UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI

Incisori itineranti nell’area veneta nel Seicento. Dizionario bio-bibliografico

di Luca Trevisan e Giulio Zavatta

VERONA · MMXIII

UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI VERONA

Incisori itineranti nell’area veneta nel Seicento. Dizionario bio-bibliografico

di Luca Trevisan e Giulio Zavatta

VERONA · MMXIII Volume pubblicato con il contributo dell’Università di Verona nell’ambito del Prin 2008 Mobilità dei mestieri del libro in Italia tra il Quattrocento e il Seicento, Unità di Verona (responsabile: prof. Giancarlo Volpato)

Le voci bio-bibliografiche sono state redatte da Luca Trevisan (M - Z) e Giulio Zavatta (A - L).

Crediti fotografici: Biblioteca Panizzi (Reggio Emilia), figg. 1, 4, 5, 12 Luca Trevisan, figg. 8, 9, 11, 13, 14, 16 Giulio Zavatta, figg. 2, 3, 6, 7, 10, 15

Proprietà riservata © Copyright 2013, Università di Verona

Impaginazione e stampa: Tipolitografia « La Grafica », Vago di Lavagno (Verona)

ISBN 978-88-98513-25-3 Sommario

7 Giancarlo Volpato Una bella giornata con un pomeriggio felice

13 Giulio Zavatta Annotazioni sull’itineranza degli incisori del Seicento in area veneta

21 Luca Trevisan Appunti per l’incisione a Venezia nel XVII secolo: note di contesto

29 Dizionario bio-bibliografico

125 Iconografia

143 Bibliografia generale

151 Indice dei nomi

Una bella giornata con un pomeriggio felice di

Giancarlo Volpato

Se Subiaco era stata l’aurora, Venezia fu l’alba dei libri a stampa: un’alba ra- diosa, splendente, ricca di straordinarie novità e che illuminò l’universo della cultura sino ad un mezzogiorno di grande fulgore, con un pomeriggio che s’avviò – lentamente e in un tempo piuttosto lungo – sino ad un tramonto con poca luce. La città sulla laguna fu il luogo prediletto di tutti i tipografi, degli stampa- tori, di coloro che, a qualsiasi titolo (come compositori, come lavoratori nei più diversi ruoli, come editori, come committenti e come buoni venditori di se stessi e delle proprie opere), si occuparono dell’arte della stampa; la quale, anche in tempi relativamente brevi, riuscì a cambiare buona parte della cul- tura del mondo, anche se la sua fu una rivoluzione inavvertita almeno sino al Settecento allorquando le idee che il libro portava con sé cominciarono ad essere conosciute da un pubblico sempre più vasto. La metafora del giorno, più sopra richiamata, interessò tutte le compo- nenti della carta stampata: gli artieri del libro ne furono coinvolti. E dopo un Quattrocento splendente ed un Cinquecento fulgido, seguì un Seicento meno ricco: ma fu un pomeriggio spesso delizioso, apportatore di grazie e di sieste felici. La grande Venezia, quella che era stata la città più ricca del mondo, stava dando segni di declino: troppo luminosa era stata l’alba e il mezzogiorno di fuoco non poteva lasciare dietro di sé un pomeriggio incandescente; i merca- ti avevano preso rotte diverse, le guerre avevano tentato di sfasciare una Se- renissima che era parsa – per quasi due secoli – inattaccabile e invincibile, la 8 giancarlo volpato

Chiesa aveva pesantemente introdotto dei controlli che sino ad allora aveva- no trovato scarsi consensi. Ma le morti arrivano solitamente lente, per chi le sa preparare: e Venezia aveva coscienza che il tramonto sarebbe avvenu- to lentamente, quasi in silenzio. E così, stranamente ma forse non troppo, la Terraferma della Serenissima ebbe – nel Seicento – un sussulto che la Domi- nante non aveva mai permesso prima se non quietamente e purché non des- se fastidio. L’area veneta – assai più vasta, allora, di quanto oggi sia percepita – fu tutta interessata da un certo risveglio anche se, nei due secoli precedenti, non aveva letteralmente dormito né si era accasciata indolente. Ma Verona, Padova, Treviso, (e , luogo importante per la stampa e perfet- tamente inserita nella dominazione veneziana) non avevano dato segni ecla- tanti seppure con qualche punta di diamante niente affatto da dimenticare; tuttavia l’oblio – davanti alla bellezza e alla straordinarietà – ha sempre meri- tato la sua parte. Non saremmo corretti, tuttavia, se volessimo arridere a Venezia tante fa- coltà senza pensare a quanto avevano offerto, ed offrivano, le altre città della penisola italiana. Territorio diviso geograficamente tra potentati intelligenti e meno, tra governanti guerrieri e altri cólti, tra dominatori stranieri e signo- rie tipicamente locali, l’Italia di quei secoli aveva attirato maestranze dall’e- stero, aveva accolto insigni artieri, aveva dato ospitalità a persone versatili: tutti erano arrivati – stranieri o italiani di Stati diversi – per cogliere il mo- mento favorevole e il gusto intelligente delle buone novità. E a tutte le quali- tà riconoscibili alla cultura italiana, Venezia e l’area veneta avevano aggiunto le proprie: comodità, ricchezze, governo rigido ma preparato che non venne mai meno ad una gerarchizzazione che portò frutti notevoli per secoli, luo- ghi mirabili e un’acculturazione sconosciuta al resto del mondo peninsulare: tutto questo, raccolto sotto l’ombrello amico di un’accoglienza che non am- metteva, però, percorsi diversi dalle regole le quali, in verità, non furono mai neglette. E, così, vicino ed assieme ai veri e propri artieri del libro arrivarono anche gli artisti: pittori, scultori, disegnatori, incisori. Sono questi ultimi l’oggetto importante di quest’opera: gl’incisori della carta stampata; acqueforti, acquetinte, xilografie, bulini e, più tardi, anche litografie vennero a rendere più bello, più elegante, più ricco e “parlante” l’oggetto libro che pure aveva già affascinato il mondo. Furono secoli d’oro una bella giornata con un pomeriggio felice 9 nei quali l’area veneta (ma Venezia, come summa) scrisse pagine luminose. Sarebbe facile sciorinare qui gli splendori delle opere illustrate, ma portereb- be fuori dai compiti che quest’opera si è data. Frutto del lavoro congiunto di due ricercatori dal tatto fine e delicato, conoscitori della storia dell’arte ma, in questo caso specifico, profondi amatori dell’incisione, questo dizionario bio-bibliografico ha aperto una strada sinora poco battuta e foriera – ne sia- mo sicuri – di ulteriori lavori. Luca Trevisan e Giulio Zavatta hanno sondato repertori e documenti per redigere una piccola enciclopedia degli incisori itineranti nell’area veneta del Seicento. In un secolo, quindi, dove la ricchezza veneziana stava venendo meno e in un periodo scarsamente valutato almeno per questo specifico set- tore di quella che tutti hanno sempre ritenuto come un’arte minore. Nata e sviluppatasi quasi a complemento della pagina stampata, ritenuta sempre di non rilevante valore come tutti i paratesti, in verità ed almeno fino a qual- che anno addietro, l’incisione ha illustrato pagine di straordinaria bellezza conferendo luminosità e valore. Sbaglieremmo anche noi, però, se volessimo limitare queste espressioni artistiche come solamente dei paratesti: sarebbe come togliere il profumo ad una rosa, il colore alla porpora, il fascino amo- roso ad una carezza. E tutto questo non perché nel freddo ordinamento al- fabetico qualche nome illustre venga subito dopo o subito prima di qualche altro meno noto se non addirittura sconosciuto (tutto ciò accade in qualsia- si dizionario bio-bibliografico), ma perché il lavoro va letto e riletto nel suo insieme. Nelle loro pagine introduttive, i due autori hanno messo bene in rilievo – l’uno quasi a complemento dell’altro – le caratteristiche del secolo e le vicen- de più interessanti di esso; ma hanno, altresì, posto l’attenzione sulle figu- re degli incisori, sui loro lavori, sulle loro itineranze. A proposito delle quali non si finirà mai di saperle cogliere tutte. L’uomo, di per sé, è sempre sta- to un poco ramingo, portato a conoscere ciò che era al di là e al di sopra dei propri occhi; ma la specificità della presenza degli incisori nell’area ve- neta nel secolo “decadente” (però d’oro per la Spagna e molto rilevante per altre nazioni) fu data dall’esigenza di conoscere l’Italia, questo luogo depo- sitario del sapere, della bellezza, della storia, della cultura, che aveva appe- na dato al mondo il Rinascimento; quel Grand Tour che intrapresero molti stranieri veniva ad aprire il loro spirito, a dare ossigeno alla loro conoscen- za, a dare vita artistica alla loro ispirazione; agli italiani, che pure si spostaro- 10 giancarlo volpato no, offriva garanzie diverse che potevano andare da una sicurezza economi- ca ad un’ospitalità che s’era fatta piuttosto stretta nei luoghi d’origine, dalla certezza di lavorare senza impedimenti al richiamo degli affetti. Differenti, numerose e non sempre rintracciabili furono le ragioni degli spostamenti degli artisti; non esistono inventari esaustivi neppure per gli artieri del libro vero e proprio poiché molti furono attratti da ragioni sfuggenti a qualsiasi pure seria interpretazione. L’artista, di per sé poco incline alla quieta quoti- dianità, aveva qualche motivo in più dei suoi pur bravi compagni della carta stampata. Fughe, ingaggi, dinamiche imprenditoriali, committenze: ciascu- na di queste – come tutte le altre qui non scritte – ingloba molteplici variabi- li: e non è compito di queste poche e modeste righe andare alla ricerca delle pure importanti motivazioni giacché il lettore capirà da sé, nella lettura del- le schede, quante siano state le ragioni – più o meno nascoste – dell’itineran- za, compresa quella virtuale (si pensi, per questa, ad Isabella Piccini, che non poté mai muoversi dal suo convento, ma che lavorò per molti, bene al di fuo- ri delle quattro mura dove aveva scelto di consacrare al Signore la sua vita). Il contributo di Luca Trevisan e di Giulio Zavatta s’inserisce all’interno di un grande progetto che chi scrive – assieme a collaboratori – da qualche anno sta portando avanti e del quale vede ormai approssimarsi il traguardo. Le università congiunte di Roma La Sapienza, della Calabria, di Macerata, di Messina e di Verona lo hanno voluto e ne hanno perseguito gli esiti. Questo lavoro fa parte del Prin La mobilità dei mestieri del libro in Italia dal Quattrocento al Seicento, partito nel 2009 (ufficialmente con bando 2008): un progetto dalle precise coordinate geografiche e cronologiche che, per la pri- ma volta nel nostro paese, ha affrontato un tema pressoché sconosciuto o, per lo meno, assai poco trattato. Impiantare officine e poi traslocare, mae- stranze e maestri che assumevano istanze migratorie non sempre facili, af- fittare torchi per soddisfare committenze, fuggire per ragioni politiche o religiose, rifare laboratori, creare piccoli imperi di ricchezza, fare e disfare società per lavorare: nessuno, sinora, se ne era occupato ma il progetto Prin ha saputo sciogliere molti nodi ed ha offerto buoni riscontri per eventuali al- tre ricerche. Un voluminoso libro che raccoglie gli atti di un convegno in- ternazionale dove studiosi stranieri hanno portato i loro contributi accanto a ricercatori italiani, un ponderoso dizionario bio-bliografico in due volumi che metterà insieme – per la prima volta – oltre 650 artieri itineranti del libro (ora in dirittura d’arrivo) sono le maggiori risposte a quel progetto. una bella giornata con un pomeriggio felice 11

Ad essi si affianca quest’opera: più riduttiva cronologicamente e assai meno estesa dal punto di vista geografico: ma corposa, più di quanto si pensasse aprioristicamente e innovativa. L’unità di Verona l’ha voluta perché sia – come tutti avranno modo di constatare – il naturale compimento dell’ampia ricer- ca e si configuri come un omaggio ad una terra culturalmente vivace in un secolo apparentemente “minore”, ma – in realtà – assai laborioso: come un pomeriggio felice dopo una prima parte radiosa della giornata.

Verona, 31 luglio 2013

Annotazioni sull’itineranza degli incisori del Seicento in area veneta di Giulio Zavatta

Il Seicento è uno dei secoli più complessi dell’epoca moderna, tanto da aver dato adito a differenti definizioni: la più diffusa è certamente quella di “seco- lo di ferro” per le guerre che interessarono l’intera Europa, ma è ritenuto an- che un secolo d’oro per il progresso scientifico, mentre forse il termine più ricorrente è quello di “contraddittorio”. La guerra dei trent’anni (1618-1648), conclusasi con la pace di Vestfalia e con il Trattato dei Pirenei, ridisegnò in- fatti la geografia politica europea, sancendo di fatto il declinare dell’idea di impero in favore di stati sempre più “nazionali”, nei quali spesso si formava- no complesse corti. Nella prospettiva veneziana, il Seicento fu anche il seco- lo delle guerre in Oriente, della perdita di Candia, ma anche di brevi e spesso effimere riconquiste come quella della Morea. Ancora il Seicento fu il seco- lo delle grandi epidemie di peste – particolarmente virulenta quella venezia- na del 1630 – e al contempo di notevoli evoluzioni tecniche e scientifiche. Nel XVII secolo, inoltre, si registrarono numerose crisi finanziarie, la più nota delle quali è probabilmente la “bolla dei tulipani”, che vide crollare in bre- ve volgere di tempo la florida economia dei paesi del nord, che per di più vis- sero – anche a causa delle lunghe guerre – un consistente calo demografi- co. Considerando dunque la complessità di questo lungo periodo, anche solo tramite i necessariamente brevi accenni di contesto appena richiamati, uno studio che volesse cercare in maniera esaustiva di comprendere le ragioni delle migrazioni seicentesche in generale e degli artisti in particolare risulte- rebbe – quantomeno – ambizioso, e tanto più in un’area limitata come quel- la relativa al presente dizionario, inteso a registrare tramite i repertori gli spo- 14 GIULIO ZAVATTA stamenti di incisori dal Veneto e verso il Veneto. Pur con questa premessa, la varietà della casistica comunque riscontrabile anche in un così ristretto cam- po disciplinare e geografico consente di fare valutazioni non prive di signifi- cato, e non solo in senso quantitativo. Rudolf e Margot Wittkover, tra gli “artefici e artigiani itineranti” del loro Nati sotto Saturno cercarono di riassumere le cause che storicamente e psicolo- gicamente spingevano gli artisti a spostarsi – spesso lungo le stesse vie battute dal commercio – tra mito d’irrequietezza e ragioni più prosaicamente contin- genti. Indotti dai « problemi economici » e dalle « contese politiche che affligge- vano l’Europa », persistevano tuttavia secondo gli studiosi anche antiche con- suetudini alla migrazione e « una sete di conoscenza e un desiderio intenso di libertà ». Tra i casi più eclatanti del Seicento, i Wittkover scelsero proprio quel- lo di un incisore: Jacques Callot. Nato a Nancy nel 1592, proveniente da una famiglia assai ricca, le biografie raccontano che fuggì di casa più volte diretto verso l’Italia e, secondo Baldinucci, « per lungo e penoso viaggio si portasse a Roma affine di dare adempimento a’ suoi virtuosi pensieri, agl’incomodi d’un povero e stento vivere si soggettasse ». Il desiderio di visitare la città dei papi, del resto, era vivo in ogni artista fin dal secolo precedente, tanto che Franci- sco de Hollanda nel 1548 aveva sentenziato che « né i pittori e gli scultori né gli architetti possono produrre opera di molto pregio se non fanno un viaggio a Roma ». Il Seicento, peraltro, fu il secolo nel quale prese avvio l’usanza del Grand Tour, lungo viaggio – che poteva durare alcuni mesi oppure molti an- ni – attraverso l’Europa e soprattutto l’Italia al fine di perfezionare la propria conoscenza culturale, con particolare attenzione per le belle arti e per i segni della classicità. Inizialmente dedicata all’educazione della nobiltà, in progresso di tempo, l’usanza si estese alla ricca borghesia e soprattutto agli artisti. La te- orizzazione “moderna” del Grand Tour avvenne proprio agli inizi del Seicento, e dapprima riguardò alcuni pionieri inglesi. Francis Bacon in Of Travel (1615) definì il Grand Tour come esperienza indispensabile per un giovane che ambis- se ad assumere un ruolo dominante nella società del suo tempo. Uno degli iti- nerari di questo viaggio prevedeva l’accesso in Italia varcando il Brennero e includeva dunque la visita di Verona, Padova e Venezia, tappe che erano pe- raltro ineludibili per chi intraprendesse il percorso con intenti artistici. Per questo, tra i motivi di immigrazione o emigrazione artistica più fre- quenti da o per il Veneto troviamo proprio la necessità di seguire le rotte del Grand Tour, evento che caratterizza le biografie di non pochi incisori che si in- ANNOTAZIONI SULL’ITINERANZA DEGLI INCISORI DEL SEICENTO IN AREA VENETA 15 contrano in questo dizionario. È il caso per esempio del veneto Antonio Ba- lestra che, nato a Verona nel 1666 da una famiglia agiata, fu avviato agli stu- di letterari prima e a quelli pittorici poi. Per questo fu a Roma in giovane età dopo aver attraversato varie città d’Italia e per ben due volte nella sua vita lo si ritrova intento a spostarsi per le mete “classiche” del Grand Tour. Nu- merosi, naturalmente, furono gli stranieri che transitarono per periodi più o meno brevi a Venezia o in Veneto nell’ambito del viaggio di istruzione artisti- ca, come Johann Wilhelm Baur che compì il tour in Italia tra il 1631 e il 1637, o poco dopo Claes Berchem, che viaggiò per la penisola tra 1642 e 1645 dedican- dosi soprattutto a trarre impressioni paesaggistiche. Non diversamente, sog- giornarono in Italia per qualche tempo il francese Pierre Brébiette, l’olandese Karel Dujardin, l’anversese Jan Fyt e il conterraneo Arnold Van Westerhout, ma anche Heindrick Goltzius, uno dei più importanti incisori a cavallo tra Cinque e Seicento. Si può rilevare inoltre che tutti gli esponenti della famiglia Kilian, stanziata ad Augsburg dove mantenne per decenni una fiorente attivi- tà di incisione e stampa, compirono un viaggio di studio e di aggiornamen- to in Italia, che toccò immancabilmente Venezia. Johann Heinrich Schoen- feld visse in Italia per circa un ventennio tutto caratterizzato da spostamenti che da Roma e dalle città del sud lo portarono a un lento e progressivo avvi- cinamento ai paesi del nord Europa passando per il Veneto, mentre il france- se Israel Silvestre risiedette in varie città italiane tra il 1640 e il 1655 prima di fare rientro a Parigi, anch’egli sostando, come “prescritto”, nella Serenissima Repubblica. Indubbiamente, dunque, il fascino del Grand Tour fu in grado di attrarre in Italia numerosi artisti stranieri, indirizzati per lo più verso Roma: in questo caso la residenza veneta o veneziana costituì solamente una tappa, ancorché fondamentale, che fu spesso foriera piuttosto di suggestioni che di veri e propri momenti di residenza con connessa attività artistica. A spinge- re i nostri pittori e incisori verso l’Urbe contribuì anche la nascita delle Ac- cademie: nel 1666 fu fondata a Roma quella di Francia da Luigi XIV, mentre dal Cinquecento era attiva quella di San Luca, che accoglieva nei suoi ranghi anche artisti stranieri. D’altro canto il valico del Brennero rimase un iter di notevole importanza e ininterrotto tanto per i commerci, quanto per le arti, e anche Venezia con i suoi fondachi occupati da cittadini nordici e orientali continuò a dare ospitalità temporanea o duratura a diverse civiltà. Se nell’ambito del Grand Tour dunque la Serenissima ebbe un ruolo mol- to importante ma subordinato rispetto a Roma, nel campo tipografico con- 16 GIULIO ZAVATTA tinuò invece a mantenere il primato italiano. Venezia, anche nel Seicento, ri- mase infatti una delle città europee più importanti per l’editoria, e proprio le stamperie lagunari furono motivo di immigrazione di numerosi incisori, che trovarono nella città dei dogi occasione di lavoro spesso in maniera duratura. Negli ultimi anni del Cinquecento e nel primo Seicento l’industria tipo- grafica veneziana era infatti ancora una delle attività economiche di mag- gior rilievo nella città, essendo riuscita a resistere, pur con un cospicuo calo, agli Indici dei libri proibiti. Dopo la chiusura del Concilio di Trento e l’isti- tuzione della censura gli elenchi di libri proibiti erano diventati sempre più ampi, e le regole per ottenere l’imprimatur più restrittive e vessatorie. Si sti- ma comunque che « il comparto tipografico veneziano desse lavoro a quattro o cinquecento persone, e con almeno trentaquattro torchi attivi immettesse sul mercato italiano ed europeo una quantità di opere a stampa di molto su- periore a quella prodotta da ogni altra città italiana » (Zorzi 1997). Sebbene non si vivessero più i fasti del XVI secolo, l’attività editoriale veneziana rima- se comunque fiorente. Tra gli incisori che si sono stabiliti a Venezia nel XVII secolo troviamo, così, numerosi artisti che si dedicarono all’illustrazione libraria, nel ruolo di intagliatori o anche di imprenditori. Giacomo Franco, figlio naturale del pit- tore e incisore Battista, ad esempio, fu disegnatore, incisore, editore, libraio, mercante d’arte; pur essendo nativo di Urbino, operò sempre a Venezia dove produsse fino al 1620 numerosi libri illustrati (tra i quali il fortunatissimo Ha- biti d’huomeni et donne venetiane, stampato nel 1610), spesso in collaborazione con Jacopo Negretti detto Palma il Giovane, uno degli artisti più in vista nel- la Serenissima nel periodo a cavallo tra la fine del Cinquecento e gli inizi del secolo successivo. Negli stessi anni anche Cesare Vecellio, lontano parente di Tiziano, si segnalò come poliedrica figura di disegnatore, incisore, miniatore e impresario nella stampa. Nel medesimo segmento di incisori dediti anche al mercato delle stampe si distinse agli inizi del Seicento Giuseppe Scolari e, ugualmente, s’impegnarono nel campo dell’editoria – oltre che dell’incisio- ne – Catarino Doino e Francesco Valesio, spesso associati nelle imprese libra- rie. Quest’ultimo, in particolare, fu figura eclettica che unì all’interesse per la stampa e l’editoria quello per il commercio di disegni e carte geografiche; attitudine che trasformò la sua bottega veneziana in punto di riferimento e di approdo per numerosi incisori e artisti che gravitavano intorno alle stam- perie lagunari. Ancora legati all’arte libraria furono Giovanni Palazzi e il lon- ANNOTAZIONI SULL’ITINERANZA DEGLI INCISORI DEL SEICENTO IN AREA VENETA 17 gevo pittore Antonio Zanchi, il quale dispiegò la sua attività incisoria quasi esclusivamente in rapporto con l’editoria. Nella contiguità di questo gruppo di incisori-impresari orbitarono nei primi decenni del Seicento Johan Jenet e, anche se solo per pochi anni, Cristoforo Paulino. Dopo la peste del 1630, che comportò un comprensibile calo produttivo e una conseguente migrazione di artisti e addetti, Giovan Francesco Loredano radunò intorno a sé un grup- po di incisori e “librari” con lo scopo di risollevare l’editoria veneziana dopo la catastrofe sanitaria ed economica dell’epidemia sotto il vessillo dell’Acca- demia degli Incogniti. Nel gruppo si segnalarono in particolare Giovanni Ge- orgi, incisore forse di origine nordica, Karel Van den Dijck, Giovanni Merlo, Francesco Ruschi e Giacomo Piccini. La bottega di quest’ultimo, nella qua- le furono attivi anche i figli Pietro e Isabella, contribuì così a dare continuità all’arte incisoria e libraria ed ebbe pertanto un ruolo molto importante nel risollevarne le sorti dopo la peste. Nella seconda metà del Seicento, dopo la morte di Giacomo Piccini e in un momento di grave crisi politica ed ecomo- mica, operò infine a Venezia un gruppo di illustratori francesi tra i quali spic- cano Louis Dorigny, Jean Charles Allet e Martial Desbois, ai quali per affinità si può avvicinare anche il belga Lefèvre. Alla stampa, ad imprese editoriali e anche all’idea di viaggio possono es- sere inoltre riferite le esperienze degli incisori-cartografi, particolarmente attivi in Veneto. Figura chiave in questo ambito fu Vincenzo Coronelli, che viaggiò in Italia e in Francia chiamato dalle più importanti corti: fu fondato- re dell’Accademia degli Argonauti e autore dell’Atlante Veneto (1690), dell’I- solario dell’Atlante Veneto (1696-1697) e della Biblioteca Universale (1701), opere corredate da numerose incisioni e ammiccanti al commercio. Significativo, sotto questo aspetto, il Libro dei globi di misure differenti, opera costituita da quarantotto tavole incise da incollare su sfere per ottenere dei globi terrestri, da acquistarsi singolarmente e pubblicate con cadenza periodica: l’impresa era, in pratica, caratterizzata da una sorta di rateizzazione ante litteram. Con Coronelli collaborò sullo scorcio del XVII secolo anche il napoletano Aniello Porzio, trasferitosi a Venezia per alcuni anni, mentre l’incisore erratico Gia- como Ruffoni, a lungo attivo nelle città del Veneto, si specializzò in stampe di carattere cartografico. Figura emblematica di professionalità multiforme ed eclettica, Marco Bo- schini fu pittore allievo di Palma il Giovane, quindi incisore sotto la guida di Odoardo Fialetti, scrittore e storiografo artistico di grande successo con la 18 GIULIO ZAVATTA celebre Carta del navegar pitoresco (1660) e le Ricche Minere (1674), ma anche mediatore di quadri – ed anzi figura di rinomato connoisseur attivo presso le principali corti – venditore di vetri e perle false, possidente terriero. La sua personalità, sospesa tra arte e letteratura, commercio anche spic- cio e vita di corte (viaggiò spesso da Venezia alle principali città d’Italia e d’Europa per omaggiare i principi e per concludere affari commerciali spe- cialmente legati alle opere d’arte) riassume le numerose e talvolta contrad- dittorie istanze di un secolo complesso e spesso non univoco. L’esistenza e la formazione di numerose corti, poli d’attrazione per arti- sti e mercanti, costituì indubbiamente tra il Seicento e il Settecento uno tra i motivi più frequenti di emigrazione di pittori e incisori dall’Italia e dal Vene- to in particolare. Lo stesso fu in frequente contatto con l’am- basciatore di Spagna marchese di Las Fuentes, il duca di Mantova, Alfonso IV di Modena, il collezionista Paolo Del Sera e Leopoldo de’ Medici. Ma an- che il già ricordato geografo di chiara fama Vincenzo Coronelli fu al servi- zio di Ranuccio Farnese e per tre anni, tra il 1681 e il 1684, a Parigi alla corte di Luigi XIV, dove costruì due globi terrestri ancor oggi conservati presso la Bibliothèque Nationale di Parigi. Federico Bencovich venne nominato « pit- tore di corte et domestico » di Federico Carlo di Schönborn a Vienna, prece- duto quasi un secolo prima da Johann Wilhelm Baur, che pure era transitato per Venezia, ed era stato a sua volta pittore ufficiale della corte viennese di Ferdinando III. Il senese Giuliano Periccioli, dopo un breve periodo nella Se- renissima, fu nominato da Filippo III di Spagna maestro di disegno e gli fu af- fidata la prestigiosa mansione di seguire l’educazione del figlio. Celebre arti- sta “di corte” fu anche Rubens, che pure soggiornò a Venezia, mentre Jacopo Amigoni, dopo aver girato per tutta l’Europa, dal 1747 si stabilì in Spagna alla corte di Ferdinando IV a Madrid, dove morì qualche anno dopo. Secolo dunque delle corti, ma anche – come ricordato – “secolo di ferro” e belligerante. A testimoniare l’impatto non solo sociale ma anche visivo del- la guerra fiorì nel XVII secolo il genere pittorico della “Battaglia”, assai ap- prezzato dal mercato. Tra gli incisori attivi a Venezia va ricordata in questo contesto la singolare figura del toscano Ercole Bazicaluva, militare di carrie- ra e anch’egli personaggio di corte, essendo stato ciambellano a Innsbruck. A Venezia stampò tredici incisioni ad illustrare Le pazzie de’ savi o vero il Lam- bertaccio di Bartolomeo Bocchini. Georg Philip Rugendas, pittore di battaglie e prolifico incisore di Augusta, fu anch’egli spesso sul campo per osservare ANNOTAZIONI SULL’ITINERANZA DEGLI INCISORI DEL SEICENTO IN AREA VENETA 19 dal vero i soggetti prediletti, rischiando la vita alla ricerca della verità storica. A Venezia strinse una solida amicizia con il pittore Antonio Molinari e forse realizzò in laguna alcune delle sue incisioni. Constatato dunque che tra i motivi di migrazione degli artisti attestati in questo dizionario non manca nessuno dei più rilevanti caratteri storici del Seicento, è necessario sottolineare che alcune migrazioni artistiche sono in- vece legate molto semplicemente alla contiguità geografica. Se nel Cinque- cento l’arte veneta visse un dualismo non privo di contatti e reciproche in- fluenze con la scuola tosco-romana, nel Seicento si intensificarono i rapporti con la vicina Emilia. Numerosi artisti emiliani pertanto varcarono il Po e si portarono in Veneto per periodi più o meno lunghi, operando per le tipo- grafie veneziane o esportando la loro proposta artistica nelle terre della Se- renissima. Già sul finire del Cinquecento l’istanza di rinnovamento artistico dei Carracci – tradotta in incisione in particolar modo da Agostino – indivi- duò nell’arte veneziana uno dei suoi cardini. Attivi a Venezia o più in gene- rale in Veneto furono anche Domenico Maria Canuti, Giovan Gioseffo Dal Sole, Odoardo Fialetti, Giacomo Gallinari e Antonio Domenico Triva. An- che se questi artisti furono richiamati dalla possibilità di commissioni pitto- riche piuttosto che incisorie, la loro numerosa presenza appare tutt’altro che insignificante anche sotto l’aspetto calcografico: basti per questo richiamare il già ricordato alunnato di Marco Boschini presso Odoardo Fialetti proprio per apprendere l’arte dell’incisione. Un caso particolare è inoltre costituito da Karel van den Dijck. Originario di Anversa, dopo l’apprendistato nella bottega di Peeter Verhaght, intorno al 1634 si trasferì a Venezia, dove sposò Lucrezia, una delle figlie di Nicolas Re- nier, noto pittore e mercante d’arte, divenendo anche cognato di Pietro Del- la Vecchia, sposato con la sorella minore della moglie, Clorinda. Stabilitosi dunque in laguna in seguito a questioni matrimoniali e parentali, anch’egli percorse in seguito la via delle corti e nel 1657 chiamato da Carlo Gonzaga si trasferì a Mantova. Da ultimo, vanno richiamati tre artisti che migrarono per un senso inti- mo di irrequietezza, piuttosto che per il « desiderio intenso di libertà » richia- mato dai Wittkover. Simone Cantarini, straordinario pittore, disegnatore e incisore, trovò nella sua vita numerose occasioni di contrasto con i colleghi e anche con il maestro . Secondo Malvasia « fu egli altiero molto, e satirico non meno per proprio istinto, e natura, per motivo e istigazione de- 20 GIULIO ZAVATTA gli adulatori », e nel suo continuo errare trovò la morte a Verona probabil- mente dopo essere stato avvelenato alla corte di Mantova. Per il suo tempe- ramento rissoso, il pittore e incisore veneziano Marco Ricci durante una lite uccise un gondoliere, circostanza per la quale fu costretto a fuggire a Spala- to, dove sostò quattro anni, per poi rientrare in Italia recandosi a Roma e Na- poli prima di poter far rientro a Venezia. Vicissitudini della vita, dunque, ma anche casi della storia, opportuni- tà del mercato, ricerca di un’esistenza migliore o più agiata, allontanamen- to dalla peste o dalle calamità naturali o economiche, commerci, vita agiata di corte o in pericolo nei campi di battaglia, fughe dalla giustizia, tour d’Italie vissuto in maniera erratica o comodamente al seguito di ricchi e nobili pro- tettori: anche solo attraverso il centinaio di incisori, individuati nei reperto- ri, il Seicento appare quel « gran teatro del mondo » messo in scena da Pedro Calderón de la Barca nel 1641, dove gli uomini e, in questo caso gli artisti, ap- paiono attori che mettono in scena ruoli spesso assai diversi.

Bibliografia essenziale Carlo Cesare Malvasia, Felsina pittrice: vita de’ pittori bolognesi, , Guidi all’Ancora, 1678 (Bologna, Guidi dell’Ancora, 1841). Federico Seneca, Il doge Leonardo Donà. La sua vita e la sua preparazione politica prima del dogado, Padova, Antenore, 1959. Rudolf Wittkover, Margot Wittkover, Nati sotto Saturno. La figura dell’artista dall’anti- chità alla Rivoluzione francese, Torino, Giulio Einaudi, 1968. Ivo Mattozzi, “Mondo del libro” e decadenza a Venezia (1570-1730), “Quaderni Storici”, 24 (1989), pp. 743-786. Alfonso Mirto, Librai veneziani nel Seicento: i Combi-La Noù ed il commercio con l’estero, “La Bibliofilia”, 91 (1989), pp. 287-305. Cesare De Seta, L’Italia del Grand Tour: da Montaigne a Goethe, Napoli, Electa, 1995. Marino Zorzi, La Venezia Barocca. Arte e cultura: la produzione e la circolazione del libro, IV, in Storia di Venezia, Roma, Istituto dell’Enciclopedia Italiana, 1997. Francesca Cocchiara, Il libro illustrato veneziano del Seicento. Con un repertorio dei principali incisori e peintres-graveurs, Padova, Il Prato, 2010. Giancarlo Volpato, La mobilità dei mestieri del libro nell’area veneta tra Quattro e Seicento, in Mobilità dei mestieri del libro tra Quattrocento e Seicento. Atti del convegno internazionale (Roma, 14-16 marzo 2012), a cura di M. Santoro e S. Segatori, Pisa-Roma, Serra Editore, 2013, pp. 333-359. Per la bibliografia relativa ai singoli artisti e incisori citati si rimanda alle voci biografiche del presente dizionario. Appunti per l’incisione a Venezia nel XVII secolo: note di contesto di Luca Trevisan

La Repubblica Veneta, e Venezia in particolare, furono nel Seicento terra contrassegnata dalla presenza non solo di incisori e peintres-graveurs di raffi- nata perizia tecnica, ma anche meta di innumerevoli intagliatori, acquafor- tisti, silografi itineranti: sia all’interno del territorio dello Stato, sia – ed è il caso più frequente – provenienti da altri paesi, spesso lontani; artisti giunti in Italia per completare quell’apprendistato formativo attraverso l’esempio, il confronto con la lezione italiana con la quale ci si misurava nell’itinerario di un ormai collaudato Grand Tour a quel tempo ritenuto imprescindibile. Sebbene Venezia fosse assai spesso luogo di passaggio prima di raggiun- gere, transitando per Firenze, dapprima e immancabilmente Roma, e poi Napoli e i sensazionali Campi Flegrei, la laguna indubbiamente attirava nu- merosissimi artisti e intellettuali, per molteplici aspetti. Il fascino di una cit- tà unica “costruita sull’acqua” esercitava inevitabilmente un richiamo forte; ma questa voce era amplificata dall’apertura culturale della città dei dogi, dalla grande stagione artistica che alla fine del Quattrocento e poi soprattut- to nel corso del Cinquecento aveva fatto di Venezia la ribalta dell’arte della penisola. La città lagunare non era da meno dei centri maggiori – e pensia- mo essenzialmente a Roma e Firenze – del Rinascimento italiano. Un fasci- no del tutto particolare era giocato, senz’ombra di dubbio, dall’architettu- ra veneziana che sapeva stabilire in maniera privilegiata un dialogo – fatto di giochi scenografici di luci e di riflessi – con le acque che lambivano le faccia- te di chiese, case e palazzi: e questo è vero tanto per l’architettura gotico-fio- 22 luca trevisaN rita (quei valori architettonici, cioè, della cosiddetta tradizione), quanto per quella nuova, frutto delle recenti campagne di rinnovo edilizio che riscrisse- ro la città in chiave moderna: un aggiornamento delle forme e della sintassi che, come sappiamo, attraverso un recupero dell’antico assumeva i connota- ti di un messaggio retorico legandosi inscindibilmente a programmi volti a fare di Venezia la degna erede di lontani imperi: dapprima istituendola alte- rum Byzantium negli ultimi decenni del Quattrocento, trovando valido inter- prete di queste aspirazioni soprattutto in Mauro Codussi, e successivamen- te nova Roma con la renovatio urbis impostata dal doge Gritti negli anni trenta del XVI secolo, che coinvolse – e ne determinò, se vogliamo, la fortuna – Ja- copo Sansovino. Ma è certo che l’interesse maggiore, per quanti giungevano in laguna, era esercitato dalla rinomata pittura veneziana, esaltata da nomi di fortissimo ri- chiamo in tutta Europa, tra cui emergono quelli di Giovanni Bellini, Gior- gione, Tiziano, Veronese, Tintoretto, per limitarci ai più noti e conseguente- mente ai più ricercati. Con lo sviluppo del mercato d’arte, che subì un notevole incremento pro- prio nel corso del Seicento, frequenti erano infatti le presenze di mercanti, intenditori, agenti e procuratori inviati da regnanti stranieri per acquistare dipinti. La circostanza concorse a uno sviluppo, proprio nel corso del XVII secolo, delle pratiche di restauro, finalizzate a ripulire e a “ben presentare” tavole e tele destinate a qualche facoltoso acquirente. Pratiche essenzialmen- te condotte, com’era usanza, da scaltriti pittori (non sempre di second’ordi- ne: il caso di Pietro Della Vecchia restauratore di è ampiamente noto) abili nel dipingere “alla maniera” dei grandi maestri. Com’è facile intu- ire, però, un fitto mercato da approvvigionare, a fronte di tele dei più illustri e stimati pennelli veneziani ormai di non più facile reperimento, comportò anche lo sviluppo di attività illecite quali furti di opere d’arte e realizzazio- ne di falsi, spacciati agli acquirenti per originali. Vien da dire che aggirarsi per Venezia (ma non solo in laguna) nel tentativo di acquistare un dipinto di Bellini, di Giorgione o di qualche altro esponente di quella schiera di grandi nomi poteva rivelarsi, se incautamente condotta, operazione rischiosa. A fronte di un patrimonio che si allontanava dalla città, la pratica dell’in- cisione poteva spesso rivelarsi efficace per immortalare opere di un certo ri- chiamo. E questo funzionava non solo in queste circostanze, ma più in ge- nerale – secondo peraltro un suggerimento che era già di Vasari – per tutti i appunti per l’incisione a venezia nel xvii secolo: note di contesto 23 dipinti in genere (fossero essi realizzati a fresco ovvero su tela o tavola) qua- le metodo di riproduzione iconografica finalizzata a conservare un testo pit- torico inevitabilmente destinato prima o poi a deteriorarsi e infine ad andare perduto. Come indicava Giorgio Vasari, le soluzioni per “conservare” in un certo qual modo le opere d’arte, diremmo meglio mantenerne traccia, sono essenzialmente legate alla possibilità di descriverle, di raccontarle per iscrit- to, o alla possibilità – per l’appunto – di riprodurle in incisione. Un esempio privilegiato, proprio a Venezia, dell’importanza di questo metodo, in un’epo- ca in cui la riproducibilità tecnica dell’opera d’arte (parafrasando il titolo di un fondamentale e fortunatissimo libro di Walter Benjamin) era esperienza ancora inimmaginabile, è dato dalle incisioni settecentesche eseguite da An- ton Maria Zanetti di quanto ancora rimaneva ai suoi giorni degli affreschi di Giorgione e di Tiziano rispettivamente sul prospetto e sulla facciata laterale verso Rialto del Fondaco dei Tedeschi. Fu proprio nel Seicento, infatti, che questo genere andò affermandosi e affinandosi nella Repubblica di Venezia. Fu un’affermazione che andò di pari passo con la produzione libraria e che si sviluppò attraverso le esperienze culturali maturate in seno alle accademie e all’ambito universitario dello Stu- dio patavino. Ciò avvenne contestualmente alla generale ripresa che seguì la crisi del 1630 dovuta alla terribile peste che falcidiò un terzo della popolazio- ne della capitale e che determinò una diaspora di artisti, letterati, stampato- ri. Una svolta fondamentale si verificò grazie a Giovan Francesco Loredano, un giovane patrizio che accolse presso la propria residenza di San Zanipo- lo i « più begli ingegni » dell’epoca e fondò l’Accademia degli Incogniti. I vari soci si riunivano periodicamente per leggere ad alta voce i libri, commentar- li, esercitarsi all’arte oratoria o nelle tecniche di composizione: è facile intu- ire come l’accademia fosse rapidamente in grado di configurarsi come un centro di produzione e di diffusione libraria assai rilevante, riuscendo conse- guentemente a dare un notevole impulso al mercato editoriale e a promuo- vere il dibattito culturale nella Venezia dell’epoca. Non fu certo la sola accademia, ma indubbiamente, in quegli anni, fu la più influente e dinamica. L’interesse di molti soci per la musica, il melo- dramma e il teatro fu alla base della pubblicazione di numerosi libretti d’o- pera destinati alla rappresentazione drammatica: un genere del tutto parti- colare che favorì l’ingresso nei volumetti dati alle stampe di tavole incise a commento grafico del testo. Per la prima volta il rapporto dialettico tra la 24 luca trevisaN letteratura e l’illustrazione si fa dunque più serrato e a volte interdipenden- te. In questo panorama la pittura che maggiormente affascinava – e che dun- que si prestava particolarmente a essere tradotta in incisioni – era quella dei grandi maestri del Cinquecento (Tiziano, Tintoretto e Veronese), ma riscuo- teva deciso successo anche la pittura di Pietro Della Vecchia, le cui doti di falsario ne fecero un raffinato imitatore di Giorgione, e del “neoveronesia- no” Francesco Ruschi, oltre alle allegorie festose e licenziose di Pietro Liberi o alle ordinate composizioni classiciste di Giulio Carpioni. La maggior parte dei volumi che uscirono dal circuito dell’Accademia de- gli Incogniti era pertanto illustrata: fu infatti proprio grazie alla produzio- ne Incognita che il libro veneziano iniziò a mutare la propria fisionomia e le proprie coordinate compositive. A partire dai primissimi anni quaranta del secolo iniziò per l’appunto a comparire una nuova tipologia illustrativa dei testi a stampa che prevedeva la presenza di un’antiporta. Questa tavola in- cisa in rame precedeva talvolta, oppure sostituiva, il frontespizio e rappre- sentava sostanzialmente un’evoluzione di quest’ultimo, dovuta alla difficoltà di far coesistere in una stessa pagina un titolo prolisso ed enfatico, secondo un’usanza tipicamente barocca, con un’illustrazione di apertura sempre più elaborata. Inoltre non era nemmeno possibile stampare simultaneamente i caratteri tipografici dei titoli e l’immagine calcografica, dal momento che i due processi di stampa necessitavano di torchi diversi. L’antiporta fu dunque la risposta a queste nuove esigenze: essa aveva la funzione principale di tra- slitterare in chiave spesso allegorica il contenuto del testo del volume sul pia- no figurativo, dando vita a un insieme compositivo scenografico, persuasi- vo e di grande effetto in grado di combinare scrittura (ridotta all’essenziale) e immagine con l’intento di affascinare e catturare fin dal principio il lettore. Assunto sempre maggior valore col tempo, l’antiporta divenne un vero e proprio “episodio narrante”, com’è stato pregnantemente definito: le scene acquisirono col passare dei decenni sempre maggiori sfumature e più raffi- nate profondità pittoriche, grazie a incisori che diedero prova delle loro fan- tasie compositive. A quel punto, si può dire che la trasformazione del libro in quadro era pressoché compiuta. Contestualmente alle antiporte, progressivamente più ricche e articolate, si sviluppò l’usanza di inserire nei libri dei ritratti: dall’autore del volume, al dedicatario, ai personaggi storici o della mitologia su cui si soffermava il te- sto. In quest’ordine, emblematici di questa nuova usanza furono alcuni volu- appunti per l’incisione a venezia nel xvii secolo: note di contesto 25 mi che videro la luce tra gli anni quaranta e cinquanta e che ebbero grande fortuna fin da subito. Nel 1647 si pubblicavano a Venezia, presso Francesco Valvasense, le Glorie de gli Incogniti, una sorta di repertorio bio-bibliografi- co di oltre cento membri del sodalizio, uscito in forma anonima ma del tut- to verosimilmente da attribuire allo stesso Loredano e a Girolamo Brusoni. L’antiporta allegorica, di forte impatto e di alta qualità, è un esempio dei ver- tici raggiunti da quest’arte: un possente Ercole si regge poggiandosi su di un basamento scolpito con l’emblema accademico, mentre sopra di lui Diana blocca l’incursione del Tempo – il cui scorrere è rappresentato da una clessi- dra rovesciata a terra – a voler testimoniare che la fama degli Incogniti reste- rà immortale nei secoli. L’inventio, di Francesco Ruschi, venne tradotta in in- cisione da Giacomo Piccini, al quale spettano diversi ritratti degli accademici contenuti nel volume, mentre altri recano le firme di Marco Boschini e di Giovanni Georgi. Solo l’anno successivo venivano date alle stampe a Venezia per i tipi di Giambattista Sgava Le Maraviglie dell’Arte di Carlo Ridolfi, un testo di gran- dissima importanza che, sul modello delle Vite vasariane, celebrava in appo- site voci biografiche i più illustri pittori della Repubblica. La roboante an- tiporta con l’Allegoria della Pittura su inventio dello stesso Ridolfi, venne eseguita dal raffinato bulino del Piccini, la cui fama andava crescendo pro- prio in quegli anni, al quale pure si deve la maggior parte dei centocinquan- ta ritratti degli artisti contenuti all’interno del volume. Spetta tuttavia a Gio- vanni Georgi (che già, come abbiamo testé osservato, aveva collaborato col Piccini nelle Glorie de gli Incogniti) l’esecuzione del ritratto di Tiziano, il più importante pittore – secondo il giudizio dell’epoca – nell’empireo degli arti- sti veneti, direttamente ripreso da un autoritratto del cadorino. I due abilissimi incisori, inoltre, ancora lavorarono fianco a fianco al pro- getto di illustrazione della Scena d’huomini illustri d’Italia del conte vicentino Galeazzo Gualdo Priorato, opera pubblicata a Venezia nel 1659, corredata di una serie di ritratti di principi e cardinali e impreziosita da una bella antipor- ta intagliata dal Piccini su probabile modello di Pietro Liberi. La diffusione dell’incisione nel settore librario, che tanto valse a rinno- vare il mondo editoriale veneto, fu dunque rapida e determinante. A essa si affiancava poi tutta una produzione incisoria slegata dal supporto del li- bro: fogli volanti più facilmente smerciabili che ritraevano personaggi illu- stri, monumenti o, come precisavamo, opere d’arte che si voleva tramanda- 26 luca trevisaN re, divulgare, e di cui si tentava in qualche modo di conservare e diffondere l’iconografia. Quando nel 1660 morì Giacomo Piccini e, l’anno immediatamente ap- presso, si spense Francesco Ruschi, si ebbe la percezione che un’era fosse in un certo qual modo terminata. La situazione politica e sociale a Venezia non era certo delle migliori. I problemi economici derivanti dalla guerra di Can- dia, che durava dalla metà degli anni quaranta e che si sarebbe conclusa con una sconfitta per Venezia nel 1669, contribuiva a segnare il momento di svol- ta. L’aumento in questo periodo di confraternite religiose, di liturgie, di pra- tiche sacramentali, la nascita di due accademie di stampo religioso (rispetti- vamente dei Filadelfici e dei Trattenuti), la diffusione di nuove pietà popolari hanno indubbiamente origine dalle difficoltà del periodo che si stava viven- do. Ne conseguì un forte sviluppo di immagini “controriformate” divulga- te a mezzo stampa, semplici, efficaci e immediate, pensate per avvicinare le masse al messaggio evangelico. L’incremento delle attività devozionali, la nascita di un collezionismo agiografico si rifletterono nella produzione in- cisoria, sia in immagini sciolte e in santini di rapida e capillare diffusione po- polare, sia nella produzione editoriale di soggetto sacro che proprio in quegli anni conobbe una diffusione assai significativa. Al punto da influenzare un po’ tutta la produzione letteraria veneziana, che si fece meno “libertina” an- che a causa di più severi controlli esercitati sui tipografi: dal 1655, non a caso, i Riformatori dello Studio di Padova incaricati di sovrintendere alle stampe ordinarono di apporre su ogni testo l’indicazione della licenza che essi aveva- no preventivamente rilasciato. In questo genere eccelle un’illustratrice di rara perizia, assai raffinata col bulino, che produsse numerosissime incisioni di grande qualità. Si tratta di suor Isabella Piccini, figlia di Giacomo. Questi, prima di morire, aveva sapu- to dar vita a una équipe di famiglia. Dopo la sua morte la bottega venne con- dotta dai due figli Pietro ed Elisabetta, ma sarà soprattutto quest’ultima ad eccellere nell’incisione e a dar lustro alla bottega paterna. Entrata ventiduen- ne nel convento francescano di Santa Croce assumendo il nome di suor Isa- bella, vi installò una prolifica e fortunatissima officina incisoria in cui lavo- rava generalmente sola, nonostante i tentativi di coinvolgere nel suo lavoro alcune consorelle. I legami con artisti di prim’ordine, le commissioni sempre più numerose e da località non di rado lontane da Venezia, financo esterne agli stessi con- appunti per l’incisione a venezia nel xvii secolo: note di contesto 27 fini della Repubblica, sono tutte testimonianze di una fortuna legata alla ri- conosciuta bravura della Piccini e all’apprezzamento per le sue opere (e per i suoi ritratti in particolare, felicemente influenzati da quelli incisi da Giacomo Ruffoni) che, come anticipato, furono prevalentemente di soggetto religioso. Su questo panorama va dunque inquadrata la presenza assai numero- sa di incisori e peintres-graveurs itineranti operativi nella Serenissima: vene- ziani in transito all’interno dei territori dello Stato o forestieri che sostavano nella città dei dogi per confrontarsi con la grande lezione artistica venezia- na. Questi incisori (non di rado sfuggenti e di non semplice individuazione), che racconteremo nei profili biografici del presente repertorio, concorsero a scrivere alcune delle pagine più belle della storia figurativa veneziana del Seicento.

Nota bibliografica Il presente saggio introduttivo nasce da una lettura incrociata delle varie fonti bibliogra- fiche che si sono consultate nel corso della ricerca per la compilazione delle voci bio-bi- bliografiche di questo dizionario. Ad esse pertanto si fa riferimento e, per evitare ripeti- zioni, si rimanda direttamente alla bibliografia generale del volume.

Dizionario bio-bibliografico

Allet, Jean Charles ne di soggetto religioso e ritratti ispi- (Parigi, 1668 ca. - Roma, post 1732) rati, secondo Bénézit alla maniera di François Spierre e di Cornelius Blo- Disegnatore e incisore francese, do- emaert (Bnzit, ed. 1976, I, p. 125; po gli studi a Parigi, fu attivo per la Bellini 1995, p. 10; Cocchiara 2010, maggior parte della sua vita in Italia p. 132). Tra i ritratti Ottley descri- dove, come ricorda Bnzit (ed. 1976, ve quelli dei papi Alessandro VIII da I, p. 125), risiedette già dall’età di ven- Calandrucci (1695) e di Clemente XI tidue anni. Attivo non solo a Roma, (1701), del cardinale Aloisio Amadei dove l’editore De Rossi ha pubblicato da Morandi (1690), dell’architetto ge- qualche sua opera (Bellini 1995, p. suita Andrea Pozzo (1712) e di Carlo 10), Allet fa parte della colonia di in- Emanuele I (1732); tra i soggetti sacri cisori e peintre-graveurs francesi di ricorda un San Gaetano e altre figure stanza in laguna, in un momento di da Lazzaro Baldi (1698), una Nativi- vivace scambio culturale tra le due tà, ben riuscita, da Simone Cantarini, capitali della grafica in Italia. Que- un San Vincenzo di Paola in preghiera sto momento è testimoniato dalla da Aureliano Milani (1730) e sogget- antiporta allegorica di Allet del Sa- ti tratti da Pietro da Cortona come la crum theatrum bibliorum di Lorenzo Visione di San Paolo. Santa Francesca, stampato a Vene- zia presso Antonio Tivani nel 1690. Bibl.: Ottley 1831; Bnzit (ed. 1976), Raffigura un giovane san Pietro dor- I, p. 125; Bellini 1995, p. 10; Cocchia- miente assistito dalla Religione sullo ra 2010, p. 132, fig. 285. sfondo di un tempio che irradia luce divina, un’opera « che guarda verso prototipi pittorici romani, sul mo- dello del Maratta, coniugati a un’in- Amigoni, Carlotta flessione tardo barocca veneta vi- (Venezia ?, ultimo quarto del XVII cina ai modi di Antonio Balestra e secolo ? - Londra ?, post 1749) Louis Dorigny » (Cocchiara 2010, p. 132, fig. 285). Dell’incisore si ricorda- I dati biografici di questa pittrice so- no infatti prevalentemente incisioni no scarsi, e sono ignoti la sua data di sia di riproduzione che di invenzio- nascita e i primi anni della sua vita. 32 luca trevisan - giulio zavatta

Con ogni probabilità Carlotta Ami- mò sicuramente nella città lagunare. goni, detta Amicona, era giunta a Ha lavorato in numerose città euro- Londra entro il dicembre del 1729 al pee, dopo un viaggio a Roma si recò seguito del fratello James Amiconi, per qualche tempo a Monaco di Ba- al secolo Jacopo Amigoni. Si era gra- viera; in particolare si segnala a Lon- dualmente fatta un nome come pit- dra la sua partecipazione alla società trice, ma praticò con successo anche di incisione di Joseph Wagner. Fu an- l’incisione. che a Parigi nel 1736. Dal 1747 si stabi- Carlotta, detta l’Amicona, è infatti lì in Spagna alla corte di Ferdinando ricordata soprattutto per la sua gran- IV a Madrid. Più noto come pittore, de abilità nell’incisione “a fumo”, in campo incisorio è conosciuto per tecnica nella quale alcuni ritratti da un numero limitato di acqueforti, lei fatti, come quello della Bella Auret- per lo più con motivi arcadici o mi- ti, ebbero grande successo all’estero, tologici, oppure ritratti della nobil- principalmente a Londra. In Inghil- tà europea. Impiegò l’incisione per terra Carlotta ebbe parte attiva nel- diffondere i suoi soggetti, e fu ripro- la scuola d’incisione del fratello (Pa- dotto da altri intagliatori come Gio- van Taddei, in Dbi, II, p. 796). Amati vanni Volpato, Joseph Wagner, Wil- (1829, p. 242) ne ricorda alcune vedu- liam Dickinson, Gerhard Bockman, te di Napoli e Roma incise secondo il George Vertue, Alexander van Hae- gusto del rovinismo. cken, Philip Endlich, Victor Marie Picot, John Simon, James Moore, Bibl.: Amati 1829, p. 242; Dbi (Pavan Thomas Burford e soprattutto Fran- Taddei), II, p. 796. cesco Bartolozzi. Nel campo inci- sorio il suo ruolo è rilevante, come nota Pavan Taddei (in Dbi, II, pp. 794- 796) per aver praticato « soprattutto Amigoni, Jacopo l’incisione a bulino e all’acquaforte, (Venezia o Napoli, 1682 - Madrid, 1752) tecnica che diffuse a Londra, dove con Joseph Wagner, già suo allievo, Pittore e incisore nato a Venezia (se- fondò una vera e propria scuola dal- condo le fonti antiche, nel 1675) o a la grafica sottile e nitida in contrasto Napoli (opzione ritenuta più proba- con la tecnica “a fumo” o “maniera bile, stante un documento spagno- nera” del “mezzotinto” dall’effetto lo del 1750 in cui si dichiarò « natural più pesante, già da tempo largamen- de Napoles » e sessantottenne), si for- te di moda in Inghilterra ». DIZIONARIO BIO-BIBLIOGRAFICO 33

Bibl.: Bartsch, XXI, pp. 310-311; Tib, granduca Francesco I de’ Medici. È 47-III; Bnzit (ed. 1976), I, p. 158; Dbi datata al 1584 la xilografia con il Roma- (Pavan Taddei), II, pp. 794-796; Belli- no che rapisce una Sabina dal Giambo- ni 1995, p. 12. logna della Loggia dei Lanzi; del 1585 sono la xilografia con il bassorilie- vo del piedistallo dello stesso gruppo e il Pilato che si lava le mani, tratta da Andreani, Andrea un bassorilievo di Giambologna nella (Mantova, metà del XVI secolo ? - Roma, cappella dell’Annunziata. Nel Romano 1610?) che rapisce una Sabina Andreani lavorò prima con tre legni, per i contorni, le Nato a Mantova intorno alla metà del mezzetinte e i lumi, quindi a due le- XVI secolo, città nella quale probabil- gni. Nel piedistallo tratto da Giambo- mente si formò, prima del 1584 fu a logna il lavoro d’intaglio si fece anco- Roma dove pubblicò, senza data, una ra più complicato, su quattro legni e copia in otto fogli del celebre Trion- stampato in sei fogli. A quattro legni fo della fede di Tiziano desumendola e su due fogli in larghezza è realizza- in controparte dai legni di Lucanto- to anche il Pilato che si lava le mani, nio degli Uberti (Venezia, Bernardino opera dedicata a Giovan Battista Benali, 1516) e dedicandola al pittore Deti e firmata, alla maniera fioren- Jacopo Ligozzi. Da quest’opera e dal tina, “lo ’ntagliatore”. L’artista dun- successivo uso di xilografie venezia- que mostrò di essere conosciuto e ap- ne si ipotizza un suo soggiorno a Ve- prezzato dalla committenza fiorenti- nezia, dove probabilmente acquistò na come virtuoso dell’intaglio in le- anche stampe di origine tizianesca. Il gno e come tale si definì. Risalgono Trionfo della fede di Andreani manifesta al 1585 la Sepoltura di Gesù, chiaroscu- la predilezione dell’artista per compo- ro a quattro legni tratto da un’inven- sizioni complesse e grandiose; si trat- zione di Raffaellino da Reggio, la Ver- ta, comunque, di opere ancora legate gine fra santa Caterina da Siena e san alla cosiddetta xilografia lineare, ese- Francesco e l’Allegoria della Virtù del guita con un unico legno; solo più tar- Ligozzi, utilizzando quattro legni. di iniziò a incidere e stampare con più Probabilmente prima del 1586 Andre- legni complementari sovrapposti. ani si portò a Siena, poiché in quell’an- Nel 1584 Andreani soggiornò a Firen- no pubblicò la parte più impegnativa ze, forse per interessamento del pitto- della riproduzione del pavimento del re Jacopo Ligozzi, attivo alla corte del duomo, realizzato da Beccafumi ad 34 luca trevisan - giulio zavatta intarsi di marmo (Il sacrificio di Abra- corte mantovana per poter fare ritor- mo, Eva dopo il peccato, Abele, Mosè che no in patria. Per raggiungere questo spezza le tavole della legge). obiettivo Andreani si offrì di incide- Sono del periodo senese una copia in re, sotto la protezione dei Gonzaga controparte di una stampa tizianesca, di Mantova, una delle opere a stam- detta dei Sei santi e attribuita a Boldri- pa più grandiose della sua epoca, il fa- ni da un disegno di Tiziano, che de- moso Trionfo di Giulio Cesare dipinto dica al nobile senese Fabio Bonsigno- da Mantegna al tempo di Francesco ri; del 1588 è l’Allegoria della morte di Gonzaga. Il Trionfo, realizzato in do- Giov. Fortuna Fortunius, che divulgò il dici fogli, reca due date incise: il 1598 ritratto di profilo di Dürer cinquanta- e il 1599. Contrariamente a quanto fi- seienne; dedicato al Bonsignori è an- nora creduto, l’artista non realizzò che il Passaggio del Mar Rosso del 1589, l’opera a Mantova, poiché nel 1599, copia di una xilografia tizianesca pub- come si evince dalla dedica in latino, blicata da Domenico delle Greche. In risiedeva ancora a Siena. Anche dopo una Madonna a mezzo busto tratta da la pubblicazione del Trionfo Andrea- Casolani e pubblicata nel 1591 con de- ni non venne chiamato a corte come dica al nobile senese Panfilo Bereguc- sperava, e non è chiaro quando poté ci, l’artista si firmò « Intagliatore in finalmente tornare in patria. Il suo Siena », ma nel Passaggio del Mar Ros- nome compare a Mantova nel 1602 so è già « Andrea Andreani intagliato- e fino al 1610, data presumibile, ma re mantovano ». Come è stato scrit- non documentata, della sua morte. to, « Tiziano è sempre in cima ai suoi pensieri » e di lui riprodusse altre ope- Bibl.: Bartsch, XII, p. 17 sgg.; D’Ar- re, come il famoso Diluvio. co 1840, pp. 53-59, 117-125; Thieme, Nel 1591 Andreani intagliò cinque Becker, I, pp. 468-470; Dbi (Petruc- opere dal pittore senese Alessandro ci), III, pp. 124-128; Ferrara, Bellini, Casolani, tra cui la cosiddetta Melan- D’Amico 1977, nn. 78-93. conia, e nel 1595, ancora da Casolani, la grande Deposizione dedicata al duca di Mantova Vincenzo Gonzaga. Que- sta dedica, insieme a quella rivolta al Audenaerde, Robert van cardinale Scipione Gonzaga in una (Gand, 1663 - 1743) stampa del 1591 (Mosè che spezza le ta- vole della legge) documentò il desiderio Pittore e incisore fiammingo, nato dell’artista di ingraziarsi il favore della a Gand nel 1663 e morto nella stes- DIZIONARIO BIO-BIBLIOGRAFICO 35 sa città nel 1743, dove tornò dopo una Gand, pur non abbandonando il ge- carriera passata quasi interamente in nere dell’incisione. Italia. Allievo in patria di Mierhop e L’artista era solito firmare le sue ac- di Hans van Cleff, nel 1685 si trasfe- queforti “R.V.A. Gandensis sculp.”. rì infatti a Roma, città nella quale ri- mase trentotto anni. Qui proseguì la Bibl.: Le Blanc, I, pp. 67-69; Thieme, sua formazione sotto la direzione di Becker, II, p. 235; Bnzit (ed. 1948- che ne scoprì e inci- 57), I, pp. 285-286; Milesi, p. 54; Bel- tò la doti di incisore. Per diletto Ro- lini 1995, pp. 557-558. bert van Auden Aerd fece infatti al- cune prove incisorie e non appena ebbe l’occasione di mostrarle al Ma- ratta, questi rimase particolarmente Balestra, Antonio colpito dal livello qualitativo delle ta- (Verona, 1666 - 1740) vole incise che convinse il suo allievo a consacrarsi con dedizione a questa Antonio Balestra nacque a Verona tecnica. L’artista fiammingo seguì il nel 1666 da una agiata famiglia di consiglio del maestro, del quale ri- mercanti. Avviato agli studi letterari, dusse a stampa numerosi dipinti, e si dedicò in gioventù anche alla pit- acquisì una competenza specifica e tura, introdotto all’arte dal mediocre particolare reputazione come inciso- artista locale Giovanni Zeffis. Dopo re. Le prove migliori sono rappresen- la sospensione degli studi a causa tate dalle riproduzioni a stampa di della morte del padre, dalla fine de- grandi quadri, sebbene non minore gli anni ’80 decise di dedicarsi solo perizia seppe dimostrare nell’affron- alla pittura; dal 1687 fu a Venezia alla tare la ritrattistica. scuola di Antonio Bellucci, e intorno In questi lunghi anni italiani van Au- al 1690 si recò a Roma, dove fu sco- den Aerd non mancò di soggiornare laro di Carlo Maratta, e poté studia- nel Veneto, dove ebbe modo di farsi re le grandi opere capitoline di Raf- conoscere per la sua arte e la sua tec- faello, Michelangelo e dei Carracci. nica sopraffina. Durante i suoi spostamenti si spinse Tornato infine nella città natale, ri- fino a Napoli dove osservò la pittu- prese l’interesse per la pittura ed ra partenopea coeva, e specialmente eseguì una serie di importanti di- Giordano e Solimena. Frequentò un pinti, condotti alla maniera del Ma- regolare corso di studi all’Accademia ratta, per alcune chiese e conventi di di San Luca, dove conseguì anche al- 36 luca trevisan - giulio zavatta cuni premi. Lasciata Roma, dopo un Barri, Giacomo breve soggiorno a Bologna e poi a (Venezia ?, 1630 ca. - post 1689) Venezia, tornò stabilmente a Verona sullo scorcio del XVII secolo. Rista- Pittore e incisore di riproduzioni for- bilitosi da una malattia, nel 1700 par- se di origine francese (secondo Pie- tì per un nuovo viaggio di studio che tro Zani 1819, p. 96, sarebbe stato lo portò a Bologna, Modena, Par- un « Barry Giacomo detto a Venezia ma, Piacenza e infine a Milano. Tor- Giacomo Barri Francese »), fu a lun- nato a Venezia, vi soggiornò fino al go attivo nella Serenissima. La sua 1718, spostatosi poi nella natia Vero- provenienza transalpina è stata con- na vi dimorò fino alla morte avvenu- testata da Giovanni Gori Gandellini ta nel 1740. Numerose le sue opere nelle Notizie istoriche degli intagliatori pittoriche in Veneto e specialmente del 1809 rifacendosi a fonti più anti- a Verona (Matrimonio di santa Cateri- che, tra le quali il settecentesco Abe- na e Miracolo di san Domenico in San- cedario pittorico dell’abate Orlandi. ta Maria in Organo; affreschi a villa Luigi Malaspina lo considerava, ben- Pompei a Illasi tra le opere principa- ché veneziano, « oriondo francese » li). Nella sua carriera l’incisione rico- nato a Venezia nel 1614. I suoi sogget- prì un ruolo marginale rispetto alla ti prediletti furono Tintoretto e Ve- pittura; Balestra fu infatti autore so- ronese (Adorazione dei pastori, incisa lamente di una dozzina di acquefor- nel 1667; Cena in casa di Simone Fari- ti. Tra queste una Madonna con Bam- seo). Trasse una stampa anche da La bino e san Giovannino e una Vergine col Sibilla e l’imperatore Augusto di Filip- Bambino in gloria sulle nubi firmate e po Gherardi. Sempre da Gherardi e datate “Antonius Balestra inv. et fe- da Giovanni Coli derivò alcune inci- cit 1702”. Numerosissime invece le sioni allegoriche. Incise le tavole per stampe di traduzione dai suoi sog- il Viaggio pittoresco in cui si notano di- getti, che ne divulgarono i modi in stintamente tutte le pitture famose, per maniera cospicua e capillare. Bale- G.G. Hertz, Venezia 1671 e successi- stra fu infatti pittore e artista di estre- va edizione inglese nel 1679, tradot- mo successo già in vita. ta da Guglielmo Lodge, e collaborò a Il gran teatro di Venezia ovvero descri- Bibl.: Bartsch, XXI, pp. 294-296; Tib zione esatta di cento delle più insigni 47-III; Dbi (Novelli), V, pp. 547-549; prospettive, e di altrettante celebri pit- Albricci 1982, pp. 73-88; Bellini 1995, ture della medesima città stampato da p. 27. Domenico Lovisa. DIZIONARIO BIO-BIBLIOGRAFICO 37

Bibl.: Zani 1819, p. 96; Bnzit (ed. lume del De Bello belgico del gesuita 1976), I, p. 464; Bellini 1995, p. 33. Famiano Strada (1632), una serie di circa centocinquanta tavole per illu- strare le Metamorfosi di Ovidio, ven- tiquattro lastre con la Passione di Baur, Johann Wilhelms Cristo, e una cospicua mole di ope- (Strasburgo, 1607 - Vienna, 1640 o 1642) re singole o di piccole serie, special- mente con soggetti di rovine, batta- Pittore, miniaturista e incisore stra- glie, vedute paesaggistiche, scene di sburghese, allievo in patria di Frie- vita quotidiana (in particolare roma- derich Brentel. Dopo aver lavora- na, talvolta impiegando le stampe di to nella città natale, compì un lungo Giovanni Battista Mercati come fon- soggiorno italiano attraversando la te di ispirazione), architetture e pro- penisola lungo la via del Grand Tour spettive. Fu ritratto in incisione da tra il 1631 e il 1637 (secondo Bnzit, Jan Meyssens nel 1640, secondo alcu- già dal 1626), toccando le città di Ve- ni biografi anno della sua morte. nezia, Napoli (dove vide e incise l’e- ruzione del Vesuvio del 16 dicembre Bibl.: Hollstein, II, pp. 160-162; 1631) e Roma. Fu infine chiamato a Bnzit (ed. 1976), I, p. 530; Bellini Vienna da Ferdinando III, e divenne 1995 p. 37. pittore di corte prima della precoce scomparsa. Durante il trasferimen- to da Roma all’Austria avvenuto nel 1638, soggiornò brevemente in Vene- Bazicaluva, Ercole to, come testimonia un taccuino con (Pisa o Firenze, 1610 ca. - post 1641) impressioni tratte durante il viaggio (Strasburgo, Gabinetto dei Disegni e Militare di carriera, Bazicaluva fu an- Stampe), e segnatamente a Padova e che maestro di campo del Granduca, Venezia. Alcuni soggetti veneziani di ciambellano di corte a Innsbruck, ca- Baur furono copiati e dati alle stam- stellano della fortezza di Livorno e pe da Melchior Küsel alla fine del governatore di quella di Siena, si de- XVII secolo. dicò all’incisione, apprendendo l’ar- La sua opera di incisore è estrema- te da Giulio Parigi. Nella dedica al mente prolifica, nonostante la mor- Granduca di Toscana dei Pochi e fin- te in giovane età, e comprende una ti paesi (1638) si dice di Pisa, mentre serie di illustrazioni per il primo vo- qualche anno dopo nella serie Episo- 38 luca trevisan - giulio zavatta di militari (1641) si definisce fiorenti- in particolare Luca Ferrari con cui no. Ha intagliato una quarantina di Bedogni fu certo in contatto prima acqueforti, specialmente con temi dell’esperienza padovana. Negli anni paesaggistici, ma anche espisodi di a Reggio Emilia dovette occuparsi di battaglia, cacce, ispirandosi e avvi- opere di disegno di interesse archi- cinandosi ai modi di Giulio e Alfon- tettonico, come documenta il fron- so Parigi, Remigio Cantagallina, Jac- tespizio, da lui firmato, degli Statu- ques Callot o Stefano Della Bella. Tra ti et Ordini del sacro Monte della Pietà le rare incisioni religiose spicca un di Reggio (Reggio Emilia 1634; cfr. Da- San Sebastiano. Illustrò Le pazzie de’ voli 1961, p. 10). Si tratta, tuttavia, savi o vero il Lambertaccio di Bartolo- dell’unica opera incisa nota di que- meo Bocchini, edito a Venezia, dove sto artista prima del soggiorno pado- probabilmente si recò per seguire la vano. Nel 1641 infatti è documentato stampa delle sue tredici tavole. a Padova, nella basilica di Sant’Anto- nio, dove è impegnato come frescan- Bibl.: Bartsch, XX, pp. 70-73; Tib, 44; te e come pittore di pale d’altare; in Dbi (Petrucci), VII, pp. 333-334; Belli- questi stessi anni realizza in Sant’An- ni 1995, p. 38. tonio alcuni affreschi – ancora esi- stenti – nel chiostro del Noviziato co- me il monumento dipinto a Giovanni Duns Scoto (1645). Bedogni (Bedoni, Bendoni), Nel 1648 è impegnato come frescan- Lorenzo te e probabilmente anche come ar- (Reggio Emilia, inizio XVII secolo - 1670) chitetto a villa Selvatico (ora Emo) a Sant’Elena di Battaglia (Padova), Architetto, pittore, forse scultore e dove rimangono, di un ciclo presu- incisore reggiano, Lorenzo Bedogni mibilmente molto più vasto, i dipinti (detto Lorenzo da Reggio) si formò del cupolino della sala dei venti; a vil- probabilmente presso la scuola pitto- la Selvatico sarebbe intervenuto due rica locale animata, a partire dall’ini- anni dopo il pittore reggiano Luca zio del XVII secolo, da uno dei più Ferrari. Probabilmente la « famiglia- importanti cantieri della pittura ba- rità » con Benedetto Selvatico, massa- rocca in Italia, quello della basilica ro dell’Arca di Sant’Antonio, garantì della Beata Vergine della Ghiara. Nel al Bedogni l’assegnazione della dire- cantiere della chiesa dedicata alla mi- zione dei lavori della grande « voltu- racolosa Madonna reggiana lavorò ra » dell’arca nella nuova sistemazio- DIZIONARIO BIO-BIBLIOGRAFICO 39 ne del presbiterio a partire dal 1651. Italia, fermandosi due anni a Vene- Nel 1652 realizzava sempre al Santo zia dove proseguì la sua formazio- il monumento di Giacomo, Giovanni, ne attraverso il confronto con l’arte Nicolò De Lazara e l’altare della De- veneta e dove si misurò con alcune posizione con la pala di Luca Ferrari sue produzioni giovanili. In seguito su commissione Selvatico. Tra 1648 e si trasferì, fermandovisi quattro anni, 1649 è impegnato all’altare del San- prima a Roma e poi a Napoli, percor- tissimo in Santa Giustina. Lo sposta- rendo, in buona sostanza, quelle che mento di residenza da Padova a Ve- si ritenevano essere le tappe obbliga- nezia fu molto breve poiché nel 1652, te e imprescindibili del Grand Tour. come ricorda Bnzit (I, p. 569), Fu dunque in Inghilterra e quindi Giorgio Guglielmo di Hannover lo a Cassel, dove rimase sei anni, e ad assunse come proto per il rinnova- Augsburg, prima di trasferirsi nel mento di molti edifici dei suoi domi- 1662 a Norimberga. ni. Nel 1670, data incisa nel portale La sua notorietà resta maggiormen- ovest del castello di Celle, nella Bassa te legata alla produzione pittorica, Sassonia, ultima opera di Bedogni in mentre più esigua – sebbene non mi- Germania, l’artista ritornò a Reggio nore in termini qualitativi – è l’ope- per morirvi nello stesso anno (prima ra incisoria, comprendente nove ac- del primo maggio). queforti, tutte abbastanza rare, con scene di paesaggio. Proprio questo Bibl.: Thieme, Becker, III, p. 160; tema fu il prediletto dell’artista, che Bnzit (ed. 1976), I, p. 569; Davoli in questo genere di rappresentazio- 1961, p. 10; Dbi (Cessi, Dory), VII, pp. ni eccelse, sia in incisione che in pit- 521-523. tura. Numerosi sono infatti i paesag- gi dipinti a lui spettanti, nei quali le figure sono spesso eseguite da suo figlio Johann Georg e da Heinrich Bemmel, Wilhelm van Roos, a testimonianza, se vogliamo, (Utrecht, 1630 - Wöhrd/Norimberga, di un’autentica specializzazione figu- 1708) rativa del Nostro.

Fu pittore e incisore olandese, al- Bibl.: Hollstein, I, pp. 243-248; Thie- lievo di Cornelis Saftleven a Rotter- me, Becker, III, p. 288; Bnzit (ed. dam, capostipite di un’importante 1948-57), I, p. 546; Milesi, p. 68; Belli- famiglia di artisti. A 17 anni andò in ni 1995, p. 558. 40 luca trevisan - giulio zavatta

Bencovich, Federico pinti (Agar nel deserto, Il sacrificio d’I- (Venezia ?, 1677 - , 1753) figenia, Il sacrificio d’Isacco e Apollo che scortica Marsia) una commissione del Il luogo di nascita di Federico Benco- principe elettore di Magonza Lota- vich, anche noto come il Federighet- rio Francesco di Schönborn, vesco- to o il Dalmatino, è incerto. Nicola vo di Bamberga. Nel 1716 fu inviato Ivanoff (in Dbi, VIII, p. 223) riassume a Vienna, dove diventò protetto del la vicenda richiamando diverse fon- vicecancelliere dell’Impero Federico ti: « Secondo un Catalogo della rac- Carlo di Schönborn. Ritornato nuo- colta Conte Algarotti, senza data, vamente a Venezia nel 1725-28, nel nacque a Venezia, da padre dalmata. 1733 era ancora a Vienna, da dove in- Una scritta su un disegno raffiguran- dirizzò una lettera all’amica Rosal- te la Fuga in Egitto nel Museo Correr ba Carriera, lamentando l’invidia e le lo dice “schiavon”, mentre un’altra, calunnie dei colleghi pittori venezia- di mano dello Zanetti, su uno schiz- ni. Il successo di questo pittore fu ef- zo con la Madonna e san Francesco, fettivamente notevole, tanto che il 22 all’Albertina di Vienna, lo chiama maggio 1734 venne nominato « pitto- “Federighetto da Verona”. Secon- re di corte et domestico » di Federico do Mariette fu suo parente un Gae- Carlo di Schönborn. In questa occa- tano, “fameux musicien […] qui le sione, come nota Ivanoff, gli vennero tira de son pays, et qui le fit venir à commissionate due pale, una raffigu- Venise dans le dessein d’en faire un rante l’Immacolata Concezione e l’al- peintre” ». Probabilmente nel 1695 si tra San Michele arcangelo. Bencovich trasferì a Bologna dove studiò pres- le dipinse nel 1735 durante un breve so , seguendo – secon- soggiorno a Venezia. Da quel mo- do le fonti – il maestro anche a Forlì. mento, la carriera del pittore vive un Alcune opere giovanili conservate a progressivo declino, culminato col ri- Bregantino () come la Madon- entro a Gorizia, dove morì nel 1753. na, san Simeone Stock e sant’Antonio da Si possiedono scarsissime notizie sul- Padova e a Vicenza in duomo (Depo- la sua attività di incisore, essendo sizione) hanno d’altro canto portato nota una sola prova, peraltro mol- a ipotizzare una formazione lombar- to notevole: L’estasi del beato Pietro da, per evidenti tangenze nella sua da Pisa, legata alla pala dal medesi- fase giovanile con l’arte di Crespi. Ad mo soggetto dipinta a Venezia nella ogni modo, nel 1710 rientrava a Ve- chiesa di San Sebastiano (1725-1728). nezia, da dove servì con quattro di- L’opera è firmata “Frerigo Bencovi- DIZIONARIO BIO-BIBLIOGRAFICO 41 ch fe.” e reca in alcune prove un lun- so circa cinquanta acqueforti, preva- go cartiglio. Sono altresì note alcune lentemente con soggetti animalistici, rare opere incise da altri artisti, in par- o paesaggi animati da pastori, molti ticolare Andreas Schmutzer e Marco dei quali ispirati o direttamente tratti Pitteri, su soggetti di Bencovich. dai luoghi visitati in Italia.

Bibl.: Bnzit (ed. 1976), I, p. 618; Bibl.: Hollstein, I, pp. 249-280; Dbi (Ivanoff ), VIII, pp. 223-225; Suc- Bnzit (ed. 1976), I, pp. 642-643; ci 1983, pp. 72-73; Bellini 1995, p. 45. Bellini 1995, p. 47.

Berchem, Nicolaes (o Claes) Berlinghieri, Camillo (Haarlem, 1620 - Amsterdam, 1683) (Ferrara, 1596 ca. - Ferrara o Venezia, 1635)

Artista olandese, fu pittore e inciso- Figlio di Agostino (Cittadella 1783, re soprattutto di nature morte. Ri- p. 207), Camillo Berlinghieri (detto cevette i primi rudimenti dal pa- il Ferraresino) fu allievo a Ferrara di dre Pieter Claesz, che lo introdusse Carlo Bononi (1569-1632), indirizzato nell’ambiente degli artisti, ed in par- al maestro dai colleghi e amici Alfon- ticolare di Jan van Goyen, Jan Wils e so Rivarola e Giambattista Della Tor- Claes Corneliszoon Moeyaert. Dal re. La sua attività deve ancora essere 1642 al 1645 (o secondo altre ipote- in gran parte ricostruita. Tra le po- si prima del 1642, anno nel quale ri- che opere certe, si segnalano La ca- sultava iscritto alla gilda dei pittori duta della Manna nella chiesa di San di Haarlem) soggiornò in Italia con Nicolò a Ferrara, e una Annunciazio- Jan Baptist Weenix, eseguendo stu- ne per la chiesa di Sant’Antonio Aba- di di paesaggio, scene di genere e te, sempre nella sua città natale. Se- con animali. Gli artisti si spostaro- condo Cittadella, per questa chiesa no lungo le vie di quello che sarebbe dipinse anche il paliotto dell’altar stato il Grand Tour, toccando anche maggiore, con due ovati raffiguran- Venezia, ma soffermandosi soprat- ti Sant’Antonio Abate e San Benedetto, tutto a Roma e nella campagna la- e al centro un ottagono con una An- ziale. Un secondo viaggio italiano nunciazione; nel paliotto compariva sarebbe avvenuto intorno alla metà anche la sua firma. Lo stesso Citta- del sesto decennio. Berchem ha inci- della ricorda anche un dipinto in San 42 luca trevisan - giulio zavatta

Francesco con Diversi santi monaci ge- bilmente anteriore al suo viaggio a nuflessi. Nel 1632 l’artista si trasferì a Roma è il suo ingresso nell’Accade- Venezia, dove probabilmente prose- mia Ambrosiana di Pittura, riaperta guì la sua carriera di pittore (ancora nel 1669 sotto la direzione di Busca. Cittadella ricorda diversi suoi dipin- Come pittore e frescante ha lavorato ti intorno all’altar maggiore di una a Milano e a Torino, probabilmente non meglio specificata chiesa nel se- anche a Parma e a Venezia. Dipin- stiere di Castello). Nella Serenissima geva a olio e a fresco, era esperto certamente produsse una serie di do- copista, pittore d’ornati ed elegan- dici incisioni raffiguranti paesaggi. te incisore. Negli Annali della Fabbri- Le Blanc (I, p. 19), ricostruendo il ca del duomo di Milano il suo nome gruppo di stampe, ne riportò il fron- è ricordato, con quello di altri mae- tespizio: « Inventione et Intaglio di stri, a proposito dei disegni per i ri- Camillo Berlinghieri Pittore Ferrare- lievi che compaiono sulla pianeta di se. Dedicate da me Catarino Domo sant’Ambrogio, nella statua argen- al Magnifico Fr. Alessandro Cabei tea del santo datata 1698. Dal 1691 suo sempre honorevolissimo. In Ve- circa al 1705 fu cancelliere e tesoriere nezia Francesco Valeggio form ». Al- dell’Ambrosiana. Morì a Milano il 6 cune incisioni sono firmate in lastra ottobre 1706. “Camillo Berlingieri” o “B.gieri”. La produzione pittorica del Besozzi resta oggi scarsamente documenta- Bibl.: Cittadella 1783, pp. 207-210; ta: gli viene tradizionalmente attri- Bartsch, XX, p. 110 sgg.; Tib, 44; Le buito il dipinto con Federigo Borromeo Blanc, I, p. 19; Bnzit (ed. 1976), I, creato cardinale della Pinacoteca Am- pp. 663-664; Welsh, Wallace 1989, brosiana, dove pure si conserva un ri- pp. 141-142; Bellini 1995, p. 47. tratto del Besozzi anonimo; l’opera più nota è il San Sebastiano medicato, conservato in Sant’Ambrogio. Dell’attività incisoria del Besozzi si Besozzi, Giovanni Ambrogio ricordano, tra l’altro, alcune tavole (Milano, 1648 - 1706) incise del Teatro della Gloria consagra- to alla D. Felice Sandoval Enriquez Du- Pittore e incisore originario di Mi- chessa d’Uceda da D. Gaspar Tellez Gi- lano, fu scolaro, secondo gli anti- ron Duca d’Ossuna Governatore dello chi biografi, di Giuseppe Danedi Stato di Milano nelle esequie celebrate in e poi a Roma di Ciro Ferri. Proba- Milano l’anno 1671: una con una scena DIZIONARIO BIO-BIBLIOGRAFICO 43 di battaglia di sua stessa invenzione, te di Arundel che conobbe intor- un’altra, su disegno di Fiori, con una no al 1636. Dall’erudito collezionista composizione allegorica includen- apprese – secondo le ben note indi- te il ritratto della duchessa (inciso da cazioni già fornite dal Vasari – l’im- Giovanni Battista Bonacina) – le due portanza di conservare (e quindi di tavole sono descritte dal Bartsch – e tramandare) i capolavori pittorici at- una terza con il catafalco. Ma tale at- traverso la realizzazione di stampe. tività è anche documentata dal carat- A questo scopo si recò dunque in Ita- tere dei disegni dell’artista, pervenu- lia con l’intento non solo di perfezio- tici in buon numero, taluni dei quali nare la sua formazione attraverso il sembrano studi per opere di pittu- consueto Grand Tour, ma anche di ra, altri per incisioni; e della prati- eseguire incisioni riproducenti affre- ca dell’incisione permane, in molti schi in cattivo stato di conservazione di essi, il tratto duro e secco. Un di- in modo tale da garantirne la memo- segno del codice Bonola è probabil- ria per il futuro, secondo l’idea tra- mente uno studio per il Combattimen- smessagli dal conte di Arundel. In to citato dal Bartsch. particolar modo lavorò a Venezia e a Udine, dove tradusse affreschi e di- Bibl.: Bartsch, XXI, pp. 149, 257-259; pinti a stampa. Bnzit (ed. 1976), I, p. 712; Thieme, In seguito si trasferì in Inghilterra e Becker, III, p. 532; Dbi (Bossaglia), fu nominato conservatore della rac- IX, pp. 679-680; Minonzio 1981, pp. colta Arundel, realizzando della me- 359-397; Bellini 1995, p. 50. desima numerose traduzioni a stam- pa: incisioni che avrebbero dovuto costituire un libro che invece non venne mai completato. Borcht, Heindrik il Giovane Fu per un periodo al servizio del van der principe del Galles e quindi, alcu- (Frankenthal, 1614 - Anversa, 1690) ni anni dopo, di Carlo II, prima di trasferirsi, infine, ad Anversa alcuni Pittore e acquafortista tedesco, fu al- anni più tardi, dove si spense. lievo di suo padre Heindrik van der Borcht il Vecchio, che seguì a Fran- Bibl.: Hollstein, III, pp. 99-108; Thie- coforte. Qui eseguì le prime pro- me, Becker, IV, pp. 341-342; Bnzit ve figurative di un certo riguardo, (ed. 1948-57), II, p. 15; Bellini 1995, tali da suscitare l’interesse del con- p. 560. 44 luca trevisan - giulio zavatta

Boschini, Marco langelo Muraro (in Dbi, XIII) ricorda (Venezia, 1613 - post 1704) « fra i suoi “clienti” […] l’ambasciato- re di Spagna marchese di Las Fuen- Marco Boschini nacque a Venezia tes, il duca di Mantova, Alfonso IV di nel 1613. Apprese i primi rudimenti Modena, il collezionista e confiden- di pittura, secondo le fonti, nella bot- te dei Medici Paolo del Sera, che nel tega di Palma il Giovane, che tuttavia 1654 per 8000 piastre vendeva tutta la morì nel 1628 quando Boschini ave- sua raccolta al cardinale Leopoldo de’ va solamente quindici anni. Dipinse Medici ». Cocchiara (2010, p. 171) ne in seguito soltanto per diletto; secon- ricorda invece la sua attività di copista do le fonti si dedicò saltuariamente da Bassano, Veronese e . anche al restauro pittorico. Studiò La sua fama è legata soprattutto alle quindi presso Odoardo Fialetti dove imprese librarie, compiute sia come apprese in particolare l’arte dell’inci- scrittore, sia come incisore dei suoi sione, alla quale si dedicò invece per stessi volumi. Già nel 1635 pubblicò tutta la vita producendo numerose una Tariffa del cambio degli scudi fo- prove, intagliate quasi esclusivamen- restieri che presentava due incisioni. te per illustrare volumi a stampa. Nel 1660 diede alle stampe la cele- Marco Boschini visse quasi sempre bre, e già allora fortunatissima, Car- a Venezia, ma si spostò spesse vol- ta del Navegar pitoresco; quattro anni te per rendere omaggio e per segui- dopo pubblicò le Minere della pittura, re i suoi affari con principi e potenti, ristampate e ampliate nel 1674 con in particolare nelle corti di Modena il titolo di Ricche minere della pittura e Parma presso gli Este e i Farnese, veneziana. Nel 1676 uscirono I Gioie- ma anche per dedicarsi alla sua atti- li pittoreschi, virtuoso ornamento della vità di connoisseur ante litteram: nella città di Vicenza, cioè l’endice di tutte le Venezia del Seicento, infatti, era as- pitture publiche della stessa città. sieme a Pietro Della Vecchia ricono- Sempre Muraro ricorda come « il giu- sciuto quale massimo esperto di pit- dizio sul merito artistico del Boschini tura antica e a lui contemporanea, […] si basa quasi esclusivamente sul- essendo peraltro legato da amicizia le sue incisioni, la più notevole delle con numerosi artisti attivi in laguna. quali è il Tempio eretto alla Beata Vergine Commerciante di perle e di vetri, Maria della Salute, conforme il modello svolse in realtà varie professioni e si di Baldassarre Longena e Pompa con cui segnalò in particolare per la sua espe- processionalmente si portò il Serenissimo rienza nelle mediazioni d’arte. Miche- Principe alla visita la prima volta (1644) ». DIZIONARIO BIO-BIBLIOGRAFICO 45

Al contrario di Ridolfi, che illustrò Brébiette, Pierre le sue Maraviglie dell’arte, overo le Vite (Mantes-sur-Seine, 1598 - Parigi, 1650) de gl’illustri pittori veneti e dello Sta- to (1648) con ritratti degli artisti, alla Pittore e incisore francese, allievo di maniera di Vasari, Boschini si impe- Lallemand a Parigi, durante la giovi- gnò nella riproduzione in incisione nezza viaggiò in Italia, soggiornan- delle opere delle quali argomentò do soprattutto a Venezia, ma anche nei suoi libri. a Roma e poi di nuovo a Parigi. Ar- La sua arte incisoria fu declinata an- tista fecondo e di talento, definito cora in diverse maniere: tredici stam- « uno dei più originali acquafortisti pe illustrarono gli Apparati scenici per francesi per l’uso libero del segno » lo Teatro Novissimo di Venezia nell’an- (Massari, Negri Arnoldi 1987, p. no 1644, d’invenzione e cura di Iacomo 169) preferì per tutta la vita il disegno Torelli da Fano, descritti da Masolino alla pittura. Bisaccioni ed intagliati da Marco Bo- La sua opera incisa, realizzata con schin. Sessantuno incisioni facevano grande fantasia e libertà, comprende da complemento ancora a Il Regno all’incirca centocinquanta acquefor- tutto di Candia delineato a parte a parte ti, molte delle quali di riproduzione, et intagliato (1645 e ristampa nel 1651); ma anche di sua invenzione, a sog- L’Arcipelago con tutte le isole, scogli, sec- getto mitologico (Apollo e Diana uc- che e bassi fondi, con i mari, golfi, seni, cidono i figli di Niobe, 1625) o religioso porti, città e castelli nella forma che si ve- (Conversione di san Paolo, cfr. Davoli dono al tempo presente; con una succinta 1996, p. 148). narrativa dei loro nomi, favole, et histo- Ha inciso soprattutto dai grandi ma- rie tanto antiche quanto moderne (1658), estri italiani del XVI secolo (Martirio è inoltre illustrato da cinquanta in- di san Giorgio, Madonna con Bambino cisioni. Boschini si dedicò anche alla e santi, 1630 da Paolo Veronese; il Pa- stampa di riproduzione (da Tiziano, radiso da Palma il Giovane), ma an- da Strozzi, da Liberi), un suo ritratto che una serie dal titolo Vari scherzi di è noto tramite la stampa che egli stes- puttini edita a Parigi dallo stampato- so trasse da un disegno di Bellotto. re Ciartres.

Bibl.: Palluchini 1966; Dbi (Mura- Bibl.: Le Blanc, I, pp. 512-514; Bnzit ro), XIII, pp. 199-202; Marchioro 1995 (ed. 1976), II, p. 289; Massari, Negri (1996), pp. 277-293; Marchioro 2000; Arnoldi 1987, p. 169; Bellini 1995, p. De Boer 2008; Cocchiara 2010, p. 171. 73; Davoli 1996, p. 148. 46 luca trevisan - giulio zavatta

Caccioli, Giuseppe Antonio XVII secolo, come Simone Cantari- (Bologna, 1672 - 1740) ni e Flaminio Torri. Incise inoltre un ritratto di Ferdinan- Giuseppe Antonio Caccioli, figlio del do Galli Bibiena. pittore Giovanni Battista (1620-1675), intraprese soprattutto l’arte dell’af- Bibl.: Bartoli 1793, pp. 158, 170; fresco. Collaborò con Giuseppe e Bartsch, XIX, pp. 435-438; Tib, 43; Antonio Rolli, affiancandoli nel can- Bnzit (ed. 1976), II, p. 438; Dbi tiere di decorazione della volta nel- (Roli Guidetti), XVI, pp. 39-40; Bel- la chiesa di San Paolo a Bologna. La lini 1995, p. 83. sua opera di dispiegò, oltre che nel- la città natale, anche a Firenze (pa- lazzo Tempi), Trento (duomo), Asti (chiesa di San Martino, 1721) e in Ve- Caletti, Giuseppe neto. Il Bartoli ricorda infatti la sua (Cremona ?, 1600 ca. - Ferrara, 1660) attività a Rovigo per il teatro Ronca- le – per il quale nel 1738 aveva lavo- Pittore autodidatta, Caletti (detto il rato il quadraturista bolognese Gio- Cremonese) secondo Lanzi potrebbe vanni Battista Alberoni – e per la villa aver frequentato la scuola dei Car- Redetti alla Tassina (non più esisten- racci, divenendo più tardi un « segua- te), dove raffigurò il Passaggio per Ro- ce e imitatore » dell’arte di Tiziano e vigo della regina Maria Amalia, avve- Dosso Dossi. nuto nel 1738. Secondo le fonti tradizionali, dun- Nella sua carriera di pittore itine- que, risulta più che probabile, se non rante, si segnala anche un triennio certo, un suo viaggio a Venezia per in Germania (1704-1707), dove com- studiare l’opera del Cadorino. Sicu- pì gli affreschi del palazzo di Rastatt, ramente attivo a Ferrara dopo il 1620 commissionati dal margravio Ludo- fino alla morte, avvenuta nel 1660, vico Guglielmo di Baden-Baden a è considerato un pittore ferrarese, Giuseppe Rolli, che nell’occasione sebbene alcune sue incisioni siano portò con sé i collaboratori già at- siglate “JCF” (Joseffo Cremonensi fe- tivi in San Paolo. La sua produzio- cit), implicando un’origine cremone- ne incisoria, di modeste dimensioni se, da cui potrebbe derivare anche il rispetto a quella di frescante, anno- soprannome. vera prevalentemente opere di ri- La sua opera più importante si data produzione da pittori bolognesi del al 1630 (San Marco, già in San Bene- DIZIONARIO BIO-BIBLIOGRAFICO 47 detto a Ferrara, ora Pinacoteca), in Cantarini, Simone un momento di forte dipendenza da (Pesaro, 1612 - Verona, 1648) . Le palesi imitazioni dal centese, nella umanità rustica del- Nato a Pesaro nel 1612 (donde il so- le figure, e la particolare tecnica del- prannome Pesarese), fu battezza- le incisioni, in tutto simile alla grafi- to nella chiesa di San Cassiano del- ca guercinesca, fanno presumere che la cittadina marchigiana. Mosse i il Caletti sia stato in contatto con la primi passi sotto la guida del pitto- bottega del maestro. re pesarese Gian Giacomo Pandol- Tuttavia, la bizzarra natura dell’ar- fi. Dopo un periodo trascorso a Ve- tista non si prestava a opere impe- nezia, si avvicinò a Claudio Ridolfi, gnative, piuttosto egli si dedicava a pittore veronese emigrato nelle Mar- quadretti di spedita esecuzione e di che, che trasmise al giovane la cono- piccolo formato, con una strana pre- scenza delle opere di Paolo Caliari, dilezione per soggetti truculenti, in un contesto fortemente segna- come la Decollazione del Battista o il to dal successo di Federico Barocci. David con la testa di Golia, interpreta- L’arrivo negli anni trenta del XVII se- ti però senza tragedia, ma con quasi colo di alcune importanti opere di umoristica bonomia popolaresca. Guido Reni a Pesaro e Fano indusse In campo incisorio ha realizzato cir- il pittore a spostarsi a Bologna. Intor- ca venticinque lavori all’acquaforte, no al 1635 entrò così a far parte del- prevalentemente ritratti, che reca- la bottega di Reni. E proprio nell’a- no a volte ritocchi a bulino e che ap- telier del maestro felsineo Cantarini paiono definiti da una tecnica a trat- cominciò a studiare e praticare si- ti paralleli e non fitti. Oltre ai ritratti, stematicamente l’acquaforte. Guido ha inciso soggetti sacri e mitologici, decise allora di affidargli la riprodu- secondo una scelta iconografica che zione delle sue principali invenzio- si ritrova anche nei dipinti di picco- ni, incarico dapprima accettato da lo formato. Cantarini, che anzi difese questa pre- rogativa dalle mire di altri incisori, Bibl.: Bartsch, XX, pp. 129-137; Thie- soprattutto di Coriolano, che il Pe- me, Becker, V, p. 388 sgg.; Bnzit sarese giudicava poco abile nel di- (ed. 1976), II, p. 458; Ivanoff 1951, pp. segno. Il temperamento del pittore 73-78; Dbi (Bargellesi), XVI, pp. 683- tuttavia gli inimicò dapprima il ma- 686; Welsh, Wallace 1989, p. 139; estro, e quindi altri pittori bologne- Bellini 1995, p. 86. si, tra i quali in particolare Giovanni 48 luca trevisan - giulio zavatta

Andrea Sirani – se è vero l’animato col Bambino (Roma, Galleria Doria); racconto del litigio tra i due riporta- Susanna e i vecchioni (Bologna, Pina- to da Malvasia – Domenichino e Al- coteca Nazionale); Immacolata (ibid.); bani. Caduto in disgrazia a Bologna, San Giovanni Battista (ibid.); Adorazio- Cantarini riparò a Pesaro, dove nel ne dei Magi (Bologna, San Giusep- 1639 figura all’atto di dotazione della pe fuori Porta Saragozza); La gloria sorella. Pare che in seguito si recasse di san Giacomo (Rimini, Pinacoteca); a Roma, dove comunque si trovava San Giovanni evangelista (Palermo, nel 1640. Rientrò quindi a Bologna, e Museo Civico); San Pietro che sana gli dopo la morte di Guido Reni (1642) infermi (Fano, San Pietro in Valle); riuscì a ricucire buoni rapporti con Adorazione dei Magi (Firenze, colle- l’ambiente artistico locale. Seguiro- zione Torrigiani-Salina); Sacra Fami- no anni di notevole operosità e suc- glia (Roma, palazzo Venezia); Sacra cesso, nei quali fu circondato da ami- Famiglia (Roma, Galleria Borghese); ci e discepoli come Gerolamo Rossi, Sacra Famiglia (Parigi, Louvre, in due Flaminio Torri e soprattutto Loren- versioni); Sacra Famiglia (Stamford, zo Pasinelli. Nel 1647 fu chiamato a collezione del marchese di Exeter, Mantova per eseguire un ritratto del Burghley House); Giuseppe e la mo- duca, ma la trasferta lombarda non glie di Putifarre (Dresda, Gemälde- fu felice. Ammalatosi, fu consigliato galerie). Il corpus delle sue incisioni di ritirarsi in luoghi più salubri, pro- è stato per la prima volta elencato babilmente sul Garda. Giunto a Ve- da Malvasia nel XVII secolo, che at- rona, tuttavia, vi morì l’11 ottobre tribuiva a Cantarini una trentina di 1648. Venne sepolto nella città scali- stampe. A queste prove sono stati gera nel monastero di Sant’Eufemia. poi aggiunti cinque intagli proposti Cantarini fu senza dubbio l’allievo da Bartsch nel suo catalogo, e due migliore di Guido Reni, capace di ulteriori prove assegnate da Petruc- interpretare la lezione del maestro ci. Allo stato attuale delle conoscen- in maniera assolutamente persona- ze dunque il numero delle incisioni le. Fu estremamente prolifico tan- ascritte con certezza a Cantarini am- to nella pittura, quanto nel disegno monta a trentasette, elevato a trenta- e nell’incisione. Tra le sue opere mi- nove negli studi di Emiliani. L’abili- gliori, Miller (in Dbi, XVIII) ricorda tà incisoria comportò, peraltro, uno il Riposo dalla fuga in Egitto (Milano, straordinario numero di copie e deri- Pinacoteca di Brera); Riposo in Egitto vazioni. Si ritiene che l’artista comin- (Roma, Galleria Colonna); Madonna ciò a incidere a Bologna dopo il 1635; DIZIONARIO BIO-BIBLIOGRAFICO 49 si suole dividere le sue stampe in vari giose di Bologna: dapprima lo stu- periodi: il primo momento bologne- dio di Albani, quindi quello di Guido se, quello del rientro nelle Marche, Reni, dove si trattenne fino alla mor- un gruppo di incisioni romane, e in- te del maestro avvenuta nel 1642. Dal fine le opere della maturità eseguite 1643 fu a bottega presso Giovanni An- dopo il rientro a Bologna. Delle tren- drea Sirani, distinguendosi nel dise- tasette incisioni, solamente otto por- gno, ma entrando ben presto in attri- tano una firma o una sigla. I soggetti to con il caposcuola. Dal 1646 lavorò sono per lo più inerenti all’infanzia di in proprio, e nell’anno successivo si Cristo, alle Sacre Famiglie, sette inta- recò a Roma, ove ebbe stretti rappor- gli sono di tema mitologico, e quat- ti con Lanfranco e Algardi. Rientrò tro sono ritratti di santi (sant’Anto- a Bologna alla fine del 1651, nel 1657 nio, due volte; san Sebastiano; san realizzò il Giudizio Finale alla Certo- Benedetto). sa. Una lettera dello scultore Arnesi- ni datata 1662 scritta al conte di No- Bibl.: Malvasia 1678, ed. 1841, ad in- vellara riferisce di un suo soggiorno dicem; Bnzit (ed. 1976), II, pp. 500- mantovano, dove avrebbe eseguito 501; Bartsch, XIX, pp. 121-146; Tib, per conto del duca alcuni affreschi a 42; Petrucci 1953; Dbi (Miller), XVIII; Marmirolo. Oltre alle opere manto- Bellini 1987, pp. 22-31; Emiliani 1987; vane, in parte realizzate durante un Bellini 1995, pp. 90-91. secondo soggiorno nella città vir- giliana, Barbolini Armandi (in Dbi, XVIII) riferisce sulla sua attività ve- neta: « Della serie di quadri padova- Canuti, Domenico Maria ni, che furono trasferiti dopo il 1797 (Bologna, 1626 - 1684) nella chiesa di Santo Stefano a Pado- va, sono state recuperate solo due Pittore e incisore emiliano, si formò tele attualmente al Museo Civico di a Bologna. Dopo un primo apprendi- Padova, San Bernardo che comunica stato presso un orefice, abbandona- gli appestati e San Bernardo che soccor- to il mestiere per intolleranza ai ma- re gli operai dalle macerie ». Dopo un teriali, fu messo a scuola di disegno nuovo soggiorno romano, spesso as- presso Giovan Battista Bertusi. Suc- sieme al quadraturista Haffner diede cessivamente il conte Roderico Pe- vita a una grande stagione di pitture poli, che divenne suo protettore, lo barocche a Bologna, dalla libreria di introdusse nelle botteghe più presti- San Giovanni in Bosco a palazzo Pe- 50 luca trevisan - giulio zavatta poli, a palazzo Marescotti. Di ritorno tematico e architetto. Nel 1679 si tra- dall’ennesimo viaggio romano, or- sferì a Venezia. Negli anni preceden- mai malfermo e gravemente amma- ti, come riferisce Moschini, aveva lato, Canuti dettò il suo testamento compiuto un fondamentale viaggio nel 1684 e nello stesso anno morì. a Roma, dove il giovane artista fu at- La sua produzione di acqueforti, tratto dal linguaggio antibarocco dei molto limitata, conta una decina di pittori olandesi e dalla tematica quo- lastre incise nel solco stilistico e tipo- tidiana dei bamboccianti. Particolar- logico di Guido Reni. I soggetti trat- mente fecondo fu l’approccio con tati sono quasi tutti religiosi (San i nuovi valori del vedutismo di Ga- Francesco di Assisi, firmata Canutus f., spar van Wittel, i moduli vagamente tratta da un soggetto di Guido Reni; surreali di Joseph Heinz il Giovane, San Rocco; Madonna in gloria col Bam- con il repertorio satirico e mordace bino; Il miracolo della mula; Compian- di Callot e le invenzioni scenografi- to (di attribuzione tradizionale ma di- che e prospettico-architettoniche dei battuta); Vergine col Bambino in gloria Bibiena. Nel 1703, a Venezia, Carleva- adorata da san Luca, san Petronio, san rijs pubblicò l’imponente corpus in- Tommaso d’Aquino e san Girolamo (fir- cisorio – una serie di 104 acquefor- mata “Canuti in fecit”). Alcuni dipinti ti – delle Fabriche, e Vedute di Venetia e invenzioni di Canuti furono invece disegnate, poste in prospettiva et inta- incisi da Domenico Maria Bonavera gliate da Luca Carlevarijs, « destinato o Bonaveri, imparentato con l’artista. a costituire l’episodio fondamenta- le nella storia del vedutismo vene- Bibl.: Bartsch, XIX, pp. 222-224; Tib, ziano del ’700 » (Da Carlevarijs a Tie- 42; Dbi (Barbolini Armandi), XVIII, polo 1983, p. 112). L’enorme successo pp. 350-352; Bellini 1995, pp. 92-93. dell’opera è testimoniato dalle tira- ture che si susseguirono nel corso del secolo fino all’esaurimento delle la- stre. Con le Fabriche Carlevarijs con- Carlevarijs, Luca ferì alla “veduta” una nuova dignità (Udine, 1663 - Venezia, 1730) espressiva, grazie alla sorprendente novità di un linguaggio incisorio as- Nato a Udine il 20 gennaio 1663 da solutamente originale. L’attività ac- Giovanni Leonardo, artista di note- quafortistica di Carlevarijs è comple- vole reputazione, e dalla moglie An- tata da due grandi fogli illustranti il na, Carlevarijs fu pittore, incisore, ma- Seminario e il Vescovado di Treviso. DIZIONARIO BIO-BIBLIOGRAFICO 51

Dal 1708 al 1713 il suo nome compare gari desunte tramite riproduzioni – di nella fraglia dei pittori veneziani, do- Poussin, Pietro Testa, Odoardo Fia- ve riappare anche nel 1726 e nel 1727. letti. Longhi (1963, p. 78), visto l’in- I biografi riferiscono che i suoi ulti- teresse del Carpioni « per la lucidezza mi anni furono amareggiati dall’af- atmosferica e oggettiva dei bamboc- fievolirsi dell’interesse per i suoi di- cianti romani » del 1630 e constatatane pinti, dovuto probabilmente anche la forte partecipazione al movimento all’affermazione crescente del suo ex neoveneziano di ispirazione classici- allievo Antonio Canal. Colpito da pa- stica fiorente attorno al Poussin, si ralisi progressiva nel 1728, morì a Ve- chiede se il pittore « non abbia, da gio- nezia il 12 febbraio 1730. vane, fatto il viaggio di Roma », a stu- diarvi, tra l’altro, quei “baccanali” di Bibl.: Bnzit (ed. 1976), II, p. 527; Tiziano – a Roma appunto dal 1598, Mauroner 1931; Rizzi 1967; Dbi (Cio- ma emigrati in Spagna nel 1639 – ri- nini Visani), XX, pp. 146-148; Da Carle- sultatigli poi determinanti (Barbieri, varijs a Tiepolo 1983; Bellini 1995, p. 96. in Dbi, XX, pp. 609-614). Dal 1638 Car- pioni è documentato a Vicenza, dove risedette di fatto in maniera quasi continuativa. Nel 1647-48 realizzò la Carpioni, Giulio Glorificazione Dolfin e la Glorificazione (Venezia ?, 1613 ? - Vicenza, 1678) Bragadin (Vicenza, Museo Civico, inv. A 330 e 328), mentre di poco successi- Nato con ogni probabilità a Vene- vi sono gli affreschi del palazzo Trissi- zia nel 1613, Giulio Carpioni fu al- no Baston di Vicenza e quelli nell’ab- lievo del Padovanino. Seguì il mae- side di San Felice nella stessa città. stro a nel 1631, dove venne Giulio Carpioni svolse anche una in contatto con il naturalismo di ma- notevole attività di incisore: di lui ri- trice lombarda. Non meno impor- mangono ventotto acqueforti (Pilo tanti furono i suoi rapporti con pit- 1961, pp. 37-39), probabilmente sca- tori veronesi come Pasquale Ottino glionate nel quindicennio 1640-1655, e l’Orbetto. Rientrato a Venezia ebbe e di cui il Museo di Bassano pos- probabilmente modo di confrontar- siede la serie più completa. Come si con le opere grottesche di Pietro nota Franco Barbieri, « le esperien- Della Vecchia, andando a comporre ze grafiche di Pietro Testa vi risulta- una cultura pittorica vasta e variega- no senz’alcun dubbio determinanti, ta, non immune da influenze – ma- ma i risultati ultimi portano lonta- 52 luca trevisan - giulio zavatta no, ad anticipazioni settecentesche 1574 abbia eseguito la stampa col bu- e, nella fattispecie, tiepolesche ». Se- cranio per la seconda edizione delle condo Acton (1989a, p. 253), Carpio- Symbolicarum quaestionum di Achille ni apprese l’incisione a Verona, dove Bocchi, pubblicata a Bologna. Due lo studioso ritiene avesse incontra- incisioni del Carracci, firmate e da- to Simone Cantarini, assumendo ca- tate – una da un dipinto del Bagna- ratteri incisori emiliani. Le sue prove cavallo – risalgono al 1576. Nel 1581 hanno per soggetto motivi sacri, mi- fu, probabilmente, per breve tempo tologici e allegorici. Si ricordano in a Roma, e nel 1582 si trovava a Vene- particolare una serie sui Quattro Ele- zia dove trasse stampe da pitture di menti e un gruppo di lastre con Di- Tintoretto e Veronese. Nel 1583 era a vinità marine. Bellini specifica che Milano, e poi a Cremona per le stam- molte incisioni di Carpioni, in secon- pe da disegni di Antonio Campi per da tiratura, furono stampate da Mat- la Cremona fedelissima (1585). Nel 1583- teo Cadorin detto il Bolzetta. 84 fece ritorno a Bologna dove si as- sociò a Ludovico e ad Annibale nei Bibl.: Bartsch, XX, pp. 177-191; Tib, lavori per la decorazione ad affre- 45; Bnzit (ed. 1976), II, p. 546; Pilo sco del palazzo Fava. Nel 1588-89 fu 1961, pp. 37-39; Pilo 1962; Longhi di nuovo a Venezia, dove gli nacque 1963, pp. 78-79; Dbi (Barbieri), XX, pp. il figlio naturale Antonio (secondo 609-614; Acton 1989a, p. 253; Bellini Bellori, Tintoretto ne sarebbe stato 1995, p. 98. il padrino). Dal 1589 al 1594 Carrac- ci restò a Bologna. Benché la princi- pale attività di Agostino fra il 1580 e il 1590 fosse quella delle riproduzio- Carracci, Agostino ni a incisione, egli eseguì in quegli (Bologna, 1557 - Parma, 1602) anni anche un certo numero di di- pinti fortemente influenzati dall’ar- Prima di entrare nella bottega del te veneziana: l’Adorazione dei pastori pittore Prospero Fontana a Bologna, (circa 1584 Bologna, San Bartolomeo Agostino Carracci era stato in quel- di Reno); Madonna con Bambino e san- la di un orafo; lavorò in seguito sotto ti (1586, Parma, Galleria Nazionale). la direzione di Bartolomeo Passarot- Continuò anche a produrre stampe, ti (circa 1577) e di Domenico Tibaldi. anche se nell’ultimo decennio del se- Iniziò assai precocemente la carriera colo divenne più intensa la sua attivi- di incisore; è infatti probabile che nel tà di pittore. Oltre a partecipare alle DIZIONARIO BIO-BIBLIOGRAFICO 53 imprese collettive dei Carracci, negli vità di incisore. Ha realizzato circa anni precedenti al 1595 dipinse quadri trecento bulini e acqueforti, di in- come L’ultima comunione di san Giro- venzione e di riproduzione. Oltre a lamo (circa 1592) e l’Assunzione della soggetti mitologici e religiosi ha in- Vergine (circa 1593, entrambe Pinaco- ciso stemmi araldici, frontespizi, illu- teca Nazionale di Bologna), l’Ultima strazioni per libri, ritratti. Basandosi cena (1594-95 circa, Madrid, Prado): sull’esempio delle stampe di Marcan- opere ancora sotto l’influsso vene- tonio Raimondi e, soprattutto, di ziano, temperato ora, tuttavia, da Cornelis Cort, Agostino mise a pun- una disciplina di struttura e di linea to una tecnica che ebbe straordina- destinata ad acquistare sempre mag- ria influenza sull’arte incisoria fino gior peso nelle opere successive. al XX secolo; tecnica semplice da ap- Alla fine del 1594 Agostino Carracci prendere e rigorosa a un tempo, che accompagnò a Roma il fratello Anni- perciò divenne fondamento dello sti- bale, ed entrambi tornarono a Bolo- le “accademico” dell’incisione. gna all’inizio del 1595. Nel 1597 Ago- stino lavorò probabilmente a Parma Bibl.: Bartsch, XVIII, pp. 35-173; Tib, prima di raggiungere Annibale a 39; Bnzit (ed. 1976), II, pp. 548-549; Roma, dove lavorò fino al 1600 agli Calvesi, Casale 1965; Dbi (Posner), affreschi della Galleria Farnese. Nel XX, pp. 622-623; De Grazia 1984; Bel- 1600, dopo aver litigato con Anniba- lini 1995, pp. 98-99. le, Agostino lasciò Roma, sembra già in cattiva salute. Nel luglio dello stes- so anno, entrò alla corte del duca Ra- nuccio Farnese a Parma. La deco- Carracci, Annibale razione a fresco di uno stanzino del (Bologna, 1560 - Roma, 1609) palazzo del Giardino a Parma rimase incompleta per la morte dell’artista Fratello minore di Agostino e cugi- avvenuta il 23 febbraio 1602. Fu sepol- no di Ludovico, secondo le fonti ini- to nel duomo di Parma. Il 18 gennaio ziò la sua carriera nella bottega di 1603 l’Accademia degli Incamminati quest’ultimo. Tra i suoi primi dipinti celebrò per lui un elaborato e teatra- risultano quadri di genere influenzati le rito commemorativo nella chiesa dai modi di Bartolomeo Passerotti (la dell’Ospedale della Morte, a Bologna. Macelleria di Oxford, il Mangiafagio- Il maggior contributo storico di Ago- li della Galleria Colonna) e ritratti, a stino Carracci è dato dalla sua atti- significare l’interesse dell’accademia 54 luca trevisan - giulio zavatta carraccesca per un nuovo atteggia- stile incisorio innovativo: cercò di re- mento artistico volto a considerare alizzare lo “sfumato” usando segni anche gli aspetti più quotidiani e na- giustapposti, molti punti e diverse li- turali della realtà. Il primo dipinto di nee spezzate e allargando gli spazi tra Annibale è del 1583 (Crocifissione di le linee, con evidenti parallelismi con Santa Maria della Carità, Bologna); la riforma carraccesca in pittura, gra- due anni dopo consegnò il Battesimo zie alla combinazione tra effetti di lu- di Cristo (Bologna, San Gregorio) e la minosità atmosferica ispirati a Parmi- Pietà (Parma, Galleria Nazionale), in gianino e a Barocci e una resa solida cui le influenze baroccesche e cor- delle forme ed emotiva delle espres- reggesche hanno fatto supporre che sioni. Nelle incisioni, infatti, soprat- in questi anni l’artista sia stato a Par- tutto di soggetto religioso, insistet- ma ma anche a Firenze, Mantova e te su sentimenti come la malinconia, Venezia. la solitudine o la tenerezza, cercando Di fondamentale importanza per un impatto di tipo emozionale. Annibale risulta infatti la pittura ve- Dal 1605 cominciarono a peggiorare neta (Veronese, Tintoretto, Bassa- i sintomi della sua malattia nervosa: no). Tra il 1594 e il 1595 si recò per lavorò per questo sempre di meno e un breve periodo a Roma con Ago- sempre più aiutato dai numerosi col- stino, su invito del cardinale Odoar- laboratori, ciò nonostante realizzò do Farnese. Alla fine del 1595 vi tor- negli anni estremi alcuni dei suoi ca- nò, chiamato dallo stesso cardinale polavori, come le due Pietà di Napoli Farnese, in modo definitivo per de- e Vienna. Si spense a Roma nel 1609. corare prima il “camerino”, poi la celebre volta della galleria Far- Bibl.: Bartsch, XVIII, pp. 24-26; Tib, nese – aiutato dai colleghi e allie- 39; Bnzit (ed. 1976), II, pp. 549-551; vi bolognesi Domenichino e Lan- Dbi (Posner), XX, pp. 623-626; De franco – con uno stile di ideale mo- Grazia 1984; Bellini 1995, p. 99. numentalità che testimonia la svolta dell’artista in senso classicista. Annibale, a differenza del fratello Agostino, non fu un prolifico inciso- Carracci, Ludovico re: la sua opera calcografica si com- (Bologna, 1555 - 1619) pone di una ventina di acqueforti, arricchite da aggiunte a bulino e pun- Cugino di Annibale e Agostino, Lu- tasecca. Tuttavia, egli sviluppò uno dovico fece parte assieme ai parenti DIZIONARIO BIO-BIBLIOGRAFICO 55 dell’Accademia degli Incamminati, Castiglione, Giovanni Benedetto da lui fondata nel 1582. (Genova, 1609 - Mantova, 1665) Nel corso della sua attività ha sog- giornato a Firenze, Parma, Man- La prima formazione di Castiglione, tova e Venezia. Se la sua attività di detto il Grechetto, avvenne a Geno- pittore fu notevole, e dispiegata nel va, dove fu in contatto con Giovan- corso della sua intera vita, numeri- ni Battista Paggi (fino alla morte di camente modesta è invece la produ- questi nel 1627) e Sinibaldo Scorza, zione di acqueforti. De Grazia ne che rientrò in Liguria dal 1627 al 1631. annovera quattro, realizzate nell’ar- Quest’ultimo, intorno agli anni ’20 co di una quindicina d’anni, tutte del Seicento si era accostato all’in- con soggetti religiosi (Madonna con cisione, ed è probabile che abbia av- Bambino e angeli, Madonna col Bam- viato il giovane allievo a quest’arte. bino e san Giovannino, Sacra Famiglia Le prime opere pittoriche attribui- sotto a un’arcata, Madonna che allatta te a Castiglione mostrano un’atten- il Bambino). zione verso il filone pittorico ani- Risulta tuttavia interessante nota- malista, rappresentato a Genova da re che nelle quattro prove utilizzò esempi dei Bassano e di Jan Roos; ben tre tecniche differenti: acquafor- predilezione per un gusto animalier te, bulino e puntasecca, a testimo- che – seppur mutata e aggiornata – nianza di notevole perizia e capaci- caratterizzò anche le stampe del pe- tà nella tecnica calcografica. Alcune riodo romano e successive. Verso il stampe risultano firmate “Ludovi- 1625 entrò in contatto con Van Dick, cus Carracciis In. Fe.”. Di tre delle che soggiornava a Genova, riceven- quattro stampe esistono copie in done evidenti influssi. Tra il 1632 e il controparte, indice dell’interesse su- 1640 risedette stabilmente a Roma, scitato dagli originali. La sua attivi- ad eccezione del 1635 quando risulta tà per l’incisione può estendersi alla dimorante a Napoli. A Roma risentì produzione dei disegni, poi intagliati soprattutto dell’influsso di Poussin, dal cugino Agostino, per la serie de- che si riverberò tanto nelle sue ope- gli Stemmi. re pittoriche, quanto in quelle grafi- che. Per un triennio in seguito tornò Bibl.: Bartsch, XVIII, pp. 24-26; Tib, a Genova (1645-1647), prima di rien- 39; Dbi (Posner), XX, pp. 627-629; trare nella città capitolina fino al 1649 De Grazia 1984, pp. 252-254; Bellini o secondo altre fonti fino al 1651. A 1995, p. 99. Roma aveva frequentato l’Accade- 56 luca trevisan - giulio zavatta mia di San Luca, dove risulta iscritto lo con “BC” intrecciato e seguito dal- nel 1634. Gli ultimi anni della sua vita la specificazione “genovese” (Algeri, si dimostrarono estremamente er- Borroni, in Dbi, XXII, pp. 84-89). ratici, e lo videro prima a Mantova, quindi nella natia Genova e talvolta Bibl.: Bartsch, XXI, pp. 9-42; Tib, 46; anche a Venezia. L’opera incisa di Ca- Le Blanc, I, pp. 611-613; Dbi (Alge- stiglione conta sessantatre acquefor- ri, Borroni), XXII, pp. 84-89; Bellini ti e una ventina di monotipi, realiz- 1982; Bellini 1995, pp. 104-105. zati secondo una tecnica da lui stesso inventata (settantasette in tutto in- vece secondo Bartsch e Le Blanc). Le incisioni sono per lo più di inven- Cochin, Noël (o Nadal) zione e rappresentano scene bibliche (Troyes, 1622-Venezia, 1679) (spesso con notevoli se non addirittu- ra predominanti inserti animalistici) Pittore e incisore, fratello di Nico- e temi filosofici: celebre la serie del- las, con cui sovente viene confuso, le Teste dove si notano contatti con si stabilì a Venezia, dove rimane fino l’arte incisoria di Rembrandt, studia- alla morte, recentemente anticipa- to da Castiglione specialmente nei ta al 1679 (De Fuccia 2007; Cocchia- suoi periodi romani. Negli stessi anni ra 2010, p. 90 nota 153). Considerato entrò in contatto con le opere incise uno dei protagonisti dello sviluppo di Pietro Testa e Salvator Rosa; una della pittura di paesaggio nel Vene- parte della sua produzione del perio- to, fu a lungo al servizio del circolo do romano intercetta anche il gusto padovano di Charles Patin nelle ve- barocco di e sti di illustratore delle maggiori ope- di Pietro da Cortona. Giovanni Bat- re a stampa del noto collezionista e tista Castiglione fu incisore “di pro- numismatico francese. Come inciso- fessione” e fu tra i primi a riscattare re si deve a lui la maggior parte del- quest’arte dal ruolo di mera riprodu- le tavole dell’opera intitolata Tabulae zione, che ancora nel XVII secolo ri- selectae et explicatae, stampate a Pa- sultava predominante. Castiglione dova nel 1691. Tre fogli rappresenta- firmò in modi diversi, “Castiglio- no scene di teatro, ma anche soggetti ne geiep” (cioè “genovese invenit et religiosi e biblici. Si ipotizza che Co- pinxit”), “G.B. Castilione fec.”, “Gio. chin sia da identificarsi con un non Benedetto Castiglione” e simili, e ta- meglio noto “M.C.”, Monsù Cussin, lora usò monogrammi, fra cui quel- molto stimato da Boschini, che lo ri- DIZIONARIO BIO-BIBLIOGRAFICO 57 teneva un valente copista del Vecel- di famiglia piuttosto modesta lavorò lio e un « genio a far paesi », tanto da da giovane a Ravenna dove si dedicò incidere personalmente un suo pae- all’arte dell’intaglio su legno. Entrò saggio con armigeri nella galleria im- a quindici anni nell’ordine francesca- maginaria della sua Carta del navegar no, dove si specializzò nella corogra- pitoresco, « caratterizzato da un’impo- fia e nella cosmografia. Aggregato stazione tizianesca con figurette alla alla chiesa dei Frari, fu mandato a Vecchia ed elementi scenografici che studiare a Roma nel collegio di San sembrano anticipare le vedute alla Bonaventura. Prima del 1680 si recò Rosa del primo Marco Ricci » (Coc- a Parma dove costruì due globi, oggi chiara 2010, p. 72). Lo stesso “M.C.”, dispersi, per Ranuccio Farnese. Dal potrebbe essere l’autore del dise- 1681 al 1684 ha lavorato a Parigi, dove gno, poi inciso da Giacomo Piccini, nel 1683 realizzò due globi terrestri dell’Antiporta allegorica della Historia per Luigi XIV (uno celeste e uno ter- delle guerre civili di questi ultimi tem- restre, oggi conservati presso la Bi- pi, di Maiolino Bisaccioni, stampata bliothèque Nationale). Rientrato a a Venezia nel 1653, e, sempre in cop- Venezia nel 1684 fondò l’Accademia pia con Piccini, del ritratto celebra- degli Argonauti, la più antica istitu- tivo del conte Martino d’Anglié, so- zione europea per lo studio della ge- vrintendente alle finanze di madama ografia. Compose numerose opere Cristina di Francia, situato in apertu- letterarie, geografiche e cartografi- ra de Il segretario di lettere, e di stato di che, tra le quali spicca l’Atlante Vene- Lorenzo Onesti, stampato nel 1652. to (1690), quindi l’Isolario dell’Atlante Veneto (1696-1697), e la Biblioteca Uni- Bibl.: Bnzit (ed. 1976), III, p. 85; versale (1701). In queste opere sono Bellini 1995, p. 117; De Fuccia 2007; incluse numerose incisioni in rame Cocchiara 2010, pp. 72, 90 nota 153, nel testo e fuori testo, intagliate da 100, 153 nota 40. anonimi su disegno e sotto lo stretto controllo di Vincenzo Maria Coro- nelli. In seguito pubblicò altre opere di carattere geografico, in parte riuti- Coronelli, Vincenzo Maria lizzando le tavole dei volumi più pre- (Venezia, 1650 - 1718) stigiosi. Dal 1697 uscì a Venezia il Li- bro dei globi di misure differenti, opera Nacque a Venezia, e non a Ravenna costituita da quarantotto tavole inci- come indicano alcune fonti, nel 1650; se da incollare su sfere per ottenere 58 luca trevisan - giulio zavatta dei globi terrestri. Nel 1701 divenne conservata alla Biblioteca Naziona- generale dell’ordine dei francescani, le di Parigi. Tra le prime opere do- carica che dovette deporre nel 1704 cumentate, oltre a una serie di stam- per un’accusa di trafugamento di re- pe di paesaggio, sono le otto tavole liquie. Seguirono ancora numerose che illustrano le Icones Operum miseri- imprese bibliografiche, spesso illu- cordiae (Bnzit, III, p. 302) di Mario strate da stampe, fino al 1717, quan- Cartario, stampate a Roma nel 1586 do l’imperatore Carlo VI lo invitò a per i tipi di Bartolomeo Grasso (Coc- Vienna come commissario e diret- chiara 2010, p. 173). Alla fine degli tore perpetuo del Danubio e di altri anni venti è attestato a Brescia e a Ve- fiumi dell’impero. Rientrato a Vene- nezia, dove firma il frontespizio isto- zia, pubblicò nel 1718 gli Effetti natura- riato-architettonico dei Pietosi affetti li delle acque; nello stesso anno morì e di Angelo Grillo (edizione Deuchi- purtroppo in breve tempo andarono no, 1629), caratterizzato da inflessio- dispersi i suoi libri, i manoscritti, le ni tardo manieriste e da una apertu- lastre di rame delle sue incisioni. An- ra al barocco europeo. Un decennio che l’Accademia degli Argonauti non dopo, circa, l’artista rientrò in Ger- sopravvisse a lungo alla scomparsa mania, dove intagliò alcuni rami del del suo fondatore. Commentariorum, de bello Germanico di Michael Caspar Lundorp nel 1638. Bibl.: Dbi (De Ferrari), XXIX, pp. 305- 309; Bellini 1995, p. 125. Bibl.: Bnzit (ed. 1976), III, p. 302; Bnzit (ed. 1999), IV, p. 152; Cocchia- ra 2010, pp. 173-174.

Custodi (Custos), David (Augusta ?-attivo a Venezia, fine degli anni venti del XVII secolo) Dal Sole, Giovan Gioseffo (Bologna, 1654 - 1719) Incisore e illustratore tedesco nato probabilmente ad Augusta, figlio del Figlio del pittore di paesi Antonio più noto Domenico Custos, origina- Maria e di Susanna de’ Castellini, rio di Amburgo e forse imparentato dopo un primo apprendistato presso con Raphael Custos, autore di una ri- Domenico Maria Canuti, che in que- produzione grafica della corte inter- gli anni dirigeva a Bologna una im- na del Fondaco dei Tedeschi (1616) portante scuola di pittura, iniziò a DIZIONARIO BIO-BIBLIOGRAFICO 59 frequentare, insieme con lo sculto- e tradotta con grafia nervosa ed ele- re Giuseppe Maria Mazza, la casa del gante, pur ricollegandosi essenzial- conte Alessandro Fava per studiare mente ai modelli dei grandi classici le pitture dei Carracci e le opere de- bolognesi del Seicento. Nell’ultimo gli altri maestri presenti in quella rac- decennio del secolo Dal Sole ven- colta. In seguito lo stesso Fava spin- ne chiamato dal conte Ercole Giu- se i due giovani artisti a frequentare sti per lavorare nella sua casa verone- la scuola del Pasinelli. Alla fase ini- se; la presenza di Giovan Gioseffo a ziale del Dal Sole si riferiscono le po- Verona influì notevolmente sull’am- che opere incise note: alcuni ritratti biente artistico locale, determinando di artisti realizzati per la prima edi- una reazione in senso classico e un zione della Felsina pittrice (1674) e due avvicinamento alla scuola bologne- incisioni tratte da opere di Pasinelli: se. Dopo il rientro a Bologna, sul fi- il lodatissimo Olimpo del perduto pla- nire del secolo seguirono anni di in- fond dipinto per il palazzo viennese tensa attività e anche di malattia fino del generale Montecuccoli (1683 ca., alla morte avvenuta a Bologna il 22 dedicato al Malvasia, e il Francesco luglio 1719. Saverio confonde i satrapi del Giappo- ne (Zanotti 1703, p. 120). A metà cir- Bibl.: Bartsch, XIX, p. 328 sgg.; Tib, ca del nono decennio la fama del Dal 48; Bolaffi, X, pp. 354-357; Dbi (Vo- Sole si andava consolidando; il pitto- dret Adamo), XXXII, pp. 253-258. re si licenziò dalla bottega di Pasinel- li, con il quale rimase però in ottimi rapporti, e aprì una scuola per suo conto. In questi anni realizzò infatti David, Lodovico Antonio diverse opere tra Bologna (chiesa di (Lugano, 1648 - Roma, 1709) San Biagio, perdute), Parma (palaz- zo del marchese Giandemaria, per- Pittore e incisore, architetto e teori- duta) e soprattutto gli affreschi mi- co d’arte nativo di Lugano (13 giu- tologici di palazzo Mansi a Lucca, gno 1648), giunse dapprima a Mila- considerati il primo riferimento si- no, probabilmente intorno al 1665, curo per la conoscenza dei modi del dove studiò pittura con Francesco Dal Sole. Questi affreschi rivelano in- Cairo e Ercole Procaccini (Bnzit, fatti un pittore caratterizzato da una III, p. 388), quindi, presumibilmente forte ripresa neoveronesiana, filtra- nel 1666, si trasferì a Venezia, dove ri- ta attraverso l’esperienza di Pasinelli uscì ad acquistare una certa reputa- 60 luca trevisan - giulio zavatta zione come pittore (Enggass, in Dbi, lagunare, David illustrò con Isabel- XXXIII, pp. 147-151; San Carlo Borro- la Piccini il Corriere svaligiato, pubbli- meo che distribuisce l’elemosina ai pove- cato da Brigna nel 1680 e la Marche- ri, in Santa Maria dei Frari; altre ope- sa d’Hunsleij overo l’amazone scozzese re in Santa Maria del Carmelo e in nell’edizione Brigna 1677 e in quella palazzo Albrizzi) e dove rimase per di Giacomo Ferretti del 1685. Ancora circa un ventennio prima del trasferi- nel 1680 realizzò le antiporte, su inta- mento a Roma. glio di Martial Desbois e suor Isabel- A Venezia David entrò in contatto la Piccini, delle Poesie sacre e spirituali con il mondo dell’editoria e con la di Pier Matteo Petrucci e della Vergi- comunità ticinese, a cominciare dal- ne trionfante di Tesauro. lo stampatore Abbondio Menafoglio, David, studioso e teorico d’arte, isti- che lo introdusse a sua volta in altri tuì a Venezia, in competizione con ambienti culturali, come quello degli Pietro Della Vecchia, una personale editori specializzati nella librettistica Accademia su basi storiciste moder- d’opera, a cominciare da Francesco ne, con particolari attenzioni al pen- Nicolini e Stefano Curti, che già nel siero matematico e allo studio della 1667 gli commissionarono l’antipor- prospettiva, tanto che nel 1679 Ago- ta de L’Alessandro Amante di Giacin- stino dal Pozzo lo incaricò di deco- to Andrea Cicognini; o altri tipografi rare il trattato scientifico Gnomonice di spicco come Francesco Valvasen- biformis, geometriae, scillicet, et aritme- se, per il quale illustrò nel 1666 il Rag- ticae, la cui pagina iniziale presenta guaglio dell’ultime guerre di Transilva- figure assimilabili a una delle poche nia e Ungaria di Maurizio Nitri. Tra opere pittoriche lasciate nella città questi stampatori ed editori, soprat- lagunare dal luganese, il telero con tutto Giovanni Giacomo Hertz lo Zeusi che osserva le modelle per creare coinvolse, insieme ad altri, nella edi- l’immagine di Elena nel portico di pa- zione princeps veneziana del Regno lazzo Albrizzi. d’Italia sotto i barbari di Emanuele Te- Di rilievo è anche il contributo di Da- sauro, uscita nel 1667. Degli anni tra vid in campo architettonico, special- il 1667 e il 1668 è il corredo iconogra- mente in contatto con il circuito lon- fico delle Favole heroiche di Audin de gheniano. Intorno al 1680, infatti, Termes e de la Faye con un frontespi- Carlo Vincenzo Giovannelli gli com- zio su inventio di Antonio Zanchi. Per missionò il progetto dell’altare di fa- Giovanni Palazzi e Antonio Lupis, al- miglia nella chiesa degli Scalzi, la cui tre due figure di spicco della cultura ornamentazione plastica venne re- DIZIONARIO BIO-BIBLIOGRAFICO 61 alizzata dai maggiori collaboratori Della Vecchia, Pietro dell’architetto veneziano. (Muttoni, Pietro, detto) Nel 1686 David si trasferì a Roma, (Vicenza?, 1602 o 1603 - Venezia, 1678) dove rimase per il resto della sua vita. Le due grandi tele per Sant’Andrea Figura eclettica ed eccentrica nel pa- del Quirinale, l’Adorazione dei Magi e norama veneto del Seicento, Pietro l’Adorazione dei pastori, sono conside- Della Vecchia fu essenzialmente pit- rate i suoi capolavori. Furono com- tore. Non mancò tuttavia di specia- missionate poco dopo il 1691 dal car- lizzarsi nella pratica incisoria e sep- dinale Pietro Ottoboni, nipote di pe dare prova di abile peintre-graveur papa Alessandro VIII. licenziando opere di indubbio valore Nel 1732 Vincenzo Da Canal, nella esecutivo. sua Vita di Gregorio Lazzarini (Vene- Verosimilmente, come si ritiene, vi- zia 1809, p. 25 sgg.), raccontava che centino di nascita, si formò attraverso questi dapprima frequentò la scuola un duplice influsso che gli proveniva del Della Vecchia, dove studiò dise- tanto da un confronto con la tradizio- gno, prospettiva, anatomia e ottica, ne pittorica locale tardocinquecen- « ma più gradito rendeasi da Lodo- tesca – e in particolare con il classi- vico David, profondo di mente e di cismo sostenuto dal Padovanino –, molto talento in quelle scienze, e quanto dal contatto con la corrente passabile nell’arte. Ei contradiceva al caravaggesca, probabilmente favori- Vecchia in ogni punto; il che rendeva to da un precoce soggiorno romano. più sottile le quistioni e più dibattu- Come anticipavamo, la sua attività te le ragioni, con grande piacere de- primaria fu quella pittorica: numero- gli ascoltanti, sicché Gregorio non se soprattutto le pale d’altare, disse- prendeva momento d’intervenirvi, minate su di un territorio assai vasto trascurando per lo più il disegno, per che spazia dall’Istria alla Lombardia. istabilirsi in quelle cognizioni ». “Pittore di Stato” tra i più in vista del- David risultava vivo ancora nel 1709, la sua generazione, e abilissimo imi- come si evince da una sua lettera del tatore dello stile dei grandi maestri 6 luglio indirizzata al Muratori (Cam- della pittura veneta cinquecentesca, pori 1866, p. 549). Si ignorano luogo non disdegnò di applicarsi al restau- e data di morte. ro di alcuni grandi dipinti ma tro- vò soprattutto specializzazione nel Bibl.; Bnzit (ed. 1976), III, p. 388; campo della produzione di falsi. Le Dbi (Enggass), XXXIII, pp. 147-151. fonti ricordano come fosse in grado 62 luca trevisan - giulio zavatta di riproporre fedelmente la maniera nostante nel 1671 ebbe nuovamente di Giorgione, sebbene non fossero modo di lavorare, insieme all’inciso- da meno le prove condotte secondo re francese Jean Langlois, all’illustra- lo stile di Tiziano, Tintoretto, Jaco- zione di un libro a stampa: si tratta de po Bassano, Andrea Schiavone, Boni- Il carcere illuminato, opera di Angelo facio Veronese ecc. Tarachia uscita dai torchi dell’editore Fu anche, insieme a Marco Boschi- e stampatore Andrea Giuliani. ni, consulente mercantile per agen- ti presenti a Venezia per acquistare Bibl.: Aikema 1990; Roio 2001, pp. 820- opere d’arte: a lui si rivolse ad esem- 821; Aikema 2003; Cocchiara 2010, pio il cardinale Leopoldo de’ Medici. p. 206. Figura di grande cultura, fu in stret- to contatto con i cenacoli di intellet- tuali della capitale, come ad esempio con l’Accademia degli Incogniti di Desbois, Martial Giovan Francesco Loredano nel con- (Parigi, 1630 - 1700) testo della quale lavorò con Giovanni Georgi all’illustrazione della raccolta Incisore, disegnatore e illustratore di Lettere nelle edizioni Guerigli del francese attivo tra Padova e Venezia 1661 e del 1662. A questo settore sem- a partire della fine dell’ottavo decen- bra aprirsi nel 1640, quando fornisce nio del XVII secolo, Desbois fa par- il disegno per una delle tavole de Il te, insieme a Jean Louis Allet, Louis dispaccio di Venere del patrizio Pietro Dorigny e altri della florida e nutri- Michiel, uscito sempre per i Gueri- ta colonia di peintre-graveurs france- gli. Sebbene non sia firmata, la tavo- si di stanza in laguna (Cocchiara la in questione è ravvicinabile al Del- 2010, p. 132). Utilizzando il bulino, il la Vecchia sul piano stilistico per il puntinato e la maniera nera, ha rea- « ductus spigliato e popolaresco » con lizzato qualche soggetto religioso di cui è condotta (Cocchiara 2010). riproduzione (da Ciro Ferri), ma so- Con la morte del Loredano e lo scio- prattutto ritratti di personalità del glimento dell’accademia, Pietro si al- suo tempo e numerose illustrazio- lontana progressivamente dal genere ni per libri per lo più di ottima qua- dell’incisione, che gli risultava conge- lità (Bellini 1995, p. 163). Insieme a niale praticare nei limiti della collabo- Dorigny partecipò infatti alla deco- razione all’illustrazione di testi nati razione delle opere più famose del in quell’ambito accademico. Ciono- medico e numismatico francese esi- DIZIONARIO BIO-BIBLIOGRAFICO 63 liato a Padova, Charles Patin, ossia il fu attivo per la stamperia ducale Ba- Lyceum Patavinum (1682) e il Thesau- zachi di Piacenza. Nel 1696 rientrò a rus numismatum (1683). A Venezia en- Parigi dove morì qualche anno dopo. trò poi in contatto con il procuratore marciano Angelo Morosini, colto an- Bibl.: Bnzit (ed. 1976), III, p. 509; tiquario e collezionista di monete e Bellini 1995, p. 163; Cocchiara 2010, medaglie, del quale intagliò l’effigie, pp. 133-134, 177. da un originale di Sebastiano Bom- belli, e una veduta del palazzo di fa- miglia, su inventio di Noël Robert Cochin. Tra le principali illustrazio- Diamantini, Giuseppe ni librarie si ricorda il corredo icono- (Fossombrone, 1621 - 1705) grafico de I capricci serii delle muse di Giovan Battista Vidali, stampati nel Nato a Fossombrone, Diamantini, 1677, che segnano l’avvio della sua secondo un appunto di Malvasia, fu produzione caratterizzata da un trat- allievo a Bologna di Giovanni Andrea to fluido e vibrante e da una spiccata Sirani (Arfelli 1961). propensione ritrattistica (Cocchiara A Bologna rimase colpito soprattut- 2010, p. 177). L’opera probabilmente to dalle incisioni di Cantarini e, sem- più nota è l’apparato decorativo del- pre secondo Malvasia, dagli affreschi le Glorie funebri: composizioni in mor- di nel chiostro di te di S.E. il Sig. Battista Nani cavalie- San Michele in Bosco. Non è nota la re, raccolte dal principe dei Dodonei data del suo spostamento in Vene- Lelio Piovene e pubblicate da Andrea to, dove rimase per il resto della vita Poletti nel 1679, la cui antiporta mo- fino al 1698, quando, ormai cieco, stra una forte influenza di Liberi. Del fece ritorno nella natia Fossombrone pittore padovano Desbois tradusse per morirvi l’11 novembre 1705 (Ar- infatti il disegno per la tavola d’aper- chivio della Cattedrale, Libro dei mor- tura del Giustino di Nicolò Beregan, ti, 1625-1725, p. 306). pubblicato da Nicolini nel 1683. A Venezia Diamantini lavorò come Nel 1680 collaborò con Ciro Ferri nel pittore e incisore soprattutto per fa- Quaresimale di Paolo Segneri, pubbli- miglie private; il suo successo è lega- cato da Paolo Baglioni, editore per cui to infatti alle buone relazioni con il illustrò, nel 1689, un sontuoso Messa- patriziato veneto, che gli consentiro- le romanum, una delle sue ultime ope- no di ottenere, nel 1663, il titolo di ca- re documentate a Venezia. In seguito valiere di San Giorgio. Il suo nome, 64 luca trevisan - giulio zavatta inoltre, appare inserito nella fraglia si ritrovano nell’acquaforte Saturno e dei pittori veneziani (Pignatti 1965, Rea (Bartsch, XXI, n. 35). p. 25). Si ritiene che Diamantini abbia Molto più documentata e di diversa avuto a Venezia una notevole produ- mole è invece la produzione incisoria zione pittorica, solo in parte docu- di Diamantini, rappresentata da un mentata dalle fonti. La grande mag- cospicuo numero di acqueforti pre- gioranza delle sue opere è oggi da valentemente di soggetto mitologico considerarsi perduta o dispersa sotto o allegorico, la maggior parte delle altre denominazioni in collezioni pri- quali risulta tirata in numero limita- vate, principale destinazione del suo to di esemplari per mano di stampa- lavoro. Gran parte della sua produ- tori spesso anonimi. L’artista presen- zione incisoria di soggetto mitologi- ta scene mitologiche semplici, spesso co e allegorico era in relazione con ispirate ai soggetti di Pietro Liberi e dipinti realizzati per la committen- Sebastiano Mazzoni, facili nella com- za privata (Calabi 1936, pp. 25-40). A prensione, lontane da ogni retorica fronte dei numerosi quadri ricorda- barocca. Eseguite direttamente sul- ti dalle fonti, ma purtroppo oggi di- la lastra senza disegno preparato- spersi, esistono solo quattro dipin- rio e con un tratto nervoso e svelto ti certi eseguiti per privati: David con che suggerisce le sue principali fon- la testa di Golia (Dresda, Gemäldega- ti, Cantarini e Carpioni, queste ac- lerie), San Sebastiano (Milano, coll. queforti colpiscono per la « sorpren- Scelpizi), Caino e Abele (Venezia, Mu- dente trascuratezza nei particolari, seo Correr), Cupido (Rovigo, Pina- quasi mai avvertibile per la felicità coteca del seminario). Di Giuseppe dell’insieme » (Bellini, in Dbi, XXXIX) Diamantini si conservano inoltre di- e per il vivido senso dell’atmosfe- versi disegni che attendono ancora ra (Acton 1989b, p. 257). Le incisio- un’analisi sistematica e approfondi- ni di Diamantini non sono mai data- ta. Alcuni di questi, come rileva Bel- te, ma sono collocabili nel periodo lini, sono serviti, in tutto o solo in veneziano perché recano spesso, nel parte, per preparare alcune incisioni: margine in basso, la dedica a patri- è il caso del disegno Mercurio e Argo zi o personaggi in vista dell’ambien- (Vienna, Albertina), preparatorio per te della Serenissima. La produzione gli omonimi soggetti catalogati da incisoria di Diamantini, secondo Bel- Bartsch (XXI, nn. 32, 36), o due figu- lini, ammonta a circa sessantacinque re presenti nel foglio con Scena mito- esemplari, di cui quaranta catalogati logica (Stoccarda, Staatsgalerie), che da Bartsch e altri aggiunti da Calabi DIZIONARIO BIO-BIBLIOGRAFICO 65

(1936) e Mattioli (1970). Esistono in- all’Accademia Carrara di Bergamo); fine alcune prove oggi non altrimenti alla pittura a fresco (Stanza di Psiche note citate in repertori antichi. nella villa Venier-Contarini di Mira o la decorazione di palazzo Belloni Bibl.: Bartsch, XXI, pp. 265-288; a Padova); ai dipinti di tema religioso Bnzit (ed. 1976), III, pp. 555-556; (Martirio di san Lorenzo della Madon- Calabi 1936, pp. 25-40; Pignatti 1965, na dell’Orto) e, più raramente, all’in- p. 25; Mattioli 1970, pp. 151-159; Ac- cisione e all’illustrazione libraria ton 1989b, pp. 257-259; Dbi (Bellini), (stampa sciolta raffigurante la Deifi- XXXIX, pp. 638-641; Bellini 1995, p. cazione di Enea). Nel campo dell’illu- 167-168. strazione libraria, a parte una breve collaborazione alla Carta del Navegar pitoresco di Marco Boschini, assun- se un ruolo decisivo la committenza Dijck, Daniel van den del patrizio Giovan Francesco Lore- (Anversa, 1614 - Mantova, 1663 ca.) dano, per il quale illustrò una serie di opere in coppia con Giacomo Piccini Originario di Anversa, dopo l’ap- e Giovanni Georgi. prendistato nella bottega di Peeter Chiamato da Carlo II Gonzaga, nel Verhaght, intorno al 1634 si trasferì 1657 si trasferì a Mantova nelle ve- a Venezia, dove sposò Lucrezia, una sti di architetto, scenografo di corte delle figlie di Nicolò Renieri (Nico- e pittore di fiori, contribuendo a ri- las Renier), noto pittore e mercan- lanciare l’ambiente artistico virgilia- te d’arte, divenendo anche cognato no in chiave internazionale. di Pietro Della Vecchia, sposato con la sorella minore della moglie, Clo- Bibl: Ivanoff 1953, pp. 243-248; Coc- rinda. Artista estremamente versa- chiara 2010, p. 178. tile, Dijck si affermò principalmen- te come pittore: insieme a Renier e a Della Vecchia lavorò infatti alla per- duta decorazione della Palazzina Pe- Doino, Catarino saro a Preganziol; si dedicò anche (Venezia, documentato dal alla ritrattistica « con accenti ruben- 1596 - Ferrara, post 1642) siani modulati su riflessi tintorette- schi e bassaneschi » (Cocchiara 2010, Noto soprattutto come editore e li- p. 178: cinque ritratti si conservano braio di origine veneziana, fu attivo 66 luca trevisan - giulio zavatta anche nel campo dell’illustrazione li- Dorigny, Louis braria e della stampa di riproduzio- (Parigi, 1654 - Verona, 1742) ne (da Tintoretto, Agostino Carrac- ci e Correggio). Tipici i frontespizi Pittore e incisore parigino, nipote di riccamente decorati con putti, stem- Simon Vouet e figlio di Michel, uno mi, volute e figure allegoriche, spes- dei maggiori incisori di riproduzione so incisi insieme a Francesco Vale- alla corte di Luigi XIV, campo in cui sio, con cui lavorò in società dal 1606. si specializzò anche il fratello Nico- Il 1606 è anche la data di esecuzio- las. La prima educazione artistica av- ne di una Pianta della città di Pado- venne a Parigi, in un ambiente domi- va, mentre nel 1627 furono date alle nato dai grandi decoratori, fra i quali stampe le Misure armoniche del mu- primeggiava Charles Le Brun. Nel sico Francesco Piovesana, aperte da 1673 si trasferì a Roma dove conob- un frontespizio allegorico realizzato be i grandi cicli pittorici barocchi. dalla coppia Doino-Valesio. Il sodali- Passò quindi in Umbria e nelle Mar- zio si sciolse probabilmente nel 1627, che dove lasciò opere oggi purtrop- per lo spostamento di Doino nella po perdute a Gubbio e Foligno. Nel città di Ferrara, dove, tra 1640 e 1641, 1678 arrivò a Venezia dove si stabilì curò l’apparato iconografico di due per qualche anno divenendo subito noti repertori sulle glorie estensi, De- celebre e ricercato. Fu l’artista pre- gli eroi della Serenissima Casa d’Este, di ferito delle ricche famiglie di recen- Francesco Berni, e i Ritratti de’ sere- te nobiltà (Tron, Manin, Zenobio, nissimi Principi d’Este, di Antonio Ca- Widmann) per le quali decorò palaz- riola, pubblicati con l’aiuto di Fran- zi e ville per tutta la vita. cesco Suzzi, stampatore camerale Nel 1685 Dorigny risultava iscritto con cui Doino collaborò a più ripre- alla fraglia dei pittori di Venezia e se. Quest’ultimo volume è correda- nel 1687-90 è indicato come abitan- to da diversi rami, forse di mano del te a Verona, dove risedette fino alla cremonese Giuseppe Caletti (Coc- morte. Il trasferimento da Venezia a chiara 2010, p. 179), che gli dedicò Verona fu determinato dal particola- una stampa raffigurante David con la re clima artistico della città scalige- testa di Golia. ra, dove le preferenze in campo pit- torico andavano verso un linguaggio Bibl.: Bnzit (ed. 1976), III, p. 609; classicistico complesso nell’impagi- Bellini 1995, p. 172; Cocchiara 2010, nazione compositiva, ma pacato ed p. 179. elegante, anche nelle grandi opere DIZIONARIO BIO-BIBLIOGRAFICO 67 decorative. Oltre ad alcune famose li a Padova). Tra 1708 e 1710 realizzò tele realizzate nei primi anni verone- le decorazioni di villa Manin a Pas- si (Giuseppe che spiega il sogno al fara- sariano; tra 1717 e 1720 il salone e la one, per la nuova chiesa di San Nico- chiesetta di villa Allegri ora Arvedi a lò dei padri teatini; San Cristoforo per Grezzana. la chiesa di Santa Eufemia; Annuncia- Prima del definitivo trasferimento a zione (1696?) per la cappella dei No- Verona, negli ultimi anni del nono dari nel palazzo del Comune di Vero- decennio, a Venezia, Dorigny lavo- na, oggi al Museo di Castelvecchio; rò sporadicamente anche nel setto- i due lunettoni dello stesso comples- re editoriale, curando, ed esempio, so, con Storie dei santi Zeno e Daniele la decorazione della cosiddetta “Bib- e la lunetta con Susanna e i vecchioni, bia Nicolosi”, fortunata traduzione in cui dominano le complesse archi- della Historie Sacrée en Tableaux del tetture monumentali, forse di matri- 1670, stampata da Antonio Bosio nel ce scenografica bolognese), la fama 1688. Risulta attivo principalmente di Dorigny si legò principalmente per Charles Patin, celebre medico e alle fastose decorazioni ad affresco numismatico francese esiliato a Pa- di ville e palazzi del patriziato vene- dova, per il quale illustrò, in colla- to, come il salone dei palazzi Lom- borazione con Martial Desbois, due bardi e Nuvoloni a Verona, il salone tra le opere più note, il Lyceum Pa- di Ca’ Zenobio a Venezia e villa Tor- tavinum edito nel 1682 e il Thesaurus riano in Valpantena, ancora entro la numismatum uscito a Venezia l’anno fine del XVII secolo. Ai primi del Set- seguente. L’ultima prova documen- tecento si data la decorazione del sa- tata in questa campo dovrebbe esse- lone di villa Almerico - Capra (la ce- re il corredo iconografico de L’arte lebre Rotonda di Palladio) nei pressi del cavallo di Nicola e Luigi Santa- di Vicenza. Dal 1704 al 1706 Dorigny paulina, realizzato insieme al tede- si recò per un breve periodo a Parigi, sco Giuseppe Juster e pubblicato a avvicinandosi alle nuove tendenze Padova nel 1696 (Cocchiara 2010, p. decorative francesi, pur preferendo 180). Dorigny morì a Verona il 29 no- alle complesse macchine celebrati- vembre 1742. ve tardo barocche soggetti mitologi- ci raffigurati in atmosfere già roco- Bibl.: Bnzit (ed. 1976), III, pp. 643- cò (soffitti di palazzo Orti Manara a 644; Dbi (D’Arcais), XLI, pp. 486-489; Verona, palazzo Giacomelli Calzava- Bellini 1995, p. 173; Cocchiara 2010, ra a Treviso, salone di palazzo Caval- pp. 105-106, p. 180. 68 luca trevisan - giulio zavatta

Dujardin, Karel di distanza dal soggiorno nella peni- (Amsterdam, 1622 - Venezia, 1678) sola, contribuirono a diffondere il gu- sto per il genere nei paesi nordici. Pittore e incisore, attivo ad Amster- dam, a L’Aia (dove è documentato Bibl.: Bartsch, VI, p. 354 sgg.; Holl- nel 1656 presso la Gilda di San Luca), stein, VI, pp. 27-44; Tib, 1; Bnzit in Francia e in Italia, dove entrò in (ed. 1976), IV, p. 6; Bellini 1995, p. 176. contatto con l’arte dei Bamboccian- ti e di Claude Lorrain. A Roma, dove era già nel 1642, tra i pittori olande- si della Bentvueghels fu soprannomi- Faccini, Pietro nato Bokkebaart (“becco di barba”). (Bologna, 1562 - 1602) Licenziò dipinti spesso di piccolo for- mato con scene di animali e paesag- Pittore e disegnatore italiano di cui gi, secondo il gusto di Paulus Potter; si hanno poche notizie; iniziò tardi ebbero enorme successo, e furono la carriera di pittore e probabilmen- particolarmente ricercati e apprezza- te la sua formazione avvenne all’in- ti non solo in Olanda e Italia, ma an- terno dell’Accademia dei Carrac- che in Inghilterra. Secondo le fonti, ci. Dopo un breve periodo di attività sarebbe stato allievo di Nicolaes Ber- nell’Accademia degli Incamminati, chem, o dello stesso Paulus Potter. tra il 1593 e il 1594, Faccini fondò una Dopo i primi soggiorni italiani, tornò propria scuola contrapposta a quel- in Olanda, per portarsi ancora nella la dei Carracci. Di carattere irrequie- penisola nel 1675 al seguito dell’amico to e difficile, fu comunque altamen- Joan Renst; si stabilì infine, dopo un te considerato nell’ambiente artistico Grand Tour, a Venezia, dove morì nel bolognese: nel 1599 insieme a Reni e 1678. Anche le incisioni all’acquaforte Albani fu eletto a pieni voti nel consi- mostrano gli stessi soggetti predilet- glio della Compagnia dei pittori. Sem- ti in pittura, ebbero vasta diffusione pre e comunque molto legato all’arte e furono replicate da allievi e segua- carraccesca, fu tuttavia stilisticamen- ci. Non di meno, i soggetti con ani- te più libero ed estroso dei suoi rivali, mali furono replicati ancora in Fran- con forme molto fluide, colori vivaci cia nel XIX secolo, a testimonianza di e profondi contrasti chiaroscurali che una duratura fortuna. Alcuni suoi pa- presuppongono la conoscenza diret- esaggi italiani, incisi dopo il ritorno ta dell’arte veneta. Il riferimento a Ti- ad Amsterdam, anche ad alcuni anni ziano si fa evidente infatti nel Martirio DIZIONARIO BIO-BIBLIOGRAFICO 69 di santo Stefano della chiesa di Borgo a monini a Bologna, quindi alla scuola Budrio che, nella pastosità della gam- di Tintoretto a Venezia, dove emi- ma cromatica e nella figura del tor- grò in giovane età. Nacque a Bolo- turatore, rimanda al carnefice del gna il 18 luglio 1573, figlio postumo San Pietro martire di Tiziano. Secon- di un “Dottore Odoardo”. Il preco- do Malvasia ha avuto una abbondan- ce trasferimento in laguna fu proba- te produzione pittorica, di cui però è bilmente preceduto da un viaggio a rimasto poco. Tra le sue opere si pos- Roma e da una sosta a Padova. Fu sono ricordare il Martirio di san Lo- iscritto alla fraglia dei pittori tra il renzo (1590, Bologna, San Giovanni in 1604 e il 1612. Rimane poco della sua Monte), l’Assunta di Santa Maria dei produzione pittorica, per lo più ca- Servi (1593-94), il Sant’Antonino di San ratterizzata da accenti carracceschi. Domenico e i Misteri del Rosario della In una lettera del 1660 inviata al Mal- parrocchiale di Quarto Inferiore (Bo- vasia, e da questo fedelmente ripro- logna), forse l’ultima opera del Facci- dotta (1678, p. 228), il Boschini elenca ni. L’artista infatti morì poco dopo, trentotto dipinti eseguiti dal Fialetti a circa quarant’anni d’età. In campo per chiese e confraternite veneziane, incisorio ha realizzato solo poche ac- oggi solo in piccola parte pervenu- quaforti, con soggetti in parte tratti tici. Prolifico acquafortista, produs- da , in parte proba- se circa duecentocinquanta prove, bilmente di sua invenzione, come il molte delle quali derivate da dipinti San Francesco con il Bambino. e affreschi di Tintoretto, Pordenone e Polidoro da Caravaggio. Fialetti cer- Bibl.: Bartsch, XVIII, pp. 272-273; cò nelle sue stampe di concordare i Tib, 40; Marangoni 1910, pp. 461- modi carracceschi, ed in particolare 466; Dbi (Bussagli), XLIV, pp. 51-53; quelli di Agostino, al gusto tonale e Bellini 1995, pp. 195-196; Weston, coloristico veneziano. Ha spesso col- Lewis 2006, pp. 295-296. laborato con editori e stampatori per serie di incisioni di illustrazione per libri, tra le quali si segnalano i rami per il Libro dei frontespizi e macchine Fialetti, Odoardo da guerra (Venezia 1624); i rami per i (Bologna, 1573 - Venezia, 1637 ca.) due volumi De gli Habiti delle Religio- ni (Venezia 1626) e le illustrazioni per Odoardo Fialetti fu pittore e inciso- Il libro della scherma di Giganti (Pado- re, allievo di Giovanni Battista Cre- va 1628). Più rari, ma non infrequen- 70 luca trevisan - giulio zavatta ti, gli intagli di invenzione, tra i qua- doge Marcantonio Memmo, o nelle sue li si segnalano quelli delle tre Cacce, stampe per il ricordato volume De gli degli Scherzi d’amore (cinque incisioni Habiti delle Religioni, stampato a Ve- stampate nel 1617), tredici invenzio- nezia per Marco Sadeler nel 1626. ni di paesaggio, e la grande stampa in sei fogli con Tritoni e Nereidi, ripre- Bibl.: Bartsch, XVII, pp. 264-301; Tib, sa ad affresco in una delle sale di villa 38; Bellini 1995, p. 203; Dbi (Mauge- Moro a Villarazzo di Castelfranco Ve- ri), XLVII, pp. 322-324; Cocchiara neto. La sua attività di mercante d’ar- 2010, pp. 180-181. te e di stampe e di relazione con l’edi- toria è stata recentemente dettagliata da Cocchiara, che segnala nell’am- bito illustrativo notevoli connessio- Franco, Giacomo ni con Jacopo Negretti detto Palma il (Urbino, 1550 - Venezia, 1620) Giovane e con i Sadeler. Tra le opere incisorie del Fialetti particolare rilie- Disegnatore, incisore, editore, libra- vo assume infatti il manuale di dise- io, mercante d’arte, figlio naturale gno pubblicato a Venezia da Sadeler del pittore e incisore Battista Fran- nel 1608, col titolo Il vero modo et ordi- co, pur essendo nativo di Urbino, ne per dissegnar tutte le parti et membra operò sempre a Venezia, inizialmen- del corpo humano, per il quale Palma te stampando lastre per Luca Bertel- il Giovane collaborò con due acque- li, poi in proprio a partire dal 1596 forti inserite in chiusura del volume. fino al 1620, aprendo una bottega Insieme a Francesco Valesio, Odoar- in Frezzeria all’Insegna del Sole. La do Fialetti si impegnò in imprese d’e- sua prima opera sembra essere il ri- ditoria di pregio, come la decorazio- tratto dell’autore nelle Risposte di Ti- ne della Gerusalemme Liberata Sarzina, berio Deciano del 1579, cui seguono del 1625, e delle Tabulae anatomiche di molte altre prove, caratterizzate « da Giulio Casserio, inserite nel 1627 da un tratto sintetico e una spiccata at- Duchino nel De humani corporis fabri- tenzione per i dettagli d’ambiente » ca di Adrian van de Spiegel. Nel 1617 (Cocchiara 2010, p. 181) come le illu- aveva inoltre stampato a Venezia, con strazioni narrative, su inventio di Ber- dedica al barone Roos, gli Scherzi d’A- nardo Castello, della Gerusalemme Li- more, ma argomenti veneziani si ri- berata di Tasso, stampata a Genova scontrano anche nelle numerose co- nel 1590, a cui lavorò con Agostino pie da Tintoretto, o nel Ritratto del Carracci. Dell’illustre maestro bolo- DIZIONARIO BIO-BIBLIOGRAFICO 71 gnese pubblicò, nel ruolo di edito- L, pp. 181-184; Bellini 1995, p. 220; re, diverse incisioni di riproduzione Cocchiara 2010, pp. 181-182. da Raffaellino da Reggio, Paolo Ve- ronese e Jacopo Tintoretto. Dal 1595, come stampatore indipendente, de- corò e licenziò in proprio Il Franco, Fyt, Jan modo di scrivere cavalleresco moderno, (Anversa, 1611 - 1661) mentre già nel 1596 seguono le Effigie naturali dei maggiori principi et più va- Pittore e incisore fiammingo, fu allie- lorosi capitani di questa età e la Nuova vo ad Anversa di Hans van den Berch invenzione di diverse mostre così di pun- e di Frans Snyders. La sua fase giova- to in aere come di reticelli, una raccolta nile è caratterizzata da viaggi e lun- di studi di merletti dedicata ad Adria- ghi periodi di operatività in Francia e na, moglie di Palma. in Italia, prima del definitivo rientro Franco si dedicò con successo all’il- ad Anversa, dove comunque risulta lustrazione libraria, specializzandosi nel 1629-1630, quando divenne mae- nei libri di feste, cerimonie, costumi stro della corporazione di San Luca. e modelli per il disegno, alla manie- Il suo viaggio italiano avvenne intor- ra fiorentina e bolognese, con opere no alla metà del quarto decennio. Du- fondamentali come gli Habiti d’huo- rante il suo soggiorno romano aderì meni et donne venetiane, del 1610, e il De alla Schildersbent – un’associazione excellentia et nobilitate delineationis li- di pittori, principalmente olandesi e bri duo, del 1611, corredata da tavole di fiamminghi – con il soprannome di cammei e rilievi del padre e di schizzi Goudvink. Nel 1650 aderì alla Gilda anatomici dell’amico Jacopo Palma il dei Romanisti, riservata ai soli pitto- Giovane, con il quale collaborò a lun- ri che avevano visitato Roma; diven- go e al quale dedicò, nel 1603, i Cinque ne decano dello stesso consesso nel ordini di architettura di Giacomo Ba- 1652. Lavorò inoltre a Venezia per al- rozzi. All’inizio del ’600 ristampò an- cune famiglie nobili, secondo l’opi- che alcune opere di Enea Vico. Morì nione di Orlandi e di Luigi Lanzi, che a Venezia il 28 giugno 1620. ricordava l’artista fiammingo opera- re « in casa Sagredo e Contarini e ol- Bibl.: Bartsch, XVI, p. 116 sgg.; Pa- tre a dipinger bene frutti e masseri- sero 1935, pp. 332-356; Bnzit (ed. zie rurali, si conta tra i migliori che 1976), IV, p. 496; Catelli Isola 1968, dipinsero animali vivi e morti ». Fu pp. 13-20; Milesi, p. 153; Dbi (Stefani), probabilmente anche a Napoli e Ge- 72 luca trevisan - giulio zavatta nova, e nella sua carriera di artista iti- sina Pittrice di Carlo Cesare Malvasia nerante toccò anche Londra e proba- e nelle successive ristampe con am- bilmente la Spagna, prima di stabilirsi pliamenti, che lo ricordano attivo nel nella città natale. Dipinse un notevo- 1676 a Bologna, dove fece una pala le numero di quadri specialmente con d’altare per la chiesa di San Giaco- soggetti di natura morta, cacce, cani, mo di Creda, e Castelguelfo, dove re- sull’esempio di Snyders; il genere alizzò un dipinto per la chiesa di San ebbe vasto successo nelle corti e ven- Giovanni Battista. Si sarebbe quindi ne divulgato anche tramite modelli, spostato « sul Padovano », dove dipin- disegni, incisioni. Più ridotta, ma co- se una Madonna per la chiesa di Teo- munque importante, la sua produ- li. Quindi « nella città di Padova fece zione di acquafortista. Oltre a quat- molti quadri, e moltissimi ritratti di tro stampe sciolte, produsse due serie dame: nella Sacrestia di Santa Maria con soggetti di animali, una delle qua- Maggiore ». È autore di poche acque- li, raffigurante varie razze canine de- forti di riproduzione, fra cui una Don- dicata a “Don Carlo Guasco”, è da- na vestita all’orientale con una conchiglia tata 1642. La maggior parte delle sue tratta da Simone Cantarini e dedicata opere è stata stampata a Parigi, presso al conte Paolo Zani, noto collezioni- i tipi di van Merlen. Numerose anche sta bolognese del Seicento. Nella sua le stampe di riproduzione da temi di produzione figura anche una stampa Jan Fyt, moltiplicatesi, specialmente con Venere e Cupido, rara e spesso mu- in Inghilterra, fino al XIX secolo. tila del cartiglio, dedicata a Ippolito Cattanei, due volte principe dell’Ac- Bibl.: Hollstein, VIII, pp. 45-48; Bel- cademia dei Gelati a Bologna. lini 1995, p. 223; Limentani Virdis, Banzato 1997, p. 65. Bibl.: Malvasia (ed. Crespi, 1769), III, p. 248; Bartsch, XIX, p. 247; Tib, 42; Bellini 1995, p. 226.

Gallinari, Giacomo (attivo 1676 - 1685) Georgi, Giovanni Pittore e incisore, fu attivo a Bolo- (Norimberga ?, 1590 ca. - Padova ?, post 1667) gna e in seguito a Padova. Si ricava- no scarne notizie sulla sua vita dalle Incisore e illustratore attivo in area fonti, e in particolar modo dalla Fel- veneta nel corso del XVII secolo, Ge- DIZIONARIO BIO-BIBLIOGRAFICO 73 orgi era probabilmente di origine anni, probabilmente intorno al 1667, germanica, da identificarsi nel “Ge- poiché l’ultima opera accertata sem- orgio Norimberghese” autore dei bra essere il frontespizio delle Primi cinquanta ritratti nelle Icones impe- mobilis tabulae di Andrea Argoli, usci- ratorum romanorum et ducum quorun- te in quell’anno. Specializzato nel dam ex antiquissima familia Boiarica bulino e nell’acquaforte, la sua attivi- oriundorum, stampate a Norimberga tà a Padova ruota principalmente in- nel 1617. Particolarmente versato nel- torno all’ateneo patavino e all’edito- la ritrattistica, Georgi realizzò alcuni ria universitaria, specie archeologica ritratti di artisti (Tiziano, Giorgione) e medica e in rapporto con i maggio- ne Le Maraviglie dell’Arte di Carlo Ri- ri eruditi locali, come Lorenzo Pi- dolfi del 1648, lavorando in quest’im- gnoria, Giovanni Cottunio, Fortunio presa editoriale assieme a Dario Va- Liceti, con capisaldi quali la Vipera rotari il Giovane e Giacomo Piccini. Pythia di Severino (1651), i Monumen- Reclutato nel circolo Incognito di ta Patavina di Orsato (1652) o il De Lu- Giovan Francesco Loredano, che in- cernis antiquorum reconditis e gli Hie- tendeva risollevare le sorti dell’edi- roglyphica di Liceti (1652-53), condotti toria veneziana e del libro illustrato con ductus sapiente e grande perizia dopo la peste, Georgi realizzò alcune tecnica e descrittiva. Georgi ha rea- antiporte, come quelle degli Annales lizzato anche alcune stampe di ripro- canonicorum secularium S. Georgii in duzione, come la copia in contropar- Alga di Giacomo Filippo Tommasini, te della Venere, Mercurio e Amore al uno dei suoi principali committenti, bagno di Giulio Bonasone e un’inci- o dell’Adamo di Loredano, usciti nel sione con Diana e Apollo da un’idea di 1642 e 1643 a Udine e Venezia, mentre Francesco Ruschi. nel 1646 tradusse un disegno di Simo- ne Cantarini ne Lo scudo di Rinaldo di Bibl.: Bnzit (ed. 1976), IV, p. 677; Angelico Aprosio. Nel 1647 parteci- Dbi (Serafini), LIII, pp. 297-299. pò come ritrattista al corredo icono- grafico delle Glorie de gli Incogniti e fu impegnato a Vicenza, con Giulio Carpioni, con il quale decorò la Ma- Giordano, Luca tricola della Honoranda Fraglia de Mer- (Napoli, 1632 - 1705) zari, una delle rarissime incursioni li- brarie dell’artista. Attivo soprattutto Avviato all’arte della pittura dal pa- a Padova, risulta morto all’età di 77 dre Antonio, dopo aver frequenta- 74 luca trevisan - giulio zavatta to lo studio di Ribera a Napoli, ap- sa abbaziale di Montecassino (1667 e pena tredicenne, nel 1645 si recò a 1691). Roma dove, dopo essersi esercitato a La sua produzione incisoria, realiz- copiare grandi maestri, attento spe- zata in epoca giovanile, comprende cialmente allo studio delle opere di poco meno di dieci acqueforti, quasi Raffaello, Michelangelo, dei Carrac- tutte con soggetti religiosi, come La ci e di Polidoro da Caravaggio, col- disputa di Cristo con i dottori. laborò con Pietro da Cortona. In se- guito ha operato a Bologna, Parma Bibl.: Bartsch, XXI, pp. 174-177; Tib, e Venezia (dove conobbe le opere di 47-I; Bnzit (ed. 1976), V, pp. 12-14; Tintoretto, Veronese e Bassano), Fi- Bellini 1977, n. 36; Welsh, Wallace renze (1682-1686), Napoli, dove tor- 1989, p. 286; Bellini 1995, pp. 239-240. nò nel 1653, e in Spagna (1692-1702). Ha studiato, rimanendone influenza- to, Rembrandt Rubens e i disegni di Luca Cambiaso. Goltzius, Hendrick Tra le sue opere principali si ricorda- (Mühlbracht, 1558 - Haarlem, 1617) no a Napoli un San Luca per la chie- sa di Santa Marta; nel 1654 la decora- Hendrick Goltzius fu pittore e inci- zione di San Pietro ad Aram, nel 1664 sore olandese. Allievo del padre Jan quella di Santa Teresa a Chiaia; nel prima, e in seguito di Dirk Coor- 1667 dipingeva a Venezia nella chiesa nhert, dal 1577 si stabilì ad Haarlem, della Salute; nel 1674-76 a Padova in dove nel 1582 aprì il proprio studio. Santa Giustina. A Firenze (1684-86) Nel 1583 giunse ad Haarlem Carel decorò il soffitto del salone di palaz- van Mander, che introdusse Goltzius zo Medici-Riccardi; in Spagna (1692- alla conoscenza di Spranger. 1702), dove fu chiamato da Carlo II, Goltzius ha realizzato oltre trecen- dipinse all’Escorial, nel Palazzo Rea- to incisioni estremamente accurate le di Madrid, nella cattedrale di Tole- nella resa tecnica, guardando dap- do. Nel 1702 ritornò a Napoli passan- prima al manierismo nordico del- do per Genova (sue opere in palazzo lo stesso Spranger, quindi, dopo un Balbi, poi Reale). L’ultima tra le sue lungo soggiorno italiano (1590-1591), grandi imprese pittoriche è l’affre- a esempi rinascimentali come Raffa- sco nella cappella del Tesoro in San ello e Parmigianino. Il viaggio ita- Martino a Napoli (1704). Si ricordano liano, probabilmente, fu importan- anche i distrutti affreschi della chie- te anche per la conoscenza di alcuni DIZIONARIO BIO-BIBLIOGRAFICO 75 incisori tedeschi delle generazioni Guercino (Barbieri, Giovanni precedenti, ed in particolare Dürer e Francesco, detto) Luca di Leida. (Cento, 1591 - Bologna, 1666) In Italia fu a Roma e poi a Venezia, ma anche a Bologna e Firenze; del Considerato uno dei pittori più rap- soggiorno italiano restano numero- presentativi della fase matura del Ba- si disegni, spesso realizzati a più ma- rocco, nacque a Cento (Ferrara) l’8 tite (rossa e nera) o con rialzi a ges- febbraio 1591 da Andrea e da Elena setto, che costituiscono un vero e Ghisellini. Il soprannome “Guerci- proprio taccuino di appunti, in se- no”, con il quale è generalmente co- guito svolti e elaborati dopo il ritor- nosciuto, trae origine da una forma no in Olanda. di strabismo provocato da uno spa- Tra le numerosissime stampe, si se- vento avuto nell’infanzia. Dopo una gnalano la serie degli eroi romani prima formazione con pittori mino- (1586); quella delle nove muse (1592); ri, Bartolomeo Bertozzi da Bastiglia la serie dei sette cosiddetti “capolavo- e Bartolomeo Gennari il Vecchio, en- ri” illustranti i primi capitoli del Van- trò in contatto con l’ambiente artisti- gelo; la serie della Passione (1598). co dei Carracci, e fu specialmente at- Dopo il 1600 si dedicò prevalente- tratto dal pittoricismo di Ludovico. mente alla pittura, prediligendo sog- A Ferrara nel 1616 attraverso lo Scar- getti allegorici e mitologici (esem- sellino ebbe un primo contatto con plare in tal senso Venere e Adone, 1614, i modi pittorici veneziani, che ebbe Monaco, Alte Pinakothek). poi occasione di sviluppare durante il La figura di Goltzius fu fondamen- suo soggiorno a Venezia (1618), con tale per la diffusione del manierismo lo studio dei grandi maestri lagunari italiano e “internazionale” in Olanda del XVI secolo. Nel 1621 venne chia- e nell’Europa del nord, sia tramite le mato a Roma da papa Gregorio XV, sue numerose incisioni, sia tramite i dipinse, tra altre opere, la famosa Au- dipinti, che – specie dopo il viaggio rora nel Casino Ludovisi. Nel 1623 tor- in Italia – risentirono dell’influenza nò a Cento, e divenne maestro di una dei grandi maestri attivi a Roma e in grande e famosa bottega rimanendo- Veneto nel Cinquecento. vi fino al 1642, quando, dopo la morte di Guido Reni, si trasferì a Bologna. Bibl.: Bartsch, III, p. 1 sgg.; Tib, Guercino stabilì il suo studio in una III; Strauss 1977; Bellini 1995, pp. casa nei pressi della cattedrale di San 244-245. Pietro e vi rimase fino alla morte. 76 luca trevisan - giulio zavatta

Gli vengono attribuite con certezza, tra le quali Venezia, Salisburgo, Mo- grazie alla menzione di Malvasia ge- naco di Baviera e Vienna. Ha inciso neralmente accettata, due sole acque- prevalentemente opere di riprodu- forti: un San Giovanni Battista e un zione da Adam Elsheimer, Tiziano Sant’Antonio da Padova eseguite pro- Vecellio, Palma il Giovane e Bloema- babilmente dopo il rientro dal sog- ert. Realizzò nel 1626 una serie di do- giorno romano (1645 ca. - 1650). Una dici tavole sulle Sibille. Cocchiara ne terza, dal titolo Rissa zingaresca, è rite- dettaglia l’attività veneziana, inclu- nuta da Bartsch opera tra Guercino dendolo tra gli stampatori forestieri e Castiglione, o forse (Sopher, Lazza- attivi in laguna nel XVII secolo, ed in ro Bruno 1978, p. 45) fu realizzata da particolare tra il primo e il secondo un allievo su disegno del maestro. decennio. Le due incisioni note possono esse- A Venezia Jenet firmò, insieme a Et- re considerate estensioni grafiche tore Vicelli, una delle illustrazioni a del suo stile disegnativo.La sua ope- corredo dell’Anatomia ingeniorum et ra pittorica è stata riprodotta in in- scientiarum di Antonio Zara, stampa- cisioni da numerosi artisti, fra cui ta presso la tipografia di Ambrosio Pasqualini, Mucci, Gatti, Cunego e Dei e fratelli nel 1615. Ai due artisti, Bartolozzi. sempre secondo Cocchiara, sembra spettare anche un’incisione raffigu- Bibl.: Bartsch, XVIII, pp. 362-364; rante lo stemma asburgico all’inter- Bnzit (ed. 1976), V, pp. 267-269; no dello stesso volume. Disertori 1927, pp. 280-296; Dbi (Dwight C. Miller), VI, pp. 221-226; Bibl.: Hollstein, XV-A, pp. 215-225; Sopher, Lazzaro Bruno 1978, p. 45; Bnzit (ed. 1976), VI, p. 60; Belli- Welsh, Wallace 1989, p. 136; Belli- ni 1995, p. 286; Cocchiara 2010, pp. ni 1995, p. 253. 29, 36.

Jenet (o Genet, o Gennet, Jode, Pieter I de o Jennet), Johann (Anversa, 1570 - 1634) (? - post 1627) Figlio di Gerhard (Nimega 1509 ca. - Incisore e stampatore tedesco, fu a Anversa 1591), Pieter de Jode appar- lungo attivo in varie città europee, tiene a una nota dinastia di incisori DIZIONARIO BIO-BIBLIOGRAFICO 77 fiamminghi. Incisore a bulino ed edi- olo Veronese, Jacopo Negretti detto tore, come il padre, forse fu allievo di Palma il Giovane e di altri maestri la- Hendrick Goltzius. Ha realizzato in- gunari. Alcune sue stampe sono di cisioni nella maniera di Cornelis Cort particolare importanza poiché raf- e ha soggiornato in Italia, a Venezia e figurano dipinti veneziani non altri- a Siena intorno al 1590, e a Parigi. Nel menti noti. Il suo stile incisorio, spe- 1600 è documentato ad Anversa nel- cialmente a bulino, ricorda i tratti la Gilda dei pittori. Come stampato- di Goltzius; oltre alla produzione di re ha pubblicato diverse opere dello soggetti sacri si segnala anche per la stesso Cort e di Tempesta. Ha avuto sua abilità come ritrattista. come allievo il figlio, Pieter II. Bibl.: Hollstein, XVII; Bnzit (ed. Bibl.: Hollstein, IX, pp. 203-209; Bel- 1976), VI, p. 215; Bellini 1995, p. 291. lini 1995, p. 151.

Kilian, Philipp Kilian, Lukas (Augsburg, 1628 - 1693) (Augsburg, 1579 - 1637) Figlio secondogenito di Wolfgang, a Figlio di Bartolomäus, artista capo- sua volta incisore, si specializzò nel- stipite della dinastina dei Kilian, ri- l’incisione all’acquaforte e a buli- mase orfano di padre a quattro anni, no. Fu dapprima allievo del padre, e ma ciò non gli impedì di avviarsi alla completò i suoi studi viaggiando in professione paterna, proseguendo la Germania e in Italia, specialmente a tradizione di una famiglia che ebbe Venezia, dove lo zio Lukas aveva sog- un ruolo di assoluto rilievo nell’ar- giornato alcuni anni riproducendo le te incisoria dal XVI al XVIII secolo. opere dei grandi maestri lagunari. Dopo un apprendistato presso Do- Come altri esponenti di questa fami- minicus Custos ad Anversa, si trasferì glia di incisori, si dedicò in partico- per molti anni in Italia, e soprattutto lar modo al ritratto, ma incise anche a Venezia (1602-1603). Qui produsse opere di riproduzione da J.H. Roos, e un grande numero di incisioni, spe- collaborò con Sandrart. cialmente di riproduzione, dedotte dai dipinti di Tiziano Vecellio, Pal- Bibl.: Hollstein, XVII; Bnzit (ed. ma il Vecchio, Jacopo Tintoretto, Pa- 1976), VI, p. 215. 78 luca trevisan - giulio zavatta

Kilian, Wolfgang Fu peintre-graveur e nella fase finale (Augsburg, 1581 - 1662) della sua vita intagliatore in legno (si iscrisse per questo alla corporazio- Fratello minore di Lukas, anch’egli ne degli intagliatori tra 1706 e 1713). apprese l’arte dell’incisione da Do- Cocchiara ha messo in luce il suo le- menicus Custos. Continuò il suo ap- game con l’ambiente editoriale vene- prendistato a Venezia, dove al pari ziano, ed in particolare con l’impre- del fratello maggiore realizzò stam- sario musicale Francesco Nicolini, pe di riproduzione dai grandi mae- sia nella veste di scenografo, che in stri lagunari. Rientrato in patria, si quella di ideatore di antiporta per i specializzò nel ritratto, sia come pit- volumi (solamente due, tuttavia, ri- tore, sia come incisore. sultano firmate, su un corpus di sei a lui attribuibili). Bibl.: Hollstein, XVII; Bnzit (ed. 1976), VI, p. 215; Bellini 1995, p. 291. Bibl.: Olivari 1987, pp. 241-242; Coc- chiara 2010, pp. 184-185.

Lambranzi, Giovanni Battista (Venezia, 1641 ca. - post 1713) Lefèvre, Valentin (Bruxelles, 1637 - Venezia, 1677) Giovanni Battista Lambranzi fu fre- scante particolarmente dedito alla fi- Peintre-graveur originario di Bruxel- gura e alla quadratura. Iscritto alla fra- les, trasferitosi molto giovane a Ve- glia veneziana dei pittori dal 1687 al nezia – almeno dal 1664 – si affermò 1700, è noto principalmente per i sof- come buon pittore di storia e di ri- fitti, purtroppo perduti, di Santa Mar- tratti nello stile di Paolo Verone- ta e dei Carmini, e dal punto di vista se. Ha inciso all’acquaforte soggetti pittorico per la pala d’altare della scuo- sacri e mitologici, paesaggi (da Ti- la dei Laneri in San Pantalon (1701). ziano) e una serie di cinquantadue Svolse anche mansioni di architet- tavole dal titolo Opera selectiora, ri- to (suo il progetto di ricostruzione di producenti soggetti di Tiziano e di Santa Margherita a Venezia, e quello Veronese. Questa famosa serie co- per la pieve delle Eremite a Dorsodu- nobbe grande successo, con ben sei ro), e fu attivo a Bergamo dove affre- ristampe fino al Settecento. A Vene- scò la cupola di Santa Maria Assunta. zia Lefèvre viene coinvolto nel mer- DIZIONARIO BIO-BIBLIOGRAFICO 79 cato dell’editoria artistica da An- mo Francesco Bussani (Cocchiara tonio Bosio, con il quale collaborò 2010, p. 105, fig. 199). soprattutto nei primi anni dell’otta- Il legame Bosio - Lefèvre è testimo- vo decennio, fino alla precoce mor- niato anche dalla presenza del calco- te sopraggiunta, a soli quarant’anni, grafo veneziano alla stesura dell’in- il 2 settembre 1677. I due parteciparo- ventario dei beni dell’incisore belga, no infatti alla decorazione della prin- tre giorni dopo la sua morte. Dalle ceps veneziana del Regno d’Italia sotto poche e malconce cose inventaria- i barbari di Emanuele Tesauro, edi- te se ne deduce che l’artista versava ta da Giovanni Giacomo Hertz con in condizioni economiche precarie e Lodovico David, Giacomo Ruffoni, che fosse anche costretto all’occor- Carlo Scotti e Leonhard Heinrich renza a svendere quadri e disegni, van Otteren. Nel 1672 Lefèvre firmò, a praticare la copia e forse anche la insieme a Bosio, il ritratto del corci- preparazione di tele destinate ad es- rese Andrea Marmora nella Historia sere ultimate da altri. Ricco di infor- di Corfù; nel 1673 l’antiporta dell’Orfeo mazioni è anche il testamento pub- dell’Aurelii e la vignetta all’acquafor- blico del 2 settembre 1677. Il maggior te con la scena del Diluvio universale lascito è quello a una certa « Isabel- fiancheggiata dalle classicheggianti la figliola di D. Zuanne Vuanbele fia- allegorie della Filosofia e della Libertà mengo sartor », costituito da « tutti nel frontespizio della Philosophia libe- li rami […] intagliati in acqua forte » ra del medico e filosofo Isaac Cardo- (Cocchiara 2010, p. 105) che andaro- so (Cocchiara 2010, pp. 104-105, fig. no a formare il corredo iconografi- 198). La vignetta reca in basso l’iscri- co della celebre Opera selectoria quae zione: “LaFevre Inv. Ant. Bosio f.”. Titianus Vecellius Cadubrensis et Pau- Nel 1675 Lefèvre utilizzò il fine bu- lus Caliari Veronensis inventarunt, ac lino di Isabella Piccini nell’antipor- pinxerunt, uscita postuma per i tipi di ta dell’Epulone di Francesco Fulvio Giacomo van Campen nel 1682. Nel Frughoni. Nel 1676 la coppia Bosio- 1683, in memoria dell’amico, Bosio Lefèvre illustrò i Dolci pensieri della pubblicò la curiosa Notitia dove si tro- morte, operetta spirituale del dram- vano li originali di Titiano et Paolo Ve- maturgo francese Jean Puget de la ronese: Intagliati da Valentino Le Febre Serre, pubblicata dallo stesso Bosio, di Bruscelles. Della produzione pitto- e nel 1677, con ogni probabilità, fir- rica del fiammingo, giunto a Venezia marono entrambi la tavola d’avvio imbevuto dell’opera di Rubens e Van dell’Antonino e Pompeiano di Giaco- Dyck, e subito attratto dal filone clas- 80 luca trevisan - giulio zavatta sicista e neoveronesiano, resta molto i dati sulla sua prima formazione. La poco, anche se è lecito supporre che biografia, molto romanzata, di Gual- fosse richiesto soprattutto per piccoli do Priorato narra di un suo viag- quadri di tema storico o mitologico gio, ancora giovane, a Costantino- e soprattutto per le copie da Tiziano poli, dove sarebbe stato catturato e e dal Caliari, di cui divenne il mag- fatto prigioniero, fuggendo poi dopo giore traduttore. Dall’analisi dell’e- otto mesi di cattività. L’amicizia con lenco dei quadri rimasti nello studio Stefano Della Bella lo introdusse, dell’artista, si evince che una parte con ogni probabilità, alla commit- di essi erano copie pittoriche da Ti- tenza medicea. Giuliano Medici gli ziano (San Pietro Martire), da Verone- chiese di illustrare la gloria della fa- se (l’ovato con il Trionfo di Venezia in miglia nel soffitto dell’oratorio Van- Palazzo Ducale e l’Allegoria delle arti chentoni a Firenze (1639-40). Il Ratto nel soffitto della Libreria Marciana) e delle Sabine oggi conservato a Siena, Tintoretto (Piscina probatica), già og- dai chiari influssi reniani, consente di getto di sue riproduzioni. ipotizzare un viaggio in Emilia negli Come è stato notato, il ruolo svolto anni della sua formazione. Nel 1643 da Lefèvre nel trasporre a stampa le si stabilì a Venezia, dove svolse una prove migliori di alcuni dei più gran- lunga e fortunata carriera di pittore, di maestri veneziani del XVI secolo si sia in risposta a committenze religio- inserisce in uno dei filoni di maggior se, sia per privati, specializzandosi in successo nella Venezia della seconda soggetti erotici, ma anche versando- metà del Seicento. si in affreschi nelle ville dei nobili ve- neti. Meno nota la sua attività di inci- Bibl.: Bnzit (ed. 1976), VI, p. 535; sore o meglio per l’incisione. Le sue Bellini 1995, p. 311; Rossi 1999, pp. 35- opere, infatti, furono spesso tratte in 40; Ruggeri 2001; Cocchiara 2010, incisione e diffuse: una buona parte p. 105. di stampe di cui egli risulta invento- re sono derivate da disegni realizza- ti appositamente per la calcografia. Negli ultimi anni si è andata focaliz- Liberi, Pietro zando pertanto l’attenzione su una (Padova, 1614 - Venezia, 1687) serie di opere incise dovute all’inven- zione di Pietro Liberi (Scarpa 1998), Nato a Padova nel 1614 (o secondo e tradotte in stampa da collaborato- altre fonti già nel 1605), pochi sono ri o seguaci, come Pietro Monaco, DIZIONARIO BIO-BIBLIOGRAFICO 81

Domenico Rossetti, Marco Boschi- spicuo patrimonio dallo zio canoni- ni, Giuseppe Baroni, Giacomo Picci- co Giovanni Pietro Ligari. Numero- ni, Giovanni Battista Finazzi. Anche se le sue pale d’altare in Lombardia Jean Honoré Fragonard trasse un’in- e in Svizzera; dopo il rientro in pa- cisione dalle pitture di Liberi in pa- tria nel 1735 fu impegnato anche in lazzo Rezzonico a Venezia. affreschi profani per ville nobiliari, e si dedicò ad arti meccaniche proget- Bibl.: Ruggeri 1996; Scarpa 1998, pp. tando e realizzando orologi, sistemi 100-109; Dbi (Crispo), LXV, 2005, pp. per fontane e organi. La sua attività 48-52; Accornero 2013. di acquafortista conta solo otto ope- re, tutte di soggetto religioso, con ti- rature bassissime e dunque piutto- sto rare, ad esclusione del Martirio di Ligari, Pietro San Pietro, firmato “Joa: Petrus Liga- (Ardenno, 1686 - Sondrio, 1752) rius / Sondriensis Inu. Et Inc.”, men- tre uno studio per Madonna seduta Pittore e incisore, fu attivo in varie (Tib, 47-III, p. 487) è firmato “Petrus città, e specie a Roma, Milano e Ve- Ligarius Inc.”. nezia, prima di rientrare nella zona di Sondrio, per estendere la sua ope- Bibl.: Bartsch, XXI, pp. 322-323; Tib, rosità anche in Svizzera. Presso il 47-III; Bellini 1995, p. 319; Dbi (Dal- museo di Sondrio si conserva il suo la), LXV, pp. 100-102. libro mastro di conti, fonte fonda- mentale per la conoscenza della sua attività; di notevole rilievo archivisti- co anche un inventario dei suoi beni Merlo, Giovanni datato 1735. (Verona ?, attivo a Venezia, 1627 - post 1669) Si avviò alla pittura a Roma, dove studiò presso Lazzaro Baldi. Perfe- Giovanni Merlo fu un incisore di zionò la sua arte nelle città dell’Ita- probabile origine veronese. Non fu lia del Nord e in particolare a Vene- tuttavia imparentato con la ben nota, zia, dove tra il 1707 e il 1709 venne a omonima famiglia di tipografi della contatto con l’arte di Piazzetta. Dal città scaligera, particolarmente rino- 1710 soggiornò a Milano, dove si trat- mata per la stampa di volumi legati tenne fino al 1727. In seguito rientrò a alla letteratura popolare, né fu lega- Sondrio, dove aveva ereditato un co- to da vincoli parentali con Giovanni, 82 luca trevisan - giulio zavatta

Federico e Domenico Merlo, sculto- Dopo la morte del collega e lo scio- ri e lapicidi valsoldesi che conobbero glimento dell’Accademia, si aprì a di- grande fortuna nel territorio vicen- verse forme di attività: dalle collabo- tino alla metà del XVII secolo. Egli razioni nel settore librettistico, agli è stato semmai probabilmente acco- interventi nel campo della letteratu- stato per parentela a Francesco Mer- ra storica e filosofica, con la realizza- lo, « lavorante per cori d’oro, assog- zione di antiporte di un certo rilievo, gettato a una tassazione della fraglia come quella per le Philosophicae the- dei pittori veneziani del 1641 » (Coc- ses di Gabriele Baba (1662), alla pro- chiara 2010). duzione devozionale. In quest’am- La prima prova a noi nota di una sua bito si ricorda l’effigie di Francesco collaborazione nel panorama inciso- di Sales con cui si apriva una sillo- rio veneziano si data al 1627, quando ge di Opere spirituali pubblicata nel realizza il frontespizio calcografico 1669 per i tipi di Scipion Banca. Si di un commentario di filosofia com- tratta dell’ultima prova certa riferi- pilato dal polacco Andrzej Rochman. bile all’incisore, sebbene gli si possa- La sua carriera proseguì invero a fasi no attribuire per via stilistica alcune alterne, continuando per circa un antiporte di libretti d’opera dei primi ventennio oltre la metà del secolo. anni settanta. Il suo nome ritorna tuttavia in alcu- ne imprese di un certo riguardo e al Bibl.: Bnzit (ed. 1948-57), VI, p. 73; fianco di nomi degni di nota. Così Milesi, p. 226; Giuffredi 1994, p. 114 nel 1644, nell’ambito della duratura n. 348; Cocchiara 2010, pp. 187-188. collaborazione con Giacomo Piccini, illustra la Soteria del somasco Loren- zo Longo, su inventio di Pietro Della Vecchia, e nel 1659, dopo altre prove, Mola, Pier Francesco partecipa alla realizzazione dell’ap- (Coldrerio, 1612 - Roma, 1666) parato iconografico delle Epistole he- roiche di Lorenzo Crasso e della Sce- Figlio del pittore e architetto Gio- na d’huomini illustri d’Italia del conte van Battista, nacque a Coldrerio vi- vicentino Galeazzo Gualdo Priorato. cino a Como, dove fu battezzato il 9 I contatti con il Piccini erano stati febbraio 1612. Pittore e incisore, ini- fondamentali per la formazione del ziò la sua formazione a Roma, dove Merlo in seno al dinamico ambien- giunse con la famiglia nel 1616, rima- te dell’Accademia degli Incogniti. nendovi stabilmente fino al 1633. In DIZIONARIO BIO-BIBLIOGRAFICO 83 quegli anni romani conobbe l’opera (Roma, Musei Capitolini), La visione di Annibale Carracci, del Guercino, di san Domenico a Soriano (Roma, ba- del Lanfranco e del Domenichino, silica dei Santi Domenico e Sisto), La dai quali rimase particolarmente in- predica di san Barnaba (Roma, basilica fluenzato, pur subendo altresì il fasci- dei Santi Ambrogio e Carlo), l’Allego- no lirico di Poussin. In quel periodo ria del temperamento flemmatico (Vene- venne inoltre attratto dalla corren- zia, Accademia), La predica del Battista te di pittura neoveneta sviluppatasi a (Parigi, Louvre), la Visione di san Bru- Roma tra la metà degli anni venti e la none (Los Angeles, Getty Museum). metà del decennio successivo. La sensibilità per la pittura emiliana Bibl.: Le Blanc, III, p. 35; Bartsch, e per quella veneta lo spinse a recar- XIX, p. 209; Thieme, Becker, XXV, pp. si dapprima a Bologna (1633), dove fu 28-29; Bnzit (ed. 1948-57), VI, pp. introdotto allo studio di Francesco Al- 156-157; Sutherland Harris 1964, pp. bani, e immediatamente di seguito a 363-368; Cocke 1972; Tib, 42; Bolaf- Venezia, dove incontrò il Guercino fi, VII, pp. 419-421; Milesi, p. 231; Pier e dove si misurò tra gli anni trenta e Francesco Mola 1989; Bellini 1995, pp. quaranta con opere più affini alla sua 365-366; Vigan 2008, p. 40; Dbi (Pos- sensibilità artistica. Seguirono anni sanzini), LXXV, pp. 310-314. di spostamenti intensi, ma Bologna e Venezia rimasero a lungo i due poli di attrazione attorno ai quali gravitò il Mola, prima di soggiornare nuova- Palazzi, Giovanni mente a Roma. La grande fama rag- (Venezia, 1640 - 1703) giunta gli valse la nomina di accade- mico di San Luca nel 1652. Dal punto Personaggio poliedrico, Giovanni Pa- di vista numerico, la sua produzio- lazzi fu pievano di Santa Maria Ma- ne acquafortista – tra cui si ricordano ter Domini, consigliere imperiale, splendide scene tratte dalle Metamor- docente di diritto canonico all’Uni- fosi di Ovidio, ovvero la Fuga in Egit- versità di Padova, fondatore dell’Ac- to o ancora Mercurio e Argo, dalle quali cademia Istorica e Teologica, edito- emergono le influenze della pittura e re-calcografo, nonché prolifico lette- della grafica veneziana – risulta netta- rato: scrisse infatti doversi libri pre- mente secondaria rispetto all’attività valentemente di argomento stori- pittorica. Tra le sue opere più impor- co-celebrativo di cui curò in prima tanti si ricordano Diana ed Endimione persona l’aspetto relativo al corredo 84 luca trevisan - giulio zavatta iconografico. Di fatto interveniva ra- Palma il Giovane ramente nell’intaglio, ma, ideata l’il- (Negretti, Jacopo, detto) lustrazione, ne affidava l’esecuzio- (Venezia, 1544 - 1628) ne a incisori di sua fiducia, tra i quali figurano nomi d’un certo riguardo Figlio di Antonio e di Giulia de’ Pita- nel panorama incisorio veneziano ti, Jacopo venne ben presto avviato del XVII secolo, come suor Isabella agli studi pittorici, sulle orme dello Piccini, Domenico Rossetti (col qua- zio del padre, Palma il Vecchio, e del le collabora alla realizzazione del- fratello della madre, Bonifacio de’ Pi- la cosiddetta Bibbia Nicolosi) o altri tati (detto Bonifacio Veronese). giovani incisori prevalentemente di Il suo alunnato si svolse inizialmen- origine germanica, operativi presso te a Venezia, dove seppe misurarsi l’officina tipografica da lui allestita. con le opere dei grandi maestri lo- Nella fase tarda della sua carriera si cali del Cinquecento; egli in seguito accostò al Laboratorio di Vincenzo proseguì la sua formazione nell’Ita- Maria Coronelli ai Frari, per il quale lia centrale, tra Urbino e Roma (ri- eseguì il ritratto di Girolamo Correr. manendo influenzato da Raffaello), Per i diversi ruoli di rilievo ricoperti prima di fare ritorno a Venezia nel nella società veneziana dell’epoca, fu 1570. Seguace inizialmente di Tizia- in stretto rapporto con alcune delle no (del cadorino completò la Pietà, personalità più in vista del suo tem- oggi all’Accademia di Venezia), si ac- po: relativamente all’ambito di pro- costò progressivamente al colorismo duzione incisoria importanti furono di Tintoretto, coniugando i valori i contatti con Antonio Lupis, per il tonali tipicamente veneti all’atten- quale realizzò l’antiporta dell’edizio- zione per la linea manieristica. Con ne 1686 de La valige smarrita, e con il quest’ultimo collaborò a più riprese peintre-graveur luganese Lodovico Da- portando tra l’altro a termine alcuni vid, che secondo la tradizione iniziò dei suoi dipinti e contribuendo così egli stesso all’arte incisoria. Le ulti- a determinare un orientamento del me prove della sua attività risalgono gusto nella pittura veneziana in dire- ai primissimi anni del nuovo secolo. zione apertamente tintorettesca. Il corpus dell’autore è decisamente Bibl.: Nadin 1991; Nadin 1992; Ma- consistente, sia in termini qualitati- rasso 2005, p. 229 nota 112; Favilla, vi che numerici. Tra le sue opere più Rugolo 2006, pp. 23-24 nota 76; Coc- note si ricordano Pasquale Cicogna as- chiara 2010, pp. 188-189. siste alla messa (Venezia, Accademia), DIZIONARIO BIO-BIBLIOGRAFICO 85

Ottone inviato a trattare la pace (Vene- Bnzit (ed. 1948-57), VI, pp. 494-495; zia, Palazzo Ducale), La samaritana Forlani 1958; Bolaffi, VIII, pp. 282- al pozzo (Genova, Palazzo Bianco), 284; Tib, 33; Mason Rinaldi 1984; Mi- le decorazioni nella Sala del Senato lesi, p. 246; Bellini 1995, p. 400; Dbi in Palazzo Ducale (Venezia) o il ci- (Mason), LXXVIII, ad vocem. clo della Passione (Venezia, Scuola di San Girolamo): indice di un’atti- vità svolta tanto per la committenza privata, quanto per quella pubblica e Paulino, Cristoforo religiosa. (Venezia, attivo inizio XVII secolo) Per quanto riguarda la sua produzio- ne incisoria, è stato evidenziato (Bo- Nato allo scadere del XVI secolo, Cri- laffi) come essa appaia decisamente stoforo Paulino fu incisore su rame seicentesca nel gusto, il che induce a ed editore calcografo nella Venezia ipotizzare che debba trattarsi, per lo dei primi anni del Seicento. La sua più, di una tecnica alla quale l’artista attività, secondo quanto è noto, si si dedicò nella maturità. Esponen- esplicò in un periodo piuttosto breve te della nuova acquaforte “pittore- che si suole racchiudere tra il 1602 e il sca”, come evidenziano le sue ope- 1608. Trovò affermazione nel campo re, si dedicò sia a temi religiosi che dell’illustrazione di libri, anche se fu laici: tra le sue incisioni più note ri- un settore nel quale, in un ambiente cordiamo la Natività, il San Giovan- competitivo come quello veneziano, ni nel deserto, la Sacra Famiglia, una non riuscì ad eccellere. Sue ad esem- Fama con la tromba e Sansone e Da- pio le incisioni poste a commento lila. Della trentina di acqueforti de- grafico del testo Meditationes piae ac scritte dal Bartsch, ventisei venne- devotae, Venezia, apud J.A. Rampaze- ro pubblicate nel volume di Marcus thum, 1608. Come il titolo stesso del Christoph Sadeler Regole per imparare volume lascia intendere, si tratta di a disegnar i corpi humani, edito a Ve- illustrazioni di soggetto sacro poste nezia nel 1636. a corredo delle meditazioni proposte Palma il Giovane svolse inoltre, an- al lettore. corché in modo saltuario, l’attività di Il breve periodo di attività in laguna stampatore. lascia avanzare l’ipotesi di un plausi- bile – ancorché non documentato – Bibl.: Bartsch, XVI, pp. 287-294; spostamento nelle città della terra- Thieme, Becker, XXVI, pp. 176-178; ferma: ipotesi che avrebbe tuttavia 86 luca trevisan - giulio zavatta la necessità di essere confermata dal seguito moltissimo, visitando nume- rinvenimento di testi con incisioni rosi paesi e città che si affacciano sul recanti la sua firma. Egli solitamente Mediterraneo: Costantinopoli, l’E- si firmava “Paulino Forrma”, “Pauli- gitto, Malta, la Sicilia, la Spagna. Qui ni Form.” ovvero con il monogram- Filippo III lo nominò maestro di di- ma formato da una P sormontante segno e gli affidò contestualmente il una C. prestigioso incarico di seguire l’edu- cazione del figlio. Si trasferì in segui- Bibl.: Thieme, Becker, XXVI, p. 311; to in Olanda, dove fu nominato mae- Bnzit (ed. 1948-57), VI, p. 554; Bo- stro della principessa Luisa, e quindi laffi, VIII, p. 372; Milesi, p. 250. in Inghilterra dove ritrasse Carlo I. Ritornato in Italia si pose al servizio del granduca di Toscana. La sua produzione incisoria non fu Periccioli (o Pericciuoli), Giuliano vastissima, ma di indubbia qualità. (Siena, 1600 ca. - Firenze, 1646) Tra le sue opere si ricordano un Guerriero con fanciulla, dal Vanni, e le Pittore, disegnatore e incisore, nac- tavole per Dell’arcano del mare di R. que a Siena verso il 1600 e morì pro- Dudley (1647-49). babilmente a Firenze nel 1646. Fu avviato in giovane età allo studio Bibl.: Thieme, Becker, XXVI, p. 413; delle lettere che tuttavia abbando- Bnzit (ed. 1948-57), VI, pp. 596-597; nò ben presto « per dedicarsi al dise- Bolaffi, VIII, p. 416; Milesi, p. 252. gno a penna, alla pittura di scorci ar- chitettonici e all’incisione di soggetti di genere, macchine scenografiche per rappresentazioni teatrali ecc. » Piazza, Andrea (Bolaffi). (Castelfranco Veneto, ? - Venezia, 1670) Inizialmente allievo di suo zio Fran- cesco, completò la sua formazione Poche sono le informazioni su An- tra Roma e Venezia. Qui rimase ab- drea Piazza incisore, ricollegandosi bastanza per rimanere affascinato, il suo nome prevalentemente all’atti- come altri incisori dell’epoca, dalle ri- vità pittorica, nell’ambito della qua- duzioni grafiche di opere tizianesche le si contraddistinse per una propen- realizzate alcuni decenni prima a Ve- sione verso la ritrattistica e la pittura nezia da Cornelis Cort. Viaggiò in di storia. Nipote e discepolo di Pao- DIZIONARIO BIO-BIBLIOGRAFICO 87 lo Piazza da Castelfranco, fu con lui Piazza, Paolo a Roma, dove si formò studiando i (Castelfranco Veneto, 1560 ca.-Venezia, grandi maestri del Cinquecento. Ri- 1621) entrato dalla città eterna, lavorò in seguito presso la corte del duca di Paolo Piazza, detto fra’ Cosimo, fu Lorena che lo creò cavaliere. Qui si soprattutto pittore ma è nota anche fermò a lungo prima di tornare nel- una sua attività incisoria. Nato poco la Serenissima e di andare a lavora- oltre la metà del XVI secolo a Castel- re a Venezia. Alcuni dipinti realizzati franco, si trasferì presto a Venezia per il duomo di Castelfranco, come dove curò la sua formazione divenen- la Moltiplicazione dei pani e dei pesci o do allievo di Palma il Giovane ed en- le Nozze di Cana (1649), vennero ese- trando probabilmente in rapporti an- guiti nel proprio studio lagunare e che con Paolo Veronese, prima che poi inviati alla sede per i quali erano questi morisse nel 1588. Si fece cono- stati realizzati. scere per le pitture ai Santi Giovanni Fu anche incisore. Ben più difficile, e Paolo sulla tomba di Marcantonio tuttavia, risulta inseguire la sua car- Bragadin, il difensore di Famagosta. riera incisoria, che si esplicò soprat- Avendo lavorato per i cappuccini di tutto negli ultimi decenni, dopo cioè Castelfranco entrò in religione e si il suo approdo a Venezia, dove do- fece frate, assumendo il nome di fra’ vette confrontarsi e misurarsi con Cosimo. Gli obblighi religiosi gli im- xilografie dei maestri più affermati, posero di compiere numerosi viaggi dal Ruschi ai Piccini a Ruffoni. Non in Italia e in Europa che gli permise- è noto se la sua produzione inciso- ro di arricchire il proprio lessico attra- ria fiorì anche nelle altre città in cui verso il confronto con diverse culture operò nel corso della sua carriera; re- figurative. Fu in Boemia, in Austria, sta ciononostante il fatto che proprio in Baviera e nel Tirolo. Nel 1608 tor- questa sua specificità di artista itine- nò a Venezia, ma già l’anno succes- rante dovette avere una ricaduta non sivo è registrato a Reggio Emilia e a indifferente sulla qualità formale del- Parma. Nel 1611 si trovava a Roma, le incisioni eseguite. dove, su commissione del cardinale Scipione Borghese realizzò la deco- Bibl.: Thieme, Becker, XXVI, p. 566; razione di alcune sale di palazzo Bor- Bnzit (ed. 1948-57), VI, p. 652; Don- ghese. Tornò definitivamente a Vene- zelli, Pilo 1967, p. 328; Bolaffi, IX, zia nel 1618, dopo un breve soggiorno p. 12; Milesi, p. 254. in Umbria. Nella città dei dogi dipin- 88 luca trevisan - giulio zavatta se diversi oli soprattutto per le chie- to a Venezia (dove morì nel 1660). se della città (ma non solo) e negli Lasciò un corpus di opere assai in- ultimi anni si cimentò con la tecni- gente, legato soprattutto al settore ca dell’affresco per la decorazione di librario, e divenne « il fattore unifi- una sala a Palazzo Ducale, non ulti- cante della cultura figurativa lagu- mata a causa della morte dell’artista. nare, grazie anche a un’alacre botte- A margine di questa carriera Paolo ga in cui trovano lavoro i figli Pietro Piazza fu tuttavia anche abile inciso- e Isabella, che reitera per decenni re su rame. I soggetti prediletti sono le sue composizioni » (Cocchiara di ambito religioso: ad esempio sono 2010, p. 189). note le tavole raffiguranti l’Adorazione La sua produzione, non di rado in- dei Magi ovvero l’Estasi di san Francesco, centrata su tematiche erotiche e mi- di sua stessa invenzione. Dunque non tologiche, si caratterizza per un’ade- si trattava esclusivamente di opere ese- sione al linguaggio della dominante guite d’après l’idea di qualche altro arti- corrente classicista dell’epoca, sulla sta. La sua presenza in diverse località scorta degli exempla di artisti quali il d’Europa non è garanzia di un suo in- Padovanino, Giulio Carpioni, Fran- tervento itinerante nel campo dell’ar- cesco Ruschi o Pietro Liberi. te incisoria, seppur assai probabile, ma Di particolare interesse per l’aspetto dovette indubbiamente costituire un esplicitamente figurativo ma altre- bagaglio formativo fondamentale an- sì per il valore documentario risulta- che per questa seconda attività. no le traduzioni grafiche eseguite dal Piccini degli affreschi di Giorgione e Bibl.: Thieme, Becker, XXVI, pp. 567- di Tiziano al Fondaco dei Tedeschi o 568; Davide da Portogruaro 1936; di quelli del Pordenone al chiostro di Bnzit (ed. 1948-57), VI, p. 652; Don- Santo Stefano: incisioni intagliate tra zelli, Pilo 1967, pp. 329-330; Bolaffi, il 1656 e il 1658 per conto di Stefano IX, p. 16; Milesi, p. 255. Scolari. Al pari di altri illustratori della sua generazione, da Giovanni Georgi a Francesco Valesio, per attestarci ad Piccini, Giacomo alcuni dei nomi più rappresentati- (Padova, 1617 o 1619 - Venezia, 1660) vi della scena veneziana dell’epoca, venne reclutato ai primi anni qua- Incisore e illustratore di origine pa- ranta nel circuito degli Incogniti da dovana, fu a lungo attivo soprattut- Giovan Francesco Loredano, che era DIZIONARIO BIO-BIBLIOGRAFICO 89 in contatto con i maggiori stampato- che vide le stampe per i tipi di An- ri e peintre-graveurs del tempo: Pietro drea Giuliani nel 1659. Della Vecchia, Antonio Zanchi e i ri- Proprio negli anni cinquanta si al- cordati Ruschi e Liberi. In quel con- lontana dal Ruschi e inizia un bre- testo lavorava alla realizzazione, in ve periodo di collaborazione con lo collaborazione proprio con il Ruschi, Zanchi. dei ritratti posti a corredo iconogra- Il Piccini curò inoltre una cospicua fico de Le Glorie de gli Incogniti, pub- e assai diversificata produzione indi- blicate da Francesco Valvasense nel pendente (ammontante a circa cen- 1647, provvedendo a intagliare pure tocinquanta illustrazioni) per lo più la pregevole antiporta del volume. legata all’industria tipografica vene- Le doti di ritrattista dichiarate in ziana, con qualche estemporanea questa occasione si confermano an- incursione a Brescia, Ferrara, Udi- che nella realizzazione della mag- ne e Lucca (per i tipi di Giovan Bat- gior parte delle effigi accademiche, tista Gromi, Marcantonio Marchet- a partire da quella di Nicolò Crasso, ti, Nicolò Schiratti o la ditta Paci & celebre collezionista veneziano, che, C.). Si tratta di un’attività che dà la datata al 1637, costituì forse la sua pri- misura della fama acquisita dal No- ma prova. stro col passare del tempo, il quale fu La perizia guadagnata in questo set- in grado di promuoversi come arti- tore in quegli anni nevralgici gli val- sta itinerante anche in altri contesti. se verosimilmente la convocazione, Tuttavia questa produzione indipen- al fianco di Giovanni Georgi e di Da- dente risentì di una mancanza di un rio Varotari il Giovane, ad altra im- disegno di partenza che sta alla base presa degna di nota: la realizzazione degli esiti a volte mediocri che sono dei ritratti per Le Maraviglie dell’Ar- stati riscontrati della critica in alcu- te di Carlo Ridolfi, pubblicate in due ne opere. volumi a Venezia nel 1648. Sulla base del vivido ritratto di Ga- Bibl.: Le Blanc, III, pp. 198-199; Bof- leazzo Gualdo Priorato eseguito dal fito 1922, pp. 111-112; Moschini 1924, Piccini per la biografia del nobiluo- pp. 47-49; Thieme, Becker, XXVI, p. mo vicentino (1664), la Cocchiara 581; Bnzit (ed. 1948-57), VI, p. 661; avanza l’ipotesi assai plausibile di ri- Bolaffi, IX, p. 24; Milesi, p. 255; Inci- conoscere al Nostro la traduzione in sioni italiane del ’600 1992, pp. 175-179; incisione di un’idea di Liberi per l’an- Bellini 1995, p. 414; Cocchiara 2010, tiporta della Scena d’huomini illustri, pp. 189-192. 90 luca trevisan - giulio zavatta

Piccini, Isabella Nel 1666, all’età di 22 anni, entrò as- (Venezia, 1644 - 1734) sumendo il nome Isabella nel con- vento francescano di Santa Croce a Figlia e allieva di Giacomo Piccini, Venezia, dove riuscì a installare un’of- Isabella, al secolo Elisabetta, ebbe ficina incisoria personale nella quale una carriera nel campo dell’arte inci- lavorava generalmente sola. La fortu- soria ancor più brillante e fortunata na di questo laboratorio è provata dai di quella del padre, come conferma- buoni guadagni di Isabella, che era in no i numerosi imitatori e falsari che grado in questo modo di assicurare alla sua morte produssero illustrazio- « dugento annui ducati al monastero ni e intagli in rame alla maniera del- per andarne esente da ogni officio ». la nostra artista recanti la sua firma. La sua produzione fu eterogenea e Si affacciò al panorama editoriale ve- decisamente vasta: nelle sue incisioni neziano all’inizio del settimo decen- si occupò di illustrare testi sacri piut- nio del XVII secolo e, insieme al fra- tosto che raccolte poetiche, applican- tello Pietro, curò inizialmente per lo dosi duttilmente anche alla lettera- più la realizzazione di opere di ambi- tura medico-scientifica così come a to librettistico, in cui compariva una quella storica, oltre che a quella enco- firma che rappresentava una sorta di miastica, patriottica e così via. A tutto marchio di fabbrica in grado di iden- ciò si dovrà aggiungere la realizzazio- tificare e qualificare la tradizione di ne di intagli stampati in fogli sciolti famiglia: “Fillj q.m Jac. Pi.” o “Li Fi- non destinati ad essere accolti in vo- glioli del P. f.”. lumi, specialmente legati alla pratica Dimostratasi fin da subito più dota- devozionale, come avvenne ad esem- ta del fratello Pietro nell’arte del bu- pio nell’ambito della collaborazione lino, venne richiesta dai maggiori con la nascente officina dei Remondi- letterati e stampatori del suo tempo, ni a Bassano, o della ritrattistica. non solo a Venezia, sua città natale, Innumerevoli ovviamente – e pour ma anche a Padova, Vicenza, Bassa- cause – sono le illustrazioni a testi di no, Verona, Brescia, Ferrara, Bolo- devozione privata piuttosto che a gna, Mantova, Urbino e Lucca: circo- prontuari agiografici o vite di santi, stanza che permette di comprendere beati e servi di Dio: il che aveva stret- il valore di questa artista che seppe ta attinenza e risultava particolarmen- affermarsi, nel suo percorso itineran- te congeniale con il suo ruolo di suo- te sui generis, in un panorama assai ra all’interno del convento veneziano. vasto e culturalmente dinamico. Le sue molteplici collaborazioni con DIZIONARIO BIO-BIBLIOGRAFICO 91 peintre-graveurs e artisti di fama ne Il cuore Veneto Legale, opere composte fanno una figura di spicco nell’am- tra il 1703 e il 1705. biente lagunare: tra queste si ricor- Isabella si spense, ormai novanten- da in particolare quella con Antonio ne, nel 1734. Zanchi, forse favorita dai rappor- ti già esistenti col padre Giacomo, Bibl.: Boffito 1922, pp. 112-113; Mo- iniziata intorno alla metà degli anni schini 1924, pp. 49-51; Bagatti 1931; cinquanta e proseguita almeno fino Thieme, Becker, XXVI, p. 581; Bnzit al 1712; ma non va dimenticato che (ed. 1948-57), VI, p. 661; Bolaffi, IX, Isabella curava la traduzione grafica p. 25; Milesi, p. 255; Incisioni italia- anche di opere di Giovanni Antonio ne del ’600 1992, pp. 179-180; Bellini Fumiani. Tra queste l’antiporta del- 1995, p. 414; Le Muse 2009, passim; la Conchiglia Celeste di Giovanni Bat- Cocchiara 2010, pp. 193-197. tista Fabri, pubblicata a Venezia nel 1690 per i tipi di Giovanni Giacomo Hertz, ove comparvero alcune tra le sue opere più lodate già all’epoca per Piccini, Pietro eccezionale finezza tecnica. La deco- (Venezia, attivo 1661 - post 1672) razione grafica del volume in que- stione le valse la definizione entusia- Figlio di Giacomo Piccini, al pari del- stica di « splendor de’ nostri giorni » la sorella suor Isabella Piccini Pietro che « in terso metallo opre immor- fu continuatore dell’attività pater- tali Pinge con dotta man, scolpi- na, dedicandosi all’incisione e all’illu- sce, e scrive ». Nell’antiporta in que- strazione libraria. Sebbene non ebbe stione, in particolare, si segnala che le doti della sorella e non raggiunse l’impostazione della figura principa- la fama di Isabella, ebbe comunque le deriva da un modello presente in modo di affermarsi sul fronte inci- un dipinto dello stesso Fumiani già sorio. L’inizio della sua attività è se- al Corpus Domini di Venezia e dal- gnato da incisioni prevalentemente la metà del XIX secolo nella chiesa di destinate al settore librettistico, che San Lorenzo a Vicenza. firmava congiuntamente a Isabel- Negli ultimi anni si accostò a suor la utilizzando la formula “Fillj q.m Angela Baroni, raffinata intagliatrice Jac. Pi.” ovvero “Li Figlioli del P. f.”, di lettere tipografiche, con cui colla- nell’intento di identificarsi all’inter- borò alla decorazione dei Raggi della no di un riconosciuto e stimato “mar- divina gratia di Bernardo Lodoli e de chio di fabbrica” e conseguentemen- 92 luca trevisan - giulio zavatta te « di presentarsi sul mercato con le egli] sia l’autore dell’antiporta del caratteristiche peculiari che avevano Claudio Cesare di Aurelio Aureli, pub- reso celebre la tradizione familiare » blicato da Francesco Nicolini nel (Cocchiara 2010). Resta tuttavia da 1672, condotta con uno stile appiat- riconoscere che le prove di Pietro non tito comune alle prove precedenti ». furono mai di grande livello qualitati- vo, anzi, soprattutto quelle iniziali, si Bibl.: Boffito 1922, pp. 77-78; Bagat- presentarono spesso alquanto impac- ti 1931, p. 4 e nota 6; Cocchiara 2010, ciate e fiacche. Circostanza che si ag- p. 198. gravò quando, intorno al 1663, venne meno il sodalizio con la sorella in se- guito al suo ingresso in convento. L’attività autonoma che seguì è ca- Porro, Girolamo ratterizzata dalla produzione di il- (Padova, 1550 ca. - 1604 ca.) lustrazioni di carattere eterogeneo, quasi sempre eseguite nell’ambito Incisore, silografo e scrittore d’arte, di una protratta collaborazione con nacque a Padova forse intorno alla Francesco Valvasense – che era stato metà del XVI secolo e fu operativo lo stampatore ufficiale dell’Accade- dal 1574 per lo più a Venezia, dove il- mia degli Incogniti – al quale, com’è lustrò un’edizione dell’Orlando Furio- stato suggerito, è probabile che il pa- so di Ariosto pubblicata nel 1584. Nel dre Giacomo, prima di morire, aves- 1586 illustrò inoltre le Imprese illustri se raccomandato i figli. di C. Camillis e nel 1591 i Vaticinia sive Tra i progetti più prestigiosi ai qua- Prophetiae Abbatis Joachini. Sempre li collaborò figura la partecipazione nel 1591 eseguì inoltre le silografie per all’impresa decorativa de Le Glorie ca- le Pompe funebri di qualunque popolo di dute dell’Antichissima ed Augustissima T. Porcacchi e intagliò in rame L’orto Famiglia Comnena di Lorenzo Minia- dei semplici di Padova. La sua produ- ti (1663), al quale prende parte pure zione è dunque attestata in partico- Giacomo Ruffoni. lar modo tra Venezia e Padova, ma L’ultima opera firmata pare sia una si sa che nel 1584 fu per certo anche tavola descrittiva inserita nel De pseu- a Roma, dove figurava tra i membri dostella, se cometa di Gaudenzio Bru- della Congregazione dei Virtuosi, su- nacci, stampato dal Valvasense nel bendo l’influsso di Enea Vico. 1665. Come suggerisce tuttavia Coc- Artista dunque tardo-cinquecente- chiara, « non si può escludere [che sco, nell’ambito della sua produzio- DIZIONARIO BIO-BIBLIOGRAFICO 93 ne incisoria solo un’opera tarda rien- contatto con il Laboratorio di Vin- tra nei parametri cronologici della cenzo Maria Coronelli presso i Frari nostra ricerca: si tratta dei Vaticinia e in questa circostanza ha l’occasione seu praedictiones illustrium virorum sex di lavorare alla realizzazione di tavo- rotis aere incisis compraensa de succes- le per il Teatro della città e la Regatta, sione Summi Pontificis Rom., volume opere pubblicate entrambe nel 1697. in 4° pubblicato a Venezia nel 1600 Con il nuovo secolo si avvicina al per i tipi di G.B. Bertoni, con un fron- settore librettistico, come conferma tespizio inciso raffigurante un porta- l’intaglio dell’antiporta de Il Solima- le riccamente ornato di ritratti recan- no del 1716. te la firma “Porrus F.”. Nonostante si fosse trasferito a Vene- zia, Aniello Porzio continuò a man- Bibl.: Thieme, Becker, XXVII, p. 275; tenere solidi contatti con diversi edi- Bnzit (ed. 1948-57), VI, p. 768; Bof- tori napoletani per i quali illustrò fito 1922, p. 114; Bolaffi, IX, p. 184; testi a carattere prevalentemente sto- Bellini 1995, p. 426. rico o devozionale.

Bibl.: Thieme, Becker, XXVII, p. 290; Bnzit (ed. 1948-57), VI, p. 772; Bo- Porzio, Aniello laffi, IX, p. 190; Milesi, p. 261; Coc- (Napoli, attivo a Napoli e Venezia nella chiara 2010, pp. 198-199. seconda metà del XVII secolo - post 1716)

Aniello Porzio (o Portio, o Porti) fu un incisore e illustratore di origine Poussin, Nicolas napoletana. Intorno al 1678, ma forse (Villers/Les Andelys, 1594 - Roma, 1665) già alcuni anni prima, si trasferì a Ve- nezia dove fu attivo per lungo tempo. Nicola Poussin fu essenzialmente In quell’anno si datano infatti le Epi- pittore. Sebbene attratto dall’acqua- stole heroiche di Lorenzo Crasso, per forte, la praticò solo occasionalmen- le quali intaglia una serie di tavole po- te. In campo grafico il suo nome è ste a commento grafico del testo. dunque ricordato soprattutto perché Si specializza nel settore della ritrat- la sua opera pittorica – e nella fatti- tistica, intagliando modelli di peintre- specie i suoi paesaggi dalla brillan- graveurs affermati, come ad esempio te intonazione sublime – è stata fre- Antonio Molinari. Inoltre entra in quentemente riprodotta da diversi 94 luca trevisan - giulio zavatta incisori soprattutto nei secoli XVII e sin (argomento che esulerebbe dalla XVIII. Poussin fu attratto fin dai pri- nostra trattazione e per il quale rin- mi anni da una visione nostalgica del viamo semmai alla essenziale trac- mondo, che venne indagato nelle sue cia bibliografica che segnaliamo di opere attraverso un confronto con i seguito), basterà qui osservare come dipinti dei grandi maestri italiani. Ri- la presenza veneziana del Nostro sia mase affascinato in particolare dai stata fondamentale per l’artista e per valori poetici del paesaggio, dall’in- la città dei dogi, sebbene non si pos- tonazione bucolica ed estatica del- sa affermare che in quella circostan- la realtà che seppe infondere di quel za Nicolas vi lavorasse esplicitamen- gusto classicista che apprese e con il te come incisore. quale si misurò in Italia, dove si recò Basterà dunque rammentare in que- per formazione professionale già in sta sede come l’Italia fosse divenuta giovane età e dove, in definitiva, ri- il palcoscenico prediletto dall’artista mase per quasi tutta la sua carriera per la propria attività. Invitato più fino a morirvi, a Roma, nel 1665. volte a rientrare in Francia, accet- A Roma giunse nel 1624. Prima di re- tò solamente nel 1640 quando giun- carsi nella città dei papi sosterà tutta- se a cercarlo il suo amico più devoto, via per un breve soggiorno di alcuni Paul Fréart de Chantelou. In Francia mesi a Venezia. Si trattò di una tappa fu ricevuto con grandi onori da Lui- fondamentale per il nostro artista che gi XIII e dal cardinale Richelieu che qui ebbe modo di confrontarsi con i lo invitarono ad assumere la super- grandi maestri veneti, in particolar visione dei lavori del Louvre. Venne modo con Tiziano e Veronese da cui dunque nominato primo pittore del rimase immediatamente attratto e dai re e direttore generale degli abbelli- quali acquisì quella eccezionale sensi- menti dei palazzi reali. bilità cromatica che divenne un ele- Tuttavia contrasti e gelosie (soprat- mento inconfondibile delle sue opere tutto con Vouet, già primo pittore negli anni dell’attività romana, contri- del re) convinsero Poussin a chiedere buendo a configurarlo come uno dei un congedo e dal 1642 egli fece ritor- rappresentanti più significativi della no a Roma. La successiva morte del corrente neoveneta che caratterizzò Richelieu e di Luigi XIII lo indusse- la cultura figurativa barocca romana ro a considerare conclusi i suoi rap- della prima metà del Seicento. porti con la corona francese e pertan- Senza ripercorrere nel dettaglio le to non fece più ritorno in Francia. La tappe della carriera romana di Pous- sua nuova patria, culturalmente a lui DIZIONARIO BIO-BIBLIOGRAFICO 95 più congeniale, era l’Italia e proprio a veneta dei grandi maestri: se Tiziano Roma venne sepolto alla sua morte. dovette insegnargli l’equilibrio tra la Egli esercitò un’influenza assai pro- tradizione della pittura tonale veneta fonda sui pittori e sugli incisori del e i moduli centro-italiani, fu tuttavia Sei e del Settecento, tanto a Roma, la lezione di Veronese e Tintoretto ad dove passò la maggior parte dei suoi affascinare maggiormente il Pozzo- anni italiani, quanto – in definitiva – serrato. Particolarmente significativi a Venezia, dove era stato non appena sono quei dipinti in cui il pittore rac- approdato in Italia. conta il vivere in villa che si articola nelle diverse attività colte nei giardi- Bibl.: Thieme, Becker, XXVII, pp. ni antropizzati e addomesticati delle 321-327; Bnzit (ed. 1948-57), VI, pp. ville venete: indubbiamente spazi in- 787-789; Bolaffi, IX, pp. 196-201; Mi- ventati ma assai rispondenti al vero. lesi, p. 262; Bellini 1995, p. 427; De Numerose furono altresì le decora- Micheli 1996, pp. 63-71 (con biblio- zioni a soggetto religioso per le chie- grafia); Nicolas Poussin 1594-1665 1996 se di Treviso e del territorio della ter- (con bibliografia); Wright 2007. raferma veneta. In questa sua fitta attività – che appare fuorviante riepi- logare in questa sede e per la quale rimandiamo semmai a Ludovico Poz- Pozzoserrato, Ludovico (Toeput, zoserrato 1988 (con bibliografia pre- Lodewijk) cedente) – non meno significativi ap- (Anversa, 1550 ca. - Treviso, 1603 o 1605) paiono i disegni e le acqueforti, che rappresentarono un campo di inte- Pittore, incisore e poeta. Nacque ad resse di non secondaria importanza. Anversa nel 1550 ca. e intorno all’età Nelle incisioni non disdegnò di de- di trent’anni, verso il 1580, si trasferì scrivere anche i dettagli urbani di Ve- in Italia, soggiornando per un perio- nezia, come ad esempio nell’acqua- do a Venezia ma compiendo altresì forte intitolata Piazza San Marco a viaggi formativi, com’era consueto, Venezia, datata 1585. Morì a Treviso il a Firenze e soprattutto a Roma. Nel 14 agosto 1603, oppure, secondo altre 1582 scelse di fissare la sua dimora ipotesi, il 9 novembre 1605. a Treviso e in questa città svolse la maggior parte della sua carriera. Os- Bibl.: Thieme, Becker, XXXIII, pp. servando i suoi dipinti si può coglie- 242-243; Bnzit (ed. 1948-57), VIII, re un riferimento deciso alla pittura p. 331; Bolaffi, IX, p. 212; Milesi, p. 96 luca trevisan - giulio zavatta

262; Ludovico Pozzoserrato 1988 (con formativo dei primi anni e affiancan- bibliografia precedente). do a questa produzione anche l’atti- vità incisoria (ancorché avviata solo a 47 anni), sempre mirata a ritrarre, in tavole per lo più di piccole o me- Ricci, Marco die dimensioni, scene paesaggistiche (Belluno, 1676 - Venezia, 1730) di ambientazione tanto urbana quan- to agreste, dove non mancò di mette- Per i criteri di ordine cronologico che re in evidenza la seduzione esercitata definiscono la presente ricerca, Mar- su di lui dalle rovine del mondo anti- co Ricci, nato verso gli ultimi decenni co, che egli ritrasse con grande preci- del XVII secolo, può essere solo par- sione e destrezza tecnica. zialmente considerato tra gli autori Sebbene opere dei primi decenni del coinvolti nel nostro repertorio. Nipo- Settecento, le sue acqueforti non na- te di , egli fu pittore scondono una derivazione tipologica e acquafortista di particolare perizia. e stilistica dagli insegnamenti appre- Da Belluno si spostò abbastanza pre- si dall’artista allo scadere del Seicen- sto per curare la sua formazione to. Di significativo interesse risulta presso lo zio e attraverso il confronto in particolare osservare nelle sue in- coi grandi paesaggisti veneti, e a par- cisioni un’attenzione per l’indagine te due soggiorni a Londra ai primi dei valori atmosferici e luministici, del Settecento, la sua attività si svol- secondo un gusto tipicamente caro se prevalentemente a Venezia. Qui alla tradizione dei vedutisti veneti. si caratterizzò per un temperamen- Tra le sue opere più note – ma siamo to alquanto focoso e irascibile, tant’è già nel XVIII secolo – vanno ricorda- vero che durante una lite uccise un te le venti tavole di paesaggi con figu- gondoliere: circostanza che lo fece, re e rovine con frontespizio disegna- su suggerimento dello zio, fuggire a to da Antonio Visentini e inciso da Spalato, dove rimase quattro anni. Carlo Orsolini e il ritratto di Marco Ne ripartì per Ancona, indi per Napoli Ricci inciso da Gianantonio Faldoni. e per Roma, dove poté misurarsi con Il Ricci si spense a Venezia nel 1730. la cultura paesaggistica centro-italia- na. Tornato a Venezia diede dunque Bibl.: Bartsch, XXI, pp. 312-319; Thie- prova della sua destrezza essenzial- me, Becker, XXVIII, pp. 249-251; Al- mente nel campo della pittura di pae- pago-Novello 1939-40, pp. 471-500; saggio, mettendo a frutto il bagaglio Bnzit (ed. 1948-57), VII, p. 217; Pilo DIZIONARIO BIO-BIBLIOGRAFICO 97

1964, pp. 175-210; Passamani 1968; Bo- Tra le cose migliori sono le prove nel laffi, IX, pp. 380-384; Milesi, p. 273; settore della ritrattistica, tanto in fogli Bellini 1993; Bellini 1995, pp. 448-449. sciolti quanto per effigi poste a corre- do iconografico di volumi, oltre alle celebri traduzioni grafiche di dipin- ti di soggetto storico di Palazzo Du- Rossetti, Domenico cale di mano dei migliori pennelli ve- (Venezia, 1650 - Verona, 1736) neziani tra Cinque e Seicento: Jacopo Tintoretto, Palma il Giovane, Andrea Domenico Rossetti fu figura poliedri- Vicentino, Paolo Fiammingo ecc. ca nella Venezia del tardo Seicento e Nella sostanza, tuttavia, la sua pro- della prima metà del secolo successi- duzione solo raramente appare indi- vo. Fu peintre-graveur, incisore, deco- pendente e svincolata dalle commis- ratore, ma anche scultore e architet- sioni coronelliane, alle quali rimane to. Allievo di Pietro Liberi, nel 1676 sostanzialmente legato; a maggior incide la celebre Guerra de’ pugni e una ragione se consideriamo che negli serie di paesaggi antichi con rovine. anni veronesi preferisce dedicarsi al- Tra il 1686 e il 1687 risulta “pensiona- la scultura celebrativa in marmo e to” stabile presso il Laboratorio cal- stucco lasciando da parte l’attività in- cografico di Vincenzo Maria Coro- cisoria. Uno degli ultimi incarichi in nelli ai Frari in qualità di “maestro questo settore è della fine del secon- delle stampe” e disegnatore milita- do decennio del XVIII secolo, quando re. Dopo la formazione e l’esperienza è chiamato a partecipare alla realizza- veneziana degli anni giovanili, e dopo zione delle tavole per Il Gran Teatro la presenza in prima persona sul fron- delle pitture e delle prospettive di Venezia, te di Morea nel 1684 a fianco del capi- un atlante illustrato uscito per i tipi di tano da mar Francesco Morosini (che Domenico Lovisa nel 1720 che si in- lo volle con sé « per valersene per i di- quadra nella fortuna generale che go- segni di luoghi, e di Piazze secondo deva all’epoca il genere topografico. l’occorrenza della guerra »: disegni poi confluiti due anni dopo nelle Me- Bibl.: Bnzit (ed. 1948-57), VII, p. morie istoriografiche de’ Regni della Mo- 355; Bolaffi, X, p. 23; Meijer 1980; rea, Negroponte, e Littorali fin’ a Saloni- Marini 1988; Milesi, p. 278; Rugge- chi del Coronelli), sul finire del secolo ri 1996, pp. 277-278; Favilla, Rugo- si traferì a Verona al seguito del ve- lo 2005; Favilla, Rugolo 2006; Coc- scovo Gianfrancesco Barbarigo. chiara 2010, pp. 187-188. 98 luca trevisan - giulio zavatta

Rubens, Pieter Paul ficenza che costituì un primo segnale (Siegen, 1577 - Anversa, 1640) di quel rinnovamento in chiave eroi- ca e propriamente barocca della pro- L’importanza di Rubens appare in pria arte che si manifestò in partico- tutta la sua consistenza nel momen- lar modo negli anni successivi al suo to in cui si osservi come egli abbia rientro ad Anversa. costituto da modello per la pittura Dopo la fondamentale esperienza del Seicento, contribuendo ad aprire italiana, infatti, egli tornò in patria e la via al barocco nord-europeo. aprì una fiorente bottega caratteriz- Nato a Siegen (piccolo paese in Vest- zata da un’intensissima attività pit- falia, Germania) nel 1577 da padre torica, nella quale trovò l’aiuto di calvinista, trascorse l’infanzia a Co- numerosi allievi che nell’atelier di lonia, dove la famiglia si era rifu- Rubens provvedevano alla loro for- giata per sfuggire alla persecuzio- mazione personale. Giovandosi della ne spagnola contro i protestanti. collaborazione di valenti artisti – tra Nel 1589 si trasferì ad Anversa dove i quali si ricorderà in particolare Van ricevette un’educazione umanisti- Dyck – il Nostro si distinse per una ca improntata allo studio dei classi- produzione pittorica particolarmen- ci e dove, con gli anni, si convertì al te nutrita, quasi torrenziale. cattolicesimo. Gli aspetti del Rubens incisore co- Dopo una prima formazione tra Co- stituiscono un capitolo a parte e lonia e Anversa, sarà tuttavia l’espe- meritano di essere presi in esame. rienza italiana a risultare determi- Diversamene da altri artisti che si de- nante per la sua crescita artistica. Dal dicavano sia alla pittura sia all’acqua- 1600 al 1608 soggiornò infatti in Ita- forte, Rubens incise personalmente lia, recandosi innanzitutto a Venezia ben poche incisioni, forse una quin- (dove ebbe modo di confrontarsi con dicina (Milesi), di cui quattro sem- l’opera dei grandi maestri locali del brano costituire l’ossatura più si- XVI secolo: Tiziano, Veronese e Tin- cura di questo suo esiguo corpus: la toretto), Mantova, Genova e Roma. Santa Caterina di Alessandria sulle nu- Le opere di questi anni dimostrano vole, una Vecchia con candela, un San già un superamento dei canoni dise- Francesco d’Assisi inginocchiato e infi- gnativi caratteristici della pittura cin- ne un busto di Seneca. Non provve- quecentesca, in favore di un fare più dendo egli stesso, se non occasional- morbido e sinuoso e di un gusto più mente, a produrre incisioni di opere apertamente improntato alla magni- di sua invenzione, Rubens si circon- DIZIONARIO BIO-BIBLIOGRAFICO 99 dò, all’interno della propria bottega, La sua capacità – in pittura come di « artisti che avevano lo scopo di in- nelle incisioni – di far coesistere in terpretare in incisione la sua manie- un’unica opera l’intonazione classi- ra pittorica » (Bellini) occupandosi ca alle linee mosse tipiche del baroc- direttamente di fornirne un’accurata co, che condussero al ripensamento traduzione grafica. Il primo incisore delle forme e del ritmo del quadro – “ufficiale” del nostro artista fu Lucas il quale crebbe sotto il profilo del fa- Vorsterman, affiancato ben presto da sto e quanto ad impatto decorativo, altri acquafortisti, tra i quali restano senza mai allontanarsi tuttavia da degni di nota Paul Pontius, i fratel- una latente vena realistica che sem- li Bolswert (Boetius Adams e Schel- pre percorre la produzione del No- te Adams), Marinus Robyn van der stro –, può configurarsi come uno Goes ecc. Fu così che in questa at- degli elementi alla base del grande tivissima bottega vennero incise al- successo di questo artista. Al punto meno ottocento lastre che contribu- tale che anche dopo la sua morte fu irono a diffondere in tutta Europa nutrita la schiera degli incisori che si (secondo un’intuizione che aveva già dedicarono a tradurre graficamente avuto il grande Tiziano) la fama di e quindi a divulgare i dipinti di mag- Rubens. gior rilievo eseguiti da Rubens. Fu indubbiamente questa via a favo- rire l’arrivo di commissioni di parti- Bibl.: Thieme, Becker, XXIX, pp. 137 - colare prestigio, tra cui si ricorda, su 146; Bnzit (ed. 1948-57), VII, pp. tutte, l’incarico ricevuto nel 1621 da 408-414; Hollstein, XX, pp. 117-120; Maria de’ Medici, madre del re fran- Jaff 1989 (con bibliografia); Mile- cese Luigi XIII, di dipingere una serie si, p. 281; Bellini 1995, pp. 475-476; di quadri monumentali per decorare Lawson 2006 (con bibliografia). la galleria del Palais du Luxembourg, tematicamente legati a costituire un ciclo allegorico di encomio nei con- fronti della committente. Ruffoni, Giacomo A conferma di un largo successo in- (attivo a Vicenza, Padova, Venezia ternazionale tra i regnanti dell’epo- e Trento, 1650 - post 1699) ca, sappiamo che nel 1628 fu alla cor- te di Filippo IV di Spagna mentre tra Probabilmente nato a Trento, Gia- il 1629 e il 1630 fu alla corte di Carlo I como Ruffoni fu un abile e versati- d’Inghilterra. le incisore e illustratore di raffinata 100 luca trevisan - giulio zavatta qualità operativo nella seconda metà mente a Vicenza qualche anno più del XVII secolo tra Vicenza, Padova tardi, allorché l’élite aristocratica e e Venezia, oltre che nella stessa Tren- intellettuale vicentina vorrà ricorda- to dove operò, come vedremo, con re attraverso un opuscolo di poemi mansioni invero di cartografo. intitolato Lacrime di Parnaso (pubbli- È ipotesi condivisibile che a iniziarlo cato nel 1663) lo scultore berico Giro- al mestiere e a introdurlo nei circuiti lamo Albanese di recente scomparso culturali e accademici d’avanguardia (1660): nel volumetto egli curò per- possa essere stato Giovanni Georgi. tanto l’esecuzione dell’antiporta e Come ha recentemente riconosciuto di un raffinato ritratto dell’Albanese Francesca Cocchiara, Ruffoni « fin (Trevisan 2008 e 2010). da subito dimostra grande dimesti- Ruffoni si specializzò sia nel cam- chezza con il lavoro degli urbanisti e po della ritrattistica – di pochi anni degli architetti, tanto da specializzar- posteriore è ad esempio l’incisione si nel settore cartografico e nelle ri- con il ritratto del medico veronese costruzioni effimere e d’ambiente »: Raimondo Giovanni Forti, acclusa è il caso, ad esempio, della pianta di a un libro di quest’ultimo, professo- Riva o di quella di Trento, eseguite re presso l’Ateneo padovano, intito- su disegno del proto Lodovico Sar- lato Consultationum et responsionum dagna, ovvero del foglio sciolto che medicinalium e pubblicato a Padova descrive l’interno della basilica di per i tipi di Matteo Bolzetta de Ca- Sant’Antonio a Padova, intagliato dorinis nel 1669 (Trevisan 2012) – sia non prima del 1699 e verosimilmente nella produzione incisoria per testi una delle sue ultime opere. scientifici nell’ambito dell’editoria Tra i suoi primi interventi si segna- specialistica universitaria, soprattut- lano le incisioni eseguite per gli Sta- to di carattere medico: sua, ad esem- tuti dell’Accademia Olimpica rinno- pio, l’antiporta al volume Observatio- vati nel 1650, per i quali eseguì una num medico-chirurgicarum rariorum pregevole antiporta e due incisioni sylloge di Pietro Marchetti (Padova, (che ebbero largo successo e diffu- presso Giacomo de Cadorinis, 1675) sione anche come fogli sciolti) raffi- nella quale raffigura con crudo re- guranti rispettivamente il prospetto alismo l’amputazione di una gam- e la cavea del Teatro Olimpico palla- ba. Né mancheranno poi acqueforti diano. In stretti rapporti col circuito di carattere encomiastico o scene di dell’Accademia Olimpica, sarà dagli soggetto religioso, come la traduzio- stessi accademici chiamato nuova- ne grafica realizzata nel 1653 di una DIZIONARIO BIO-BIBLIOGRAFICO 101 pala perduta di Francesco Ruschi raf- Rugendas, Georg Philip figurante San Giovanni Evangelista a (Augusta, 1666 - 1742) Patmos nell’atto di scrivere l’Apocalisse ispirato dalla visione della Vergine Ma- Nato ad Augusta nel 1666, Georg Phi- ria. E ciò basterà a dar prova di una lip Rugendas (esponente principale produzione vasta e multiforme, sem- di una famiglia di incisori tedesca), pre sostenuta da un livello molto ele- fu pittore di scene militari e rinoma- vato al quale concorreva certamen- to incisore. Intagliò una cinquantina te un’abilità tecnica che configurava di lastre alla maniera nera: tra i sog- il Nostro come uno dei più rinomati getti prediletti riscontriamo numero- incisori della sua epoca. si ritratti e una serie di acqueforti sui Ne emerge, insomma, la figura di un cavalieri intitolata Capricci (1698). incisore in stretto contatto con i mi- Allievo di Isaac Fisches, pittore di gliori tipografi veneti del tempo, il storia, fu determinante per lui lo quale, al pari di Isabella Piccini (con studio dal vero di battaglie, in alcu- cui avrà occasione di collaborare nel ne circostanze rischiando addirittu- 1676), andrà specializzandosi, soprat- ra la vita. Continuò i suoi studi in se- tutto nella fase tarda della carriera, guito a Vienna, dove si fermò per un nel filone, di grande successo, dell’e- paio di anni prima di approdare nel ditoria devozionale, come attesta- 1692 a Venezia. Qui trovò un fonda- no le illustrazioni per Le eroine della mentale punto di riferimento in An- Solitudine sacra di Girolamo Ercola- tonio Molinari, dalla cui pittura ri- ni (1664) o alcune effigi pietistiche di mase particolarmente affascinato. santi e beati (Cocchiara 2010). Col Molinari restò in contatto fino a quando Georg Philip non abban- Bibl.: Thieme, Becker, XXIX, p. 213; donò Venezia per recarsi a Roma, Boffito, p. 115; Bnzit (ed. 1948-57), prima di riprendere la via verso Au- VII, p. 434; Bolaffi, X, p. 64; Persi- gusta, dov’è per certo attestato all’i- co Rolando 1985, pp. 50-56 (con bi- nizio del Settecento. bliografia e breve catalogo delle sue Tre suoi figli, rimasti appassionati opere); Bonomelli 1989a, p. 52; Mi- della sua attività, portarono avanti lesi, pp. 282 (Rufano, Ruffoni), 283 la bottega dedicandosi all’arte inci- (Ruphon); Trevisan 2008, pp. 199- soria: Georg Philip il Giovane (1701- 216; Cocchiara 2010, pp. 200-201; 1774), Johann Christian (1706-1781) e Trevisan 2010, pp. 184-230; Trevisan Jeremias Gottlob (morto nel 1772). 2012, pp. 99-101. La continuità dell’atelier venne infine 102 luca trevisan - giulio zavatta garantita da un nipote, Johann-Lo- provano i richiami, ravvisabili a più renz (1775-1826). riprese nelle sue opere di quegli anni, a Paolo Veronese e a Jacopo Tinto- Bibl.: Le Blanc, III, p. 377; Milesi, p. retto che lo seducono più di Tizia- 282; Bellini 1995, p. 476. no. Nella fattispecie, la capacità di immedesimarsi nella pittura di Tin- toretto al punto da saper dipingere “alla sua maniera”, come si soleva Ruschi, Francesco dire, gli valgono – secondo la testi- (Roma, 1600 ca. - Treviso, 1661) monianza di Ridolfi – l’incarico di restaurare alcune tele del maestro Nato a Roma intorno al 1600, Fran- all’interno di Palazzo Ducale. Pro- cesco Ruschi si formò in un clima nel prio da un confronto con l’opera di quale si confrontavano da un lato i ca- Tintoretto apprende la definizione ravaggisti e dall’altro i classicisti, pre- di virtuosistici scorci prospettici che senti in gran copia nell’Urbe in quegli sovente caratterizzano le sue com- anni, molti di origine emiliana. Nelle posizioni, attraverso l’innesto di ele- prime opere si ravvisa apertamente la menti architettonici attentamente in- presenza di entrambe le componenti dagati che divengono i fondali di e la capacità di attuare una mediazio- composizioni su cui si stagliano figu- ne tra la prima lezione e, viceversa, re spesso monumentali, avviluppate il classicismo proposto in quegli anni in sovrabbondanti panneggi. da Francesco Albani con cui il Ruschi Raggiunta in breve la fama, il Ru- risulta in contatto. Si specializzò ben schi andò specializzandosi nella pro- presto come peintre-graveur, giungen- duzione di pale d’altare, nella deco- do a lavorare a Venezia non ancora razione di soffitti (celebre rimane trentenne, forse a seguito del padre quella in villa Selvatico a Battaglia (un medico ebreo convertitosi al cri- Terme, che vide la compartecipazio- stianesimo), se, com’è vero, nel 1629 ne all’impresa di Padovanino, Pie- vi prendeva moglie. tro Liberi, Luca Ferrari e altri), ma Arrivato in laguna rimane immedia- non disdegnò nemmeno la pittu- tamente affascinato dai capolavori ra a fresco, come provavano gli af- della grande stagione della pittura freschi, oggi perduti, nella chiesa di veneziana: in particolare è alla pit- Sant’Anna. tura del secondo Cinquecento che Le sofisticate allegorie che fan da guarda con singolare interesse, come soggetto a molte sue opere confer- DIZIONARIO BIO-BIBLIOGRAFICO 103 mano la capacità del Ruschi di intes- za – e non è secondario né irrilevan- sere rapporti culturali con i più ag- te – con l’uscita di scena di Giacomo giornati sodalizi di intellettuali della Piccini, prima, e del nostro France- città. Determinante sarà, nella fatti- sco Ruschi subito appresso, morti ri- specie, l’incontro con Giovan Fran- spettivamente nel 1660 e nel 1661. cesco Loredano, il principe degli In- cogniti, che gli varrà collaborazioni Bibl.: Safarik 1976; Pallucchini 1981, prestigiose che lo metteranno a par- I, pp. 164-168; Monticelli 2001a, p. te di una nuova concezione di illu- 872 (con bibliografia precedente); strazione libraria, negli anni cruciali Cocchiara 2010, pp. 201-203. in cui il libro veneziano andava ar- ricchendosi sul piano dell’immagi- ne grazie ad antiporte sempre più elaborate che in breve soppiantaro- Sacchi, Carlo no l’uso del frontespizio inciso fino (Pavia, 1616 ca. - 1706 ca.) a trasformare il libro in una sorta di quadro sui generis facilmente traspor- Carlo Sacchi nacque a Pavia intorno tabile, prestabile, divulgabile. al 1616 (alcune fonti indicano il 1617) Proprio al Ruschi si devono infat- dove verosimilmente morì nel 1706. ti, a partire dai primi anni quaran- Fu soprattutto un pittore, ma anche ta, alcune delle prime innovative an- incisore, attivo a Pavia (suoi dipinti tiporte veneziane. Fondamentale, in nel duomo a San Teodoro e a San Sal- quest’ordine, si riveleranno i con- vatore) e in Emilia. Soggiornò poi a tatti e i rapporti coltivati con Gia- Milano, a Roma e giunse quindi a Ve- como Piccini, Dario Varotari il Gio- nezia, città che influì maggiormente vane, Francesco Valesio, Giovanni nella sua formazione. Qui egli poté Georgi ecc. Sono i nomi rilevanti, in confrontarsi con l’opera dei grandi quell’epoca, di un panorama che an- maestri veneti del Cinquecento, in dava arricchendosi quotidianamente particolare col Veronese, dal quale attraverso la produzione di prove in- rimase profondamente influenzato. cisorie via via più raffinate per tec- La sua produzione incisoria non è nica e sensibilità esecutiva. Un cor- particolarmente estesa, limitando- so di eventi che subirà una svolta col si a una decina di acqueforti, alcune cambiare delle vicende sul piano po- raffiguranti scene del Nuovo Testa- litico, economico e sociale poco oltre mento, altre episodi della storia lon- la metà del secolo, in concomitan- gobarda della sua città natale. Alle 104 luca trevisan - giulio zavatta due stampe inizialmente descritte Ai primi anni settanta, periodo in dal Bartsch, a proposito delle quali cui nasceva Justus, Jan I (Bruxelles, lo studioso rivelava l’inesperienza del 1550 - Venezia, 1600) si trovava ad An- Sacchi nella tecnica incisoria, la criti- versa, città che a quel tempo rappre- ca successiva ha aggiunto altri esem- sentava il centro mondiale nel cam- pi di maggior pregio, tra cui si segna- po della stampa e dell’incisione, con la un’Adorazione dei Magi recante la laboratori altamente produttivi ed data 1649, riduzione grafica di un di- editori in grado di realizzare pubbli- pinto del Veronese. cazioni raffinate. Nel 1572 fu maestro della gilda locale di San Luca, a te- Bibl.: Bartsch, XXI, p. 45; Thieme, stimonianza del favore incontrato in Becker, XXIX, p. 291; Bnzit (ed. quella sede. 1948-57), VII, p. 458; Bolaffi, X, p. 96; Fu disegnatore, incisore al bulino e Tib, 46; Milesi, p. 284; Bellini 1995, mercante di stampe, ma anche stam- p. 480. patore (oltre alle sue incisioni, pub- blicò ad esempio molte copie ano- nime tratte da intagli originali di Cornelis Cort). Sadeler Negli anni ottanta viaggiò in Germa- nia, dov’è attestato a lavorare tra Co- Famiglia di incisori e stampatori lonia, Francoforte e Monaco di Ba- fiamminga tra le più note e impor- viera. Di lì si porterà prima a Roma tanti nel vasto panorama delle bot- (1593-95), indi a Verona e Venezia teghe operative nel XVI e nel XVII dove realizzò le sue ultime tavole secolo. Essa si divideva in tre rami, prima di morire nella città dei dogi corrispondenti ai tre figli – e alla re- nell’agosto nel 1600. lativa discendenza – di Jan de Saeyel- Diversamente dal fratello, di Aegi- leer (detto Sadeleer, da cui Sadeler): dius I (Bruxelles, 1550 ca. - Franco- Jan I, Aegidius I e Raphael I, tutti e forte, 1609) poco sappiamo. Inciso- tre disegnatori e incisori a bulino di re e mercante di stampe tra il XVI e grande perizia (soprattutto il primo l’avvio del XVII secolo, fu maestro di e l’ultimo). gilda ad Anversa nel 1580. L’ipotizza- Jan I fu il padre di Justus e Marcus ta presenza a Venezia (magari insie- Christoph. Aegidius I fu il padre di me al figlio Aegidius II, di cui, come Aegidius II. Raphael I fu il padre di vedremo sotto, abbiamo maggiori e Raphael II, Jan II e Philipp. più circostanziate informazioni) pri- DIZIONARIO BIO-BIBLIOGRAFICO 105 ma del suo approdo a Francoforte, solidamente allo scadere del XVI se- dove morì nel 1609, non è accertata a colo, il che risulta di particolare in- livello documentale. teresse per comprendere gli sviluppi Raphael I Sadeler (Anversa, 1561 - Mo- dell’arte incisoria lagunare all’attac- naco di Baviera, 1628/32) fu pitto- co del Seicento. Sempre a Venezia, re e incisore. Nel 1582 risulta ascrit- inoltre, secondo alcuni, Justus dovet- to alla gilda di Anversa. Seguì nei te passare a miglior vita nel 1620, a suoi viaggi suo fratello maggiore Jan meno che non si dia credito all’ipo- I, col quale si recò prima in Germa- tesi di un suo rientro nelle Fiandre, nia, quindi in Italia. Ai primi del Sei- nella fattispecie a Leida, dove altri cento (1601-04) si trovava, come altri sostengono che sarebbe morto poco esponenti della stessa famiglia, a Ve- dopo quello stesso anno. nezia, dove lavorò assiduamente. Da Fratello di Justus e figlio di Jan I fu Venezia venne chiamato nel 1604 a Marcus Christoph (nato a Monaco Monaco di Baviera: qui ricevette una di Baviera dove fu attivo per un pe- pensione di 105 fiorini dal principe riodo dal 1614, e forse morto a Roma, Massimiliano e qui dovette spegner- post 1660?), il quale si trasferì presto a si nel 1628 o, come sostengono altri, Praga per fissare infine la sua attivi- nel 1632. tà di stampatore e incisore a Venezia, La produzione incisoria di Raphael dove si stabilì solidamente. Qui pub- I costituisce un capitolo molto im- blicò un certo numero di tavole di portante all’interno del catalogo di Jan I, Raphael I e di Aegidius II, ma, questa famiglia di acquafortisti. Le come segnala il Bnzit, « les secon- Blanc ricorda infatti ben 126 tavole ds tirages portent seuls son nom, ce incise dall’artista, alcune delle quali qui permettrait de croire qu’il aurait caratterizzate da una finezza tecnica hérité de ces planches ». A lui è altre- che vien lodata particolarmente per sì attribuita una serie di altre tavole quanto riguarda i ritratti. eseguite d’après la Passione di Dürer. Rispetto al padre Jan I, che godette Come stampatore si segnala invece di particolare fama, meno dettagliate la pubblicazione del volume Regole sono le informazioni su Justus (An- per imparare a disegnar i corpi huma- versa, 1572 ca. - 1620 ca.). Di lui sappia- ni, edito a Venezia nel 1636, conte- mo che si recò a Venezia col padre nente ventisei acqueforti di Palma il durante il viaggio in Italia di questi. Giovane. Proprio a Venezia pare che la fami- Stando alla voce dei Thieme-Becker, glia Sadeler si fosse stabilita piuttosto dovette trasferirsi negli ultimi anni a 106 luca trevisan - giulio zavatta

Roma: qui pubblicava il volume Ve- te da una grande varietà di esecuzio- stigi delle antichità di Roma, Pozuolo ne, spesso incise a partire da disegni e altri luochi come si retrovan nel seco- di suo stesso pugno, dimostrando di lo MD, Marcus Sadeler sculpsit, edito a essere non solo abile acquafortista, Roma per i tipi di G. De Rossi: una ri- ma anche dotato disegnatore. Parti- edizione, come diremmo in termini colarmente interessanti alcuni suoi odierni, del pressoché omonimo vo- ritratti (si ricordano quelli di Tor- lume che Aegidius II (Gilles) Sadeler quato Tasso, di Bartolomeo Spranger, pubblicava nel 1606 a Praga. o le dodici tavole con Imperatori ro- Allievo del padre Aegidius I, ma so- mani, ma anche il Cristo e i pellegri- prattutto del più quotato zio Jan I, fu ni di Emmaus), ma altrettanto degne Aegidius II (Gilles) Sadeler (Anver- di nota sono le sue vedute urbane o sa, 1570 ca. - Praga, 1629). Dopo aver di ambientazione rurale, dalla Vedu- soggiornato a Francoforte, Monaco ta di Praga alle varie scene paesaggi- di Baviera, Roma, Bologna e Firen- stiche non di rado arricchite di gu- ze, come lo zio si recò allo scadere stose rovine. del Cinquecento a Verona e a Vene- Figlio di Raphael I, Raphael II (An- zia, dove esercitò come incisore e versa, 1584 - Monaco di Baviera, 1632) come stampatore. La fama gli valse esercitò come il padre la professio- la chiamata a Praga presso la corte ne dell’incisore. L’ipotesi di Bryans di Rodolfo II; sempre a Praga lavora- di una sua presenza a Venezia intor- va ancora al termine della sua carrie- no al 1596 insieme ad altri esponenti ra. Nella stessa città e anche a Vienna della famiglia Sadeler dev’essere for- fu inoltre attivo dal 1670 al 1675 anche se oggetto di revisione (Bnzit), e suo figlio Tobias. pare semmai più probabile che egli Molte delle composizioni di Aegi- si trovasse in laguna tra il 1601 e il dius II derivano e si ispirano ai gran- 1604 insieme al padre, e che, sem- di maestri dell’arte italiana (dimo- pre con lui, di lì si recasse a Mona- strò una predilezione particolare per co di Baviera dove sarebbe morto Tiziano) e la sua presenza a Venezia, nel 1632. In questi spostamenti andrà ancorché al termine del XVI seco- ad incastrarsi un ritorno ad Anversa lo, poté essere influente per la pro- nel 1610, come attesterebbe l’ascri- duzione incisoria lagunare dei primi zione dell’artista alla gilda locale in anni del secolo successivo. Si tratta quell’anno. di opere, quelle di Aegidius, di consi- Jan II (1588 ca. - Monaco di Baviera, derevole qualità tecnica caratterizza- 1665) e Philipp (nato nel 1600 ca., at- DIZIONARIO BIO-BIBLIOGRAFICO 107 tivo a Monaco di Baviera fino al 1650 per la chiesa di Santa Colomba, costi- ca.), figli di Raphael I e pure abili in- tuirebbe l’unica opera pittorica nota cisori al pari del fratello Raphael II, dell’autore. Il dato non appare tutta- non risulta siano stati infine operati- via sufficientemente probante e non vi nella Repubblica di Venezia. sarebbe pertanto da escludere l’ipo- tesi di Bellini di un’origine per l’ap- Bibl.: Le Blanc, III, pp. 396, 398, 401; punto napoletana, come si accenna- Thieme, Becker, XXIX, pp. 299-301; va; città nella quale il nostro artista Bnzit (ed. 1948-57), VII, pp. 461- fu forse allievo del Domenichino, 463; Hollstein, XXI, pp. 7-190, 197- prima di trasferirsi a Bologna e in 207, 213-265, 267-284 (testo), XXII, pp. seguito in Romagna e conseguen- 5-165, 171-180, 183-222 (tavole); Milesi, temente a Venezia, dove ebbe per- p. 284; Bellini 1995, pp. 480-481. tanto occasione di accostare l’ope- ra del Veronese con la quale seppe pertanto indubbiamente misurarsi e confrontarsi. San Martino (o Sammartino), Se in campo pittorico si specializ- Marco zò nell’esecuzione di alcuni sogget- (Napoli o Venezia, 1615-25 ca. - fine XVII ti sacri e, soprattutto, di paesaggi secolo) di piccole dimensioni, fu nel cam- po dell’arte incisoria che San Marti- Fu pittore e incisore attivo per lo no manifestò le migliori doti. Come più a Rimini nella seconda metà del precisa Bellini, « la sua opera ac- Seicento, ma le sue origini non sono quafortistica si compone all’incirca accertate. Secondo alcune fonti sa- di sessanta intagli, raffiguranti qual- rebbe napoletano, per altre invece che soggetto sacro e numerose sce- veneto. ne pastorali e di vita contadina. Il suo Il Bolaffi propende più per quest’ul- stile – egli aggiunge – appare con- tima ipotesi, « poiché persistenti ri- trassegnato da un segno vigoroso e cordi veronesiani – seppure singolar- robusto, più attento all’espressione mente mescolati a elementi romani che alla politezza del disegno ». Tra le e nordici – compaiono nella pala raf- sue incisioni più note si ricordano il figurante Costantino battezzato da Diluvio universale, il Massacro degli in- san Silvestro papa, conservata nel nocenti, l’allegoria di Mercurio e Argo e Museo Civico di Rimini », che, ese- la scena pastorale del Cacciatore (Mi- guita verosimilmente intorno al 1680 lesi, p. 286). 108 luca trevisan - giulio zavatta

Bibl.: Bartsch, XXI; Thieme, Becker, Tornato a Roma, ritrasse papa Urba- XXIX, p. 411; Tib, 47; Milesi, pp. 34, no VIII e Vélasquez, incaricato dal re 286; Bolaffi, X, pp. 139-140; Bellini di Spagna di acquistare a Roma quadri 1995, p. 484. dai dodici migliori pittori, gli commis- sionò una Morte di Seneca, a testimo- nianza della stima maturata dall’arti- sta. Sempre nell’Urbe collaborò con Sandrart, Joachim von incisioni per illustrare la Galleria Giu- (Francoforte, 1606 - Norimberga, 1688) stiniani pubblicata tra il 1631 e il 1635. In questo stesso anno tornò infine Pittore, storico dell’arte e incisore te- a Francoforte, attraversando nuo- desco nato a Francoforte il 12 mag- vamente Firenze e quindi Milano e gio 1606 da una famiglia rifugiatasi in la Svizzera, ma a causa della peste e Germania a causa delle persecuzioni della guerra ancora riprese il proprio religiose. Nei suoi frequenti sposta- viaggio che lo portò a Cologna e ad menti ebbe per maestri artisti diver- Amsterdam. Nel 1647 fu a Monaco si: prima Daniel Soréau ad Hanau, di Baviera, due anni più tardi di nuo- nel 1620 Peter Isselburg a Norimber- vo a Francoforte. Chiamato a Vien- ga, nel 1622 Aegidius Sadeler a Praga. na dall’imperatore Ferdinando III, vi Nel 1623 fu di ritorno a Francoforte stette alcuni anni prima di stabilirsi dai suoi genitori, ma ripartì immedia- ad Augsburg nel 1660 e a Norimber- tamente per Utrecht per proseguire ga nel 1674, dove fissò la propria di- il suo alunnato presso Gérard Hou- mora con la seconda moglie e dove thorst. Dopo un breve soggiorno in morì il 14 ottobre 1688. Inghilterra nel 1627, si trasferì in Ita- Altri componenti della famiglia von lia, dove rimase otto anni. Fu inizial- Sandrart sono stati incisori: tra co- mente a Venezia: qui ebbe modo di storo si ricordano Jan (Francoforte, avvicinare l’arte di Tiziano e di Vero- 1588 - post 1679), Jacob (Francoforte, nese e di affinare la tecnica incisoria e 1630 - Norimberga, 1708), nipote del del disegno, ispirandosi in particolare Nostro, che fu intagliatore di ritrat- alle opere dei grandi maestri del Cin- ti e stampatore, e Joachim il Giovane quecento veneto. La peste del 1630 gli (Norimberga, 1688 - Londra, 1691), fi- impose di andarsene dalla Serenissi- glio di Jacob. ma, cosicché visitò Bologna, Firenze, Ferrara, Roma, Napoli, dove poté as- Bibl.: Le Blanc, III, p. 178; Thieme, sistere a un’eruzione del Vesuvio. Becker, XXIX, pp. 397-398; Bnzit DIZIONARIO BIO-BIBLIOGRAFICO 109

(ed. 1948-57), VII, p. 505; Milesi, p. La sua produzione incisoria fu mo- 287; Bellini 1995, p. 591. desta in termini numerici (Bellini 1995 ricorda circa dieci acqueforti) e dunque decisamente secondaria ri- spetto a quella pittorica. Ciò non to- Scaramuccia, Luigi glie che proprio i rapporti con Vene- (Perugia, 1616 - Milano, 1680) zia, oltre alla formazione bolognese, dovettero assumere un significato Luigi Scaramuccia (altrimenti chia- del tutto particolare in merito se si mato Luigi Pellegrino Scaramuccia) considera che alcune delle sue ac- fu soprattutto pittore, anche se non queforti, prossime ai modi del Can- disdegnò l’arte incisoria, e – cosa tarini, sono tratte da invenzioni di che gli valse una certa fama – scrit- Annibale e Ludovico Carracci, ma tore d’arte. soprattutto di Tiziano: circostanza, Avviato alla pittura dal padre Giovan- quest’ultima, che invita a prende- ni Antonio, fu allievo di Guido Reni, re in considerazione la possibilità di anche se rimase fin da subito affasci- una sua diretta attività incisoria già nato dal primo Guercino, come pos- in laguna, ovvero, al limite, di una sono testimoniare alcune delle sue sua produzione acquafortistica svol- opere migliori, caratterizzate da di- ta a posteriori a fronte di disegni presi namici contrasti chiaroscurali. Dopo dalle opere tizianesche durante il suo il soggiorno bolognese nel 1655 si soggiorno veneziano. trasferì a Milano, eleggendo la città Nel campo dell’incisione Scaramuc- sua patria definitiva. Da Milano si al- cia si concentrò soprattutto su temi lontanò infatti solamente per alcuni a soggetto sacro e mitologico. Tra le viaggi. Alla fine degli anni sessanta sue incisioni più note si ricordano la fu a Venezia (sue alcune opere a San Vergine che lava i piedi al Bambino, l’In- Nicolò al Lido), mentre nel 1674 pub- coronazione di spine, un San Benedet- blicava a Pavia la sua opera letteraria to e Venere con Amore e Adone (Mile- (terminata circa un decennio avanti) si, p. 288). intitolata Le finezze dei pennelli italia- ni, nella quale loda i grandi maestri Bibl.: Bartsch, XIX, pp. 190-193; Thie- italiani che si configurano poi come i me, Becker, XXIX, p. 531; Bnzit (ed. riferimenti intorno ai quali si sostan- 1948-57), VII, p. 550; Milesi, pp. 35, 288; zia la meditazione in campo artistico Bolaffi, X, pp. 204-205; Bellini 1995, del nostro pittore. p. 487. 110 luca trevisan - giulio zavatta

Schoenfeld, Johann Heinrich mo di preciso quanto si sia prolun- (Biberach an der Riss, 1609 - Augusta, gato il soggiorno veneziano dell’ar- 1683 ca.) tista tedesco, ma non è improbabile che in quella circostanza egli abbia Johann Heinrich Schoenfeld fu un provveduto a diffondere nel mercato pittore e incisore tedesco, figlio di Jo- locale qualche sua stampa. Sebbene hann Baptist, noto orefice di Bibe- egli fosse rinomato maggiormente rach an der Riss, città natale del No- come pittore, al punto di affermarsi stro, che ebbe il merito di introdurre facilmente una volta rientrato in pa- Johann Heinrich al mondo dell’arte e tria presso la committenza privata e di infondere al figlio la sensibilità che pubblica, Bellini ricorda una trenti- si sarebbe dispiegata successivamen- na di sue incisioni che confermano la te nelle sue opere. Allievo del pittore maturazione di una specifica compe- Johann Sichelbein, la sua formazione tenza anche in questo settore. fu particolarmente rapida se già ver- so la fine degli anni venti risulta atti- Bibl.: Thieme, Becker, XXX, pp. 227- vo presso la corte di Stoccarda a fian- 228; Bnzit (ed. 1948-57), VII, p. 633; co dell’incisore e miniaturista Johann Milesi, p. 292; Bellini 1995, p. 492. Wilhelm Baur, che poi avrebbe ritro- vato, pochi anni appresso a Roma. A Roma Schoenfeld giunse intorno al 1633, affascinato dal classicismo di Scolari, Giuseppe Nicolas Poussin e dalle ardite impa- (Vicenza, attivo seconda metà XVI ginazioni barocche di Pietro da Cor- secolo - inizio XVII secolo) tona: il suo soggiorno nella città dei papi si protrasse fin verso il 1638, Giuseppe Scolari fu un pittore ma anno in cui risulta attestato a Napo- soprattutto incisore e mercante di li, dove accentuò il proprio interesse stampe attivo nella Repubblica di per le composizioni scenografiche. Venezia tra la seconda metà del Nel suo viaggio di ritorno verso Cinquecento e i primi anni del Sei- nord (nel 1651 è nuovamente a Bibe- cento. Nato a Vicenza, fu assai pro- rach an der Riss, mentre l’anno suc- babilmente allievo di Giambattista cessivo è ad Augusta) ha occasione Maganza il Vecchio. I suoi sposta- di passare, in quello stesso 1651, per menti – lavorò a Verona ma fu in Venezia, dove sosta per ammirare i particolar modo a Venezia che ebbe grandi maestri veneti. Non sappia- occasione di operare – lo misero in DIZIONARIO BIO-BIBLIOGRAFICO 111 contatto con l’opera di Tiziano, dal- Bibl.: Thieme, Becker, XXX, p. 399; la quale rimase profondamente in- Bnzit (ed. 1948-57), VII, p. 680; Bo- fluenzato. Questi influssi sono de- laffi, X, p. 235; Muraro, Rosand 1976, ducibili anche – e forse in particolar p. 150 sgg.; Milesi, pp. 35, 294; Belli- modo – nelle silografie, soprattutto ni 1995, p. 495. di soggetto sacro, che ci sono rima- ste, « intagliate con uno stile libero e robusto » (Bellini). Si tratta in buona parte di incisioni eseguite dallo Sco- Scolari, Stefano lari a partire da disegni di sua stessa (Brescia, attivo a Verona e Venezia invenzione, i quali non nascondono, 1644 - 87) essi stessi, un confronto dell’artista con il grande maestro cadorino. Nato a Brescia, Stefano Scolari fu at- Come osservato nel Bolaffi, la sua tivo a Verona e soprattutto a Vene- produzione « si distingue per l’assolu- zia dal 1644 al 1687 come stampato- ta originalità espressiva del tratteggio re, editore e incisore. Se la sua fama a pettine, bianco su nero, quasi una crebbe dal momento che si diede alla traduzione grafica della pennellata ». ristampa di incisioni di C. Cort, M. Nel suo corpus di incisioni si ricorda- Sadeler, Ag. Carracci, G. Piccini, F. no un Ecce Homo (che è ritenuta la sua Valegio ecc., fu tuttavia alle edizioni stampa più antica), un San Giorgio che e riedizioni di importanti carte geo- uccide il drago, un San Girolamo nel de- grafiche che si dovette il successo di serto, un Ratto di Proserpina. Opere Stefano Scolari. Proprio questo, non che evidenziano, accanto a una predi- a caso, costituì un terreno d’azione lezione per le soluzioni formali tizia- nel quale il nostro andò specializzan- nesche, una meditazione del Nostro dosi col tempo, associando con cre- sulle composizioni di Battista Franco scente riconoscimento a questo ge- piuttosto che di artisti nordici, e nel- nere di produzioni il proprio nome. la fattispecie renani: la cui conoscen- A lui dobbiamo in particolare la rie- za, avanzata da Zerner (cfr. Bolaffi), dizione della carta di G. Gastaldi, Ge- doveva esser possibile nel multifor- ografia particolare della Lombardia, di me laboratorio culturale lagunare ov- grandi dimensioni; inoltre la pubbli- vero ammettendo un contatto diret- cazione della carta, riveduta, del Ter- to dell’artista con quelle terre. ritorio trevigiano; la rarissima Italia Le ultime produzioni dello Scolari si di M. Greuter in dimensioni ridotte datano ai primi anni del Seicento. (1657); l’Italia di G.A. Magini (1662); 112 luca trevisan - giulio zavatta la Toscana di G. Rosaccio (1662); il foni ecc.: si tratta della partecipazio- Friuli di D. Bertelli; il Territorio pado- ne all’impresa decorativa dell’editio vano di B. Breda (1687). princeps del Regno d’Italia sotto i bar- Inoltre grande successo riscosse- bari, opera di Emanuele Tesauro ro, tra le raccolte, l’atlante intitola- pubblicata a Venezia per i tipi di Gio- to Viaggio da Venetia a Costantinopoli vanni Giacomo Hertz nel 1667. e Le vere imagini et descritioni delle più La realizzazione di due antiporte nobili città et isole, del 1684. non firmate per altrettanti libretti d’opera negli anni immediatamente Bibl.: Marinelli 1881; Almagi 1929; successivi, connotate dalla medesi- Thieme, Becker, XXX, p. 399; Alma- ma cifra stilistica delle prove che lo gi 1948; Bnzit (ed. 1948-57), VII, p. Scotti aveva condotto precedente- 680; Schulz 1970, pp. 7-182; Bolaffi, mente, invitano ad ipotizzare una X, p. 235; Milesi, p. 294; Bellini 1995, sua responsabilità in questo senso. p. 495. Ritornano, come ravvisa Cocchia- ra, certi « tratti sottili e filamentosi » e « un modo convulso di maneggiare la punta » che la studiosa riconosce ti- Scotti, Carlo pici del Nostro. (attivo a Venezia, Milano, Bologna, Di fronte ai tempi che cambiavano lo Modena, seconda metà degli anni Scotti si adatta alle esigenze di una sessanta del XVII secolo - post 1722) mutata committenza. Si specializza dunque rapidamente in produzioni Probabilmente di origine emiliana o per l’editoria devozionale (dove tro- lombarda, Carlo Scotti fu incisore e va tuttavia forte concorrenza, in am- illustratore attivo dalla seconda metà bito lagunare, nelle produzioni di degli anni sessanta del XVII secolo suor Isabella Piccini) e soprattutto fino all’attacco del terzo decennio encomiastica: filone che seguirà in del Settecento. Fu artista itinerante: particolare nelle prove condotte du- lavorò prevalentemente a Venezia, rante il periodo milanese e poi anche Milano, Bologna e Modena. a Bologna. La prima opera nota è la collabora- L’ultima opera documentata sembra zione a un’impresa di grande respi- essere lo stemma dedicatorio di An- ro, al fianco di artisti di calibro tra i tonio Bovio negli Applausi poetici per quali Lodovico David, Antonio Bo- lo solenne, e felicissimo terzo ingresso al sio, Valentin Lefèvre, Giacomo Ruf- [suo] gonfalonierato, raccolti da Fran- DIZIONARIO BIO-BIBLIOGRAFICO 113 cesco Bonaglia e dati alle stampe nel di vedute di Venezia rappresenta una 1722 a Bologna, per i tipi di Lelio del- prova non solo dell’interesse dell’arti- la Volpe. sta per la realtà urbana – nel caso ve- neziano connotata da un aspetto del Bibl.: Campori 1855, p. 439; Boffito tutto particolare per lo sviluppo all’in- 1922, p. 66; Thieme, Becker, XXX, p. terno di un sito lagunare – ma anche 409; Bnzit (ed. 1948-57), VII, p. 685; della sua effettiva presenza diretta a Bolaffi, X, p. 240; Bonomelli 1989b, Venezia, che poté vedere, studiare, p. 52; Milesi, p. 295; Cocchiara 2010, misurare direttamente coi propri oc- p. 203. chi e riprodurre col proprio bulino. Nel suo itinerario nella penisola ita- liana l’interesse per le città si coagu- lò nella realizzazione di altre vedute Silvestre, Israël raffiguranti Ancona; analogamente, (Nancy, 1621 - Parigi, 1691) nel viaggio di ritorno in patria, altre vedute di contesti urbani si focalizza- Nato a Nancy il 3 agosto 1621 da Gil- rono su Marsiglia, prima di coinvol- les, capostipite di una famiglia di in- gere, in bellissime serie illustrate, i cisori, Israël, allievo inizialmente del castelli francesi e le numerose vedute padre (che tuttavia perse in giovane di Parigi che ne decretarono in patria età) e quindi di suo zio Israël Hen- una fama già consolidata dalla prece- riet, che ne seguì e curò meticolo- dente produzione incisoria. samente la formazione, Israël Silve- Israël Silvestre morì proprio a Parigi stre fu un importante disegnatore e l’11 ottobre 1691. incisore all’acquaforte francese del Seicento. La sua vastissima produ- Bibl.: Thieme, Becker, XXXI, p. 35; B- zione – egli incise oltre ottocento la- nzit (ed. 1948-57), VII, p. 766; Mile- stre – costituisce una prima garanzia si, pp. 35, 299; Bellini 1995, p. 505. del talento e del successo riscontrato tanto in patria quanto in Italia, dove si recò per studio. Egli viaggiò particolarmente dal 1640 Stefanoni, Pietro al 1655 in Francia e in Italia. Qui sog- (Vicenza, 1589 - Roma, post 1653) giornò a lungo a Roma, dove realiz- zò numerose vedute di palazzi, fonta- Incisore ed editore calcografo nato a ne, ponti e chiese della città. La serie Vicenza, fu attivo nella prima metà 114 luca trevisan - giulio zavatta del Seicento, dapprima a Venezia e in pe a Padova, rispettivamente nel 1646 seguito a Roma, dove morì. e nel 1653. Data quest’ultima che co- A Venezia ebbe modo di misurarsi stituisce l’estrema documentazione con le ben note incisioni d’après Ti- dell’attività dello Stefanoni e che – ziano di Cornelis Cort, che non solo ammesso non debba trattarsi di un’e- provvide a rieditare, ma che costitu- dizione postuma – siamo portati a irono altresì occasione di confronto considerare come terminus post quem per l’artista. La sua attività incisoria per la morte dell’incisore. a Venezia, per quanto accertata dal- le fonti, risulta tuttavia piuttosto ne- Bibl.: Thieme, Becker, XXXI, p. 532; bulosa, e dopo un’iniziale meditazio- Bnzit (ed. 1948-57), VIII, p. 98; Bo- ne sull’opera del Vecellio attraverso laffi, X, p. 437; Milesi, p. 306; Belli- la traduzione grafica offertane dal ni 1995, p. 520. Cort, come accennato, l’artista do- vette spostarsi a Roma. Qui, in seguito a un iniziale inte- resse per l’opera di Guido Reni, di Temini, Alessandro cui tradusse in stampa alcuni dipin- (Venezia, attivo prima metà XVII secolo) ti, pubblicò una raccolta di disegni di Agostino, Annibale e Ludovico Alessandro Temini, fratello di Gio- Carracci composta da una quaran- vanni, fu pittore, disegnatore e inci- tina di fogli. Sempre a Roma diede sore all’acquaforte a Venezia, dove fu inoltre alle stampe, nel 1627, una se- operativo nella prima metà del XVII rie di cinquantasette tavole (intitola- secolo, forse intorno al 1630 come in- te Gemmae antiquitus sculptae, a Petro dicano alcune fonti bibliografiche Stephanonio collectae et declarationibus che lo riguardano. illustratae) che riproducevano esem- I contatti del fratello, pure incisore plari della glittica antica di cui era un assai affermato, con varie corti italia- raffinato intenditore. ne inducono a credere alla possibilità In seguito al soggiorno romano do- che i due lavorassero spesso insieme vette ciononostante fare ritorno nel- in bottega e permettono di crede- le Venezie. Così invitano a ritene- re che anche l’attività di Alessandro re un paio di sue pubblicazioni de- fosse sostanzialmente itinerante, gli anni successivi, nuovamente sul- sebbene le sue incisioni non possa- le gemme e la glittica dell’antichità, no costituire delle prove in tal senso. che furono entrambe date alle stam- Alcune di queste incisioni emersero DIZIONARIO BIO-BIBLIOGRAFICO 115 a Venezia nel 1650 presso il mercan- la croce di Tintoretto oppure una Ve- te di stampe Stefano Scolari. In par- duta di Costantinopoli, il cui originale ticolare si conoscono alcune serie di di scuola francese, andato perduto, rami raffiguranti temi mitologici: il venne riprodotto dall’olandese Pe- Trionfo di Bacco (sei fogli), il Trionfo ter van der Keere: fu infatti questa di Cerere (sei fogli) e il Trionfo di Teti copia il prototipo di riferimento per (tre fogli). il Temini.

Bibl.: Thieme, Becker, XXXII, p. 514; Bibl.: Thieme, Becker, XXXII, p. 514; Bnzit (ed. 1948-57), VIII, p. 247; Bo- Schneider 1944-45; Bnzit (ed. 1948- laffi, XI, p. 37; Milesi, p. 314; Bellini 57), VIII, p. 247; Bolaffi, XI, p. 37; Mi- 1995, p. 530. lesi, p. 314; Bellini 1995, p. 530.

Temini, Giovanni Triva (o De Trivis), Antonio (attivo a Mantova e a Venezia nella Domenico prima metà del XVII secolo) (Reggio Emilia, 1626/27 - Monaco di Baviera, 1699) Giovanni Temini, fratello di Alessan- dro, fu disegnatore e incisore al bu- Antonio Domenico Triva fu soprat- lino e all’acquaforte operativo a Ve- tutto pittore ma anche incisore, allie- nezia e a Mantova nella prima metà vo di suo padre Francesco a Reggio del Seicento. Si specializzò nella ri- Emilia, città natale, e quindi di Guer- trattistica ritraendo diversi illustri cino a Bologna. La sorella Flaminia personaggi del tempo, tra cui il duca (nata pure a Reggio nel 1629) fu sua di Mantova Carlo Gonzaga (1622), il collaboratrice, seguendolo a Piacen- duca Francesco d’Este (1643), il prin- za e a Venezia, dove lavorò diversi cipe Matteo, fratello del granduca anni. Proprio il viaggio a Venezia co- di Toscana. Oltre ad incidere alcuni stituì lo spartiacque tra l’attività emi- piccoli pannelli decorativi, realizzò liana e il periodo veneziano, princi- sette fogli in cui illustrò le Virtù te- piato con l’arrivo in laguna nel 1650 ologali. Inoltre ebbero discreto suc- e continuato fino al 1664. Sono forse cesso nel mercato alcune riduzioni gli anni per certi versi più interessan- a stampa di opere di artisti famosi, ti per la formazione dell’artista che come ad esempio la Deposizione dal- qui eseguì otto tele con gli Evangeli- 116 luca trevisan - giulio zavatta sti e i Dottori della Chiesa alla Salute, mente secondaria rispetto a quella sette storie di san Pantaleone per la pittorica, tuttavia sostenuta da una chiesa di San Pantalon (1655, perdu- qualità quasi sempre altissima. Ri- te), un’Annunciazione destinato all’o- cordando e descrivendo quattro in- ratorio dell’Annunciata, una Ma- cisioni dell’autore, il Bartsch loda donna col Bambino e il Ritratto di un la sensibilità e la finezza d’esecuzio- guardiano per la Scuola Grande della ne: si tratta di una Madonna col Bam- Carità (opera firmata e datata al 1659, bino, di un Riposo in Egitto, di una Su- ma perduta). sanna al bagno – opere firmate anche Sono anni cruciali per l’artista, per- per l’invenzione – e di un’Allegoria, ché muovendo dalla lezione del non firmata ma a lui attribuibile. Al- Guercino, che rimane il fondamen- tre cinque stampe di Antonio Dome- to cardine di cui si struttura la sua nico Triva erano state segnalate nel pittura, apre all’esperienza figurati- 1814 dal Füssli. Morì a Monaco di Ba- va di Pietro Liberi e del tardo Fran- viera il 18 agosto 1699. cesco Maffei, coi quali si misura e si confronta e dai quali trae spunti, for- Bibl.: Bartsch, XIX, pp. 230-233; Thie- me e modelli che ne influenzano il me, Becker, XXXIII, pp. 411-412; B- linguaggio. nzit (ed. 1948-57), VIII, p. 382; An- Maturata in laguna un’espressione dreaus Bortot 1966, pp. 262-265; Bo- stilistica personale attraverso il con- laffi, XI, pp. 163-164; Milesi, p. 321; fronto con diversi modelli, il Triva Bellini 1995, p. 546. lavora per un breve periodo a Bre- scia e a Torino, prima di approdare a Monaco di Baviera nel 1665, dove nel 1670 viene eletto pittore di cor- Valesio, Francesco te. Gli interventi si fanno intensi e di (Verona, 1570 ca. - Venezia, post 1643) sempre maggior prestigio: dagli af- freschi nella Residenza di Monaco, ai Francesco Valesio è una figura parti- soffitti nel castello di Nymphenburg, colarmente interessante nel panora- alle numerose pale d’altare per chie- ma incisorio veneziano della prima se parrocchiali e conventuali della re- metà XVII secolo. Editore-calcogra- gione. Diversi inoltre i dipinti di que- fo, incisore, libraio, mercante di di- sto periodo conservati nelle gallerie segni, stampe e carte geografiche, di di Schleissheim e di Dresda. origini veronesi, come lasciano in- L’attività di acquafortista fu sicura- tendere gli studi più aggiornati, si DIZIONARIO BIO-BIBLIOGRAFICO 117 trasferì a Venezia dove ebbe bottega Tra le imprese editoriali di maggior nei pressi di San Marco. respiro si ricorda la Gerusalemme Li- Fu imparentato con il capostipite Ni- berata edita da Giacomo Sarzina nel colò e con il figlio Giovanni Giaco- 1625. Numerose e di vario soggetto mo, pure incisore e disegnatore. le sue incisioni. I suoi interventi si misurarono nei di- versi campi del sapere, il che lascia Bibl.: Boffito 1922, pp. 121-122; Thie- intuire lo spirito intraprendente e me, Becker, XXXIV, pp. 71-72; Alma- l’erudizione, indubbiamente affinata gi 1948, p. 118 e nota 5; Bnzit (ed. nel corso degli anni. Fu così che gli 1948-57), VIII, p. 456; Bolaffi, XI, pp. capitò di lavorare a testi sacri e devo- 229-230; Salsi 1986, pp. 504, 510-511, zionali, a poemi eroico-cavallereschi, 536-582; Milesi, p. 327; Bellini 1995, a testi scientifici di letteratura specia- p. 555; Cocchiara 2010, pp. 203-205. listica, prevalentemente medica, sto- rica e militare. Un settore al quale si lega la vasta produzione cartografica che lo ob- Vanni, Giovanni Battista bligò indubbiamente ad alcuni spo- (Firenze o Pisa, 1599 - Pistoia, 1660) stamenti e nella quale il Valesio trovò un ambito di specializzazione profes- Nato a Firenze o a Pisa il 21 febbra- sionale. Tra il 1590 e il 1600 pubblicò io 1599, Vanni fu pittore e incisore infatti la Raccolta di le più illustri et fa- all’acquaforte. La sua formazione si mose città di tutto il mondo, che riuni- strutturò in ambito fiorentino, pres- sce poco meno di 300 vedute, in buo- so vari artisti tra i quali si ricordano na parte riprese da altri autori. Ciò Lomi, Empoli, Rosselli, ma in parti- non toglie che l’impegno fu vastissi- colare Bilivert e Allori. mo e su ampia scala. Si ritiene che le oscillazioni stilistiche Fu in stretto contatto coi più impor- riscontrate nelle opere dell’artista tanti stampatori veneziani dell’epoca possano essere imputate dapprima e con il circuito dell’Accademia degli ai diversi maestri degli anni giovanili Incogniti. e successivamente alla lunga perma- A lui si devono alcune tra le prime nenza lontano dalla Toscana. Van- antiporte, sebbene la sua specializza- ni si trasferì infatti prima a Parma e zione rimanessero i frontespizi calco- poi a Venezia, dove si recò per stu- grafici che con lui si fanno progressi- diare da vicino rispettivamente l’o- vamente più complessi e ricercati. pera di Correggio e dei grandi ma- 118 luca trevisan - giulio zavatta estri veneziani, soprattutto Tiziano Varotari, Dario il Giovane e Veronese. Questi artisti lo influen- (Verona, 1588 - Padova, post 1660) zarono particolarmente e nelle sue prove pittoriche si vedono emergere Figlio di Alessandro Varotari detto il reminiscenze di loro opere che ebbe Padovanino, nonché nipote di Dario modo di vedere direttamente. il Vecchio, pittore e architetto, e della Quanto alle incisioni, eseguì ripro- ritrattista Chiara Varotari (rispettiva- duzioni prevalentemente di opere a mente padre e sorella di Alessandro), soggetto sacro, anche se non esclu- Dario il Giovane fu peintre-graveur di sivamente. Dimostrò particolare in- origini veronesi, ma anche incisore, teresse nel riprodurre Veronese e so- poeta e persino medico. Fu uomo di prattutto Correggio, di cui tradusse a cultura lodato e stimato dai contem- stampa in quindici tavole gli affreschi poranei, al punto da essere tra i pochi della cupola del duomo di Parma. artisti che vennero ammessi all’Acca- Fu dunque artista itinerante e que- demia degli Incogniti e da venire ad- sti suoi percorsi di studio e di produ- dirittura eletto presidente dell’Acca- zione gli valsero non solo una solida demia Delfica. formazione particolarmente aperta La sua produzione letteraria spazia ai confronti con altri maestri, come tra tematiche eterogenee, dalla satira abbiamo osservato, ma gli garantiro- sarcastica a raccolte liriche di sonetti, no anche una fama che fu alla base fino a prove nel campo della libretti- delle commissioni che ricevette nel stica teatrale: un esempio è il Cesare corso della sua carriera. amante, uno dei primi libretti d’opera Rientrato in Toscana, si spense il 27 veneziani, stampato da Andrea Giu- luglio 1660. liani, aperto da una bella tavola di I suoi rami sono ancor oggi conser- Giacomo Piccini da un modello pit- vati presso la Calcografia Nazionale torico di Alessandro Varotari. di Roma (Petrucci 1953). L’attività illustrativa fu invece estem- poranea: qui si ricorda la partecipa- Bibl.: De Witt 1938, passim; Bartsch, zione insieme a Francesco Ruschi XX, pp. 113-118; Thieme, Becker, alla realizzazione dell’apparato de- XXXIV, p. 99; Petrucci 1953, passim; corativo posto a corredo iconogra- Bnzit (ed. 1948-57), VIII, p. 471; fico del Seminario de’ governi di sta- Gregori 1967; Bolaffi, XI, pp. 240- to, Et di guerra di Girolamo Farchetta 241; Milesi, p. 328; Tib, 44; Bellini (1647) e l’impegno per l’impresa di il- 1995, p. 560. lustrazione de Le Maraviglie dell’Arte DIZIONARIO BIO-BIBLIOGRAFICO 119 di Carlo Ridolfi (1648), insieme a Gia- Vecellio, lontano parente del celebre como Piccini e a Giovanni Georgi. pittore cadorino, e fratello maggio- Fu molto apprezzato da Marco Bo- re di Fabrizio. Inizialmente allievo schini di cui incise il ritratto da un di Francesco Vecellio, si avvicinò poi originale pittorico di Pietro Bellotti a Tiziano, di cui fu fedelissimo se- e per il quale eseguì le tavole per La guace, sebbene non particolarmen- Carta del Navegar pitoresco, pubblicata te originale nelle proprie invenzioni per i tipi di Francesco Baba nel 1660. compositive. A Tiziano si legò parti- Dopo quest’anno non si hanno no- colarmente frequentando oltre che tizie su Dario Varotari il Giovane e la sua bottega, anche la sua casa ve- dunque il 1660 costituisce il terminus neziana, dov’è ricordato in particolar post quem per il decesso dell’artista. modo dopo il 1570. Lo seguì ad Au- gusta nel 1548 e nel corso degli anni Bibl.: Bartsch, XXI, pp. 167-168; Le pubblicò in silografia diversi dipin- Blanc, IV, p. 95; Boffito 1922, p. ti del maestro. Dopo la morte di Ti- 124; Thieme, Becker, XXXIV, p. 117; ziano nel 1576, l’attività di Cesare si Bnzit (ed. 1948-57), VIII, p. 479; fa più autonoma e accusa qualche Pallucchini 1966, pp. 428-429 nota influenza luministica derivante dal- 29, 550 nota 18; Bolaffi, XI, p. 254; la pittura di Tintoretto. Proprio di Milesi, p. 328; Tib, 47-1; Incisioni ita- questa fase sono, ad esempio, le ven- liane del Seicento 1992, p. 180; Belli- ti tavole del soffitto e una Pietà della ni 1995, p. 573; Cocchiara 2010, pp. chiesa di Lentiai presso Belluno, con 205-206. Storie di Cristo e di Maria. Quanto alle opere a stampa più im- portanti pubblicate dal Nostro, si ri- cordano Degli habiti antichi et moderni Vecellio, Cesare di diverse parte del mondo (1590), con (Pieve di Cadore, 1521 - Venezia, 1601 ben 420 silografie incise da Christo- o 1606) pher Krüger verosimilmente su dise- gni fornitigli dallo stesso Cesare Ve- Figura poliedrica e interessante, Ce- cellio. Si tratta di un’opera che ebbe sare Vecellio fu pittore, ma soprat- particolare fortuna, come attesta la tutto stampatore, incisore e anche riedizione, già pochi anni più tardi, miniatore di libri. Talvolta ritenuto del 1598 da parte degli editori Sessa erroneamente il fratello minore di col titolo Habiti antichi e moderni di Tiziano, era in realtà figlio di Ettore tutto il mondo (ampliandone il nume- 120 luca trevisan - giulio zavatta ro delle tavole, portate a 522), o quel- rimanendone influenzato, Tintoret- la del 1664. to. Di questo viaggio, fra le altre ope- Non meno significativa, in questo re conservate in vari musei, a Roma, panorama di successi editoriali, è la nella chiesa di San Francesco a Ripa, Corona delle nobili e vertuose donne […] nella prima cappella si può ammirare del 1591, il cui testo è accompagnato la Concezione, opera del 1555. Dopo la da un corredo grafico costituito da morte di Frans Floris nel 1570, Marten 101 tavole incise per le quali ancora de Vos divenne l’artista più importan- è stata ravvisata la responsabilità di te di Anversa. Le pale d’altare, che co- Cesare. stituiscono la maggior parte della sua Assai lodata fu infine la grande silo- produzione fino al 1579, sono tipica- grafia in due legni stampata nel 1594, mente manieriste, con composizio- raffigurate La battaglia di Lepanto, ni raffinate ed eleganti. Nella prima con cui si celebrava uno dei momen- metà del 1580, in piena guerra di reli- ti di maggior successo internaziona- gione e con i calvinisti al potere nella le della Repubblica Veneta di quel se- città di Anversa, la richiesta di dipin- colo: la vittoria sui turchi del 1571. ti religiosi fu sospesa. Durante questo Cesare Vecellio morì a Venezia il 2 periodo di recessione economica ed marzo 1601 o 1606. un mercato artistico in calo, il pitto- re si rivelò un eccellente disegnatore, Bibl.: Thieme, Becker, XXXIV, p. 157; dedicandosi alla preparazione di mo- Bnzit (ed. 1948-57), VIII, p. 492; delli per gli editori di stampa. Non ri- Valcanover 1956; Bolaffi, XI, pp. sulta infatti che abbia mai personal- 266-267; Milesi, p. 329; Bellini 1995, mente inciso, ma molti suoi disegni e p. 574. dipinti sono stati riprodotti in inciso- ne e alcuni costituiscono intere serie. La bottega di Marten de Vos è stata la scuola per molti pittori fiamminghi Vos, Marten de che hanno continuato la sua opera, (Anversa, 1532 - 1603) anche dopo la sua morte, fra cui Hen- drik van Balen I, Hendrik de Clerck, Figlio del pittore Peter de Vos (1490- Venceslao Cobergher, Pedro Perret e 1567), Marten fu allievo del romanista Lodewijk Toeput. Frans Floris. Ha completato la sua for- mazione in Italia (1552-1558), a Roma, Bibl.: Bellini 1995, p. 166; Bowen, Firenze e Venezia, dove ha incontrato, Imhof 2001, pp. 259-289. DIZIONARIO BIO-BIBLIOGRAFICO 121

Westerhout, Arnold van Prediche dette nel palazzo apostolico di (Anversa, 1651 - Roma, 1725) Paolo Segneri (1694), per le quali re- alizza insieme a Ludovico Gimignan Originario di Anversa, Arnold van l’antiporta del volume; la Scelta di po- Westerhout fu incisore e peintre-gra- esie italiane, stampata a Venezia da veur di discreto successo. Portatosi in Paolo Baglioni nel 1686 con un’anti- Italia per compiere l’ormai consue- porta del Nostro; la Iurisprudenza sa- to Grand Tour, giunse ancora giova- cra di Antonio Paoluzzi, pubblicata a ne a Venezia, dove fu attivo soprat- Roma a partire dal 1682, alla cui deco- tutto per Giovanni Palazzi per conto razione Arnold van Westerhout col- del quale illustrò una serie di opere labora con il quadraturista genove- di carattere antiquariale. se ; la coeva Qui si legò, collaborando nel corso Vita del cavaliere Gio. Lorenzo Bernini, degli anni, a una compagine di inci- pubblicata a Firenze presso Vincen- sori prevalentemente di origine ger- zo Vangelisti. Ma la sua produzione manica o fiamminga, prima si avvi- incisoria per volumi dell’epoca tra cinarsi al Laboratorio calcografico Venezia e Roma, che qui abbiamo di Vincenzo Maria Coronelli. Il più appena sunteggiato, è assai vasta e noto ritratto di quest’ultimo, un’in- generalmente di buona qualità. cisione condotta con gusto per le Si tratta di una produzione diversi- profondità cromatiche ottenute at- ficata su più fronti nei quali rimane traverso una raffinata tecnica ese- attivo, sebbene il genere in cui gli ri- cutiva, è attribuita proprio al van uscì di eccellere fu probabilmente la Westerhout. ritrattistica. Qui si specializzò parti- A Venezia rimase fino al 1700, anno colarmente nella realizzazione di ef- in cui si trasferì a Roma. I frequenti figi legate alla sfera devozionale, al contatti con pittori dell’ambiente ro- punto da avviare una prolifica pro- mano già prima di quella data lascia duzione sul piano nazionale strin- tuttavia intendere che egli fosse già gendo legami con stamperie ed edi- in rapporto con il contesto artistico, tori di varie parti d’Italia, da Parma, culturale ed editoriale dell’Urbe pri- a Napoli, a Firenze, Lucca, Padova, ma di abbandonare Venezia. Spoleto, Nocera, Iesi, Macerata e Tra le opere letterarie alle quali col- Agrigento, sino ad arrivare addirittu- labora per provvedere alla defini- ra alla lontana Lisbona. zione del rispettivo corredo icono- Nonostante la dipartita dalla laguna, grafico, degne di nota appaiono le a Venezia mantenne solidi rapporti 122 luca trevisan - giulio zavatta con Girolamo Albrizzi, il quale gli ri- so piede a Verona ma che risultava chiese alcuni rami per il quinto tomo sostanzialmente ancora estranea al de La Galleria di Minerva, tra i primi contesto veneziano. giornali di carattere enciclopedico A Venezia si lega fin da subito con dell’epoca. Francesco Ruschi « che ne determina la spiccata vocazione monumentale » Bibl.: Thieme, Becker, XXXV, pp. 446- (Cocchiara 2010). Qui istituisce una 447; Boffito 1922, pp. 126-127; Bn- personale Accademia (similmente zit (ed. 1948-57), VIII, p. 721; Bodart a quanto fece Pietro Della Vecchia) 1974; Milesi, p. 343; Cocchiara 2010, con lo scopo di avviare incontri teo- pp. 207-209. rici tra intellettuali e di provvedere alla formazione di allievi: vi si forma ad esempio Pietro Negri. I riconoscimenti e la fama giungo- Zanchi, Antonio no presto. Lo possono testimoniare (Este, 1631 - Venezia, 1722) le menzioni dei contemporanei, da quella del collega Sebastiano Maz- Antonio Zanchi fu uno dei più im- zoni nella raccolta di sonetti il Tempo portanti pittori della seconda metà perduto (1661), a quella di Giustinia- del Seicento veneto e dei primi due no Martinoni che nel 1663 curò la ri- decenni del secolo successivo. In re- edizione aggiornata della Venetia cit- altà non di un semplice pittore si tà nobilissima et singolare di Francesco tratta, ma di una figura eclettica e Sansovino. multiforme, dalle diverse capacità di Lunghissima l’attività dell’artista che espressione artistica. Fu infatti anche morì ultranovantenne nel 1722, la- peintre-graveur, scenografo, architet- sciando una produzione pittorica va- to, teorico d’arte. stissima disseminata su tutto il terri- Nativo di Este, nella Bassa Padova- torio veneto. Particolarmente lodati, na, si trasferì in giovane età a Vene- tra i suoi numerosi lavori, sono la Pe- zia, per curare e consolidare la sua ste della Scuola Grande di San Roc- formazione attraverso il confronto co (1666), alcuni teleri alla Rotonda con la grande lezione pittorica lagu- di Rovigo (1682-83) e, accanto ad An- nare. Qui divenne protagonista della drea Celesti, Giovanni Antonio Fu- corrente tenebrosa, che accoglieva le miani e altri, il Trasporto dei corpi dei novità pittoriche divulgate da Cara- santi Pancrazio e Sabina, nella chiesa vaggio: una corrente che aveva pre- veneziana di San Zaccaria (1684). DIZIONARIO BIO-BIBLIOGRAFICO 123

Come molti altri pittori della sua squisita tavola che apre le Disputatio- epoca, anche Zanchi non disdegnò nes theologicae in primam partem divi di cimentarsi con la tecnica incisoria Thomae, di Pedro de Godoy, pubbli- prevalentemente destinata all’illu- cate a Venezia da Giovanni Giacomo strazione libraria. Vi fu probabilmen- Hertz nel 1686. L’incisione è conno- te introdotto dalle esperienze Inco- tata da una trama che valorizza ed gnite: nello specifico si ritiene che un evidenzia la profondità della gamma ruolo determinante dovettero averlo chiaroscurale, uno dei punti di forza Francesco Ruschi e Giacomo Piccini, delle incisioni della Piccini così come con il quale realizza alla metà degli dello Zanchi. anni cinquanta una serie di antipor- te ad alcuni volumi. Non a caso, in- Bibl.: Favaro 1975, pp. 195, 205; Zam- fatti, a testimonianza di un sodalizio petti 1987; Aikema 1989, pp. 110-111; lungo e duraturo, sono parecchie le Scarpa 1998; Monticelli 2001b, pp. incisioni cofirmate dal Piccini e dallo 889-890; Favilla, Rugolo 2003-04; Zanchi. Quest’ultimo dimostrò pro- Andreose 2009; Cocchiara 2010, pp. prio in quegli anni, sensibilizzato for- 209-210. se anche in questo caso dal circuito degli Incogniti, un interesse per il ge- nere librettistico, dove il corredo ico- nografico di accompagnamento al Zucchi, Andrea testo era ormai decisamente fonda- (Venezia, 1679 - Dresda, 1740) mentale. Il settore teatrale gli fornirà così l’occasione di frequentare mol- Esponente di una famiglia di incisori te persone e di lavorare con Antonio e di scenografi, Andrea Zucchi – che Bosio e altri, tra incisori, stampatori, fu anche pittore – si caratterizzò per intellettuali. una peculiare raffinatezza esecutiva Oltre alla collaborazione con Gia- nella tecnica del bulino e dell’acqua- como Piccini, appare significativo forte, eseguendo in particolar modo osservare che anche con la figlia di scene di carattere sacro ovvero im- questi, suor Isabella, la produzio- magini aventi per soggetto la storia ne a quattro mani proseguì. Si tratta di Venezia. Molti modelli tradotti in di incisioni quasi sempre dall’altissi- incisione sono individuabili in opere mo valore qualitativo sotto il profilo di grandi maestri veneti, tra cui Ti- tecnico e compositivo. Un esempio ziano, Pordenone, Tintoretto, Salvia- di questo valore è denunciato dalla ti, Bencovich. 124 luca trevisan - giulio zavatta

Allievo di Pietro Della Vecchia, di po Vasconi, Daniel Gabriel Rossetti – Andrea Celesti e dell’incisore Dome- alla realizzazione del corredo ico- nico Rossetti, lavorò dapprima a Ve- nografico del Gran Teatro di Venezia, nezia, dov’era nato il 9 gennaio 1679, una serie di cinquantasette vedute ma si spostò poi ben presto, nel 1706, derivate da precedenti dipinti, edita a Pordenone e in seguito, nel 1726, a da Domenico Lovisa. Dresda, dove fu chiamato per colla- Due suoi figli seguirono il padre nel- borare alla riproduzione dei quadri la professione e furono suoi allievi. della galleria reale. In questa stessa Si tratta di Francesco (Venezia, 1698- città fu più tardi implicato nella deco- 1764), che tradusse in incisione ope- razione del Teatro dell’Opera (1738). re di Rubens, Balestra ecc., e Loren- Sebbene la sua attività prenda inizio zo (Venezia, 1704 - Dresda, 1779). A allo scadere del Seicento, è soprat- quest’ultimo si devono soprattutto tutto nel corso del secolo successivo ritratti e altri soggetti ripresi da Ti- che egli manifesta le prove migliori, ziano, Van Dyck, Rubens ecc. Ma fu configurandosi come uno degli ini- anche autore di due serie di decora- ziatori dell’incisione veneta del Set- zioni per allestimenti teatrali: una tecento, che seppe modernizzare sul produzione che si accorda con gli piano tecnico ed espressivo attraver- impegni della famiglia (e che erano so un sapiente uso del bulino. stati già dello stesso Andrea) come A lui si devono le riduzioni a stam- scenografi per il teatro. pa di ritratti importanti, come quelli di Pietro Grimani o del doge Corner. Bibl.: Le Blanc, III, p. 267; Delogu Ma particolare successo dimostrò 1930, passim; Pallucchini 1941, pas- anche nella realizzazione di vedu- sim; Lavagnino 1943, III, passim; Thie- te della villa Manin di Passariano o me, Becker, XXXVI, p. 576; Bnzit della città e della laguna di Venezia. (ed. 1948-57), VIII, p. 869; Bolaffi, A tal riguardo, infatti, collaborò con XI, p. 456; Milesi, pp. 37, 353; Bellini altri incisori – il fratello Carlo, Filip- 1995, pp. 611-612. Iconografia

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Le Muse 2009 Le Muse tra i libri. Il libro illustrato veneto del Cinque e Seicento nelle collezioni della Biblioteca Indice dei nomi

Non sono indicizzati gli autori citati in bibliografia. I numeri in grassetto rinviano alle pagine relative alle schede.

Albanese, Girolamo 100 Barbieri, Giovanni Francesco v. Guercino Albani, Francesco 48, 49, 68, 102 Barbolini Armandi, Marina  Alberoni, Giovanni Battista 46 Barocci, Federico ,  Albrizzi, Girolamo 1 Baroni, Angela  Alessandro VIII papa (Ottoboni, Vito) ₁ Baroni, Giuseppe  Algardi, Alessandro  Barozzi, Giacomo detto Vignola  Allegri, Antonio v. Correggio Barri, Giacomo - Allet, Jean Charles , 1,  Bartolozzi, Francesco ,  Allori, Alessandro  Bassano, Jacopo , , , ,  Amadei da Morandi, Aloisio  Baur, Johann Wilhelm , , ,  Amigoni, Carlotta 1-32 Bazachi, stamperia  Amigoni, Jacopo ,  Bazicaluva, Ercole , - Andreani, Andrea - Bedogni, Lorenzo - Anglié, Martino  Bellini, Giovanni  Argoli, Andrea  Bellotti, Pietro  Ariosto, Ludovico  Bellucci, Antonio  Arundel, v. Howard, Thomas Bemmel, Wilhelm van  Audenaerde, Robert van - Benali, Bernardino  Bencovich, Federico , -,  Baba, Francesco  Benjamin, Walter  Baba, Gabriele  Berch, Hans van den  Baciccio v. Gaulli, Giovanni Battista Berchem, Claes , ,  Bacon, Francis  Berchem, Pieter Claesz  Baden-Baden, Ludovico Guglielmo  Beregan, Nicolò  Baglioni, Paolo ,  Berengucci, Panfilo  Bagnacavallo junior (Ramenghi, Giovanni Berlinghieri, Agostino  Battista detto)  Berlinghieri, Camillo - Baldi, Lazzaro ,  Berni, Francesco  Baldinucci, Filippo  Bernini, Gian Lorenzo ,  Balen, Hendrik I van  Berrettini, Pietro detto Pietro da Cortona Balestra, Antonio , , -,  , , ,  Banca, Scipione  Bertelli, Domenico  Barbarigo, Gianfrancesco  Bertelli, Luca  Barbieri, Andrea  Bertoni, Giovanni Battista  Barbieri, Franco  Bertozzi da Bastiglia, Bartolomeo  152 INDICE DEI NOMI

Bertusi, Giovanni Battista  Caccioli, Giuseppe Antonio  Besozzi, Giovani Ambrogio - Cadorin, Matteo (Bolzetta de Cadorinis, Mat- Bibiena, famiglia  teo) ,  Bilivert, Giovanni  Cadorinis, Giacomo, de  Bisaccioni, Masolino ,  Cairo, Francesco  Bloemaert, Cornelis  Calabi, Donatella  Bocchi, Achille  Calandrucci, Giacinto  Bocchini, Bartolomeo ,  Caldara, Polidoro v. Polidoro da Caravaggio Bockman, Gerhard  Calderón de la Barca, Pedro  Boetius, Adams  Caletti, Giuseppe -,  Boldrini, Niccolò  Caliari, Paolo v. Veronese, Paolo Bolswert, famiglia  Callot, Jacques , ,  Bolzetta, Matteo v. Cadorin, Matteo Cambiaso, Luca  Bombelli, Sebastiano  Camillis, C.  Bonacina, Giovanni Battista  Campen, Giacomo van  Bonaglia, Francesco  Campi, Antonio  Bonasone, Giulio  Canal, Antonio  Bonavera, Domenico Maria  Cantagallina, Remigio  Bonifacio Veronese (Pitati, Bonifacio de’) Cantarini, Simone , , , -, , , , , 84 ,  Bononi, Carlo  Canuti, Domenico Maria , -,  Bonsignori, Fabio  Caravaggio, Michelangelo (Merisi, Miche- Borbone, Cristina detta Cristina di Francia  langelo)  Borcht, Heindrik il Giovane van der  Cardoso, Isaac  Borcht, Heindrik il Vecchio van der  Cariola, Antonio  Borghese, Scipione  Carlevarijs, Giovanni Leonardo  Borromeo, Federico ,  Carlevarijs, Luca - Boschini, Marco , , , , -, , , Carlo I, re d’Inghilterra  ,  Carlo II d’Asburgo, re di Spagna  Bosio, Antonio , ,  Carlo II Stuart, re d’Inghilterra  Boulogne, Jean de (detto Giambologna)  Carlo VI d’Asburgo  Bragadin, Marcantonio  Carpioni, Giulio , -, , ,  Brébiette, Pierre ,  Carracci, Agostino , -, , , , , , Breda, Bartolomeo  , , ,  Brentel, Friederich  Carracci, Annibale , , -, , , ,  Brunacci, Gaudenzio  Carracci, Antonio  Brusoni, Girolamo  Carracci, Ludovico , , -, , , ,  Bryans  Carriera, Rosalba  Buonarroti, Michelangelo, v. Michelangelo Cartario, Mario  Burford, Thomas  Casolani, Alessandro  Busca, Antonio  Casserio, Giulio  Bussani, Giacomo Francesco  Castellini, Susanna  Castello, Bernardo  Cabei, Alessandro  Castiglione, Giovanni Benedetto -,  Caccioli, Giovanni Battista  Cattanei, Paolo  INDICE DEI NOMI 153

Celesti, Andrea ,  Deciano, Tiberio  Chantelou, Paul Fréart, de  De Grazia, Diane  Chimenti, Jacopo detto Jacopo da Empoli  Dei, Ambrosio  Ciartres, v. Langlois, François De Lazara, Giacomo  Cicogna, Pasquale  De Lazara, Giovanni  Cicognini, Giacinto Andrea  De Lazara, Nicolò  Cignani, Carlo  Della Bella, Stefano ,  Cittadella, Cesare ,  Della Torre, Giambattista  Cleff, Hans van  Della Vecchia, Pietro (Muttoni, Pietro, detto) Clemente IX papa 0 , , , , , , , -, , , , Clerck, Hendrik de  ,  Coberger, Venceslao  Della Volpe, Lelio  Cocchiara, Francesca , , , ,  Del Sera, Paolo ,  Cochin, Noël -,  De Rossi, Antonio  Codussi, Mauro  De Rossi, Girolamo  Coli, Giovanni  Desbois, Martial , , -,  Contarini, famiglia  Deti, Giovan Battista  Coornhert, Dirk  Diamantini, Giuseppe - Coriolano, Bartolomeo  Dick, Anton van , ,  Coronelli, Vincenzo Maria , , -, , Dickinson, William  , ,  Dijck, Karel van den , ,  Correggio (Allegri, Antonio, detto) , ,  Doino, Catarino , - Correr, Girolamo  Domenichino (Zampieri, Domenico detto) Cort, Cornelis , , , , ,  , , ,  Cotturnio, Giovanni  Domo, Catarino  Crasso, Lorenzo ,  Dorigny, Louis , , , - Crasso, Nicolò  Dorigny, Michel  Cremonini, Giovanni Battista  Dorigny, Nicolas  Crespi, Domenico Maria  Dossi, Dosso  Cristina di Francia, v. Borbone, Cristina Dudley, Robert  Cunego, Domenico  Dujardin, Karel ,  Curti, Stefano  Duns Scoto, Giovanni  Custodi, David  Dürer, Albrecht , ,  Custos, David v. Custodi, David Custos, Domenico , ,  Elsheimer, Adam  Custos, Raphael  Emiliani, Andrea  Empoli, Jacopo v. Chimenti, Jacopo Da Canal, Vincenzo  Endlich, Philip  Dalle Greche, Domenico  Enríquez de Acevedo, Pedro 18 Dal Pozzo, Agostino  Ercolani, Girolamo  Dal Sole, Antonio Maria  Este, Alfonso IV duca di Modena ,  Dal Sole, Giovan Gioseffo , - Este, Francesco  Danedi, Giuseppe  Fabri, Giovanni Battista  Da Ponte, Jacopo v. Bassano, Jacopo Faccini, Pietro - David, Ludovico Antonio -, , ,  Faldoni, Gianantonio  154 INDICE DEI NOMI

Farchetta, Girolamo  Goltzius, Jan  Farnese, Odoardo  Gonzaga, Carlo II , ,  Farnese, Ranuccio , ,  Gonzaga, Francesco  Fava, Alessandro  Gonzaga, Scipione  Ferdinando III d’Asburgo , ,  Gonzaga, Vincenzo  Ferdinando IV, re di Spagna  Gori Gandellini, Giovanni  Ferrari, Luca , ,  Goyen, Jan van  Ferretti, Giacomo  Grasso, Bartolomeo  Ferri, Ciro , ,  Gregorio XV papa (Ludovisi, Alessandro)  Fialetti, Odoardo , , , , - Greuter, Matteo  Filippo III, re di Spagna ,  Grillo, Angelo  Finazzi, Giovanni Battista  Grimani, Pietro  Fisches, Isaac  Gritti, Andrea  Floris, Frans  Gromi, Giovan Battista  Fontana, Prospero  Gualdo Priorato, Galeazzo , , ,  Forti, Raimondo Giovanni  Guasco, Carlo  Fragonard, Jean Honoré  Guercino (Barbieri, Giovanni Francesco Franck, Pauwels v. Paolo Fiammingo detto) , -, , , ,  Franco, Battista , ,  Guerigli, famiglia  Franco, Giacomo , - Frugoni, Francesco Fulvio  Haecken, Alexander van  Fumiani, Giovanni Antonio ,  Haffner, Enrico  Füssli, Johann Heinrich  Hannover, Giorgio Guglielmo, di  Fyt, Jan , - Heinz, Joseph il Giovane  Hertz, Giovanni G. , , , , ,  Galli Bibiena, Ferdinando  Hollanda, Francisco de  Gallinari, Giacomo ,  Houtorst, Gérard  Gatti, Oliviero  Howard, Thomas conte di Arundel,  Gaulli, Giovanni Battista detto Baciccio  Gennari, Bartolomeo il vecchio  Isselburg, Peter  Georg, Johann  Ivanoff, Nicola  Georgi, Giovanni , , , , -, , , , ,  Jacopo da Empoli v. Chimenti, Jacopo Gherardi, Filippo  Jenet, Johann ,  Ghisellini, Elena  Jode, Gerhard  Giambologna, v. Boulogne Jean, de Jode, Pieter I de - Gimignan, Ludovico  Jode, Pieter II de  Giordano, Antonio  Juster, Giuseppe  Giordano, Luca , - Giorgione , , , ,  Keere, Peter van der  Giovannelli, Carlo Vincenzo  Kilian, famiglia  Giuliani, Andrea , ,  Kilian, Bartolomäus  Godoy, Pedro, de  Kilian, Lukas ,  Goes, Martinus Robyn van der  Kilian, Philipp  Goltzius, Heindrick , -,  Kilian, Wolfgang ,  indice dei nomi 155

Krüger, Christopher  Mazza, Giuseppe Maria  Küsel, Melchior  Mazzola, Alessandro v. Parmigianino Mazzoni, Sebastiano ,  Lambranzi, Giovanni Battista  Medici, Francesco I  Lanfranco, Giovanni , ,  Medici, Giuliano  Langlois, François detto Ciartres  Medici, Leopoldo , ,  Langlois, Jean  Medici, Maria  Lanzi, Luigi ,  Menafoglio, Abbondio  Lazzarini, Gregorio  Mercati, Giovanni Battista  Le Brun, Charles  Merlen van, stampatore  Lefèvre, Valentin , -,  Merlo, Domenico  Leida, Luca di  Merlo, Federico  Liberi, Pietro , , , -, , , , ,  Merlo, Giovanni , - Liceti, Fortunio  Meyssens, Jan  Licinio, Giovanni Antonio v. Pordernone Michelangelo (Buonarroti, M.) ,  Ligari, Giovanni Pietro  Michiel, Pietro  Ligari, Pietro  Michieli, Andrea v. Vicentino, Andrea Ligozzi, Jacopo  Mierhop, Franz van  Lodge, Guglielmo  Milani, Aureliano  Lodoli, Bernardo  Miller, Dwight C.  Lomi, Aurelio  Miniati, Lorenzo  Longhena, Baldassarre  Mola, Giovanni Battista  Longhi, Francesco  Mola, Pier Francesco - Loredano, Giovan Francesco , , , , , Molinari, Antonio , ,  , ,  Monaco, Pietro  Lorrain, Claude  Moore, James  Lovisa, Domenico , ,  Morosini, Angelo  Luigi XIII, re di Francia ,  Morosini, Franceso  Luigi XIV di Borbone, re di Francia , ,  Moscini, Giannantonio  Lundorp, Michael Caspar  Motta, Raffaellino v. Raffaellino da Reggio Lupis, Antonio ,  Moyaert, Claes Corneliszoon  Mucci, Giovanni Francesco  Maffei, Francesco  Muraro, Michelangelo  Maganza, Giambattista il Vecchio  Muratori, Ludovico Antonio  Magrini, G. A.  Muttoni, Pietro v. Della Vecchia, Pietro Malaspina, Luigi  Malvasia, Carlo Cesare , , , ,  Nani, Battista  Mander, Karel van  Negretti, Antonio  Manin, famiglia  Negretti, Jacopo v. Palma il Giovane Maratta, Carlo ,  Negri, Pietro  Marchetti, Marcantonio  Nicolini, Francesco , ,  Marchetti, Pietro  Nitri, Maurizio  Mariette, Pierre-Jean  Marmora, Andrea  Onesti, Lorenzo  Martinoni, Giustiniano  Orbetto v. Turchi, Alessandro 156 indice dei nomi

Orlandi, Pellegrino ,  Pitteri, Marco  Orsolini, Carlo  Poletti, Andrea  Otteren, Leonhard Heinrich van  Polidoro da Caravaggio (Caldara, Polidoro Ottino, Pasquale  detto) ,  Ottoboni, Pietro  Pontius, Paul  Porcacchi, Tommaso  Paci & c., stampatori  Pordenone (Licinio, Giovanni Antonio det- Padovanino v. Varotari, Alessandro to) , ,  Paggi, Giovanni Battista  Porro, Girolamo - Palazzi, Giovanni , , -,  Porzio, Aniello ,  Palladio, Andrea  Potter, Paulus  Palma, Adriana  Poussin, Nicolas , , , -,  Palma il Giovane (Negretti, Jacopo detto) , Pozzo, Andrea  , , , , , , , -, , ,  Pozzoserrato, Ludovico (Toeput, Lodewijk) Pandolfi, Gian Giacomo  -,  Paolo Fiammingo (Franck, Pauwels detto)  Procaccini, Ercole  Paoluzzi, Antonio  Parigi, Alfonso  Raffaellino da Reggio (Motta, Raffaellino Parigi, Giulio ,  detto) ,  Parmigianino (Mazzola, Alessandro detto) Raffaello (Sanzio, Raffaello), , ,  ,  Raimondi, Marcantonio  Pasinelli, Lorenzo ,  Ramenghi, Giovanni Battista v. Bagnacaval- Pasqualini, Giovanni Battista  lo junior Passerotti, Bartolomeo ,  Rembrandt Harmenszoon van Rijn ,  Patin, Charles , ,  Remondini, stampatori  Paulino, Cristoforo , - Reni, Guido , , , , , , , ,  Pepoli, Roderico  Renier, Clorinda ,  Periccioli, Giuliano ,  Renier, Nicolas ,  Perret, Pedro  Renst, Joan  Petrucci, Pier Matteo  Ribera, Jusepe  Piazza, Andrea - Ricci, Marco , , - Piazza, Paolo , - Ricci, Sebastiano  Piazzetta, Giambattista  Richelieu, Armand-Jean Du Plessis, card. di  Piccini, Elisabetta  Ridolfi, Carlo , , , ,  Piccini, Giacomo , , , , , , , , Ridolfi, Claudio  -, , , , , , , ,  Rivarola, Alfonso  Piccini, Isabella , , , , , , -, Robusti, Jacopo v. Tintoretto  , , ,  Rochman, Andrzej  Piccini, Pietro , , , - Rodolfo II d’Asburgo  Picot, Victor Marie  Rolli, Antonio  Pietro da Cortona v. Berrettini, Pietro Rolli, Giuseppe  Pignoria, Lorenzo  Roos, Heinrich  Piovene, Lelio  Roos, Jan ,  Piovesana, Francesco  Rosa, Salvator  Pitati, Giulia de’  Rosselli, Matteo  indice dei nomi 157

Rossetti, Daniel Gabriel  Scaramuccia, Giovanni Antonio  Rossetti, Domenico , , ,  Scaramuccia, Luigi  Rossi, Gerolamo  Scarsellino (Scarsella, Ippolito, detto)  Rubens, Pieter Paul , , , -,  Schelte, Adams  Ruffoni, Giacomo , , , , , -,  Schiavone, Andrea  Rugendas, Georg Philip , - Schiratti, Nicolò  Rugendas, Georg Philip il Giovane  Schmutzer, Andreas  Rugendas, Jeremias Gottlob  Schoenfeld, Johann Baptist  Rugendas, Johann Christian  Schoenfeld, Johann Heinrich ,  Rugendas, Johann-Lorenz  Schönborn, Friedrich Karl  Ruschi, Francesco , , , , , , , Schönborn, Lothar Franz  -, , ,  Scolari, Giuseppe , - Ruschi, Giovanni ,  Scolari, Stefano  Scorza, Sinibaldo  Sacchi, Carlo - Scotti, Carlo , - Sadeler, Aegidius I , ,  Segneri, Paolo ,  Sadeler, Aegidius II , ,  Selvatico, Benedetto  Sadeler, famiglia  Sgava, Giambattista  Sadeler, Jan  Sichelbein, Johann  Sadeler, Jan I , ,  Silvestre, Gilles  Sadeler, Jan II ,  Silvestre, Israël ,  Sadeler, Justus ,  Silvestre, Israël Henriet,  Sadeler, Marco  Simon, John  Sadeler, Marcus Christoph , , ,  Sirani, Giovanni Andrea -, ,  Sadeler, Philipp ,  Snyders, Frans ,  Sadeler, Raphael I , , ,  Solimena, Francesco  Sadeler, Raphael II , ,  Soréau, Daniel  Sadeler, Tobias  Spiegel, Adrian van de  Saftleven, Cornelius  Spierre, François  Sagredo, famiglia  Stefanoni, Pietro - Sales, Francesco, di  Strada, Famiano  Salviati, Francesco  Suzzi, Francesco  Sandoval Enríquez, Félix  Sandrart, Jacob von  Tarachia, Angelo  Sandrart, Jan von  Tasso, Torquato  Sandrart, Joachim von , - Téllez Girón, Gaspar  Sandrart, Joachim il Giovane von  Temini, Alessandro -,  San Martino, Marco (Sammartino, Marco) Temini, Giovanni ,  - Tempesta, Antonio  Sansovino, Francesco  Tesauro, Emanuele , ,  Santapaulina, Luigi  Testa, Pietro ,  Sanzio, Raffaello v. Raffaello Tibaldi, Domenico  Sardagna, Ludovico  Tintoretto (Robusti, Jacopo) , , , , Sarzina, Giacomo  , , , , , , , , , , , , Savoia, Carlo Emanuele I  , ,  158 indice dei nomi

Tivani, Antonio  , , , , , , , , , , , , , Tiziano (Vecellio, Tiziano) , , , , , , ,  , , , , , , . , , , , , , Vertue, George  , , , , , , , , , , , Vicelli, Ettore  , ,  Vicentino, Andrea (Michieli, Andrea detto)  Toeput, Lodewijk v. Pozzoserrato, Ludovico Vico, Enea ,  Tommasini, Giacomo Filippo  Vidali, Giovanni Battista  Torelli, Giacomo  Vignola v. Barozzi Giacomo Torri, Flaminio ,  Visconti, Filippo  Trevisan, Luca ,  Visentini, Antonio  Triva, Antonio Domenico , - Volpato, Giovanni  Triva, Flaminia  Vorsterman, Lucas  Triva, Francesco  Vos, Marten de  Tron, famiglia  Vos, Peter de  Turchi, Alessandro detto l’Orbetto  Vouet, Simon ,  Vuanbele, Isabella  Uberti, Lucantonio degli  Vuanbele, Zuanne  Urbano VIII papa (Barberini, Vincenzo)  Wagner, Joseph  Valesio, Francesco , , , , , , , Weenix, Jan Baptist  - Westerhout, Arnold van , - Valesio, Giovanni Giacomo  Widmann, famiglia  Valesio, Nicolò  Wils, Jan  Valvasense, Francesco , , ,  Wittel, Gaspar van  Vangelisti, Vincenzo  Wittkover, Margot ,  Vanni, Francesco  Wittkover, Rudolf ,  Vanni, Giovanni Battista - Varotari, Alessandro detto Padovanino , Zampieri, Domenico v. Domenichino , , , ,  Zanchi, Antonio , , , , - Varotari, Chiara  Zanetti, Antonio Maria ,  Varotari, Dario il Giovane , , , - Zani, Paolo  Vasari, Giorgio , , ,  Zara, Antonio  Vecellio, Cesare , - Zavatta, Giulio ,  Vecellio, Ettore  Zenobio, famiglia  Vecellio, Tiziano v. Tiziano Zucchi, Andrea - Velasquez, Diego  Zucchi, Carlo  Verhagt, Peeter ,  Zucchi, Francesco  Veronese, Paolo , , , , , , , , Zucchi, Lorenzo 

Composto in carattere Dante Monotype dalla Tipografia La Grafica, Vago di Lavagno, Verona

FINITO DI STAMPARE NEL MESE DI NOVEMBRE DELL’ANNO 2013 presso la Tipolitografia La Grafica Vago di Lavagno (Verona)

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