Enzo G. BARGIACCHI, Incontro-Intervista Con Lol Coxhill

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Enzo G. BARGIACCHI, Incontro-Intervista Con Lol Coxhill Enzo G. BARGIACCHI , Incontro-intervista con Lol Coxhill (I.C.A., Londra, 18 luglio 1977) [Questa intervista era stata effettuata per il mensile musicale “Gong”, al quale avevo già inviato una prima corrispondenza, pubblicata poi con il titolo Improvisation at Soho Poly , nel settembre 1977 (a. IV, n. 9, p. 59). Il redattore Peppo Delconte, con il quale ero in contatto, mi chiese di proseguire i servizi sulla musica in Inghilterra e di fare alcune interviste, mostrando particolare interesse per Coxhill. Purtroppo la rivista fu da quel momento sottratta dall’editore a lui, come agli altri redattori e fondatori (fra questi Riccardo Bertoncelli e Marco Fumagalli) e l’intervista rimase inedita ("Gong" divenne un periodico completamente diverso e di ben più scarso livello, che sopravvisse solo fino all'anno successivo)] Lol Coxhill, un nome poco conosciuto in Italia come in altri paesi fuori della sua Inghilterra e dell’Olanda, dove è molto apprezzato e suona abbastanza spesso. Si può anzi dire che il suo valore è stato pienamente riconosciuto solo di recente nel suo stesso paese, tanto che ora è al centro dell’attenzione; una rivista specializzata sta pubblicando una lunghissima intervista in tre puntate (“Impetus” 1977: n. 4, pp. 188-190; n. 5, pp. 222-225; n. 6, pp. 246-247, con discografia), dedicandogli ben due copertine. La cosa può sembrare molto strana se consideriamo che questo grande sassofonista dalla testa pelata non è un giovane, ma uno stagionato quarantacinquenne che vanta collaborazioni con alcuni dei più importanti nomi della musica inglese. Ma tutto è strano, o più esattamente peculiare al massimo grado, nella vita, nella carriera e anche nell’aspetto di Coxhill. Se dovessi definire in breve la sua musica e la sua personalità direi che è un qualcosa come Anthony Braxton, Steve Lacy ed Evan Parker fusi insieme, con l’aggiunta di grandi dosi di calore e vitalità che derivano da una forte personalità dotata allo stesso tempo di fine sensibilità, profonda intelligenza e ricco senso dello humour. Forse la troppo esuberante vitalità di Coxhill, il suo stile di vita, la sua versatilità come attore, musicista, poeta, hanno rappresentato un limite per il suo successo in un mondo in cui tutto deve essere ben facilmente catalogato. Ciò che ha perso in termini di successo, lo ha tuttavia guadagnato sul piano della ricchezza espressiva. Speriamo di poterlo ascoltare al più presto in Italia, perché questo personaggio dalla grossa corporatura, a prima vista, come dicevamo, strano dalla testa ai piedi (rapata l’una, calzati con scarpe molto pesanti gli altri), non solo è capace di fornire una prestazione che arricchisce realmente lo spettatore, ma anche di dare una vera lezione di libertà con tutto il suo modo di essere e di vivere. Coxhill nonostante tutte le sue varie esperienze rimane una persona timida e modesta, ma la sua calda personalità non sfugge a chi ha la fortuna di vederlo in azione o di ascoltarlo e – spero – anche a chi leggerà quanto ci ha gentilmente dichiarato. Lo avevo ascoltato con grande interesse l’anno scorso, nell’estate 1976, allo Institute of Contemporary Art (ICA) di Londra in una delle più riuscite esibizioni di “Company”, il gruppo aperto di Derek Bailey, dove suonava con Derek e con Evan Parker, per cui il 17 luglio 1977 mi sono precipitato nuovamente allo ICA per ascoltarlo in una esibizione solistica e in duo con il bravo chitarrista Gerry Fitzgerald. Ma forse il termine “ascoltarlo” è troppo limitativo data la versatilità di Lol. Infatti anche stavolta c’era qualcosa di non completamente usuale, dato che la sua esibizione iniziava con una esilarante prestazione di attore. La sua recitazione del monologo Murder in the air , è così straordinaria che sta ormai divenendo un marchi classico personale. Il giorno successivo del concerto mi sono incontrato con lui alle ore 15 al Jam Restaurant dello ICA. Ci sediamo ad un tavolo e, mentre Lol mangia un piatto di fagioli e salsicce, inizia una conversazione che si prolungherà per tre ore molto dense di dati, fatti, aneddoti, esperienze musicali e di vita, riflessioni. Mi parla delle sue attività musicali partendo dal suo inizio professionale del 1963-1964, ma poi passa subito ad un altro momento significativo della sua vita, rappresentato, fra il 1970 e il 1972, dalla partecipazione con Mike Oldfield e David Bedford alla “Whole World” di Kevin Ayers: da questo punto discriminante è per lui più facile ripercorrere la sua storia in avanti o indietro. Lol, il cui vero nome è Lowen, si apre completamente parlandomi di sé, della sua vita (nato a Portsmouth, Hampshire, il 19 settembre 1932, è separato ed ha due figli), dei suoi interessi e delle sue preferenze. Solo una piccola parte di ciò che mi ha detto è sintetizzata qui, dove, dopo aver riassunto le sue precedenti esperienze riporto dei brani di conversazione in forma di intervista. Coxhill, dopo aver a lungo continuato a suonare mentre praticava il suo lavoro di rilegatore di libri, divenne un musicista professionista nel 1963-64 con i “Chessmen” di Rufus Thomas, un gruppo di rhythm and blues, poi passò a suonare con i “Gass”, un gruppo di soul music, e con “Delivery”, un gruppo formato da Steve Miller (ex Caravan), Phil Miller, Pyp Pyle e Jack Monck. Quindi alla fine degli anni ’60 un periodo difficile in cui, per guadagnarsi da vivere, Lol divenne un busker , un musicista di strada. Esperienza questa da lui giudicata interessante come le altre, ma pesante e contrassegnata da episodi, pittoreschi per noi, ma tutt’altro che simpatici per chi doveva subire inattese ed esagerate reazioni dei passanti ad una musica forse troppo creativa e free per i loro gusti: il povero sassofonista subì aggressioni personali e il suo strumento fu calpestato e completamente rovinato. Fra le esperienze di quel primo periodo Coxhill ama ricordare la partecipazione al Berlin Free Music Festival con Alexis Korner, musicista con il quale collaborò anche per il famoso Bootleg Him , in compagnia di John Stevens, John Surman ed altri. Il 1970 rappresenta un anno significativo per la sua carriera con la partecipazione a “Whole World” di Kevin Ayers, che comprendeva anche Mike Oldfield e David Bedford. Nel 1972 Ear of Beholder , il primo album solo. Poi segue una intensa attività: duo con David Bedford, duo con Steve Miller (e album relativo Coxhill-Miller ), collaborazioni con lo SME (Spontaneous Music Ensemble) di John Stevens, con “Welfare State” (album omonimo), “Henry Cow” di Fred Frith, “Hatfield and the North”, Robert Wyatt, attività in Olanda e album Toverbal Sweet con Pierre Courbois e Jasper van’t Hof (a cui seguirà un secondo con gli stessi più Burton Greene). Da ricordare inoltre l’album Diverse (registrato nel 1976): una facciata da solo, l’altra in quartetto con Colin Wood (violoncello), Dave Green (contrabbasso), John Mitchell (percussioni). Rilevante attività anche in altri campi, quali musica per film, televisione, performance art, poesia. Caratteristica dell’ultimo periodo la partecipazione a “Company” con Derek Bailey, Evan Parker, Anthony Braxton, Steve Lacy e il duo con Gerry Fitzgerald che ha prodotto l’album Fleas in Custard. Appena Lol ha finito di raccontarmi un po’ della sua storia, inframmezzata da incisi ed acute osservazioni, gli pongo alcune precise domande. E.B.: Cosa ricordi con più piacere delle tue molteplici esperienze? L.C.; Tutte le esperienze sono state per me importanti. Amo molte e diverse forme musicali e non mi sento legato a nessuna in particolare, ma soprattutto mi piace suonare liberamente con la gente che ammiro. E.B.: E le tue preferenze in campo musicale? L.C.: Musica popolare, di villaggio, musica per pifferi, zampogna, cornamusa, suoni di animali, uccelli, elementi naturali [A questo punto Coxhill apre una sua enorme borsa e mi mostra una ventina di dischi che ha appena acquistato: musica popolare di vari paesi]. Come indicazione più specifica posso citare Varèse, Penderecki. Aggiungerei Xenakis, di cui ho ascoltato una sola cosa, ma era molto bella. E.B.: C’è qualche musicista che ti ha particolarmente influenzato? L.C.: Prima di avere una mia identità, moltissimi, ma ora non saprei proprio dire. Tuttavia è difficile affermare che ho attualmente una mia identità: ieri sera mi hai sentito suonare in un modo, ma se mi ascolterai la prossima settimana nella mia città [Coxhill vive a Welwyn Garden City, una piccola città satellite a poco più di mezz’ora di treno da Londra], suonerò in modo completamente diverso. In un certo senso non ho una mia identità e passo dal pop al jazz, dal folk all’avanguardia, senza poter scegliere definitivamente. Debbo sempre cambiare, tutto va bene a seconda del momento. Debbo dire comunque che molto importante per me è stato l’incontro con Derek [Bailey] e Evan [Parker]. E.B.: Cosa pensi della situazione musicale in Inghilterra? L.C.: Molto interessante, molto ricca e vivace. Molta gente, giovani in particolare, suona e questo è bello. Anche il punk rock è in tal senso un fatto positivo. E.B.: Hai suonato con gruppi punk? L.C.: Sì, con i “Damned” ed è stata una esperienza interessante. Non si deve essere superiori, ma vivere pienamente la vita in tutti i suoi aspetti: l’importante è esprimere quello che si ha dentro, in qualunque forma. E.B.: Quali rapporti hai con la musica di derivazione colta? L.C.: Sono amico di Christopher Hobbs e John White [si tratta di due fra gli esponenti più in vista della nuova musica sperimentale inglese] ed abbiamo deciso di fare delle cose insieme: White (piano), Hobbs (fagotto o tuba), io (sax soprano o tenore) e forse Colin Wood (violoncello). E.B.: Cosa conosci della musica in Italia? L.C.: Molto poco, ma so che c’è una situazione interessante, per cui mi piacerebbe molto avere l’opportunità di suonare da voi.
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