1988 Parte 1 Pp. 1-329

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1988 Parte 1 Pp. 1-329 MMDCCXLI AB VRBE CONDITA GIULIANA STADERINI PICCOLO - Autoritratto (1983). Tra l'Urbe e l'Agro Romano Un piccolo castello dimenticato Ut rosa flos florum, sic est domus ista domorum (Scritta sull'Ospedale di S. Spirito di Dijon) Nel 1910 Giuseppe Tomassetti dedicava diciotto righe del secondo volume della sua classica Campagna Romana (p. 591) alla tenuta di Porcareccia, ma non faceva affatto parola del castello omonimo. Di esso taceva del tutto an­ che Edoardo Martinori nei tre fondamentali volumi da lui dedicati nel 1932 al Lazio Turrito e si accontentava solo di nominare appena, a pagina 283 deì primo volume, una torre. oltretutto scomparsa, un tempo compresa nella pros­ sima tenuta di Porcareccina. Invece, per mio conto, al predetto castello di Porca­ reccia nel 1971 io avevo doverosamente riservato una ben­ sì telegrafica ma succosa menzione, non senza precisare che esso era conservato, restaurato, integrato; e ciò specifica­ vo in un elenco delle fortificazioni del Lazio che redassi allora in una settimana (ero un baldo giovanotto appena sessantacinquenne) e che poi, in una riedizione del 1976, arrivò a comprendere 1003 manufatti (proprio così: mille e tre, come le donne di Don Giovanni in Ispagna solamente). Anche sulla scorta di quella mia vecchia compilazione, la Sezione Lazio del benemerito Istituto Italiano dei Ca­ stelli nel 1985 ha pubblicato un bel repertorio, il quale, benché intitolato Carta dei luoghi fortificati del Lazio, è in realtà molto di più e di meglio che non un mero lavo­ ro cartografico (per quanto le cinque carte allegate siano pregevolissime), dato che la trattazione descrittiva ivi com- L 7 presa passa in nv1sta ad uno ad uno, nella consistenza e gne romane del buon tempo antico. Poiché intorno al 1930 nelle più importanti vicende di ciascuno, ben 787 monu­ la vigna dei miei cugini venne espropriata per la creazio­ menti laziali. Senonché del castello di Porcareccia tale pur ne del Foro allora Mussolini e ora Italico, essi trasferi­ ottimo studio (peraltro esplicitamente presentato come rono i loro penati, per così dire, suburbani a quindici chi­ « prima edizione di partenza ») pervenuto a pagina 45 scri­ lometri circa da Roma propriamente detta, nel territorio ve fondamentalmente solo: Torre, traccia storica; e, qua­ compreso fra le vie Aurelia e Trionfale. Ivi acquistarono si ciò non bastasse, aggiunge perfino: ora non ce n'é pw infatti un'ampia proprietà già appartenuta al famoso ospe­ traccia. Quando ho letto ciò mi sono detto: ohibò, a que­ dale romano di Santo Spirito in Sassia, nella quale pro­ sto punto bisogna correre ai ripari. prietà era compreso appunto il castello di Porcareccia, co­ Correre per modo di dire, s'intende; e infatti, solo per stituente il centro aziendale della tenuta. Delle ormai an­ fare mente locale e per decidermi a intervenire concreta­ che esse purtroppo scomparse figlie del predetto Antonio mente, mi ci sono voluti due anni di meditazioni e inol­ Pagnoncelli Toni, una, Maddalena, aveva sposato il conte tre un incontro casuale con alcuni dei carissimi proprie­ Carlo M. Fossati, e l'altra, Matilde, Francesco Giovenale, tari del maniero. Tanto vale, infatti, che lo confessi su­ cugino suo e mio, perché era figlio di un'altra sorella di bito e in tutte lettere: esso apparteneva a miei cugini per mio padre, Teresa, coniugata col grande architetto ed eru­ parte paterna e appartiene ormai ai loro figli, perciò, co­ dito romano Giovanni Battista Giovenale. Porcareccia ap­ me si dice, a miei nipoti-cugini. I primi, cioè i miei cugi­ partiene ormai ai loro eredi, cioè a questi miei, a doppio ni (quelli, per intenderci, della vecchia generazione; insom­ titolo, nipoti-cugini. ma, ahimé, quelli della mia generazione), erano i Pagnon­ Come ho accennato, il Tomassetti nel luogo citato non celli Toni ed erano figli di Antonio, illustre avvocato ro­ parla punto dell'edificio fortificatorio di Porcareccia. In mano, e di sua moglie Maria, sorella di mio padre. Pos­ compenso quanto egli dice sulla vasta proprietà terriera sedevano, oltre a parecchie altre '":se, il noto e prezioso che al castello faceva capo non è espresso in modo per­ Palazzo dei Pupazzi in via Capolecase 3 (un autentico gioiel­ spicuo. Con una certa fatica dal detto autore - come dal lo che nel Settecento mi pare sia stato creato da France­ Nibby (II, 598, 599) e dal Gell (360) - si riesce a com­ sco Rosa e che certamente appartenne poi, nello stesso se­ prendere che, all'epoca in cui il Tomassetti stesso pubbli­ colo, al maestrevole pittore Matteo Toni, antenato diretto cò il predetto volume, cioè nel 1910, di quella tenuta a­ di questi miei cugini); e inoltre una stupenda e vastissima gli Ospedali di Roma appartenevano ancora circa 2000 et­ villa - ma, alla romana, la chiamavamo la vigna, anche tari, pera_ltro pervenuti piuttosto tardi, e precisamente nel se di viti non v'era nemmeno più il ricordo - sulle pen­ 149i, in possesso dell'Ospedale di S. Spirito. A questo in­ dici di Monte Mario, in vista di tutta Roma e contigua, vece Innocenzo III dei Conti di Segni - il pontefice che verso Nord, di quella Villa Stuart, già Syri e Carpegna, og­ foce divenire romano l'istituto fondato da venti anni in getto di un brillante e dotto studio di Cecilia Pericoli Ri­ Francia da Guido di Montpellier - intorno all'anno 1200, dolfini edito alle pagine 373-396 del mio (ne fui ispirato­ perciò quasi tre secoli prima del citato anno 1491, aveva re e ordinatore) Lunario Romano del 1975 intitolato Vi- già assegnato una vicina tenuta di un 500 ettari; ma, a 8 9 -....._ quanto pare, nella crisi del 1527 l'Ospedale questa parte (che, secondo il Tomassetti, sarebbe stata la più antica) era stato costretto a venderla. In tale parte - allora ven­ duta, che, come ho già ricordato, è adesso chiamata Por­ careccina e cui corrisponde, a un paio di chilometri dal­ l'altro, un casale di tal nome - è certo però che non era compreso il fortilizio oggetto della presente notarella, tan­ to è vero che quest'ulti,mo conserva tuttora, come si ve­ drà, un numero considerevole di stemmi pertinenti a Pre­ cettori posteriori al predetto anno del Sacco di Roma. In altri termini, il castello del quale vado discorrendo è sempre rimasto fino al 1909 circa in possesso della pia isti­ tuzione: esso, localmente e nella Carta d'Italia al 25.000 dell'Istituto Geografico Militare (F" 149 I N.E. Monte Ma­ rio), è indicato col nome di Porcareccia Vecchia e sta, in linea d'aria, a sei chilometri a Ovest della vetta di Monte Mario. Tento ancora di riferire in modo diverso il poco che '"'1 ! ci trasmette il Tomassetti. Costui dice che probabilmen­ te la più antica notizia che si abbia su Porcareccia è quel­ raggiamento ( ... ) della potenza baronale dalla città verso la secondo la quale una parte di essa nel 1002 fu donata la campagna e viceversa, in modo da potersi riscontrare da un prete Romanus alla chiesa di S. Lucia delle Quat­ nei singoli baroni un dominio più o meno continuato in tro Porte, alias S. Lucia della Tinta a Monte Brianza; e linea strategica da Roma al loro quartier generale di cmn­ che la seconda notizia è di due secoli più tardi, esatta­ pagna (castello). E a pagina 109, pervenuto a trattare, da mente del 1192, di quando cioè Celestino III Bobone ne tale punto di vista, della regione tusco-romana, lo esem­ dispose a favore delle chiese di S. Maria dominae Rosae plifica con la vecchia famiglia trasteverina dei Normanni, e di S. Lorenzo in Castro Aureo, entrambe nei pressi di i quali, feudatari di origine militare di ventura, formaro­ Via delle Botteghe Oscure, con una bolla per la quale il no la loro strada all'inverso ( ... ) da Vetralla, da Anguilla­ Tomassett1 stesso rinvia al Kehr (I, 109), ma il cui teno­ ra, da Galeria vennero sempre verso Roma fino all'Isola re non è nemmeno da quest'ultimo riportato. Tiberina e nel Trastevere. Per illustrare in modo estrema­ Il prelodato Giuseppe Tomassetti nel primo volume mente sintetico (non voglio dilungarmi) questa proposi­ della sua Campagna Romana e precisamente a pagina 107 zione dell'incomparabile storico dell'Agro Romano, mi pa­ (della 2' edizione) addita, con intuizione acuta, il fenome­ re che non vi sia nulla di meglio che riportare quanto no più singolare della feudalità esterna di Roma nell'ir- scrive un altro benemerito cultore di questi studi, cioè 10 11 i 1111 - il Silvestrelli (II, 605) a proposito del diruto Castello di Ivi, di faccia al sacro edificio e inquadrato dai due pila­ Luterno nei pressi di Ceri: dalle sue parole traspare in· stri di un tipico cancello romano e da una rigogliosa cor­ fatti che da tale ultimo centro fino - in direzione di Ro­ nice arborea, su una propaggine collinare che, verso tn­ ma - piu o meno a Porcareccia (che però non è nomi· montana, domina una bassura, si eleva il non grande (nes­ suno si aspetti un Bracciano o una Sermoneta né, anche nata), il territorio apparteneva alla predetta famiglia. Di­ più modestamente, alcunché di turrito e di merlato), ma ce dunque Giulio Silvestrelli che Lu terno dovette passu­ grazioso e ben articolato castello di Porcareccia, al qua­ re in enfiteusi ai Normanni: l'avevano nel 1254, figi1ra11- le si accede attraverso un bel portone cinquecentesco, ge­ do in quell'anno nel testamento d'Alberto di Giovanni di nerosamente bugnato, aperto in una sorta di avancorpo Stefano dei Normanni, col quale lasciò al figlio Giovanni: barbacanato (forse ciò che resta d'una torre: insomma, se­ Ceri, Palo, Castel Campanile, Castel Lombardi; e al figlio condo la mia terminologia, una criptotorre).
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