere reinterpretare quei brani... Gli Sparks facevano parte di quell'onda di cambiamento che travolse la musica negli anni settanta, che faceva riferimento a David Bowie, Marc Bolan o anche i Velvet Underground di Lou Reed... lo chiamavano Glam rock ed è stata una ventata di vera creatività... ci è piaciuto ricordarlo...

TERZACORSIA, "Sogno o realtà"

Davide Qual è la musica che principalmente ascoltate, che ha più influenzato il vostro modo di suonare e le vostre idee musicali? Terzacorsia Sono tutti quegli artisti a cui, tra l’altro abbiamo anche dedicato tributi. Quindi andiamo dai Pink Floyd a Lucio Battisti, passando attraverso i e l’indimenticato David Bowie.

THE FALLS, "Mind the Gap"

Davide Come riassumereste le decadi '60, '70, '80, '90, duemila e duemiladieci facendo un solo nome di artista o gruppo inglese per ognuna di esse, il più oggettivamente rappresentativo secondo voi, ma poi anche soggettivamente per voi nel distillato della vostra musica?

The Falls Beatles, Bowie, Queen, Blur, Franz Ferdinand, Soulwax... The FALLS?

LUCA FUCCI, "Hidden scars"

Davide Love is more about... e Inside rievocano i suoni influenzati dall’elettronica in parte ispirati dalla cultura rave degli anni novanta di Earthling di Bowie. Come hai vissuto la notizia della sua scomparsa e cosa ti lascerà questo insuperabile grandissimo?

Luca Essere associato al nome di un maestro come Bowie è davvero una cosa al limite del sacrilego, ma te ne ringrazio molto. Quando ho saputo della notizia, ho subito pensato ad una bufala… proprio in concomitanza con l’uscita del suo “Black Star” che da un paio di giorni ascoltavo in loop. Una scomparsa che per me non poteva essere reale… “Lui” non poteva lasciarci. Ho evitato di pensarci per tutta la giornata, fino a che la sera e la notte stessa, sconvolto, ho pianto ininterrottamente per ore, come un bambino. Non solo e non tanto per la morte in sè... ma per la grandezza di quest’uomo e di quello che ci ha lasciato: un patrimonio artistico che non ha eguali. È talmente unico che è riuscito a fare anche della sua morte una opera d’arte. “Black Star” è un capolavoro, un testamento musicale insuperabile, che ha confermato l’immortalità dell’Artista. Le sue provocazioni, il suo continuo mettersi in discussione, il voler cambiare ed evolversi, rischiare senza vivere sulla tranquilla comodità del passato, sono tutte componenti di un percorso artistico ma anche di vita che ha molto da insegnarci. Solo chi riesce a lasciare delle tracce e testimonianze così indelebili e a donare tanta bellezza al mondo, può essere ritenuto immortale.

SIMONE GIANLORENZI, "About her"

Davide Perché hai affidato il mastering proprio al Soundmaster Studio di Londra e a Kevin Metcalfe?

Simone Il suono che ho in testa e nel cuore è quello della musica british, amo il mondo delle band e artisti brit com U2, , , , David Bowie, Queen e Kevin Metcalfe ha lavorato con tutti questi nomi; non ci ho pensato due volte quando mi si è presentata la possibilità di poter avere un mastering firmato da Lui e il lavoro che ha fatto è stato da vero fuoriclasse.

TENEDLE, Dimitri Nicolai (Vulcano)

Davide Si può avere saudade di molte cose. Di cosa, quando hai scritto “Canzoni che fanno male”? E c'è una canzone in particolare che, frugando nella tua anima, ti ha “fatto più male” (ma anche bene) nella vita?

Dimitri

È inevitabile fare i conti con la nostalgia e la tristezza; se c’è disperazione significa che c’è stata gioia. Certo, a volte ti chiedi se sia necessario soffrire tanto... Difficile quando scrivi che ci siano canzoni di altri che ti facciano più male delle tue, tuttavia ci sono canzoni che ogni volta che ascolto mi fanno effetto o che mi ricordano un amore finito, un periodo di incomprensione o ribellione, che mi sono vicine, che mi commuovono. “Fruit tree” di Nick Drake o “The man who sold the world” di Bowie, “Father & son” di Peter Gabriel, sono canzoni che mi ricordano cose che fanno male e che comunque riascolto e mi fanno anche bene, ma ce ne sono tante altre, ne ho prese davvero tre al volo. Curioso come in musica, come dici tu, il bene e il male si percepiscano contemporaneamente. MORRIS GOLDMINE, "Blackout"

Davide Morris Goldmine, cosa vuol dire questo nome? Un po’ rimanda a “Velvet Goldmine”?

Morris Goldmine “Velvet Goldmine” è stato un film molto discusso, ma con una eccellente colonna sonora, cui Wilde avrebbe scritto dei testi magistrali. Parla della rivoluzione glam-rock della prima metà degli anni settanta, impersonificata da artisti senza tempo come David Bowie, Brian Eno, Lou Reed, e il resto della factory warholriana. Il glam rappresentava per gli artisti un'opportunità di manipolare il loro personaggio, facendo dello stile parte del loro messaggio; a noi piace questa chiave di lettura.

EPSILON INDI, "Wherein we are waters"

Davide Qualche disco tra i vostri preferiti di sempre? E quali accostereste voi al vostro “Wherein we are waters”?

Sergio De Vito

Domanda difficile. Accostare il nostro lavoro ad un altro sinceramente non mi riesce, sto troppo dentro a “Wherein we are water” per poter trovare un parallelo. Mentre la lista dei dischi preferiti è copiosa; ogni disco che ho amato profondamente è stato sempre legato ad un periodo della mia vita, dei veri e propri passaggi di consegne. In verità ti dico che spesso non è solo il disco a catturarmi ma l’artista; ho amato Peter Gabriel, David Bowie, Genesis, Kate Bush, poi Dead Can Dance, This Mortal Coil, the Cure e cosi via ma non potrei elencarli tutti, è comunque un amore che non ha confini, per esempio adesso amo i Dirty Projectors e molti molti altri gruppi.

DONATO ZOPPO, "Prog una suite lunga mezza secolo" (Libro)

Davide Perché David Bowie non è mai considerato progressive con dischi come Low, Heroes e Lodger (vi suonarono per altro anche Fripp, Belew, Simon House degli Hawkwind…)? Breaking Glass, , African Night Flight, Teenage wildlife sono per altro tutto meno che una classica forma canzone… Per altro Bowie ha lavorato sovente con musicisti progressive. In quel periodo lavorò anche con il cofondatore dei Magma Laurent Thibault al basso in The idiot. Perché Bowie per te non è stato anche “progressive” con tutto il “progresso” che ha portato nella musica, soprattutto negli anni ‘70? E Brian Eno, non è considerabile anche lui in qualche modo progressive?

Donato Non ho citato il Bowie berlinese perché altrimenti saremmo usciti fuori tema, idem per Eno: l’avvicinamento del primo ad atmosfere e musicisti di estrazione prog è indiscutibile (e probabilmente neanche tanto sorprendente: il suo Ziggy Stardust era pur sempre un lavoro concettuale, stilema così caro al prog) ma arriva in una fase di decadenza per il genere, e nel libro ho preferito di più soffermarmi sui motivi del calo di ispirazione prog e sull’avvento del punk e più in generale del revival rock.

GARBO, "L'altra zona / La moda"

Davide Tu hai suonato con tutti coloro che più amavi o ti erano consimili in Italia e ancora è così. Chi hai conosciuto dei tuoi più beneamati artisti inglesi o americani? Qual è stato il più bell’incontro, cosa ti ha lasciato?

Garbo In realtà sono stati tutti incontri interessanti e importanti per il mio divenire. Da David Bowie a Dave Gilmour, da Freddie Mercury e i Queen a Mark Hollis e i Talk Talk, da Richie Havens a Holly Johnson e i Frankie Goes to Hollywood, e tanti altri ancora. Sai, in trent'anni...

Davide Una scienziata statunitense, secondo il Newsweek ha condotto degli studi provando che la musica, ascoltarne e ancor di più suonarla, aiuta a mantenere in condizioni perfette le aree cerebrali dedicate alla memoria e a rallentare in misura notevole i processi d'invecchiamento cerebrale. Senza andare a scomodare i vampiri, come si è fatto con David Bowie, Lou Reed, Mick Jagger… Sarà per questo che le rockstar sembrano non invecchiare mai…? Scherzi a parte. Qual è l’effetto migliore della musica su di te?

Garbo ….Oh Dio!... grazie, mi stavo dimenticando... Domenica sera, sono a cena con David e quei manigoldi!!!

ALEC DREISER (Gianluca Zenone) - Ewig-Weibliche

Davide Ciao Gianluca. Anzitutto qualche domanda pratica… Vorrei conoscere la tua storia di illustratore, fumettista, fotografo, regista e videomaker, ma anche grafico, montatore... Insomma, un artista visuale a tutto tondo. Quali sono state le tappe principali della tua formazione artistica?

Gianluca Ciao Davide. La mia storia di artista credo arrivi da molto lontano, come la storia di ogni individuo. Parlando di questa vita sicura pragmaticamente (forse) diciamo che nasco con un forte imprinting artistico poiché mia madre mi svezza quasi subito alla pittura e mio padre alla musica. Per rendere l’idea del mio background e delle mie origini formative posso dirti a titolo esemplificativo che a sei anni mio padre mi mise in cuffia Aladdin Sane di David Bowie (un’edizione in vinile RCA, con la custodia che ancora si apriva). Capisci che incontrare così presto qualcuno in cui riconoscermi mi ha fatto capire fin da subito che non appartenevo al mondo convenzionale e apparente a cui ci abituano. Anche perché l’impatto con questo alieno con fulmini dipinti sul volto non poteva non lasciare il segno...

OTTODIX (Alessandro Zannier) - Robosapiens

Davide “Quelli troppo vecchi per giocare ancora, troppo giovani per invecchiare ora"… Mi ha ricordato un verso di “Rock’n’roll suicide”, “You’re to old to lose it, too young to choose it… So che David Bo- wie è importante per te. Il suo ormai quasi decennale silenzio discografico comincia a preoccupare qualcuno… Discutibile il titolo di un brano di questi mesi dei Flaming Lips, “Is David Bowie dy- ing?”… Non ne ho capito il senso. Ad ogni modo… Di cosa ti senti più debitore verso il suo perso- naggio e verso la sua musica?

Alessandro David è un amico. Intendiamoci, non lo conosco di certo, ma è un amico. Non sono neanche mai stato un assiduo ascoltatore, ma la mia stima è sempre stata ai massimi, soprattutto per il suo atteg- giamento incline al cambiamento continuo, avvitato su una coerenza di stile che si basava sulla clas- se. È un amico perché quando sei in difficoltà e lo ascolti, ti torna la consapevolezza che è possibile essere pop e sperimentali, estèti(ci) e di contenuto e ti dà un aiuto a continuare. È un amico perché ti insegna che la carriera di un artista può dare frutti meravigliosi ad ogni età e non vive di una sola stagione (Outside è un capolavoro tardivo). È un amico inaspettato perché quando scrivi una canzo- ne e ti piace, ogni tanto dici: ma perché? ...poi scopri un tuo giro armonico, un cantato, un'andatura e la ricolleghi a una prodezza di David, e allora capisci che lo hai metabolizzato come i Beatles, an- che se non vuoi, perché ti esce ovunque. Robosapiens, la canzone stessa ha il ritornello vagamente, ma dichiaratamente ispirato a "Little Wonder". Giungevano sue notizie da Berlino; al lavoro sul se- guito di Ziggy con Brian Eno per un ultimo capitolo discografico, poi non ho più sentito niente.

TORPEDO (band svedese), singolo "An invention", prodotto da Justin Timberlake

Davide When you toured Europe, you have worked at the mixing board used to record David Bowie’s Heroes… Wow! What kind of “ghosts” from Bowie’s Berlin era have you materialized with it?

Quando siete stati in tournée in Europa, avete lavorato al mixer usato per registrare Heroes di David Bowie… Caspita! Che genere di “fantasmi” dell’era berlinese di Bowie avete materializzato attraverso di esso?

Torpedo Yeah, the old mixing board of the classic studio in Montreaux once owned by Frank Zappa and Queen has now a found a new home in Svenska Grammofonstudion in where we recorded our upcoming album. As I told you earlier, we’re big Bowie fans and knowing the tunes of the Brian Eno produced album “Heroes” once were flowing through its system was truly inspiring. I think the B-side of that LP really coloured alot our albums cosmic instrumentral parts. Great feeling. Thanks DB, we owe you!

Sì, il vecchio mixer dello studio di Montreaux un tempo appartenuto a Frank Zappa e ai Queen si trova adesso negli Svenska Grammofonstudion a Gotheburg dove abbiamo registrato il nostro prossimo album. Come ho detto prima, noi siamo grandi fans di David Bowie e sapere che le melodie dell’album prodotto da Brian Eno, Heroes, un tempo sono fluite attraverso questo sistema è una cosa davvero ispiratrice. Penso che il lato B di quel disco abbia dato molto colore alle parti strumentali dei nostri lavori. Grande feeling. Grazie DB, siamo in debito! LUCA URBANI - Chi ha detto Soerba? (Libro)

Davide I am happy… La fortissima esposizione di un singolo (dei Soerba) si rivelò da subito un’arma a doppio taglio: un successo finisce per identificare più o meno erroneamente l’intera proposta sonora di un gruppo o di un musicista. Questa verità mi ha aperto ancor di più gli occhi sulla smisurata grandezza di un David Bowie, capace di creare nuovi successi voltando le spalle ai precedenti. Se tu lo incontrassi, quale cosa gli chiederesti o diresti per prima? E quale ai Depeche Mode (o a chi in particolare)?

Luca Mi ricordo che di Bowie ho visto una data al Forum di Assago del tour di Outside; ero rimasto impietrito… e mi chiedevo come facesse a tenere quel distacco caloroso. Ecco cosa gli chiederei: come riesce a essere così profondo ma nello stesso tempo distaccato e quasi glaciale. Ai Depeche farei la classica domanda che poi non è una domanda. A Martin Lee Gore in particolare: quali sono le canzoni che preferisce del suo repertorio e perché.

STARDOG - "Oltre le nevi di piazza Vetra"

Davide Ciao Stardog. Un disco di bellezza immediata, ma poi anche crescente con i successivi ascolti. Bluvertigo, Faust’o, Garbo, Baustelle, Soerba possono servire come orientamento a chi non vi abbia ancora ascoltati? Qual è il contesto culturale e musicale di riferimento in cui nascono e si sviluppano gli Stardog?

Stardog (Manuel Lieta) Ciao Davide. Intanto grazie soprattutto per aver visto nel nostro disco una bellezza crescente e progressiva e non semplicemente “fast food”.

Per quanto riguarda i nomi che fai, quattro su cinque sicuramente sono nomi apprezzati, ma probabilmente il “blob rock” dei Bluvertigo, il loro fondere ecletticamente e con libertà echi musicali diversi tra loro, è, al di là della distinzione di generi, il tipo di approccio concettualmente più associabile a noi: nel nostro disco convivono ballate, momenti più “cantautorali” e altri più rock, l’elettronica e gli strumenti giocattolo. Il contesto di riferimento è sempre mutevole, per fortuna: siamo esseri dotati di enorme curiosità musicale e ci piace riversare le nostre scoperte nel modo di suonare, tanto che i pezzi del disco suonano dal vivo in maniera completamente diversa. Al termine di tutti i giri di curiosità musicale, ci accorgiamo però che chi ci piace è chi palesa nella propria musica un’onestà artistica, che poi si tratti dei Pearl Jam o di David Bowie, di Ivano Fossati o di James Mercer, poco conta. Dovendo sintetizzare in una formula tutto questo, ti parlerei di una scrittura musicale orgogliosamente italiana, unita a un gusto per il suono e l’arrangiamento decisamente internazionale, influenzato molto al momento dalla scena canadese.

Davide Non mi è sfuggito il finale di “Tridimensionale” con lo stacco di accordi do-fa-sol-la di Space Oddity… Senza David Bowie un bel po’ di musica come la conosciamo oggi da circa quarant’anni a questa parte non esisterebbe. Quali sono stati, negli anni, i migliori discepoli di Bowie? E voi, in che termini?ù

Stardog I migliori discepoli di Bowie sono stati quelli che non hanno voluto scimmiottarlo ma piuttosto imparare la più grande delle sue lezioni, ovvero l’avere sempre la mente accesa e aperta, la voglia e soprattutto la libertà di cimentarsi nel nuovo e di non fermarsi mai, anche a costo di essere fraintesi, come più volte gli è capitato, o di rischiare di perdersi, di sbagliare strada e di fare passi falsi: anche se è da diversi anni che non pubblica dischi, tuttora Bowie è perfettamente sintonizzato su alcune delle cose più fresche che si sentono in giro, vedi gli Arcade Fire o i TV On The Radio. È solo lasciando le vie vecchie e buttandosi in mari sconosciuti, non rimanendo schiavi di ciò che si è appreso, che si può imparare e (ri)scoprirsi. Da questo punto di vista i suoi migliori discepoli sono una band che probabilmente nemmeno lo cita tra i suoi padri putativi, i Radiohead. Detto questo, io spero per noi, di mantenere sempre la curiosità e la voglia di esplorare la musica che mi hanno insegnato i suoi dischi.

DEADBURGER (Vittorio Nistri) - C'è ancora vita su Marte

Davide 1971: Is there life on Mars? 2007: There is still life on Mars! Dopo quasi quarant’anni di obliqua musica rock, abbiamo finalmente una risposta?

Deadburger

Rispetto agli anni in cui Bowie era l’Uomo Caduto Sulla Terra, la vita su Marte è diventata per certi versi più facile (grazie ai progressi della tecnologia) e per altri (forse, tutti gli altri) più difficile. E probabilmente, tra altri quarant’anni, sarà ancora più difficile, in una misura che oggi nemmeno possiamo imaginarci. Ma la risposta alla domanda “Is there life on Mars?” sarà sempre affermativa, perché l’esistenza è ostinata.

Davide ...Mai tentati dall’inglese?

Deadburger ...La lingua inglese sicuramente ci aprirebbe più porte. Per le musiche non ortodosse, esiste in altri paesi un bacino di ascoltatori incomparabilmente più ampio. Ci frena però l’aspetto della pronuncia e dell’accento. David Bowie, su “Absolute Beginners”, era imbarazzante quando cantava “Vuolareh uoh uoh uooh”. E anche l’immenso Robert Wyatt è risultato al di sotto dei suoi standard quando si è cimentato, in un italiano claudicante, nella cover di “Del mondo” dei CSI. Temo che, cantando in inglese, faremmo una analoga impressione alle orecchie degli anglosassoni. Simone Tilli è secondo me un cantante che, per potenza, indole sperimentale e intensità interpretativa, potrebbe competere con gran parte dei vocalist indie-rock stranieri; ma in inglese non sarebbe spontaneo né credibile come lo è nella sua (e nostra) madrelingua.

CURTIS JONES AND THE GOSSIP TERRORISTS - The assassination of Alabama Whitman

Davide Non ricordavo così vivide certe sonorità e modalità musicali anni ’80 da molto tempo, specialmente quelle di Julian Cope (che tuttavia non ho trovato citato tra le vostre influenze). Per intanto non posso non chiederti qualcosa sul tuo nome d’arte, omaggio a Ian Curtis e a David Robert Jones (Bowie). Cosa esattamente rappresentano per te David Bowie e Joy Division?

Curtis Jones Sono sicuramente due personalità che hanno profondamente influenzato il mio stile, in modi differenti ma ugualmente efficaci; ho sempre amato l’eclettismo di Bowie, quella sua capacità di trasformarsi continuamente senza mai snaturare la propria identità di eccellente songwriter. Per me rappresenta in qualche modo l’artista consapevole di se stesso, che trae proprio da questa profonda conoscenza di se stesso la capacità di mettersi continuamente in gioco con risultati quasi sempre eccellenti. A tutto ciò fanno da contraltare l’istinto e la forte emotività di Ian Curtis, che con la sua band è riuscito a dare una grande lezione a un’epoca musicale che forse aveva perso di vista le coordinate entro cui muoversi.

ROULETTE CINESE (Joe Raggi) - Che fine ha fatto Baby Love?

Davide

So che amate David Bowie… Vi sottopongo a una scelta atroce: la Terra è spacciata, si stanno preparando delle sonde contenenti testimonianze del nostro pianeta da lanciare nello spazio a futura testimonianza… In vari cd musicali, per ragioni di spazio, si potrà mettere soltanto una track-list di dieci sue canzoni e a voi è stato dato il compito di sceglierle…

Joe È una crudeltà portarne solo dieci ma ci proviamo: Heroes, Warszawa, Yassassin, Space oddity, Ashes to ashes, The hearts filthy lesson, Ziggy sturdust, Time, Station to station, Sons of the silent age (ma solo un pazzo potrebbe affidarci un compito simile!)

FERRO SOLO (Ferruccio Quercetti) - The Unexpected Rise and Sudden Demise of Fernando

Davide The Unexpected Rise and Sudden Demise of Fernando... nel titolo sembra esserci un riferimento a "The rise and the fall of Ziggy Stardust..." Si tratta, come hai detto, solo della prima parte di un progetto più ampio, che si svilupperà attraverso diverse uscite in una sorta di feuilleton letterario. Le canzoni sono collegate da una continuità narrativa... e Fernando è dunque il tuo alter ego, nonché protagonista. Puoi sintetizzare come inizia e si sviluppa (e al momento si interrompe) il racconto in questa prima parte?

Ferro Solo Come tu saprai di certo, quello di Bowie non è l’unico e neppure il primo album che ha giocato con questa tipologia di titolo in ambito pop-rock: basti pensare ad Arthur: The Decline and Fall of the British Empire dei Kinks, un altro gruppo di cui sono devoto e che fa parte del mio pantheon personale. Detto questo, il riferimento a The Rise and Fall of Ziggy Stardust c’è sicuramente, anche se non può che essere decisamente autoironico. Sin dal nome del personaggio che ho scelto come voce narrante – Fernando - mi piaceva giocare con l’idea di uno Ziggy Stardust domestico, umile, grasso, calvo e privo di boa di struzzo e eyeliner: un po’ come me insomma. Una specie di incrocio tra Ziggy e l’impiegato di De André o, meglio ancora, una sorta di grottesco morphing tra Bowie e Fantozzi. Stabilite le dovute proporzioni, questa figura tragicomica ha solo una cosa in comune con Ziggy: ha imparato a trasformare le proprie piccole disgrazie quotidiane e i suoi fallimentari amori in canzoni. Fernando è l’alter-ego che mi permette di cantare la mia vita, perché solo quando ci si maschera si è completamente liberi. Le maschere ci affrancano dalla costruzione sociale che sta alla base dell’ego con cui ci aggiriamo tutti i giorni in mezzo ai nostri simili. In questo caso poi ci sarebbe un ulteriore paradosso, perché il nome del mio alter ego proviene invece dall’intimità più profonda della storia di cui parlo in queste canzoni, ma qui bisognerebbe addentrarsi in un ambito troppo privato perfino per Ferro Solo. Mi limiterò a dire che questo aspetto è per me un’altra conferma di come le maschere consentano di sublimare, rivelare e allo stesso tempo proteggere il proprio privato, proprio perché a volte il modo migliore per nascondere una cosa è esporla in piena luce. PROFUSIONE - Metabolizzare Davide Dieci canzoni di altri per fare la vostra compilation ideale? Profusione Questa è difficile… proviamoci

“CHILD IN TIME” - “PARANOID” - “RAIN WHEN I DAY” - Alice in Chains “PUSH THE SKY AWAY” - Nick Cave “DENTRO MARILYN” - Afterhours “FOR WHOM THE BELL TOLLS” - Metallica “TU FORSE NON ESSENZIALMENTE TU” - Rino Gaetano “ABSOLUTE BEGINNERS” - David Bowie “NO ONE KNOWS” - “LE ONDE” - Ludovico Einaudi

…ma se ce lo richiedi domani sarà tutta diversa!! GIORDANO FORLAI - Orso bianco Davide Se mi chiedessero di paragonarlo, direi che il tuo disco mi ha ricordato soprattutto gli Stadio. Quali sono stati i tuoi maestri ispiratori di sempre?

Giordano Forlai Prendo questa tua sensazione come un grande complimento… si cerca sempre di essere più originali possibile ma ognuno ha il suo retaggio che si trascina dentro... ti posso fare dei nomi che mi hanno dato parecchie emozioni con la loro musica…Ivano Fossati, Peter Gabriel, Lucio Dalla, David Bowie, Queen, Lucio Battisti, Mango…

LO ZOO DOI BERLINO Ft. PATRIZIO FARISELLI ("Resistenze elettriche")

Davide Dicono che lo zoo di Berlino sia uno dei più interessanti giardini zoologici del mondo, ma l'unico zoo di Berlino che conosco è quello del libro di Christiane F. Voi perché avete scelto di chiamarvi in omaggio a Christiane Vera Felscherinow, almeno così suppongo dal momento che in questo vostro ultimo lavoro vi partecipa con l'uso di alcune sue vecchie registrazioni?

Lo Zoo di Berlino Ciao Davide. Christiane F fu per noi uno spunto interessante, perché nel leggere da adolescenti la sua storia, trovammo dei punti di contatto col suo disagio del vivere (l’aspetto legato alla tossicità è del tutto marginale). Nonostante lei vivesse a Berlino, grande Capitale europea (al netto delle sue contraddizioni) e noi in provincia, attraverso il suo sguardo sulla città notammo che vivevamo le stesse sensazioni: il vissuto di adolescenti tra asfalto, cemento armato, luci al neon, lampioni sgarrupati, parcheggi e casermoni prefabbricati abbandonati (le classiche cattedrali nel deserto, preda dei reietti della società). Il tutto condito da olezzi sparsi nelle zone periferiche, poli industriali e delle stazioni ferroviarie. Una gioventù dunque, proprio come la nostra, abbandonata a se stessa, senza un luogo di ritrovo, senza servizi, senza spazi, privi delle condizioni base per una qualunque prospettiva (per incapacità politica delle classi dirigenti). Per dei bambini è facile perdersi dentro certi meandri (diciamo questo non come giustificazione, ma solo per centrare il tema della riflessione). La storia di Christiane rappresenta anche il perbenismo di facciata e l’uso strumentale che viene fatto dei giovani e della loro condizione (in questo il libro è molto più chiaro rispetto al film): giovani additate/i come merce avariata, salvo poi, di notte, ambirle/i a preda delle proprie perversioni. Le musiche del film, ovviamente, ci folgorarono, anzi diremmo che ci hanno corrotto al punto tale da modificare il percorso della nostra vita, portandoci a trasformare la nostra passione in mestiere. Pensa a Bowie, Fripp, Eno e Below tutti insieme appassionatamente per il brano Heroes…

Intervista con MASSIMO GASPERINI della Black Widow records A cura di Davide Riccio

Nel 1977, appena trentenne, moriva in un incidente d’auto Marc Bolan. Nell’inverno del 2016, quasi 40 anni dopo, se n’è andato David Bowie. Ai due immensi artisti David Bowie e Marc Bolam rende omaggio la Black Widow di Genova con un cofanetto tributo di tre CD, un poster, un libretto illustrativo in formato 45 giri e una spilla. Ad omaggiare Bolan e Bowie con 49 canzoni, la label ligure ha chiamato gruppi e solisti (non solo della propria scuderia) di area prog, hard rock, folk, doom e dark: Paul Roland, Bari Watts, Adrian Shaw, i Danse Society, i Kingdom Come di Victor Peraino, Franck Carducci, i Death SS, i Presence e La Fabbrica dell’Assoluto, Joe Hasselvander (ex di Pentagram e Raven), i Blooding Mask, il Segno del Comando, gli Aradia di Sophya Baccini, Silvia Cesana e la sua band, gli Oak, i Witchwood e gli Elohim, i , i General Stratocuster & the Marshals, Freddy Delirio, i Mugshots, gli Electric Swan, Rama Amoeba, i Blue Dawn e i Landskap. A TRIBUTE TO THE MADMEN David Bowie – Marc Bolan

CD 1 1. PAUL ROLAND Meadows Of The Sea 2. PAUL ROLAND 3. BARI WATTS By the light of a magical moon 4. BARI WATTS Lady Stardust 5. ADRIAN SHAW Jeepster 6. ADRIAN SHAW It’s ain’t easy 7. THE DANSE SOCIETY Ride A White Swan 8. THE DANSE SOCIETY Scary Monster 9. V. PERAINO KINGDOM COME Monolith 10. V. PERAINO KINGDOM COME Panic In Detroit 11. La FABBRICA DELL’ASSOLUTO Metropolis 12. La FABBRICA DELL’ASSOLUTO Big Brother 13. DEATH SS 20th Century Boy 14. DEATH SS Cat People (Cutting Out Fire) 15. PRESENCE Children Of The Revolution 16. PRESENCE We are the dead 17. FRANCK CARDUCCI The Slider 18. FRANCK CARDUCCI Life On Mars

CD 2 19. THE HOUNDS OF HASSELVANDER Chariot Choogle 20. THE HOUNDS OF HASSELVANDER 21. BLOODING MASK Beltane Walk 22. BLOODING MASK The Hear’st Filthy Lesson 23. IL SEGNO DEL COMANDO Mambo Sun 24. IL SEGNO DEL COMANDO Ashes To Ashes 25. SOPHYA BACCINI’S ARADIA Cosmic Dancer 26. SOPHYA BACCINI’S ARADIA Velvet Goldmine 27. SILVIA CESANA Girl 28. SILVIA CESANA Heroes 29. O.A.K. Cat Black 30. O.A.K. The man who sold the world 31. WITCHWOOD Child Star 32. WITCHWOOD Rock’n’roll Suicide 33. ELOHIM Ride A White Swan 34. ELOHIM Let’s dance CD 3 35. NORTHWINDS Childe 36. NORTHWINDS Space Oddity 37. FREDDY DELIRIO Buick Mackane 38. FREDDY DELIRIO Rebel Rebel 39. GENERAL STRATOCUSTER & The MARSHALS Metal Guru 40. GENERAL STRATOCUSTER & The MARSHALS Moonage Daydream 41. THE MUGSHOTS Pain And Love 42. THE MUGSHOTS China Girl 43. ELECTRIC SWAN Midnight 44. RAMA AMOEBA Telegram Sam 45. RAMA AMOEBA Dandy in the Underworld 46. LANDSKAP Ballroom Of Mars 47. LANDSKAP Look Back In Anger 48. BLUE DAWN Rip Off 49. BLUE DAWN Warszawa

Intervista

Davide Ciao. Premetto che sono un collezionista oltranzista di David Bowie, cover e omaggi inclusi. E credo che l'artista al mondo più rifatto in ogni modo possibile – ahimè non sempre dignitosamente - e omaggiato (esiste una quantità straordinaria di canzoni espressamente dedicategli) sia proprio lui. Come è venuta l'idea di riproporre quello che rischiava di essere soltanto l'ennesimo tributo nell'oceano di tributi, che devo però anche dire essere splendidamente riuscito? E di consegnare a ogni band o artista il compito di rivisitare in alternanza una canzone di Bowie e un'altra di Bolan, focalizzando quali analogie o differenze? Massimo Ciao. Sia David che Marc sono due tra i personaggi più influenti e coverizzati della scena musicale mondiale e questo fa capire la loro importanza sulle varie generazioni sino ai giorni nostri. Anche io sono un collezionista di Marc Bolan, ed ho moltisismo materiale inedito anche di Bowie ed anche dei due assieme. Saprai che stavano lavorando ad un album del quale un pezzo profetico “Sleeping next to you”, era stato proposto al Marc Show pochi giorni prima del maledetto incidente in macchina. Era da tempo che pensavamo ad un Tributo a Bolan, ma ce n’erano già troppi in giro... poi la scomparsa di Bowie... un tributo a Bowie non aveva senso per ciò che hai scritto anche te nella domanda, quindi l’idea è stata quella di realizzarne uno per entrambe gli artisti.

Davide Forse non è stato equo abbinare al solo decennio di carriera di Bolan la carriera immensa durata cinque decadi di Bowie, il quale ha potuto esplorare molto oltre il glam rock. Tuttavia gli arrangiamenti dei pezzi di Bolan hanno anche dato una vestito di contemporaneità alle sue belle canzoni, facendone intravedere il potenziale di allora oltre l'epoca glam. Qual è stato il mandato alle band che hai coinvolto in questo progetto? Hai avuto (e in che modo) un ruolo partecipativo rispetto a suoni, arrangiamenti, suggerimenti o altro?

Massimo Le bands sono state libere di agire come meglio credevano ma è anche vero che ogni tanto un “consiglio” da parte mia arrivava...! L’importante era il coinvolgimneto dei musicisti, il loro rispetto ed amore per l’opera di questi due geni assoluti. Certo David ha avuto più tempo a disposizione su questa terra rispetto a Marc per realizzare la sua arte musicale e non solo, questo è vero ma sappiamo tutti che Marc è stato uno dei maestri e forza ispiratrice per Bowie che nei primi anni, almeno fino al 72, cercò in tutti i modi di arrivare ai suoi livelli. Bowie impazziva per il modo di comporre, la capacità di inventare riff e per il magico vibrato di Marc. I due erano veramente grandi amici, ed anche più avanti quando diventarono rivali artisticamente, la loro stima reciproca non mancò mai. Ricordo la risposta di Bowie ad una domanda di un giornalista che gli chiedeva se ogni tanto si ricordasse del suo amico Bolan; lui disse “Ricordo Marc ogni giorno della mia vita, mi manca moltissimo”. Davide Come dicevo, il progetto “A tribute to the Madmen” mi è parso da subito ottimamente riuscito. Chi ha rivisitato i brani prescelti di Bolan e Bowie lo ha fatto a livelli molto più alti rispetto ad altre operazioni simili. Come è avvenuta la scelta degli artisti che vi hanno partecipato?

Massimo La spinta decisiva per questo Tributo arriva da Steve Sylvester dei DEATH SS. Da tempo mi diceva di fare qualcosa sul Glam... poi la scomparsa di David ci ha convinti ad inoltrarci in questa operazione. I DEATH SS hanno fatto due pezzi eccezionali con stile eccezionale: L’inno generazionale “20th Century Boy” e “Cat People”. Solo questi due pezzi valgono l’acquisto senza dimenticare che un altro DEATH SS è presente nel tributo, ovvero FREDDY DELIRIO in forma solista ha fatto “Buick Mackane” (già coverizzata dai Gun’s’Roses) e “Rebel Rebel”. Ora dovrei descrivere un po’ tutti i pezzi inclusi per non far torto a nessuno ma mi rendo conto che è impossibile, quindi mi limito a dire che qua dentro ci troverete bands di vario tipo, dall’heavy metal dei DEATH SS, PRESENCE, NORTHWINDS, BLUE DAWN, GENERAL STRATOCUSTER dell’amico Jacopo Meille, al dark gotico dei DANSE SOCIETY e BLOODING MASK, al progressive rock di SOPHYA BACCINI’s ARADIA, LA FABBRICA DELL’ASSOLUTO, IL SEGNO DEL COMANDO, FRANK CARDUCCI , al folk psuchedelico di BARI WATTS, ADRIAN SHAW (ex Hawkwind) e PAUL ROLAND, all’aggressione Punk Horror dei micidiali MUGSHOTS....!

Davide Tutti amano Bowie (“Who doesn't love David Bowie?” disse Debbie Harry i giorni seguenti la sua scomparsa). Probabilmente nessuno quanto lui ha raggiunto un simile livello di stima ovunque da parte di tutti i musicisti di ogni genere musicale e di amore da parte del pubblico. Tu perché hai amato e stimato Bowie, ma anche Bolan, al punto da dedicargli questo progetto?

Massimo DEBBY l’ho vista e sentita più volte cantare “GET IT ON” con la maglietta dei T.REX. Io ho scoperto Bowie seguendo Bolan. Capisco e mi piace lo stile di entrambe gli artisti che sono caratterizzati da una grandisisma differenza tra loro, ovvero che MARC per tutta la sua carriera è rimasto sempre coerentemente BOLAN, mentre DAVID ha più volte lasciato il corpo di BOWIE per trasformarsi camaleonticamente in altri personaggi come Ziggy Stardust o Thin White Duke...!

Davide Quante copie del cofanetto, immagino andate subito a ruba, sono state prodotte?

Massimo Abbiamo stampato 1000 esemplari tutti con spilla, poster, cartoline ed inserti vari all’interno. Speriamo di venderle tutte entro l’anno... anzi ne approfitto per offrire un prezzo speciale ed un regalo a chiunque lo ordinerà da noi dicendo di aver letto questa intervista. Ti piace l’idea?

Davide Mi piace moltissimo, grazie! Bowie assorbiva tutto e tutti, Bolan inclusi. Chi è stato il primo vero artefice del glam rock tra i due dal tuo punto di vista? Che significato ha per te rievocare quella precisa epoca?

Massimo Ho studiato per tanti anni e studio la musica rock e non solo, leggendo libri in inglese, incontrando artisti, produttori, organizzatori, giornalisti... quindi posso dire di conoscere molto bene la storia del GLAM. GLAM una parola intraducibile e mai precisamente comprensibile per la lingua e la mentalità italiana. Il GLAM non è un termire o un genere ma è piuttosto una SENSAZIONE “There is a new sensation, a beautiful creation...” (Do the Strand dei Roxy Music). La scintilla furono gli HYPE, band misteriosa dalla vita brevissima, messa su da Bowie con Ronson e Tony Visconti... un solo concerto finito nell’indifferenza di tutti ma non di Bolan che era presente a dal quale trasse gli spunti che ancora gli mancavano per perfezionare la sua grande idea. Prima ci fu “Ride a White Swan” dove si accennava qualcosa ma dove i Druidi avevano ancora il sopravvento, poi arrivò la bomba “HOT LOVE” che fù presentata per la prima volta a nel Marzo del 1971. MARC era vestito con giacca di seta, pantaloni sgargianti, un boa sopra il collo, scarpe da donna e un trucco sulle guance fatto di brillantini che sembravano stelline o lacrime. Si muoveva con movenze femminili, la sua meravigliosa faccia d’angelo fece il resto assieme ad un riff indimenticabile e ad una accativante melodia aliena con cori beatlesiani e un arrangiamento d’archi studiato da Visconti. Nei seguenti concerti, ragazzi e ragazze indistintamente, accorrevano sempre più numerosi tutti vestiti come MARC; ERA NATO IL GLAM ROCK.

Davide L'asolo di Mick Ronson in “Moonage Daydream” è forse uno degli asoli di chitarra elettrica più belli di tutta la storia del rock. I suoni di “Warszawa” e di tutto “Low”, la voce di Bowie in canzoni come “Life on Mars?”... eccetera... sono cose uniche e irripetibili. Ciò che vale anche per molti altri mostri sacri della musica. Ci sono cose insomma che è arduo rifare/reinterpretare in modo diverso, perché il confronto – per quanto buono - non verrà mai retto. E questo vale quasi per ogni originale di Bowie (e forse anche per molti brani di Bolan). Qual è stato l'approccio per non lasciarsi intimorire dal compito?

Massimo Impossibile il solo pensare di riprodurre perfettamente i due artisti, inoltre sarebbe anche inutile. I gruppi presenti, chi più chi meno, hanno interpretato a loro modo i pezzi, sempre col massimo rispetto per l’arte dei due giganti. Mick Ronson era un artista straordinario, un chitarrista favoloso al quale Bowie deve moltissimo, più di quanto non si creda. Tu la storia la conosci. Si l’assolo di “Moonage...” fa venire i brividi ogni volta. Ti racconto una cosa che rende l’idea e risponde alla tua domanda. Chiesi a Paul Roland, autore di ben 3 libri su Bolan l’ultimo dei quali tradotto dalla Tsunami edizioni in Italia con mia introduzioni e foto dalla mia collezione, di fare una versione di “The Prettiest Star” e come avrai sentito l’ha fatta alla grande ma prima mi disse “Massimo io la faccio ma non chiedermi di rifare l’assolo di MARC (poi rifatto pari pari da Ronson), sarebbe impossibile per me, mi inventerò qualcosa”. Ecco credo di averti risposto... ti consiglio di comprare quel libro, è stupendo e ci troverai molte cose interessanti anche su Bowie!

Davide Non mancherò. Nel terzo cd viene meno l'alternanza di brani e quattro di fila sono di Marc Bolan. Quindi sono presenti complessivamente più brani di Bolan. È stato un modo affettuoso di omaggiarlo rispetto a Bowie, per la sua precoce ascesa e caduta di (sfortunata) stella?

Massimo Posso dirti che, forse per le caratteristiche della Black Widow Records, abbiamo trovato più bands disposte a fare pezzi di Bolan rispetto a Bowie. Questo ci ha solo parzialmente sorpreso. Ad esempio in Giappone c’è un culto pazzesco per BOLAN, i Rama Amoeba, band molto famosa da quelle parti, ogni anno a Settembre, organizzando un T.REXPARTY il giorno della scomparsa di Marc, dove partecipano migliaia di fans e musicisti. Comunque se ad un certo punto non diciamo STOP, questo progetto rischiava di travolgerci perché veramente troppe erano le richieste di partecipazione... capisci che non potevamo fare un quintuplo o sestuplo cd. Appendice 1

David Bowie ha accompagnato e in qualche modo guidato tutta la mia vita fin dall'infanzia. Alla sua scomparsa, pur dedicandogli svariati programmi radiofonici, mi sono impedito di provare qualsiasi emozione. Un'estrema forma di difesa. Una volta, nel 1987 o nel 1988, provai giorni di vero e proprio attonito lutto alla sola notizia (rivelatasi poi falsa) apparsa in un trafiletto de La Stampa: David Bowie si diceva avesse contratto l'Aids. Allora dire Aids voleva dire morte, senza alternativa. Alla sua invece vera morte, nulla. Non ho voluto sentire nulla! Forse anche le età contano in queste faccende. Due anni dopo ho sentito il bisogno di elaborare questa dipartita attraverso una canzone dedicatagli, con la quale ho cercato soprattutto di scandagliare con autocritica il perché del mio insuccesso di musicista e autore che ha probabilmente troppo guardato alle lezioni di Bowie, risultando infine la mia opera un'imitazione più che un qualcosa di originale che meritasse un po' più di ritorno. Per il grande poeta e drammaturgo Federico García Lorca “Il duende bisogna svegliarlo nelle più recondite stanze del sangue. Il duende non sta nella gola; il duende sale interiormente dalla pianta dei piedi» “Il duende – Teoria e Gioco”. Il duende è qualcosa di intraducibile, è forse il carisma, l’energia o l’ che una persona possiede. È qualcosa che si suscita negli altri senza artificio o compiacimento, qualcosa che tutti percepiscono, riconoscono, una “energia che arriva da sotto i piedi come a certe ballerine, o dal fondo della gola come per certi cantanti”. “Quando un artista mostra il duende non ha più rivali” e “non c’è mappa né esercizio” per impararlo, acquisirlo o capire dove sta.

Il brano, da "New Roaring Twenties - Human Decision Required" (New Model Label, 2021) si può ascoltare qui su Spotify: https://open.spotify.com/album/4hHqowhkG4hdrAAMrIXvYh DUENDE FOR DAVID (BOWIE) Music and lyrics by Davide Riccio (DeaR) Many headed as Hydra you were I was kind of Heracles and his labours to find my feet

Driven mad by the Era of DIY No miracles into the deep cave Of the twenty-first century

Of Post-modern creatures Next and Net degenerated

Eala David engla beorhtast Ofer middangeard monnum sended '87 I cry

I had to cut off each head And two and two heads growing back Such a struggle hopelessly For any but a hero I was not not even for a day I couldn'd get out of my way

Of Post-modern creatures Next and Net degenerated

Eala David engla beorhtast Ofer middangeard monnum sended* '87 I cry

A cheap imitation Waiting for duende Up from the soles of the feet Into the inner fire To burn all dragon heads And bury the Immortal One Under the rock history We are making no more We're making no more

Eala David engla beorhtast Ofer middangeard monnum sended '87 I cry

I go into the jumpgate of Io Into 6 and 9 of Yin and Yang Young never more * Lines by Cynewolf. Final: Hya Xi star sonification and fragment from "Au clair de lune" Scott de Mairtinville's phonautograh (1860) on descending Shepard Tone. Image: australian Thwaitesia argentiopunctata known as the mirror or glass spider.

DUENDE PER DAVID

Tu eri dalle molte teste come un'idra E io una specie di Eracle Con le sue fatiche nel trovarmi la via

Reso folle dall'Era del DIY Senza miracoli nella grotta profonda Del ventunesimo secolo

Delle creature post-moderne Next e Net degenerate

Un saluto a Earendel, il più splendente degli angeli mandato agli uomini sulla Terra di Mezzo '87 io piango

Dovevo tagliare ogni testa E a due a due le teste ricrescevano Tale una lotta da essere senza speranza Per chiunque non fosse un eroe il quale non ero Neanche per un giorno Io non ho potuto trovare la mia via

Delle creature post-moderne Next e Net degenerate

Un saluto a Earendel, il più splendente degli angeli mandato agli uomini sulla Terra di Mezzo '87 io piango

Una imitazione scadente Che aspetta il duende Salirgli dai palmi dei piedi Fino al fuoco interiore Che bruci tutte le teste del drago E seppellisca l'unica immortale Sotto il macigno della storia del rock Che non stiamo più facendo Non stiamo più facendo

Un saluto a Earendel, il più splendente degli angeli mandato agli uomini sulla Terra di Mezzo* '87 io piango

Me ne vado nel portale di salto di Io Nel 6 e nel 9 di Yin e Yang Mai più giovane

* Versi di Cynewulf Finale: sonificazione della stella Hya Xi e spezzone di Au clair de la lune, fonoautogramma del 1860 di Scott de Mairtinville e scala di Shepard discendente. Immagine: Thwaitesia argentiopunctata australiano, conosciuto come ragno specchio o ragno di vetro.

Appendice 2

DOPPIATORI ITALIANI

Nelle versioni in italiano dei suoi film, David Bowie è stato doppiato da:

Roberto Chevalier in L'uomo che cadde sulla Terra, Labyrinth - Dove tutto è possibile, The Prestige,

Luciano Roffi in L'ultima tentazione di Cristo, Fuoco cammina con me

Michele Kalamera in Furyo, Zoolander

Gianni Williams in Tutto in una notte

Manlio De Angelis in Basquiat

Tonino Accolla ne Il mio West

Massimo Lodolo in Extras (2x2)

Sergio Rossi in Miriam si sveglia a mezzanotte Appendice 3

Numerose le tribute band italiane che si dedicano esclusivamente al repertorio bowiano

ABSOLUTE BEGINNERS ALADDIN SANE DAVID BOWIE TRIBUTE BAND BOWIE DREAMS – DAVID BOWIE TRIBUTE BAND DAVID BOWIE & FRIENDS TRIBUTE BAND DAVID BOWIE TRIBUTE BAND MR. ZIGGY AND THR GLASSSPIDERS HEROES DAVID BOWIE TRIBUTE BAND KILLER STAR SCARY MONSTERS LTD STAGE BOWIE TRIBUTE STARMEN DAVID BOWIE TRIBUTE BAND ...E sicuramente molte altre.

Appendice 4

Canzoni italiane dedicate a Bowie o che citano Bowie e cover italiane. L'elenco è sicuramente parziale e andrebbe periodicamente aggiornato.

Alberto Camerini - Rock'n'roll robot Andrea Chimenti – Lazarus / Space Oddity / Lady Stardust / Quicksand / Thursday's Child / The man who sold the world / Life on Mars / Rock'n'roll suicide / Wild is the wind / Starman / Fantastic Voyage / Yassassin / Where are we now? / Heroes / Absolute beginners Andrea Liberovici – Tira, tira, tira Andrea Mirò – Heroes Anna Calvi - Lady Grinning Soul Anna Calvi, Amanda Palmer e Jherek Bischoff - Blackstar Alice - This is not America Art Vision - Life on Mars (Demo 1985) Atari - Hello Space Boy Bad Italian Clerks - Heroes Beatrice Antolini - Girl loves me Benassi vs Bowie – DJ Bobo Rondelli & Svaporaz - Life on Mars? (Live) Blue Dawn - Warszawa Blu Vertigo - Always crashing in the same car Camilla Fascina - Camilla Fascina - I'm deranged Camilla Fascina - Lady Stardust Camilla Fascina - Time Camilla Fascina - When I live my dream Camilla Fascina e Federico Sambugaro Baldini - Under Pressure Carla Bruni - Absolute Beginners Cinzia Bavelloni - (Change of Changes) Changes, 1984, John I'm only dancing, Lady Stardust, Wild is the wind, The man who sold the world, Lady grinning soul, Cat people, D.J. Clifford Slapper & Marcella Puppini - Stay David Muldoon & Simone Meneghello - China Girl Dawn Vinci (Mara Cubeddu) - L'amore mi aiuterà DeaR - Duende (for David Bowie) Decibel - Lettera dal Duca Diaframma & Andrea Chimenti - Ziggy Stardust Drink To Me - Weeping Wall Edwood - Space Oddity Egokid - Cinque Anni (Five Years) Elisa - Heroes Enrico Ruggeri - All the young dudes Enrico Ruggeri - Diamond Dogs (Live) Enrico Ruggeri - The Jean Genie Errant Show - To the Faust'O - In tua assenza Federica Zammarchi - Loving the Alien Federica Zammarchi - (Jazz Oddity) Andy Warhol / All the madmen / Loving the alien / Life on Mars? / Ziggy Stardust / Aladdin Sane / Space Oddity / Lady grinning soul / Time / After all / The man who sold the world Franck Carducci - Life on Mars? Francesco Digilio – Space Oddity / The man who sold the world / Life on Mars? / Changes / Oh you! Pretty things / The Jean Genie / Rock'n'roll suicide / Heroes / Wild is the wind / Ashes to ashes / Sound and vision / Absolute beginners / Let's dance / Where are we now? / Lazarus Freddie Delirio - Rebel Rebel Garbo – Il fiume Gennaro Cosmo Parlato – Under Pressure Georgieness (Giorgia D'Eraclea) - Andy Warhol Giacomo Voli - Life on Mars? (Live The Voice) Hollow Blue & Luca Faggella - Letter to Hermione I Computers - Ragazzo solo, ragazza sola I Giganti - Corri uomo, corri (Space Oddity) Il Segno del Comando - Ashes to ashes Interferenze - Fashion I Profeti - L'amore mi aiuterà (Starman) Kelley Polar - Magic Dance (Italian version) Kriss e il Gruppo 2000 - L'amore mi aiuterà (Sarman) Johann Sebastian Punk (Massimiliano Raffa) - Rock'n'Roll suicide La Fabbrica dell'Assoluto - Big Brother Lara Martelli - Life on Mars? Lea DeLaria - Modern Love (House of David) Lies of Love - Heroes Litfiba – Yassassin Lo Straniero - Station to Station Lucia Micarelli - Lady grinning soul Luciano Ligabue e Piero Pelù - Rebel Rebel Lou Reed & Luciano Pavarotti - Perfect Day Marco Benevento - - Letter to Hermione Marlon - Life on Mars? Martina Attili - Life on Mars? (Live X-Factor) Matteo Leonetti - Heroes (Italian version) Mezzala e i Ragni di Marte - All the young dudes Mhz & Morgan - Space Oddity Morgan e Le Sagome - It's no game (Live Arbatax, 2009 Arbatax) Mimes of Wine - Starman Nicolettà Noè - Absolute Beginner O.A.K. - The man who sold the world Ottodix - Little Wonder Outsiders - Let's dance Paolo Chiappero - Thursday's Child Patty Pravo - I giardini di Kensington (Walk on the wild side) Patty Pravo - Un giorno perfetto (Perfect Day) Quel che resta del cane - Maggiore Tommaso Quinto Rigo – Heroes Roberto Cacciapaglia – Starman Roby Guerra - Romantronica (Poesie spaziali per David Bowie) Silvia Cesana – Heroes Simone Graziano Trio - The man who sold the world Sinfonico Honolulu - The man who sold the world Solotundra - Sound and Vision Sophya Baccini's Aradia - Velvet Goldmine Storey Littleton & Marco Benevento - Life on Mars? Sunflowers - Absolute beginners The Alpha States ft. Andrea Chimenti - Ashes to ashes The Gumo - Conversation Piece The Mugshots - China Girl UNA feat. Angela Baraldi - Rebel Rebel Vladimir Luxuria - Vorrei essere la moda Walter Farina - Ragazzo solo, ragazza sola Witchwood - Rock'n'Roll Suicide Winstons - You should play in a band - Heroes

AGGIORNAMENTO 2020 - 2021

Se siete d'accordo, dovere di cronaca a parte, sorvolerei su Achille Lauro nel duetto con Annalisa vestito, truccato e acconciato da David Bowie in "Life on Mars" e altro look gender fluid al festival di Sanremo del 2020. Completo di raso verde smeraldo, parrucca rossa e brillantini sono bastati a far chiedere al pubblico chi mai si credesse d'essere, altri a pronunciare invece l'impensabile, e cioè che Achille Lauro potesse essere un altro Bowie italiano. Achille Lauro l’ha spiegata così: “Ziggy Stardust, uno dei tanti alter ego di David Bowie. Anima ribelle, simbolo di assoluta libertà artistica, espressiva, sessuale e di una mascolinità non tossica”. Transeat l'omaggio, ma nient'altro.

Altri omaggi a Bowie sono giunti dall'Italia nel bisestile nefasto 2020, pietosamente stendendo un velo sulla produzione made in Italy di mascherine in tessuto con o senza filtro e con la stampa del volto di Bowie e del fulmine di Aladdin Sane. Per ricordare l'anniversario della morte di David Bowie, Rockol ha organizzato un sorta di "tribute day" per il 10 gennaio 2021, Su YouTube sono quindi apparsi ben 71 brani di Bowie rifatti da artisti vari italiani:

Jet Set Roger - Lady Stardust; Alteria - Space Oddity; i Duel (Manzini-Popoli) - Heroes; Valente - I can't give everything away; Moreno DelSignore - Life on Mars?; Boosta - Lazarus; The Winstons - Sons of the silent age; Maurizio Marsico / Monofic Orchestra - China Girl; Perturbazione - Letter to Hermione; Andrea Mirò - Let's dance; i Kujacoustic - The man who sold the world; Jack Jaselli - Fame; Max Zanotti - This is not America; Erica Mou - Where are we now; Francesco Bianconi - Heroes; Lamine - Space oddity; Saturnino - Life on Mars?; Diva - Lady Stardust; Jet Set Roger - Moonage daydream; Musica Nuda (Magoni - Spinetti) - Little wonder; i Duel - V2 Schneider; Davide Toffolo - This is not America; Maurizio Marsico & Fra Massa - ; Gianluca De Robertis - Ragazzo solo ragazza sola; Jack Jaselli - Rebel rebel; Porfirio Rubirosa & His Band - Lazarus; Federico Poggipollini - It ain't easy; Giorgio Li Calzi - Heroes; Riccardo Onori feat. Sabina Sciubba - Where are we now; Dardust - Heroes; Jet Set Roger - ; Luca e Brando Madonia - Let's dance; Andy (Bluvertigo) - Space oddity; Serena Ganci - Lazarus; i Duel - Warszawa; Andrea Chimenti - The man who sold the world; Maurizio Marsico / Monofonic Orchestra - Word on a ing; Jack Jaselli - Space oddity; Giulio Casale - Letter to Hermione; Anna Renè - Sweet Thing; L'Aura - Life on Mars?; i John Qualcosa - Ragazzo solo ragazza sola; Jack Jaselli - Heroes; Jet Set Roger - Oh you! Pretty things; Roberto Cacciapaglia - Starman; Marianna Mirage - Space oddity; i Duel - The secret life of Arabia; Roberto Colombo - Let's dance; Maurizio Marsico & the Finders - Lazarus; Flavio Ferri (Delta V) - We are the dead; Carlo Guaitoli - Life on Mars?; Davide Ferrario - Lazarus; i Miscellanea Beat - The man who sold the world; Roberto Colombo - Let's dance; Fabio Cinti - Where are we now; Marco Remondini - Space oddity / Starman; Stefano Medioli "McEndoz" - Slip away; Davide "Billa" Brambilla e Jacopo Ventura - Time; Gobbi - Changes; Fabio KoRyu Calabrò - Space oddity; Ivan Cattaneo - Heroes; Jack Jaselli - The man who sold the world; Jet Set Roger - Amsterdam; i Duel - Moss Garden; Alessandro Grazian - Where are we now; Silvia Nair - Lady grinning soul; Aua - Kooks; LeLe Battista - Strangers when we meet; Alessandro Raina - Where are we now; Francesco Ferrari - Life on Mars?; Mario Biondi - Loving the alien; Maurizio Marsico - Satellite of love. Di queste cover in video, la più votata è risultata "Sweet Thing" di Anna Renè. Ha vinto qualche cosa? Non lo so. Non credo.

Probabilmente uno dei più ampi omaggi mai dedicati a Bowie.

Altro italiano alle prese con il repertorio di Bowie è stato il poeta bolognese Francesco Benozzo, per altro già candidato al premio Nobel, professore associato in filologia e linguisticaromanza presso l'Università di Bologna, fondatore dell'etnofilologia. Tra il 2018 e il 2019 è stato protagonista di un tour internazionale per arpa bardica e voce, Ytiddo Tour, inaugurato al Museo Archeologico di Bologna il 10 gennaio 2018, in occasione del secondo anniverario della morte di Bowie, in cui ha riproposto alcune canzoni di David Bowie. Suo il libro "David Bowie, l'arborescenza della bellezza molteplice" con cd (Pordenone, Safarà editore / Universalia, 2018), lontano dalla consueta saggistica biografica musicale, ma opera narrativa autobiografica. Si legge nella descrizione del libro: Un vita ispirata, ossessionata e imprendibile. David Bowie volle costantemente ridiventare ciò che era prima di essere, e questa è la sua arte. Ciò che è diventato, la sua bellezza molteplice, la sua eleganza decadente e solitaria, il firmamento malinconico delle sue canzoni, la prolissità ridondante ma impeccabile delle sue provocazioni ricordano meno gli esteti e i dandy dell’Europa tardo-moderna che gli asceti orientali di un redivivo Medioevo iniziatico. Al pari di Hafez, Rāmānanda, Huineng, egli è stato l’artista dell’incompiutezza prismatica che si fa voce, il folgorato poeta dell’esasperazione tecnologica, il non sospetto interprete della postmodernità senza scampo. Bowie non è stato un artista molteplice. Egli è il molteplice artistico.

E ancora: “Ytiddo”, inversione di “Oddity”, è anche un avverbio gallese che significa “dentro”, nonché un acronimo qabbalistico che indica la “libertà” e il “cambiamento”. In questa mia interpretazione di alcuni punti della luminosa cartografia musicale di Bowie ho cercato di “entrare” proprio procedendo a ritroso e “all’inverso”, provando in un certo senso – con la “libertà” che questa musica mi ha saputo ispirare – a rintracciare l’etimologia, l’origine, il canovaccio narrativo-sonoro celato in filigrana nelle sue mirabili forme espressive. Devo a Michela Carpanelli le indicazioni e i suggerimenti più importanti che mi hanno mosso in questa direzione (p. 115).

I dodici brani che compongono il disco sono, nell’ordine, Lazarus, Ashes to Ashes, New Killer Star, The Jean Genie, (You Will) Set The World on Fire, Moonage Daydream, Starman, The Man Who Sold The World, Rebel Rebel, Cactus, Heroes e Space Oddity. Anche cronologicamente, dunque, si va à rebours: il disco si apre con l’ultimo brano inciso da Bowie (2016) e si chiude con uno dei primi, certamente col più famoso dei primi (1969). Per la registrazione (effettuata da Davide Cristiani dello studio Bombanella di Maranello di Modena) è stato utilizzato un unico microfono a valvole e un pre-amplificatore a valvole in stile vintage, mentre echi a nastro quali Space Echo sono stati usati per il mixaggio.

Nel 2020, in pieno lockdown, il regista Giorgio Magarò ha realizzato a distanza via Skype un cortometraggio fantascientifico con le musiche di David Bowie e dal titolo "LIMBO". La prima è avvenuta via YouTube e Facebook il 4 aprile. Questa la sinossi: Anno 2125. Il giovane comandante Adler è di ritorno con la sua astronave cargo Blackstar dal sistema planetario Kepler 47. Dopo lunghi mesi di solitudine, l'astronauta sta conducendo la sua enorme astronave verso una stazione in orbita terrestre dove potrà finalmente attraccare. Dopo un contatto in video con un tecnico che lavora sulla stazione, Adler però riceve la terribile notizia che il pianeta da cui proviene è stato annientato da una epidemia sconosciuta. Il comandante della stazione orbitale annuncia quindi l'impossibilità di procedere con lo scarico della merce e lo sbarco sulla Terra. Da un'altro video proveniente da Kepler, vediamo la sofferenza di un colono che descrive la tragedia: sul pianeta stanno morendo tutti, l'epidemia è scoppiata mentre Adler era in viaggio di ritorno verso la Terra. A questo punto il giovane uomo si trova in un vero e proprio “limbo” in quanto non può fare ritorno su Kepler poiché è diventato un pianeta inaccessibile, non può sbarcare sulla Terra perché lui potrebbe essere infetto. Adler passa il tempo tra libri, musica ed attività fisica in attesa di un nullaosta che sembra non arrivare. Scoraggiato dai dinieghi e della burocrazia, Adler decide di trasgredire i divieti e di sbarcare ugualmente con il modulo di comando sul nostro pianeta. Il controllo dei militari però impedisce l'impresa ed Adler ci conduce con un atto estremo e coraggioso verso un colpo di scena finale

E-book di poesie dedicate a Bowie è invece quello di Roberto Guerra "David Bowie Renaissance - Poesie spaziali": Intro, Viva David Bowie, La matematica dell'amore, Life on the sun? (poesie spaziali per David Bowie), David Bowie Renaissance, Life on Mars, Tecno Bambole, Il ritratto di Hal 9000, Space mammy... «Un atto d’amore. E come vorremmo chiamare, altrimenti, quest’opera che Roberto Guerra ha dedicato all’immenso Duca Bianco, a David Bowie, a David Jones, a Ziggy Stardust o Major Tom? Un lavoro poetico consacrato a un artista che cambiava camaleonticamente nomi per mutare continuamente la propria inventiva». (Sandro Battisti) «Dopo molti anni dalla sua lirica di avanguardia postfuturista - e dopo innumerevoli sperimentazioni in altri generi letterari - Guerra torna finalmente alla poesia senza mediazioni, verrebbe da dire alla poesia “pura” se non vi fosse il rischio di creare equivoci». (Riccardo Roversi)

Nel 2021 è arrivato infine un omaggio di quasi 90 minuti dal titolo "Heroes - Expanded" di Paolo Fresu con Petra Magoni, Gianluca Petrella, Francesco Diodati, Francesco Ponticelli, Christian Meyer, Frida Bollani Magoni. “Appena mi è stato proposto questo progetto (dal Comune toscano di Monsummano Terme dove nel 1969 Bowie fece, da perfetto sconosciuto, la sua prima apparizione italiana in pubblico), mi sono sentito onorato ed emozionato. Ho deciso di mettere insieme una band unica, creata appositamente, con grandi musicisti eclettici e provenienti da esperienze diverse, anche lontane dal jazz. Credo che questo sia un grande valore. Avvicinarsi alla musica di David Bowie è una grande emozione e anche una straordinaria opportunità per tutti noi. Bowie è un autore immortale che è sempre stato vicino al jazz. Noi cercheremo di avere il massimo rispetto per la sua arte ma anche di essere propositivi, gettando uno sguardo nuovo su queste canzoni”. Rebel Rebel / Little Wonder / Where are we now? / Let's dance / Life on Mars? / This is not America / Space Oddity (Ragazzo solo, ragazza sola) / Starman / Intro - Blackstar / Time / Heroes (Long version) / Warszawa / Cat people (Putting out fire).