Memoria Della Accademia Lunigianese Di Scienze «Giovanni Capellini» (2018)

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Memoria Della Accademia Lunigianese Di Scienze «Giovanni Capellini» (2018) Alla stampa degli Atti hanno contribuito: La Regione Liguria Settore Cultura e Spettacolo VOL. LXXXVI - (2016) MEMORIA DELLA ACCADEMIA LUNIGIANESE DI SCIENZE «GIOVANNI CAPELLINI» (2018) VOL. LXXXVI - (2016) Vol. LXXXVI(2016) LA SPEZIA 2018 MEMORIE DELLA ACCADEMIA LVNIGIANESE DI SCIENZE «GIOVANNI CAPELLINI» VOL. LXXXVI (2016) fascicolo unico LA SPEZIA 2018 Presentazione Questo volume delle Memorie dell’Accademia Lunigianese di Scienze Giovanni Capellini, che raggiunge il numero 86, segno eloquente di una lunga, operosa e qualificata tradizione di studi sul territorio dell’antico Municipio romano di Luni, raccoglie importanti saggi che si sviluppano su un vasto ampio temporale dal Pleistocene, all’età Romana, al Medioevo per giungere alle vicende storiche contemporanee. Apre il volume un ampio ed articolato contributo dell’affermato geologo Giovanni Raggi, il quale esamina le modificazioni del sottosuolo dalla Piana Lunense a partire dagli studi di Giovanni Capellini per giungere al giorno d’oggi. L’autore, estrapolando nel sottosuolo le evidenze geologiche di superficie e con il prezioso contributo di numerosi dati stratigrafici, ricostruisce alcune sezioni geologiche della bassa valle del fiume Magra, con le quali viene schematizzata la struttura della fossa tettonica e la morfologia del substrato in roccia,quindi individua i principali corpi sedimentari che hanno colmato il fondo del piccolo graben post-tettogenetico. Ci propone infine una rappresentazione di sintesi, elaborata con numerosi dati stratigrafici, con il rilievo geomorfologico e l’interpretazione delle foto aree satellitari, del paesaggio e della linea della riva del mare nel primo secolo a.c. ai tempi dell’antica colonia romana di Luni. Con il saggio di Franco Bonatti si passa all’autunno del Medioevo. Egli ci presenta l’emblematica figura di Castruccio Castracani degli Antelminelli, il quale pur vivendo in un momento politico refrattario ad ogni coesione costruì partendo da basi inconsistenti un principato personale tra Liguria, Lunigiana e Toscana .Ciò destò l’ammirazione dei suoi contemporanei e dei posteri ad iniziare dal Petrarca, dal cronista Giovanni Villani per giungere all’eroe romantico di Mary Shelly. Attraverso le biografie del condottiero lucchese, scritte da Tegrimi, Machiavelli, Manuzio, l’autore tratta delle imprese di Castruccio in Lunigiana sottolineando come, al di là della fantasiosa ricostruzione storica dei fatti, l’intuizione del segretario fiorentino che il condottiero lucchese iniziò a costruire il proprio principato partendo dalla Lunigiana, territorio strategico per le comunicazioni con l’Italia settentrionale, resta valida ancor oggi. Marco Angela, nel suo ampio e qualificato contributo, esamina alcuni documenti inediti sulla famiglia Damiani originaria di Pontremoli, che fece la propria fortuna esercitando la mercatura nella città portuale di Livorno. Attraverso una accurata disamina degli inventari dei beni di famiglia l’autore documenta le cospicue proprietà ed insieme le raffinate scelte culturali dei Damiani che commissionarono due grandi tele di argomento biblico per il loro palazzo livornese all’affermato pittore napoletano Gerolamo Cenatiempo. Andrea Toscano, attraverso documenti inediti tratti dagli archivi militari della Marina, mette in relazione la grave deflagrazione che colpì il molo Pagliari della Spezia nel luglio 1916 provocando decine di morti e numerosi feriti, e il così detto Colpo di Zurigo, cioè l’azione di ritorsione compiuta da alcuni agenti del controspionaggio italiano ai danni del Consolato dell’Impero Austroungarico di Zurigo, ove erano conservati importanti documenti e preziosi gioielli. Roberto Palumbo nel suo interessante studio riesce a datare la colonna con capitello sormontata dalla piccola statua di San Rocco tra il maggio 1716 e l’aprile 1717, in quel periodo ricopriva infatti la carica di capitano della città Vincenzo Lomellini. La colonna ritratta dal pittore spezzino Fossati in una piazza cittadina è stata rimossa nella seconda metà dell’Ottocento. Simonetta Maccione, proseguendo l’opera di divulgazione dei nomi dialettali delle piante del territorio di Montemarcello, ci propone in questo documentato contributo i nomi dialettali delle erbe utilizzate nella cucina del territorio e dei fiori spontanei che abbellivano i giardini agli inizi del Novecento. Riccardo Barotti ricorda, con accenti personali, la figura e l’attività scientifica della affermata docente di Storia Moderna dell’Ateneo Pisano Elena Fasano Guarini, tra i più qualificati studiosi delle vicende storiche del Granducato di Toscana, recentemente scomparsa. Alla professoressa Fasano, nostra Accademica dal 2009, si deve l’organizzazione dell’importante Convegno sui feudi imperiali di Lunigiana, inseriti nel quadro internazionale dell’Impero, della Spagna e degli Stati Italiani .Il volume degli Atti da lei curati insieme con Franco Bonatti costituisce una pietra miliare degli studi sul feudalesimo. Chiude il volume la relazione sulle attività dell’Accademia negli anni 2012, 2013, 2014 e il relativo rendiconto finanziario predisposto con cura dalla Segreteria e dai Revisori dei Conti. Un volume, dunque, importante che onora la tradizione della nostra Accademia e che apre nuovi percorsi di ricerca nello studio del territorio lunigianese. Giuseppe Benelli Presidente dell’Accademia Lunigianese di Scienze “G. Capellini” Giovanni Raggi La Bassa Val di Magra ed il sottosuolo della Piana Lunense, da Capellini ai giorni d’oggi Esame critico dei dati esistenti e loro interpretazione. La Bassa Val di Magra ed il sottosuolo della Piana Lunense, da Capellini ai giorni d’oggi 5 1. PREMESSA La nota che segue mi è stata sollecitata dall’esame delle “Sezioni geologiche” riprodotte in calce alla “Carta Geologica d’Italia” alla scala 1:50.000, foglio 248 LA SPEZIA, edizione 2015, ed alle “Tavolette Sarzana e Lerici”, alla scala 1:25.000, in particolare ove questi elaborati grafici interpretativi rappresentano i depositi neogenici della bassa val di Magra con elevatissimi spessori, fino a 1800 metri in corrispondenza della trasversale di Sarzana, comunque mai inferiori ai 250-300 metri anche nella parte occidentale della valle del Magra, nel tratto che va dalla confluenza con il Vara alla località Senato. Tali abnormi spessori non sono supportati da conoscenze dirette di sottosuolo, ad esempio mediante sondaggi e/o prospezioni geofisiche, ma sono stati ipotizzati solo sulla base dei caratteri giaciturali degli strati sedimentari del bacino neogenico di Sarzana, come riconosciuti ed interpretati dai Rilevatori delle carte citate. Come infatti si legge sulle Note Illustrative, per quanto attiene al Subsintema di Ponzano Magra (ASZ2), “……..I depositi riferibili alle due litofacies cartografate mostrano su tutta l’area di affioramento una giacitura costantemente immergente verso SO di circa 45°-50°, implicando quindi grandi spessori del subsintema. Dalle sezioni geologiche infatti si evince che la “litofacies ciottoloso sabbiosa (ASZ2a) e quella sabbioso argillosa (ASZ 2b) sono rispettivamente spesse non meno di 600 m ciascuna per uno spessore totale minimo del subsintema di almeno 1200 m”. Aggiungendo a tale valore lo spessore dei depositi ciottoloso sabbiosi del subsintema ASZ3, valutato in “……almeno 600 m…..”, sempre in base alla presunta giacitura degli strati ciottolosi affioranti sul colle della Fortezza Castruccio Castracani, oltre alle “….poche decine di metri….” del subsintema ASZ4, spessore più vicino alla realtà e rilevabile negli affioramenti presso Ponzano, la potenza complessiva dei depositi neogenici raggiunge e forse supera i 1800 metri. In merito al significato tettonico - sedimentario di tale imponente accumulo di depositi terrigeni neogenici in un’area ristretta, nelle Note Illustrative sopra citate, viene prospettata l’esistenza di “……un bacino, parzialmente o totalmente, ad andamento NE-SO, alimentato prevalentemente dal versante pedeapuano, che si doveva aprire verso il Tirreno….”. In tale contesto, l’imponente struttura del promontorio di Punta Bianca, qualora già esistente nel Pliocene sull’asse di drenaggio dal versante pedeapuano in direzione SO, avrebbe deviato i considerevoli volumi dell’apporto sedimentario nell’area tirrenica verso SSE. La stessa struttura non avrebbe invece creato ostacoli al trasferimento dei sedimenti apuani verso il Mar Tirreno, in direzione SO, nell’ipotesi di un suo recentissimo 6 Giovanni Raggi sollevamento, evidentemente post-pliocenico. In entrambe le ipotesi, al consistente spessore dei depositi neogenici addossati contro il fianco interno del promontorio di Punta Bianca, non meno di 1800 metri ed in appoggio stratigrafico sulle rocce del substrato ad una profondità di pari valore, come è rappresentato nelle sezioni geologiche sopra ricordate, dovrebbe corrispondere un uguale spessore degli stessi sedimenti anche sulla piattaforma tirrenica antistante il promontorio stesso: a SSE di Punta Bianca nella prima ipotesi, a SO nella seconda, a colmare imponenti canyons sottomarini intagliati nel substrato roccioso, a profondità di circa 2000 metri. Ma anche sulla dorsale di Punta Bianca dovrebbero riconoscersi le tracce del potente deposito Pliocenico, qualora fosse stato sollevato in tempi recentissimi unitamente al substrato in roccia, mentre le forme evidenti del carsismo epigeo, diffusamente sviluppato sulle rocce calcaree mesozoiche e caratterizzato da ampie depressioni pianeggianti racchiuse tra colline con struttura a cockpit, tipicamente riferibili ad un clima caldo, fanno prospettare l’ipotesi
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