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RASSEGNA STAMPA Volume 4 - WEB/ONLINE Dal 20 al 26 giugno 2018 A cura dell’Ufficio Stampa: Renato Rizzardi Renata Viola Paola Marano Milena Cozzolino

Via Generale Orsini, 30 – 80132 Napoli (NA) 20 giugno 2018

A teatro Ferrante, Proietti, Baricco Salomé di De Fusco a Pompei, Shakespeare-Hollywood per Le Moli

(ANSA) - ROMA, 20 GIU - La ''Salomè'' di Oscar Wilde ad aprire il Pompeii Theatrum Mundi, con la regia di Luca De Fusco e un cast all star con Eros Pagni, Gaia Aprea, Anita Bartolucci e Giacinto Palmarini; lo Shakespeare hollywoodiano di ''Molto rumore per nulla'' con le musiche di Erich Wolfgang Korngold, la Filarmonica Toscanini e la regia di Walter Le Moli, a Parma. E ancora, la ''Storia di un'amicizia'' dal best seller ''L'amica geniale'' di Elena Ferrante per Fanny e Alexander e ''Sei'' da Pirandello per Francesco Sframeli e Spiro Scimone, tutti al Napoli Teatro Festival Italia; il ritorno di Gigi Proietti e i suoi intramontabili ''Cavalli di battaglia'' al Roma Summer Fest; Alessandro Baricco con Valeria Solarino tra Cittareale e Amatrice (RI) per ''Palamede / Iliade - Le grandi narrazioni''; fino al ''Frankenstein'' con Cristina Donadio, Silvia Gallerano, Manuela Mandracchia, Laura Mazzi e Maya Sansa alla V Festa di Teatro Eco Logico di Stromboli (ME): sono alcuni degli spettacoli teatrali in scena nel prossimo week end

20 giugno 2018

A teatro Ferrante, Proietti, Baricco

Salomé di De Fusco a Pompei, Shakespeare-Hollywood per Le Moli Source: A teatro Ferrante, Proietti, Baricco 20 giugno 2018

“Rose is a rose is a rose” di Tuzzoli in scena al Teatro Muggia Napoli – Un unico palcoscenico da Muggia (Trieste) a Napoli per Rose is a rose is a rose is a rose, diretto da Tommaso Tuzzoli. Lo spettacolo, scritto da Ivana Sajko, è prodotto Golden Show e vede protagonista Sabrina Jorio, andrà in scena sabato 23 giugno, alle ore 21.00, e domenica 24 giugno, alle ore 21.00, al Teatro Giuseppe Verdi a Muggia e domenica 30 giugno, alle ore 21:30, al Cortile delle Carrozze di Palazzo Reale per il Napoli Teatro Festival Italia 2018, per la sezione Osservatorio, Il regista napoletano Tommaso Tuzzoli è il presidente dell’associazione Tinaos che organizza Muggia Teatro, sezione italiana del Festival Estivo del Litorale. Tuzzoli presenterà, sempre in veste di regia, in prima nazionale al Muggia Teatro Mercoledì 11 luglio, alle ore 11.00 per Ricremattina e alle ore 21:00, al Teatro Giuseppe Verdi Ahmed il filosofo di Alain Badiou, prodotto da Tinaos in collaborazione con Associazione Assoli, Valli del Natisone – Through Landscape ʼ17. Sinossi Un incontro tra un uomo ed una donna una notte in discoteca. Il loro ritorno a casa attraverso la città in una notte di guerra. Un autobus che brucia con passeggeri ignari, la loro fuga dal pericolo. L’arrivo a casa di lui. L’amore tra i due e un risveglio che ha il sapore dell’abbandono. Note di regia Un vortice di parole che danza su di un motivo d’amore. Un vortice di parole che frammenta il ricordo per ricostruirlo solo alla fine lentamente. Un vortice di parole che dà vita ad un testo confessione ad un testo affermazione della propria esistenza. Rose is a rose is a rose is a rose di Ivana Sajko, giovane autrice croata, è un testo che abbiamo voluto tradurre e presentare per la prima volta in Italia, affascinati da una scrittura densa fatta di luce e buio, di corpo e anima, di violenza e ironia. Una scrittura veloce che toglie il respiro e togliendolo ne chiede un altro più profondo, più consapevole, frasi che come orli taglienti lasciano cicatrici sui corpi, nella mente, nelle emozioni. Una storia d’amore che prende vita sulle macerie di una guerra inattesa. Una notte d’amore che si trasforma in un miracolo inaspettato, in una fuga dal dolore, in un incastro tra corpi, in una mattina dove la luce apre le porte all’abbandono. Una storia che chiede di essere ricucita pian piano. Il ricordo di chi narra è fatto di piccoli indizi, di ripetizioni ossessive. Il ricordo diviene l’ostacolo. Il ricordo vuol essere cullato, vuol riaffiorare un po’ alla volta e l’unico modo per ricostruirlo è la scrittura. Il personaggio/autrice narra i fatti ed esorcizza gli avvenimenti attraverso l’atto della scrittura tramutando la parola in una partitura a più voci. Sogno ad occhi aperti, allucinazioni fatte di voci che affollano una memoria e che chiedono di essere ascoltate. Una rosa è una rosa ma le sue spine possono ferire.

20 giugno 2018

A teatro Ferrante, Proietti, Baricco

Salomé di De Fusco a Pompei, Shakespeare-Hollywood per Le Moli

ROMA, 20 GIU - La ''Salomè'' di Oscar Wilde ad aprire il Pompeii Theatrum Mundi, con la regia di Luca De Fusco e un cast all star con Eros Pagni, Gaia Aprea, Anita Bartolucci e Giacinto Palmarini; lo Shakespeare hollywoodiano di ''Molto rumore per nulla'' con le musiche di Erich Wolfgang Korngold, la Filarmonica Toscanini e la regia di Walter Le Moli, a Parma. E ancora, la ''Storia di un'amicizia'' dal best seller ''L'amica geniale'' di Elena Ferrante per Fanny e Alexander e ''Sei'' da Pirandello per Francesco Sframeli e Spiro Scimone, tutti al Napoli Teatro Festival Italia; il ritorno di Gigi Proietti e i suoi intramontabili ''Cavalli di battaglia'' al Roma Summer Fest; Alessandro Baricco con Valeria Solarino tra Cittareale e Amatrice (RI) per ''Palamede / Iliade - Le grandi narrazioni''; fino al ''Frankenstein'' con Cristina Donadio, Silvia Gallerano, Manuela Mandracchia, Laura Mazzi e Maya Sansa alla V Festa di Teatro Eco Logico di Stromboli (ME): sono alcuni degli spettacoli teatrali in scena nel prossimo week end

20 giugno 2018

A teatro Ferrante, Proietti, Baricco

(ANSA) - ROMA, 20 GIU - La ''Salomè'' di Oscar Wilde ad aprire il Pompeii Theatrum Mundi, con la regia di Luca De Fusco e un cast all star con Eros Pagni, Gaia Aprea, Anita Bartolucci e Giacinto Palmarini; lo Shakespeare hollywoodiano di ''Molto rumore per nulla'' con le musiche di Erich Wolfgang Korngold, la Filarmonica Toscanini e la regia di Walter Le Moli, a Parma. E ancora, la ''Storia di un'amicizia'' dal best seller ''L'amica geniale'' di Elena Ferrante per Fanny e Alexander e ''Sei'' da Pirandello per Francesco Sframeli e Spiro Scimone, tutti al Napoli Teatro Festival Italia; il ritorno di Gigi Proietti e i suoi intramontabili ''Cavalli di battaglia'' al Roma Summer Fest; Alessandro Baricco con Valeria Solarino tra Cittareale e Amatrice (RI) per ''Palamede / Iliade - Le grandi narrazioni''; fino al ''Frankenstein'' con Cristina Donadio, Silvia Gallerano, Manuela Mandracchia, Laura Mazzi e Maya Sansa alla V Festa di Teatro Eco Logico di Stromboli (ME): sono alcuni degli spettacoli teatrali in scena nel prossimo week end 20 giugno 2018

NAPOLI – Sabato 16 e domenica 17 giugno, durante il NTF18, è andato in scena presso il Teatro Trianon, palcoscenico di varietà, dimora del rinomato comico napoletano Raffaele Viviani, la performance Paradise Lost (lies unopened beside me), una rilettura del poema epico Paradiso perduto di John Milton, ideata, diretta e interpretata da Ben Duke. Uno spettacolo esilarante e romantico, in cui finalmente abbiamo avuto la possibilità di assistere ad un one man show “a tempo”. “A tempo” perché Duke è stato meravigliosamente dentro e fuori la performance, orchestrando, con maestria registica e consapevolezza performativa, i tempi di attuazione del linguaggio drammatico, sviluppando attraverso il corpo un contrappunto di parole, musica e danza con il quale ha letteralmente mostrato agli occhi dello spettatore il racconto evocando una molteplicità di immagini inclusive tipiche dello stile narrativo di riferimento. “A tempo” perché ci ha narrato una vecchia storia che non smetterà mai di essere nuova, quella che racconta il mito di un amore incommensurabile capace di creare un mondo (che può essere un figlio, un’opera d’arte così come un areoplano di carta). “A tempo” perché l’amore di cui si parla in questa storia è sopra i generi, attraverso la metaforica relazione di Dio e Lucifero, Duke ha reso protagonisti della scena una coppia omosessuale fatta delle stesse normali conflittualità che contraddistinguono una sana coppia eterosessuale, quale è quella di Adamo ed Eva presentata a specchio sul secondo tempo dello spettacolo . “A tempo”, quello presente, quello dell’evoluzione, quello del 2018. In contro “al tempo” delle dichiarazioni omofobe che circolano attualmente in Italia dove invece il tempo vissuto è quello medievale. Ma senz’alcun dubbio protagonista e leitmotivedello spettacolo è stato “il tempo della risata” che ha aperto quello spazio di confronto tra gli opposti: il genitore e il bambino; l’amore e il tradimento; la gioia e il dolore; la fuga e il perdono. Ed è per mezzo dello scontro tra di questi che il circolo si ripete, l’errore, la continua “caduta” dei figli di Dio, rappresenta il climax che rimette in moto la storia dall’inizio. Lo spettacolo ci lascia però “al tempo della speranza”, quella che ci ricorda che da uno sbaglio può nascere anche qualcosa di meraviglioso, perché se Eva non avesse colto la mela non avremmo mai ascoltato Janis Joplin cantare “Summertime”. Letizia Gioia Monda 20 giugno 2018

Cinque Continenti del Teatro | Presentazione volume MERCOLEDI 27 GIUGNO ORE 18.30 con gli autori EUGENIO BARBA E NICOLA SAVARESE | NEST La serata si inscrive nel progetto MENTE COLLETTIVA (Masterclass per registi, drammaturghi, scenografi, dramaturg, diretta da Eugenio Barba, insieme a Lorenzo Gleijeses e Julia Varley) nell’ambito del Napoli Teatro Festival Italia 2018, ed è organizzata con il supporto della Casa del Contemporaneo di Napoli. Mercoledi 27 giugno alle ore 18.30 presso il Teatro Nest, in via Bernardino Martirano 17 – San Giovanni a Teduccio, gli autori Eugenio Barba e Nicola Savarese racconteranno, con la proiezione di alcuni filmati, la gestazione ventennale di questo opus che è il secondo volume sull’antropologia teatrale (Il primo è L’arte segreta dell’attore) e una storia del teatro eccentrica raccontata attraverso la storia transculturale delle tecniche dell’attore. Con loro interverranno, ad alimentare il dibattito, Alfonso Amendolaprofessore associato di Sociologia degli audiovisivi sperimentali presso l’Università degli Studi di Salerno e Alex Giordano direttore scientifico Societing4.0 / Responsabile “Digitalizzazione e Impresa 4.0” Università Federico II di Napoli. L’OPERA «Da dove vengo? Chi sono? Dove vado? Per rispondere a queste domande dobbiamo rivedere da un’altra prospettiva le innumerevoli forme, esperienze, reperti e misteri che la storia della nostra professione ci tramanda. È l’unico modo di costruirci una bussola personale per attraversare i cinque continenti del nostro mestiere: quando, dove, come, per chi e perché si fa teatro» (Eugenio Barba).

I due autori de “L’arte segreta dell’attore” completano la loro ricerca sui presupposti dello spettacolo indagando, in questo libro, le tecniche ausiliarie che, nella loro varietà e materialità, riguardano: le diverse circostanze e i tempi che generano gli spettacoli teatrali; gli aspetti economici e organizzativi; le informazioni da dare al pubblico; gli spazi dello spettacolo e quelli degli spettatori; l’illuminazione, l’acustica, la scenografia, il trucco, il costume e gli accessori; il rapporto che si stabilisce tra attore e spettatore; il modo di viaggiare degli attori e persino degli spettatori. Si tratta della cultura materiale dell’attore organizzata intorno alla doppia spirale di tecniche del corpo-mente e tecniche ausiliarie. AUTORI Eugenio Barba (Gallipoli, 1936) è fra gli artisti che hanno profondamente segnato la storia del teatro del secondo ’900. Nel 1964 fonda l’Odin Teatret che, in oltre cinquant’anni di attività, è divenuto una leggenda del teatro contemporaneo. Fino ad oggi (2018) ha messo in scena 76 spettacoli con l’Odin Teatret e con l’ensemble interculturale Theatrum Mundi. Nel 1979 fonda l’International School of Theatre Anthropology (ISTA), un laboratorio itinerante di studi comparati sui princìpi della tecnica dell’attore, dando il nome di antropologia teatrale a questo campo di studi. Ha trasmesso la sua visione teorica e la sua esperienza artistica in una dozzina di libri tradotti in numerose lingue. Per le Edizioni di Pagina ha pubblicato: L’arte segreta dell’attore (2011) e Teatro. Solitudine, mestiere, rivolta (2014). Nicola Savarese (Roma, 1945), studioso dei teatri antichi e della complessa dinamica d’incontro fra teatro occidentale e teatri orientali, ha insegnato nelle Universita di Roma “La Sapienza” e “Roma Tre”, Kyoto, Montreal, Bologna, Lecce. Ha lungamente viaggiato in Oriente e soprattutto in Giappone. In collaborazione con E. Barba ha scritto L’arte segreta dell’attore (2011); sul rapporto fra teatro occidentale e teatri asiatici ha pubblicato fra l’altro: Il teatro al di là del mare (1980), Teatro e spettacolo fra Oriente e Occidente (1992), Parigi/Artaud/Bali (1996) e Il racconto del teatro cinese (2003). RELATORI Alfonso Amendola è professore associato di Sociologia degli audiovisivi sperimentali presso l’Università degli Studi di Salerno. Il suo percorso di ricerca si muove su un crinale tra la seduzione delle culture d’avanguardia, l’attenzione per i consumi di massa e le polifonie della produzione digitale. Dirige le collane “I pescatori di perle” per le Edizioni Meltemi di Milano e “La sensibilità vitale” per le Edizioni Rogas di Roma. Redattore delle riviste internazionali: “Funes. Journal of Narratives and Social Sciences”, “Shift. International Journal of Philosophical Studies”, “Scenario. Visual Culture Studies”; “Im@go. Journal of the Social Imaginary”, “H-ermes. Journal of Communication”. Collabora con il quotidiano “Il Mattino” e il periodico “Alfabeta2”. Tra i suoi ultimi libri: Over many a quaint and curious volume of (not) forgotten lore. Edgar Allan Poe across disciplines, genres and languages (con L. Barone, Cambridge, 2018). Alex Giordano è direttore scientifico Societing4.0 / Responsabile “Digitalizzazione e Impresa 4.0” Università Federico II di Napoli. Pioniere della cultura digitale e antropologo dell’innovazione è considerato tra i principali esperti di social innovation, sharing economy e di innovazione sociale e tecnologica applicata a food e agricoltura. E’ stato il fondatore di Ninjamarketing.it e digital strategist consultant per diverse aziende italiane. Membro dello IADAS (Accademia Internazionale di Arti e Scienze Digitali) di New York. Docente di Social Innovation e Società delle Reti presso lo IULM di Milano e presso il dipartimento di Scienze Sociali l’Università Federico 2° di Napoli. È direttore del programma di ricerca/azione Societing4.0 finalizzato ad elaborare un modello mediterraneo applicativo delle tecnologie abilitati 4.0 (robotica, big data, virtual reality, additive manifacturing…). 20 giugno 2018

Rose is rose in scena a Muggia Teatro e al Napoli Teatro Festival “Una rosa è una rosa ma le sue spine possono ferire” Rose is a rose is a rose is a rose, da Trieste in giù. Tommaso Tuzzoli, regista partenopeo, con Rose is a rose is a rose is a rose al Muggia Teatro e al Napoli Teatro Festival Italia 2018 Un unico palcoscenico da Muggia (Trieste) a Napoli per Rose is a rose is a rose is a rose, diretto da Tommaso Tuzzoli. Lo spettacolo, scritto da Ivana Sajko, è prodotto Golden Show e vede protagonista Sabrina Jorio, andrà in scena sabato 23 giugno, alle ore 21.00, e domenica 24 giugno, alle ore 21.00, al Teatro Giuseppe Verdi a Muggia e domenica 30 giugno, alle ore 21:30, al Cortile delle Carrozze di Palazzo Reale per il Napoli Teatro Festival Italia 2018, per la sezione Osservatorio, Il regista napoletano Tommaso Tuzzoli è il presidente dell’associazione Tinaos che organizza Muggia Teatro, sezione italiana del Festival Estivo del Litorale. Tuzzoli presenterà, sempre in veste di regia, in prima nazionale al Muggia Teatro Mercoledì 11 luglio, alle ore 11.00 per Ricremattinae alle ore 21:00, al Teatro Giuseppe Verdi Ahmed il filosofo di Alain Badiou, prodotto da Tinaos in collaborazione con Associazione Assoli, Valli del Natisone – Through Landscape ʼ17. Sinossi Un incontro tra un uomo ed una donna una notte in discoteca. Il loro ritorno a casa attraverso la città in una notte di guerra. Un autobus che brucia con passeggeri ignari, la loro fuga dal pericolo. L’arrivo a casa di lui. L’amore tra i due e un risveglio che ha il sapore dell’abbandono. Note di regia Un vortice di parole che danza su di un motivo d’amore. Un vortice di parole che frammenta il ricordo per ricostruirlo solo alla fine lentamente. Un vortice di parole che dà vita ad un testo confessione ad un testo affermazione della propria esistenza. Rose is a rose is a rose is a rose di Ivana Sajko, giovane autrice croata, è un testo che abbiamo voluto tradurre e presentare per la prima volta in Italia, affascinati da una scrittura densa fatta di luce e buio, di corpo e anima, di violenza e ironia. Una scrittura veloce che toglie il respiro e togliendolo ne chiede un altro più profondo, più consapevole, frasi che come orli taglienti lasciano cicatrici sui corpi, nella mente, nelle emozioni. Una storia d’amore che prende vita sulle macerie di una guerra inattesa. Una notte d’amore che si trasforma in un miracolo inaspettato, in una fuga dal dolore, in un incastro tra corpi, in una mattina dove la luce apre le porte all’abbandono. Una storia che chiede di essere ricucita pian piano. Il ricordo di chi narra è fatto di piccoli indizi, di ripetizioni ossessive. Il ricordo diviene l’ostacolo. Il ricordo vuol essere cullato, vuol riaffiorare un po’ alla volta e l’unico modo per ricostruirlo è la scrittura. Il personaggio/autrice narra i fatti ed esorcizza gli avvenimenti attraverso l’atto della scrittura tramutando la parola in una partitura a più voci. Sogno ad occhi aperti, allucinazioni fatte di voci che affollano una memoria e che chiedono di essere ascoltate. Una rosa è una rosa ma le sue spine possono ferire. Tommaso Tuzzoli 20 giugno 2018

FUORISCENA di F. Calvino con G. Rivieccio e A. Morea “FUORISCENA", di FORTUNATO CALVINO (che cura anche la regia), con GINO RIVIECCIO e ANTONELLA MOREA, e’ una commedia sull’amicizia e sulla solidarietà senza limiti d’età. Presente nel cartellone del NAPOLI TEATRO FESTIVAL ITALIA 2018, andrà in scena in prima nazionale mercoledì 20 giugno (ore 21,30) e giovedì 21 giugno (ore 19) al TEATRO NUOVO di Napoli, in via Montecalvario. Lo spettacolo sarà presentato lunedì 18 giugno (ore 12) nel foyer del Teatro Augusteo nel corso di un incontro al quale parteciperanno l’autore e regista Fortunato Calvino e gli attori protagonisti Gino Rivieccio e Antonella Morea. i personaggi protagonisti dello spettacolo sono Gloria e Manuele. Gloria è stata una grande attrice ora vive di ricordi come la protagonista del film “Viale del tramonto”, Norma Desmond. Vive sola con il suo amato gatto “Amleto”, che s’intrufola un pomeriggio nell’appartamento del suo vicino gay. Gloria detesta il suo vicino, perché gay, e grazie al gatto i due saranno costretti a parlarsi per venire subito alla conclusione che la pensano diversamente. Eppure gli eventi, gli accadimenti della vita lì porteranno a conoscersi a capire che in comune hanno molto e che Gilda un giorno potrà contare su questo uomo che si porta a casa giovani marchettari. Gloria oggi vive da sola, sconta con la solitudine il suo essere stato quando era “un’attrice famosa”, ma perfida e che ha abusato del suo ruolo per sottomettere tutti. Ha una paura; è terrorizzata che un giorno finirà in un ospizio. Il solo pensiero di questa misera fine la porta a recuperare nel tempo il rapporto con il suo vicino di casa Manuele. “Fuoriscena" di Fortunato Calvino è una commedia dal ritmo incalzante e brillante dove i due protagonisti, si scontrano come due pugili su un ring dandosene di santa ragione con frasi feroci, taglienti come coltelli. E’ un testo sul mondo del teatro, su quella parte che lo spettatore non vede mai; il retroscena, è il fuoriscena di un mondo a volte fatto di rivalità, di gelosie e d’invidia, e di arroganza. Emerge dal testo anche il tema degli abusi, dei compromessi che a volte, si devono accettare per poter avere un ruolo: “Pessima attrice! Hai lavorato solo perché ti scopavi tutti; dal politico al regista di turno, vipera!”. Un lato oscuro circoscritto, limitato ma che esiste. “Fuoriscena” è una commedia sulla terza età, sulla paura della solitudine, sulla paura di perdere la propria indipendenza con l’avvento di una malattia invalidante. I due protagonisti sono lo specchio di una realtà. Dal testo emerge forte la voglia dei due protagonisti di essere felici.

MANUELE “Penso che forse, l'hai fatto apposta...dopo tanti anni,chissà che ti è scattato in testa, e hai pensato che forse un vicino di casa anche se gay, è meglio averlo come amico che come nemico...la solitudine ti stava divorando e allora hai pensato bene di mettere su una recita...un fuoriscena appunto!...". da Fuoriscena di Fortunato Calvino 20 giugno 2018

CORPO B Le mani – I piedi di Benedetta Palmieri con Lara Sansone scene Rosita Vallefuoco

Benedetta Palmieri dà voce a piedi e mani. Le loro funzioni, le loro attitudini, i loro sensi controversi diventano una soggettiva surreale. Il corpo si racconta all’uomo. I piedi coi loro passi fisici o ideali descrivono distanze, ansie, dolori. Le mani, invece, tengono, mantengono, impugnano, brandiscono, fendono e palleggiano. Descrivono, insomma, un universo di segni che la Palmieri drammatizza teatralmente attraverso speciali soliloqui. Il corpo dell’uomo o dell’atleta, in definitiva, prende voce e si allena per scoprire nuovi equilibri.

SportOpera è la sezione del Napoli Teatro Festival Italia curata da Claudio Di Palma e Vesuvioteatro, dedicata ai legami tra l'arte e lo sport. ▶ 20.06 | 27.06 Teatro Sannazaro Napoli | Scopri il programma: bit.ly/SportOpera2018

L’undicesima edizione del Napoli Teatro Festival Italia, la seconda diretta da Ruggero Cappuccio, organizzata dalla Fondazione Campania dei Festival, organismo in house della Regione Campania presieduto da Luigi Grispello, ha inaugurato venerdì 8 giugno e proseguirà fino al 10 luglio. Una stagione di grandi numeri che ascrive il Festival tra le realtà più attive e significative del panorama internazionale e che accoglie, nei 33 giorni di programmazione effettiva, ben 85 compagnie, tra nazionali ed internazionali, impegnate per 160 recite complessive. Proseguendo in una direzione avviata con successo nella passata stagione, la nuova edizione del Festival consolida un progetto culturale che individua, da quest’anno e fino al 2020, il suo principale obiettivo nella ricongiunzione organica tra le arti della scena, realizzandone una ricognizione multidisciplinare e trasversale sintetizzata in undici sezioni.

20 giugno 2018

TEATRO FESTIVAL

«Rose is a rose», a Palazzo Reale va in scena l’amore in una città in guerra Da sabato 23 giugno Sabrina Jorio protagonista dello spettacolo di Tommaso Tuzzoli di Ro. Ru

Un unico palcoscenico da Muggia (Trieste) a Napoli per «Rose is a rose is a rose is a rose», diretto da Tommaso Tuzzoli. Lo spettacolo, scritto da Ivana Sajko, è prodotto Golden Show e vede protagonista Sabrina Jorio, andrà in scena sabato 23 giugno, alle ore 21.00, e domenica 24 giugno, alle ore 21.00, al Teatro Giuseppe Verdi a Muggia e domenica 30 giugno, alle ore 21:30, al Cortile delle Carrozze di Palazzo Reale per il Napoli Teatro Festival Italia 2018, per la sezione Osservatorio. Il regista napoletano Tommaso Tuzzoli è il presidente dell’associazione Tinaos che organizza Muggia Teatro, sezione italiana del Festival Estivo del Litorale. La trama: un incontro tra un uomo ed una donna una notte in discoteca. Il loro ritorno a casa attraverso la città in una notte di guerra. Un autobus che brucia con passeggeri ignari, la loro fuga dal pericolo. L’arrivo a casa di lui. L’amore tra i due e un risveglio che ha il sapore dell’abbandono.

20 giugno 2018

Per il Napoli Teatro Festival 2018 il bellissimo allestimento de’ LA VOIX HUMAINE di Francis Poulenc.

Massimiliano Cerrito

Ieri sera Martedì 19 Giugno al Teatro Diana di Napoli per la nuova stagione del Napoli Teatro Festival si è svolta la Tragedia lirica LA VOIX HUMAINE in un atto di Francis Poulenc. testo di Jean Cocteau soprano Leona Peleskova pianoforte Monica Leone regia Riccardo Canessa costumi Concetta Nappi luci Rosario Martucci sopratitoli Nathalie Camps direttore di scena Franco Basile maestri collaboratori Fabio Ambrosino e Maurizio Iaccarino foto Francesco Squeglia trucco e parrucche Sorrentino ufficio stampa Claudia Mirra produttore esecutivo Guglielmo Mirra Teatro Diana 19 giugno ore 21.00 durata 1 ora Un originale allestimento della tragedia lirica in un atto scritta dal compositore francese del 1958. Francis Poulenc la scrisse sul testo di Jean Cocteau. A interpretare la protagonista il soprano Leona Peleskova accompagnata al pianoforte da Monica Leone. La regia è di Riccardo Canessa. Una intensa e appassionante mise en scène di questa opera di Poulenc, ottima la Regia di Riccardo Canessa, a fare di questa opera un grande evento anche la bellissima voce e presenza del soprano Leona Peleskova e la magistrale esecuzione al pianoforte di Monica Leone. Pubblico delle grandi occasioni per un successo chiaro, scandito dai tantissimi minuti di applausi.

20 giugno 2018

Coppia artistica e nella vita da diciotto anni, Annabelle Chambon e Cédric Charron rappresentano i danzatori-feticcio di Jan Fabre, per i quali egli ha creato lavori emblematici come l’assolo Preparatio Mortis per lei, e Attends, attends, attends…(pour mon père) per lui, esaltando di ciascuno l’unicità di performer dalle potenti qualità fisiche ed espressive. Qualità che incarnano quel teatro debordante del geniaccio Fabre. Da performer al servizio di progetti artistici comuni e di ricerca collettiva quali sono all’interno della compagnia Troubleyn dell’artista fiammingo e membri del Jan Fabre Teaching Group, i due sono anche autori di spettacoli personali e progetti autonomi da quando si sono messi alla prova costituendosi come gruppo sotto l’etichetta Label Cedana. Da allora sono nate creazioni come I promise this in the last time, e, nel 2017, Tomorrowland, quest’ultimo presentato al Napoli Teatro Festival 2018, una babelica performance sulla creazione dove i corpi nervosi sono corde tese che vibrano e dai quali scoccano gesti come frecce che invadono la scena. La danza elettrica e tracimante, priva di forma, che ne scaturisce, segue il ritmo della musica live eseguita Jean-Emmanuel Belot. Ed è lui a dare il via allo spettacolo, presente in scena mentre il pubblico entra e si assesta, intento ad occhi chiusi a percuotere con due bacchette in mano una batteria immaginaria. Nello spazio scenico disseminato di piccoli tronchi di legno argentati utilizzati come masse d’inciampo, come pedane e totem, si incastonano uno alla volta i due danzatori deformandosi il naso all’insù con una striscia di nastro adesivo alterando buffamente l’espressione come una maschera facciale di Bacon.

Tomorrowland, foto Salvatore Minopoli

A determinare i loro movimenti sarà il suono del rock elettronico e martellante creato dal sintetizzatore vintage, mentre presto le azioni trasformeranno la scena in un campo di battaglia. Tra piume esplose da un cuscino, caramelle buttate violentemente sul pubblico, microfono scaraventato a terra, lavagne e cartelli con scritte che scandiscono le sequenze e danno voce ai pensieri del trio, con la lingua dipinta di rosso e i visi, successivamente, sporcati di paillettes viola, la loro energia creativa che dà origine a Tomorrowland, verte attorno alla questione di Jean Baudrillard: «What are you doing after the orgy?», «Cosa farete dopo l’orgia?». E sono gli stessi autori a spiegarlo: «Prima di tutto si mette il corpo sulla scena: organi, cervello, sesso, sistema nervoso. Lo si getta nello spazio aspettando le prime associazioni di idee; si cerca la frizione, l’attrito, la scomodità. Non proiettiamo il corpo nella forma, sperimentiamo degli stati di corpo; carichiamo l’immaginario e il corpo agisce e reagisce…la sensazione è vibrazione, il corpo si veste di interiorità per generare lui stesso un contenuto». Questo il senso della performance, che non segue una narrazione, né una struttura leggibile, codificabile, ma che esalta quel credo estetico ereditato da Fabre dove c’è il corpo con la sua capacità di inventare sensazioni rigorosamente borderline. Nel susseguirsi scomposto delle azioni i due si svestono dei semplici pantaloni, camicia e t-shirt, rivelando sotto dei boxer argentati mentre infuria una danza ritmica sulla cui onda subito si rivestono delle braghe solo con lo spostamento disarticolato delle gambe, per rivestirsi ancora, successivamente, di indumenti rosa. Istintivi, elettrici, casuali, i movimenti ora ginnici, ora forsennati, ora meccanici, sembrano nascere dagli impulsi iniziali che si generano dall’assunto programmatico di voler sfidare la legge di gravità – "Fottuta gravità” è la frase iniziale che campeggia su uno dei cartelli mostrati, alla quale seguiranno altre asserzioni come "Noi siamo nel vuoto infinito” – lasciando il corpo in balia degli stati emotivi, libero di espandersi, di scoprire nuove possibilità. E intanto Cédric si sarà lanciato verso il pubblico legato da una fune elastica che prima lo trattiene impedendogli di allungare i gesti, poi lo scioglie facendolo volare, per atterrare esausto a terra. la coppia balla ancora dopo aver sperimentato ancora voci, suoni, grida, ululati, alterati al microfono, e ansimanti raggiungere lo sfinimento mentre sempre più esplode la musica accompagnata dallo sberleffo del trio, infine riunito, con la lingua di un colore rosso acceso. Quella di Einstein, il padre della teoria della relatività.

Giuseppe Distefano

20 giugno 2018

È un vero e proprio scambio, quello cercato con il pubblico da Domenico Mennillo per il suo ultimo progetto espositivo a Palazzo Fondi, a Napoli, luogo già al centro di un progetto di valorizzazione in cui l’intero edificio viene reinterpretato come spazio dedicato alla cultura contemporanea. Scambio perché viene proposta una tipologia di relazione in cui la partecipazione fisica del pubblico nei confronti delle opere, insieme all’invito a giocare con i propri sentimenti e nostalgie, sono di fondamentale importanza. "Abrégè d’Historie Figurative” è stato dunque presentato nell’ambito della manifestazione del Napoli Teatro Festival - facendo risaltare questa declinazione performativa, per certi versi - e racchiude, in un unico spazio, i filoni di tre ampie ricerche estetiche affrontate dall’artista in diversi momenti della sua carriera, che diventano così una sintesi e un racconto di alcuni concetti chiave della cultura filosofica e figurativa dell’occidente, come suggeritoci anche dal titolo. Prima di entrare nel percorso espositivo, visitabile fino al 10 luglio, un tappeto di foglie steso sul pavimento immerso nell’oscurità accoglie il visitatore, costituendo così un’anticamera che ha il compito di separare il mondo esterno dal microcosmo immaginato dall’artista. Una volta entrati nella prima grande sala, ci si trova davanti alla materializzazione del concetto di Wunderkammer, espressione tedesca che indica la cosiddetta "camera delle meraviglie”, stanza dove i collezionisti privati conservavano ed esponevano tutti i loro oggetti più rari e preziosi che, grazie alla loro singolarità e al loro valore economico, diventavano motivo di vanto e rappresentazione di status sociale. Qui il concetto viene ripreso ma al contrario, perché l’artista vi ha raccolto oggetti per la maggior parte fatti di carta, detentori di una ricchezza spirituale più che economica, come vecchi quaderni, diari, raccolte di poesie, libri contabili e vecchie fotografie, appartenuti a persone sconosciute, vissute in un passato che viene custodito con forte consapevolezza e rispetto. Quest’attività di raccogliere e catalogare, contraddistingue ogni tipo di ricercatore, compresi quelli che operano nel campo dell’estetica e dell’arte e, per questo, anche negli ambienti successivi Mennillo ha selezionato una serie di macchinari desueti ma perfettamente funzionanti, con cui intende mostrare un’accumulazione di memorie/oggetto che hanno plasmato la cultura attuale del mondo occidentale al fine di costituire un "atlante di immagini” da lui considerato "atlante della fertilità”. Su questa linea, ha installato a parete una serie di immagini fotografiche di città identificate come capitali decadute: Napoli, Parigi e New York. Decadute perché non più capitali della cultura occidentale ma viste e accomunate poeticamente attraverso scatti che avvicinano quei luoghi anche dal punto di vista morfologico. Non sembrano troppo lontani i tramonti sul mare a Coney Island, a sud di Brooklyn, da quelli del litorale campano, e non sono troppo lontane culturalmente queste città dalla storia differente, perché unite da punti-chiave che sono propri di tutto il mondo occidentale di cui fanno parte. È questo mondo meraviglioso ma, allo stesso tempo, in decadenza che l’artista ci porta a conoscere e approfondire, accompagnandoci, come un moderno Virgilio, sulle vie della nostra stessa identità culturale. (Emanuele Castellano)

20 giugno 2018

‘I Cinque Continenti del Teatro’, presentazione libro

Mercoledì 27 giugno, ore 18:30, presso il NEST Napoli Est Teatro, si terrà la presentazione del volume ‘I Cinque Continenti del Teatro – Fatti e leggende della cultura materiale dell’attore’ di Eugenio Barba e Nicola Savarese. La serata si inscrive nel progetto Mente Collettiva – Masterclass per registi, drammaturghi, scenografi, dramaturg, diretta da Eugenio Barba, insieme a Lorenzo Gleijeses e Julia Varley – nell’ambito del Napoli Teatro Festival Italia 2018, ed è organizzata con il supporto della Casa del Contemporaneo di Napoli. Gli autori Eugenio Barba e Nicola Savarese racconteranno, con la proiezione di alcuni filmati, la gestazione ventennale di questo opus che è il secondo volume sull’antropologia teatrale, il primo è ‘L’arte segreta dell’attore’, e una storia del teatro eccentrica raccontata attraverso la storia transculturale delle tecniche dell’attore. Con loro interverranno, ad alimentare il dibattito, Alfonso Amendola professore associato di Sociologia degli audiovisivi sperimentali presso l’Università degli Studi di Salerno e Alex Giordano direttore scientifico Societing4.0 / Responsabile “Digitalizzazione e Impresa 4.0” Università Federico II di Napoli. L’opera Da dove vengo? Chi sono? Dove vado? Per rispondere a queste domande dobbiamo rivedere da un’altra prospettiva le innumerevoli forme, esperienze, reperti e misteri che la storia della nostra professione ci tramanda. È l’unico modo di costruirci una bussola personale per attraversare i cinque continenti del nostro mestiere: quando, dove, come, per chi e perché si fa teatro. Eugenio Barba I due autori de ‘L’arte segreta dell’attore’ completano la loro ricerca sui presupposti dello spettacolo indagando, in questo libro, le tecniche ausiliarie che, nella loro varietà e materialità, riguardano: le diverse circostanze e i tempi che generano gli spettacoli teatrali; gli aspetti economici e organizzativi; le informazioni da dare al pubblico; gli spazi dello spettacolo e quelli degli spettatori; l’illuminazione, l’acustica, la scenografia, il trucco, il costume e gli accessori; il rapporto che si stabilisce tra attore e spettatore; il modo di viaggiare degli attori e persino degli spettatori. Si tratta della cultura materiale dell’attore organizzata intorno alla doppia spirale di tecniche del corpo- mente e tecniche ausiliarie.

20 giugno 2018

Metro Art Tour ANM speciale Napoli Teatro Festival Italia. Appuntamento il 21 e 28 giugno (FERPRESS) – Napoli, 20 GIU – Due esclusivi percorsi di visita alle stazioni del’arte con Mise en scène: sono i nuovi Metro Art Tour realizzati dall’Azienda Napoletana Mobilità in collaborazione con il Napoli Teatro Festival Italia. Andranno in scena domani, giovedì 21 giugno e giovedì 28 giugno nelle stazioni di Toledo e Montecalvario. Gli inediti sorprendenti Metro Art Tour si snoderanno tra le opere d’arte di William Kentridge, Bob Wilson, Oliviero Toscani, Shirin Neshat e Francesco Clemente a partire dalle ore 17,30.

20 giugno 2018

Rivieccio e Morea: due giganti del teatro insieme per Calvino in “Fuoriscena” Carlo Alfaro

Fortunato Calvino, uno dei massimi maestri dell’arte drammaturgica italiana, porta in scena in prima nazionale... Fortunato Calvino, uno dei massimi maestri dell’arte drammaturgica italiana, porta in scena in prima nazionale al Teatro Nuovo di Napoli, mercoledi 20 alle 21,30 e giovedi 21 giugno alle 19, la attesissima commedia “Fuoriscena”, con due mostri sacri del teatro nazionale, Gino Rivieccio e Antonella Morea. Lo spettacolo, inserito nel cartellone del Napoli Teatro Festival 2018, vede l’incontro-scontro tra Gloria, una grande attrice che ora, sul viale del tramonto, vive col suo amato gatto Amleto tra ricordi e solitudine e Manuele, il suo vicino d’appartamento gay, che ospita in casa giovani effimeri amori a pagamento, verso il quale la donna nutre radicati preconcetti e innata diffidenza. A causa del gatto di Gloria, che si intrufola nell’appartamento del vicino, i due sono costretti a parlarsi e, a poco a poco, si abbassano le reciproche difese e pregiudizi per dare inizio a una conoscenza che li porta a capire che in comune hanno molto, soprattutto il peso di una solitudine che è il risultato di errori resi non più rimediabili dal tempo inesorabilmente passato e un misto di angoscia e malinconia che è denominatore comune di tanti anziani oggi. Gloria, che ha terrore di finire in ospizio, sconta il suo comportamento sprezzante e crudele quando era un’attrice famosa, Manuele l’emarginazione della sua condizione condannata dalla cultura omofobica imperante. La commedia, di taglio brillante ma con temi profondi, procede con ritmo incalzante con i due protagonisti che si scontrano come due pugili su un ring senza esclusione di colpi con frasi feroci, taglienti come coltelli, mirate apparentemente a distruggere l’avversario ma che in fondo ne svelano le intime fragilità. “Fuoriscena” finisce per diventare una riflessione sulla terza età, sulla paura della solitudine, sulla necessità di prendere coscienza che il proprio tempo è al termine, ma non termina certo la forte voglia, profondamente umana, di essere felici. Felicità che dovrà essere cercata in direzioni diverse dal passato, nell’amicizia disinteressata e nella solidarietà senza limiti d’età. La società attuale ha un problema con gli anziani, e Calvino, con la sua rara sensibilità che lo ha sempre reso un precursore, nella sua arte, dei temi che poi sarebbero esplosi (pensiamo solo alla camorra e all’usura col suo pluripremiato “Cravattari”) ne ha colto perfettamente il senso. In passato la figura dell’anziano godeva di un importante riconoscimento sociale e culturale in nome del suo patrimonio di conoscenza ed esperienza di vita, tanto che ai “grandi vecchi” venivano riservati i posti più elevati della scala sociale e politica, come il sommo sacerdote i cui consigli erano tenuti in massimo conto dal popolo. Invece, al giorno d’oggi, invecchiare è diventata la peggiore bestemmia che possa essere lanciata a un individuo, capace di relegarlo in una condizione di emarginazione e mal-sopportazione in quanto non più bello, attraente, produttivo, veloce, come oggi la società impone quali must di successo e accettazione sociale. Con spietato cinismo, l’anziano oggi sembra spesso conservare un suo valore nella famiglia solo fino a che è utile all’economia familiare, altrimenti il suo destino è approdare in una casa di riposo, come paventa la Gloria dell’amara commedia di Calvino. Casa di riposo percepita spesso dall’individuo come triste contenitore dove scontare i giorni fino alla fine. E allora, anche una commedia, col potente linguaggio universale delle emozioni, può diventare spunto per riflettere su una società che, apparentemente sempre più ricca di strumenti di comunicazione e inclusione, in realtà ci rende sempre più soli ed esclusi allorchè “fuori scena”, fuori dal ciclo della produttività e dal culto del benessere, dallo spietato circo dei nostri tempi senza amore. (Carlo Alfaro) 20 giugno 2018

Teatro, “L’attore è un atleta del cuore”: focus sulla figura di Antonin Artaud

All’interno del “Napoli Teatro Festival 2018” al Piccolo Bellini Michele Monetta propone il workshop intensivo, Nalpas: L’attore è un atleta del cuore, per attori, cantanti, danzatori, atleti, registi, coreografi e performer tout-court, totalmente dedicato al teatro della crudeltà e alla figura di Antonin Artaud (1896-1948), nel 70° anniversario della sua scomparsa. Il laboratorio condotto da Michele Monetta, con Lina Salvatore e Giuseppe Rocca, iniziato il 14 giugno si concluderà domenica 24, con una prova aperta al Piccolo Bellini. Il Novecento è stato contrassegnato dal pensiero e dal lavoro di Artaud, l’autore de, “Il Teatro e il suo doppio”, una delle più grandi personalità della scena moderna e contemporanea che maggiormente contribuì a cambiare il modo di pensare e fare oggi il teatro, non senza incorrere in qualche vuota deriva performativa dovuta ad approssimative interpretazioni del concetto di Teatro della Crudeltà. Poeta autentico ed estremo, sovente più grande e lungimirante delle sue stesse realizzazioni, Antonin Artaud perse, in vita, tutte le sue battaglie per poi, paradossalmente, vincere la guerra ed influenzare il pensiero e la cultura tutta del suo secolo. Da oltre 70 anni non si può prescindere da lui, non possono il Living Theatre, Carmelo Bene, la Body Art, la Danza Buto, l’Antipsichiatria, Valère Novarina. Eppure è ancora al centro del teatro anche in questo nuovo millennio. La battaglia contro il significato della parola fu un elemento costante nel suo pensiero. L’anatema contro la parola ne è l’esempio più che evidente, Artaud avversò strenuamente la parola appiattita sul significato e assoggettata alla mera funzione comunicativa. Nalpas fu il cognome che egli usò per firmarsi durante l’internamento in manicomio, era il cognome della nonna materna di origine turco greca. Il laboratorio prevede esercizi di euritmia; coordinazione braccia gambe; respirazione e movimento (Feldenkrais); corpo e spazio; elementi di biomeccanica (Mejerchol’d); lettura e interpretazione di glossolalìe scritte da Artaud e vocalità; il Teatro della Crudeltà (manifesti); lettere dal manicomio di Rodez; danze sacre e movimento ritmico (Dalcroze, Gurdjieff); forme e figure dal Mime Corporel di Decroux; il sistema ternario da Barrault-Artaud; montaggio di azione e concetto artaudiano di “poesia nello spazio”; anteprima in forma di conferenza della bozza della nuova traduzione de Il Teatro e il suo doppio. www.icraproject.it

20 giugno 2018

A teatro Ferrante, Proietti, Baricco

(ANSA) - ROMA, 20 GIU - La ''Salomè'' di Oscar Wilde ad aprire il Pompeii Theatrum Mundi, con la regia di Luca De Fusco e un cast all star con Eros Pagni, Gaia Aprea, Anita Bartolucci e Giacinto Palmarini; lo Shakespeare hollywoodiano di ''Molto rumore per nulla'' con le musiche di Erich Wolfgang Korngold, la Filarmonica Toscanini e la regia di Walter Le Moli, a Parma. E ancora, la ''Storia di un'amicizia'' dal best seller ''L'amica geniale'' di Elena Ferrante per Fanny e Alexander e ''Sei'' da Pirandello per Francesco Sframeli e Spiro Scimone, tutti al Napoli Teatro Festival Italia; il ritorno di Gigi Proietti e i suoi intramontabili ''Cavalli di battaglia'' al Roma Summer Fest; Alessandro Baricco con Valeria Solarino tra Cittareale e Amatrice (RI) per ''Palamede / Iliade - Le grandi narrazioni''; fino al ''Frankenstein'' con Cristina Donadio, Silvia Gallerano, Manuela Mandracchia, Laura Mazzi e Maya Sansa alla V Festa di Teatro Eco Logico di Stromboli (ME): sono alcuni degli spettacoli teatrali in scena nel prossimo week end

20 giugno 2018

“Una rosa è una rosa ma le sue spine possono ferire” 20 giugno 2018 Alfredo Di Costanzo

Un unico palcoscenico da Muggia (Trieste) a Napoli per Rose is a rose is a rose is a rose, diretto da Tommaso Tuzzoli. Lo spettacolo, scritto da Ivana Sajko, è prodotto Golden Show e vede protagonistaSabrina Jorio, andrà in scena sabato 23 giugno, alle ore 21.00, e domenica 24 giugno, alle ore 21.00, alTeatro Giuseppe Verdi a Muggia e domenica 30 giugno, alle ore 21:30, al Cortile delle Carrozze di Palazzo Reale per il Napoli Teatro Festival Italia 2018, per la sezione Osservatorio,

Il regista napoletano Tommaso Tuzzoli è il presidente dell’associazione Tinaos che organizza Muggia Teatro, sezione italiana del Festival Estivo del Litorale.

Tuzzoli presenterà, sempre in veste di regia, in prima nazionale al Muggia Teatro Mercoledì 11 luglio, alle ore 11.00 per Ricremattina e alle ore 21:00, al Teatro Giuseppe Verdi Ahmed il filosofo di Alain Badiou, prodotto da Tinaos in collaborazione con Associazione Assoli, Valli del Natisone – Through Landscape ʼ17.

20 giugno 2018

“Rose is rose” in scena a Muggia Teatro e al Napoli Teatro Festival

“Una rosa è una rosa ma le sue spine possono ferire” Rose is a rose is a rose is a rose, da Trieste in giù. Un unico palcoscenico da Muggia (Trieste) a Napoli per Rose is a rose is a rose is a rose, diretto da Tommaso Tuzzoli. Lo spettacolo, scritto da Ivana Sajko, è prodotto Golden Show e vede protagonista Sabrina Jorio, andrà in scena sabato 23 giugno, alle ore 21.00, e domenica 24 giugno, alle ore 21.00, al Teatro Giuseppe Verdi a Muggia e domenica 30 giugno, alle ore 21:30, al Cortile delle Carrozze di Palazzo Reale per il Napoli Teatro Festival Italia 2018, per la sezione Osservatorio, Il regista napoletano Tommaso Tuzzoli è il presidente dell’associazione Tinaos che organizza Muggia Teatro, sezione italiana del Festival Estivo del Litorale.Tuzzoli presenterà, sempre in veste di regia, in prima nazionale al Muggia Teatro Mercoledì 11 luglio, alle ore 11.00 per Ricremattina e alle ore 21:00, al Teatro Giuseppe Verdi Ahmed il filosofo di Alain Badiou, prodotto da Tinaos in collaborazione con Associazione Assoli, Valli del Natisone – Through Landscape ʼ17.

Sinossi Un incontro tra un uomo ed una donna una notte in discoteca. Il loro ritorno a casa attraverso la città in una notte di guerra. Un autobus che brucia con passeggeri ignari, la loro fuga dal pericolo. L’arrivo a casa di lui. L’amore tra i due e un risveglio che ha il sapore dell’abbandono.

Note di regia Un vortice di parole che danza su di un motivo d’amore. Un vortice di parole che frammenta il ricordo per ricostruirlo solo alla fine lentamente. Un vortice di parole che dà vita ad un testo confessione ad un testo affermazione della propria esistenza. Rose is a rose is a rose is a rose di Ivana Sajko, giovane autrice croata, è un testo che abbiamo voluto tradurre e presentare per la prima volta in Italia, affascinati da una scrittura densa fatta di luce e buio, di corpo e anima, di violenza e ironia. Una scrittura veloce che toglie il respiro e togliendolo ne chiede un altro più profondo, più consapevole, frasi che come orli taglienti lasciano cicatrici sui corpi, nella mente, nelle emozioni. Una storia d’amore che prende vita sulle macerie di una guerra inattesa. Una notte d’amore che si trasforma in un miracolo inaspettato, in una fuga dal dolore, in un incastro tra corpi, in una mattina dove la luce apre le porte all’abbandono. Una storia che chiede di essere ricucita pian piano. Il ricordo di chi narra è fatto di piccoli indizi, di ripetizioni ossessive. Il ricordo diviene l’ostacolo. Il ricordo vuol essere cullato, vuol riaffiorare un po’ alla volta e l’unico modo per ricostruirlo è la scrittura. Il personaggio/autrice narra i fatti ed esorcizza gli avvenimenti attraverso l’atto della scrittura tramutando la parola in una partitura a più voci.Sogno ad occhi aperti, allucinazioni fatte di voci che affollano una memoria e che chiedono di essere ascoltate. Una rosa è una rosa ma le sue spine possono ferire.

Tommaso Tuzzoli

20 giugno 2018

Convenzione con Napoli Teatro festival 2018 per i nostri soci L’Associazione ex allievi dell’Istituto italiano per gli studi storici si propone, fin dalla sua costituzione, di unire memoria, testimonianza, formazione e incontro: incontro tra gli ex allievi dell’Istituto e incontro con le forme di dialogo e cultura che arricchiscono la nostra realtà. In questo spirito essa si è fatta promotrice, per l’estate 2018, di una iniziativa che speriamo possa incontrare il Suo apprezzamento. E’ stata attivata una convenzione con la Fondazione Campania dei Festival. Dal ricco programma del Napoli Teatro Festival 2018 sono stati selezionati tre spettacoli distribuiti su 6 giorni. Per ciascun appuntamento abbiamo a disposizione dei biglietti gratuiti destinati ai soci che ne vogliano fare richiesta. Gli spettacoli disponibili sono i seguenti: Storia di un’amicizia – 22, 23 giugno 2018 – Teatro Politeama Diario di un pazzo – 1, 2 luglio 2018 – Galleria Toledo Who is the king? – 9, 10 luglio 2018 – Galleria Toledo

20 giugno 2018

Teatro: a Trieste ed a Napoli "Rose is a rose is a rose is a rose"

Un unico palcoscenico da Muggia (Trieste) a Napoli per Rose is a rose is a rose is a rose, diretto da Tommaso Tuzzoli. Lo spettacolo, scritto da Ivana Sajko, è prodotto Golden Show e vede protagonista Sabrina Jorio, andrà in scena sabato 23 giugno, alle ore 21.00, e domenica 24 giugno, alle ore 21.00, al Teatro Giuseppe Verdi a Muggia e domenica 30 giugno, alle ore 21:30, al Cortile delle Carrozze di Palazzo Reale per il Napoli Teatro Festival Italia 2018, per la sezione Osservatorio, Il regista napoletano Tommaso Tuzzoli è il presidente dell'associazione Tinaos che organizza Muggia Teatro, sezione italiana del Festival Estivo del Litorale.

Tuzzoli presenterà, sempre in veste di regia, in prima nazionale al Muggia Teatro Mercoledì 11 luglio, alle ore 11.00 per Ricremattina e alle ore 21:00, al Teatro Giuseppe Verdi Ahmed il filosofo di Alain Badiou, prodotto da Tinaos in collaborazione con Associazione Assoli, Valli del Natisone – Through Landscape ʼ17.

Sinossi Un incontro tra un uomo ed una donna una notte in discoteca. Il loro ritorno a casa attraverso la città in una notte di guerra. Un autobus che brucia con passeggeri ignari, la loro fuga dal pericolo. L’arrivo a casa di lui. L’amore tra i due e un risveglio che ha il sapore dell’abbandono.

Note di regia Un vortice di parole che danza su di un motivo d’amore. Un vortice di parole che frammenta il ricordo per ricostruirlo solo alla fine lentamente. Un vortice di parole che dà vita ad un testo confessione ad un testo affermazione della propria esistenza. Rose is a rose is a rose is a rose di Ivana Sajko, giovane autrice croata, è un testo che abbiamo voluto tradurre e presentare per la prima volta in Italia, affascinati da una scrittura densa fatta di luce e buio, di corpo e anima, di violenza e ironia. Una scrittura veloce che toglie il respiro e togliendolo ne chiede un altro più profondo, più consapevole, frasi che come orli taglienti lasciano cicatrici sui corpi, nella mente, nelle emozioni. Una storia d’amore che prende vita sulle macerie di una guerra inattesa. Una notte d’amore che si trasforma in un miracolo inaspettato, in una fuga dal dolore, in un incastro tra corpi, in una mattina dove la luce apre le porte all’abbandono. Una storia che chiede di essere ricucita pian piano. Il ricordo di chi narra è fatto di piccoli indizi, di ripetizioni ossessive. Il ricordo diviene l’ostacolo. Il ricordo vuol essere cullato, vuol riaffiorare un po’ alla volta e l’unico modo per ricostruirlo è la scrittura. Il personaggio/autrice narra i fatti ed esorcizza gli avvenimenti attraverso l’atto della scrittura tramutando la parola in una partitura a più voci. Sogno ad occhi aperti, allucinazioni fatte di voci che affollano una memoria e che chiedono di essere ascoltate. Una rosa è una rosa ma le sue spine possono ferire. Tommaso Tuzzoli

Rose is a rose is a rose is a rose, da Trieste in giù. Tommaso Tuzzoli, regista partenopeo, con Rose is a rose is a rose is a rose al Muggia Teatro e al Napoli Teatro Festival Italia 2018 23, 24 e 30 giugno

20 giugno 2018

A teatro Ferrante, Proietti, Baricco

(ANSA) - ROMA, 20 GIU - La ''Salomè'' di Oscar Wilde ad aprire il Pompeii Theatrum Mundi, con la regia di Luca De Fusco e un cast all star con Eros Pagni, Gaia Aprea, Anita Bartolucci e Giacinto Palmarini; lo Shakespeare hollywoodiano di ''Molto rumore per nulla'' con le musiche di Erich Wolfgang Korngold, la Filarmonica Toscanini e la regia di Walter Le Moli, a Parma. E ancora, la ''Storia di un'amicizia'' dal best seller ''L'amica geniale'' di Elena Ferrante per Fanny e Alexander e ''Sei'' da Pirandello per Francesco Sframeli e Spiro Scimone, tutti al Napoli Teatro Festival Italia; il ritorno di Gigi Proietti e i suoi intramontabili ''Cavalli di battaglia'' al Roma Summer Fest; Alessandro Baricco con Valeria Solarino tra Cittareale e Amatrice (RI) per ''Palamede / Iliade - Le grandi narrazioni''; fino al ''Frankenstein'' con Cristina Donadio, Silvia Gallerano, Manuela Mandracchia, Laura Mazzi e Maya Sansa alla V Festa di Teatro Eco Logico di Stromboli (ME): sono alcuni degli spettacoli teatrali in scena nel prossimo week end 20 giugno 2018

A teatro Ferrante, Proietti, Baricco

ROMA, 20 GIU - La ''Salomè'' di Oscar Wilde ad aprire il Pompeii Theatrum Mundi, con la regia di Luca De Fusco e un cast all star con Eros Pagni, Gaia Aprea, Anita Bartolucci e Giacinto Palmarini; lo Shakespeare hollywoodiano di ''Molto rumore per nulla'' con le musiche di Erich Wolfgang Korngold, la Filarmonica Toscanini e la regia di Walter Le Moli, a Parma. E ancora, la ''Storia di un'amicizia'' dal best seller ''L'amica geniale'' di Elena Ferrante per Fanny e Alexander e ''Sei'' da Pirandello per Francesco Sframeli e Spiro Scimone, tutti al Napoli Teatro Festival Italia; il ritorno di Gigi Proietti e i suoi intramontabili ''Cavalli di battaglia'' al Roma Summer Fest; Alessandro Baricco con Valeria Solarino tra Cittareale e Amatrice (RI) per ''Palamede / Iliade - Le grandi narrazioni''; fino al ''Frankenstein'' con Cristina Donadio, Silvia Gallerano, Manuela Mandracchia, Laura Mazzi e Maya Sansa alla V Festa di Teatro Eco Logico di Stromboli (ME): sono alcuni degli spettacoli teatrali in scena nel prossimo week end 20 giugno 2018

Da Trieste a Napoli un unico palcoscenico per “Rose is a rose is a rose is a rose”

Un unico palcoscenico da Muggia (Trieste) a Napoli per Rose is a rose is a rose is a rose, diretto da Tommaso Tuzzoli. Lo spettacolo, scritto da Ivana Sajko, è prodotto Golden Show e vede protagonista Sabrina Jorio, andrà in scena sabato 23 giugno, alle ore 21.00, e domenica 24 giugno, alle ore 21.00, al Teatro Giuseppe Verdi a Muggia e domenica 30 giugno, alle ore 21:30, al Cortile delle Carrozze di Palazzo Reale per il Napoli Teatro Festival Italia 2018, per la sezione Osservatorio, Il regista napoletano Tommaso Tuzzoli è il presidente dell’associazione Tinaos che organizza Muggia Teatro, sezione italiana del Festival Estivo del Litorale. Tuzzoli presenterà, sempre in veste di regia, in prima nazionale al Muggia Teatro Mercoledì 11 luglio, alle ore 11.00 per Ricremattina e alle ore 21:00, al Teatro Giuseppe Verdi Ahmed il filosofo di Alain Badiou, prodotto da Tinaos in collaborazione con Associazione Assoli, Valli del Natisone – Through Landscape ʼ17. Sinossi Un incontro tra un uomo ed una donna una notte in discoteca. Il loro ritorno a casa attraverso la città in una notte di guerra. Un autobus che brucia con passeggeri ignari, la loro fuga dal pericolo. L’arrivo a casa di lui. L’amore tra i due e un risveglio che ha il sapore dell’abbandono. Note di regia Un vortice di parole che danza su di un motivo d’amore. Un vortice di parole che frammenta il ricordo per ricostruirlo solo alla fine lentamente. Un vortice di parole che dà vita ad un testo confessione ad un testo affermazione della propria esistenza. Rose is a rose is a rose is a rose di Ivana Sajko, giovane autrice croata, è un testo che abbiamo voluto tradurre e presentare per la prima volta in Italia, affascinati da una scrittura densa fatta di luce e buio, di corpo e anima, di violenza e ironia. Una scrittura veloce che toglie il respiro e togliendolo ne chiede un altro più profondo, più consapevole, frasi che come orli taglienti lasciano cicatrici sui corpi, nella mente, nelle emozioni. Una storia d’amore che prende vita sulle macerie di una guerra inattesa. Una notte d’amore che si trasforma in un miracolo inaspettato, in una fuga dal dolore, in un incastro tra corpi, in una mattina dove la luce apre le porte all’abbandono. Una storia che chiede di essere ricucita pian piano. Il ricordo di chi narra è fatto di piccoli indizi, di ripetizioni ossessive. Il ricordo diviene l’ostacolo. Il ricordo vuol essere cullato, vuol riaffiorare un po’ alla volta e l’unico modo per ricostruirlo è la scrittura. Il personaggio/autrice narra i fatti ed esorcizza gli avvenimenti attraverso l’atto della scrittura tramutando la parola in una partitura a più voci. Sogno ad occhi aperti, allucinazioni fatte di voci che affollano una memoria e che chiedono di essere ascoltate. Una rosa è una rosa ma le sue spine possono ferire.

20 giugno 2018

TEATRO DIANA: "La Voix Humaine": una telefonata senza telefono

Tratta da “La Voix Humaine”di Jean Cocteau, la tragédie lyrique omonima, composta da Francis Poulencsu libretto dello stesso Cocteau, è andata in scena con i sopratitoli in italiano, al Teatro Diana per il Napoli Teatro Festival Italia. L'atto unico - scritto nel 1958 e messo in scena per la prima volta il 6 febbraio 1959 dal soprano Denise Duval diretta da Georges Prêtre alla salleF avart del Théâtre national de l'Opéra-Comique di Parigi - viene proposto in versione cameristica per pianoforte e voce nella rilettura firmata da Riccardo Canessa. All’apertura del sipario la protagonistaappare a terra, curva su se stessa, ripiegata nel suo dolore, il corpo avvolto in un lunghissimo abito rosa pallido in tinta col foulard dai bordi malva che le benda gli occhi. Lo spettatore che mai conoscerà il suo nome, non la vedrà in volto se non quando, in un momento di esaltazione, ella affermerà di vedere il suo ex amante che è all’altro capo del telefono. In quest’epoca in cui anche i frequentatori del teatro sembrano avere enormi difficoltà a separarsi dal proprio cellulare per la breve durata di uno spettacolo – La Vox Humaine dura 50 minuti, eppure quanti telefonini accesi! - Riccardo Canessa mette in scena la storia di una telefonata senza porre un telefono tra le mani della protagonista se non negli ultimi minuti. E la scelta registica è condivisibile perché consente movimenti scenici che la rappresentazione didascalica avrebbe impedito. Meno convincente quello che definisce il “gioco di sessualità confusa da visioni oniriche” che vuole essere probabilmente un riferimento all’omosessualità di Poulenc ma che invece non sembra attinente ai temi de “La Vox Humaine”. Il soprano Leona Peleskova offre una buona prestazione vocale purtroppo non altrettanto efficace dal punto di vista interpretativo. Impeccabile invece la prova di Monica Leone al pianoforte.

Valeria Rubinacci

20 giugno 2018

NALPAS: L'ATTORE È UN ATLETA DEL CUORE

Il laboratorio condotto da Michele Monetta, con Lina Salvatore e Giuseppe Rocca, iniziato il 14 giugno si concluderà domenica 24, con una prova aperta al Piccolo Bellini. Il Novecento è stato contrassegnato dal pensiero e dal lavoro di Artaud, l’autore de, “Il Teatro e il suo doppio”, una delle più grandi personalità della scena moderna e contemporanea che maggiormente contribuì a cambiare il modo di pensare e fare oggi il teatro, non senza incorrere in qualche vuota deriva performativa dovuta ad approssimative interpretazioni del concetto di Teatro della Crudeltà. Poeta autentico ed estremo, sovente più grande e lungimirante delle sue stesse realizzazioni, Antonin Artaud perse, in vita, tutte le sue battaglie per poi, paradossalmente, vincere la guerra ed influenzare il pensiero e la cultura tutta del suo secolo. Da oltre 70 anni non si può prescindere da lui, non possono il Living Theatre, Carmelo Bene, la Body Art, la Danza Buto, l’Antipsichiatria, Valère Novarina. Eppure è ancora al centro del teatro anche in questo nuovo millennio. La battaglia contro il significato della parola fu un elemento costante nel suo pensiero. L’anatema contro la parola ne è l’esempio più che evidente, Artaud avversò strenuamente la parola appiattita sul significato e assoggettata alla mera funzione comunicativa. Nalpas fu il cognome che egli usò per firmarsi durante l’internamento in manicomio, era il cognome della nonna materna di origine turco greca. Il laboratorio prevede esercizi di euritmia; coordinazione braccia gambe; respirazione e movimento (Feldenkrais); corpo e spazio; elementi di biomeccanica (Mejerchol’d); lettura e interpretazione di glossolalìe scritte da Artaud e vocalità; il Teatro della Crudeltà (manifesti); lettere dal manicomio di Rodez; danze sacre e movimento ritmico (Dalcroze, Gurdjieff); forme e figure dal Mime Corporel di Decroux; il sistema ternario da Barrault-Artaud; montaggio di azione e concetto artaudiano di “poesia nello spazio”; anteprima in forma di conferenza della bozza della nuova traduzione de Il Teatro e il suo doppio. 20 giugno 2018

A TEATRO FERRANTE,

PROIETTI, BARICCO

ROMA, 20 GIU - La ''Salomè'' di Oscar Wilde ad aprire il Pompeii Theatrum Mundi, con la regia di Luca De Fusco e un cast all star con Eros Pagni, Gaia Aprea, Anita Bartolucci e Giacinto Palmarini; lo Shakespeare hollywoodiano di ''Molto rumore per nulla'' con le musiche di Erich Wolfgang Korngold, la Filarmonica Toscanini e la regia di Walter Le Moli, a Parma. E ancora, la ''Storia di un'amicizia'' dal best seller ''L'amica geniale'' di Elena Ferrante per Fanny e Alexander e ''Sei'' da Pirandello per Francesco Sframeli e Spiro Scimone, tutti al Napoli Teatro Festival Italia; il ritorno di Gigi Proietti e i suoi intramontabili ''Cavalli di battaglia'' al Roma Summer Fest; Alessandro Baricco con Valeria Solarino tra Cittareale e Amatrice (RI) per ''Palamede / Iliade - Le grandi narrazioni''; fino al ''Frankenstein'' con Cristina Donadio, Silvia Gallerano, Manuela Mandracchia, Laura Mazzi e Maya Sansa alla V Festa di Teatro Eco Logico di Stromboli (ME): sono alcuni degli spettacoli teatrali in scena nel prossimo week end

20 giugno 2018

La voce umana Maresa Galli Al Teatro Diana di Napoli, per il Napoli Teatro Festival Italia, in scena “La voix humaine”, tragedia lirica in un atto di Francis Poulenc, dal testo di Jean Cocteau; interpreti il soprano Leona Peleskova e la pianista Monica Leone. Firma la regia Riccardo Canessa. Francis Poulenc musicò “La voix humaine” di Cocteau nel ’58. La pièce andò in scena per la prima volta nel ‘59 nell’interpretazione del soprano Denise Duval con l’orchestra diretta da Georges Prêtre al Théâtre National de l’Opéra-Comique di Parigi. La rilettura di Canessa sottolinea il dramma dell’abbandono grazie al monologo puro. Indimenticabile la straordinaria interpretazione che ne diede Anna Magnani nel ‘48 in un episodio del film “Amore” di Roberto Rossellini. Cocteau rimase colpito dal lavoro di Poulenc tanto da dirgli: “mio caro Francis, hai fissato una volta per tutte il modo di rendere i miei testi”. Opera per grandi cantanti/attrici, in Italia è stata interpretata da Magda Olivero, Virginia Zeani e Renata Scotto: al Regio la protagonista è stata Anna Caterina Antonacci. Nella pièce il dialogo solitario di Elle, al telefono, è continuamente interrotto e ripreso perché né lei né l’amante riescono a pronunciare la parola fine. Si sente solo la voce della donna, e la presenza dell’uomo è immaginata, evocata : “un’opera psicologica che mi ha aperto un sacco di finestre”, come disse Emma Dante che ha curato una regia della pièce. Brevi frasi e tanti “ti amo” conducono ad un crescendo drammatico. Elegante, intensa l’interpretazione di Leona Peleskova, anche brava attrice in un ruolo non facile, tutto basato su sensibilità interpretativa e chiaroscuri, sulla capacità di immedesimarsi nello stato d’animo di una donna distrutta per aver perso l’uomo che ama, fino a tentare il suicidio. La versione cameristica per pianoforte e voce sottolinea l’elemento drammaturgico originario. La musica, brillantemente raccontata da Monica Leone, è un flusso continuo per un crescendo emozionale sostenuto dal ritmo del canto. Il declamato, il trillo del telefono, i canti parlati, gli abbandoni lirici, le mezze tinte, le pause: tutto esalta la voce. Scrisse Poulenc per l’interpretazione musicale: “Spetta all’interprete stabilire le lunghezze effettive delle pause, assai importanti in questa partitura. Il direttore d’orchestra dovrà prendere le sue decisioni in merito, anticipatamente, assieme alla cantante. Tutti i passaggi senza accompagnamento sono in un tempo assai libero, in funzione della messa in scena. Bisogna passare repentinamente dall’angoscia alla calma e viceversa. L’intera composizione deve sprofondare nella più grande sensualità orchestrale”. Qui pianoforte e voce esaltano realmente la Parola. Lo spettacolo si avvale dei costumi di Concetta Nappi e delle luci di Rosario Martucci.

20 giugno 2018

Fortunato Calvino, uno dei massimi maestri dell’arte drammaturgica italiana, porta in scena in prima nazionale al Teatro Nuovo di Napoli, mercoledi 20 alle 21,30 e giovedi 21 giugno alle 19, la attesissima commedia “Fuoriscena”, con due mostri sacri del teatro nazionale, Gino Rivieccio e Antonella Morea. Lo spettacolo, inserito nel cartellone del Napoli Teatro Festival 2018, vede l’incontro-scontro tra Gloria, una grande attrice che ora, sul viale del tramonto, vive col suo amato gatto Amleto tra ricordi e solitudine e Manuele, il suo vicino d’appartamento gay, che ospita in casa giovani effimeri amori a pagamento, verso il quale la donna nutre radicati preconcetti e innata diffidenza. A causa del gatto di Gloria, che si intrufola nell’appartamento del vicino, i due sono costretti a parlarsi e, a poco a poco, si abbassano le reciproche difese e pregiudizi per dare inizio a una conoscenza che li porta a capire che in comune hanno molto, soprattutto il peso di una solitudine che è il risultato di errori resi non più rimediabili dal tempo inesorabilmente passato e un misto di angoscia e malinconia che è denominatore comune di tanti anziani oggi. Gloria, che ha terrore di finire in ospizio, sconta il suo comportamento sprezzante e crudele quando era un’attrice famosa, Manuele l’emarginazione della sua condizione condannata dalla cultura omofobica imperante. La commedia, di taglio brillante ma con temi profondi, procede con ritmo incalzante con i due protagonisti che si scontrano come due pugili su un ring senza esclusione di colpi con frasi feroci, taglienti come coltelli, mirate apparentemente a distruggere l’avversario ma che in fondo ne svelano le intime fragilità. “Fuoriscena” finisce per diventare una riflessione sulla terza età, sulla paura della solitudine, sulla necessità di prendere coscienza che il proprio tempo è al termine, ma non termina certo la forte voglia, profondamente umana, di essere felici. Felicità che dovrà essere cercata in direzioni diverse dal passato, nell’amicizia disinteressata e nella solidarietà senza limiti d’età. La società attuale ha un problema con gli anziani, e Calvino, con la sua rara sensibilità che lo ha sempre reso un precursore, nella sua arte, dei temi che poi sarebbero esplosi (pensiamo solo alla camorra e all’usura col suo pluripremiato “Cravattari”) ne ha colto perfettamente il senso. In passato la figura dell’anziano godeva di un importante riconoscimento sociale e culturale in nome del suo patrimonio di conoscenza ed esperienza di vita, tanto che ai “grandi vecchi” venivano riservati i posti più elevati della scala sociale e politica, come il sommo sacerdote i cui consigli erano tenuti in massimo conto dal popolo. Invece, al giorno d’oggi, invecchiare è diventata la peggiore bestemmia che possa essere lanciata a un individuo, capace di relegarlo in una condizione di emarginazione e mal-sopportazione in quanto non più bello, attraente, produttivo, veloce, come oggi la società impone quali must di successo e accettazione sociale. Con spietato cinismo, l’anziano oggi sembra spesso conservare un suo valore nella famiglia solo fino a che è utile all’economia familiare, altrimenti il suo destino è approdare in una casa di riposo, come paventa la Gloria dell’amara commedia di Calvino. Casa di riposo percepita spesso dall’individuo come triste contenitore dove scontare i giorni fino alla fine. E allora, anche una commedia, col potente linguaggio universale delle emozioni, può diventare spunto per riflettere su una società che, apparentemente sempre più ricca di strumenti di comunicazione e inclusione, in realtà ci rende sempre più soli ed esclusi allorchè “fuori scena”, fuori dal ciclo della produttività e dal culto del benessere, dallo spietato circo dei nostri tempi senza amore. (Carlo Alfaro) 20 giugno 2018

Napoli Teatro Festival, in scena “Edoardo II” di Christopher Marlowe

In coerenza con il percorso, inaugurato circa dieci anni fa, di studio e allestimento del teatro elisabettiano, Laura Angiulli sceglie per questa edizione del Napoli Teatro Festival di portare in scena “Edoardo II” di Cristopher Marlowe. Si pensa a un progetto strutturato su un duplice versante narrativo, per così dire modulare, che in un caso guarda alla rappresentazione dei vari segmenti dell’opera – da quelli guerreschi a quelli più stridenti di una corte in fermento e di un privato portato in piazza – in un altro verso alla più concisa, ma non meno pregnante raffigurazione del dramma, ridefinito intorno a luoghi emozionali di dolorosa intimità (molteplici, e assolutamente non banali), non più idonei alla rappresentazione di strada, ma allo spazio silenzioso del teatro, dove il rito ha occasione di celebrarsi.

Entrambi gli ambiti rappresentativi, opportunamente condotti a corpo unico, daranno luogo a un evento tanto inconsueto quanto affascinante per un pubblico ampio, anche turistico. Edoardo II è figura di straordinaria densità poetica; trasgressivo e irridente alle istanze impostegli dal ruolo regale che gli compete; mette in gioco il trono e la vita nella rivendicazione di una libertà che ostinatamente ritiene gli tocchi nel diritto e nella dignità dell’uomo.

Ma ci si chiede – e qui è il cuore della deflagrazione drammatica – è consentito a chi tiene nelle mani le sorti di un popolo e l’equilibrio delle componenti sociali, è consentito a un re nella sua propria configurazione di entità politica, porre al centro la priorità delle personali aspirazioni contro il bene comune? Naturalmente per Edoardo II la risposta al quesito è nell’epilogo luttuoso, tanto eloquente quanto straziante.

20 giugno 2018 Nei prossimi giorni a teatro…

Gli spettacoli in scena in Campania fino al 24 giugno. di Irene Bonadies

Un’antologia fatta qui Di e con: Caterina Pontrandolfo e al pianoforte Mariano Bellopede Quando: 20 Giugno Luogo: Villa Pignatelli (Napoli) Orario: ore 19:00 Note: Caterina Pontrandolfo sa usare la voce per dare vita a una mescola di passato e presente, confrontandosi con personalità femminili come Amalia Rodrigues, Um Kaltum e Concetta Barra, tra le altre. Ne nasce un viaggio che conduce a le vie dei canti. Info e prenotazioni: Casa del Festival – Palazzo Reale, Piazza del Plebiscito 1 – Tutti i giorni 10.00 | 19.00 – [email protected]

Sotto il Vesuvio niente un progetto di: Peppe Lanzetta e Pasquale De Cristofaro Testi: Peppe Lanzetta Drammaturgia, scene e regia: Pasquale De Cristofaro Quando: 20 Giugno Luogo: Galleria Toledo Orario: ore 20:00 Interpreti: Romolo Bianco, Antonello De Rosa, Rosanna Di Palma, Alfonso Liguori, Maria Scorza, Luca Trezza Note: «All’alba di un giorno che verrà, dal cratere usciranno fiori e canzoni, ginestre e mandolini rotti, anime in pena e figli di un nuovo mondo che chiedono “un posto al sole”, Napoli si scopre orfana dello “Sterminator vesevo” e deve fare i conti con quello che rimane. Muezzin arabonapoletani, girovaghi e gitani venuti da terre lontane mischiano i loro corpi e i loro odori con quello che resta della tradizione napoletana, fra cascami e cenere rinsecchita usciti come un Underworld di Don DeLillo, lacrime napulitane cantate all’incontrario, sceneggiate post-moderne e rap dell’ultima ora singhiozzano sui litorali anneriti fra Torre del Greco e Torre Annunziata… Da lontano si leva alto il sole… In un caffè-cabaret notturno, “agli orli della vita”, tra suoni vivianei e urla mute, tra atmosfere alla Fassbinder e un Patroni Griffi d’annata, un’umanità disgraziata prova a fare i conti con se stessa e il mondo taroccato che le gira intorno. Fuori da questo limbo di “felici pochi”, i giganti, sempre pronti a distruggere ciò che è poesia, incombono minacciosi. Non c’è più tempo ed è necessario far presto. Uomini, donne, femminielli, trans e giovani sono qui in cerca del gusto della vita, una vita post-datata, una vita violenta, una vita… da vivere fino in fondo». Info e prenotazioni: Casa del Festival – Palazzo Reale, Piazza del Plebiscito 1 – Tutti i giorni 10.00 | 19.00 – [email protected]

Fuoriscena Di: Fortunato Calvino Quando: 20 e 21 Giugno Luogo: Teatro Nuovo Orario: 20 ore 21:30, 21 ore 19:00 Interpreti: Gino Rivieccio, Antonella Morea Regia: Fortunato Calvino Note: Gilda è stata una grande attrice ora vive di ricordi come la protagonista del film “Viale del tramonto”, Norma Desmond. Vive sola con il suo amato gatto “Amleto”, che s’intrufola un pomeriggio nell’appartamento del suo vicino gay. Gilda detesta il suo vicino, perchè gay, e grazie al gatto i due saranno costretti a parlarsi per venire subito alla conclusione che la pensano diversamente. Eppure gli eventi, gli accadimenti della vita lì porteranno a conoscersi a capire che in comune hanno molto e che Gilda un giorno potrà contare su questo uomo che si porta a casa giovani marchettari. Gilda oggi vive da sola, sconta con la solitudine il suo essere stato quando era “un’attrice famosa”, una perfida che abusava del suo ruolo per sottomettere tutti. Ha una paura; è terrorizzata che un giorno finirà in un ospizio. Il solo pensiero di questa misera fine la porta a recuperare nel tempo il rapporto con il suo vicino di casa Manuele. “Fuoriscena” di Fortunato Calvino, è una commedia dal ritmo incalzante e brillante dove i due protagonisti , si scontrano come due pugili su un ring dandosene di santa ragione con frasi feroci, taglienti come coltelli. E’ un testo sul mondo del teatro, su quella parte che lo spettatore non vede mai; il retroscena, è il fuoriscena di un mondo a volte fatto di rivalità, di gelosie e d’invidia, e di arroganza. Emerge dal testo anche il tema degli abusi, dei compromessi che a volte, si devono accettare per poter avere un ruolo: “Pessima attrice! Hai lavorato solo perché ti scopavi tutti; dal politico al regista di turno, vipera!”. Un lato oscuro circoscritto, limitato ma che esiste. “Fuoriscena” è una commedia sulla terza età, sulla paura della solitudine, sulla paura di perdere la propria indipendenza con l’avvento di una malattia invalidante. I due protagonisti sono lo specchio di una realtà. Dal testo emerge forte la voglia dei due protagonisti di essere felici. “Fuoriscena” scritta nel 2015 è una commedia sull’amicizia, e sulla solidarietà senza limiti d’età. Info e prenotazioni: Casa del Festival – Palazzo Reale, Piazza del Plebiscito 1 – Tutti i giorni 10.00 | 19.00 – [email protected]

Muhammad Ali Uno spettacolo di: Pino Carbone e Francesco Di Leva Quando: 20 Giugno Luogo: Teatro Sannazzaro Orario: ore 21:30 Regia: Pino Carbone Interpreti: Francesco di Leva Note: “Impossibile è solo una parola pronunciata da piccoli uomini che trovano più facile vivere nel mondo che gli è stato dato, piuttosto che cercare di cambiarlo. Impossibile non è un dato di fatto, è un’opinione. Impossibile non è una regola, è una sfida”. In questo progetto diversi artisti sono stati invitati a partecipare al grande incontro tra il senso e la forza di questo messaggio, e l’ascolto, lo sguardo, la sensibilità del pubblico. In scena un attore e un regista che sotto gli occhi degli spettatori costruiscono emotivamente, poeticamente e artisticamente lo spettacolo. L’ispirazione nasce concretamente dal corpo di Muhammad Ali, un corpo allenato, messo in gioco, sfidato, osannato, osservato, acclamato, un corpo astuto che sa come attutire un colpo, un corpo pronto, forte, nero, in ebollizione. Un corpo che fa delle differenze una forza, un vanto, una battaglia. Info e prenotazioni: Casa del Festival – Palazzo Reale, Piazza del Plebiscito 1 – Tutti i giorni 10.00 | 19.00 – [email protected]

Corpo B. Le mani – I Piedi. Di: Benedetta Palmieri Con: Lara Sansone Quando: 20 e 22 Giugno Luogo: Teatro Sannazzaro Orario: ore 20:45 Note: Benedetta Palmieri dà voce a piedi e mani. Le loro funzioni, le loro attitudini, i loro sensi controversi diventano una soggettiva surreale. Il corpo si racconta all’uomo. I piedi coi loro passi fisici o ideali descrivono distanze, ansie, dolori. Le mani, invece, tengono, mantengono, impugnano, brandiscono, fendono e palleggiano. Descrivono, insomma, un universo di segni che la Palmieri drammatizza teatralmente attraverso speciali soliloqui. Il corpo dell’uomo o dell’atleta, in definitiva, prende voce e si allena per scoprire nuovi equilibri. Info e prenotazioni: Casa del Festival – Palazzo Reale, Piazza del Plebiscito 1 – Tutti i giorni 10.00 | 19.00 – [email protected]

Come dì’ – comédie dangereuse | o dei muti turpiloqui d’amore Drammaturgia e regia: Adriana Follieri Quando: 20 Giugno Luogo: Cortile delle Carrozze al Palazzo Reale di Napoli Orario: ore 21:30 Interpreti: Dora De Maio, Angela Fabiano, Fiorenzo Madonna Note: Come di’ | comédie dangereuse | o dei muti turpiloqui d’amore è uno spettacolo dalla drammaturgia originale dedicato agli attori Dora De Maio, Angela Fabiano e Fiorenzo Madonna e liberamente ispirato al “Cyrano de Bergerac” di Rostand: il maschile e il femminile qui si confondono, le identità sono figure in sagoma, abitanti di una provvisorietà senza tempo, in cui il gioco di scambi non fa che riportare alla luce la natura delle cose e degli istinti. A guidare questo lavoro è l’amore, la sua geometria insulsa e strabordante di effetti speciali, il suo vulcanico vocabolario inutile, il turpiloquio e la delicatezza, la poesia che ne deriva, che altro non è se non poesia dei corpi in canto, in affannosa ricerca di sé nei corpi altrui; l’amore e come dirlo, dirlo meglio, perché risuoni e giochi dalla scena alla vita. Per analogia, certamente esplicita, a guidare questo lavoro è il teatro, luogo ideale dell’anima oltre che luogo fisico del rito scenico, rievocato in un gioco di scatole cinesi, sintesi e specchio delle miserie e delle virtù teatrali, miserie e virtù umane elevate a potenza; scatole cinesi che moltiplicano il teatro dentro se stesso e ne fanno una gabbia luminosa, vorticosa a tratti, in cui il teatrino dell’apparire insegue il teatrino dell’essere: una scenografia dell’attesa e della pretesa, evocatrice di paesaggi lunari, dove la bellezza è specchietto per le allodole, tensione verso un altrove luminoso, umana costruzione e demolizione di totem necessari quanto non completamente edificabili, né edificanti. La musica dal vivo accompagna e scandisce i passaggi di stato, fondendosi anch’essa nell’unicum platonico, ora separato e in cerca dell’altra metà, meta provvisoria e ingannatrice. La lingua del testo è lingua ibrida, frutto degli innesti tra il classico e il contemporaneo: si attraversano così livelli diversi, dal dinamico e comico gioco che rimanda ai lazzi della commedia dell’arte, passando per una delicata e pungente introspezione, fino al più acceso lirismo tragico. Info e prenotazioni: Casa del Festival – Palazzo Reale, Piazza del Plebiscito 1 – Tutti i giorni 10.00 | 19.00 – [email protected]

Duo Goldberg Coreografia e danza: Adriana Borriello Pianoforte: Gilda Buttà Quando: 21 e 22 Giugno Luogo: Teatro Trianon Orario: ore 21:00 Note: «Mi sono decisa a compiere il passo. Affronto la musica di Johann Sebastian Bach. Forme perfette dove scorre il puro flusso della vita e la trascende. Dettaglio su dettaglio, la trama di suoni ordita con rigore assoluto ed esplorata fino ai suoi confini estremi penetra nei luoghi più remoti dell’essere e svela la sua essenza. Divina. Mi lascio abitare da quei suoni e scrivo le mie variazioni. Il passo è il tema, emblema e “unità di misura” del nostro rapporto con spazio e tempo. In scena un concerto per due strumenti: un corpo e un pianoforte. Due incorporazioni Gilda e me, entrambe di fronte a Bach e le sue variazioni e faccia a faccia anche noi». Info e prenotazioni: Casa del Festival – Palazzo Reale, Piazza del Plebiscito 1 – Tutti i giorni 10.00 | 19.00 – [email protected]

Se Spartak piange… Di: Stefano Valanzuolo Quando: 21 Giugno Luogo: Teatro Sannazzaro Orario: ore 21:30 Interpreti: Giovanni Esposito e con la partecipazione “in voce” di Neri Marcorè e il Quintetto di Ottoni del Teatro di San Carlo Note: Dmitrij Shostakovich non è stato solo uno dei massimi musicisti del Novecento, ma anche un appassionato competente di calcio. Attraverso i suoi commenti ed i suoi ricordi sportivi, dunque, “Se Spartak piange…” vuole ricostruire un pezzo di storia sovietica (tra gli anni Trenta e Sessanta del secolo scorso) popolato da personaggi spesso ingombranti. Le vicende di Nikolaij Starostin e Lev Jashin, due calciatori celeberrimi cui non arrise uguale fortuna, s’intrecciano, in questo racconto basato su dati reali e riflessioni immaginarie, con quella di Shostakovich, compositore in perenne conflitto pubblico e privato con il potere politico. Giovanni Esposito dà volto e voce ad uno Shostakovich dai molti aspetti: malinconico, orgoglioso, sferzante, dimesso, passionale. La musica del compositore sovietico, affidata al Quintetto di Ottoni del Teatro San Carlo, scandisce – attraverso sette scene – una storia condita di musica, calcio e politica. Una storia, poco ordinaria, di vita sovietica. Info e prenotazioni: Casa del Festival – Palazzo Reale, Piazza del Plebiscito 1 – Tutti i giorni 10.00 | 19.00 – [email protected]

Un Poyo Rojo Coreografia: Luciano Rosso, Nicolás Poggi Regia e disegno luci: Hermes Gaido Quando: 22, 23 e 24 Giugno Luogo: Sala Assoli (Napoli) Orario ore 19:00 Note: Uno spettacolo esplosivo che unisce brillantemente teatro, danza, acrobatica, sport e che sta registrando il tutto esaurito sia in Argentina che in Europa. Un’opera che, a partire dal linguaggio del corpo, esplora il mondo contemporaneo, confrontandosi con il movimento e le sue interpretazioni. Un Poyo rojo è una provocazione, un invito a ridere di noi stessi esplorando tutto il ventaglio delle possibilità fisiche e spirituali dell’essere umano. Nello spogliatoio di una palestra, due uomini si scrutano, si squadrano, si provocano, si affrontano tentando di sedursi in una stupefacente danza acrobatica. Fusione di generi e di discipline, questo duello contemporaneo di grande precisione oscilla tra la danza e l’atletica passando per le arti marziali, l’acrobatica, la clownerie. Gli argentini Alfonso Barón e Luciano Rosso possiedono una straordinaria maestria corporea unita a un grande senso del ritmo e a una folgorante capacità di improvvisare reagendo alle sempre diverse reazioni del pubblico. Info e prenotazioni: Casa del Festival – Palazzo Reale, Piazza del Plebiscito 1 – Tutti i giorni 10.00 | 19.00 – [email protected]

Storia di una amicizia Progetto a cura di: Fanny & Alexander Quando: 22 e 23 Giugno Luogo: Teatro Politeama Orario: 22 ore 21:00; 23 ore 19:00 Interpreti: Chiara Lagani e Fiorenza Menni Regia: Luigi De Angelis Note: Il progetto si propone come un affondo attraverso la tetralogia di Elena Ferrante dedicata alla storia dell’amicizia tra due donne, seguendo passo a passo la loro crescita individuale, il modo di influenzarsi reciprocamente, i sentimenti, le condizioni di distanza e prossimità che nutrono nei decenni il loro rapporto. Sullo sfondo la coralità di una città/mondo dilaniata dalle contraddizioni del passato, del presente e di un futuro i cui confini feroci faticano ancora a delinearsi con nettezza. Il rapporto tra le biografie delle due donne – con la storia particolare della loro amicizia – e la Storia di un Paese travagliato dalle sue metamorfosi si intreccia in una sorta di agone narrativo che procede per squarci subitanei ed epifanie improvvise attraverso il racconto delle due protagoniste. Il lavoro prevede la composizione di una partitura musicale e sonora (a firma di Luigi De Angelis e con il sound design di Tempo Reale) che se da un lato si rende veicolo emotivo della componente ineffabile e inenarrabile della vicenda, producendone una fantasmatica mappatura sentimentale, dall’altro lato tende a farsi portavoce degli universi concreti in cui le tre parti narrative sono fisicamente calate: Napoli in primis, ma anche le altre città abitate dalle protagoniste: Firenze, Torino, Pisa… In particolare la città di Napoli sarà sede di registrazioni di tutte le sue sonorità, dei suoi luoghi, della sua gente, che confluiranno nel lavoro musicale generale e nella partitura delle attrici. Complice il dispositivo dell’eterodirezione, infatti, lo spettacolo, per quanto recitato a due sole voci, si fa per squarci teatro corale, facendosi contenitore delle mille parlate e accenti dei molteplici personaggi, luoghi, città, interni abitati, esterni chiassosi: insomma tutto l’universo sonoro del romanzo si trasforma in una partitura composita fatta di piccoli e grandi centri concentrici che si irradiano a avvolgere nelle loro spire viventi i due personaggi delle amiche. Un lavoro sul video, inoltre, darà vita a una sorta di ricomposizione archetipica e fantasmatica dei frammenti di narrazione, e dell’identità complessa e bifronte di questa amicizia geniale e, a poco a poco e in maniera progressiva, andrà a comporsi, quasi come un quadro vivente, creando un paesaggio fisico ed emotivo complesso idealmente sovrapponibile alla duplice immagine-ritratto in divenire di Elena e Lila, le due amiche, le due protagoniste della storia. Info e prenotazioni: Casa del Festival – Palazzo Reale, Piazza del Plebiscito 1 – Tutti i giorni 10.00 | 19.00 – [email protected]

Canto por el “Che” deportista lettura – concerto di e con: Claudio Di Palma Pianoforte: Danilo Rea Quando: 22 Giugno Luogo: Teatro Sannazzaro Orario: ore 21:30 Note: “Quando saprai che sono morto non pronunciare il mio nome perché si fermerebbe la morte e il riposo. Quando saprai che sono morto dì sillabe strane. Pronuncia fiore, ape, lagrima, pane, tempesta. Non lasciare che le tue labbra trovino le mie undici lettere. Ho sonno, ho amato, ho raggiunto il silenzio.” Ernesto Guevara de la Serna implora poeticamente il silenzio di sé e in questo inno alla dimenticanza confessa anche il valore irrinunciabile dell’azione. Solo l’azione conta e conta solo il momento in cui si compie. Una consapevolezza radicatasi forse dai tempi in cui su di un campo terroso, poco più che ventenne, si accasciò colto da un attacco di asma. In ospedale il padre, accigliato, gli comunicò che sarebbe stato un suicidio continuare a giocare al rugby. Ernesto rispose “Viejo me gusta el rugby, finirò di giocarvi solo quando morirò”. Solo l’azione conta e conta solo il momento in cui si compie. Il Canto è una dedica alle azioni del Che deportista. Rispettosi dei suoi auspici, con Danilo, avremmo voluto dire fiore, ape, lagrima…..ma ci è venuto da dire e suonare solo rugby. (Claudio Di Palma) Info e prenotazioni: Casa del Festival – Palazzo Reale, Piazza del Plebiscito 1 – Tutti i giorni 10.00 | 19.00 – [email protected]

All’apparir del vero. Dialogo di Giacomo Leopardi e della Morte Scritto e diretto da: Antonio Piccolo Quando: 22 Giugno Luogo: Cortile delle Carrozze al Palazzo Reale di Napoli Orario: ore 21:30 Interpreti: Antonio Piccolo, Melissa Di Genova Note: Torre del Greco, 14 giugno 1837. Casa di Giacomo Leopardi. Il poeta e intento a comporre “La ginestra”, forse la sua ultima opera, quando un misterioso individuo, mascherato e vestito di nero, lo interrompe. Chi e? Un buffone o davvero la Morte, come dice? Convinto dalle sue prove schiaccianti, Leopardi esulta, contento di spirare… La delusione, però, e dietro l’angolo: la Morte non è qui per portarlo via, ma perché ha bisogno della penna del grande scrittore per indirizzare una lettera all’umanità… Info e prenotazioni: Casa del Festival – Palazzo Reale, Piazza del Plebiscito 1 – Tutti i giorni 10.00 | 19.00 – [email protected]

Tribune – Discorso su due piedi Da: Carmelo Bene ed Enrico Ghezzi Con: Michelangelo Dalisi Quando: 23 Giugno Luogo: Teatro Sannazzaro Orario: ore 20:45 Note: Tribune è una sezione di SportOpera in cui la funzione originaria della tribuna come pulpito rialzato si fonde con l’attuale comune intendimento delle tribune come strutture architettoniche in cui si raccolgono gli spettatori sportivi. Da un podio “originale” si succederanno parole e sonorità disposte ad interpretare polemiche, analisi e provocazioni. Roland Barthes e le sue riflessioni semiologiche de “Lo sport e gli uomini“, Antonio Piromalli che, citando Nino Pino, evidenzia in modo critico le scorie e le miserie dello sport fino a Carmelo Bene ed Enrico Ghezzi con le loro incursioni paradossali e illuminanti sui fenomeni sportivi, costituiranno occasioni di confronto sugli effetti collaterali generati dagli atti di sport. Info e prenotazioni: Casa del Festival – Palazzo Reale, Piazza del Plebiscito 1 – Tutti i giorni 10.00 | 19.00 – [email protected]

Una serata con Albert Camus – La caduta Ideazione, regia: Renato Carpentieri Quando: 23 e 24 Giugno Luogo: Institut Franҫais de e Galleria Toledo Orario: La caduta ore 18 e Il malinteso ore 21:00 Interpreti: Renato Carpentieri, Ilaria Falini, Valeria Luchetti, Maria Grazia Mandruzzato, Fulvio Pepe Note: Il primo appuntamento si svolge nel tardo pomeriggio nei giardini dell’Istituto di cultura Francese e ha per protagonista Renato Carpentieri che inventa una riduzione per la scena del romanzo “La caduta” di A. Camus, con l’accompagnamento al violoncello di Federico Odling. Pubblicato nel 1956, un anno prima che Camus ricevesse il Premio Nobel e quattro anni prima della sua morte, “La caduta” è un notevolissimo monologo in cui un ex-avvocato di successo fa, da virtuoso, una confessione pubblica. Si accusa per lungo e per largo con ironia e sarcasmo, di colpe, di debolezze, di egoismi, moltiplicando sfumature e digressioni, per costruire una maschera in cui tutti possano arrivare a riconoscersi e a giudicarsi. È Giudice penitente. Ma questo progetto, portato avanti con tenacia, si scontra con la nostalgia dell’innocenza e dell’abbandono. Ne “Il Malinteso” si trova l’essenziale dei temi cari a Camus: la solitudine dell’uomo, le sue aspirazioni alla gioia, i suoi appelli all’amore, l’esilio, il suo desiderio folle di felicità che gli è negata da un Dio, irriconoscibile e indifferente, separato dalla sua creazione, la rivolta contro un universo che non è a sua misura. Senza dimenticare che la rivolta (lo slancio verso le terre del sole, che simboleggia l’aspirazione a raggiungere una Bellezza che sempre di più la grigia civiltà del XX secolo rifiuta agli uomini) deve imporsi dei limiti: prima di tutto il rispetto della vita umana. La storia è una variante di una vecchia leggenda popolare, quella del soldato ricco di un grosso bottino al ritorno dalla guerra e ucciso dai suoi parenti. O altrimenti il figliuol prodigo: “Il Malinteso” rovescia la parabola dei Vangeli mostrando il fallimento tragico di quel ritorno. Jan, dopo molti anni di lontananza, torna nella sua casa natale, da sua madre e sua sorella che non lo riconoscono e, sopraffatte da una vita meschina e miserabile, finiscono per uccidere quello che per loro è solo un cliente del loro albergo, per derubarlo. L’assurdità della situazione dei personaggi (in particolare di Jan, maldestro zimbello di un destino che ha contribuito a forgiare) all’interno di quest’albergo che, spogliato da ogni effetto di realismo per farne un luogo simbolico, paese cupo del Nord-Europa, si richiude su essi come una trappola, è evidenziata dallo stesso titolo della pièce. ‹‹Tutta la sventura degli uomini deriva dal fatto che non usano un linguaggio semplice. Se l’eroe del Malinteso avesse detto: “Eccomi, sono io e sono vostro figlio”, sarebbe stato possibile il dialogo, non più fondato sul nulla come nel dramma (…). Ciò che fa da contrappeso all’assurdo è la comunità degli uomini in lotta contro di esso…››, nota Camus nei suoi Taccuini verso la fine del 1945. Info e prenotazioni: Casa del Festival – Palazzo Reale, Piazza del Plebiscito 1 – Tutti i giorni 10.00 | 19.00 – [email protected]

Di un Ulisse, di una Penelope Di: Marilena Lucente Quando: 23 Giugno Luogo: Teatro Civico 14 (Caserta) Orario: ore 21:00 Interpreti: Roberto Solofria e Fabiana Fazio Regia: Roberto Solofria Note: «Cosa sarebbe il mondo senza i viaggi di Odisseo? Insieme a lui ci siamo messi tutti in mare. Passione per la conoscenza, arguzia, compagni di avventure, notti a parlare con il cielo. La smania degli orizzonti, la nostalgia della casa. Le emozioni di Ulisse sono così, grondanti di contraddizioni. Ma anche lei, Penelope, con la sua attesa astuta, il coraggio della solitudine, l’inamovibilità dell’amore, ha dato forma a un modo di vivere l’amore. Entrambi enigmatici, non ci stanchiamo mai di leggerli e interpretarli. Ci sembra di conoscerli da sempre – di un Ulisse, di una Penelope – a volte sembra persino che ci assomiglino in qualche tratto. Eppure, da Omero in poi, poeti e romanzieri hanno tirato fuori mille Ulisse e Penelope, sempre diversi, ciascuno con la propria singolarità, una scintilla che fa una nuova luce su tutta la tradizione. Viaggia ancora Ulisse, e Penelope è ancora sull’isola, a indagare quel mistero del tempo che è l’attesa. Cosa accade quando Ulisse raggiunge Itaca? Cosa succederà adesso che il desiderio infinito potrà placarsi? Il desiderio dell’uno e dell’altro, il desiderio dell’uno per l’altro. Quell’incontro in cui tutto sembra poter ricominciare, cambia Ulisse e Penelope come non era accaduto in venti anni. Domande furiose che nascono solo dall’amore. Quando si sta male per averlo perduto, quando si pensa di averlo ritrovato, e si teme e si trema al pensiero del futuro. Chiunque abbia avuto un’Itaca nella propria vita sa di cosa stanno parlando, quei due». Info e prenotazioni: Casa del Festival – Palazzo Reale, Piazza del Plebiscito 1 – Tutti i giorni 10.00 | 19.00 – [email protected]

Sei Di: Spiro Scimone Quando: 23, 24 e 25 Giugno Luogo: Teatro San Ferdinando Orario: 23 e 25 ore 21:00, 24 ore 19:00 Interpreti: Francesco Sframeli, Spiro Scimone, Gianluca Cesale, Giulia Weber, Bruno Ricci, Francesco Natoli, Mariasilvia Greco, Michelangelo Zanghì, Miriam Russo, Zoe Pernici Regia: Francesco Sframeli Note: «L’adattamento dal titolo Sei, tratto dall’opera teatrale Sei personaggi in cerca d’autore di Luigi Pirandello – affermano Scimone e Sframeli – nasce dal bisogno di mettere insieme il nostro linguaggio teatrale con la lingua del grande maestro. Durante il lavoro di elaborazione, abbiamo ridotto il numero dei personaggi, eliminato o aggiunto scene e dialoghi, sostituito qualche termine linguistico, ma senza stravolgere la struttura drammaturgica dell’opera originale. Siamo in un teatro semidistrutto, una Compagnia, formata da due attori, due attrici e il capocomico, sta per iniziare la prova di uno spettacolo teatrale che, forse, non debutterà mai. Prima dell’inizio della prova, improvvisamente, un corto circuito lascia al buio tutto il teatro. Per riaccendere la luce, uno degli attori va alla ricerca del tecnico, andato via dal teatro poco prima dell’inizio della prova. Ma il tecnico è introvabile e la luce arriverà solo con l’apparizione, in carne ed ossa, dei Sei Personaggi, rifiutati e abbandonati dall’autore che li ha creati. Sono proprio Il Padre, La Madre, La Figliastra, Il Figlio, Il Giovinetto e La Bambina che illuminano il teatro, con la speranza di poter vivere sulla scena il loro “dramma doloroso”. I componenti della compagnia, sconvolti da questa improvvisa apparizione, pensano che i “Sei” siano solo degli intrusi o dei pazzi e fanno di tutto per cacciarli via dal teatro. Ma, quando il Padre, inizia il racconto del “dramma doloroso” che continua a provocare sofferenze, tensioni e conflitti familiari; l’attenzione e l’interesse da parte degli attori e del Capocomico, verso i personaggi, cresce sempre di più e l’idea di farli vivere sulla scena diventa sempre più concreta e necessaria. Vivere in scena non è solo il desiderio dei personaggi; è anche il sogno degli attori. Entrambi, sanno che la loro vita in scena può nascere solo attraverso la creazione di un rapporto, attori /personaggi, di perfetta simbiosi. Un rapporto che si crea, di volta in volta, di attimo in attimo, durante la rappresentazione. Nella rappresentazione è indispensabile la presenza dello spettatore. Ed è proprio l’autenticità del rapporto, attore, personaggio, spettatore la vera magia del teatro, che ci fa andare oltre la finzione e la realtà». Info e prenotazioni: Casa del Festival – Palazzo Reale, Piazza del Plebiscito 1 – Tutti i giorni 10.00 | 19.00 – [email protected]

PENTATHLON MODERNO – Cinque storie di corpi perduti Testi di: Antonio Franchini, Wanda Marasco, Valeria Parrella, Silvio Perrella, Manlio Santanelli Quando: 23, 24 Giugno Luogo: Teatro Sannazzaro Orario: 23 ore 21:30, 24 ore 22:00 Interpreti: Alessandro Cepollaro, Francesca De Nicolais, Renato De Simone, Ettore Nigro, Lucia Rocco, Bruno Tramice Regia: Francesco Sframeli Note: Il Pentathlon fu definito “moderno” quando il barone De Coubertin volle distinguerlo, tra fine Ottocento e inizio Novecento, da quello dell’antica Grecia. Lo fece riunendo in una sola competizione le cinque discipline che più propriamente sapessero saggiare la resistenza, l’abilità e la forza del soldato ideale. Un uomo necessario alla guerra doveva, infatti, saper cavalcare, sparare dritto, tirare opportunamente di spada, e, perché no, nuotare e correre velocemente. Il corpo, quindi, doveva forgiare una integrità che gli permettesse di fronteggiare adeguatamente i pericoli dell’epoca ben rappresentati dalla guerra. Altre insidie minacciano il corpo dell’uomo moderno: fallimenti familiari, inadeguatezza al tempo, labilità di stile. Le drammaturgie letterarie di Pentathlon moderno raccontano proprio di occasioni mancate, di corpi perduti, di umori sconfitti negli incontri rituali, casuali, ma ineludibili della vita e dello sport. Una descrizione di corpi e caratteri da forgiare come quelli dei soldati nell’Ottocento. Una forgiatura, però, che registra troppo spesso fallimenti. Info e prenotazioni: Casa del Festival – Palazzo Reale, Piazza del Plebiscito 1 – Tutti i giorni 10.00 | 19.00 – [email protected]

Leni, il trionfo della bellezza un progetto di Irene Alison mise en espace con Valentina Acca Quando: 24 Giugno Luogo: Teatro Sannazzaro Orario: ore 20:45 Note: Ci sono personaggi il cui cammino è stretto in un tempo che conduce ad un’involontaria (?) ambiguità difficilmente giustificabile dalla Storia. È il caso di Leni Riefenstahl, straordinaria innovatrice del linguaggio cinematografico. Un secolo di vita, il suo, pericolosamente vissuto attraverso le stagioni più buie e sanguinarie del Novecento, vicino, troppo vicino al fuoco del regime nazista per non bruciarsi e non compromettersi. Leni, Il Trionfo della Bellezza racconterà i giorni d’oro delle riprese di Olympia, il suo capolavoro: un resoconto delle Olimpiadi di Berlino del ’36, dove lo sport viene raccontato col piglio epico di una narratrice di corpi, gesti, sguardi e desideri agonistici. Olympia celebra l’ideale di una bellezza che incarna sia l’estetica del Reich che l’utopia di una competizione sportiva senza appartenenze etniche o religiose. In scena un’architettura di superfici narrative che si sovrappongono ricostruendo un’unica vicenda: quella di una donna simbolo dei chiaroscuri del Novecento che approda al nuovo millennio portando con sé un enigma mai risolto. Info e prenotazioni: Casa del Festival – Palazzo Reale, Piazza del Plebiscito 1 – Tutti i giorni 10.00 | 19.00 – [email protected]

LA CLASSE – Ritratto di “Uno di noi” Di: Francesco Ferrara Quando: 24 Giugno Luogo: Cortile delle Carrozze al Palazzo Reale di Napoli Orario: ore 21:30 Interpreti: Andrea Liotti, Arianna Sorrentino, Chiara Celotto ,Claudia D’Avanzo, Eleonora Longobardi,Luigi Leone, Luigi Adimari, Manuel Severino, Maria Francesca Duilio, Michele Ferrantino, Rosita Chiodero, Salvatore Cutrì, Salvatore Nicolella, Simone Mazzella Regia: Gabriele Russo Note: La Classe conduce il pubblico all’interno di un’aula di recitazione nella quale quattordici allievi attori preparano uno spettacolo che racconta la vita di Anders Behring Breivik, l’attentatore norvegese che il 22 luglio del 2011 ha provocato la morte di 77 connazionali. Spiamo le prove, ne origliamo le discussioni, ridiamo della loro leggerezza, ma soprattutto li seguiamo in un tentativo, forse maldestro, di mettersi a nudo di fronte ad un argomento oscuro e indecifrabile quale è il delirio di un uomo che ha ritenuto necessario il massacro di decine di giovani vite. Se così è, allora gli attori in scena non sono più soltanto attori, ma anche qualcosa di più, o di diverso, o di analogo, diventano individui a confronto con il presente, esseri umani alla ricerca di risposte e uomini posti di fronte ad una realtà che non riescono ad “interpretare”. Quando ho ricevuto l’invito da parte del Napoli Teatro Festival, ho fin da subito respinto l’idea di rinchiudere gli allievi della Bellini Teatro Factory in un contenitore rassicurante in cui mostrare le proprie abilità tecniche. Al contrario ho ritenuto necessario affrontare la fatica e il rischio di una creazione originale che in qualche modo li riguardasse come attori e come individui. Anche per questo motivo ho voluto che portassero in scena loro stessi, e non un personaggio altro, in un continuo cortocircuito tra realtà e finzionenell’Ottocento. Una forgiatura, però, che registra troppo spesso fallimenti. Info e prenotazioni: Casa del Festival – Palazzo Reale, Piazza del Plebiscito 1 – Tutti i giorni 10.00 | 19.00 – [email protected]

20 giugno 2018

20 giugno 2018

All’apparir del vero per Giacomo Leopardi

Al Napoli Teatro Festival, Teatro In Fabula presenta All’apparir del vero, un dialogo tra Giacomo Leopardi e la tanto agognata Morte, che però non ha alcuna intenzione di portarlo via con sé. All’apparir del vero Venerdì 22 giugno, alle ore 21:30, nel Cortile delle Carrozze di Palazzo Reale di Napoli, per il Napoli Teatro Festival 2018 – Sezione Osservatorio, Teatro In Fabula presenta All’apparir del vero. Dialogo di Giacomo Leopardi e della Morte, scritto e diretto da Antonio Piccolo, che è anche in scena con Melissa Di Genova. Con il suo primo testo Emone, una rilettura del mito di Antigone, Antonio Piccolo ha vinto il premio Platea 2016, concorso per opere teatrali inedite di autori italiani, al quale hanno partecipato più di quattrocento autori. Il lavoro, pubblicato da Einaudi, ha debuttato lo scorso marzo al Teatro San Ferdinando di Napoli per poi essere rappresentato in vari Teatri Nazionali. Ora la compagnia di cui fa parte Piccolo, approda per la prima volta al Napoli Teatro Festival, grazie alla sensibilità artistica del direttore artistico Ruggero Cappuccio. All’apparir del vero. Dialogo di Giacomo Leopardi e della Morte vanta testo e regia di Antonio Piccolo, che interpreta insieme a Melissa Di Genova, Marco Di Prima e Giuseppe Cerrone sono gli aiuto registi, quest’ultimo è anche l’autore del disegno luci; infine, le fotografie sono di Federico Cappabianca e Flavio Ricci. Leopardi e la Morte La storia è ambientata a Torre del Greco, il 14 giugno 1837, a casa di Giacomo Leopardi. Il poeta è intento a comporre La ginestra, forse la sua ultima opera, quando un misterioso individuo, mascherato e vestito di nero, lo interrompe. Chi è? Un buffone o è davvero la Morte, come dice? Convinto dalle sue prove schiaccianti Leopardi esulta, contento di spirare… La delusione però, è dietro l’angolo: la Morte non è qui per portarlo via, ma perché ha bisogno della penna del grande scrittore per indirizzare una lettera all’umanità… Il pensiero di Antonio Piccolo “Sul mio manuale del liceo la biografia di Leopardi finiva più o meno cosi: “a 39 anni lo colse finalmente la morte, a lungo invocata”. Bam! Niente di nuovo, verità risaputa, eppure mi stonava. Come può un uomo che – pur lamentandosi del dolore del mondo, delle miserie umane, della crudeltà della natura – ha viaggiato in lungo e in largo per l’Italia (senza alta velocità e nemmeno automobili), ha amato le donne, il cibo, ha cambiato in continuazione generi letterari, scritto ininterrottamente… come può un uomo così vitale, insomma, detestare davvero l’esistenza al punto da invocare seriamente la propria fine?” dichiara Piccolo. “Qui comincia il gioco, ossia il play, ossia il teatro. Se la Morte, con un pretesto, comparisse di fronte a Leopardi e quasi tentasse di fargli cambiare idea? Il poeta, in fondo, ha amato la vita! E se portasse come prove documentali della propria tesi le sue stesse parole? E come potrebbero parlare questi due personaggi? La Morte in prosa, per quanto elegante; Leopardi, naturalmente, in versi (ma non endecasillabi e settenari: non avrei potuto reggere il confronto con il meraviglioso originale). Come se fosse un’operetta morale apocrifa, ho dunque immaginato il Dialogo di Giacomo Leopardi e della Morte. E ho anche ritrovato un vecchio amico: il poeta che ho amato sin da ragazzo.” 20 giugno 2018 NTFI-18: "Il canto degli animali" tra Paolo Isotta e Peppe Barra Tra musica e letteratura, il Napoli Teatro Festival Italia offre uno scavo nei sentimenti e nei pensieri degli animali, affidandoli a Paolo Isotta e Peppe Barra.

Scritto da Salvatore Di Marzo

Nella splendida cornice della Villa Pignatelli, accompagnati dalla canzone del mare, prendono forma le parole, i canti, la musica che hanno incorniciato la riflessione de Il canto degli animali di Peppe Barra e Paolo Isotta. La Sezione Letteratura del Napoli Teatro Festival, che ha eletto a sede privilegiata l'antico palazzo, ha visto infatti alternarsi l'artista e lo scrittore, che hanno accompagnato gli spettatori in quella porzione di letteratura legata alla rappresentazione del mondo animale. Il canto degli animali di Paolo Isotta L'appuntamento del 19 giugno del Napoli Teatro Festival a Villa Pignatelli trae spunto dal libro di Paolo Isotta Il canto degli animali. I nostri fratelli e i loro sentimenti in musica e in poesia (Marsilio, 2017). Il testo rappresenta, come chiarisce l'autore, ”un'antologia personale di passi di poesia, musica e narrative”che ha per soggetto il mondo degli animali. Si tratta di uno scavo, attraverso musica e letteratura, nei sentimenti e nel pensiero degli animali, in quanto ”animali e uomini hanno origine dal comune seme della vita: entrambi pensano, comprendono, gioiscono e soffrono”. Lo scandaglio dell'animo animale è compiuto attraverso la poesia, che fin dall'antichità ha attribuito facoltà intellettive che la scienza considerava proprie solo degli umani. La voce di Peppe Barra Alle letture scelte, una piccola antologia nell'antologia del libro, si è alternata la polifonica voce di Peppe Barra, il quale riesce con naturalezza a fondere la parola cantata e la parola recitata. Nel caso specifico, egli, attraverso le sue interpretazioni, è riuscito a dare voce ai pensieri e ai sentimenti degli animali, in perfetta linea con l'intenzione di Isotta. Tra le letture, Isotta ha percorso secoli e millenni attraverso il filo conduttore degli animali: dalla favola di Arione narrata nei Fasti di Ovidio, in cui il musico scampa alla morte grazie al socco dei delfini, si giunge al Novecento con la poesia Sarchiapone e Ludovico di Totò, inscenando il ragionamento tra un asino e un cavallo, destinati al mattatoio una volta invecchiati. In seguito Peppe Barra, accompagnato dalla musica del Maestro Luca Urciuolo, ha magistralmente interpretato la novella La papara di Giambattista Basile raccolta nel suo Cunto de li cunti. In questo modo musica e lettura sono andate di pari passo nell'osservare la bontà degli animali, della quale sono testimoni gli umani che instaurano con essi rapporti concilianti. Paolo Isotta e Peppe Barra hanno proseguito la loro riflessione collegando De Nerval al Virglio delle Georgiche che descrive l'intelletto divino delle api, Omero e la fedeltà estrema di Argo per Odisseo, Baudelaire e la triste sorte dell'Albatro, irriso come il poeta; in questo senso emerge l'humanitas degli animali rispetto alla bestia umana. Grazie a Peppe Barra e Paolo Isotta è stato possibile dare loro voce, e con libere associazioni di pensiero scoprire come la sensibilità della poesia abbia sempre inteso l'animo e i sentimenti degli animali.

20 giugno 2018 GIORNATA FITTA PER IL NAPOLI TEATRO FESTIVAL ITALIA Written by Giuseppe Spasiano Ancora una giornata fitta di appuntamenti, giovedì 21 giugno, al Napoli Teatro Festival Italia, la manifestazione finanziata dalla Regione Campania, diretta da Ruggero Cappuccio e organizzata dalla Fondazione Campania dei Festival, presieduta da Luigi Grispello. Si inizia alle 19 a Villa Pignatelli con Daniele Piccini e Adam Zagajewski (per QUI la sezione Letteratura a cura di Silvio Perrella). Nell’ambito della rassegna Sportopera al Teatro Sannazaro, alle 19.30 si inaugura la mostra Il gioco celeste di Riccardo Dalisi; alle 21.30, Giovanni Esposito con il Quintetto di Ottoni del Teatro di San Carlo presenta Se Spartak piange… ideazione e testo di Stefano Valanzuolo; infine, alle ore 22.30, si proietta il film Cronaca di una fuga – Buenos Aires 1977 di Adrian Caetano. Per la sezione Danza, è la volta di Adriana Borriello, con Gilda Buttà al pianoforte in Duo Golberg (al Teatro Trianon-Viviani, ore 21). Si chiude con il Dopofestival, che propone lo spettacolo Così vicini, così lontani di Pier Luigi Razzano, con Valentina Curatolie Giovanni Ludeno (Giardino Romantico di Palazzo Reale, ore 23.00). Replica alle ore 19 al Teatro Nuovo, Fuoriscena con Gino Rivieccio e Antonella Morea, drammaturgia e regia di Fortunato Calvino. Si comincia alle ore 19, con la Sezione Letteratura, a cura di Silvio Perrella, che accoglie a Villa Pignatelli, un intervento di Daniele Piccini sulla “lussureggiante e misteriosa produzione della poesia italiana degli ultimi cinquant’anni”. A seguire, in collaborazione con l’Istituto Polacco di Roma, l’incontro con il poeta e scrittore Adam Zagajewski, introdotto da Marta Herling (segretaria generale dell’Istituto Croce) e Andrea De Carlo (professore di Letteratura polacca all’Università L’Orientale di Napoli). Nei versi scelti di Zagajewski, tratti dall’antologia Dalla vita degli oggetti, l’invisibile si coniuga con il mondo concreto e l’anima si fonde con le cose della terra, dando vita a quell’assoluto quotidiano che spiega il complesso intrecciarsi di destino individuale e universale. Replica alle ore 19 al Teatro Nuovo, Fuoriscena con Gino Rivieccio e Antonella Morea, drammaturgia e regia di Fortunato Calvino. Per SportOpera, al Teatro Sannazaro alle ore 19.30 si inaugura la mostra Il gioco celeste di Riccardo Dalisi, allestita da Sun Yanwen, Wang Huakun, Zou Yangxuan, Tong Zixuan, Chen Zewen. La produzione artistica di Dalisi ripropone il rapporto tra arte e sport, attraverso sculture caratterizzate da gorghi, vortici, turbini e da dinamiche e cromatismi veloci e giocosi, che richiamano il senso più alto e libero del gioco. «Un senso del gioco -- sottolinea Claudio Di Palma, curatore della sezione del Festival – che si moltiplica sotto gli occhi. Fra i tanti, tantissimi figuri silenti si presentano gli atleti- caffettiera, il saltatore, il nuotatore, il portiere, tutti immaginati in pose insospettabilmente plastiche vista l’origine e le fattezze ferrose dei loro corpi”. Alle 21.30, sempre per Sportopera, va in scena Se Spartak piange… di Stefano Valanzuolo con Giovanni Esposito che dà volto e voce a Dmitrij Shostakovich, sommo musicista del Novecento ma anche appassionato ed esperto di calcio. Attraverso i suoi commenti e i suoi ricordi sportivi, il testo di Valanzuolo ricostruisce un pezzo di storia sovietica (tra gli anni Trenta e Sessanta del secolo scorso) popolata da personaggi spesso ingombranti. Le vicende di Nikolaij Starostin e Lev Jashin, due calciatori celeberrimi cui non arrise uguale fortuna, s’intrecciano, in questo racconto basato su dati reali e riflessioni immaginarie, con quella di Shostakovich, compositore in perenne conflitto pubblico e privato con il potere politico. La musica del compositore sovietico, affidata al Quintetto di Ottoni del Teatro San Carlo (Giuseppe Cascone alle tromba, Alessandro Modesti, tromba, Federico Bruschi al basso tuba, Gianluca Camilli al trombone e Ricardo Serrano al corno) scandisce – attraverso sette scene – una storia condita di musica, calcio e politica. Una storia, poco ordinaria, di vita sovietica. In conclusione, alle ore 22.30, la proiezione del film Cronaca di una fuga – Buenos Aires 1977 di Israel Adrián Caetano (Argentina, 2006). Ambientato a Buenos Aires, nel 1977, narra la tragica vicenda dell’argentino Claudio Tamburrini, giovane portiere dell’Almagro, squadra di calcio bairense di seconda divisione. Sospettato di appartenere a un’organizzazione che si oppone alla dittatura militare, viene prelevato dagli squadroni della morte di Videla e rinchiuso in un centro di detenzione clandestino dove è sottoposto a torture di ogni sorta. Dopo 120 giorni di detenzione, il 24 marzo 1978 riesce a fuggire con altri tre compagni. Troverà riparo in Brasile e poi ancora in Svezia, dove in seguito si è laureato e dove oggi insegna filosofia. Per la sezione Danza, alle ore 21 al Teatro Trianon Viviani, Adriana Borriello presenta Duo Goldberg, con Gilda Buttà al pianoforte. La Borriello affronta la musica di Johann Sebastian Bach e le sue variazioni attraverso il passo di danza: “Mi lascio abitare – si legge in una sua nota – da quei suoni e scrivo le mie variazioni. Il passo è il tema, emblema e “unità di misura” del nostro rapporto con spazio e tempo”. Un vero e proprio concerto e in scena solo due strumenti: un pianoforte e un corpo. Un’interpretazione a due delle “Variazioni Goldberg” di Bach: perfetta architettura, manifestazione della semplicità e complessità dell’esistenza, disvelamento di connessioni “invisibili” tra tutte le cose, la molteplicità e l’unità. Agli spettatori la possibilità di lasciarsi “toccare” dai due corpi in scena, quello della pianista nell’atto di suonare e quello della danzatrice nell’atto di danzare. Il lavoro nasce dall’incontro casuale tra Adriana Boriello, danzatrice, pedagoga e coreografa avellinese, tra le fondatrici del gruppo belga Rosas di Anne Teresa de Keersmaeker, e Gilda Buttà, affermata pianista e docente, collaboratrice “dal vivo” di Bacalov, Piovani e molti altri. Le due donne scrivono assieme le loro variazioni sulla traccia di quelle di un monumento della musica classica (replica venerdì 22, ore 21). Serata speciale al Dopofestival, che alle 23.00, nel Giardino Romantico di Palazzo Reale, ospita lo spettacolo di Pier Luigi Razzano intitolato Così lontani, così vicini con Valentina Curatoli e Giovanni Ludeno. Un unico lavoro suddiviso in tre momenti dedicati a grandi scrittori stranieri del passato, per raccontare le loro storie d’amore e il loro viaggio a Napoli. Storie tratte dal libro Così lontana, così vicina, edito da Intra Moenia. I protagonisti sono Fedor Dostoevskij, Walter Benjamin e Francis Scott Fitzgerald: lontani e vicini dalla donna che amano, lontani e vicini dalla città che scoprono e poi rivivono a distanza grazie alla memoria e attraverso le loro opere. Replica il 22 e il 23 alla stessa ora. Giovedì 21 giugno alle ore 17.30 (ed ancora poi giovedì 28) in programma anche il “Metro Art Tour speciale Napoli Teatro Festival Italia” che propone una “Mise en scène” inserita nel percorso di due visite alle “Stazioni dell’arte” della Linea 1 della metropolitana di Napoli. Grazie alla partnership tra il NTFI e l’Azienda Napoletana Mobilità, il pubblico potrà partecipare a un tour che si snoda tra le opere d’arte di William Kentridge, Bob Wilson, Oliviero Toscani, Shirin Neshat e Francesco Clemente. L’evento è gratuito fino a esaurimento dei posti. Per partecipare è necessaria la prenotazione all’indirizzo [email protected]. 20 giugno 2018 “FUORISCENA” di FORTUNATO CALVINO, con GINO RIVIECCIO e ANTONELLA MOREA. In PRIMA NAZIONALE al TEATRO NUOVO di Napoli. Maria Puca -

Presentato questa mattina nel foyer del Teatro Augusteo “Fuoriscena”, lo spettacolo di Fortunato Calvino con Gino Rivieccio e Antonella Morea, che andrà in scena in prima nazionale al Teatro Nuovo di Napoli mercoledì 20 giugno (ore 21,30) e giovedì 21 giugno (ore 19) nell’ambito del cartellone del “Napoli Teatro Festival 2018”. All’incontro con la stampa hanno partecipato l’autore e regista della commedia Fortunato Calvino e gli attori protagonisti Gino Rivieccio e Antonella Morea. Scritta nel 2015, “Fuoriscena” è una commedia sull’amicizia e sulla solidarietà senza limiti d’età, un testo ironico e tagliente sulla paura della solitudine e della vecchiaia con il rischio di perdere la propria indipendenza a causa dell’avvento di una malattia invalidante, lo scontro titanico e al vetriolo fra due caratteri forti, specchio di realtà che all’inizio sembrano completamente opposte, ma che poi fanno emergere forte la voglia di essere felici e cercare punti di incontro . E’ la prima commedia scritta da Calvino dopo tanti testi drammatici e di impegno sociale dedicati a temi quali il racket, la diversità e l’emarginazione. Protagonisti dello spettacolo sono Gloria e Manuele. Gloria è stata una grande attrice, e ora vive di ricordi come la protagonista del film “Viale del tramonto”, Norma Desmond. Vive sola con il suo amato gatto “Amleto”, che s’intrufola un pomeriggio nell’appartamento del suo vicino Manuele, che Gloria detesta perché gay. A causa del gatto i due saranno costretti a parlarsi, arrivando subito alla conclusione che la pensano diversamente. Eppure gli eventi, gli accadimenti della vita lì porteranno a conoscersi a capire che in comune hanno molto e che Gloria un giorno potrà contare su questo uomo che si porta a casa giovani marchettari. Gloria oggi vive da sola, sconta con la solitudine il suo essere stato quando era “un’attrice famosa” , ma perfida e che ha abusato del suo ruolo per sottomettere tutti. Ha una paura; è terrorizzata che un giorno finirà in un ospizio. Il solo pensiero di questa misera fine la porta a recuperare nel tempo il rapporto con il suo vicino di casa Manuele. “Fuoriscena” è una commedia dal ritmo incalzante e brillante dove i due protagonisti si scontrano come due pugili su un ring dandosene di santa ragione con frasi feroci, taglienti come coltelli. Ma è anche l’incontro del dolore di Manuele e la paura di Gloria di essere chiusa dai nipoti in un ospizio e lì abbandonata. E’ un testo sul mondo del teatro, su quella parte che lo spettatore non vede mai; il retroscena, è il fuoriscena di un mondo a volte fatto di rivalità, di gelosie e d’invidia, e di arroganza. Emerge dal testo anche il tema degli abusi, dei compromessi che a volte, si devono accettare per poter avere un ruolo. Un lato oscuro circoscritto, limitato ma che esiste. – Da “Fuoriscena” MANUELE: “Penso che l’hai fatto apposta…dopo tanti anni chissà che ti è scattato in testa, e hai pensato che forse un vicino di casa anche se gay, è meglio averlo come amico che come nemico…la solitudine ti stava divorando e allora hai pensato bene di mettere su una recita…fuoriscena appunto!…”. 20 giugno 2018

Antonella Morea sarà Gloria un'attrice sul Viale del tramonto - di Nicola Garofano

Nel foyer del Teatro Augusteo di Napoli si è tenuta la conferenza stampa dello spettacolo "Fuoriscena" di e per la regia di Fortunato Calvino con Antonella Morea e Gino Rivieccio che andrà in scena in prima nazionale stasera, mercoledì 20 giugno (ore 21,30) e domani giovedì 21 giugno (ore 19) al Teatro Nuovo Napoli, in via Montecalvario. Antonella Morea spiega il suo ruolo, Gloria, un'attrice che si è ritirata dalle scene che ha paura della solitudine, della vecchiaia e conoscerà e si scontrerà con il suo vicino, gay, perchè omofoba, conservatrice, rifiuta la diversità, ma poi man mano succederà qualcosa tra i due.

20 giugno 2018

Gino Rivieccio parla del suo nuovo ruolo a teatro - Video intervista - di Nicola Garofano

Gino Rivieccio è Manuele nella piéce teatrale “Fuoriscena” di e per la regia di Fortunato Calvino che da stasera andrà in scena in prima nazionale, mercoledì 20 giugno (ore 21,30) e domani giovedì 21 giugno (ore 19) al Teatro Nuovo Napoli, in via Montecalvario, nel cartellone del Napoli Teatro Festival Italia 2018. Ed è il suo primo ruolo nell'interpretare un omosessuale e si scontrerà con la sua vicina omofoba, Gloria interpretata da Antonella Morea. “Fuoriscena" di Fortunato Calvino è una commedia dal ritmo incalzante e brillante dove i due protagonisti , si scontrano come due pugili su un ring dandosene di santa ragione con frasi feroci, taglienti come coltelli. É un testo sul mondo del teatro, su quella parte che lo spettatore non vede mai; il retroscena, è il fuoriscena di un mondo a volte fatto di rivalità, di gelosie e d’invidia, e di arroganza. Emerge dal testo anche il tema degli abusi, dei compromessi che a volte, si devono accettare per poter avere un ruolo: “Pessima attrice! Hai lavorato solo perché ti scopavi tutti; dal politico al regista di turno, vipera!”. Un lato oscuro circoscritto, limitato ma che esiste. “Fuoriscena” è una commedia sulla terza età, sulla paura della solitudine, sulla paura di perdere la propria indipendenza con l’avvento di una malattia invalidante. I due protagonisti sono lo specchio di una realtà. Dal testo emerge forte la voglia dei due protagonisti di essere felici.

20 giugno 2018

A teatro Ferrante, Proietti, Baricco

(ANSA) - ROMA, 20 GIU - La ''Salomè'' di Oscar Wilde ad aprire il Pompeii Theatrum Mundi, con la regia di Luca De Fusco e un cast all star con Eros Pagni, Gaia Aprea, Anita Bartolucci e Giacinto Palmarini; lo Shakespeare hollywoodiano di ''Molto rumore per nulla'' con le musiche di Erich Wolfgang Korngold, la Filarmonica Toscanini e la regia di Walter Le Moli, a Parma. E ancora, la ''Storia di un'amicizia'' dal best seller ''L'amica geniale'' di Elena Ferrante per Fanny e Alexander e ''Sei'' da Pirandello per Francesco Sframeli e Spiro Scimone, tutti al Napoli Teatro Festival Italia; il ritorno di Gigi Proietti e i suoi intramontabili ''Cavalli di battaglia'' al Roma Summer Fest; Alessandro Baricco con Valeria Solarino tra Cittareale e Amatrice (RI) per ''Palamede / Iliade - Le grandi narrazioni''; fino al ''Frankenstein'' con Cristina Donadio, Silvia Gallerano, Manuela Mandracchia, Laura Mazzi e Maya Sansa alla V Festa di Teatro Eco Logico di Stromboli (ME): sono alcuni degli spettacoli teatrali in scena nel prossimo week end 20 giugno 2018

Ntf18, Paolo Isotta e Peppe Barra a Villa Pignatelli

Annalisa Nuzzo La natura umana e quella degli animali che si intrecciano attraverso l’arte e la musica. E’ la linea tracciata da Paolo Isotta nella sua antologia personale intorno al mondo animale “Il canto degli animali” appunto, in cui le due nature aprono a quella dimensione istintiva, che li tiene insieme e li affratella nel profondo.

Paolo Isotta condivide lo spazio e la scena dedicati alla sua narrazione poetica in scena a Villa Pignatelli per la rassegna Qui del Napoli teatro festival dedicata alla letteratura, con Peppe Barra e con la sua capacità di affabulare cantando e di cantare affabulando.

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20 giugno 2018

AL NAPOLI TEATRO FESTIVAL “ALL’ APPARIR DEL VERO, DIALOGO TRA LEOPARDI E LA MORTE”

20 giugno 2018

Teatro, 'L'attore è un atleta del cuore': focus sulla figura di Antonin Artaud

All'interno del "Napoli Teatro Festival 2018" al Piccolo Bellini Michele Monetta propone il workshop intensivo, Nalpas: L'attore è un atleta del cuore, per attori, cantanti,...Leggi tutta la notizia il Denaro.it 20-06-2018 17:47

20 giugno 2018

Al Piccolo Bellini un workshop dedicato al teatro di Antonin Artaud Fracesca Panico Un laboratorio sulle tecniche di recitazione dedicato ad Artaud. Anche questo è il Napoli Teatro Festival. Prosegue fino al 24 giugno, al Piccolo Bellini, il workshop intensivo Nalpas: L’attore è un atleta del cuore, per attori, cantanti, danzatori, atleti, registi, coreografi e performer tout court, totalmente dedicato al teatro della crudeltà e alla figura di Antonin Artaud (1896-1948), nel 70° anniversario della sua scomparsa. Il laboratorio è condotto da Michele Monetta, insieme con Lina Salvatore e Giuseppe Rocca. Il Novecento è stato contrassegnato dal pensiero e dal lavoro di Artaud, autore di “Il Teatro e il suo doppio”, una delle più grandi personalità della scena moderna e contemporanea; decisivo il suo contributo nella svolta verso il cambiamento in ambito teatrale. Il modo di pensare e fare il teatro oggi, seppur passando attraverso qualche deriva performativa dovuta ad approssimative interpretazioni del concetto di Teatro della Crudeltà, deve tanto ad Artaud. Da oltre 70 anni non si può prescindere da lui, non possono il Living Theatre, Carmelo Bene, la Body Art, la Danza Buto, l’Antipsichiatria, Valère Novarina. Eppure è ancora al centro del teatro anche in questo nuovo millennio.

Il workshop prevede: esercizi di euritmia; coordinazione braccia gambe; respirazione e movimento (Feldenkrais); corpo e spazio; elementi di biomeccanica (Mejerchol’d); lettura e interpretazione di glossolalìe scritte da Artaud e vocalità; il Teatro della Crudeltà (manifesti); lettere dal manicomio di Rodez; danze sacre e movimento ritmico (Dalcroze, Gurdjieff); forme e figure dal Mime Corporel di Decroux; il sistema ternario da Barrault-Artaud; montaggio di azione e concetto artaudiano di “poesia nello spazio”; anteprima in forma di conferenza della bozza della nuova traduzione de Il Teatro e il suo doppio.

20 giugno 2018

Mujura / presentazione nuovo disco " Come tutti gli altri dei"

MUJURA live presentazione nuovo disco " COME TUTTI GLI ALTRI DEI" Dopofestival del Napoli Teatro Festival mercoledì 20 giugno 2018 Giardino Romantico di Palazzo Reale, Napoli ore 23, ingresso gratuito " COME TUTTI GLI ALTRI DEI" / presentazione Musicista e produttore di Eugenio Bennato, Mujura torna con dieci canzoni in italiano incentrate sui miti, gli eroi e gli eventi della mitologia greca che fanno da specchio alle contraddizioni e ai paradigmi dell'uomo contemporaneo occidentale. Il suo è un cantautorato folk popolare che utilizza gli strumenti della tradizione ionica e mediterranea (chitarra battente, lira calabrese, tamburelli, oud, mandola, mondol algerino, tamburo a cornice) mescolandoli a strumenti classici (archi, clavicembalo, contrabbasso) e a quelli della contemporaneità come le chitarre elettriche, fra tracce dai ritmi travolgenti e ricami acustici di mandolini e volteggi d'archi. La voce scabra e teatrale fa il resto, costruendo una galleria di dei troppo umani che rappresentano la follia di uomini illusi di essere dio. Radiocoop Bulbart Macramè - Trame comunicative

AMICIZIE.EU 21 giugno 2018

A LETTERATURE Adam Zagajewski

Stasera a Napoli a Villa Pignatelli alle ore 19, La rassegna Letteratura del Napoli Teatro Festival Italia, a cura di Silvio Perrella, accoglie un intervento di Daniele Piccini sulla “lussureggiante e misteriosa produzione della poesia italiana degli ultimi cinquant’anni”. A seguire, in collaborazione con l’Istituto Polacco di Roma, l’incontro con il poeta e scrittore Adam Zagajewski.

Introducono Marta Herling, segretaria generale dell’Istituto Croce e figlia dello scrittore polacco Gustaw Herling e Andrea De Carlo che insegna Letteratura polacca all’Università degli studi di Napoli “L’Orientale”. Prova a cantare il mondo mutilato Prova a cantare il mondo mutilato. Ricorda le lunghe giornate di giugno e le fragole, le gocce di vino rosé. Le ortiche che metodiche ricoprivano le case abbandonate da chi ne fu cacciato. Devi cantare il mondo mutilato. Hai guardato navi e barche eleganti; attesi da un lungo viaggio, o soltanto da un nulla salmastro. Hai visto i profughi andare verso il nulla, hai sentito i carnefici cantare allegramente. Dovresti celebrare il mondo mutilato. Ricorda quegli attimi, quando eravate insieme in una stanza bianca e la tenda si mosse. Torna col pensiero al concerto, quando la musica esplose. D’autunno raccoglievi ghiande nel parco e le foglie volteggiavano sulle cicatrici della terra. Canta il mondo mutilato e la piccola penna grigia persa dal tordo, e la luce delicata che erra, svanisce e ritorna. Adam Zagajewski da “Dalla vita degli oggetti” – Poesie 1983-2005”, Adelphi, 2012, nella traduzione di Krystyna Jaworska 21 giugno 2018

Metro Art Tour speciale Napoli Teatro Festival Italia

Giovedì 21 e giovedì 28 giugno l'Azienda Napoletana Mobilità in collaborazione con Napoli Teatro Festival Italia ha organizzato due Metro Art Tour dedicati alla stazione Toledo/ Montecalvario. I due tour, durante il percorso di visita, vedranno alcuni interventi dell’attrice Antonella Ippolito. L’orario d’inizio di entrambe le visite è fissato alle ore 17:30 presso l’atrio della stazione Toledo, per terminare alle ore 19.00 ca. presso l’atrio di Montecalvario. È prevista la prenotazione obbligatoria fino ad esaurimento dei posti disponibili all’indirizzo:[email protected]

21 e 28 giugno 2018 Metro Art Tour speciale Napoli Teatro Festival Italia Da Toledo a Montecalvario Appuntamento ore 17:30 atrio stazione Toledo Durata tour: 90 minuti circa Visita gratuita con prenotazione obbligatoria fino a esaurimento dei posti disponibili:[email protected] 21 giugno 2018

Napoli. “Napoli Teatro Festival 2018”. Piccolo Bellini. “NALPAS: L’ATTORE È UN ATLETA DEL CUORE.”

All’interno del “Napoli Teatro Festival 2018” al Piccolo Bellini Michele Monetta propone il workshop intensivo, Nalpas: L’attore è un atleta del cuore, per attori, cantanti, danzatori, atleti, registi, coreografi e performer tout-court, totalmente dedicato al teatro della crudeltà e alla figura di Antonin Artaud (1896-1948), nel 70° anniversario della sua scomparsa. Il laboratorio condotto da Michele Monetta, con Lina Salvatore e Giuseppe Rocca, iniziato il 14 giugno si concluderà domenica 24, con una prova aperta al Piccolo Bellini. Il Novecento è stato contrassegnato dal pensiero e dal lavoro di Artaud, l’autore de, “Il Teatro e il suo doppio”, una delle più grandi personalità della scena moderna e contemporanea che maggiormente contribuì a cambiare il modo di pensare e fare oggi il teatro, non senza incorrere in qualche vuota deriva performativa dovuta ad approssimative interpretazioni del concetto di Teatro della Crudeltà. Poeta autentico ed estremo, sovente più grande e lungimirante delle sue stesse realizzazioni, Antonin Artaud perse, in vita, tutte le sue battaglie per poi, paradossalmente, vincere la guerra ed influenzare il pensiero e la cultura tutta del suo secolo. Da oltre 70 anni non si può prescindere da lui, non possono il Living Theatre, Carmelo Bene, la Body Art, la Danza Buto, l’Antipsichiatria, Valère Novarina. Eppure è ancora al centro del teatro anche in questo nuovo millennio. La battaglia contro il significato della parola fu un elemento costante nel suo pensiero. L’anatema contro la parola ne è l’esempio più che evidente, Artaud avversò strenuamente la parola appiattita sul significato e assoggettata alla mera funzione comunicativa. Nalpas fu il cognome che egli usò per firmarsi durante l’internamento in manicomio, era il cognome della nonna materna di origine turco greca. Il laboratorio prevede esercizi di euritmia; coordinazione braccia gambe; respirazione e movimento (Feldenkrais); corpo e spazio; elementi di biomeccanica (Mejerchol’d); lettura e interpretazione di glossolalìe scritte da Artaud e vocalità; il Teatro della Crudeltà (manifesti); lettere dal manicomio di Rodez; danze sacre e movimento ritmico (Dalcroze, Gurdjieff); forme e figure dal Mime Corporel di Decroux; il sistema ternario da Barrault-Artaud; montaggio di azione e concetto artaudiano di “poesia nello spazio”; anteprima in forma di conferenza della bozza della nuova traduzione de Il Teatro e il suo doppio. www.icraproject.it 21 giugno 2018

Peppe Lanzetta e Pasquale De Cristofaro, “Sotto il Vesuvio niente” al Napoli Teatro Festival Un bestiario napoletano, un magma di creature che si affastellano come formiche e che si muovono vorticosamente tra il sole e la lava del Vesuvio: “Sotto il Vesuvio niente” è una storia di mosaici, di tessere che danzano tra il fuoco e la salsedine e che urlano e sussurrano ai passanti, e agli spettatori, la loro storia. Storia comune per gente speciale, avrebbe detto Fabrizio De André, e quella delle creature del Vesuvio è una storia maledettamente e scandalosamente comune, normale nelle sue sfumature e speciale nei suoi risvolti che sanno di sangue e di morte.Il bestiario che si apre a ventaglio sotto il Vesuvio vede sfilare un caleidoscopio di tipi umani, uno zoo che si agita dietro le sbarre dello sguardo degli spettatori, che osservano il contorcersi animalesco delle figure del sottosuolo napoletano. Come bestie sgorgate dalla lava e dalla cenere, i personaggi del catalogo del Vesuvio si offrono alla platea: le lacrime napulitane vengono sublimate dalla voce dei menestrelli e dei cantori, che urlano a gran voce il loro dolore e la loro voglia di rivalsa, con il ritmo ancestrale e primitivo di percussioni che sanno di altri tempi e altre epoche. Peppe Lanzetta e Pasquale De Cristofaro, tra teatro, danza e canto La voce possente e straziante delle cantate napoletane scandisce lo spettacolo come un mantra ossessivo, che commuove punti dell’animo che il pubblico non ricordava di possedere: è leitmotiv dello spettacolo progetto di Peppe Lanzetta e Pasquale De Cristofaro, e come un filo rosso guida gli spettatori tra marinai, mandolini, vulcani dalle bocche fumanti e personaggi che urlano al pubblico la propria colpa e il proprio legittimo diritto di redenzione. I personaggi di “Sotto il Vesuvio niente”, la colpa se la portano addosso come un odore, come un peccato originale o un tatuaggio sotto gli strati dell’epidermide: le donne del bestiario del Vesuvio, nate dal mare come Veneri botticelliane, ma nate non da una conchiglia, ma dal tufo e dalla lava, donne napoletane sante e sgualdrine in cerca di un battesimo di redenzione. Le donne del bestiario vesuviano vogliono tutto, vogliono estrarre l’inverno dall’inferno, il sole dai vicoli bui e fitti, la schiuma dalle onde e la tempesta dal mare, sono sante e sono cristalline, e sembra che tra le loro cosce si annidi il segreto della vita e dei secoli.Accanto a loro, sfilano i femminielli, figure androgine e fluide, che stemperano l’emozione e la commozione piazzando qua e là, come fiori dalle spine pungenti, le loro battute a sfondo sessuale, i loro doppi sensi e giochi di parole, strappando al pubblico risate amare come l’aria che si respira nei vicoli certi giorni di agosto.Le baby gang irrompono sul palco: c’è posto anche per loro, in un bestiario vorticoso e incessante, e coi loro pugnali inscenano una danza scandita dalle urla degli adulti che usano aggettivi come “irrecuperabili” e che vestono di negazione il loro destino. Per le baby gang non esiste recupero, redenzione, non esiste il posto al sole sotto il Vesuvio, ma solo i flutti neri di un mare che non è più amico. Sotto il Vesuvio niente di Peppe Lanzetta e Pasquale De Cristofaro, tra sacro e profano In un bestiario laico e profano, fanno capolino anche i santi, urlati a denti digrignati: San Biagio dei Librai, Santa Lucia, Santa Chiara, San Domenico, San Lorenzo, e tutti i santi che pongono la propria aureola sul corpo di Partenope e che invocano per lei benedizioni e maledizioni al tempo stesso. La preghiera laica ha appena il tempo di esaurirsi, per poi sfociare nell’abbraccio finale del mare, che si stacca dalla scenografia per avvolgere gli attori e il pubblico come un lenzuolo azzurro, di spuma e cielo. Che il mare porti con sé risacca e redenzione, e che riabiliti Partenope, troppo gloriosa per perire, troppo ingombrante per sentirsi orfana dello Sterminator Vesevo.

MONICA ACITO 21 giugno 2018 ‘Rose is a rose is a rose is a rose’ da Trieste in giù

In scena dal 23 al 24 giugno a Muggia (TS) e il 30 giugno al Napoli Teatro Festival Italia 2018

Un unico palcoscenico da Muggia (TS) a Napoli per ‘Rose is a rose is a rose is a rose’,diretto da Tommaso Tuzzoli. Lo spettacolo, scritto da Ivana Sajko, è prodotto Golden Show e vede protagonista Sabrina Jorio, andrà in scena sabato 23 giugno, alle ore 21:00, e domenica 24 giugno, alle ore 21:00, al Teatro Giuseppe Verdi a Muggia e domenica 30 giugno, alle ore 21:30, al Cortile delle Carrozze di Palazzo Reale per il Napoli Teatro Festival Italia 2018, per la sezione Osservatorio. Il regista napoletano Tommaso Tuzzoli è il presidente dell’associazione Tinaos che organizza Muggia Teatro, sezione italiana del Festival Estivo del Litorale. Tuzzoli presenterà, sempre in veste di regia, in prima nazionale al Muggia Teatro Mercoledì 11 luglio, alle ore 11:00 per Ricremattina e alle ore 21:00, al Teatro Giuseppe Verdi Ahmed il filosofo di Alain Badiou, prodotto da Tinaos in collaborazione con Associazione Assoli, Valli del Natisone – Through Landscape ʼ17. Sinossi Un incontro tra un uomo ed una donna una notte in discoteca. Il loro ritorno a casa attraverso la città in una notte di guerra. Un autobus che brucia con passeggeri ignari, la loro fuga dal pericolo. L’arrivo a casa di lui. L’amore tra i due e un risveglio che ha il sapore dell’abbandono. Note di regia Un vortice di parole che danza su di un motivo d’amore. Un vortice di parole che frammenta il ricordo per ricostruirlo solo alla fine lentamente. Un vortice di parole che dà vita ad un testo confessione ad un testo affermazione della propria esistenza. ‘Rose is a rose is a rose is a rose’ di Ivana Sajko, giovane autrice croata, è un testo che abbiamo voluto tradurre e presentare per la prima volta in Italia, affascinati da una scrittura densa fatta di luce e buio, di corpo e anima, di violenza e ironia. Una scrittura veloce che toglie il respiro e togliendolo ne chiede un altro più profondo, più consapevole, frasi che come orli taglienti lasciano cicatrici sui corpi, nella mente, nelle emozioni. Una storia d’amore che prende vita sulle macerie di una guerra inattesa. Una notte d’amore che si trasforma in un miracolo inaspettato, in una fuga dal dolore, in un incastro tra corpi, in una mattina dove la luce apre le porte all’abbandono. Una storia che chiede di essere ricucita pian piano. Il ricordo di chi narra è fatto di piccoli indizi, di ripetizioni ossessive. Il ricordo diviene l’ostacolo. Il ricordo vuol essere cullato, vuol riaffiorare un po’ alla volta e l’unico modo per ricostruirlo è la scrittura. Il personaggio/autrice narra i fatti ed esorcizza gli avvenimenti attraverso l’atto della scrittura tramutando la parola in una partitura a più voci. Sogno ad occhi aperti, allucinazioni fatte di voci che affollano una memoria e che chiedono di essere ascoltate. Una rosa è una rosa ma le sue spine possono ferire. Tommaso Tuzzoli 21 giugno 2018

Come di’, la commedia escheriana di Adriana Follieri

Debutta a Palazzo Reale, nell'ambito del Napoli Teatro Festival 2018, Come dì - comédie dangereuse | o dei muti turpiloqui d’amore di Adriana Follieri con Dora De Maio, Angela Fabiano, Fiorenzo Madonna e musica e voce di Marcello Squillante.

Nike Francesca Del Quercio

Ha debuttato ieri, 20 giugno, a Palazzo Reale, sempre nell’ambito del Napoli Teatro Festival 2018, lo spettacolo Come di’ – Comédie dangereuse o dei muti turpiloqui d’amore, di Adriana Follieri, con gli attori Dora De Maio, Angela Fabiano, Fiorenzo Madonna e il musicista e cantante Marcello Squillante. La location scelta per l’evento inizialmente era il Cortile delle Carrozze con un palco di dieci metri per otto, dato da non sottovalutare se si pensa che a poche ore dallo spettacolo, causa pioggia, tutta la scenografia è stata spostata per intero sotto i portici del giardino con uno spazio di due metri per due che ha segnato, all’ultimo momento, una totale risistemazione non solo di tutti gli attrezzi di scena ma anche della recitazione stessa dal momento che il pubblico non si sarebbe trovato più come previsto di fronte al palco ma ai suoi lati. Follieri lo spiega in una emozionata ma al contempo fiera captatio benevolentia prima dell’inizio ad un pubblico stranito ma di certo divertito da quel riposizionamento e da quella prospettiva diversa dal solito. Che, a posteriori, appare perfettamente adatta al visionario e camaleontico Come di’. “Sono stufo del lirismo moderato. Del lirismo educato. […] Sono stufo del lirismo corteggiatore. Politico. Rachitico. Sifilitico. […] Voglio piuttosto il lirismo dei pazzi. Il lirismo degli ubriachi. Il lirismo difficile e pungente degli ubriachi. Non voglio più saperne del lirismo che non è liberazione.” Nei versi di Manuel Badera, tratti da Libertinagem e recitati da Fiorenzo Madonna in apertura, sono un’annunciazione di quello che accadrà sul palco per i successivi 90 minuti. Il tempo di una partita a calcio, in fondo. In campo le due squadre rivali da una vita: apollineo e dionisiaco, vero e falso, apparenza e realtà. Tre i personaggi che lo disputano scambiandosi di continuo i ruoli, compreso quello della palla scalciata, cercata, scansata ma mai quello di protagonisti. Al centro della scena c’è sempre e solo lui, il teatro, atavica metafora della vita a cui tenta di dare splendore con le rime, i balletti, le battute ma che alla fine appare sempre come maschera di sè stesso. E maschere sono anche Dora di Maio, rigida e inflessibile nella sua ostentazione di ogni tipo di virtù e di talento, Fiorenzo Madonna, alla ricerca continua di un cambiamento che non trova in quanto succube di sua cugina Dora, o Angela Fabiano, ‘a piccerella, burattino nelle mani dei due che la prendono quando è ancora una rozza ragazzetta e che la trasformano in un’attrice esperta, pronta a dimenticarsi chi è, ogni volta che sale sul palco. Questo gioco di specchi, di doppi e di scomparse si compie come in un quadro di Escher attraverso citazioni e ammiccamenti di grandi artisti da cui gli attori di Come di’ entrano ed escono, fluidi e impalpabili tanto che si fatica a cogliere ogni nesso, ma come dice un’attrice/spettatrice che conosco: “Se diventi complicato e non riesco a seguirti allora emozionami!” E le emozioni sgorgano come fiumi in quelle riflessioni amare accompagnate dalla danza di Angela Fabiano, diafana e leggere, e dalle musiche ora allegre ora tristi della fisarmonica e chitarra e dalla voce avvolgente di Marcello Squillante. A tutto ciò si aggiungono come filo conduttore, la commedia nella tragedia nella commedia, i riferimenti al Cyrano de Bergerac, rappresentazione della finzione per eccellenza. Dora è Cyrano, Fiorenzo è Rossana e Angela è il tramite, ma poiché in Come di’ la finzione è accentuata, palesata, rivendicata anzi, la ragazza viene plasmata a immagine e somiglianza della donna proprio in presenza dell’amato che alla fine consumerà con brutalità quel dono d’amore con l’unico dubbio se il suo oggetto del desiderio era una Dora più bella o se Angela poteva essere amata solo dopo il benestare dell’integerrima cugina. In ogni caso, la morale anche qui è che nulla c’è di vero, nemmeno nell’amore. Ad un tanto complicato gioco di trame si aggiunge l’uso di ben quattro lingue: italiano e francese in prevalenza, ma anche napoletano e sporadicamente spagnolo. La lingua diventa così un’ennesima scatola cinese, che richiede tutta l’attenzione del suo spettatore per essere decifrata. Ma d’altronde la recita è gioco e lo dicono bene in francese gli attori col loro continuo: “On va jouer” dove jouer sta tanto per “giochiamo” che per “recitiamo“. Tutta la macchina teatrale di Come di’ trova riscontro e accompagnamento nei costumi di Antonella Mancuso, nella scenografia essenziale ma al contempo multiforme di Federica Di Gianni e nel disegni luce di Davide Scognamiglio, capace di conferire plasticità e rara drammaticità ai personaggi. E sebbene qualcosa è stato cambiato e sacrificato, rispetto al progetto iniziale a causa del cambio della location, tirando le somme, forse è stato meglio questo spazio ristretto, più intimo, che ha abbattuto la quarta parete piombando con irruenza sugli spettatori, tirati in ballo senza preavviso nello spettacolo. Così come nella vita.

21 giugno 2018 Gino Rivieccio in "Fuoriscena" interpreta per la prima volta un personaggio gay: «Ogni attore dovrebbe misurarsi in un ruolo simile»

• Claudio Finelli • Debutta in anteprima, al Napoli Teatro Festival, il nuovo progetto drammaturgico di Fortunato Calvino, regista e autore da sempre vicino al mondo alla comunità Lgbti, che ha più volte raccontato la vita e le esperienze delle persone omosessuali e transessuali con un’attenzione particolare per il mondo dei femminielli napoletani. • Il nuovo lavoro, Fuoriscena, oltre ad avvalersi della partecipazione di una protagonista della scena teatrale napoletana e italiana, come Antonella Morea, nei panni di un’attrice sul viale del tramonto, vede la presenza di un noto mattatore della commedia brillante quale Gino Rivieccioche intepreta, per la prima volta, il ruolo di un omosessuale. • Incontriamo Gino Rivieccio a poche ore dal debutto. • Ci può brevemente descrivere il suo personaggio nello spettacolo Fuoriscena? • Premetto che è un lavoro carico di emozioni, e per questo bellissimo, con punte di leggerezza. Manuele è un uomo gay che vive da solo, lacerato dalla morte del compagno avvenuta anni prima. Ha una vicina di pianerottolo, Gloria, un’ex attrice omofoba e insofferente verso gli omosessuali e il loro mondo. Dopo violenti scontri iniziali il loro rapporto cambierà. Sarà la vita con i suoi accadimenti a far scattare quella sensibilità e quella solidarietà, facendo cadere tutte le barriere e i pregiudizi che entrambi hanno verso il mondo dell’altro. • Il finale a sorpresa rivelerà tutto il crogiolo di sentimenti e di emozioni nascoste fino a quel momento. • È la prima volta che lei interpreta la parte di personaggio omosessuale? Quanto è difficile non cadere nel cliché e realizzare, invece, un personaggio credibile e reale? • Sì, è la prima volta che mi è stato proposto un personaggio omosessuale. Oggi riconosco che ad ogni attore dovrebbe capitare l'occasione di misurarsi in un ruolo simile. Forse era quello che mi mancava nella mia lunga carriera e mi rendo conto dell'arricchimento interiore che questo ruolo mi ha donato. • Io credo di aver affrontato questa prova semplicemente da attore, immedesimandomi nel personaggio ed evitando qualsiasi macchiettizzazione del gay come, invece, è stato fatto troppo spesso in un certo deprimente cinema commerciale. • Fuoriscena è una pièce che parla anche di esclusione e solitudine. Lei crede che oggi l’Italia sia un Paese che include le persone omosessuali o invece le discrimina? • Personalmente frequento un ambiente, quello artistico, dove non esistono esclusioni: siamo tutti un po’ matti e un po’ strani, per cui non viviamo il problema dell'accettazione. Ho tanti amici gay tra cantanti e attori, per cui proprio non sento il problema dell'omofobia. Però ti posso dire che spesso c'è un atteggiamento, al contrario, molto selettivo da parte dei gay: probabilmente è un modo di mantenere alte le difese e proteggersi da una società che non è ancora del tutto matura all'accettazione dell'altro. • Ma i tempi sento che sono maturi. Mi auguro che lo diventino anche quelli che finora hanno mostrato un crescente strabismo verso il tema.

21 giugno 2018

CULTURA La patria è un luogo della mia infanzia Adam Zagajewski . Una intervista con il poeta polacco, ospite oggi a Napoli. Fra i suoi ultimi libri, il volumetto dal titolo «Il fuoco eracliteo nel giardino d’inverno», per Raffaelli

«Ridatemi la mia infanzia,/quella repubblica di passeri garrulli,/le smisurate selve di ortiche/e il pianto notturno del timido allocco/…//Adesso, oramai, saprei sicuramente/come essere bambino, saprei/come guardare gli alberi coperti di brina,/come vivere immobilmente»». È questo uno dei passi delle dieci poesie di Adam Zagajewski, poeta polacco nato a Leopoli nel 1945, più volte candidato al premio nobel per la letteratura, pubblicate in un volumetto dal titolo Il ’fuoco eracliteo’ nel giardino d’inverno dall’editore Raffaelli (pp. 95, euro 20) a cura di Alberto Fraccacreta per la traduzione di Marco Bruno e corredato, nella seconda parte, da cinque rilevanti contributi critici all’autore. Adam Zagajewski sarà stasera ospite nella cornice di Villa Pignatelli (ore 19), in dialogo con il pubblico, nell’ambito di Napoli Teatro Festival Italia come protagonista degli incontri letterari. Nei suoi libri, la memoria individuale convive con quella più ampia di una comunità. Ma la poesia oggi, nei magnifici tempi della progressione tecnologica, è capace ancora di ricercare il luogo della memoria o anch’essa è troppo distratta? Non tutto è cambiato. La tecnologia, certamente, ha prodotto molti mutamenti ma noi siamo sempre gli stessi, dormiamo e abbiamo dei sogni, amiamo e, a volte, qualcuno ci ama. Lentamente camminiamo per i musei, guardiamo i dipinti realizzati cinquecento anni fa e vi troviamo volti che ci ricordano i nostri cari e amici. Non credo che la tecnologia abbia mai ucciso la vita interiore. Gli introversi si difenderanno, si difendono da molto tempo… Il grande novecento polacco con i suoi rappresentanti, quali Miłosz, Herbert, Szymborska, ha scosso per forza e visione tutta l’Europa. La poesia contemporanea si è posata prevalentemente in Polonia…C’è una ragione secondo lei? Non conosco una risposta risolutiva a questa domanda, così è successo… La Polonia è un paese strano – si trova sul fianco orientale dell’Occidente, tuttavia si considera parte dell’Occidente, ma sconta alcuni complessi. D’altro canto, ha una grande cultura russa, però è come sospesa nell’aria, non avendo contatti con la realtà politica, con il despotismo. La sua posizione periferica ha anche alcuni vantaggi – in questo caso (forse) ha permesso che il modernismo, già leggermente formalizzato, della poesia dell’Europa occidentale si saturasse di emozione, ma in modo tale da non perdere la tensione intellettuale. Nella sua poesia «Autoritratto» uscita nel libro «Dalla vita degli oggetti» (Adelphi, 2012) a cura di Krystyna Jaworska, dice: «Talvolta mi parlano i quadri dei musei/e allora l’ironia svanisce all’improvviso…». L’opera d’arte può essere costruita anche con l’ironia? Non sono un così radicale oppositore dell’ironia – o dello humor, che è un’altra cosa. Mi piacciono le poesie di Cummings, leggo attentamente Larkin, penso che nelle mie poesie si trovi molta ironia e un po’ di humor. Ma ritengo anche che la base di tutto debba essere la serietà – un atteggiamento critico verso il mondo. Né più, né meno. Sempre nel medesimo libro, nella poesia «Addio ad Herbert», si legge: «…/Mi piaceva immaginarti vagabondo/tra le vette della poesia,…/Ma ti ho sempre trovato negli alloggi angusti/di quei grigi moloch detti metropoli//…». Le giro la domanda- interrogazione di Hölderlin: «perché i poeti in tempo di miseria?». Questa è una domanda con una certa rilevanza. Hölderlin vi rispose con la sua eccezionale poesia – non smise infatti di scrivere versi, e se lo fece più tardi, fu quando la malattia lo costrinse a quell’abbandono. Finché si ha qualcosa da dire, si deve scrivere, si deve sostenere la vita spirituale. I poeti non dovrebbero capitolare – e comunque non spetta a loro stabilire l’ulteriore destino dei frutti del loro lavoro. Dietro la sua scrittura sembra che parlino tante voci: Herbert, Miłosz, Tadeusz Rozewicz; potremmo utilizzare, per definire tutto questo, la parola latina «traditio»? o anche quella tedesca «überlieferung»? Questo termine è per me importante, è vero. Sento le voci di questi poeti che già se ne sono andati e, di sicuro non del tutto consciamente, conservo qualcosa di quelle loro voci nei miei versi. Sono i miei maestri. Ma sono probabilmente uno degli ultimi poeti in Polonia a trattare così seriamente tali maestri: c’è stata una sorta di ribellione, i poeti di una generazione più giovane di me si sono ribellati contro la loro tradizione, hanno accusato quei maestri di retorica, magniloquenza, moralismo e altri peccati mortali. Nel suo saggio uscito nel 2012 per l’editore Casagrande con il titolo «L’ordinario e il sublime», un passo recita così: «Sono come il passeggero di un piccolo sottomarino che non ha un solo periscopio, ma quattro. Uno mi mostra la mia tradizione famigliare, il secondo è puntato sulla letteratura tedesca, il terzo sul panorama della cultura francese, il quarto è rivolto verso Shakespeare, Keats, Robert Lowell». Non ha anche un piccolo binocolo in tasca per l’Italia? Sì, ce l’ho, ma non volevo menzionarlo perché comunque non leggo in italiano, o posso farlo solo in minima parte. Ho conosciuto meglio queste tre aree linguistiche – e quando ad esempio leggo traduzioni di mie poesie in queste tre lingue posso essere io stesso lettore. Forse ciò vale meno per il francese: questi ultimi sono tali perfezionisti della propria lingua che malvolentieri lasciano il microfono agli stranieri. Ma quando leggo in inglese o in tedesco, mi sembra per un momento che io sia un poeta con quelle nazionalità. Solo per un momento. E ciò mi dà un senso di una certa familiarità – probabilmente illusoria – , mi fa sentire in comunione con la letteratura di questi paesi. Nella poesia «La musica ascoltata con te», i suoi versi dicono: «La musica ascoltata con te/resterà sempre con noi//. Il grave Brahms e l’elegiaco Schubert,/alcuni canti, la terza sonata di Chopin/…». Quanto ha contato il suo orecchio, educato all’ascolto, nella attività di composizione poetica? Contemporaneamente educato e ineducato. La mia storia d’amore con la musica è molto speciale, è una passione non corrisposta, poiché tutti i dettagli tecnici superano le mie conoscenze. Sono un po’ un barbaro totalmente affascinato dalla musica – ma sicuramente al di fuori della cerchia dei professionisti che possono fischiettare le melodie di Mozart o di Brahms. Ma davvero – senza musica non ci sarebbe per me poesia, sono sorelle che si adorano. Siccome esistono anche sorelle che non si sopportano… La poesia parla un po’ troppo, la musica troppo poco, si completano a vicenda. Nella Polonia, che nel secolo scorso ha combattuto contro ogni tipo di fascismo e totalitarismo per riavere la libertà di espressione, tornano movimenti xenofobi. La poesia come strumento educativo nelle scuole non è stata sufficiente? La poesia come pedagogia non è mai abbastanza. Analogamente Pessoa non ha fermato Salazar in Portogallo né Rilke Hitler. Sono due mondi diversi. Purtroppo, l’amore per la violenza sta tornando in varie forme e in diversi paesi. Nel mio, succede in modo molto evidente, con il permesso e con l’istigazione del governo. Allo stesso tempo, questo sgradevole governo vuole commemorare la poesia di Zbigniew Herbert, poeta della contemplazione, della riflessione – provando a imporre una lettura nazionalista alla sua produzione. Ovvero, paradossalmente, la poesia è importante, ma deve essere fraintesa per poter giocare un ruolo sociale. Nella sua opera vibra non solo la parola di esule (come accade in «Tradimento») ma anche quella di patria, che diventa un luogo mai perduto dell’infanzia, è così? Ho due patrie, o anche «piccole patrie», due infanzie. Una reale, della memoria, ricordando l’odore di erbacce e foglie di pioppo, il parco e la piazza. E la seconda, che non è esistita, a Leopoli, quella città che è diventata per me interamente mitica, imperscrutabile, misteriosa, meravigliosa. Guido Monti

21 giugno 2018

Moby Dick al Duomo di Salerno

Martedì 26 giugno dalle ore 21:30 alle ore 23:00, presso la cattedrale di Salerno, appuntamento con uno dei classici intramontabili della letteratura. Sarà un interessante momento quello proposto da Napoli Teatro Festival Italia e che vedrà la lettura animata di Moby Dick, capolavoro di Melville, in una città legata tradizionalmente al mare e in una delle sue location più caratteristiche e suggestive. Dettagli: lettura di Alessandro Preziosi live eletronics Paky De Maio produzione Khora Teatro Per ulteriori informazioni visitate la pagina dedicata presente al seguente link. Ente: Napoli Teatro Festival Italia Recapiti: Via Duomo – Salerno Sito web: Vai al sito web

21 giugno 2018

NAPOLI TEATRO FESTIVAL Quell’umanità fragile che sa parlare al cuore Lo spettacolo del salernitano Pasquale De Cristofaro, in scena Alfonso Liguori di Monica Trotta

Napoli raccontata dai volti dei suoi abitanti, persone “agli orli della vita”, umanità varia e sofferente, che mette in scena se stessa ed arriva al cuore degli spettatori. E’ questa l’essenza dello spettacolo “Sotto il Vesuvio niente” andato in scena alla Galleria Toledo di Napoli, ieri sera e martedì, nell’ambito del Napoli Teatro Festival, diretto da Ruggero Cappuccio. Lo spettacolo nasce dal felice sodalizio tra Peppe Lanzetta, attore e scrittore napoletano tra i più originali, ed il regista salernitano Pasquale De Cristofaro.

De Cristofaro, come avete ideato “Sotto il Vesuvio niente”?

I testi dello spettacolo sono stati scritti da Peppe Lanzetta, con il suo stile ben preciso. Io ho costruito una drammaturgia intorno che rende tutto in modo credibile. Su una spiaggia di notte s’incontrano vari personaggi, in un luogo che sembra pirandelliano. Raccontano la loro Napoli accompagnati dalla musica dal vivo, in particolare i tamburi di Paolo Cimino.

Che personaggi sono?

Sono undici persone in scena: ci sono la donna sirena, un marinaio, una giovane donna dal nome Maria, un vecchio attore del teatro di Viviani, un transessuale. In questo spettacolo rintraccio una linea di continuità con il teatro di Viviani. Ho costruito un’esile drammaturgia in cui i personaggi sono piccole monadi o isole che raccontano il dramma umano.

Come può essere definito il suo spettacolo?

E’ uno spettacolo sulla fragilità umana che non a caso comincia con un parallelo tra i migranti e l’umanità che vive ai bordi della vita. 21 giugno 2018

MARIO MARTONE AL MADRE: LA PRIMA RETROSPETTIVA PER SCOPRIRE IL SUO PERCORSO ARTISTICO Il Museo Madre, il museo d’arte contemporanea Donnaregina di Napoli, ospiterà dal 2 giugno al 3 settembre 2018 la prima retrospettiva dedicata al regista napoletano Mario Martone, un vero e interessante viaggio all’interno del suo percorso artistico. Una mostra dal titolo”1977 2018. Mario Martone Museo Madre” a cura di Gianluca Riccio, che ci fa viaggiare nei quarant’anni del percorso artistici di Martone attraverso azioni performative, cinema, teatro e opera lirica. Un vero e proprio film-flusso prodotto dalla Fondazione Donnaregina, un’installazione che entrerà a far parte della collezione permanente del museo, realizzata montando assieme tanti materiali conservati nell’Archivio Mario Martone, in collaborazione con PAV. In quest’opera, attraverso documenti e filmati inediti, immagini di repertorio, brani di film e riprese di spettacoli teatrali ricostruiremo la creativa e l’esperienza artistica di Martone in un ordine evocativo e non puramente cronologico. L’installazione sarà proiettata simultaneamente su quattro schermi nella Sala Re_PUBBLICA MADRE ed è particolare: infatti al centro della sala sono posizionate, “su una pedana, trentasei sedie girevoli, ciascuna collegata ad una cuffia con accesso diretto ai quattro canali audio corrispondenti a ognuno dei quattro schermi sui quali il film-flusso è proiettato.” Il visitatore potrà così guardare alternativamente le proiezioni del film cogliendo le connessioni tra le varie scene proposte. La mostra è promossa nell’ambito del Napoli Teatro Festival Italia 2018.

21 giugno 2018

21 giugno 2018

“All’apparir del vero. Dialogo di Giacomo Leopardi e della Morte”: Antonio Piccolo al Napoli Teatro Festival

francesca mele

NAPOLI – Nuovo appuntamento per il Napoli Teatro Festival 2018 per la sezione Osservatorio. Nel Cortile delle Carrozze di Palazzo Reale di Napoli, venerdì 22 giugno alle ore 21:30, Teatro in Fabula presenta “All’apparir del vero. Dialogo di Giacomo Leopardi e della Morte”. Lo spettacolo è scritto, diretto e interpretato da Antonio Piccolo che sarà in scena con Melissa Di Genova. La storia è ambientata a Torre del Greco, precisamente il 14 giugno 1837. Nella sua casa, il poeta è intento a comporre “La ginestra”, forse la sua ultima opera, quando un misterioso individuo, mascherato e vestito di nero, lo interrompe. Chi è? Un buffone o davvero la Morte, come dice di essere? Convinto dalle sue prove schiaccianti, Leopardi esulta, contento di spirare. Ma la delusione è dietro l’angolo: la Morte non vuole portarlo via, bensì ha bisogno della penna del grande scrittore per indirizzare una lettera all’umanità.

21 giugno 2018 Le mostre del Napoli Teatro Festival 2018: da Mario Martone a Tina Pica lia trematerra

NAPOLI – Torna in città il Napoli Teatro Festival con la sua undicesima edizione, la seconda diretta da Ruggero Capuccio. Organizzato come sempre dalla Fondazione Campania dei Festival, è iniziato lo scorso 8 giugno e proseguirà fino al 10 luglio con ben 34 giorni di programmazione effettiva e 11 sezioni tra cui danza, musica, letteratura, cinema nonché mostre. Per quest’edizione le mostre in cartellone sono ben sette e saranno dedicate a grandi personaggi come Giuseppe Tomasi di Lampedusa e Mario Martone. Fino al 3 settembre al Museo Madre sarà possibile visitare la mostra “1977-2018 Mario Martone” dedicata ai quarant’anni di carriera del regista napoletano. Per il Madre si tratterà del primo progetto di vera e propria produzione filmica. Dall’8 giugno al 10 luglio presso il Palazzo Reale (Salone d’Ercole) avremo la possibilità di visitare la mostra intitolata “Giuseppe Tomasi di Lampedusa (1896-1957): Un lettore Europeo a Palazzo Reale” e dedicata ad un eccezionale lettore di opere europee nonché autore de “Il Gattopardo”, capolavoro della letteratura italiana. È stata inaugurata l’8 giugno e sarà aperta fino al 10 luglio la mostra intitolata “Sahara te quiero” a Palazzo Fondi. Si tratta di una mostra fotografica a cura di Romeo Civilli e che ha visto lo scorso 12 giugno l’intervento di Fatima Mahfud, Vice rappresentante del Fronte Polisario per l’Italia. Dal 15 giugno all’8 luglio invece presso i Quartieri Airots ci sarà la mostra curata da Giulio Baffi e intitolata “Tina Pica 1884-1968”. La mostra dedicata alla grande caratterista e attrice di teatro e cinema sarà composta da scatti dei set cinematografici, locandine, articoli, copioni e oggetti personali appartenuti alla grande donna-personaggio. Dal 24 giugno al 2 ottobre presso il Palazzo Reale (Sala Dorica) sarà visitabile la mostra curata da Maria Savarese e intitolata “19872017 TrentAnni Uniti”. La mostra è dedicata a Teatri Uniti per celebrare i trent’anni dalla sua formazione avvenuta con l’unione di Falso Movimento, Teatro dei Mutamenti e Teatro Studio di Caserta. Il 16 e 28 giugno e l’8 luglio sono previste tre visite guidate a cura dell’artista Domenico Mennillo della sua mostra “Abrégé d’Histoire Figurative”, un’installazione in cui i veri protagonisti sono gli spettatori che si ritroveranno in uno spazio delle meraviglie, uno spazio del pensiero pieno di oggetti, suoni, disegni, libri e carte fra le più disparate. Il 19 giugno al Museo Madre è stata inaugurata infine la mostra di Maurizio Igor Meta, il quale nel 2015 è salpato dal porto di Napoli per ripercorrere i passi del bisnonno partito per gli Stati Uniti. La mostra si intitola “On My Great Grandfather Steps Toward Ellis Island” ed è un progetto multidisciplinare che comprende il Viaggio, il Solo Teatrale, un Documentario, un Libro e una Mostra.

21 giugno 2018

Napoli Teatro Festival Italia 2018: attori in metrò, a Toledo e Montecalvario

Appuntamenti inediti nelle stazioni Toledo e Montecalvario dell’Azienda Napoletana Mobilità Anche le “stazioni dell’arte“ della Linea 1 metropolitana di Napoli faranno da palcoscenico per l’edizione 2018 del Napoli Teatro Festival Italia con eventi realizzati in collaborazione con l’Azienda Napoletana Mobilità. Due esclusivi percorsi di visita alle stazioni del’arte con Mise en scène: sono i nuovi Metro Art Tourrealizzati dall’Azienda Napoletana Mobilità in collaborazione con il Napoli Teatro Festival Italia. Andranno in scena domani,giovedì 21 giugno e giovedì 28 giugno nelle stazioni di Toledo e Montecalvario. Gli inediti sorprendenti Metro Art Tour si snoderanno tra le opere d’arte di William Kentridge, Bob Wilson, Oliviero Toscani, Shirin Neshat e Francesco Clemente a partire dalle ore 17,30. L’ evento è gratuito e prevede la prenotazione obbligatoria fino a esaurimento dei posti disponibili all’indirizzo: [email protected] Napoli Teatro Festival Italia 2018 L’undicesima edizione del Napoli Teatro Festival Italia, la seconda diretta da Ruggero Cappuccio, organizzata dalla Fondazione Campania dei Festival, organismo in house della Regione Campania presieduto da Luigi Grispello, ha inaugurato venerdì 8 giugno e proseguirà fino al 10 luglio. Una stagione di grandi numeri che ascrive il Festival tra le realtà più attive e significative del panorama internazionale e che accoglie, nei 33 giorni di programmazione effettiva, ben 85 compagnie, tra nazionali ed internazionali, impegnate per 160 recite complessive. Proseguendo in una direzione avviata con successo nella passata stagione, la nuova edizione del Festival consolida un progetto culturale che individua, da quest’anno e fino al 2020, il suo principale obiettivo nella ricongiunzione organica tra le arti della scena, realizzandone una ricognizione multidisciplinare e trasversale sintetizzata in undici sezioni. “Metro Art Tour speciale Napoli Teatro Festival Italia” Da Toledo a Montecalvario 21 e 28 giugno 2018 dalle ore 17,30 alle ore 19,00 Visita gratuita La partnership ANM – Napoli Teatro Festival Italia La sinergia tra Azienda Napoletana Mobilità e Napoli Teatro Festival ha il duplice obiettivo di aprire il teatro al grande pubblico facendolo uscire dai luoghi tradizionalmente deputati e al tempo stesso offrire una ribalta alle nuove generazioni di attori che con difficoltà riescono a distribuire i loro lavori. Le stazioni della metropolitana diventano così luogo di contatto tra i viaggiatori di passaggio e il teatro fuori dal teatro.

21 giugno 2018

RUN RADIO - Peppe Lanzetta, la guerra silenziosa del Sahara Occidentale e Cyrano 2.0 per la terza puntata di “Festival Campus”

Dal teatro di Peppe Lanzetta al conflitto dimenticato del Sahara Occidentale: questi gli argomenti principali della terza puntata di “Festival Campus”, il cui podcast è ascoltabile, con le prime due trasmissioni, all’indirizzo https://www.napoliteatrofestival.it/festival-campus-2018/

Festival Campus è il programma (a cura del Master in Radiofonia) di RUN Radio – Università degli Studi Suor Orsola Benincasa – sul Napoli Teatro Festival Italia. Condotto da Rosanna Astengo e Marcello Polverino per la regia di Stefano Esposito, va in onda ogni lunedì dalle 16 alle 17 con ospiti, interviste e informazioni sul Festival 2018.

Ospiti del programma stavolta sono Peppe Lanzetta, che porta alla Galleria Toledo (19 e 20 giugno) “Sotto il Vesuvio Niente”, pièce ambientata in una Napoli dalle atmosfere futuristiche e rarefatte, e Adriana Follieri che racconta la versione 2.0 del Cyrano di Rostand, intitolata “Come dì - comèdie dangereuse o dei muti turpiloqui d’amore”, in scena il 20 giugno a Palazzo Reale.

Spazio anche per i diritti umani, con il servizio dalla mostra fotografica “Sahara Te Quiero” di Romeo Civilli (in corso a Palazzo Fondi fino all’8 luglio), che racconta il conflitto dimenticato del Sahara Occidentale; oltre al fotografo, intervento dell’Alto Rappresentante per il Fronte Polisario Fatima Mafud.

A chiudere la puntata, le voci del pubblico che rivelano le emozioni degli spettacoli in cartellone al Napoli Teatro Festival.

21 giugno 2018

SPETTACOLI: Ntf18, Paolo Isotta e Peppe Barra a Villa Pignatelli (VIDEO)

NAPOLI- La natura umana e quella degli animali che si intrecciano attraverso l’arte e la musica. E’ la linea tracciata da Paolo Isotta nella sua antologia personale intorno al mondo animale “Il canto degli animali” appunto, in cui le due nature aprono a quella dimensione istintiva, che li tiene insieme e li affratella nel profondo. Paolo Isotta condivide lo spazio e la scena dedicati alla sua narrazione poetica in scena a Villa Pignatelli per la rassegna Qui del Napoli teatro festival dedicata alla letteratura, con Peppe Barra e con la sua capacità di affabulare cantando e di cantare affabulando.

21 giugno 2018

Una serata con Albert Camus Il 23 giugno 2018, nell’ambito del NTFI, inizia alle ore 18, con Renato Carpentieri che mette in scena Una serata con Albert Camus, diviso in due parti. La prima, La caduta, si terrà all’Istituto Francais de Naples Le Grenoble, interpretata da Renato Carpentieri, con l’accompagnamento al violoncello di Federico Odling. L’attore-regista, premiato quest’anno con Il David, realizza una riduzione per la scena del romanzo di Camus. Pubblicato nel 1956, un anno prima che Camus ricevesse il Premio Nobel e quattro anni prima della sua morte, La caduta è un monologo in cui un ex-avvocato di successo fa, da virtuoso, una confessione pubblica. Da Giudice Penitente, si accusa per lungo e per largo con ironia e sarcasmo, di colpe, debolezze, egoismi, moltiplicando sfumature e digressioni, per costruire una maschera in cui tutti possano arrivare a riconoscersi e a giudicarsi. La seconda parte del progetto andrà in scena alle ore 21 al Teatro Galleria Toledo. Si tratta della variante di una vecchia leggenda popolare, quella del soldato ricco di un grosso bottino al ritorno dalla guerra ucciso dai suoi parenti. O altrimenti del figliuol prodigo: Il Malinteso rovescia la parabola dei Vangeli mostrando il fallimento tragico di quel ritorno. Jan, dopo molti anni di lontananza, torna nella sua casa natale, da sua madre e sua sorella, che sopravvivono affittando camere e uccidendo di tanto in tanto qualche raro cliente ricco, per derubarlo. Le due donne non riconoscono Jan e, sopraffatte da una vita meschina e miserabile, finiscono per uccidere quello che per loro è solo un cliente del loro albergo. “Tutta la sventura degli uomini – così Camus nei suoi Taccuini – deriva dal fatto che non usano un linguaggio semplice. Se l’eroe del Malinteso avesse detto: “Eccomi, sono io e sono vostro figlio”, sarebbe stato possibile il dialogo, non più fondato sul nulla come nel dramma”.

21 giugno 2018

Napoli. “Napoli Teatro Festival 2018”. Piccolo Bellini. “NALPAS: L’ATTORE È UN ATLETA DEL CUORE.” di CulturaNews di Maurizio Vitiello

All’interno del “Napoli Teatro Festival 2018” al Piccolo Bellini Michele Monetta propone il workshop intensivo, Nalpas: L’attore è un atleta del cuore, per attori, cantanti, danzatori, atleti, registi, coreografi e performer tout-court, totalmente dedicato al teatro della crudeltà e alla figura di Antonin Artaud (1896-1948), nel 70° anniversario della sua scomparsa. Il laboratorio condotto da Michele Monetta, con Lina Salvatore e Giuseppe Rocca, iniziato il 14 giugno si concluderà domenica 24, con una prova aperta al Piccolo Bellini. Il Novecento è stato contrassegnato dal pensiero e dal lavoro di Artaud, l’autore de, “Il Teatro e il suo doppio”, una delle più grandi personalità della scena moderna e contemporanea che maggiormente contribuì a cambiare il modo di pensare e fare oggi il teatro, non senza incorrere in qualche vuota deriva performativa dovuta ad approssimative interpretazioni del concetto di Teatro della Crudeltà. Poeta autentico ed estremo, sovente più grande e lungimirante delle sue stesse realizzazioni, Antonin Artaud perse, in vita, tutte le sue battaglie per poi, paradossalmente, vincere la guerra ed influenzare il pensiero e la cultura tutta del suo secolo. Da oltre 70 anni non si può prescindere da lui, non possono il Living Theatre, Carmelo Bene, la Body Art, la Danza Buto, l’Antipsichiatria, Valère Novarina. Eppure è ancora al centro del teatro anche in questo nuovo millennio. La battaglia contro il significato della parola fu un elemento costante nel suo pensiero. L’anatema contro la parola ne è l’esempio più che evidente, Artaud avversò strenuamente la parola appiattita sul significato e assoggettata alla mera funzione comunicativa. Nalpas fu il cognome che egli usò per firmarsi durante l’internamento in manicomio, era il cognome della nonna materna di origine turco greca. Il laboratorio prevede esercizi di euritmia; coordinazione braccia gambe; respirazione e movimento (Feldenkrais); corpo e spazio; elementi di biomeccanica (Mejerchol’d); lettura e interpretazione di glossolalìe scritte da Artaud e vocalità; il Teatro della Crudeltà (manifesti); lettere dal manicomio di Rodez; danze sacre e movimento ritmico (Dalcroze, Gurdjieff); forme e figure dal Mime Corporel di Decroux; il sistema ternario da Barrault-Artaud; montaggio di azione e concetto artaudiano di “poesia nello spazio”; anteprima in forma di conferenza della bozza della nuova traduzione de Il Teatro e il suo doppio. www.icraproject.it

21 giugno 2018

A LETTERATURE Adam Zagajewski

Stasera a Napoli a Villa Pignatelli alle ore 19, La rassegna Letteratura del Napoli Teatro Festival Italia, a cura di Silvio Perrella, accoglie un intervento di Daniele Piccini sulla “lussureggiante e misteriosa produzione della poesia italiana degli ultimi cinquant’anni”. A seguire, in collaborazione con l’Istituto Polacco di Roma, l’incontro con il poeta e scrittore Adam Zagajewski.

Introducono Marta Herling, segretaria generale dell’Istituto Croce e figlia dello scrittore polacco Gustaw Herling e Andrea De Carlo che insegna Letteratura polacca all’Università degli studi di Napoli “L’Orientale”. Prova a cantare il mondo mutilato Prova a cantare il mondo mutilato. Ricorda le lunghe giornate di giugno e le fragole, le gocce di vino rosé. Le ortiche che metodiche ricoprivano le case abbandonate da chi ne fu cacciato. Devi cantare il mondo mutilato. Hai guardato navi e barche eleganti; attesi da un lungo viaggio, o soltanto da un nulla salmastro. Hai visto i profughi andare verso il nulla, hai sentito i carnefici cantare allegramente. Dovresti celebrare il mondo mutilato. Ricorda quegli attimi, quando eravate insieme in una stanza bianca e la tenda si mosse. Torna col pensiero al concerto, quando la musica esplose. D’autunno raccoglievi ghiande nel parco e le foglie volteggiavano sulle cicatrici della terra. Canta il mondo mutilato e la piccola penna grigia persa dal tordo, e la luce delicata che erra, svanisce e ritorna. Adam Zagajewski 21 giugno 2018

IL TEATRO DI RADIO3 - ARCHIVIO TEATRALE: SPECIALE TINA PICA

Una mostra a Napoli celebra la grande attrice di teatro e di cinema Una mostra realizzata in occasione del Napoli Teatro Festival traccia il profilo artistico di Tina Pica, ricostruendo soprattutto la sua lunga e importante carriera teatrale, precedente al successo cinematografico, segnata in maniera particolare dal rapporto con Eduardo de Filippo. Ne parliamo con il critico Giulio Baffi, curatore della mostra

21 giugno 2018 MUGGIA TEATRO, NEL WEEK-END IN SCENA ROSE IS ROSE

Un unico palcoscenico da Muggia (Trieste) a Napoli per Rose is a rose is a rose is a rose, diretto da Tommaso Tuzzoli. Lo spettacolo, scritto da Ivana Sajko, è prodotto Golden Show e vede protagonista Sabrina Jorio, andrà in scena sabato 23 giugno, alle ore 21.00, e domenica 24 giugno, alle ore 21.00, al Teatro Giuseppe Verdi a Muggia e domenica 30 giugno, alle ore 21:30, al Cortile delle Carrozze di Palazzo Reale per il Napoli Teatro Festival Italia 2018, per la sezione Osservatorio, Il regista napoletano Tommaso Tuzzoli è il presidente dell’associazione Tinaos che organizza Muggia Teatro, sezione italiana del Festival Estivo del Litorale. Tuzzoli presenterà, sempre in veste di regia, in prima nazionale al Muggia Teatro Mercoledì 11 luglio, alle ore 11.00 per Ricremattina e alle ore 21:00, al Teatro Giuseppe Verdi Ahmed il filosofo di Alain Badiou, prodotto da Tinaos in collaborazione con Associazione Assoli, Valli del Natisone – Through Landscape ʼ17. Sinossi Un incontro tra un uomo ed una donna una notte in discoteca. Il loro ritorno a casa attraverso la città in una notte di guerra. Un autobus che brucia con passeggeri ignari, la loro fuga dal pericolo. L’arrivo a casa di lui. L’amore tra i due e un risveglio che ha il sapore dell’abbandono. Note di regia Un vortice di parole che danza su di un motivo d’amore. Un vortice di parole che frammenta il ricordo per ricostruirlo solo alla fine lentamente. Un vortice di parole che dà vita ad un testo confessione ad un testo affermazione della propria esistenza.Rose is a rose is a rose is a rose di Ivana Sajko, giovane autrice croata, è un testo che abbiamo voluto tradurre e presentare per la prima volta in Italia, affascinati da una scrittura densa fatta di luce e buio, di corpo e anima, di violenza e ironia. Una scrittura veloce che toglie il respiro e togliendolo ne chiede un altro più profondo, più consapevole, frasi che come orli taglienti lasciano cicatrici sui corpi, nella mente, nelle emozioni. Una storia d’amore che prende vita sulle macerie di una guerra inattesa. Una notte d’amore che si trasforma in un miracolo inaspettato, in una fuga dal dolore, in un incastro tra corpi, in una mattina dove la luce apre le porte all’abbandono. Una storia che chiede di essere ricucita pian piano. Il ricordo di chi narra è fatto di piccoli indizi, di ripetizioni ossessive. Il ricordo diviene l’ostacolo. Il ricordo vuol essere cullato, vuol riaffiorare un po’ alla volta e l’unico modo per ricostruirlo è la scrittura. Il personaggio/autrice narra i fatti ed esorcizza gli avvenimenti attraverso l’atto della scrittura tramutando la parola in una partitura a più voci. Sogno ad occhi aperti, allucinazioni fatte di voci che affollano una memoria e che chiedono di essere ascoltate. Una rosa è una rosa ma le sue spine possono ferire. Tommaso Tuzzoli

21 giugno 2018

Ntf18, al via “SportOpera”: osservatorio che mette in relazione arte e sport

Annalisa Nuzzo

Un osservatorio attivo in cui recuperare l’originale relazione tra arte e sport. Nasce così Sportopera, la sezione del Napoli teatro Festival curata da Claudio Di Palma che comprende 18 appuntamenti tra spettacoli, mostre, performance, reading, film e concerti, fino al 27 giugno. Durante SportOpera, il teatro, il cinema, la letteratura diventano installazioni narranti e l’attore, e l’atleta, ricercano radici e forme remote e comuni. Il tuffatore di Montale è l’ideale manifesto di questa edizione che si concentra sul non essere delle parole che ambisce alla vita dell’azione che si compie, come spiega Claudio Di Palma. SportOpera si è aperto con Corpo B – le mani al teatro Sannazaro, in cui Lara Sansone con la regia di Benedetta Palmieri dà voce a piedi e mani. Le loro funzioni, le loro attitudini, i loro sensi controversi diventano una soggettiva surreale. Roberto Bolle, Willem Dafoe, Marco D’Amore, Mario Martone e Mimmo Paladino, sono invece alcuni degli artisti invitati allo spettacolo su, o meglio alla Muhammad Alì, in cui un attore, Francesco Di Leva e un regista, Pino Carbone, incontrano il pugile, l’ attivista politico, sotto lo sguardo del pubblico e si confrontano con il senso dell’impossibile e della sfida, traendo ispirazione dal suo corpo, metafora della forza che supera ogni limite.

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21 giugno 2018

Giacomo Leopardi a Palazzo Reale. All’apparir del Vero Venerdì 22 giugno, alle ore 21:30, nel Cortile delle Carrozze di Palazzo Reale di Napoli, per il Napoli Teatro Festival 2018 – Sezione Osservatorio, Teatro In Fabula presenta All’apparir del vero. Dialogo di Giacomo Leopardi e della Morte, scritto e diretto da Antonio Piccolo, che è anche in scena con Melissa Di Genova. Con il suo primo testo Emone, una rilettura del mito di Antigone, Antonio Piccolo ha vinto il premio Platea 2016, concorso per opere teatrali inedite di autori italiani, al quale hanno partecipato più di quattrocento autori. Il lavoro, pubblicato da Einaudi, ha debuttato lo scorso marzo al Teatro San Ferdinando di Napoli per poi essere rappresentato in vari Teatri Nazionali. Ora la compagnia, di cui fa parte Piccolo, approda per la prima volta al Napoli Teatro Festival grazie alla sensibilità del direttore artistico Ruggero Cappuccio. Antonio Piccolo racconta così la genesi della sua opera: “Sul mio manuale del liceo la biografia di Leopardi finiva più o meno cosi: “a 39 anni lo colse finalmente la morte, a lungo invocata”. Bam! Niente di nuovo, verità risaputa, eppure mi stonava. Come può un uomo che – pur lamentandosi del dolore del mondo, delle miserie umane, della crudeltà della natura – ha viaggiato in lungo e in largo per l’Italia (senza “alta velocità” e nemmeno automobili), ha amato le donne, il cibo, ha cambiato in continuazione generi letterari, scritto ininterrottamente… come può un uomo così vitale, insomma, detestare davvero l’esistenza al punto da invocare seriamente la propria fine? Qui comincia il gioco, ossia il play, ossia il teatro. Se la Morte, con un pretesto, comparisse di fronte a Leopardi e quasi tentasse di fargli cambiare idea? Il poeta, in fondo, ha amato la vita! E se portasse come “prove documentali” della propria tesi le sue stesse parole? E come potrebbero parlare questi due personaggi? La Morte in prosa, per quanto elegante; Leopardi, naturalmente, in versi (ma non endecasillabi e settenari: non avrei potuto reggere il confronto con il meraviglioso originale). Come se fosse un’operetta morale apocrifa, ho dunque immaginato il “Dialogo di Giacomo Leopardi e della Morte”. E ho anche ritrovato un vecchio amico: il poeta che ho amato sin da ragazzo”.

AMICIZIE.EU

22 GIUGNO 2018

A LETTERATURE, Durs Grünbein

Durs Grünbein leggerà le sue poesie stasera, 22 giugno 2018 alle 19.00 a Villa Pignatelli, ospite della rassegna LETTERATURA a cura di Silvio Perrella del Napoli Teatro Festival, in corso fino al 23 giugno. Qui sotto una delle sue poesie pubblicate da Einaudi nel 2011. Nella stessa serata Paolo Febbraropresenta la sua antologia della poesia italiana intitolata Poesia d’oggi pubblicata da Ellot editore.

Che serve applicar l’occhio a una fessura, a che spiare? Davanti hai sempre croci e cancelli, un mondo di settori. A che pro dei binari, se non per divergere da qualche parte?

22 giugno 2018 La classe del napoli teatro festival Flavia Tartaglia

Si tiene domenica 24 presso il cortile delle Carrozze la messa in scena di La Classe Articolo di Antonio Mastrogiacomo

Lo spazio di una classe circoscrive tanti ricordi, diverse esperienze da rimanere legato al mondo dell’educazione e della cultura in modo stringente. Per il Napoli Teatro Festival la regia di Gabriele Russomette in scena una classe particolarmente sui generis: un’aula di recitazione presso la quale 14 allievi attori preparano uno spettacolo che racconti a tutti la vita di Anders Behring Breivik. Passato agli onori della cronaca per essere colui che il 22 luglio del 2011 provocò la morte di 77 connazionali in Norvegia, l’attentatore diventa oggetto della messa in scena teatrale: allo spettatore è dato il compito di osservare gli studenti/attori mentre si confrontano con la resa dell’oggetto prescelto, così difficile da riportare alla rappresentazione teatrale a partire dall’indecifrabile scelta se ridotto al massacro di decine di giovani vite.

Gli attori – i promettenti studenti della Bellini Teatro Factory – diventano dunque luogo di un mutamento che li pone in dialogo con il presente a partire dalla sua irriducibile rappresentazione ed interpretazione. Vengono così esposti alla libertà della messa in scena e in gioco a partire da loro stessi, evitando il ricorso alle proprie abilità tecniche. Il principio che aziona il meccanismo della classe diventa così il continuo cortocircuito tra realtà e finzione che sembra reggersi solo in rapporto al palcoscenico: la divisione con pubblico infatti risulta solo dal diverso ruolo, non dalla cogenza degli interrogativi proposti, in grado di misurare la questione etica a partire dalla produzione estetica.

La classe, spettacolo della sezione osservatorio che nasce grazie dalla comune produzione di Fondazione Teatro di Napoli e Teatro Bellini, va in scena domenica 24 giugno, alle 21e30 presso il cortile delle carrozze di Palazzo Reale. L’offerta del Napoli Teatro Festival – quest’anno per la regia di Ruggero Cappuccio – si rivela fittamente densa di sorprese.

[Antonio Mastrogiacomo] 22 giugno 2018 L'intervista. Pamela Villoresi: «Vi spiego il mio amore per il canottaggio»

Massimiliano Castellani

Protagonista sul palcoscenico, l'attrice ha trovato la sua filosofia di vita anche vogando. E ha scoperto il giusto allenamento quotidiano

L'entusiasmo della sedicenne al debutto teatrale «è stato nel 1973 con la commedia Cauteriaria con l’esperienza e la preparazione, anche atletica, dell’attrice che si avvia al traguardo delle nozze d’oro con il mondo dello spettacolo. Pamela Villoresi, splendida sessantenne, per brevità chiamata attrice. La sua valigia è ricolma di foto di scena, dal Piccolo di Milano, voluta da Strehler, fino all’Unione dei Teatri d’Europa, con Jack Lang. Poi ci sono stati i set dei fratelli Taviani, della Grande bellezza da Oscar di Sorrentino, i recital di poesia, le fiction gli sceneggiati tv (ultima: Romanzo famigliare dell’Archibugi). Ancora in scena indossando gli abiti e la maschera della “divina” Eleonora Duse (La musica dell’animaaccompagnata al pianoforte dal maestro Marco Scolastra). E ora, questa “donna olimpica” sta per debuttare (lunedì 25 giugno al Teatro Sannazzaro di Napoli) ne La nuotatrice storia vera di sport e di resistenza al femminile, tratta dal testo di Bill Broady. «Prima di parlare della Nuotatrice, mi scusi ma devo fare la mia oretta e mezza di allenamento quotidiano sulla “iole”». Sacca in spalla, appuntamento con le altre «sette ragazze, dell’8 di punta con timoniere del Circolo Canottieri Tre Ponti, il più proletario di Roma». La città che ha adottato questa amazzone pratese, tutta casa, quella dell’arte recitante, e sport. «Il ritorno all’attività sportiva è avvenuto in un giorno di blackout della città. Roma era senza mezzi, e allora ho cominciato a camminare veloce, poi con una corsa leggera dai Parioli sono arrivata fino a casa, in appena un’ora. È stato in quella strana giornata che ho ripreso consapevolezza del mio corpo e della possibilità di rimettermi in gioco». E il suo “gioco” preferito è stata prima la canoa e poi è diventato il canottaggio. «Ho cominciato dopo la morte di mio marito – nel 1999 –, l’ho fatto per tranquillizzare i miei figli che al mare mi vedevano sparire e riapparire dopo quattro ore di nuotata al largo. Così presi una canoa da legare al costume, andata controcorrente in canoa e ritorno a nuoto. Ma la folgorazione per il canottaggio è stata a Torino, sul Po, dove per la prima volta vidi scivolare via leggere come libellule eleganti queste magnifiche “8”». Da lì l’approdo al Tre Ponti, in cui assieme alle settanta donne tesserate, «età compresa tra i 14 e i 90 anni», si sente parte di uno stesso corpo. Donne unite dallo spirito di squadra: «Sulla barca, dalla garagista alla nobildonna, dobbiamo essere un “respiro in otto”». Quel respiro sano, agonistico, la sta spingendo a interpretare al meglio La nuotatrice. Ma prima del debutto una prova solidale. «Domani c’è l’Onda Rosa organizzata dalla Tevere Remo e il Circolo Canottieri Aniene (coordinamento di Giulia Benigni): è una sfida “sorrellicida” con un centinaio di canottiere romane. In realtà si gareggia insieme per le donne operate di tumore al seno. Molte di loro hanno scoperto la passione per il canottaggio e lo praticano perché le fa stare fa bene». Si voga con il sorriso, soprattutto quando dalle banchine arriva l’urlo anomalo delle nipotine: «Forza nonna!». Sorride la Villoresi, che ricorda con fierezza: «Quando ho cominciato mi sentivo come la papera nel lago dei cigni. Ora, nell’ultimo mese e mezzo il mio “remergometro” ha registrato un calo di 20 secondi... roba che di solito ci impieghi dieci anni per arrivare a un simile risultato. Intendiamoci: resto un diesel, ma sono contenta perché sono migliorata tanto». Tutto ciò è frutto di una preparazione intensa che la ripaga anche dei momenti duri che sulla “iole” non mancano. «A volte quando sei sulla barca e ti stai allenando a mille sei così stanca che pensi: adesso mi butto a fiume. Nel momento di massimo sconforto poi ti arriva il grido sferzante della timoniera: “A morire!”, e “a morire!” te lo ripeti come un mantra. È un monito che con tutta la tigna e l’adrenalina dentro ti guida fino all’arrivo. E in quel momento, il cuore scoppia, ma di felicità, anche se non vinciamo, perché abbiamo battuto il nostro limite e lo abbiamo fatto insieme». Momenti comunque di gloria che, in teatro, ha già raccontato con Il mio Coppi. «Uno spettacolo che facevo pedalando. Un’ora di spinning in scena dando voce a Maria, la sorella maggiore del “Campionissimo”, la donna che gli teneva la mano mentre moriva... Quando narravo le vittorie di Coppi al Giro d’Italia e al Tour de France, allora acceleravo al massimo la pedalata. Calato il sipario, rientravo in camerino sudata fradicia. Al teatro di Castellania, il paese di Coppi, alla fine dello spettacolo dei ciclisti vennero a congratularsi, soprattutto per i polpacci che avevo messo su». Grazie al canottaggio, il fisico si è perfezionato ancora, «oggi ho una muscolatura che neppure a vent’anni», dice la Villoresi mentre si avvia alle prove di quest’ultima sfida teatrale e sportiva, La nuotatrice. «Quando il regista Gigi De Luca mi ha proposto il testo ho subito accettato. Sono rimasta affascinata dalla storia. Farò una lettura, ma spero di mandare a memoria almeno quei cinque minuti della gara della nuotatrice, in cui da una scala sbraccio da farfallista, proprio come lei». Una farfallista anonima di cui si sa che aveva vinto i Campionati del Commonwealth, ma che alle Olimpiadi venne beffata da due atlete della Ddr e da una russa che la buttarono giù dal podio, solo grazie all’inganno. «La mia nuotatrice racconta il “rovescio della medaglia”, di come il doping e poi l’abuso fisico e mentale – subito dal suo coach e dall’agente che la sfruttava a fini pubblicitari –, l’abbiano fatta affondare, trascinandola negli abissi... Poi però c’è anche l’altra faccia di quella stessa medaglia, ed è il gran bene che genera lo sport. Un bene che sperimento tutti i giorni con la mia squadra e con i miei “voli” solitari in acqua, un elemento naturale che è sinonimo di libertà e di respiro vitale». Quell’acqua che in scena nella Nuotatrice viene magicamente resa dalla musica, il flauto e le percussioni della francese Odile Barlier, mentre i fondali sono riprodotti dalla scenografia scarna ma efficace (plastica trasparente azzurra, una corda e una scaletta) di Trisha Palma, allieva dell’Accademia di Belle Arti di Napoli. Dopo il Napoli Teatro Festival, la “teatrante olimpica” tornerà ad allenarsi sul suo amato biondo Tevere. «Il mio fiume... Sbaglia chi pensa che il Tevere sia morto, è più vivo che mai. Pochi conoscono quel silenzio che regna qua sotto. Altro che topi, qui c’è una fauna ricchissima, aironi, cormorani, gabbiani, anatre. E poi vuoi mettere il fascino di remare in questo fiume in cui alzi gli occhi al cielo e hai davanti la maestà di Castel Sant’Angelo?». Appena lasciata l’acqua e la vasca della Nuotatrice la Villoresi tornerà anche con i piedi per Terra, titolo del suo prossimo lavoro teatrale: accompagnamento al concerto per pianoforte di Danilo Rea e voce recitante: un inno alla vita. «Con Terra saremo a Nora (il 14 luglio), in Sardegna. Ovunque vado ormai nei vari circoli canottieri, dall’Olona di Milano al Cus di Catania, dalla canottieri Olbia all’Irno di Salerno, mi conoscono e mi ospitano per allenarmi». Indomita Pamela che tra quindici giorni si tufferà in mare, e sarà lei la nuotatrice. «Farò la traversata dello Stretto di Messina: 3 km e 425 metri, in piscina sono 136 vasche. È la prima volta che affronto lo Stretto a nuoto, un sogno che si avvera grazie a Mauro, il cugino di mia nuora che mi ha coinvolto, e al Circolo 2 Ponti che mi ospita per gli allenamenti. Ma la traversata sullo Stretto non è una gara». Quelle, le gare, le disputa soltanto con il Tre Ponti. «Il bello viene prima della gara, nell’allenarsi e nel viaggiare tutte insieme per le trasferte. Il canottaggio è come il teatro, se non si rema tutti dalla stessa parte la barca si ferma. Ho imparato che il sacrificio dona gioia. L’impegno e l’unione ripagano. Ogni giorno, prima di cominciare l’allenamento tiriamo giù da sole lunghe barche da 180 chili. Non facciamo neanche tanta fatica, perché a darci forza è anche il nostro motto: “Coordinate insieme, sì fa”. Fare rete, vuol dire volersi bene, compatire le reciproche debolezze e avere la possibilità di essere sereni, felici. Questo è il più grande insegnamento che continua a darmi il teatro, e anche lo sport. Due facce di una stessa medaglia, in fondo un’unica scuola di vita».

22 giugno 2018 Nalpas: L'attore è un atleta del cuore

All’interno del “Napoli Teatro Festival 2018” al Piccolo Bellini Michele Monetta propone il workshop intensivo, Nalpas: L’attore è un atleta del cuore, per attori, cantanti, danzatori, atleti, registi, coreografi e performer tout-court, totalmente dedicato al teatro della crudeltà e alla figura di Antonin Artaud (1896-1948), nel 70° anniversario della sua scomparsa. Il laboratorio condotto da Michele Monetta, con Lina Salvatore e Giuseppe Rocca, iniziato il 14 giugno si concluderà domenica 24, con una prova aperta al Piccolo Bellini. Il Novecento è stato contrassegnato dal pensiero e dal lavoro di Artaud, l’autore de, “Il Teatro e il suo doppio”, una delle più grandi personalità della scena moderna e contemporanea che maggiormente contribuì a cambiare il modo di pensare e fare oggi il teatro, non senza incorrere in qualche vuota deriva performativa dovuta ad approssimative interpretazioni del concetto di Teatro della Crudeltà. Poeta autentico ed estremo, sovente più grande e lungimirante delle sue stesse realizzazioni, Antonin Artaud perse, in vita, tutte le sue battaglie per poi, paradossalmente, vincere la guerra ed influenzare il pensiero e la cultura tutta del suo secolo. Da oltre 70 anni non si può prescindere da lui, non possono il Living Theatre, Carmelo Bene, la Body Art, la Danza Buto, l’Antipsichiatria, Valère Novarina. Eppure è ancora al centro del teatro anche in questo nuovo millennio.

La battaglia contro il significato della parola fu un elemento costante nel suo pensiero. L’anatema contro la parola ne è l’esempio più che evidente, Artaud avversò strenuamente la parola appiattita sul significato e assoggettata alla mera funzione comunicativa. Nalpas fu il cognome che egli usò per firmarsi durante l’internamento in manicomio, era il cognome della nonna materna di origine turco greca. Il laboratorio prevede esercizi di euritmia; coordinazione braccia gambe; respirazione e movimento (Feldenkrais); corpo e spazio; elementi di biomeccanica (Mejerchol’d); lettura e interpretazione di glossolalìe scritte da Artaud e vocalità; il Teatro della Crudeltà (manifesti); lettere dal manicomio di Rodez; danze sacre e movimento ritmico (Dalcroze, Gurdjieff); forme e figure dal Mime Corporel di Decroux; il sistema ternario da Barrault-Artaud; montaggio di azione e concetto artaudiano di “poesia nello spazio”; anteprima in forma di conferenza della bozza della nuova traduzione de Il Teatro e il suo doppio. 22 giugno 2018

Rose is a rose is a rose is a rose a Muggia Teatro

MUGGIA. Un unico palcoscenico da Muggia a Napoli per Rose is a rose is a rose is a rose, diretto da Tommaso Tuzzoli. Lo spettacolo, scritto da Ivana Sajko, è prodotto Golden Show e vede protagonista Sabrina Jorio, andrà in scena sabato 23 e domenica 24 giugno, alle 21, al Teatro Giuseppe Verdi a Muggia e domenica 30 giugno, alle 21:30, nel Cortile delle Carrozze al Palazzo Reale per il Napoli Teatro Festival Italia 2018, per la sezione Osservatorio. Il regista napoletano Tommaso Tuzzoli è il presidente dell’associazione Tinaos che organizza Muggia Teatro, sezione italiana del Festival Estivo del Litorale. 22 giugno 2018

Arte e sport, il Muhammad Alì di Di Leva al Napoli Teatro Festival Recuperare la relazione tra arte e sport. Nasce così Sportopera, la sezione del Napoli Teatro Festival Curata da Caludio Palma che comprende 18 appuntamenti. Uno di questi è andato in scena al teatro Sannazaro. Si tratta di "Muhammad Alì", uno spettacolo di Pino Carbone e Francesco Di Leva con Francesco Di Leva, drammaturgia Linda Dalisi contributi di Roberto Bolle, Willem Dafoe, Marco D’Amore, Mario Martone scene Mimmo Paladino costumi Ursula Patzak musiche Marco Messina e Sasha Ricci. In scena un attore e un regista che sotto gli occhi degli spettatori costruiscono emotivamente, poeticamente e artisticamente lo spettacolo. L’ispirazione nasce concretamente dal corpo di Muhammad Ali, un corpo allenato, messo in gioco, sfidato, osannato, osservato, acclamato, un corpo astuto che sa come attutire un colpo, un corpo pronto, forte, nero, in ebollizione. Un corpo che fa delle differenze una forza, un vanto, una battaglia. a cura di Anna Laura De Rosa

22 giugno 2018

Napoli Teatro Festival, passi di danza sulle note di Bach Esibizione al Teatro Trianon Viviani per il Duo Goldberg. Musica Johann Sebastian Bach, coreografia e danza Adriana Borriello, pianoforte Gilda Buttà consulenza musicale per la coreografia Giovanni Bacalov, disegno luci Giovanni Marocco.a cura di Anna Laura De RosaVideo Napoli teatro festival

22 giugno 2018

Napoli Teatro Festival, passi di danza sulle note di Bach Esibizione al Teatro Trianon Viviani per il Duo Goldberg. Musica Johann Sebastian Bach, coreografia e danza Adriana Borriello, pianoforte Gilda Buttà consulenza musicale per la coreografia Giovanni Bacalov, disegno luci Giovanni Marocco. a cura di Anna Laura De Rosa

Video Napoli teatro festival

22 giugno 2018

Arte e sport, il Muhammad Alì di Di Leva al Napoli Teatro Festival Recuperare la relazione tra arte e sport. Nasce così Sportopera, la sezione del Napoli Teatro Festival Curata da Caludio Palma che comprende 18 appuntamenti. Uno di questi è andato in scena al teatro Sannazaro. Si tratta di "Muhammad Alì", uno spettacolo di Pino Carbone e Francesco Di Leva con Francesco Di Leva, drammaturgia Linda Dalisi contributi di Roberto Bolle, Willem Dafoe, Marco D’Amore, Mario Martone scene Mimmo Paladino costumi Ursula Patzak musiche Marco Messina e Sasha Ricci. In scena un attore e un regista che sotto gli occhi degli spettatori costruiscono emotivamente, poeticamente e artisticamente lo spettacolo. L’ispirazione nasce concretamente dal corpo di Muhammad Ali, un corpo allenato, messo in gioco, sfidato, osannato, osservato, acclamato, un corpo astuto che sa come attutire un colpo, un corpo pronto, forte, nero, in ebollizione. Un corpo che fa delle differenze una forza, un vanto, una battaglia. a cura di Anna Laura De Rosa

22 giugno 2018

Napoli Teatro Festival, passi di danza sulle note di Bach Esibizione al Teatro Trianon Viviani per il Duo Goldberg. Musica Johann Sebastian Bach, coreografia e danza Adriana Borriello, pianoforte Gilda Buttà consulenza musicale per la coreografia Giovanni Bacalov, disegno luci Giovanni Marocco. a cura di Anna Laura De Rosa

22 giugno 2018

Esibizioni, recite e performance, anche all'aria aperta, in giro per l'Italia. Questa la nostra personalissima guida ai festival della stagione. Sette cartelloni che sono sette differenti esperienze – ma anche sette luoghi, celebri e meno celebri, da riscoprire e da vivere

“Tomorrowland” di e con Annabelle Chambon, Cédric Charron e Jean-Emmanuel Belot NAPOLI TEATRO FESTIVAL Napoli Fino al 10 luglio Le straordinarie location, il ricco cartellone (33 i giorni di programmazione effettiva, ben 85 le compagnie internazionali impegnate per 160 recite complessive) e anche il costo del biglietto (davvero popolare, dagli 8 ai 5 euro) fanno del rinnovato festival partenopeo – sotto la direzione di Ruggero Cappuccio – un fiore all’occhiello per tutto il Sud Italia e un luogo da non mancare per chi vuole conoscere le migliori espressioni del teatro. L’impronta qui è decisamente meno sperimentale che altrove, ma non per questo meno interessante, con una sezione internazionale che racchiude gemme preziose. A rendere più dolce la permanenza in città ci pensa il Maestro Raffaele Capparelli con i babà e le altre sue indimenticabili specialità (Al Capriccio, Via Carbonara 39). napoliteatrofestival.it

22 giugno 2018

Arte e sport, il Muhammad Alì di Di Leva al Napoli Teatro Festival Recuperare la relazione tra arte e sport. Nasce così Sportopera, la sezione del Napoli Teatro Festival Curata da Caludio Palma che comprende 18 appuntamenti. Uno di questi è andato in scena al teatro Sannazaro. Si tratta di "Muhammad Alì", uno spettacolo di Pino Carbone e Francesco Di Leva con Francesco Di Leva, drammaturgia Linda Dalisi contributi di Roberto Bolle, Willem Dafoe, Marco D’Amore, Mario Martone scene Mimmo Paladino costumi Ursula Patzak musiche Marco Messina e Sasha Ricci. In scena un attore e un regista che sotto gli occhi degli spettatori costruiscono emotivamente, poeticamente e artisticamente lo spettacolo. L’ispirazione nasce concretamente dal corpo di Muhammad Ali, un corpo allenato, messo in gioco, sfidato, osannato, osservato, acclamato, un corpo astuto che sa come attutire un colpo, un corpo pronto, forte, nero, in ebollizione. Un corpo che fa delle differenze una forza, un vanto, una battaglia.a cura di Anna Laura De RosaVideo Napoli Teatro festival

22 giugno 2018

Napoli Teatro Festival, passi di danza sulle note di Bach Esibizione al Teatro Trianon Viviani per il Duo Goldberg. Musica Johann Sebastian Bach, coreografia e danza Adriana Borriello, pianoforte Gilda Buttà consulenza musicale per la coreografia Giovanni Bacalov, disegno luci Giovanni Marocco.a cura di Anna Laura De RosaVideo Napoli teatro festival

22 giugno 2018 IN SCENA UN POYO ROJO DI HERMES GAIDO. PRIMA ASSOLUTA PER STORIA DI UN’AMICIZIA DI FANNY & ALEXANDER

Scritto da Mirella Falco

Venerdì 22 giugno al Napoli Teatro Festival Italia. La giornata inizia al mattino con la prova aperta del laboratorio Le corps sauvage a cura di Gilles Coullet (Parco Massimo Troisi di San Giovanni a Teduccio alle ore 11, replica ore 17); proseguono con Paolo Febbraro e Durs Grundbein gli appuntamenti alla Casa della Poesia di Silvio Perrella (Villa Pignatelli, ore 19). Al Museo Madre si inaugura la mostra On my great granfather steps – Toward Ellis Island di Maurizio Igor Meta (ore 19). Per la sezione Danza, Luciano Rosso e Nicolás Poggi presentano Un Poyo Rojo, regia di Hermes Gaido (Prima italiana, alla Sala Assoli, ore 19). Sportopera programma al Teatro Sannazaro Corpo B – i piedidi Benedetta Palmieri con Lara Sansone (ore 20.45); la lettura-concerto Canto por el ‘Che’ Deportista di e con Claudio Di Palma, al pianoforte Danilo Rea (ore 21.30); la proiezione del film I Cinghiali di Portici di Diego Olivares (ore 22.30). Prima assoluta per Fanny & Alexander al debutto con Storia di un’amicizia, regia di Luigi De Angelis (Teatro Politeama, ore 21). All’Osservatorio, la compagnia Teatro in Fabula presenta All’apparir del Vero – Dialogo di Giacomo Leopardi con la Morte, scritto e diretto da Antonio Piccolo (Cortile delle Carrozze di Palazzo Reale, ore 21.30). Al Dopofestival replica Così vicini, così lontani di Pier Luigi Razzano (ore 23, Giardino Romantico di Palazzo Reale). A dare il via alla giornata del NTFI, la prova aperta del laboratorio di Gilles Coullet Le Corps sauvage, che si terrà alle ore 11.00 e alle 17.00, presso il Parco Massimo Troisi di San Giovanni a Teduccio. Coullet, protagonista al Festival con lo spettacolo Wakan – la terra divorata, propone due diversi laboratori, dal 9 al 23 giugno, uno rivolto ai bambini e uno agli adulti. Attraverso il gioco, il contatto fisico, il rilassamento e l’esplosione, ognuno troverà la propria danza e acquisirà fiducia nelle proprie insospettabili capacità di gioire e vivere. La Casa della Poesia a Villa Pignatelli accoglie (alle ore 19) Paolo Febbraro, per il progetto Un’antologia fatta qui, in cui propone al pubblico del NTFI la sua opera Poesia d’oggi. Versi che disegnano un panorama del nostro patrimonio poetico contemporaneo, svelandone la forza e la varietà. A seguire, in collaborazione con Università degli Studi di Napoli L’Orientale e Goethe Institut di Napoli, l’incontro con Durs Grünbein, poeta acclamato, sin dagli esordi giovanili, come un classico della letteratura contemporanea e a tutt’oggi uno degli autori più letti e tradotti in Germania. La sua poesia vive di un fecondo rimescolamento di linguaggi e di stili, capace di coniugare il moderno e l’antico, dialogando ora con lo sperimentalismo delle avanguardie primo-novecentesche, ora con i retaggi dell’eredità barocca, ora con gli antecedenti formali e metrici della tradizione greco-latina. Lo introduce Valentina Di Rosa, che insegna letteratura tedesca all’Università degli Studi di Napoli L’Orientale. Alle ore 19.00, al Museo Madre, si inaugura la mostra- installazione On my great granfather steps - Toward Ellis Island - “The first ship” di Maurizio Igor Meta, presentata da Fondazione Donnaregina / Madre museo d’arte contemporanea Donnaregina e da Fondazione Campania dei Festival – Napoli Teatro Festival Italia. Il 19 novembre 2015 Maurizio Igor Meta salpa dal porto di Napoli con una nave cargo per ripercorrere i passi del bisnonno Domenico che, nel novembre del 1890, decise di partire per gli Stati Uniti in cerca di fortuna e lavoro. L’installazione The first ship, tra scrittura, immagine e suono, costitiusce il primo passo del progetto di mostra On my great grandfather steps – Toward Ellis Island. Alle ore 19, Sala Assoli ospita, in prima italiana, Un Poyo Rojo, coreografia di Luciano Rosso e Nicolás Poggi, con la regia e il disegno luci Hermes Gaido. Un’opera che, a partire dal linguaggio del corpo, esplora il mondo contemporaneo, confrontandosi con il movimento e le sue interpretazioni. Nello spogliatoio di una palestra, due uomini si scrutano, si squadrano, si provocano, si affrontano tentando di sedursi in una stupefacente danza acrobatica. Fusione di generi e di discipline, questo duello contemporaneo di grande precisione oscilla tra la danza e l’atletica passando per le arti marziali, l’acrobatica, la clownerie. Gli argentini Alfonso Barón e Luciano Rosso possiedono una straordinaria maestria corporea unita a un grande senso del ritmo e a una folgorante capacità di improvvisare reagendo alle sempre diverse reazioni del pubblico. Un Poyo rojo è una provocazione, un invito a ridere di noi stessi esplorando tutto il ventaglio delle possibilità fisiche e spirituali dell’essere umano. Replica il 23 e 24 giugno alle ore 19.00. La sezione SportOpera presenta, alle ore 20.45, Corpo B – I piedi di Benedetta Palmieri con Lara Sansone. In questo lavoro è ancora il corpo che si racconta all'uomo: dopo le mani, a prendere la parola sono i piedi, coi loro passi fisici o ideali, in grado di descrivere distanze, ansie, dolori. Alle 21.30 sarà la volta di Canto por el ‘Che’ deportista, lettura- concerto di Claudio Di Palma con Danilo Rea al pianoforte, un omaggio a Ernesto Guevara de la Serna, che a 20 anni si accasciò dopo un attacco d’asma mentre giocava a rugby, ma che non volle mai smettere di praticare questo sport. A lui e all’azione, sportiva e politica, cui attribuiva un enorme valore, è dedicato questo lavoro. Ancora protagonista il rugby, alle ore 22.30, quando va in scena il film I cinghiali di Portici di Diego Olivares, ambientato in una comunità di recupero per minori a rischio. L’istitutore sceglie lo sport per tenere coesi i ragazzi e per cercare di trasmettere loro il sogno di una vita diversa da quella cui si sentono condannati. Alle ore 21, al Teatro Politeama, debutta in prima assoluta Storia di un’amicizia. Il progetto di Fanny & Alexander, tratto da L’Amica geniale (Edizioni E/O), si propone come un affondo attraverso la tetralogia di Elena Ferrante dedicata alla storia dell’amicizia tra due donne, Elena e Lila, interpretate da Chiara Lagani e Fiorenza Menni, seguendo passo passo la loro crescita individuale, il modo di influenzarsi reciprocamente, i sentimenti, le condizioni di distanza e prossimità che nutrono nei decenni il loro rapporto. Sullo sfondo la coralità di una città/mondo dilaniata dalle contraddizioni del passato, del presente e di un futuro i cui confini feroci faticano ancora a delinearsi con nettezza. La storia delle due donne si intreccia, in una sorta di agone narrativo che procede per squarci subitanei, a quella di un Paese travagliato dalle sue metamorfosi. La partitura musicale e sonora di Luigi De Angelis - che firma anche la regia dello spettacolo - si rende veicolo emotivo della vicenda e si fa portavoce degli universi concreti in cui le tre parti narrative sono fisicamente calate: Napoli in primis, ma anche le altre città abitate dalle protagoniste: Firenze, Torino, Pisa. In particolare la città di Napoli è stata sede di registrazioni (sound design realizzato da Tempo Reale) di tutte le sue sonorità, dei suoi luoghi, della sua gente, che confluiscono nel lavoro musicale generale e nella partitura delle attrici. Un lavoro sul video, inoltre, dà vita a una sorta di ricomposizione dei frammenti di narrazione, e dell’identità complessa e bifronte di questa amicizia geniale e, a poco a poco e in maniera progressiva, andrà a comporsi, quasi come un quadro vivente, creando un paesaggio fisico ed emotivo complesso, idealmente sovrapponibile alla duplice immagine-ritratto in divenire delle due protagoniste della storia. Replica il 23 giugno ore 19. Il Cortile delle Carrozze di Palazzo Reale, alle 21.30, ospita All’apparire del vero – Dialogo di Giacomo Leopardi e Della Morte della compagnia Teatro in Fabula, testo di Antonio Piccolo, interpretato dallo stesso Piccolo e da Melissa Di Genova. Come un’operetta morale apocrifa, nel suo lavoro, Antonio Piccolo immagina un Dialogo tra Giacomo Leopardi e la Morte. Ambientato a Torre del Greco, il 14 giugno 1837, in casa del poeta, il dialogo descrive Leopardi, mentre intento a comporreLa ginestra, riceve la visita di un misterioso individuo, mascherato e vestito di nero. “Come può un uomo così vitale - si chiede l’autore e regista Antonio Piccolo - che, pur lamentandosi del dolore del mondo, delle miserie umane, della crudeltà della natura, ha viaggiato in lungo e in largo per l’Italia, ha amato le donne, il cibo, ha cambiato in continuazione generi letterari, scritto ininterrottamente… come può un uomo così vitale, insomma, detestare davvero l’esistenza al punto da invocare seriamente la propria fine? Se la Morte, con un pretesto, comparisse di fronte a Leopardi e tentasse di fargli cambiare idea?”. Per la sezione Danza, alle ore 21 al Teatro Trianon Viviani, Adriana Borriello presenta Duo Goldberg, con Gilda Buttà al pianoforte (ultima replica). La serata si conclude col Dopofestival, nel Giardino Romantico di Palazzo Reale, dove alle 23.00 replica lo spettacolo Così lontani, così vicini di Pier Luigi Razzano, con Valentina Curatoli e Giovanni Ludeno. Replica ancora il 23 giugno alla stessa ora

22 giugno 2018

22 giugno 2018

22 giugno 2018

Napoli Teatro Festival, passi di danza sulle note di Bach Esibizione al Teatro Trianon Viviani per il Duo Goldberg. Musica Johann Sebastian Bach, coreografia e danza Adriana Borriello, pianoforte Gilda Buttà consulenza musicale per la coreografia Giovanni Bacalov, disegno luci Giovanni Marocco. a cura di Anna Laura De Rosa

22 giugno 2018 Napoli Teatro Festival 2018, il programma di domani sabato 23 giugno

Una serata con Albert Camus di Renato Carpentieri. In prima nazionale Sei con Spiro Scimone e Francesco Sframeli. Chiude la sezione Letteratura a Villa Pignatelli. Per SportOpera in scena Tribune e Pentathlon moderno. L’Osservatorio presenta al Teatro Civico 14 di Caserta Di un Ulisse, di una Penelope. Replicano Storia di un’amicizia e Un Poyo Rojo.

Sabato 23 giugno, continuano gli appuntamenti del Napoli Teatro Festival Italia. Si inizia con il debutto di Renato Carpentieri (La caduta – prima parte, Istituto Francais de Naples Le Grenoble, ore 18.00 e Il Malinteso – seconda parte, ore 21.00, Galleria Toledo). Ultimo appuntamento per la sezione Letteratura curata da Silvio Perrella con A cosa serve la poesia di Gianluigi Gherzi e Giuseppe Semeraro Gherzi e, a seguire, Massimiliano Gallo legge Izet Sarajlic e Nazim Hikmet (a Villa Pignatelli, dalle ore 19). Continua SportOpera al Teatro Sannazaro con Tribune – Discorso su due piedi (ore 20.45) e Pentathlon moderno – Cinque storie di corpi perduti (ore 21.30). Prima nazionale di Sei con Spiro Scimone e Francesco Sframeli (al Teatro San Ferdinando, ore 21). Per la sezione Osservatorio la compagnia Mutamenti/Teatro Civico 12 presenta Di un Ulisse, di una Penelope, con Fabiana Fazio e Roberto Solofria, regia dello stesso Solofria (ore 21, Teatro Civico 14 di Caserta). Replicano Fanny & Alexander (Storia di un’amicizia, Teatro Politeama, ore 21) e per la danza, Luciano Rosso e Alfonso Barón (Un Poyo Rojo, Sala Assoli, ore 19). Al Dopofestival, ultima replica di Così lontani, così vicini di Pier Luigi Razzano (ore 23, Giardino Romantico di Palazzo Reale).

22 giugno 2018 Eventi a Napoli nel weekend dal 22 al 24 giugno 2018 | 16 consigli BY: FABIANA BIANCHI

I tanti eventi a Napoli per il weekend dal 22 al 24 giugno 2018 con concerti, visite guidate, rievocazioni, meditazione ed altro ancora. Nel weekend del 22, 23 e 24 giugno 2018 ci saranno tanti eventi a Napoli che vi consentiranno di programmare il weekend in maniera divertente ed interessante. Dopo tanta attesa inizia il Pompeii Theatrum Mundi che vede la rappresentazione, nel bellissimo Teatro Grande, di quattro classici e questo weekend potrete assistere a Salomè. Sempre in ambito teatrale, continua il Napoli Teatro Festival con i suoi tanti appuntamenti, mentre nel Maschio Angioino sono organizzate delle iniziative per il Solstizio d’Estate con rievocazioni e l’evento Il segreto del Libro di Luce.

Napoli Teatro Festival 2018: oltre 160 spettacoli di artisti internazionali tra danza, musica e recitazione

Dopofestival del Napoli Teatro Festival 2018: concerti e spettacoli nel Giardino di Palazzo Reale

Nelle aree del Palazzo Reale si svolgeranno gli eventi del Dopofestival del Napoli Teatro Festival, tra concerti e spettacoli. 22 giugno 2018

22 giugno 2018 RAI5: SAVE THE DATE Con Francesca D'Aloja

Un mito che ha affascinato le arti figurative nei secoli fino a sconfinare nel territorio della psicologia. È incentrata sulla rappresentazione della vicenda del giovane Narciso e della ninfa Eco la mostra “Eco e Narciso. Ritratto e autoritratto nelle collezioni del MAXXI e delle Gallerie Nazionali Barberini Corsini”, fino al 28 ottobre alla Galleria Nazionale d’Arte Antica di Palazzo Barberini a Roma. I due curatori, il direttore del MAXXI Bartolomeo Pietromarchi e la Direttrice di Palazzo Barberini Flaminia Gennari Santori, ne parlano a “Save the date”, il programma di Rai Cultura in onda sabato 23 giugno alle 15.30 su Rai5. Ospite della puntata la scrittrice Francesca D’Aloja. In primo piano anche la 35esima edizione de “La macchina dei sogni”, che si è svolta a Palermo dall’8 al 10 giugno. Un festival originale, creato da Mimmo Cuticchio che fa dialogare pupi, marionette e burattini nella suggestiva cornice delle celle, del chiostro, della chiesa e del refettorio dell’antico Monastero di Santa Caterina, nel cuore del capoluogo siciliano. Tra gli altri appuntamenti culturali segnalati, la mostra “Le Americhe di Pit Picinelli. Una contagiosa empatia” alla Galleria Milano e il festival “Vicenza in Lirica” alle Gallerie d’Italia. “Save the date” si sposta poi a Napoli per scoprire le iniziative del “Napoli Teatro Festival”, in compagnia del direttore artistico Roberto Cappuccio e del regista Michele Schiano di Cola. Obiettivo anche sulla stagione operistica dell’Arena di Verona: la sovrintendente Cecilia Gasdia svela il programma, che comprende opere di Rossini, Verdi e Puccini. Al Teatro Vascello di Roma invece è in corso fino al 27 luglio il festival internazionale di Danza Fuori Programma. In chiusura, Francesca D’Aloja presenta il suo ultimo libro “Cuore, sopporta”.

22 giugno 2018

A LETTERATURE, Durs Grünbein

Durs Grünbein leggerà le sue poesie stasera, 22 giugno 2018 alle 19.00 a Villa Pignatelli, ospite della rassegna LETTERATURA a cura di Silvio Perrella del Napoli Teatro Festival, in corso fino al 23 giugno. Qui sotto una delle sue poesie pubblicate da Einaudi nel 2011. Nella stessa serata Paolo Febbraro presenta la sua antologia della poesia italiana intitolata Poesia d’oggi pubblicata da Ellot editore.

Che serve applicar l’occhio a una fessura, a che spiare? Davanti hai sempre croci e cancelli, un mondo di settori. A che pro dei binari, se non per divergere da qualche parte?

Was hilft es, das Auge am Schlitz eines Türspions zu verdrehn? Man steht immer vor Kreuzen und Gittern, einer Welt aus Sektoren. Wozu sind Schienen da, wenn nicht, irgendwo auseinanderzugehn?

Durs Grünbein nella traduzione di Anna Maria Carpi

22 giugno 2018

Napoli Teatro Festival, passi didanza sulle note di Bach Esibizione al Teatro Trianon Viviani per il Duo Goldberg. Musica Johann Sebastian Bach, coreografia e danza Adriana Borriello, pianoforte Gilda Buttà consulenza musicale per la coreografia Giovanni Bacalov, disegno luci Giovanni Marocco. a cura di Anna Laura De Rosa

22 giugno 2018

22 giugno 2018

22 giugno 2018

Arte e sport, il Muhammad Alì di Di Leva al Napoli Teatro Festival Recuperare la relazione tra arte e sport. Nasce così Sportopera, la sezione del Napoli Teatro Festival Curata da Caludio Palma che comprende 18 appuntamenti. Uno di questi è andato in scena al teatro Sannazaro. Si tratta di "Muhammad Alì", uno spettacolo di Pino Carbone e Francesco Di Leva con Francesco Di Leva, drammaturgia Linda Dalisi contributi di Roberto Bolle, Willem Dafoe, Marco D’Amore, Mario Martone scene Mimmo Paladino costumi Ursula Patzak musiche Marco Messina e Sasha Ricci. In scena un attore e un regista che sotto gli occhi degli spettatori costruiscono emotivamente, poeticamente e artisticamente lo spettacolo. L’ispirazione nasce concretamente dal corpo di Muhammad Ali, un corpo allenato, messo in gioco, sfidato, osannato, osservato, acclamato, un corpo astuto che sa come attutire un colpo, un corpo pronto, forte, nero, in ebollizione. Un corpo che fa delle differenze una forza, un vanto, una battaglia. a cura di Anna Laura De Rosa

22 giugno 2018 "Nalpas: l’attore è un atleta del cuore" workshop all'interno del Napoli Teatro Festival 2018 in svolgimento al Piccolo Bellini

All’interno del “Napoli Teatro Festival 2018” al Piccolo Bellini Michele Monetta propone il workshop intensivo, Nalpas: L’attore è un atleta del cuore, per attori, cantanti, danzatori, atleti, registi, coreografi e performer tout-court, totalmente dedicato al teatro della crudeltà e alla figura di Antonin Artaud (1896-1948), nel 70° anniversario della sua scomparsa. Il laboratorio condotto da Michele Monetta, con Lina Salvatore e Giuseppe Rocca, iniziato il 14 giugno si concluderà domenica 24, con una prova aperta al Piccolo Bellini. Il Novecento è stato contrassegnato dal pensiero e dal lavoro di Artaud, l’autore de, “Il Teatro e il suo doppio”, una delle più grandi personalità della scena moderna e contemporanea che maggiormente contribuì a cambiare il modo di pensare e fare oggi il teatro, non senza incorrere in qualche vuota deriva performativa dovuta ad approssimative interpretazioni del concetto di Teatro della Crudeltà. Poeta autentico ed estremo, sovente più grande e lungimirante delle sue stesse realizzazioni, Antonin Artaud perse, in vita, tutte le sue battaglie per poi, paradossalmente, vincere la guerra ed influenzare il pensiero e la cultura tutta del suo secolo. Da oltre 70 anni non si può prescindere da lui, non possono il Living Theatre, Carmelo Bene, la Body Art, la Danza Buto, l’Antipsichiatria, Valère Novarina. Eppure è ancora al centro del teatro anche in questo nuovo millennio. La battaglia contro il significato della parola fu un elemento costante nel suo pensiero. L’anatema contro la parola ne è l’esempio più che evidente, Artaud avversò strenuamente la parola appiattita sul significato e assoggettata alla mera funzione comunicativa. Nalpas fu il cognome che egli usò per firmarsi durante l’internamento in manicomio, era il cognome della nonna materna di origine turco greca. Il laboratorio prevede esercizi di euritmia; coordinazione braccia gambe; respirazione e movimento (Feldenkrais); corpo e spazio; elementi di biomeccanica (Mejerchol’d); lettura e interpretazione di glossolalìe scritte da Artaud e vocalità; il Teatro della Crudeltà (manifesti); lettere dal manicomio di Rodez; danze sacre e movimento ritmico (Dalcroze, Gurdjieff); forme e figure dal Mime Corporel di Decroux; il sistema ternario da Barrault-Artaud; montaggio di azione e concetto artaudiano di “poesia nello spazio”; anteprima in forma di conferenza della bozza della nuova traduzione de Il Teatro e il suo doppio. www.icraproject.it 22 giugno 2018 NAPOLI TEATRO FESTIVAL ITALIA, UNA SERATA CON ALBERT CAMUS DI RENATO CARPENTIERI Written by Giuseppe Spasiano

In prima nazionale Sei, chiude la sezione Letteratura a Villa Pignatelli. Per SportOpera in scenaTribune e Pentathlon moderno. L’Osservatorio presenta al Teatro Civico 14 di Caserta Di un Ulisse, di una Penelope. Replicano Storia di un’amicizia e Un Poyo Rojo. Sabato 23 giugno, continuano gli appuntamenti del Napoli Teatro Festival Italia. Si inizia con il debutto di Renato Carpentieri (La caduta – prima parte, Istituto Francais de Naples Le Grenoble, ore 18.00 e Il Malinteso – seconda parte, ore 21.00, Galleria Toledo). Ultimo appuntamento per la sezione Letteratura curata da Silvio Perrella con A cosa serve la poesia di Gianluigi Gherzi e Giuseppe Semeraro Gherzi e, a seguire, Massimiliano Gallo legge Izet Sarajlic e Nazim Hikmet (a Villa Pignatelli, dalle ore 19). Continua SportOpera al Teatro Sannazaro con Tribune – Discorso su due piedi (ore 20.45) e Pentathlon moderno – Cinque storie di corpi perduti (ore 21.30). Prima nazionale di Sei con Spiro Scimone e Francesco Sframeli (al Teatro San Ferdinando, ore 21). Per la sezione Osservatorio la compagnia Mutamenti/Teatro Civico 12 presenta Di un Ulisse, di una Penelope, con Fabiana Fazio e Roberto Solofria, regia dello stesso Solofria (ore 21, Teatro Civico 14 di Caserta). Replicano Fanny & Alexander (Storia di un’amicizia, Teatro Politeama, ore 21) e per la danza, Luciano Rosso e Alfonso Barón (Un Poyo Rojo, Sala Assoli, ore 19). Al Dopofestival, ultima replica di Così lontani, così vicini di Pier Luigi Razzano (ore 23, Giardino Romantico di Palazzo Reale). La giornata inizia alle ore 18, con Renato Carpentieri che mette in scena Una serata con Albert Camus, diviso in due parti, la prima – La caduta – all’Istituto Francais de Naples Le Grenoble, è interpretata da Renato Carpentieri, Ilaria Falini, Valeria Luchetti, Maria Grazia Mandruzzato, Fulvio Pepe. Carpentieri inventa una riduzione per la scena del romanzo di Camus, con l’accompagnamento al violoncello di Federico Odling. Pubblicato nel 1956, un anno prima che Camus ricevesse il Premio Nobel e quattro anni prima della sua morte, La caduta è un monologo in cui un ex-avvocato di successo fa, da virtuoso, una confessione pubblica. Da Giudice Penitente, si accusa per lungo e per largo con ironia e sarcasmo, di colpe, debolezze, egoismi, moltiplicando sfumature e digressioni, per costruire una maschera in cui tutti possano arrivare a riconoscersi e a giudicarsi. La seconda parte – Il Malinteso – va in scena alle ore 21 a Galleria Toledo. Interpretato da Renato Carpentieri, Ilaria Falini, Valeria Luchetti, Maria Grazia Mandruzzato, Fulvio Pepe, il testo teatrale di Camus è una variante di una vecchia leggenda popolare, quella del soldato ricco di un grosso bottino al ritorno dalla guerra ucciso dai suoi parenti. O altrimenti del figliuol prodigo: Il Malinteso rovescia la parabola dei Vangeli mostrando il fallimento tragico di quel ritorno. Jan, dopo molti anni di lontananza, torna nella sua casa natale, da sua madre e sua sorella, che sopravvivono affittando camere e uccidendo di tanto in tanto qualche raro cliente ricco, per derubarlo. Le due donne non riconoscono Jan e, sopraffatte da una vita meschina e miserabile, finiscono per uccidere quello che per loro è solo un cliente del loro albergo. “ Tutta la sventura degli uomini – così Camus nei suoi Taccuini – deriva dal fatto che non usano un linguaggio semplice. Se l’eroe del Malinteso avesse detto: “Eccomi, sono io e sono vostro figlio”, sarebbe stato possibile il dialogo, non più fondato sul nulla come nel dramma”. Le scene sono di Arcangela Di Lorenzo, i costumi di Annamaria Morelli, il disegno luci di Cesare Accetta, le musiche di Federico Odling. Repliche il 24 giugno alla stessa ora. Nella casa della Poesia di Villa Pignatelli, alle 19.00, si chiude la rassegna QUI, con il reading-spettacolo A cosa serve la poesia di e con Gianluigi Gherzi e Giuseppe Semeraro. Un dialogo che mescola versi e teatro, in cui la poesia diventa monologo, confessione, diario della vita quotidiana, dialogo col pubblico, invettiva, canzone. Il libro trasformato in spettacolo parte da una domanda profonda e lieve allo stesso tempo: a cosa serve la poesia?. Due attori-poeti provano a rispondere. QUI si conclude con l’evento Gli abbracciatori del mondo, realizzato in collaborazione con l’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici e Casa della Poesia di Baronissi. Massimiliano Gallo legge il poeta bosniaco Izet Sarajlic e il turco Nazim Hikmet, accompagnato dalle musiche dei Lautari din Rosiori. Per Sportopera, debutta Tribune – Discorso su due piedi, un progetto in cui la funzione originaria della tribuna come pulpito rialzato si fonde con quella attuale delle tribune, intese come strutture in cui si raccolgono gli spettatori sportivi. Si inizia con Michelangelo Dalisi, che dà voce alle incursioni paradossali e illuminanti di Carmelo Bene ed Enrico Ghezzi sui fenomeni sportivi. Alle 21.30 è la volta di Pentathlon moderno – Cinque storie di corpi perduti, che trasforma le cinque discipline della competizione sportiva in altrettante difficoltà quotidiane che riguardano il corpo dell’uomo moderno, nelle scritture di Antonio Franchini, Wanda Marasco, Valeria Parrella, Silvio Perrella, Manlio Santanelli, interpretate da Alessandro Cepollaro, Francesca De Nicolais, Renato De Simone, Ettore Nigro, Lucia Rocco, Bruno Tramice. Alle ore 21.00, debutta in prima nazionale, al Teatro San Ferdinando, il nuovo spettacolo della Compagnia Scimone Sframeli, Sei (adattamento di Sei personaggi in cerca d’autore), che per la prima volta si misura con la scrittura e la lingua di un grande siciliano: Luigi Pirandello. A sostenere la Compagnia nella produzione ci saranno il Teatro Stabile di Torino, il Biondo di Palermo e il Théâtre Garonne di Toulouse. “L’adattamento dal titolo Sei, tratto dall’opera teatrale Sei personaggi in cerca d’autore di Luigi Pirandello – affermano Scimone e Sframeli – nasce dal bisogno di mettere insieme il nostro linguaggio teatrale con la lingua del grande maestro. Durante il lavoro di elaborazione, abbiamo ridotto il numero dei personaggi, eliminato o aggiunto scene e dialoghi, sostituito qualche termine linguistico, ma senza stravolgere la struttura drammaturgica dell’opera originale”. Siamo in un teatro semidistrutto, una Compagnia, formata da due attori, due attrici e il capocomico, sta per iniziare la prova di uno spettacolo teatrale che, forse, non debutterà mai. Prima dell’inizio della prova, improvvisamente, un corto circuito lascia al buio tutto il teatro. Per riaccendere la luce, uno degli attori va alla ricerca del tecnico, andato via dal teatro poco prima dell’inizio della prova. Ma il tecnico è introvabile e la luce arriverà solo con l’apparizione, in carne ed ossa, dei Sei Personaggi, rifiutati e abbandonati dall’autore che li ha creati. Sono proprio Il Padre, La Madre, La Figliastra, Il Figlio, Il Giovinetto e La Bambina che illuminano il teatro, con la speranza di poter vivere sulla scena il loro “dramma doloroso”. I componenti della compagnia, sconvolti da questa improvvisa apparizione, pensano che i “Sei” siano solo degli intrusi o dei pazzi e fanno di tutto per cacciarli via dal teatro. Ma, quando il Padre, inizia il racconto del “dramma doloroso” che continua a provocare sofferenze, tensioni e conflitti familiari; l’attenzione e l’interesse da parte degli attori e del Capocomico, verso i personaggi, cresce sempre di più e l’idea di farli vivere sulla scena diventa sempre più concreta e necessaria. Vivere in scena non è solo il desiderio dei personaggi; è anche il sogno degli attori. Entrambi, sanno che la loro vita in scena può nascere solo attraverso la creazione di un rapporto, attori /personaggi, di perfetta simbiosi. Un rapporto che si crea, di volta in volta, di attimo in attimo, durante la rappresentazione. “Nella rappresentazione è indispensabile la presenza dello spettatore. Ed è proprio l’autenticità del rapporto, attore, personaggio, spettatore la vera magia del teatro, che ci fa andare oltre la finzione e la realtà”. Con Francesco Sframeli, Spiro Scimone, Gianluca Cesale, Giulia Weber, Bruno Ricci, Francesco Natoli, Mariasilvia Greco, Michelangelo Zanghi, Miriam Russo, Zoe Pernici, per la regia di Francesco Sframeli; scena di Lino Fiorito, costumi di Sandra Cardini, disegno luci di Beatrice Ficalbi, musiche sono di Roberto Pelosi. Replica il 24 giugno alle 19.00 e il 25 alle 21.00. L’Osservatorio del NTFI, il 23 giugno, si trasferisce al Teatro Civico 14 di Caserta, dove alle ore 21, va in scena Di un Ulisse, di una Penelope con Fabiana Fazio e Roberto Solofria, per la regia dello stesso Roberto Solofria. Marilena Lucente riscrive un mito fin troppo conosciuto, quello di Ulisse e Penelope. Da Omero in poi, poeti e romanzieri hanno tirato fuori numerosissime interpretazioni dei due personaggi: Ulisse e la sua passione per la conoscenza, l’arguzia, la smania di nuovi orizzonti e la nostalgia di casa, si rivela un personaggio contraddittorio. Penelope con la sua attesa astuta, il coraggio della solitudine, l’inamovibilità dell’amore, ha dato forma a un modo di vivere l’amore. “Ma cosa accade – scrive l’autrice in una nota – quando Ulisse raggiunge Itaca? Cosa succederà adesso che il desiderio infinito potrà placarsi? Quell’incontro in cui tutto sembra poter ricominciare cambia Ulisse e Penelope come non era accaduto in venti anni. Domande furiose che nascono solo dall’amore. Quando si sta male per averlo perduto, quando si pensa di averlo ritrovato, e si teme e si trema al pensiero del futuro. Chiunque abbia avuto un’Itaca nella propria vita sa di cosa stanno parlando, quei due”. La serata si chiude, come sempre, Nel Giardino Romantico di Palazzo Reale, dove alle ore 23.00, con l’ultima replica di Così lontani, così vicini di Pier Luigi Razzano, con Valentina Curatoli e Giovanni Ludeno.

22 giugno 2018

'Così lontani, così vicini' di Pier Luigi Razzano

Tre grandi scrittori stranieri del passato durante il loro viaggio a Napoli, tre grandi storie d'amore.

I protagonisti dello spettacolo 'Così lontani, così vicini' di Pier Luigi Razzano, in scena per il Napoli Teatro Festival il 21, il 22 e il 23 giugno dalle ore 23 nel Giardino Romantico di Palazzo Reale, sono Fedor Dostoevskij, Walter Benjamin e Francis Scott Fitzgerald: autori lontani e vicini dalla donna che amano, lontani e vicini da Napoli, città che scoprono e poi rivivono a distanza grazie alla memoria e attraverso le loro opere.

Le voci degli autori saranno evocate, incarnate, appariranno nella notte dagli attori Valentina Curatoli e Giovanni Ludeno, che faranno rivivere l'amore, la scoperta di Napoli: quegli istanti importantissimi della loro vita.

Dostoevskij nel 1863 vive un rapporto burrascoso con Polina Suslova, una storia tormentata di fughe e riconciliazioni, che da San Pietroburgo arriva fino a Napoli, un'esperienza dalla quale nascerà Il giocatore e in seguito L'idiota. (In scena il 21 giugno). Benjamin nel 1924 fugge dalla Germania di Weimar, viaggia tra Napoli, Capri, la Costiera e incontra la regista lettone Asja Lacis, assistente di Brecht. Con lei vive l'amore di una stagione che coincide con la scoperta di Napoli. (In scena il 22 giugno). Infine Fitzgerald. Nel 1925 replica a Capri la grande stagione degli anni ruggenti del jazz, è con sua moglie Zelda, stanno attraversando un periodo di profonda crisi, proprio mentre Fitzgerald sta rivedendo le bozze de Il grande Gatsby. (In scena il 23 giugno).

ADESSO NEWS

23 GIUGNO 2018 Danza, al Trianon la memoria araba di Ali Chahrour

Per la prima volta in Italia, il Napoli Teatro Festival Italia ospita domani al Teatro Trianon Viviani (ore 21), il coreografo e danzatore libanese Ali Chahrour in scena con My he rise and smell the fragrance, una coreografia di cui è autore ed anche interprete con Hala Omran. Presentato a l’anno scorso, poi a Budapest e a Dublino, dopo il debutto a Napoli lo spettacolo è atteso in Francia, dal 14 luglio, evento di punta e sold out annunciato al Festival d’Avignone. Gli spettacoli di Chahrour traggono ispirazione dalla memoria collettiva araba. Rivisitando tradizioni saldamente ancorate, l’artista indaga arrivando a cogliere i segreti dell’antica terra della Mesopotamia. In questo lavoro, che completa una trilogia, iniziata con i precedenti Fatmeh e Leila’s death (accolti trionfalmente proprio al Festival di Avignone nel 2016) Ali Chahrour analizza i riti sciiti e le loro metamorfosi contemporanee. In un contesto sociale, politico e religioso in cui il corpo è spesso oggetto di censura, Chahrour affronta gli attuali modelli di mascolinità e contesta la superiorità che spesso viene loro attribuita. Con un danzatore, due musicisti e un’attrice, My he rise and smell the fragrance affronta il tema, nonché la pratica ancora vigente, di antichi rituali legati al lutto in cui le donne sono abitualmente obbligate al digiuno e alle lamentazioni. Fonte di ispirazione è il mito di Ishtar, la dea babilonese dell’amore, della fertilità e della guerra, e del suo sposo Tammuz, il dio pastore. Le musiche originali sono di Two or The Dragon eseguite in scena dagli autori Ali Hout e Abed Kobeissy, drammaturgia Junaid Sarieddeen.

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AMICIZIE.EU 23 giugno 2018

Villa Pignatelli eletta Casa della Poesia per il Napoli Teatro Festival Eventi a Napoli, chiude la rassegna di LETTERATURE curata da Silvio Perrella, stasera, sabato 23 giugno 2018. L’appuntamento è alle 19.00. Massimiliano Gallo legge il poeta bosniaco Izet Sarajlic e il turco Nazim Hikmet, accompagnato dalle musiche di Lautari din Rosiori. Alla vita La vita non è uno scherzo. Prendila sul serio come fa lo scoiattolo, ad esempio, senza aspettarti nulla dal di fuori o nell’al di là. Non avrai altro da fare che vivere. La vita non è uno scherzo. Prendila sul serio ma sul serio a tal punto che messo contro un muro, ad esempio, le mani legate, o dentro un laboratorio col camice bianco e grandi occhiali, tu muoia affinché vivano gli uomini gli uomini di cui non conoscerai la faccia, e morrai sapendo che nulla è più bello, più vero della vita. Prendila sul serio ma sul serio a tal punto che a settant’anni, ad esempio, pianterai degli ulivi non perché restino ai tuoi figli ma perché non crederai alla morte pur temendola, e la vita peserà di più sulla bilancia. Traduzione di Joyce Salvadori Lussu 23 giugno 2018

Al Trianon di Napoli la memoria araba Il danzatore libanese per la prima volta in Italia per NTFI

(ANSA) - NAPOLI, 23 GIU - Per la prima volta in Italia, il Napoli Teatro Festival Italia ospita domenica al Teatro Trianon Viviani (ore 21), il coreografo e danzatore libanese Ali Chahrour in scena con My he rise and smell the fragrance, una coreografia di cui è autore ed anche interprete con Hala Omran. Presentato a Beirut l'anno scorso, poi a Budapest e a Dublino, dopo il debutto a Napoli lo spettacolo è atteso in Francia, dal 14 luglio, evento di punta e sold out annunciato al Festival d'Avignone. Gli spettacoli di Chahrour traggono ispirazione dalla memoria collettiva araba. Rivisitando tradizioni saldamente ancorate, l'artista indaga arrivando a cogliere i segreti dell'antica terra della Mesopotamia. In questo lavoro, che completa una trilogia, iniziata con i precedenti Fatmeh e Leila's death (accolti trionfalmente proprio al Festival di Avignone nel 2016) Ali Chahrour analizza i riti sciiti e le loro metamorfosi contemporanee. 23 giugno 2018

Al Trianon di Napoli la memoria araba

Il danzatore libanese per la prima volta in Italia per NTFI

(ANSA) - NAPOLI, 23 GIU - Per la prima volta in Italia, il Napoli Teatro Festival Italia ospita domenica al Teatro Trianon Viviani (ore 21), il coreografo e danzatore libanese Ali Chahrour in scena con My he rise and smell the fragrance, una coreografia di cui è autore ed anche interprete con Hala Omran. Presentato a Beirut l'anno scorso, poi a Budapest e a Dublino, dopo il debutto a Napoli lo spettacolo è atteso in Francia, dal 14 luglio, evento di punta e sold out annunciato al Festival d'Avignone. Gli spettacoli di Chahrour traggono ispirazione dalla memoria collettiva araba. Rivisitando tradizioni saldamente ancorate, l'artista indaga arrivando a cogliere i segreti dell'antica terra della Mesopotamia. In questo lavoro, che completa una trilogia, iniziata con i precedenti Fatmeh e Leila's death (accolti trionfalmente proprio al Festival di Avignone nel 2016) Ali Chahrour analizza i riti sciiti e le loro metamorfosi contemporanee. 23 giugno 2018 Food Distribution – della guerra e del turismo – a vico Maiorani Napoli Teatro Festival 2018 Food distribution è una riflessione cinica e poetica sull’uomo spettatore di se stesso.

Food Distribution – della guerra e del turismo, progetto a cura di Davide Scognamiglio e Daniele Ciprì – per Napoli Teatro Festival 2018. Con il patrocinio morale della IV municipalità di Napoli e con la collaborazione degli abitanti di Vico Maiorani e di Emmedue Service e Dts light Domenica 24 alle ore 21.00 si terrà a vico Maiorani l’inaugurazione dell’installazione di luci in strada del progetto Food Distribution, realizzata grazie alla collaborazione dei partecipanti al laboratorio di alta formazione sulla luce, di cui costituisce la conclusione.L’evento inaugurale prevede la partecipazione degli Ars Nova e degli abitanti del vicolo che hanno sostenuto il progetto e ne hanno permesso la realizzazione. L’installazione di luci rimarrà a vico Maiorani fino al 10 luglio, data conclusiva del Napoli Teatro Festival 2018.Il lavoro di installazione artistica si propone come esito di un laboratorio rivolto a professionisti del settore della fotografia, dell’illuminotecnica e dell’architettura di 10 incontri condotto da maestri della direzione della fotografia e del disegno luci, che si è tenuto nella Chiesa della Misericordiella, grazie alla collaborazione dell’associazione SMMAVE. Una strada, un vicolo da studiare nei movimenti e nelle abitudini dei suoi abitanti per concepire un disegno luci che miri a creare geometrie e a scorgere dettagli. Una fotografia cinematografica che abbia come soggetto la quotidianità con i suoi segni: gli abitanti che ci vivono, nel bene e nel male, dentro e fuori le case e un pubblico accomodato a guardare la vita. Food distribution è una riflessione cinica e poetica sull’uomo spettatore di se stesso.

23 giugno 2018

Al Trianon di Napoli la memoria araba

(ANSA) - NAPOLI, 23 GIU - Per la prima volta in Italia, il Napoli Teatro Festival Italia ospita domenica al Teatro Trianon Viviani (ore 21), il coreografo e danzatore libanese Ali Chahrour in scena con My he rise and smell the fragrance, una coreografia di cui è autore ed anche interprete con Hala Omran. Presentato a Beirut l'anno scorso, poi a Budapest e a Dublino, dopo il debutto a Napoli lo spettacolo è atteso in Francia, dal 14 luglio, evento di punta e sold out annunciato al Festival d'Avignone. Gli spettacoli di Chahrour traggono ispirazione dalla memoria collettiva araba. Rivisitando tradizioni saldamente ancorate, l'artista indaga arrivando a cogliere i segreti dell'antica terra della Mesopotamia. In questo lavoro, che completa una trilogia, iniziata con i precedenti Fatmeh e Leila's death (accolti trionfalmente proprio al Festival di Avignone nel 2016) Ali Chahrour analizza i riti sciiti e le loro metamorfosi contemporanee.

23 giugno 2018 Napoli, riapre Cappella Pignatelli dopo cinquant’anni Completato il restauro Suor Orsola Benincasa-Grande Progetto Unesco. Lunedì l’inaugurazione con lezione magistrale di Paolo Isotta nell’ambito del Teatro Festival

NAPOLI - Sarà il primo della serie dei gioielli del “Grande Progetto Centro Storico di Napoli-Sito Unesco” a ritrovare la luce in versione restaurata; si tratta della Cappella di Santa Maria dei Pignatelli, uno degli scrigni della Rinascimento, che sorge proprio nel cuore del centro antico, al Largo Corpo di Napoli, allineata lungo il decumano inferiore della città greco-romana, dove si incrociano piazzetta Nilo e San Biagio dei Librai. Era chiusa al pubblico da oltre cinquant'anni. Sul finire degli anni Sessanta era diventata persino un deposito abusivo di mobili in disuso. Oggi, grazie al lavoro dell'Università Suor Orsola Benincasa, divenuta proprietaria della Cappella negli anni Novanta in seguito alla donazione della famiglia Pignatelli, ed al finanziamento europeo del Grande Progetto Centro Storico Unesco affidato per l'attuazione al Comune, la Cappella Pignatelli è pronta per essere restituita alla città. L'inaugurazione della sua seconda vita è fissata per lunedì 25 alle 18. Al taglio del nastro il rettore Lucio d'Alessandro, il sindaco de Magistris, i fratelli Fabio e Giovanni Pignatelli, il sovrintendente Luciano Garella, il direttore del museo di Capodimonte Sylvain Bellenger e la squadra di lavoro del Suor Orsola con gli studenti del corso di laurea magistrale in Restauro che hanno collaborato ai lavori. «In una regione in cui si parla spesso delle grandi opportunità sprecate nell'investimento dei fondi europei ci riempie di orgoglio aver portato a termine un lavoro lungo e complesso che ci consente oggi di restituire alla città uno dei suoi grandi patrimoni, che abbiamo tutte le intenzioni di valorizzare al meglio con numerosi progetti che mettano al centro soprattutto i giovani delle Università» dice d'Alessandro anticipando che la Cappella avrà una destinazione «pubblica» per convegni, mostre e documentazione sul centro storico e attività musicali, cinematografiche e teatrali. Lunedì alle 19, un'ora dopo il taglio del nastro, ci sarà la partenza del ciclo di lezioni magistrali di Paolo Isotta su “Gli splendori della Scuola Musicale Napoletana” nell'ambito dell'undicesima edizione del Napoli Teatro Festival Italia. Da Alessandro Scarlatti al genio di Rossini: da lunedì a giovedì sempre alle 19 alla Cappella Pignatelli quattro appuntamenti ad ingresso gratuito (prenotazioni aperte su www.napoliteatrofestival.it) con uno dei più importanti storici della musica. Il ciclo di lezioni di Isotta è il “battesimo” delle attività accademiche e culturali della «Cattedra permanente di Culture d'Europa Cappella Pignatelli» dell'Università Suor Orsola, inserita nell'offerta formativa ma aperta a lezioni pubbliche sui grandi temi della storia e dell'attualità europea con esperti internazionali. (lm)

23 giugno 2018

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23 giugno 2018

Danza, al Trianon la memoria araba di Ali Chahrour

Per la prima volta in Italia, il Napoli Teatro Festival Italia ospita domani al Teatro Trianon Viviani (ore 21), il coreografo e danzatore libanese Ali Chahrour in scena con My he rise and smell the fragrance, una coreografia di cui è autore ed anche interprete con Hala Omran. Presentato a Beirut l’anno scorso, poi a Budapest e a Dublino, dopo il debutto a Napoli lo spettacolo è atteso in Francia, dal 14 luglio, evento di punta e sold out annunciato al Festival d’Avignone. Gli spettacoli di Chahrour traggono ispirazione dalla memoria collettiva araba. Rivisitando tradizioni saldamente ancorate, l’artista indaga arrivando a cogliere i segreti dell’antica terra della Mesopotamia. In questo lavoro, che completa una trilogia, iniziata con i precedenti Fatmeh e Leila’s death (accolti trionfalmente proprio al Festival di Avignone nel 2016) Ali Chahrour analizza i riti sciiti e le loro metamorfosi contemporanee. In un contesto sociale, politico e religioso in cui il corpo è spesso oggetto di censura, Chahrour affronta gli attuali modelli di mascolinità e contesta la superiorità che spesso viene loro attribuita. Con un danzatore, due musicisti e un’attrice, My he rise and smell the fragrance affronta il tema, nonché la pratica ancora vigente, di antichi rituali legati al lutto in cui le donne sono abitualmente obbligate al digiuno e alle lamentazioni. Fonte di ispirazione è il mito di Ishtar, la dea babilonese dell’amore, della fertilità e della guerra, e del suo sposo Tammuz, il dio pastore. Le musiche originali sono di Two or The Dragon eseguite in scena dagli autori Ali Hout e Abed Kobeissy, drammaturgia Junaid Sarieddeen.

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23 giugno 2018

Al Trianon di Napoli la memoria araba

Il danzatore libanese per la prima volta in Italia per NTFI

NAPOLI, 23 GIU - Per la prima volta in Italia, il Napoli Teatro Festival Italia ospita domenica al Teatro Trianon Viviani (ore 21), il coreografo e danzatore libanese Ali Chahrour in scena con My he rise and smell the fragrance, una coreografia di cui è autore ed anche interprete con Hala Omran. Presentato a Beirut l'anno scorso, poi a Budapest e a Dublino, dopo il debutto a Napoli lo spettacolo è atteso in Francia, dal 14 luglio, evento di punta e sold out annunciato al Festival d'Avignone. Gli spettacoli di Chahrour traggono ispirazione dalla memoria collettiva araba. Rivisitando tradizioni saldamente ancorate, l'artista indaga arrivando a cogliere i segreti dell'antica terra della Mesopotamia. In questo lavoro, che completa una trilogia, iniziata con i precedenti Fatmeh e Leila's death (accolti trionfalmente proprio al Festival di Avignone nel 2016) Ali Chahrour analizza i riti sciiti e le loro metamorfosi contemporanee. 23 giugno 2018

Danza, al Trianon la memoria araba di Ali Chahrour

Per la prima volta in Italia, il Napoli Teatro Festival Italia ospita domani al Teatro Trianon Viviani (ore 21), il coreografo e danzatore libanese Ali Chahrour in scena con My he rise and smell the fragrance, una coreografia di cui è autore ed anche interprete con Hala Omran. Presentato a Beirut l’anno scorso, poi a Budapest e a Dublino, dopo il debutto a Napoli lo spettacolo è atteso in Francia, dal 14 luglio, evento di punta e sold out annunciato al Festival d’Avignone. Gli spettacoli di Chahrour traggono ispirazione dalla memoria collettiva araba. Rivisitando tradizioni saldamente ancorate, l’artista indaga arrivando a cogliere i segreti dell’antica terra della Mesopotamia. In questo lavoro, che completa una trilogia, iniziata con i precedenti Fatmeh e Leila’s death (accolti trionfalmente proprio al Festival di Avignone nel 2016) Ali Chahrour analizza i riti sciiti e le loro metamorfosi contemporanee. In un contesto sociale, politico e religioso in cui il corpo è spesso oggetto di censura, Chahrour affronta gli attuali modelli di mascolinità e contesta la superiorità che spesso viene loro attribuita. Con un danzatore, due musicisti e un’attrice, My he rise and smell the fragrance affronta il tema, nonché la pratica ancora vigente, di antichi rituali legati al lutto in cui le donne sono abitualmente obbligate al digiuno e alle lamentazioni. Fonte di ispirazione è il mito di Ishtar, la dea babilonese dell’amore, della fertilità e della guerra, e del suo sposo Tammuz, il dio pastore. Le musiche originali sono di Two or The Dragon eseguite in scena dagli autori Ali Hout e Abed Kobeissy, drammaturgia Junaid Sarieddee

23 giugno 2018

Al Trianon di Napoli la memoria araba

• (ANSA) - NAPOLI, 23 GIU - Per la prima volta in Italia, il Napoli Teatro Festival Italia ospita domenica al Teatro Trianon Viviani (ore 21), il coreografo e danzatore libanese Ali Chahrour in scena con My he rise and smell the fragrance, una coreografia di cui è autore ed anche interprete con Hala Omran. Presentato a Beirut l'anno scorso, poi a Budapest e a Dublino, dopo il debutto a Napoli lo spettacolo è atteso in Francia, dal 14 luglio, evento di punta e sold out annunciato al Festival d'Avignone. Gli spettacoli di Chahrour traggono ispirazione dalla memoria collettiva araba. Rivisitando tradizioni saldamente ancorate, l'artista indaga arrivando a cogliere i segreti dell'antica terra della Mesopotamia. In questo lavoro, che completa una trilogia, iniziata con i precedenti Fatmeh e Leila's death (accolti trionfalmente proprio al Festival di Avignone nel 2016) Ali Chahrour analizza i riti sciiti e le loro metamorfosi contemporanee.

23 giugno 2018

Napoli, dopo oltre 50 anni riapre la Cappella Pignatelli

Sarà il primo della serie dei gioielli del grande progetto “Centro Storico di Napoli - Sito UNESCO” a ritrovare la luce in versione restaurata. Si tratta della Cappella di Santa Maria dei Pignatelli, uno degli scrigni più rari della Napoli del Rinascimento, che sorge proprio nel cuore del centro antico partenopeo, al Largo Corpo di Napoli, allineata lungo il decumano inferiore della città greco- romana, dove si incrociano piazzetta Nilo e San Biagio dei Librai.

Era chiusa al pubblico da oltre cinquant’anni. Sul finire degli anni ’60 era diventata persino un deposito abusivo di sedie. Oggi, grazie al lavoro dell’Università Suor Orsola Benincasa, divenuta proprietaria della Cappella negli anni novanta a seguito della donazione della famiglia Pignatelli, ed al finanziamento europeo del Grande Progetto “Centro Storico di Napoli - Sito Unesco”, affidato per l’attuazione al Comune di Napoli, la Cappella Pignatelli è finalmente pronta per essere restituita alla città.

L’inaugurazione della sua seconda vita è fissata per lunedì 25 Giugno alle ore 18. Al taglio del nastro ci saranno il Rettore dell’Università Suor Orsola Benincasa, Lucio d’Alessandro, il Sindaco di Napoli, Luigi de Magistris, i fratelli Fabio e Giovanni Pignatelli, il sovrintendente per l’Archeologia, le belle arti ed il paesaggio per il Comune di Napoli, Luciano Garella, il direttore del Museo di Capodimonte, Sylvain Bellenger e l’intera squadra di lavoro dell’Università Suor Orsola Benincasa con il coordinatore scientifico dei lavori di restauro, Pierluigi Leone de Castris, il progettista dell’intervento Massimo Del Giudice, il progettista degli arredi e dell’illuminazione, Sergio Prozzillo e gli studenti del Corso di Laurea magistrale in Restauro dei beni culturali che hanno collaborato ai lavori di restauro.

“In un Paese in cui si parla spesso delle grandi opportunità sprecate nell’investimento dei fondi europei ci riempie di orgoglio aver portato a termine un lavoro lungo e complesso che ci consente oggi di restituire alla città uno dei suoi grandi patrimoni che abbiamo tutte le intenzioni di valorizzare al meglio con numerosi progetti accademici, scientifici, artistici e culturali che mettano al centro dell’azione soprattutto i giovani della nostra città e delle Università”. Così Lucio d’Alessandro, Rettore dell’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli, anticipa la sua grande soddisfazione per l’inaugurazione della Cappella Pignatelli che oltre alle attività accademiche e scientifiche dell’Ateneo avrà soprattutto una destinazione “pubblica” per attività culturali, convegni, mostre, spazi di informazione e documentazione sul centro storico, attività musicali, cinematografiche e teatrali.

Lunedì 25 Giugno alle 19 Paolo Isotta inaugura la Cattedra permanente di Culture d’Europa Cappella Pignatelli

La Cappella Pignatelli è così pronta per la sua nuova vita che il primo grande evento sarà praticamente contestuale all’inaugurazione. Proprio lunedì alle 19, un’ora dopo il taglio del nastro, ci sarà la partenza del ciclo di lezioni magistrali di Paolo Isotta su “Gli splendori della Scuola Musicale Napoletana” organizzato nell’ambito del programma dell’undicesima edizione del Napoli Teatro Festival Italiana. Da Alessandro Scarlatti al genio di Rossini nel suo periodo napoletano: da lunedì a giovedì sempre alle 19 alla Cappella Pignatelli quattro appuntamenti ad ingresso gratuito (prenotazioni aperte su www.napoliteatrofestival.it) con uno dei più importanti storici della musica italiani.

Il ciclo di lezioni di Paolo Isotta rappresenterà anche il ‘battesimo’ delle attività accademiche e culturali della “Cattedra permanente di Culture d’Europa Cappella Pignatelli” dell’Università Suor Orsola Benincasa. Una nuova cattedra universitaria, inserita all’interno dell’offerta formativa dell’Ateneo, ma anche e soprattutto aperta a lezioni pubbliche, sempre all’interno della Cappella Pignatelli, sui grandi temi della storia e dell’attualità europea, che raduneranno grandi esperti internazionali di diverse discipline in una città come Napoli che rimane una decisiva frontiera d'Europa.

I lavori di restauro a tempo di record della Cappella Pignatelli

I lavori di restauro della Cappella Pignatelli, iniziati nel novembre del 2014 con la direzione dell’ingegnere Massimo Del Giudice, hanno riguardato principalmente il restauro dell’apparato decorativo interno con la pulitura ed il consolidamento delle lastre di marmo dei rivestimenti verticali, il restauro della volta affrescata, il restauro degli stucchi, delle cornici e delle decorazioni pittoriche delle volte.

Ma soprattutto i lavori, che hanno consentito anche il restauro e l’integrazione della pavimentazione in marmo e di quella in cotto e maioliche, hanno restituito alla fruizione del pubblico i prestigiosi monumenti rinascimentali della famiglia Pignatelli che si trovano ai lati dell’altare. Durante il restauro è stato anche ritrovato un affresco cinquecentesco che era collocato dietro l’altare raffigurante una deposizione.

Completati nel dicembre 2015 i lavori strutturali previsti dal progetto “Centro Storico di Napoli - Sito UNESCO” l’Università Suor Orsola Benincasa ha poi lavorato per altri due anni con i suoi restauratori agli impianti di illuminazione, alla creazione di aule multimediali e alla realizzazione di una prestigiosa sala per conferenze, concerti e proiezioni proprio al centro della Cappella.

La storia travagliata di un grande gioiello rinascimentale

La Cappella di Santa Maria dei Pignatelli, così chiamata dal nome della famiglia che la costruì e che per secoli ne resse le sorti, sorge proprio nel cuore del centro antico di Napoli, al Largo Corpo di Napoli, in piazzetta Nilo, allineata lungo il decumano inferiore della città greco-romana. Chiusa da tempo e sconosciuta ai più, è uno dei gioielli più rari della Napoli del Rinascimento e sorge là dove i nobili di Nido avevano il loro Seggio.

Di origini trecentesche, fu ristrutturata fra il 1493 e il 1515 per volere di Ettore Pignatelli, futuro viceré di Sicilia, affiancando il palazzo di famiglia, ed ospita due importanti complessi funerari frutto dell’arte napoletana del Rinascimento maturo: il sepolcro di Carlo Pignatelli, opera dei Malvito verso il 1506-07, e la piccola cappella di Caterina Pignatelli, opera del grande scultore spagnolo Diego de Silóe attorno al 1513-14, ricca di decori tratti dall’Antico e vicina alla cultura della Roma papale di Raffaello, Michelangelo e Sansovino.

A partire dal 1736 la cappella assunse poi forme barocche, dotata di un nuovo altare progettato da Gaetano Buonocore e di una cupola a scodella affrescata nel 1772 da Fedele Fischetti. Più ancora forse dei monumenti rinascimentali, questa veste settecentesca ha tuttavia sofferto dei danni inferti dal tempo e dagli uomini. Nel corso degli anni sessanta e settanta del Novecento, chiusa al culto e alla visita, utilizzata persino come deposito di sedie, ripetutamente vandalizzata dai furti e priva di ogni genere di manutenzione, la chiesa ha infatti subito un rapido degrado, con molti dei marmi rimossi o staccati e le pitture danneggiate dall’umidità e dai sali.

La svolta all’inizio degli anni novanta quando è stata donata con un gesto generoso dalla famiglia Pignatelli all’Università Suor Orsola Benincasa allo scopo di restituirla alla fruizione di tutti. Da quel momento in poi è iniziato un lungo e laborioso restauro, dapprima statico, dello stesso edificio, e poi anche delle opere d’arte che esso ospita. Oggi questo lungo restauro è giunto alla sua ultima tappa 23 giugno 2018

A Ravenna Festival lo spettacolo di Ermanna Montanari-Teatro delle Albe MARYAM. 6 e 7 luglio 2018, Teatro Rasi Due incontri preparatori: il 26 giugno intorno alle tematiche affrontate nello spettacolo e il 7 luglio sulla questione della traduzione, con la presentazione di "Do, undo, do over Ermanna Montanari in Teatro delle Albe" di Laura Mariani (Titivillus 2017).

Approda a Ravenna lo spettacolo di Ermanna Montanari-Teatro delle Albe MARYAM - testo Luca Doninelli, ideazione e regia Marco Martinelli e Ermanna Montanari, in scena Montanari, musica Luigi Ceccarelli - il 6 e 7 luglio all’interno della XXIX edizione di Ravenna Festival. Maryam si inserisce tra i titoli del repertorio delle Albe in cui centrale è l’alchimia vocale- sonora della figura, che hanno segnato la storia del teatro italiano, dialogando con la scena internazionale dall’Europa agli USA alla Cina. In questo stesso solco fedeli d’Amore Polittico in sette quadri per Dante Alighieri, sempre co-firmato da Martinelli e Montanari e ulteriore tassello della loro ricerca drammaturgica, vocale, musicale e visiva, che ha appena debuttato al NapoliTeatro Festival Italia. La presentazione di MARYAM a Ravenna è arricchita da due incontri: il 26 giugno intorno alle tematiche affrontate nello spettacolo, e il 7 luglio sulla più ampia questione della traduzione, con la presentazione di Do, undo, do over Ermanna Montanari in Teatro delle Albe di Laura Mariani (Titivillus 2017). 23 giugno 2018 DOMANI "SPORTOPERA" APRE LA GIORNATA DOMENICALE DEL TEATRO FESTIVAL

Domenica 24 giugno al Napoli Teatro Festival Italia. Si parte con SportOpera al Teatro Sannazzaro che presenta Leni, il trionfo della bellezza di Irene Alison con Valentina Acca (ore 20.45) e, a seguire, Pentathlon moderno – Cinque storie di corpi perdutitestidi Antonio Franchini, Wanda Marasco, Valeria Parrella, Silvio Perrella, Manlio Santanelli conAlessandro Cepollaro, Francesca De Nicolais, Renato De Simone, Ettore Nigro, Lucia Rocco, Bruno Tramice (ore 21.30). Per la sezione Danza, per la prima volta in Italia, il coreografo e danzatore libanese Ali Chahrour presenta May he rise and smell the fragrance (Teatro Trianon-Viviani, ore 21). All’Osservatorio del NTFI in programma La classe, regia di Gabriele Russo, spettacolo realizzato degli allievi della Bellini Teatro Factory (Cortile delle Carrozze di Palazzo Reale, ore 21.30). Alle ore 21, in Vico dei Maiorani si presenta Food Distribution della guerra e del turismo un progetto a cura di Davide Scognamiglio e Daniele Ciprì con l’inaugurazione dell’installazione di luci in strada. Partecipano gli Ars Nova e gli abitanti del vicolo che ne hanno sostenuto e permesso la realizzazione. Al Piccolo Bellini (ore 21) prova aperta di NALPAS: l’attore è un atleta del cuore, dal workshop condotto da Michele Monetta con Giuseppe Rocca e Lina Salvatore. Replica Una serata con Albert Camus il progetto di Renato Carpentieri che propone due spettacoli: La caduta, in scena alle ore 18 all’Istituto Francais de Naples Le Grenoble, e Il Malinteso, alle ore 21 alla Galleria Toledo. Replica Sei adattamento del capolavoro di Luigi Pirandello messo in scena dalla Compagnia Scimone e Sframeli (al Teatro San Ferdinando, ore 21). Replica, per la danza, Un Poyo Rojo con gli argentini Luciano Rosso e Alfonso Barón (Sala Assoli, ore 19). Al Dopofestival Lelio Morra in concerto (Giardino Romantico di Palazzo Reale, ore 23). SportOpera al Teatro Sannazaro (ore 20.45) presenta Leni, il trionfo della bellezza, un progetto di Irene Alison, con Valentina Acca, collaboraborazione alla regia di Marcello Cotugno, scene di Sara Palmieri. E’ il racconto dei giorni d’oro delle riprese di Olympia, il capolavoro di Leni Riefenstahl, resoconto delle Olimpiadi di Berlino del ’36, dove lo sport viene raccontato col piglio epico di una narratrice di corpi, gesti, sguardi e desideri agonistici. Olympia celebra l’ideale di una bellezza che incarna sia l’estetica del Reich che l’utopia di una competizione sportiva senza appartenenze etniche o religiose. In scena un’architettura di superfici narrative che si sovrappongono ricostruendo un’unica vicenda: quella di una donna simbolo dei chiaroscuri del Novecento che approda al nuovo millennio portando con sé un enigma mai risolto. Alle 21.30, Pentathlon moderno – Cinque storie di corpi perduti, che trasforma le cinque discipline della competizione sportiva in altrettante difficoltà quotidiane che riguardano il corpo dell’uomo moderno, nelle scritture di Antonio Franchini, Wanda Marasco, Valeria Parrella, Silvio Perrella, Manlio Santanelli, interpretate da Alessandro Cepollaro, Francesca De Nicolais, Renato De Simone, Ettore Nigro, Lucia Rocco, Bruno Tramice. Scene di Carmine De Mizio, Michela Petrella, Mario Di Nardo, Dario Pererano, Vincenzo Fiorillo. Per la prima volta in Italia, il Napoli Teatro Festival accoglie al Teatro Trianon Viviani (ore 21) il debutto di My he rise and smell the fragrance, una coreografia di Ali Chahrour, che ne è anche interprete con Hala Omran. Le musiche originali sono di Two or The Dragon eseguite in scena dagli autori Ali Hout e Abed Kobeissy, drammaturgia Junaid Sarieddeen, luci Guillaume Tesson, suono Khyam Allami. Lo spettacolo è stato presentato a Beirut, poi a Budapest e a Dublino e dopo il debutto a Napoli è atteso in Francia, spettacolo di punta e sold out annunciato, al Festival d’Avignone. Gli spettacoli del coreografo e danzatore libanese traggono ispirazione dalla memoria collettiva araba. Rivisitando tradizioni saldamente ancorate, Ali Chahrour indaga nell’archeologia del sensibile, arrivando a cogliere i segreti dell’antica terra della Mesopotamia. In questo spettacolo, che completa la trilogia iniziata con i precedenti Fatmeh e Leila’s death (accolti trionfalmente proprio al Festival di Avignone nel 2016) Ali Chahrour analizza i riti sciiti e le loro metamorfosi contemporanee. In un contesto sociale, politico e religioso in cui il corpo è spesso oggetto di censura, Chahrour affronta gli attuali modelli di mascolinità e contesta la superiorità che spesso viene loro attribuita. Con un danzatore, due musicisti e un’attrice, My he rise and smell the fragrance affronta il tema e la pratica, ancora vigente, di antichi rituali legati al lutto in cui le donne sono abitualmente obbligate al digiuno e alle lamentazioni. Nel Cortile delle Carrozze di Palazzo Reale, nell’ambito dell’Osservatorio del NTFI, alle 21.30, vanno in scena gli allievi della Bellini Teatro Facroty, con La classe, drammaturgia di Francesco Ferrara, interpretata da Luigi Adimari, Chiara Celotto, Rosita Chiodero, Salvatore Cutrì, Claudia D’avanzo, Mariafrancesca Duilio, Michele Ferrantino, Francesco Ferrara, Luigi Leone, Andreaina Liotti, Eleonora Longobardi, Simone Mazzella, Salvatore Nicolella, Emanuele Scherillo, Salvatore Scotto D’Apollonia, Manuel Severino, Arianna Sorrentino, per la regia di Gabriele Russo. I sedici allievi (drammaturghi, registi e attori) della Bellini Teatro Factory portano in scena una drammaturgia collettiva, in cui il percorso di improvvisazione e di ricerca viene formalizzato e rielaborato dalla regia di Russo. Il lavoro nasce dalla suggestione del film La classe di Laurent Cantet, del romanzo La classe – Entre les murs di Francois Bégadeau, e The School Film di Patrick Marber. Lo spettacolo è una riflessione sulle difficoltà dell’adolescenza e della giovinezza in un contesto fatto di periferie e diseguaglianze, di povertà culturale prima che materiale, nel contesto di una delle città più ricche al mondo di memoria e vestigia del passato. Ma vuole anche riflettere sul valore e potere dell’istruzione nel gruppo di pari età che insieme scopre il mondo. Al Piccolo Bellini (ore 21) in programma la prova aperta di NALPAS: l’attore è un atleta del cuore, dal workshop condotto da Michele Monetta con Giuseppe Rocca e Lina Salvatore. Monetta ha realizzato per il Napoli Teatro Festival Italia un workshop intensivo per attori, cantanti, danzatori, atleti, registi, coreografi e performer totalmente dedicato al teatro della crudeltà e alla figura di Antonin Artaud (1896-1948), nel 70° anniversario della sua scomparsa. “Il Novecento – sottolinea Monetta - è da definirsi oltre come il secolo breve anche come il secolo Artaud. L’autore de Il Teatro e il suo doppio, che per un certo periodo durante l’internamento in manicomio si firmava Nalpas e cioè col cognome della nonna materna di origine turco- greca, rappresenta indubbiamente una delle più grandi personalità della scena moderna e contemporanea, una di quelle figure che hanno contribuito di più a cambiare il modo di pensare e fare oggi il teatro”. Domenica 24 giugno alle ore 21.00 si terrà a vico dei Maiorani l'inaugurazione dell'installazione di luci in strada del progetto Food Distribution, realizzata grazie alla collaborazione dei partecipanti al laboratorio di alta formazione sulla luce, di cui costituisce la conclusione. L'evento inaugurale prevede la partecipazione degli Ars Nova e degli abitanti del vicolo che hanno sostenuto il progetto e ne hanno permesso la realizzazione. L’installazione di luci rimarrà a vico Maiorani fino al 10 luglio, data conclusiva del Napoli Teatro Festival 2018. Replicano gli spettacoli Una serata con Albert Camus, un progetto di Renato Carpentieri diviso in due appuntamenti: il primo, La caduta in scena all’ Istituto Francais de Naples Le Grenoble, alle ore 18.00, il secondo, Il Malinteso, alle 21.00 sul palcoscenico di Galleria Toledo. E ancora, alle ore 19.00, al teatro San Ferdinando, proseguono le repliche di Sei, adattamento da Sei personaggi in cerca d’autore di Luigi Pirandello, della compagnia Scimone Sframeli. Ultima replica per Un poyo Rojo, la coreografia di Luciano Rosso e Nicolás Poggi va in scena alla Sala Assoli, alle ore 19.00. La serata si conclude nel Giardino Romantico di Palazzo Reale, con il consueto appuntamento con il Dopofestival, a cura di Massimiliano Sacchi, organizzato da Giano Bifronte. Alle 23.00 è previsto il concerto di Lelio Morra, chitarrista cantautore napoletano.

23 giugno 2018

AL TEATRO FESTIVAL IL COREOGRAFO E DANZATORE LIBANESE ALI CHAHROUR

Per la prima volta nel nostro Paese, il Napoli Teatro FestivalItalia ospita, domenica 24 giugno al Teatro Trianon Viviani (ore 21), il debutto del coreografo e danzatore libanese Ali Chahrour in scena con My he rise and smell the fragrance, una coreografia di cui è autore ed anche interprete con Hala Omran. Presentato a Beirut l’anno scorso, poi a Budapest e a Dublino, dopo il debutto a Napoli è atteso in Francia, dal 14 luglio, spettacolo di punta e sold out annunciato, al Festival d’Avignone. Gli spettacoli di Chahrour traggono ispirazione dalla memoria collettiva araba. Rivisitando tradizioni saldamente ancorate, l’artista indaga nell’archeologia del sensibile, arrivando a cogliere i segreti dell’antica terra della Mesopotamia. In questo lavoro, che completa una trilogia, iniziata con i precedenti Fatmeh e Leila’s death (accolti trionfalmente proprio al Festival di Avignone nel 2016) Ali Chahrour analizza i riti sciiti e le loro metamorfosi contemporanee. In un contesto sociale, politico e religioso in cui il corpo è spesso oggetto di censura, Chahrour affronta gli attuali modelli di mascolinità e contesta la superiorità che spesso viene loro attribuita. Con un danzatore, due musicisti e un’attrice, My he rise and smell the fragrance affronta il tema, nonché la pratica ancora vigente, di antichi rituali legati al lutto in cui le donne sono abitualmente obbligate al digiuno e alle lamentazioni. Fonte di ispirazione è il mito di Ishtar, la dea babilonese dell'amore, della fertilità e della guerra, e del suo sposo Tammuz, il dio pastore. Amore e morte, lutto, dolore e rinascita: questi gli elementi principali del mito, comune a tutti i popoli dell’ Antico Vicino Oriente e dell'Egeo. E dove la tragica morte di Tammuz, narrata nell’antico poema Discesa di Ishtar agli inferi, assunta a rito e celebrata nel solstizio d'estate, corrisponde al lutto stretto delle donne. “Sono cresciuto in un ambiente matriarcale – dichiara Charour in un’intervista recente – dove le donne dotate di carattere raggiungono l‘indipendenza vivendo la fede religiosa senza cadere nel fanatismo. Mi hanno aperto gli occhi sul potere che esse hanno rispetto agli uomini, sulla loro dignità e autocontrollo anche in situazioni talvolta tragiche”. Le musiche originali sono di Two or The Dragon eseguite in scena dagli autori Ali Hout e Abed Kobeissy, drammaturgia Junaid Sarieddeen, luci Guillaume Tesson, suono Khyam Allami

23 giugno 2018

Al Trianon di Napoli la memoria araba

(ANSA) - NAPOLI, 23 GIU - Per la prima volta in Italia, il Napoli Teatro Festival Italia ospita domenica al Teatro Trianon Viviani (ore 21), il coreografo e danzatore libanese Ali Chahrour in scena con My he rise and smell the fragrance, una coreografia di cui è autore ed anche interprete con Hala Omran. Presentato a Beirut l'anno scorso, poi a Budapest e a Dublino, dopo il debutto a Napoli lo spettacolo è atteso in Francia, dal 14 luglio, evento di punta e sold out annunciato al Festival d'Avignone. Gli spettacoli di Chahrour traggono ispirazione dalla memoria collettiva araba. Rivisitando tradizioni saldamente ancorate, l'artista indaga arrivando a cogliere i segreti dell'antica terra della Mesopotamia. In questo lavoro, che completa una trilogia, iniziata con i precedenti Fatmeh e Leila's death (accolti trionfalmente proprio al Festival di Avignone nel 2016) Ali Chahrour analizza i riti sciiti e le loro metamorfosi contemporanee. 23 giugno 2018

Al Trianon di Napoli la memoria araba

Il danzatore libanese per la prima volta in Italia per NTFI

NAPOLI, 23 GIU - Per la prima volta in Italia, il Napoli Teatro Festival Italia ospita domenica al Teatro Trianon Viviani (ore 21), il coreografo e danzatore libanese Ali Chahrour in scena con My he rise and smell the fragrance, una coreografia di cui è autore ed anche interprete con Hala Omran. Presentato a Beirut l'anno scorso, poi a Budapest e a Dublino, dopo il debutto a Napoli lo spettacolo è atteso in Francia, dal 14 luglio, evento di punta e sold out annunciato al Festival d'Avignone. Gli spettacoli di Chahrour traggono ispirazione dalla memoria collettiva araba. Rivisitando tradizioni saldamente ancorate, l'artista indaga arrivando a cogliere i segreti dell'antica terra della Mesopotamia. In questo lavoro, che completa una trilogia, iniziata con i precedenti Fatmeh e Leila's death (accolti trionfalmente proprio al Festival di Avignone nel 2016) Ali Chahrour analizza i riti sciiti e le loro metamorfosi contemporanee.

23 giugno 2018 Baryshnikov legge Brodsky. “Racconto la nostra sintonia”

Sergio Trombetta

Dal 28 giugno a Napoli, Firenze e Venezia nello spettacolo sulla vita e l’opera del poeta

COLLOQUIO

Da Josif Brodsky a Jan Fabre e poi da Jan Fabre di nuovo a Josif Brodsky. Una piroetta da capogiro, un ardito doppio jeté entrelacé. Per smentire quanti pensano che si sia rintanato nel mondo russo, Michail Baryshnikov nel giro di pochi giorni passa dal grande poeta premio Nobel, perseguitato e esiliato dall’Urss, al santone belga dell’avanguardia.

Giovedì 28 debutta al Napoli Teatro Festival nello spetta... continua

23 giugno 2018

23 giugno 2018

23 giugno 2018

TEATRO SANNAZARO :”SPORT- OPERA”: UN FESTIVAL TRA ARTE E CULTURA !

Pamela Villoresi, Emilio Solfrizzi, Riccardo Dalisi, sono tra i protagonisti di SportOpera, sezione del Napoli Teatro Festival Italia curata da Claudio Di Palma che comprende 18 appuntamenti tra spettacoli, mostre, performance, reading, film e concerti fino al 27 Giugno .

In scena tra gli altri anche Giovanni Esposito, nello spettacolo ‘Se Spartak Piange’ di di Stefano Valanzuolo su ‘Shostakovich nel pallone’ (21 giugno), Danilo Rea, Patrizio Oliva, Lara Sansone, Francesco Di Leva. “Ci piace immaginare lo sport – sottolinea Claudio Di Palma – come una sorta di variante tutta fisica dell’arte. Sperimentando continuamente la conoscenza del limite, esso si occupa nel modo più estremo – anche se, forse, meno consapevole – delle scaturigini profonde dell’essere umano. SportOpera nasce come un osservatorio attivo”.Un vero e proprio ‘festival nel festival’ sull’antico rapporto tra arti e sport

23 giugno 2018

Il concerto di Lelio Morra per il Napoli Teatro Festival Lelio Morra è un musicista e cantautore classe 86, nato in un giorno di Gennaio in cui a Napoli nevicava: le informazioni sul concerto

NAPOLI. Lelio Morra è un musicista e cantautore classe 86, nato in un giorno di Gennaio in cui a Napoli nevicava. È a lavoro sul primo album da solista, prodotto e registrato tra Napoli e Milano, dopo “SignorsìSignoraTango con gli Eutimìa (autoprodotto | 2006), “Le Conseguenze dell’Umore” come JFK & La Sua Bella Bionda ( Polosud Records | 2013) e i primi 3 singoli a suo nome con Universal Music Italia tra il 2016/17. Ha alle spalle alcuni mesi in Francia suonando in strada e scrivendo canzoni da lontano, più di 500 concerti in giro per l’italia, molti premi vinti e riconoscimenti (tra cui una borsa di studio al CET di Mogol) e l’aver condiviso il palco con molte eccellenze della canzone italiana tra cui Roberto Vecchioni, Ermal Meta, Le Vibrazioni, Fabrizio Moro, Calcutta, Perturbazione, Morgan. Vive a Milano da 3 anni dove ha iniziato a lavorare anche come autore e produttore artistico. Con “Dedicato A Chi” , primo singolo a suo nome, è stato tra i protagonisti del CocaCola Summer Festival e la stessa canzone, un anno dopo, è stata utilizzata da Piero Grasso come inno della sua campagna elettorale. In questo live, accompagnato da Jessica Testa al violino e Nando Cozzolinoalle percussioni, ci racconterà del suo viaggio con e per la musica, iniziato una dozzina di anni fa, presentando alcune anteprime del nuovo lavoro. Il concerto PROGRAMMA DOPOFESTIVAL a cura di Massimiliano Sacchi organizzazione Giano Bifronte dall’8 giugno al 10 luglio Anche quest’anno il Giardino Romantico di Palazzo Reale prende vita ogni sera aprendosi alla musica: una serie di band e concerti, per tutta la durata del Festival, dal rock al pop, dallo swing al jazz. Un’occasione per trascorrere una serata in uno dei luoghi più suggestivi della città ascoltando esibizioni live e bevendo un drink. Tutte le sere, a partire dall’8 giugno, grazie al Dopofestival nel Giardino Romantico ci sarà un intrattenimento musicale, ma il programma di concerti live avrà inizio il 18 giugno. I concerti del Dopofestival iniziano alle ore 23.00, il bar apre alle ore 20.00. Ingresso 2 € (gratuito per i possessori del biglietto di uno degli spettacoli della stessa giornata) Domenica 24 Giugno ore 23.00 LELIO MORRA in concerto Giardino Romantico di Palazzo Reale, Napoli

23 giugno 2018

Scognamiglio e Ciprì accendono le luci di Vico dei Maiorani

Domenica 24 giugno alle ore 21 si terrà a Napoli, in vico dei Maiorani, l'inaugurazione dell'installazione di luci in strada realizzata nell’ambito del progetto speciale del Napoli Teatro Festival Italia “Food Distribution / della guerra e del turismo” a cura di Davide Scognamiglio e Daniele Ciprì, e grazie alla collaborazione dei partecipanti al laboratorio di alta formazione sulla luce, di cui costituisce la conclusione. L'evento inaugurale prevede la partecipazione degli Ars Nova e degli abitanti del vicolo che hanno sostenuto l’iniziativa e ne hanno permesso la realizzazione. L’installazione di luci rimarrà a vico dei Maiorani fino al 10 luglio, data conclusiva del Festival. Il lavoro di installazione artistica si propone come esito di un laboratorio rivolto a professionisti del settore della fotografia, dell’illuminotecnica e dell’architettura di 10 incontri condotto da maestri della direzione della fotografia e del disegno luci, che si è tenuto nella Chiesa della Misericordiella, grazie alla collaborazione dell’associazione SMMAVE. “Una strada, un vicolo da studiare nei movimenti e nelle abitudini dei suoi abitanti - così i curatori Davide Scognamiglio e Daniele Ciprì in una nota - per concepire un disegno luci che miri a creare geometrie e a scorgere dettagli. Una fotografia cinematografica che abbia come soggetto la quotidianità con i suoi segni: gli abitanti che ci vivono, nel bene e nel male, dentro e fuori le case e un pubblico accomodato a guardare la vita. Food distribution è una riflessione cinica e poetica sull’uomo spettatore di se stesso”. Food distribution era l’incomprensibile espressione in lingua straniera che compariva scritta a mano su di un cartello nei pressi di Piazza del Plebiscito a Napoli nell’immediato dopoguerra. Qui i militari americani distribuivano il pane ad una popolazione allo stremo. Food è la comprensibile parola che oggi compare sempre più spesso a Napoli, città che sembra infine riconoscere la propria vocazione turistica. “Sessanta anni dopo la guerra – aggiungono i curatori - la città fa spazio ai visitatori: case vacanza, ristoranti, negozi e street food creano una dimensione impersonale che la fa somigliare ad altre città turistiche e di passaggio, ingabbiando in stereotipi sterili un tessuto culturale vivo. Intorno all’evoluzione del significato che la parola “food” ha assunto nel tempo muove la riflessione da cui prende spunto il nostro lavoro di ricerca. Attraverso la luce, strumento di rifugio per uno sguardo intimo, proviamo a compiere un salto temporale mettendo in connessione il luogo urbano del dopoguerra e quello contemporaneo. Illuminiamo ciò che immaginiamo di qui a poco possa scomparire, non a causa di eventi bellici, ma per omologazione commerciale. Poi, sarà la storia a dire se dovremo anche dirgli addio”.

23 giugno 2018 Ali Chahrour in May he rise and smell the fragrance

Per la prima volta nel nostro Paese, il Napoli Teatro Festival Italia ospita, domenica 24 giugno al Teatro Trianon Viviani (ore 21), il debutto del coreografo e danzatore libanese Ali Chahrour in scena con My he rise and smell the fragrance, una coreografia di cui è autore ed anche interprete con Hala Omran. Presentato a Beirut l’anno scorso, poi a Budapest e a Dublino, dopo il debutto a Napoli è atteso in Francia, dal 14 luglio, spettacolo di punta e sold out annunciato, al Festival d’Avignone. Gli spettacoli di Chahrour traggono ispirazione dalla memoria collettiva araba. Rivisitando tradizioni saldamente ancorate, l’artista indaga nell’archeologia del sensibile, arrivando a cogliere i segreti dell’antica terra della Mesopotamia. In questo lavoro, che completa una trilogia, iniziata con i precedenti Fatmeh e Leila’s death (accolti trionfalmente proprio al Festival di Avignone nel 2016) Ali Chahrour analizza i riti sciiti e le loro metamorfosi contemporanee. In un contesto sociale, politico e religioso in cui il corpo è spesso oggetto di censura, Chahrour affronta gli attuali modelli di mascolinità e contesta la superiorità che spesso viene loro attribuita. Con un danzatore, due musicisti e un’attrice, My he rise and smell the fragrance affronta il tema, nonché la pratica ancora vigente, di antichi rituali legati al lutto in cui le donne sono abitualmente obbligate al digiuno e alle lamentazioni. Fonte di ispirazione è il mito di Ishtar, la dea babilonese dell'amore, della fertilità e della guerra, e del suo sposo Tammuz, il dio pastore. Amore e morte, lutto, dolore e rinascita: questi gli elementi principali del mito, comune a tutti i popoli dell’ Antico Vicino Oriente e dell'Egeo. E dove la tragica morte di Tammuz, narrata nell’antico poema Discesa di Ishtar agli inferi, assunta a rito e celebrata nel solstizio d'estate, corrisponde al lutto stretto delle donne. “Sono cresciuto in un ambiente matriarcale – dichiara Charour in un’intervista recente – dove le donne dotate di carattere raggiungono l‘indipendenza vivendo la fede religiosa senza cadere nel fanatismo. Mi hanno aperto gli occhi sul potere che esse hanno rispetto agli uomini, sulla loro dignità e autocontrollo anche in situazioni talvolta tragiche”. Le musiche originali sono di Two or The Dragon eseguite in scena dagli autori Ali Hout e Abed Kobeissy, drammaturgia Junaid Sarieddeen, luci Guillaume Tesson, suono Khyam Allami. 23 giugno 2018

IL PAESE DI CHI SE NE VA DI FRANCESCA MUOIO AL TEATRO NAPOLI FESTIVAL BY ANTONIO CONTE

IL PAESE DI CHI SE NE VA di Francesca Muoio è andato in scena in una cornice da sogno, nel cortile delle Carrozze di Palazzo Reale a Napoli per il Napoli Teatro Festival. Posto migliore non poteva essere scelto perché da subito capiamo che quello a cui stiamo assistendo è una favola, un racconto meraviglioso. Una bambina viene accompagnata all’ultima festa del padre, tra ricordi, amori mancati, burattini, un cane fantasma, canzoni lunghe una guerra intera e messaggi come stelle dal cielo. La lingua scelta è il napoletano, la lingua musicale per eccellenza ricca di suoni e sfumature, dove anche le parolacce sono un piacere da ascoltare. Non mancano momenti musicali e i siparietti tra i personaggi, pur raccontando una storia malinconica, strappano sorrisi e applausi. Caterina la pazza ha con se una torta di compleanno. Questa strana donna dai capelli bianchi e arruffati che parla con i gatti sarà il nostro Virgilio che accompagna la piccola Alice sulla collina. Andiamo avanti e indietro tra passato e presente, tra storie raccontate e invenzioni fantastiche grazie anche alla doppia presenza della protagonista, piccola e fragile ragazzina sul palco, Morena Di Leva di soli dieci anni e grande fuori dalle scena, con la bella presenza di Francesca Muoio, attrice e regista. La piccola grande Alice ci racconta la sua storia e il rapporto con l’amato padre, la consapevolezza di un uomo che sa e che prepara la figlia. Come ogni buon genitore, prova a insegnargli la vita. Tutto è ambientato in un cimitero, un luogo magico, un posto incantato. Tutto può succedere quando meno te lo aspetti, quando per troppa stanchezza decidi di fermarti e prenderti cinque minuti, solo cinque minuti per riposare, lì dove tutti riposano. Qui Alice farà la conoscenza di alcuni personaggi che vivono questo limbo. Ricorda tanto il purgatorio ma potrebbe essere una vita parallela dove continuare le nostre esistenze, dove una coppia di sposi, morti in un incidente stradale, può ancora avere dei figli . Un mondo alternativo dove le speranze non muoiono mai. Sulla scena – al ritmo di tocchi di campana – gli attori si presentano, si mostrano a noi raccontandoci la loro vita e il loro trapasso, le loro motivazioni, le aspirazioni, quelle che conosciamo bene, perché sono anche le nostre. Mi piace pensare a una nostra personalissima antologia di Spoon River. Il poeta morto suicida, Davide Paciolla anche aiuto regista, la ballerina mancata, mortificata da impresari e falsi amici, la cameriera, il sindaco, il prete, il soldato dalle mani macchiate di sangue che raccoglie cadaveri come pesci morti nel mare, unica voce non napoletana del gruppo, uno dei momenti più toccanti, colpa anche del momento storico che stiamo vivendo. Questi personaggi vivono la loro “vita” legati comunque all’esistenza terrena, tutto quello che accada si proietta come ombra nel loro piccolo mondo sulla collina, le brutture diventano temporali, tuoni e terremoti e le preghiere, i pensieri stelle cadenti. Tra racconti inventati e ricordi mancati, passando per le favole narrate da un padre a una figlia grazie agli splendidi burattini realizzati da Selvaggia Filippini e mossi o, per meglio dire interpretati, dagli attori stessi, i personaggi (Anna Carla Broegg, Marianita Carfora, Cesare D’arco, Valeria Frallicciardi, Enrico Sortino, Luca Trezza, Antonio Perna) accompagneranno la nostra piccola protagonista alla festa finale, il non compleanno del padre. La piccola Alice diventerà finalmente grande acquistando una consapevolezza maggiore, accettando la morte di un genitore.

23 giugno 2018 AL TRIANON DI NAPOLI

LA MEMORIA ARABA Il danzatore libanese per la prima volta in Italia per NTFI

NAPOLI, 23 GIU - Per la prima volta in Italia, il Napoli Teatro Festival Italia ospita domenica al Teatro Trianon Viviani (ore 21), il coreografo e danzatore libanese Ali Chahrour in scena con My he rise and smell the fragrance, una coreografia di cui è autore ed anche interprete con Hala Omran. Presentato a Beirut l'anno scorso, poi a Budapest e a Dublino, dopo il debutto a Napoli lo spettacolo è atteso in Francia, dal 14 luglio, evento di punta e sold out annunciato al Festival d'Avignone. Gli spettacoli di Chahrour traggono ispirazione dalla memoria collettiva araba. Rivisitando tradizioni saldamente ancorate, l'artista indaga arrivando a cogliere i segreti dell'antica terra della Mesopotamia. In questo lavoro, che completa una trilogia, iniziata con i precedenti Fatmeh e Leila's death (accolti trionfalmente proprio al Festival di Avignone nel 2016) Ali Chahrour analizza i riti sciiti e le loro metamorfosi contemporanee. 23 giugno 2018

Tina Pica, una mostra “multiculturale” di Adriano Cisternino

“Fratello, ricordati di Tina Pica”, è il titolo del docufilm di Lucilla Parlato e Federico Herman (40' circa) visibile nella mostra dedicata all'attrice napoletana scomparsa cinquant'anni fa.

E in quel titolo, tutt'altro che casuale, sembra quasi di sentire la voce bassa e un po' arrochita di Tina Pica, nata il 31 marzo 1884 e morta il 15 agosto 1968, a 84 anni.

E 84 sono le testimonianze che tra fotografie di famiglia, o scattate sui set cinematografici, locandine, articoli e oggetti appartenuti ad una delle caratteriste più amate del cinema italiano nel secolo scorso, esposti nella mostra curata da Giulio Baffi con l'allestimento di Giulio Ferrigno ed aperta fino all'8 luglio (da mercoledì a domenica ore 17-20) nella chiesa (sconsacrata) dei 63 sacerdoti in via Carlo de Cesare 50. Figlia d'arte, Tina Pica debuttò a 7 anni in teatro (come capita spesso ai figli d'arte), interpretando il ruolo di un maschietto. E nell'equivoco tra ruoli maschili e femminili troverà spesso spazi comici nella sua carriera, grazie anche alla statura minuta, ai modi simpaticamente militareschi ed alla voce. Fumatrice accanita, religiosissima, lavorò a lungo con Eduardo col quale litigò e fu lo stesso Eduardo che andò a cercarla nella sua abitazione di Santa Teresa per farla tornare al teatro. Poi il cinema le diede grande popolarità e De Sica ne fece una sua partner abituale nei ruoli di caratterista. Le scene di “Pane, amore e fantasia” e così via passano ancora oggi in televisione. Recitò con Sofia Loren, Sordi, Mastroianni.. Insomma è stata gettonatissima finché non decise di ritirarsi, dopo “Ieri, oggi, domani” del 1963. Ma c'è anche un altro aspetto egualmente interessante della ed è la location della mostra. Via Carlo De Cesare, intitolata al rivoluzionario del risorgimento, autore di romanzi e tragedie, senatore del primo Parlamento italiano, è una delle tante stradine che da via Toledo (quasi a piazza Trieste e Trento) salgono verso i Quartieri Spagnoli. Fino al 1882 era vico Carminiello a Toledo perché la chiesa della mostra era dedicata in origine alla Madonna del Carmine ed apparteneva alla congregazione dei 63 sacerdoti, una delle tante che a Napoli avevano il compito di meglio catechizzare la gente del popolo. La chiesa, rimasta a lungo chiusa, da poco tempo è stata affidata all'associazione Airots che ha sede nella stessa strada e si occupa del rilancio culturale della zona. Giusto di fronte alla chiesa si può ammirare il settecentesco, imponente portale di palazzo Majorana, appartenuto al celebre cantante Gaetano Majorana, detto il Caffarello, citato perfino nel Barbiere di Siviglia di Rossini. In cima al portale fa bella mostra un'artistica lastra marmorea recante l'epigrafe: “AMPHYON THEBAS EGO DOMUM – AD.MDCCLIV”, che – come ricorda Benedetto Croce in “Storie e leggende napoletane” - sta a significare che, come Anfione aveva eretto Tebe col suono della sua lira, così lui aveva costruito quel palazzo grazie al suo canto. 23 giugno 2018

Dopo Oltre 50 Anni Riapre La Cappella Pignatelli L’Università Suor Orsola Benincasa restituisce alla città uno dei gioielli del Grande Progetto “Centro Storico di Napoli – Sito Unesco”. Lunedì alle 18 l’inaugurazione con il sindaco de Magistris

Napoli, 23 giugno – Sarà il primo della serie dei gioielli del grande progetto “Centro Storico di Napoli – Sito UNESCO” a ritrovare la luce in versione restaurata. Si tratta della Cappella di Santa Maria dei Pignatelli, uno degli scrigni più rari della Napoli del Rinascimento, che sorge proprio nel cuore del centro antico partenopeo, al Largo Corpo di Napoli, allineata lungo il decumano inferiore della città greco-romana, dove si incrociano piazzetta Nilo e San Biagio dei Librai. Era chiusa al pubblico da oltre cinquant’anni. Sul finire degli anni ’60 era diventata persino un deposito abusivo di sedie. Oggi, grazie al lavoro dell’Università Suor Orsola Benincasa, divenuta proprietaria della Cappella negli anni novanta a seguito della donazione della famiglia Pignatelli, ed al finanziamento europeo del Grande Progetto “Centro Storico di Napoli – Sito Unesco”, affidato per l’attuazione al Comune di Napoli, la Cappella Pignatelli è finalmente pronta per essere restituita alla città. L’inaugurazione della sua seconda vita è fissata per lunedì 25 giugno alle ore 18. Al taglio del nastro ci saranno il Rettore dell’Università Suor Orsola Benincasa, Lucio d’Alessandro, il sindaco di Napoli,Luigi de Magistris, i fratelli Fabio e Giovanni Pignatelli, il sovrintendente per l’Archeologia, le belle arti ed il paesaggio per il Comune di Napoli, Luciano Garella, il direttore del Museo di Capodimonte, Sylvain Bellenger e l’intera squadra di lavoro dell’Università Suor Orsola Benincasa con il coordinatore scientifico dei lavori di restauro, Pierluigi Leone de Castris, il progettista dell’intervento Massimo Del Giudice, il progettista degli arredi e dell’illuminazione, Sergio Prozzillo e gli studenti del Corso di Laurea magistrale in Restauro dei beni culturali che hanno collaborato ai lavori di restauro. “In un Paese in cui si parla spesso delle grandi opportunità sprecate nell’investimento dei fondi europei ci riempie di orgoglio aver portato a termine un lavoro lungo e complesso che ci consente oggi di restituire alla città uno dei suoi grandi patrimoni che abbiamo tutte le intenzioni di valorizzare al meglio con numerosi progetti accademici, scientifici, artistici e culturali che mettano al centro dell’azione soprattutto i giovani della nostra città e delle Università”. Così Lucio d’Alessandro, Rettore dell’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli, anticipa la sua grande soddisfazione per l’inaugurazione della Cappella Pignatelli che oltre alle attività accademiche e scientifiche dell’Ateneo avrà soprattutto una destinazione “pubblica” per attività culturali, convegni, mostre, spazi di informazione e documentazione sul centro storico, attività musicali, cinematografiche e teatrali. La Cappella Pignatelli è così pronta per la sua nuova vita che il primo grande evento sarà praticamente contestuale all’inaugurazione. Proprio lunedì alle 19, un’ora dopo il taglio del nastro,ci sarà la partenza del ciclo di lezioni magistrali di Paolo Isotta su “Gli splendori della Scuola Musicale Napoletana” organizzato nell’ambito del programma dell’undicesima edizione del Napoli Teatro Festival Italiana. Da Alessandro Scarlatti al genio di Rossini nel suo periodo napoletano: da lunedì a giovedì sempre alle 19 alla Cappella Pignatelli quattro appuntamenti ad ingresso gratuito (prenotazioni aperte su www.napoliteatrofestival.it) con uno dei più importanti storici della musica italiani.

23 giugno 2018

Napoli Teatro Festival Italia Gitiesse Artisti Riuniti e Nordisk Teaterlaboratorium presentano

Mente collettiva Napoli - Giugno 2018

Masterclass per 25 registi, attori, drammaturghi, scenografi, dramaturg. Diretta da Eugenio Barba, Lorenzo Gleijeses e Julia Varley.

Fase finale delle prove dello spettacolo UNA GIORNATA QUALUNQUE DEL DANZATORE GREGORIO SAMSA regia di Eugenio Barba, Lorenzo Gleijeses e Julia Varley, suono e luci di Mirto Baliani supervisione del progetto Manolo Muoio

23 - 29 GIUGNO 2018 NEST - Napoli Est Teatro via Bernardino Martirano, 14 - 80146 Napoli

MENTE COLLETTIVA è una pratica già sviluppata da Eugenio Barba al Grotowski Institut di Wroclaw e a Holstebro nella storica sede dell'Odin Teatret e potrebbe essere ormai considerata una consuetudine del modus operandi del Maestro. Gli ultimi spettacoli dell'Odin sono stati caratterizzati, nella fase finale di allestimento, dalla costituzione della "mente collettiva", uno strumento finalizzato a innescare il confronto e la collaborazione tra tutti i soggetti direttamente coinvolti nella creazione dello spettacolo (attori, regista, drammaturgo, compositore, scenografo, personale tecnico) e i partecipanti alle masterclass dirette da Barba. Il gruppo dei partecipanti dà vita a un osservatorio di addetti ai lavori chiamato a dare il proprio contributo concreto allo stesso processo creativo. La masterclass infatti avrà luogo contestualmente alla fase finale delle prove di "Una giornata qualunque del danzatore Gregorio Samsa", spettacolo con la regia e la drammaturgia di Eugenio Barba, Lorenzo Gleijeses e Julia Varley; una consulenza sulla drammaturgia di Chiara Lagani di Fanny & Alexander; le musiche originali composte ed eseguite dal vivo da Mirto Baliani; gli oggetti coreografici di Michele Di Stefano (coreografo di mk). Eugenio Barba, Lorenzo Gleijeses e Julia Varley proveranno per una settimana la performance in presenza di 25 partecipanti selezionati, al NEST - Napoli Est Teatro, nell'ambito del Napoli Teatro Festival Italia 2018. Ogni giorno, dopo aver assistito alle prove, i partecipanti si riuniranno per porre domande e discutere sul lavoro quotidiano con Eugenio Barba, e avranno la possibilità di suggerire al maestro cambiamenti da apportare allo spettacolo o nuove direzioni da imprimere alla scrittura drammaturgica. Chiamati a essere testimoni di questo processo, i partecipanti verranno introdotti all'intimità di un delicato, elusivo e per certi versi ripetitivo metodo di lavoro e di creazione. Agli osservatori viene dunque richiesto un particolare tipo di auto- disciplina, di qualità di osservazione e di concentrazione, al fine di supportare e sostenere l'interprete, il regista e tutti gli altri collaboratori. Questo è l'unico modo per evitare che il processo di prova venga banalizzato e turbato da una presenza estranea e indifferente. Durante le prove, fili narrativi sempre nuovi emergono, si mescolano e vengono smarriti. Allo stesso tempo la "mente collettiva" cerca di approfondire ed elaborare i materiali già sviluppati. Vengono proposte nuove soluzioni, tecniche e tentativi che possano svelare dove questi materiali potrebbero condurre, quali nuove storie innescare e quali potrebbero essere i finali più appropriati.

La giornata inizia dalla mattina con un'ora di training dell'attore seguita da alcune ore consecutive di prove. Nessun rigido programma può essere stabilito preventivamente dal momento che sarà il processo stesso a dettarne i ritmi.

In teatro, possiamo parlare di "mente collettiva" quando un gruppo di persone motivate è impegnato in un processo creativo che non miri a realizzare un progetto già chiaramente definito. Una "mente collettiva" integra differenti specializzazioni, vari gradi di esperienza e diversi livelli di responsabilità in un processo di assemblaggio simile a quello che si verifica in una mente individuale alle prese con l'invenzione: improvvisi cambi di direzione, deviazioni, capacità di sfruttare scoperte improvvise e inaspettate, slittamento fra differenti livelli di organizzazione (pre-espressivo, drammaturgia organica, drammaturgia narrativa, invenzione dello spazio, universo musicale, etc.). La "mente collettiva" investe la medesima quantità di energia tanto nel programmare quanto nel cercare di scoprire come demolire i suoi stessi programmi.

Lo scopo della masterclass è di stimolare l'attivazione di una "tempesta di cervelli" che, con nuove e inattese proposte, vivifichi la fase finale del percorso di prove e allo stesso tempo permetta, a un gruppo di giovani registi, attori, dramaturg, autori, scenografi, e persone interessate a vario titolo al processo di creazione di uno spettacolo, di toccare con mano il metodo creativo di Barba.

29 Giugno - ore 15,00 Prova aperta al pubblico dello spettacolo "Una giornata qualunque del danzatore Gregorio Samsa" - regia di Eugenio Barba, Lorenzo Gleijeses e Julia Varley.

23 giugno 2018

Al Trianon di Napoli la memoria araba

Per la prima volta in Italia, il Napoli Teatro Festival Italia ospita domenica al Teatro Trianon Viviani (ore 21), il coreografo e danzatore libanese Ali Chahrour in scena con My he rise and smell the fragrance, una coreografia di cui è autore ed anche interprete con Hala Omran. Presentato a Beirut l'anno scorso, poi a Budapest e a Dublino, dopo il debutto a Napoli lo spettacolo è atteso in Francia, dal 14 luglio, evento di punta e sold out annunciato al Festival d'Avignone. Gli spettacoli di Chahrour traggono ispirazione dalla memoria collettiva araba. Rivisitando tradizioni saldamente ancorate, l'artista indaga arrivando a cogliere i segreti dell'antica terra della Mesopotamia. In questo lavoro, che completa una trilogia, iniziata con i precedenti Fatmeh e Leila's death (accolti trionfalmente proprio al Festival di Avignone nel 2016) Ali Chahrour analizza i riti sciiti e le loro metamorfosi contemporanee.

23 giugno 2018

Napoli – Ali Chahrour in scena al Teatro Trianon Viviani

Per la prima volta in Italia, il “Napoli Teatro Festival Italia” ospita domenica al Teatro Trianon Viviani (ore 21), il coreografo e danzatore libanese Ali Chahrour in scena con “My he rise and smell the fragrance”, una coreografia di cui è autore ed anche interprete con Hala Omran. Presentato a Beirut l’anno scorso, poi a Budapest e a Dublino, dopo il debutto a Napoli lo spettacolo è atteso in Francia, dal 14 luglio, evento di punta e sold out annunciato al Festival d’Avignone. Gli spettacoli di Chahrour traggono ispirazione dalla memoria collettiva araba. Rivisitando tradizioni saldamente ancorate, l’artista indaga arrivando a cogliere i segreti dell’antica terra della Mesopotamia. In questo lavoro, che completa una trilogia, iniziata con i precedenti Fatmeh e Leila’s death (accolti trionfalmente proprio al Festival di Avignone nel 2016) Ali Chahrour analizza i riti sciiti e le loro metamorfosi contemporanee.

23 giugno 2018 A LETTERATURA la poesia di Hikmet e Sarajlic

Villa Pignatelli eletta Casa della Poesia per il Napoli Teatro Festival Eventi a Napoli, chiude la rassegna di LETTERATURE curata da Silvio Perrella, stasera, sabato 23 giugno 2018. L’appuntamento è alle 19.00.

Massimiliano Gallo legge il poeta bosniaco Izet Sarajlic e il turco Nazim Hikmet, accompagnato dalle musiche di Lautari din Rosiori. Alla vita La vita non è uno scherzo. Prendila sul serio come fa lo scoiattolo, ad esempio, senza aspettarti nulla dal di fuori o nell’al di là. Non avrai altro da fare che vivere. La vita non è uno scherzo. Prendila sul serio ma sul serio a tal punto che messo contro un muro, ad esempio, le mani legate, o dentro un laboratorio col camice bianco e grandi occhiali, tu muoia affinché vivano gli uomini gli uomini di cui non conoscerai la faccia, e morrai sapendo che nulla è più bello, più vero della vita. Prendila sul serio ma sul serio a tal punto che a settant’anni, ad esempio, pianterai degli ulivi non perché restino ai tuoi figli ma perché non crederai alla morte pur temendola, e la vita peserà di più sulla bilancia. Traduzione di Joyce Salvadori Lussu

23 giugno 2018

A teatro con Repubblica, due biglietti al prezzo di uno per il Napoli teatro festival

Basta ritagliare e consegnare al botteghino centrale della kermesse, allestito all’interno del Palazzo Reale, la pagina del giornale dedicata all’iniziativa, in edicola lunedì 25 giugno di ALESSANDRO VACCARO

Due biglietti al prezzo di uno. È l’offerta del “Napoli Teatro Festival” che si rinnova per i lettori di “Repubblica”. Per usufruirne basta ritagliare e consegnare al botteghino centrale della kermesse, allestito all’interno del Palazzo Reale, la pagina del giornale dedicata all’iniziativa, in edicola lunedì 25 giugno.

La promozione è valida fino a esaurimento dei posti disponibili per tutti gli spettacoli delle sezioni “Internazionale”, “Italiana”, “Osservatorio”, “Danza” e “Musica”, che fino al 10 luglio compongono l’undicesima edizione della rassegna teatrale, la seconda diretta da Ruggero Cappuccio. La formula del “2x1” si applica, per esempio, al monologo “Brodsky-Baryshnikov”, una selezione delle toccanti poesie del premio Nobel Joseph Brodsky, recitate da Mikhail Baryshnikov, così come a “Clown 2 ½” con il gruppo del Theater an der Ruhr che, attraverso la regia di Roberto Ciulli, osserva il mondo e le sue contraddizioni dal punto di vista di un pagliaccio.

In promozione anche le nuove pièce di Silvio Orlando, Tonino Taiuti, Nando Paone e Alessandro Preziosi, il concerto di Enzo Gragnaniello con il Solis String Quartet e lo spettacolo “Au temps où les Arabes dansaient”, in cui la rappresentazione della danza del ventre è affidata a quattro uomini. 23 giugno 2018

Dopo oltre 50 anni riapre la Cappella Pignatelli Lunedì alle 18 l’inaugurazione con il Sindaco De Magistris e la partenza del progetto della Cattedra di Culture d’Europa con il ciclo di lezioni magistrali di Paolo Isotta sulla Scuola Musicale Napoletana

Sarà il primo della serie dei gioielli del grande progetto “Centro Storico di Napoli - Sito UNESCO” a ritrovare la luce in versione restaurata. Si tratta della Cappella di Santa Maria dei Pignatelli, uno degli scrigni più rari della Napoli del Rinascimento, che sorge proprio nel cuore del centro antico partenopeo, al Largo Corpo di Napoli, allineata lungo il decumano inferiore della città greco-romana, dove si incrociano piazzetta Nilo e San Biagio dei Librai. Era chiusa al pubblico da oltre cinquant’anni. Sul finire degli anni ’60 era diventata persino un deposito abusivo di sedie. Oggi, grazie al lavoro dell’Università Suor Orsola Benincasa, divenuta proprietaria della Cappella negli anni novanta a seguito della donazione della famiglia Pignatelli, ed al finanziamento europeo del Grande Progetto “Centro Storico di Napoli - Sito Unesco”, affidato per l’attuazione al Comune di Napoli, la Cappella Pignatelli è finalmente pronta per essere restituita alla città. L’inaugurazione della sua seconda vita è fissata per lunedì 25 Giugno alle ore 18. Al taglio del nastro ci saranno il Rettore dell’Università Suor Orsola Benincasa, Lucio d’Alessandro, il Sindaco di Napoli, Luigi de Magistris, i fratelli Fabio e Giovanni Pignatelli, il sovrintendente per l’Archeologia, le belle arti ed il paesaggio per il Comune di Napoli, Luciano Garella, il direttore del Museo di Capodimonte, Sylvain Bellenger e l’intera squadra di lavoro dell’Università Suor Orsola Benincasa con il coordinatore scientifico dei lavori di restauro, Pierluigi Leone de Castris, il progettista dell’intervento Massimo Del Giudice, il progettista degli arredi e dell’illuminazione, Sergio Prozzillo e gli studenti del Corso di Laurea magistrale in Restauro dei beni culturali che hanno collaborato ai lavori di restauro. “In un Paese in cui si parla spesso delle grandi opportunità sprecate nell’investimento dei fondi europei ci riempie di orgoglio aver portato a termine un lavoro lungo e complesso che ci consente oggi di restituire alla città uno dei suoi grandi patrimoni che abbiamo tutte le intenzioni di valorizzare al meglio con numerosi progetti accademici, scientifici, artistici e culturali che mettano al centro dell’azione soprattutto i giovani della nostra città e delle Università”. Così Lucio d’Alessandro, Rettore dell’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli, anticipa la sua grande soddisfazione per l’inaugurazione della Cappella Pignatelli che oltre alle attività accademiche e scientifiche dell’Ateneo avrà soprattutto una destinazione “pubblica” per attività culturali, convegni, mostre, spazi di informazione e documentazione sul centro storico, attività musicali, cinematografiche e teatrali.

La Cappella Pignatelli è così pronta per la sua nuova vita che il primo grande evento sarà praticamente contestuale all’inaugurazione. Proprio lunedì alle 19, un’ora dopo il taglio del nastro, ci sarà la partenza del ciclo di lezioni magistrali di Paolo Isotta su “Gli splendori della Scuola Musicale Napoletana” organizzato nell’ambito del programma dell’undicesima edizione del Napoli Teatro Festival Italiana. Da Alessandro Scarlatti al genio di Rossini nel suo periodo napoletano: da lunedì a giovedì sempre alle 19 alla Cappella Pignatelli quattro appuntamenti ad ingresso gratuito (prenotazioni aperte su www.napoliteatrofestival.it) con uno dei più importanti storici della musica italiani.

Il ciclo di lezioni di Paolo Isotta rappresenterà anche il ‘battesimo’ delle attività accademiche e culturali della “Cattedra permanente di Culture d'Europa Cappella Pignatelli” dell’Università Suor Orsola Benincasa. Una nuova cattedra universitaria, inserita all’interno dell’offerta formativa dell’Ateneo, ma anche e soprattutto aperta a lezioni pubbliche, sempre all’interno della Cappella Pignatelli, sui grandi temi della storia e dell’attualità europea, che raduneranno grandi esperti internazionali di diverse discipline in una città come Napoli che rimane una decisiva frontiera d'Europa. 23 giugno 2018

“Sotto il Vesuvio Niente” incanta gli spettatori del Napoli Teatro Festival Italia 2018

In un caffè-cabaret notturno, “agli orli della vita”, tra suoni vivianei e urla mute, tra atmosfere alla Fassbinder e un Patroni Griffi d’annata, un’umanità disgraziata prova a fare i conti con se stessa e il mondo taroccato che le gira intorno. Fuori da questo limbo di “felici pochi”, i giganti, sempre pronti a distruggere ciò che è poesia, incombono minacciosi. Non c’è più tempo ed è necessario far presto. Uomini, donne, femminielli, trans e giovani sono qui in cerca del gusto della vita, una vita post-datata, una vita violenta, una vita… da vivere fino in fondo».

23 giugno 2018

Tratto dal libro della giornalista e scrittrice Marilena Lucente lo spettacolo Di un Ulisse, di una Penelope ritorna, dopo il debutto dello scorso anno, sul palco del Teatro Civico 14 di Caserta sabato 23 giugno alle ore 21:00.

La pièce, diretta da Roberto Solofria, rientra nella sezione Osservatorio del Napoli Teatro Festival e vedrà protagonisti lo stesso Solofria con Fabiana Fazio.

Ulisse e Penelope più umani e meno mitologici

Sul palcoscenico rivive il mito di Ulisse e Penelope, precisamente rivive il momento dell’incontro tra un marito ed una moglie che si sono persi per lungo tempo. La pièce non ripropone la storia in chiave omerica anzi le cambia del tutto i connotati spogliandola dagli orpelli mitologici.

Ulisse e Penelope sono, infatti, semplicemente un uomo e una donna che vivono un incontro inaspettato e, ritrovandosi l’uno di fronte all’altro dopo tanti anni, sono assaliti da una tempesta di emozioni e contraddizioni. Sono due persone che sono cambiate e che pur ritrovandosi temono di essersi persi.

Ulisse non è più lo stesso temerario ed impavido uomo che ha lasciato la terra natia, è meno eroe e più debole, pieno di fragilità che è tornato a casa trascinandosi dietro il peso degli anni, mentre Penelope non è più una ragazzina ma una donna che per sopravvivere all’assenza del marito ha dovuto reagire con acume e coraggio.

Quello che sia Marilena Lucente che Roberto Solofria hanno tentato di fare è stato quello di raccontare un viaggio nei sentimenti, terreno, realistico. La scelta del regista di utilizzare il napoletano come lingua nei dialoghi è uno degli elementi chiave per umanizzare Ulisse e Penelope.

23 giugno 2018

L’Istituto di Cultura Francese e la Galleria Toledo aprono le loro porte per portare Albert Camus al Napoli Teatro Festival 2018 per un doppio appuntamento. Il progetto Una Serata con Albert Camus è un progetto di Renato Carpentieri, con Renato Carpentieri, Ilaria Falini, Valeria Luchetti, Maria Grazia Mandruzzato, Fulvio Pepe. Le scene sono di Arcangela Di Lorenzo, i costumi di Annamaria Morelli, il disegno luci di Cesare Accetta, le musiche di Federico Odling, la direzione di scena di Amedeo Carpentieri, mentre l’assistente alla regia è Serena Sansoni. Per la produzione dell’Associazione culturale Il punto in movimento. Il 23 e il 24 giugno andrà in scena un doppio appuntamento con Albert Camus: la Caduta alle ore 18.00, all’Institut Fran ҫais de Naples, e il Malinteso alla Galleria Toledo, alle 21.00. La Caduta Il primo appuntamento si svolge nel tardo pomeriggio nei giardini dell’Istituto di cultura Francese e ha per protagonista Renato Carpentieri che inventa una riduzione per la scena del romanzo La caduta di A. Camus, con l’accompagnamento al violoncello di Federico Odling. Pubblicato nel 1956, un anno prima che Camus ricevesse il Premio Nobel e quattro anni prima della sua morte, La caduta è un notevolissimo monologo in cui un ex-avvocato di successo fa, da virtuoso, una confessione pubblica. Si accusa per lungo e per largo con ironia e sarcasmo, di colpe, di debolezze, di egoismi, moltiplicando sfumature e digressioni, per costruire una maschera in cui tutti possano arrivare a riconoscersi e a giudicarsi. È Giudice penitente. Ma questo progetto, portato avanti con tenacia, si scontra con la nostalgia dell’innocenza e dell’abbandono. Il Malinteso Ne Il Malinteso si trova l’essenziale dei temi cari a Camus: la solitudine dell’uomo, le sue aspirazioni alla gioia, i suoi appelli all’amore, l’esilio, il suo desiderio folle di felicità che gli è negata da un Dio irriconoscibile e indifferente, separato dalla sua creazione, la rivolta contro un universo che non è a sua misura. Senza dimenticare che la rivolta, lo slancio verso le terre del sole, che simboleggia l’aspirazione a raggiungere una Bellezza che sempre di più la grigia civiltà del XX secolo rifiuta agli uomini, deve imporsi dei limiti: prima di tutto il rispetto della vita umana. La storia è una variante di una vecchia leggenda popolare, quella del soldato ricco di un grosso bottino al ritorno dalla guerra e ucciso dai suoi parenti. O altrimenti il figliuol prodigo: Il Malintesorovescia la parabola dei Vangeli mostrando il fallimento tragico di quel ritorno. Jan, dopo molti anni di lontananza, torna nella sua casa natale, da sua madre e sua sorella che non lo riconoscono e, sopraffatte da una vita meschina e miserabile, finiscono per uccidere quello che per loro è solo un cliente del loro albergo, per derubarlo. L’assurdità della situazione dei personaggi è evidenziata dallo stesso titolo della pièce; in particolare Jan è un maldestro zimbello di un destino che ha contribuito a forgiare all’interno di quest’albergo spogliato da ogni effetto di realismo, per trasformarlo simbolicamente in un cupo Paese del Nord Europa. “Tutta la sventura degli uomini deriva dal fatto che non usano un linguaggio semplice. Se l’eroe del Malinteso avesse detto: – Eccomi, sono io e sono vostro figlio- sarebbe stato possibile il dialogo, non più fondato sul nulla come nel dramma (…). Ciò che fa da contrappeso all’assurdo è la comunità degli uomini in lotta contro di esso…” dichiara lo stesso Camus nei suoi Taccuini verso la fine del 1945. Info e prenotazioni Nel rispetto delle norme di sicurezza richieste dal Consolato dell’ambasciata francese, gli spettatori che si recheranno allo spettacolo sono pregati di munirsi di documento di identità e di presentarsi mezz’ora prima dell’orario di inizio per consentire lo svolgimento delle pratiche di ingresso.

23 giugno 2018 NAPOLI TEATRO FESTIVAL ITALIA, DANZA LA PRIMA DI ALI CHAHROUR by Giuseppe Spasiano

Napoli – Domenica 24 giugno al Napoli Teatro Festival Italia. Si parte con SportOpera al Teatro Sannazzaro che presenta Leni, il trionfo della bellezza di Irene Alison con Valentina Acca (ore 20.45) e, a seguire, Pentathlon moderno – Cinque storie di corpi perduti testi di Antonio Franchini, Wanda Marasco, Valeria Parrella, Silvio Perrella, Manlio Santanelli con Alessandro Cepollaro, Francesca De Nicolais, Renato De Simone, Ettore Nigro, Lucia Rocco, Bruno Tramice (ore 21.30). Per la sezione Danza, per la prima volta in Italia, il coreografo e danzatore libanese Ali Chahrour presenta May he rise and smell the fragrance (Teatro Trianon-Viviani, ore 21). All’Osservatorio del NTFI in programma La classe, regia di Gabriele Russo, spettacolo realizzato degli allievi della Bellini Teatro Factory (Cortile delle Carrozze di Palazzo Reale, ore 21.30). Alle ore 21, in Vico dei Maiorani si presenta Food Distribution della guerra e del turismo un progetto a cura di Davide Scognamiglio e Daniele Ciprì con l’inaugurazione dell’installazione di luci in strada. Partecipano gli Ars Nova e gli abitanti del vicolo che ne hanno sostenuto e permesso la realizzazione. Al Piccolo Bellini (ore 21) prova aperta di NALPAS: l’attore è un atleta del cuore, dal workshop condotto da Michele Monetta con Giuseppe Rocca e Lina Salvatore. Replica Una serata con Albert Camus il progetto di Renato Carpentieri che propone due spettacoli: La caduta, in scena alle ore 18 all’Istituto Francais de Naples Le Grenoble, e Il Malinteso, alle ore 21 alla Galleria Toledo. Replica Sei adattamento del capolavoro di Luigi Pirandello messo in scena dalla Compagnia Scimone e Sframeli (al Teatro San Ferdinando, ore 21). Replica, per la danza, Un Poyo Rojo con gli argentini Luciano Rosso e Alfonso Barón (Sala Assoli, ore 19). Al Dopofestival Lelio Morra in concerto(Giardino Romantico di Palazzo Reale, ore 23). SportOpera al Teatro Sannazaro (ore 20.45) presenta Leni, il trionfo della bellezza, un progetto di Irene Alison, con Valentina Acca, collaboraborazione alla regia di Marcello Cotugno, scene di Sara Palmieri. E’ il racconto dei giorni d’oro delle riprese di Olympia, il capolavoro di Leni Riefenstahl, resoconto delle Olimpiadi di Berlino del ’36, dove lo sport viene raccontato col piglio epico di una narratrice di corpi, gesti, sguardi e desideri agonistici. Olympia celebra l’ideale di una bellezza che incarna sia l’estetica del Reich che l’utopia di una competizione sportiva senza appartenenze etniche o religiose. In scena un’architettura di superfici narrative che si sovrappongono ricostruendo un’unica vicenda: quella di una donna simbolo dei chiaroscuri del Novecento che approda al nuovo millennio portando con sé un enigma mai risolto. Alle 21.30, Pentathlon moderno – Cinque storie di corpi perduti, che trasforma le cinque discipline della competizione sportiva in altrettante difficoltà quotidiane che riguardano il corpo dell’uomo moderno, nelle scritture di Antonio Franchini, Wanda Marasco, Valeria Parrella, Silvio Perrella, Manlio Santanelli, interpretate da Alessandro Cepollaro, Francesca De Nicolais, Renato De Simone, Ettore Nigro, Lucia Rocco, Bruno Tramice. Scene di Carmine De Mizio, Michela Petrella, Mario Di Nardo, Dario Pererano, Vincenzo Fiorillo. Per la prima volta in Italia, il Napoli Teatro Festival accoglie al Teatro Trianon Viviani (ore 21) il debutto di My he rise and smell the fragrance, una coreografia di Ali Chahrour, che ne è anche interprete con Hala Omran. Le musiche originali sono di Two or The Dragon eseguite in scena dagli autori Ali Hout e Abed Kobeissy, drammaturgia Junaid Sarieddeen, luci Guillaume Tesson, suono Khyam Allami. Lo spettacolo è stato presentato a Beirut, poi a Budapest e a Dublino e dopo il debutto a Napoli è atteso in Francia, spettacolo di punta e sold out annunciato, al Festival d’Avignone. Gli spettacoli del coreografo e danzatore libanese traggono ispirazione dalla memoria collettiva araba. Rivisitando tradizioni saldamente ancorate, Ali Chahrour indaga nell’archeologia del sensibile, arrivando a cogliere i segreti dell’antica terra della Mesopotamia. In questo spettacolo, che completa la trilogia iniziata con i precedenti Fatmeh e Leila’s death (accolti trionfalmente proprio al Festival di Avignone nel 2016) Ali Chahrour analizza i riti sciiti e le loro metamorfosi contemporanee. In un contesto sociale, politico e religioso in cui il corpo è spesso oggetto di censura, Chahrour affronta gli attuali modelli di mascolinità e contesta la superiorità che spesso viene loro attribuita. Con un danzatore, due musicisti e un’attrice, My he rise and smell the fragrance affronta il tema e la pratica, ancora vigente, di antichi rituali legati al lutto in cui le donne sono abitualmente obbligate al digiuno e alle lamentazioni. Nel Cortile delle Carrozze di Palazzo Reale, nell’ambito dell’Osservatorio del NTFI, alle 21.30, vanno in scena gli allievi della Bellini Teatro Facroty, con La classe, drammaturgia di Francesco Ferrara, interpretata da Luigi Adimari, Chiara Celotto, Rosita Chiodero, Salvatore Cutrì, Claudia D’avanzo, Mariafrancesca Duilio, Michele Ferrantino, Francesco Ferrara, Luigi Leone, Andreaina Liotti, Eleonora Longobardi, Simone Mazzella, Salvatore Nicolella, Emanuele Scherillo, Salvatore Scotto D’Apollonia, Manuel Severino, Arianna Sorrentino, per la regia di Gabriele Russo. I sedici allievi (drammaturghi, registi e attori) della Bellini Teatro Factory portano in scena una drammaturgia collettiva, in cui il percorso di improvvisazione e di ricerca viene formalizzato e rielaborato dalla regia di Russo. Il lavoro nasce dalla suggestione del film La classe di Laurent Cantet, del romanzo La classe – Entre les murs di Francois Bégadeau, e The School Film di Patrick Marber. Lo spettacolo è una riflessione sulle difficoltà dell’adolescenza e della giovinezza in un contesto fatto di periferie e diseguaglianze, di povertà culturale prima che materiale, nel contesto di una delle città più ricche al mondo di memoria e vestigia del passato. Ma vuole anche riflettere sul valore e potere dell’istruzione nel gruppo di pari età che insieme scopre il mondo. Al Piccolo Bellini (ore 21) in programma la prova aperta di NALPAS: l’attore è un atleta del cuore, dal workshop condotto da Michele Monetta con Giuseppe Rocca e Lina Salvatore. Monetta ha realizzato per il Napoli Teatro Festival Italia un workshop intensivo per attori, cantanti, danzatori, atleti, registi, coreografi e performer totalmente dedicato al teatro della crudeltà e alla figura di Antonin Artaud (1896-1948), nel 70° anniversario della sua scomparsa. “Il Novecento – sottolinea Monetta – è da definirsi oltre come il secolo breve anche come il secolo Artaud. L’autore de Il Teatro e il suo doppio, che per un certo periodo durante l’internamento in manicomio si firmava Nalpas e cioè col cognome della nonna materna di origine turco-greca, rappresenta indubbiamente una delle più grandi personalità della scena moderna e contemporanea, una di quelle figure che hanno contribuito di più a cambiare il modo di pensare e fare oggi il teatro”. Domenica 24 giugno alle ore 21.00 si terrà a vico dei Maiorani l’inaugurazione dell’installazione di luci in strada del progetto Food Distribution, realizzata grazie alla collaborazione dei partecipanti al laboratorio di alta formazione sulla luce, di cui costituisce la conclusione. L’evento inaugurale prevede la partecipazione degli Ars Nova e degli abitanti del vicolo che hanno sostenuto il progetto e ne hanno permesso la realizzazione. L’installazione di luci rimarrà a vico Maiorani fino al 10 luglio, data conclusiva del Napoli Teatro Festival 2018. Replicano gli spettacoli Una serata con Albert Camus, un progetto di Renato Carpentieri diviso in due appuntamenti: il primo, La caduta in scena all’ Istituto Francais de Naples Le Grenoble, alle ore 18.00, il secondo, Il Malinteso, alle 21.00 sul palcoscenico di Galleria Toledo. E ancora, alle ore 19.00, al teatro San Ferdinando, proseguono le repliche di Sei, adattamento da Sei personaggi in cerca d’autore di Luigi Pirandello, della compagnia Scimone Sframeli. Ultima replica per Un poyo Rojo, la coreografia di Luciano Rosso e Nicolás Poggi va in scena alla Sala Assoli, alle ore 19.00. La serata si conclude nel Giardino Romantico di Palazzo Reale, con il consueto appuntamento con il Dopofestival, a cura di Massimiliano Sacchi, organizzato da Giano Bifronte. Alle 23.00 è previsto il concerto di Lelio Morra, chitarrista cantautore napoletano.

23 giugno 2018

Al Trianon di Napoli la memoria araba Il danzatore libanese per la prima volta in Italia per NTFI (ANSA) - NAPOLI, 23 GIU - Per la prima volta in Italia, il Napoli Teatro Festival Italia ospita domenica al Teatro Trianon Viviani (ore 21), il coreografo e danzatore libanese Ali Chahrour in scena con My he rise and smell the fragrance, una coreografia di cui è autore ed anche interprete con Hala Omran. Presentato a Beirut l'anno scorso, poi a Budapest e a Dublino, dopo il debutto a Napoli lo spettacolo è atteso in Francia, dal 14 luglio, evento di punta e sold out annunciato al Festival d'Avignone. Gli spettacoli di Chahrour traggono ispirazione dalla memoria collettiva araba. Rivisitando tradizioni saldamente ancorate, l'artista indaga arrivando a cogliere i segreti dell'antica terra della Mesopotamia. In questo lavoro, che completa una trilogia, iniziata con i precedenti Fatmeh e Leila's death (accolti trionfalmente proprio al Festival di Avignone nel 2016) Ali Chahrour analizza i riti sciiti e le loro metamorfosi contemporanee.

23 giugno 2018

Al Trianon di Napoli la memoria araba

Per la prima volta in Italia, il Napoli Teatro Festival Italia ospita domenica al Teatro Trianon Viviani (ore 21), il coreografo e danzatore libanese Ali Chahrour in scena con My he rise and smell the fragrance, una coreografia di cui è autore ed anche interprete con Hala Omran. Presentato a Beirut l'anno scorso, poi a Budapest e a Dublino, dopo il debutto a Napoli lo spettacolo è atteso in Francia, dal 14 luglio, evento di punta e sold out annunciato al Festival d'Avignone. Gli spettacoli di Chahrour traggono ispirazione dalla memoria collettiva araba. Rivisitando tradizioni saldamente ancorate, l'artista indaga arrivando a cogliere i segreti dell'antica terra della Mesopotamia. In questo lavoro, che completa una trilogia, iniziata con i precedenti Fatmeh e Leila's death (accolti trionfalmente proprio al Festival di Avignone nel 2016) Ali Chahrour analizza i riti sciiti e le loro metamorfosi contemporanee. 24 giugno 2018

Tina Pica, a Napoli una mostra sugli oggetti di un’attrice icona della risata

Marcello Garofalo

Una mostra dedicata a “Tina Pica 1884 – 1968” si è inaugurata giorni fa a Napoli, omaggio doveroso a una cine-icona (anche della nostra rubrica “Bizarro! Movies”, fin dal 1997) amatissima dal pubblico di ogni età, per essere stata soprattutto una formidabile “spalla” di Eduardo De Filippo, Vittorio De Sica, Totò, ma anche attrice protagonista di film oggi diventati di culto quali La nonna Sabella (Dino Risi, 1957), La zia d’America va a sciare (Roberto Bianchi Montero, 1958), Mia nonna Poliziotto (Steno, 1958), La sceriffa (Roberto Bianchi Montero, 1959), La Pica sul Pacifico (Roberto Bianchi Montero, 1959). La mostra, curata da Giulio Baffi nell’ambito del “Napoli Teatro Festival”, presenta 84 oggetti personali dell’attrice (tra cui anche una serie dei suoi famosi cappellini), fotografie di famiglia e di spettacolo, locandine, copioni e il documentario Fratello ricordati di Tina Pica di Lucilla Parlato e Federico Hermann, prodotto da “Identità Insorgenti”. Un’occasione unica per ricordare il talento di una donna dalla forte grinta e dal fisico minuto, intelligente e spiritosa (è stata anche commediografa), in apparenza burbera e in grado di tener testa ad attori dalla personalità enorme e in molti casi anche di surclassarli in simpatia e bravura. Lo storico del cinema Mario Franco ha sottolineato la sua “eleganza particolare, quella di una donna che a 40 anni ne dimostrava 60 e non tentava di apparire il contrario”. La mostra (ingresso gratuito fino all’8 luglio, dalle 17 alle 20, giorni di chiusura lunedì e martedì) è allestita dallo scenografo Luigi Ferrigno allo spazio Quartieri Airots, Chiesa della Congregazione del 63 Sacerdoti, in Via Carlo De Cesare n. 30, Napoli.

24 giugno2018

DOMANI IL TEATRO FESTIVAL SI APRE CON IL DEBUTTO DE "IL GATTO"

Lunedì 25 giugno al Napoli Teatro Festival Italia. Si comincia con il debutto de Il gatto, dall’omonimo romanzo di Georges Simenon con Alvia Reale ed Elia Schilton per la regia di Roberto Valerio (al Teatro Nuovo, ore 19). Nell’ambito dei Progetti Speciali del NTFI, è prevista una Lectio Magistralis di Paolo Isotta, la prima di un ciclo di quattro incontri che lo scrittore e critico musicale dedica a “Gli splendori della Scuola Musicale Napoletana” (Cappella di Santa Maria dei Pignatelli, al Largo Corpo di Napoli nel centro antico, ore 19). Proseguono al Teatro Sannazaro gli appuntamenti di SportOpera con la sezione Tribune – Gli uomini e lo sport che propone testi dedicati a Roland Barthes (ore 20.45); poi La nuotatrice con Pamela Villoresi per la regia di Gigi Di Luca (ore 21.30) e la proiezione del film Un uomo a nudo di Frank Perry (ore 22.30). Replica al Teatro San Ferdinando Sei della CompagniaScimone e Sframeli (ore 21). Al Dopofestival, concerto della band Guappecartò (Giardino Romantico di Palazzo Reale, ore 23.00). Alle ore 19 al Teatro Nuovo, debutta Il gatto, tratto dall’omonimo romanzo di Georges Simenon, nell’adattamento di Fabio Bussotti, con Alvia Reale, Elia Schilton e con Silvia Maino, per la regia di Roberto Valerio. La messinscena riprende la vicenda dei coniugi Émile e Marguerite, che da quattro anni non si rivolgono la parola. La comunicazione tra loro è affidata a feroci bigliettini. La data di nascita del loro silenzio coincide con il giorno della morte dell’amato gatto di Émile. Convinto che sia stata Marguerite ad avvelenarlo, Emile, colto da un attacco d’ira, si avventa sul pappagallo di lei e gli strappa a sangue le variopinte penne. Anche il pappagallo muore e, una volta imbalsamato, finisce a fare la sentinella dell’odio coniugale. I separati in casa conducono una vita completamente indipendente con il timore paranoico di essere avvelenati dall’altro, tanto da tenere sottochiave le rispettive dispense. Le origini della loro guerra domestica sono da ricercare ben prima della morte del gatto. Troppo diversi tra loro, Émile e Marguerite non si sono mai veramente sopportati. Marguerite non si è mai liberata del ricordo del suo primo marito violinista ed Émile rimpiange la sua prima moglie morta troppo presto. La vita dei due protagonisti scorre tra ricordi e sentimenti non condivisi. Il silenzio diviene la loro missione mentre il rancore li consuma giorno dopo giorno. Il ritorno della parola potrebbe ricondurli a una vita normale. Ma devono sbrigarsi e forse non c’è più tempo. Scene di Francesco Ghisu, costumi Francesca Novati, luci Carlo Pediani, suono Alessandro Saviozzi. Replica il 26 giugno alle 21.00. Lunedì 25 inizia anche il ciclo di Lectio Magistralis in quattro serate, dedicate dallo scrittore e storico della musica Paolo Isotta alla Gli splendori della Scuola Musicale Napoletana. Nella Cappella di Santa Maria dei Pignatelli (Largo Corpo di Napoli nel centro antico, ore 19). La prima lezione magistrale sarà Rossini, 1868 – 2018. Lineamenti del genio. Il programma prosegue nei giorni successivi con Alessandro Scarlatti, il padre della musica classica (26 giugno, ore 19); Gli eredi diretti: Domenico Scarlatti, Pergolesi, Leo (27 giugno, ore 19); Dioniso, l’origine del teatro, Dioniso a Napoli, Piedigrotta (28 giugno, ore 19). “La Scuola Napoletana – scrive Paolo Isotta in una nota - si erge nel Settecento non solo per sommità di valore artistico. Alessandro Scarlatti, panormita, ne è il capostipite; ma il suo più grande studioso, Edward Dent, già all’inizio del Novecento, dettò la sentenza memorabile: “Scarlatti non è il fondatore della Scuola Napoletana, è il Padre della Musica Classica.” Infatti egli, dopo esser stato, insieme con Bach e Haendel ma prima di loro, il culmine del Medio e del Tardo Barocco, fonda in senso stilistico ed estetico il Classico. Senza di lui non vi sarebbero Haydn e Mozart. I suoi seguaci Leo, Porpora e Pergolesi asseverano il cambio epocale, che viene compito in Europa da Domenico Scarlatti, Bach e Haendel. Ma 2018 è anche il centocinquantenario della morte di Rossini. Il sommo Maestro non fa parte della Scuola Napoletana, ma il nucleo principale della sua opera è stato scritto a Napoli e per Napoli, ove soggiornò dal 1815 al 1822, guidando il San Carlo. Quindi egli rappresenta una delle più grandi glorie musicali napoletane. Non è stato fatto niente, a Napoli, per celebrare il centocinquantenario! Quindi aprire le lezioni sulla Scuola Napoletana con un ritratto di Rossini, rimeditato alla luce della Storia da parte di chi, già nel 1974, pubblico il primo libro dedicato alla creazione tragica del Cigno di Pesaro, è doveroso”. Le lezioni sono a ingresso gratuito. Alle 20.45, ritorna Tribune – Lo sport e gli uomini, che porta in scena le riflessioni di Roland Barthes sul rapporto tra lo sport e la società, restituite da Annalisa Madonna (voce), Gianluca Rovinello (arpa), Massimiliano Sacchi (clarinetti), Luca Urciuolo (fisarmonica). Si continua con il reading di Pamela Villoresi, La nuotatrice, per la regia di Gigi Di Luca, che racconta la storia di una giovane campionessa di nuoto che in breve tempo perde bellezza, talento e ragione e che vede nello sport un incontro e una fuga da se stessa. Protagonista silenziosa e sonora della sua vita è l’acqua, elemento centrale, che rappresenta per lei la vita e la morte, portato in scena dalle creazioni sonore con oggetti suonati dall’artista francese Odile Barlier, che accompagna la straordinaria interpretazione della Villoresi. La serata termina alle 22.30 con la proiezione di Un uomo a nudo di Frank Perry. Replica Sei della Compagnia Scimone e Sframeli, tratto da Sei personaggi in cerca d’autore di Luigi Pirandello, al Teatro San Ferdinando, ore 21. La giornata si conclude con l’intrattenimento musicale del Dopofestival, a cura di Massimiliano Sacchi, che alle ore 23 propone il concerto della band Guappecartò.

24 giugno 2018

Santa Maria dei Pignatelli. Su il sipario 50 anni dopo

Napoli – Sarà il primo della serie dei gioielli del grande progetto “Centro Storico di Napoli-Sito Unesco” a ritrovare la luce in versione restaurata; si tratta della Cappella di Santa Maria dei Pignatelli, uno degli scrigni della Rinascimento, che sorge proprio nel cuore del centro antico, al Largo Corpo di Napoli, allineata lungo il decumano inferiore della città greco-romana, dove si incrociano Piazzetta Nilo e San Biagio dei Librai. Era chiusa al pubblico da oltre cinquant’anni. Sul finire degli anni Sessanta era diventata persino un deposito abusivo di sedie. Oggi, grazie al lavoro dell’Università Suor Orsola Benincasa, divenuta proprietaria della Cappella negli anni Novanta in seguito alla donazione della famiglia Pignatelli, ed al finanziamento europeo del Grande Progetto “Centro Storico di Napoli-Sito Unesco”, affidato per l’attuazione al Comune, la Cappella Pignatelli è pronta per essere restituita alla città. L’inaugurazione della sua seconda vita è fissata per lunedi’ alle ore 18. Al taglio del nastro ci saranno il rettore dell’Università Suor Orsola Benincasa, Lucio d’Alessandro, il sindaco, Luigi de Magistris, i fratelli Fabio e Giovanni Pignatelli, il sovrintendente Luciano Garella, il direttore del Museo di Capodimonte, Sylvain Bellenger e la squadra di lavoro del Suor Orsola Benincasa con gli studenti del Corso di Laurea magistrale in Restauro dei beni culturali che hanno collaborato ai lavori di restauro. “In un Paese in cui si parla spesso delle grandi opportunità sprecate nell’investimento dei fondi europei ci riempie di orgoglio aver portato a termine un lavoro lungo e complesso che ci consente oggi di restituire alla città uno dei suoi grandi patrimoni che abbiamo tutte le intenzioni di valorizzare al meglio con numerosi progetti accademici, scientifici, artistici e culturali che mettano al centro dell’azione soprattutto i giovani della nostra città e delle Università”. Così il rettore d’Alessandro anticipa la sua soddisfazione per l’inaugurazione della Cappella che oltre alle attività accademiche e scientifiche dell’Ateneo avrà soprattutto una destinazione “pubblica” per attivita’ culturali, convegni, mostre, spazi di informazione e documentazione sul centro storico, attività musicali, cinematografiche e teatrali. La Cappella Pignatelli è così pronta per la sua nuova vita che il primo grande evento sarà praticamente contestuale all’inaugurazione. Proprio lunedi’ alle 19, un’ora dopo il taglio del nastro, ci sara’ la partenza del ciclo di lezioni magistrali di Paolo Isotta su “Gli splendori della Scuola Musicale Napoletana” organizzato nell’ambito del programma dell’undicesima edizione del Napoli Teatro Festival Italia. Da Alessandro Scarlatti al genio di Rossini nel suo periodo napoletano: da lunedì a giovedì sempre alle 19 alla Cappella Pignatelli quattro appuntamenti ad ingresso gratuito (prenotazioni aperte su www.napoliteatrofestival.it) con uno dei piu’ importanti storici della musica italiani. Il ciclo di lezioni di Isotta rappresenterà anche il ‘battesimo’ delle attività accademiche e culturali della “Cattedra permanente di Culture d’Europa Cappella Pignatelli” dell’Università Suor Orsola Benincasa. Una nuova cattedra universitaria, inserita all’interno dell’offerta formativa dell’Ateneo, ma anche e soprattutto aperta a lezioni pubbliche, sempre all’interno della Cappella Pignatelli, sui grandi temi della storia e dell’attualità europea, che raduneranno esperti internazionali di diverse discipline.

24 giugno 2018

Napoli non ha più i gabbiani di una volta di Max De Francesco

Puoi prevenire varie insidie in uno spettacolo all’aperto, ma certo non puoi immaginare che i gabbiani per oltre un’ora sfidino, e a tratti sovrastino, le voci degli attori. Nel Cortile delle carrozze di Palazzo Reale l’altra sera la regia del cielo notturno di Napoli era di Hitchcock. Seduto in terza fila, spettatore di Full’e fools, opera impegnata e impegnativa in cui cinque barboni inscenano un’incalzante terapia di gruppo, ragionavo su come il teatro dell’assurdo di soprastesse uccidendo il teatro shakespeariano di sotto; su come il sequel partenopeo del film Gli uccelli oscurasse la fatica degli artisti, alle prese con un testo, scritto da Paolo Romano, che merita, per la ricercatezza nell’uso delle parole dialettali e la prosa finemente rimata, luoghi di rappresentazione dove non vola una mosca e non passa un aereo (ne ho contati quattro in mezzora); su come direttori artistici e organizzatori di eventi, prima di scegliere la location – odiosa parola che amano tanto e scaccolano ovunque – dovrebbero valutare con più accortezza, visto l’impazzimento acustico dei cieli, se uno spettacolo possa reggere la messa in scena en plein air. Uscendo da Palazzo Reale, l’urlo prevaricante dei gabbiani finiva nella botola di luci e baccano di piazza Trieste e Trento, dove solo la Fontana del Carciofo era muta d’acqua. La conversazione dell’altra sera non mutò volo e rimase a lungo sulla rotta degli uccelli gregari, divenuti ducetti dell’aria e della terra, più rapaci delle arpie, implacabili nell’uccidere piccioni e predare cibo agli umani. Ne so di ornitologia quanto di sanscrito ma è chiaro che i gabbiani per sopravvivere e sorvegliare nidiate abbiano cambiato le regole d’ingaggio nel teatro di guerra che è la zona metropolitana. In questa migrazione dalle cambuse svuotate del mare alla città “mangiata” di dentro hanno imparato a non temerci più, a esibire violenza e atterraggi sguaiati imitando il disciplinare bestiale delle baby gang, a trasformare aperture di ali lucenti in alabarde spaziali. «Guaguine ‘nterra, tempesta a mmare» recita un proverbio marinaro sorrentino, rilevando il talento dei gabbiani nel segnalare l’arrivo dei temporali con una fuga verso terra. Niente è più come prima, figurarsi una diceria popolare. Gli oracoli volanti sono diventati terreni, hanno smarrito il potere di veggenza, vivono ad altezza d’uomo e col becco nell’asfalto, quasi a testimonianza che siamo nel mezzo di una tempesta perenne. Abbiamo i piedi ben saldi nei cattivi tempi. L’altra sera il cielo stridente di piazza del Plebiscito sembrava un giardino di draghi. Non mi sarei meravigliato se dal colonnato della Basilica di San Francesco di Paola fosse comparsa all’improvviso la figura minuta e ipnotica di Dany Targaryen, la principessa nata dalla Tempesta della serie tv Il Trono di Spade che, con lo sguardo sospeso a vegliare la danza aerea dei suoi figli di fuoco, li richiamasse a sé per rifocillarli e prepararli alla prossima battaglia. Napoli non ha più i gabbiani di una volta: affamati sì, ma eleganti nelle movenze e nella caccia. Rispettosi, ragionevoli inseguitori di brezze, socratici guardiani di scogliere. Erano i veggenti alati che cantava Ciro Rimonti, poeta di stirpe luciana rapito troppo presto dall’umore del vento, amico indimenticato di passeggiate al Borgo Marinari, dispensatore di rumbe vivianesche e versi arriciatielli lasciati su foglietti di fortuna o sul retro degli scontrini in un napoletano istintivo e lirico. Su uno di questi anni fa Rimonti scrisse Vincenzino, ode a un gabbiano d’altri tempi, di sangue blu e cuore epicureo: «Ncoppa all’onna do mare, / nu gabbiano pizzica ‘nfrudduluso e s’allontana, / e passa fra l’onna e n’ata, / speranne ca ‘nce esce ‘ a iurnata. / Vola libero e cuntento /e tene ‘na professione indipendente: / se piglia ampressa chell’ca addà piglià, / poi se mette ‘ncoppa all’onna arreposà. /E l’onna ca so porta a mano a mano, /che bella vita è chella e Vincenzino ‘o gabbiano…». Vincenzino e Ciro, gabbiani e poeti di una volta, quando nel loro teatro di quiete, tra uzzarielli e lapilli di sogni, studiavano su uno scoglio la matematica delle stelle.

24 giugno 2018

Una maschera per tutti Angela Matassa Sa tanto di ‘Museum’ la messinscena di La caduta, lo spettacolo che Renato Carpentieri ha tratto dall’omonimo romanzo di Camus. La pièce è stata rappresentata dall’attore e regista nei giardini dell’Istituto di cultura Francese di Napoli Le Grenoble, con l’accompagnamento al violoncello di Federico Odling, il 23 e 24 giugno. Per un’ora, senza pause né scene, Carpentieri interpreta il monologo vestendo i panni di Jean-Baptiste Clamence, un ex-avvocato parigino di successo che fa una confessione pubblica. Con grande ironia e sarcasmo, si mostra il più virtuoso degli uomini, per poi accusarsi di colpe e menzogne. E giù ricordi di avventure, amori senz’amore, falsa generosità, raggiri e momenti di felicità. Fino al fatidico momento del risveglio: il suicidio di una giovane ragazza che non è riuscito a salvare. Comincia così la caduta, l’invecchiamento, fino alla fine. E’ il disegno di una maschera che identifica ogni essere umano. Un crescendo di pezzi di vita, di toni, di emozioni. Il testo, adattato per la scena, è un susseguirsi di riflessioni sulla vita, sull’uomo, sulla voglia di emergere, di avere e gestire potere, ma anche un’occasione di amare considerazioni, dei sentimenti più vari dall’euforia e l’amore per sé, dalla solitudine alla voglia di libertà, alla capacità di uscire indenni dall’inevitabile giudizio altrui, passando per la cattiveria che trasforma l’individuo, non perdendo di vista il tema dell’estraneità dell’individuo, tanto caro a Camus, vissuto sulla propria pelle. Un fiume di parole che Renato Carpentieri porge da affabulatore e comunicatore, coinvolgendo quasi il pubblico nella confessione, interrogando gli spettatori, con l’abilità dell’attore e con la passione che lo ha spinto a realizzare un progetto sull’opera del Nobel francese. E riporta alla mente il suo Museum, appunto, uno spazio mentale, logisticamente individuato per dieci anni nel Museo di San Martino di Napoli, nelle sale interne e nei giardini all’aperto, per proporre pagine di alta letteratura e di autori grandi come Albert Camus, che un anno dopo (nel 1957) aver scritto La caduta ricevette il Premio Nobel. Sia che interpreti Kant o che sia il Giudice penitente, Renato Carpentieri si muove a suo agio tra le pagine dei romanzi di ogni epoca e luogo. Un bel tuffo nella cultura, che un habitat verde, fresco e gradevole come i giardini, hanno reso magico e coinvolgente.Il progetto “Una serata con Albert Camus”, pensato dall’attore per il NTFI 2018, si è completato con la messinscena in serata di Il malinteso al Teatro Galleria Toledo, che lo ha visto protagonista con Ilaria Falini, Valeria Luchetti, Maria Grazia Mandruzzato, Fulvio Pepe. Le scene sono di Arcangela Di Lorenzo, i costumi di Annamaria Morelli, il disegno luci di Cesare Accetta, le musiche di Federico Odling. 24 giugno 2018

Napoli Teatro Festival: un ritratto (?) di Dora Maar ILENA AMBROSIO e RENZO FRANCABANDERA

| IA: Dora Maar, un’icona della Parigi artistica e culturale del ‘900: fotografa, pittrice, amica di Eluard, di Prévert, di Bunuel; amante di Bataille e poi di Picasso, sua musa, sua testimone nella realizzazione di Guernica tramite scatti che hanno fatto storia. Donna realizzata, brillante che di quel genio diventa una vittima abbandonata, fino allo sfacelo del corpo e della mente. A questa figura così e così tanto intrisa di fascino, storia, arte è stato dedicato, nell’ambito del Napoli Teatro Festival, Ritratto di Dora M. a cura di Ferdinando Bruni e Francesco Frongia. Un percorso drammaturgico a tappe che tenta di dipingere l’evolversi esistenziale della donna, dallo scintillio del successo e dell’indipendenza, alla passione folgorante, fino alla follia.RF: Diciamo che il tentativo è quasi quello di ricavare un archetipo, della donna che visse d’arte e d’amore, quel suggello bohèmien che dall’Ottocento ad oggi non ha ancora perso il suo fascino narrativo, carico dall’ampio potenziale scenico che dall’opera al teatro non è mancato in questo tempo. Donne che hanno vissuto vite straordinarie, farcite spesso di storie d’amore che hanno fatto sognare il mondo, a volte fin quasi alla follia. Da Frida a Tina Modotti, da Simone de Beauvoir a tantissime e tantissime altre, che hanno scelto la vita non facile del seguire la passione. Ricordiamo anche la vicenda di Zelda Fitzgerald, compagna dello scrittore Scott, finita poi in una casa di ricovero manicomiale. Un destino non raro, che anche nella vicenda che ci occupa ricorre. IA: Al principio c’è già la fine. Dietro un telo che attraversa la scena per metà, una sorta di quinta a vista, si intravede Dora – unica interprete Ginestra Paladino – su un grande letto, quello di un ospedale psichiatrico; l’illuminazione è gelida, sulla musica melanconica di un violino – musiche originali composte da Carlo Boccadoro – la voce di lei si leva allucinata, – come chiunque si aspetterebbe essere la voce (imitata) di una pazza. In preda ai postumi dell’elettroshock Dora cerca di trattenere i suoi ricordi, quelli di tutta una vita e dà inizio al suo racconto. Uscendo dal telo la figura in lunga camicia da notte bianca, capelli sciolti, sguardo perso avanza sulla scena; scena piuttosto suggestiva che pare voler recuperare un’atmosfera vagamente surrealista: un grande tavolo da pranzo e delle sedie, semi distrutti, un baule, una lampada. È lo scenario frammentato della memoria dal quale la protagonista attinge per raccontare la propria vita. Una vita rievocata per episodi dei quali titolo e data sono di volta in volta proiettati sul fondo e sul telo posto insieme a scene storiche, quadri, foto che rievocano l’ambientazione storica contestualizzando e dando un supporto visivo e sonoro al racconto a tratti lucido poi, via via, più delirante – quanto meno nei toni – della protagonista. RF: Questi elementi scenici, parti di un salotto in rovina che occupa il primo piano dello sguardo, paiono finiti sotto terra, come sepolti da una frana, facendo emergere pochi elementi, pezzi di mobilio. Erika Carretta, scenografa e costumista sensibile, riesce a definire, in uno spazio non molto profondo, abitato da un secondo piano con il letto del nosocomio, il senso di un passato sprofondato e travolto dagli eventi. L’incombere del destino della malattia e la morte di fatto abbracciano e intonano la narrazione di questa vita, costretta a muoversi fra le macerie che in fondo sono quelle di un’epoca connotata anche dalle vicende belliche. Henriette Markovitch, questo il nome di battesimo della nostra protagonista, prima di conoscere e condividere un periodo piuttosto lungo con Pablo Picasso che la ritrasse anche nel celebre Donna che piange, visse fra gli anni 20 e 30 del secolo scorso come fotografa, frequentando i surrealisti parigini come Ray ed essendo lei stessa artefice di scatti di grande qualità amati fra gli altri da Cartier- Bresson, come si ricorda nel libro Dora Maar With And Without Picasso: A Biography, di Mary Ann Caws del 2000 (qui la recensione sul Guardian, non a caso intitolata La dea torturata) e il più recente volume Dora Maar: Paris at the time of Man Ray, Cocteau and Picasso di Louise Baring edito da Rizzoli. Molte di queste foto erano state dimenticate e ritrovate insieme alla sua macchina fotografica nel suo appartamento parigino – a questo si riferiscono le pregevoli videoproiezioni che fanno da contrappunto alla narrazione – dopo la morte avvenuta in età molto avanzata, nel 1998 a 89 anni. La vita dell’artista è fatta di momenti leggendari come quello dell’incontro con Picasso in un bar, con lei intenta a fare il gioco ardito del coltello che colpisce fra le dita aperte della mano. La donna si taglia, Picasso le chiede il guanto insanguinato. Insomma pare una vicenda di quelle segnate dal destino e dall’estasi del tormento. Ma effettivamente la vicenda sentimentale fra i due, vide sempre il pittore essere assai prevaricante verso la Maar, costretta anche a cimentarsi con la pittura, che non era il suo linguaggio vocazionale, evidentemente. Dovette addirittura ricorrere alle cure di Jacques Lacan. Sono cose che la drammaturgia di Fabrizio Sinisi ricorda con diacronica puntualità, forse anche troppa, per la ragionevole preoccupazione di omettere qualche elemento cardine di una vita così ricca e di non schiacciarla solo sulla relazione con il pittore, facendola uscire dal mito della vita a fianco del grande artista, per farne emergere anche dolori e cesure. il testo finisce tuttavia per perdere un filo conduttore di tenacia sufficiente a rendere poi possibile lo sganciarsi dal biografismo. L’operazione avrebbe potuto risultare affascinante viste le potenzialità e la molteplicità di elementi messi in gioco: la scenografia sfruttata pienamente dall’interprete che a sua volta muta posa a ogni nuovo ricordo, usa gli oggetti a disposizione, si cambia d’abito in scena; la regia luci che segue con attenzione la figura dell’attrice; e poi la musica e le proiezioni; ma, soprattutto, la complessità drammaturgica del soggetto che intreccia vita individuale, storia, arte, psicologia. Insomma, di carne sul fuoco ce n’era eppure pare rimanere tutto statico, appiattito. Lo stile recitativo più che antinaturalistico – come da dichiarazioni di regia – risulta invece affettato, monotonale rendendo davvero arduo seguire le tante – tantissime – parole del testo. RF: Penso che le scelte sullo stile del recitato e sul complesso di segni e movimenti possano essere utilmente riviste dopo questo debutto per donare la necessaria tridimensionalità ad un’operazione che diversamente rischia di rimanere fortemente schiacciata sulla vicenda, in un insieme di gesti che diventano un po’ troppo gabbia, complice anche la macchina scenica dotata di piccole ma vincolanti suggestioni tecnologiche come i microfoni panoramici sotto il tavolo sepolto, che amplificano passi, suoni e gesti dell’interprete. E certamente l’idea è quella che l’amore per l’arte e l’artista finisca, nel caso della Maar, per trasformarsi in una gabbia, ma l’anima profonda e tormentata di questa donna non traspare ancora con la profondità necessaria. In un contenitore scenico comunque interessante, l’uccellino in gabbia deve ancora acquisire la sua umanità più sincera, meno “artefatta”, che è poi sicuramente l’intenzione a cui mirano sia il testo che la regia di Francesco Frongia, ma che non ci arriva ancora per il tramite dello strumento scenico più importante in questo frangente, che è l’attrice. IA: Insomma più che un ritratto, fatto di colori, sfumature, prospettive, quello che di Dora Maar si è dato in questo lavoro sembra la lettura di qualche pagina un testo, certo forse un po’ eccentrico, di storia.

disegno eseguito dal vivo da Renzo Francabandera

24 giugno 2018

ZAZA'. ARTE, MUSICA, SPETTACOLO. Al di qua del mare Canteremo in Sabir, l'antica lingua spontanea dei porti, mescolanza delle diverse lingue del Mediterraneo, insieme ai Radiodervish. Nabil Salameh, Michele Lobaccaro e Alessandro Pipino ci presentano il nuovo disco, “Il Sangre e il Sal”. Quattordici canti per narrare il presente, un invito a dare un nome e una storia alle donne e agli uomini che attraversano le frontiere.

A Palazzo Reale di Napoli ha inaugurato la mostra dedicata a Tomasi di Lampedusa e al manoscritto de Il Gattopardo con la preziosa curatela di Gioacchino Lanza Tomasi, figlio adottivo dello scrittore, e José Vicente Quirante Rives.

LA MENTIROSA è il nuovo e atteso disco di FLO, uscito lo scroso maggio. Il terzo capitolo di un’avventura straordinaria, quella di una cantante di grandissimo talento che si sta imponendo come una delle migliori della sua generazione e che in pochi anni è passata attraverso collaborazioni illustri come quelle con Stefano Bollani, Daniele Sepe, Paolo Fresu, Enrico Rava, Antonio Infantino, Elena Ledda, Lino Cannavacciuolo, Ze Perdigao e Vincenzo Zitello. Nel disco oltre 30 musicisti danno corpo alla vulcanica produzione artistica di Daniele Sepe.

Nella Germania nazista degli anni Trenta, Detlef Sierck realizzò una serie di splendidi e profondi melodrammi, declinazioni del genere non meno 'pure' di quanto saranno i film hollywoodiani che firmerà con il nome di Douglas Sirk. La Habanera, ultimo film tedesco, è il punto culminante di questa prima serie sier-ckiana, sarà il centro del racconto di Goffredo Fofi per la rubrica "Bellezza e bizzarria".

In studio Paolo Isotta, critico musicale e studioso presenta il suo ultimo libro - “Il canto degli animali” con sottotitolo «I nostri fratelli e i loro sentimenti in musica e poesia», un' antologia molto personale tra poesia, letteratura classica e musica. Un viaggio tra le sue passioni da Omero a Borges, da Stravinskij a Bela Bartok". Un volume ricchissimo e colto, denso di riferimenti alla poesia, getta un ponte tra noi e gli animali, che ha presentato pochi giorni, in compagnia di Peppe Barra, per gli incontri in programma nella sezione LETTERATURA del Napoli Teatro Festival, a cura di Silvio Perrella. Inoltre dal 25 al 28 giugno, nella Cappella Pignatelli,sempre nell'ambito del Festival Isotta terrà quattro LECTIONES MAGISTRALIS sui suoi autori musicali favoriti della scuola napoltana del '700 24 giugno 2018

EVENTI

1987/2017 Trent’Anni Uniti

Dettagli evento • Da sabato 30 giugno 2018 a martedì 2 ottobre 2018

• Palazzo Reale - Sala Dorica Allestimento e disallestimento della mostra 1987/2017 Trent’Anni Uniti presso la Sala Dorica di Palazzo Reale di Napoli, compresi realizzazione di pareti in cartongesso, tinteggiatura, montaggio di strutture di supporto all’esposizione, allestimento di una salo proiezione. La mostra testimonia la storia artistica e produttiva di Tetri Uniti nell’ambito del Napoli Teatro Festival 2018.

24 giugno 2018

La donna che sedusse Hitler MARINA CAPPA

Valentina Acca porta in scena Leni Riefenstahl, e poi la ritroveremo nell'Amica geniale

Fra qualche mese, per il grande pubblico Valentina non sarà più una semplice lettera dell’alfabeto – Acca è il suo cognome – ma la co-protagonista di una delle serie più attese, L’amica geniale, diretta da Saverio Costanzo. Ma di quel lavoro che la impegna dallo scorso ottobre e continuerà a girare fino a luglio, per poi probabilmente riprenderlo, come tutte le persone coinvolte non può parlare. Il suo ruolo non è ancora stato svelato, Valentina si limita ad ammettere: «Ho una parte importante, anche se i veri protagonisti sono gli adolescenti e le due ragazze. È una grande esperienza, con un mio sviluppo nel tempo e da attrice assisto al mio invecchiamento: un’emozione strana, perché ovviamente non so come sarò quando invecchierò davvero». 37 anni, nata a Napoli, dove è tornata a vivere dopo un periodo romano, qualche esperienza cinematografica (Pericle il nero la più recente) ma soprattutto molto teatro, per il quale ha ricevuto anche diversi premi: in attesa di invecchiare in tv, Valentina il 24 giugno – al Teatro Sannazzaro, in occasione del Napoli Teatro Festival – è protagonista dello spettacolo (o meglio: mise en espace) Leni, il trionfo della bellezza, progetto di Irene Alison con la collaborazione drammaturgica di Marcello Cotugno. La donna del titolo è Leni Riefenstahl, morta nel 2003 a quasi 101 anni, una delle più grandi cineaste tedesche che però fu anche autrice di opere molto amate dal nazismo per la loro forza propagandistica: Il trionfo della volontà e Olympia, dedicato all’Olimpiade del 1936 e all’esaltazione ariana (salvò poi che Hitler non amò per nulla le inquadrature che sottolineavano la bellezza e forza fisica di Jesse Owens, l’atleta afroamericano che vinse quattro medaglie d’oro). Molto bella, prima di diventare regista attrice di film di montagna e dopo la guerra autrice di documentari in Africa e a Papua, della Riefenstahl si disse anche (ma lei negò sempre) che fosse stata amante di Hitler. Come si svolge lo spettacolo? «È un monologo che prende spunto dall’interrogatorio che Leni subì nel 1945, fine guerra, a Barenkeller. Da qui Leni si inabissa nei ricordi, a ritroso, sviluppando un personaggio ambiguo. Com’era lei: complessa, piena di contraddizioni, una bugiarda». Compromessa con il nazismo, che cosa è stato di lei dopo la guerra? «Tenta di arrivare a Hollywood, ma in America le chiudono tutti la porte. Scrive a Greta Garbo, che sostiene di non aver mai ricevuto le sue lettere, molti registi rifiutano le sue proposte. Solo Walt Disney le dà retta. Insomma, dopo un periodo di grande divismo cade nel dimenticatoio. Anche se continua a lavorare, con una ricerca molto concentrata sulla perfezione estetica, soprattutto come fotografa e autrice di reportage». In scena saranno proiettati frammenti di suoi lavori? «Sì, anche quelli che la videro attrice di film di montagna, dove era spericolatissima. In più è stata anche una danzatrice, come si vede nella Montagna dell’amore in cui lei balla sullo sfondo del mare. Fu in quel film che Hitler la vide e si innamorò di lei». Da attrice, lei come vede il rapporto fra arte e politica? «La domanda che ci si pone è: può un occhio artistico essere innocente? Leni diceva che non aveva mai voluto fare film politici o di propaganda, le interessava di più studiare i meccanismo registici. Ma io penso che lo sguardo di un artista non sia mai innocente: proprio perché scegliamo di narrare una determinata cosa, la nostra diventa una presa di posizione. Non si può essere neutrali». A teatro, in Francamente me ne infischio con cui vinse il premio Ubu come migliore attrice, lei ha interpretato la protagonista di Via col vento: è azzardato un parallelo fra Rossella O’Hara e Leni Riefenstahl? «No, le accomuna la forza, l’intraprendenza, la spregiudicatezza. Sono entrambe personaggi forti, che vogliono essere protagonisti assoluti della propria vita, una meta che inseguo anch’io: non demandare se stessi a qualcun altro, costruire le propria libertà». È per questo che pratica la boxe? «Adesso non più, ma è uno sport che guardo sempre con piacere».

24 giugno 2018

May He Rise and Smell the Fragrance

Coreografia Ali Chahrour interpretazione Hala Omran, Ali Chahrour musica Two or The Dragon (Ali Hout, Abed Kobeissy) drammaturgia Junaid Sarieddeen luci Guillaume Tesson suono Khyam Allami con il sostegno di Institut français du Liban coproduzione fabrik Potsdam con il sostegno di Goethe Institut, AFAC Arab fund for arts and culture collaborazione Houna Center compagnie de théâtre Zoukak, Institut français de Beyrouth, Al Akhbar journal L’orient le jour, Montevideo création contemporaines (Atelier de fabrique artistique), les rencontres à l’échelle Teatro Trianon Viviani 24 giugno ore 21.00 durata 1 ora Il giovane coreografo libanese Ali Chahrour ha fatto scalpore all’ultimo Festival d’Avignon con Fatmeh e Leila’s death, due spettacoli che traggono ispirazione dalla memoria collettiva araba. In un contesto sociale, politico e religioso in cui il corpo è spesso oggetto di censura, Chahrour affronta gli attuali modelli di mascolinità e la superiorità che spesso viene loro attribuita. Con un danzatore, due musicisti e un’attrice, si ispira ai rituali legati al lutto, in cui le donne sono abitualmente destinate alle lamentazioni. Rivisitando tradizioni saldamente ancorate nel mondo arabo, Ali Chahrour indaga nell’archeologia del sensibile, arrivando a cogliere i segreti dell’antica terra della Mesopotamia. Nell’Istituto nazionale di Belle Arti di Beirut, dove Ali Chahrour viene ammesso nel 2008, la “danza drammatica”, l’unica disciplina coreografica presente nelle scuole del Libano, viene insegnata al secondo anno. Ancora studente, Ali Chahrour cerca di diversificare la propria formazione partecipando spesso a stages e ateliers. Durante questo periodo, il giovane danzatore impara a “lottare per creare” e abbozza il suo primo lavoro, Sur les lèvres la neige, un duo in cui si interroga sulla fine dell’amore, che presenta subito dopo il diploma a Beirut e nei Paesi Bassi nel 2011. L’anno dopo crea Danas che “studia la violenza quotidiana subita dal corpo”, primo passo verso un’estetica che decide di costruire, “senza compromessi”, nel contesto sociale, politico, religioso libanese: rifiuto dei corpi formattati della danza contemporanea occidentale a favore di un corpo che “ha dimenticato i grandi racconti del mondo arabo”. Le sue ultime creazioni, Fatmeh, Leila’s death e May he rise and smell the fragrance indagano i riti sciiti e le loro metamorfosi contemporanee. ------

24 giugno 2018

L’anima vera di Mikhail Baryshnikov. Omaggio a Josef Brodsky

Il ritorno di Mikhail Baryshnikov in Italia con il suo spettacolo omaggio a Josef Brodsky -poeta premio Nobel, esule e sodale (a Napoli Teatro Festival il 28 e 29 giugno, al Teatro del Maggio Musicale Fiorentino dal 3 al 5 luglio e alla Fenice di Venezia dal 13 al 15 luglio) – ci offre l’occasione per ricordare, se mai ce ne fosse bisogno, perché siamo di fronte a un artista leggendario. Non tanto per la sua vicenda personale, certo già di per sé appassionante fin dalla defezione dall’Unione Sovietica, nel 1974. Questa la cronaca: durante una tournée del Balletto del Kirov di Leningrado a Toronto, sebbene controllato a vista dagli agenti del KGB, Baryshnikov guadagnò di soppiatto l’uscita artisti del teatro e si infilò in un’auto che lo condusse via. Si favoleggiò che dentro ci fosse la figlia di un eminente politico canadese, affascinata dal danzatore. Chiunque fosse, il ventiseienne ballerino raggiunse così la libertà, terzo per eco mondiale, dopo Rudolf Nureyev e Natalia Makarova. E’ piuttosto proprio la sua personalità artistica, grazie alla quale Baryshnikov ha compiuto una carriera eccezionale, ma anche ha aperto inattese vie di progresso all’arte dell’essere danzatore. Fusione perfetta tra atletismo, tecnica smagliante e inarrivabile souplesse – con un salto felpato e senza peso che letteralmente toglieva il fiato alle platee e giri adamantini, elastici e vorticosi e un legato di rara musicalità. All’inizio il danzatore conquistò nei ruoli classici (anche quelli che al Kirov gli era proibito danzare, dato il suo fisico non sufficientemente nobile ed elegante per i canoni accademici). Quasi subito però si capì che il suo corpo era pronto ad assorbire, elaborare e restituire ben altro- a padroneggiare con uguale maestria danza classica e jazz, contemporaneo e broadway style. A regolare ogni assetto fisico, infatti, c’era un’intelligenza vigile, curiosa, esigente. E totalmente devota all’apprendimento e alla comprensione di cosa il pensiero coreografico avesse saputo generare, in tutti gli stili e estetiche, in due secoli di danza teatrale. Già nei primi quattro anni all’American Ballet Theatre il giovane transfuga aveva creato con Neumeier (Hamlet Connotations) e Jerome Robbins (Other Dances), John Butler ( Medea) e Alvin Ailey ( Pas de Duke). Senza contare Twyla Tharp, che gli aveva confezionato lo strepitoso Push comes to shove, una sorta di extravaganza in cui il Mikhail sembrava squagliarsi come neve al sole e poi rimbalzare come gomma, volteggiare e fendere l’aria nei più eterei dei tour en l’air e improvvisamente atteggiarsi in un inequivocabile gesto dell’ombrello: un inno al ‘take it easy’ e l’ingresso ufficiale di Baryshnikov nel mondo della danza contemporanea tout court. Ma fu quando il ballerino scelse di andare a lavorare con George Balanchine che si capì veramente di cosa era fatta la sua urgenza artistica. La scelta di lasciare l’American Ballet Theatre che l’aveva accolto trionfalmente per lavorare con il leggendario coreografo pietroburghese al New York City Ballet (a paga sindacale e senza ordine gerarchico), con il senno di poi la dice lunga. Facendo così Baryshnikov anteponeva la necessità di ‘conoscenza’ e approfondimento della sua arte a tutto il resto: “ voglio essere uno strumento nelle mani di Mr Balanchine” aveva infatti dichiarato; e Balanchine di ritorno: “sono felice non perché arriva una superstar, ma perché arriva un danzatore.” C’est tout. Ma fu quando il ballerino scelse di andare a lavorare con George Balanchine che si capì veramente di cosa era fatta la sua urgenza artistica. La scelta di lasciare l’American Ballet Theatre che l’aveva accolto trionfalmente per lavorare con il leggendario coreografo pietroburghese al New York City Ballet (a paga sindacale e senza ordine gerarchico), con il senno di poi la dice lunga. Facendo così Baryshnikov anteponeva la necessità di ‘conoscenza’ e approfondimento della sua arte a tutto il resto: “ voglio essere uno strumento nelle mani di Mr Balanchine” aveva infatti dichiarato; e Balanchine di ritorno: “sono felice non perché arriva una superstar, ma perché arriva un danzatore.” C’est tout. Perché di fatto, anche in seguito, quando gradualmente abbandonò la danza classica in purezza e si trasformò in un eccezionale danzatore contemporaneo, si comprendeva che dietro quel movimento sempre nitido, elegante, intelligentemente stilizzato e sinteticamente raffigurante la poetica di ciascun autore interpretato, c’era una straordinaria intelligenza interpretativa e una visione della danza assoluta. E così Baryshnikov ha spaziato per tutto lo spettro della danza di oggi, attraversandolo con quell’incredibile apparente facilità nel generare ogni tipo di movimento, come se fosse solo quello possibile e ‘giusto’ per quella certa danza. Certo il suo legame con l’America, che l’ha adottato totalmente, lo ha trattenuto dall’approfondire la conoscenza con i massimi autori europei del nostro tempo – salvo una piccola felice parentesi con Mats Ek e Bejart- ma sono solo valutazioni minori nel contesto di una lezione artistica straordinaria. La quale, oltre ad avere dimostrato che un danzatore può essere longevo e contribuire all’arte anche in età matura, nel caso di Baryshnikov più di altri si è gradualmente ampliata ad altre esperienze creative. Fin dal 1978 arrivò il cinema con un film ben fatto sulla vita in una grande compagnia di balletto ( Due vite una svolta di Herbert Ross, con Anne Bancroft e Shirley McLaine); poi, in pieno reaganismo, fu interprete del discutibile White Nights, con Isabella Rossellini e il grande tap dancer Gregory Hines, dove però ebbe il merito di lasciarci alcune meravigliose sequenze di danza. Poi la televisione con special vincitori di Emmy (come quello con Liza Minnelli dedicato al musical) e apparizioni in serial cool come Sex & the City, in cui, seducente e ombroso scultore russo, veniva ohimè piantato a Parigi dalla svalvolata Carrie per il futile Mr Big. E anche la fotografia, al punto che i suoi scatti – impressionisti, spesso sciabolate di colore che rendono idea delle dinamiche della danza- sono considerati opere d’arte ed esposti in gallerie d’arte come la Contini di Venezia. Negli ultimi anni è il teatro che però sembra attrarre maggiormente la sua attenzione. Sono sempre progetti sofisticati, calibrati sulla sua personalità ma allo stesso tempo fortemente autoriali per testi, scelte registiche e mises en scene. Ancora palpita nella memoria, visto al Festival di Spoleto sei anni fa, il crespuscolare, malinconico e struggente In Paris del Nobel Ivan Punin in cui, diretto da Dmitry Krymov, Baryshnikov interpretava un generale dell’Armata dello Zar in esilio,solitario e malinconico, che nell’umile grazia di una cameriera ritrovava una speranza di vita. Anche qui a colpire era la sua sobrietà, la capacità di andare all’essenza del personaggio, ed evocare il suo mondo fatto di rimembranze e nostalgie con gesti scarni e voce sommessa. Con Bob Wilson ha virato sul grottesco e il surreale in due pieces ancora legate alla Russia – The Old Woman di Daniil Kharms e Letter to a Man dai diari di Nijinsky. Ma è con Brodsky/Baryshnikov che compie un passo ulteriore nel testimoniare come l’arte, lo afferma spesso, sia il fondamento della sua vita. Perché in questa piéce dedicata alle poesie del Premio Nobel 1984, Baryshnikov ha scelto di rivelarci molto anche della sua anima: attraverso le nostalgie, i rimpianti, i sogni e il gusto per la vita che lo accomunavano al poeta Brodsky, che il destino gli concesse di conoscere a New York e di trasformare nel suo mentore e sostegno, guida culturale e amico fraterno. Un omaggio sentito, intenso, commosso, che diventa anche una chiave per comprendere la personalità segreta di questo artista sommo, affascinante ed elusivo, pronto a deviare dalle strade più facili e inoltrarsi in quelle più ardue e sconnesse. Che non si è fatto relegare ad icona pop e proprio per questo, ancora oggi, a settant’anni suonati è ammirato, amato, rispettato dal pubblico di tutto il mondo, il quale comprende di essere di fronte a un maestro d’arte. Di quelli veri. 24 giugno 2018

24/06/2018 RAI 3 TG3 Chi è di scena

25 giugno 2018 La Cappella di Santa Maria dei Pignatelli a Napoli riapre al pubblico dopo oltre 50 anni

BY: FABIANA BIANCHI

Riapre al pubblico dopo più di 50 anni la Cappella di Santa Maria dei Pignatelli a Napoli, un bellissimo gioiello rinascimentale del centro storico! La Cappella di Santa Maria dei Pignatelli è il primo monumento ad essere stato restaurato dal progetto “Centro Storico di Napoli – Sito UNESCO” che sarà riaperto al pubblico. È un vero e proprio gioiello del centro antico della città ed è rimasta chiusa per più di 50 anni, trasformata addirittura in un deposito abusivo per sedie. Da oggi lunedì 25 giugno 2018, invece, ci sarà nuova vita per la Cappella e alle 18.00 avverrà l’inaugurazione con il Rettore dell’Università Suor Orsola Benincasa, Lucio d’Alessandro, il Sindaco di Napoli, Luigi de Magistris, i fratelli Fabio e Giovanni Pignatelli, il sovrintendente per l’Archeologia, le belle arti ed il paesaggio per il Comune di Napoli, Luciano Garella, il direttore del Museo di Capodimonte, Sylvain Bellenger e i membri del team del Suor Orsola Benincasa, attuale proprietaria. La Cappella di Santa Maria dei Pignatelli si trova presso il Largo Corpo di Napoli ed ospiterà anche la Cattedra permanente di Culture d’Europa Cappella Pignatelli, il cui primo ciclo di lezioni magistrali inizierà proprio un’ora o l’inaugurazione. Le lezioni riguarderanno “Gli splendori della Scuola Musicale Napoletana” e saranno curate da Paolo Isotta. Inoltre, la cappella sarà anche la sede di quattro appuntamenti del Napoli Teatro Festival dedicati al musicista Rossini, eventi che inizieranno alle 19.00 da oggi 25 giugno a giovedì 28 giugno. I lavori di restauro nella Cappelle I lavori sono durati circa 4 anni ed hanno riguardano principalmente gli elementi decorativi interni, la pavimentazione in marmo e quella in cotto e in maioliche. In questo modo, il pubblico potrà nuovamente ammirare i monumenti rinascimentali della famiglia Pignatelli. Durante i lavori è stato anche rinvenuto un affresco del XVI secolo dietro l’altare. La storia e le importanti opere della Cappella I due importanti monumenti funerari sono il sepolcro di Carlo Pignatelli, realizzato dai Malvito nel 1506-07, e la piccola cappella di Caterina Pignatelli, realizzata dallo scultore spagnolo Diego de Silóe nel 1513-14. Nonostante le sue origini trecentesche, è stata rimaneggiata nei secoli e nel ‘700 ha assunto forme barocche che permangono ancora oggi

25 giugno 2018

Napoli Teatro Festival: gli appuntamenti del 26 giugno

Martedì 26 giugno all’undicesima edizione del Napoli Teatro Festival Italia diretto da Ruggero Cappuccio. A dare il via alla programmazione della giornata, la seconda Lectio Magistralis di Paolo Isotta dedicata a Alessandro Scarlatti, il padre delle musica classica (Cappella Pignatelli, ore 19). Al Teatro Sannazaro, per la sezione SportOpera, va in scena Patrizio VS Oliva di Fabio Rocco Oliva con Patrizio Oliva e Rossella Pugliese per la regia di Alfonso Postiglione (ore 21.30). L’Osservatorio del NTFI presenta Terrore e miseria del Terzo Reich di Bertolt Brecht, regia Carlo Cerciello, spettacolo di fine corso degli allievi del Laboratorio Permanente del Teatro Elicantropo (Cortile delle Carrozze di Palazzo Reale, ore 21.30). Alle 21.30 ci si trasferisce in Regione al Duomo di Salerno, con Alessandro Preziosi nella lettura del capolavoro di Melville, Moby Dick (ore 21.30). Replica per Il gatto, dall’omonimo romanzo di Georges Simenon con Alvia Reale ed Elia Schilton per la regia di Roberto Valerio (al Teatro Nuovo, ore 21). Si chiude con l’intrattenimento musicale del Dopofestival, a cura di Massimiliano Sacchi, che porta al NTFI la band Willy Balkan Travel Agency (Giardino Romantico di Palazzo Reale, ore 23.00). Alle ore 19, nella Cappella Pignatelli, la seconda Lectio Magistralis del ciclo di appuntamenti dedicati alla Scuola Musicale Napoletana da Paolo Isotta. Alessandro Scarlatti, il padre delle musica classica, dedicato al capostipite della Scuola Napoletana, lo storico della musica spiega: “il suo più grande studioso, Edward Dent, già all’inizio del Novecento, dettò la sentenza memorabile: Scarlatti non è il fondatore della Scuola Napoletana, è il Padre della Musica Classica. Infatti egli fonda in senso stilistico ed estetico il Classico. Senza di lui non vi sarebbero Haydn e Mozart”. L’incontro è a ingresso gratuito. ll servizio di prenotazione è gestito dall’Università Suor Orsola Benincasa. Basta inviare una email all’indirizzo [email protected] indicando il proprio nome, un recapito telefonico ed il giorno scelto. Alle 21.30, si riprende con SportOpera, la rassegna che coniuga arte e sport, che presenta lo spettacolo Patrizio vs Oliva, tratto da Sparviero-la mia storia di Patrizio Oliva e Fabio Rocco Oliva, edito da Sperling&Kupfer. Il lavoro teatrale è scritto da Fabio Rocco Oliva, interpretato da Patrizio Oliva e Rossella Pugliese, per la regia di Alfonso Postiglione. Nel ring aperto del teatro, la storia del campione di boxe diventa la vicenda di un semidio, la cui strada verso la vittoria è segnata da un destino già scritto: “Ananke – si legge in una nota di regia – per gli antichi greci Dea pre-olimpica del Fato, della Necessità dell’agire umano, era definita da Omero la “necessità di combattere”. Patrizio Oliva è stato uno dei più grandi pugili della boxe italiana. Scorrendo la sua vita appare evidente come sia stata una qualche Ananke a seguirlo da vicino e le sue fatiche sportive ci ricordano le gesta di un semidio. La sua determinazione a prendere a pugni, più che gli avversari, le ferite della vita, hanno reso la sua parabola sportiva ineluttabile: titoli italiani, oro olimpico, titolo europeo, titolo mondiale…”. Spazio scenico a cura di Daniele Stella; i costumi di Giuseppe Avallone; disegni e illustrazioni di Daniele Bigliardo; musiche Stefano Gargiulo. Sempre alle 21.30, per l’Osservatorio del NTFI, è previsto lo spettacolo degli allievi del II e III anno del Laboratorio Permanente del Teatro Elicantropo, che portano in scena Terrore e Miseria del Terzo Reich di Bertolt Brecht, per la regia di Carlo Cerciello. L’opera rivela un Brecht che non disdegna personaggi e situazioni tipiche del teatro borghese, purché vadano a rinfocolare nei pubblici di tutto il mondo l’odio per il nazismo: “24 scene – si legge in una nota di regia – è il sottotitolo del testo, di cui, le prime ventitré, non sono che documenti di disfatta. Le più sono a carattere di flash, di rapidi scorci, le altre più diffuse e discorsive, a volte perfino verbose, come si conviene alla borghesia medio-piccola nelle sue varie sfaccettature sociologiche. Intellettuali, scienziati, medici, giudici come anche operai, bottegai, domestici, soldati, la paura contagia tutti, colpisce ovunque, ma Brecht intende giungere a quel “no” finale, che al di là di una debolissima traccia di riscatto, appare piuttosto un monito e una speranza per le generazioni a venire”. Quest’opera segna una crisi sofferta, ma costruttiva dell’autore tedesco nei confronti della forma epica. La messinscena trasporta il pubblico “in un luogo della memoria, dove quel terrore e quella miseria sono formalmente congelate in un contenitore, dove morte e spettacolo si fondono in un mortale circo- cabaret. È affidato al prologo, non casualmente, di marca italiana, di un Petrolini-Gastone-Nerone, ormai morente, il compito di introdurci ai siparietti-girone di questa infernale e grottesca messa in scena di regime, e ad una Pasionaria-Dietrich il “no”, che ancora oggi non abbiamo imparato a pronunciare”. Musiche di Paolo Coletta e scene di Roberto Crea. Sempre alle 21.30, il NTFI si trasferisce al Duomo di Salerno, dove va in scena Moby Dick, una lettura di Alessandro Preziosi, per la drammaturgia di Tommaso Mattei, accompagnata nell’interpretazione dai live electronics di Paky De Maio. Il capolavoro di Melville, che racconta la storia dell’irriducibile capitano Achab, impegnato nella fatale caccia alla balena bianca, ha affascinato generazioni di lettori e continua ancora a farlo. L’oceano, con la sua forza oscura e immensa, è il campo di battaglia, mentre la potente balena bianca è l’ancestrale nemico da sconfiggere, simbolo di tutte le paure, le angosce e le ossessioni capaci di abbattere lo spirito. “Ma se Moby Dick – si legge in una nota dell’attore – rischia di sembrare ad una prima scorsa un libro cupo e disperato, l’obiettivo del recital è un percorso da fare con lo spettatore alla ricerca invece di un messaggio di speranza. L’adattamento è così tutto rivolto a riscoprire quella vena aurea, luminosa che scorre nel sottosuolo della magistrale opera di Melville”. Preziosi, al fianco di Achab, accompagna lo spettatore in questo viaggio fino agli abissi dell’animo umano, aiutandolo a decifrare il labirinto di avventure, simboli e filosofie che ne hanno fatto un moderno mito. La serata si chiude alle 23.00 nel Giardino Romantico di Palazzo Reale, con il Dopofestival, che propone il concerto della band Willy Balkan Travel Agency.

25 giugno 2018

In palestra ci si sfida, ci si confronta soprattutto con se stessi ma, inevitabilmente, anche con gli altri. Su questa competizione nasce l’idea di Un poyo rojo, spettacolo di teatro danza presentato alla Sala Assoli del teatro Nuovo per il Napoli Teatro Festival. Un poyo rojo, produzione argentina, messa in scena e disegno luci di Hermes Gaido con Alfonso Barón e Luciano Rosso, coreografie di Luciano Rosso e Nicolás Poggi, quest’anno ha celebrato i suoi dieci anni ma non risente affatto di stanchezza e ripetitività perché vive sulla grande maestria interpretativa dei due protagonisti e sulla loro capacità di improvvisare e di essere sempre attuali. La pièce nasce con Luciano Rosso e Nicolàs Poggi, un po’ come racconto di esperienze personali, con l’arrivo di Alfonso Barón si rinnova e si estende ad una visione universalistica delle relazioni umane. In una palestra, davanti ai classici armadietti metallici ed una panca di legno, due uomini si asciugano il sudore, si dissetano, si allungano i muscoli con lo stretching, si sfidano in un continuo “contest” coreografico in cui attraversano tutti i registri del possibile linguaggio corporeo. Danza contemporanea, balletto, arti marziali, danze di carattere e balli lisci, box, nuoto, burlesque, acrobatica, clownerie e mimo, sono amalgamati con una maestria davvero inedita in un piacevolissimo gioco di imitazione, superamento e seduzione. Gradualmente infatti il gioco tra i due diventa sempre più ammiccante e seduttivo soprattutto da parte del personaggio interpretato da Luciano Rosso, danzattore di straordinaria capacità mimica, nei confronti della “preda” Alfonso Barón. Si tratta di una dinamica erotica che, a nostro avviso, raccontando della nascita di una relazione gay, apre la visione sui rapporti umani in senso più ampio, incentrati spesso su scontri ed esercizi di potere di un individuo sull’altro, come due galli da combattimento che si sfidano con tutti gli espedienti possibili, fino alla conquista dell’altro. Il pubblico è stato letteralmente conquistato dalla bravura degli interpreti e dall’abilità con cui la regia porta ad una continua innovazione delle improvvisazioni guidate, tra l’altro, dall’utilizzo di una radio dal vivo da cui possono irradiarsi voci e brani musicali all’impronta, che provocano reazioni o disinteresse negli interpreti. Poyo rojo è uno spettacolo di teatro fisico, di danza, che ha girato nei principali festival europei, da Edimburgo ad Avignone, e che è in tournee in Europa e in America ancora per un lunghissimo numero di repliche.

Roberta Albano

25 giugno 2018

Au temps où les arabes dansaient

ideazione e coreografia Radhouane El Meddeb con Youness Aboulakoul, Philippe Lebhar, Rémi Leblanc-Messager, Arthur Perole collaborazione artistica Moustapha Ziane scenografia Annie Tolleter light design Xavier Lazarini sound design Stéphane Gombert video Cécile Perraut in collaborazione con Feriel Ben Mahmoud direzione tecnica Xavier Lazarini amministrazione e produzione Thomas Godlewski produzione e distribuzione Gerco de Vroeg produzione La Compagnie de SOI in coproduzione con CENTQUATRE-PARIS, le Centre Chorégraphique National de Montpellier Languedoc- Roussillon programme résidences, Centre de Développement Chorégraphique Toulouse / Midi-Pyrénées accueil en résidence, la Filature Scène nationale de Mulhouse, la Ferme du Buisson Scène nationale de Marne la Vallée, le WIP Villette. con il sostegno alla produzione di Arcadi Île-de-France e il sostegno alla creazione di DRAC Île-de-France, la Fondation Beaumarchais et le Centre National du Théâtre Radhouane El Meddeb è artista associato di CENTQUATRE-PARIS. La compagnia SOI è sovvenzionata da DRAC Île-de-France / ministère de la Culture et de la Communication au titre de l’Aide aux Compagnies chorégraphiques.

Teatro Trianon Viviani 27 giugno ore 21.00 durata 1 ora 25 giugno 2018

WIlly Balkan's Travel Agency Live at Napoli Teatro Festival

Willy Balkan's Travel Agency Live

Dopofestival del Napoli Teatro Festival martedì 26 giugno 2018 Giardino Romantico di Palazzo Reale, Napoli Ingresso 2 € (gratis per i possessori di un biglietto del Teatro Festival)

I Willy Balkan’s Travel Agency reinterpretano brani tradizionali e non dell’area balcanica, prediligendo i ritmi dispari propri della regione che si estende dal mare Adriatico allo stretto dei Dardanelli e proponendo un repertorio che spazia dalla musica bulgara a quella macedone, da quella turca a quella serba e ungherese. Da sempre appassionati di questa musica, guardano a est per cercare di superare il confine geografico, ma soprattutto mentale che separa l’Europa occidentale da quella orientale. Provenienti da esperienze musicali diverse, hanno trovato un terreno comune nella voglia di suonare e diffondere il vivissimo folklore che si è prodotto e stratificato durante secoli di scontri e incontri di diverse culture: quella slava e quella greca, quella turca e quella gitana. Il trombettista Charles Ferris ha viaggiato a lungo nei Balcani, studiando tra gli altri con “King” Naat Veilov della Kočani Orkestar. Il percussionista Luca Cioffi ha suonato a lungo con l’ensemble di musica greca Evi Evàn ed ha approfondito lo studio delle tabla con il maestro Pandit Shanka Chatterjee. Il violinista Riccardo Villari e il bassista Vincenzo Lamagna militano, tra le altre formazioni, negli Slivovitz, band di riferimento per quanto riguarda le contaminazioni tra musica etnica, funk e jazz. 25 giugno 2018

1987 / 2017 Trent'Anni Uniti

1987 / 2017 TRENT’ANNI UNITI Napoli, Palazzo Reale – Sala Dorica Inaugurazione 30 giugno 2018 ore 18,30 Dal 1 luglio al 2 ottobre 2018

Durante il Napoli Teatro Festival (1> 7 luglio) 9,00-21.30 Dal 8 luglio al 2 ottobre 2018 9,00- 19,00 Ingresso libero Chiuso il mercoledì

La mostra è’ realizzata da SCABEC spa, FONDAZIONE CAMPANIA DEI FESTIVAL e TEATRI UNITI Curatela Maria Savarese; coordinamento scientifico Laura Ricciardi per l’Archivio di Teatri Uniti

Teatri Uniti nasce a Napoli nel 1987, dall’unione di Falso Movimento, Teatro dei Mutamenti e Teatro Studio di Caserta, tre formazioni che dalla seconda metà degli anni Settanta avevano profondamente caratterizzato il panorama teatrale, con produzioni acclamate in Europa e negli Stati Uniti. Intorno ai tre registi fondatori Mario Martone, Toni Servillo e il compianto Antonio Neiwiller, Teatri Uniti si configura come un laboratorio permanente per la produzione e lo studio dell’arte scenica contemporanea. Intrecciando in maniera innovativa il linguaggio propriamente teatrale con quello della musica, delle arti visive, del cinema e dei nuovi media, sono stati realizzati allestimenti di testi classici e contemporanei sui più prestigiosi palcoscenici di quattro continenti, con l’affermarsi di individualità di spicco come Licia Maglietta e Andrea Renzi e la partecipazione di numerose altre personalità artistiche. Teatri Uniti ha prodotto inoltre alcuni significativi film indipendenti, spesso opere d’esordio di importanti autori e interpreti, premiati nei principali festival internazionali. La mostra intende testimoniare la dimensione plurale di Teatri Uniti e la sua natura di casa artistica e produttiva dalle porte aperte, transito di fecondi sodalizi e di incroci creativi, profondamente radicato sul territorio della Regione Campania e capace di diffonderne la cultura nel mondo. 25 giugno 2018

Si nota all'imbrunire (solitudine da paese spopolato) di Lucia Calamaro con Silvio Orlando e con (in ordine alfabetico) Riccardo Goretti, Roberto Nobile, Alice Redini, Maria Laura Rondanini scene Roberto Crea costumi Ornella e Marina Campanale luci Umile Vainieri regia Lucia Calamaro produzione Cardellino srl in coproduzione con Teatro Stabile dell’Umbria in collaborazione con Fondazione Campania dei Festival – Napoli Teatro Festival Italia Spettacolo presentato nell'ambito del protocollo d'intesa tra Napoli Teatro Festival Italia e Festival dei Due Mondi di Spoleto. Teatro San Ferdinando 30 giugno ore 20.00 1 luglio ore 21.00 durata 2 ore I figli Alice, Riccardo e Maria sono arrivati la sera prima. Il fratello maggiore Roberto anche. Un fine settimana nella casa di campagna di Silvio, all’inizio del villaggio spopolato dove vive da solo da tre anni. Silvio ha acquisito, nella solitudine, un buon numero di manie, la più grave di tutte: non vuole più camminare. Non si vuole alzare. Vuole stare e vivere seduto il più possibile. E da solo. Si tratta, per i figli che finora non se ne erano preoccupati troppo, di decidere che fare, come occuparsene, come smuoverlo da questa posizione intristente e radicale. Emergono qua e là empatie e distanze tra due generazioni di fratelli. Rese dei conti, mutua noia ma nonostante tutto fratellanza come si può, per quel che vale, in generale meno, abbastanza meno di quello che ognuno vorrebbe. Vengono per la messa dei dieci anni dalla morte della madre… C’è da commemorare, da dire, da concertare discorsi. Certo è che, preda del suo isolamento, nella testa di Silvio si installa una certa confusione tra desideri e realtà, senza nessuno che lo smentisca nel quotidiano, la vita può essere esattamente come uno decide che sia. Fino a un certo punto. «Questo spettacolo, – scrive Lucia Calamaro nelle note – che ha trovato nella figura del padre un interprete per me al tempo insperato e meraviglioso: Silvio Orlando, trova le sue radici in una piaga, una maledizione, una patologia specifica del nostro tempo che io, personalmente, ho conosciuto anche troppo. La socio-psicologia le ha dato un nome: “SOLITUDINE SOCIALE”. Sembra che uccida di più dell’obesità. A mettere in luce i rischi di questa situazione sono stati due studi presentati al 125° incontro annuale dell’American Psychological Association (APA). Essere isolati dalla società è un male oscuro e insidioso. Tutti noi infatti, in quanto esseri umani, abbiamo bisogno del contatto con gli altri, un bisogno che ci permette di sopravvivere. La preoccupazione insorge ancora di più se si pensa che questo tipo di “solitudine estrema” si sta espandendo e continuerà a crescere nei prossimi anni dato che aumenta l’aspettativa di vita della popolazione e le persone anziane sono sempre più numerose. Secondo gli esperti potremmo trovarci alle prese, e non solo nei paesi più ricchi, con un’epidemia di solitudine. Diffusa oramai anche tra i giovani. Silvio Orlando è, secondo me, un attore unico. Capace di scatenare per la sua resa assoluta al palco, le empatie di ogni spettatore, e con le sue corde squisitamente tragicomiche, di suscitare riquestionamenti, emozioni ed azioni nel suo pubblico. E insieme ci piace pensare che gli spettatori, grazie a un potenziale smottamento dell’animo dovuto speriamo a questo spettacolo, magari la sera stessa all’uscita, o magari l’indomani, chiameranno di nuovo quel padre, quella madre, quel fratello, lontano parente o amico oramai isolatosi e lo andranno a trovare, per farlo uscire di casa. O per fargli solamente un po’ di compagnia».

25 giugno 2018 Alessandro Preziosi nella lettura di

Moby Dick al Duomo di Salerno

Martedì 26 giugno l’undicesima edizione del Napoli Teatro Festival Italia diretto da Ruggero Cappuccio, alle 21.30 si trasferisce al Duomo di Salerno, con Alessandro Preziosi protagonista della lettura del capolavoro di Herman Melville, Moby Dick. L’attore e regista affronta la storia dell’irriducibile capitano Achab, impegnato nella fatale caccia alla balena bianca nella lettura che, per la drammaturgia di Tommaso Mattei, è accompagnata dai live electronics di Paky De Maio.

Scritto nel 1851 e pubblicato in Italia per la prima volta nel 1932, grazie alla stupenda traduzione di Cesare Pavese, il libro di Melville è uno di quei titoli che lascia il segno. Un racconto che ha affascinato generazioni di lettori e continua ancora a farlo. Si tratta infatti non di certo solo di una cronaca enciclopedica della quotidianità delle baleniere, ma soprattutto un racconto dell’epica e infinita lotta dell’uomo contro i suoi mostri. L’oceano, con la sua forza oscura e immensa, è il campo di battaglia, mentre la potente balena bianca è l’ancestrale nemico da sconfiggere, simbolo di tutte le paure, le angosce e le ossessioni capaci di abbattere lo spirito. “Ma se Moby Dick rischia di sembrare ad una prima scorsa un libro cupo e disperato – sottolinea Alessandro Preziosi - , l’obiettivo del recital è un percorso da fare con lo spettatore alla ricerca invece di un messaggio di speranza. L’adattamento è così tutto rivolto a riscoprire quella vena aurea, luminosa che scorre nel sottosuolo della magistrale opera di Melville e che caratterizza buona parte della letteratura moderna: la vena di quei profeti che prima e meglio di tutti hanno intravisto un barlume di Vero nelle profondità dell’uomo e del suo Mistero sulla Terra. Herman Melville è stato un profeta, e Moby Dick rappresenta il suo maggiore testamento, un racconto nel quale altri racconti confluiscono come correnti nell’oceano”. La lettura di Alessandro Preziosi accompagnato dal live electronics di Paky De Maio ha l’intento di far comprendere appieno la tensione cognitiva della condizione umana, nel descrivere in modo incomparabile l’eterno rimpianto e allo stesso tempo l’incurabile struggimento che ognuno di noi spinge sempre avanti, sempre altrove. “La primavera esistenziale – aggiunge Preziosi - che nel quotidiano sfugge di continuo, i rari, preziosi momenti in cui possediamo una visione, la lotta strenua per conservarne il ricordo nella spasmodica ricerca del porto dove il Male finalmente ci darà tregua”. Alessandro Preziosi, al fianco di Achab, accompagna lo spettatore in questo viaggio fino agli abissi dell’animo umano, aiutandolo a decifrare il labirinto di avventure, simboli e filosofie che ne hanno fatto un moderno mito.

25 giugno 2018 Il dialogo? L’abbiamo sostituito con il comunicato

NAPOLI – È singolare che nel 1956, appena un anno prima di ricevere quel Premio Nobel che gli diede il massimo della visibilità e della riconoscibilità, Camus abbia pubblicato un romanzo, «La caduta», che costituisce, insieme con «Lo straniero», il massimo dell’ambiguità che lo connota come uomo e come scrittore. Ho fatto innanzitutto questa considerazione mentre, nel giardino dell’Istituto Francese, assistevo alla prima parte di «Una serata con Albert Camus», il progetto di Renato Carpentieri presentato nell’ambito del Napoli Teatro Festival Italia e basato sugli adattamenti de «La caduta», per l’appunto, e de «Il malinteso». E altrettanto immediatamente mi son detto che, nel merito, forse bisogna riandare al Camus del saggio «Il mito di Sisifo». Chi è il personaggio protagonista de «La caduta», questo Jean-Baptiste Clamence che, dopo una brillante carriera d’avvocato a Parigi, abbandona tutto, si ritira ad Amsterdam come un recluso e adesso rovescia sull’anonimo avventore di un lurido bar, il Mexico-City, l’intero campionario approntato dal veleno della sua cattiva coscienza? Sarebbe troppo facile dire che si tratta di un uomo che s’è reso conto della sua colpa, quella di aver speso la vita nella falsità, e la confessa. In realtà, egli mette in campo una strategia tanto nascosta quanto decisa, che intende contagiare chi lo ascolta con lo stesso virus, appunto il virus della cattiva coscienza, che ha preso dimora dentro di lui. Per riassumere, Jean-Baptiste Clamence vuole che anche gli altri confessino la propria ipocrisia, e così, in breve, si libera del peso che gli grava sull’anima e sul cervello scaricandolo sul prossimo. Ma occorre chiedersi: nel mettere in atto questa strategia Clamence è veramente sincero? E occorre considerare, di conseguenza, le varie risposte che a tale interrogativo hanno dato i principali fra gli studiosi di Camus. C’è chi ha paragonato quel personaggio a un Tartufo moderno, che si presenta come un mostro per meglio esercitare il potere. C’è chi lo ha interpretato come il «portatore» di una satira contro il filosofo esistenzialista, giusta la rottura fra Camus e Sartre. E c’è, infine, chi ha visto in Clamence un commediante vero e proprio, in linea con la battuta relativa al motto della sua casa di Amsterdam («Non fidatevi») e la scritta sui suoi biglietti da visita («Jean-Baptiste Clamence, attore»). Ebbene, proprio quest’ultima interpretazione rimanda, e con ben altre implicazioni, a «Il mito di Sisifo», opera, per suo conto, di non meno difficile lettura. L’assioma posto da Camus in quel saggio è che, dal momento che la vita è assurda, non resta che darsi ad attività che siano ugualmente assurde: come, per l’appunto, quella dell’attore, il quale sa benissimo che ciò che fa non è serio, ma lo fa proprio perché è l’unico modo di sentirsi vivo, ovvero parte integrante di un universo che a sua volta non è serio. Forse abbiamo capito, allora, perché un attore come Renato Carpentieri ha scelto un testo quale «La caduta». Lui stesso, per tanti anni, è stato la «vox clamans in deserto» a cui allude il nome del personaggio di Camus. E adesso, dopo aver vinto il David di Donatello, si sente, fatte le debite proporzioni, nella medesima posizione in cui si sentì Camus dopo aver vinto il Nobel. In altri termini, leggo nella proposta di Carpentieri lo stesso appello circa il ruolo e la responsabilità dell’artista nell’ambito della società che lanciò Camus col discorso pronunciato, giusto, nel ricevere il Nobel. Siamo, insomma, di fronte a un esempio eccellente di sottolineatura per contrasto. Carpentieri riafferma il primato della comunicazione significante e dello stile espressivo fondante proprio nel momento in cui porta in scena un testo da cui si effonde il nichilismo teorizzato da «Il mito di Sisifo» e che riscontriamo – vedi, per intenderci, le battute: «L’essenziale è poter andare in collera senza che l’altro abbia il diritto di rispondere» e «Al dialogo abbiamo sostituito il comunicato» – nelle pratiche sociali e culturali di oggi. È per questo, dunque, che non ho bisogno di dire che Renato Carpentieri, nell’occasione adeguatamente affiancato dal violoncello di Federico Odling, è come al solito bravissimo. Con «Una serata con Albert Camus» – l’unica cosa, per contro, davvero seria che ho visto finora del Napoli Teatro Festival Italia – stabilisce, oltretutto, una continuità ideale con «Museum», la meritoria rassegna da lui organizzata insieme con Lello Serao e che, basata proprio sull’interscambio fra la letteratura e il teatro, finì perché, colpevolmente, le furono negati i fondi per poter proseguire. Enrico Fiore

25 giugno 2018 Sei Personaggi in cerca di farsa. Con problemi di prostata

NAPOLI – Avevo appena (per l’esattezza ventitré giorni fa) manifestato tutto il mio sconcerto e tutta la mia irritazione per «Sei. E dunque, perché si fa meraviglia di noi?», la cervellotica rivisitazione di «Sei personaggi in cerca d’autore» presentata da Roberto Latini a Castrovillari nell’ambito del festival «Primavera dei Teatri», che sono costretto a ripetermi – aggiungendo allo sconcerto e all’irritazione un rammarico persino doloroso – di fronte a «Sei», l’adattamento del capolavoro pirandelliano presentato dalla compagnia Scimone-Sframeli nell’ambito del Napoli Teatro Festival Italia. Tralascio ogni considerazione sul fatto evidente che i teatranti sempre più spesso si copiano fra loro, addirittura a partire dal titolo delle messinscene: è un fatto che costituisce un’ulteriore riprova dello stato comatoso in cui continua a versare il teatro, ad onta delle chiacchiere trionfalistiche e ormai semplicemente ridicole degli addetti ai lavori. E passo subito ad illustrare, brevemente, in che cosa consiste lo spettacolo in scena ancora oggi al San Ferdinando. L’intento, palese e dichiaratissimo, è quello di ridurre «Sei personaggi in cerca d’autore» a una farsa. Infatti, si comincia, si prosegue e si finisce nel segno dell’ipertrofia della prostata che affligge il tecnico delle luci. Nella prima scena gli attori che stanno provando restano improvvisamente al buio e quel tecnico non interviene perché, come sempre più spesso accade, è chiuso nel bagno. Nella scena che si svolge in casa di Madama Pace il Padre non può andare in bagno perché, appunto, ci sta chiuso il tecnico delle luci. E nella scena conclusiva compare, al posto dei Personaggi richiamati da Pirandello «come forme trasognate», il tecnico delle luci che si richiude la patta dei pantaloni. Il tutto viene condito con le battute del Capocomico: «Un fatto del genere è impensabile e nella storia del teatro non s’è mai verificato!» e «Nessuna compagnia, in teatro, è rimasta al buio per colpa della prostata di un tecnico». Mentre, a salvarsi l’anima (leggi: a dare al copione una parvenza d’impegno e di collegamento con l’attualità), provvedono le battute iniziali circa la paura che quello spettacolo in prova non riuscirà mai a debuttare e le frecciatine contro le cassandre che insistono a dire che la professione dell’attore «non la considera più nessuno» (anzi, precisa il Secondo Attore, «non la caga più nessuno») e che il teatro è «inutile» perché è «morto». Con l’annessa arringa del Capocomico in chiave di mistica del teatro: «Voi non siete inutili, non siete degli esseri inutili, voi attori il teatro non lo dovete mai abbandonare, anche se vi vogliono cacciare voi attori dal teatro non ve ne dovete mai andare, perché senza di voi la commedia non si può fare, non si potrà mai fare». Il resto – e si capisce, in stridente contrasto con tutto quanto sopra – è occupato da una selezione dei passi capitali del testo di Pirandello, il cui plot, a causa dei drastici tagli apportati al testo medesimo (lo spettacolo dura solo un’ora e venti minuti), risulta pressoché incomprensibile a chi non lo conosca. Né, è proprio il caso di dire, accende lumi la recitazione degl’interpreti in campo: a cominciare da Spiro Scimone (il Capocomico) e Francesco Sframeli (il Padre), manifestamente a disagio (è il loro primo Pirandello) nel rendere una scrittura lontanissima dalla propria, per finire ai comprimari, tutti penalizzati da non meno evidenti cadenze siciliane e, soprattutto, da paralizzanti carenze tecniche. Senza contare la regia (vogliamo dire evanescente, per usare un caritatevole eufemismo?) dello stesso Sframeli. Insomma, mi tocca porre di nuovo l’interrogativo che già ho posto a proposito del «Pericle, principe di Tiro» di Donnellan: perché? Perché Spiro Scimone e Francesco Sframeli si son dati, con questo pateracchio (messo in piedi, nientemeno, dallo Stabile di Torino, dal Biondo di Palermo e dal Théâtre Garonne-Scène Européenne Toulouse), a gettare fango sulla loro storia preziosa e sul loro impareggiabile teatro che mescola Ionesco, Beckett e Pinter con l’indifesa e tuttavia impavida poesia della nostra più carnale quotidianità? Mi cadono le braccia. Giacché ho ancora negli occhi (e assai difficilmente riuscirò a dimenticarlo) lo splendido «Amore» che nel marzo di due anni fa corsi a vedere ad Arcavacata, nel Teatro Auditorium dell’Università della Calabria, con un viaggio massacrante ma che poi benedissi. 25 giugno 2018

Salerno: Napoli Teatro Festival Italia, Alessandro Preziosi nella lettura di Moby Dick al Duomo

Martedì 26 giugno l’undicesima edizione del Napoli Teatro Festival Italia diretto da Ruggero Cappuccio, alle 21.30 si trasferisce al Duomo di Salerno, con Alessandro Preziosi protagonista della lettura del capolavoro di Herman Melville, Moby Dick. L’attore e regista affronta la storia dell’irriducibile capitano Achab, impegnato nella fatale caccia alla balena bianca nella lettura che, per la drammaturgia di Tommaso Mattei, è accompagnata dai live electronics di Paky De Maio. Scritto nel 1851 e pubblicato in Italia per la prima volta nel 1932, grazie alla stupenda traduzione di Cesare Pavese, il libro di Melville è uno di quei titoli che lascia il segno. Un racconto che ha affascinato generazioni di lettori e continua ancora a farlo. Si tratta infatti non di certo solo di una cronaca enciclopedica della quotidianità delle baleniere, ma soprattutto un racconto dell’epica e infinita lotta dell’uomo contro i suoi mostri. L’oceano, con la sua forza oscura e immensa, è il campo di battaglia, mentre la potente balena bianca è l’ancestrale nemico da sconfiggere, simbolo di tutte le paure, le angosce e le ossessioni capaci di abbattere lo spirito. “Ma se Moby Dick rischia di sembrare ad una prima scorsa un libro cupo e disperato – sottolinea Alessandro Preziosi – , l’obiettivo del recital è un percorso da fare con lo spettatore alla ricerca invece di un messaggio di speranza. L’adattamento è così tutto rivolto a riscoprire quella vena aurea, luminosa che scorre nel sottosuolo della magistrale opera di Melville e che caratterizza buona parte della letteratura moderna: la vena di quei profeti che prima e meglio di tutti hanno intravisto un barlume di Vero nelle profondità dell’uomo e del suo Mistero sulla Terra. Herman Melville è stato un profeta, e Moby Dick rappresenta il suo maggiore testamento, un racconto nel quale altri racconti confluiscono come correnti nell’oceano”. La lettura di Alessandro Preziosi accompagnato dal live electronics di Paky De Maio ha l’intento di far comprendere appieno la tensione cognitiva della condizione umana, nel descrivere in modo incomparabile l’eterno rimpianto e allo stesso tempo l’incurabile struggimento che ognuno di noi spinge sempre avanti, sempre altrove. “La primavera esistenziale – aggiunge Preziosi – che nel quotidiano sfugge di continuo, i rari, preziosi momenti in cui possediamo una visione, la lotta strenua per conservarne il ricordo nella spasmodica ricerca del porto dove il Male finalmente ci darà tregua”. Alessandro Preziosi, al fianco di Achab, accompagna lo spettatore in questo viaggio fino agli abissi dell’animo umano, aiutandolo a decifrare il labirinto di avventure, simboli e filosofie che ne hanno fatto un moderno mito.

ECOMY.IT

25 giugno 2018

Teatro, Preziosi al Duomo di Salerno con Moby Dick

Con Alessandro Preziosi protagonista della lettura del capolavoro di Herman Melville, Moby Dick, il Napoli Teatro Festival Italia diretto da Ruggero Cappuccio si trasferisce domani al Duomo di Salerno (ore 21,30). L’attore e regista affronta la storia dell’irriducibile capitano Achab, impegnato nella fatale caccia alla balena bianca nella lettura che, per la drammaturgia di Tommaso Mattei, è accompagnata dai live electronics di Paky De Maio. “Ma se Moby Dick rischia di sembrare ad una prima scorsa un libro cupo e disperato – sottolinea Alessandro Preziosi – l’obiettivo del recital è un percorso da fare con lo spettatore alla ricerca invece di un messaggio di speranza. L’adattamento è così tutto rivolto a riscoprire quella vena aurea, luminosa che scorre nel sottosuolo della magistrale opera di Melville e che caratterizza buona parte della letteratura moderna: la vena di quei profeti che prima e meglio di tutti hanno intravisto un barlume di Vero nelle profondità dell’uomo e del suo Mistero sulla Terra. Herman Melville è stato un profeta, e Moby Dick rappresenta il suo maggiore testamento, un racconto nel quale altri racconti confluiscono come correnti nell’oceano”. Nella lettura Alessandro Preziosi è accompagnato dal live electronics di Paky De Maio.

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25 giugno 2018

• MAR CELLO A FFU SO MARCELLO AFFUSO

“Sei”, da Pirandello a Spiro Scimone al NTF

Era il 1921 quando Luigi Pirandello scioccò la platea del Teatro Valle di Roma con una commedia anomala, assurda, che superava l’idea stessa di avanguardia. La scontro dialettico tra personaggi e attori, con conseguente rottura della quarta parete, confuse il pubblico che non era abituato ad operazioni simili. Sono passati quasi cento anni, ma la sensazione di stupore che questa drammaturgia metateatrale così ricca di spunti è in grado di regalare non è mutata. Cambiano gli interpreti, le compagnie e i palcoscenici ma la profondità del teatro è tale da potervi ancora attingere, e ancora, e ancora. Un’ulteriore conferma si è avuta ieri sera al Teatro San Ferdinando di Napoli dove la Compagnia Scimone Sframeli ha debuttato, per il Napoli Teatro Festival, con “Sei”, adattamento leggermente ridotto della prima opera teatrale dell’autore de “Il fu Mattia Pascal”. L’intento è chiaro fin dalla prima scena. Spiro Scimone e il registra Francesco Sframeli hanno fuso il linguaggio pirandelliano con il loro, così da dare nuova linfa al testo e alla sua conseguente riproposizione scenica. L’impianto drammaturgico non ne è risultato particolarmente intaccato, i (pochi) cambiamenti sono stati funzionali ad una maggiore comprensibilità e attualizzazione delle situazioni e dei personaggi. “Sei”, una regia di Francesco Sframeli Elemento cardine della famosissima commedia è il teatro, visto nella sua interezza ma nel contempo analizzato frammento dopo frammento. Il rapporto tra i personaggi e gli attori è sicuramente uno dei passaggi più interessanti. Pirandello si domanda se sia effettivamente possibile mettere in scena una qualsiasi dramma data la dicotomia che sussiste tra il personaggio e chi lo interpreta. L’ego, il carattere, la formazione dell’attore modifica inevitabilmente i tratti dei personaggi che spesso nascono dalla penna di autori diversi dal drammaturgo della compagnia. Essi però non possono vivere se non attraverso quello scambio di abiti da cui dipende la loro sopravvivenza ad di là della storia in cui sono intrappolati e che a cui vorrebbero disperatamente dar voce. In questa diatriba senza reale via d’uscita se nell’inevitabile compromesso, entra in gioco l’autore – che i personaggi di Pirandello cercavano con ansia – che, a sua volta, si arroga il diretto di apportare tutte le modifiche necessarie per realizzare uno spettacolo che lo rispecchi e che piaccia al suo pubblico. La compagnia Scimone Sframeli, come Luigi Pirandello nel 1921, hanno portato quindi in scena paradossi, contraddizioni e assurdo. Assurdo che ancora oggi piace, stupisce e viene accolto e salutato da fragorosi applausi.

25 giugno 2018

Teatro, Preziosi al Duomo di Salerno con Moby Dick

Con Alessandro Preziosi protagonista della lettura del capolavoro di Herman Melville, Moby Dick, il Napoli Teatro Festival Italia diretto da Ruggero Cappuccio si trasferisce domani al Duomo di Salerno (ore 21,30). L’attore e regista affronta la storia dell’irriducibile capitano Achab, impegnato nella fatale caccia alla balena bianca nella lettura che, per la drammaturgia di Tommaso Mattei, è accompagnata dai live electronics di Paky De Maio. “Ma se Moby Dick rischia di sembrare ad una prima scorsa un libro cupo e disperato – sottolinea Alessandro Preziosi – l’obiettivo del recital è un percorso da fare con lo spettatore alla ricerca invece di un messaggio di speranza. L’adattamento è così tutto rivolto a riscoprire quella vena aurea, luminosa che scorre nel sottosuolo della magistrale opera di Melville e che caratterizza buona parte della letteratura moderna: la vena di quei profeti che prima e meglio di tutti hanno intravisto un barlume di Vero nelle profondità dell’uomo e del suo Mistero sulla Terra. Herman Melville è stato un profeta, e Moby Dick rappresenta il suo maggiore testamento, un racconto nel quale altri racconti confluiscono come correnti nell’oceano”. Nella lettura Alessandro Preziosi è accompagnato dal live electronics di Paky De Maio. 25 giugno 2018

DOMANI GIORNATA RICCA DI EVENTI AL NAPOLI TEATRO FESTIVAL ITALIA

Francesca Anzani Ciliberti

Martedì 26 giugno l’undicesima edizione del Napoli Teatro Festival Italia diretto da Ruggero Cappuccio. A dare il via alla programmazione della giornata, la seconda Lectio Magistralis di Paolo Isotta dedicata a Alessandro Scarlatti, il padre delle musica classica (Cappella Pignatelli, ore 19). Al Teatro Sannazaro, per la sezione SportOpera, va in scena Patrizio VS Oliva di Fabio Rocco Oliva con Patrizio Oliva e Rossella Pugliese per la regia di Alfonso Postiglione (ore 21.30). L’Osservatorio del NTFI presenta Terrore e miseria del Terzo Reich di Bertolt Brecht, regia Carlo Cerciello, spettacolo di fine corso degli allievi del Laboratorio Permanente del Teatro Elicantropo (Cortile delle Carrozze di Palazzo Reale, ore 21.30). Alle 21.30 ci si trasferisce in Regione al Duomo di Salerno, con Alessandro Preziosi nella lettura del capolavoro di Melville, Moby Dick (ore 21.30). Replica per Il gatto, dall’omonimo romanzo di Georges Simenon con Alvia Reale ed Elia Schilton per la regia di Roberto Valerio (al Teatro Nuovo, ore 21). Si chiude con l’intrattenimento musicale del Dopofestival, a cura di Massimiliano Sacchi, che porta al NTFI la band Willy Balkan Travel Agency (Giardino Romantico di Palazzo Reale, ore 23.00). Alle ore 19, nella Cappella Pignatelli, la seconda Lectio Magistralis del ciclo di appuntamenti dedicati alla Scuola Musicale Napoletana da Paolo Isotta. Alessandro Scarlatti, il padre delle musica classica, dedicato al capostipite della Scuola Napoletana, lo storico della musica spiega: “il suo più grande studioso, Edward Dent, già all’inizio del Novecento, dettò la sentenza memorabile: Scarlatti non è il fondatore della Scuola Napoletana, è il Padre della Musica Classica. Infatti egli fonda in senso stilistico ed estetico il Classico. Senza di lui non vi sarebbero Haydn e Mozart”. L’incontro è a ingresso gratuito. ll servizio di prenotazione è gestito dall’Università Suor Orsola Benincasa. Basta inviare una email all’indirizzo [email protected] indicando il proprio nome, un recapito telefonico ed il giorno scelto. Alle 21.30, si riprende con SportOpera, la rassegna che coniuga arte e sport, che presenta lo spettacolo Patrizio vs Oliva, tratto da Sparviero-la mia storia di Patrizio Oliva e Fabio Rocco Oliva, edito da Sperling&Kupfer. Il lavoro teatrale è scritto da Fabio Rocco Oliva, interpretato da Patrizio Oliva e Rossella Pugliese, per la regia di Alfonso Postiglione. Nel ring aperto del teatro, la storia del campione di boxe diventa la vicenda di un semidio, la cui strada verso la vittoria è segnata da un destino già scritto: “Ananke - si legge in una nota di regia - per gli antichi greci Dea pre-olimpica del Fato, della Necessità dell’agire umano, era definita da Omero la “necessità di combattere”. Patrizio Oliva è stato uno dei più grandi pugili della boxe italiana. Scorrendo la sua vita appare evidente come sia stata una qualche Ananke a seguirlo da vicino e le sue fatiche sportive ci ricordano le gesta di un semidio. La sua determinazione a prendere a pugni, più che gli avversari, le ferite della vita, hanno reso la sua parabola sportiva ineluttabile: titoli italiani, oro olimpico, titolo europeo, titolo mondiale…”. Spazio scenico a cura di Daniele Stella; i costumi di Giuseppe Avallone; disegni e illustrazioni di Daniele Bigliardo; musiche Stefano Gargiulo. Sempre alle 21.30, per l’Osservatorio del NTFI, è previsto lo spettacolo degli allievi del II e III anno del Laboratorio Permanente del Teatro Elicantropo, che portano in scena Terrore e Miseria del Terzo Reich di Bertolt Brecht, per la regia di Carlo Cerciello. L’opera rivela un Brecht che non disdegna personaggi e situazioni tipiche del teatro borghese, purché vadano a rinfocolare nei pubblici di tutto il mondo l’odio per il nazismo: “24 scene - si legge in una nota di regia - è il sottotitolo del testo, di cui, le prime ventitré, non sono che documenti di disfatta. Le più sono a carattere di flash, di rapidi scorci, le altre più diffuse e discorsive, a volte perfino verbose, come si conviene alla borghesia medio-piccola nelle sue varie sfaccettature sociologiche. Intellettuali, scienziati, medici, giudici come anche operai, bottegai, domestici, soldati, la paura contagia tutti, colpisce ovunque, ma Brecht intende giungere a quel “no” finale, che al di là di una debolissima traccia di riscatto, appare piuttosto un monito e una speranza per le generazioni a venire”. Quest’opera segna una crisi sofferta, ma costruttiva dell’autore tedesco nei confronti della forma epica. La messinscena trasporta il pubblico “in un luogo della memoria, dove quel terrore e quella miseria sono formalmente congelate in un contenitore, dove morte e spettacolo si fondono in un mortale circo-cabaret. È affidato al prologo, non casualmente, di marca italiana, di un Petrolini-Gastone-Nerone, ormai morente, il compito di introdurci ai siparietti-girone di questa infernale e grottesca messa in scena di regime, e ad una Pasionaria-Dietrich il “no”, che ancora oggi non abbiamo imparato a pronunciare”. Musiche di Paolo Coletta e scene di Roberto Crea. Sempre alle 21.30, il NTFI si trasferisce al Duomo di Salerno, dove va in scena Moby Dick, una lettura di Alessandro Preziosi, per la drammaturgia di Tommaso Mattei, accompagnata nell’interpretazione dai live electronics di Paky De Maio. Il capolavoro di Melville, che racconta la storia dell’irriducibile capitano Achab, impegnato nella fatale caccia alla balena bianca, ha affascinato generazioni di lettori e continua ancora a farlo. L’oceano, con la sua forza oscura e immensa, è il campo di battaglia, mentre la potente balena bianca è l’ancestrale nemico da sconfiggere, simbolo di tutte le paure, le angosce e le ossessioni capaci di abbattere lo spirito. “Ma se Moby Dick – si legge in una nota dell’attore – rischia di sembrare ad una prima scorsa un libro cupo e disperato, l’obiettivo del recital è un percorso da fare con lo spettatore alla ricerca invece di un messaggio di speranza. L’adattamento è così tutto rivolto a riscoprire quella vena aurea, luminosa che scorre nel sottosuolo della magistrale opera di Melville”. Preziosi, al fianco di Achab, accompagna lo spettatore in questo viaggio fino agli abissi dell'animo umano, aiutandolo a decifrare il labirinto di avventure, simboli e filosofie che ne hanno fatto un moderno mito. La serata si chiude alle 23.00 nel Giardino Romantico di Palazzo Reale, con il Dopofestival, che propone il concerto della band Willy Balkan Travel Agency.

25 giugno 2018 Foja, “‘O treno che va” è pronto a ripartire: ecco le date del tour estivo

Dopo aver registrato il tutto esaurito per il concerto a Palazzo Reale nell’ambito del Napoli Teatro Festival, i Foja annunciano un fitto calendario di date, in continuo aggiornamento: “‘O treno che va”, dunque, riprende il suo viaggio e per l’estate 2018 riparte da San Tammaro (CE), in particolare dalla Reggia di Carditello, sabato 30 giugno alle ore 21 (ingresso euro 10,00 – d.d.p. esclusi). Oltre alla sua esecuzione live, il disco non manca di ricevere ancora riconoscimenti, grazie al brano “A chi appartieni”, contenuto nella colonna sonora del tanto apprezzato film, “Gatta Cenerentola”, di cui Dario Sansone – frontman della band – è anche regista insieme a Alessandro Rak, Ivan Cappiello e Marino Guarnieri. Infatti, l’8 luglio a Benevento, in occasione del Festival nazionale del Cinema e della Televisione – a cui parteciperanno, tra gli altri, Ligabue e Riccardo Scamarcio –, riceveranno il “Premio Miglior canzone originale della stagione cinematografica” ed eseguiranno lo stesso brano dal vivo.

L’album dei Foja, il terzo all’attivo, che ancora fa parlare di sé, è un percorso in bilico tra rock, pop, blues e country, tra la canzone classica napoletana e le melodie italiane. Ogni canzone è una stazione, ogni composizione un pretesto per esplorare le proprie passioni liriche e musicali. Arrivi e partenze rivelatrici di molteplici sentimenti, un tour attraverso tradizione e modernità.

25 giugno 2018 Teatro: Preziosi al Duomo di Salerno con Moby Dick

Salerno – Con Alessandro Preziosi protagonista della lettura del capolavoro di Herman Melville, Moby Dick, il Napoli Teatro Festival Italia diretto da Ruggero Cappuccio si trasferisce domani al Duomo di Salerno (ore 21,30). L’attore e regista affronta la storia dell’irriducibile capitano Achab, impegnato nella fatale caccia alla balena bianca nella lettura che, per la drammaturgia di Tommaso Mattei, e’ accompagnata dai live electronics di Paky De Maio. “Ma se Moby Dick rischia di sembrare ad una prima scorsa un libro cupo e disperato – sottolinea Alessandro Preziosi – l’obiettivo del recital e’ un percorso da fare con lo spettatore alla ricerca invece di un messaggio di speranza. L’adattamento e’ cosi’ tutto rivolto a riscoprire quella vena aurea, luminosa che scorre nel sottosuolo della magistrale opera di Melville e che caratterizza buona parte della letteratura moderna: la vena di quei profeti che prima e meglio di tutti hanno intravisto un barlume di Vero nelle profondita’ dell’uomo e del suo Mistero sulla Terra. Herman Melville e’ stato un profeta, e Moby Dick rappresenta il suo maggiore testamento, un racconto nel quale altri racconti confluiscono come correnti nell’oceano”. Nella lettura Alessandro Preziosi e’ accompagnato dal live electronics di Paky De Maio. 25 giugno 2018

Mondadori Portfolio a Napoli alla mostra di Tomasi di Lampedusa "Giuseppe Tomasi di Lampedusa (1896-1957): un lettore europeo" è la mostra che la Regione Campania, la Fondazione Campania dei Festival e Napoli Teatro Festival hanno allestito a Napoli al Palazzo Reale, fino al 10 luglio 2018. Mondadori Portfolio ha contribuito alla realizzazione della mostra fornendo numerose immagini del letterato e soprattutto del film "Il gattopardo" (scene e backstage), girato nel 1963 da Luchino Visconti e tratto dall’omonimo capolavoro dello scrittore siciliano.

25 giugno 2018 Il Lunedì di Napoli da Vivere: 4 eventi a Napoli per la settimana dal 25 giugno al 1 luglio 2018

Rino Mastropaolo

Questi i quattro eventi che vi segnaliamo ma se vi piace il teatro potrete approfittare del Napoli Teatro Festival Italia che fino a luglio propone grandi spettacoli a soli 8 euro (o 5 per i biglietti ridotti). Ricordate che il NTF presenta anche una serie di interessanti dopofestival con concerti ed altro, dalle 22 in poi a Palazzo reale a solo due euro. In settimana: Roger al Teatro Sannazaro Mercoledì 27 giugno al Teatro Sannazzaro alle 21 uno spettacolo particolare per il Napoli Teatro Festival. Roger. L’azione si svolge interamente su un campo da tennis e rappresenta un’immaginaria partita tra un generico numero due e l’inarrivabile numero uno del tennis di tutti i tempi, un campionissimo di nome Roger. Un monologo su un tennista che da anni deve affrontare Federer (ma anche, in qualche modo, Dio) senza riuscirvi. Nel corso del pezzo evoca la partita che dovrebbe disputare e che, forse, si è già disputata, ma che è finita, e non poteva che finire, con la sua sconfitta.Prezzo 8 euro durata 75 minuti Maggiori informazioni: Napoli Teatro Festival Italia

25 giugno 2018 La Cappella di Santa Maria dei Pignatelli a Napoli riapre al pubblico dopo oltre 50 anni

BY: FABIANA BIANCHI

Riapre al pubblico dopo più di 50 anni la Cappella di Santa Maria dei Pignatelli a Napoli, un bellissimo gioiello rinascimentale del centro storico! La Cappella di Santa Maria dei Pignatelli è il primo monumento ad essere stato restaurato dal progetto “Centro Storico di Napoli – Sito UNESCO” che sarà riaperto al pubblico. È un vero e proprio gioiello del centro antico della città ed è rimasta chiusa per più di 50 anni, trasformata addirittura in un deposito abusivo per sedie. Da oggi lunedì 25 giugno 2018, invece, ci sarà nuova vita per la Cappella e alle 18.00 avverrà l’inaugurazione con il Rettore dell’Università Suor Orsola Benincasa, Lucio d’Alessandro, il Sindaco di Napoli, Luigi de Magistris, i fratelli Fabio e Giovanni Pignatelli, il sovrintendente per l’Archeologia, le belle arti ed il paesaggio per il Comune di Napoli, Luciano Garella, il direttore del Museo di Capodimonte, Sylvain Bellenger e i membri del team del Suor Orsola Benincasa, attuale proprietaria. La Cappella di Santa Maria dei Pignatelli si trova presso il Largo Corpo di Napoli ed ospiterà anche la Cattedra permanente di Culture d’Europa Cappella Pignatelli, il cui primo ciclo di lezioni magistrali inizierà proprio un’ora o l’inaugurazione. Le lezioni riguarderanno “Gli splendori della Scuola Musicale Napoletana” e saranno curate da Paolo Isotta. Inoltre, la cappella sarà anche la sede di quattro appuntamenti del Napoli Teatro Festival dedicati al musicista Rossini, eventi che inizieranno alle 19.00 da oggi 25 giugno a giovedì 28 giugno. I lavori di restauro nella Cappelle I lavori sono durati circa 4 anni ed hanno riguardano principalmente gli elementi decorativi interni, la pavimentazione in marmo e quella in cotto e in maioliche. In questo modo, il pubblico potrà nuovamente ammirare i monumenti rinascimentali della famiglia Pignatelli. Durante i lavori è stato anche rinvenuto un affresco del XVI secolo dietro l’altare. La storia e le importanti opere della Cappella I due importanti monumenti funerari sono il sepolcro di Carlo Pignatelli, realizzato dai Malvito nel 1506-07, e la piccola cappella di Caterina Pignatelli, realizzata dallo scultore spagnolo Diego de Silóe nel 1513-14. Nonostante le sue origini trecentesche, è stata rimaneggiata nei secoli e nel ‘700 ha assunto forme barocche che permangono ancora oggi

25 giugno 2018

SPETTACOLI: Una serata con Albert Camus al Napoli Teatro Festival: in scena Renato Carpentieri (VIDEO)

NAPOLI- Un ex avvocato di successo fa, da virtuoso, una confessione pubblica: si accusa con ironia e sarcasmo, di colpe, di debolezze e di egoismi, per costruire una maschera in cui tutti possano arrivare a riconoscersi e a giudicarsi.Renato Carpentieri, nei giardini dell’Istituto di cultura Francese di Napoli, è il protagonista della riduzione per la scena del romanzo “La caduta” di Albert Camus con l’accompagnamento al violoncello di Federico Odling. Pubblicato nel 1956, un anno prima che Camus ricevesse il Premio Nobel e quattro anni prima della sua morte, “La caduta” è un monologo, in scena nell’ambito del Napoli Teatro Festival per il primo dei due appuntamenti dal titolo “Una serata con Albert Camus”. Ne “Il Malinteso”in scena alla Galleria Toledo si trova l’essenziale dei temi cari a Camus: la solitudine dell’uomo, le sue aspirazioni alla gioia, i suoi appelli all’amore, l’esilio, il suo desiderio di felicità che gli è negata da un Dio indifferente. La storia è una variante di una vecchia leggenda popolare, quella del soldato ricco di un grosso bottino al ritorno dalla guerra e ucciso dai suoi parenti.

25 giugno 2018

Napoli Teatro Festival, in scena Renato Carpentieri

Un ex avvocato di successo fa, da virtuoso, una confessione pubblica: si accusa con ironia e sarcasmo, di colpe, di debolezze e di egoismi, per costruire una maschera in cui tutti possano arrivare a riconoscersi e a giudicarsi. Renato Carpentieri, nei giardini dell’Istituto di cultura Francese di Napoli, è il protagonista della riduzione per la scena del romanzo “La Caduta” di Albert Camus con l’accompagnamento al violoncello di Federico Odling.

Pubblicato nel 1956, un anno prima che Camus ricevesse il Premio Nobel e quattro anni prima della sua morte, “La caduta” è un monologo, in scena nell’ambito del Napoli Teatro Festival per il primo dei due appuntamenti dal titolo “Una serata con Albert Camus”. Ne “Il Malinteso” in scena alla Galleria Toledo si trova l’essenziale dei temi cari a Camus: la solitudine dell’uomo, le sue aspirazioni alla gioia, i suoi appelli all’amore, l’esilio, il suo desiderio di felicità che gli è negata da un Dio indifferente. La storia è una variante di una vecchia leggenda popolare, quella del soldato ricco di un grosso bottino al ritorno dalla guerra e ucciso dai suoi parenti. 25 giugno 2018

Teatro. Al Napoli Teatro Festival lo spettacolo del coreografo libanese Ali Chahrour TG2 20:30 del 25/06/2018

25 giugno 2018

AL NAPOLI TEATRO FESTIVAL UNA SERATA CON ALBERT CAMUS

Pasquale Pota

Prende vita tra i giardini dell’Istituto di cultura francese di Napoli e poi nella piccola sala del teatro Galleria Toledo il progetto di Renato Carpentieri di mettere in scena una serata con Albert Camus. L’attore e regista, reduce dalla vittoria del David di Donatello lo scorso marzo, si esibisce in una riduzione per la scena del romanzo La caduta di Camus, da lui trasformato in un notevole monologo, per poi vestire i panni di regista e attore del testo teatrale Il malinteso, scritto da Camus nel 1944 e portato in scena per la prima volta a Parigi nello stesso anno. L’opera racchiude molti dei temi della riflessione filosofica di Camus: l’aspirazione dell’uomo alla felicità che si risolve nella vanità di tutti i suoi sforzi, l’assurdità dell’esistenza umana, l’esilio, l’indifferenza di un Dio che finisce per negargli la possibilità di aiuto.

La vicenda ha luogo in un posto non meglio precisato dell’Europa centrale: due donne, una madre e sua figlia Marta, portano avanti una locanda – spogliata di ogni caratterizzazione tanto da renderla luogo simbolico – uccidendo alcuni degli avventori facoltosi e solitari che pernottano presso di loro. L’arrivo del figlio Jan, che si era allontanato molti anni prima per cercare fortuna altrove, mette nuovamente in moto il meccanismo: l’uomo decide di non rivelare la sua identità – contribuendo a forgiare quel destino di cui diviene quasi uno zimbello – e non viene riconosciuto dalle due donne, che decidono di attuare come sempre il loro piano. Sua moglie Maria, che insiste affinché Jan usi «parole semplici» e si riveli alla famiglia, viene quindi allontanata, mentre il giovane si sistema nella fredda camera in cui gli sarà servita una bevanda contenente sonnifero. Madre e figlia, per la prima volta, esitano nel compiere la loro azione criminale: la prima ribadisce numerose volte la sua fatica, quasi una stanchezza atavica o un male di vivere, mentre l’ostinatezza della seconda finirà per convincerla. Per la figlia, che ha trascorso le sue giornate migliori nel grigiore della locanda senza essere amata e considerata da nessuno, è questo l’ultimo delitto che la separa dall’inizio di una nuova vita in luoghi tropicali, vicina al mare in cui sogna di immergersi. Paradossalmente, è lo stesso Jan che la convince ad ucciderlo rinnovando nella sua fantasia le immagini di spiagge, fiori e primavere dei luoghi nei quali ha vissuto. Il vecchio domestico, l’unico che sin dall’inizio è consapevole dell’identità del giovane, non fa nulla per avvertire le donne e lascia semplicemente che compiano lo scempio: è il Caso, o Dio, nella concezione che Camus intende conferirgli, e il suo «No» finale – una delle due sole battute che Renato Carpentieri pronuncia in scena – alla richiesta di aiuto da parte della vedova Maria ne è la riprova.

Madre e figlia, conosciuta la verità, si uccidono entrambe, ma spinte da diverse necessità e in modi diversi: la vecchia signora si abbandona nelle stesse acque del fiume in cui è stato trascinato il corpo del figlio, mentre la seconda fa riferimento ad una trave robusta di una delle stanze della locanda. Evidente la simbologia legata all’acqua, elemento che in tutte le culture fin dalle origini è emblema della purificazione: c’è qualcosa nella morte per acqua dell’anziana donna stanca dell’Ofelia shakespeariana e di quella, più recente, di Virginia Woolf che si abbandonava ai flutti del fiume Ouse, nel Sussex. Restano alcuni degli interrogativi posti dall’autore: perché il figlio non si riveli semplicemente alla famiglia, innanzitutto, e quale sia il compito dell’uomo una volta accettata l’idea che la vita è un assurdo che non può essere risolto postulando l’esistenza di una divinità. Eccellente la prova attoriale di Maria Grazia Mandruzzato nei panni della madre, che riesce a rendere con una recitazione calibrata e intensa, non banale la regia di Renato Carpentieri, sostenuta da una scenografia semplice ma funzionale e impreziosita dagli ottimi costumi di Annamaria Morelli. Nella spietatezza quasi senza confini della figlia, invece, si ritrova in parte il personaggio della Peste protagonista de Lo stato d’assedio del 1946, con cui condivide una battuta – «l’amore, che cos’è?» – e bisogna forse fare riferimento ad una battuta dello stesso testo di Camus per comprendere il significato ultimo dell’opera dell’autore: «Essere un uomo, questo m’interessa». 25 giugno 2018

“Sei” di Scimone e Sframeli in scena al San Ferdinando

Ha la grazia bugiarda di un teatrino dell’infanzia la scena disegnata da Lino Fiorito per “Sei”, spazio metafisico in cui una compagnia di attori piuttosto sfigati, una prova che non si sa se porterà mai ad una “prima”, un tecnico che invece di dare luce al palcoscenico provoca il buio… Si può sorridere di e con un “testo sacro” con quello dei celebri “personaggi” incardinati da Luigi Pirandello nella storia nostra e del nostro teatro? E si può amarlo, con tutta evidenza, mettendolo in scena compiendo ad un tempo mutilazioni e invenzioni che non ne alterino il tessuto? Lo fanno spiro Scimone e Francesco Sframeli, mettendo in scena al San Ferdinando, per il Napoli Teatro Festival Italia, la loro visione dei “Sei personaggi in cerca d’autore”, ribattezzata “Sei”, e dichiarandone l’adattamento, cioè l’impadronimento che ne piega il percorso ea la tessitura rimodellata sui propri umori, sui propri percorsi e linguaggi appassionati, che da anni segnano il nostro teatro. Dunque “Sei” ripete e riaffronta “verità e finzione”, “teatro e vita”, “luce ed ombra delle coscienze”, mettendole a confronto con le parole perfette di Pirandello mescolate a quelle dei loro epigoni. Come “esigenza” di una verifica della poetica e di un confronto tra misure differenti ed in qualche modo affini. Con Francesco Sframeli, che firma la regia dello spettacolo, e Spiro Scimone, in scena Gianluca Cesale, Giulia Weber, Salvatore Arena, Bruno Ricci, Maria Silvia Greco, Mariasilvia Greco, Miriam Russo e Zoe Pernici Così il teatro che un cortocircuito ha oscurato viene illuminato dall’accendersi dei volti e dei corpi di un gruppo di estranei giunti all’improvviso ad invadere lo spazio ed il tempo. Agli attori che cercano di dare un senso al loro lavoro bugiardo si mostrano Il Padre, La Madre, La Figliastra, Il Figlio, Il Giovinetto e La Bambina, familiari presenze per chi è pratico del teatro di Pirandello. Inquietanti presenze con il loro bagaglio di dolorose verità da mostrare a qualcuno che voglia farle vivere. Da una parte il piccolo esercito invasore, dall’altra i due attori, le due attrici ed il capocomico. In mezzo, tra loro, il racconto del “dramma doloroso”, del racconto delle vergogne, delle miserie e della esaltazione, della viltà e del dolore, della vita e della morte, della innocenza e della colpa, grande grumo di teatro che inchioda lo spettatore al suo posto ed al suo spazio. Lo spettacolo lievita, turba, diverte, nella rapidità delle soluzioni scelte, del ritmo imposto agli attori, dei tagli e degli arbitrii che ancora una volta affermano il piacere del teatro che, con mano pudica, leggera e profonda, misura la vita. Costumi di Sandra Cardini, disegno luci di Beatrice Ficalbi. Lo spettacolo, prodotto da Compagnia Scimone Sframeli, Teatro Stabile di Torino, Teatro Biondo Stabile di Palermo, Théâtre Garonne-scène européenne Toulouse, è stato accolto con successo alla “prima”. Si replica ancora questa sera alle ore 21 poi in tournée nella prossima stagione. (giulio baffi)

25 giugno 2018

Napoli teatro festival: una serata con Camus di Renato Carpentieri Il primo appuntamento del lavoro di Renato Carpentieri si svolge nel tardo pomeriggio nei giardini dell’Istituto di cultura Francese. L'attore inventa una riduzione per la scena del romanzo “La caduta” di A. Camus, con l’accompagnamento al violoncello di Federico Odling. Pubblicato nel 1956, un anno prima che Camus ricevesse il Premio Nobel e quattro anni prima della sua morte, “La caduta” è un notevolissimo monologo in cui un ex-avvocato di successo fa, da virtuoso, una confessione pubblica. Si accusa per lungo e per largo con ironia e sarcasmo, di colpe, di debolezze, di egoismi, moltiplicando sfumature e digressioni, per costruire una maschera in cui tutti possano arrivare a riconoscersi e a giudicarsi. È Giudice penitente. Ma questo progetto, portato avanti con tenacia, si scontra con la nostalgia dell’innocenza e dell’abbandono. Napoli Teatro Festival

25 giugno 2018

Teatro Rossosimona, giovedì 28 giugno il debutto al Napoli Teatro Festival Italia dello spettacolo di Igor Esposito “La vita dipinta”, con Tonino Taiuti

È un festival internazionale che ogni anno fa di Napoli un teatro a cielo aperto: 160 spettacoli per 33 giorni di festival, 850 artisti coinvolti per 216 eventi in 34 luoghi diversi. Napoli Teatro Festival Italia è un appuntamento assolutamente imperdibile. A questa XI edizione, iniziata l’11 giugno scorso, parteciperà anche Teatro Rossosimona, la compagnia fondata e diretta da Lindo Nudo, con una straordinaria produzione che vede protagonista l’attore Tonino Taiuti, interprete, curatore delle luci e regista di un monologo scritto appositamente per lui da Igor Esposito. “La vita dipinta”, presso la sala Assoli il 28 giugno alle 19 e il 29 giugno alle 21, nasce dalla necessità dell’arte intesa come libertà creativa e trova in Taiuti, anarchico e solitario artista, l’unico interprete possibile. Afferma Igor Esposito, già autore di un’altra produzione di Teatro Rossosimona, Radio Argo, diretto e interpretato da Peppino Mazzotta: “È una partitura monologante che prende vita e risuona su una biografia rocambolesca, fantastica e surreale. Biografia di un artista immaginario che, passo dopo passo, sprofonda nel suo delirio. Delirio fatto d’imprese pittoriche, naufragi e poetici incontri con alcuni angeli custodi: maestri che hanno segnato l’arte del Novecento, lasciandoci un’impronta indelebile fatta di visioni, coraggio e radicalità”. Scrive Taiuti nelle note di regia: “La vita dipinta è un monologo funambolico che attraverso la voce bambinesca d’un folle ci fa sprofondare nel cuore della pittura e dell’arte e lo fa con leggerezza, ironia e dolore; cercando di riportare alla luce versi, pensieri e immagini di alcuni grandi visionari del Novecento. La partitura prende corpo declinando una scrittura musicale e ritmica che gioca su più registri, che vanno dall’affabulatorio al lirico, dando così la possibilità all’attore di farsi giullare cantastorie oppure oracolo della follia che brucia in un delirio angelico di poesia. Ho sentito, già dalla prima lettura, questo testo come necessario: perché ci mette di fronte al coraggio e alla radicalità che da sempre è – a mio avviso – il cuore pulsante dei veri artisti e che rifugge dal mondano e vano chiacchiericcio in cui, gran parte dell’arte, sembra essersi persa e degradata”. 25 giugno 2018 Mario Martone in mostra a Napoli 25 giugno 2018 di Martina Puliatti

Lo scorso 1 giugno è stata inaugurata, presso il Madre – Museo d’arte contemporanea Donnaregina di Napoli, la mostra intitolata 1977 2018. Mario Martone Museo Madre, la prima retrospettiva consacrata al regista napoletano, curata da Gianluca Riccio: vero e proprio viaggio di attraversamento dell’eclettico percorso artistico di Martone, articolatosi in circa quarant’anni di carriera tra azioni performative, cinema, teatro e opera lirica. Al Madre, Martone presenta un vero e proprio film-flusso prodotto dalla Fondazione Donnaregina per le arti contemporanee, un’installazione che entrerà a far parte della collezione permanente del museo, realizzata attraverso il montaggio di materiali conservati all’Archivio “Mario Martone”, in collaborazione con PAV e con il supporto della Fondazione Campania dei Festival-Napoli Teatro Festival Italia. Proiettata simultaneamente su quattro schermi, la presentazione del film-flusso rielabora la messa in scena di uno spettacolo teatrale di Martone risalente al 1986, Ritorno ad Alphaville, ispirato all’omonimo film di Jean-Luc Godard (1965), di cui sono riproposti l’andamento circolare e la visione simultanea per il pubblico. Attraverso una serie di documenti e filmati inediti, immagini di repertorio, brani tratti da film e riprese di spettacoli teatrali, l’esperienza artistica di Martone viene presentata in un ordine non cronologico bensì evocativo. Come in tutta la ricerca artistica del regista, anche in questa retrospettiva a carattere museale il ruolo attivo dello spettatore risulta determinante: al centro della sala sono posizionate, su una pedana, trentasei sedie girevoli, ciascuna collegata a una cuffia con accesso diretto ai quattro canali audio corrispondenti a ognuno dei quattro schermi sui quali il film-flusso è proiettato; lo spettatore potrà, dunque, orientare la propria attenzione girando la seduta per seguire alternativamente l’andamento delle proiezioni del film e cogliere anche le possibili connessioni visivo-tematiche fra le immagini. Il film, inoltre, è stato montato secondo un flusso lineareche accoglie sia la superficie bidimensionale dello schermo sia la spazialità tridimensionale dell’ambiente di proiezione, restituendo sensorialmente le connessioni interne nonché la circolarità stessa dell’opera integrale di Martone. La retrospettiva dedicata al regista napoletano sarà attiva fino al 3 settembre 2018 (Orari: Lunedì / Sabato 10.00-19.30 – Domenica 10.00-20.00 – Martedì chiuso). Il 22 giugno, presso il Madre, sono stati inoltre presentati la mostra 360° dell’artista svizzero John Armleder e il nuovo capitolo del progetto in progress Per_formare una collezione. Per un archivio dell’arte in Campania, che include anche l’installazione site- specific di Paul Thorel: in quest’occasione vengono presentate opere storiche e recenti di quindici artisti, insieme all’istallazione permanente di Paul Thorel, Passaggio della Vittoria, prodotta con il sostegno di Mutina for Art.

25 giugno 2018 Napoli Teatro Festival Italia : Debutta Il gatto di Georges Simenon con Alvia Reale ed Elia Schilton

Iniziano le lezioni magistrali di Paolo Isotta sulla Scuola Musicale Napoletana. Pamela Villoresi protagonista a SportOpera. Replica Sei di Scimone e Sframeli. Al Dopofestival, Guappecartò in concerto. Lunedì 25 giugno al Napoli Teatro Festival Italia. Si comincia con il debutto de Il gatto, dall’omonimo romanzo di Georges Simenon con Alvia Reale ed Elia Schilton per la regia di Roberto Valerio (al Teatro Nuovo, ore 19). Nell’ambito dei Progetti Speciali del NTFI, è prevista una Lectio Magistralis di Paolo Isotta, la prima di un ciclo di quattro incontri che lo scrittore e critico musicale dedica a “Gli splendori della Scuola Musicale Napoletana” (Cappella di Santa Maria dei Pignatelli, al Largo Corpo di Napoli nel centro antico, ore 19). Proseguono al Teatro Sannazaro gli appuntamenti di SportOperacon la sezione Tribune – Gli uomini e lo sport che propone testi dedicati a Roland Barthes (ore 20.45); poi La nuotatrice con Pamela Villoresi per la regia di Gigi Di Luca (ore 21.30) e la proiezione del film Un uomo a nudo di Frank Perry (ore 22.30). Replica al Teatro San Ferdinando Sei della Compagnia Scimone e Sframeli (ore 21). Al Dopofestival, concerto della band Guappecartò (Giardino Romantico di Palazzo Reale, ore 23.00). Alle ore 19 al Teatro Nuovo, debutta Il gatto, tratto dall’omonimo romanzo di Georges Simenon, nell’adattamento di Fabio Bussotti, con Alvia Reale, Elia Schilton e con Silvia Maino, per la regia di Roberto Valerio. La messinscena riprende la vicenda dei coniugi Émile e Marguerite, che da quattro anni non si rivolgono la parola. La comunicazione tra loro è affidata a feroci bigliettini. La data di nascita del loro silenzio coincide con il giorno della morte dell’amato gatto di Émile. Convinto che sia stata Marguerite ad avvelenarlo, Emile, colto da un attacco d’ira, si avventa sul pappagallo di lei e gli strappa a sangue le variopinte penne. Anche il pappagallo muore e, una volta imbalsamato, finisce a fare la sentinella dell’odio coniugale. I separati in casa conducono una vita completamente indipendente con il timore paranoico di essere avvelenati dall’altro, tanto da tenere sottochiave le rispettive dispense. Le origini della loro guerra domestica sono da ricercare ben prima della morte del gatto. Troppo diversi tra loro, Émile e Marguerite non si sono mai veramente sopportati. Marguerite non si è mai liberata del ricordo del suo primo marito violinista ed Émile rimpiange la sua prima moglie morta troppo presto. La vita dei due protagonisti scorre tra ricordi e sentimenti non condivisi. Il silenzio diviene la loro missione mentre il rancore li consuma giorno dopo giorno. Il ritorno della parola potrebbe ricondurli a una vita normale. Ma devono sbrigarsi e forse non c’è più tempo. Scene di Francesco Ghisu, costumi Francesca Novati, luci Carlo Pediani, suono Alessandro Saviozzi. Replica il 26 giugno alle 21.00. Lunedì 25 inizia anche il ciclo di Lectio Magistralis in quattro serate, dedicate dallo scrittore e storico della musica Paolo Isotta alla Gli splendori della Scuola Musicale Napoletana. Nella Cappella di Santa Maria dei Pignatelli (Largo Corpo di Napoli nel centro antico, ore 19). La prima lezione magistrale sarà Rossini, 1868 – 2018. Lineamenti del genio. Il programma prosegue nei giorni successivi con Alessandro Scarlatti, il padre della musica classica (26 giugno, ore 19); Gli eredi diretti: Domenico Scarlatti, Pergolesi, Leo (27 giugno, ore 19); Dioniso, l’origine del teatro, Dioniso a Napoli, Piedigrotta (28 giugno, ore 19). “La Scuola Napoletana – scrive Paolo Isotta in una nota – si erge nel Settecento non solo per sommità di valore artistico. Alessandro Scarlatti, panormita, ne è il capostipite; ma il suo più grande studioso, Edward Dent, già all’inizio del Novecento, dettò la sentenza memorabile: “Scarlatti non è il fondatore della Scuola Napoletana, è il Padre della Musica Classica.” Infatti egli, dopo esser stato, insieme con Bach e Haendel ma prima di loro, il culmine del Medio e del Tardo Barocco, fonda in senso stilistico ed estetico il Classico. Senza di lui non vi sarebbero Haydn e Mozart. I suoi seguaci Leo, Porpora e Pergolesi asseverano il cambio epocale, che viene compito in Europa da Domenico Scarlatti, Bach e Haendel. Ma 2018 è anche il centocinquantenario della morte di Rossini. Il sommo Maestro non fa parte della Scuola Napoletana, ma il nucleo principale della sua opera è stato scritto a Napoli e per Napoli, ove soggiornò dal 1815 al 1822, guidando il San Carlo. Quindi egli rappresenta una delle più grandi glorie musicali napoletane. Non è stato fatto niente, a Napoli, per celebrare il centocinquantenario! Quindi aprire le lezioni sulla Scuola Napoletana con un ritratto di Rossini, rimeditato alla luce della Storia da parte di chi, già nel 1974, pubblico il primo libro dedicato alla creazione tragica del Cigno di Pesaro, è doveroso”. Le lezioni sono a ingresso gratuito. Alle 20.45, ritorna Tribune – Lo sport e gli uomini, che porta in scena le riflessioni di Roland Barthessul rapporto tra lo sport e la società, restituite da Annalisa Madonna (voce), Gianluca Rovinello (arpa), Massimiliano Sacchi (clarinetti), Luca Urciuolo (fisarmonica). Si continua con il reading di Pamela Villoresi, La nuotatrice, per la regia di Gigi Di Luca, che racconta la storia di una giovane campionessa di nuoto che in breve tempo perde bellezza, talento e ragione e che vede nello sport un incontro e una fuga da se stessa. Protagonista silenziosa e sonora della sua vita è l’acqua, elemento centrale, che rappresenta per lei la vita e la morte, portato in scena dalle creazioni sonore con oggetti suonati dall’artista francese Odile Barlier, che accompagna la straordinaria interpretazione della Villoresi. La serata termina alle 22.30 con la proiezione di Un uomo a nudo di Frank Perry. Replica Sei della Compagnia Scimone e Sframeli, tratto da Sei personaggi in cerca d’autore di Luigi Pirandello, al Teatro San Ferdinando, ore 21. La giornata si conclude con l’intrattenimento musicale del Dopofestival, a cura di Massimiliano Sacchi, che alle ore 23 propone il concerto della band Guappecartò.

25 giugno 2018

Ai Quartieri Airots di Napoli Modello Tina Pica A cinquant'anni dalla morte, una mostra curata da Giulio Baffi rende omaggio a Tina Pica. Grande caratteristica, temperamento da maschiaccio ma cuore da perpetua devota: la vera eroina di un'Italia passata Cinquant’anni fa moriva Tina Pica, attrice di teatro e di cinema, formidabile “spalla” di Eduardo, Vittorio De Sica e Totò. Il suo volto unico e particolare compare in oltre 50 film che hanno fatto la storia del cinema italiano. Napoli la celebra con una esposizione, aperta da venerdì scorso, nell’ambito della “sezione mostre” del Napoli Teatro Festival Italia. Tina Pica 1884-1968 è curata da Giulio Baffi e realizzata dallo scenografo Luigi Ferrigno, allestita nello spazio Quartieri Airots (l’antica Chiesa della Congregazione dei 63 Sacerdoti) in via Carlo De Cesare 30 nei Quartieri Spagnoli di Napoli. Tina Pica, nome d’arte di Concetta Annunziata Pica (Napoli, 31 marzo 1884 – 15 agosto 1968), nacque nel quartiere Borgo Sant’Antonio Abate di Napoli da Giuseppe Pica, già attore capocomico interprete del personaggio don Anselmo Tartaglia, e l’attrice Clementina Cozzolina. Ancora bambina, la piccola Tina cominciò a lavorare come attrice con i suoi genitori nella compagnia teatrale girovaga a Napoli e dintorni. Debuttò nella popolare Compagnia Drammatica diretta da Federico Stella, formazione che, in pianta stabile, al Teatro San Ferdinando di Napoli, portò in scena drammi firmati da Eduardo Minichini, Luigi De Lise, Francesco G. Starace, Crescenzo Di Maio e lo stesso Federico Stella. Quindi, l’attrice fondò una sua compagnia negli anni Venti, il Teatro Italia, scrivendo anche i testi degli spettacoli. Negli anni Trenta l’incontro con la compagnia di Eduardo De Filippo, con il quale iniziò una collaborazione artistica che la vedrà partecipare a spettacoli storici come Napoli milionaria, Filumena Marturano e Questi fantasmi. Dopo l’apparizione in due film muti di Elvira Notari del 1916, il suo vero esordio sul grande schermo fu in Il cappello a tre punte (1934), di Mario Camerini, seguito da Fermo con le mani!di Gero Zambuto del 1937 con Totò. A 69 anni interpretò il ruolo di Caramella in Pane, amore e fantasia (1953) e nei seguiti Pane, amore e gelosia (1954), con cui vinse il Nastro d’Argento alla migliore attrice non protagonista, e Pane, amore e… (1955). Con questi film divenne una delle caratteriste comiche più amate del cinema italiano del dopoguerra. Ebbe anche l’onore di un film a lei completamente dedicato La Pica sul Pacifico (1959). Il suo ultimo lavoro, all’età di 79 anni, è stato Ieri, oggi, domani nel 1963. Nella vita privata Tina si sposò due volte: la prima con un certo Luigi, che però morì giovanissimo, dopo soli sei mesi di matrimonio. Qualche anno dopo morì pure la loro bambina. Dopo molti anni, Tina decise di risposarsi con un appuntato della polizia municipale, Vincenzo Scarano. Con lui scrisse anche alcuni testi teatrali. Rimasero insieme fino alla morte. Tina Pica si spense a 84 anni a Napoli, a casa di un nipote. Successivamente, a Roma le fu intitolata una via, mentre a Napoli un giardino. A tanti anni di distanza la sua immagine e il suo fascino restano immutati. Come mai? «Tina Pica – sottolinea il curatore della mostra Giulio Baffi – ha lasciato il segno della sua forte personalità nella memoria di generazioni di spettatori e di attori. Riapriamo per l’occasione l’antica Chiesa dei 63 sacerdoti, da tempo in disuso, che diverrà a breve uno spazio teatrale e culturale. Nella Smorfia napoletana alla chiesa è attribuito il numero 84 , Tina Pica è nata nel 1884 ed è morta a 84 anni… così ho voluto costruire questo percorso dedicato a Tina Pica attraverso 84 testimonianze, tra fotografie di famiglia, immagini dai set cinematografici, ritratti, locandine, articoli, copioni, oggetti appartenuti alla grande, popolare ed amata donna-personaggio». Tra questi strumenti da toeletta, due cappellini, un cappotto di velluto, un portasigarette, un lungo bocchino di bachelite, gli occhiali del balbuziente prototipo di Don Anselmo Tartaglia, appartenuti al padre: «Materiali messi a disposizione dai nipoti Franco e Francesco Pica, da Gioconda Marinelli, dall’Archivio del Teatro Diana, dalla Libreria del cinema e del teatro di Napoli e da tanti altri collezionisti». La sua immortalità è dovuta al carattere brusco e burbero (ovviamente sulla scena) ma in fondo dotato di umanità. Ma anche il suo volto spigoloso e la sua voce cavernosa restano indelebili nella memoria del cinema italiano. Ce lo spiega anche il docufilm Fratello ricordati di Tina Pica di Lucilla Parlato e Federico Hermann, prodotto da Identità Insorgenti. Così, a distanza d’anni, mentre i protagonisti maschi di certi film sono quasi dimenticati o messi in secondo piano, lei resta nell’olimpo del cinema. E pensare che Eduardo era certo che sarebbe tornata sui palcoscenici. Invece lei continuò a fare film come spalla, caratterista e protagonista, al punto che gli autori scrivevano sceneggiature proprio per lei marcando anche il suo lato autoritario, forse maschile. Non a caso esordì a sette anni in panni di maschietto nella compagnia di Federico Stella, poi ingaggiata per un Amleto in versione napoletana, arrivando a sostituire il padre nel ruolo di Tartaglia, senza che nessuno se ne rendesse conto. Anche per questo, nel mondo del cinema venne chiamata “Totò in gonnella”: fumava in maniera accanita, giocava a carte, aveva una certa grinta e mostrava più anni di quello che aveva. Ciò non le impediva di essere molto devota al punto di possedere una cappella privata in casa. Un volto indimenticabile, quindi, che ancora adesso rende perfettamente l’idea di una grande interprete del cinema italiano.

25 giugno 2018

Teatro, Preziosi al Duomo di Salerno con Moby Dick

Con Alessandro Preziosi protagonista della lettura del capolavoro di Herman Melville, Moby Dick, il Napoli Teatro Festival Italia diretto da Ruggero Cappuccio si trasferisce domani al Duomo di Salerno (ore 21,30). L’attore e regista affronta la storia dell’irriducibile capitano Achab, impegnato nella fatale caccia alla balena bianca nella lettura che, per la drammaturgia di Tommaso Mattei, è accompagnata dai live electronics di Paky De Maio. “Ma se Moby Dick rischia di sembrare ad una prima scorsa un libro cupo e disperato – sottolinea Alessandro Preziosi – l’obiettivo del recital è un percorso da fare con lo spettatore alla ricerca invece di un messaggio di speranza. L’adattamento è così tutto rivolto a riscoprire quella vena aurea, luminosa che scorre nel sottosuolo della magistrale opera di Melville e che caratterizza buona parte della letteratura moderna: la vena di quei profeti che prima e meglio di tutti hanno intravisto un barlume di Vero nelle profondità dell’uomo e del suo Mistero sulla Terra. Herman Melville è stato un profeta, e Moby Dick rappresenta il suo maggiore testamento, un racconto nel quale altri racconti confluiscono come correnti nell’oceano”. Nella lettura Alessandro Preziosi è accompagnato dal live electronics di Paky De Maio. 25 giugno 2018

Una serata con Albert Camus al Napoli Teatro Festival: in scena Renato Carpentieri

Annalisa Nuzzo

Un ex avvocato di successo fa, da virtuoso, una confessione pubblica: si accusa con ironia e sarcasmo, di colpe, di debolezze e di egoismi, per costruire una maschera in cui tutti possano arrivare a riconoscersi e a giudicarsi. Renato Carpentieri, nei giardini dell’Istituto di cultura Francese di Napoli, è il protagonista della riduzione per la scena del romanzo “La caduta” di Albert Camus con l’accompagnamento al violoncello di Federico Odling. Pubblicato nel 1956, un anno prima che Camus ricevesse il Premio Nobel e quattro anni prima della sua morte, “La caduta” è un monologo, in scena nell’ambito del Napoli Teatro Festival per il primo dei due appuntamenti dal titolo “Una serata con Albert Camus”. Ne “Il Malinteso”in scena alla Galleria Toledo si trova l’essenziale dei temi cari a Camus: la solitudine dell’uomo, le sue aspirazioni alla gioia, i suoi appelli all’amore, l’esilio, il suo desiderio di felicità che gli è negata da un Dio indifferente. La storia è una variante di una vecchia leggenda popolare, quella del soldato ricco di un grosso bottino al ritorno dalla guerra e ucciso dai suoi parenti.

25 giugno 2018

'Sei' di Scimone e Sframeli in scena al San Ferdinando

Ha la grazia bugiarda di un teatrino dell'infanzia la scena disegnata da Lino Fiorito per 'Sei', spazio metafisico in cui una compagnia di attori piuttosto sfigati, una prova che non si sa se...Leggi tutta la notizia Napoli Repubblica 25-06-2018 11:04 Categoria: CRONACA

25 giugno 2018

25/06/2018 RAI NEWS 24 22.00

25 giugno 2018

25/06/18 RAI 3 TGR CAMPANIA 19.30

IL MALINTESO

25 giugno 2018

25/06/2018 SKY SPORT24 18.30

SPORTOPERA

25 giugno 2018

25/06/2018 SKY SPORT24 16.30

AMICIZIE.EU

26 GIUGNO 2018 “Corde Oblique” a Palazzo Reale

Nell’ambito delle iniziative del Napoli Teatro Festival Italia diretto da Ruggero Cappuccio, il 5 luglio alle 22.00 a Palazzo Reale, Corde Obliquepresenta l’ultimo album LIVE Back through the liquid mirror. Il concerto in formazione completa, sarà l’unica data a Napoli per il 2018. L’evento si terrà nel giardino romantico con accesso da Piazza Trieste e Trento. Annalisa Madonna (voce) Rita Saviano (voce) Edo Notarloberti (violino) Umberto Lepore (basso) Alessio Sica (batteria) Riccardo Prencipe (chitarre) https://www.napoliteatrofestival.it/dopofestival-edizione-2018/

26 giugno 2018

PER DOMANI | I Cinque Continenti del Teatro | Presentazione volume MERCOLEDI 27 GIUGNO ORE 18.30 con gli autori EUGENIO BARBA E NICOLA SAVARESE | NEST

La serata si inscrive nel progetto MENTE COLLETTIVA (Masterclass per registi, drammaturghi, scenografi, dramaturg, diretta da Eugenio Barba, insieme a Lorenzo Gleijeses e Julia Varley) nell’ambito del Napoli Teatro Festival Italia 2018, ed è organizzata con il supporto della Casa del Contemporaneo di Napoli. 26 giugno 2018

Una mostra per celebrare i Trent’Anni dei Teatri Uniti A Napoli l’allestimento ospitato a Palazzo Reale

Teatri Uniti nasce a Napoli nel 1987, dall’unione di Falso Movimento, Teatro dei Mutamenti e Teatro Studio di Caserta, tre formazioni che dalla seconda metà degli anni Settanta avevano profondamente caratterizzato il panorama teatrale, con produzioni acclamate in Europa e negli Stati Uniti. Intorno ai tre registi fondatori Mario Martone, Toni Servillo e il compianto Antonio Neiwiller, Teatri Uniti si configura come un laboratorio permanente per la produzione e lo studio dell’arte scenica contemporanea. Intrecciando in maniera innovativa il linguaggio propriamente teatrale con quello della musica, delle arti visive, del cinema e dei nuovi media, sono stati realizzati allestimenti di testi classici e contemporanei sui più prestigiosi palcoscenici di quattro continenti, con l’affermarsi di individualità di spicco come Licia Maglietta e Andrea Renzi e la partecipazione di numerose altre personalità artistiche. Teatri Uniti ha prodotto inoltre alcuni significativi film indipendenti, spesso opere d’esordio di importanti autori e interpreti, premiati nei principali festival internazionali. La mostra intende testimoniare la dimensione plurale di Teatri Uniti e la sua natura di casa artistica e produttiva dalle porte aperte, transito di fecondi sodalizi e di incroci creativi, profondamente radicato sul territorio della Regione Campania e capace di diffonderne la cultura nel mondo. La mostra realizzata da SCABEC spa, FONDAZIONE CAMPANIA DEI FESTIVAL e TEATRI UNITI; Curatela Maria Savarese; coordinamento scientifico Laura Ricciardi per l’Archivio di Teatri Uniti; sarà ospitata nella Sala Dorica di Palazzo Reale a Napoli dal 1 luglio al 2 ottobre 2018. L’allestimento, ad ingresso libero, sarà aperto dalle ore 9.00 alle ore 21.00 dal 1 al 7 luglio (durante il Napoli Teatro Festival) e dall’8 luglio al 2 ottobre dalle ore 9.00 alle ore 19.00. Chiuso il mercoledì.

26 giugno 2018

“Sei” di Scimone e Sframeli è una lezione su come mettere in scena Pirandello senza soccombergli Al Napoli Teatro Festival Italia diretto da Ruggero Cappuccio è andato in scena, con gran successo di pubblico, “Sei” di Scimone e Sframeli, adattamento di “Sei personaggi in cerca d’autore” di Luigi Pirandello. Ne viene fuori una pièce che riunisce il linguaggio teatrale della compagnia siciliana con la lingua del grande maestro. Massimiliano Virgilio

Da anni vado trastullandomi, probabilmente errando, su un totem che accompagna ogni mia analisi preventiva di cartellone di teatro o festival più o meno stabile della nostra penisola che presenta al suo interno un titolo del premio Nobel siciliano: "Pirandello non si può mettere più in scena, al di là della genialità è un codice consunto, i nostri attori e registi ormai ne colgono solo la linea classica, defunta, netta e borghese come la loro estrazione…".

Invece un giorno succede, dopo un passaparola viaggiato alla velocità della luce in questi giorni tra addetti ai lavori e pubblico più attento di quest'edizione del Napoli Teatro Festival Italia diretto da Ruggero Cappuccio, di andare a teatro investendo sulla fiducia che da sempre è cosa buona e giusta riservare negli spettacoli della Compagnia Scimone Sframeli (che lo scorso anno con la pièce "Amore" si era distinta per il trionfo agi Ubu) e scoprire che non solo il teatro di Luigi Pirandello è ancora rappresentabile, ma che lo può essere con esiti straordinariamente positivi e, soprattutto, senza smettere di portare in scena il proprio linguaggio.

Come succede a "Sei" di Spiro Scimone e Francesco Sframeli, costituito dai tipici orizzonti metafisici e reiterazioni verbali dal tono infantile e poetico del loro teatro, su una scena sapientemente disegnata dall'artista Lino Fiorito e con un contrappunto in salsa sicula che oscilla tra contemporaneità e passato, tra fiaba e realismo da "Bar", senza mai perdere di vista l'amore verso il modello. Quei "Sei personaggi in cerca d'autore" di Luigi Pirandello liberamente adattato da cui, come tutti i maestri, ci si è accortamente tenuti lontano per tutta la carriera. Fino a oggi. Quando il duo siciliano di "Nunzio" e "Giù" ha intrapreso la via della riscrittura prendendo il padre, mutilandolo dove necessario, rispettandolo senza incensarlo, giocandolo sempre sul crinale della leggerezza a un passo dalla soglia del dramma.

Il grido di dolore de La Madre, interpretata da Giulia Weber, al cospetto de La Figlia affogata nella classica scena del giardino, tanto per fare un esempio, ci trapassa di dolore, rubandoci dalle labbra la risata che un'istante prima come spettatori avevamo incarnato seguendo lo svolgersi del filo umoristico generato dalla dinamica del teatro nel teatro di matrice pirandelliana. Ma soprattutto lo fa concedendo alla compagnia di restare in fondo in fondo se stessa, con quell'aria da proletari meridionali sempre un po' confusi sullo sfondo, come suggerisce la prossemica di Francesco Sframeli nella scena del bordello in cui Il Padre sta per andare a letto con La Figliastra (Zoe Pernici). Quasi a incarnare una sorta di dimensione primitiva e innocente, ferina quanto basta, di una Sicilia e di un Sud forse mai esistiti, nemmeno in Pirandello, in cui il cast (oltre ai già citati, Gianluca Cesale, Salvatore Arena, Bruno Ricci, Maria Silvia Greco, Mariasilvia Greco e Miriam Russo) sembra trovarsi perfettamente a proprio agio in quel Teatro San Ferdinando che fu di Eduardo De Filippo.

26 giugno 2018 UNA SURREALE DISTOPIA

Una drammaturgia contemporanea e distopica, una regia precisa, una recitazione di buon livello qualitativo: gli ingredienti base di questa Trilogia dell’indignazione – spettacolo andato in scena in data secca al Napoli Teatro Festival nell’ambito della sezione Osservatorio – si combinano per dar vita a una messinscena ben congegnata e funzionante. Prendendo le mosse dalla scrittura di Esteve Soler, drammaturgo catalano contemporaneo, si delineano sette quadri successivi, tutti ambientati attorno a una struttura a forma di gabbia aperta, formata da scomparti ruotanti attorno a un fulcro centrale che, diversamente orientandosi di scena in scena vanno a formare l’ambientazione precipua di ciascun quadro recitativo: i titoli dei singoli quadri “contra el progreso”, “contra l’amor”, “contra la democracia” – esplicitati nella lingua originaria del testo, come a rimarcarne l’origine drammaturgica – sono le linee guida dichiarate di questa quadreria surreale, che si sussegue secondo un ritmo preciso, scandito con un rigore geometrico nella forma del congegno scenico, che si ripete con uno schematismo acutamente congegnato, volto a sottolinreare, nel surreale impianto dialogico di ciascun quadro, la concezione didascalica dei contenuti, sviluppata attorno a tre cardini fondamentali del vivere. I sette quadri che compongono la trilogia raccontano storie grottesche e surreali, calate in un presente distopico ma non troppo, in cui assistiamo alla reificazione di Dio nel moderno concetto di azienda, all’amore indotto e governato da pillole che ottundono la volontà e il libero impulso all’interno di una coppia, alla contrattualizzazione asettica dei rapporti, compresa la procreazione – non assistita ma “acquistata” – alla desertificazione di un paesaggio urbano in cui gli individui superstiti si designano come incognite (x, y, z), alla frantumazione non solo simbolica ma ‘fisica’ di una coppia all’interno di un albergo, alla cosciente cinica e dichiarata eliminazione fisica di una figlia da parte di due genitori che vedranno infine il suo spettro apparir loro dallo schermo televisivo davanti al quale consumano la propria narcotizzazione indotta. I quattro attori (Roberta Astuti, Sara Missaglia, Enrico Ottaviano e Chiara Vitiello) sono in scena abbigliati in vesti bislacche ciascuna di un colore differente – cromie richiamate anche dai disegni, a loro volta geometrici, che vediamo sul fondale – e che parrebbero voler evocare la moda possibile di un tempo futuro, spostando l’ambientazione da un’idea di presente a quella di una scatola (una gabbia) senza tempo e non precisamente dislocata in un dato spazio geografico; questo perché le tematiche fondamentali di cui si fa evocazione hanno intento d’universalità, al di là del dove, e sono calate in un tempo che, pur preconizzando un futuro deteriore, sembra alludere a potenzialità negative germinanti nell’oggi. La diversificazione delle dinamiche inscenate avviene attraverso la reiterazione programmatica di fasi fisse: a rotazione due dei quattro attori occupano lo spazio interno alla gabbia, un terzo entra e al quarto spetta un ruolo da voce fuori campo – a lato della scena – dal tono ora cantilenante a mo’ di messa cantata, ora lamentoso e quasi piangente, ora da telecronaca sportiva, ora suggerendo suspense, così fungendo da didascalie vive e esplicite, con tanto di dichiarazione di "buio" tra un quadro e quello successivo. Le situazioni proposte nello spazio conchiuso dalle pareti aperte di una gabbia parlano del reale attraverso il surreale, suggeriscono un’aderenza precipua al presente, a ciò che capita oggi nelle ciniche e bieche dinamiche interpersonali, politiche e sociali. La chiave surreale funge ottimamente da specchio distorto del presente, estremizzando situazioni grottesche, la cui carica ironica non nasconde ma anzi rimarca la disumanizzante banalità del male sempre più intrinseca a comportamenti umani improntati al più cinico utilitarismo e verso i quali sarebbe sacrosanto oltreché ‘naturale’ indignarsi. Specchio ustorio di una umanità poco umana, sempre più difforme dai crismi di un’etica che non sia quella arida del profitto e della convenienza concreta, la Trilogia dell’indignazione messa in scena da Giovanni Meola con un quartetto di attori che esegue con precisione lo spartito confezionato con rigore geometrico, restituisce una visione amara di quello che la nostra società sta progressivamente diventando. Lo fa attraverso una concezione registica che traduce la drammaturgia di Soler in una messinscena di grande chiarezza compositiva, che rende la parcellizzazione dei diversi quadri, tra loro indipendenti e non narrativamente interrelati, congrua a una visione d’insieme dalla quale emerge il progressivo avvicinamento del nostro tempo a un tempo altro, la cui distopia appare sempre meno distante, se non nelle forme, soprattutto per quanto concerne il panorama valoriale. Lavoro valido e degno d’interesse, questa Trilogia dell’indignazione, che però suggerisce un interrogativo irrisolto (e comune agli altri spettacoli che fanno parte di questa specifica parte del cartellone festivaliero) sulla programmazione in cui è inserito: fissato in un’unica replica, con possibilità minime se non nulle di essere visto da operatori del settore, viene legittimo domandarsi che senso abbia nell’ottica programmatica – e nell’interesse dello spettacolo stesso, che meriterebbe per lo meno di poter essere visto per poter eventualmente circuitare – relegare questa e altre visioni a un’apparizione effimera e a un subitaneo oblio. Interrogativo non distopico ma effettivo di una situazione reale il cui senso appare venato d'alcunché di surreale.

26 giugno 2018 AL NEST TEATRO SI PRESENTA IL VOLUME "I CINQUE CONTINENTI DEL TEATRO"

La serata si inscrive nel progetto MENTE COLLETTIVA (Masterclass per registi, drammaturghi, scenografi, dramaturg, diretta da Eugenio Barba, insieme a Lorenzo Gleijeses e Julia Varley) nell'ambito del Napoli Teatro Festival Italia 2018, ed è organizzata con il supporto della Casa del Contemporaneo di Napoli. Mercoledi 27 giugno alle ore 18.30 presso il Teatro Nest, in via Bernardino Martirano 17 - San Giovanni a Teduccio, gli autori Eugenio Barba e Nicola Savarese racconteranno, con la proiezione di alcuni filmati, la gestazione ventennale di questo opus che è il secondo volume sull’antropologia teatrale (Il primo è L’arte segreta dell’attore) e una storia del teatro eccentrica raccontata attraverso la storia transculturale delle tecniche dell’attore. Con loro interverranno, ad alimentare il dibattito, Alfonso Amendola professore associato di Sociologia degli audiovisivi sperimentali presso l’Università degli Studi di Salerno e Alex Giordano direttore scientifico Societing4.0 / Responsabile "Digitalizzazione e Impresa 4.0” Università Federico II di Napoli.

L’OPERA «Da dove vengo? Chi sono? Dove vado? Per rispondere a queste domande dobbiamo rivedere da un’altra prospettiva le innumerevoli forme, esperienze, reperti e misteri che la storia della nostra professione ci tramanda. È l’unico modo di costruirci una bussola personale per attraversare i cinque continenti del nostro mestiere: quando, dove, come, per chi e perché si fa teatro» (Eugenio Barba).

I due autori de “L’arte segreta dell’attore” completano la loro ricerca sui presupposti dello spettacolo indagando, in questo libro, le tecniche ausiliarie che, nella loro varietà e materialità, riguardano: le diverse circostanze e i tempi che generano gli spettacoli teatrali; gli aspetti economici e organizzativi; le informazioni da dare al pubblico; gli spazi dello spettacolo e quelli degli spettatori; l’illuminazione, l’acustica, la scenografia, il trucco, il costume e gli accessori; il rapporto che si stabilisce tra attore e spettatore; il modo di viaggiare degli attori e persino degli spettatori. Si tratta della cultura materiale dell’attore organizzata intorno alla doppia spirale di tecniche del corpo-mente e tecniche ausiliarie.

26 giugno 2018

Alessandro Preziosi legge Melville a Salerno: è l’uomo contro il male L'attore: «L’obiettivo della serata è dare un messaggio di speranza» L’attore Alessandro Preziosi torna a Salerno dopo essere stato protagonista quest’intervo al Teatro Verdi di uno spettacolo su Van Gogh. Tutt’altra ambientazione questa volta per l’attore napoletano, che ha un legame speciale con Salerno: Preziosi stasera alle 21,30 nell’atrio del Duomo di Salerno sarà protagonista della lettura del capolavoro di Herman Melville , Moby Dick nell’ambito dell’undicesima edizione del Napoli Teatro Festival Italia diretto da Ruggero Cappuccio . «Ma se Moby Dick rischia di sembrare ad una prima scorsa un libro cupo e disperato – sottolinea Alessandro Preziosi – , l’obiettivo del recital è un percorso da fare con lo spettatore alla ricerca invece di un messaggio di speranza. L’adattamento è così tutto rivolto a riscoprire quella vena aurea, luminosa che scorre nel sottosuolo della magistrale opera di Melville e che caratterizza buona parte della letteratura moderna: la vena di quei profeti che prima e meglio di tutti hanno intravisto un barlume di Vero nelle profondità dell’uomo e del suo Mistero sulla Terra. Herman Melville è stato un profeta, e Moby Dick rappresenta il suo maggiore testamento, un racconto nel quale altri racconti confluiscono come correnti nell’oceano». La storia è di quelle che hanno appassionato generazioni di lettori: la vicenda dell’irriducibile capitano Achab, impegnato nella fatale caccia alla balena bianca. Scritto nel 1851 e pubblicato in Italia per la prima volta nel 1932, grazie alla traduzione di Cesare Pavese , il libro di Melville è uno di quei titoli che lascia il segno. E’ il racconto epico della lotta dell’uomo contro i suoi mostri. L’oceano, con la sua forza oscura e immensa, è il campo di battaglia, mentre la potente balena bianca è il nemico da sconfiggere, simbolo di tutte le paure, le angosce e le ossessioni capaci di abbattere lo spirito. Alessandro Preziosi, al fianco di Achab, accompagna lo spettatore in questo viaggio fino agli abissi dell’animo umano, aiutandolo a decifrare il labirinto di avventure, simboli e filosofie che ne hanno fatto un moderno mito. Per l’attore quel racconto fa capire «la primavera esistenziale che nel quotidiano sfugge di continuo, i rari, preziosi momenti in cui possediamo una visione, la lotta strenua per conservarne il ricordo nella spasmodica ricerca del porto dove il Male finalmente ci darà tregua». La lettura di Alessandro Preziosi per la drammaturgia diTommaso Mattei , è accompagnata dai live electronics di Paky De Maio . Biglietteria al Duomo di Salerno aperta dalle 20.30. 26 giugno 2018

7 MOSTRE PER IL NAPOLI TEATRO FESTIVAL 2018

Oltre ai tanti spettacoli teatrali, ai concerti agli eventi di danza e ai tanti altri progetti, l’undicesima edizione del Napoli teatro Festival Italia, ci presenta anche delle mostre presenti in una sezione speciale con ben sette interessanti appuntamenti distribuiti tra splendidi luoghi cittadini come il Museo Madre, Palazzo Reale, Palazzo Fondi e presso la Chiesa dei 63 Sacerdoti sempre a NapoliMuseo Madre – 1977-2018 Mario Martone al Madre Dal 2 giugno al 3 settembre 2018 – Il museo di arte moderna di via Settembrini 79 a Napoli , per i quarant’anni di attività del regista napoletano, fondatore nel 1979 del gruppo teatrale Falso Movimento, il Museo Madre presenta il primo progetto di vera e propria produzione filmica per la gestione dell’Archivio Mario Martone. Maggiori informazioni 1977-2018 Mario Martone al Museo Madre Palazzo Reale – Giuseppe Tomasi di Lampedusa (1896-1957): Un lettore Europeo a Palazzo Reale Dall’8 giugno al 10 luglio – Giuseppe Tomasi di Lampedusa scrisse uno dei maggiori capolavori della letteratura del novecento, Il gattopardo. Nel 1963 Luchino Visconti ne trasse l’omonimo film, interpretato da Claudia Cardinale, Alain Delon e Burt Lancaster, che quell’anno vinse la Palma d’Oro al Festival di Cannes. La mostra, in cui si possono apprezzare le lezioni di letteratura inglese (da Shakespeare a T.S. Eliot), francese (da Rabelais a Stendhal) e spagnola (da Cervantes a García Lorca), presenta un lettore eccezionale per ricordare oggi l’importanza della cultura europea. A cura di Gioacchino Lanza Tomasi e José Vicente Quirante Rives.La mostra si trova a Palazzo Reale di Napoli (Salone d’Ercole).Maggiori informazioni-Giuseppe Tomasi di Lampedusa (1896-1957): Un lettore Europeo a Palazzo Reale Palazzo Fondi – Sahara te quiero

Dall’8 giugno al 10 luglio – Una mostra fotografica a cura di Romeo Civilli realizzato durante scorso autunno il 6 novembre, il giorno del quarantaduesimo anniversario della Marcia verde, quando un fiume di cittadini e soldati marocchini, organizzati dal governo, si radunarono a Tarfaya, in attesa che il re desse il segnale per attraversare il confine con il Sahara Occidentale. Il 12 giugno alle ore 17.00 si terrà un incontro con Fatima Mahfud, Vice rappresentante del Fronte Polisario per l’Italia, Repubblica Araba Sahrawi. Maggiori informazioniSahara te quiero a Palazzo Fondi Chiesa dei 63 Sacerdoti – Tina Pica 1884-1968 Dal 15 giugno all’8 luglio – presso Quartieri Airots, Chiesa dei 63 Sacerdoti in via Carlo De Cesare 30 una particolare mostra su Tina Pica, grande caratterista, attrice di teatro e di cinema. La Pica nacque a Napoli il 31 marzo del 1884 e mori nel 1969 a 84 anni. A cinquant’anni dalla sua morte questa mostra la ricorda anche con un docufilm. In mostra 84 testimonianze, tra fotografie “di famiglia” e foto scattate sui set cinematografici, ritratti, locandine, articoli, copioni, oggetti appartenuti alla grande, popolare ed amata donna- personaggio. A cura di Giulio Baffi. Maggiori informazioni Tina Pica 1884-1968 Quartieri Airots – Chiesa dei 63 sacerdoti Palazzo Reale – 1987/2017 TrentAnni Uniti Dal 24 giugno al 2 ottobre – A Palazzo Reale, nella sala Dorica una mostra che ricorda la nascita di Teatri Uniti nato a Napoli nel 1987, dall’unione di Falso Movimento, Teatro dei Mutamenti e Teatro Studio di Caserta, tre formazioni che dalla seconda metà degli anni Settanta avevano profondamente caratterizzato il panorama teatrale, con produzioni acclamate in Europa e negli Stati Uniti. Una mostra che testimonia la dimensione plurale di Teatri Uniti e la sua natura di casa artistica e produttiva dalle porte aperte, profondamente radicato sul territorio della Regione Campania e capace di diffonderne la cultura nel mondo. A cura di Maria Savarese. Maggiori informazioni – 1987/2017 TrentAnni Uniti a Palazzo Reale

Palazzo Fondi – Abrégé d’histoire figurative

Dal 16 giugno all’8 luglio. Abrégé d’Histoire Figurative è un’installazione-expo di Domenico Mennillo mirante all’individuazione di tre concetti-figure (l’automa spirituale, l’atlante e la Wunderkammer) legati alla filosofia e alla cultura moderna occidentale per la creazione di un compendio (Abrégé) di figurazione visuale e poetica (Histoire Figurative). I veri protagonisti di questa installazione saranno dunque gli spettatori che deambuleranno in uno spazio della meraviglia costellato da oggetti, suoni, disegni, collage, macchine sonore e filmiche desuete, libri e carte fra le più disparate, uno spazio labirintico ideato come un vero e proprio DenkRaum, uno spazio del pensiero ove perdersi e ritrovarsi nella vastità delle architetture attraversate e delle visioni intraviste o intercettate». Nei giorni 16, 28 giugno e 8 luglio sono previste tre visite guidate a cura dell’artista, a partire dalle ore 17. Maggiori informazioni – Abrégé d’histoire figurative a Palazzo Fondi Museo Madre – On my Great Grandfather Steps Toward Ellis Island Dal 22 giugno. Il 19 novembre del 2015 Maurizio Igor Meta salpa dal porto di Napoli con una nave cargo per ripercorrere i passi del bisnonno Domenico, che, nel novembre del 1890, decise di partire per gli Stati Uniti, in cerca di fortuna e lavoro. Si fermerà a New York per tre mesi per abitare i luoghi dove il suo antenato visse e per andare alla ricerca delle ferrovie, alcune abbandonate, dove il bisnonno aveva lavorato. Nasce così “Ellis Island”, progetto multidisciplinare che comprende il Viaggio in nave cargo, il Solo Teatrale, un Documentario, un Libro e una Mostra. Maggiori informazioni On my Great Grandfather Steps Toward Ellis Island al Museo Madre

26 giugno 2018 7 Mostre per il Napoli Teatro Festival 2018

AuthorRino Mastropaolo

Oltre ai tanti spettacoli teatrali, ai concerti agli eventi di danza e ai tanti altri progetti, l’undicesima edizione del Napoli teatro Festival Italia, ci presenta anche delle mostre presenti in una sezione speciale con ben sette interessanti appuntamenti distribuiti tra splendidi luoghi cittadini come il Museo Madre, Palazzo Reale, Palazzo Fondi e presso la Chiesa dei 63 Sacerdoti sempre a Napoli.

Museo Madre – 1977-2018 Mario Martone al Madre Dal 2 giugno al 3 settembre 2018 – Il museo di arte moderna di via Settembrini 79 a Napoli , per i quarant’anni di attività del regista napoletano, fondatore nel 1979 del gruppo teatrale Falso Movimento, il Museo Madre presenta il primo progetto di vera e propria produzione filmica per la gestione dell’Archivio Mario Martone. Maggiori informazioni 1977-2018 Mario Martone al Museo Madre Palazzo Reale – Giuseppe Tomasi di Lampedusa (1896-1957): Un lettore Europeo a Palazzo Reale Dall’8 giugno al 10 luglio – Giuseppe Tomasi di Lampedusa scrisse uno dei maggiori capolavori della letteratura del novecento, Il gattopardo. Nel 1963 Luchino Visconti ne trasse l’omonimo film, interpretato da Claudia Cardinale, Alain Delon e Burt Lancaster, che quell’anno vinse la Palma d’Oro al Festival di Cannes. La mostra, in cui si possono apprezzare le lezioni di letteratura inglese (da Shakespeare a T.S. Eliot), francese (da Rabelais a Stendhal) e spagnola (da Cervantes a García Lorca), presenta un lettore eccezionale per ricordare oggi l’importanza della cultura europea. A cura di Gioacchino Lanza Tomasi e José Vicente Quirante Rives.La mostra si trova a Palazzo Reale di Napoli (Salone d’Ercole).Maggiori informazioni-Giuseppe Tomasi di Lampedusa (1896-1957): Un lettore Europeo a Palazzo Reale

Palazzo Fondi – Sahara te quiero

Dall’8 giugno al 10 luglio – Una mostra fotografica a cura di Romeo Civilli realizzato durante scorso autunno il 6 novembre, il giorno del quarantaduesimo anniversario della Marcia verde, quando un fiume di cittadini e soldati marocchini, organizzati dal governo, si radunarono a Tarfaya, in attesa che il re desse il segnale per attraversare il confine con il Sahara Occidentale. Il 12 giugno alle ore 17.00 si terrà un incontro con Fatima Mahfud, Vice rappresentante del Fronte Polisario per l’Italia, Repubblica Araba Sahrawi. Maggiori informazioni Sahara te quiero a Palazzo Fondi Chiesa dei 63 Sacerdoti – Tina Pica 1884-1968 Dal 15 giugno all’8 luglio – presso Quartieri Airots, Chiesa dei 63 Sacerdoti in via Carlo De Cesare 30 una particolare mostra su Tina Pica, grande caratterista, attrice di teatro e di cinema. La Pica nacque a Napoli il 31 marzo del 1884 e mori nel 1969 a 84 anni. A cinquant’anni dalla sua morte questa mostra la ricorda anche con un docufilm. In mostra 84 testimonianze, tra fotografie “di famiglia” e foto scattate sui set cinematografici, ritratti, locandine, articoli, copioni, oggetti appartenuti alla grande, popolare ed amata donna-personaggio. A cura di Giulio Baffi. Maggiori informazioni Tina Pica 1884-1968 Quartieri Airots – Chiesa dei 63 sacerdoti

Palazzo Reale – 1987/2017 TrentAnni Uniti Dal 24 giugno al 2 ottobre – A Palazzo Reale, nella sala Dorica una mostra che ricorda la nascita di Teatri Uniti nato a Napoli nel 1987, dall’unione di Falso Movimento, Teatro dei Mutamenti e Teatro Studio di Caserta, tre formazioni che dalla seconda metà degli anni Settanta avevano profondamente caratterizzato il panorama teatrale, con produzioni acclamate in Europa e negli Stati Uniti. Una mostra che testimonia la dimensione plurale di Teatri Uniti e la sua natura di casa artistica e produttiva dalle porte aperte, profondamente radicato sul territorio della Regione Campania e capace di diffonderne la cultura nel mondo. A cura di Maria Savarese. Maggiori informazioni – 1987/2017 TrentAnni Uniti a Palazzo Reale

Palazzo Fondi – Abrégé d’histoire figurative

Dal 16 giugno all’8 luglio. Abrégé d’Histoire Figurative è un’installazione-expo di Domenico Mennillo mirante all’individuazione di tre concetti-figure (l’automa spirituale, l’atlante e la Wunderkammer) legati alla filosofia e alla cultura moderna occidentale per la creazione di un compendio (Abrégé) di figurazione visuale e poetica (Histoire Figurative). I veri protagonisti di questa installazione saranno dunque gli spettatori che deambuleranno in uno spazio della meraviglia costellato da oggetti, suoni, disegni, collage, macchine sonore e filmiche desuete, libri e carte fra le più disparate, uno spazio labirintico ideato come un vero e proprio DenkRaum, uno spazio del pensiero ove perdersi e ritrovarsi nella vastità delle architetture attraversate e delle visioni intraviste o intercettate». Nei giorni 16, 28 giugno e 8 luglio sono previste tre visite guidate a cura dell’artista, a partire dalle ore 17. Maggiori informazioni – Abrégé d’histoire figurative a Palazzo Fondi Museo Madre – On my Great Grandfather Steps Toward Ellis Island Dal 22 giugno. Il 19 novembre del 2015 Maurizio Igor Meta salpa dal porto di Napoli con una nave cargo per ripercorrere i passi del bisnonno Domenico, che, nel novembre del 1890, decise di partire per gli Stati Uniti, in cerca di fortuna e lavoro. Si fermerà a New York per tre mesi per abitare i luoghi dove il suo antenato visse e per andare alla ricerca delle ferrovie, alcune abbandonate, dove il bisnonno aveva lavorato. Nasce così “Ellis Island”, progetto multidisciplinare che comprende il Viaggio in nave cargo, il Solo Teatrale, un Documentario, un Libro e una Mostra. Maggiori informazioni On my Great Grandfather Steps Toward Ellis Island al Museo Madre

26 giugno 2018

SPETTACOLI: Ntf18, il giovane coreografo libanese Ali Chahrour al Trianon (VIDEO)

NAPOLI- Un danzatore, due musicisti e un'attrice. In scena la memoria collettiva araba e i rituali legati al lutto, in cui le donne sono abitualmente destinate alle lamentazioni. Il giovane coreografo libanese Ali Chahrour dopo il successo all'ultimo Festival d'Avignon con Fatmeh e Leila's death, in un contesto sociale, politico e religioso in cui il corpo è spesso oggetto di censura, affronta gli attuali modelli di mascolinità e la superiorità che spesso viene loro attribuita in May he rise and smell the fragrance, in scena al teatro Trianon nell'ambito del Napoli Teatro Festival. Gli spettacoli di Chahrour rivisitano tradizioni saldamente ancorate, arrivando a cogliere i segreti dell'antica terra della Mesopotamia. In questo lavoro, che completa la trilogia, Ali Chahrour analizza i riti sciiti e le loro metamorfosi contemporanee.

26 giugno 2018

Non avrei mai pensato di scrivere di sport. Chi mi conosce sa che non sono amante dello sport né quello praticato né quello seguito. Ma sono curiosa e mi piace osservare e capire cosa porta l’uomo a praticarlo o ad appassionarsi, anche se in modalità passiva da osservatore. Gli antichi greci già avevano capito l’importanza dello sport per il corpo ma anche per la mente. Sicuramente un corpo ben allenato tonico è più bello da vedere e ci si sente meglio, energetici. Uno spettacolo del Napoli Teatro Festival, a cui ho assistito, mi ha ispirato a riflettere sul bisogno dell’uomo a provarsi in sport agonistici. La tendenza e voler vincere la staticità a cui la gravità ci lega. Lo sportivo agonistico in gara è in gara con se stesso prima di tutto e gareggia a nostro nome nel vincere la sfida verso il limite. Le gare automobilistiche sono puntate a vincere sulla velocità così nel ciclismo, nel calcio invece il controllo sulla palla. C’è sempre un mezzo l’auto, la bicicletta, il pallone che si frappone tra l’uomo e la sua sfida. Se non c’è, il mezzo diventa il tempo, la dimensione temporale da superare. I seguaci, gli spettatori si identificano, soffrono, tifano, esultano in un rito collettivo che li appassiona e li fa sentire in vincita con la vita. “La nuotatrice” un testo di Bill Broady interpretato magistralmente da Pamela Villoresi, induce sulla sfida con se stessi spesso giovanissimi che dedicano tempo della loro giovinezza a raggiungere un traguardo che li ripaghi, quando accade, per il resto della vita. Da una parte si sostituisce alla vita stessa: “Non era l’acqua in sé che amavi, ma quel senso di sospensione che ti dava un po’ l’illusione del volo.” Ma che lascia l’amaro di una vita dedicata in parte per poi vivere di una gloria passata che non può durare se non nel ricordo. Il tempo inesorabile stabilizza il corpo nella sua dimensione consona e limitante. L’uomo ha da sempre però, cercato di sorpassare i propri limiti fisici cercando di volare, di vincere la forza del mare con la vela, dell’onda con il surf. I più temerari sfidano le leggi della gravità librandosi in aria con un salto in lungo e lo fanno anche per noi che ci identifichiamo con chi la vince questa sfida o almeno ci prova. Bene lo sport per i piccoli per far nascere in loro la passione di una sfida e vincere la loro indole pigra. Confrontarsi con i pari per sviluppare una sana competitività a cui la vita inevitabilmente ti riporta. Non si sostituisca però mai all’allenamento della mente, quella sì, senza limiti che varca ogni confine e possibilità, se costantemente allenata. La qualità della vita di un anziano non è proporzionato allo sport effettuato, ma alla cultura e all’allenamento della mente di sicuro. Per cui viva lo sport e la passione per esso, ma siate moderati alla lunga lo sport logora!

26 giugno 2018

Nell’ambito delle iniziative del Napoli Teatro Festival Italia diretto da Ruggero Cappuccio, il 5 luglio alle 22.00 a Palazzo Reale, Corde Oblique presenta l’ultimo album LIVE Back through the liquid mirror. Il concerto in formazione completa, sarà l’unica data a Napoli per il 2018. L’evento si terrà nel giardino romantico con accesso da Piazza Trieste e Trento. Annalisa Madonna (voce) Rita Saviano (voce) Edo Notarloberti (violino) Umberto Lepore (basso) Alessio Sica (batteria) Riccardo Prencipe (chitarre) Corde Oblique – “Back through the liquid mirror” (european edition: Dark Vinyl/Audioglobe – Germany 2018) (asian edition – CD + DVD – Dying Art Productions – China 2018) Back through the liquid mirror (Audio / Video release) “Guardare al passato come qualcosa che pulsa e continua a scorrere”, è questo il concetto base del nuovo album dei Corde Oblique LIVE. La band si è riunita per un giorno in studio di registrazione e ha reinterpretato i classici del proprio repertorio attraverso lo “specchio liquido” del presente, tutto d’un fiato. L’esibizione è stata audio registrata, ma anche filmata in Full HD. Questa release offre la possibilità a chiunque acquisti l’album di ottenere un link gratuito per guardare in streaming ad alta risoluzione l’intera performance video, intervallata da simpatici momenti di backstage e brevi videointerviste.

26 giugno 2018

26 giugno 2018 “Sei” da Pirandello a Spiro Scimone al Napoli Teatro Festival 2018 Cambiano gli interpreti, le compagnie e i palcoscenici ma la profondità del teatro è tale da potervi ancora attingere, e ancora, e ancora. Un’ulteriore conferma si è avuta ieri sera al Teatro San Ferdinando di Napoli dove la Compagnia Scimone Sframeli ha debuttato, per il Napoli Teatro Festival, con “Sei”, adattamento leggermente ridotto della prima opera teatrale dell’autore de “Il fu Mattia Pascal”. L’intento è chiaro fin dalla prima scena. Spiro Scimone e il registra Francesco Sframeli hanno fuso il linguaggio pirandelliano con il loro, così da dare nuova linfa al testo e alla sua conseguente riproposizione scenica.

26 giugno 2018

Napoli Teatro Festival, passi di danza sulle note di Bach

Napoli Teatro Festival, passi di danza sulle note di Bach Esibizione al Teatro Trianon Viviani per il Duo Goldberg. Musica Johann Sebastian Bach, coreografia e danza Adriana Borriello, pianoforte Gilda Buttà consulenza musicale per la coreografia Giovanni Bacalov, disegno luci Giovanni Marocco.

26 giugno 2018

Sabato 30 giugno alle ore 18,30, nella Sala Dorica del Palazzo Reale di Napoli, sarà inaugurata Trent’anni Uniti la mostra dedicata a una delle compagnie teatrali più importanti della cultura napoletana e non solo: Teatri Uniti.

Fondata nel 1987 da Mario Martone, Toni Servillo e il compianto Antonio Neiwiller, Teatri Uniti nasce dall’esperienza di Falso Movimento, Teatro dei Mutamenti e Teatro Studio di Caserta, tre formazioni che già dalla seconda metà degli anni Settanta avevano profondamente caratterizzato il panorama teatrale, con produzioni acclamate in Europa e negli Stati Uniti.

Teatri Uniti si configura come un laboratorio permanente per la produzione e lo studio dell’arte scenica contemporanea e si basa sull’intreccio di più linguaggi: quello del teatro, in primis, ma anche quello della della musica, delle arti visive, del cinema e dei nuovi media.

Grazie a quest’intreccio e dalla continua volontà di sperimentare, Teatri Uniti ha realizzato allestimenti di testi classici e contemporanei sui più prestigiosi palcoscenici di quattro continenti e ha prodotto alcuni significativi film indipendenti, spesso opere d’esordio di importanti autori e interpreti, premiati nei principali festival internazionali.

Qualche esempio?

Mario Martone con Morte di un matematico napoletano (Gran Premio della Giuria a Venezia 1992) e L’amore molesto (Cannes 1995), Stefano Incerti con Il verificatore (Venezia 1995) e Gorbaciòf (Venezia 2010), Paolo Sorrentino con L’uomo in più (Venezia 2001) e Le conseguenze dell’amore (Cannes 2004), Mimmo Paladino con Quijote (Venezia 2006), Pippo Delbono con Grido (Roma 2006).

Nei suoi 30 anni di attività, oltre ai nomi già citati, Teatri Uniti ha visto la partecipazione creativa di numerosi autori e artisti, fra i quali Licia Maglietta, Andrea Renzi, Peter Gordon, Enzo Moscato, Thierry Salmon, Leo De Berardinis, Steve Lacy, Fabrizia Ramondino, Carlo Cecchi, Anna Bonaiuto, Lino Fiorito, Roberto De Francesco, Iaia Forte, Peppe Lanzetta, Cesare Garboli, Stefano Incerti, Pasquale Mari, Marco Baliani, Andrea De Rosa, Francesco Saponaro, Enrico Ianniello, Tony Laudadio, Peppe Servillo, Cesare Accetta, Agostino Ferrente, Giovanni Piperno, Massimiliano Pacifico, Enrico Ghezzi, Mimmo Paladino, Daghi Rondanini, Franco Marcoaldi, Fabio Vacchi, Vitaliano Trevisan, Giuseppe Montesano, Paolo Sorrentino, Iacopo Quadri, Silvio Soldini, Pippo Delbono, Fabio Tanzarella, Pau Mirò, Silvana Grasso, Vladimir Denissenkov, Marco Lena, Giorgio Battistelli.

La mostra 1987 / 2017 Trent’Anni Uniti intende, dunque, testimoniare la sua dimensione plurale e la sua natura di casa artistica e produttiva dalle porte aperte, transito di fecondi sodalizi e di incroci creativi.

Realizzata da SCABEC spa, FONDAZIONE CAMPANIA DEI FESTIVAL e TEATRI UNITI e curata da Maria Savarese con il coordinamento scientifico Laura Ricciardi per l’Archivio di Teatri Uniti, l’esposizione sarà visitabile durante il Napoli Teatro Festival (dal 1 al 7 luglio) dalle ore 9,00 alle 21.30, e dal 8 luglio al 2 ottobre 2018 dalle ore 9,00- 19,00, tutti i giorni tranne il mercoledì. L’ ingresso è libero.

26 giugno 2018

Moby Dick, il capolavoro della letteratura americana, sbarca al Napoli Teatro Festival per accompagnarci negli abissi più profondi dell’oceano e dei nostri animi. Moby Dick andrà in scena al Duomo di Salerno, martedì 26 giugno, alle ore 21.30, grazie alla produzione della Khora Teatro, con la drammaturgia di Tommaso Mattei, il live electronics di Paky De Maio. Leggerà Alessandro Preziosi. Achab e la balena bianca Moby Dick, uno dei più intramontabili capolavori della letteratura americana e mondiale, è la storia dell’irriducibile capitano Achab, impegnato nella fatale caccia alla balena bianca, che ha affascinato generazioni di lettori e continua a farlo ancora, nonostante la veneranda età. Scritto nel 1851 e pubblicato in Italia per la prima volta nel 1932, grazie alla stupenda traduzione di Cesare Pavese, il libro di Melvilleè uno di quei titoli che difficilmente passa inosservato nelle vite di chi lo incontra. Si tratta infatti non solo di una cronaca enciclopedica della quotidianità delle baleniere, ma soprattutto di un racconto dell’epica e infinita lotta dell’uomo contro i suoi mostri. L’oceano, con la sua forza oscura e immensa, è il campo di battaglia, mentre la potente balena bianca è l’ancestrale nemico da sconfiggere, simbolo di tutte le paure, le angosce e le ossessioni capaci di abbattere lo spirito. Il simbolismo di Moby Dick “Ma se Moby Dick rischia di sembrare ad una prima scorsa un libro cupo e disperato, l’obiettivo del recital è un percorso da fare con lo spettatore alla ricerca invece di un messaggio di speranza.” Dichiarano dalla produzione. “L’adattamento è così tutto rivolto a riscoprire quella vena aurea, luminosa che scorre nel sottosuolo della magistrale opera di Melville e che caratterizza buona parte della letteratura moderna: la vena di quei profeti che prima e meglio di tutti hanno intravisto un barlume di Vero nelle profondità dell’uomo e del suo Mistero sulla Terra. Herman Melville è stato un profeta, e Moby Dick rappresenta il suo maggiore testamento, un racconto nel quale altri racconti confluiscono come correnti nell’oceano. La lettura di Alessandro Preziosi, accompagnato dal live electronics di Paky De Maio, ha l’intento di far comprendere appieno la pendolarità della condizione umana nel descrivere in modo incomparabile l’eterno rimpianto e allo stesso tempo l’incurabile struggimento che ognuno di noi spinge sempre avanti, sempre altrove. La primavera esistenziale che nel quotidiano sfugge di continuo, i rari, preziosi momenti in cui possediamo una visione, la lotta strenua per conservarne il ricordo nella spasmodica ricerca del porto dove il Male finalmente ci darà tregua. Alessandro Preziosi, al fianco di Achab, accompagna lo spettatore in questo viaggio fino agli abissi dell’animo umano, aiutandolo a decifrare il labirinto di avventure, simboli e filosofie che ne hanno fatto un moderno mito. Allora alla fine di questo viaggio potremo dire con Enzo Paci: – La balena non è la fatalità del male, ma la possibilità del bene, la possibilità di trasformare il negativo in positivo”. 26 giugno 2018

26 giugno 2018

Ntf18, il giovane coreografo libanese Ali Chahrour al Trianon

Annalisa Nuzzo Un danzatore, due musicisti e un’attrice. In scena la memoria collettiva araba e i rituali legati al lutto, in cui le donne sono abitualmente destinate alle lamentazioni.

Il giovane coreografo libanese Ali Chahrour dopo il successo all’ultimo Festival d’Avignon con Fatmeh e Leila’s death, in un contesto sociale, politico e religioso in cui il corpo è spesso oggetto di censura, affronta gli attuali modelli di mascolinità e la superiorità che spesso viene loro attribuita in May he rise and smell the fragrance, in scena al teatro Trianon nell’ambito del Napoli Teatro Festival.

Gli spettacoli di Chahrour rivisitano tradizioni saldamente ancorate, arrivando a cogliere i segreti dell’antica terra della Mesopotamia. In questo lavoro, che completa la trilogia, Ali Chahrour analizza i riti sciiti e le loro metamorfosi contemporanee. 26 giugno 2018 Napoli Teatro Festival Italia 2018, Enzo Gragnaniello & Solis String Quartet in anteprima nel Duomo di Amalfi Raf Santillo

Un’anteprima assoluta quella che attende il pubblico del Napoli Teatro Festival Italia, sabato 30 giugno: dalle ore 21,30, infatti, nella suggestiva cornice del Duomo di Amalfi (SA) Enzo Gragnaniello ed i Solis String Quartet presenteranno in concerto il progetto dal titolo “In viaggio coi Poeti. Tra note e versi”, il cui disco uscirà entro la fine dell’anno 2018.“Esiste un territorio musicale di confine, sospeso tra sogno e realtà, in cui non conta la lingua che si adoperi, perché l’unico alfabeto ammesso è quello delle emozioni, dei sentimenti. In quel territorio, appunto, si muovono Enzo Gragnaniello e il Solis String Quartet attraverso questo progetto. Il loro può essere letto come un viaggio appassionato nella galassia dei cantautori di ogni paese, ma assomiglia ai viaggi romantici di Salgari, di quelli compiuti senza mai muoversi da casa perché quello che conta, nel mondo della canzone, è l’universo che si coltiva dentro, nel profondo dell’anima. Un universo infinitamente sfaccettato, seducente, magico eppure declinabile da un’unica voce d’interprete, italiana e mediterranea solo per caso, o forse no. Jacques Brel, Tom Waits, Chico Buarque, Leonard Cohen e tanti altri poeti della musica diventano, dunque, ideali compagni d’avventura in una passeggiata d’autore, compiuta e raccontata con spirito libero ed il doveroso rispetto che si deve, in ogni circostanza, alle cose più belle.” (Stefano Valanzuolo)