Walter Baricchi Rinascimento urbano nelle piccole capitali padane

Massimo Pirondini Lelio Orsi, aggiornamenti ed inediti

Massimo Pirondini Lelio Orsi, gli acquisti del Museo Gonzaga di Novellara

Maria Cristina Costa Castello Querciola e un’opera giovanile di Lelio Orsi

Pierluigi Carofano Correggio o Lelio Orsi ? Precisazioni intorno ad una nuova versione dell’Agonia di Cristo nell’Orto del Getsemani

Giancarlo Grassi Un disegno inedito per la facciata della cattedrale di

Emilio Negro Prospero Clemente: un’inedita Madonna col Bambino e un disegno

Alessandra Bigi Iotti «…un maistro che s’accorda benissimo all’oppenion di Messer Lelio…». Pietro Motta e il giovane alla corte di Novellara

Giulio Zavatta Pompeo Pedemonte, Giulio Rubone e Raffaellino da Reggio nel cantiere della Sala del Fico a Novellara

Marco Ciampolini Il Cinquecento emiliano nelle collezioni senesi

Antonio Vannugli L’oratorio del Gonfalone: cronologia e stato degli studi Orsi a Novellara Un grande manierista in una piccola corte Atti della giornata di studi Novellara, Teatro della Rocca, 19 - 20 novembre 2011 Orsi a Novellara: un grande manierista in una piccola corte Atti della giornata di studi Novellara, Teatro della Rocca, 19 - 20 novembre 2011

A cura di: Alessandra Bigi Iotti Giulio Zavatta

Coordinamento organizzativo: Elena Ghidini Massimo Pirondini

Ringraziamenti Maria Gabriella Barilli, Laura Bedini, Laura Carlini, Stefano Casciu, Elena Corradini, Maria Rita D’Amato, Domenico Federico, Daniela Ferriani, Nicoletta Giordani, Gabriella Golluccio, Olga Guerra, Elisabetta Landi, Gian Carlo Lombardini, Andrea Luosi, Franco e Isabella Malaguti, Angelo Mazza, Giuseppe Meglioli, Luciana Morellini, Marzia Moreni, Umberto Nobili, Giovanna Paolozzi Strozzi, Anna Maria Piccinini, Pro Loco di Novellara, Francesca Raboni, Scuola elementare di Novellara (insegnanti e allievi classi V), Maria Grazia Silvestri, Claudio Strinati, Mirko Tutino, Marco Villa, Mariarosa Villani.

Referenze fotografi che: Archivio fotografi co dei Musei Civici di Reggio Emilia; Archivio fotografi co della Pinacoteca di Faenza; Civico Gabinetto dei Disegni del Castello Sforzesco di Milano; Istituto Nazionale per la Grafi ca di Roma (per gentile concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali); Archivio Comunale di Novellara; Archivio fotografi co del Museo di Novellara; Studio Costa; Giulia Baczynski; Soprintendenza BSAE di Siena e Grosseto); Fabio e Andrea Lensini, Siena (immagine n. 21, Ciampolini); Christie’s Images Limited; Archivio fotografi co Banca Monte dei Paschi di Siena; Soprintendenza BSAE di e Reggio Emilia; Biblioteca Panizzi di Reggio Emilia; Studio Severi, Reggio Emilia; Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffi zi; Wellington Museum, Londra; Museo del Louvre, Parigi; National Gallery, Londra; Metropolitan Museum, New York; Fernando Corradini, Novellara; Fausto Franzosi, Guastalla; Pietro Parmiggiani, Correggio; Giulio Pelli, Guastalla; Ennio Saccani per Sirio Skyteam; Claudio Torreggiani, Novellara

Alcune immagini fotografi che appartengono ad archivi o pubblicazioni di cui non si conoscono autori, proprietari o committenti. La loro pubblicazione in questo volume ha uno scopo scientifi co privo di fi nalità di lucro. Il Comune di Novellara resta comunque disponibile a corrispondere, a chi dimostrerà di esserne titolare, eventuali diritti secondo quanto previsto dalla legge italiana.

Pubblicazione promossa da: Comune di Novellara, Assessorato alla Cultura

Con il patrocinio di: Soprintendenza BSAE di Modena e Reggio Emilia IBC – Regione Emilia Romagna Provincia di Reggio Emilia

Con il contributo di: Provincia di Reggio Emilia C.S.R. Modena

In collaborazione con: A Regola d’Arte

Progettazione grafi ca: Emanuele Bruscoli, Agenzia NFC - Rimini

Catalogo edito da: Agenzia NFC - Rimini

ISBN: 9788867260041

® 2012 - Tutti i diritti sono riservati Tutti i diritti sono riservati. È vietata la riproduzione anche parziale dell’opera, in ogni forma e con ogni mezzo, inclusi la fotocopia, la registrazione e il trattamento informatico, senza l’autorizzazione del possessore dei diritti. 19 Walter Baricchi Rinascimento urbano nelle piccole capitali padane

25 Massimo Pirondini Lelio Orsi, aggiornamenti ed inediti

41 Massimo Pirondini Lelio Orsi, gli acquisti del Museo Gonzaga di Novellara

47 Maria Cristina Costa Castello Querciola e un’opera giovanile di Lelio Orsi

55 Pierluigi Carofano Correggio o Lelio Orsi ? Precisazioni intorno ad una nuova versione dell’Agonia di Cristo nell’Orto del Getsemani

63 Giancarlo Grassi Un disegno inedito per la facciata della cattedrale di Reggio Emilia

73 Emilio Negro Prospero Clemente: un’inedita Madonna col Bambino e un disegno

79 Alessandra Bigi Iotti «…un maistro che s’accorda benissimo all’oppenion di Messer Lelio…». Pietro Motta e il giovane Raffaellino da Reggio alla corte di Novellara

93 Giulio Zavatta Pompeo Pedemonte, Giulio Rubone e Raffaellino da Reggio nel cantiere della Sala del Fico a Novellara

107 Marco Ciampolini Il Cinquecento emiliano nelle collezioni senesi

125 Antonio Vannugli L’oratorio del Gonfalone: cronologia e stato degli studi

141 Indice dei nomi

Giulio Zavatta Pompeo Pedemonte, Giulio Rubone e Raffaellino da Reggio nel cantiere della Sala del Fico a Novellara

quecento a Reggio Emilia2 (1985) ha pubblicato alcune immagini della Sala del Fico ad illu- strare la vita di Raffaellino da Reggio, ma con riferimento a un «artista (modenese?) della seconda metà del XVI secolo», co- gliendo referenze di Nicolò dell’Abate, ma 1. Nella pagina a fi anco, Sala del Fico, contestualizzandole, giustamente, a date soffi tto, Novellara, Rocca dei Gonzaga. avanzate del Cinquecento. Due anni dopo (1987)3, nel catalogo della mostra reggiana 2. Sala del Fico, dettaglio, Novellara, su Lelio Orsi, lo stesso Pirondini, sulla scor- Rocca dei Gonzaga. ta di documenti pubblicati in appendice da Elio Monducci che rivisiteremo in seguito, rileva la presenza a Novellara del mantova- Dopo il recente restauro sostenuto dall’IBC no Giulio Rubone e di Domenico Fredino Emilia Romagna, e nonostante alcune ipote- da che, con altri due compatrioti, si espresse da più studiosi – in vero per lo introdotto da Giovanni Battista Torbido, più a margine di saggi o articoli non specifi - fu incaricato di dipingere nel «salotto della ci su questo ambiente della rocca di Novel- Signora», identifi cato proprio nella Sala del lara – restano ancora non poche le questioni Fico. Novità che non ebbero ulteriore ap- irrisolte per la cosiddetta Sala del Fico (fi gg. profondimento nel corso del convegno su 1-2). Lelio Orsi, tenuto tra Reggio Emilia e No- vellara a fi ne gennaio 1988, in pratica alla La Sala del Fico: il punto sugli studi chiusura della mostra allora in corso al Te- Vale la pena, brevemente, accennare al atro Valli, e i cui atti furono pubblicati nel presumibile motivo della sua realizzazione, 19904. e alla storia degli studi moderni, per con- Sempre nel 1988, Umberto Nobili, rifa- testualizzare la rilettura che proporremo in cendosi alle scoperte archivistiche di Mon- questa sede. Gli studiosi, concordemente, ducci, ricordava i nomi di Domenico Fre- ritengono che il camerino fu eseguito per dino e di «Luigi Carchieri», attribuendo celebrare le nozze tra Alfonso I Gonzaga e tuttavia gli affreschi a un indeterminato «ar- Vittoria di Capua fi glia di Giovanni Tomma- tista ferrarese della seconda metà del XVI so primo Marchese della Torre di Francoli- secolo»5. Alfonso Garuti nel 1997 ha asse- se, patrizio napoletano, e di Donna Faustina gnato la Sala del Fico a Domenico Fredino Colonna dei Duchi di Zagarolo, «amendue e Giovan Battista Torbido, ipotizzando l’at- ricchi di sostanze» come ricorda Davolio1. tività di un giovane Raffaellino da Reggio Nello stesso anno Alfonso I promosse la nelle scene della vita di San Giuseppe, sulla costruzione della chiesa collegiata di Santo scorta anche di fonti più antiche6 (fi gg. 3-4). Stefano, ed in particolare impresse una for- In seguito, Renato Berzaghi nel volume te accelerazione al cantiere da lunghi anni Manierismo a Mantova7 del 1998 ha avanzato 93 in stallo commissionando la facciata a Lelio in una nota l’ipotesi che «è forse possibile Orsi, e contemporaneamente pose mano riconoscere la mano di Rubone, seppure al teatro cinquecentesco, mentre andavano con diversa calligrafi a dovuta a scarti cro- avanti i lavori pittorici in rocca, al «Granaro» nologici, nella rocca di Novellara (Sala del e al Casino di Sopra. Fico), e in altre stanze del palazzo ducale di Massimo Pirondini, nella Pittura del Cin- Sabbioneta». 3-4. Domenico Fredino e Luigi Kar- cher, Scene della vita di San Giuseppe, Sala del Fico, Novellara, Rocca dei Gonzaga.

Cantieri pittorici in rocca nel 1567 in omaggio a Vittoria di Capua nella Sala del Fico, anche Vittoria di Capua: il torrione Nord-Est e la Sala se – come argomenteremo in seguito – gli del Fico affreschi di questo ambiente richiamano gli Il primo problema da considerarsi, è quale artisti citati nei documenti del 1567, ed in sia effettivamente il «salotto della Signora», particolare Giulio Rubone, e sono probabil- fi nora concordemente identifi cato proprio mente stati eseguiti nella medesima contin- nella Sala del Fico. Esiste infatti in rocca genza. un’altra stanza, al piano terreno del torrio- ne Nord-Est, caratterizzata da un ampio I pittori attivi nel 1567 per le stanze di Vittoria: soffi tto con volta a crociera, che determina Domenico Fredino, Luigi Karcher e Giulio Rubone quattro ampie lunette alle pareti (fi g. 5). In Dopo questa necessaria premessa, è pos- questa sala, purtroppo in pessimo stato di sibile ripercorrere e rileggere le carte pub- conservazione e in gran parte ancora coper- blicate da Monducci, integrandone altre, ta da una intonacatura moderna, affi orano tutte inerenti lo stesso periodo, cioè il giu- tracce – e talvolta solo ombre – di affreschi gno 1567, quando i lavori pittorici sembra- cinquecenteschi. Nelle lunette si intuiscono no avere una decisa accelerazione. Dispo- scene rettangolari inquadrate da un cartiglio, niamo, innanzitutto, di un vero e proprio e grottesche e festoni8 nel soffi tto a crociera. contratto. Il 5 giugno 1567 viene stipulata Tra i lacerti di queste pitture, purtroppo in infatti una convenzione tra il conte Alfon- uno stato di quasi totale illeggibilità, affi ora- so I Gonzaga, rappresentato da Francesco no comunque almeno due indizi: il primo è Sabbioni, e il pittore Domenico Fredino9. un cartiglio, che doveva trovarsi all’interno L’artista ferrarese avrebbe dovuto dipinge- di un fantasioso sistema decorativo, nel qua- re con due aiuti «il salotto della Signora», le è leggibile la data 1567 (MDL/XVII) (fi g. «tutta la volta et lunette fi no alli cornisoni» 6). In un secondo cartiglio è invece riportata e – aspetto molto importante – il tutto «se- la dicitura “VITTORIA/ COM NOV” (fi g. condo il disegno dato da lui». Vi è poi un 7), con ogni probabilità frutto di un ripas- signifi cativo inciso: «intendendosi però che so su una più antica iscrizione. Ecco allora quei festoni, fi gurini et partimenti siano fat- duplicarsi, per così dire, l’esistenza di stan- ti con diligentia et soddisfattione del signor ze con scene e grottesche; evento che deve conte e di Messer Lelio». Non sappiamo se i indurre, quanto meno, a una maggior pru- «festoni, fi gurini e partimenti» corrisponda- denza nell’identifi cazione del «salotto» di no alle grottesche, che già nel Cinquecento venivano univocamente identifi cate proprio come «grotesche» o «groteschi», o si rife- 5. Sala alla base del torrione Nord- rissero a una forma decorativa differente. Est, Novellara, Rocca dei Gonzaga. Questa riserva, comunque, sembra aprire 94 il campo alla collaborazione di un esperto decoratore, magari richiesta proprio per soddisfare il conte Alfonso e Lelio Orsi negli aspetti pittorici di ornamento. Non appare casuale, infatti, che solo sei giorni dopo, l’11 giugno 1567, Leandro Bracciolo da Mantova – ed è ancora documento sco- perto da Elio Monducci10 – scrisse ad Al- dei collaboratori di Fredino, disponiamo di un documento: si tratta della lettera inviata da Luigi di Charchieri (al secolo Luigi Kar- cher) noto arazziere e pittore fi ammingo che risiedeva a Ferrara. L’11 ottobre 1567 l’artista scrisse dalla capitale estense una let- tera ad Alfonso I, offrendo i suoi servigi e quelli del padre Giovanni. Con ogni proba- bilità, come già indicato da Sergio Ciroldi12, questa proposta riguardava arazzi da realiz- zare per la corte gonzaghesca, ma la lettera contiene anche due chiari riferimenti a una sua precedente presenza a Novellara in re- lazione con l’opera di «messer Domenicho mio compagno», che altri non è se non Fre- dino. Questa notizia lo dovrebbe collocare 6. La data “MDLXVII” (1567) in un dunque sui cantieri decorativi in onore di cartiglio nel torrione Nord-Est, No- Vittoria di Capua, condotti col «compagno» vellara, Rocca dei Gonzaga. ferrarese, almeno fi no «alla mia partitta», come ricorda egli stesso riallacciando alcuni fonso Gonzaga che «il maestro depintore se discorsi di committenza evidentemente ac- ne viene per accordarsi; ha chiera d’huomo cennati col conte a Novellara durante l’esta- da bene. Non so se i fatti corrisponderano», te precedente. specifi cando infi ne e inequivocabilmente che Lo stesso Karcher, del resto, fi no allo «il pittore si chiama Giulio Rubbone». Il 15 stesso 1567 era stato impiegato come pit- giugno Domenico Fredino e i suoi collabo- tore insieme a Domenico Fredino a Villa ratori partirono da Ferrara11, mentre il 19 d’Este a Tivoli, e con ogni probabilità i due giugno i pittori mantovani (non solo dun- lasciarono il cantiere tiburtino, dove lavora- que Rubone) erano in attesa di una carrozza vano sotto la guida di Girolamo Muziano, per muovere anch’essi verso Novellara. Per proprio per rispondere alla commissione di quel che riguarda l’identità di almeno uno Alfonso I Gonzaga13.

95

7. Una iscrizione dedicatoria a Vitto- ria di Capua nel torrione Nord-Est, Novellara, Rocca dei Gonzaga. Maggio e giugno 1567: tra lutti e nuove commissio- gli aveva negato aiuti per dipingere i tanti ni, un periodo cruciale per Lelio Orsi luoghi da ultimare (1 maggio 1567)18, ri- In generale dunque, per la Sala del Fico spondendo negativamente a una richiesta – ed è aspetto fi nora credo non abbastan- espressa il 28 aprile: «Fabritio poi dice chel za rimarcato – la consueta responsabilità di voleva pigliar un compagno chillo aiutasse controllo di Lelio Orsi sembra molto gene- a depinger per far più presto»19. Lelio Orsi, rica, tanto da rivolgersi solo al progetto pre- coadiuvato dal fi glio – presenza indispen- sentato su carta da Fredino. Di fatto, nel ca- sabile sui cantieri – inoltre, era impegnato merino (o nei camerini, considerando anche alla sovrintendenza di vari lavori, in Rocca, quello del torrione nord-est) per Vittoria di al Casino di Sopra, al teatro e soprattutto Capua non risulta pertanto lavorare nessu- alla fondazione della facciata della collegiata no dei pittori che a lungo hanno collabo- di Santo Stefano. Non bastasse, il 16 giu- rato con lui nelle varie imprese novellaresi. gno 156720 Lelio fu scelto dal capitolo del Questo porta a escludere una sua «regia» su duomo di Reggio per la costruzione della questa impresa pittorica, che, di tutte quel- facciata, e richiesto di due modelli o disegni. le in rocca, è infatti la più slegata dai modi In questo periodo personale e professio- dell’equipe orsesca. nale molto inteso, si collocano le imprese Il pittore, del resto, stava vivendo un mo- pittoriche per Vittoria di Capua, che com- mento molto particolare. Appena un mese prensibilmente avvengono in maniera mol- prima, infatti, era morto maestro Fioramon- to meno sorvegliata del solito, e per mano te Cassotti, capomastro e proto di fi ducia di di maestranze non autoctone, ovvero non Lelio. Ne diede notizia Lazzaro de Pesari in eseguita da quei «depintori di casa» evocati una lettera ad Alfonso del 9 maggio 1567: in una lettera dell’11 aprile dello stesso 1567 «al fi ne quando è piaciuto al Signor alli 8 impegnati al Casino, al Granaro21 e «in ro- maggio la matina maestro Fioramonte è cha» dove signifi cativamente Fabrizio Orsi spirato e si è levato de pena lui e gli altri»14. risulta sempre referente fi no al tragico epi- Pochi giorni dopo lo stesso Lazzaro speci- logo della sua vita. fi cava che dopo la morte del maestro «non si è inovato cosa alcuna, sono partiti alcuni Pompeo Pedemonte e Giulio Rubone: documenti dei suoi garzoni», mentre i collaboratori più inediti stretti – tali Giulio e Dante – erano rimasti A gettare ulteriore luce su questo periodo, al servizio15. Troviamo in questo frangente sono alcuni nuovi documenti. Se sappiamo Lelio Orsi – ed è documento davvero indi- infatti che fu decisiva la raccomandazione cativo sul suo carattere – impegnato a con- di Giambattista Torbido per l’assunzione di solare Fulvia, la fi glia di Fioramonte; e così Domenico Fredino (il quale Torbido aveva il 16 maggio si ricorda che dopo il lutto «la già lavorato a Novellara dal 1565 ma in quel consolava messer Lelio con mille burle di momento per contingenze famigliari ave- modo che fu sforzata ridere»16. Orsi non po- va dovuto riporre il pennello non potendo teva allora certo immaginare che una grande rispondere alla chiamata novellarese), al- sventura l’avrebbe poco dopo colpito: il 25 trettanto determinante fu l’intervento dell’ar- maggio 1567, come ha dettagliato Ciroldi17 chitetto mantovano Pompeo Pedemonte per fu assassinato il fi glio, anch’esso pittore, l’arrivo di Giulio Rubone. Fabrizio Orsi. Dai documenti si evince che Il 5 giugno del 1567, nello stesso giorno questi era il vero e proprio proto di cantiere, in cui Domenico Fredino stipulava il con- ovvero direttore dei lavori della squadra di tratto per la Sala del Fico, Pedemonte stesso, pittori attivi per il padre. La morte di Fa- con una lettera autografa, ricorda ad Alfon- 96 brizio Orsi seguita a breve distanza a quella so I di aver parlato con un «giovene pittor» di Fioramonte Cassotti doveva aver dunque che era rimasto in sospeso perché si era of- causato un vuoto organizzativo e logistico ferto anche al conte Vespasiano Gonzaga a proprio in un momento di grande impegno, Sabbioneta, ma che si era risoluto infi ne ad tale da indurre alla chiamata di maestranze andare a servire la corte di Novellara, e per esterne, peraltro invocate proprio un mese questo era in attesa di un cavallo. prima dallo stesso Fabrizio, che in una let- A chiarire l’identità del «giovene» è una tera ad Alfonso I lamentava che il Sabione successiva lettera di Pedemonte del 10 8. Pompeo Pedemonte, lettera auto- grafa al conte Alfonso Gonzaga.

giugno 1567, oggi non più reperibile, ma potrà trattar con lui di tutto che vorrà fare, trascritta in un manoscritto della Bibliote- quanto sia per il lavorar massime grotteschi ca Panizzi di Reggio Emilia22 (MS TURRI che credo che restera da cordo et che la 97 C127) con la data errata 1517, e pubblicata servirà, et chredo che vorrà pigliar l’opera da Campori addirittura sotto l’anno 151423. sopra di se e non lavorar a mese altramen- Pompeo Pedemonte scrive: «Viene Mastro te, chredo poi anche che V.S. resterà di lui Julio Rubbone pittore a vedere ed intende- soddisfatto per essere lui gentile e mode- re il voler di Vostra Signoria Illustrissima, il sto, e con questo fi nisco non occorrendo- qual è poi per trovar poi huomini lui al suo mi che basciarle le mani. Di mantova li X bisogno secondo l’impresa che sarà quella giugno 1517 [sic, ma evidentemente trattasi 9. Pompeo Pedemonte, camino con volute ioniche, Novellara, Rocca dei Gonzaga.

del 1567]». Il documento conferma che da Mantova non mosse Giulio Rubone da solo, come si evince nella già ricordata carta del 19 giugno successivo, ma anche altri colla- boratori «huomini … al suo bisogno». Si specifi ca inoltre, ed è dato molto signifi cati- vo, che lavorerà «massime grotteschi». Che Rubone sia stato effettivamente as- sunto a Novellara ce lo conferma un’altra lettera autografa di Pompeo Pedemonte del 27 luglio 1567 (fi g. 8). L’architetto do- veva accordarsi con Alfonso I per alcuni camini che avrebbe fornito per i cantieri novellaresi, dei quali stava eseguendo i di- segni. La lettera indica al duca varie tipo- logie di materiali e di spesa, ricordando il maggior costo del marmo vivo, ma anche le potenzialità di quelli più economici di 10. Giulio Romano, villa Lante, parti- mattoni, simili a esemplari che aveva ese- colare delle fi nestre. guito in casa del conte Carlo Maffei, noto personaggio di corte a Mantova, prove- niente da una famiglia di collezionisti, e già in rapporto con Tiziano Vecellio per conto del duca. La lettera ricorda come «Maestro Julio [cioè Rubone] mi a detto da parte di V.S. Ill.ma che io facci li diegni delli camini 98 et li tenghi così fi n che lei venirà a Manto- va», e dimostra che il pittore mantovano non solo era effettivamente giunto a lavo- rare a Novellara, ma aveva anche rapporti 11. Giulio Romano, camino (partico- diretti con Alfonso. lare), villa Madama. 12. Giulio Romano, Progetto per cami- a «forare il buso d’un camino suffi ciente fi n no, Praga, codice Strahov, inv. 48/71. sopra li coppi et far il camino fi nito», e poco oltre a realizzare un altro camino «dove le sarà mostrato»27. Il coinvolgimento di Pede- monte, inoltre, assume ulteriore interesse e spessore in considerazione di un’altra noti- zia inedita, contenuta in una missiva inviata da uno dei suoi agenti ad Alfonso I, che ri- ferisce il 7 settembre 1567: «ve dico poi del- la fabrica le fatto li tre camini della fazada della loggia»28, «et questa setimana si fi nirà di depingere tutta la fazada», ricordando poi che «la fazada della torre heri lano fi nita di depingere la quale sta molto bene»29. Più in generale, il documento nel quale vengono ricordati disegni eseguiti da Pede- monte per Alfonso I Gonzaga, e le carte che Tra regola e licenza: un camino di Pompeo Pede- attestano nello stesso periodo la posa in ope- monte a Novellara, e un disegno inedito dell’archi- ra di almeno cinque focolari non sembrano tetto mantovano al Metropolitan Museum di New casuali: oltre al caso del camino della stanza York dei teleri, non si può escludere la respon- La considerazione dei camini ancor oggi pre- sabilità dell’architetto mantovano anche per senti in rocca è problematica, essendo av- altri simili ornamenti che non mostrano pe- venuti spostamenti, dispersioni, e anche ri- culiarità così riconoscibili. Il confronto con composizioni incongruenti di mensole con due disegni di Pedemonte con progetti di elementi orizzontali impropri. In tutti i casi, camini conservati al Castello Sforzesco di si tratta di sculture di alto livello, ancorché Milano (fi gg. 13-14), uno dei quali non mol- frammentarie, per lo più realizzate in mar- to distante dal focolare di una delle sale in mo rosso di Verona. Nonostante le diffi coltà rocca a Novellara (fi g. 15), sembra avvalora- di ricomposizione e dunque di considerazio- re questa ipotesi. ne dei camini, ne esiste almeno uno che po- Tornando alla questione specifi ca, il ca- trebbe ragionevolmente ricondursi a Pede- mino con volute ioniche di Novellara po- monte. Si tratta della mostra di focolare con trebbe avere implicazioni su una contro- iscrizione dedicatoria ad Alfonso posta nella versia attributiva che riguarda un ben noto stanza dei teleri24, con il fregio terminante in disegno conservato al Louvre, attribuito volute ioniche (fi g. 9). Il motivo della voluta tradizionalmente a Giulio Romano (inv. ionica ai margini di un elemento orizzontale è tipico di Giulio Romano, che lo adottò per la prima volta nelle fi nestre di Villa Lante25 (fi g. 10), in un camino di Villa Madama (fi g. 11), e anche in un disegno per camino del codice Strahov di Praga26 (inv. 48/71, fi g. 12). Questo tema decorativo è teorizzato e illustrato anche nei libri di Serlio e in gene- rale sembra presupporre come ideatore un architetto, che doveva conoscere i trattati 99 e anche le licenze giuliesche. Viste le pre- messe, credo si possa identifi care, in con- siderazione della documentazione qui pre- 13-14. Pompeo Pedemonte, Progetto sentata, proprio in Pedemonte. Negli stessi per camini, Civico Gabinetto dei Dise- gni, Castello Sforzesco, Milano. Copy- giorni della scelta dei camini, peraltro, il 20 right Comune di Milano - tutti i diritti luglio 1567 il capomastro di corte Barbone riservati. si impegnava, tra i vari lavori da compiere, 15. Camino del XVI secolo, Novella- ra, Rocca dei Gonzaga.

gomentato dagli studiosi, si può aggiungere 16. Pompeo Pedemonte, Progetto di la forte referenza serliana del disegno, che camino, Parigi, Louvre, Departement ripropone insieme alcuni aspetti della nap- des Arts Graphiques, inv. 3578. pa ionica e della nappa corinzia così come appaiono nel trattato del Bolognese33 (fi gg. 17-18). Nel foglio del Louvre infatti sem- brano dispiegati tutti i motivi desumibili da una visione sinottica due tavole del libro di Serlio: le volute ioniche (ma nella parte alta e non sopra il fregio) e le sfi ngi alate ai pie- 3578, fi g. 16). Burns nel 1989 ha ribadito di della cappa. La stessa fusione di elementi la paternità giuliesca proprio per il motivo ionici e corinzi desunti da Serlio si trova in a voluta alle estremità (in verità nella cap- un altro disegno con camino conservato al pa), pur riconoscendo nel foglio iscrizioni Metropolitan Museum di New York34 (inv. di un collaboratore30. Barton Thurber ha 61.658.38, fi g. 19), dove compare nuova- identifi cato la seconda personalità proprio mente la voluta ionica al termine del fregio in Pedemonte, senza per questo cambiare assieme a una cappa con sfi ngi alate. Per le l’attribuzione a Pippi del disegno31. Infi - ragioni fi nora considerate, questo focola- ne Carpeggiani, anche in considerazione di re, attualmente tra i fogli anonimi del mu- confronti con analoghi disegni monogram- seo newyorkese, può essere contestualizzato mati da Pedemonte nel frattempo identifi - non solo a Mantova, ma assegnato proprio cati, ha rilanciato l’attribuzione in favore di alla mano di Pedemonte. Oltre alla conce- Pompeo32. In aggiunta a quanto fi nora ar- zione inventiva fortemente caratterizzata da

17-18. Sebastiano Serlio, Nappa ionica e Nappa corinzia, xilografi e dai Sette Libri dell’Architettura.

100 19. Pompeo Pedemonte, Progetto di parete con camino, New York, Metro- politan Museum, inv. 61.658.38.

elementi mantovani e a evidenti motivi sti- impedito a recarsi a Novellara per motivi listici (il confronto tra le sfi ngi del disegno famigliari. Domenico era accompagnato in esame e quelle del foglio del Louvre è in da Luighi Karcher e forse un altro collabo- questo senso palmare), anche la calligrafi a ratore. A Fredino spetta il disegno genera- dell’iscrizione, risulta del tutto identica agli le dell’opera, sul quale il conte e Lelio Orsi autografi dell’architetto. Inoltre, la scala me- sembrano mostrare però qualche riserva per trica in piedi mantovani è la stessa impiegata la parte decorativa. nei disegni del Castello Sforzesco, ricavata La seconda squadra era invece costituita suddividendo la parte bassa del foglio in da Giulio Rubone con collaboratori, giunti segmenti corrispondenti a un piede, uno dei 20-21. Giulio Rubone, Cavallo imbiz- quali, al centro, è ulteriormente partito da zarrito, Sabbioneta, Palazzo Ducale e una puntinatura in dodici oncie, con quella Novellara, Sala del Fico. centrale evidenziata da tre punti sovrappo- sti, secondo l’uso di Pedemonte. In conclusione, i documenti novellaresi attestano la formula decorativa con volute ioniche nel fregio in un camino – benché oggi traslato e privo della cappa – realiz- zato su disegno di Pedemonte a vent’anni dalla morte di Giulio Romano. Insieme a un inedito disegno newyorkese connotato dalle stesse formule decorative, le notizie archivistiche rafforzano decisamente anche la propensione attributiva del dibattuto di- segno del Louvre inv. 3578 verso l’allievo piuttosto che in direzione di Pippi.

Conclusioni. Il giovane Raffaellino da Reggio nella Sala del Fico? La Sala del Fico fu approntata durante 101 la campagna decorativa promossa in occa- sione delle nozze tra Alfonso Gonzaga e Vittoria di Capua, probabilmente assieme ad un’altra stanza nel torrione Nord-Est, da due squadre di pittori; la prima ferrarese, capeggiata da Domenico Fredino che ave- va preso il posto di Giambattista Torbido, 22. Raffaellino da Reggio (?), Telamo- ne, Novellara, Sala del Fico.

a Novellara nell’ambito dei rapporti che in- artistico (fi gg. 20-21). tercorrevano tra il duca Alfonso e l’architetto Ma non si può ignorare il fatto che lo stes- mantovano Pompeo Pedemonte, che proprio so Domenico Fredino doveva essere quan- nella stessa contingenza fornì alcuni disegni tomeno informato sull’arte della grottesca, per camini da collocarsi in rocca e forse nel- se – come credo – è sua l’iscrizione lascia- la stessa Sala del Fico. In questo contesto, la ta nella Domus Aurea, e trascritta da Nico- divisione più ovvia delle rispettive respon- le Dacos nel suo volume del 196935 (quan- sabilità sembra indicare in Fredino il prin- do, comprensibilmente, non poteva legare cipale protagonista delle scene della vita di il nome inciso nel criptoportico al pittore San Giuseppe, e in Rubone, noto esperto ferrarese, allora del tutto sconosciuto). Non del genere, il «lavorar massime grotteschi», solo: tra le fi rme riportate dalla studiosa, per ribadire le parole di presentazione di Pe- sempre nello stesso ambiente, risulta anche demonte. La questione, tuttavia, non sem- «Cherchier», che altri non dovrebbe essere bra potersi risolvere defi nitivamente in ma- se non lo stesso Karcher collaboratore di niera così lineare. Le grottesche della Sala Fredino36. del Fico hanno infatti rapporti con quelle I due pittori, dunque, forse proprio nel di Rubone, per esempio con le decorazio- periodo immediatamente precedente all’ar- ni di Sabbioneta, ma – come peraltro rileva rivo a Novellara, quando erano a Roma e a lo stesso Berzaghi – mostrano una «diversa Tivoli, dovevano aver visitato l’antico edifi - calligrafi a». In vero, certi aspetti decorativi cio, traendo notevoli impressioni soprattut- e compositivi, l’insistenza su temi musica- to sull’arte della grottesca. li, e il ricco repertorio di animali sembrano Infi ne, nella Sala del Fico sembra operare richiamare abbastanza precisamente i modi una terza personalità artistica, responsabile 102 del pittore mantovano. A titolo d’esempio, delle erme (fi g. 22). Per una di queste, si può il motivo del cavallo impennato e in torsio- avanzare un suggestivo confronto con le ne vòlto inusualmente verso un insetto si inconfondibili fi sionomie di Raffaellino da riscontra – signifi cativamente – solo a No- Reggio, e in particolare con alcune fi gure dei vellara e a Sabbioneta, a indicare, probabil- suoi affreschi romani della cappella di San mente, l’inusuale idea di uno stesso invento- Silvestro presso la chiesa dei Santi Quattro re – e cioè proprio Rubone – a due altezze Coronati37 (fi g. 23). Il ritratto novellarese cronologiche differenti del suo percorso appare certamente più acerbo, ma questo 23. Raffaellino da Reggio, Evangelista, impegnativa e fervida estate del 1567 è infi - Roma, cappella di San Silvestro, chie- ne in una lettera di Lazzaro de Pesari dell’11 sa dei Santi Quattro Coronati. novembre 1567 nella quale si ragguagliava Alfonso I sui tanti lavori e cantieri39. Lazza- ro poteva resocontare al conte che la loggia era fi nita con tutti i suoi affreschi, il torrione e la scala invece non lo erano. Non era ter- minato neppure un non meglio specifi cato «salotto» (termine, come visto, citato nel contratto con Domenico Fredino e con il quale è stata fi nora identifi cata la Sala del Fico). Si lavorava «gagliardamente» alla «no- stra benedetta fabbrica» cioè in Santo Stefa- no, mentre per la scena del teatro si annota che cominciava a prender forma «e che pre- sto si comincerà a dipingerlo»: nulla ancora si era potuto fare.

è giustifi cabile in ragione della giovanissi- Note. ma età del pittore, che, come testimoniato da Bonifacio Fantini e argomentato in que- sta sede da Alessandra Bigi, era a Novellara * Dopo il convegno di Novellara e in seguito alla «d’anni sedici in circa» al seguito del padre, consegna del testo, è stato pubblicato un interven- to sulla «Sala del Fico» sul numero 144 del Bollet- capomastro che godeva della stima di Lelio tino Storico Reggiano (dicembre 2011, ma stam- Orsi. Del resto, il fatto che il fi glio accompa- pato a febbraio 2012): S. CIROLDI, Il silenzio e la gnasse il genitore nei suoi spostamenti pro- parola. Il salotto a grottesca di Vittoria di Capua contessa fessionali, potrebbe collocarlo a Novellara di Novellara (Reggio Emilia) 1567 (Sala del Fico), in anche nel periodo del cantiere della Sala del “Bollettino Storico Reggiano”, 144, 2011 (2012), Fico. Il «maistro che si accorda benissimo pp. 59-102. all’oppenion di messer Lelio», cioè il padre di Raffaellino Pietro Motta, fu richiamato a 1. V. DAVOLIO, Memorie storiche della Contea di No- Novellara per il rinnovato cantiere di Santo vellara e dei Gonzaghi che vi dominarono, Milano 1833, p. 40. Stefano dal 29 aprile 1567, appena un mese

e mezzo prima dell’apertura, per così dire, 2. M. PIRONDINI, E. MONDUCCI, La pittura del dell’impresa pittorica della Sala del Fico. Se Cinquecento a Reggio Emilia, Milano 1985, pp. 168- – come è lecito supporre – il fi glio lo se- 170. guì anche in questa occasione, potremmo riconoscere nelle fi gure, purtroppo molto 3. E. MONDUCCI, M. PIRONDINI, Lelio Orsi. Di- rovinate, di alcune erme o opere giovanili di pinti e disegni, Reggio Emilia 1987, p. 31. Raffaellino, oppure, come sembra comun- que dimostrare l’evidenza del confronto, te- 4. Lelio Orsi e la cultura del suo tempo, atti del con- vegno a cura di J. Bentini, Reggio Emilia-Novella- 103 sti pittorici che il pittore studiò portandone ra 28-29 gennaio 1988, Bologna 1990. con se il ricordo fi no a Roma, in particolare negli affreschi della chiesa dei Santi Quattro 5. U. NOBILI, Artista ferrarese della seconda metà del Coronati, con ogni probabilità da ritenersi, XVI secolo. La parabola del fi gliol prodigo, in Allievi come suggeriscono Giannattasio e Bernar- e collaboratori di Lelio Orsi: la lezione di un maestro, a dini, le prime opere romane dell’artista38. cura di U. Nobili, S. Ciroldi, Novellara 1988, pp. Tornando ai cantieri novellaresi, un re- 52-55. soconto fi nale di questa straordinariamente 6. A. GARUTI, Novellara. La Rocca e il Museo Gonza- Parrocchiale da Donna Ricciarda Gonzaga mo- ga, Bologna 1997, pp. 14, 16, 48 ricorda la storio- glie ad Adreane Cybo duca di Massa con suo grafi a precedente, ed in particolare G. TIRABOSCHI, testamento 17 febbraio 1766 a rogito del notaro Biblioteca Modenese…, Modena 1786, p. 498 (Storie Giovanni Agostino Guerra di Massa. Aperto il 6 di San Giuseppe attribuite a Lelio Orsi); C. MA- dicembre 1768. // Unitamente ad altri pezzi fatti LAGOLI, Memorie storiche su Lelio Orsi celebre pittore a loro nome lingua (?) da Lazzaro Pietramaggiori di Novellara, Guastalla 1892, p. 24 e A. VENTURI, ricamatore di corte in ricamo pure d’apparamenti Storia dell’Arte italiana, vol XI, La pittura del Cin- in terza con piviale, palio ed altri arredi parte di quecento, Milano 1933, p. 646 propendevano per raso e parte di velluto cremisi per il protettore San un’attribuzione a Raffaellino da Reggio; L. SALVI- Cassiano». CIROLDI, La «Fabella» di Giasone… cit., NI, M. CHIODI, Mostra di Lelio Orsi, Reggio Emilia p. 50 ipotizzava che gli arazzi fossero stati portati a 1950 attribuirono le scene ad anonimi pittori mo- Massa da Ricciarda Cybo, e venduti «a vile prezzo» denesi infl uenzati da Nicolò dell’Abate attivi per durante l’occupazione napoleonica. Se è vero che i Lelio Orsi nel 1567; opinione ripresa dalla critica preziosi manufatti emigrarono verso Massa dopo successiva e ritenuta plausibile dallo stesso Garuti. essere stati trasportati da Roma in rocca a metà Settecento, dai documenti trascritti da Campanini 7. R. BERZAGHI, Giulio Rubone, in Manierismo a si evince che essi tornarono a Novellara prima del Mantova. La pittura da Giulio Romano all’età di Ru- periodo napoleonico (peraltro con nobile lascito di bens, a cura di S. Marinelli, Verona 1988, p. 173, Ricciarda Cybo) per essere posti nella chiesa par- nota 14. rocchiale (post 1768), e di qui evidentemente ripor- tati in rocca, dove ancora tra la fi ne dell’Ottocento 8. Gli affreschi in verità sembrano essere stati e gli inizi del Novecento potevano essere visti dallo eseguiti in due momenti differenti perché danno storico novellarese («esistenti nella Rocca» appunto ai adito a sovrapposizioni che spesso non collima- tempi della stesura del manoscritto). no, in particolare sembra che i festoni vegetali con canne siano sottoposti ad una decorazione succes- 13. I documenti relativi alla presenza di Kar- siva a grottesche. La sala non vanta nessuna atte- cher a Tivoli sono noti fi n dalle prime monogra- stazione bibliografi ca. fi e sulla residenza estense; si veda in particolare D. C ATALANO, La decorazione del Palazzo, in Villa 9. MONDUCCI, PIRONDINI, Lelio Orsi. Dipinti e di- d’Este, a cura di I. Barisi, M. Fagiolo, M.L. Madon- segni…, p. 283. na, Roma 2003, pp. 43, 53 nota 12.

10. Ibid. 14. Archivio Storico Comunale di Novellara (d’ora in poi ASCNo), Corrispondenza, busta 56. 11. Ivi, pp. 283-284. 15. Ivi, lettera del 12 maggio 1567. 12. S. CIROLDI, La «Fabella» di Giasone secondo l’in- terpretazione di Giovanni Rost (1554) nell’arazzo di Al- 16. Ivi, lettera del 16 maggio 1567. fonso I Gonzaga, in «Bollettino Storico Reggiano», 38/2005, n. 127, pp. 62-63. Si segnala l’esistenza 17. S. CIROLDI, Lelio Orsi e la facciata della Catte- di un piccolo fascicolo di due carte presso la bi- drale di Reggio Emilia, in «Bollettino Storico Reggia- blioteca Panizzi di Reggio Emilia (MSS REGG E no», 39/2006, n. 131, pp. 123-151. 178/24) intitolato Appunti sugli arazzi della Chiesa parrocchiale di Novellara già dei conti Gonzaga ed esi- 18. ASCNo, Personaggi Illustri, busta n. 74 stenti nella Rocca, manoscritto autografo di Naborre (Lelio Orsi), fasc. n. 25. Campanini. Vale la pena di trascrivere il docu- mento poiché fornisce ulteriori notizie sulla storia 19. ASCNo, Corrispondenza, busta 56, lettera degli arazzi novellaresi: «I ricchi arazzi di velluto di Saracco ad Alfonso Gonzaga. cremisi tramato d’oro e d’argento alla chiesa col- legiata di Novellara. Vigeva presso i suoi antenati 20. MONDUCCI, PIRONDINI, Lelio Orsi. Dipinti e la tradizione che questi fossero stati tolti da una disegni… 104 chiesa di Roma nel sacco del 1527 e che il conte Alessandro I li acquistasse da soldati per ritornarli 21. Il granaro risulta ultimato il 13 maggio 1567 poi a quella o ad un’altra chiesa, furono dappri- (ASCNo, Carteggio, busta 56, alla data Francesco ma collocati nel palazzo di Roma, abitato dal pa- Sabioni informa Alfonso I che i lavori sono ulti- triarca Giulio Cesare Gonzaga, e dopo la morte mati: «il granaro è fornito di depingere»). di lui trasportati a Novellara nel 1752 come altri effetti privati, poi adattati in rocca // I broccati 22. Biblioteca Panizzi di Reggio Emilia, Carteg- d’oro e d’argento esistenti nella Rocca dei Conti gio Pittorico tratto dagli originali esistenti nell’Archivio Gonzaga di Novellara furono donati alla Chiesa segreto di Novellara, di Correggio et in altri luoghi, MS TURRI C 127, doc. n. LXXXV, cc. 37 r. e v. 33. S. SERLIO, I sette libri dell’Architettura, edizione Venezia 1584, libro IV. 23. G. CAMPORI, Artisti Italiani e stranieri negli stati estensi, Modena 1855, pp. 427-428. Il documento 34. Il disegno, proveniente dalla Elisha Whittel- è stato citato con la stessa data da MONDUCCI, PI- sey Collection, è realizzato a matita nera, penna e RONDINI, Lelio Orsi. Dipinti e disegni…, p. 17. inchiostro bruno, acquarellature a inchiostro bru- no, misura 223x410 mm, e reca in basso a destra 24. La sala, in un progettato nuovo allestimen- l’iscrizione «questo spatio p[er] banzole et cadre- to, prenderà probabilmente il nome di Stanza di ghe et», confi gurandosi come progetto di orna- San Bernardino. mento e arredamento di una intera parete di una stanza. 25. C.L. FROMMEL, Le opere romane di Giulio, in Giulio Romano, catalogo della mostra, Milano 1989, 35. N. DACOS, La decouverte de la Domus Aurea pp. 102 (ill.), 115 (ill.). et la formation des grotesques à la Renaissance, Londra 1969, p. 149; EAD., Graffi ti de la Domus Aurea, in 26. Zeichnungen von Giulio Romano und seiner Wer- «Bulletin de l’Institut Historique Belge de Rome», kstatt in einen vergessenem Sammelband in Prag, a cura 38, 1967, p. 159, fi g. 16. di B. Bukovinská, E. Fučiková, L. Konečny, in «Jahrbuch der Kunsthistorischen Sammlungen 36. Ivi, p. 158, fi g. 11. in Wien», 80, 1984, p. 111; A. BELLUZZI, I camini nell’arte di Giulio Romano, in Storie di artisti, storie di 37. M.G. BERNARDINI, Raffaellino da Reggio, in libri. L’editore che inseguiva la bellezza; scritti in onore di L’Oratorio del Gonfalone a Roma, Milano 2002, p. Franco Cosimo Panini, Roma 2008, p. 154, ill. n. 141. 87; A. BIGI IOTTI, G. ZAVATTA, Raffaellino da Reggio (1550-1578). Tracce di una biografi a artistica, Reggio 27. MONDUCCI, PIRONDINI, Lelio Orsi. Dipinti e Emilia 2008, pp. 56-60 con bibl. prec. disegni…, p. 284, doc. 183. 38. P. GIANNATTASIO, Il giovane Raffaellino Motta 28. Non sono noti, allo stato attuale delle cono- da Reggio Emilia a Roma, in Scritti di storia dell’arte in scenze, affreschi nella parte della loggia. I restauri onore di Sylvie Beguin, a cura di M. Di Giampaolo, in corso tuttavia stanno evidenziando la presenza E. Saccomani, Napoli 2001, pp. 287-302 ha pub- di pitture decorative sotto al portico e non è im- blicato un disegno di angelo in rapporto con una probabile che tutto il loggiato inferiore e superiore fi gura nella volta della cappella di San Silvestro, fosse decorato. giudicandolo – a ragione – precoce e collocandolo nei primi anni romani del pittore, con implicita re- 29. ASCNo, Corrispondenza, busta 56, alla trodatazione anche degli affreschi della volta. Re- data. centemente è stato pubblicato un nuovo disegno in rapporto con le fi gure della cappella di San Sil- 30. H. BURNS, Giulio Romano e collaboratore. Pro- vestro, ed in particolare uno studio per il Sant’Isa- getto di camino, in Giulio Romano, catalogo della mo- ia posto nel sottarco; M. PALAZZI, Un disegno inedito stra, Milano 1989, p. 497. di Raffaellino da Reggio, in «Bollettino d’Arte», 95, 2010, 7, pp. 45-52. In questo foglio, per quel che 31. B. TURBER, I disegni di Pompeo Pedemonte nel è possibile giudicare da una immagine in bianco Civico Gabinetto dei disegni di Milano, in «Il Disegno e nero, sembra ancora una volta manifestarsi uno d’Architettura», 9, aprile 1994, pp. 48-54. In prece- stile personale ma acerbo e per certi aspetti anco- denza F. HARTT, Giulio Romano, New Haven 1958, ra prossimo ad accenti orseschi. Anche in questo pp. 226, 306, n. 314 aveva avallato l’attribuzione caso, il modello sembra quindi suggerire una da- a Giulio Romano; R. BACOU, S. BEGUIN, Autour de tazione precoce del ciclo; ipotesi che sarebbe ulte- Raphaël, dessins et peintures du Musée du Louvre, Parigi riormente rafforzata dai rimandi alla Sala del Fico 1983, p. 60, n. 60 come Giulio Romano. qui argomentati, una delle ultime opere emiliane prima del trasferimento a Roma dopo il passaggio 32. P. CARPEGGIANI, Un architetto in penombra: a Guastalla. Pompeo Pedemonte (1515c.-1592). Catalogo dei disegni, 105 in Storia dell’Architettura e dintorni dal Cinquecento al 39. ASCNo, Personaggi Illustri, lettere di Lelio Novecento, Milano 2002, p. 73. Orsi, busta 74, n. 7. Walter Baricchi Rinascimento urbano nelle piccole capitali padane

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