VII – LA DIACRONIA DEL POPOLAMENTO

1. LAPREISTORIA razzi fluviali nei pressi della confluenza -Merse; le maggiori concentrazioni sono state registrate nelle località di Ponte a Mace- Le prime tracce di antropizzazione dell’area chiusdinese risalgono al reto, Podere Gabriella, Molino Ornate e Piano delle Potatine 1. Musteriano (circa 70.000 anni fa) e si concentrano nella fascia allu- Il modello insediativo trova conferma nelle evidenze proposte dalla vionale posta tra il corso inferiore del fiume Merse e la sua confluenza totalità dei territori provinciali sottoposti a indagine estensiva 2. con il Feccia. I rinvenimenti si dispongono a intervalli regolari di 400-500 m gli uni Proiezione dei risultati dell’indagine e ipotesi predittive sul popola- dagli altri e riguardano esclusivamente la presenza sporadica di stru- mento – La previsione del potenziale archeologico, nonostante la menti litici (raschiatoi e bulini) e prodotti di scarto della lavorazione scarsità numerica dei depositi emersi, propone valori medio-alti. del diaspro (nuclei e schegge non ritoccate). I materiali sono generi- Tale considerazione muove essenzialmente da tre fattori: il valore camente ascrivibili nell’ambito del Paleolitico Medio e Superiore percentuale di incremento dei siti nel corso dell’indagine (350%), (70.000-10.000 anni fa); l’assenza di elementi caratteristici dei due l’ampia diffusione all’interno del territorio degli spazi ritenuti mag- orizzonti non permette infatti di proporre cronologie più definite. giormente idonei alla frequentazione di quest’epoca e l’esistenza di Le segnalazioni indiziano una forma di popolamento seminomade depositi in aree morfologicamente simili e fisicamente contigue interpretato da piccoli gruppi di individui, composti da cacciatori- (zone definite dal basso corso del Merse). raccoglitori, volti all’occupazione stagionale di sedi non stabili. Un elemento condizionante al reperimento di tracce più consistenti La distribuzione dei depositi risulta del tutto coerente con la ten- nel corso dell’indagine è sicuramente stata la scarsa visibilità dei suoli denza rilevata nel limitrofo comprensorio della bassa - interessati da queste presenze: le esondazioni dei corsi d’acqua e la per- bacino dell’Ombrone e rivolta a un’occupazione sistematica dei ter- meabilità del terreno impediscono fortemente l’individuazione delle emergenze, soprattutto per quanto riguarda il materiale litico.

2. ILPERIODO ETRUSCO. LAFASEDICOLONIZZAZIONE VII-V secolo a.C. Con l’inizio della fase etrusco arcaica, registriamo le prime tracce di un’occupazione sistematica del chiusdinese. Le unità topografiche rinvenute sono 45; di queste, 43 vengono da- tate fra fine VII-VI secolo a.C., due fra VI e V secolo a.C. L’incremento rispetto all’edito è calcolabile in misura del 4.500%. Il rapporto rinvenimenti/superficie battuta conta 5,25 siti per kmq mentre, in relazione all’estensione complessiva del transetto, la per- centuale scende a 0,94 siti per kmq; il dato comprova il basso grado di visibilità del territorio. In massima parte (35 unità) si tratta di emergenze di reperti mobili in superficie ben leggibili. Dei dieci rinvenimenti sporadici, sette sono interpretabili come spargimento dei materiali pertinenti a unità topografiche definite mentre gli altri sono causati dalle pratiche agri- cole in atto: in due casi si tratta di depositi nel sottosuolo appena in- taccati da arature molto leggere, uno invece è stato depauperato da scassi troppo intensivi. Il complesso delle evidenze è riconducibile a tre diversi tipi edilizi: casa in pietra, in terra e capanna. Le abitazioni si articolano in strutture con elevati in pietra e coper- tura laterizia (11 casi; con dimensioni in superficie variabili fra 78 m e 89 m) e in costruzioni con elevati in terra e copertura laterizia

1 Per una descrizione dei siti e delle tendenze insediative si veda, CRISTOFANI, 1979, pp. 13-14; BONCOMPAGNI et alii, 1971; GALIBERTI, 1997, pp. 70-71. 2 Stesse dinamiche insediative vengono ricostruite per il Chianti senese (VALENTI, Figura 40 . Distribuzione dei rinvenimenti di periodo preistorico 1995, pp. 392-393) e per l’area valdelsana (SARTI, 1999, pp. 299-300).

135 Figura 41. Distribuzione dei rinvenimenti di periodo etrusco arcaico

136 (14 casi; con dimensioni della concentrazione oscillanti fra i 65 m Nel corso dell’indagine, non sono state reperite le tracce dell’inse- e 45 m); queste ultime talvolta mostrano una partizione interna fra diamento correlato al sepolcreto. Le uniche due abitazioni, coeve, spazio domestico e zona magazzino. Spesso sono corredate da un rinvenute a breve distanza (500-600 m) non possono essere messe in ambiente di servizio (dieci esempi), posto a breve distanza: capanne relazione alle tombe; si inseriscono sia per tipologia edilizia, dimen- (dimensioni in superficie 32 m) costruite interamente in materiale sioni e dotazione domestica nello standard delle evidenze rilevate e deperibile e alzati spesso rivestiti in argilla con funzione impermea- dunque sono difficilmente riferibili all’espressione di un nucleo fa- bilizzante. Le restituzioni ceramiche, generalmente limitate ai tipi da miliare più ricco. conserva, indiziano una loro destinazione prevalente a rimessa; Mancano così elementi utili a definire i contorni di questo insedia- molto raramente, un’articolazione più complessa dei materiali le ri- mento; certo è che, allo stato attuale della ricerca, interpretare la ne- ferisce a piccoli spazi abitativi. cropoli come traccia dell’esistenza di un ceto egemone equivarrebbe di fatto a una forzatura del dato: preferiamo dunque limitarne l’at- tribuzione a una famiglia semplicemente più agiata. Nessun indizio quindi della presenza di quei nuclei di potere micro- territoriale, presentati dalla letteratura esistente quasi alla stregua di creazioni proto-statali, che restituiscono invece esempi a 4, 5, 6, 7 e forse, stando a recenti ricerche, a 8; centri sorti in se- guito a un allentamento del controllo esercitato sul territorio dal- l’organismo cittadino e rivolti ad affermarsi in corrispondenza di punti strategici, soprattutto in funzione degli itinerari stradali 9. All’interno dell’agro volterrano (a cui riferisce il nostro oggetto di indagine), tale fenomeno si colloca alla fine del VII secolo a.C. 10

VI-V secolo a.C. ed una fusaiola di impasto grezzo, d’incerta datazione”. La seconda, più piccola, presenta una tipologia simile a quelle rinvenute a Magliano in Toscana per il VI-V secolo a.C.; al suo interno era contenuto il materiale descritto da Ritta- tore, a cui si aggiunge in occasione del secondo intervento un piccolo frammento di una tazza in ceramica attica a vernice nera, databile al V secolo a.C. e un vaso intero, deposto come offerta funeraria. La terza scavata nella roccia non presenta materiali Figura 42. Rapporto percentuale delle tipologie edilizie con cronologia certa e viene datata sulla base dell’associazione con le altre (PHILLIPS, 1965). Il rinvenimento corrisponde al sito 115 dello schedario topografico. La forma insediativa prevalente è l’abitazione sparsa, monofamiliare, 4 Per una trattazione recente della reggia di Poggio Civitate rimandiamo al contributo di CIACCI, c.s. e ai riferimenti bibliografici ivi proposti. con un tipo di economia incentrata essenzialmente su un’attività 5 Ci riferiamo all’oppidum di Mollerata, rinvenuto nel corso dell’indagine di superfi- agricola di sussistenza; la composizione stessa del nucleo (abita- cie condotta da Costanza Cucini: posto in posizione elevata e naturalmente fortifi- zione + magazzino) e la forte incidenza di dolia e pithoi confermano cata, rappresenta una sorta di piazzaforte con funzioni di difesa e di controllo sul per- la necessità di spazi destinati alla conservazione di derrate, legata a corso del Cecina. Sulla base dei materiali trovati, si colloca fra VI e V secolo a.C.; la una gestione autonoma del surplus alimentare. Anche la dislocazione presenza del bucchero, classe molto rara nella zona, testimonia l’intensa attività di mercato e di scambio svolta da questo insediamento. CUCINI, 1990, pp.173-175. spaziale dei siti converge a indicare la vocazione rurale di queste 6 In località Poggio Tondo, un’iniziativa di scavo condotta dalla Soprintendenza Ar- strutture; si prediligono i versanti collinari in corrispondenza di una cheologica della Toscana ha messo in luce i resti di un probabile palazzo signorile, che rete idrica di portata medio-alta e di suoli adatti alla coltivazione (ar- mostra parallelismi con la reggia di Poggio Civitate. VALENTI, 1995, n. 116, p. 328. gille, travertini e sabbie). Riguardo alla necropoli del Poggione, rimandiamo ancora a VALENTI, 1995, n. 119, pp. 328-329 e bibliografia citata. La sostanziale omogeneità tipologica degli edifici, ma anche le ca- 7 VALENTI, 1995, pp. 16-17 e p. 393 sgg. ratteristiche stesse dei corredi ceramici (costituiti per lo più da ma- 8 Recenti risultati dello scavo condotto in località Campassini (Monteriggioni) la- teriale acromo) indiziano un popolamento di tipo sostanzialmente sciano ipotizzare la presenza di edifici riconducibili per tipologia edilizia e caratteri- egualitario; ciò non esclude comunque il determinarsi di forme di stiche delle decorazioni architettonici al contesto di Poggio Civitate a Murlo (BAR- stratificazione sociale. TOLONI, 2001, pp. 371-372). 9 La viabilità si delinea come prima discriminante per lo sviluppo di tali centri. La co- La piccola necropoli in località Buca delle Fate testimonia in tal struzione dell’oppidum di Mollerata, collocato a dominare il percorso del Cecina, viene senso, attraverso una struttura monumentale e corredi funebri di- messa in relazione all’iniziativa di un gruppo aristrocratico, emerso proprio a seguito stintivi (ceramica d’importazione e una punta di lancia in ferro): la dell’acquisizione del controllo sulla viabilità fluviale verso l’Etruria interna e la Valle presenza di armi, sia che alluda a pratiche venatorie o a una carriera del Cecina (CUCINI, 1990, p. 240). Così Poggio Civitate (Murlo), posto sul bacino set- tentrionale dell’Ombrone, data il periodo di massimo sviluppo nella seconda metà del militare, rappresenta di fatto il simbolo di un elevamento sociale de- VII secolo quando cioè il fiume assume una notevole importanza come arteria di co- terminato anche solo da un tenore di vita più alto 3. municazione fra i centri marittimi (Vetulonia, Roselle) e i centri interni (Castelluccio di , ) (CRISTOFANI, 1979, pp. 19-26). Stesse dinamiche vengono ricono- 3 La piccola necropoli è stata individuata (su segnalazione di persone del luogo) da sciute anche in area chiantigiana (interessata dallo stesso percorso) dove la necropoli Rittatore agli inizi degli anni ’40 del XX secolo (RITTATORE, 1941); riporta la notizia del Poggione (affiancata da tracce in superficie pertinenti a una residenza aristocratica di tre tombe, prive di materiale a eccezione di “urna priva di coperchio in pietra fe- in località Poggio Tondo) testimoniano la presenza di un ceto emergente connotato di tida, specchio in bronzo mal conservato, alcuni vasetti fittili ed un puntale di lancia potere economico e militare (VALENTI, 1995, pp. 328-329 e pp. 393-397). in ferro”, che data al periodo etrusco-tardo. Alla fine degli anni ’60, Phillips indaga 10 MAGGIANI, 1997, p. 83. Ciacci, studiando il caso del popolamento nel territorio di nuovamente la tombe, e ne fornisce una descrizione dettagliata. La prima, in migliore Colle Val d’Elsa, mette in relazione alla fase di allontanamento fra Volterra e territo- stato di conservazione, è rappresentata da una tomba a camera con tre vani laterali, rio la monumentalizzazione delle tombe di Le Ville, Dometaia, evidenziando così la tetto a doppio spiovente e banchina per deposizioni; al suo interno sono state raccolte presenza di una classe aristocratica, divenuta tale in seguito all’acquisizione della pro- “poche ossa combuste, pezzi di tegole, un frammento di tazza attica a vernice nera del prietà ereditaria della terra (CIACCI, 1999, p. 304).

137 quando, forse in seguito a uno sfortunato intervento bellico contro Appare chiaro dunque che deve a ragione essere conside- Roma, la città tende a contrarsi e a limitare la sua influenza nella rata come un’area di intensa frequentazione per tutta la fase arcaica; campagna 11. Proprio in questo periodo alcune famiglie, dislocate con tutta probabilità, può essere vista come modello dello sviluppo nel territorio, danno la spinta propulsiva all’occupazione delle aree della campagna negli spazi meno direttamente coinvolti nelle dina- più periferiche, ponendo le basi per uno sfruttamento organico della miche di potere strategico ed economico. terra 12. La gestione del territorio viene a distribuirsi a più gruppi In altre parole, la funzione di anello di congiunzione fra i centri del- gentilizi, residenti in loco, che tendono a imporre il proprio status a l’interno (soprattutto Volterra e Chiusi) e quelli della costa veniva livello locale; la città assume ora il ruolo di referente, soprattutto per svolta dai territori limitrofi, toccati dalle più importanti direttrici di quello che riguarda l’aspetto religioso, come prova la creazione del percorso sia fluviale che stradale. culto poliadico sull’acropoli proprio in questa fase 13. A est, il tracciato dell’Ombrone costituiva un’importante arteria di Il modello ricostruito per il chiusdinese si inserisce a nostro parere comunicazione fra i centri marittimi di Vetulonia e Roselle e quelli nella tendenza appena descritta. La rete insediativa è organizzata se- interni, come Castelluccio di Pienza e Chiusi 16. A nord e nord- condo un sistema di aggregazione di più nuclei indipendenti, di- ovest, la direttrice di transito Ombrone-Merse-Rosia-Elsa permet- stanti in media 767 m, e solo saltuariamente accentrati in villaggi; le teva il passaggio verso la Valle dell’Arno 17. A ovest, sfruttando il unità abitative si dispongono lungo i medi versanti (a una quota me- percorso fluviale del Cecina, veniva invece gestito il collegamento dia di 350 m s.l.m.) in corrispondenza di profonde incisioni vallive con l’Etruria interna e con le (specificatamente a dominio dei corsi d’acqua 14. in direzione -Gerfalco-Poggio Mutti) e, di conseguenza, La topografia stessa dei rinvenimenti restituisce l’immagine di un terri- con l’area mineraria 18; sono noti gli interessi economici di Volterra torio punteggiato da piccole case, distribuite omogeneamente e se- per i giacimenti cupriferi di Montaione e della Val di Cecina a so- condo criteri apparentemente univoci; i vuoti insediativi corrispondono stegno della produzione dei bronzetti tipici di età arcaica 19: anche di fatto ad aree con visibilità azzerata e dunque non rappresentative. a Gerfalco sono state riconosciute attività estrattive riferibili a que- Emerge una forma di popolamento sparso ma organizzato, espres- st’arco cronologico 20. sione di un’occupazione non casuale degli spazi rurali; ciò fa pensare Manca ancora una viabilità diretta verso Montieri e Massa 21, pro- che quest’area possa rientrare comunque nell’orbita di un ‘potentato’ babilmente non resa necessaria a causa di uno sfruttamento ancora che, in un certo senso, veicola la frequentazione e influisce sulle mo- modesto dei filoni minerari di questo comprensorio; solamente lo dalità di gestione della terra. sviluppo di un collegamento in tal direzione, coinvolgendo proba- Particolarmente importante è il dato demografico che propone una bilmente Chiusdino, gli avrebbe attribuito il ruolo strategico che an- densità pari a 3,63 abitazioni ogni kmq (proiezioni di calcolo sui drà poi ad assumere a partire dai primi secoli del Medioevo. campi battuti): un valore alto soprattutto se rapportato alle medie Si tratta dunque di una zona che rimane fisicamente chiusa all’in- calcolate sui territori limitrofi. Abbiamo scelto due aree, rappresen- terno di un sistema insediativo che privilegia i punti nevralgici del tative di due diverse realtà: da un lato Murlo, come esempio di po- sud-ovest della provincia; dunque non area marginale ma piutto- polamento in qualche modo privilegiato dalla vicinanza a un orga- sto di ‘confine’, all’interno delle pertinenze di uno o più ceti ege- nismo di rilievo come la reggia di Poggio Civitate; dall’altro, Colle moni. Val d’Elsa come caso invece di un sistema insediativo di medio li- L’applicazione dei modelli spaziali, materializza tale ipotesi. vello, con caratteristiche del tutto omogenee a quelle del chiusdinese: Il tipo di analisi che potevamo applicare con un buon grado di affi- ebbene, il primo mostra un rete organizzata su 2,32 case ogni kmq dabilità, stando ai dati in nostro possesso, era quella relativa al cal- e l’altro scende addirittura a 0,74 unità per kmq 15. colo delle buffer zone. Lanciando aree di buffer di 17 m intorno ai due centri aristocratici 11 Il processo di espansione di Volterra sul territorio si articola in due momenti di- più vicini, Mollerata e Poggio Civitate (la misura del buffering corri- stinti. Il primo, verso la fine del IX secolo a.C., in coincidenza della ristrutturazione sponde al valore medio della distanza fra i due centri), constatiamo dell’insediamento sull’acrocoro, vede l’allargamento degli interessi cittadini verso la come il punto di contatto venga a cadere proprio all’interno del co- direttrice costiera in corrispondenza della Valle del Cecina; il secondo momento mune, in corrispondenza della sua parte nordorientale. coinvolge un ambito spaziale molto più ampio, arrivando a toccare la Val di Sterza, Questo conferma quanto detto: cioè che ci troviamo di fronte a un la Val di Cornia, la Val d’Era e la Val d’Elsa (riferiamo al rinvenimento di territorio posto sul limite di due sfere di influenza. presso Casole, alla tomba in località Vada a , e infine l’emergenza di Pog- gio del Boccaccio presso Certaldo). MAGGIANI, 1997, pp. 74-75. 12 CIACCI, 1999, p. 304. 16 CRISTOFANI, 1979, pp. 19-26. 13 La presenza di villaggi di altura, spesso fortificati, interpretabili come residenze, tipo 17 LOPES PEGNA, 1952-1953, fig. 408. Il territorio di sembra comunque in- palazzo, dei gruppi al potere viene provata anche dai risultati dell’indagine estensiva serirsi nella stessa linea mostrata dai territori toccati dalla viabilità. Esistono solo al- condotta nella Val di Cecina (riferiamo al caso di Rocca di Sillano e Poggio di Gran- cuni indizi della presenza di un ceto egemone, evidenziati da alcuni corredi tombali chio) e dalla campagna di scavo condotta sul sito di Casale Marittimo. Si veda, AU- rinvenuti a Montebuono presso Santa Colomba e in località La Chiocciola (CRI- GENTI-TERRENATO, 2000, p. 299. STOFANI, 1979, pp. 19-21); il limite a una definizione più precisa del modello inse- 14 Il modello descritto risulta simile a quello presentato da Ciacci per Colle Val d’Elsa, diativo è determinato dall’assenza di indagini estensive incentrate sul comune. Il anche se in questo territorio, come ricordiamo nel testo, la rete del popolamento si ruolo determinante del tratto viario a cui facciamo riferimento è attestato con chia- presenta a maglie molto rade. D’altro canto, il territorio valdelsano è caratterizzato da rezza per il periodo ellenistico attraverso la necropoli di (PHILLIPS, 1965, una forte incidenza di necropoli, ascrivibili a questo periodo, mostrando una tendenza pp. 10-29); non mancano però primi indizi di stratificazione sociale evidenziati da opposta al chiusdinese. CIACCI, 1999, pp. 300-305. alcuni corredi tombali (Montebuono a Santa Colomba e La Chiocciola). 15 I valori proposti sono stati calcolati in rapporto all’estensione totale dei campi bat- 18 CUCINI, 1990, p. 240. tuti. La scarsa visibilità del campione chiusdinese, rischia infatti di condizionare il dato 19 CAMPOREALE, 1985, p. 25. percentuale. Riportiamo comunque i valori calcolati rispetto all’area dei transetti: per 20 AA.VV., 1992, p. 309 in cui si riferisce una notizia desunta da BADII, 1931, p. 471. Murlo, troviamo 1,02 abitazioni per kmq, a Chiusdino 0,81 per kmq. Calcolando il 21 Nei dintorni del Lago dell’Accesa è attestata la presenza di una piccola comunità di netto sbilanciamento dell’estensione della superficie ricognita a favore di Murlo, ap- villaggio formato in stretta connessione con le attività estrattive della zona massetana. pare confermata comunque l’alta densità del popolamento chiusdinese. TANELLI, 1985, p. 37 e BADII, 1931.

138 Figura 43. Buffer zone intorno ai centri di Poggio Civitate e Mollerata.

Tale limite non è lontano dalla necropoli di Buca delle Fate; ciò Habitat di media collina (B): 23 siti rinvenuti su 5,2 kmq –> proie- potrebbe suggerire l’eventuale presenza di un nucleo di aristocra- zione su 16,9 kmq = 74,75 siti possibili zia della terra, che in qualche modo possa essersi affermato proprio Habitat dei primi rilievi (C): 1 sito rinvenuto su 0,5 kmq –> proie- in funzione della distanza rispetto ai centri maggiori. zione su 12,2 kmq = 24,4 siti possibili Purtroppo lo scarso numero di residenze aristocratiche e la non Totale: 26 emergenze rinvenute contiguità fisica della maggior parte di esse, impedisce di utiliz- 105 emergenze proiettati zare correttamente i poligoni di Thiessen; calcolando l’estensione 131 siti potenziali delle aree di potere, avremmo potuto proporre un modello ipo- tetico riguardo alla disposizione dei centri egemoni, verificando Taratura del dato sulla carta della probabilità archeologica: quindi la plausibilità dell’esistenza di un potentato inserito di- Proiezione su habitat A: attendibilità scarsa. rettamente nel territorio chiusdinese. I due siti rinvenuti non sono rappresentativi del fondovalle; sono infatti dislocati sul limite dell’area in una zona molto prossima a quelle di me- Proiezione dei risultati dell’indagine e ipotesi predittive sul popola- dia collina (potenziale archeologico: alto). Per di più la superficie allu- mento – Dal momento che il campione è stato coperto solo per il vionale (Val di Feccia e Val di Merse), pur sottoposta a ricognizione per 6,25% del totale, si è deciso di fare una stima di quanta archeologia 2/3, ha restituito una bassissima presenza archeologica (solo due spora- può non essere stata individuata. dici ascrivibili genericamente al periodo etrusco) coerentemente con la La procedura ha previsto la proiezione proporzionale della densità griglia che individua in queste aree il più basso potenziale. media dei siti per kmq battuto sui diversi habitat inseriti nel tran- La stima di 5,74 siti possibili deve dunque essere abbassato a 1-2 unità setto, per ottenere il numero di rinvenimenti possibili su tutti i di incremento massimo. campi indagabili. Il risultato così posto, ripropone un calcolo mec- Previsione = 1-2 siti possibili. canico e altrettanto semplicistico, poco coerente con la situazione variegata del territorio: si procede dunque alla taratura del dato (se- Proiezione su habitat B: attendibilità buona. condo criteri soggettivi), sovrapponendolo alla carta di probabilità L’altissima densità delle emergenze individuate conferisce un alto archeologica elaborata sulla base delle evidenze di tutti i comuni grado di affidabilità alla proiezione, confermata ulteriormente dalla del senese sottoposti a ricognizione. griglia che colloca qui un potenziale elevato. La stima di 74,75 siti possibili per cautela viene abbassata di un 10% Proiezione sul transetto: in considerazione delle variabili determinate dalla non rigida sistema- Habitat di fondovalle (A):2 siti rinvenuti su 2,3 kmq –> proiezione ticità dell’impianto insediativo e delle componenti geo-morfologiche. su 6,69 kmq = 5,74 siti possibili Previsione = 60-65 siti possibili.

139 Proiezione su habitat C: attendibilità media. La densità di rinvenimenti sulla superficie battuta viene calcolata sulla base di un campione estremamente ridotto e decisamente poco rap- presentativo; per di più, l’unica emergenza rinvenuta si colloca sul li- mite interno dell’habitat nel punto di contatto con la media collina. L’unico fattore in favore dell’attendibilità della proiezione risulta dalla carta della probabilità che isola in alcune porzioni di questo contesto ambientale le parti a più alto potenziale archeologico. In mancanza di dati più circostanziati, proponiamo di ridurre la pre- visione del 40%. Previsione = 6-8 siti possibili. Eludendo dalla naturale rigidità dei numeri, proponiamo al termine un semplice valore percentuale di incremento, calcolabile nell’ordine del 288%, riferito all’archeologia che, pur presente, non può essere colta per i limiti imposti dalle caratteristiche del territorio.

IV-II secolo a.C. Le unità topografiche rinvenute sono nel complesso 21, di cui quat- tro databili fra V-IV secolo a.C.; le altre rimandano invece alla piena età ellenistica. L’incremento rispetto all’edito si calcola in misura del 2.000%. Il rapporto rinvenimenti/superficie battuta conta 2,38 siti per kmq (0,44 siti in relazione all’estensione del transetto). Lo stato di conservazione delle emergenze è sostanzialmente buono; dei cinque rinvenimenti sporadici, tre corrispondono allo spargi- mento dei materiali pertinenti ad altre unità topografiche, mentre due rappresentano depositi nel sottosuolo non leggibili a causa delle pratiche agricole in atto. Figura 44. Distribuzione dei rinvenimenti di periodo etrusco ellenistico

Figura 45. Ipotesi di presenza archeologica sulle aree non indagate.

140 di piccola e media portata: si dispone sui terreni già occupati ma con un allontanamento costante di pochi metri dai nuclei più antichi. Nel complesso, il popolamento si distribuisce in edifici connotati da dimensioni ridotte, ad ambiente unico, destinate a nuclei monofa- miliari, economicamente autosufficienti; frequenti sono i casi di pic- coli forni per riduzione del minerale e/o forgiatura del ferro, posti a brevissima distanza dalle abitazioni. Si delineano, in modo più netto, gli aspetti socio-economici; attraverso l’individuazione di alcuni nuclei più articolati viene attestata la pre- senza di forme di stratificazione sociale ben definite. In località Papena, si riconoscono chiare tracce di un complesso tipo fattoria, collegato a una piccola necropoli. A pochi metri dal podere, emergono in superficie le tracce di una grande struttura (concen- trazione di pietre e laterizi estesi in uno spazio di 108 m), com- pletata da una seconda costruzione deperibile con funzione di an- nesso (evidenza di grumi di argilla concotta e ceramica da conserva). È probabile che il deposito conservato nel sottosuolo sia più artico- lato ed esteso; si ha infatti l’impressione di trovarsi di fronte a un nu- Figura 46. Rapporto percentuale delle tipologie edilizie cleo molto più consistente, solo parzialmente leggibile perché appena intaccato dalle arature (condizione, d’altro canto, che ha permesso Il panorama delle tipologie insediative subisce alcune variazioni ri- di reperire in superficie materiali in ottimo stato di conservazione). spetto ai secoli precedenti; le strutture privilegiate rimangono le abi- La maggior parte della cultura materiale presente, costituita in gran tazioni in pietra (sei casi) e quelle con elevati in terra e copertura la- parte da forme di vernice nera, emerge appena frammentata o inte- terizia (sette casi). ramente ricomponibile. Decresce fortemente il numero delle capanne (due), indizio di una A breve distanza, circa 700-800 m, si colloca la piccola necropoli in- mutazione del nucleo base, che non vede più lo spazio abitativo af- dividuata da Phillips alla metà degli anni ’60, composta da un nu- fiancato dalla struttura di servizio. Compare la categoria “casa mero incerto di sepolture a incinerazione, con corredi ceramici assi- ricca”, non attestata prima, riconoscibile in superficie attraverso di- milabili ai tipi rinvenuti in contesti ellenistici. mensioni della concentrazione superiori a quelle standard, maggiore La tipologia dei reperti collega strettamente abitato e necropoli. Si articolazione del materiale ceramico e migliore qualità degli ele- tratta per la maggior parte di materiale di imitazione volterrana, rife- menti edilizi. ribile a centri produttivi di ambito locale (tipico l’utilizzo di una ver- nice di colore bruno marrone, non omogenea e di qualità scadente: causa di una scarsa conservazione del prodotto). Entrambe le unità topografiche restituiscono un esempio di kylix (l’esemplare rinvenuto in superficie, interamente ricomponibile) e pochi frammenti di ma- nufatti di buona produzione (vernice di alta qualità, compatta e per- fettamente conservata, traccia dell’empilement) che Phillips riconduce ai tipi riscontrati in alcune necropoli dislocate nella regione (Mali- gnano, Chiusi, Volterra, e ): sulla base della loro diffusione sostiene, così, l’ipotesi della presenza di un atelier specia- lizzato, attivo in ambito locale o sub-regionale 22. Un altro esempio di questo tipo insediativo ricorre in località , dove si colgono tracce di un’evidenza con dimensioni simili alla precedente, articolata secondo un edificio principale e alcune strutture accessorie in mate- riale deperibile, disposte su uno spazio complessivo di 400 mq. Sulla base di queste restituzioni è plausibile affermare l’esistenza di gruppi, caratterizzati dal vivere in complessi rurali di grande esten- sione, dal detenere il possesso di maggiori quote di terra e di un Figura 47. Rapporto percentuale delle tipologie edilizie tra arcaismo ed età el- tasso di ricchezza superiore, con il quale possono accedere ai beni di lenistica lusso. Una sorta di ‘nobiltà della terra’ composta da individui privi di connotazione aristocratica che, forse per loro merito e capacità, assurgono a un tenore di vita migliore rispetto al resto della popo- Il tessuto insediativo si modifica invece sensibilmente. In seguito a lazione: in questo caso, famiglie contadine, dedite alla coltivazione un brusco calo demografico, si dirada e viene a organizzarsi ora per del fondo in cui risiedono. case sparse isolate, disposte a grandi intervalli fra loro e, in misura Il processo di affermazione di questo tipo di organizzazione origina minore, abitati più complessi, tipo fattorie; decade totalmente il dallo sfaldamento dei potentati locali avvenuto alla fine del V se- villaggio. colo a.C. 23; l’inurbamento delle élite locali (nel caso di Volterra, Gli spazi di frequentazione tendono a rimanere gli stessi della fase ar- caica. L’abitato insiste ancora sulle aree di versante, a quote variabili 22 PHILLIPS, 1965; 1967. fra 300-400 m s.l.m., in corrispondenza di suoli leggeri e corsi d’acqua 23 Ci riferiamo al fallimento del modello insediativo legato alla gestione dei potentati

141 dovuto alla ripresa economica della città in seguito al suo reinseri- La rarefazione della maglia insediativa viene quantificata in 1,5 mento nei percorsi viari principali) 24, se inizialmente condiziona abitazioni per kmq: quasi in rapporto di 1:2 rispetto alla fase pre- un abbandono della campagna (per tutto il IV secolo a.C.) innesca cedente e un decremento pari al 43%. Di fatto si inverte la ten- poi una redistribuzione del potere che si materializza proprio at- denza evinta dalle altre zone, dove il rapporto con l’insediamento traverso una diffusione capillare di fattorie 25. A partire dal III se- arcaico è di due unità a una, con un incremento medio percen- colo a.C., il nuovo assetto socio-economico della campagna pro- tuale del 52%. voca dunque una vera e propria colonizzazione degli spazi rurali, Leggendo il dato in assoluto, cogliamo una decisa fase di deca- segnando una forte ripresa demografica 26. denza; in realtà, tale sensazione viene parzialmente mitigata dal A livello territoriale, il fenomeno diventa tangibile, seguendo la confronto con la densità insediativa registrata nelle zone caratte- curva del popolamento; la punta minima viene toccata nel corso del rizzate da un’intensa colonizzazione. A Colle, ad esempio, la di- IV secolo a.C. per raggiungere repentinamente nel secolo successivo stribuzione di abitazioni e tombe (ritenute comunque indizio di il picco massimo; ciò si manifesta nel Chianti 27, nella Val d’Elsa 28, popolamento) presenta 1,82 unità per kmq, con una media non nella porzione occidentale del bacino dell’Ombrone (compreso fra troppo distante da quella riconosciuta per Chiusdino; nel comune le immediate vicinanze di Siena e il Comune di Murlo) 29. valdelsano però l’incremento rispetto alla fase arcaica è alto, pari Per il comprensorio chiusdinese, il trend si delinea sostanzialmente al 146%. diverso. Dopo il brusco decremento di IV secolo a.C., che marca una D’altro canto, si marca fortemente la distanza con altre zone come perdita del 90% dell’insediamento arcaico, la ripresa in fase elleni- ad esempio Murlo dove la distribuzione di strutture abitative e ne- stica si presenta estremamente modesta. Esemplificativo è il caso del- cropoli sale a 2,71 unità per kmq (dato il fitto popolamento arcaico l’unico villaggio di fine VII-VI secolo a.C.: delle dieci abitazioni, una l’incremento è in questo caso solo del 6,54%) o il Chianti stesso sola continua a essere occupata nel IV secolo a.C. e poi solo per tre dove si segna un aumento pari al 145,7%; labili indizi di ripresa si riprende la frequentazione in età ellenistica. hanno anche a Poggibonsi dove si sale da una sola attestazione ar- caica a valori di densità ellenistica pari a 0,5 edifici per kmq. In definitiva, i numeri proposti forniscono una chiave di lettura più complessa rispetto a una valutazione puramente quantitativa dei siti rinvenuti. Sulla base di questi risultati, il territorio chiu- sdinese assume l’aspetto di un’area in una situazione di allenta- mento della maglia insediativa, dovuta a una parziale crisi demo- grafica, ma che ancora mantiene livelli medio alti di popolamento. In questa fase però si avvia un lento processo di rarefazione del tes- suto abitativo, che arriverà poi a toccare la punta più bassa in età romana, quando cioè si verifica un pressoché totale desertazione del comprensorio. La valutazione percentuale offre ulteriori spunti: i valori massimi si registrano sempre in concomitanza con le zone direttamente coinvolte nei processi economici e di scambio e con quelle con- notate da un ruolo strategico. È il caso, ad esempio, del Chianti, la cui posizione di frontiera, viene sottolineata da una estesa fascia di oppida posti a definire il confine fra le pertinenze di Siena e Fi- Figura 48. Decremento percentuale dei siti fra arcaismo ed età ellenistica renze. Oppure i comuni di Murlo e Sovicille ancora in stretto rap- 30 locali. Citiamo come esempio più chiaro le vicende della reggia di Poggio Civitate; la porto con la viabilità. Citiamo la necropoli di Malignano che fase di frequentazione viene compresa fra l’ultimo quarto del VII secolo e la fine del VI insiste sull’arteria stradale per Volterra, non lontano dalla futura secolo (525 a.C. circa). Dopo la fase di affermazione collegata al momento di massima statio romana di Ad Sextum (concordemente identificata da Ro- centralità del bacino dell’Ombrone (vedi paragrafo precedente) viene messo in crisi da sia) 31; ma anche il ricco complesso in località Castello, presso Or- uno spostamento dell’asse gravitazionale; in particolare l’assunzione di un ruolo pre- gia, nuovamente a dominio del tracciato stradale 32. minente di Roselle rispetto a Vetulonia, dall’altra l’abbandono dei centri minori del di- stretto chiusino che determinano l’affermazione della società urbanizzata nella stessa Evidentemente il crollo del potentato locale, cui faceva prima capo Chiusi. CRISTOFANI, 1979, pp. 23-25. Modalità simili presenta il caso del Chianti se- il territorio chiusdinese, non permette più di compensare la sua estra- nese; in proposito si veda VALENTI, 1995, p. 397 e schede di sito relative agli insedia- neità dai punti nodali dell’organizzazione del popolamento; ricor- menti di fase arcaica. diamo, che in concomitanza alla decadenza dell’oppidum di Molle- 24 MAGGIANI, 1997, p. 83; CIACCI, 1999, pp. 304-305. 25 AUGENTI-TERRENATO, 2000, p. 299. Simili dinamiche di popolamento sono state rilevate nel corso delle indagini di superficie svolte in Val di Cecina; si veda TERRE- NATO, 1998, pp. 97-98. 26 CIACCI, 1999, p. 305; TERRENATO, 1998, pp. 96-102. 30 L’area sepolcrale sembra doversi riferire a una comunità di villaggio costituito da 27 VALENTI, 1999, p. 397. un ceto medio rurale, economicamente vitale, dedita ad attività prevalentemente agri- 28 CIACCI, 1999, pp. 306-309. cole e allevatizie. CRISTOFANI, 1979, pp. 25-26; PHILLIPS, 1965, pp. 11-29. 29 CRISTOFANI, 1979, p. 25. Vengono citati gli esempi dei siti testimoniati dalle tombe 31 Il tracciato di questa strada, che viene ritenuto valido anche in età etrusca, è indi- di La Chiocciola, Monte Buono, Bucciano e di Porta San Marco. I corredi eviden- cato in LOPES PEGNA, 1952-53, nella figura a p. 408. Si veda anche Tavola Peutin- ziano due distinte fasi di utilizzo delle sepolture: una di prima metà VI secolo e l’al- geriana nella sezione Chiusi-Volterra. tra di fine IV-III secolo con un vuoto significativo di circa due secoli. Viene ipotiz- 32 Per il caso chiantigiano rimandiamo a VALENTI, 1995, p. 397. Per le aree di Sovi- zata come causa di desertazione l’attrazione verso centri polarizzatori (come ad esem- cille e Murlo abbiamo consultato CRISTOFANI, 1979, p. 25, dove si citano come zone pio quello presso Monteriggioni) che rappresenta infatti uno degli unici casi di di nuova occupazione l’area pianeggiante intorno alla Piana di Rosia e di Ponte allo continuità di frequentazione. Spino e l’area collinare orientata a sud verso l’Ombrone.

142 rata e alla perdita di importanza del tracciato fluviale del Cecina, an- Taratura del dato sulla carta della probabilità archeologica: che Radicondoli inizia a registrare indici demografici molto bassi 33. Proiezione su habitat A: attendibilità scarsa. Il caso chiusdinese, dunque, si configura come modello di sistema Per quest’area valgono le stesse considerazioni fatte riguardo alla fase insediativo in un’area ‘periferica’ o di confine; dove, cioè, l’allenta- arcaica. Data la bassa resa archeologica dimostrata e la scarsa idoneità mento della maglia può essere interpretato come il risultato di un all’insediamento di questa zona, proponiamo una taratura della progressivo sfaldamento del tessuto, procedendo in senso opposto ai stima, riducendo il potenziale a un’unità. punti nevralgici. Previsione = 1 sito possibile.

Proiezione dei risultati dell’indagine e ipotesi predittive sul popo- Proiezione su habitat B: attendibilità buona. lamento – Per la descrizione della procedura riferiamo al paragrafo Anche in questa fase, come per la precedente, la densità delle emer- precedente. genze individuate conferisce un alto grado di affidabilità alla proie- zione, con la conferma dell’alta potenzialità dell’area. Proiezione sul transetto: Coerentemente a quanto indicato per l’arcaismo, proponiamo una Habitat di fondovalle (A): 1 sito rinvenuto su 2,3 kmq –> proiezione diminuzione percentuale del 10% alla cifra prevista. su 6,69 kmq = 2,87 siti possibili. Previsione = 20-22 siti possibili circa. Habitat di media collina (B): 10 siti rinvenuti su 5,2 kmq –> proie- zione su 16,9 kmq = 32,5 siti possibili. Proiezione su habitat C: attendibilità media. Habitat dei primi rilievi (C):2 siti rinvenuti su 0,5 kmq –> proie- La densità di rinvenimenti è sicuramente falsata dal rapporto sbilan- zione su 12,2 kmq = 48,8 siti possibili. ciato fra la limitata estensione della superficie battuta e il numero di Totale: 26 emergenze rinvenute siti rinvenuti. 105 emergenze proiettati Un elemento di conferma viene dalla griglia che individua in questi 131 siti potenziali spazi le aree a massima potenzialità archeologica. Previsione: 10-15 siti. Percentuale di incremento totale = 200% rispetto ai risultati della ri- cognizione. 33 CUCINI, 1990, p. 241.

Figura 49. Ipotesi della probabilità archeologica sulle aree non indagate

143 3. ILPERIODO ROMANO. LARAREFAZIONE DELLA MAGLIA care direttamente le segnalazioni a causa della tenuta a pascolo o in- INSEDIATIVA colto di tutti i campi interessati. Infine, le nostre individuazioni hanno raramente superato la forma I secolo a.C.-III secolo d.C. di sporadiche presenze di materiale acromo, solo genericamente Per quanto riguarda il periodo romano, l’indagine estensiva ha conse- ascrivibile nell’arco dell’intera epoca romana. Addirittura la più alta guito risultati assolutamente insoddisfacenti; le emergenze individuate percentuale di ceramica proviene dalla raccolta effettuata da parte del in superficie sono solamente tre, che vanno ad aggiungersi al già parco proprietario del campo (operando ovviamente scelte selettive di ca- patrimonio delle quattro evidenze note. Oltre alla palese esiguità quan- rattere estetico) che riferisce di aver visto ‘sbucare’ molti frammenti titativa, il panorama dei rinvenimenti presenta ulteriori problemi che di laterizio e acroma grezza; anche qui il controllo autoptico è stato impediscono elaborazioni riguardo alle dinamiche insediative del impedito dallo stato del campo. lungo periodo compreso fra il I secolo a.C. e il III secolo d.C. Per quanto riguarda le forme insediative, sulla base della presenza di Un primo limite riguarda il carattere stesso delle fonti materiali men- rari frammenti di laterizio in superficie ipotizziamo l’esistenza di case tre l’altro concerne la loro dislocazione: le poche evidenze si dispon- di terra e copertura laterizia, non definibili per dimensioni ed even- gono in aree distanti fra loro, non permettendo così di avere una vi- tuali articolazioni interne. sione coerente anche solo di un piccolo spaccato di paesaggio. Una struttura tipo “villa”, in località Le Cetine, è stata individuata La qualità della documentazione è troppo eterogenea e sommaria per nel corso della ricognizione dei primi anni ’80; non viene fornita al- essere sfruttata correttamente. La notizia di una tomba in località Pa- cuna descrizione del deposito emerso, se non rispetto alla restituzioni lazzetto è scarnissima, priva di elementi georeferenziali e non offre di “54 frammenti di ceramica fra cui 6 di sigillata”: mancano indi- minimi spunti per un’analisi anche solo del contesto specifico 34. L’u- cazioni riguardo l’estensione della concentrazione, la disposizione del tilizzo dei risultati del fieldwalking anglo-italiano (che corrispondono materiale, il tipo di componenti edilizi e informazioni più precise al 70% delle nostre informazioni) è condizionato dalla mancanza di della cultura materiale presente. linguaggio comune nella decodifica e nella descrizione dell’emer- Ci troviamo sicuramente di fronte al periodo più problematico da genza di superficie 35; a questo, si è aggiunta l’impossibilità di verifi- ricostruire. Pur avendo constatato la tendenza a un depaupera- mento già in età ellenistica, appare incredibile una desertazione così massiccia e oltre tutto repentina del territorio; non trova inol- tre paralleli in altre parti della campagna volterrana, dove la sten- tata affermazione dell’elemento romano e la permanenza del pre- cedente sistema insediativo hanno provocato una tenuta, almeno parziale, del popolamento preesistente È il caso ad esempio del limitrofo comune di Radicondoli, per il quale i bassi indici demografici di III-II secolo a.C. marcano co- munque una continuità per tutta l’epoca romana. Si verifica cioè una fase di sostanziale stallo, una sorta di ‘continuità in negativo’, esem- plificata proprio dall’assenza di nuovi insediamenti fino a tutto il I secolo a.C. e provocata da una radicalizzazione delle tradizione elle- nistiche contro le innovazioni provenienti dal mondo romano 36. L’esempio più esaustivo delle micromodifiche subite dal tessuto in- sediativo nei secoli successivi, viene offerto poi dalla documenta- zione archeologica sui comuni del Chianti senese. Gran parte del- l’abitato sparso viene assorbito da organismi più complessi e si in- staura un nuovo tipo di organizzazione della terra, che si conclude alla fine del II secolo d.C. con l’inglobamento delle case sparse più lontane; si concretizza la definitiva destrutturazione del modello tardoetrusco e la nascita di quello accentrato organizzato sul la- tifondo, tipico dell’età romana 37. In area volterrana il fenomeno è altrettanto chiaro. In contrasto con quanto succede nel sud dell’Etruria, permane inalterato fino al I se- colo a.C. il tradizionale sistema di gestione per fattorie e villaggi mentre sono assenti le ville; queste ultime si distribuiscono invece nelle parti più periferiche, lungo le vie di comunicazione, l’Aurelia, la costa e attraverso la Val d’Elsa 38. Ciò è dipeso da un tardivo completamento del processo di romaniz- zazione. La città, schierata al fianco di Mario durante la guerra so- Figura 50. Distribuzione generale dei rinvenimenti di età romana grande se non si hanno elementi di confronto (cioè la rilevazione diretta dell’evi- 34 ASAT, 1992, n. 99, p. 309; BIANCHI BANDINELLI, 1927, F.120,17 n. 1. denza): non possiamo cioè ‘dimensionare’ significativamente il deposito, secondo un 35 Le schede propongono definizioni come “grande concentrazione”, “molti” o “po- criterio valido per le categorie di lettura adottate nel nostro lavoro. Per indicazioni re- chi frammenti di ceramica romana”, che non corrispondono a una documentazione lative al progetto si veda BARKER et alii, 1985 e 1986. valida e di facile lettura. La mancata trascrizione di indicazioni, tramite le quali ipo- 36 CUCINI, 1990, p. 245. tizzare le caratteristiche del deposito nel sottosuolo, non permette di comprendere i 37 VALENTI, 1995, pp. 398-401. modelli di interpretazione del dato di superficie. Il problema diventa ancora più 38 TERRENATO, 1998, p. 99.

144 ciale e dunque investita dalle confische sillane, ha comunque subito si ridistribuisce appunto in corrispondenza del passaggio dell’asse l’ingresso dei veterani solo poco prima della morte di Cesare; questo stradale Ombrone-Merse-Rosia-Elsa 44. ha mitigato le ripercussioni sull’assetto sociale della campagna 39. È evidente che tale situazione si ripercuote pesantemente sulle vi- Parallelamente, la fase del passaggio fra due realtà politiche ed eco- cende insediative del chiusdinese. nomiche così diverse e la crisi degli organismi centrali dello stato etru- Aggiungiamo che ad aggravare la crisi abbia concorso il decremento sco, hanno avuto come effetto immediato una contrazione del popo- demografico dovuto alla precarietà del quadro politico. Se cioè una lamento che ha investito quasi tutta la provincia; in corrispondenza variazione del popolamento può provocare una limitata riduzione di dell’inizio dell’età augustea si colloca poi la ripresa demografica. una maglia ricca e articolata, ad esempio come quella chiantigiana, Se però il trend generale segue un mantenimento sostanziale del pae- può invece apportare uno sconvolgimento più deciso su un sistema saggio ellenistico, cosa può aver determinato in ambito chiusdinese insediativo già in parte compromesso; ciò si rende ancora più chiaro una rarefazione così drammatica del tessuto insediativo? se consideriamo l’assenza di indizi dell’intensificazione della fre- Primi segni di una progressiva perdita di vitalità della zona si erano quentazione in età augustea. manifestate già nel corso della fase precedente; nonostante i valori si Citiamo come esempio il contesto archeologico in località Papena: mantenessero abbastanza nella media del senese, il calo, in contro- dopo l’abbandono dell’abitazione ellenistica, la frequentazione ri- tendenza assoluta con il resto della provincia, era senza dubbio indi- prende con l’impianto di una nuova struttura, posta a distanza di cativo di un meccanismo di modificazione spontanea negli equilibri meno di due metri dall’altra, con indicatori ceramici non antecedenti territoriali, rivolto sempre più a escludere il comprensorio. alla fine del IV secolo d.C. Tale fenomeno tende sicuramente ad aggravarsi in corrispondenza Pensiamo dunque a una manifesta difficoltà a superare i momenti di di un riassetto marcato dell’organizzazione degli spazi rurali. Dopo crisi o di cambiamento da parte delle aree periferiche, escluse dal le- il declino di Volterra, il baricentro della politica romana in Etruria game con gli organismi più vitali; una minore capacità di attutire gli si sposta verso Siena. La città, dedotta colonia sotto Ottaviano, fini- sconvolgimenti conseguenti alle grandi modifiche e una minore ela- sce per condizionare l’impianto di una nuova rete insediativa; la con- sticità nell’adattarsi alle innovazioni. Si verificano quindi processi di seguenza è una riorganizzazione complessiva dell’abitato, teso in trasformazione più lenti che determinano esiti molto più marcati e primo luogo a sottolineare proprio lo sviluppo cittadino in direzione modifiche più radicali. del contatto verso Roma 40. La lettura proposta, pur essendo più che plausibile, può spiegare Si privilegia dunque il versante nord-ovest di Siena (comuni del comunque una fortissima contrazione del popolamento ma non Chianti, e Murlo) 41 in corrispondenza del tracciato una cesura così netta che interrompe la frequentazione per oltre della Via Cassia 42, l’area valdelsana 43, le zone limitrofe ai percorsi di cinque secoli. Radicondoli e Sovicille: in questi due comuni, la maglia insediativa Intervengono a questo punto, cause connesse alla ricerca archeo- logica stessa. Problemi legati al fatto che spazi preferibilmente de- putati all’insediamento in età romana coincidano in realtà con 39 CIACCI, 1999, pp. 310-312. quelli connotati da una minore visibilità. Ovviamente non es- 40 CUCINI, 1990, pp. 246-247. sendo in grado di individuare tendenze, non possiamo neppure 41 Lungo la viabilità insistono alcuni dei complessi più rilevanti di questo periodo. In lo- calità Vico Bello, si trova un grande edificio romano con muri a cortine di piccole bozze collocare il potenziale archeologico di questa fase; possiamo co- intramezzate da fascioni in laterizio e con pavimenti parzialmente a mosaico in bianco e munque escludere la predilezione delle aree di media collina nero, con fasce che racchiudevano un motivo a treccia; è stato interpretato come edificio (quelle cioè più battute) e ipotizzare una diffusione prevalente termale della prima età imperiale, anche in considerazione della vicinanza dell’acquedotto nelle zone di fondovalle (indagate parzialmente, con bassa visibi- ritenuto di età romana (CRISTOFANI, 1979, p. 188). In località , si trova lità) e forse quella dei primi rilievi (non ricognite). un grande edificio termale (datato sui reperti numismatici entro il IV secolo d.C.), arti- colato in un grande portico con intonaci dipinti, due ipocausti collegati con una serie di ambienti con vasche (CRISTOFANI, 1979, p. 196). In località Monte Pescini, non distante IV-V secolo d.C. da Casciano di Murlo sono state trovate tracce di un grande edificio di età romana (di- mensioni 2514 m), con paramenti realizzati in opus caementicium e opus reticolatum L’unico indizio di una frequentazione tardoantica è stato rintracciato (CRISTOFANI, 1979, p. 210). In località , lo scavo svolto dall’Università della Vir- in località Papena, a pochi metri dalla fattoria ellenistica. Si tratta di ginia (1976-1977) in collaborazione con la Soprintendenza Archeologica della Toscana ha messo in luce i resti dell’edificio padronale di una villa romana. Sono stati indagati due una struttura, a pianta rettangolare, costruita in blocchi di travertino ambienti comunicanti utilizzati come ipocausti con pavimenti in lastre di terracotta, pi- parzialmente sbozzati per gli elevati e copertura in lastrine; ha una lastri in mattoni quadrati e pareti rivestite di tegole tenute da grappe metalliche; questa bipartizione interna fra spazio abitativo e magazzino/ambiente de- struttura serviva un ambiente interpretato come bagno, con pareti in opus sectile. La stanza stinato alla conservazione e alla lavorazione dei prodotti agricoli (la si affaccia su una corte con pavimento in cocciopesto che serve l’area occidentale, an- porzione occidentale della concentrazione presenta una netta preva- ch’essa caratterizzata da due praefurnia che alimentavano a loro volta due ipocausti. La lenza di contenitori da conserva e da trasporto 45 in associazione a zona occidentale, per la struttura dei muri in opus caementicium e per i rinvenimenti nelle fondazioni di ceramica aretina, è stata datata alla prima età imperiale; la parte orientale si due grossi frammenti di pietra da macina). colloca sulla base della diversa tecnica muraria al II secolo d.C. La costruzione di que- st’ultimo ambiente determina l’abbandono del precedente (CRISTOFANI, 1979, p. 209). 44 Il tracciato è descritto nella Tavola Peutingeriana nella sezione Chiusi-Volterra. An- Ricordiamo poi VALENTI, 1995; il contributo del V volume della Carta Archeologica che in LOPES PEGNA, 1952-1953, p. 408. Per le aree insediative di Santennano, Grotti della Provincia di Siena, riguardo al comune di Murlo, CAMPANA c.s.; due tesi di laurea e Stigliano disposte, appunto lungo la direttrice in questione, riferiamo a CRISTOFANI, incentrate sulle indagini estensive sui comuni di Buonconvento (responsabile Filippo 1979, pp. 102, 199-200, 97-103. Cenni) e Siena (COSCI, 1999-2000). 45 Sono stati rinvenuti frammenti di anfore del tipo KEAY, LII, T/6/649 e tipo KEAY, 42 Il tracciato della Via Cassia è descritto nella sezione Chiusi-Arezzo della Tavola Peu- XLIII, T/1/113. Il primo tipo indica esemplari prodotti nel Mediterraneo occiden- tingeriana. La lettura interpretativa del percorso, si veda LOPES PEGNA, 1950-1951, tale e attestati in Italia (scavi della basilica Costantiniana in via Labicana) già a partire pp. 407-442; LOPES PEGNA, 1952-1953, pp. 381-430. dalla metà del IV secolo d.C.; trova diffusione in contesti catalani del tardo V secolo 43 Per il popolamento in area valdelsana rimandiamo a CIACCI, 1999, pp. 310-312 e d.C., e in quelli andalusi fino agli inizi del VI secolo d.C.: altri esempi sono stati rac- VALENTI, 1999, pp. 312-318. colti negli scavi di Cartagine e in quelli della Schola Praeconum. Il secondo tipo con-

145 Le tracce indicano un nucleo insediativo medio-grande, con ele- Proiezione dei risultati dell’indagine e ipotesi predittive sul popola- menti distintivi per quanto riguarda materiali da costruzione e cor- mento – La mancanza di una modellistica di età romana impedisce redo domestico; l’articolazione stessa di quest’ultimo attesta un tipo qualsiasi valutazione di tipo predittivo sul potenziale archeologico di economia mista, basata anche sullo scambio di prodotti nell’am- per questo periodo. bito, probabilmente solo, di mercati locali. Probabilmente un’indagine più mirata alle aree non sottoposte a una Ovviamente, disponiamo di elementi troppo labili per sostenere la battitura sistematica (a causa dei limiti imposti dall’uso del suolo) pertinenza di questa struttura a un sistema di gestione della terra di potrebbe fornire qualche elemento ulteriore di elaborazione. tipo latifondistico; l’assoluto isolamento del rinvenimento e l’assenza Riteniamo comunque di poter escludere con sufficiente certezza che di una rete insediativa di età romana, rispetto alla quale cogliere l’e- il contesto di medio versante possa restituire una casistica troppo più voluzione, impedisce di formulare ipotesi più certe. ampia di rinvenimenti; l’alta percentuale di rilevazioni nella superfi- Ampliando lo sguardo al contesto senese, possiamo invece cogliere cie battuta rende chiaro che “se c’è archeologia è sicuramente possi- elementi per tracciare la diacronia di questo insediamento rispetto bile trovarla”. Minori certezze possiamo esprimerle per le aree di fon- alle successive fasi di frequentazione. dovalle, dove le caratteristiche stesse dei suoli e delle pratiche agri- Le indagini estensive sugli altri territori provinciali confermano che cole, lasciano dubbi in merito a un’equazione diretta presenza durante il IV secolo d.C. vige ancora l’organizzazione tipica dell’età archeologica/resa archeologica. Dal momento che tradizionalmente romana che inizierà a sfaldarsi solo alla fine del V-inizi VI secolo d.C. le aree pianeggianti risultano anche le più insediate in periodo ro- A questa, succederà poi una nuova rete abitativa, disposta sugli stessi mano 48, possiamo supporre qui una maggiore probabilità della pre- terreni già oggetto di sfruttamento nell’età precedente, ma articolata senza di tali depositi: senza pretesa di veridicità, solo calcolando il in case sparse di piccole dimensioni (sia costruite ex novo sia im- rapporto tra numero di siti ed estensione totale dell’area, propo- 46 piantate sui ruderi delle ville) . Termini di confronto sono rintrac- niamo dunque un’ipotetica percentuale di incremento pari al 10- ciabili anche in altri contesti della Toscana meridionale (soprattutto 15% rispetto al numero effettivo dei rinvenimenti. la zona di e la valle dell’Albegna) 47. A pochi metri dall’abitazione tardoantica, il reperimento di fram- menti sporadici di tegole e olle riconducibili ai tipi in uso tra VI-VII 4. ALTO MEDIOEVO secolo (indizio di un deposito archeologico appena intaccato dalle VI-VII secolo arature) incoraggia a cogliere una certa omogeneità del chiusdinese con il modello insediativo ‘di passaggio’ appena descritto. Nonostante il numero modesto di rinvenimenti, il tessuto insedia- Pur nella limitatezza delle testimonianze archeologiche, il contesto tivo di questa fase appare abbastanza chiaro; coerente con le tendenze di Papena offre dunque un contributo essenziale per la ricostruzione individuate nel contesto provinciale, offre suggestioni sufficienti per delle modifiche della maglia insediativa occorse al chiusdinese lungo seguire il momento di transizione della campagna chiusdinese ai tutte le fasi di occupazione; possiamo sicuramente riconoscervi uno primi secoli dell’alto Medioevo. ‘spazio di successo’ a lunghissima frequentazione, che esemplifica Le unità topografiche individuate sono complessivamente sette; l’in- tutte le fasi evolutive del popolamento. Vi trovano luogo le manife- cremento percentuale è assoluto dal momento che non disponevamo stazioni insediative di maggior rilievo per la fase arcaica (complesso di alcuna informazione proveniente dall’edito. sepolcrale di un nucleo di aristocrazia della terra) ed ellenistica (fat- Corrispondono tutte a emergenze di superficie chiaramente leggibili, toria + necropoli) del periodo etrusco; vi si registra poi il vuoto d’età indizi di depositi presenti nel sottosuolo in ottimo stato di conser- romana, la successiva ripresa con l’unico nucleo tardoantico estesa vazione; riguardano edifici in pietra con copertura laterizia e case in (complesso di tradizione romana), senza soluzione di continuità, fino materiale deperibile, con dimensioni in superficie di poco superiori alle fasi bassomedievali; di fatto, rappresenta uno spaccato, ben de- alla media rilevata sinora (una media di 98 m per le prime e di lineato, delle trasformazioni del sistema di organizzazione e gestione 67m per le altre). della terra. La disposizione delle evidenze definisce una rete insediativa a maglie larghe, organizzata esclusivamente per case sparse, secondo distanze molto variabili fra un minimo di 600 m e un massimo di 2,5 km. traddistingue forme immesse nei mercati italiani fra la fine del II e gli inizi del III se- Riteniamo che le oscillazioni registrate descrivano un quadro abba- colo d.C. (evidenze dagli scavi di Ostia) e che hanno continuità d’uso fino al terzo stanza realistico del paesaggio chiusdinese di questi anni. quarto del IV-inizi V secolo d.C. (scavi di Via Labicana); a Luni si trovano associate L’immagine fortemente antropizzata di età etrusca, connotata da una a materiale di IV secolo d.C. 46 Per il Chianti senese, VALENTI, 1995, pp. 400-401; per la Val d’Elsa, VALENTI, serie pressoché continua di campi coltivati organizzati intorno ai sin- 1999, pp. 316-318. A Radicondoli l’esempio più chiaro viene fornito dalle restitu- goli nuclei, è stata progressivamente modificata da un aumento costante zioni in località Podere Contessa dove si hanno tracce dell’insediamento di prima del bosco; il processo di desertazione in età romana deve aver sicura- età imperiale posto a una quota di circa 350 m s.l.m.; un piccolo sito rurale, datato mente accelerato lo sviluppo degli agri deserti, anticipando l’afferma- al 500-580 (vi sono stati rinvenuti esemplari di sigillata africana tipo HAYES 104A), zione di un ambiente dominato dalla natura di alcuni secoli. Se infatti, si sviluppa poi a una quota superiore di 425 m s.l.m. Nel poggio retrostante troverà spazio nel XII secolo il castello di Montalbano. Ancora il caso dell’attuale podere di negli altri territori, l’abbandono massiccio dei coltivi corrisponde alla Cerciano, posto nel comune di Radicondoli a breve distanza dal confine con il ter- crisi del modello gestionale di tipo romano 49, nel chiusdinese deve aver ritorio di Chiusdino. In questo punto il sito tardoromano, frequentato con certezza fino al IV-V secolo d.C., sfruttava la pendice del pianoro a una quota di circa 400 48 A livello territoriale, gli spazi pianeggianti risultano sempre quelli maggiormente m s.l.m. In periodo altomedievale, in un’area contigua, raggiungendo la sommità insediati, si veda la casistica riassunta in CAMBI et alii, 1994, pp. 210-213; per i casi del poggio a una quota di 416 m s.l.m. si imposta la pieve di Sorciano. Ne risulta particolari riferiamo agli studi specifici ricordati nelle note precedenti. un’evidente continuità di frequentazione degli stessi spazi; per una trattazione esau- 49 Già nelle gestione della terra di tipo latifondistico veniva contemplata la coltiva- stiva della realtà del territorio in questo periodo rimandiamo a CUCINI, 1990, zione intensiva di alcune colture al fine di adattare la produzione alle richieste eco- pp. 259-262. nomiche generali e alle necessità di sussistenza interna all’azienda; le eccessive tassa- 47 CAMBI et alii, 1994, pp. 183-215. zioni imposte nel periodo di crisi economica del sistema delle ville hanno fortemente

146 segnato un processo di costante incremento a partire almeno dalla tarda In questa fase, il territorio si punteggia di abitazioni che insistono su Repubblica-primo Impero: già allora, gli spazi agricoli dovevano pre- spazi già colonizzati, senza un apparente criterio bensì in forma di- sentarsi come manifestazioni episodiche quasi affogate all’interno di sordinata; vengono privilegiate le aree di versante, su quote medio- ampie aree incolte e boscose. In quella fase, il comprensorio di Chiu- alte (comprese fra i 313 e i 431 m s.l.m.), in corrispondenza di suoli sdino doveva riproporre un aspetto ben diverso da altre parti del con- facilmente lavorabili e prossime a una fitta rete idrica di medio-bassa testo senese 50; diversamente, nel corso della tarda antichità, si allinea portata: ottimali dunque per la destinazione agricola. alla tendenza generale di un’incidenza forte delle superfici boschive che Le strutture sono molto semplici, forse a pianta quadrata, probabil- vanno a determinare l’aspetto ‘selvaggio’ tipico dell’immaginario co- mente senza articolazioni interne, frequentate da nuclei monofami- mune riguardo ai secoli altomedievali. liari che sfruttano la terra e sopperiscono in modo autosufficiente ai bisogni quotidiani della pratica agricola 51; la presenza costante di concentrazioni di scorie e, in misura minore, parti residuali delle strutture produttive (in un caso, è stata reperita anche una concre- zione ferrosa recante un’impronta di forma tubolare, interpretabile come traccia della colatura sulla parte terminale della bocchetta del forno), testimoniano un’attività autonoma di riduzione del minerale grezzo e di lavorazione dei pani di ferro. Talvolta, emergono tracce di agglomerati composti da più unità abitative, frutto probabilmente di un’aggregazione spontanea di più nuclei familiari; si tratta co- munque sempre di gruppi economicamente omogenei, per i quali non esistono indicatori circa una loro distinzione sociale. È il caso del piccolo complesso emerso in località Podere San Magno. Si tratta di un nucleo rurale costituito da due unità abitative, di diverse dimensioni e tipologia, esteso a coprire uno spazio complessivo di circa 450 mq. La struttura principale, monovano, è realizzata in pietra e la- terizio e ha destinazione abitativa (in superficie ceramica da fuoco e da conserva, reperti osteologici pertinenti ad avanzi di pasto). Al suo fianco, un piccolo ambiente indipendente, costruito in terra con co- pertura laterizia, sfruttato come magazzino per derrate alimentari; nello spazio compreso fra i due edifici, dovevano svolgersi attività di carattere artigianale come la macinazione del grano (in superficie grossi frammenti di pietra da macina), la fusione del minerale e la for- giatura dei pani (in superficie scorie di riduzione e di lavorazione). A breve distanza, un’area cimiteriale, composta da due tombe a fossa (in superficie resti osteologici umani relativi a due individui; di uno rimangono braccio e gomito sinistro, dell’altro l’intero cranio) 52. Più a valle, nei pressi del limite sudorientale del sito, un’altra abita- zione, consistente in edificio in terra, di dimensioni leggermente in- feriori, coevo ai precedenti. La maggiore articolazione dell’insediamento si spiega nell’associa- zione di più abitazioni, come prima si è accennato, secondo una ten- Figura 51. Distribuzione dei rinvenimenti di VI-VII secolo denza già rilevata nella Val d’Elsa; vi ricorrono spesso esempi di nu- clei compositi, posti a dominare parti ridotte dei terreni già sfruttati accelerato il processo di abbandono dei campi. A partire dal III secolo d.C., per fron- dalle aziende latifondistiche 53. teggiare l’avanzata dell’incolto, l’impero stesso tese a prendere provvedimenti per con- tenere il fenomeno: attraverso pesanti imposte sui campi non lavorati si tentò di spro- nare la rimessa a coltura del territorio. Nel corso del IV secolo d.C., si ricorse all’as- segnazione delle terre marginali, prima gestite dai veterani, alle gentes: un tipo di 51 L’unico esempio di abitazione di fine VI-VII secolo, in area senese, è stato scavato in politica che consentiva lo sfruttamento di tutte le risorse del territorio, avvantaggiando località San Quirico e Pace, presso Castelnuovo Berardenga (Siena). Si tratta di un mo- senz’altro i grandi latifondisti che riuscivano così, in presenza di un paesaggio varie- novano, a pianta rettangolare e dimensioni 4,803,40 m; gli elevati sono in terra pres- gato, a ottenere una vasta gamma di prodotti. L’ingresso dei nuovi coloni segnò di sata (forse intonacati in argilla), con uno spessore di 70-80 cm mentre il tetto, in lateri- fatto la prosecuzione del sistema romano; veniva chiesto loro infatti di riattivare le zio, è a un solo spiovente fermato da ventose in pietra. L’interno (esteso circa 42,70 strutture precedenti, senza dunque apportare nuove abitudini e consuetudini rurali. m) è dotato di focolare, grandi contenitori per derrate, mensole applicate ai muri e un Sicuramente gli eventi connessi alla guerra gotica, provocarono un’interruzione nel- tavolo (tracce di disfacimento ligneo sul battuto di vita). All’esterno si trova un recinto l’evoluzione di queste strutture agrarie se non altro a causa del brusco decremento de- per animali: i resti osteologici indiziano la presenza di bovini e pennuti da cortile. Lo mografico: è comunque da ridimensionale la ‘barbarizzazione’ decantata, a fini pro- smaltimento dei rifiuti avveniva in fossa terragna scavata nel vergine e addossata a un pagandistici, dalla letteratura tradizionale romana. TRAINA, 1994, pp. 88-91. perimetrale della casa; nello spazio circostante, venivano svolte le attività metallurgiche. 50 Ci riferiamo ancora ai territori dell’area senese, indagati estensivamente. La Val In CAMBI et alii, 1994, pp. 198-199 e più ampiamente in VALENTI, 1995, pp. 360-364. d’Elsa e il Chianti dovevano mostrare un aspetto ancora molto antropizzato, con am- 52 Un caso fortunato ha voluto che al momento dell’individuazione del sito fosse pre- pie zone coltivate e solo parzialmente alternate a spazi boschivi. I primi segni di ab- sente Donald Walker, antropologo che ha collaborato al progetto Poggio Imperiale a bandoni delle aree coltivate possono collocarsi nel corso del III secolo, quando le re- Poggibonsi negli anni 1994-1998 e in altre attività promosse dal Dipartimento di Ar- stituzioni archeologiche diminuiscono e indicano l’inizio di un processo di rarefazione cheologia e Storia delle Arti; egli stesso ha provveduto all’identificazione del deposito della maglia insediativa, che culminerà poi nel paesaggio ‘caotico’ di fine VI-VII se- osteologico e alla definizione dell’emergenza in superficie. colo. VALENTI, 1995, pp. 398-401; idem, 1999, pp. 314-318. 53 Ricordiamo ancora VALENTI, 1999, p. 318.

147 Il modello socioeconomico si delinea omogeneo e uniformato. La Medioevo. L’assenza dei ceti dominanti individua la popolazione cultura materiale, relativa a tutti i contesti, è costituita per lo più da contadina come interprete principale della riappropriazione dello ceramica comune (acroma grezza per recipienti da fuoco e da con- spazio naturale, dotata di un certo grado di indipendenza nella serva; acroma depurata per ciotole e boccali per lo più trilobati e con scelta e nella gestione dei suoli. Qualunque affermazione si possa ansa a nastro) e da forme in depurata ingobbiata di rosso (con in- fare in contrasto con l’assenza di organismi dominanti nelle cam- gobbio parziale o totale per i tipi da mensa) 54; sono assenti invece pagne non può essere suffragata da dati archeologici. È vero che tale gli esemplari di importazione, come la sigillata africana e le anfore. rete insediativa si affianca a nuclei tipo piccoli villaggi dei quali si- Ciò che emerge dalla valutazione dei corredi domestici è un tipo di nora si sono riconosciute in Toscana alcune evidenze tramite scavo economia abbastanza chiusa, articolata per lo più in produzioni a ca- (soprattutto il contesto grossetano di Scarlino e quello senese di rattere prettamente artigianale (o, forse meglio, familiare) destinato Poggibonsi) 59 ma anche in questi casi l’archeologia non riesce a ve- a soddisfare il fabbisogno interno; si ha poi una parziale apertura dere indizi di differenziazione sociale 60. verso un tipo di mercato, alimentato da fornaci per la produzione di vasellame in serie e destinato alla diffusione a medio-largo raggio 59 Per Scarlino, in attesa di una pubblicazione definitiva dei dati si veda FRANCOVICH, (estesa cioè almeno nell’ambito dell’intera regione) di manufatti lo- 1985; inoltre le pagine web dell’area di Archeologia Medievale ; inoltre CUCINI-FRANCOVICH- PARENTI, 1990. Per Poggibonsi, oltre alla vasta bibliografia riassunta per esempio in ciate in rosso e grandi dolia) 55. VALENTI, 1999, le pagine web dell’area di Archeologia Medievale . nostra zona si inseriscono nelle linee del modello ‘caotico’, redatto 60 Poggibonsi per esempio vede la presenza di un villaggio stanziale vissuto 250-300 anni sulla base delle evidenze del territorio chiantigiano e verificato poi su che sembra occupare uno spazio minimo pari a quasi due ettari. Era composto da ca- quelle valdelsane 56; conferme ulteriori provengono anche da conte- panne di legno, terra e paglia difese naturalmente da un ripido dirupo con dislivello di quasi 100 m sul lato nord-est e dislocate tra due zone d’inumazione: una posta a sud- sti territoriali esterni al senese e riguardano l’area del grossetano (Ager est e l’altra probabilmente a nord-ovest. Sembra trattarsi di una forma insediativa vicina, Cosanus-Valle dell’Albegna-Valle dell’Osa) 57 e della Lucchesia (Ver- ma non uguale, al modello Haufendorf cioè un nucleo accentrato a maglie strette con silia e bassa Valle del Serchio) 58. un agro intorno. L’alternanza di edifici evidenzia abitazioni ricostruite dopo una-due Il termine ‘caotico’ viene assegnato proprio per identificare un pro- generazioni e comprese in un’organizzazione del popolamento per famiglie legate sta- cesso di recessione economico-demografica, caratterizzato dall’as- bilmente alla terra. Verso tale conclusione indirizzano lo sfruttamento ripetuto degli stessi spazi, l’area necropolare con una larga diffusione di inumazioni doppie (membri senza di organismi emergenti in grado di pianificare l’occupazione di una stessa famiglia deceduti a breve distanza temporale) e deposizioni per gruppi (al- del terreno rurale; si colloca nella fase di transizione fra la scomparsa meno 12) cioè tumulazioni di individui appartenenti a uno stesso ceppo familiare e av- della classe dei medio-grandi possidenti romani e la diffusione dei venute nel corso del tempo (si conosceva il punto di deposizione dei propri parenti). Le nuovi poteri, laici e religiosi, che connoteranno i primi secoli del fasi di età longobarda attestano una realtà di villaggio senza alcuna differenziazione ge- rarchica tra i suoi abitanti. Le capanne risultano per lo più tutte uguali e non si ricono- scono segni di gruppi o di individui che si elevano dalla massa per un maggiore tenore o per articolazione e topografia delle proprie abitazioni o per sepolture di tipo distintivo. 54 La ceramica acroma a ingobbio rosso, riconosciuta durante le ricerche di superficie sul Nell’economia del villaggio di fine VI-VIII secolo i bovini venivano allevati come forza Chianti (una prima contestualizzazione si trova in VALENTI, 1991) e approfondita dai ri- produttiva e come forza lavoro e si può invece definire specializzato quello dei capro- sultati dello scavo di San Quirico e Pace (Castelnuovo Berardenga) è stata isolata come vini. La popolazione mangiava molta carne e la dieta, di buon livello, si basava sugli ani- uno dei principali fossili-guida per l’individuazione di siti tardoantichi: ha ormai paral- mali allevati e macellati anche giovani. Solo il bue veniva rigorosamente abbattuto in età leli significativi con altre situazioni sia toscane (Fiesole, Lucca, alcuni esempi da Siena- molto adulta, quando non era più in grado di partecipare al lavoro sui campi; notevole scavo del Santa Maria della Scala e dalle zone centro-nord della regione-Arezzo, Volterra, doveva poi essere il consumo di avifauna, soprattutto pollame, mentre pare decisamente Firenze-Piazza Signoria, Pisa, Roselle e Pistoia) che emiliane (pozzi-deposito e scavi di assente l’integrazione dei pasti con selvaggina e con ittiofauna. Ancora nell’VIII secolo Villa Clelia; GELICHI-GIORDANI, 1994 e AA.VV., 1990b). Si tratta di una produzione non sembra comunque cambiare la natura del villaggio, che continua a mostrare la pre- rappresentata essenzialmente da ceramica da mensa (soprattutto forme aperte), caratte- senza di una popolazione economicamente e socialmente uniforme. Un deciso cambia- rizzata da impasti molto teneri, ricoperti da un ingobbio di colore rosso che si conserva mento nella topografia del villaggio si riconosce invece a partire dalla metà del IX secolo. solo parzialmente a causa della porosità dell’impasto stesso; tipica di questi manufatti è la Le strutture appartenenti a questa fase mostrano l’esistenza di uno spazio con organiz- riproposizione, più o meno fedele, delle forme della sigillata africana D. La produzione, zazione ben delineata da precise scelte topografiche e per la prima volta sono osservabili forse già attestata dal II secolo d.C., ha comunque una diffusione massiccia a partire dal i segni di un’articolazione gerarchizzata. Si tratta di una ripartizione spaziale che vede la IV-V secolo e propone un campionario stabile a cui nel tempo si affiancano nuove forme presenza di caratteri distintivi al suo interno; esiste un grande edificio centrale (una lon- imitanti coeve ceramiche di importazione; in altre parole non mutano gli esemplari pro- ghouse con magazzino interno per derrate alimentari), dal quale si diparte una lunga dotti (che continuano a essere riproposti anche quando gli archetipi non sono più in cir- strada in terra battuta, affiancata da un edificio di servizio (destinato alla macellazione colazione) ma si arricchisce la gamma dei recipienti immessi sul mercato. La definizione della carne che in essa veniva consumata), contornato da capanne di dimensioni minori, di questa classe come produzione autonoma ha sensibilmente aumentato il numero di da una zona tipo aia, un’area destinata a ospitare strutture artigianali (è molto probabile indicatori cronologici e le possibilità di rintracciare testimonianze di frequentazione tar- la presenza di una fornace da ceramica) e per l’accumulo dei surplus produttivi (un doantica. Fino agli inizi degli anni ’90 infatti l’unico indizio certo era rappresentato dalla grande granaio), un’area aperta con grandi contenitori infissi nel terreno, steccati, con- ceramica di produzione africana e dalle anfore; l’estrema variabilità della loro diffusione cimaia e resti di attività quotidiane di una popolazione rurale. La longhouse con la sua (più sporadica nelle zone interne) finiva però per compromettere un’esatta valutazione articolazione interna e quella della zona circostante potrebbe rappresentare il centro del- del popolamento tra fine età tardoantica e inizi dell’alto Medioevo (VALENTI, 1995, p. l’agglomerato, quindi il luogo dove risiedeva o il possidente o un suo delegato; po- 73). La stessa Cucini, al termine della ricerca su Radicondoli, lamentava tale limite (cioè tremmo trovarci di fronte al centro materiale e topografico di un’organizzazione pro- assenza di fossili guida al di là delle importazioni) e ipotizzava un’incidenza dei siti tar- duttiva tipo curtis e quindi di una signoria fondiaria: qui si conservavano le derrate ali- doantichi molto superiore rispetto al numero complessivo delle presenze individuate (CU- mentari, si produceva ceramica, si lavorava la carne e forse il corno. Gli studi sulla fauna CINI, 1990, p. 240). Riguardo al problema della visibilità in superficie dei siti ascrivibili rinvenuta in questa fase hanno evidenziato alcuni caratteri economico-sociali dell’inse- a questa fase si veda VALENTI, 1999, pp. 49-51. diamento. La distribuzione delle specie mostra un villaggio dedicato prevalentemente 55 Per uno sguardo alle dinamiche di diffusione e circolazione dei manufatti ceramici ad attività agricole e di pastorizia; continuano a essere allevati il bue (per l’impiego nei si veda VALENTI, 1999, pp. 321-322. lavori di trazione e per le attività casearie) e il caprovino per la produzione e lavorazione 56 La prima formulazione del modello ‘caotico’ risale al lavoro di Valenti sul Chianti dei latticini, della lana e per il consumo di carne. Non era invece praticato l’allevamento senese; già in CAMBI et alii, 1994, pp. 202-203 e poi in VALENTI, 1995, pp. 404-405. del maiale, la cui presenza sembra derivare da approvvigionamenti provenienti da risorse 57 Ancora CAMBI et alii, 1994. esterne al villaggio. Sono stati rinvenuti unicamente elementi anatomici corrispondenti 58 Per una sintesi bibliografica si consulti VALENTI, 1997. alla spalla dell’animale: in pratica i suini giungevano nell’insediamento già macellati

148 La natura stessa di questa presenza le attribuisce una durata brevissima a impiantarsi a brevissima distanza da strutture preesistenti. In conclu- e si limita a un arco cronologico compreso fra la fine del VI secolo e sione, appare chiaro che l’organismo coagulante si colloca o si crea lad- gli inizi del VII secolo; al termine di questo periodo, la comparsa di dove esisteva già una forma di popolamento, dove cioè era disponibile strutture di tipo ecclesiastico e di iniziative di carattere signorile con- forza lavoro: presupposto fondamentale in un momento nel quale gli dizionano nuovamente un meccanismo di accentramento intorno a indici demografici dovevano essere generalmente molto bassi (come at- poli di attrazione. In altre parole, pongono le basi per la progressiva testano, le percentuali calcolate in tutti i contesti senesi studiati). riorganizzazione del popolamento sparso in complessi tipo villaggio strutturato, dando inizio alla definizione del nuovo modello di piena Proiezione dei risultati dell’indagine e ipotesi predittive sul popola- età altomedievale. In altre parole, sembra che un controllo delle cam- mento – Dal momento che i territori con maggiori segnalazioni ascri- pagne abbia nuovamente inizio dopo che le nuove aristocrazie si sono vibili a questa fase riconoscono come criterio principale per la sele- definitivamente assestate soprattutto all’interno delle città. La conse- zione degli spazi insediativi quelli già occupati in età romana, non guenza pratica sulla rete insediativa si osserva nella scomparsa defini- possiamo elaborare statistiche con scopo predittivo. È altrettanto im- tiva della casa sparsa (sia costruita ex novo sia ricavata sui ruderi di com- possibile utilizzare modelli di analisi spaziale (a parte l’esiguità nu- plessi tipo villa in abbandono) e nella sopravvivenza (con incremento merica dei rinvenimenti) in quanto non si possono applicare sistemi numerico) dei soli villaggi accentrati. Due delle quattro abitazioni in- di riproduzione matematica in un contesto, caratterizzato invece da dividuate nel corso della nostra ricognizione, offrono indicatori suffi- un tipo di organizzazione casuale e priva di regole. cienti a sostenere l’evoluzione della maglia insediativa di età ‘caotica’ Accettando come valida la riproposizione del modello caotico, po- nel sistema di organizzazione della terra di tipo altomedievale. tremmo trovare tracce dell’insediamento di fine VI-VII secolo in pros- Accenniamo, brevemente a vicende che tratteremo meglio nel para- simità dei luoghi, che verranno attestati a partire dalla metà del X se- grafo successivo. colo, come sede di abitazioni, curtis o casali; purtroppo di questi luo- Il nucleo in località podere San Magno evolve in una struttura tipo ghi, alcuni non sono più referenziabili topograficamente mentre gli altri curtis, dotata di chiesa e attestata dalle fonti a partire dalla fine del sono immersi in fitte aree boschive o incolte, dunque non verificabili. X secolo; nell’ambito degli anni a cavallo con l’XI secolo vede poi la In linea con quanto affermato per il periodo romano, ipotizziamo un fortificazione in castrum. 10% di incremento percentuale, collocabile nelle aree appena indi- Nuovamente il caso della località di Papena. Dopo la frequentazione cate e in prossimità dei pochi siti romani. tardoantica e di fase caotica diviene villaggio dotato di chiesa, citato per la prima volta nel primo decennio dell’XI secolo. VIII-X secolo La combinazione di fonti materiali e storiche permette di leggere le modalità di passaggio fra due diverse epoche. Dotazioni archi- Dopo i rinvenimenti di fine VI-inizi VII secolo, comincia per il chiu- vistiche più ricche hanno permesso elaborazioni su una casistica sdinese un lunghissimo periodo di silenzio delle fonti archeologiche; maggiore di esempi; i casi Chianti e Val d’Elsa, ancora una volta, se eccettuiamo le emergenze fortificate e lo scavo recentemente hanno basi più ampie su cui articolare la comprensione di molti aperto sul castello di Miranduolo, sono totalmente assenti tracce ma- aspetti del popolamento. teriali della frequentazione, verificatasi nel periodo compreso fra la I nostri due casi, pur con soluzione di continuità, sottolineano co- fine del VII secolo e la prima metà del XIII secolo. munque un preciso disegno dei nuovi organismi di potere che tendono La difficoltà di reperire indizi dell’occupazione medievale nel corso delle indagini estensive è concetto ormai consolidato; questa diffi- come parti scelte di carne lavorata. Questo dato trova riscontri nelle fonti documenta- coltà diventa poi una ‘quasi impossibilità’ per quanto riguarda le ma- rie di X secolo dell’Italia centro-settentrionale, dove sono riportate le corresponsioni che nifestazioni insediative altomedievali. La non leggibilità dei siti di i livellari, insediati nei mansi di proprietà di una curtis, dovevano al dominico. In parti- questo periodo è stata per molto tempo legata da un lato, in modo colare, a partire dal X secolo, in alcune zone d’Italia si diffuse una contribuzione nuova sicuramente semplicistico, alla larga diffusione di forme abitative di riportata con il termine di amiscere, a indicare, in genere, un canone che equivaleva a una spalla del maiale (oppure ad alcuni denari). La coincidenza dei dati documentari e tipo deperibile (non troviamo forse capanne protostoriche, etrusche archeozoologici rinforza quindi l’ipotesi del centro curtense. Il campione faunistico, ha e romane?); dall’altro a un limite reale determinato dalla mancanza evidenziato anche elementi di stratificazione sociale, riconoscibili nella distribuzione dei di indicatori cronologici univoci che permettessero di effettuare da- resti di pasto rinvenuti all’interno delle strutture abitative. L’analisi quantitativa delle tazioni certe dei depositi: negli ultimi anni, l’intensificazione di in- specie presenti, in associazione all’età di decesso e all’elemento anatomico, sottolinea dagini stratigrafiche su contesti altomedievali ha permesso di am- come l’alimentazione nel corso del IX e X secolo fosse un mezzo di affermazione del pro- prio status sociale e nel nostro caso per i membri della famiglia che risiedeva all’interno pliare la conoscenza della cultura materiale di queste fasi e di disporre della longhouse. Il consumo di carne bovina era di loro appannaggio quasi esclusivo, così allo stato attuale di tipologie ceramiche sufficientemente esaustive. quello legato ad altri animali di grossa taglia (cavallo e asino) e inoltre pennuti da cor- Se dunque si sta risolvendo il problema connesso alla leggibilità, non tile particolari (come un’oca, non trovata altrove). Al contrario, la dieta di carne riscon- si trova una soluzione invece a quello della visibilità dell’alto Me- trata in altre capanne era più limitata; per esempio nella capanna 1 si consumavano parti dioevo, che spesso rimane ‘schiacciato’ sotto le stratigrafie prodotte di terza scelta (gli scarti della macellazione, vale a dire le zone corrispondenti al piede dell’animale), nella capanna 10, invece, erano maggiormente consumati tagli di seconda da una continuità di vita almeno fino al pieno Medioevo, se non ad- scelta (come ha evidenziato la distribuzione dei segmenti anatomici riferibili alla spalla). dirittura fino all’epoca attuale. Si tratta dei cosiddetti ‘siti di suc- Nella capanna 1 la mancanza di carne bovina era compensata da quella caprovina, ap- cesso’: siti nei quali la frequentazione ininterrotta degli stessi spazi ha partenente anche a individui molto giovani (uccisi entro il primo anno di vita), limitata portato come conseguenza la cancellazione o l’obliterazione dei dati, però alla sola spalla dell’animale, mentre la coscia era consumata nelle altre due capanne. pertinenti all’originaria fase di occupazione. In questi casi, cogliere Il villaggio altomedievale emerso a Poggibonsi è connotato, quindi, da un’economia for- temente caratterizzata dallo sfruttamento agricolo e dall’allevamento caprovino, mentre in superficie tracce dei depositi altomedievali è pressoché impossi- 61 l’incidenza della selva appare meno decisiva nei processi produttivi del villaggio, forse li- bile: emergono invece nel corso delle indagini stratigrafiche . mitata esclusivamente alla raccolta e al recupero di materiale ligneo per l’edilizia e le al- tre attività quotidiane a esso rapportabili, vista anche la mancanza dell’allevamento suino 61 Nel corso delle indagini estensive, in presenza di siti importanti si può decidere di che nel corso dell’alto Medioevo necessitava di aree boschive per l’ingrasso dei capi. intervenire su alcune aree con indagini mirate attraverso showel tests; ci sono alcuni

149 Scavare castelli 62 permette, ormai quasi costantemente, di rintrac- ciare contesti di buche di palo che retrodatano i siti in modo del tutto inedito rispetto sia alle fonti materiali di superficie sia a quelle scritte. Limitando la rassegna ai soli scavi effettuati dal nostro Dipartimento, possiamo citare esempi dislocati in tutta la Toscana: Poggibonsi e Montarrenti in provincia di Siena, Scarlino nel comune di Massa Marittima (provincia di Grosseto), Campiglia Marittima (provincia di Livorno) e anche lo stesso castello di Miranduolo nel chiusdinese. Si evince dunque che le potenzialità dell’archeologia di superficie nei confronti delle evidenze medievali si limitano essenzialmente ai siti ‘fallimentari’, quelli cioè che hanno registrato una precoce fase di ab- bandono: dunque, castelli decaduti sui quali, e intorno ai quali, non si è sviluppata alcun tipo di urbanizzazione oppure abitati sparsi. In ogni caso, si tratta sempre di manifestazioni abbastanza isolate, non rappresentative nella proiezione del reale potenziale archeologico di un’area; avranno inoltre sempre un’incidenza numerica inferiore ri- spetto alle presenze classiche. La capacità di ricostruire il paesaggio medievale dunque si lega strettamente alla possibilità di integrare il dato archeologico con le fonti scritte; di fatto, la presenza di una do- tazione archivistica, più o meno ricca, costituisce una grossa discri- minante riguardo alla leggibilità di un territorio. Uno sguardo alle diverse realtà spaziali rende chiaro in quale misura il numero delle segnalazioni (e, di conseguenza, il grado di dettaglio del- l’analisi del contesto) sia direttamente proporzionale alla disponibilità di archivi consistenti: ci riferiamo a quei fondi destinati a raccogliere le carte di importanti enti religiosi o, più raramente, di casate signorili. Il problema è che i dati storici e archeologici spesso convergono a in- dicare e definire le strutture di potere, penalizzando fortemente pro- prio le forme insediative minori; quelle manifestazioni che, pur es- sendo escluse da interessi strategici e politici, in realtà disegnano il vero tessuto insediativo. Figura 52. Distribuzione dei rinvenimenti di seconda metà X secolo Utilizzando questo tipo di fonti, non analizziamo un ‘campione’ rap- presentativo della variegazione di una realtà territoriale, bensì un suo Laddove era posto il piccolo complesso rurale di fine VI-inizi VII se- aspetto che, anche se sicuramente predominante (come l’elemento colo (nell’attuale località Poggettone), nel 954 viene citata per la signorile) non la rappresenta integralmente, in tutte le sue sfaccetta- prima volta la “curte S. Magni”, nel 996 viene ricordata la presenza ture: il rischio è quello di interpretare l’espressione del potere nel ter- della “ecclesia S. Mangni”; precedentemente, nel 943-944, si faceva ritorio e di non leggere invece la maglia del popolamento. riferimento a una casa et res posta “in S. Magno” 63. L’impossibilità di sfruttare a pieno le potenzialità dell’archeologia di Una tale successione delle forme abitative trova analogie stringenti superficie deve imporre cautela nella produzione di carte storiche sulla con le dinamiche rilevate nel resto della provincia; qui, il processo di base della lettura dei documenti: legate quasi sempre agli organismi accentramento viene innescato a partire da fine VI-inizi VII secolo di potere restituiscono un’immagine decisamente parziale del popo- da organismi, prima religiosi e poi laici, che assumono il ruolo di lamento reale; le uniche fonti ‘oggettive’ in tal senso sono quelle a ca- polo di aggregazione della popolazione rurale. Purtroppo nel nostro rattere fiscale, molto più rare però e quasi sempre riferite a contesti di caso, il silenzio dei documenti fino alla metà del X secolo fotografa piena età medievale. una situazione insediativa in un certo senso tarda, spostata già verso l’ulteriore momento di trasformazione nei centri incastellati; non ab- Definizione della maglia insediativa – Nel caso del chiusdinese, dispo- biamo motivo però di dubitare che, tra VII e IX secolo, possano es- niamo solamente di alcune carte redatte nel corso della seconda metà del sersi affermate quelle forme demiche, che noi riusciamo a cogliere X secolo, relative a una serie di contratti (sei) e donazioni (una). solo in una loro fase matura. La sovrapposizione spaziale di due siti di ‘caotico’ con altrettante lo- Se la combinazione di dati archeologici e storici permette di model- calità attestate fa emergere l’aspetto diacronico e le modalità di pas- lizzare l’evoluzione diacronica del sistema di occupazione della cam- saggio dall’abitato sparso e disorganizzato (tipico della fase di transi- pagna, la lettura isolata delle fonti storiche rende complesso il rico- zione) a quello accentrato altomedievale. noscimento di alcuni aspetti peculiari del tessuto insediativo: la den- sità del popolamento, la reale incidenza delle diverse forme abitative casi fortunati nei quali attraverso piccoli saggi sono state messe in luce le stratigrafie e, di conseguenza, la loro interazione nella strutturazione del modello. altomedievali, come ad esempio i casi chiantigiani. Si tratta comunque di casi isolati e fortunati; non si può pensare di indagare il Medioevo di un territorio attraverso que- sta strategia per un fattore di economia dei tempi della ricerca. I risultati in merito alla lettura della maglia insediativa sarebbero poi limitati e non soddisfacenti perché pro- 63 Lo stesso processo di accentramento sembra verificarsi dunque su due tipologie: lo cedendo in questo modo non si coglie comunque l’insediamento minore. sviluppo “abitazione caotica-curtis”, appena descritto, e “abitazione caotica-villaggio”: 62 La stessa tendenza potrebbe verificarsi anche nel caso dei villaggi; manca ancora in questo caso, però il passaggio appare più induttivo e riguarda un caso più tardo, il però una tradizione di scavo su questi contesti. villaggio di Papena.

150 I dati emersi circa la consistenza demografica del territorio non sono parte erronee. In un momento, in cui inizia a definirsi il fraziona- con tutta probabilità realistici. I documenti disegnano una rete a ma- mento della campagna in seguito alla progressiva affermazione delle glie larghissime, con distanze medie molto variabili (con larga ap- signorie territoriali, con modalità e dinamiche gestionali anche prossimazione, data la localizzazione vaga di alcune delle località ci- molto diverse, è rischioso applicare elaborazioni di tipo matematico- tate); nonostante l’estrema rarefazione, si distribuisce in modo quasi statistico; tanto più se si dispone di pochi dati e non proporzionati uniforme, desertando solo le aree di pianura. alla complessità dello spazio indagato. Il panorama offerto riguardo alle forme insediative presenti con- Allo stato attuale delle indagini, è dunque possibile tracciare i con- templa due curtes, sei nuclei rurali (composti da casae, cassinae e sor- torni del sistema di gestione/occupazione di questi spazi, senza però tes) e un casalis. A queste dobbiamo aggiungere i castelli e le curtis in- coglierne l’intera articolazione e la reale consistenza. castellate (quattro): attestati nel biennio 1004-1005 come entità già definite possono verosimilmente collocarsi cronologicamente negli Il sistema di gestione della terra e l’affermazione delle signorie sul ter- anni a cavallo del millennio. Alcuni elementi inoltre suggestionano ritorio – Nel corso del X secolo assistiamo alla prime forme di affer- verso la retrodatazione dei siti incastellati in una fase di frequenta- mazione di poteri laici e religiosi nell’alta Val di Merse, attuate attra- zione di piena età altomedievale 64. verso modalità di gestione e organizzazione dello spazio rurale; si in- Le evidenze descrivono una maglia insediativa organizzata secondo nesca cioè quel processo di definizione delle signorie sul territorio 66, un sistema di aziende contadine gravitanti intorno a una struttura che troveranno la loro massima espressione nelle fasi dell’insedia- curtense; di queste unità agricole (che potrebbero anche essere con- mento incastellato: il Vescovato volterrano da un lato e la famiglia co- tigue e rappresentare forme di habitat di tipo accentrato), alcune mitale dei Gherardeschi dall’altro. sembrano comprese nel massaricium della curtis, mentre le altre in- Raggiunta la totale egemonia sulla città nel corso del IX secolo, la dicano una forma autonoma di sfruttamento della terra. L’evolu- Chiesa volterrana inizia a estendersi nella limitrofa area di Radi- zione di questi spazi vede l’impianto di castra, alcuni dei quali risul- condoli; a partire almeno dalla metà del X secolo, si spinge poi en- tanti dalla fortificazione della curtis. Se però è abbastanza chiara la tro i confini del chiusdinese intorno all’attuale Podere San Magno, relazione fra azienda curtense e unità massaricie, non lo è altrettanto dove collocherà il fulcro della sua signoria fondiaria 67 sulla zona. il rapporto di questo sistema con la tipologia del villaggio aperto. L’area aveva una forte connotazione strategica; costituiva la pro- L’unica attestazione di un casalis (proveniente, non a caso, da un paggine del comitato volterrano in direzione dei confini con Siena fondo archivistico diverso rispetto agli altri documenti) testimo- e Roselle; ospitava inoltre la pieve di Sorciano, fino agli immediati nia una situazione isolata: non siamo in grado di capire dunque se inizi dell’XI secolo simbolo dell’Episcopato nella porzione più rappresenti un elemento subordinato oppure alternativo alla cur- estrema della sua Diocesi 68. tis nella sua funzione di centro di riferimento. Le due forme di in- La scelta di penetrazione nel territorio operata dal vescovo sembra le- sediamento accentrato potrebbero di fatto indicare scelte diverse garsi a un tipo di controllo basato sull’esercizio di diritti economici di gestione della terra da parte dell’organismo dominante. Può e sul vincolo della popolazione attraverso contratti di servizio. Co- non essere irrilevante il fatto che curtes e casalis, siano espressione stituisce una curtis, pone il caput curtis in località San Magno, e vi le une di poteri attivi nel volterrano e l’altra di un monastero se- fonda una chiesa 69. All’azienda fanno capo alcune unità contadine nese; e inoltre che, la prima si collochi in una zona interna del ter- (dislocate nello spazio compreso fra e Cerciano, nel ritorio mentre l’altra sia invece prossima al confine delle perti- radicondolese) lavorate da massari, gestiti a loro volta da livellari in- nenze cittadine. caricati dal vescovo stesso. Nell’elaborazione dei dati, dobbiamo tenere presente che non di- La consuetudine di affidare fondi a contadini, attraverso la conces- sponiamo di un campione di siti emersi da una ricerca oggettiva sul sione a livello in favore di soggetti non lavoratori, concorre a struttu- territorio, bensì di zone interessate da alcune azioni di cui si è con- rare una prima forma di articolazione sociale; definisce infatti una ca- servata la memoria scritta. In altre parole, conosciamo le località di tegoria, quella dei livellari, che, ponendosi fra il dominus e il massa- proprietà ecclesiastica o laica, che sono state affidate in gestione o rius, diviene intermediaria e garante di un costante controllo locale 70. cedute; anzi quelle di cui si è mantenuto il ricordo negli archivi che potrebbero però non corrispondere a tutte le proprietà ecclesiasti- 66 Sul processo di formazione delle signorie fondiaria e territoriali, indichiamo fra gli che o laiche concesse o affidate in gestione; non è certo poi che rap- altri, due indispensabili contributi. VIOLANTE, 1996; WICKHAM, 1996. Riguardo al- presentino l’intero patrimonio rurale laico ed ecclesiastico: inoltre, l’affermazione dei poteri signorili e vescovili nel corso del X-XI secolo rimandiamo non è detto che non si siano verificate manifestazioni isolate, svin- invece al fondamentale lavoro di Sergi (SERGI, 1995). colate da organismi di potere o almeno da quegli organismi di po- 67 Nella signoria fondiaria, i poteri del signore derivano dallo stesso possesso della terra tere di cui si conservano le carte 65. Il processo può andare all’infi- mentre in quella territoriale i diritti venivano estesi a tutti i luoghi compresi nello spa- zio di pertinenza e anche a tutti coloro che vi lavoravano. In Italia, il passaggio dal- nito: il dato di fatto è che in presenza di informazioni così parziali, l’una all’altra forma di esercizio del potere inizia nella seconda metà del X secolo per dobbiamo ragionare su tracce di tracce di tracce, più aleatorie dei poi realizzarsi nell’XI secolo e completarsi nel XII secolo. Per una estesa trattazione risultati della prospezione di superficie. dei due concetti rimandiamo a VIOLANTE, 1996, pp. 7-58. È ovvio che tentare di proiettare il risultato di elaborazioni su dati 68 Per un inquadramento storico e archeologico della pieve di Sorciano si veda CU- non rappresentativi non può che produrre conclusioni almeno in CINI, 1990, pp. 257-258. 69 La curtis di San Magno, viene definita esplicitamente come proprietà vescovile nel primo documento che la attesta, in data 27 agosto 954. Il caput curtis doveva corrispon- dere all’attuale podere San Magno, dove cioè veniva prevista la consegna dei canoni do- 64 Riguardo al processo di formazione dei castelli, rimandiamo al paragrafo successivo vuti al dominus. Riteniamo plausibile attribuire al vescovo anche la fondazione della chiesa di questo testo. di San Magno: non abbiamo però alcun elemento di certezza. I dati relativi all’estensione 65 In questo senso, la perdita dell’archivio della abbazia di Serena crea un danno delle pertinenze curtensi e alle modalità della loro gestione possono essere desunti dai con- enorme, perché ha provocato la cancellazioni di tutto ciò che riguarda gli interventi tratti stessi, consultabili in forma regestata in RV, nn. 24, 65, 88, 97 pp. 7-8, 23, 32-33, gherardeschi sul territorio. 36 e CAVALLINI, 1969-1972, nn. 1, 24, 27, pp. 43, 50-51.

151 Tale meccanismo non rappresenta un caso isolato; il confronto con partire da questa data, sono destinati soprattutto a personale non spe- altre realtà religiose lo conferma, a partire dalla fine del IX secolo, cializzato e a membri del clero; le cifre, irrisorie e standardizzate sui come tendenza diffusa a livello nazionale. Nel corso del IX secolo, 12 denari, rappresentano una quota simbolica solo per stabilire il vin- molti dei mansi allivellati erano abitati e lavorati dal livellario stesso, colo con il fondo stesso; non vengono imposte scadenze e spesso (so- quasi sempre diretto coltivatore del fondo; non compariva l’eredita- prattutto negli ultimi) si contempla il diritto di ereditarietà. rietà nella gestione della terra mentre era frequente il subentro di al- La volontà di assegnare sine die le proprie terre a individui in grado tri massari al momento del decesso o dell’abbandono da parte del di garantire un’occupazione continuativa del manso, sottende alla precedente; dunque nessun diritto acquisito sulla terra ma anzi una necessità di proteggere le proprietà rurali da pericolose intromissioni. forma insediativa molto discontinua. A partire dalla fine del IX se- Proprio nella seconda metà del X secolo all’interno di Volterra, infatti colo, tendono invece a distinguersi in modo netto le due figure del l’egemonia della Chiesa viene insidiata dalla comparsa di alcuni poteri concessionario del livello e del lavoratore; la distinzione assume una laici, che iniziano a ricoprire cariche cittadine e a mostrare interesse tale valenza sociale da non permettere al massaro di elevarsi mai al verso un’espansione territoriale 74; fra questi, emergono nell’ultimo ruolo di livellario, neppure in seguito alla perpetuazione dell’incarico trentennio del secolo, i membri della futura famiglia gherardesca. La per due generazioni. Aumenta progressivamente il numero di unità casata si costituisce intorno alla figura di Rodolfo, attestato per la concesse al singolo livellario all’interno di un unico atto (anche sei, prima volta nel 967 come titolare della prima carica pubblica rico- sette, otto nuclei) e in modo parallelo, diminuiscono i tempi che in- nosciuta a Volterra 75; da questo momento fino alla metà dell’XI se- tercorrono fra una concessione e l’altra; scompaiono le clausole ri- colo, tutti i membri della famiglia ricopriranno l’ufficio comitale guardo agli obblighi dovuti al dominus 71. senza soluzione di continuità 76. Viene a determinarsi una concentrazione fondiaria su alcuni elementi della società; essi, diventano quasi una sorta di ‘fedeli’ del signore, di- compare l’obbligo di recarsi da parte del livellario una volta l’anno al tribunale vesco- rettamente attivi sul territorio, in grado di assicurare, a fronte di ac- vile “ad iustitiam faciendum” mentre in due casi vengono compresi anche “sorte et res cordi formali, la gestione materiale delle proprietà ma, soprattutto, di absente” senza però l’obbligo di miglioramento o messa a coltura da parte del livella- veicolare il radicamento della sua autorità nella campagna. rio. Già in questa fase appare una scarsa attenzione verso gli aspetti economici del- Le linee fondamentali dell’amministrazione fondiaria attuata dalla l’amministrazione; nel 966 però si assiste a una sorta di cesura segnata dal privilegio pronunciato da Ottone I in favore del vescovo Pietro, che denuncia “occupatione li- Chiesa volterrana aderiscono a queste dinamiche; trascendono infatti bellorum quam etiam diversis superfliusque violentiis in rebus seu familiis”: evidente- la logica di produttività legata alla gestione di aziende rurali, in fa- mente in riferimento alle violenze e ai soprusi che le famiglie signorili dovevano eser- vore di finalità di carattere più prettamente politico. D’altra parte, citare in questo momento sulle proprietà vescovili (le stesse che, ricordiamo, avevano l’incapacità di sfruttare in modo economicamente efficace il vasto e motivato la falsificazione del diploma di Carlo III). Un provvedimento simile trova di disseminato patrimonio, determina una propensione verso rendite a fatto un mutamento di formulazione negli atti stipulati fra il 966 e il 1015; si sottoli- nea esplicitamente il cambio del beneficiario della terra e l’introduzione dell’eredita- carattere monetario a scapito del ritorno in surplus di derrate agri- rietà del livello. Dei contratti registrati in questa fase tre sono stipulati con coltivatori, cole; un tipo di economia di questo tipo avrebbe richiesto una rete sei con personale non specializzato, cinque con membri del clero e loro discendenti. di aziende attive e perfettamente organizzate, operanti sul territorio Per una descrizione più ampia si veda ROSSETTI, 1973, pp. 270-296. secondo modalità evidentemente lontane dagli obiettivi vescovili 72. 74 Un falso documento redatto dalla cancelleria vescovile e attribuito a Carlo III espli- Viene attuata una rigida impostazione centralista che prevede forme cita appunto la volontà di contrapporsi alla minaccia rappresentata dalle grandi fa- miglie nei confronti dell’immenso patrimonio religioso; non a caso, vengono appo- di controllo, esercitate attraverso l’istituzione di rapporti vincolanti ste clausole come “inquisitio de rebus ac familiis per idoneos liberos homines” e la con la popolazione contadina; tale impostazione tende a farsi ancora concessione di quattro “advocati ad exequendam efficatius sibi competentem iusti- più marcata a partire dalla metà del X secolo 73. I contratti, stipulati a tiam”, con la volontà chiara di ricondurre a una condizione di subordinazione i cre- scenti poteri privati, tentando di ristabilire la gerarchia vigente nel corso del IX secolo. Viene inoltre concessa al presule, la facoltà di impadronirsi dei beni appartenenti ai 70 Le implicazioni sociali dell’utilizzo delle diverse forme di controllo e gestione della discendenti di un certo Pietro (che si erano rifiutati di fare giustizia alla Chiesa e si terra sono esaurientemente espresse in CAMMAROSANO, 2001, pp. 113-183. erano posti da tre anni al bando dell’impero) e dei beni di coloro che per identiche 71 L’analisi viene compiuta attraverso la lettura trasversale della documentazione rela- ragioni rimanevano per un anno al bando dell’impero con facoltà “in futuro heredi- tiva a numerosi monasteri e chiese italiane. Fra i casi più noti, ricordiamo la Chiesa tario iure habendos et possidendos”. Oltre alle interpolazioni citate nel testo viene in- di Lucca e i monasteri di San Salvatore al Monte Amiata, Santa Maria di Farfa, serita anche quella della pretesa donazione al vescovo volterrano del monastero di San San Vincenzo al Volturno e Santa Giulia di Brescia. Emerge il processo di costitu- Pietro a Palazzolo di Monteverdi; posto al margine del territorio populoniese era zione di un ceto, nel quale Cammarosano individua un’élite ecclesiastico-aristocra- esteso con i suoi possedimenti nell’ambito del territorio di Volterra e di conseguenza tico, in cui è possibile riconoscere alcuni dei primi esponenti delle dinastie nobili di costituiva una meta ambita da parte del vescovo: si esprime chiaramente l’obiettivo età romanica. CAMMAROSANO, 2001, pp. 162-165. di controllare le zone di confine. ROSSETTI, 1973, pp. 243-244. 72 L’atipicità della gestione vescovile risulta chiaramente dal confronto la curtis de Yto, 75 Per una trattazione completa e dettagliata delle vicende della casata dalla costituzione attestata alla fine del IX secolo fra le proprietà della Chiesa lucchese e localizzata gene- alla decadenza si rimanda a CECCARELLI LEMUT, 1981, pp. 165-190; informazioni più ricamente nello spazio compreso fra Fosini e Sorciano in territorio di Radicondoli. I sintetiche in merito sono in ROSSETTI, 1973, pp. 311-320. Riguardo all’origine della fa- livelli che la riguardano offrono l’immagine concreta di una struttura economica ba- miglia, esiste l’ipotesi di una presunta discendenza longobarda, che vuole capostipite sata sulla produzione agricola; sono molto dettagliati sia riguardo alla descrizione della della famiglia quel Walfredo, del fu Ratcauso, cittadino pisano, che nel luglio 754 fondò terra sia relativamente agli oneri spettanti al livellario, che doveva pagare il debito al do- il monastero di San Pietro a Palazzolo presso Monteverdi (proposta in LITTA, 1819, tavv. minus secondo una percentuale sui prodotti. Aveva alle sue dipendenze otto manentes I-II). La teoria viene confutata in CECCARELLI LEMUT, 1981, p. 167. Schneider sostiene e comprendeva un terreno dove si potevano seminare 40 moggia di cereali e una vigna invece, altrettanto erroneamente, la comune discendenza dei conti di Volterra e di quelli dalle quale di potevano ricavare otto carrate di vino. CUCINI, 1990, pp. 255-257. di Pisa da Ghisolfo, padre di Rodolfo, primo conte noto a Pisa nel 949 (in SCHNEIDER, 73 Si colgono sensibili variazioni fra la documentazione della prima metà del X secolo 1975, pp. 249-252). Entrambe le teorie vengono confutate da Maria Luisa Ceccarelli (in una situazione di solida egemonia vescovile) e quella della seconda metà X-inizi XI Lemut in CECCARELLI LEMUT, 1981, p. 167 e CECCARELLI LEMUT, 1993, pp. 52-53. secolo. L’analisi effettuata dalla Rossetti valuta 41 contratti di livello (contenuti per lo 76 Il progressivo inasprimento dei rapporti con il vescovo, che temeva la radicalizza- più in RV), redatti in un arco cronologico compreso fra il 904 e il 1015 e stipulati dalla zione di un organismo capace di rappresentare una valida alternativa alla sua egemo- cattedrale di Santa Maria e dalla canonica di Sant’Ottaviano (entrambe rappresentano nia, provoca la sospensione della carica. L’allontanamento da Volterra segna la per- organi del potere vescovile). I contratti della prima fase (anni 904-966) sono general- dita di un forte elemento di coesione della famiglia che si divide in quattro rami; suc- mente rivolti a coltivatori diretti, che acquisiscono per lo più un podere. In un solo caso cessiva e graduale la distinzione di diverse sfere di influenza, risultate da una

152 La loro presenza sul territorio volterrano è nota a partire dal terzo Chiusdino, dal poggio della Badia e dall’intera estensione della Co- quarto del X secolo 77, attraverso alcuni documenti che ne attestano sta Castagnoli; trattengono (o impongono) una forma di controllo la proprietà di fondi nell’area dell’alta Val d’Era 78 e nella zona delle dell’estremità nord in prossimità del confine della Diocesi senese, at- attuale comune di Radicondoli (in prossimità del confine chiusdi- traverso il futuro castello di Frosini. nese); nel corso della successiva generazione, si compie un’ulteriore La mancanza di documenti anteriori al Mille impedisce di anteda- tappa nell’espansione in questi spazi e verso la Val d’Era lucchese tare la presenza gherardesca in questa zona rispetto al 1004 e di ten- 79. Non sappiamo collocare il momento dell’ingresso nell’alta Val tare di cogliere eventuali manifestazioni insediative legate alla fa- di Merse; il terminus post quem è rappresentato da una donazione miglia, precedenti all’impianto dei centri fortificati. Questo limite compiuta nel 996 che attesta alcuni possedimenti, dislocati nella non inficia quanto appena detto. È infatti chiara una scelta co- parte settentrionale del comune di Chiusdino, negli stessi spazi in sciente dei nobili di insediare in forma massiccia la parte sudocci- cui vigeva il solido controllo volterrano 80. Si tratta di sette unità dentale; al momento però, non è dato sapere in quale misura tale agricole, costituita da singole abitazioni con annessi, gestite da di- iniziativa si sia rivolta a potenziare strutture già esistenti o a crearne pendenti specializzati 81. ex novo. La data della donazione è significativa di un momento importante Al termine del X secolo appaiono definiti gli organismi di potere che del processo di consolidamento dell’autorità della casata; sotto la caratterizzeranno con le loro azioni le vicende chiusdinesi; due si- guida di Gherardo (assunto alla carica di conte proprio nel 996) e di gnorie distinte, che diverranno interpreti della fase di creazione e svi- sua moglie Willa sembra prendere corpo una strategia patrimoniale, luppo della realtà insediativa negli anni centrali del Medioevo. tesa a concentrare in Val di Merse uno dei punti nevralgici della po- Ne rimarrà esclusa una piccola parte dello spazio comunale, che se- litica familiare. guirà processi evolutivi diversi e non assimilabili al resto del territo- La cessione delle proprietà limitrofe alla curtis di San Magno e, a rio. L’andamento dei confini diocesani trattiene la porzione nord-est seguire, la cessione della loro curtis di Macarro 82, sembrano espri- del comprensorio (zona di Pentolina, Spannocchia, Tamignano) en- mere la volontà di razionalizzare il patrimonio e rendersi autonomi tro i confini della Chiesa senese; l’area, fisicamente contigua alle per- dall’elemento vescovile, definendo sfere di influenza distinte. Ven- tinenze cittadine sulla campagna, si contestualizza in vicende storico- gono così cedute al presule proprietà che, costrette e frazionate al- economiche distinte da quelle occorse al chiusdinese. l’interno di un solido blocco di possedimenti ecclesiastici, non Questo impedisce di comprendere questo spazio nelle nostre elabo- avrebbero consentito l’allargamento e il radicamento del loro po- razioni di sintesi, rimandandone la trattazione a uno studio com- tere territoriale; da questo momento in poi, la parte nordocciden- plessivo degli spazi rurali sottoposti all’autorità di Siena. tale del comprensorio diventerà il centro pulsante degli interessi volterrani. 5. MEDIOEVO I conti invece si concentrano nella porzione meridionale dell’attuale comune, a brevissima distanza dai primi rilievi delle Colline Metal- XI-XII secolo lifere, in un’area delimitata dal versante meridionale del poggio di Il lasso cronologico definito da questi due secoli è contraddistinto dall’azione dei poteri contrapposti dei conti Gherardeschi e del ve- spartizione patrimoniale per grandi lotti con l’obiettivo di ovviare a conflitti interni scovo volterrano. L’impianto insediativo e le caratteristiche del po- per questioni legate alle quote ereditarie. Il titolo, prima affidato a un solo membro, polamento si legano in modo così stretto alla loro stessa presenza e viene progressivamente esteso a tutti i componenti: si concretizza di fatto la dissolu- alle vicende connesse all’affermazione del loro potere, da rendere ne- zione del comitatus. Per i rapporti intercorsi fra la famiglia e il vescovo si veda VOLPE, 1964, pp. 143-151; per le vicende della famiglia rimandiamo comunque alla biblio- cessario l’inquadramento storico del territorio prima di affrontare gli grafia specialistica citata nelle note precedenti. aspetti più prettamente archeologici. 77 La prima notizia dell’intervento patrimoniale nell’alta Val di Merse risale al 976 quando Rodolfo compra beni compresi nel piviere di Surciano per la cifra di venti XI secolo: l’affermazione gherardesca – Nel 1004, Gherardo II e soldi d’argento (RV, n. 58, p. 19) ; a questi devono essere seguiti altri acquisti dal mo- Willa dei Gherardeschi fondano, all’interno del castello di Serena, mento che, a distanza di venti anni, il patrimonio risulta ampliato del possesso di al- cune proprietà che vengono donate da Willa (moglie di Gherardo) alla canonica ve- l’abbazia benedettina di Santa Maria e la dotano di tutto il loro pa- scovile nel 996 (RV, n. 85, p. 31). trimonio, consistente in 18 castelli e nove chiese, dislocate tra la To- 78 La prima notizia di interventi in Val d’Era risale al 972 quando viene citato un ter- scana occidentale e meridionale 83: nell’elenco compaiono anche le reno a Villamagna nell’alta Val d’Era, confinante con proprietà di Rodolfo e del fratello Tedice. Il documento è trascritto in RV, n. 50, p. 17. Relativamente ai loro interessi in questa zona si veda CECCARELLI LEMUT, 1991, pp. 52-56. 83 Non possediamo il documento stilato all’atto della fondazione ci rimane però quello 79 CECCARELLI LEMUT, 1991, pp. 53-55. relativo alla dotazione al monastero da parte dei coniugi. Dell’atto possediamo copie 80 In questa sede, vogliamo apporre un’errata corrige al contributo presentato da chi autentiche, redatte nel XII e XIV secolo: una delle copie di metà del XII secolo è con- scrive in “Archeologia Medievale”, 1999, riguardo alla presenza della famiglia già nel servata nell’Archivio Arcivescovile di Pisa (edito in MURATORI, 1740, coll. 1067-1068) corso della prima metà del X secolo. mentre un’altra si trova invece nell’Archivio Municipale di Volterra; una copia, più 81 La formula del documento mostra un’identità fra il contadino lavoratore e il livel- tarda datata al 1306 è contenuta invece nel Diplomatico di Vallombrosa, nell’Archivo lario; ciò può essere indizio di un diverso sistema di gestione della terra operato dai di Stato di Firenze (edito in MURATORI, 1741, coll. 745-746). Per una lettura critica signori rispetto a quello attuato dal vescovo. L’unicità del documento impedisce però del testo e per un inquadramento della fondazione e delle principali vicende della ca- di individuare paralleli, o difformità, rispetto ai contratti vescovili, di uscire dal campo sata, rimandiamo al contributo presentato da Maria Luisa Ceccarelli Lemut al Conve- della pura ipotesi. gno I ceti dirigenti in Toscana nell’età precomunale il 2 dicembre 1978 (CECCARELLI LE- 82 La località di Macarro è citata nella donazione del 996 come sede di una delle case MUT, 1981). L’elenco delle località inserite nella donazione mostra l’estensione terri- et res massaricie (il toponimo è menzionato due volte ma una lacuna nella carta im- toriale del patrimonio gherardesco. Vi compaiono i castelli di Scopeto, Vicinatico, pedisce la lettura della seconda citazione). Un diploma di Enrico II del 1014 informa Cumulo e le chiese di Santa Maria di Bosseto, Santa Margherita di Tavernule, Santa della presenza di una curtis posta in Macarro, di proprietà dei conti, acquistata dal ve- Maria di Solaia, Santa Lucia di Perignano in Diocesi di Lucca, i castelli di Scopeto, Vi- scovo di Volterra e poi donata alla canonica di Sant’Ottaviano di Volterra. CECCA- cinatico, Cumulo e le chiese di Santa Maria di Bosseto, Santa Margherita di Tavernule, RELLI LEMUT, 1991, pp. 55-56. Santa Maria di Solaia, Santa Lucia di Perignano. Sulla costa a sud del fiume Cecina in

153 loro proprietà in Val di Merse, “castellum de Serena cum curte et pegno di intervenire in qualità di tutori di una buona amministra- pertinentia cum ecclesiis, ecclesia sancte Marie de Padule medieta- zione e di garanti da eventuali violenze o soprusi; nel caso del mona- tem cum curte, castello de Mirandolo cum ecclesia sancti Iohannis stero di Santa Maria, i conti non compiono invece una cessione defi- evangeliste cum curte, castello de Sovioli cum ecclesia sancti Lau- nitiva ma mantengono una posizione paritaria con l’abate riguardo ai rentii cum curte, castello de Frosini sexta parte cum ecclesia sancti possessi donati, indicando una precisa volontà di conservare un ruolo Michaelis archangeli cum curte” 84. attivo nella conduzione dei loro interessi patrimoniali 87. L’iniziativa sancisce la definitiva affermazione della casata nel chiu- Se il primo esempio non è comunque svincolato da intenti di tipo sdinese e assegna (o conferma) un ruolo nodale di quest’area nella politico, il nostro è invece nettamente connotato da motivazioni loro politica territoriale; si inserisce infatti nella strategia attuata, ne- di tipo strategico; i coniugi, privi di eredi diretti, intendevano sal- gli anni a cavallo fra la fine del X e gli inizi dell’XI secolo, da alcune vaguardare l’integrità dei propri beni, affidandoli alla tutela for- delle più potenti famiglie nobiliari toscane di farsi promotori di fon- male di un ente ecclesiastico, tenuto però soggetto a controllo 88. dazioni monastiche, animati più da obiettivi politici e patrimoniali A un livello più ampio, la fondazione corrispondeva anche a esi- che da reale spirito religioso 85. Le motivazioni alla base della costi- genze di legittimazione della casata e della sua autorità. Schieratisi tuzione di questi monasteri si legano essenzialmente alla necessità di in favore di Enrico II contro Arduino di Sassonia nella lotta per il cautelare e proteggere l’integrità patrimoniale rispetto alla possibile trono italiano 89, Gherardo e Willa proclamano regia la neo-fon- dispersione a causa delle spartizioni per quote ereditarie; nel con- data abbazia (la data di fondazione coincide per l’appunto con la tempo, stabilire un vincolo che garantisca la compattezza della casata al di là dei rapporti instauratisi nel corso di ogni singola generazione. Tali istituzioni (tramite la donazione pressoché totale delle proprietà 87 ROSSETTI, 1973, pp. 314-317; ma soprattutto il lavoro monografico sul monastero, familiari) diventavano di fatto centri organizzativi di beni fiscali e al- CECCARELLI LEMUT, 1972. lodiali e, dunque, referenti di larghi strati della società locale, con un 88 Tale situazione nel tempo deve aver generato conflitti, provocati da tentativi di pre- valore non troppo diverso da quello rappresentato dal castello 86; in varicazione parte dei signori; ne sono prova il placito presieduto dalla contessa Ma- tilde nel 1100 e il privilegio di Enrico V del 1111. Nel primo, la contessa Matilde si questo ruolo, risultavano perciò efficaci nel favorire il radicamento pronuncia in favore dell’abate Ugo che, assistito dal suo avvocato Vuiscardo, reclama signorile delle famiglie fondatrici e, soprattutto, nel rendere dinastici il possesso di metà del castello e territorio di Cumulo contro due membri della fami- poteri di origini pubblica (appunto il caso dei Gherardeschi). glia, Ugo e Gherardo figli di Tedice V (testo trascritto in MANARESI, 1955-1960, L’abbazia di Serena assume così il ruolo di status symbol della casata; III/2, n. 483, pp. 443-444). Nel secondo, il re conferma la donazione dei coniugi molto più lontana da reali esigenze di spiritualità rispetto all’altra loro Gherardo e Willa e afferma che l’abbazia era stata sottoposta alla protezione imperiale fondazione di San Giustiniano di Falesia (istituita nei pressi di Piom- perché fosse libera “ab omnibus tirannicis potestatibus et a suis parentibus, ne post suum decessum potuissent invadere vel diripere”; di fatto, viene istituita una tutela le- bino nel 1022), chiarisce, nella formulazione stessa dell’atto, finalità gale dei diritti dei monaci in modo che siano liberi dalle pesanti intromissioni signo- più complesse. Nel secondo caso, i beni dotali (nettamente inferiori rili. CECCARELLI LEMUT, 1993, p. 61. e limitati al solo territorio di pertinenza del monastero) vengono dati 89 Sulle vicende della Toscana nel periodo del conflitto per la corona a re d’Italia si ri- in gestione autonoma all’abate mentre ai signori è lasciato solo l’im- manda a DAVIDSOHN, 1956, pp. 187-188, 191. Sull’atteggiamento assunto in tale cir- costanza dalla città di Volterra e dalle famiglie Aldobrandeschi e Gherardeschi si veda Diocesi di Volterra, le chiese di Santa Maria di Pulveraia con 13 mansi della corte di ROSSETTI, 1973, pp. 31-313. La lotta aveva creato un forte imbarazzo nelle maggiori Casale e di San Biagio di Islarto, metà della chiesa di Noctule e metà di Linaglia. In autorità civili ed ecclesiastiche di Tuscia, in quanto l’opzione per un partito avrebbe de- Diocesi di Populonia metà del castello di Campiglia Marittima, un quarto di quello di terminato in ogni modo conseguenze importanti. In un clima mobile di potenze in for- Acquaviva, metà della rocca di Biserno con la chiesa di Sant’Angelo, la loro parte di mazione, sostenere il partito vincente avrebbe offerto ottime possibilità di aumentare re- Rio di Gualdo, metà del castello di Monte Calvo (Rocca San Silvestro). Nella zona di pentinamente le proprie fortune mentre, nel caso opposto, procurarsi un punto debole Bolsena metà dei castelli di Mitiano, Megrano, Varianello, Piansano e Bisenzio con la per gli attacchi degli antagonisti. Per esempio, dopo la vittoria del partito enriciano si chiesa di San Michele. Le località sono state individuate per la maggior parte, si veda conclude un’annosa questione sorta fra il vescovo di Volterra e il conte Ildebrandino de- in proposito note nn. 4-9 in CECCARELLI LEMUT, 1993, pp. 47-48. gli Aldobrandeschi in merito ad alcune proprietà in Val d’Elsa; nel 1007 il conte, forte 84 L’elenco delle località inserite nella donazione informa circa l’estensione del patri- proprio della sua condizione di partigiano di Enrico, costringe l’avversario ad accettare monio fondiario dei conti. Vi compaiono castelli e chiese inserite nelle Diocesi di condizioni molto sfavorevoli, quasi a livello di vere usurpazioni. L’episodio citato ri- Lucca, di Volterra e di Populonia e altri compresi nella zona di Bolsena. I beni ven- guarda una lunga contesa fra gli Aldobrandeschi e il vescovo volterrano in merito ai beni gono ceduti per intero o per quote parziali; ciò costituisce la prova di una prima di- della pieve a Elsa e la chiesa di Santa Maria di Spugna, invasi dal conte Ildebrando. Il visione avvenuta fra Gherardo e i figli del fratello Tedice. La spartizione, effettuata 10 ottobre 1007 Willa, figlia del principe di Benevento e vedova del conte Rodolfo II per lo più per grandi lotti, permette di individuare già le aree dove si concentreranno degli Aldobrandeschi cede al vescovo di Volterra terre e case poste a Stignano presso i rami della casata: il volterrano (alta Val di Merse, costa maremmana fra fiume Ce- l’Arno, con la metà della chiesa lì costruita; in cambio ottiene la corte, la chiesa e le per- cina e Bibbona), il lucchese (fra la Val d’Era e la Val d’Egola); nel populoniese, negli tinenze di Santa Maria “in loco qui dicitur Spugnia que est ex fluvio Elsa” (dove la fa- spazi circostanti Campiglia Marittima; nei territori di Castro e Tuscania a ovest del miglia fonda nello stesso anno l’abbazia omonima). Il vescovo dunque si trova di fatto lago di Bolsena. CECCARELLI LEMUT, 1981, pp. 47-51. a cedere dei beni che gli erano stati tolti con la violenza; tale atteggiamento si spiega pro- 85 La tradizione di queste fondazioni si forma in seguito all’azione di Ugo di Toscana prio con la presunzione di una sorta di immunità derivata dall’amicizia di Ildebrandino che, accogliendo gli echi di rinnovata spiritualità che pervadeva l’Italia, rifonda la ba- con il sovrano. La vicenda è ricordata in ROSSETTI, 1973, p. 310-311. dia di Marturi alla fine del X secolo. Da questo momento, una successione ravvicinata 90 Singolare è il privilegio pronunciato da Enrico II in favore di Serena; mostra ele- di iniziative; ancora Ugo di Toscana, insieme alla madre Willa, intraprende la rico- menti distintivi rispetto a quello rivolto ad altre abbazie. La forma generalmente ap- struzione dell’abbazia di San Porziano a Lucca (nel 938), la Badia fiorentina (nel 978) plicata, come ad esempio nei casi di Settimo e Isola, è quella del munderbundio (ter- e altre iniziative nella città di Pisa e Arezzo. Sull’esempio di Ugo si consolida la vera tra- mine coniato in ambito germanico durante l’alto Medioevo); indicava l’atto con il dizione dei grandi monasteri familiari che vede impegnate alcune delle casate più po- quale un uomo libero prendeva sotto la sua protezione un individuo di condizione tenti; i Cadolingi fondano Settimo e Fucecchio tra gli anni 998-1001 e nella stessa data servile in cambio di un totale assoggettamento: per le abbazie significava uno sposta- i signori di Staggia danno l’avvio alla costruzione di San Salvatore all’Isola in Val d’Elsa; mento dei loro diritti a favore dell’Impero. Nel nostro caso invece si tratta di una vera ancora nel 1003 i Berardenghi presiedono alla rifondazione dell’abbazia omonima e e propria donazione fatta da parte dei fondatori all’imperatore, questo dimostra chia- infine nel 1007 gli Ardengheschi decidono l’impianto della Badia di Spugna nei pressi ramente la volontà dei conti di rimanere unici referenti per la comunità monastica di di Colle. Circa i monasteri familiari è fondamentale la consultazione di KURZE, 1989. Serena, non alienando la propria posizione di titolari in favore dell’imperatore; que- Per il caso chiantigiano si veda CASANOVA, 1914; CAMMAROSANO, 1970; per Settimo sti aspetti servono a chiarire in un certo senso la volontà dei signori. L’assenza di do- e Fucecchio KURZE, 1989, pp. 55, 58, 303, 314. cumentazione impedisce però di definire i caratteri peculiari dell’esercizio di tale si- 86 CECCARELLI LEMUT, 1993, pp. 57-58. Si veda anche SERGI, 1986, pp. 75-98. gnoria sul territorio. KURZE, 1989, pp. 54-55.

154 dati tratti da dati tratti da “Atlante storico “Atlante storico dei siti fortificati dei siti fortificati della Toscana” della Toscana” (Francovich- (Francovich- Ginatempo, 2000) Ginatempo, 2000)

Figura 53. Geografia del potere nel X secolo in ambito toscano sudoccidentale Figura 54. Geografia del potere nell’XI secolo in ambito toscano sudoccidentale (Aldobrandeschi, Gherardeschi, vescovo di Volterra) (Aldobrandeschi, Gherardesachi, vescovo di Volterra)

discesa del sovrano) 90 e assurgono così al ruolo di sudditi imperiali; cioè in una condizione paritaria rispetto ad altre potenti dinastie, come ad esempio, gli Aldobrandeschi (in questa circostanza loro alleati), già saldamente insediati in ambito cittadino (a Lucca, Pisa e, in misura minore, a Volterra) e anche attivi su larghe zone della Toscana meridionale 91. Assodata l’importanza di tale fondazione, è da chiedersi perché proprio in Val di Merse e cosa ha spinto i conti a sceglierla come fulcro della loro affermazione come casata. La risposta, a nostro parere, si collega direttamente alle peculiarità strategiche ed eco- nomiche della zona. Il chiusdinese rappresenta una sorta di interfaccia rispetto a realtà diverse per quanto riguarda gestione del potere e potenzialità di ri- sorse. È sul confine fra due Diocesi (Siena e Volterra) 92, è al cen- tro di poteri forti (il Vescovato volterrano, gli Aldobrandeschi, il Vescovato senese), è collocata lungo direttrici viarie principali sia rispetto al mare che rispetto alle aree minerarie (strada Massetana e Maremmana), è posta a distanza brevissima dai giacimenti delle Colline Metallifere (argentiere a Montieri, depositi minerari di va- rio genere a Boccheggiano, Gerfalco, Massa Marittima) ed è, in parte, essa stessa interessata da fenomeni mineralogici. La figure 53 e 54 materializzano graficamente la geografia del po- dati tratti da “Atlante storico tere nel periodo a cavallo dell’XI secolo. dei siti fortificati della Toscana” (Francovich- 91 Ginatempo, 2000) Per un inquadramento della famiglia si veda ROSSETTI, 1973, pp. 296-312. Si veda poi anche CIACCI, 1935; nel volume sono trascritti per intero molti degli atti stipu- lati da membri della famiglia nel corso dei secoli XI, XII, XIII, XIV. 92 Per una rappresentazione grafica delle confinazioni fra le diverse Diocesi si rimanda Figura 55. Geografia del potere nel XII secolo in ambito toscano sudocciden- alla carta allegata a GIUSTI-GUIDI, 1932-1942. tale (Aldobrandeschi, Gherardesachi, vescovo di Volterra) 93 Le notizie in merito alla viabilità nell’alta Val di Merse sono estremamente vaghe e

155 La disposizione delle sedi signorili segue pienamente tutti questi aspetti ed esprime in modo chiaro gli obiettivi della politica comitale. Tre dei loro quattro castelli (Serena, Miranduolo e Soveioli) sono po- sti a cavallo del confine con il comune di Montieri, in un ambito na- turale rappresentato da una sorta di ‘anticipazione geografica’ delle Colline Metallifere; con tutta probabilità, il conte esercitava un con- trollo diretto sulla zona attraverso il castello di Serena, verosimilmente residenza privilegiata (non a caso viene scelta proprio questa struttura per ospitare l’abbazia benedettina). Geograficamente disposti a breve distanza fra loro, i castelli costituivano un’efficace barriera, che an- dava a incombere minacciosamente sulle proprietà vescovili nel mon- tierino; più tardi, forse attraverso l’istituzione monastica, verrà fon- dato Chiusdino, rafforzando così la linea di demarcazione dello spa- zio privilegiato del potere gherardesco. Da questo nucleo compatto si distacca il castello di Frosini, posto nella porzione settentrionale del comune, a pochi chilometri dall’in- sediamento fortificato di Montarrenti; come una sorta di avampo- sto, marca l’inizio dello spazio di pertinenza signorile a contatto con il confine della Diocesi di Siena. Altrettanto chiara è la distribuzione lungo la viabilità principale sia verso il mare che verso l’area mineraria (si veda la fig. 76). Frosini si colloca all’incrocio fra un diverticolo della Via Francigena prove- niente dalla Val d’Elsa e il tracciato Pieve a Molli-valle di Rosia e controlla la direttrice maremmana; Serena e, in modo meno diretto Miranduolo, dominano la Massetana 93. L’applicazione dei poligoni di Thiessen disegna le corti castrensi e chiarisce l’organicità della distribuzione spaziale delle fortificazioni. I centri gherardeschi si inseriscono all’interno di aree di influenza del Vescovato volterrano a ovest (territorio di Radicondoli con la Figura 56. Poligoni di Thiessen sulla maglia dei castelli di XI secolo pieve di Sorciano e aree circostanti il castello di San Magno) e a sud (Montieri), a nord-ovest della famiglia Aldobrandeschi (castello di sovrapposte, evidenziando un progetto comune. In corrispondenza Elci e di Tremoli) 94. della zona indicata dall’analisi spaziale (in grigio nella fig. 56), il re- Il modello è però falsato sul lato orientale per l’assenza di infor- pertorio di Cammarosano e Passeri riporta la notizia di emergenze mazioni circa l’esistenza di centri di potere nel Monticianese in murarie 95. Si tratta di un’ipotesi, senza elementi di conferma. Le evi- questa fase; sulla base dei dati documentari riguardo alle pertinenze denze inoltre sono distanti dal torrente indicato come probabile ri- del Miranduolo, possiamo sostenere con certezza una dimensione ferimento per l’ubicazione del castello e quindi le due indicazioni media delle corti di circa 21 kmq. non convergono. Anche sostenere la presenza di una struttura ca- Emerge in modo chiaro la funzione strategica delle fondazioni strense in prossimità del Mersino Sovioli pone però problemi circa gherardesche. Frosini si colloca in posizione coerente con i limiti il rapporto con la corte di Montieri, sulla quale verrebbe a premere dello spazio sottoposto al castello di Montarrenti e con l’inizio in modo consistente. della Diocesi senese; in un momento successivo, lungo il confine Dovunque si collochi il castello di Sovioli, il dato certo è la massic- orientale del territorio castellano, si colloca la pieve di Pentolina cia presenza dei conti in questa zona e la compattezza del loro inter- (attestata a partire dal 1189) a marcare proprio tale linea di con- vento, articolata su tre nuclei compresi in uno spazio variabile in- fine. Le corti di Serena e Miranduolo insistono direttamente torno ai 2-3 km. Il blocco di fortificazioni signorili testimonia infatti lungo il limite di quella di Montieri. una scelta ben precisa rivolta a costruire basi solide per una signoria Le fonti collocano in questa zona un’altra fondazione signorile, territoriale con caratteri di egemonia; alcuni indizi storico-archeolo- quella di Sovioli, di cui si è persa la memoria toponomastica, a ecce- gici insinuano l’idea che effettivamente abbiano potuto agire indi- zione dell’assonanza con il torrente Mersino Sovioli (nell’attuale co- sturbati per almeno tutto l’XI secolo. mune di Montieri). La contiguità fisica fra le aree non lascia molto In primo luogo, la stessa connotazione materiale dei castelli: la scelta spazio per localizzare un ulteriore centro; una posizione plausibile di luoghi non difficilmente accessibili, ad esempio, mostra un carat- potrebbe corrispondere proprio al tratto di demarcazione, rispetto al tere più spiccato di residenza signorile fortificata. Il numero stesso quale entrambi i castelli gherardeschi hanno una distanza variabile dei castelli indica come di fatto i conti siano gli unici protagonisti fra i 3-3,5 km: si definirebbe in questo modo un ‘gruppo’ organico della storia chiusdinese in quest’epoca; il vescovo, pur presente, sem- di fortificazioni familiari, con sfere di influenza intersecate, e in parte bra avere un ruolo ancora marginale negli spazi in questione: o me- glio, vi esercita ancora un controllo di tipo fondiario 96, relegato agli non sempre sicure. Le informazioni qui presentate sono state desunte da BORRACELLI, spazi contigui a quelli di sua pertinenza diretta. Il chiusdinese dun- 1989; i tracciati esposti sono per lo più coerenti con i percorso ottocenteschi riportati que si presenta come uno spazio politicamente omogeneo, sottopo- nel Catasto Leopoldino. 94 CUCINI, 1990. 95 CAMMAROSANO-PASSERI, 1978. 96 VIOLANTE, 1996.

156 sto all’autorità di un’unica casata, priva di efficaci oppositori per circa ambito cittadino e, nel contempo, intraprendere un’azione di am- un secolo. pliamento e consolidamento nella circoscrizione di pertinenza. Da- I conti in questo periodo poi detengono ampi poteri. Per quanto ri- tano a questo periodo, diplomi imperiali in cui vengono assegnati guarda la cura delle anime, focalizzano tutte le istanze religiose e spi- o confermati ai vescovi più di cento castelli (compresi per lo più rituali della comunità sull’abbazia di Serena; economicamente, con- nelle valli del Cecina, Sterza, Merse, Cornia, Era ed Elsa) 101, con trollano le risorse minerarie e coordinano le attività di produzione il diritto di costruirne dove desideravano; in realtà, la strategia at- agricola attraverso i diritti sulle strutture molitorie da grano (di cui tuata tenderà in modo preferenziale ad acquisire strutture preesi- sono titolari i monaci) 97 e la proprietà di terre lavorative. stenti piuttosto che crearne ex novo. Il passaggio al XII secolo apre dunque un periodo di mutamenti nel- XII secolo: il declino del potere comitale e l’ascesa del Vescovato vol- l’assetto insediativo della Diocesi volterrana, rivolto in particolar terrano – Il XII secolo segna il processo di decadenza del potere si- modo a una sua riorganizzazione complessiva; inizia cioè a delinearsi gnorile e l’abbandono della Val di Merse come centro strategico del- un piano organico di penetrazione del territorio più complesso ri- l’affermazione della casata. L’unico strumento a nostra disposizione spetto invece all’occupazione puntuale di sedi strategiche, attuata nel per valutare gli avvenimenti della prima metà del secolo, corrisponde corso del secolo precedente 102. al lodo di pace stilato nel 1133 fra il vescovo volterrano e i Gherar- Nella Val di Merse, l’attenzione del vescovo si collega strettamente deschi, parte sconfitta nello scontro 98. ai suoi interessi economici verso le Colline Metallifere e si rivolge La mancanza di documenti anteriori a questa data impedisce di for- verso l’estensione della propria autorità sui centri circostanti: a par- mulare certezze riguardo le motivazioni sottese al conflitto; possiamo tire dalla metà dell’XI secolo, prende il controllo del castello di Mon- soltanto tentare di trovare punti di appoggio nelle vicende politiche ticiano e rileva, o fonda, il castello di Luriano (non sono chiare le ori- di quest’epoca per spiegare e ricostruire, almeno in parte, le dinami- gini di Luriano; agli inizi del XIII secolo è inglobato comunque nel che di potere, attivate nel chiusdinese nel corso dell’XI secolo e gli patrimonio vescovile). inizi del XII. Nel chiusdinese, al di là delle proprietà acquisite nel X secolo, non I primi segni tangibili della tensione fra le due parti si colgono al- registriamo altri interventi patrimoniali; l’obiettivo sembra rivolto l’interno di Volterra stessa, quando, proprio in seguito alla rottura essenzialmente a desautorare i conti e proteggere in tal modo il pro- definitiva dell’accordo con la Chiesa cittadina, i Gherardeschi ab- prio dominio sul territorio di Montieri. bandonano il titolo di conti della città 99. È probabile che a provo- Le prime acquisizioni su questo castello risalgono alla fine del IX care la crisi abbia potuto concorrere la determinazione mostrata secolo; è agli inizi del XII secolo, però, che si affermano i diritti ec- dalla famiglia nel radicarsi stabilmente nell’ambito della Diocesi clesiastici sul nucleo e sul libero sfruttamento delle argentiere 103. volterrana. Risalgono a questo periodo, i primi tentativi del ve- Il valore indiscutibile di Montieri attira numerose famiglie signo- scovo per contrastrare l’ascesa signorile; adotta cioè un sistema di rili, fra le quali gli stessi Gherardeschi, che vi acquistano quote fon- gestione della terra rivolto a costituire un substrato sociale, che fa- diarie; viene infatti coinvolto nel lodo di pace del 1133, in cui si vorisse l’aderimento del suo potere nella campagna (si veda il pa- impone ai conti di non contenderne in alcun modo il possesso alla ragrafo precedente). Chiesa volterrana. L’inizio del conflitto con la casata coincide con il periodo più alto È evidente che la presenza comitale all’interno dello spazio fortifi- della capacità politica, militare ed economica del vescovo 100. L’al- cato unita a una signoria forte e solida sul territorio a esso limitrofo lontanamento dalla città degli antagonisti, segna il punto iniziale deve aver costituito per il presule un problema reale per la difesa di una politica autonoma, finalizzata a creare un solido potere in del suo patrimonio. Sfruttando il casus belli della vertenza sorta fra Arezzo e Siena agli inizi del XII secolo 104, il vescovo (allineato con Arezzo e Firenze) e i 97 CORTESE, 1997, pp. 99-100. L’unica indicazione riguardo ai diritti dell’abbazia sulle signori (schierati invece con Siena) aprono le ostilità, sfociando in strutture molitorie rimanda alla formula citata nell’atto di donazione del 1004 “pan- violenti scontri combattuti proprio nel chiusdinese; il castello di Se- taneis, piscareis, puteis, fontibus et rivis, et aquis, molendinis”. È vero che la clausola, standard, non deve essere interpretata come riferimento specifico all’esistenza di strut- ture produttive nella zona, è tuttavia un indizio confermato dalla prossimità dell’ab- 101 VOLPE, 1964, p. 155. bazia al corso del fiume Merse e da un documento datato al 1220, che registra una ven- 102 AUGENTI, 2000, pp. 122-130. dita di mulini di proprietà benedettina all’abbazia di San Galgano. Il contratto riguarda 103 VOLPE, 1924. la porzione di terra a cavallo del Merse comprendente i mulini “quondam Guaschi”. 104 A partire dal 1125 la ripresa della secolare vertenza fra le città di Siena e Arezzo È probabile che i mulini appartenessero in origine a un signore locale della famiglia dei in merito dall’assegnazione di alcune pievi aretine annesse dai senesi, finì per coin- Guaschi, consorteria dominante a Roccatederighi dalla seconda metà del XII secolo; volgere (più o meno pesantemente) tutte le famiglie e le località comprese fra Vol- nello stesso periodo alcuni documenti testimoniano contese fra i membri di detta fa- terra, Siena e Firenze. Il Comune senese infatti, pressato dalle spese di guerra e bi- miglia e il vescovo di Volterra per i diritti giurisdizionali su Montecastelli, fra Poma- sognoso di denaro aveva imposto una tassa straordinaria sui terreni agricoli coltivati; rance e Radicondoli. Una delle strutture cedute può essere rintracciata nell’attuale Mu- a tale provvedimento si erano immediatamente ribellate alcune delle più emergenti lino delle Pile: nonostante se ne abbia notizia solamente a partire dalla metà del XVI famiglie del contado (Berardenghi e conti Scialenghi) supportate dall’aiuto di chi secolo, la vicinanza al monastero e l’architettura medievale dell’impianto convergono avrebbe beneficiato della crisi di Siena, quindi Arezzo, Firenze e appunto il vescovo verso tale interpretazione. Per la proposta di identificazione delle due strutture, si veda di Volterra. In questa circostanza il conte Ugo, figlio di Guido II si schiera a favore CORTESE, 1997, pp. 251-252 e 315. della città con la volontà evidente di estendere la propria influenza in Val di Merse 98 Riguardo al lodo di pace rimandiamo una volta per tutte a CECCARELLI LEMUT, (verosimilmente Montieri) ai danni del suo antagonista. La partecipazione di questo 1993. ramo della famiglia doveva comunque già avvenire in modo distinto da quelli attivi 99 CECCARELLI LEMUT, 1982, pp. 7-9. in altre circoscrizioni territoriali; in questo momento infatti i Gherardeschi di Pisa, 100 Già a partire dagli anni ’30 del XII secolo, infatti, l’egemonia progressiva sulla carica risultavano alleati fedeli del vescovo volterrano. In merito alla controversia si veda vescovile da parte dei Pannocchieschi provocherà un crescente malcontento in larghi DAVIDSOHN, 1956, pp. 594-606. Per la posizione dei Gherardeschi nella vicenda si strati della società cittadina (che finirà per togliere l’appoggio alla Chiesa), determinando rimanda a CECCARELLI LEMUT, 1993, pp. 11-12. Sull’intervento della nobiltà del la decadenza del prestigio e del valore del Vescovato. VOLPE, 1964, pp. 153-156. contado, CAMMAROSANO, 1974, pp. 134-138.

157 rena viene raso al suolo mentre Miranduolo, scenario di una pesante rata del Comune del primo trentennio del XIII secolo): contribui- battaglia (con forti perdite di armi e cavalli subite dai conti), rimane ranno cioè al progetto della città di un avanzamento graduale fino a fortemente leso 105. conquistare il controllo sullo sfruttamento dei giacimenti argentiferi La pace prevede condizioni molto dure per gli sconfitti; viene loro ai danni della Chiesa 107. imposto il divieto di ricostruire il castello di Serena (“castrum Serene Valendosi dell’autonomia concessagli dagli accordi di pace, nel non ulterior edificetur”, forse manifestazione più eclatante della 1178, Ugo dei Gherardeschi tenta un accordo con la città, conce- sconfitta della famiglia) mentre altri due loro castelli (Frosini e Chiu- dendole la metà del castello di Miranduolo e ricevendola poi indie- sdino) entrano nel patrimonio dell’avversario; quest’ultimo, in cam- tro a titolo di feudo (vi sono compresi anche i possedimenti mine- bio, si impegna a concedere in feudo ai conti l’intero castello di Fro- rari sul Monte Beccario, qui citati per la prima volta). Il vescovo ri- sini (riservandosi però il diritto di rifugiarvisi o di usarlo in caso di corre immediatamente ai diritti patrimoniali dell’abbazia di Serena guerra) e la metà del castello di Chiusdino (mantenendo comunque per impedire l’attuazione del patto ed esautorare i conti anche su Mi- i diritti sulla torre e sull’antemurale e, poi, la possibilità di costruire randuolo; con una bolla del 1187, fa in modo che papa Urbano III ulteriori fortificazioni). L’unica concessione riguarda il castello di confermi all’ente religioso il possesso delle terre donatele e, di con- Miranduolo, sul quale i discendenti di Ugo riescono a mantenere il seguenza, assegna a Ildebrando tutte le proprietà inserite nei confini dominio assoluto. di Sovicille e , ivi compreso il monastero stesso 108. Nella redazione dell’atto non viene fatto alcun accenno all’abbazia In questi stessi anni, a Volterra si avvia un processo di trasforma- di Serena, in realtà proprietaria legale di alcuni dei castelli in oggetto zione all’interno degli organi di potere. Il Comune cittadino e, in (ciò conferma quanto detto in merito alle condizioni della dona- seguito, anche il Capitolo si dimostrano sempre più insofferenti zione); da questo momento, i diritti formali del monastero sui beni verso gli atteggiamenti assolutistici del Vescovato, da circa un cin- dotali verranno considerati solo se funzionali alle mosse del vescovo. quantennio egemonizzato dalla famiglia Pannocchieschi; l’assun- L’accanimento con cui si procede contro i castelli di Miranduolo e zione stabile del titolo da parte dei membri della famiglia aveva di Serena (ci riferiamo sia alla distruzione fisica delle strutture nel corso fatto portato come conseguenza un tipo di gestione privata del pa- della guerra sia alle dure condizioni della pace stessa) conferma il loro trimonio ecclesiastico. Dunque, a differenza di quanto successe agli ruolo nodale nella politica signorile. Al termine degli scontri, il inizi del secolo, i presuli si trovano ora ad agire in un clima di as- primo è probabilmente compromesso a tal punto da non rappresen- soluto isolamento in città e sul territorio. Contrastati da Siena, ol- tare una potenziale base di ripresa per la loro autorità; stupisce altri- tre che per i già citati interessi minerari, anche per l’insofferenza menti, che il vescovo abbia potuto lasciare completa autonomia pro- delle immunità ecclesiastiche sui possessi inseriti nel senese; ma an- prio al castello più avanzato rispetto al territorio montierino e all’u- che da Pisa, intenta da tempo a conquistarsi la Val d’Era, la Ma- nico centro direttamente coinvolto nei processi produttivi di tipo remma e la costa a sud dell’Arno sia sul piano religioso che su minerario. Il secondo rimane un cumulo di rovine a cui sopravvive quello politico 109. Da questo momento, il declino della Chiesa vol- per altri due secoli l’abbazia, con una progressiva desautorazione sia terrana si fa rovinoso quanto rapido. come ente religioso che come nodo di attrazione territoriale. Que- Il vescovo Ildebrando ingaggia la lotta contro Siena, riportando gra- st’ultima, già pochi anni dopo il termine della guerra, mostra grandi vissime conseguenze sia sul piano economico (crollo delle casse ve- difficoltà nella gestione del vasto e disperso patrimonio esterno agli scovili) sia sul piano patrimoniale (esautoramento su tutti i castelli stretti confini di pertinenza; le frequenti cessioni comprese fra gli acquisiti in seguito ai patti del 1133). Fiaccato nelle finanze, nel anni ’50-’60 dello stesso secolo mostrano l’evidente necessità di re- 1193, in una pausa dello scontro, rinuncia al possesso del castello stringere il raggio d’azione alla sola Val di Merse e bassa Val di Ce- di Miranduolo e ne restituisce tutti i diritti ai conti compresa la pos- cina. La comunità monastica, privata della protezione del castello ed sibilità di ricostruirlo; inoltre, ripristina la loro autorità sul castello esposta a frequenti incursioni, è costretta in breve tempo a rifugiarsi di Frosini e su quanto essi possiedono all’interno della corte di all’interno delle mura di Chiusdino con sede nella chiesa dei SS. Ja- Montalcinello. copo e Martino; nel 1196, a causa del grado di decadenza raggiunto, Riacquistata l’autonomia patrimoniale, i Gherardeschi nel 1202 viene inserita nell’ordine vallombrosano 106. rinnovano le concessioni relative a Miranduolo nei confronti del Il 1133 segna di fatto l’inizio del declino progressivo ma rapido della Comune senese, rinnegando fra l’altro di aver mai contratto ac- casata nel chiusdinese; nonostante questo, saranno i conti stessi a de- cordi che contravvenissero al precedente del 1178. terminare la crisi del potere vescovile, offrendo a Siena le proprie Nel 1210, l’assunzione a vescovo di Pagano Pannocchieschi inaspri- terre come mezzo di penetrazione nella Val di Merse (permettendo di anticiparvi l’ingresso rispetto alla fase di massiccia espansione ope- 107 Il primo intervento del Comune senese data al 1137 e viene permesso proprio dal vescovo Ademaro che, in cambio di tre pievi senesi, cede tre piazze e un edificio nel castello di Chiusdino e la metà del castello e delle argentiere di Montieri. La cessione 105 CECCARELLI LEMUT, 1993, p. 28: “laudamus etiam atque precepimus ut pro equis venne lungamente contestata dai successori di Adimaro finché nel 1171, una bolla di et armis in Mirandolo perditis triginta libras Lucensium monete Gene comitisse epi- papa Alessandro III, annulla l’atto e conferma al Capitolo volterrano “decimationem scopum reddat”. Non sappiamo con certezza l’entità dei danni materiali inferti al ca- de Monteri de parte Episcopi de parte Marchionis”. Nove anni dopo, l’arcivescovo di stello. È comunque da rifiutare l’affermazione di Vatti (VATTI, 1931, p. 124) che so- Magonza, necessitando in guerra l’aiuto senese, contratta l’intervento con il ripristino stiene la totale distruzione; egli fraintende infatti il passaggio del documento e iden- della validità della transazione del 1137. Alla protesta immediata di Volterra segue un tifica il “castrum Irene” (in realtà correttamente citato nel documento come accordo, stipulato nel 1181, con il quale il vescovo Ugo, in cambio del versamento di “castrum Sirene”) come castello di Miranduolo. Possiamo comunque pensare, com- 330 lire, riconosce ai senesi il diritto di metà del castello, borghi, corte, distretto, ar- binando alcune notizie posteriori, che abbia sofferto ingenti danni, ai quali, con tutta gentiere scoperte e da scoprire, placiti e banni di Montieri. Si obbliga inoltre a non probabilità, i conti non hanno posto rimedio negli anni successivi; sessant’anni dopo mettere custodi nel castello e nella torre e gastaldi nelle miniere, senza il previo con- infatti il vescovo Ildebrando concede “si voluerint rehedificare Mirandolum permit- senso dei consoli cittadini; assicura poi di far giurare fedeltà agli uomini di Gerfalco, tam eis” (RS, pp. 143-144, n. 364: 18 dicembre 1193), indizio forse di un progres- Montieri, Chiusdino e Frosini. VOLPE, 1924, pp. 46-47. sivo decadimento della struttura. 108 CECCARELLI LEMUT, 1993, pp. 19-20. 106 CECCARELLI LEMUT, 1981, pp. 63-65. 109 VOLPE, 1924, pp. 45-47; VOLPE, 1964, p. 156.

158 sce ulteriormente il contrasto con Siena a tal punto da sfociare in un tificato non ha ancora assunto cioè una posizione predomi- vero e proprio conflitto armato. nante 116. Dopo alcuni contrasti, nel 1215 le milizie cittadine fanno irruzione a Precocemente abbandonato (l’ultima attestazione risale al 1066) 117, Chiusdino e prendono prigioniero Pagano, lì rifugiatosi; in cambio subisce probabilmente uno spostamento di sede. A partire dal 1133, della libertà gli viene imposto il rinnovo del tributo annuo, offrendo a compare negli atti il castello di Montalcinello (nelle varianti di Mon- garanzia le rendite dei castelli di Frosini e Montalcinello e il ricono- tis Alcini-Montalcini), corrispondente all’attuale centro omonimo 118; scimento dei diritti senesi sui castelli di Montieri e Chiusdino 110. Que- le due realtà insediative, pur rimanendo distinte nell’ubicazione, mo- sta circostanza sancisce il crollo definitivo del potere ecclesiastico 111. strano elementi in comune quali l’assoluto controllo vescovile e una I Gherardeschi, privati ormai di qualsiasi obiettivo egemonico, ri- chiesa intra moenia intitolata a San Magno. Se esiste la possibilità che mangono presenti nei castelli di Frosini e Miranduolo fino alla metà i due fenomeni (la scomparsa del primo castello e la creazione del se- del secolo. Frosini, che sembra aver subito in modo più mediato e condo) siano del tutto autonomi, è comunque ipotizzabile che l’ab- meno diretto le vicende di acme e declino della famiglia, rimane ne- bandono della prima struttura sia stato causato proprio dalla volontà gli anni l’unico dominio saldo dei conti (nel 1178 ne acquisiscono il di insediare un altro spazio, morfologicamente più dominante e titolo comitale) 112; alla morte di Ugo, i figli decidono di convogliare adatto ad accogliere un insediamento di più ampie dimensioni (come i propri possedimenti in Val di Merse (tramite cessioni ai parenti di poi diventerà lo stesso Montalcinello). loro quote in Val d’Era), concentrandoli intorno ai castelli di Fro- Accettando questa lettura, è possibile collegare il momento del- sini e Miranduolo sotto la guida di Tedice, e intorno al castello di l’abbandono con il decadimento delle strutture materiali della for- Strido sotto il controllo di Ugolino 113. tificazione più antica, realizzata probabilmente per lo più in ma- teriale deperibile (esempi di questo tipo non sono inusuali per il La maglia insediativa – La fonte principale a cui attingere informa- X-XI secolo nel Nord Italia) 119. Per quanto riguarda il castello di zioni circa la maglia insediativa di XI-XII secolo è la documentazione San Magno, non abbiamo alcun tipo di evidenza materiale in cor- scritta: per l’XI secolo disponiamo di sette attestazioni (quattro ca- rispondenza dell’attuale località San Magno; nell’antistante Pog- stelli, due chiese e un villaggio) mentre per il XII secolo registriamo gio Castellare si conservano però alcuni tratti murari, disposti in un incremento pari a otto unità, corrispondenti unicamente a strut- una situazione morfologica particolare di chiara origine antropica, ture religiose. Il contributo dell’archeologia di superficie si concre- genericamente riferibili all’età medievale. L’assenza di indicatori tizza in due evidenze riferibili all’ambito produttivo. cronologici esatti impedisce di stabilire relazioni sicure fra le due Attraverso le informazioni disponibili, è solo parzialmente possibile manifestazioni; certo è che la presenza del toponimo non sembra cogliere la diacronia rispetto al periodo precedente: sia per quello che essere casuale. In quest’ottica, potremmo dunque pensare a un’o- riguarda il fenomeno di incastellamento sia per ciò che concerne le riginaria forma insediativa dove il centro fortificato (sul poggio modificazioni occorse alla maglia insediativa preesistente a seguito Castellare) si colloca in una posizione distinta ma contigua alla dell’impianto dei castra. curtis (in località San Magno) 120; l’acquisizione di un ruolo pre- La “curte et castello s. Mangni”, attestata per la prima volta nel dominante del castello, a partire dalla metà dell’XI secolo (nel 1005 114, esprime evidentemente la definizione di un processo di 1066 compare infatti come castello) può aver portato alla deca- trasformazione insediativa che evolve da una struttura tipo curtis denza di entrambi i siti e al trasferimento della sede castrense a (attiva alla seconda metà del X secolo almeno) 115 a una forma di Montalcinello. tipo fortificato, in uno spazio cronologico compreso fra la fine del In ogni caso, l’ipotesi che il complesso di San Magno abbia avuto X secolo (l’ultima attestazione come curtis data al 997) e i primis- una prima forma deperibile non è assolutamente da escludere. Inda- simi anni dell’XI secolo (la prima menzione come castello risale al gini intensive sui siti incastellati (Scarlino 121 e probabilmente anche 1005). La formula della citazione mostra come in questa data il ca- Montarrenti) 122, e anche ricerche territoriali (nel Chianti senese, si stello si affianchi in posizione di complementarietà alla struttura curtense, che costituisce ancora il centro principale; il nucleo for- 116 Nelle formule documentarie si colgono indizi di una gerarchizzazione delle forme insediative. Fino alla metà dell’XI secolo, predomina la definizione di “curte et ca- stello”; poi la tendenza si inverte e il castello viene ad assumere il ruolo di struttura 110 VOLPE, 1924, pp. 47-52. principale anche nella stessa terminologia: ricorrono da questo momento le formule 111 Nel corso del XIII secolo verrà coinvolto in una situazione di progressiva deca- di “castellum cum/et curte”. AUGENTI, 2000, pp. 43-44. Su tale tema si veda anche denza testimoniata dalle vicende che investiranno il castello di Montalcinello. Resi- VALENTI, 1999 per la Val d’Elsa senese. denza privilegiata e sede di una delle zecche del Vescovato, rimarrà sempre estrema- 117 RV,n. 131, pp. 47-48. “Erimannus ep. Volot. lib. nom. do Ghisolfo f.b.m. Brenci mente vincolato ai destini Pannocchieschi; proprio questo stretto legame, fra l’altro, med. de castello de Gello et de Sancto Magno”. determinerà un totale decadimento della struttura. 118 CECCARELLI LEMUT, 1993. 112 Il titolo di conte di Frosini viene attestato per la prima volta il 19 dicembre 1178 119 SETTIA, 1979 e in particolare pp. 375-376. (RS, n. 286) attribuito a Tedice di Ugo e al nipote per parte di padre Ugolino di 120 Nel proporre quest’interpretazione accogliamo la proposta di Augenti riguardo alla Pepo e verrà poi portato dai discendenti di Guido IV. In CECCARELLI LEMUT, 1993, forma materiale dei castelli curtensi; una lettura che considera la fortificazione della pp. 19-23 si può leggere una breve sintesi dell'albero geneaologico della famiglia curtis come fortificazione del suo centro organizzativo e direttivo, senza però provo- dalla quarta generazione. Per le generazioni precedenti si veda CECCARELLI LEMUT, care sconvolgimenti alla distribuzione degli spazi preesistenti. AUGENTI, 2000, p. 44. 1981, p. 69. Posizione peraltro sostenuta già da anni dall’Area di Archeologia Medievale senese. 113 CECCARELLI LEMUT, 1993, pp. 23-24 121 Per Scarlino, in attesa di una pubblicazione definitiva dei dati si veda FRANCO- 114 RV,n. 97, p. 36. “Benedictus ep. Volot. Lib. Nom. Dedi Petrus presb. F. Ori- VICH, 1985; inoltre le pagine web dell’area di Archeologia Medievale ; inoltre CUCINI-FRAN- qui r. fuit per qd. Petrus mass. et modo per te Petrus presb., pertinens de curte s. Man- COVICH-PARENTI, 1990. gni, ut in fest. s. Marie in agusto solvas ad ministerialem in curte et castello s. Man- 122 FRANCOVICH-MILANESE, 1990; inoltre, in attesa dell’imminente pubblicazione dello gni pens. arg. din. duodecim”. scavo, si vedano le pagine web dell’area di Archeologia Medievale .

159 scrizione del primo castello rispetto agli altri: in una prospettiva di gerarchizzazione delle forme insediative, vediamo la curtis assumere un ruolo diverso e di maggior rilievo rispetto ad esempio alle strut- ture religiose nell’uno e negli altri casi. Inoltre, la presenza di una “casa donnicata iusto castello de Serina”, attestata nel 1008 125, ri- corda un’organizzazione di tipo curtense; dal momento che il si- gnore in questo caso è rappresentato dal conte Gherardo II, è diffi- cile sostenere la presenza di una sua residenza esterna al castello, se non come retaggio di un sistema insediativo precedente. Tale interpretazione non è immune da critiche e non intendiamo proporre certezze in merito alla preesistenza curtense dei castelli ghe- rardeschi. Per quanto riguarda il castello di Miranduolo, l’archeolo- gia inizia comunque a fornire indizi di una frequentazione in mate- riale deperibile (probabilmente altomedievale). Nel corso dello scavo, è emerso infatti un contesto di buche di palo (tracce di una capanna rettangolare), tagliato da strutture murarie, databili a una fase anteriore all’XI secolo (sulla base del confronto con le tipologie costruttive riconosciute sul sito); mancano però, per il momento, in- dicatori ceramici utili a definire cronologie esatte. La situazione ha strette analogie con quella emersa sullo scavo di Montarrenti; qui, le analisi del C14 e la sequenza stratigrafica hanno permesso di ascrivere i livelli con le buche a un periodo compreso fra VIII-IX secolo e le murature che li intaccano agli ultimi anni del X secolo 126. Il confronto tipologico dei muri rinvenuti nei due scavi, farebbe ipotizzare le stesse cronologie anche per Miranduolo. Comincia dunque a delinearsi una successione articolata in una prima occupazione del sito con strutture in materiale deperibile a cui succede l’impianto del primo castello in pietra, coerente con quanto riportano le fonti. Non siamo in grado di stabilire però Figura 57. Distribuzione siti di XI-XII secolo quale forma abitativa sia rappresentata dalle buche; ma neppure se queste costituiscano una fase insediativa distinta da quella del ca- 123 veda ad esempio il caso di Cerrogrosso) hanno sottolineato l’esi- stello. Lo scavo comunque è solo all’inizio. stenza di una prima fortificazione lignea o a materiali misti (terra e Le origini dei castelli di seconda fase, Chiusdino (attestato per la legno), sostituita da un’edilizia in pietra a partire dal maturo XI se- prima volta nel 1133) 127 e Luriano (terminus post quem 1230) 128, colo. Nel caso specifico, il passaggio può aver coinciso con l’impianto assumono contorni ancora più sfumati; sembra però emergere una di una nuova struttura, forse più imponente ed estesa, e dunque con presenza signorile meno marcata e vincolante rispetto ai casi pre- un radicale cambiamento della fisionomia. cedenti. Mentre i primi risultano strettamente legati a coloro che Riguardo ai castelli di Serena, Miranduolo e Frosini non abbiamo presiedettero alla fondazione, quelli più recenti mostrano invece dati indiscutibili circa il processo di incastellamento; nel 1004, il uno sviluppo più autonomo. primo viene ricordato come “castrum cum curte et pertinentia cum Sul territorio l’ubicazione degli spazi fortificati denota criteri selet- ecclesiis” mentre i secondi sono menzionati come “castrum cum ec- tivi diversi fra la prima e la seconda fase di incastellamento. Le sedi clesia cum curte”. In assenza di altri elementi, le definizioni non di prima fase, di dimensioni abbastanza regolari intorno al mezzo et- provano l’avvenuta fortificazione di una curtis: si tratta infatti di for- mule standard, dove spesso l’accezione del termine rimanda alle per- tinenze territoriali del castello stesso. L’unico avvallo a una sua let- stelli definiti secondo tale formula come castelli curtensi; riferisce peraltro proprio ai tura come centro curtense è dato dal fatto che nel periodo in cui centri oggetto del nostro lavoro (AUGENTI, 2000, p. 44). Si veda anche il caso di Stag- gia nel Comune di Poggibonsi, in VALENTI, 1999. viene redatto il documento questa forma insediativa rappresenta an- 125 CAVALLINI, 1969-1972, p. 83: 1008: Gerardo fu Gerardo compie una vendita di cora una realtà tanto da mantenere chiara la distinzione fra i due si- terre massaricie “infra plebem S. Ioannis sito Casale”; la moglie Guilla acconsente al- gnificati 124.In tal senso, cogliamo elementi di distinzione fra la de- l’atto “Voloterrense, in casa donnicata iuxsta castello de Serina”. 126 FRANCOVICH-MILANESE, 1990, pp. 25-35. 127 Chiusdino compare per la prima volta nel 1133 (CECCARELLI LEMUT, 1993), com- 123 VALENTI, 1995, pp. 291-292. Il castello, oggi scomparso, ma individuato nella ri- preso fra le proprietà gherardesche; oltre a questo possiamo solo dire che la sua crea- cognizione, doveva dislocarsi su due rilievi collinari; l’uno occupato dalla chiesa, l’al- zione è sicuramente posteriore al 1004, data in cui risulta escluso dall’elenco delle pro- tro forse dagli edifici signorili dunque il centro materiale della curtis più antica. Con- prietà della famiglia contenuto nell’atto di dotazione dell’abbazia di Serena. teneva alcune strutture abitative e era circondato da un fossato, oltre il quale si trova- 128 La fondazione di Luriano deve essere collocata genericamente in un vasto arco cro- vano terre coltivate e aree boschive (tali dati emergono da uno studi comparato fra fonti nologico compreso fra la metà-fine XII secolo e gli inizi del XIII secolo. Compare nel documentarie ed evidenze archeologiche). 1230 quando è compreso nel lungo elenco di fortezze distrutte dai sangimignanesi du- 124 La prudenza nell’affermare l’origine curtense dei castelli in oggetto tiene conto rante l’aspro conflitto con il vescovo volterrano e quindi si ipotizza che la sua fondazione delle diverse interpretazioni proposte per la formula “castellum castrum cum curte”. si debba a quest’ultimo. Non riusciamo però a dare consistenza al tipo d’intervento che Non è senza dubbi la lettura del termine curtis come centro curtense; nel corso del- il vescovo effettuò sul centro; l’inizio tardo delle testimonianze non permette infatti di l’XI secolo si afferma il significato di pertinenze fondiarie dell’insediamento fortifi- cogliere le modalità di fondazione e i caratteri del suo controllo sul castello. Nel 1171 cato (GINATEMPO-GIORGI, 1996). D’altro canto, Augenti interpreta con certezza i ca- viene attestata la pieve di Santa Maria di Luriano. CAMMAROSANO-PASSERI, 1978.

160 taro, privilegiano le parti sommitali di poggi, con altitudine com- presa fra i 350-410 m s.l.m., definiti da pareti molto scoscese e da corsi d’acqua che creano una sorta di difesa naturale. Collocati nella zona d’interfaccia fra gli habitat collinare e montuoso, occupano col- line non estese, poste a dominare visivamente un largo tratto di ter- ritorio; eccetto Serena, si pongono in posizione antistante a superfici montuose ben più elevate. Le peculiarità morfologiche dei siti non rivelano una scelta prioritaria verso zone di difficile accesso; contra- riamente, gli esempi più recenti si dispongono in corrispondenza di alcuni inaccessibili speroni rocciosi, che punteggiano la fascia mon- tuosa del comune. Intorno ai castelli, si organizza la rete insediativa a maglie strette ar- ticolata presumibilmente in forme di tipo accentrato. La cautela uti- lizzata deriva da un vizio di fondo della documentazione disponibile, concernente solo castra e chiese; la definizione dell’entità del popo- lamento e la qualità delle sue forme, come anche i tempi della sua formazione, non è dunque priva di difficoltà. Nel corso del XII secolo, la concentrazione di chiese extra castrum, in rapporto di 1, 2 per ogni castello, denuncia una presenza consi- stente dell’abitato aperto e una forte densità demografica; una rete di edifici religiosi così articolata non può prescindere dall’esistenza di comunità numericamente rilevanti. In qualche modo, dunque, l’incidenza delle strutture religiose sul territorio permette di colmare l’assenza di attestazione di nuclei abitativi; non sappiamo comunque in quale misura, le chiese siano già in questa fase espressione di centri definiti o se invece debbano ancora presiedere al processo di accentramento. La risposta più plausibile è che la spoporzione numerica delle attestazioni sia da imputare alla qualità delle fonti e non a una reale caratteristica in- Figura 58. Area di influenza dei castelli di XI-XII secolo in rapporto alla ma- sediativa; un confronto con le tendenze generali della provincia, glia insediativa colloca nel corso dell’XI secolo il processo di accentramento in territorio, si colloca la pieve di Pentolina (Diocesi di Siena), sinto- strutture di tipo villaggio e la costituzione della rete insediativa, che matica della necessità da parte della Diocesi senese di marcare e pre- si stabilizzerà poi nel corso del secolo successivo. sidiare la linea di demarcazione delle due circoscrizioni. L’applicazione del buffering (fig. 58) mostra una strutturazione Questa coincidenza, sembra inserirsi nella tendenza individuata da dell’abitato perfettamente aderente alla rete dei castelli; le strut- Macchi per l’intera Toscana dove, analizzando la distribuzione spa- ture del popolamento si dispongono, a distanze regolari, in modo ziale della maglia pievana, si è identificato una correlazione fra con- organico intorno ai centri di potere (distano in media 2,5 km). Gli fini diocesani e aree di alta concentrazione o prossimità di pievi 130. spazi di occupazione non mostrano scelte selettive in base alle pe- Dunque, l’organizzazione insediativa si configura intorno ai centri culiarità dei suoli: lo sfruttamento anche dei terreni più duri è sin- di potere; non potendo stimare se e in quale misura le evidenze del tomo dell’acquisizione di una maggiore capacità di lavorare la XII secolo possano essere retrodatate, non siamo in grado però di va- terra; vengono comunque desertate le aree di fondovalle dei fiumi lutarne i tempi e le modalità. Feccia e Merse, verosimilmente interessate da fenomeni di impa- Le trasformazioni provocate dall’incastellamento sul tessuto prece- ludamento 129. dente sembrano comunque escludere modifiche traumatiche e ano- Le aree di pertinenza dei castelli di Serena e Frosini (per San male rispetto al trend provinciale; l’unico caso di casalis attestato nel Magno-Montalcinello non abbiamo dati in questo periodo) corso del X secolo continua a esistere, senza soluzione di continuità, hanno elementi di similitudine; diverso il caso di Miranduolo, fino al basso Medioevo (Tamignano). Non conosciamo l’evoluzione la cui corte comprende solo strutture funzionali. Mentre i primi delle strutture curtensi; l’attestazione di XIII secolo della presenza di si presentano dunque come poli di attrazione del popolamento terre lavorative in località Macarro (sede di una delle curtis altome- rurale, il secondo si propone invece come centro destinato a dievali) fa supporre il venir meno della configurazione giuridica del presiedere alle attività produttive, gestite dalla famiglia signo- centro, senza però implicarne l’abbandono. Pur nella sua limitatezza, rile: non si attestano, in questa fase, nelle sue pertinenze, forme il quadro mostra uno spaccato esemplificativo di una linea di evolu- insediative. zione dell’insediamento nella norma. L’areale intorno Frosini conferma la sua connotazione di spazio di Sicuramente, da parte degli organismi egemoni viene attuato un si- confine tra due realtà diocesane distinte; sul limite esterno del suo stema di occupazione e gestione della terra rivolta a inglobare l’abi- tato preesistente dal punto di vista economico; attraverso cioè il ri- 129 Proprio questo problema può aver concorso a determinare l’intervento dei monaci levamento di quote fondiarie dei centri precostituiti, fra i quali ri- cistercensi, nella loro qualità di abili tecnici idraulici; anche nei documenti di XIII se- colo, viene fatto riferimento ad alcuni provvedimenti messi in atto per bonificare l’a- rea valliva del Feccia. 130 MACCHI c.s.

161 Figura 59. Ipotesi ricostruttiva della topografia del castello e abbazia di Serena Figura 60. Modellazione 3D del sito di Poggio della Badia basata sulla ricognizione di superficie Emergeva in modo chiaro una distinzione interna fra un’area som- corrono anche impianti molitori per la macinazione del grano 131. In mitale, tipo cassero, connotata da strutture più imponenti e distac- questo, svolge un ruolo da protagonista l’abbazia di Serena 132; dal cata fisicamente dal resto dell’insediamento; la presenza di muri ad- momento che la documentazione amministrativa riguarda una fase dossati alle mura suggeriva piccoli ambienti, probabilmente funzio- successiva alla crisi del potere gherardesco non sappiamo se questo nali alle opere difensive. modus operandi corrisponda agli intenti signorili oppure rappresenti Già nella prima fase di indagine, i dati più consistenti si erano ot- una fase di parziale autonomia gestionale del monastero. tenuti dal castello di Miranduolo, per il quale una continuità di vita fino al XIV secolo aveva sicuramente consentito una maggiore con- La struttura materiale dei castelli – L’analisi di superficie mirata sui servazione delle emergenze in elevato (presenti in parte ancora sotto castelli di Serena e Miranduolo ha fornito elementi utili a una prima forma di imponenti ruderi); i risultati dello scavo, iniziato a partire ipotesi ricostruttiva della loro struttura materiale; ha messo a fuoco dall’estate 2001, consentono ora di proporre ipotesi più ampie e di alcuni parallelismi fra i due centri, sottolineandone un minimo co- completare le prime ricostruzioni, secondo una scansione cronolo- mune denominatore nelle caratteristiche dello spazio da incastellare gica più estesa e un’articolazione insediativa ben maggiore. e nelle modalità di intervento sulle zone individuate. Per ragioni connesse alle sue vicende, le tracce del castello di Serena Per la scelta del sito, in entrambi i casi, si opta verso parti sommitali si sono ridotte (a parte rare eccezioni) a una serie di allineamenti, ap- di poggi (altitudini comprese fra 350-410 m s.l.m.) definite da pa- pena riconoscibili nella vegetazione del sottobosco; il progressivo de- reti molto scoscese, che determinano una netta sopraelevazione ri- grado del contesto sta poi determinando un sensibile peggioramento spetto al terreno circostante; nonostante questo, non possono essere delle già scarse evidenze visibili. Nella ricognizione sul sito effettuata definite aree naturalmente fortificate, come invece sono quelle indi- durante la primavera 2001, si è potuto stimare una perdita di infor- viduate per l’impianto dei castelli più tardi. Costante la presenza di mazioni pari al 30% rispetto a sei anni prima; il decadimento delle corsi d’acqua, che scorrono alle pendici delle colline occupate. strutture, determinato dall’incuria, è stato accelerato dal pessimo Nella ricognizione delle emergenze appariva in modo chiaro la defi- stato di conservazione delle murature, già compromesse dal dilava- nizione dell’area fortificata, attraverso la lettura del circuito murario, mento del terreno (causa dello slittamento dei filari e della disgrega- e alcune soluzioni insediative. zione del legante). Lo spazio incastellato, in entrambi i casi, si calcolava intorno ai La parte più leggibile del castello riguarda il circuito murario, 450-500 mq disposti su una pianta ‘elissoide’ (nel caso di Miran- esteso a cingere la parte sommitale del poggio (molto più incerta la duolo, la forma è più compatta, nell’altro più allungata). fortificazione dello spazio sottostante a sud-est). Si sviluppa lungo tutto il versante orientale e sudoccidentale per una lunghezza com- 131 Nel 1220 l’abate di Serena cede al monastero di San Galgano la porzione di terra plessiva di circa 100 m, proseguendo poi sul lato nord-est con al- a cavallo del Merse comprendente i mulini “quondam Guaschi”. È probabile che i lineamenti di muri molto incerti; si interrompe sul versante meri- mulini appartenessero in origine a un signore locale della famiglia dei Guaschi, con- dionale, dove la funzione difensiva poteva essere svolta dalla ripida sorteria dominante a Roccatederighi dalla seconda metà del XII secolo; nello stesso pendenza naturale. A circa 2/3 del lato meridionale, si trovava forse periodo alcuni documenti testimoniano di contese fra i membri di detta famiglia e il una porta a cui si accedeva attraverso una scalinata; degli elementi vescovo di Volterra per i diritti giurisdizionali su Montecastelli, fra Pomarance e Ra- dicondoli (CORTESE, 1997). Una delle strutture cedute può essere rintracciata nel- visibili nel 1994, si sono oggi cancellate le tracce. Nell’area som- l’attuale Mulino delle Pile; nonostante se ne abbia notizia solamente a partire dalla mitale si leggono due edifici, di cui uno, appena intuibile in su- metà del XVI secolo, la vicinanza al monastero e l’architettura medievale dell’impianto perficie, ha orientamento sud-est/nord-ovest e dimensioni ipotiz- convergono verso tale interpretazione. Probabilmente il controllo delle strutture av- zate di 7,55 m. veniva attraverso l’esercizio del diritto di banno. L’altro, posto nell’estremità occidentale, corrisponde agli unici ru- 132 Ovviamente la natura stessa dei documenti riferiti alle carte del monastero, forni- sce notizie sulle proprietà monastiche; non è un dato significativo in forma percen- deri di una certa consistenza ed è stato ipotizzato come edificio ab- tuale, evidentemente il resto della rete insediativa, scissa dall’organismo monastico, baziale. Ha dimensioni apparentemente pari a 15-169 m, con qualora esista non è rilevabile. muri perimetrali di 90 cm di spessore; il paramento esterno (visibile

162 mare la datazione dei ruderi agli anni intorno al Mille 133. L’inter- pretazione proposta viene sostenuta anche da fattori oggettivi come l’estensione e l’imponenza delle evidenze, decisamente superiori alle altre rinvenute sul sito; dal momento che l’abbazia è l’unico edifi- cio che sopravvive alla distruzione violenta del castello è del tutto plausibile che mantenga una maggiore consistenza in elevato. Il castello di Miranduolo, grazie a una maggiore conservazione del de- posito, proponeva (anche prima dell’intervento stratigrafico) una to- pografia interna più articolata e definita secondo una scansione crono- logica, desunta in base alla complementarietà di fonti materiali e scritte. Le tecniche murarie visibili in superficie permettevano di riconoscere due distinte fasi di occupazione; l’una riferibile alla presenza signo- rile di XI-inizi XII secolo (connotata da strutture imponenti e di fat- tura raffinata) e un’altra pertinente al decastellamento della struttura, Figura 61. Foto aerea della Costa Castagnoli. In chiaro è evidenziata l’area del datata dalle fonti a partire dalla metà XIII-inizi XIV secolo (muri con castello di Miranduolo tecnica più sommaria, materiali lavorati in modo più approssima- tivo, frequente impiego del laterizio). in un tratto crollato) mostra una tessitura muraria per filari paral- Lo scavo ha confermato, ampliandole, le ipotesi preliminari. L’in- leli di conci di travertino, ben squadrati e di piccole dimensioni. tervento si è concentrato sullo spazio sommitale per un’estensione di L’assenza di altri monumenti con la stessa cronologia in ambito 289 mq, indagati non completamente sia nel deposito orizzontale chiusdinese impedisce di proporre datazioni sulla base del con- fronto tipologico; la mancanza di analogie con i campioni murari, databili a partire dalla fine dell’XI secolo, può comunque confer- 133 Per dettagli, rimandiamo al capitolo VIII di questo volume.

Figura 62. Situazione di buche di palo riconosciute durante lo scavo dell’area sommitale. Nell’immagine in basso a sinistra sono stati ineriti dei paletti per mo- strare l’allineamento.

163 Figura 63. Viste dell’edificio palaziale in corso di scavo che verticale. I livelli più chiari risultano al momento quelli relativi stelporciano mostra una planimetria molto simile a quella ricostruibile a Miranduolo. Il nucleo originale (VIII secolo o forse precedente) consisteva in una piccola collina alle fasi medievali del sito; ancora nebulosa l’ipotesi relativa ai primi (2525 m), che nonostante le possenti difese naturali, aveva due ulteriori linee di for- anni dell’XI secolo mentre alcuni indizi indicano una frequentazione tificazione: un enorme fossato (largo 3 m) tracciato nel punto più stretto dell’altura precedente, lasciando intuire, come abbiamo sottolineato in prece- verso sud e una torre in muratura (dimensioni ridotte, con lato di 3,75 m, in blocchi denza, possibili retrodatazioni del contesto. di tufo), fronteggiata da un secondo fossato che proteggeva l’entrata principale al vil- L’aspetto più incerto riguarda proprio la fondazione del castello e la laggio. La maggior parte degli edifici di questa fase vengono costruiti in legno ed è an- che verosimile che la torre in muratura sia stata preceduta da una struttura in mate- sua struttura materiale originaria. Il primo impianto del centro ca- riale deperibile; altre strutture in negativo erano sicuramente presenti nel pianoro in strense potrebbe circoscriversi allo spazio del cassero, delimitato a contemporanea con caverne e grotte scavate nel tufo (utilizzate come stalle o abita- ovest ed est da fossati, che raggiungono i dirupi naturali tracciati dai zioni, per le quali non è possibile fornire datazione certa) (POTTER, pp. 170-173; due profondi fossi, ora asciutti; quello occidentale spezza la collina MALLET-WHITEHOUSE, 1967, pp. 113-146). Anche la Rocca di Rivoli (Torino), con dalle pendici del Poggio Fogari mentre l’altro marca una distinzione fasi di frequentazione comprese fra VI e XV secolo, mostra un impianto originario di XII secolo articolato in una rocca circondata da un muro di cinta, protetto a sud da fisica dal resto del poggio 134. Per estensione, calcolabile intorno ai un fossato. L’interno prevedeva più strutture ausiliarie. A ovest, in prossimità del- l’entrata, si trovava una torre di guardia, appoggiata al muro di cinta. A est, nel punto 134 Sono numerosi i casi di castelli di prima fase oggetto di scavi archeologici definiti in cui la cortina rientra ad angolo retto, si forma un ambiente quadrangolare, una da fossati. Gli esempi con maggiori similitudini con quello di Miranduolo risultano sorta di ultima difesa. Sempre contro il recinto si collocava un piccolo edificio di mo- i due castelli viterbesi di Ponte Nepesino e Castelporciano. Ponte Nepesino è un am- deste dimensioni, una casa-matta o un deposito, con zoccolo in pietra ed elevato in pio insediamento, indagato solo in parte, situato in corrispondenza della linea di con- legno (HUDSON, 1984, pp. 339-353; HUDSON, 1985-1986, pp. 111-118). fine fra Longobardi e Bizantini, con un ruolo di particolare importanza per il con- La ricognizione di superficie condotta sul sito di Alteto, in provincia di Viterbo, ha trollo della Via Amerina. È costituito da un borgo abitato e da un “castello”, separati permesso di rilevare la presenza di una cinta muraria sostruttiva, a circondare il ca- da un fossato artificiale. Nel corso dell’VIII secolo, l’abitato si concentra nell’estre- stello, distinto in due parti da un fossato; quest’ultimo separava un’area più piccola mità nord-est (zona con un maggior controllo della viabilità), in seguito poi si esten- con tracce di una torre dall’area dell’abitato vero e proprio (composto da ambienti derà a tutto il castello. Centro abitato di modeste dimensioni, è formato da capanne scavati nel tufo e utilizzati come stalle e abitazioni) (COCCIA et alii, 1985, pp. 517- e circondato da un muro di cinta (rimangono i buchi dei pali delle capanne e i resti 534). Anche a Castel di Pietra (Gavorrano-Grosseto) sono stati messi in luce i resti di un muro di cinta a grossi blocchi molto deteriorati dall’abbandono). Nel corso del- di un fossato difensivo di forma irregolare che testimonia l’esistenza di un nucleo l’XI-XII secolo, il castello subisce la prima modificazione nella sua struttura origina- fortificato di età preromanica, forse connesso a una curtis. All’inizio del XII secolo, ria, attraverso la costruzione della torre (AA.VV., 1984, pp. 63-146). Il caso di Ca- risale l’edificazione di una piccola torre con muratura di tipo romanico, compresa

164 Figura 64. Immagine di alcuni tratti della cinta muraria; in basso a destra, viene proposta l’ipotesi sulla sua forma ed estensione

400 mq, assume più l’aspetto di una residenza fortificata 135. L’u- di muro, di rozza fattura, rintracciato nel lato nord del cassero e co- nica evidenza materiale riferibile a questa fase sembra essere un tratto perto dal tracciato del circuito più tardo; potrebbe profilarsi come parte della prima cinta muraria e indicare in tal modo una prima edificazione del complesso tramite l’impiego almeno di materiali all’interno di un primo recinto (primo segno del potere signorile sull’insediamento, misti. Il muro, databile sulla base di un confronto tipologico con CITTER, 1997, pp. 335-336; CITTER, 1998, p. 151). Fra gli altri esempi citiamo an- che il castello di Rovere (Rocca di Mezzo-L’Aquila), Castelvecchio di Filattiera e San Giorgio di Filattiera (Filattiera-Massa Carrara), Castelfiorentino in Capitanata (Torremaggiore-Foggia), Montereale Valcellina (Montereale Valcellina-Poder- tativi e funzionali si dispongono lungo le pendici). Nel territorio gambassino, sono none). Tali dati sono tratti dall’archivio piattaforma GIS, in corso di realizzazione attestati castelli posti a occupare le superfici di piccoli rilievi, per lo più di forma el- presso LIAAM (Area di Archeologia Medievale dell’Università di Siena), incentrati littica (nelle fonti, spesso sono indicati attraverso la presenza di semplici strutture sulle ricerche edite di Archeologia Medievale in Italia. come torre, recinto non in muratura e pochissimi edifici) (DUCCINI, 1998 , pp. 99- 135 Non esistono riscontri archeologici utili a configurare l’aspetto del castello di 100). A Staggia (Siena) il castello, attestato già nel 994, ha una torre, una chiesa e fine X secolo; sembra comunque certo che corrispondano a nuclei rurali difesi at- alcuni edifici disposti entro l’area fortificata (VALENTI, 1999, pp. 189-196). I rari traverso l’impiego di materiali deperibili come legno o terra (VALENTI, 1999, pp. casi scavati mostrano un utilizzo frequente di materiale deperibile per la realizza- 164-173). Nonostante l’assenza di tracce archeologiche di queste fasi insediative, è zione delle fortificazioni. A Scarlino (Grosseto) l’area sommitale viene incastellata possibile ipotizzarne una topografia molto semplice, articolata in una torre, una con elevati in materiali misti e contiene una capanna molto estesa, altre strutture di chiesa e pochi edifici inseriti nel circuito murario; proprio la presenza del torrione piccole dimensioni e la chiesa. L’articolazione interna conferma l’esistenza di un e della fortificazione (realizzata in materiale misto o tramite palizzate in legno o fos- edificio signorile di XI secolo, collocato a pochi metri dalla capanna più estesa sato) doveva materializzare il concetto di castello. Gli esempi toscani mostrano chia- (VIII-IX secolo) e dalla capanna con zoccolo in pietra (X secolo); in questi spazi ramente elementi comuni nell’organizzazione e nello sviluppo topografico degli in- sembra potersi individuare il centro materiale della curtis preesistente (o anche la sediamenti fortificati; per forma ed elementi strutturali possono essere ricondotti ai casa dominica) mentre le altre abitazioni dovrebbero trovarsi sul lati ovest e sud-est. castelli “a superfici basse” di X-XI secolo attestati nell’Italia settentrionale (per la di- A Montarrenti è stata ipotizzata la presenza di un originario circuito ligneo. Nel stinzione in categorie si veda SETTIA, 1979, pp. 63-64). Riscontriamo valori Chianti (Fonte di Sestano e Valcortese) lo spazio castrense era invece definito pro- uniformi per quanto riguarda le dimensioni (in media 3706 mq) e una tendenza ad babilmente da un fossato (VALENTI, 1995, p. 21); conferme in tal senso si trovano adattare il tracciato murario alla morfologia del rilievo, sfruttando tutto lo spazio anche in altri contesti toscani e in ambito nazionale. Per una sintesi di questi aspetti disponibile (la parte sommitale viene spianata se necessario mentre gli edifici abi- si veda FRANCOVICH-VALENTI-TRONTI, 1999.

165 Figura 65. Frequentazione duecentesca della collina. le due foto mostrano una struttura abitativa in corso di scavo (nella prima è evidenziato il crollo in lastrine d’arde- sia da copertura) un’evidenza presente a Montarrenti (Sovicille, Siena) in un ambito di poco anteriore al Mille (950-1000), taglia livelli di vita prece- ramento presenta una muratura omogenea per corsi orizzontali e denti, ascrivibili al generico alto Medioevo 136. Si tratta dei resti par- paralleli, composta da conci e bozze di calcare ben squadrate e la- ziali di una struttura tipo capanna, di forma rettangolare; alloggiata vorate con uno strumento a punta sulla faccia a vista. nel suo lato meridionale in un taglio nella roccia, era sostenuta da Pochi metri a sud, a una quota inferiore rispetto al grande edificio, un allineamento centrale di pali doppi (indiziato da buche di grandi viene realizzata una probabile torre (non ancora scavata), a pianta dimensioni) e definita in pianta da altri di minori dimensioni (tre quadrangolare, inserita nel circuito murario più tardo. buche, con diametro di 15 cm, disposte a distanze regolari), proba- Tali interventi edilizi si inseriscono nella fase di ristrutturazione di età bilmente funzionali all’impostazione degli elevati. Gli alzati, co- romanica, che caratterizza l’evoluzione topografica della grande mag- struiti in materiali lignei e vegetali, avevano un’intonacatura in ar- gioranza dei castelli toscani; si colloca in questo momento il processo gilla concotta; ne resta un campione su cui rimane impressa l’im- di definizione dell’insediamento, evidenziato spesso da un’occupa- pronta di una foglia. zione programmata degli spazi e dall’impiego di tecniche costruttive Se il proseguimento dello scavo confermerà una tale successione, dominate dall’uso della pietra. potremo ipotizzare che il castello nasca e si sviluppi su un villaggio Per questa fase mancano evidenze riferibili al circuito murario; pro- di capanne preesistente; la sua precoce attestazione (risalente al babilmente la sua cancellazione va messa in relazione al violento 1004) e le strette analogie con altri contesti scavati (soprattutto con scontro combattuto sul sito. La memoria materiale di questa batta- quello già citato di Montarrenti), spingono a sostenere un’origine glia si conserva, fra l’altro, nell’alta percentuale di armi da lancio rin- di questo tipo. venute nel corso della raccolta di superficie (delle 15 punte di lancia Nel corso dell’XI secolo, vengono edificate alcune parti del cassero. e freccia raccolte, solo due si trovavano in contesti stratigrafici), La struttura più imponente corrisponde a un palatium, con proba- lungo tutti i versanti del poggio. bili dimensioni di 9,512 m (suscettibili a variazioni; il lato lungo Nel 1193 (al termine del contrasto con Siena circa la donazione del per 2/3 è indicato solamente da un allineamento di pietre, coperto castello, fatta dal conte in favore della città), il vescovo autorizza “si dall’humus) e muri perimetrali di uno spessore di 1,60 m; il loro pa- comites voluerint Mirandolum rehedificare, permittam eis” 137; ve-

136 FRANCOVICH-HODGES, 1990, pp. 28-29. 137 RS,n. 364 pp. 143-144.

166 Figura 66. Fase di abbandono della collina. Le foto mostrano due particolari dei crolli delle murature del palatium. niamo dunque informati dello stato di degrado in cui doveva versare che misura la ricostruzione ripercorre il tracciato delle prime difese la struttura, probabilmente non ancora sanata dai danni subiti nel e se la torre vi fosse già originariamente inserita. In questo caso, la corso del conflitto. direzione dell’edificio secondo l’isoipsa inferiore del cassero sem- Negli anni compresi fra il primo trentennio e la fine del XII secolo, brerebbe suggerire l’ipotesi di una fortificazione limitata a quest’a- l’insediamento deve aver vissuto una fase di sostanziale stallo; se- rea; sembra però altrettanto strano che l’ampliamento dati proprio condo quanto indica l’archeologia, la ripresa di autonomia da parte a un momento, in un certo senso, già di declino come centro in- dei conti segna una fase di ristrutturazione, riconosciuta per ora pro- castellato. Si tratta comunque di ipotesi, in questo momento an- prio nella ricostruzione complessiva del circuito difensivo. cora prive di riscontri; non sappiamo l’evoluzione di Miranduolo L’omogeneità della tessitura muraria lungo tutto il tracciato sud della nella prima metà del XIII secolo e l’evidenza materiale propone al- cortina (messo in luce per una lunghezza complessiva di 60 m) indica meno per la fine del XII secolo, un centro consistente; un calcolo un’unica fase costruttiva, databile appunto fra la fine del XII secolo e predittivo della distribuzione insediativa conta 27-28 abitazioni e gli inizi del XIII secolo. In posizione prossima all’inizio del cassero, si una popolazione calcolabile nell’ordine di 100-110 unità. apre una delle porte del castello a cui si doveva accedere tramite una Di fatto, la decadenza istituzionale viene attestata dalle fonti a par- viabilità esterna che, seguendo il pendio, costeggiava il fosso naturale; tire dalla metà del ’200. del percorso rimane parzialmente visibile il piano di calpestio, com- Nel 1257, i conti rinunciano alla loro proprietà e vendono alla fa- preso fra l’interno dell’apertura e un breve tratto esterno della cinta. miglia Cantoni di Montieri, a più riprese, l’ormai “castellare di Mi- La fortificazione corre lungo tutto il perimetro sommitale della col- randuolo, con la sua corte e distretto, borghi, case, piazze, casalini, lina, definendo uno spazio di circa 500 mq; nel lato sud, non ha an- muri, fosse e carbonaie; dominio e giurisdizioni di villani, censuari, damento lineare anzi registra alcuni sbalzi di quota a tagliare le curve diritti d’albergarie e d’armi”; negli anni successivi, altri possidenti ce- di livello, soprattutto in prossimità del cassero: è visibile un adatta- dono agli stessi soggetti terre inserite nella corte castrense. Dal 1263, mento alla precedente struttura tipo torre, disposta secondo un saranno poi i Cantoni a vendere di nuovo tutto ai Broccardi; infine, orientamento leggermente diverso. nel 1336-1337, il podere di Miranduolo passerà alla comunità di La situazione apre alcuni interrogativi incentrati soprattutto sul Montieri 138. rapporto fra questo circuito e quello precedente: essenzialmente, in 138 Per la successione degli atti di vendita, si veda le trascrizioni riportate nella scheda

167 Entrambe le famiglie rientrano nel novero di quelle assurte a un farne largo uso, impiantando anche numerose fornaci destinate a tale ruolo privilegiato rispetto al resto della popolazione cittadina, in produzione 141. seguito al radicamento di alcuni privilegi di cui erano stati inve- L’abbandono del cassero sembra potersi datare entro la metà del XIV stiti nel secolo precedente; successori, cioè, di quei fedeli dei ceti secolo; nei livelli di crollo e negli ultimi battuti di vita sono stati rin- dirigenti attivi a Montieri (vescovo volterrano, Pannocchieschi, venuti frammenti di maiolica arcaica, in associazione a reperti vitrei Gherardeschi, Vescovato e Comune senese), eredi dei loro signori con cronologia a partire dal primo ventennio del XIV secolo. nell’esercizio dei poteri e dei diritti sulla comunità. A partire da- Segue un degrado progressivo delle strutture, sicuramente per cause gli inizi del XIII secolo, questi gruppi si organizzano in modo au- naturali. Le dinamiche di crollo evidenziano un collasso degli edifici tonomo rispetto ai loro patrocinatori, riproponendo però una in stato di abbandono terminato solo in tempi recenti. Le pareti del certa spartizione interna della città: da un lato, compaiono i Broc- palatium cadono per grandi blocchi, mantenendo integri la compat- cardi (i Cantoni sembrano appartenere allo stesso ramo familiare), tezza del paramento. discendenti da un probabile vassallo dei Gherardeschi e dall’altro Tali emergenze costituiscono senza dubbio uno degli elementi di gli Ugorazi, fedeli ai Pannocchieschi e dunque al Vescovato vol- maggior fascino del sito; per questo si è deciso di effettuare un in- terrano 139. tervento di tipo conservativo, finalizzato a salvaguardare e monu- Alla luce di questi dati, il processo di vendite non si connota come mentalizzare i ruderi stessi. evento traumatico. Questi i dati al termine della prima campagna: un censimento pre- L’alienazione del patrimonio comitale (a cui si accompagna il deca- liminare delle evidenze di superficie lascia vedere un potenziale ar- stellamento della struttura) si configura piuttosto come risultato di cheologico molto alto. una politica rivolta a escludere le parti deboli del patrimonio. Non è da escludere che siano progressivamente decresciute le potenzialità Il sistema economico del castello di Miranduolo: l’attività di estra- di risorsa del castello, prime fra tutte quelle legate all’offerta minera- zione e lavorazione dei metalli – La connotazione mineraria del ca- ria (in proposito, rimandiamo al paragrafo successivo). stello di Miranduolo emerge per la prima volta dal documento, da- Gli eventi indicati dalle fonti trovano conferma nell’archeologia; nel tato al 1178, con il quale il conte Tedice, dei Gherardeschi, offre ai corso del XIII secolo, si assiste a un generale riassetto dello spazio del Senesi ciò che possiedono “in Monte Beccario et in eius pertinentiis cassero, legato proprio al declassamento delle strutture di potere. et omnium argentarium et omnium generum metallorum infra prae- Al perimetrale est del palatium viene addossata una latrina, annesso dictos fines”. funzionale della struttura principale; in una fase successiva verrà Ulteriori riferimenti a possedimenti minerari sono contenuti nel con- collegata a un sistema fognario e poi racchiusa da un edificio insi- tratto dell’11 gennaio 1263 quando, al termine delle cessioni relative stente su un’area precedentemente aperta (forse area di rispetto). ai terreni castrensi, Guido, conte di Frosini, vende ai tre fratelli Can- Nello spazio sottostante, viene costruita un’abitazione, a pianta qua- toni, la sua sesta parte del castellare, della corte e del distretto con drangolare con dimensioni di 6,504,30 m, articolata forse in più vani. “terre, selve, boschi, prati, paludi, cave e argentiere”; gli acquirenti, a pochi anni di distanza (4 giugno 1276) vendono ai Broccardi, loro Gli elevati erano costruiti con tecnica a filaretto mentre il tetto, concittadini, “castellaris de Miranduolo quod olim dicebatur Ca- forse a doppio spiovente, aveva una copertura in lastrine d’ardesia strum de Miranduolo” con ogni sua corte e distretto, giurisdizione, di grandi dimensioni. Lungo il lato meridionale della struttura, si diritti di signoria su villani e livellari, boschi, selve e miniere d’argento; poneva un piano d’appoggio per le attività quotidiane ancora da si specifica che le terre cedute sono comprese fra Ciciari, Casteldicçi, chiarire nella loro natura; formato da terra coperta e impermeabi- Cusa e Fogari 142. Le risorse non vengono più ricordate nell’atto di lizzata tramite la stesura di una colata di malta, si impostava su uno cessione alla Comunità di Montieri che riceve, nelle date 18 giugno zoccolo in muratura. La pavimentazione in terra battuta aderiva in 1336-14 gennaio 1337, la giurisdizione totale sul castello, compresi parte alla parete di roccia. tutti i pascoli, gabelle, pedaggi, carbonaie e terreni; è improbabile che Intorno alla fine del XIII secolo, pesanti danneggiamenti provocano i diritti sulle miniere siano stati trattenuti dai Broccardi, dunque la il crollo del tetto e di parte dei muri; nel corso del secolo successivo, mancata menzione può essere indizio dell’esaurimento dei filoni. viene poi ricostruita (sfruttando come vespaio i livelli di crollo della I giacimenti argentiferi del Monte Beccaio sono ubicabili nell’attuale precedente struttura) e consolidata sul perimetrale est con un muro località Il Poggettone (Comune di Montieri), identificata ancora nel di fattura molto approssimativa. Catasto Leopoldino con il toponimo di Poggio di Colle Beccajo 143 Il palatium subisce alcune ristrutturazioni finalizzate alla realizza- (specificato nei documenti del XIII secolo “in curia de Miranduolo zione di tramezzature e, forse, volte in laterizio 140. Un utilizzo mas- in contrata de Cusa”) 144; dunque almeno parte del patrimonio mi- siccio del mattone, in una fase precoce rispetto alle attestazioni ur- nerario era distaccato fisicamente dalle pertinenze immediate del ca- bane, si può forse collegare all’influenza esercitata dai Cistercensi di stello, benché inserito nella sua corte, estesa secondo le fonti fino a San Galgano; già dal primo ventennio del ’200 iniziano infatti a toccare Luriano, e Boccheggiano. Dal punto di vista mine-

141 Un’indagine mensiocronologica, attualmente a uno stadio iniziale e limitata alle del castello di Miranduolo, contenuta in questo volume. murature formanti il coro e il transetto dell’abbazia, potrà fornire ulteriori indicazioni 139 VOLPE, 1924, pp. 52-58. a riguardo. Per l’evoluzione e l’utilizzo del mattone a Siena, si veda CORSI, 1988-89; 140 Situazione di crollo simili a quelle rinvenute a Miranduolo sono state interpretate 1991. nella torre di Castel di Pietra (Gavorrano-Grosseto) come pareti con funzioni di tra- 142 Nello spoglio risulta il termine Castellisci, la pergamena originale riporta Castel- mezzo e forse di archetti relazionabili a piccole aperture; cronologia XIV-XV secolo dicçi.Non sappiamo se tale toponimo può essere ricondotto a quello di Castelluccio, (CITTER, 1997; 1998). Il confronto più vicino con edifici scavati, riguardo questa se- come proposto da chi scrive in “Archeologia Medievale” nel 1999. Precisiamo inol- conda ipotesi, si ha con la torre di Donoratico (Castagneto Carducci, Livorno), an- tre che la citazione delle miniere d’argento compare nello spoglio mentre è assente ch’essa dotata di una volta in mattoni e databile nella seconda metà del XII secolo nell’originale (forse compromessa da alcune lacune). (informazione fornita da Giovanna Bianchi, che coordina lo scavo). 143 Sezione U detta di Sambra del Catasto Leopoldino.

168 ralogico, la zona, indicata come area di coltivazioni prevalenti di ferro, rame e pirite, presenta anche emergenze consistenti di galena (solfuro di piombo argentifero), dalla quale appunto si poteva pro- cedere all’estrazione di argento. Questo aspetto dell’economia castrense si è in parte concretizzato con l’apporto della ricerca estensiva, tramite il rinvenimento di una piccola miniera a solfuri misti e di una struttura di riduzione del ferro (posta a poche centinaia di metri dai ruderi castrensi). Nel versante del poggio a sud prospiciente il castello, appena al di sopra del tracciato del torrente che distingue le due colline, è pre- sente l’evidenza di una galleria, con imboccatura ellittica di 1,60 m di larghezza e 1,90 m di altezza. Si tratta di una coltivazione piut- tosto irregolare a seguire il filone 145; il taglio corre parallelo in di- rezione sud-est ma la sua profondità attuale, di circa 4-5 m, è pro- babilmente falsata dal momento che la galleria è stata obliterata da una frana. Al centro della sala, si trova un pozzetto, di circa 60 cm di diametro, utilizzato per la risalita del minerale; tale sistema, qua- lunque fossero le reali dimensioni dell’escavazione, si rendeva ne- cessario in quanto la fortissima pendenza della parete avrebbe altri- menti impedito la presa del cavato. La tecnica di aggredire la massa mineralizzata a seguire il filone ri- manda a contesti premoderni, sia le coltivazioni antiche che quelle medievali procedono infatti in modo uniforme all’andamento del gia- cimento e assumono così dimensioni e forma irregolari 146; data la sua vicinanza al centro incastellato e l’assenza di altri insediamenti anti- chi, è da riferire con certezza al periodo di attività del Miranduolo. La mineralizzazione è costituita da un filone a solfuri misti associati a idrossidi di ferro nella zona di ossidazione superficiale (cappellac- cio limonitico); la roccia incassante è il calcare cavernoso. Figura 67. Anomalie minerarie. Specifiche ricerche geologiche hanno permesso di riconoscere in tutta l’area di Poggio Fogari (immediatamente retrostante il sito) ficile identificazione dal momento che non restituiscono materiale formazioni simili costituite da un’associazione di stibina (antimo- caratterizzante del deposito (scarti di roccia incassante, frammenti di nio) con sporadica presenza di solfuri misti (solfuro di ferro-limo- minerale eccetera). Fra questi, diamo un alto grado di affidabilità a nite; solfuro di rame-calcopirite; solfuro di zinco-blenda; solfuri di un’emergenza corrispondente a un taglio di forma quadrangolare piombo-galena), determinate dalla sinergia di manifestazioni idro- (dimensioni 22 m), di chiara origine antropica, dislocato lungo il termali con estese anomalie geochimiche; tali mineralizzazioni filone, in linea con il pozzo della miniera per la risalita del minerale; sono localizzate in aree molto silicizzate, argillificate e caolinizzare l’ubicazione conferma la presenza di una coltivazione di maggiori di- a carico del calcare cavernoso affiorante 147. mensioni. Le anomalie sono state riscontrate a nord-est di Poggio Fogari in cor- Esistono dunque elementi che consentono di riconoscere un po- rispondenza di una grande faglia che crea il contatto fra le argille (in- tenziale di risorsa (seppure di carattere locale) compreso nella tercalate a bancate di gesso) e le Liguridi; nell’estremità occidentale corte castrense e non nominato dalle fonti; le tracce materiali rin- (dove è situata la miniera), nel punto del contatto tettonico dei fly- venute, anche se non provano ancora con certezza un’attività sch con il calcare cavernoso; infine a est in una breve fascia di colle- estrattiva intensa, attestano comunque l’avvenuta individuazione gamento fra il calcare cavernoso silicizzato e la Scaglia Toscana. dei giacimenti e rendono almeno ipotizzabile un loro sfrutta- Parallelamente allo scavo, abbiamo ripreso la ricognizione degli spazi mento sistematico. interessati dalle mineralizzazioni. Lungo il filone su cui è stata rica- In tal senso, è interessante la corrispondenza diretta fra l’anomalia mi- vata la miniera, si rinvengono frequenti tagli nella roccia, però di dif- neraria di nord-est (riconosciuta come più ricca di mineralizzazioni) e la struttura di riduzione da ferro: quasi una scelta programmata da parte dei signori di collocare il forno nei pressi delle aree di estrazione. 144 ASS, Diplomatico, Comune di Montieri, 24 gennaio 1257. Posto in località Castelluccio, si conserva sotto forma di un’am- 145 Per una prima tipologia delle escavazioni medievali si veda CASINI, 1991-1992, pia concentrazione di scorie ferrifere di grandi dimensioni, asso- pp. 237-239. ciate a pietre non lavorate e disposte in modo omogeneo su tutta 146 Una trattazione esaustiva dell’evoluzione della tecnica estrattiva dall’età etrusca al- l’età moderna si ha in CASINI, 1991-1992, pp. 233-247; si veda anche CIMA, 1991, la superficie del poggio. Le scorie sono il risultato di un processo pp. 69-93 (evoluzione dalla preistoria all’età moderna). A questo stesso proposito si di produzione con una bassa resa in metallo (molto pesanti, man- rimanda a BAILLY MAITRE, 1993, pp. 355-381 e in genere a tutto la sezione III del tengono un’elevata percentuale di metallo); mostrano inoltre convegno Archeologia delle Attività Estrattive e Metallurgiche (FRANCOVICH, 1993). tracce di lining (cioè tracce della parete interna del forno in argilla 147 Ci riferiamo al progetto di Ricerca di base (convenzione MICA-ENI), “Minera- fusa nel corso della lavorazione e aderita dunque alla scoria). Sulla lizzazioni ad Oro invisibile nella Toscana Meridionale” (1989) e al progetto Ricerca di base (convenzione MICA-ENI) “Ciciano-Poggio Fogari” (1995): i resoconti di en- base delle numerose scorie a calotta rinvenute, possiamo ipotiz- trambe le ricerche sono consultabili presso il Distretto Minerario di Grosseto. zare un diametro medio della ciambella di 13 cm; potrebbe dun-

169 que trattarsi di uno o più forni di piccole dimensioni, costruiti ad copirite e galena. È dunque ipotizzabile che la miniera prospiciente hoc per ogni lavorazione. Non rimangono elementi materiali della al castello potesse essere finalizzata al loro reperimento e, solo in su- ferriera: gli unici due muretti, ancora leggibili, realizzati con una bordine, alla raccolta del minerale da ferro: in altre parole se, come messa in opera molto irregolare di conci appena sbozzati, sem- attesta la miniera, avveniva lo sfruttamento dei filoni a solfuri mi- brano di contenimento. sti, è improbabile che questo sia stato rivolto esclusivamente alla li- L’impianto non è alimentato da energia idraulica; le scorie infatti si monite, trascurando i giacimenti più ricercati. presentano come grosse masse spugnose e non mostrano tracce di tap- Il proseguimento dello scavo, potrà avvalorare l’ipotesi. È molto pro- ping, dunque non sono fuoriuscite allo stato liquido (processo che av- babile infatti che le operazioni di lavorazione del rame e dell’argento viene invece nei mulini da ferro idraulici) 148. Inoltre, l’unico torrente avvenissero proprio nelle aree prossime o interne alla cinta del ca- presente nella zona non poteva certamente essere convogliato e uti- stello 152: la raccolta di alcune scorie sporadiche all’interno del cir- lizzato come forza motrice per i mantici; è infatti troppo lontano, in cuito murario suggerisce la presenza di opifici interni. posizione sottostante il forno e non ha una portata sufficiente per tra- Alla luce di questi dati, Miranduolo acquista una valenza mineraria smettere il movimento alle ruote con una certa regolarità. (e forse anche metallurgica). Non è possibile però, al momento, de- La presenza di corsi d’acqua (anche se non in grado di generare ener- cifrare la reale consistenza del potenziale e, di conseguenza, com- gia idraulica), come risulta da numerosi esempi toscani, era comun- prendere quale ruolo abbiano giocato tali risorse nell’espansione ghe- que essenziale e pregiudiziale nella scelta del sito; l’acqua era neces- rardesca in Val di Merse 153. saria per il lavaggio del minerale, per impastare l’argilla con cui rive- L’impossibilità di capire la reale portata dei processi estrattivi (ed stire i forni e modellare le bocche dei mantici (tuyers), nonché per le eventualmente anche produttivi) impedisce infatti di capirne le im- necessità dei lavoranti 149. Sul sito, tali operazioni potevano avvenire plicazioni economico-sociali: in altre parole, dedurre in che misura a pochi metri di distanza, in una profonda buca scavata sul terreno Miranduolo possa definirsi castello minerario a tutti gli effetti. (4-5 m di diametro) che, per i perenni affioramenti, costituiva una Sin dalla fine del X-inizi XI secolo, la Toscana meridionale viene a fonte stabile di approvvigionamento idrico (nel linguaggio locale punteggiarsi di numerosi fondazioni di questo tipo 154, come risultato viene definita appunto “sorgente dell’acqua perenne”). di un processo espansionistico delle grandi famiglie aristocratiche, che Le caratteristiche tecnologiche permettono di collocare la struttura veniva guidato proprio dal desiderio di esercitare un controllo diretto in un ambito cronologico anteriore al XIII secolo quando, sia le fonti su risorse e aree strategiche. Nel campo della metallurgia, l’attività documentarie sia quelle archeologiche, indicano la comparsa dei estrattiva più forte era certamente rappresentata dai minerali mone- primi opifici idraulici in Val di Merse. Da questo momento, la dif- tabili (rame e argento); difficilmente reperibili e sfruttabili attraverso fusione delle nuove acquisizioni tecniche, anche se non può esclu- tecniche piuttosto complesse, venivano spesso posti al centro di vere dere l’eventualità di un impianto manuale, la rende almeno alta- e proprie organizzazioni economiche, rivolte alla centralizzazione mente improbabile 150. Il periodo di utilizzo coincide con la fase di della lavorazione e commercializzazione della materia prima. La pro- frequentazione del castello: per di più, il toponimo di Castelluccio duzione siderurgica invece veniva finalizzata alle esigenze interne della sembra indicare un contesto di assoluto controllo signorile. comunità locale; la diffusione del minerale e la sua facilità di estra- Non disponiamo di elementi per riconoscere la provenienza del mi- zione condizionava verso una gestione usualmente più frazionata e nerale lavorato, di cui non abbiamo reperito tracce sul sito. È pro- non strutturata in forme di tipo centralistico. Solo i grandi giacimenti babile l’utilizzo almeno parziale delle mineralizzazioni locali, forse (di ematite o limonite) rivestivano un interesse strategico in un’ottica associato allo sfruttamento dei ricchi giacimenti di ematite di Boc- di produzione a larga scala e immissione in mercati più ampi 155. cheggiano (gli “omnium generum metallorum” del Monte Beccario, Il castello di Miranduolo sorge all’interno di due mineralizzazioni (a ricordati nel 1178). La limonite, infatti, anche quando è presente potenziale estrattivo di ferro, rame e forse argento) e comprendeva in grande quantità, non viene mai lavorata da sola ma sempre in as- nella sua corte altre, e più estese, coltivazioni argentifere poste a una sociazione a ematite, anche più conveniente dal punto di vista tec- distanza non superiore ai 3-4 km; ancora altre risorse dovevano es- nologico 151. In presenza di giacimenti a solfuri misti, quindi, l’e- sere poi controllate dall’altro castello signorile, Sovioli (posto non strazione della limonite non rappresentava un obiettivo primario lontano dal confine della corte), in un luogo dove Arduino indivi- bensì funzionale al raggiungimento dei più profondi depositi di cal- duava coltivazioni di rame, sfruttate sin dall’antichità 156.

152 Portiamo nuovamente l’esempio di Rocca San Silvestro; qui i forni da rame e 148 Si hanno scorie tapped anche a seguito della lavorazione del minerale nei basso fuochi piombo erano collocati all’interno del circuito murario, mentre la ferriera si trovava ad alimentazione manuale. Dunque la presenza di scorie di questo tipo non rappresenta all’esterno, addossata alla cinta. FRANCOVICH, 1991. di per sé la prova certa per escludere un opificio idraulico: l’associazione però con indizi 153 Ricordiamo sotto forma di breve accenno la propensione dei conti ad ampliare il loro sicuri in merito all’impossibilità di alimentazione a energia idraulica (corso d’acqua non dominio su aree fortemente connotate di un simile valore. Sono con tutta probabilità convogliabile) offre un’ulteriore conferma. Per una cronologia dei basso fuochi e per uno promotori della fondazione di Rocca San Silvestro; possiedono vasti patrimoni nel Vol- sguardo alle principali tecniche metallurgiche si veda CIMA, 1991, pp. 115-158. terrano, nel campigliese, nel comprensorio del Cecina e del Cornia, anche intorno ai di- 149 CORRETTI, 1991, pp. 45-47. stretti minerari di Riparbella e Montescudaio; un ramo della casata svolge inoltre un 150 Riguardo agli opifici idraulici nell’ambito geografico della Val di Merse si rimanda ruolo rilevante nella fondazione della città di Iglesias e nell’attività di sfruttamento delle a CORTESE, 1997, pp. 93-138. risorse piombo-argentifere della Sardegna (FRANCOVICH-FARINELLI, 1994, p. 459). 151 Va considerata l’eventualità, anche senza alcun dato di supporto, di importazione 154 Ci riferiamo, ad esempio, al castello di Rocchette Pannocchieschi e al limitrofo di ematite elbana, ampiamente commercializzata e diffusa. In fase di produzione si castello di Cugnano (Massa Marittima-Grosseto). Il sito di Rocchette è tuttora og- tendeva sempre, qualora fosse possibile, ad associare ematite alla limonite che pur es- getto di indagini intensive condotte dall’insegnamento di Archeologia medievale del- sendo facilmente reperibile produce ferro duro ma fragile. Si veda ad esempio il caso l’Università di Siena (per indicazioni rimandiamo a AA.VV., 1997 e BOLDRINI-DE di Rocca San Silvestro; qui la lavorazione dei depositi limonitici, connessa all’estra- LUCA, 1997; allo stato ancora preliminare la ricerca sul sito di Cugnano, presentato zione dei solfuri misti (dei quali la limonite rappresenta lo strato superficiale di ossi- in BIANCHI-BOLDRINI-DE LUCA, 1994, pp. 251-269. dazione) dava una grande disponibilità di tale minerale, che veniva comunque lavo- 155 FRANCOVICH-FARINELLI, 1994, pp. 445-447; e anche FRANCOVICH-WICHKAM, rato in associazione a ematite elbana (per un inquadramento delle problematiche del 1994, pp. 9-10. sito si veda FRANCOVICH, 1991; CASINI, 1991-1992; FRANCOVICH-WICKHAM, 1994). 156 ARDUINO, 1755.

170 Ma fino a che punto, l’interesse verso lo sfruttamento di questi gia- testimonia una buona diffusione della pratica agricola, per di più, cimenti può aver condizionato l’impianto stesso del castello? L’en- non riferita solo alle colture per autoconsumo bensì dedita anche a tità della risorsa disponibile poteva essere sufficiente per fondare un quelle più specializzate: risultano frequenti le terre vineate e toponimi nucleo fortificato al suo interno? attestanti le pratiche vinicole (Vigna vecchia, Vignali, Vigne Pincesche Né l’indagine di superficie né le fonti scritte sono del tutto efficaci e altri) 159. Molto diffusi gli spazi boschivi che dovevano rivestire nel rispondere a questi quesiti: solo l’intervento stratigrafico potrà un’importanza determinante sia all’interno del ciclo produttivo che, fornire risposte più concrete. con tutta probabilità, per l’allevamento (solitamente molto diffuso In primo luogo, l’individuazione di tracce materiali di possibili aree in presenza del bosco) 160. estrattive legate a Miranduolo presenta non poche difficoltà; ad La carta presentata alla fig. 68 propone una ricostruzione del territo- esempio, se effettivamente il suo patrimonio argentifero più consi- rio circostante il castello elaborata sulla base della documentazione stente è compreso nel distretto minerario di Boccheggiano (interes- scritta e riferisce un quadro relativo alla disposizione dei terreni alla sato da lavorazioni pressoché ininterrotte), su che base potremmo metà del XIII secolo: riteniamo comunque che una tale organizza- procedere all’attribuzione delle eventuali coltivazioni rintracciate? zione possa essere stata valida anche negli anni di gestione signorile. Oltre tutto, questa complicazione si aggiunge a una già grande dif- Vediamo un sistema economico variegato, dove l’attività minerario- ficoltà nel reperire, e soprattutto, decifrare i depositi di questo tipo. metallurgica, pur rivestendo un ruolo centrale (e forse primario) non Neppure le fonti scritte, d’altronde, sono misura del reale potenziale arriva ad assorbire del tutto la forza lavoro presente all’interno della di risorsa, di cui spesso non si sono dimostrate rappresentative. È il comunità castrense. caso ad esempio del castello di Rocca San Silvestro (Campiglia Ma- Miranduolo dunque non sembrerebbe dominare una risorsa così rittima, Livorno), la cui stretta connessione con l’enorme ricchezza massiccia da rispondere totalmente alle istanze imprenditoriali, mineraria non viene minimamente espressa dalle fonti. La prima at- espresse e attuate nel caso invece di Rocca San Silvestro: non appare testazione risale al 1310 al momento della vendita della “Rocca a Pal- cioè come un potenziale “villaggio-fabbrica” 161. La scelta stessa del mento, con la rocca, le torri, il cassero e tutti i terreni coltivati ed in- colti, i pascoli, i boschi e le miniere” 157: di fatto una formula sintetica e molto generica, non molto dissimile da quella riferita a Miranduolo. Eppure, l’esempio di Rocca San Silvestro costituisce un caso para- digmatico di castello minerario. Posto a dominio di ricchi giacimenti di solfuri misti, impianta la sua attività economica sullo sfruttamento delle coltivazioni di galena argentifera e calcopirite; di fatto proprio questa disponibilità dà l’impronta indelebile all’organizzazione so- cio-economica del villaggio. Il potere signorile (espresso inizialmente proprio dai Gherardeschi poi dai Della Rocca), fortemente presente e radicalizzato nel suo ruolo egemone assoluto, costituisce il polo ca- talizzatore di una rigida centralizzazione dell’estrazione e della lavo- razione di questi minerali. Tutti i membri della comunità, in questo caso, vengono assorbiti nelle attività collegate al processo produttivo; decisamente secondarie, le pratiche agricole, già penalizzate dall’ari- dità del luogo, che vengono rivolte esclusivamente a esaurire le esi- genze di autoconsumo interno 158. La situazione di Miranduolo sembra, in parte, diversa. Al di là dei li- miti attuali delle nostre conoscenze, esistono alcuni elementi utili a sostenere che, in questo caso, la volontà di esercitare il controllo sul potenziale minerario abbia giocato un ruolo complementare a più ampi motivi di carattere strategico e politico. In altre parole, rite- niamo che lo sfruttamento dei giacimenti abbia rappresentato uno fra gli obiettivi primari per l’impianto del nucleo ma non l’unico; vi hanno contribuito il bisogno di imporre un controllo indiretto sui ben più rilevanti giacimenti montierini, la necessità di radicarsi in uno spazio nodale per il flusso viario, il bisogno di stabilire equilibri fra le potenze attive in un contesto, sicuramente fondamentale nella Toscana di questo periodo (motivi di cui abbiamo parlato nei pre- cedenti paragrafi). Figura 68. Area circostante Miranduolo. Non sembra cioè che lo sfruttamento minerario abbia rivestito un ruolo egemone nell’ambito dell’organizzazione economica della co- 159 Nei contratti vengono menzionati 27 appezzamenti di terreno “lavorativo” e “col- munità. Dalle informazioni deducibili dai contratti di vendita di tivo”, e 12 di “vineata” (il numero è comunque superiore in quanto spesso si cita la XIII secolo emerge una gestione interna, articolata su diversi livelli formula “alcuni terreni” senza specificare quanti). Si veda ASS, Diplomatico, Comune di attività. La menzione di numerosi terreni “coltivati” o “lavorativi” di Montieri, dal 15 luglio 1255 al 4 giugno 1276. 160 ASS, Diplomatico, Comune di Montieri, citate alla nota precedente. Per quanto ri- guarda lo sfruttamento del bosco e dell’incolto si veda MONTANARI, 1979, pp. 222-253. 157 CECCARELLI LEMUT, 1985, p. 327. 161 In tal modo viene definito il villaggio di San Silvestro in FRANCOVICH-WICHKAM, 158 A questo proposito si veda FRANCOVICH-WICHKAM, 1994, pp. 20-28. 1994, p. 7.

171 sito da incastellare riflette forme gestionali meno specializzate; è or- volterrana, si pongono come patrocinatori dell’ingresso dei Cister- ganizzato al centro di un’area a potenziale minerario, ma anche di censi in Val di Merse. Sfruttando il largo consenso raccoltosi in- estesi spazi coltivabili, ricchi di acqua e dunque capaci di alimentare torno alla figura di Galgano Guidotti (nobile chiusdinese conver- una buona produzione agricola. titosi a vita eremitica), insediano la prima comunità monastica nel All’interno di una tale organizzazione, il signore certamente ricopriva luogo in cui si erano sistemati alcuni seguaci dell’eremita, a pochi un ruolo centrale ed esercitava il controllo diretto sia sulle attività anni dalla sua morte 164. Al momento della fondazione, il presule estrattive sia su quelle produttive. Le cave ed argentiere risultano di sua Ugo acquista dal comune di i terreni di Monte Siepi proprietà esclusiva, come anche la “selva detta del Miranduolo” (con “con tutto il piano e le collinette circondati dai fiumi Merse, Gal- tutta probabilità l’area boschiva più estesa e ricca della corte) 162 ed è lessa e Righineto” e ne fa dote al monastero; avvalla poi la venuta infatti il conte in persona a trattarne la vendita. di monaci da Citeaux (ordine che aveva a quel tempo un’eco va- Poiché egli deteneva diritti anche sulla maggior parte delle superfici stissima in tutta Europa), con il chiaro obiettivo di legittimare, sul boscate, doveva operare controlli sulla produzione non solo attra- piano religioso, un progetto territoriale ben più ampio di una sem- verso la gestione delle strutture (della quale abbiamo come unico in- plice fondazione monastica. dizio la definizione di Castelluccio per lo spazio occupato dalla fer- Nonostante le consistenti elargizioni e i benefici promossi in favore riera) ma anche attraverso la regolamentazione del consumo di le- dell’ente (nel tentativo di trattenerlo nell’orbita volterrana) 165, il gname, determinante per l’alimentazione dei forni metallurgici. Vescovato perde ben presto il controllo istituzionale sull’abbazia, D’altra parte il rinvenimento della ferriera, a 1,5 km circa dal ca- questa, dotata dell’intraprendenza economica e imprenditoriale ti- stello, fa pensare che il controllo signorile potesse esprimersi non solo pica dell’ordine, nei primi decenni del XIII secolo, avvia un pro- attraverso l’imposizione simbolica della sua presenza (collocando cesso di autonomizzazione rispetto ai fondatori, rivolgendo le pro- cioè la struttura all’interno o nei pressi immediati delle mura castel- prie aspettative verso la più vitale città di Siena 166. lane), come invece succede a Rocca San Silvestro; qui, la rigida cen- In questi stessi anni, dà l’avvio a una politica territoriale ad ampio tralizzazione economica esigeva un inglobamento concreto di tutte raggio, concentrata inizialmente nell’ambito di stretta pertinenza e le strutture di produzione, anche a fronte di difficoltà logistiche ampliata, in seguito, al contesto provinciale. (come il trasporto del minerale e la disponibilità d’acqua) 163. Una Rapida è l’espansione negli spazi cittadini (acquistano proprietà sia gestione simile, a nostro avviso, trae le radici nella situazione politica nelle Masse senesi che all’interno della mura); altrettanto rapida è in cui si trovano ad agire i Gherardeschi. Nella fase di attività di Mi- l’affermazione di un rapporto di collaborazione stretta con gli orga- randuolo, i conti sono di fatto gli unici detentori del controllo di nismi dominanti all’interno di Siena (rimandiamo a tal scopo al- tutta la porzione meridionale del comprensorio; tre loro centri di po- l’appendice di questo volume). tere vengono contemporaneamente a insistere su uno stesso spazio, Lo sviluppo della comunità rende presto inadeguata la prima strut- peraltro non particolarmente esteso. È probabile che non abbiano tura abbaziale; negli anni intorno al 1218, inizia la costruzione del incontrato la necessità di concentrare rigidamente le strutture nelle nuovo edificio a valle, intorno al quale si organizzerà l’imponente loro immediate pertinenze; bensì abbiano potuto operare scelte di complesso monastico 167. È probabile che la pianura abbia subito convenienza, tese, ad esempio, a privilegiare siti posti in posizione in questa fase opere di bonifica; la sua connotazione morfologica, più favorevole per la risorsa idrica, per la disponibilità del minerale circondata dai fiumi Merse e dai fossi Gallessa e Righineto, lascia o del legname da combustione. ipotizzare un impaludamento, almeno parziale 168. I processi di coltivazione sembrano invece essere gestiti direttamente Con l’intervento di maestranze già impiegate per Casamari, il can- dai tenutari dei terreni. Quasi tutte le vendite del XIII secolo degli tiere viene aperto da Donnus Joannes (anch’esso coinvolto nella spazi coltivi sono effettuati da privati, spesso residenti nei paesi cir- realizzazione dell’abbazia laziale) 169; nel 1229, ne cede poi la costanti del castello; possediamo quindi un indizio di una sorta di guida ad altri monaci, che seguiranno la costruzione dei mulini fossilizzazione fondiaria dei diritti dei contadini sulle terre e di una annessi. loro progressiva alienazione dal patrimonio signorile.

XIII-XIV secolo 164 Sulla fondazione dell’eremo di Monte Siepi, rimandiamo soprattutto alla tratta- zione in CANESTRELLI, 1989, pp. 1-4. L’impianto del complesso cistercense – Durante la seconda metà del 165 Riguardo i privilegi concessi in favore dell’eremo di Monte Siepi, rimandiamo alla XII secolo, si assiste al progressivo fallimento dei poteri a carattere trattazione in CANESTRELLI, 1989, pp. 5-6; le pagine successive (pp. 7-12) riguardano invece i privilegi promossi verso l’abbazia a valle. egemonico laico ed ecclesiastico, attivi negli anni precedenti. 166 Le tappe del percorso di formazione del patrimonio cistercense sono ripercorse nel Nell’ultimo ventennio del secolo, nel tentativo di rivitalizzare il dettaglio in BARLUCCHI, 1991. loro potere, i Pannocchieschi, stabili titolari della sede vescovile 167 Per le fasi di costruzione dell’abbazia rimandiamo a CANESTRELLI, 1993, pp. 68-72. Elaborazioni su aspetti specifici del cantiere e dell’architettura dell’abbazia sono stati invece trattati in GABBRIELLI, 1998b; citiamo inoltre il recente contributo di GAB- BRIELLI, 2000. 162 In un contratto datato al 24 febbraio 1263 (ASS, Diplomatico, Comune di Mon- 168 CORTESE, 1997, p. 102. tieri) i proprietari del castellare, i Cantoni, vendono a un privato tutta la legna nella 169 Non sembra accettabile la notizia della presenza di un architetto esterno (sostenuta Selva del Miranduolo purché riesca a portarla via entro un anno. dal Libanori); è incoerente con i principi cistercensi, che prevedevano che l’esecuzione 163 Nel caso di San Silvestro tutti gli impianti produttivi sono sottoposti al controllo fosse interamente curata dai monaci, sotto la guida di un religioso che assommava su anche materiale del signore; all’interno della cinta muraria si trovano i forni per la la- di su di sé la carica di operaio e architetto (magister lapidum e magister operis). Alle vorazione del rame e del piombo-argentifero, così anche il frantoio, un forno da ce- spese (secondo il Gigli 1.000.000 di scudi) molto contribuirono le elargizioni delle ramica e uno da pane; immediatamente all’esterno della cinta un basso fuoco da ferro, città di Siena, Volterra e e soprattutto dei conti Pannocchieschi (al- una forgia e, solo a pochi metri di distanza una calcara, FRANCOVICH, 1991. Per i mo- lora stabili titolari della carica vescovile di Volterra): si aggiunsero anche le frequenti tivi di una organizzazione così centralizzata rimandiamo nuovamente a FRANCO- donazioni e lasciti da parte di privati intenzionati a garantirsi il merito dell’edifica- VICH-WICHKAM, 1994, pp. 7-22. zione delle varie parti del complesso.

172 Una parte consistente del nucleo religioso è completata già nel 1224 trionale della chiesa; la posizione non è molto diversa da quella del- (compare la menzione della “abbatiam novam Sancti Galgani”) 170; l’impianto cimiteriale della parrocchia di San Galgano, ancora in vita nel 1227, viene distinta l’ecclesia superiore dall’ecclesia inferiore 171; ai tempi dell’autore. nel 1288 avviene la consacrazione e l’inizio delle officiazioni 172. L’in- Secondo la disposizione presente a Casamari, pone le infermerie sul tero complesso non è comunque terminato prima del 1341 173; an- retro della chiesa e del cimitero; attestate per la prima volta nel cora l’anno precedente si registra la donazione di un cittadino senese, 1228 178, vengono demolite nel corso della prima metà del XVI se- che destina le rendite di una sua proprietà, posta in Chiusdino, al- colo; ci informa il rapporto della Visita Pastorale del 1576 in cui si l’edificazione della cappella “juxta ecclesia Sancto Galgani” 174. dice “extra ecclesiam et prope Coemeterium adsunt reliquiae parie- L’imponenza a cui arriva il nucleo doveva essere notevole se nel tum supra terram ubi fertur fuisse hospitale et a 40 vel 50 annis citra 1742, di fronte agli edifici già in stato di forte degrado, Targioni demolitum fuit” 179. Tozzetti afferma che “le rovine della Badia fanno conoscere che essa Dal punto di vista archeologico, l’interesse rivolto agli spazi circo- era piuttosto una mezza città che una Badia” 175. stanti l’abbazia ha riguardato l’individuazione di edifici connessi al- Purtroppo, l’abbandono avvenuto nel corso del XV secolo e la pro- l’attività del complesso monastico; è infatti certo che una realtà in- gressiva decadenza che investe il centro a partire da questa data, pro- sediativa di tali dimensioni prevedesse la presenza di numerose in- vocano la scomparsa di alcune delle sue strutture materiali; il feno- frastrutture, necessarie nella fase del cantiere e di vita (ad esempio, meno diventa più macroscopico nel corso del tardo XVIII-XIX secolo. stalle, granai, impianti produttivi eccetera). Uno schizzo eseguito nel 1724 dall’architetto Alessandro Galilei te- Già l’intervento stratigrafico, condotto da Cucini e Paolucci nel stimonia il grado di conservazione del complesso; probabilmente già 1983 180, era stato mirato a verificare la presenza di fabbricati nello in stato di rudere, agli inizi del secolo è ancora visibile la distribu- spazio retrostante il corpo centrale, sulla base di quanto ipotizzato da zione planimetrica del monastero, vi sono descritti il chiostro, le tre Canestrelli. Il saggio non aveva restituito tracce di edifici mentre corti, l’edificio retrostante il refettorio. Alla fine del secolo succes- aveva messo in luce un breve tratto stradale, in asse con l’abbazia; in sivo, la struttura è più compromessa. Antonio Canestrelli informa un certo senso, l’evidenza negativa era stata ritenuta una potenziale della perdita delle parti sud e ovest del chiostro, dell’ala che si di- conferma alla planimetria del Galilei, che non riportava in questo partiva in direzione est dal refettorio (all’interno del quale si trova- spazio alcuna struttura. vano la cella abbaziale e la sua loggia) e delle infermerie. Rimane- Nel corso della nostra indagine (sia del 1993 che del 2001), la tenuta vano ancora visibili la sagrestia (ridotta a cantina), la sala capitolare a incolto, non ha permesso di raccogliere dati in superficie; elementi (divenuta tinaia) e il refettorio, diviso in più parti e utilizzato per le interessanti sono invece emersi dalla lettura delle foto aeree, trattate stalle; i dormitori dei monaci, al piano superiore dell’edificio, erano al calcolatore. stati trasformati in case in affitto “per coloni e pigionari” 176. Nell’estremità nordorientale del campo retrostante l’abbazia, in li- L’architetto Canestrelli, nel suo studio, propone così un’ipotesi ri- nea con la piccola cappella, si rintraccia un’anomalia nella crescita costruttiva del monastero, basandosi sia sulla pianta di Galilei che sul della vegetazione che descrive una struttura di forma rettangolare al- confronto con le altre abbazie appartenenti allo stesso ordine; dal lungata, di dimensioni pari a 8328 m (fig. 70). punto di vista architettonico e di organizzazione spaziale, l’insedia- La presenza di elementi murari in questo spazio viene confermata an- mento monastico riproduce uno schema comune alle più importanti che in una stampa del 1712 che descrive una corte recintata in cor- fondazioni cistercensi, in un confronto stringente con le abbazie di rispondenza dell’abside 181. L’immagine presenta un’evidente riela- Casamari (dalla quale essa si pone come filiazione diretta) e Fossa- borazione della struttura, proposta come integra e illesa; è possibile nova (in ambito italiano), Clairvaux (in Francia) 177. che nella ricostruzione grafica, i ruderi dell’edificio non siano stati Sull’esempio di Clairvaux, ipotizza il cimitero nello spazio compreso interpretati e dunque riprodotti come semplice recinzione. fra la cappella (detta nel testo “dei Pannocchieschi”) e il lato setten- Coerentemente con le indicazioni contenute nella visita pastorale del 1576, è del tutto plausibile interpretare l’evidenza come traccia delle infermerie; anche la distanza dal monastero, circa 50-60 m in me- 170 CANESTRELLI, 1993, p. 69. dia, è funzionale alla necessità di distaccare fisicamente, per motivi 171 CANESTRELLI, 1993, pp. 74-75. igienici, le strutture ospedaliere da quelle abitative. 172 CANESTRELLI, 1993, p. 72. 173 Un’epigrafe conservata nell’abbazia informa della consacrazione. È però certo che Circa 60 m in direzione sud-est, si legge un crop mark lineare, di vi abbia presieduto l’abate Rainerio di Belforte e non, come sostiene erroneamente il una lunghezza pari a 21 m (sul lato sinistro nella fig. 70); deve es- testo, l’abate in carica venti anni prima. sere sicuramente ricondotto alla viabilità rintracciata nel corso 174 Sembra essere quella vicina al Monte Siepi; il testamento indica infatti la vo- dello scavo da Cucini e Paolucci. Il tracciato messo in luce è otte- lontà che venga dipinta. Non sembra però che sia quella tuttora visibile dedicata nuto tramite un banco di argilla, di una larghezza costante di 3,70 allo Spirito Santo divenuta poi cappella del loro cimitero e in seguito cappella della parrocchia di San Galgano. m e con configurazione a schiena d’asino per assicurare lo scolo 175 TARGIONI TOZZETTI, 1786-1779, I, p. 27; citato anche in CANESTRELLI, 1989, p. 59. delle acque; il suo andamento, in asse con il parlatorio, è coerente 176 CANESTRELLI, 1993, pp. 89-90. con l’impianto abbaziale e forse assicurava il collegamento con la 177 L’analisi degli aspetti architettonici dell’abbazia e le sue relazioni con le altre ab- viabilità principale 182. bazie cistercensi sono state trattate più volte in modo ampio ed esaustivo. Una prima valutazione si trova in CANESTRELLI, 1993, pp. 78-103; elaborazioni più ampie in ENLART, 1891 e 1894; SCHEVILL, 1908; LAMBERT, 1896; NEGRI, 1981; e infine in RAININI, 2000, pp. 113-139. Segnaliamo inoltre una recente una mostra allestita 178 1228 “juxta domum infirmarie Abbatis”; 1230 “in quadam domo infirmarie lai- presso l’Università Cattolica di Milano su Percorsi di iconografia medioevale. Dalla corum”. CANESTRELLI, 1993, p. 70. Gerusalemme celeste all’abbazia di San Galgano; riproposta nel settembre 2001 nella 179 CANESTRELLI, 1993, p. 54. sala capitolare del monastero di San Galgano, in occasione del convegno. La spada 180 CUCINI-PAOLUCCI, 1985. nella roccia: San Galgano e l’epopea eremitica di Montesiepi. Ricordiamo anche il vo- 181 La stampa è riportata in CUCINI-PAOLUCCI, 1985, p. 452 e RAININI, 2000, p. 109. lumetto AA.VV., 2000. 182 CUCINI-PAOLUCCI, 1985, pp. 461-462.

173 Nella foto aerea, in prossimità dell’anomalia lineare se ne legge un’al- tra, di forma quasi quadrata (1215 m); la sua funzione è riferibile in modo generico a un edificio di supporto alle attività quotidiane del monastero. Altri crop mark riferibili a fabbricati vengono rilevati nel campo an- tistante la facciata abbaziale, in corrispondenza del suo angolo nord- ovest. Si tratta di allineamenti murari, disposti a definire una strut- tura forse rettangolare (è visibile solo per 1/3) con una bipartizione interna. Sul suo lato occidentale, la struttura presenta una traccia a “L”, indicando forse la presenza di un altro ambiente. Anche in que- sto caso, l’interpretazione può solo essere generica; la stessa raccolta di superficie (sia nel 1983 che nel 1993), restituendo solo concen- trazioni di materiale edilizio (pietra e laterizio), non ha fornito ul- teriori specificazioni (fig. 71). Nel campo compreso fra l’eremo e la chiesa, in prossimità di que- st’ultima, emerge un’anomalia molto estesa che indizia un grande edificio, con numerose partizioni interne a definire piccoli ambienti di dimensioni variabili (fig. 72). I risultati della lettura delle foto aeree e quelli della ricerca estensiva danno indicazioni utili anche riguardo alla dotazione delle infra- strutture produttive del monastero. Dai documenti veniamo informati della presenza di almeno due for- naci da laterizi. Nel 1234 un instrumentum viene rogato “in platea fornacis predicti monasterii”; nel 1236, un’altra stipula avviene “juxta fornacem veterem predicti monasterii” 183.

Figura 69. Indagini svolte 183 CANESTRELLI, 1993, p. 70.

Figure 70. Risultato del trattamento delle foto aeree Figure 71. Risultato del trattamento delle foto aeree

174 Nel corso della nostra indagine, abbiamo rilevato appunto due emer- zione del dato di superficie, abbiamo avuto perplessità circa la na- genze di superficie, riconducibili a impianti per la produzione dei la- tura del deposito; l’assenza di indicatori certi della presenza di una terizi. Una si colloca lungo l’attuale strada di collegamento con il struttura (terreno arrossato, alta percentuale di refrattari), lasciava fiume Merse, a sud-est del complesso; purtroppo l’evidenza è diffi- aperta una possibile interpretazione come area di scarico 184. Il dub- cilmente leggibile nelle sue reali dimensioni, a causa della tenuta a bio è stato fugato dalla lettura delle foto aeree che evidenzia, in cor- incolto del campo. Il deposito, visibile invece in sezione, è comun- rispondenza della concentrazione di materiale fittile, una struttura que chiaro nella sua composizione: conserva frammenti di laterizi di circolare di dimensioni approssimative di 3-4 m di diametro (le mi- grandi dimensioni e di refrattari, con evidenti tracce di arrostitura, e sure sono difficilmente valutabile data la non ortogonalità della ri- alcuni frustuli di ceramica depurata in associazione a un terreno presa fotografica). molto arrossato (evidentemente a causa del disfacimento dell’argilla). Le tracce di un’altra fornace emergono nello spazio sottostante l’e- 184 Nel campo antistante, abbiamo effettivamente rinvenuto un’area di scarico, di remo di Monte Siepi, in direzione dell’abbazia. In fase di registra- grande estensione.

Figure 72 Risultato del trattamento delle foto aeree

175 Compaiono dunque i due impianti attestati della fonti. In via ipo- In corrispondenza di queste unità topografiche, il trattamento delle tetica, per la sua collocazione, possiamo avanzare l’idea che la strut- foto aeree permette di collocare un’anomalia nella crescita della ve- tura sottostante Monte Siepi corrisponda alla fornace più vecchia; getazione, di forma circolare con diametro di 4 m (fig. 73). Le di- poteva funzionare in una fase di cantiere per la realizzazione del- mensioni non sono attribuibili a una forgia, la cui presenza è accer- l’abbazia e degli ampliamenti dell’edificio superiore. L’altra po- tata invece da scorie di fusione del ferro; per di più, nella maggior trebbe invece essere riferibile a una fase successiva; più distaccata dal parte dei casi, impianti di questo tipo consistevano in strutture molto monastero e prossima al grande opificio siderurgico, da cui dista semplici ed essenziali (spesso erano costituite da ciambelle in argilla), circa 400 m; è possibile che i due forni operassero in una stessa fase di piccole dimensioni, che difficilmente potevano lasciare tracce in e costituissero una sorta di complesso artigianale, fisicamente più superficie 186. Possiamo dunque solamente proporre una lettura di distaccato, e forse anche nascosto, rispetto al nucleo monastico. questo crop mark come area di fuoco, in cui il terreno, sottoposto per L’esistenza di aree produttive negli spazi antistanti l’abbazia è stata lungo tempo ad alte temperature, può aver mantenuto difficoltà a ri- accertata nel corso della nostra indagine; a differenza della ricogni- pristinare la sua naturale composizione e dunque comportare una zione effettuata nel 1983 185, la prospezione del 1993-1995 ha messo crescita più stentata della vegetazione; un’altra possibile interpreta- in luce due concentrazioni di scorie di vetro l’una e di ferro l’altra, zione è quella di un punto di scarico (sia di scorie di lavorazione che collocate nel campo prospiciente l’edificio; nel corso del 2001, una di parti di altre strutture produttive) che per loro caratteristiche pe- nuova battitura del sito ha definito in modo più netto le due emer- culiari hanno impedite un normale rigoglio della coltura. genze. Nella metà occidentale, lungo il tracciato della strada che In posizione arretrata rispetto alla precedente evidenza, più o meno porta all’eremo, si sono raccolti frammenti di laterizi refrattari, com- al centro del campo, abbiamo rintracciato un altro deposito in su- busti e vetrificati, associati a resti di parti strutturali di forno; a breve perficie contraddistinto dalla presenza di elementi residuali della pro- distanza, in direzione est, si rileva un’emergenza in superficie di sco- duzione vetraria (scorie di vetro e scarti di produzione); a essa corri- rie e scarti di lavorazione del metallo (per la disposizione delle emer- sponde un ulteriore crop mark, che indica ancora una struttura cir- genze di superficie si veda ancora fig. 69). colare, con diametro di 4,5 m circa 187. In questo caso, le dimensioni

Figura 73. Risultato del trattamento delle foto aeree Figura 74. Risultato del trattamento delle foto aeree. In evidenza i crop mark

185 Nell’ambito della ricognizione svolta da Cucini e Paolucci non sono state rilevate 186 Fra gli esempi di forge scavate indichiamo quella di Rocca San Silvestro (FRAN- concentrazioni di reperti in superficie su nessuno degli spazi indagati; è stato invece COVICH, 1991). constatato uno spargimento costante di materiale, per lo più da costruzione, presente 187 Fornaci a pianta circolare sono state scavate a Germagnana (Firenze), Monte Lecco sull’intera estensione degli arativi. CUCINI-PAOLUCCI, 1985, pp. 451-454. (Passo della Bocchetta-Genova) e Montopoli Val d’Arno (Pisa). La prima corrisponde

176 e le caratteristiche dell’emergenza rendono quasi certa l’interpreta- larga scala. Le analisi di laboratorio effettuate sulle scorie rinvenute zione di opificio per la lavorazione del vetro. nella ferriera di San Galgano evidenziano la loro derivazione dall’e- Nelle foto trattate, davanti alla vetreria compare un secondo cerchio, matite elbana. L’importazione di questo minerale, pur non costi- di diametro di circa 11 m; di misure troppo ampie per un impianto tuendo una rarità, procurava spese di trasporto, che venivano ammor- produttivo, non è stato al momento interpretato (fig. 74). tizzate dall’altissima resa del minerale; investimenti di questo genere La consistenza dei depositi di scorie indica per tutte le strutture in- dovevano comunque essere motivati da una larga commercializzazione dividuate un buon livello di sfruttamento; d’altro canto, le esigenze del prodotto finito 190. Considerando il ruolo rilevante, svolto dai Ci- quotidiane di un complesso così esteso richiedevano una fabbrica- stercensi nella vita pubblica senese, non è difficile pensare che essi siano zione costante di attrezzi da lavoro, materiale da carpenteria, utensili intervenuti a soddisfare la richiesta di metallo di una città in crescita, eccetera; non è escluso, poi, che le fornaci siano state utilizzate an- con necessità sempre maggiori 191. che durante l’attività del cantiere (durato circa 80 anni) per la rea- Questo dato non esclude l’utilizzo anche dei filoni locali, secondo lizzazione delle vetrate stesse dell’abbazia. una tradizione diffusa rivolta ad associare spesso minerali di diversa Non deve stupire la posizione dell’area produttiva centrale rispetto provenienza. In ambito chiusdinese, comunque non abbiamo noti- alla facciata; la valutazione dell’organizzazione planimetrica delle al- zia di aree di estrazione di ferro nel corso di questi secoli. Non è an- tre abbazie cistercensi annulla l’idea di uno spazio di rispetto; a Clair- cora attestato lo sfruttamento della miniera di limonite di Spannoc- vaux ad esempio, la stessa zona era occupata dalle scuderie. chia (utilizzata a partire dagli inizi del XIX secolo); alcuni punti di In questi esempi riconosciamo comunque gli indizi di un tipo di escavazione attestati in località Defizio da alcuni permessi minerari, produzione a uso interno; le caratteristiche degli impianti non mo- non sono verificabili. È da escludere poi l’utilizzo dei filoni compresi strano elementi utili per affermarne un utilizzo più esteso. L’unica negli spazi castrensi di Miranduolo; l’assenza dei monaci (negli anni struttura che corrisponde a canoni economici di più ampio raggio di acme del loro potere), dalla campagna acquisti del castello chiari- è la ferriera rinvenuta in prossimità del corso del Merse; questa è sce l’estraneità della zona dai loro interessi economici (probabil- infatti destinata sicuramente a un processo di riduzione del mine- mente resa inaccessibile dalla forte presenza di Montieri). rale di ferro di stampo industriale. Il forno, del quale non si sono conservate parti in elevato, era alimentato da energia idraulica, de- La maglia insediativa: la qualità dell’intervento cistercense – Il bru- viata e convogliata dal fiume attraverso il canale, che lo delimita sul sco incremento delle fonti scritte restituisce un quadro sufficiente- lato occidentale 188. La mole di scorie (a coprire un’area di 4050 mente esaustivo del popolamento nei secoli del basso Medioevo. m) indica l’alto grado di produttività della ferriera (per la colloca- A partire dalla metà del XIII secolo, le attestazioni contano quattro zione dell’impianto si veda la fig. 69). castelli, un centro decastellato, nove villaggi, undici aree di frequen- I Cistercensi possedevano poi altri impianti siderurgici di questo tazione/sfruttamento agricolo, sei chiese extra moenia, nove strutture tipo, dislocati sia nelle aree limitrofe che nelle zone più distanti 189: produttive; la disponibilità dell’archivio cistercense permette un au- due sono posti nei confini comunali di Monticiano, due referenzia- mento quantitativo pari al 340%. bili genericamente lungo il Merse, uno presso Giugnano nel territo- Per il secolo successivo, lo spoglio sistematico della Tavola delle Pos- rio di Roccastrada. sessioni, comporta un aumento pari al 63% (distribuito su 26 aree Le caratteristiche produttive di questi opifici indicano un’attività ben di addensamento demografico, 16 case sparse e 25 di sfruttamento superiore a quella necessaria alla normale conduzione del monastero. agricolo). L’archeologia fornisce altre otto emergenze di superficie; Anche la provenienza stessa del minerale indica una richiesta a più di queste, una metà si riferisce al tessuto insediativo mentre l’altra contribuisce alla definizione più ampia del complesso monastico. Dal punto di vista geografico, la concentrazione documentaria è sbi- alla fornace E, della quale si conserva solo la base in pietra, di dimensioni pari a 2,301,70 m, e materiale di recupero; è stata ipotizzata su tre piani, con una desti- lanciata in favore della corte di Frosini, dove convergono sia l’archi- nazione a fornace fusoria per la preparazione della fritta e lavorazione degli oggetti vi- vio cistercense che il censimento senese. trei: la cronologia rimanda al XIII-XIV secolo (MENDERA, 1989). A Monte Lecco, è La corte di Chiusdino è penalizzata in primo luogo dalla perdita della stata rinvenuta una fornace, costruita in pietra e laterizi refrattari, a pianta circolare Tavola a essa relativa; inoltre, la sua estraneità dagli interessi patri- destinata alla fusione del vetro (FOSSATI-MANNONI, 1975, pp. 31-97). Infine a Mon- moniali del monastero di San Galgano riduce fortemente le notizie topoli Val d’Arno, all’interno di una torre, sono stati rinvenuti i resti di una fornace fusoria, di 2 m di diametro; l’elevato, conservatosi in parte, è realizzato in laterizi le- relative agli spazi castrensi. La corte di Luriano, investita solo par- gati da malta: la cronologia riporta a un ambito più tardo, di XVI-XVII secolo (STIAF- zialmente dall’attività cistercense, trova un forte limite nell’assenza FINI, 1996, pp. 417-426). Una sintesi delle tipologie delle fornaci da vetro si trova in della tavoletta preparatoria relativa al censimento senese del 1318: STIAFFINI, 1999. Esempi di fornaci circolare sono riportate anche nelle fonti icono- grafiche. Nel De Universo di Rabano Mauro (copia del XV secolo), è attestato un forno a base circolare con schema bipartito (camera di combustione al di sopra e ca- mera fusoria a più bocche); conservato in Biblioteca Apostolica Vaticana (Codice Pa- 190 Per le considerazioni in merito all’attività di importazione del minerale e le fina- latino Latino 291, c. 211v), è pubblicato in SCHENK ZU SCHWEINSBERG, 1964. Nel lità dell’intensa pratica metallurgica ci si è riferiti a CORTESE, 1997. Tractatus de Herbis di Dioscoride si conserva una miniatura relativa a un forno a tre 191 Infine, un’ultima precisazione va rivolta alla notizia riportata da padre Ughelli ri- piani a pianta circolare molto semplificato, di fine XV secolo, in Biblioteca Aposto- guardo ad alcuni privilegi imperiali (seconda metà XIII-prima XIV secolo) concedenti lica Vaticana (ms. Chigi, F.VIII, 158, c. 93), è pubblicato in CHARLESTON, 1978. al monastero il diritto di battere moneta; il monaco interpreta erroneamente le pic- Un’altra miniatura all’interno dello stesso volume ritrae un forno a pianta circolare cole monete con il simbolo di San Galgano (spada e trimonte) che, in realtà, sono si- tripartito, con camera di combustione, camera di fusione e camera di ricottura so- gilli di riconoscimento da apporre sui prodotti da esportare. Non sono altro che i mar- vrapposte dal basso verso l’alto (fine XV secolo), in Biblioteca Apostolica Vaticana, chi di garanzia, imposti dal Consiglio Generale nel 1296, come vincolo per i monaci (ms. Chigi, F.VIII, 188, c. 191) è pubblicato in CHARLESTON, 1978. al libero trasporto delle merci nel contado senese; con tutta probabilità gli stessi che 188 Sulla diffusione dei mulini a energia idraulica nel bacino Farma-Merse riman- si vedono ritratti in primo piano nel Buon Governo, sui panni di lana caricati sul diamo a CORTESE, 1997. dorso del mulo guidato dal monaco bianco. La notizia viene riferita e di seguito con- 189 Per una cronologia dettagliata della campagna di acquisti oggettivata sulle strut- futata in GIGLI, 1974, vol. II, parte II, p. 597-602; viene riproposta acriticamente la ture molitorie si veda BARLUCCHI, 1991. versione di padre Ughelli, in ALBERGO, 1981a, p. 24; LISINI, 1935, pp. 192-193

177 molti dei toponimi citati nella fonte non sono localizzabili (75% dei toponimi attestati). Sulle corti di Tamignano-Pentolina e Palazzoaffichi-Montecchio (attuale Le Palazze), in Diocesi senese, confluiscono alcuni docu- menti della città, altri del monastero e infine il resoconto fiscale delle Tavole; anche qui, la cancellazione dei toponimi corrisponde al 65-95%. La scomparsa della maggior parte delle località censite (provocata forse da un forte processo di desertazione, verificatosi progressiva- mente a partire dal tardo Medioevo), se non riduce la possibilità di valutare la consistenza demografica e la sua articolazione, impedisce però l’elaborazione di modelli territoriali esaustivi; per la loro appli- cazione, è infatti necessario disporre di una corretta localizzazione degli spazi insediativi. Nonostante l’enorme quantità di attestazioni, il numero di presenze coinvolte nelle tecniche di analisi spaziale cor- risponde a una loro quota molto parziale e si concentra soprattutto all’interno della corte di Frosini. La ricostruzione del territorio chiu- sdinese si baserà in particolar modo sulla realtà della sua parte set- tentrionale; di conseguenza, data la convergenza su questi spazi dei principali interessi economici e insediativi del monastero di San Gal- gano, equivarrà a riconoscere il sistema di gestione della campagna da parte dell’ente cistercense. La rete insediativa si articola in castelli, villaggi, grange e case sparse disposti secondo una maglia molto stretta, estesa a coprire l’intero territorio, senza desertare alcun tipo di ambiente; si prediligono se- condo una tendenza ormai frequente, gli spazi limitrofi a una buona rete idrica mentre non si evincono preferenze rispetto ai suoli da abi- tare; più selettiva la scelta delle aree a destinazione agricola, rivolta ovviamente ai terreni più adatti a seconda delle colture (prevalenti sono quelle di frumento e di cereali). Figura 75. Maglia insediativa di XIII-XIV secolo È impossibile stabilire tempi e modalità di costituzione del tessuto abitativo. Le attestazioni più precoci (eccettuando quelle già presenti Questo non è l’unico limite posto dalla Tavola delle Possessioni. Si nei secoli precedenti) risalgono alla metà del XIII secolo e riguardano è parlato volutamente di agglomerati, intesi in senso generico, per la centri già formati; è ipotizzabile che, almeno in parte, tale imposta- difficoltà di assegnare un’identità istituzionale corretta ai centri men- zione possa essere retrodatata, forse addirittura al secolo precedente. zionati; il dettaglio della descrizione infatti non è mai corredato dalla L’esiguità documentaria per le fasi anteriori spinge nel campo dell’i- alcuna apposizione. potesi qualsiasi proposta cronologica e rischia di cadere in proposte Laddove si disponga solo di questa fonte, dobbiamo chiederci se esi- troppo meccanicistiche. ste un numero minimo di edifici necessari a identificare un villag- La gamma tipologica delle forme insediative è ampia e variegata. gio 192; oppure se esiste una casistica di strutture essenziale alla sua de- Le strutture edilizie attestate sono la domus (anche nelle varianti “cum finizione. Sulla base degli esempi certi (casi per i quali tale identità è platea”, “cum plateis”, “cum platea et capana”), la capana, il casalino esplicitamente riferita negli atti scritti), vediamo che il termine villa e il palatium. La loro combinazione definisce diversi tipi di agglome- viene impiegato per complessi di vario tipo: dal semplice agglomerato rati; i più diffusi (con differenziazioni quantitative) prevedono do- composto da una domus e due capanae al ben più articolato dotato di mus+casalino, domus+capana, domus+palatium; talvolta presenti le quattro domus cum platea, due domus cum platea et capana, due do- strutture produttive (concentrate in particolar modo nelle grange). mus cum platea, un casalino et capanae, tre capanae e una ecclesia. Evin- L’organizzazione spaziale dell’impianto mostra indizi di continuità ciamo dunque quanto sia elastico il concetto di villaggio sia in termini nei nuclei attuali, nonostante questi conservino solo rare tracce dimensionali dell’insediamento sia tipologico; neppure la presenza delle fasi medievali. Il villaggio di Malcavolo ad esempio, è oggi co- dell’edificio ecclesiastico emerge come discriminante. stituito da un edificio principale affacciato su una corte, delimitata a nord e ovest da piccoli annessi: non troppo diverso è descritto nelle fonti (una domus, un casalino e due capanae). Così anche il 192 Come osserva Valenti nelle conclusioni del primo volume sullo scavo di Poggi- centro di San Martino, articolato in domus cum platea, platea, due bonsi “Geografi e storici dei processi di colonizzazione (in particolare di scuola tede- capanae e una ecclesia, corrisponde oggi a un lungo edificio affac- sca), dibattendo il problema di quando un insediamento rurale possa definirsi villag- gio, hanno posto l’accento sul parametro delle dimensioni minime accettabili e so- ciato su una grande piazza, delimitata sul lato opposto da due co- prattutto sulla necessità di legami che trascendono le singole aziende (cioè strutture struzioni più piccole. La struttura ecclesiastica è frequente, ma non che legano tra loro le abitazioni dei contadini, come le terre comuni, le fontane, la costante. Il dato quantitativo relativo agli edifici religiosi non può strada, l’uso collettivo del bosco, regolamenti economico-giuridici); in altre parole un considerarsi definitivo; questi non sono infatti censiti nella Tavola complesso insediativo unitario, più o meno chiuso, comprendente numerose abita- delle Possessioni e dunque la mancata menzione non è probante zioni, percepito come una comunità economica di vita”. Si vedano soprattutto i con- tributi raccolti in JANKUHN et alii, 1977; BADER, 1957-1973; inoltre ROSENER, 1989 della loro assenza. per una sintesi che investe anche le posizioni di Fossier.

178 Una valutazione statistica del campione contenuto nella Tavola la- scia ipotizzare che sia da intendere come villaggio ogni concentra- zione insediativa superiore alle tre unità. Al di là della caratterizza- zione istituzionale, ai fini della ricostruzione della maglia del popo- lamento, rimane comunque inalterata la forte incidenza delle forme insediative di tipo accentrato; variano le dimensioni, l’organizzazione interna e le caratteristiche peculiari delle strutture edilizie presenti. La dislocazione topografica delle diverse tipologie di agglomerato chiarisce alcune linee essenziali delle dinamiche sociali ed econo- miche. All’interno delle corti di Frosini e Luriano predominano la domus e il casalino, mentre è assente del tutto il palatium; al contra- rio, nell’area di Palazzaffichi-Montecchio rappresenta una costante. È chiaro l’indizio di una differenziazione territoriale del nucleo ac- centrato come espressione di diverse realtà sociali; il palazzo è sim- bolo di una stratificazione sociale interna e può essere manifesta- zione o di un ceto cittadino insediato nella campagna o, altrimenti, di un gruppo cresciuto in ambito rurale divenuto poi emergente 193. In questo senso, non è un caso che si concentri nell’area compresa nella Diocesi senese e più direttamente coinvolta nell’orbita citta- dina; è possibile che queste strutture si connotino proprio come re- sidenze rurali di alcune famiglie economicamente predominanti in ambito cittadino 194. L’articolazione riconosciuta nei centri limitrofi alle Palazze rappre- senta un unicum nel chiusdinese; negli spazi circostanti Frosini e Lu- riano, le caratteristiche interne degli agglomerati mostrano invece la loro destinazione a un ceto medio, residente della zona. Non riusciamo a stabilire se il tessuto insediativo trovi un riferi- mento istituzionale nel centro incastellato; verificando, però, il rap- porto fra il castello e i nuclei accentrati, notiamo una tendenza a di- sporsi secondo distanze abbastanza regolari calcolabili in media in- Figure 76. Viabilità principale di XI-XII secolo (tratta da Borracelli 1989) torno ai 2 km (minima 900 m-massima 3 km). Purtroppo il spartito fra abitanti del luogo e monastero di San Galgano 196. A campione è troppo modesto per tentare elaborazioni attraverso l’ap- Chiusdino è insediato invece un ceto mercantile, cresciuto grazie ai plicazione dei poligoni di Thiessen o i central places; la valutazione traffici dei metalli 197. della distribuzione del popolamento in rapporto ai centri fortificati Dal punto di vista della struttura materiale, si tratta di nuclei di me- è, di conseguenza, molto sintetica. die e grandi dimensioni; annoverano al loro interno numerose abi- I castelli sembrano aver perso in questa fase il loro ruolo di struttura tazioni organizzate intorno a vaste aree aperte e un solo edificio ec- fortificata; rimangono comunque centro politicamente egemone e clesiastico 198. polo di attrazione demografica e di ricchezza. Luriano diventa pro- La trama della maglia insediativa viene completata attraverso un si- prietà soprattutto della famiglia senese degli Incontri 195. Frosini è stema di case sparse, disposte sul territorio in proporzione di un’u- nità ogni due agglomerati. Gli esempi localizzabili indicano una loro

193 Sulla tipologia edilizia del palatium si veda PIRILLO, 1995; REDI, 1983; SETTIA, ubicazione prevalente nelle aree più distanti dalla rete dei villaggi. 1980; GOLDTHWAITE, 1984. Per un inquadramento generale della casa rurale SAL- Sono rappresentate da singole domus, casalini o capanae. VAGNINI, 1980 e PINTO, 1980. L’accezione di quest’ultimo termine come struttura abitativa viene 194 Citiamo il caso del nucleo di Spannocchia, descritto nella Tavola nell’articolazione indicata dalla ricerca archeologica. Due delle capanae, attestate nel di 1 palazzo e 8 case. La chiara assonanza del toponimo lo lega alla famiglia Span- censimento del 1318 (in località Tassinaiola) corrispondono sul nocchi, attestata nella zona già agli inizi del XIII secolo; i suoi membri compaiono in- fatti fra i patrocinatori dell’eremo di Santa Lucia. Immigrati a Siena, hanno la loro af- territorio a due abitazioni di piccole dimensioni (5 6 m), realiz- fermazione economica come banchieri; nel XIV secolo, la loro fortuna è tale da po- zate con elevati in materiale deperibile e copertura laterizia; sono tersi costruire un palazzo ‘reggia’ in città. ASCHERI, 1993, p. 11. dotate di corredi domestici, articolati in vasellame acromo e maio- 195 A partire dall’ultimo trentennio del XIII secolo, in seguito a modificazioni all’in- lica arcaica. Disposte in un loco dicto, indicano probabilmente mo- terno della compagine cittadina, gli esponenti del ceto magnatizio cittadino, inter- deste strutture destinate a ospitare il nucleo preposto alla condu- vengono nelle campagne, assicurandosi canoni in natura e acquistando giurisdizioni sui castelli. Contemporaneamente rimangono nel contado anche ampie giurisdizioni zione dell’area agricola. castrensi in mano alla nobiltà rurale e alle famiglie inurbate. MARRARA, 1979, pp. 239- 276; WALEY, 1991, pp. 100-120. NERI, 1991-1992, pp. 39-42. Il fenomeno investe consistentemente il chiusdinese. La presenza massiccia degli Incontri nel castello di diviso con un privato. Nonostante l’inferiorità numerica, il valore degli immobili in Luriano viene ricostruito sulla base dell’elenco patrimoniale particellare contenuto mano all’abbazia è superiore agli altri: vengono infatti stimati 732,1 lire contro le nell’Estimo 102, 109, 118. 406,9 lire dei residenti. BARLUCCHI, 1991, pp. 83-84. 196 Sulla base delle tavolette preparatorie, constatiamo l’articolazione del castello in 45 197 BARLUCCHI, 1991, p. 99. abitazioni a cui si aggiunge un edificio (definito con il termine generico di domos) di 198 Per la composizione di Frosini si veda la nota precedente. Il castrum di Luriano proprietà di San Galgano (ha una quotazione di 153 lire e 7 soldi). Venti case appar- consta di 11 case e 26 casalini, mentre il suo borgo si compone di otto case e cinque tenevano agli abitanti del luogo, una alla parrocchia; 13 al monastero più una pro in- casalini. PASSERI-NERI, 1994.

179 soprattutto grosse quote fondiarie a Papena e Ticchiano. Assunto il controllo pressoché totale su questi spazi, i monaci trasformano in grangia il villaggio di Papena e ne impiantano un’altra a Ticchiano (sulle quali verrà in seguito a concentrarsi l’85% della produzione ci- stercense) 202; ciò equivale a una sorta di personalizzazione dell’as- setto precostituito. La principale manifestazione della loro prassi eco- nomica, rivolta a pianificare e migliorare la produttività della terra, è proprio la creazione di aziende agricole strutturate; attraverso di esse, svolgono infatti un’azione di coordinamento della produzione e della gestione delle risorse 203. Negli anni successivi, altri due vil- laggi, San Martino e Vespero, divengono grange. Dal punto di vista della struttura materiale, non riusciamo a cogliere eventuali modifiche all’impianto originario. Dalla descrizione ripor- tata nelle fonti, non compaiono in questi nuclei strutture riferibili all’attività produttiva; diverse invece le due fondazioni ex novo, Val- loria e Villanova. La loro articolazione interna e le loro caratteristiche le indicano chia- ramente come centri di organizzazione economica di tipo specializ- zato. Villanova, costruito appositamente per la direzione dell’estra- zione e della lavorazione del travertino (cavato negli spazi retrostanti), ha un’organizzazione essenziale; di dimensioni limitate, è privo delle strutture produttive necessarie per la trasformazione dei prodotti agri- coli 204. Valloria, è un nucleo ampio e complesso per articolazione; è composto da edifici di varie dimensioni completati da aree aperte (platee e aree; i due termini non sono sinonimi in quanto spesso com- paiono associati), un edificio religioso e due palmentaria. Da smen- tire l’ipotesi di una fortificazione, sostenuta sulla base della citazione di un claustrum; mancano infatti evidenze archeologiche riferibile a un circuito murario 205. È invece possibile che il termine indichi sem- Figure 77. Viabilità principale di XIII-XIV secolo (tratta da Borracelli, 1989). plicemente o uno spazio aperto, magari a uso coltivo; oppure che la La rete del popolamento sparso propone una tendenza verso il feno- “domus cum claustro” citata nell’Estimo conservi la memoria della 206 meno dell’appoderamento in linea con quanto emerge nel resto del chiesa, forse sconsacrata e declassata ad abitazione . La fondazione territorio provinciale; i valori della densità si mostrano infatti omo- di Valloria può essere vista in funzione di un coordinamento degli im- genei rispetto a quelli rilevati per il Chianti 199 e la Val d’Elsa 200. pianti molitori dislocati nelle sue immediate vicinanze; sono concen- Dunque, le tendenze insediative riconosciute nel chiusdinese mo- trati soprattutto lungo i corsi del fosso Frelli e del fiume Feccia (Mo- strano le stesse dinamiche proposte dagli altri territori: tenuta dei nu- lino “de Frilli” e “Molendinum veterem”). Nonostante le difficoltà clei incastellati, aumento delle unità di villaggio a cui segue l’impo- opposte dalla documentazione nella localizzazione delle strutture (in- stazione di una maglia di case sparse. dicazioni vaghe e spesso limitate alla sola menzione del proprietario o All’interno di una maglia insediativa sostanzialmente coerente con il del fiume), riusciamo a collocare genericamente gli otto opifici atte- trend mostrato nella provincia senese, cogliamo comunque alcuni stati nei Caleffi, nello spazio compreso nella parte nordoccidentale del aspetti peculiari, legati a doppio filo con la presenza dell’insedia- comune; posti a sfruttare sia i corsi d’acqua principali che i loro af- mento cistercense di San Galgano e con i sistemi da esso attuati nella fluenti, dovevano servire appunto alcuni dei centri più importanti conduzione della terra 201. come la stessa Valloria, Villanova e Frosini. A pochi anni dalla fondazione, l’abbazia avvia una politica di espan- L’esercizio del controllo sulla produzione prevede infatti forme di sione sul territorio circostante, concentrandosi nell’ambito della corte vigilanza sulle strutture molitorie da grano. Disporre di impianti da di Frosini, a essa limitrofa; attraverso un sistema di acquisizione di destinare alla trasformazione in proprio dei prodotti delle grange, quote fondiarie esprime una precisa volontà di imporsi in modo non con spese minime vista la possibilità di impiegare conversi ‘a costo 207 traumatico, ma efficace, sulla rete insediativa precedente. Non segna zero’ , costituisce di fatto una fonte inesauribile di guadagno. Nel dunque un periodo di rottura o di radicali trasformazioni sul paesag- gio dei secoli prima, bensì una continuità negli elementi essenziali, 202 pur ‘caratterizzati’ in termini di scelte gestionali ed economiche. BARLUCCHI, 1992, pp. 55-63. 203 Per gli aspetti dell’economia cistercense si veda, AA.VV., 1983; in particolare sulle Al di là delle donazioni, l’azione programmata di investimenti inizia grange rimandiamo al contributo di Higounet all’interno dello stesso volume. proprio (e non è un caso) dalle proprietà dell’abbazia di Serena e ri- 204 GABBRIELLI, 1998b, p. 18. guarda terre, edifici (molte sono le cessioni di diritti sulle chiese) e 205 Ci riferiamo all’affermazione di Barlucchi (in BARLUCCHI, 1991, p. 81) circa la possibile presenza di una cinta muraria intorno al nucleo di Valloria. La stessa consi- derazione vale per Vespero. 199 VALENTI, 1995, pp. 400-401. 206 Riferiamo un’ipotesi interpretativa di Roberto Farinelli. 200 VALENTI, 1999, pp. 347-349. 207 L’intensità con la quale il monastero procede nel rilevamento delle strutture moli- 201 In merito ai sistemi di gestione del patrimonio operati dall’abbazia cistercense torie, rende chiaro il preciso intento di allontanare la proprietà privata; l’obiettivo fi- diamo un rimando complessivo al lavoro di BARLUCCHI, 1991 e BARLUCCHI, 1992. nale è proprio istituire un vero e proprio monopolio su tutta l’alta Val di Merse. L’im-

180 giro di pochi anni dalla sua fondazione, il monastero si dedica al ritorio. La grande capacità tecnica e l’intraprendenza imprendito- loro rilevamento. Come per le proprietà fondiarie, San Galgano riale, tipica dell’Ordine cistercense, pongono le fondazioni al centro procede inizialmente a desautorare l’abbazia di Serena che, fino al- di realtà economiche vivaci e attive; connotano inoltre questi inse- l’arrivo dei Cistercensi, esercitava con tutta probabilità i diritti sui diamenti come centri promotori dei grandi processi economici 210. mulini; in un secondo momento, si impegna nell’acquisizione in Negli anni compresi fra i primi decenni e la fine del XIII secolo, toto o per grandi quote delle proprietà private. l’abbazia mette in atto una politica di espansione territoriale che le Anche in questo campo, ripropone una linea simile a quella indivi- permette di raggiungere (intorno alla metà del secolo) un patri- duata per la rete insediativa. Gli unici interventi ex novo sono rivolti monio fondiario valutabile nell’ordine del 51.000 fiorini; esteso a a organizzare il proprio spazio e a costituire apparati produttivi, fun- toccare ogni area del comprensorio senese, è distribuito in alcune zionali alle proprie esigenze interne. Sul piano dell’innovazione tec- delle sue parti più strategiche: quelle attraversate dalla via Franci- nologica non diffonde novità bensì razionalizza e ottimizza tecniche gena, la Maremma, le sedi di importanti mercati come e già presenti. Non introducono l’energia idraulica (già utilizzata in San Gimignano. impianti a uso privato) ma praticano un sistematico investimento Raggiunge una proprietà complessiva non paragonabile a nessun al- sulle strutture alimentate da essa in modo tale da determinare una tro ente religioso cittadino ed è inferiore solamente ai beni di ric- loro diffusione capillare e massiccia 208. chissime famiglie come i Saracini e i Tolomei 211. Nel giro di pochi anni, i Cistercensi si assicurano tutte le terre e i beni Sullo scorcio del XIII secolo, il giro di affari è così consistente da de- di maggior valore; respingono al margine la proprietà locale che terminare una sorta di congestionamento dell’attività patrimoniale, viene a frammentarsi e a detenere le parti meno produttive e di mi- provocato dai notevoli investimenti e dal rapido aumento degli af- nor pregio. All’interno dei villaggi, i religiosi possiedono un numero fari, legati alla produzione delle grandi aziende. Sono immediate le inferiore di edifici rispetto agli abitanti del luogo con un valore glo- misure di razionalizzazione, nell’ottica di restringere la sfera d’azione, bale però decisamente superiore. Allo stesso modo, il loro patrimo- attraverso cessioni delle proprietà più distanti 212. nio immobile compreso nelle mura di Frosini, corrispondente a 13 Questi eventi non sono però segni di una reale crisi o decadenza del delle 45 case attestate, ha una stima complessiva maggiore. monastero. I dati contenuti nella Tavola delle Possessioni rendono Alla luce di queste considerazioni, il modus operandi dei Cister- evidente il potere economico che l’abbazia mantiene almeno fino al censi all’interno dello spazio rurale può essere sintetizzato in un primo quarantennio del XIV secolo; dopo questa data, si manife- sistema di centralizzazione rivolto alla pianificazione e all’otti- stano invece i primi vacillamenti per l’ente monastico. mizzazione della produttività: si tratta di un atteggiamento di A partire dal primo trentennio del XIV secolo, le vicende dell’abba- stampo imprenditoriale. zia rendono palese una fase di generale crisi del territorio. Le cause L’attuale comprensorio comunale viene investito quasi globalmente sono in parte connesse alle ripercussioni dell’annosa guerra fra Siena dall’attività cistercense; l’unica eccezione è rappresentata dal territo- e Firenze (frequenti erano le offensive fiorentine alla città rivale a col- rio sottoposto al castello di Chiusdino. Nei Caleffi sono rari gli atti pire il territorio), ma soprattutto agli effetti della peste e delle conse- relativi a questo spazio; le poche località citate sono disposte nella fa- guenti carestie. scia più marginale delle pertinenze castrensi, nel punto di confine La comunità religiosa, esposta al contagio a causa delle scarse abi- con quelle di Luriano. È probabile che la comunità chiusdinese, tudini igieniche, viene decimata dall’epidemia. In ragione del spinta da forti istinti autonomistici, abbia frenato ogni ingerenza crollo demografico, il 22 agosto del 1348 le celebrazioni delle sa- monastica dalla propria corte 209. cre funzioni vengono aperte ai laici 213; nel 1397, l’abate Galgano La presenza dell’abbazia segna comunque un periodo di forte dina- è costretto a cedere una proprietà per pagare le decime al papa: alla mismo sia dal punto di vista economico che sociale per tutto il ter- sottoscrizione del contratto sono presenti solo otto monaci 214. Il decremento è drastico, considerando che nel decennio 1278-1288, la popolazione monastica è calcolata in misura di 60-80 persone fra pulso iniziale viene dato dalla necessità impellente di disporre di impianti da destinare monaci e conversi; venti anni dopo scende a 36. alla trasformazione in proprio dei prodotti delle grange, con spese minime dato la pos- Vessato dalle frequenti scorrerie dei mercenari fiorentini e delle sibilità di impiegare i conversi a ‘costo zero’; in seguito, le sempre più frequenti acqui- compagnie di ventura, il chiusdinese viene supportato dall’impe- sizioni, non solo in area chiusdinese, ma anche in zone più lontane come la bassa Val di Merse e la Val d’Elsa, rendono palese invece un allargamento e un carattere com- gno cittadino. Nel 1364, una drammatica incursione della Com- merciale delle strutture; tanto più che i mulini della bassa Val di Merse erano gestiti si- pagnia inglese sul castello di Frosini provoca danni così ingenti curamente conto terzi data l’assenza di quote patrimoniali del monastero nelle loro vi- che Siena esonera gli abitanti da qualsiasi tributo per i cinque anni cinanze. Le motivazioni di un intervento così intenso risiedono nel fatto che possedere successivi 215. impianti molitori significava gestire un ottimo investimento; aprendo l’utenza delle strutture agli abitanti del luogo, ci si assicura una fonte di guadagno inesauribile in quanto la domanda è sempre costante; inoltre, evento determinante, si crea di fatto un legame di dipendenza e vincolo di tutta la popolazione per il soddisfacimento delle ne- 210 Sui Cistercensi, rimandiamo ad alcuni testi base, DUBY, 1971; HIGOUNET, 1984. cessità quotidiane. Per l’aspetto inerente gli impianti molitori sottoposti al controllo Per il rapporto Cistercensi-città, COMBA, 1985; per il legame specifico San Galgano- cistercense rimandiamo a CORTESE, 1997, pp. 110-118 e relative voci dello schedario. Siena, rimandiamo a NERI, 1991-1992 e all’appendice di questo volume. Per le cronologie degli acquisti si veda BARLUCCHI, 1991. 211 BARLUCCHI, 1991, pp. 67-69. 208 La capacità espressa dall’Ordine Cistercense in materia di regolamentazione e sfrut- 212 Le vicende patrimoniali del monastero sono riproposte in BARLUCCHI, 1991. tamento delle acque è nota; più di altri ordini si sono dedicati all’applicazione delle 213 CUCINI-PAOLUCCI, 1985, p. 448. tecnologie idrauliche. Spesso però si applica in modo meccanico l’equazione Cister- 214 Nell’iscrizione che commemora la consacrazione, avvenuta fra il 1268 e il 1288, censi-introduzione dell’innovazione tecnologica; in molti casi essi si insediano in aree viene fatta menzione di una comunità di 80 individui mentre il Canestrelli, nel 1278 nelle quali questo sistema di utilizzazione delle risorse era già conosciuto e applicato. sostiene la presenza di 60 fra monaci e conversi. Per il 1296 sono invece attestati 36 È il caso di San Galgano: nella zona chiusdinese, infatti, esistevano già macchine monaci, come si vede, è il periodo definito di ‘crisi’ del monastero. Si veda per il det- idrauliche (per questi aspetti rimandiamo a CORTESE, 1997). taglio dei documenti in proposito CANESTRELLI, 1989, pp. 14 e 74-75. 209 BARLUCCHI, 1991. 215 PECCI, ASS, Ms. D.69, cc. 176-177.

181 Tutti i siti Idrografia Aree campione Confini comunali Chiusdino

Figura 78. Distribuzione dei rinvenimenti e delle attestazioni

182 Vari sono i tentativi operati dai senesi per frenare la discesa dell’ente monastico, che termina inesorabilmente nel 1503 al mo- mento della concessione all’abate com- mendatario. Da questo momento, la situa- zione precipita rapidamente; i monaci ab- bandonano il monastero e si trasferiscono in città presso il Palazzo di San Galgano, iniziato a costruire già nel 1474 216. Nel 1576, il vescovo di Rimini, in visita al- l’abbazia, trova il monumento in distru- zione; è presente solo un monaco che non veste più neppure l’abito cistercense 217. La decadenza sembra essere generale. Fro- sini (affidato nel 1409 alla tutela abbaziale per deliberazione del Comune senese) de- cade fino a diventare residenza privata de- gli eredi dell’ultimo commendatario, car- dinale Feroni 218. Purtroppo la mancanza di una documenta- zione autonoma dal monastero impedisce di valutare le micromodifiche occorse al pae- Figura 79. Distribuzione diacronica dei rinvenimenti e delle attestazioni saggio e di ricostruire la cronologia degli ab- bandoni. Certamente la crisi del monastero non può aver determi- nato un collasso istantaneo della rete insediativa; il percorso invo- lutivo del popolamento segue infatti modalità più lente e graduali. A partire dalla metà del XIV secolo, la crisi demografica sembra provocare una generale contrazione dei villaggi, senza però deter- minarne automaticamente la scomparsa; le poche fonti a disposi- zione mostrano una sostanziale tenuta dell’abitato accentrato. L’e- lenco delle tassazioni imposte dal Comune di Siena nel 1444 mo- stra infatti il decremento consistente di alcuni centri ma non la loro scomparsa. È il caso di Fulguri o di Tamignano, che, pur rivelando un bassissimo indice demografico, non sembrano aver perso la loro identità giuridica 219. Contemporaneamente, sono attestati centri abitati che non sem- brano subire decrementi, come ad esempio quello di Palazzetto o Palazzaccio o Palazzaffichi (attuale Le Palazze): sulla base dell’en- tità delle imposte, conferma ancora la sua natura di centro popo- loso e ricco 220. Figura 80. Incremento dei rinvenimenti fra preistoria e VII secolo d.C. Si riconosce invece un processo costante di rarefazione della ma- glia insediativa e di assestamento del popolamento verso un tipo di organizzazione articolata su centri abitati, di dimensioni medio- facciavano su di essa: di fatto, può essersi attivato un fenomeno op- grandi. La maggior parte degli abbandoni deve aver riguardato le posto a quello dei secoli precedenti. aree di fondovalle e di mezza collina, esposte lungo la viabilità; l’au- Inizia in questa fase il processo insediativo che porterà alla definizione mento di pericolosità della zona, spesso investita da violente scor- dell’aspetto attuale della campagna chiusdinese. rerie, doveva mettere a serio rischio l’integrità dei centri che si af- Alessandra Nardini

216 CANESTRELLI, 1989, p. 30. Attualmente l’edificio corrisponde al Palazzo di San Galgano sede della Fscoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli Studi di Siena. 217 Sulle tappe della decadenza della struttura materiale dell’abbazia si veda CANE- STRELLI, 1989, pp. 54-59. 218 PECCI, ASS, Ms. D.69, pp. 177-178. 219 ASCHERI-CIAMPOLI, 1990, p. 61. 220 ASCHERI-CIAMPOLI, 1990, p. 158.

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