AFAT UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI TRIESTE

Dipartimento di Studi Umanistici

AFAT Direttore Giuseppe Pavanello

Comitato scientifico Massimo Bisson • Barbara Boccazzi Mazza • Enrica Cozzi • Alberto Craievich • Daniele D’Anza • Roberto De Feo • Massimo De Grassi • Simone Ferrari • Lorenzo Finocchi Ghersi • Matteo Gardonio • Ludovico Geymonat • Milijenko Jurkovic´ • Matej Klemencˇicˇ • Maurizio Lorber • Enrico Lucchese • Alessio Pasian • Jan-Christoph Rössler • Ferdinand Sˇerbelj • Valerio Terraroli • Andrea Tomezzoli • Denis Ton • Giovanni Carlo Federico Villa • Maria Walcher • Nicoletta Zanni

I testi sono sottoposti all’esame del Comitato Scientifico e del Comitato dei Revisori Anonimi

Distribuzione libraria Scripta edizioni [email protected]

ISSN 1827-269X AFAT

Rivista di Storia dell’arte fondata nel 1975

31(2012)

scripta edizioni con il contributo di Presentazione

Con l’abituale puntualità, pubblichiamo il to riconoscimento agli sforzi e agli apporti nuovo numero di AFAT 31, relativo al 2012, scientifici che in esse si riversano, tanto più rinnovato nella veste editoriale e nel comita- quando si è in presenza di Atenei di media to scientifico, anche con il proposito, come già dimensione. Il nostro più vivo ringraziamen- detto in passato, di ampliare ulteriormente il to alla Fondazione CRTrieste per il generoso raggio dei contributi. La rivista infatti, pur contributo che ha permesso la pubblicazione privilegiando tematiche legate all’ambito della rivista. territoriale consueto, vuole sempre più aprirsi Crediamo di aver fatto, ancora una volta, a interventi di studiosi che vogliono collabo- un lavoro degno di attenzione e, sfogliando rare, a vario titolo, con l’Ateneo triestino. il volume, ci si potrà rendere conto del buon Nel 2013 AFAT è stata inclusa dalla Con- livello dei testi qui editi, dal tardogotico al sulta Nazionale per la Storia dell’Arte nell’e- Novecento. L’ampiezza della prospettiva cri- lenco delle riviste scientifiche: una valutazio- tica è attestata in questo numero anche dai ne che ci onora e che, auspichiamo, possa in tre interventi su Napoleone Martinuzzi, cru- futuro migliorare con l’inserimento in Clas- ciali tutti per la messa a fuoco di una perso- se A, tanto più che, per quanto ci riguarda, nalità artistica poliedrica, come comprova rispettiamo appieno i criteri ministeriali, la mostra in corso a Venezia nell’isola di San precisati dalla stessa CUNSTA: registrazione Giorgio Maggiore. ISSN, presenza di un qualificato comitato Non occorre insistere su uno o l’altro dei scientifico, utilizzo di un sistema di referag- contributi: basterà scorrere il sommario per gio, rispetto della periodicità, puntualità e rendersi conto che il ventaglio degli apporti, qualità della pubblicazione, presenza nelle diversificati per temi e per approcci, induce biblioteche e nelle banche dati di settore. Ri- senz’altro a stimolare quella curiosità in- teniamo, per parte nostra, che sia necessaria dispensabile per proseguire, autori e lettori, una riconsiderazione generale delle riviste sempre verso mete nuove e, possibilmente, universitarie, togliendole dalla ‘nicchia’ in impreviste. cui sono talvolta relegate, dando il dovu- G.P.

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Sommario

Presentazione...... 5

Contributi Il gotico internazionale a Venezia. Un’introduzione alla cultura figurativa nell’Italia nord-orientale, Enrica Cozzi...... 11 Precisazioni sulla decorazione dell’organo cinquecentesco di Santa Maria del Giglio a Venezia: una proposta di ricostruzione, Massimo Bisson...... 31 Dipinti scomparsi. La leggenda di Attila nella pittura a Treviso fra Cinque e Settecento, Elena Necchi...... 41

Un inventario della collezione Priuli Stazio, Alessandra Zabbeo...... 59 Per Ambrogio Bon: un documento inedito e un nuovo dipinto, Alessio Pasian...... 69

Federico Bencovich: la fortuna critica, un itinerario, Gabriele Crosilla...... 75 Due dipinti di Antonio Pellegrini in Carinzia e una pala di Mattia Bortoloni in villa Valmarana ai Nani, Enrico Lucchese...... 95 Giuseppe De Gobbis frescante nella Scuola degli Orefici e Gioiellieri, Francesca Stopper...... 107 Disegni per i mobili dell’appartamento neoclassico di palazzo Papafava, Giuseppe Pavanello...... 117 Giuseppe Tominz: inediti, recuperi, rimandi e nuove attribuzioni, Alessandro Quinzi...... 127

7 Domenico Fabris, Angelo Cameroni e Luigi Tommasi nel teatro L’Armonia di Trieste, Massimo De Grassi...... 139 Tra calchi, bozzetti e opere finite. Leonardo Bistolfi in villa Contarini-Camerini, Daniele D’Anza...... 159

Vignola in America, Maria Walcher...... 175 Maillol e l’Italia: diffusione dell’opera e fortuna critica dal Salon d’Automne al 1930, Fabiana Salvador...... 181 Napoleone Martinuzzi, scultore veneziano, e Gabriele d’Annunzio: il carteggio inedito, Valerio Terraroli...... 195 Momenti cruciali tra Venini e la Biennale: lettere inedite di Napoleone Martinuzzi, Matteo Gardonio...... 215 Napoleone Martinuzzi per la chiesa di Santa Maria di Lourdes a Mestre, Alvise Pace...... 223 Afro Basaldella per l’E 42 a Roma: storia di un’occasione mancata, Vania Gransinigh...... 229 Filologia versus filosofia. L’opera di Andy Warhol interpretata da Argan, Baudrillard e Thomas Crow, Maurizio Lorber...... 241 indagini sul collezionismo triestino

Francesco Pezzicar e L’abolizione della schiavitù, Massimo De Grassi...... 261 studi e ricerce d’arte veneta in istria e dalmazia Costantino Cedini a Dobrota nelle Bocche di Cattaro, Radoslav Tomic´...... 299 Alcune vedute delle Antichità di Pola di Anton August Tischbein, Laura Paris...... 303

8 AFAT 31 i - Seguace di Jacobello, San Giovanni evangelista e sue storie, particolare. Castelmuschio (isola di Veglia), parrocchiale ii - Seguace di Jacobello, San Giovanni evangelista e sue storie, particolare. Castelmuschio (isola di Veglia), parrocchiale iii - Ambrogio Bon, La Vergine con il Bambino incorona san Filippo Neri, particolare. Venezia, chiesa di San Giuseppe di Castello iv - Federico Bencovich, Cristo deposto adorato da santi, particolare. Borgo San Giacomo, chiesa del Castello v - Federico Bencovich, Cristo deposto adorato da santi, particolare. Borgo San Giacomo, chiesa del Castello vi - Antonio Pellegrini, Sofonisba. Sankt Paul im Lavanttal, abbazia vii - Antonio Pellegrini, Testa di vecchio (Servo di Masinissa). Sankt Paul im Lavanttal, abbazia viii - Leonardo Bistolfi, Il Cristo delle acque, particolare. Piazzola sul Brenta, villa Contarini-Camerini ix - Leonardo Bistolfi, Erma di Andrea Mantegna, particolare. Piazzola sul Brenta, villa Contarini-Camerini x - Anton August Tischbein, Vedute di Pola, incisione. Trieste, Sistema Museale d’Ateneo dell’Università degli Studi di Trieste xi - Anton August Tischbein, La Porta Aurea, particolare. Trieste, Sistema Museale d’Ateneo dell’Università degli Studi di Trieste xii - Afro, Bozzetto preparatorio per il mosaico de Le attività umane e sociali per il Palazzo dei Congressi all’EUR, particolari. Collezione privata contributi

Il gotico internazionale a Venezia. Un’introduzione alla cultura figurativa nell’Italia nord-orientale

Enrica Cozzi

Gli anni attorno al 1410 sono cruciali per molti tuttora sussistono, nell’area italia- Venezia e il Veneto: dopo una splendida na nord-orientale; di alcuni parleremo alla stagione trecentesca, si assisterà infatti ad fine di questo breve excursus (Trento, Bolza- una svolta tardogotica (o ‘internazionale’, no, San Vito al Tagliamento). come si conviene dire). Gentile da Fabria- Ma ripartiamo dal polittico di Valle Ro- no è stato incaricato della decorazione della mita (fig. 1, ora a Brera, lì approdato in due sala del Maggior Consiglio in Palazzo Duca- riprese, tra Otto e Novecento), commissio- le a Venezia (impresa che vedrà la collabo- nato a Gentile da Chiavello de Chiavelli “no- razione del giovane Pisanello), affreschi bilis miles Fabrianensis”, per l’eremo in Val – come noto – andati perduti; anche Miche- di Sasso, presso Fabriano. Firmato (“gen- lino da Besozzo è presente nella città lagu- tilis de fabriano pinxit”), venne eseguito a nare nel 1410, e poco dopo eseguirà le due Venezia (e di lì spedito in patria) negli anni lunette delle tombe Thiene in Santa Coro- 1410-1412 circa, come in modo del tutto na a ; nel frattempo il pittore vene- convincente proposto da Christiansen nel- ziano Jacobello del Fiore è pienamente at- la sua fondamentale monografia del 1982, tivo, a Venezia e altrove. Da tale innovativo basandosi su evidenze storiche e ‘congiun- clima culturale si svilupperanno esiti di alta zioni’ stilistiche. Lo studioso vi vede infatti qualità nei primissimi decenni del Quattro- un contatto con lo stile di Michelino da Be- cento anche nell’entroterra, sia veneto che sozzo, nell’uso di curve involute come base friulano (in particolare a Treviso e a Por- della costruzione delle figure e nella subor- denone, con il “Maestro della cappella Ric- dinazione del colore a uno schema compo- chieri”, vale a dire uno stretto collaborato- sitivo di forme per così dire ‘sintonizzate’ re di Gentile). tra di loro. Questo contatto probabilmente ‘Gotico internazionale’ o ‘Gotico cor- è avvenuto a Venezia, dove Michelino è do- tese’, ovvero espressione delle ‘corti’, di cumentato nel 1410 e dove Gentile lavorava una committenza ‘alta’, insomma dell’élite dal tardo 1408. dell’epoca, che ama impreziosire castelli e Se questa congiuntura – che approfon- dimore private specie con cicli pittorici di diremo meglio tra poco – provocò uno scar- soggetto allegorico ed epico-cavalleresco: to deciso in senso tardogotico (di ‘gotico

Il gotico internazionale a Venezia 11 1 - Gentile da Fabriano, Polittico di Valle Romita. Milano, Pinacoteca di Brera internazionale’, o ‘gotico cortese’, per l’ap- XIV secolo; passano attraverso le lezioni dei punto), va detto che tutto il secolo prece- due massimi ‘bolognesi’ del Trecento, atti- dente (il Trecento) aveva prodotto nell’am- vi a partire dal 1348-1349 a Udine (Vitale da bito delle Venezie (e cioè Veneto, Friuli Bologna) e Treviso (Tommaso da Modena); Venezia Giulia e Trentino Alto Adige) ca- mentre Venezia si ‘specializza’ nella tecni- polavori assoluti, che partono dall’attività ca della tempera su tavola (a partire da Paolo di Giotto a Padova nel primo decennio del Veneziano e bottega); ma ancora assistiamo

12 AFAT 31 a scambi tra Padova e Venezia (Guariento subito dopo) inventano per così dire il ‘go- viene chiamato a Venezia; Semitecolo lavo- tico internazionale’, qui già ‘in nuce’ attor- ra per Padova); infine un grande veronese no alla metà del Trecento. come Altichiero lascia opere fondamenta- L’altro massimo protagonista della pit- li a Padova, così come il fiorentino Giusto tura bolognese del Trecento, Tommaso da de’Menabuoi. Certo non parleremo di Tre- Modena, lavora più a lungo a Treviso, dove cento. Tuttavia ho scelto a mo’ d’esempio al- lascia i suoi capolavori, che tutti conoscia- cune opere (o anche alcuni particolari) che mo: il ciclo con Storie di sant’Orsola (cap- attestano il sostrato culturale presente in pella laterale destra della chiesa eremitana loco quando Gentile arriva a Venezia. agostiniana di Santa Margherita; ciclo stac- In Friuli, in un lasso temporale da tene- cato e ora nella nuova sede museale trevi- re forse tra il 1347 e il 1350, Vitale da Bolo- giana in Santa Caterina, fatto oggetto di un gna lavora ad affresco nel duomo di Udine, ottimo restauro da poco terminato): ve- precisamente nella cappella absidale cen- diamo le due scene iniziali, con L’invio de- trale (si veda il riquadro con la Flagellazio- gli ambasciatori (fig. 3) e l’Arrivo degli amba- ne, fig. 2, scoperta negli anni ’60 del seco- sciatori inglesi presso il re di Bretagna. Il ciclo, lo scorso) e nella più nota cappella laterale eseguito negli anni 1355-1357 circa, esalta la sinistra di San Niccolò, o dei Fabbri. Cre- componente narrativa, ed in essa spicca l’e- do che anche la Crocefissione Thyssen (ora a loquio cordiale, l’affabilità dei personaggi. Madrid) sia stata eseguita da Vitale in Friu- Nel capolavoro di poco precedente (1352), li, per la ‘replica’ puntuale che se ne fa, al- Tommaso per i Domenicani aveva dipinto cuni anni dopo, nella cappella centrale del la sala capitolare con l’indimenticabile se- duomo di Spilimbergo (metà del sesto de- rie dei Quaranta Domenicani illustri (tenia- cennio). mo presente che il tema degli Uomini famosi Il committente di Vitale a Udine fu il pa- percorre tutto il secolo, anche in campo let- triarca caorsino Bertrando di Saint-Geniès; terario). Qui vediamo anche Papa Benedet- strettamente legato alla corte papale di Avi- to XI (Niccolò Boccasino) eccezionalmente gnone, a mio modo di vedere fu il trami- dipinto da Tommaso due volte (anche come te per l’esecuzione da parte di Matteo Gio- cardinale) in quanto orgogliosamente esi- vanetti di un trittico, le cui ali laterali sono bito dal suo Ordine (era nato a Treviso e da conservate da inizio ’800 al Museo Correr di qui era partito): il primo papa ‘veneto’, sep- Venezia (la tavola centrale è forse in colle- pure per pochi mesi, tra il 1303 e il 1304. zione privata francese): raffigurano il pri- La seconda immagine raffigura Santa mo vescovo di Aquileia, Sant’Ermagora, con Caterina con il modellino della città di Tre- un committente, e il suo diacono Fortunato viso, affresco attribuito a Giovanni da Bolo- (titolari del Patriarcato lungo i secoli). Da- gna, ad una data da tenere entro il 1381 (l’ar- tabili entro il 1350, caratterizzate dal largo tista, che lavora a lungo a Venezia, risulta effondersi degli ori, nascono nell’ambien- documentato a Treviso dal 1377 al 1382). Lo te ricco e stimolante della corte papale avi- segnalo perché è un esempio – tra tanti – del gnonese, dove geniali pittori italiani (Si- crocevia figurativo rappresentato da Trevi- mone Martini prima, Matteo Giovannetti so, dove gli studi di Gargan hanno attestato

Il gotico internazionale a Venezia 13 2 - Vitale da Bologna, Flagellazione. Udine, Museo del Duomo 3 - Tommaso da Modena, Storie di sant’Orsola, particolare. Treviso, Museo di Santa Caterina

4, 5 - Paolo Veneziano, Storie di san Nicola, particolari. Firenze, Galleria degli Uffizi

14 AFAT 31 tra gotico e tardogotico varie decine di pit- tori. Una situazione, come ben si sa, comu- ne alle principali città venete dell’epoca (e dove spesso, accanto a opere ‘senza nome’, troviamo documentati pittori ‘senza opere’). La moglie di Carlo IV di Boemia pas- sa per Treviso il 22 gennaio 1355, nel viag- gio che la porterà a Roma per la solenne incoronazione del marito. È accompagna- ta dalla corte femminile di Praga e dalla sua scorta (“vigintibus nobilibus domina- bus et sex centum equitibus”, come attesta il notaio Ottone da Castagnole). È possi- bile che Anna, ammirate le opere di Tom- 6 - Paolo Veneziano e bottega, Polittico maso da Modena in Treviso, gli abbia com- di Santa Lucia. Veglia, Museo Diocesano missionato dittico e trittico, destinati alla cappella del castello di Karlstein. Ma pos- per la cappella di San Nicola in Palazzo Du- siamo altresì supporre che una traccia dello cale a Venezia, per cui maestro Paolo, pit- sfarzo della corte boema abbia potuto trova- tore residente in città nella contrada di San re un’eco in affreschi contemporanei, come Luca, era stato pagato 20 ducati d’oro il 20 appunto il celeberrimo ciclo delle Storie di gennaio 1346 (more veneto, ovvero 1347). sant’Orsola. Mi piace invece mostrare un’opera meno Non volevo trascurare il riferimento nota: il Polittico di Santa Lucia (fig. 6) ora a Praga, poiché la corte boema – al pari di conservato al Museo Diocesano di Veglia quella papale in Avignone – a metà Trecen- (Krk, isola della Dalmazia settentrionale). to costituisce l’altro importante polo di ir- L’opera è conosciuta – ovviamente – ma in radiazione del futuro gotico internazionale Italia sempre pubblicata in bianco e nero. o di corte, per l’appunto, in ambito europeo. Ho avuto modo di vederla in un sopralluo- Non parlerò certo ai Veneziani di Vene- go effettuato all’inizio di settembre: si rive- zia, che nel corso del XIV secolo ha un de- la senza dubbio di alta qualità, sicuramente corso figurativo peculiare, che si può se- “veneziana” (Paolo e la sua stretta cerchia), guire grazie alle figure di molte personalità ad una data verso il 1330 circa. Dipinta per artistiche (Paolo e Lorenzo Veneziano, Ste- una chiesa benedettina (a Jurandvor, pres- fano pievano di Sant’Agnese, Donato, Cata- so Baska), è interessante (al di là dei pro- rino, per non fare che alcuni nomi). blemi ancora aperti di attribuzione e data- Nel secondo quarto del secolo è innan- zione), dal punto di vista iconografico, per zitutto Paolo a catalizzare l’attenzione: pro- la presenza delle otto Storiette di Santa Lucia pongo le due tavole (già Contini Bonacossi, (si rammenti che nel 1280 era avvenuta la ora agli Uffizi) con Storie di san Nicola (Na- traslazione del corpo della santa siracusa- scita ed Elemosina del santo alle figlie del giu- na in un edificio di culto che venne demoli- dice povero, figg. 4-5), forse resti dell’ancona to nel 1860 per far posto alla stazione ferro-

Il gotico internazionale a Venezia 15 7 - Gentile da Fabriano, Polittico di Valle Romita, particolari (San Domenico, Santa Maria Maddalena). Milano, Pinacoteca di Brera 8 - Gentile da Fabriano, Madonna con Bambino in trono e santa Margherita. Treviso, Museo di Santa Caterina viaria: Venezia-Santa Lucia, per l’appunto). richiamino alla mente due opere notissime, È molto probabile che l’opera sia stata in- quali la decorazione della reggia carrare- viata da Venezia via mare. se (affreschi in loco e tempere su tavola con Se le opere (qualora trasportabili: come Gerarchie angeliche presso i Civici Musei pa- le tempere su tavola per l’appunto, ma an- tavini) e dell’oratorio di San Giorgio sul sa- che le sculture) spesso viaggiano, altret- grato della basilica del Santo a Padova. tanto frequentemente sono gli artisti a Tra l’ultimo decennio del XIV e il primo muoversi: obbligatoriamente i frescanti (i del XV secolo, lavorano in Venezia pittori di pittori su muro, che si devono recare sul alto livello, quali Niccolò di Pietro (ricordo posto). Viaggi tra Padova e Venezia (o vice- ad esempio la tavola dell’Accademia con la versa) avvengono con Guariento e Semite- Madonna con Bambino in trono e il commit- colo. Tra e Padova con Altichiero: si tente Vulciano Belgarzone, firmata e datata

16 AFAT 31 1394) e Zanino di Pietro alias Giovanni di vativo. Fra il 1400 e il 1405 si provvide al ri- Pietro Charlier di Francia (i cui due catalo- facimento e alla decorazione, affidata a Pier ghi sono stati recentemente unificati dalla Paolo delle Masegne, del finestrone e del critica): se il primo ancora risente di pre- poggiolo nella parte meridionale della sala. cedenti quali Tommaso da Modena (nell’in- Constatando inoltre lo stato di rovina del- carnato dei volti) o di Giovanni da Bologna; le decorazioni pittoriche, nel 1409 si decise il secondo è già debitore di schemi compo- di farle “reaptari”. Nel 1415, quando la par- sitivi derivati da opere veneziane di Genti- te pittorica era pressoché finita, si volle co- le: ad esempio, nel dettaglio dell’iconostasi struire uno scalone di accesso alla sala, che di Torcello (Madonna con Bambino e san Pie- molti volevano visitare per la sua bellezza. tro), la postura in diagonale del Bambino, Nel 1419 il Consiglio iniziò, seppure spora- rispetto alla frontalità della Vergine, dipen- dicamente, a riunirsi (l’inaugurazione so- de da opere di Gentile quali la tavola ora al lenne ebbe luogo nel 1423). Pesantemente Metropolitan Museum di New York o l’altra, rovinati già nella seconda metà del secolo, da non molto entrata nella Pinacoteca Na- iniziarono ad essere sostituiti da tele; infine zionale di Ferrara (eseguita in Venezia dal tutto andò distrutto nell’incendio del 1577. maestro marchigiano, tra primo e secondo Bartolomeo Facio, nelle sue biografie di decennio del Quattrocento). Gentile e Pisanello (1456) descrisse il con- Siamo dunque tornati agli anni attorno tributo di entrambi all’esecuzione del ci- al 1410, che segnano una tappa decisiva per clo, che celebrava il ruolo coperto da Ve- la svolta tardogotica o ‘gotico internaziona- nezia nel 1177, quando, nella persona del le’ a Venezia (e di qui per l’intero entroterra doge Sebastiano Ziani, si era fatta media- dell’Italia nord-orientale). Oltre al Politti- trice della pace fra il papa Alessandro III e co di Valle Romita (continuiamo a vedere due il Barbarossa. Pisanello in particolare (se- particolari con San Domenico e Santa Ma- condo Facio) aveva dipinto la scena in cui ria Maddalena, fig. 7, dove la morbida con- Ottone, figlio di Federico Barbarossa, scon- sistenza delle stoffe è esaltata dal prezio- fitto nella battaglia di Salvòre e liberato dai so ‘puntinismo’ della tecnica), ovviamente veneziani, supplica il padre per convincerlo Gentile lavora in una delle più prestigiose a trattare la pace. Nel noto disegno ora alla imprese del momento, vale a dire gli affre- British Library (è il verso, che porta sul rec- schi in Palazzo Ducale a Venezia. to una battaglia di cavalieri e fanti) la criti- I lavori nella sala del Maggior Consiglio ca ha riconosciuto tale scena. Se l’iconogra- erano già iniziati nel 1365, quando Guarien- fia è abbastanza tranquilla, tuttavia in una to esegue la grande Incoronazione delle Ver- querelle che dura da un secolo si sta anco- gine, avviando anche sulle pareti laterali le ra dibattendo su attribuzione e cronologia: Storie di papa Alessandro III, in seguito por- Dominique Cordellier, nel recente catalo- tate avanti da altri pittori di ancora incerta go della splendida mostra parigina su Pisa- identificazione, tant’è che nel 1382 tali pit- nello, propende per una data verso il 1400 ture (realizzate “a verde di chiaro e di scu- circa e per una mano veneziana (con riferi- ro”, secondo la testimonianza di Sansovino, mento dunque alla fase precedente il bino- nel 1581) richiedono un intervento conser- mio Gentile-Pisanello).

Il gotico internazionale a Venezia 17 tura comunque costante da parte della cri- tica di una dominante influenza di Gentile). Michelino da Besozzo, attestato a Milano fino al 1404-1405 e dal 1418, soggiorna a Ve- nezia nel 1410, poiché in quell’anno l’Alche- rio (agente del duca di Berry), compilatore di formule tecniche, ne ottiene una sul blu ol- tremarino. Ancora, nel 1414 Michelino mi- nia un foglio delle Epistole di san Girolamo per la famiglia veneziana dei Cornaro (ora alla Pierpont Morgan Library di New York). Cade nel 1415 circa l’esecuzione delle due lunette per le tombe di Giovanni e Marco Thiene in Santa Corona a Vicenza, recentemente resti- tuitegli dalla critica – senz’ombra di dubbio, direi – e dove i caratteri stilistici lombardi sono di eclatante evidenza. Non proverò ad aprire parentesi su Ste- fano da Verona, cui spetta la Madonna del 9 - Collaboratore di Gentile da Fabriano, roseto in Castelvecchio a Verona, dove una Tentazione di sant’Eligio. Madonna dell’umiltà (il nuovo tema ico- Treviso, chiesa di Santa Caterina nografico ideato da Simone Martini ver- so il 1340 presso la corte papale di Avigno- La critica più avvertita ha inoltre propo- ne) viene posta in un hortus conclusus, dalla sto di veder coinvolti nell’impresa anche al- miniaturistica calligrafia. Documenti d’ar- tri artisti, avanzando i nomi del veneziano chivio pubblicati in questi ultimi decen- Jacobello del Fiore e di Michelino da Besoz- ni lo dicono figlio di Jean d’Arbois (pitto- zo, il più famoso artista lombardo dell’epoca re borgognone attivo anche per i Visconti e uno dei grandi esponenti del tardogotico. nell’ultimo quarto del Trecento); si sposta Questa grave lacuna veneziana ha fat- tra Mantova, Padova, Treviso, il Trentino e to piombare gli storici dell’arte – per così ovviamente Verona; gli si attribuisce un ec- dire – nel ‘panico’. La mancanza di appigli cezionale corpus grafico (sparso tra Parigi, sicuri su cui ancorarsi, ha infatti prodotto Londra, Dresda, Milano, Firenze). – per converso – le ipotesi più diverse, nel Vorrei invece riportare il discorso su tentativo di colmare le grosse falle che in- Treviso, anche perché personalmente credo contriamo: ne ha fatto le spese soprattutto (assecondando quanto scritto in preceden- l’attività giovanile di Pisanello, al quale tra za da studiosi quali Luigi Menegazzi, Pie- l’altro sono state attribuite le quattro tavo- tro Zampetti ed Eugenio Manzato, per mol- lette con Storie di san Benedetto (divise tra ti anni direttore dei Civici Musei trevigiani) Uffizi e Poldi Pezzoli), databili verso la fine che un affresco vada attribuito a Gentile da del secondo decennio (con una sottolinea- Fabriano in prima persona. Molto rovinato,

18 AFAT 31 10 - Collaboratore di Gentile da Fabriano, Storia di san Cristoforo, particolare. Treviso, chiesa di Santa Caterina raffigura la Madonna con Bambino in trono e di Gentile a Treviso, certo diventerebbe an- santa Margherita (fig. 8), staccato dalla chie- cora più agevole spiegare un nucleo stilisti- sa di Santa Margherita in Treviso. I richiami camente piuttosto compatto di affreschi, molto stretti a Gentile vanno dalla tipolo- tutti databili verosimilmente al secondo gia del modulo compositivo del gruppo Ma- decennio del ’400, presenti nella capita- donna – Bambino (un calco diretto è il pic- le della Marca. Mi riferisco alla decorazio- colo Gesù benedicente di Treviso con quello ne della nicchia esterna del Battistero del della tavola del Metropolitan Museum di Duomo, con San Giovannino, san Giacomo New York, considerata unanimemente ope- e san Cristoforo (quest’ultimo andato quasi ra giovanile di Gentile, con una plausibile completamente perduto) e Angeli reggicero datazione al 1410); ma ancora dettagli, quali nell’intradosso. l’interno della cattedrale con i trafori lapi- Ma anche ad affreschi presenti sui muri dei delle bifore in pietra grigia (d’un gotico laterali della chiesa di Santa Caterina, in contemporaneo e raffinatissimo); l’identi- particolare la Tentazione di sant’Eligio (fig. tà inoltre si fa palmare se confrontiamo i ri- 9) e l’adiacente Pergolato, nonché frammen- caschi dei panneggi, ed inoltre soprattutto i tarie Storie di san Cristoforo sulla parete di volti femminili (qui e là). fronte. La prima scena è condotta con piglio Se se fosse disposti ad ammettere una rapido e sicuro, da mano raffinatissima. La presenza, anche molto limitata nel tempo, magistrale originalità con la quale viene

Il gotico internazionale a Venezia 19 11 - Collaboratore di Gentile da Fabriano, Affreschi. Pordenone, Duomo, cappella Ricchieri reso l’episodio del santo sorpreso nella sua quinte e fondali resi con uno straordinario mascalcia dal diavolo si coglie nell’audacia rosso laterizio, il tutto esaltato da un gioco dei movimenti (compreso il cavallo cui è chiaroscurale intenzionalmente accentua- stata amputata la zampa, che si contorce per to, che ha il valore di esperimento lumini- il dolore con la testa arditamente rovesciata stico nuovissimo, del tutto inedito fino ad indietro); ma ancora nella puntigliosa de- ora in area veneta. scrizione degli arnesi del mestiere sparsi La seconda scenda che intendo com- sul pavimento; o nello scenario architetto- mentare è uno dei tre episodi con Storie di nico dai giochi spaziali tra i più eleganti ed san Cristoforo: San Cristoforo si accinge a tra- essenziali che il tardogotico conosca, con ghettare Gesù (fig. 10). Giganteggia la figura

20 AFAT 31 12, 13 - Jacobello del Fiore, Storie di santa Lucia, particolari. Fermo, Pinacoteca Civica del santo curvo che impugna un ramo sec- A voler giudicare attenendoci stretta- co e che, dietro il richiamo del piccolo Gesù mente alle opere pervenute sino a noi, è in- rimpiattato in un cespuglio, scruta al di là dubitabile (a mio modo di vedere) che le del fiume; straordinario è poi il paesag- analogie più strette vadano colte soprattutto gio con un castello sullo sfondo, altre rupi con il polittico di Valle Romita, eseguito da a picco tra le quali si fa strada un torrente, Gentile durante il suo soggiorno veneziano indagato minuziosamente nei ciottoli del (documentato dal 1408 – e cioè prima della suo greto e illuminato dalla sfera infuoca- sua attività bresciana per Pandolfo Malate- ta del sole. sta – e comunque con la sua produzione as- Come noto, una parte della critica si è segnabile ai primi due decenni del secolo). espressa a favore di una paternità pisanel- Tutto lascia supporre, in altre parole, che a liana: ipotesi estremamente suggestiva ma Treviso ci troviamo di fronte al riflesso più non ancorabile ad opere certe della giovi- immediato degli affreschi di Gentile in Pa- nezza di Pisanello, la cui prima tappa sicura lazzo Ducale a Venezia, ad opera di un suo rimane a tutt’oggi l’Annunciazione Brenzoni diretto collaboratore, se non del maestro in in San Fermo a Verona, del 1426 circa (come prima persona (nel caso dell’affresco pro- vedremo tra poco). veniente da Santa Margherita).

Il gotico internazionale a Venezia 21 14 - Jacobello del Fiore, Trittico della Giustizia. Venezia, Gallerie dell’Accademia

Tutto ciò rende più agevole anche il di- nonesi, che evidenziano precise assonanze: scorso sulla cultura figurativa attestata a la Maddalena (un calco per così dire del Bat- Pordenone dove, a partire dalla seconda tista, nel polittico di Valle Romita); e il San metà circa del secondo decennio del Quat- Giovannino, in tutto analogo a quello della trocento, su un sostrato locale che vede l’e- lunetta nel Battistero di Treviso, opera del- voluzione estrema del fenomeno ‘vital-to- la stessa mano. masesco’, fanno irruzione da Venezia le In Venezia, nella decorazione di Palaz- novità del gotico internazionale, quivi vei- zo Ducale, accanto a Gentile lavorano Pisa- colate direttamente da un collaboratore di nello e probabilmente Michelino da Besoz- Gentile da Fabriano, attivo all’interno del zo, se c’è un pittore locale (veneziano) del duomo cittadino, nella cappella dei San- quale è più attendibile presumere la colla- ti Pietro e Paolo, giuspatronato ab antiquo borazione, questi è Jacobello del Fiore. Era della famiglia Ricchieri (fig. 11). Il piano attivo a Venezia fin dal 1400, ma i suoi pri- dell’opera prevede una sapiente orchestra- mi lavori documentati furono dapprima de- zione nella distribuzione spaziale di scene stinati ad aree del litorale adriatico (segna- e figure, magistralmente campite tra vele, tamente Pesaro). Ricordiamo in particolare pennacchi e lunette, e dove tutta una serie il trittico della Madonna della Misericordia, di motivi facilmente evidenziabili riman- per Montegranaro (presso Pesaro), dove fu dano all’alta lezione di Gentile da Fabriano. inviato da Venezia (firmato e datato 1407), Vi è all’opera uno stretto collaboratore di ora in collezione privata svizzera. Gentile, formatosi evidentemente duran- Probabilmente eseguite a Venezia, te il soggiorno veneziano (e a mio modo di ma inviate a Fermo per la chiesa di San- vedere quasi certamente anche trevigiano) ta Lucia, sono le otto splendide tempe- del maestro. Si vedano due dettagli porde- re su tavola con Storie dell’omonima santa

22 AFAT 31 15 - Seguace di Jacobello, San Giovanni evangelista e sue storie. Castelmuschio (isola di Veglia), parrocchiale

(ora conservate presso la locale Pinacote- tizzato che la disposizione originaria do- ca Civica), per le quali è stata recentemen- vesse prevedere due ordini sovrapposti, ai te proposta una datazione attorno al 1420. lati di una immagine centrale della Santa Estrapoliamo Santa Lucia in preghiera al se- (dipinta o scolpita), riprendendo insom- polcro di sant’Agata e Santa Lucia al rogo; ma la tipologia precedente di vari decen- ancora: Santa Lucia trascinata al lupanare ni, che abbiamo visto nel polittico di Ve- e Santa Lucia denunciata al giudice Pasca- glia. Vi è stato visto anche un omaggio alla sio dal fidanzato (figg. 12-13). È stato ipo- concezione narrativa del grande predeces-

Il gotico internazionale a Venezia 23 vole scarto: un favoloso tono narrativo nel- la Storie; un carattere più ufficiale nel tritti- co della Giustizia. Abbiamo evocato solo due opere, ma molto ci sarebbe da dire sulla bottega del pittore e i suoi seguaci. Non lo farò. Prefe- risco invece mostrare un’immagine a co- lori di un polittico che ho visto durante un mio recente viaggio nell’isola dalmata di Ve- glia (Krk), dove a Castelmuschio (Omišalj), nell’abside destra della parrocchiale, si con- serva un’opera di alta qualità, attribuita ad un seguace di Jacobello. Presenta al centro una tavola scolpita con San Giovanni evan- gelista in atto di scrivere il Vangelo e ai lati sei scomparti con episodi salienti della sua vita (fig. 15, tavv. i-ii). Mi ripropongo di studiar- la attentamente in un prossimo futuro. Abbiamo nominato Pisanello, la cui 16 - Pittore friulano della seconda fase iniziale rimane ancora tanto proble- metà del XIV secolo, Entrée d’Espagne, matica, anche perché una lezione al mae- particolare. Pordenone, palazzo Ricchieri stro veronese verrà dedicata qui a breve da Francesca Flores d’Arcais. Vediamo intan- sore (Paolo Veneziano e bottega), che ov- to la celeberrima Annunciazione del 1426 viamente ora si aggiorna sulle grandi no- in San Fermo a Verona, sua prima opera vità del ‘gotico internazionale’ introdotte certa. Ricordo solo che ‘salta’ una nozio- nella capitale della laguna. ne spesso ripetuta in passato, ossia il suo Jacobello sicuramente godeva di consi- alunnato presso Stefano da Verona, che derevole reputazione negli ambienti uffi- in realtà i documenti attestano nella città ciali veneziani. Per Palazzo Ducale nel 1415 scaligera solo nel 1425. dipinge un Leone di San Marco, che è an- Geniale affabulatore, spetta a lui la stre- cora un omaggio a Michelino. Mentre nel pitosa decorazione per i Gonzaga a Mantova, 1421 esegue per il Magistrato del Proprio con Storie arturiane (precisamente un epi- (che gestiva la Corte civile e quella pena- sodio enucleato dal Lancelot du Lac, che ha le) il grande trittico della Giustizia (fig. 14, come protagonista Bohort, cugino di Lan- ora alle Gallerie dell’Accademia), dove la celot e uno dei futuri eroi della Queste du ‘Venezia-Giustizia’ al centro (tra Michele e Saint Graal). La datazione, molto dibattuta, Gabriele) sollecita a elargire ricompense o a mio avviso dovrebbe tenersi verso la fine pene conformi ai meriti. degli anni Trenta. Si tratta di opere contigue nel tempo, Con tale ciclo Pisanello chiude un’epoca, ma nelle quali si legge comunque un note- quella dell’autunno del Medioevo, trasfigu-

24 AFAT 31 17, 18 - Pittore veronese (?) del secondo quarto del XIV secolo, Allegoria amorosa. Avio, castello rando genialmente la capziosa simbologia rinnovare le raffinate simbologie del mon- del mondo cavalleresco, che nel corso del do arturiano (contando sul fascino legato Trecento si era comunque già ampiamente al binomio amore-avventura), viene scel- diffusa (si ricordi che una “saleta Lanzaloti” ta dai committenti Ricchieri (una famiglia era già presente nello stesso castello man- borghese assurta alle nuove élites cittadine). tovano nella seconda metà del Trecento). I quali committenti inoltre, per una sala al Del filone letterario ‘arturiano’ abbia- secondo piano, scelgono questa volta l’epica mo testimonianza anche in un ambiente carolingia, proponendo l’episodio clou del- al primo piano di Palazzo Ricchieri a Por- la presa di Pamplona, dall’Entrée d’Espagne denone dove un frescante attivo negli anni (fig. 16). Si vedano i Pari di Carlomagno, tra 1370-1380 circa dipinge un ciclo di storie di cui l’Arcivescovo Turpino e Salamone di Breta- Tristano e Isotta, come ho avuto modo di re- gna (con le rispettive iniziali identificative cente di proporre. Qui stiamo vedendo l’e- ripetute sui collari). C’è inoltre un omaggio pisodio del Torneo fra Tristano e Palamede, a Venezia, esplicito nella figura del Pianeta alla presenza di Isotta e della sua ancella Bran- Venere, tratto di peso da un capitello di Pa- guina. Ma la scena rivelatrice è quest’altra, lazzo Ducale, strepitosa impresa scultorea con Tristano e Isotta sulla nave dopo aver be- di Filippo Calendario e bottega, allora ter- vuto il filtro magico e l’Approdo all’isola dei minata solo da qualche decennio. Giganti. La matière de Bretagne, che fa presa Anche i palazzi pubblici avevano avu- su nostalgie cavalleresche o su ambizioni a to le loro decorazioni: degna di nota mi pare

Il gotico internazionale a Venezia 25 19 - Pittore veneto (?) della metà de XIV secolo, Episodi di vita cortese. Arco, castello quella della loggia comunale di Udine (sco- la scelta iconografica operata all’interno perta nemmeno una trentina di anni orso- di Palazzo Ducale, guarda invece esplicita- no), illustrante il filone ‘storico’ (una storia mente alla propria storia, al ruolo svolto tra ovviamente ‘rivisitata’ nel corso del medio- Papato e Impero due secoli e mezzo prima, evo), nella fattispecie la Storia di Troia, come dunque con chiaro intento ‘politico’ di au- è possibile affermare con sicurezza grazie tocelebrazione. alla lettura delle iscrizioni, per quanto fram- Vorrei ricordare almeno di sfuggita la mentarie. In un episodio leggiamo infatti il decorazione pittorica di tre importanti ca- titulus: “Como lo re Thoas alcise Carsibilan stelli in Trentino e in Alto Adige. Il castel- figiol […]”: i due personaggi sono rispetti- lo di Sabbionara di Avio (dei veronesi Ca- vamente uno greco (cugino di Achille), l’al- stelbarco), con affreschi databili al secondo tro troiano (figlio di Priamo). Databili ver- quarto del Trecento, dove tra l’altro tro- so il 1360 circa, tali affreschi sono voluti da viamo una precisa citazione dei Documen- una committenza pubblica, che è desidero- ti d’amore del letterato Francesco da Barbe- sa di nobilitare le proprie origini, conscia del rino, nella figura di Amor cieco che cavalca ruolo politico e culturale che il filone classico in groppa a un destriero, alla presenza della della materia troiana era chiamata a svolgere. corte d’amore (figg. 17-18). Inoltre, una sala Negli anni a cavallo tra primo e secon- appartenente al castello di Arco, nel Som- do decennio del Quattrocento Venezia, con molago (estremità settentrionale del Gar-

26 AFAT 31 20 - Pittore dell’inizio del XV secolo, 21 - Maestro Venceslao, Mese di Gennaio. Viaggio in mare di Tristano e Isotta. Trento, Museo del Castello Bolzano, Castel Roncolo del Buonconsiglio, torre Aquila da), con episodi di vita cortese (Giochi e pas- ne tedesca (stanze di Garel, di Tristan, di satempi, fig. 19) ancora medio trecenteschi Wigalois). Quello di Tristan und Isolde (de- (terzo quarto, direi). Ma soprattutto Ca- rivato dal noto poema composto nei pri- stel Roncolo (Schloss Runkelstein), pres- mi vent’anni del XIII secolo in alto-medio so Bolzano, che costituisce senza dubbio il tedesco da Gottfried von Strassburg), ese- caso più eclatante di dimora privata in area guito in terra verde e databile all’inizio del alpina con pitture murali che, per varietà e Quattrocento, presenta una serie consi- ricchezza di temi illustrati, offre una vera stente di scene dipinte, tra le quali anche e propria summa delle predilezioni icono- quella del Viaggio in mare di Tristano e Isotta, grafiche legate al mondo cavalleresco alla con l’episodio del filtro d’amore (fig. 20). fine del medioevo. Acquistato dai Vintler e A Trento. Notissimo è il ciclo dei Mesi fatto ampliare a partire dal 1388, il castel- di Torre Aquila, ora nel percorso del Mu- lo si articola in due nuclei. Nel primo si di- seo del Castello del Buonconsiglio. Com- spiegano scene legate alle attività predilette mittente è il principe-vescovo Giorgio di e agli svaghi del ceto signorile (giostre, cac- Liechtenstein, che convoca il pittore boe- ce, giochi, scene di amore cortese); nel se- mo Venceslao: un nome già avanzato dalla condo si concentra l’illustrazione dei poemi critica negli studi della prima metà del se- epici medievali, segnatamente in versio- colo scorso, ora confermato dai documen-

Il gotico internazionale a Venezia 27 22 - Pittore del 1438-1440 ca., Sibilla Agrippa. San Vito al Tagliamento, Museo Civico ti, in occasione della mostra su il Gotico nel- satempi, giochi da una parte, dall’altra con i le Alpi (tenutasi per l’appunto al Museo del lavori tipici delle varie stagioni dell’anno; il Castello del Buonconsiglio nel 2002, ideata tutto reso in uno spazio ‘non’ prospettico (ri- e curata da Enrico Castelnuovo), la cui pre- fiutando cioè la lezione di Giotto di inizio se- senza va retrodatata di qualche anno (1397), colo) ma ‘verticale’, per cui il più lontano è in rispetto al 1400 circa, da sempre accredita- alto: insomma secondo una impostazione ti- ta su basi stilistiche. pica degli arazzi (altra ‘tecnica-guida’, assie- È qui attestata l’evoluzione estrema dal me all’oreficeria, del gotico internazionale); punto di vista iconografico dell’allegoria dei e ‘policentrica’, con tanti piccoli nuclei, che Mesi, che anche nei secoli precedenti il me- chiedono allo spettatore di essere fruiti pas- dioevo ha amato rappresentare (in scultura, sando dall’uno all’altro. Qui vediamo i mesi oltre che in pittura e miniatura, fin dal roma- di Gennaio (fig. 21), con una delle prime raf- nico e anche – soprattutto nelle chiese – ca- figurazioni della neve nel medioevo, antici- ricando la raffigurazione dei singoli mesi di pazione anche di quello che sarà di lì a poco il un significato prettamente allegorico e mo- mondo fiammingo; e il mese di Maggio. rale). Ora invece si approda ad una gioio- Non semplici scene en plein air, ma un sa rappresentazione del paesaggio, abitato frammentario ciclo dei Mesi (Ottobre, No- dalle due classi sociali di nobili e contadini. vembre e Maggio) è raffigurato in brani fram- Una coabitazione felice, resa con svaghi, pas- mentari di affresco rinvenuti durante il se-

28 AFAT 31 condo conflitto mondiale a Udine, in casa Paleologo, riconoscibili in due personag- Antonini-Perusini (ora ospitati presso il gi a cavallo: due ‘criptoritratti’ dunque, con Museo Civico cittadino). Databili a mio la precisa volontà – credo – anche di ‘auto- modo di vedere al 1380 circa, costituisco- celebrazione’ del nunzio apostolico invia- no dal punto di vista iconografico un im- to a Basilea, il tutto reso mediante la pro- portante precedente rispetto a Trento, del posizione di un tema caro già dal Trecento quale anticipano soluzioni spaziali e sceni- (quello degli Uomini e Donne famosi). che, seppure privilegiando una dimensione Delle pareti dipinte al secondo pia- più agreste e borghese (strettamente con- no sono sopravvissute le figura purtroppo nessa, nei modi stilistici, con la lezione vi- mutile di alcune Sibille, tra cui notevolissi- tal-tomasesca in terra veneto-friulana), ri- ma quella di Agrippa (fig. 22), che deriva di- spetto al tono più signorile ed aristocratico rettamente dal prototipo (perduto) di Mon- (con marcati influssi transalpini) predomi- te Giordano a Roma (eseguito da Masolino nanti in Trento. per il cardinale Giordano Orsini) e che vie- Concludiamo con San Vito al Taglia- ne dunque a costituire il più antico esempio mento e gli affreschi della dimora di fa- pervenutoci relativo al nuovo ‘canone’ ap- miglia di Antonio Altan, un illustre prelato pena formatosi (le Sibille da dieci diventano sanvitese che dal 1431 si trova a Roma pres- dodici: e una delle due nuove è per l’appunto so il papa ‘veneto’ Eugenio IV (un Condul- Agrippa); troviamo inoltre Figure allegoriche mer), che lo invia come legato pontificio al accompagnate da scritte in versi, Virtù teolo- concilio di Basilea (il ‘concilio unionista’, gali e cardinali (due con terzine dantesche). tra la chiesa Occidentale e quella Orienta- L’intera impresa pittorica, che vede im- le) e gli affida delicate missioni diplomati- pegnata una équipe di artisti attivi verso il che presso i maggiori regnanti europei; nel 1438-1440 circa, costituisce senz’altro una 1434 il cardinale Giordano Orsini gli con- delle più notevoli testimonianze rimasteci cede di fregiarsi di parte dell’arma di fa- della cultura figurativa tra ‘gotico interna- miglia e nel 1436 diventa vescovo di Urbi- zionale’ e ‘protorinascimento’, il cui rilievo no. Amico di umanisti e mecenati, affida valica i confini dell’intera area nord-orien- l’esecuzione di un prestigioso e complesso tale italiana. programma iconografico (in parte derivato puntualmente da modelli romani) ad artisti Nota bibliografica di eccezionale levatura, che in alcuni brani Il testo che qui si presenta corrisponde a superstiti toccano apici qualitativi di stra- quello scritto per la conferenza d’apertu- ordinaria intensità. Nella decorazione al ra dell’Ateneo Veneto in Venezia, tenuta primo piano penso vada individuato l’epi- il 14 settembre 2009, su invito della prof. sodio del ‘monacato’ di Costanza d’Altavil- ssa Ileana Chiappini di Sorio. Era correda- la, celebrato da Dante e ripreso da Boccac- to da molte immagini predisposte alla pro- cio nel De mulieribus claris. La scena viene iezione, che ovviamente qui non è possibi- attualizzata dalla presenza dei ritratti de- le riproporre per esteso (si presenta qui una gli imperatori contemporanei d’Occiden- sintesi molto selezionata, con preferenza te e d’Oriente, Sigismondo e Giovanni VIII per le opere meno note). Si è mantenuto in-

Il gotico internazionale a Venezia 29 vece il tenore colloquiale di quell’interven- del Trecento e dell’inizio del Quattrocento, in to, che rispecchia quello dell’occasione per San Marco di Pordenone, a cura di Paolo Goi, la quale era stato pensato. Pordenone 1993, pp. 183-223; Sulla deco- Aggiungo solo alcune, brevissime, razione ad affresco nella chiesa e nel convento note bibliografiche essenziali al discor- di Santa Caterina a Treviso. Un’introduzione, so: innanzitutto i due volumi fondamenta- in Il Museo di Santa Caterina. Progetti e pro- li: Keith Christiansen, Gentile da Fabria- poste, Treviso 1998, pp. 33-94; Per la dif- no, London 1982 e Pisanello. Le peintre aux fusione dei temi cavallereschi e profani nella sept vertus, catalogo della mostra (Musée du pittura tardogotica. Breve viaggio nelle Vene- Louvre, Parigi, 6 maggio-5 agosto 1996), a zie tra scoperte e restauri recenti, in Le stanze cura di Dominique Cordellier, Paris 1996. di Artù. Gli affreschi di Frugarolo e l’immagi- In generale, per il periodo fra Tre e Quat- nario cavalleresco nell’autunno del medioe- trocento nel Veneto rimando alle ottime vo, a cura di Enrico Castelnuovo, Milano sintesi dei due volumi Electa su La pittura 1999, pp. 116-127, 177-179; Il mondo caval- nel Veneto. Il Trecento, I-II, 1992 e La pittu- leresco. L’Italia nord-orientale, in Il Gotico ra nel Veneto. Il Quattrocento, I, 1989, a cura nelle Alpi 1350-1450, catalogo della mostra di Mauro Lucco, con contributi ancora va- (Trento, Castello del Buonconsiglio 2002), lidi nell’impianto complessivo riguardan- a cura di Enrico Castelnuovo, Francesca ti la produzione pittorica nell’intera area, de Gramatica, Trento 2002, pp. 238-251 articolata in un percorso per ‘provincia’, e schede varie su opere in mostra; Trista- affidata a specialisti della materia (ivi tutte no e Isotta in Palazzo Ricchieri a Pordenone. le ulteriori citazione sui singoli argomen- Gli affreschi gotici di soggetto cavalleresco e ti). Tra i miei scritti, mi piacerebbe ag- allegorico, a cura di Enrica Cozzi, Pordeno- giungere almeno: La decorazione ad affresco ne 2006.

The years around 1410 are crucial to and the Veneto. After a great season in the fourteenth century we witness a turn towards the late Gothic or Gothic International. Gentile da Fabriano was responsible for the decoration of the Sala del Maggior Consiglio in the Palazzo Ducale: the frescoes, lost, were carried out with the collaboration of young Pisanello and, perhaps, by Michelino da Besozzo. The Venetian painter Iacobel- lo del Fiore is fully active in Venice and elsewhere. From this innovative atmosphere, high-quality outcomes will be developed in the first decades of the fifteenth century, even in the hinterland of Friuli and Veneto. Be- tween the fourteenth and the first half of the fifteenth century, courtly subjects are remembered in Trentino and South Tyrol. [email protected]

30 AFAT 31 Precisazioni sulla decorazione dell’organo cinquecentesco di Santa Maria del Giglio a Venezia: una proposta di ricostruzione

Massimo Bisson

Santa Maria del Giglio (o Santa Maria Zo- Secondo la guida di Francesco Sansovi- benigo, dal nome di una delle famiglie fon- no del 1581, l’edificio era stato da poco re- datrici) è una delle chiese matrici di Vene- staurato (“ne tempi presenti”) per interes- zia e, dunque, tra le più antiche: ricostruita samento dei procuratori della parrocchia, una prima volta nel 966 a causa di un incen- i fratelli Giustiniano e Giulio Contarini7. dio, fu nuovamente rifatta nel 11051. A que- Sebbene non sia nota l’entità di quell’inter- sta fase risale probabilmente la piccola ba- vento, si potrebbe pensare a puntuali ope- silica a tre navate raffigurata nella veduta di re di riparazione e consolidamento statico, Jacopo de’ Barbari del 1500, il cui assetto accompagnate dal rinnovamento dell’orna- interno è rappresentato in modo piuttosto mentazione interna. Lo stesso autore riba- dettagliato in una pianta conservata presso disce infatti l’antichità della fabbrica (“an- l’Archivio Patriarcale (fig. 1). cora che per sito sia antica”), menzionando Tale documento, pubblicato alcuni anni successivamente una serie di nuovi dipinti, fa da Silvia Moretti2, è purtroppo sfuggito alla come l’Annunciazione di Giuseppe Porta per mia attenzione durante la stesura di un re- l’altare maggiore e le portelle d’organo tin- cente contributo dedicato all’organo rinasci- torettesche. Il contratto per la realizzazio- mentale della chiesa3, scomparso in seguito ne di quest’ultime, in particolare, fu sotto- alla ricostruzione dell’edificio avvenuta tra il scritto proprio da Giulio Contarini nel 1552, 1680 e il 16834. Di esso si conservarono sol- come dimostra la documentazione pubbli- tanto le pitture, riutilizzate come decorazio- cata da Lorenzetti, nella quale si accenna ne parietale nella nuova parrocchiale: i Quat- anche alla cassa dell’organo e alla balcona- tro Evangelisti di Jacopo Tintoretto, collocati ta che la sorreggeva8. nel coro capitolare dietro all’altare maggio- Lo strumento vero e proprio era stato re (figg. 2-3), la Conversione di San Paolo del- commissionato pochi anni prima: i tre pro- lo stesso pittore, esposta sulla parete di con- getti proposti da Vincenzo Colombi risalgo- trofacciata (da cui scomparve però nel corso no infatti al 1547 e prevedevano la consegna dell’Ottocento)5, e le quattro Sibille di Giu- del manufatto entro la Pasqua dell’anno se- seppe Porta, tuttora collocate ai fianchi del guente9. È dunque probabile che poco dopo portale maggiore6 (fig. 5). si cominciasse a edificare la balconata li-

Precisazioni sulla decorazione dell’organo cinquecentesco di Santa Maria del Giglio 31 1 - Chiesa di Santa Maria del Giglio, pianta della chiesa medievale. Venezia, Archivio Storico del Patriarcato

32 AFAT 31 2 - Jacopo Tintoretto, Santi Marco 3 - Jacopo Tintoretto, Santi Matteo e Giovanni evangelisti. e Luca evangelisti. Venezia, chiesa di Santa Maria del Giglio Venezia, chiesa di Santa Maria del Giglio gnea, la quale, nel 1552, doveva essere or- ma di impatto ragguardevole. Così lo de- mai completa e funzionante: nel contratto scrive infatti Boschini: “Vi è poi l’organo, siglato in quell’anno, Tintoretto si impe- dipinto dal Tintoretto, cioè le portelle, nel- gnava a dipingere “de belle figure fogiami et le quali, nel di fuori, si vede la Conversione picture” – oltre alle portelle – “tutta la casa di S. Paolo, cosa capricciosa, e molto eru- [= cassa] et tutto il barco di legname [= can- dita: nel di dentro, vi sono li quattro Evan- toria] d’alt’in basso et da un capo all’altro gelisti. Sotto il soffitto del detto, uscendo siche el sia bello et vistoso onorevole et in dalla porta maggiore, vi è Maria col Bam- ogio”, per la somma di appena 20 ducati10. bino, pure dello stesso Tintoretto. Vi sono Si doveva dunque trattare di un com- dalle parti che sostentano l’organo, quattro plesso architettonico e pittorico di non figure, che rappresentano Sibille, del Sal- poco conto, forse sobrio nelle sue forme, viati”11.

Precisazioni sulla decorazione dell’organo cinquecentesco di Santa Maria del Giglio 33 Su questo passo si fonda l’ipotesi ri- costruttiva pubblicata nel mio precedente contributo, dove ho sostenuto che lo stru- mento si trovasse in controfacciata (il di- pinto della Madonna con il Bambino colloca- to sul soffitto della cantoria si vedeva infatti “uscendo dalla porta maggiore”; fig. 4) e che le Sibille di Giuseppe Porta ornassero la struttura che reggeva la cantoria. Tutto que- sto non solo è confermato dalla menziona- ta pianta (figg. 1, 6), ma trova in essa nuove precisazioni che consentono di definire ul- teriori dettagli. Scopriamo ad esempio che le pitture delle profetesse erano schierate l’una ac- canto all’altra sulla parete lignea sottostante alla balconata, due a destra e due a sinistra 4 - Jacopo Tintoretto e bottega, Madonna dell’ingresso principale (figg. 5-7). Dietro con Bambino. Venezia, chiesa di alle quattro tele vi erano altrettanti vani di Santa Maria del Giglio servizio accessibili attraverso ante poste sui lati brevi (fig. 6): il vano a destra del porta-

5 - Giuseppe Porta detto Salviati, Sibilla Agrippina, Sibilla Tiburtina, Sibilla Cumana e Sibilla Delfica. Venezia, chiesa di Santa Maria del Giglio

34 AFAT 31 6 - Chiesa di Santa Maria del Giglio, pianta della chiesa medievale, particolare. Venezia, Archivio Storico del Patriarcato le ospitava la scala che saliva alla cantoria, la Madonna con Bambino situata sul soffitto13 mentre quello adiacente serviva da deposi- (fig. 4), mentre la luce delle quattro latera- to per le “panche della dottrina” (necessa- li non era inferiore ai 90 cm, pari alla lar- rie cioè alle lezioni di catechismo). I due sul ghezza delle tele di Giuseppe Porta. lato sinistro appartenevano invece alla con- Le nicchie semicircolari che fanno da fraternita del Santissimo, che vi riponeva sfondo alle Sibille (fig. 5) conferiscono un evidentemente gli arredi e i paramenti della carattere illusionistico alla composizione: propria cappella (situata a destra della mag- esse dovevano contribuire non poco all’in- giore). tegrazione formale dei dipinti stessi con la La pianta stessa non dice granché sull’a- contigua struttura lignea e suppongono la spetto architettonico dell’alzato della balco- presenza di una griglia architettonica costi- nata, ma – sulla scorta di analoghe strutture tuita da paraste o semicolonne, forse rialza- veneziane coeve12 (fig. 8) – permette di for- te su piedistalli (fig. 7). Il punto di vista del- mulare un’ipotesi credibile. Sappiamo in- le tele, infatti, è alquanto basso e presume nanzitutto che essa occupava l’intera parete l’esistenza di un basamento sottostante non di fondo della navata centrale, prolungan- inferiore ai 50-70 cm. dosi anche negli adiacenti intercolumni. Il La balconata vera e propria sulla quale prospetto era scandito in cinque campate: si trovava lo strumento era verosimilmente quella centrale aveva una luce di almeno 121 aggettante rispetto ai sostegni sottostanti, cm, corrispondenti cioè alla larghezza del- ai quali doveva essere raccordata median-

Precisazioni sulla decorazione dell’organo cinquecentesco di Santa Maria del Giglio 35 7 - Ricostruzione della cantoria e della cassa d’organo cinquecentesche della chiesa di Santa Maria del Giglio a Venezia (ipotesi dell’autore) te mensole14. La sua profondità complessi- Le superstiti portelle (figg. 2-3) ci aiu- va all’altezza del parapetto doveva almeno tano invece a definire le proporzioni del- uguagliare l’altezza della citata Madonna con la cassa dell’organo, la cui larghezza dove- Bambino (121×121 cm) situata sul soffitto15 va corrispondere a quella complessiva delle (fig. 4). Non abbiamo notizie di eventua- tele (3 metri). L’altezza di quest’ultime (257 li pitture sul parapetto o su altre parti della cm) sembra aver subito invece delle ma- balconata, fatta eccezione per le decorazio- nomissioni a causa dell’inserimento nel- ni a olio previste nell’accordo stipulato con lo spazio attuale, delimitato in basso dal- Tintoretto16. le spalliere del coro capitolare e in alto dal

36 AFAT 31 soffitto della cantoria seicentesca17. Con- siderando infatti la quota della loro ubica- zione originaria, le figure risultano trop- po compresse nella parte sommitale, tanto da suggerire una maggiore estensione del- lo sfondo al di sopra degli evangelisti, onde contenere l’effetto di schiacciamento pro- spettico. Ciò consente di ipotizzare che l’al- tezza delle ante – come da tradizione – fos- se grosso modo uguale alla loro larghezza complessiva e che le canne di mostra fos- sero dunque contenute in un vano di forma quadrata scandito in campate (solitamen- te cinque)18. Le tipiche smussature tutto- ra parzialmente visibili in corrispondenza degli angoli superiori interni delle tele per- mettono infine di supporre la presenza di paraste o colonne ai lati del prospetto del- la cassa, sulle quali poggiava una trabeazio- ne (fig. 7). Le pitture dell’organo – com’è noto – 8 - Cantoria e organo settecentesco. Venezia, furono completate non prima del 155719. chiesa di San Giacomo dall’Orio In quello stesso periodo, o negli anni suc- cessivi, fu intrapreso anche un generale riassetto dell’intera navata principale, le (ugualmente rivestite da pannelli lignei) cui arcate e pareti furono ornate con “va- prosegue ininterrottamente sul parapet- ghi, e bei lavori, intagli, fogliami, figure to della coeva balconata dello strumento di alquanti profeti, & di altro, il tutto in- (1555; fig. 8)22. dorato che fa una bella vista”20. L’aspet- Sembra probabile, pertanto, che anche to dell’aula doveva dunque apparire non a Santa Maria del Giglio le ornamentazio- molto diverso da quello della duecentesca ni scultoree e architettoniche delle pare- chiesa veneziana di San Nicolò dei Men- ti si congiungessero a quelle della canto- dicoli, tuttora rivestita da pregevoli orna- ria, a maggior ragione se si considera che menti lignei dorati realizzati nel corso de- le strutture portanti di quest’ultima si pro- gli anni ottanta del XVI secolo e dei quali lungavano fin sotto le arcate che divideva- la balconata e la cassa dell’organo (1580- no la nave centrale da quelle laterali (figg. 1, 81) sono parte integrante21. Un caso si- 6-7). Il nuovo organo cinquecentesco, dun- mile – ma di tono più sobrio – si rinvie- que, potrebbe essere stato parte di un pro- ne ancora nella trecentesca San Giacomo getto più ampio, teso a conferire un aspetto dall’Orio, dove la trabeazione lignea che moderno all’intero spazio interno dell’edi- sormonta le arcate della navata principale ficio medievale.

Precisazioni sulla decorazione dell’organo cinquecentesco di Santa Maria del Giglio 37 Note

1 F. Corner, Notizie storiche delle chiese e mo- Ministero della p. istruzione”, II, 4-5, 1908, nasteri di Venezia e Torcello, Padova 1758, pp. pp. 121-137, 161-169, in part. p. 165; G. Lo- 205-207. renzetti, Una nuova data sicura nella crono- 2 Archivio Storico del Patriarcato di Vene- logia tintorettiana, “Ateneo veneto”, CXXIX, zia, Parrocchia di S. Maria del Giglio (d’ora in 123-124, 1938, pp. 129-139, in part. pp. 132 poi: ASPV, SMG), b. 119, fasc. 9, “Libro del- (nota 3) e 133. la Scuola dell’Annunciata detta dei Forneri”, 6 “Sotto l’organo sonovi due SS. Evangelisti c. 13. Cfr. S. Moretti, “Fondamenti sodi et non ch’erano nelle portelle del vecchio. […] So- pensier vani”: Giuseppe Benoni ingegnere e ar- pra la porta maggiore vi è in una mezzalu- chitetto tra Venezia e Friuli nella seconda metà na una funzione […] della maniera del Pal- del XVII secolo al servizio della Dominante, in ma. Al di sotto vi è la cena di Cristo di Giulio “Architetto sia l’ingegniero che discorre”. Inge- Moro. E sotto a questa vi è la conversione gneri, architetti e proti nell’età della Repubblica, di S. Paolo del Tintoretto, che insieme con a cura di G. Mazzi e S. Zaggia, Venezia 2004, quattro Sibille del Salviati che gli sono d’in- pp. 153-199, in part. pp. 191-193 e tav. 65. La torno adornava il vecchio organo” (A.M. Za- datazione della pianta si può collegare all’e- netti, Descrizione di tutte le pubbliche pitture dificazione dell’attuale fabbrica: essa è in- della città di Venezia e isole circonvicine, Vene- fatti conservata nel Libro della Scuola dell’An- zia 1733, pp. 169-170). nunciata detta dei Forneri, accanto a una copia 7 F. Sansovino, Venetia citta nobilissima et sin- della delibera capitolare del 31 maggio 1679 golare, Venezia 1581, pp. 44v-45r. sulla ricostruzione della chiesa. Pare dun- 8 G. Lorenzetti, Una nuova data…, cit., pp. que evidente che il disegno venisse redat- 137-138. to in quell’occasione al fine di salvaguarda- 9 ASPV, SMG, b. 31 “Fabbrica della chiesa”, re i diritti dei privati sugli spazi dell’antica fasc. IV “Scritture per far l’organo et ag- chiesa, in particolare quelli della confrater- giustarlo 1552-1557-1622-1643-1668”, cc. nita medesima. La scritta indicante la por- 3-4, 6; cfr. G. Lorenzetti, Una nuova data…, ta d’ingresso principale, del resto, contiene cit., p. 138; S. Dalla Libera, L’arte degli orga- verbi coniugati al passato, segno che i lavori ni a Venezia, Venezia 1962, p. 60; R. Lunel- di trasformazione erano già iniziati. li, Studi e documenti di storia organaria ve- 3 M. Bisson, Meravigliose macchine di giubilo. neta, Firenze 1973, pp. 52-54; L. Stella, V. L’architettura e l’arte degli organi a Venezia nel Formentini, L’organo di Valvasone nell’arte ve- Rinascimento, Venezia-Verona 2012, pp. 101- neziana del Cinquecento, Udine 1980, pp. 84- 105. 85; M. Bisson, Meravigliose macchine…, cit., 4 Sulla cronologia della ricostruzione seicente- pp. 101-102, 427-428 (docc. 47-49). sca cfr. D. Martinelli, Il Ritratto di Venezia di- 10 ASPV, SMG, b. 31 “Fabbrica della chiesa”, viso in due parti, Venezia 1684, p. 26; M. Ga- fasc. IV “Scritture per far l’organo et aggiu- ier, Facciate sacre a scopo profano. Venezia e la starlo 1552-1557-1622-1643-1668”, c. 2; cfr. politica dei monumenti dal Quattrocento al Set- G. Lorenzetti, Una nuova data…, cit., p. 138; tecento, Venezia 2002, pp. 334-352, 542-550; S. Dalla Libera, L’arte degli organi…, cit., p. S. Moretti, Fondamenti…, cit., pp. 188-195. 61; M. Bisson, Meravigliose macchine…, cit., 5 Cfr. G. Moschini, Guida per la città di Venezia pp. 102, 428-429 (doc. 50). all’amico di belle arti, I, Venezia 1815, p. 615; 11 M. Boschini, Le minere della pittura, Vene- G. Fogolari, Le portelle dell’organo di S. Maria zia 1664, p. 107. L’attribuzione delle Sibille dei Miracoli di Venezia, “Bollettino d’arte del a Giuseppe Porta detto Salviati è conferma-

38 AFAT 31 ta da Pallucchini, che le accosta allo stile tin- corrispondessero a quelle originarie (cfr. torettesco collocandole alla metà degli anni M. Bisson, Meravigliose macchine…, cit., pp. Cinquanta, cioè allo stesso periodo del- 101-105). le portelle (R. Pallucchini, Per gli inizi vene- 18 Si veda a questo proposito M. Bisson, Meravi- ziani di Giuseppe Porta, “Arte veneta”, XXIX, gliose macchine…, cit., pp. 22-23. 1975, pp. 159-166, in part. p. 165). Più di 19 Nonostante Tintoretto iniziasse il lavo- recente McTavish, considerandone lo stile ro subito dopo la stipulazione del contrat- troppo lontano da quello del pittore toscano, to (come testimoniano le ricevute per com- respinge l’attribuzione assegnandole invece plessivi 10 ducati versati al pittore nei sei alla bottega di Jacopo (D. McTavish, Giuseppe mesi seguenti), nel 1557 le portelle non ri- Porta called Giuseppe Salviati, New York-Lon- sultavano ancora terminate e con esse, pro- don 1981, pp. 315-317). babilmente, neppure le altre decorazio- 12 Si veda a questo proposito M. Bisson, Mera- ni della cantoria. In quell’anno, dunque, vigliose macchine…, cit., pp. 24-25. i committenti intimarono formalmen- 13 La tela è oggi collocata nella cappella Molin te all’artista di consegnare le ante entro il della stessa chiesa: secondo Lorenzetti sa- 22 marzo, pena la perdita dell’incarico, la rebbe di mano di Jacopo (G. Lorenzetti, Una restituzione delle somme ricevute e il pa- nuova data sicura…, cit., pp. 131-132), men- gamento di una sanzione di 25 ducati (cfr. tre la critica più recente l’attribuisce alla G. Lorenzetti, Una nuova data sicura…, bottega (R. Pallucchini, P. Rossi, Tintoretto. cit., pp. 137-138). Forse solo a quel punto Le opere sacre e profane, I, Milano 1982, p. 167, – data l’inadempienza di Tintoretto – Giu- catt. 165-166). seppe Porta fu coinvolto nella decorazione 14 Struttura identica hanno la cantoria lapidea dell’organo ricevendo l’incarico di esegui- di Santa Maria Formosa (inizio XVI sec.) e re le Sibille. quella lignea di San Giacomo dall’Orio (1555 20 F. Sansovino, Venetia città nobilissima et sin- – fig. 8), entrambe ubicate in corrispondenza golare […] ampliata dal M.R.D. Giovanni dell’ingresso principale della chiesa e dotate Stringa, Venezia 1604, p. 89v. Tali opere, a di vani accessori (nel primo caso ora scom- mio avviso, facevano parte dei restauri com- parsi) che ospitavano le scale di accesso e un missionati da Giustiniano e Giulio Contari- ripostiglio (cfr. M. Bisson, Meravigliose mac- ni menzionati da Sansovino nella guida del chine…, cit., pp. 160-162, 250-254). 1581 (cfr. nota 7). 15 Cfr. nota 13. 21 Cfr. M. Bisson, Meravigliose macchine…, cit., 16 Cfr. nota 10. pp. 322-323. 17 In precedenza ho dato invece per sconta- 22 Cfr. M. Bisson, Meravigliose macchine…, cit., to che le attuali dimensioni delle portelle pp. 254-255.

Precisazioni sulla decorazione dell’organo cinquecentesco di Santa Maria del Giglio 39 A seventeenth-century plan of the demolished medieval church of Santa Maria del Giglio in Venice specifies with relative clarity the layout of the sixteenth century organ loft and, in particular, the location of the four Sibyls by Giuseppe Porta called Salviati that decorated the supporting structure. Combining this information with the one obtainable from written sources and the surviving paintings, the author proposes a graphic re- construction of the whole organ complex, that included – as we know – Jacopo Tintoretto’s doors representing the Evangelists, and a Virgin and Child (attributed to his workshop) located on the ceiling of the balcony. One gets the image of a quite impressive architecture, probably contemporary to the lavish sculptured decora- tion in gilded wood that covered the entire medieval nave giving it a modern appearance. [email protected]

40 AFAT 31 Dipinti scomparsi. La leggenda di Attila nella pittura a Treviso fra Cinque e Settecento

Elena Necchi

Nell’estate del 452 d.C., ripresosi dalla tutte le azioni compiute dai popoli barbarici sconfitta subita un anno prima nella bat- contro l’Impero6. taglia dei Campi Catalaunici, il condottie- Anche Treviso e il suo territorio hanno ro unno Attila, superati i confini delle Alpi partecipato in modo significativo all’allar- orientali, assedia dapprima Aquileia, quin- gamento di una tradizione destinata a svi- di si dirige verso Milano e Pavia, deciso a lupparsi e ad arricchirsi fino a lasciare trac- proseguire verso Roma. Circostanze a lui cia in una serie di opere pittoriche prodotte sfavorevoli lo costringono però a fermarsi fra Cinque e Settecento. L’episodio dell’in- alla confluenza fra Po e Mincio, dove rice- contro fra il condottiero unno e il pontefi- ve la delegazione formata da papa Leone I e ce romano sul Mincio, dipinto fra 1511 e il dagli ambasciatori Gennadio Avieno e Tri- 1516 da Raffaello per le stanze vaticane7, ha gezio, così, lasciata la Penisola, rientra nel- suggerito il soggetto anche per una tela rea- la nativa Pannonia, dove morirà l’anno suc- lizzata intorno al 1585 per la chiesa parroc- cessivo1. A delineare per primo l’iter seguito chiale di Rio San Martino di Scorzé, tra Ve- dagli Unni è Prisco di Panion2, autore con- nezia e Treviso, dall’artista Sante Peranda8, temporaneo ai fatti, seguito poi da Giorda- attivo prima nelle Venezie, poi nel Modene- ne nel VI secolo3 e, nell’VIII, da Paolo Dia- se presso i Pico e gli Estensi9. La pala sareb- cono, il quale elenca in modo più ampio le be stata eseguita in coppia con l’altra, anco- città padano-venete travolte dall’avanzata ra esistente e restaurata, con la scena di San degli eserciti nemici4. Se il passaggio delle Martino che dona il mantello al povero. L’at- truppe attilane per Aquileia, Milano e Pavia tribuzione a Peranda delle due opere pitto- è storicamente confermato, per altre loca- riche compare ne Le maraviglie dell’arte di lità dell’Italia centro-settentrionale è sta- Carlo Ridolfi, uscite nel 164810: ta soprattutto la leggenda ad amplificarne la portata distruttrice5, contribuendo così alla “Nella villa di San Martino, territorio pure del nota interpretazione negativa della figura di Trevigiano, fece [il Peranda] il santo medesi- Attila, identificato come il nemico per ec- mo a cavallo, che divide il mantello con il men- cellenza della christianitas occidentale, una dico; e san Leone che addita ad Attila i santi sorta di catalizzatore interno ed esterno di Pietro e Paolo contro di lui sdegnati in cielo”.

La leggenda di Attila nella pittura a Treviso fra Cinque e Settecento 41 Nella seconda metà del Settecento la ta fruizione rispetto a Prisco, Giordane e Pa- pala con l’incontro sul Mincio era ancora in olo Diacono, i quali, tra l’altro, non accenna- loco, come apprendiamo da un documento no alla città della Marca Amorosa. Ad Asolo, del 20 settembre 1778, dove viene menzio- Oderzo, Altino e Treviso viene riservata una nato un altare di marmo cum icone S. Leoni et sorte avversa nella Vita di Attila, romanzo Petri apostoli11. Troviamo di nuovo un riferi- anonimo in prosa composto in franco-vene- mento al pittore e alle due tele nelle Memo- to nell’ultimo quarto del Duecento14. L’ope- rie Trevigiane di Domenico Maria Federici, ra fu tradotta in latino nel Trecento15, vol- stampate a Venezia nel 1803, dove l’autore garizzata nel 1421 e, a partire dal 1472, edita confonde chiaramente Rio San Martino di più volte a stampa16. Doveva comunque esi- Scorzè con San Martino di Lupari, luogo che stere una diversa tradizione, molto più cle- risulta estraneo alla vicenda pittorica12: mente nei confronti di Treviso. Ne fa fede il poema ottosillabico La guerra d’Attila com- “In San Martino di Lupari la Tavola dell’Altar posto intorno al 1358 dal notaio bologne- Maggiore dove vedesi un S. Martino a caval- se Niccolò da Casola, il quale integrò la ma- lo, che divide col mendicante le vesti, la bel- teria del modello duecentesco con altre fonti la figura di S. Leone Papa, che ad Attila ad- venete e friulane a lui disponibili: nel sedi- dita i SS. Pietro, e Paolo contro di lui roganti cesimo canto si assiste all’invasione di Atti- in Cielo”. la nella Marca Trevigiana, con la distruzione di Asolo, Oderzo, ma, quasi per una sorta di Agli inizi del secolo scorso la tela con scambio, la terza città nominata non è Tre- l’episodio di Attila doveva già essere spari- viso, bensì Ceneda, che invece non compare ta e sostituita, infatti non risulta menziona- nella duecentesca Vita di Attila17. Treviso ri- ta nella visita pastorale compiuta dal vesco- sulta assente anche nella Cronica di Venexia vo di Treviso Andrea Giacinto Longhin il 17 attribuita a Enrico Dandolo e pressoché co- settembre 1908. Sul suo destino si sta an- eva al poema casoliano; l’autore, che dichiara cora indagando, in quanto l’ipotesi di Rita di essersi riferito a un libro conpilado in fran- Camerlingo circa una sua completa scom- cesco pienamente, che possiamo identificare parsa in seguito a un incendio scoppiato nel nel ‘romanzo’ franco-veneto, narra18: 1921 sarebbe contraddetta dal mancato ri- ferimento a un simile evento nei documen- “[…] consumò Aquilegia et Concordia, Alti- ti relativi alle visite pastorali degli anni im- lia, Ansulo, Belun, Patavia, Ravena et brie- mediatamente successivi13. vemente poi tota Lonbardia et Toscana fina Se la pala di Peranda riprendeva la tra- ad Roma”. dizione dell’ambasciata di Leone Magno sul Mincio, almeno tre cicli pittorici prodotti a Nell’Attila, poemetto in ottava rima Treviso nell’arco cronologico di circa due se- stampato a fine Cinquecento e attribuito a coli hanno raccolto una leggenda parallela, un certo Rocco degli Ariminesi o Arminesi, molto significativa per l’esaltazione dell’or- che ha rielaborato le vicende del ‘romanzo’ goglio civico. A suggerire i soggetti sono state medioevale, probabilmente confrontando- sicuramente fonti letterarie di più immedia- lo con altri repertori, il condottiero unno,

42 AFAT 31 sorpreso di fronte alla città “sì bella”, fugge Il Buonaccorsi doveva quindi avere avu- senza colpo ferire19: to sotto mano la Vita di Attila di Celio Gio- venco Calano ancora prima che fosse data “E distrusse d’intorno in ogni loco alle stampe a Venezia nel 1502, alla fine Asolo e Uderzo, e un giorno il campo pone dell’edizione delle Vite di Plutarco curata da A Trevigi, città di grande onore Girolamo Squarciafico24. L’episodio della Per nobiltà e dottrina e per onore. provvidenziale missione dei due presuli ri- E vistala sì bella, e che gran stento torna nei Commentarium Aquileiensium libri Durato avrìa a volerla pigliare octo di Giovanni Candido, stampati a Vene- Ratto da lì fuggì in un momento zia in latino nel 1521 e in italiano nel 154425: E come la trovò la lasciò stare”. “Mentre che si combattea Aquileia, Helvian- Nella tradizione trevigiana ispiratrice di do vescovo di Trivigi diede la terra in mano una serie di dipinti realizzati fra Rinasci- d’Athila, e Verona da Diatherico persuasa mento ed Età moderna il condottiero unno spontaneamente se gli rende”. non si limita a fuggire dalla città senza im- portunarla, ma la vicenda assume una più Furono sicuramente queste fonti a det- ampia articolazione attraverso la gradua- tare la materia per i dipinti a decorazio- le aggiunta di personaggi e situazioni uti- ne del lato interno della Porta Altinia, una li a conferire vigore alla coscienza cittadi- delle dodici porte medievali di Treviso, fat- na. La fonte più remota a noi giunta è la Vita ta riedificare nel 151426: benché non docu- di Attila ascritta al dalmata Celio Giovenco mentati, sono stati concordemente attribu- Calano, vescovo di Cinquechiese (odierna iti al pittore friulano Pomponio Amalteo27, Pécs) vissuto nel XII secolo20, il quale, con il quale vi lavorò nel 1564. In quegli stessi una sorta di trasposizione di un passo del- anni Bartolomeo Burchelati, nei Commen- la Historia Langobardorum di Paolo Diacono, tarii, citando direttamente Callimacus ille dove il vescovo di Treviso Felice riesce a sal- poeta, et orator regis Polonie, ovvero il Buo- vare la città all’epoca della calata di Alboi- naccorsi, riferiva la leggenda trevigiana di no21, riserva a Treviso e a Verona una sorte Attila28: particolare: entrambe le città sono rispar- miate dalla distruzione22. “Athila Hunnorum rex […] Italiam inva- L’episodio ritorna nella Vita di Atti- dit, Aquileiam, Concordiam, Altinum, urbes la dell’umanista Filippo Buonaccorsi (Cal- potentissimas diruit. Opitergium, Acedum, limaco Esperiente), assiduo frequentatore Feltrum, Vicentiam vastavit subegitque; Tar- della corte ungherese, data alle stampe pro- visio exterminium per Fecialem minatus, ab prio a Treviso nel 148923: Helviando episcopo Tar. Placatur, invitatur ad urbis Dominium capescendum, ingredi- “Dum oppugnaretur Aquileia. Tarvisium ac tur, hospitatur […] Anno Sal. CD LIII. Cal- Verona sponte imperium Hunni suscepere: limacus ille poeta, et orator regis Polonie, in illud auctore Helinando [sic] antistite, haec eius Athila sic brevibus: ‘Dum oppugnaretur Diatherico”. Aquileia, Tarvisium, ac Verona, imperium

La leggenda di Attila nella pittura a Treviso fra Cinque e Settecento 43 Hunni suscepere, illud auctore Helviando rici del pittore friulano. Assai interessanti antistite, haec Diatherico […]’”. per l’indicazione dei soggetti e del loro sta- to di conservazione, anche se non scevre da Quelle pitture, delle quali Ruggero Zot- qualche inesattezza34, sono le compilazioni ti nel 190529 e Luigi Coletti trent’anni dopo30 di Ambrogio Rigamonti35, Domenico Maria lamentavano il pessimo stato di conserva- Federici36, Lorenzo Crico37, Giovanni Batti- zione, sono scomparse definitivamente nel sta Alvise Semenzi38, Matteo Sernagiotto39 e 1944 nel corso di un bombardamento, in Francesco Scipione Fapanni40, di molto de- seguito al quale le mura della Porta cinque- bitore nei confronti dei precedenti. Nel- centesca sono state ricostruite31. Della loro le pagine di Fabio di Maniago41 e di Jaco- esistenza siamo comunque ampiamente in- po Mantoani42 troviamo poi considerazioni formati attraverso le descrizioni della città sulla qualità dei dipinti. di Treviso prodotte fra Sei e Ottocento. La Nella seconda metà dell’Ottocento gli Porta Altinia compare fra i monumenti ci- affreschi dell’Amalteo sulla facciata della tati nelle Tre faccie di Trivigi di Nicolò Cima32, Porta Altinia attirarono l’attenzione di Gio- il quale, pur riportando la leggenda dell’atto vanni Battista Cavalcaselle, pioniere della di sottomissione di Treviso ad Attila grazie storia dell’arte, il quale, nel corso del pro- alla lungimirante iniziativa del vescovo El- prio viaggio del 1866, ebbe modo di studia- viando33, non accenna agli interventi pitto- re le facciate dipinte di Treviso, confron-

1 - Porta Altinia: prospetto interno, prospetto esterno. Treviso, Biblioteca Comunale

44 AFAT 31 2 - Pietro Chevalier, Porta Altinia, incisione tandole con le descrizioni ricavate dalle sarsi alle pitture della Porta Altinia dal pun- fonti locali43 e annotando le proprie osser- to di vista artistico, all’incirca negli stessi vazioni su un apposito taccuino conserva- anni Alessandro D’Ancona ne fece ogget- to nel fascicolo VIII del manoscritto It. cl. to di considerazione nell’ambito di una se- IV, 2031 (12272) della Biblioteca Naziona- rie di studi dedicati alla tradizione della leg- le Marciana di Venezia. A f. 5r compaio- genda d’Attila in Italia, rispettivamente nel no delle note sull’attribuzione della facciata 186448, con una erronea confusione fra Vi- dipinta di casa Tiretta di Treviso, e in bas- cenza e Treviso, nel 188049 e nel 188950, con so a destra si legge: “Qualche somiglianza l’esatta indicazione della città. colle pitture di porta Altinia date a Pompo- Verso il 1580 Giovanni Bonifacio inizia- nio?”44 (fig. 3). Altri riferimenti ritornano va a raccogliere il materiale per la sua Histo- in una monografia sull’Amalteo terminata ria di Trevigi, pubblicata poi nel 159151, dove nel 1876 e pubblicata postuma45, ne La pit- il racconto di Celio Giovenco Calano e Cal- tura friulana del Rinascimento, dello stesso limaco Esperiente subisce un ulteriore am- anno46, e nella prestigiosa History, scritta in pliamento, con l’introduzione dei discor- collaborazione con l’inglese Joseph Archer si diretti fra i personaggi coinvolti, laddove Crowe e data alle stampe per la prima volta invece le altre fonti ne sono privi: incom- nel 191247. Se Cavalcaselle dovette interes- bendo la minaccia di Attila, il vescovo El-

La leggenda di Attila nella pittura a Treviso fra Cinque e Settecento 45 3 - Giovanni Battista Cavalcaselle, Appunti sugli affreschi di casa Tiretta a Treviso. Venezia, Biblioteca Nazionale Marciana viando riunisce il popolo di Treviso e, con gramma iconografico delle pareti interne e un abile discorso, lo istruisce circa l’oppor- della facciata del Palazzo del Consiglio dei tunità di sottomettersi al nemico, evitan- Quaranta o Minore53. Fra le carte dell’eru- do così la miseranda fine delle altre città dito Bartolomeo Burchelati, conservate nel venete; vengono quindi scelti come amba- manoscritto 1046. II. 1. 8 della Biblioteca sciatori Giberto Mezzaluna e Salomone da Comunale di Treviso, possiamo leggere tut- Oderzo, nei quali è possibile scorgere una to il programma pittorico, di mano del Bo- sorta di trasposizione dei personaggi sto- nifacio medesimo, con l’esatta indicazione rici di Gennadio Avieno e Trigezio, com- dei soggetti da dipingere sulle pareti ester- pagni di papa Leone nell’incontro con At- ne, comprese le scene ambientate all’epoca tila sul Mincio: i due, giunti al cospetto del delle invasioni di Unni, Goti e Longobardi, re unno, ottengono la pace e la salvezza della inclusa la sottomissione della città di Tre- città52. Proprio il Bonifacio, ancora prima di viso ad Attila per intercessione del vescovo terminare la Historia, aveva ispirato il pro- Elviando (c. a2v):

46 AFAT 31 “V. Helviando vesc.o di Trivigi da la città ad cucciolo di levriero, ricordato nel sogget- Athila Re degli Hunni, acciocché non la dis- to dell’arma del tiranno, è attestata nel- solasse: pinger il vesco che introduce Athila la già citata Vita di Attila franco-veneta di in Trivigi con l’essercito, nel quale sia sopra fine Duecento e dalle sue traduzioni e vol- l’insegna un bianco levriero, ch’era l’arma di garizzamenti, testi sicuramente noti an- Athila, ch’era di forma picciola, grosso, con che nella Treviso del Bonifacio, visto che il naso spaccato. Helviandus episcopus Tar. un esemplare dell’Atila flagelum Dei in vol- Urbem Athilę Hunnorum Regi tradidit, ne à gare compare nell’ultimo quarto del Cin- tiranno diriperetur. Anno salutis CD. LIII”. quecento nell’elenco dei libri possedu- ti dal notaio Antonio Sovernigo56. Anche il Nel Settecento Matteo Sernagiotto, all’i- motivo iconografico del levriero come in- nizio delle annotazioni autografe del Boni- segna del condottiero unno era con mol- facio, aggiunse a matita la postilla: “Memo- ta probabilità abbastanza comune: ne tro- ria data da Giovanni Bonifacio istoriografo viamo traccia nei disegni a penna aggiunti al Pittore Pozzoserrato delle cose o fasti da in alcuni fogli dei manoscritti trecenteschi dipingersi nella sala e fuori del Palazzo del α.W.8.16 (Estero 26) e α.W.8.17 (Estero Consiglio in Treviso nel 1587. Scritta da lui”, 27) della Biblioteca Estense e Universita- sulla quale, nel 1957, Luigi Menegazzi ha ria di Modena57, che tramandano La guerra espresso i propri dubbi in merito all’attri- d’Attila58 casoliana. buzione degli affreschi al pittore neerlan- Purtroppo gli affreschi della facciata dese54, che, del resto, il Bonifacio non no- del Palazzo sono andati distrutti in segui- mina. Più convincente risulta invece la data, to alle modifiche strutturali avviate a par- anche in virtù di una lettera del 10 gennaio tire dal febbraio del 1836, quando iniziò a 1588 indirizzata dal Bonifacio al mantovano essere demolito in vista dell’erezione di un Antonio Beffa per illustrargli il programma edificio per collocarvi i libri della Biblio- iconografico ideato per il Palazzo del Con- teca Civica, allora custoditi presso la Ca- siglio, dove ritroviamo le medesime indica- pitolare, ma solo nel 1847 si diede inizio zioni dettate un anno prima55: ai lavori sotto la direzione dell’architet- to Francesco Bomben59. Comunque, come “Occupa il quinto luogo la pittura di Elvian- per gli affreschi dell’Amalteo sulla Por- do Vescovo di Trevigi, il quale cede la Città ad ta Altinia, le antiche descrizioni della città Attila Re degli Unni, e lo introduce in Trivi- ci forniscono interessanti particolari sulle gi, acciocchè non la distruga; sopra l’insegna pitture del Palazzo del Consiglio. Ambro- del quale è un bianco Levriero, ch’era l’Arma gio Rigamonti, nella premessa all’edizio- di Attila, con queste parole: Helviandus Epi- ne della lettera indirizzata dal Bonifacio al scopus Tarvisinus Urbem Athile Hunnorum Beffa nel 1588, si sofferma sull’importan- Regi tradidit, ne à Tiranno diriperetur. Anno za della medesima a testimonianza dell’in- salutis CD. LIII”. tervento del letterato trevigiano nella det- tatura dei soggetti da rappresentare, tanto L’allusione alla natura canina di Atti- che la sua lettura fornirebbe “una picciola la, figlio di una principessa unna e di un tintura di storia”60:

La leggenda di Attila nella pittura a Treviso fra Cinque e Settecento 47 “Dopo aver data notizia delle nostre pubbli- vo proprio mentre era intento alla redazio- che Pitture, ci cade qui pur molto bene in ac- ne della Historia di Trivigi, getta comunque concio di rapportare una Lettera scritta dal una preziosa luce sulla collaborazione fra Nostro Storico Bonifaccio al Sig. Antonio pittori e letterati nella Treviso di fine Cin- Beffa a Mantova, e stampata nelle sue Let- quecento62: tere Familiari in Rovigo per Daniele Bissuc- cio l’anno 1627, nella quale, essendone lui “Di questo pittore [il Pozzoserrato] sono le stato l’Autore, dà contezza delle Pitture, che pitture che si vedono dentro e fuori del Con- sono sopra il Palazzo del Consiglio, e spie- siglio del Comune di Trivigi. Giovanni Bo- ga le storie, e gli emblemi di quelle, delle nifacio che scriveva allora la storia Trevi- quali pur molte ancora non guaste dal tem- giana ne diede i temi, e gli argomenti, come po si conservano. Ed io penso, che i nostri egli stesso confessa in una delle sue lette- Cittadini non mi sapranno se non che ave- re stampate, in cui tutte descrive le pitture re a grado, che loro ponga sott’occhio questa che dentro e fuori, dall’alto al basso, di quel Lettera; conciossiaché essendo il Libro raro, Consiglio furono dipinte. Non fu fin’ora se- come lo sono ancora tutti gli altri dello stes- gnato il nome del pittore che tante cose e so pregiato Autore, e forse a pochi noto, oltre storie dipinse, ma dal sapere il tempo in cui la dichiarazione delle Pitture, si ricava an- si dipinsero dalla sopralegata lettera notato, cora dalla medesima una picciola tintura di dallo stile e maniera in cui si veggono ese- storia, di qualche fatto egregio, e di qualche guite non dubito di affermare che opera tut- uomo insigne, che la Città nostra ha in alcun ta fu di Lodovico”. tempo operato, e prodotto: onde possono ri- cavare i meno pratichi delle patrie antichi- Lorenzo Crico, nella sua Indicazione sul- tà non lieve vantaggio, e profitto di ricogni- le pitture, descrivendo la facciata del Palaz- zione”. zo, fornisce particolari sulla loro ubicazio- ne e sullo stato di conservazione; ci informa Domenico Maria Federici, nelle Memo- inoltre che, nel 1829, la scena di Attila alle rie Trevigiane, giunge a identificare l’arti- porte di Treviso era l’unica ad essere rima- sta nel pittore neerlandese Lodovico Toe- sta fra quelle dipinte sopra gli archi del por- put, conosciuto come il Pozzoserrato, attivo tico, ma non si esprime sulla questione at- a Treviso a partire dagli anni intorno al 1589 tributiva63: e abile esecutore di pitture a fresco, qua- si tutte ormai deperite, salvo qualche ecce- “Nella facciata esteriore, che guarda la piaz- zione, come i lavori a Santa Maria dei Battu- za, veggonsi alcune pitture lodevolissime ti a Conegliano e a casa Zignoli di Treviso61. d’incerto autore. Quelle, che si fecero in al- A prescindere dalle riserve del Menegaz- cuni riquadri sopra gli archi del portico sono zi, che ha visto in questa nota del Federi- perite, all’eccezione d’una soltanto, che rap- ci l’origine dell’attribuzione al Pozzoserra- presenta il prospetto della città di Treviso, to avanzata dal Sernagiotto, la menzione ai alle cui porte vedesi Attila re degli Unni; e rapporti fra l’artista nordico e il Bonifacio, (come dice la guida del Rigamonti c. 59 § V). ispiratore di quel medesimo ciclo decorati- ‘Elviando vescovo, che lo introduce in Tre-

48 AFAT 31 vigi, acciocchè non la distrugga’ [Rigamonti, pitture di storie trevisane. All’esterno v’e- Descrizione, p. 54]”. rano vari riquadri, dei quali pure non se ne conservava che uno al momento della ridu- A sette anni dall’uscita dell’opera di zione di questo locale a biblioteca e questo Crico iniziava la demolizione del Palazzo rappresentava Elviando vescovo di Treviso del Consiglio, con la graduale perdita to- nell’atto di placar Attila [sic]”. tale della facciata dipinta64: risale al 1840 un disegno, conservato presso la Bibliote- L’attribuzione della facciata dipinta al ca Comunale di Treviso (D2), eseguito qua- Pozzoserrato compare nuovamente nel- si sicuramente a memoria e quindi impre- la prima Passeggiata (1869) di Matteo Ser- ciso rispetto al suo aspetto originale (fig. nagiotto, autore della citata postilla alle an- 4); inoltre un acquerello a inchiostro di notazioni autografe del Bonifacio, però con china custodito dalla medesima Biblioteca una svista cronologica, in quanto l’auto- (D1) ritrae invece il prospetto dell’edificio re indica come data il 1597 anziché quella (fig. 5). Il Cavalcaselle, durante il viaggio a esatta del 158766: Treviso del 1866, non fece in tempo ad os- servare i dipinti ormai irrimediabilmente “Mira in prospetto alla piccola piazza quel- scomparsi, tuttavia la descrizione della raf- la leggiadra aula destinata all’ordinario Con- figurazione pittorica dell’incontro fra Atti- siglio, come di semplice lombardesca ar- la ed Elviando ritorna con insistenza in tre chitettura fa di sé vaga mostra negli antichi repertori dati alle stampe qualche decennio stemmi del nostro Comune, e nei recen- dopo l’inizio dei lavori di riqualificazione ti della Serenissima dominante, e né vari edilizia dell’area, perciò i loro autori dovet- monumenti e ancor più nelle eccelse pittu- tero basarsi su fonti precedenti la scompar- re, ch’entro e fuori l’adornavano, testè (1597) sa delle pitture cinquecentesche. Risale al compiute dal celebre pittore Lodovico Poz- 1861 la prima edizione di Treviso e la sua pro- zoserrato, le quali ricordano i fasti più glo- vincia di Giovan Battista Alvise Semenzi, il riosi della nostra città e della Marca”. quale, pur dimostrandosi molto preciso nel riferire la perdita dei dipinti a seguito de- Infine, ne La città di Treviso (1892), gli interventi strutturali intrapresi, non no- Francesco Scipione Fapanni ripercorre le mina l’artista; apprendiamo comunque che, fasi storico-costruttive del Palazzo nell’Ot- all’inizio delle operazioni nel 1847, era an- tocento e, citando espressamente i prede- cora visibile, nella Piazza dei Signori, la raf- cessori Federici e Crico, descrive le antiche figurazione di Attila ammansito dal vesco- pitture e riporta la “sospetta” attribuzione al vo trevigiano65: Pozzoserrato67:

“A levante della piazza […] ove stava l’anti- “Palazzo dell’antico consiglio in un ango- co palazzo del consiglio, fu eretta nel 1847 la lo della Piazza maggiore. Era tutto dipin- biblioteca comunale, con disegno dell’inge- to a fresco dentro e fuori con vittorie pa- gnere architetto nobile Bomben separando- trie descritte in una lettera dell’anno 1588 la così dalla capitolare. Qui esistevano molte dello storico Giovanni Bonifacio non ac-

La leggenda di Attila nella pittura a Treviso fra Cinque e Settecento 49 4 - Antico Palazzo del Consiglio Minore o dei Quaranta. Treviso, Biblioteca Comunale

cennandone il Pittore. Il Federici (op. II, La serie dei dipinti ispirati alla leg- 52) sospetta [corsivo mio] essere dette pit- genda trevigiana di Attila non si esauri- ture di Lodovico Pozzoserrato Fiammingo. sce con le pitture dettate dal Bonifacio per Questi affreschi erano quasi tutti perduti la facciata del Palazzo del Consiglio. Nel- allorché nell’anno 1847 si rifabbricò il lo- la seconda metà del Settecento il vescovo cale con disegno dell’architetto Francesco Paolo Francesco Giustiniani fece abbelli- Bomben. E si collocò la Biblioteca Civica, i re le stanze dell’Episcopio con dipinti, a cui libri stavano uniti nella Biblioteca Ca- fresco o a olio, che rappresentavano i fat- pitolare. La biblioteca negli anni 1878/9 fu ti salienti delle storia religiosa della città. traslocata al nuovo fabbricato eretto dove Il Federici e il Sernagiotto ne danno conto sorgeva la Chiesa degli Scalzi. Nel febbra- in modo particolareggiato. Il primo, av- io 1836 si cominciò a demolire l’antica fab- vezzo come sempre a suggerire attribu- brica del Consiglio, coll’intenzione di eri- zioni anche quando le altre fonti tacciono, gere un nuovo edificio per colocare i libri nelle Memorie Trevigiane del 1803, sotto il della Biblioteca Civica, deposti nella Bi- lemma Gallerie in Trevigi, fornisce dettagli blioteca Capitolare. Ma per dodici anni non circa l’artista, il committente e la tecnica si fece nulla”. pittorica68:

50 AFAT 31 5 - Antico Palazzo del Consiglio Minore o dei Quaranta, Prospetto. Treviso, Biblioteca Comunale

“Giacomo Belloni, Giovane Trevigiano nato in La stanza fatta dipingere dal Giustinia- Uderzo molto dipinse in Trevigi presso il Ve- ni ritorna nella seconda Passeggiata (1870) scovo Paolo Francesco Giustiniani, e special- di Sernagiotto69, che riprende la descrizio- mente in una camera tutta a olio tutta la sto- ne del predecessore, senza tuttavia indicare ria Ecclesiastica Trevigiana […]. Quantunque la paternità dei dipinti e con una sfasatura della maggior parte delle Pitture che sono in cronologica, infatti gli anni dell’episcopa- alcune Quadrarie Trevigiane siasi fatto paro- to del committente vanno dal 1750 al 1787: la, nel parlare dei loro autori, nientemeno non sarà spiacevole qui ricordarle. Nell’Episcopio “Testè (1623) anche il vescovo Paolo Fran- di Trevigi oltre al Salone, vi sono pitture nel- cesco Giustiniani facea dipingere in alcu- le Camere a fresco, ed a olio: una Camera isto- ne stanze di questo episcopio i più salienti riata coi fasti vescovili Trevigiani: Elinando, fasti de’ vescovi trivigiani, e vi vedi Elian- che Amansa Atila: Felice, che si fa Amico Al- do, che ammansa Attila; Felice, che si ami- buino […]. Tutto questo si fece dipingere dal ca Alboino”. Vescovo Paolo Francesco Giustiniani, che con nuova Porta, e nobile Scala fece l’ingresso del Su Giacomo Belloni da Oderzo sappiamo Vescovato per la parte del Salone”. ben poco, e gli unici dati in nostro possesso

La leggenda di Attila nella pittura a Treviso fra Cinque e Settecento 51 dipendono quasi esclusivamente dal Fede- Una maledizione sembra avere colpito rici70. Putroppo il palazzo vescovile ha subito le nostre pitture di Attila, condannandole alterne vicende: alle modiche apportate dal alla scomparsa. Comunque, le antiche de- Giustiniani nella seconda metà del Sette- scrizioni di cultori di storia locale e storici cento è seguito l’abbandono sotto il vescovo dell’arte dell’Ottocento si rivelano di gran- Sebastiano Soldati (1829-1846), e solo dopo de importanza, una sorta di salvataggio dal i restauri fatti realizzare da Federico Maria loro totale oblio, testimoniando altresì la Zinelli (1861-1879), ha ospitato nuovamente vitalità di una leggenda in grado di suscita- la sede episcopale, danneggiata un’altra volta re, a distanza di tempo, un forte sentimento durante il primo conflitto mondiale71. di orgoglio civico.

Note

Ringrazio di cuore Giorgio Fossaluzza ed Euge- Exhinc iam audaciores et necdum Romano- nio Manzato per i loro preziosi incoraggiamen- rum sanguine satiati per reliquas Venetum ci- ti e suggerimenti, Gianluigi Perino della Biblio- vitates Hunni bacchantur [corsivo mio]”. teca Comunale di Treviso e Tommaso Scattolin 4 Pauli Diaconi Historia romana in usum scho- dell’Associazione Culturale “Il Rivolo” di Rio larum ex M.G.H. recusa, a cura di H. Droysen, San Martino di Scorzè, i quali mi hanno assisti- in M.G.H, Scriptores Rerum Germanicarum, ta nella ricerca di fonti e altro prezioso materia- XLIX, München 1978 [=rist. anast. dell’ed. le bibliografico. Berolini 1879], pp. 113-114: “Ac primum Aquileiam civitatem in ipso Italiae sita prin- 1 A. Calderini, Aquileia romana, Milano 1930, cipio adgressus est; quam continuo trien- p. 86; P. Courcelle, Histoire des grandes inva- nio obsidens, cum adversus eam strenue sions germaniques, Paris 19643, pp. 160-163; civibus repugnantibus nihil praevaleret G. Zecchini, Aezio: l’ultima difesa dell’Occi- iamque murmur sui exercitus non valentis dente romano, Roma 1983, pp. 275-277; Idem, famis tolerare penuriam audiret […] adhi- Attila, Palermo 2007, pp. 170-177. bitis machinis tormentisque hortatur suos, 2 Priscus Panita, Excerpta et fragmenta, ed. P. acriter expugnat urbem et sine mora ca- Carolla, Berolini 2008, pp. 57-58. pit: diripiuntur opes, captivantur vel truci- 3 Iordanis Romana et Getica, a cura di Th. dantur cives, residuum direptioni igni sup- Mommsen, in M.G.H., Auctores Antiquissi- posto flamma consumit. Plura praeterea mi, V, 1, Berolini 1882, p. 114: “Quid plu- eiusdem regionis castella immanis hostis ra? Animos suorum rursus ad oppugnan- extinctis vel captivatis civibus succendit ac dam Aquileiam inflammat. Qui machinis diruit, Concordiam, Altinum sive Patavium, constructis omniaque genera tormentorum vicinas Aquileiae civitates illius instar de- adhibita, nec mora et invadunt civitatem, moliens solo coaequavit. Exinde per univer- spoliant, dividunt vastantque crudeliter, ita sas Venetiarum urbes, hoc est Vicentiam, Ve- ut vix eius vestigia ut appareat relinquerunt. ronam, Brixiam, Pergamum seu reliquas nullo

52 AFAT 31 resistente Hunni bacchantur [corsivo mio] Me- cura di M. Salsone-T. Scattolin, con il con- diolanium Ticinumque pari sorte diripiunt, tributo di R. Durighetto - N. , Zero ab igni tamen abstinentes et ferro”. Branco 2012, pp. 40-41,69-70. 5 G. Zecchini, Aezio: l’ultima difesa…, cit., p. 9 Alle due pale per San Martino non viene fat- 275 nota 60; L. Bosio, L’asse padano, in La to cenno in G. Martinelli Braglia, Sante Pe- Venetia nell’area padano-danubiana. Le vie di randa. Un pittore alle corti dei Pico e degli Este, comunicazione, Atti del Convegno internazio- prefazione di G. Guandalini, Modena 1987, nale, Venezia, 6-8 aprile 1988, Padova 1990, pp. 13-16; M. Lucco, La pittura nelle provin- pp. 21-29; Idem, Dai Romani ai Longobar- ce di Treviso e Belluno, in La pittura in Italia. di: vie di comunicazione e paesaggio agrario, Il Cinquecento, a cura di G. Briganti, I, Mi- in Storia di Venezia, I (Origini - Età ducale), a lano 1988, pp. 797-798; P. Humfrey, Venezia cura di L. Cracco - G. Ortalli, Roma 1992, 1540-1600, in La pittura nel Veneto. Il Cinque- pp. 175-208; M. Calzolari, L’itinerario di At- cento, a cura di M. Lucco, II, Milano 1998, p. tila, in Attila flagellum Dei?, Atti del Conve- 531; G. Fossaluzza, Treviso 1540-1600, ivi, pp. gno internazionale di studi storici sulla figu- 698-700, 715; M. Binotto, Peranda Sante, in ra di Attila e della discesa degli Unni in Italia La pittura nel Veneto, Il Cinquecento, III, a cura nel 452 d.C., a cura di S. Blason Scarel, Roma di M. Lucco, Milano 1999, p. 1315. 1994, pp. 118-119; S. Blason Scarel, Gli Unni 10 C. Ridolfi-G. Vedova, Le maraviglie dell’arte dal IV al V secolo, in Attila e gli Unni. Mostra ovvero Le vite degli illustri pittori veneti e dello itinerante, a cura di S. Blason Scarel, Roma Stato, II, Padova 18372, p. 522. 1995, pp. 24-26; G. Zecchini, Attila…, cit., 11 Treviso, Archivio Storico Diocesano, Visite pp. 144-146. Pastorali, b. 48, c. 7. 6 D. Sinor, The historical Attila, in Attila. The 12 D.M. Federici, Memorie trevigiane nelle opere man and its image, ed. by F.H. Bäuml - M.D. di disegno dal 1100 al 1800 per servire alla sto- Birnbaum, Budapest 1993, pp. 3-15; D.J. ria delle belle arti in Italia, II, Venezia 1803, Ward, Attila, king of the Huns in narrative lore, pp. 54-55. Ibidem, pp. 38-39; F. Bertini, Attila, opti- 13 Treviso, Archivio Storico Diocesano, Visite mum princeps, Bologna 2010, p. 28; L.F. Pastorali Mons. Longhin 1908/1920/1929, Pizzolato, Ambrogio e gli Unni, in Ambrogio e i b.110 c. 5: ed. La chiesa e la parrocchia di Rio Barbari, Atti del sesto Dies Academicus, Mila- San Martino…, cit., pp. 74-55. no, 26-27 aprile 2010, a cura di I. Gualandri- 14 Ed. Estoire d’Atile en Ytaire. Testo in lingua R. Passarella, Milano 2011, pp. 77-93. francese del XIV secolo, a cura di V. Bertolini, 7 Città del Vaticano, Stanza di Eliodoro: cfr. P. Povegliano (Verona) 1976: “Et Ovetherz de- De Vecchi, Raffaello, Milano 1975, pp. 107- gasta il et Trevis. La cité amoreuse”. 108; Idem, Raffaello: la mimesi, l’armonia, 15 Madrid, Biblioteca Nacional, 8828 (olim X. l’invenzione, Firenze 1995, pp. 43, 46, 229; 165), ff. 50v-61v (sec. XIV ex. - XV in.); Cit- L. Pletti, L’incontro di Leone Magno e Attila, tà del Vaticano, Biblioteca Apostolica, Ot- in Attila e gli Unni…, cit., pp. 144-146; P. De toboniano latino 1120, ff. 1r-26v (sec. XIV Vecchi-E. Cerchiari, I tempi dell’arte, II, Mi- ex. - XV in.): “Tunc Attila destruxit Asilum lano 1999, p. 206; K. Oberhuber, Raffaello, et aliud castrum quod vocatur Opitergium et Milano 1999, pp. 108, 110, 113; P. Franzese, Tervisiam civitatem amorosam”. Raffaello, Milano 2008. 16 Nel testo della princeps, uscita a Venezia nel 8 R. Camerlingo, La più antica testimonianza 1472 per i tipi Filippo e Gabriele Di Pietro artistica del Peranda, San Martino di Scorzé e conservata nell’attuale incunabolo G 230 1993; La chiesa e la parrocchia di Rio San Mar- della Biblioteca del Museo Correr di Venezia, tino: 1512-2012. Cinquecento anni di storia, a leggiamo (c. 25): “anchora desfece l’amoro-

La leggenda di Attila nella pittura a Treviso fra Cinque e Settecento 53 sa città de Treviso”; cfr. M. Beer, Romanzi di XV, Treviso 1983, p. 16; J. S´laski, La fortuna cavalleria. Il Furioso e il romanzo italiano del dell’opera letteraria callimachea, in Callima- primo Cinquecento, Roma 1987, pp. 328, 330. co Esperiente poeta e politico del ’400, Convegno 17 La Guerra d’Attila di Niccolò da Casola, a cura internazionale di studi, San Gimignano, 18-20 di G. Stendardo, Modena 1941, II, pp. 193- ottobre 1985, a cura di G.C. Garfagnini, Fi- 196. renze 1987, pp. 78-79; L. Szörényi, Callima- 18 A. Carile, La cronachistica veneziana (secoli co e la corte di re Mattia, in Callimaco Esperien- XIII-XVI) di fronte alla spartizione della Roma- te..., cit., pp. 114-116; Bertini, Attila…, cit., nia nel 1204, con una appendice di R.-J. Loe- pp. 49-50. nertz, Firenze 1969, p. 263. 24 J. Allenspach-G.Frasso, Vicende, cultura e 19 Attila flagellum Dei. Poemetto in ottava rima scritti di Gerolamo Squarzafico, “Italia medio- riprodotto sulle antiche stampe, a cura di A. evale e umanistica”, XII, 1980, pp. 259-260. D’Ancona, Pisa 1864, p. 24. 25 G. Candido, Commentarii de i fatti d’Aquile- 20 G. De Novaes, Elementi della Storia dei sommi ia, Bologna 1969 [=rist. anast. dell’ed. Ve- pontefici: da Pietro fino al felicemente regnan- nezia 1544], p. 30v; cfr. R. Ricciardi, Can- te Pio papa III, I, Roma 1821, p. 169 e nota; dido, Giovanni, voce in Dizionario Biografico E. Pistolesi, Il Vaticano descritto ed illustra- degli Italiani, XVII, Roma 1974, pp. 783-784; to, con Disegni e contorni diretti dal Pittore Cav. A. Grossi, Attila nelle opere a stampa del XVI- Tommaso De Vivo, Roma 1829, p. 193; Š. Lju- XIX secolo, in Attila e gli Unni…, cit., p. 123. bic´, Dizionario biografico degli uomini illustri 26 L. Coletti, Treviso, Bergamo 1926, pp. 21- della Dalmazia, Vienna - Zara 1836, p. 70. 22; Treviso. Guida ritratto di una provincia, 21 Paolo Diacono, Storia dei Longobardi, a cura Itinerari di A. Bellieni - G.G. Cappella- di E. Bartolini, Testo latino a fronte, Mila- ri, Treviso 1986, p. 111; S. Gasparri, Dall’e- no 1999, pp. 68-69: “Igitur Alboin cum ad tà longobarda al secolo X, in Storia di Treviso, fluvium Plabem venisset, ibi ei Felix episco- II (Il Medioevo), a cura di E. Brunetta, Vene- pus Tarvisianae ecclesiae occurrit. Cui rex, zia 1991, pp. 3-4; A. Bellieni, Architettura ed ut erat largissimus, omnes suae ecclesiae evoluzione urbanistica, in Storia di Treviso, III facultates postulanti concessit et per suum (L’Età moderna), a cura di E. Brunetta, Ve- pracmaticum postulata fermavit”; cfr. S. Ta- nezia 1992, p. 217. vano, “Aquileia fracta est”, in Attila flagellum 27 M. Lucco, La pittura nelle province…, cit., II, Dei?…, cit., pp. 37-38. p. 623; G. Fossaluzza, Treviso…, cit., pp. 675- 22 Plutarchi Vitae nuper quam diligentissime reco- 676; P. Casadio, Amalteo Pomponio, in La pit- gnitae quibus tres virorum illustrium vitae adi- tura nel Veneto…, cit., III, pp. 1264-1265. tae fuerunt et in fine voluminis aposita, Vene- 28 B. Burchelati, Commentariorum memorabi- tiis 1502, p. CXLV. lium multiplicis hystoriae locuples propmtua- 23 Callimachus Experiens, Attila, Accedunt rium libris quatuor distributum, Tarvisii 1616, opuscula Quintii Aemiliani Cimbriaci ad At- p. 564. tilam pertinentia, a cura di T. Kardos, Lip- 29 R. Zotti, Pomponio Amalteo, pittore del XVI siae 1932, p. 12; D.M. Federici, Memorie tre- secolo. Sua vita sue opere e suoi tempi, Udine vigiane sulla tipografia del XV secolo, Venezia 1905, pp. 134, 256. 1805, pp. 59-60; A. Marchesan, Treviso me- 30 Catalogo delle cose d’arte e di antichità d’Italia. dievale, Treviso 1923, I, p. 3; II, pp. 311-312; Treviso, a cura di L. Coletti, Roma 1935, pp. D. Caccamo, Buonaccorsi, Filippo (Callima- 22-23: “Nei cinque riquadri fra le finestre, chus Experiens), voce in Dizionario Biografi- affreschi rovinatissimi con scene attinenti co degli Italiani, XV, Roma, 1972, pp. 78-83; la storia di Treviso. A) Si scorgono vari put- D.E. Rhodes, La stampa a Treviso nel secolo tini; B) Indecifrabile; C) Allegoria della Giu-

54 AFAT 31 stizia (?) Donna con spada in mano, sfondo di famiglia” pubblicato a Trieste nel novem- di paese con città; D) Indecifrabile; E) Inse- bre 1856 (Treviso, Foto Archivio Storico Tre- gne vescovili rette da due grandi angeli. Sot- vigiano, Fondo Fini, n. immagine F7988; fig. to attorno all’arco: F) Trofei di bandiere, con 2), che tuttavia non recano traccia dei dipinti puttini”; cfr. G. Truant, Pomponio Amalteo dell’Amalteo: E. Manzato, Operatività di Lui- e le sue opere, Pordenone 1980, p. 24; A.M. gi Bailo, in Facciate affrescate a Treviso..., cit., Spiazzi, Il catalogo dei beni artistici e storici del pp. 59-73: p. 66, figg. 16-17. Veneto. Le decorazioni di facciata a Treviso, in 35 A. Rigamonti, Descrizione delle pitture più ce- Facciate affrescate a Treviso. Restauri, Catalogo lebri…, cit., p. 49: “La Porta dell’Attilia. Al della mostra, Treviso, Casa da Noal, 30 settem- di dentro, cioè verso la città, la facciata tut- bre-30 novembre 1989, a cura di G. Fossaluzza- ta dipinta a fresco da Pomponio Amaltei, che E. Manzato, Treviso 1989, p. 98. fiorì nell’anno 1560” 31 A. Rigamonti, Descrizione delle pitture più ce- 36 D.M. Federici, Memorie trevigiane…, cit., p. lebri che si vedono esposte nelle chiese ed altri 12: “Pomponio Amalteo […] nella porta Al- luoghi pubblici di Trivigi, Ristampa con intro- tinia di dentro con istoriato vi dipinse la fac- duzione e note a cura di C. Vodarich, Treviso ciata a fresco”. 1978, p. 64. 37 L. Crico, Indicazione delle pitture ed altri og- 32 Treviso, Biblioteca Comunale, ms. 643, vol. I getti di belle arti degni d’osservazione esisten- (Secolo), cc. 24-25, 29-30. ti nella R. città di Treviso, Treviso 1829, p. 58: 33 Ivi, pp. 17-18: “[…] scese Attila in Ita- “La facciata [della Porta Attilia], che guar- lia, che dopo aver mandato a ferro e fuoco da il borgo interiore della città, è dipinta da molte altre città, venne sotto Trivigi, quale Pomponio Amalteo; con belle pitture, come avrebbe corso l’istessa sorte se i Trevigiani ché danneggiate dal tempo. Esse rappresen- a persuasione di Elviando loro vescovo non tano un vescovo, alla parte destra del riguar- si fossero arresi, che perciò inviarono Sa- dante, con puttini d’intorno, l’uno de’ quali lomone da Uderzo e Giberto Mezzaluna am- sostiene il suo pastorale e nel quadro vicino basciatori al re vittorioso dimostrandogli la un venerabile personaggio, che sembra of- grandezza de’ cittadini di riceverlo Signo- frire a’ puttini somiglianti alcuni fili bian- re, et padrone come fu poi anco ricevuto chi, o corone. Nel lontano di questo qua- in città con tutte le maggiori dimostrazio- dro vedesi la città di Treviso, e nel lontano ni di giubilo, e pubbliche feste, restando in dell’altro la città di Venezia. Alcun’altre pit- tal guisa Trivigi sotto il tirannico comando ture contigue somiglianti sono assai dan- d’Attila, quale nel 455 oppresso all’improv- neggiate”; Idem, Lettere sulle belle arti trivigia- viso una notte dal sangue, che per l’intem- ne, Treviso 1833, pp. 60-61: “Ponevamo di peranza del giorno passato lo soffocò perse già il piede nel borgo di porta Attilia, detta con la vita Trivigi”. anche Altinia (perché metteva ad una stra- 34 E. Manzato, I testimoni della città dipinta: eru- da, che conduceva in Altino, città non lon- diti trevigiani tra Seicento e Ottocento, in Fac- tana distrutta da Attila) […]. Giungemmo ciate affrescate a Treviso…, cit., pp. 11-19. Di appunto a quella porta, nella cui facciata in- notevole interesse sono anche le raffigura- terna veggonsi alcune pitture di Pomponio zioni della Porta nelle raccolte di acquerel- Amalteo […]”. li fatte realizzare nella seconda metà del XIX 38 G.B.A. Semenzi, Treviso e la sua provincia, secolo da Luigi Bailo, allora direttore del- Treviso 18642, pp. 12-13, 206, 215: “Giungesi la Biblioteca Civica di Treviso (D 12; fig. 1) e poscia alla porta Altinia o Attilia. Nella par- una litografia di Pietro Chevalier riprodotta te che riguarda la città ha un deperito dipin- per la prima volta nel fascicolo delle “Letture to di Pomponio Amalteo che rappresenta un

La leggenda di Attila nella pittura a Treviso fra Cinque e Settecento 55 vescovo, forse Elviando, poiché vuolsi che la sala de’ notai di Belluno […] quelli del da questa parte Attila si presentasse prove- duomo e di Porta Altinia in Treviso”. niente da Altino. È circondata da putti, che 43 G. Fiocco, Gli appunti di Giambattista Caval- sostengono gli emblemi vescovili”. caselle, “Arte Veneta”, VI, 1952, pp. 208-210; 39 M. Sernagiotto, Passeggiata per la città di Tre- E.E. Gardner, Dipinti rinascimentali del Metro- viso verso il 1600, Bologna 1975 [= rist. anast. politan Museum nelle carte di G. B. Cavalcasel- dell’ed. Treviso 1871], p. 83: “Sull’interna le, “Saggi e memorie di storia dell’arte”, VIII, facciata [della Porta Altinia] fan bella mostra 1972, p. 69; D. Levi, Cavalcaselle. Il pionie- gli affreschi del celebre Pomponio Amalteo, re della conservazione dell’arte italiana, Torino che in cinque comparti ricordano fatti ri- 1988, p. 297 nota 36; G. Fossaluzza, Cavalca- guardanti l’antica città di Altino”. selle a Treviso e nel territorio: appunti e disegni da 40 F.S. Fapanni, La città di Treviso esaminata ne- facciate dipinte nel Cinquecento, in Facciate af- gli edifici pubblici e privati ch’esistono e che esi- frescate…, cit., pp. 20-57: pp. 20, 49 nota 2. stevano colle iscrizioni, pitture e notizie loro, 44 Cfr. G. Fossaluzza, Cavalcaselle…, cit., pp. IV, in ms. Treviso, Biblioteca Comunale, 32, 37, fig. 24, p. 54 nota 36. 1355, IV, cc. 59-60: “Al di dentro [della Por- 45 G.B. Cavalcaselle, Pomponio Amalteo, Udine ta Altinia], cioè verso la città, la facciata tut- 1961, p. 29: “Nel 1564 l’Amalteo era a Trevi- ta dipinta a fresco da Pomponio Amalteo, so, ove dipinse la tela a olio, colle figure di che fiorì nell’anno 1560 […]. La Porta Alti- grandezza naturale, che si conserva nel duo- nia fu chiusa nel […] 1861, quando fu aper- mo di quella città. Rappresenta una gloria di ta la Barriera Altinia detta poi Barriera Vit- angeli intorno alla croce, e sotto san Giaco- torio Emanuele […]. La Barriera fu detta da mo, Sant’Antonio, San Bernardino e un al- prima Altinia, come ben si doveva chiamare, tro Santo, e nel mezzo tre angioli che suo- essendo sostituita alla Porta Altinia di me- nano degli strumenti a corda. […] Oltre a moria romana. Ma, compiuta ed aperta nel quella tela rimangono ancora i freschi che 10 luglio 1861 in mercordì col nome di Bar- Pomponio avea fatti sulle pareti di Porta Al- riera Altinia, cambiò poi nome; ed ora è det- tina, una delle porte di Treviso”; cfr. P. Goi, ta Porta o Barriera Vittorio Emanuele, per le Documenti, in Pomponio Amalteo Pictor San- solite adulazioni sovrane”. cti Viti (1508-1588), Catalogo della Mostra di 41 F. di Maniago, Storia delle belle arti friula- San Vito al Tagliamento, a cura di P. Casadio- ne, Udine 18232, pp. 102, 231: “[Pomponio C. Furlan, Milano 2006, p. 263. Amalteo] eseguì a Treviso alcuni deboli fre- 46 G.B. Cavalcaselle, La pittura friulana del Ri- schi al duomo, ed alla porta Altilia, dei qua- nascimento, a cura di G. Bergamini, presen- li i primi non servon, che d’accessorio alle tazione di D. Gioseffi, Vicenza 1973, pp. 114, pitture nel luogo stesso lavorate dal Porde- 151 nota 334. none e da altri, ed i secondi guasti dal tem- 47 G.B. Cavalcaselle-J.A. Crowe, A History of po, e di poca considerazione non basta- Painting in North Italy. Venice, Padua, Vicen- no a farlo conoscere per quel grand’uomo za, Verona, Milan, Brescia from the Fourteenth ch’egli era […]. Nella facciata interna della to the Sixteenth Century, III, Milano 2006 [= porta Altinia [Amalteo dipinse] alcuni ve- rist. anast. dell’ed. London 1912], pp. 199- scovi con armi, ornati ec. Ha sofferto molto 202 nota 1. dal tempo”. 48 Attila flagellum Dei…, cit., p. LXXXIII: “sul- 42 J. Mantoani, Elogio di Pomponio Amalteo, la Porta Altinia di Vicenza [sic] un dipinto San Vito 1838, p. 24: “Della terza maniera, di Pomponio Amalteo ricorda l’atto di som- e quindi men belli dei già ricordati, sono i missione ad Attila fatto a nome della città da quattro affreschi da Pomponio condotti nel- Giberto Mezzaluna e Salomone da Oderzo

56 AFAT 31 per consiglio del vescovo Elviando”; cfr. qui cit., II, pp. 812-3; G. Fossaluzza, scheda, in Le nota 24. stanze del cardinale Monti (1635-1650). La col- 49 A. D’Ancona, Studi di critica e storia letteraria, lezione ricomposta, Catalogo delle mostra di Mi- Bologna 1880, p. 480. lano, pp. 162-164, n°2; Idem, Treviso…, cit., 50 Idem, Poemetti popolari italiani, Bologna pp. 690-698; S. Mason Rinaldi, Pozzoserra- 1889, pp. 208, 287. to Ludovico Lodewijk Toeput detto, in La Pittura 51 Cfr. G. Benzoni, Bonifacio Giovanni, voce in in Italia..., cit., III, pp. 1317-8; G. Fossaluzza, Dizionario Biografico degli Italiani, XII, Roma Ludovivo Toeput detto il Pozzoserrato, in Musei e 1971, pp. 194-197. Gallerie di Milano. Quadreria dell’Arcivescova- 52 G. Bonifacio, Historia di Trivigi, Venezia do, Milano 1999, pp. 58-60, cat. 41. 1744, pp. 42-45. 62 D.M. Federici, Memorie Trevigiane…, cit., p. 53 G. Benzoni, L’ambiente culturale nella Trevi- 52; cfr. L. Menegazzi, Ludovico Toeput…, cit., so del tardo Cinquecento, in Toeput a Treviso. pp. 170, 191, 219. Ludovico Pozzoserrato, Lodewijk Topeut, pittore 63 L. Crico, Indicazione…, cit., p. 24. neererlandese nella civiltà veneta del tardo Cin- 64 L. Menegazzi, Ludovico Toeput…, cit., p. 219; quecento, Atti del Seminario (Treviso, 6-7 Idem, Il Pozzoserrato, Vicenza 1958, p. 31; M. novembre 1987), a cura di S. Mason Rinal- Altarui, Pière…, cit., p. 17; E. Manzato, I te- di - D. Luciani, Asolo 1988, pp. 17-18. stimoni…, cit., pp. 14-5, fig. 3, 19 nota 39. 54 L. Menegazzi, Lodovico Toeput (il Pozzoserra- 65 G.B.A. Semenzi, Treviso e la sua provincia…, to), “Saggi e memorie di storia dell’arte”, I, cit., pp. 168-9 e nota 16. 1957, p. 170 nota 29; 66 M. Sernagiotto, Passeggiata…, cit., p. 15; cfr. 55 A. Rigamonti, Descrizione delle pitture più ce- L. Menegazzi, Ludovico Toeput…, cit., p. 170, lebri, pp. 50-58: p. 54; D.M. Federici, Memo- nota 29. rie Trevigiane…, cit., pp. 77-81: p. 79; cfr. C. 67 F.S. Fapanni, La città di Treviso…, cit., pp. De Michelis, Burcheltati Bartolomeo, voce in 155-6. Dizionario biografico degli italiani, XV, Roma 68 D.M. Federici, Memorie Trevigiane…, cit., pp. 1972, pp. 399-401. 135, 223. 56 M. Pastore Stocchi, Pittori e letterati epigo- 69 M. Sernagiotto, Passeggiata…, cit., p. 72. ni dell’Ariosto a Treviso, in Paris Bordon e il suo 70 U. Thieme-F. Becker (a cura di), Allgemeines tempo, Atti del Convegno internazionale di Lexikon der Bildenden Künstler von der Antike studi (Treviso, 28-30 ottobre 1985), a cura bis zur Gegenwart, III, Leipzig 1909, p. 269; E. di G. Fossaluzza - E. Manzato, Treviso 1987, Bénézit, Dictionnaire critique et documentai- pp. 236, 240. re des peintres, sculpteurs, dessinateurs et gra- 57 Modena, Biblioteca Estense e Universitaria, veurs, I, Paris 19482, p. 539. Manca una voce ms. W.8.16 (Estero 26), ff. 1r, 2r, 4r; ms. α. corrispondente in Dizionario delle pittura e W. 8. 17 (Estero 27), f. 1v dei pittori, Paris-Torino, 1979-1989. Non ne 58 Cfr. nota 17 e testo. viene fatto cenno in E. Manzato, La pittura 59 I. Nono, La Marca Amorosa. I suoi tiranni, i suoi nel Settecento a Treviso, in La pittura in Italia. signori, Treviso 1931, p. 106; M. Altarui, Pière Il Settecento, a cura di G. Briganti, I, Milano in piassa (gli edifici pubblici nella principale 1990, pp. 200-217 e R. Pallucchini, La pit- piazza di Treviso), Treviso 1977, pp. 17-21. tura nel Veneto. Il Settecento, II, Milano 1996. 60 A. Rigamonti, Descrizione delle pitture…, cit., 71 F.S. Fapanni, La città di Treviso esamina- pp. 40-50. ta negli edifici pubblici e privati ch’esistono e 61 M. Lucco, La pittura nelle province…, cit., p. che esistevano colle iscrizioni, pitture e notizie 210; S. Mason Rinaldi, Pozzoserrato Ludovico loro, I, in ms. Treviso, Biblioteca Comuna- Lodewijk Toeput detto, in La Pittura in Italia..., le, 1355, I, cc. 211-212: “L’episcopio e l’arco

La leggenda di Attila nella pittura a Treviso fra Cinque e Settecento 57 a volto sono antichissimi. Il palazzo fu già soriamente nel Palazzo n° 1363 in Borgo de’ abitato da tutti i vescovi ab immemorabili: SS. Quaranta, allora rinnovato, il cui affitto e dagli ultimi Marini, Grosser e Soldati. Il pagava l’erario Austriaco: ed in questo abitò Soldati lo abitava ancora nell’anno 1836, es- finché visse, morendo il giorno 8 novembre sendo io nella primavera di quell’anno an- 1849. Il suo successore G.M. Farina abitò il dato a mostrargli il mss. mio della Vita bre- Palazzo ricostruito a nuovo nell’area del Pa- ve dell’Egnazio. E vi si andava pel portone lazzo Pola. Il vescovo G.M. Zinelli, intra- delle carrozze, e per una lunga scala di le- prendente e non meno zelante, cominciò a gno. Qualche anno dopo egli lo abbandonò, ristaurare a sue spese l’antico Episcopio, e dicendoglisi erroneamente che minacciava lo ridusse decentemente da potervi abita- rovina, e che se ne progettava un ristauro. re”; cfr. Catalogo delle cose d’arte…, cit., pp. Ed allora egli si trasferì ad abitare provvi- 131-132.

According to a literary tradition attested since the Fourteenth Century, when Attila arrived in Italy in 452 were destroyed many cities in the Veneto, but Treviso was saved thanks to Bishop Elviando, who persuaded the peo- ple to submit to the enemy trough his ambassadors Gilberto and Solomon. In 1564 Pomponio Amalteo painted this scene on the inside of Porta Altinia in Treviso, finally destroyed during a bombing in 1944. In 1866 the italian art historian Giovanni Battista Cavalcaselle wrote some considerations on the paintings of the Porta Altinia in the notebook on his trip in Veneto and, in 1876, he spoke again on the same subject. In 1587 the painter Ludwig Toeput, inspired by the local scholar Giovanni Bonifacio, represented the same episode on the façade of the Palazzo del Consiglio. Later, in the Eighteenth Century, Giacomo Belloni from Oderzo, commissioned by Bishop Francesco Paolo Giustiniani, reproduced the scene in a room of his Palace. A sort of curse seems to have hit these paintings condemning them to death. However, descriptions of local scholars and art historians of the Nineteenth Century testify to the vitality of the legend. [email protected]

58 AFAT 31 Un inventario della collezione Priuli Stazio

Alessandra Zabbeo

Nove fogli manoscritti, senza data, raccol- membri registrati come bottegheri e pitto- gono un lista di 194 quadri e le loro relative ri2. Girolamo e Matteo3, quali appartenenti stime. Si tratta di un documento conservato a tali categorie, sono chiamati a riportare e a presso l’Archivio di Stato di Udine all’inter- valutare la stima dei numerosi dipinti elen- no del fondo Priuli1. cati nei fogli sopracitati. Allo stato attuale non si può stabilire Non è dato tuttavia sapere a quando ri- se l’elenco sia un inventario stilato, come sale il documento: infatti, come accennato, spesso accade, alla morte del proprietario o non è indicata alcuna data; è solo possibi- se sia scaturito dalla necessità di stimare i le determinare un inquadramento cronolo- quadri per una loro vendita oppure una re- gico facendo riferimento ai due Zais allora stituzione o se sia stato scritto in relazione viventi, attraverso i quali è plausibile in- ad un restauro di alcuni di essi, dal momen- dividuare la seconda metà del XVIII secolo to che non v’è alcuna specifica indicazione come il periodo interessato. in merito né nei fogli che lo compongono né Al di là della precisa datazione, signifi- nei documenti conservati nella stessa bu- cativa è la rosa degli artisti elencati che eb- sta. Certo è che esso presenta un esempio di bero tutti con la città lagunare un legame, o collezione veneziana e offre, come sovente perché originari o per avervi soggiornato. procurano gli inventari, un ulteriore tassel- Del Cinquecento, considerato il seco- lo in quel variegato e articolato mosaico di lo d’oro per l’arte della città lagunare, sono cui la storia dell’arte nelle sue sfaccettatu- registrati i nomi di Tiziano, Giorgione, Pal- re è composta. ma il Vecchio, Andrea Schiavone e ancora Le stime indicate sono presumibilmen- Francesco e Leandro Bassano, Palma il Gio- te dovute alla valutazione data dai firmata- vane ma anche ‘foresti’ quali Dürer, Agosti- ri in calce all’elenco, ovvero “Girolamo Zais no e Annibale Carracci, Bruegel, Paolo Fa- Pittor” e “Matteo Zais”. La famiglia Zais, rinati, Giulio Romano, Paolo Fiammingo di cui si ricorda principalmente Giuseppe accanto a Martin de Vos e Rottenhammer. (1709-1784) – dedito alla pittura di paesag- Ben rappresentato è anche il Seicento con gio e di battaglie –, è tra quelle che annove- , Luca Giordano, Giulio Carpio- rano, per tutto l’arco del Settecento, diversi ni, l’Orbetto, Cassana, Giacomo da Castel-

Un inventario della collezione Priuli Stazio 59 1 - Inventario Priuli Stazio, Galleria verso Ca’ Renier. Udine, Archivio di Stato lo, Rosa da Tivoli, Pietro Mera e ancora Carl dopo stanza, gli Zais riportano i quadri pre- Loth, Johann Liss. Diversi sono poi i nomi- senti. Il primo ambiente, di cinque, in or- nativi di artisti che hanno operato a cavallo dine di successione è la “Galleria verso Ca’ tra il XVII e il XVIII secolo e nel pieno Sette- Renier”, seguono “Galleria in faccia li bal- cento tra i quali ricordiamo Cassana, Stom, coni”, “Galleria verso il Portici”, “Galleria Crespi, Bencovich, Lazzarini. frà li Balconi” e infine “Quadri staccati che L’inventario è compilato seguendo un sono nella camera”. Questo elenco che nei criterio topografico, attraverso cui, stanza primi sette fogli compone l’inventario sot-

60 AFAT 31 toscritto dagli Zais, viene ripreso in modo “Ipsicratea che si recide li capelli”, e “Pria- parziale nelle ultime due carte intestate mo che si ferisce col pugnale”, di cui “una “Foglio Zais”. Sono qui riportate solamen- ad imitazione di Rubens e l’altra ad imita- te alcune opere presenti nella “camera” dei zione di Vandick” del valore complessivo “quadri staccati” e in “Galleria”, delle qua- di 60 zecchini che, se equamente divisi tra li tuttavia non viene data o trascritta alcu- i due quadri, sarebbero anch’essi tra i più na stima. quotati dell’intera collezione e quindi con- La distribuzione dei dipinti vede nel- siderate tra le opere migliori. Sono inve- la prima galleria 28 tele e 1 rame, nel- ce valutati 20 zecchini cadauno i due qua- la seconda 40 dipinti, nella terza 46, nella dri del Giorgione, tanto quanto un dipinto quarta ovvero nella “Galleria frà li Balco- presente tra quelli “staccatti nella camera” ni” 29 quadri e infine nell’ultimo ambien- raffigurante “Ganimede” e attribuito alla te ce ne sono 50 catalogati quali “quadri “scuola di Guido”. staccati”. Di valore superiore è un quadro attribu- Le tematiche delle opere raccolte sono ito a Tiziano valutato 24 zecchini: un “Cristo sia di carattere sacro (come per esempio con la croce in spalla”, soggetto che il cata- Santa Margherita, S. Francesco, Cristo con logo relativo all’artista cadorino presenta in la Samaritana, Battesimo di Cristo, Nativi- più versioni4. tà, Cristo flagellato) sia profano (Susanna Nel procedere in una sorta di classifi- e vecchi, Uomini con armi, Puttini, Porti di ca economica dei dipinti si passa poi ad un mare con vedute). A quest’ultimo gruppo “Apolo e Dafne” di Luca Giordano, valuta- da segnalare due quadri attribuiti a Gior- to 16 zecchini, del medesimo valore di una gione intitolati “Nerone e Roma che arde” “Sacra famiglia e Santi a maniera di Palma e “Nerone e Seneca”. Due opere eviden- il Vecchio” e di un “San Francesco” di Ago- temente in coppia, il cui soggetto risul- stino Carracci. ta inedito nel catalogo del maestro di Ca- Minore invece è, ad esempio, la valu- stelfranco. tazione di opere di altri artisti: 12 zecchi- Una “Santa Margherita” è la tela che ni per il “Cristo e la Samaritana” di Giu- apre la sequenza ed è anche quella stima- lio Carpioni, 10 zecchini per “Battesimo ta più cara tra tutte, ovvero 30 zecchini (fig. di Cristo” di Bruegel e ancora 10 zecchini 1). Interessante è che non si tratta di un au- per “Angelo che avisa Pastori” di Francesco tore veneziano o di un determinato pittore, Bassano; 6 zecchini per il “Ricco Epulone bensì è un’opera catalogata con la dicitura e Lazzaro” di Leandro Bassano. Si giun- “scuola di Raffaello”. Un altro dipinto, col- ge infine alla quotazione di 1 solo zecchino locato nella “Galleria frà li balconi” e indi- per “Laura del Petrarca” del Padovanino; cato come “Storia del fiamingo”, anch’esso “Giunone” di Paolo Farinato; “S. Rocco” attribuito ad un non veneziano, è valutato dell’Orbetto. 30 zecchini. Nel medesimo spazio inoltre Ma a chi apparteneva questa raccolta di sono presenti due opere bellissime di Ber- quadri? Per dare una risposta a tale quesito nardo Strozzi, qui denominato “Prete ge- si deve considerare che le carte in questio- novese”, con due originali temi pittorici: ne sono conservate all’interno di un fondo

Un inventario della collezione Priuli Stazio 61 2 - Luca Giordano, Apollo e Dafne. Venezia, Ca’ Rezzonico - Museo del Settecento Veneziano, Pinacoteca Egidio Martini

62 AFAT 31 archivistico, come accennato, della nobile elementi può fare ipotizzare che l’opera sia famiglia veneziana Priuli, specificatamen- proprio quella indicata nell’inventario. Si te i Priuli Stazio. Come si può analizzare aggiunga che l’anno della provenienza del- dall’intero fondo archivistico che racco- le due tele dai Savorgnan Brazzà alla colle- glie appunto l’archivio delle famiglie Stazio zione Martini è il 1955, lo stesso anno in cui e Priuli, e come si può esaminare dagli al- Olga Schilling, vedova Savorgnan di Brazzà, beri genealogici stilati dal Barbaro relativi in una lettera, inviata all’Archivio Capitoli- ai Priuli, il ramo dei Priuli Stazio ebbe ori- no di Roma, dichiara di donare allo stesso gine a seguito del matrimonio nel 1701 tra carte dell’archivio familiare7. Tale data pare Michiel Priuli figlio di Renier – del ramo essere particolarmente significativa nell’i- dei Priuli di San Stae – e la nobil don- potesi di una possibile divisione, disper- na Elisabetta Stazio figlia del defunto An- sione e smembramento dei beni un tempo drea Stazio5. I Priuli Stazio si estinsero nel appartenuti ai Priuli Stazio, tra i quali parte 1824 con la morte del nobile Renier Priuli dell’inventario in oggetto. Stazio: l’eredità dei beni mobili e immobi- Ma ove era conservata l’intera collezio- li passò ad Orsola Maccarani e successiva- ne? Riscontri ben definiti riguardanti la mente alle sue due figlie Elisabetta e Mad- sede non risultano dalla documentazione dalena Maccarani. Premorta quest’ultima archivistica; un’indicazione interessante ci alla madre, i beni furono acquisiti dalla fi- è offerta tuttavia dalla definizione “Galleria glia Giacinta Simonetti, nipote di Orso- verso Ca’ Renier” per cui si può supporre la; Giacinta sposò il conte Ascanio Savor- che le opere fossero collocate in un palaz- gnan di Brazzà, discendente di una nobile zo di Venezia dei Priuli Stazio. Come risulta famiglia di origine friulana. E proprio dal- anche dalle condizioni di decima, gli Stazio la famiglia Savorgnan Brazzà emergono erano proprietari di un palazzo a San Stae elementi che riconducono ad un dipinto nella parrocchia di San Giacomo dell’O- elencato nell’inventario. rio tra la calle del Megio e il rio omonimo8 In particolar modo due quadri della Pi- e proprio in calle del Megio i Renier aveva- nacoteca Egidio Martini conservati a Ca’ no un palazzo distrutto nella seconda deca- Rezzonico a Venezia risultano avere qua- de dell’Ottocento9. le provenienza la collezione dei conti Sa- Nel corso degli anni e di tali vicende il vorgnan di Brazzà da Udine: si tratta di un documento in questione è la testimonian- olio su tela di Giambattista Pittoni rappre- za di un gusto collezionistico ben definito sentante La Madonna con il Bambino e i san- da parte dei Priuli Stazio nei confronti dei ti Nicola da Bari e Antonio da Padova e di un più noti artisti lagunari, di alcuni altri del- Apollo e Dafne di Luca Giordano6 (fig. 2). la scuola emiliana e infine per quelli d’ol- Quest’ultimo quadro nel titolo e nell’auto- tralpe, dediti alla cosiddetta pittura di ge- re coincide con una delle opere presenti nel nere focalizzata sul paesaggio, la natura documento in oggetto. Tale concomitanza di morta, le marine10.

Un inventario della collezione Priuli Stazio 63 Note

1 Archivio di Stato di Udine, Fondo Priuli Sta- Bardella, Pier Filippo Castelli e la Istoria gene- zio, b. 46. alogica della serenissima casa Priuli, “Ateneo 2 Per quanto attiene la questione e la differen- Veneto”, 11/12, 1941. za tra le due figure e cioè tra quella dei “bot- 6 Cfr. E. Martini, Pinacoteca Egidio Martini a tegheri” e quella dei “pittori”, si rimanda al Ca’ Rezzonico, Venezia 2002; F. Pedrocco, Ca’ saggio di Montecuccoli degli Erri ove è af- Rezzonico: museo del Settecento veneziano. Gui- frontato specificatamente anche un caso con da completa, Venezia 2001, pp. 158-159. protagonista proprio uno Zais. Cfr. F. Mon- 7 E. Mori, Vicende familiari e formazione d’ar- tecuccoli Degli Erri, I “bottegheri da quadri” chivi: dai Maccarani ai Savorgnan di Brazzà, e i “poveri pittori famelici”. Il mercato dei qua- “Rivista storica del Lazio”, 4, 1996. dri a Venezia nel Settecento, in Tra Committen- 8 Oggi scuola media Francesco Morosini. Cfr. za e Collezionismo. Studi sul mercato dell’arte Condotte nei restauri, Roma 1992, pp. 67-68 nell’Italia settentrionale durante l’età moder- 9 G. Tassini, Alcuni palazzi ed antichi edifici di na, a cura di E. M. Dal Pozzolo, L. Tedoldi, Venezia storicamente illustrati, Venezia 1879, Vicenza 2003, pp. 1-24, 143-166. pp. 133-135; G. Tassini, Edifici di Venezia di- 3 Girolamo viene ricordato quale custode del- strutti o volti ad uso diverso da quello a cui furo- la Galleria Manfrin, mentre di Matteo si sa no in origine destinati, Venezia 1885, p. 98. che era pittore e restauratore e morì a 62 10 Per un tracciato sul mondo del collezioni- anni cfr. G. Moschini, Guida per la città di smo veneziano si confronti: S. Savini Bran- Venezia all’amico delle belle arti, II, Venezia ca, Il collezionismo veneziano nel ’600, Pado- 1815, pp. 51-53, 60, 66. va 1965; C. Donzelli, G.M. Pilo, I pittori del 4 Ad oggi se ne conoscono diversi esemplari di Seicento veneto, Firenze 1967; La pittura nel cui uno conservato al Museo del Prado a Ma- Veneto. Il Seicento, I, a cura di M. Lucco, Mi- drid. lano 2000; L’eredità greca e l’ellenismo vene- 5 Michiel Priuli nato nel 1681 da Renier sposò ziano, a cura di G. Benzoni, Firenze 2002, nel 1701 Elisabetta Stazio q. Andrea dal cui pp. 137-138; Tra committenza e collezioni- matrimonio nacquero diversi figli prema- smo: studi sul mercato dell’arte nell’Italia set- turamente morti ad esclusione di Renier il tentrionale durante l’età moderna, a cura primo Priuli Stazio nato nel 1703. Quest’ul- di E.M. Dal Pozzolo, L. Tedoldi, Vicen- timo sposatosi con Orietta Giusto nel 1722 za 2003; Le collezioni d’arte della Cassa di ri- ebbe numerosi figli tra cui Bortolo IV detto sparmio di Padova e Rovigo, della Cassa di ri- Piero (1727-1790) che si sposò con Elisabet- sparmio di Venezia e Friulcassa, a cura di A. ta Labia q. Paolo Antonio nel 1767. Dal loro Coliva, Milano 2006; Il collezionismo d’arte matrimonio nacquero Orsola, in seguito a Venezia. Il Seicento, a cura di L. Borean, S. andata moglie ad un Maccarani, e Bortolo I Mason, Venezia 2007; Il collezionismo d’arte detto Renier (1763) morto senza eredi. Per la a Venezia. Il Settecento, a cura di L. Borean, vicenda genealogica dei Priuli Stazio cfr. A. S. Mason, Venezia 2009.

64 AFAT 31 Appendice documentaria Udine, Archivio di Stato, Fondo Priuli Stazio, b. 46

Galleria verso Ca’ Renier Galleria verso il Portici

Sta: Margherita, scuola di Raffaelo z. 30 Battaglia Ston z. 8 S. Francesco, Agostino Caracci z. 16 Animali, Giacomo da Castelli quadri. 2 z. 3 Cristo con la Samaritana, Giulio Carpioni z. 12 Vecchio e uomo vestito di maglia, Nerone e Roma che arde, Giorgione z. 20 Pietro Vecchia quadri. 2 z. 12 Nerone e Seneca, del sudetto z. 20 Vecchio e giovane villani, Uomini con armi, Pietro Vecchia quadri: 2 z. 12 del Crespi quadri. 2 z. 6 Animali, Giacomo da Castello quadri: 2 z. 3 Animali, sopra porta, Cassana z. 15 Porti di mare con vedute, Isman quadri: 2 z. 6 Veduta inverno, fiamingo z. 4 Paesi, Ongaro, quadri: 4 z. 4 Vedute in colonna, del Montagna quadri 13 z. 6:11 Battaglie, Ston quadri: 6 z. 6 Puttini, Paolo Farinato quadri. 2 z. 1 Battesimo di Cristo, Brughel z. 10 Cristo che ascende al Cielo, Natività, maniera del Parmegianin z. 8 Scuola di Giorgione z. 1 Puttini, Luca Giordano quadri: 2 z. 1 Animali, Cassana quadri 2 z. 4 Cristo flagellato, copia del Bruzasorci z. : 11 Angelo che avisa li Pastori, Satiro abbracciato con donna, Anibale Caracci z. 2 Francesco Bassano z. 10 Laura del Petrarca, Padoanino z. 1 Effigie di. N S. Palma vecchio z. 2 Susanna e vecchi in rame, Paolo Fiamingo z. 1 : 11 Ipsicratea che si recide li capelli, e Priamo che si ferisce col pugnale, opere bellissime del Prete genovese, una ad’ imitazione Galleria in faccia li balconi di Rubens e l’altra ad’ imitazione d i Vandick quadri. 2 z. 60 Apolo e Dafne, Luca Giordano z. 16 Giudita ed Oloferne, Alberto Duro z. 6 Sacra famiglia e Santi, m.ra Palma Vecchio z. 16 Cristo morto sostenuto dagl’Angeli e la Mattematiche, Lechi quadri 2 z. 8 Maddalena, scuola di Paolo veronese z. 6 S. Sebastiano, maniera Carlin Dolce z: 4 Vecchio e donna con petto nudo, S. Paolo, del Belloto z. 1 scuola fiaminga z. 2 Paesi, Ongaro quadri. 4 z. 4 Scimia e cane, fiamingo z. 2 Cristo morto sostenuto dagli Angeli, La Maddalena, di Giuseppe dal Sole z. 2 Palma Giovine z. 2 Attegiamento d’uomini per levare una pietra, Scherzo di figure, Giulio Carpioni z. 1 di Pietro Mera z. 1 S. Rocco S. Lorenzo e Santi, Giunone di Paolo Farinato z. 1 scuola del Pordenone z. 1 Maddalena coricata, copia di Corregio z. 4 Taglio de capelli a Sansone, fiamingo z. 3 Crapula de Niniviti, Rotnamer z. 2 Crapula de Niniviti, fiamingo z. 3 Rachele in rame, fiamingo z. 1 Venere con amorini, scuola fiaminga z. 2 Uomo e donna con cetra in mano, Gion Lis z. 1-11 Figure nude, scuola francese z. 1 S. Sebastiano, fiamingo z. 1 Animali con vedute, Rosa da Tivoli quadri. 4 z. 4 Ricco Epulone e Lazzaro, di Leandro Bassano z. 6 Davide e Giudita, Copie quadri 2 z. 1 Converzione di S. Paolo, Rotnamer z. 2 Psiche che sveglia Amore, Lieux z. 1 Sacra Famiglia, maniera di Parmegianino z. 8 Testa in profilo, maniera di Carlin Dolce z. 1 Uomo e Donna in barchetta, scuola di Tiziano z. 2

Un inventario della collezione Priuli Stazio 65 Galleria frà li Balconi Due Natività di maniera incerta ma di un medesimo Autore quadri 2 z. 6 Vulcano che lavora nella Fucina Paesaggio, del Grisolfi z. 1 e Venere ed Amore, quadri 2 del Bassano z. 16 Ritrato putello, del Cassana z. 1 Cristo con la Croce in spalla, di Tiziano z. 24 Battaglia, Ston z. 2 Madonna, del Padoanino z. 6 Paesi ovati, scuola Tempesta, quadri 2 z. 8 Istoria, incerto z. 2 Testa, Palma giovine z. 2 Favola d’Orfeo, di Salviati z. 8 S. Giovannino, scuola di Paolo veronese z. 3 Pesci, incerti quadri 2 z. 1 Natività, copia incerta z. 2 Storia bel fiamingo z. 30 Puttini scherzi, di Lazzarini quadri 2 z. 3 Cena di N.S., copia di Raffaelo z. 8 Figura di donna, Andrea Schiavone z. 6 Crocifizione di .S.N incerto z. 3 Satiro, Copia z. 1 Questuante e villici, Matteo de Pittochi Veduta, del Viviani z. 1 quadri 2 z. 4 Storie in pietra, del Bruzasorci quadri 2 z. 2 Maddalena, Rotnamer z. 10 Puttino di Paolo Farinato z. 1 Diogene, Lazzarini z. 1 Testa, di Pietro Vecchia z. 2 Donna coricata, Andrea Vicentino z. 1 Ganimede, Buona scuola di Guido z. 20 Storie sacre, Marchesini, quadri 2 z. 6 Paesaggio, Paolo fiamingo z. 4 S. Rocco del’Orbetto z. 1 S. Bortolameo, incerto z. 2 Paesi, Ongaro, quadri 2 z. 2 Martirio di S. Andrea, del Calvart z. 3 Storie, Giulio Romano, quadri 2 z. 2 Storie, Martin de Vos quadri 4 z. 2 Attegiamento de villici, Bencovich z. 1 Paesetto, fiamingo z. 1 Scherzi di figure, del ellegriniP z. 1 Cristo che rissana il Cieco, di Carlo Lot z. 2 Lot con le figlie, incerto z. 1 Bacco e Ariana, tondo, copia del Tempesta z. […] Davide in Triomfo in majolica, Madonna, maniera di Gian Bellino z. 6 scola di Raffaelo z. 10 Capriccio, di Giulio Carpioni z. 2 Venere con Amore e altro capriccio Decolazione di S. Gion.Batta, del Brugia z. 2 maniera di Paolo quadri 2 z. 2 Battaglia, Ston z. 2 Maddalena, del Crivelli z. 1 Cristo all’Orto, di Rotnamer z. 1 Quadri staccati che sono nella Camera Girolamo Zais Pittor Samaritana, Andrea Schiavone z. 11 Matteo Zais Madonna e Bambino, del Bon z. 8 Battaglia, Ston z. 8 Ressurezione di Lazzaro, di Kalimberg z. 10 Foglio Zais Crocifisso e Santi, alentinoV lefebre z. 4 Madonna e Santi frati, del Ruschi z. 6 Samaritana – Andrea Schiavon Ganimede di Luca Giordano z. 4 Battaglia – Ston S. Gerolamo del Fo[le]r z. 2 Crocefiso e Santi – Valentino Lefebbre Ressurezione di N. S., scuola del Tintoretto z. 8 Sacra Famiglia e S.ta Catterina – Scuola di Tiziano S. Gerolamo, del Fumiani z. 6 Tomba di Fetonte – Scuola del Giorgion Sacra famiglia, e Sta C[a]ttarina, S. Giovannino – Scuola di Paolo Veronese scuola di Tiziano z. 4 Natività – copia incerta Paesetti, fiaminghi, quadri 2 z. 4 Puttini Scherzi – Lazarini q.dri 2 Tomba di Fetonte, scuola del Giorgion z. 2 Figura di Donna – Andrea Schiavon

66 AFAT 31 Satiro – Copia Battaglia – Ston Veduta – Viviani Cristo all’orto – Rotnamer Quadri 2 Storia in Pietra – Brusazorze Puttino – Paolo Farinato Testa – Pietro Vecchia I seguenti dovevano essere in Galleria Paese – Paolo Fiammingo S. Bartolommeo – incerto Sacra Famiglia e Santi – maniera Palma vecchio Martirio di S.t’ Andrea – del Calvart Cristo Morto sostenuto dagli Angeli, e la Maddalena Cristo che risana il cieco – Carlo Lot Scuola di Paolo Veronese Bacco e Ariana tondo – Copia del Tempesta Sacra Famiglia – maniera di Parmeggianino Madonna – Maniera di Giovanni Bellino Storia. del Fiammingo Capriccio – di Giulio Carpioni Storie. Giulio Romano q.dri 2

Un inventario della collezione Priuli Stazio 67 Nine handwritten sheets have been found in Udine-Archivio di Stato and preserved inside Priuli Stazio Fam- ily’s fund; they report a list of 194 pictures with their own values, belonging to the noble family. Thanks to this unpublished inventory, it is feasible to add some new steps to the collecting history in Venice and to the history of the artists which are reported inside the list, covering a good chronology from the XVI century to the XVIII century. In fact, the reader is pleased to meet not only the most outstanding names of Venetian art history but also some foreign characters (“i foresti”); so, it is easy to perceive a particular collector’s taste which is interested, not exclusively in the big Venetian masters’ painting, but also in the genre painting, developed by artists on the other side of Alps, together with a focus on the Emilian painters. These personalities pile up five rooms with their canvas which have been estimated by the subscribers of the list; it is useful to cite just some of the well-documented masters as to underline the collection’s importance: Giorgione, Tiziano, Francesco and Leandro Bassano, Padovanino, Dürer, Bruegel, Liss, Agostino and Annibale Carracci. Girolamo and Matteo Zais, who were well-known “bottegheri” of the XVIII century, are the subscribers of the list; thanks to them it is possible to date this document, which shows any time information, to the second half of the XVIII century. In addition, the building’s location, in which the whole collection was originally collected, is not mentioned. Anyway the residence was probably in Palazzo Priuli Stazio in Calle del Megio in Venice; considering the de- nomination of one of the five rooms indicated by the two Zais and the comparative analysis of bibliographic and documentary data on the noble Priuli Stazio Family. In the list of the collected works both the sacred and the profane themes are performed; in particular, among the profane paintings, it is right to mention two pic- tures, Nerone and Rome on fire and Nerone and Seneca: still nowadays they are not counted in Giorgione historiography. In the end, the comparison of several data helps to suppose that the work Apollo and Dafne by Luca Giordano, which is collected today in Egidio Martini’s Picture Gallery, Ca’ Rezzonico – Museum of the 18th century in Venice, could be the same one described in the inventory. [email protected]

68 AFAT 31 Per Ambrogio Bon: un documento inedito e un nuovo dipinto

Alessio Pasian

“Mio caro amico”: con queste parole Jo- re i dipinti di Tintoretto: una ben mesta fine hann Carl Loth designa, nel suo testamen- di carriera3. to, il pittore Ambrogio Bon, il quale secon- Poco altro è noto sull’artista, probabil- do Zanetti ne era stato allievo seguendone la mente di origine veneziana4; alle scarse no- maniera “assai da vicino”1. A titolo di legato tizie disponibili possiamo adesso aggiun- Loth gli lascia la somma di 100 ducati, a te- gere un nuovo elemento biografico, ovvero stimonianza di un rapporto che, negli anni, la data di morte. Bon si spegne in parroc- deve aver travalicato la semplice frequenta- chia di San Bartolomeo (vulgo San Borto- zione di bottega tra maestro e scolaro. lo) il 26 aprile 1720, all’età di settantasei Ambrogio Bon, in effetti, partecipò da anni, ciò che ne stabilisce la nascita verso vicino alla vita privata dell’artista bavare- il 1644, confermando l’età di quaranticin- se: dal 1685 il suo nome appare, in quali- que anni riportata nella Fraglia dei pittori tà di testimone, in diversi atti sottoscrit- veneziani del 16905. Non sembra casuale il ti da Loth e, alla morte di quest’ultimo, ne domicilio a San Bortolo, parrocchia ove si fu esecutore testamentario, redigendone trova il Fondaco dei Tedeschi e che quindi al contempo l’inventario dei beni e preoc- annoverava una cospicua presenza di mer- cupandosi di commissionare a Enrico Me- canti teutonici, tra i più importanti com- rengo il busto commemorativo posto nella mittenti di Loth. Della sepoltura si incari- chiesa di San Luca2. ca la sorella Angela, il che fa sospettare che Il ‘trampolino di lancio’ costituito il pittore non si fosse sposato e non avesse dall’assidua presenza a fianco del più fa- avuto discendenza. moso Loth non sembra però avergli gio- Il catalogo di Ambrogio Bon si compone vato più di tanto: Zanetti è l’unico a ricor- a tutt’oggi di pochi pezzi sicuri, oggetto ne- darne alcune opere pubbliche e, una decina gli anni di varie proposte di ampliamento. d’anni dopo la morte del maestro, lo si ri- A Venezia si contano al momento una pala trova ridotto a discreto mestierante, impie- raffigurante Cristo consegna la corona al be- gato quasi solo in veste di restauratore. Nel ato Michele Pini nella chiesa di San Miche- 1708, 1712 e 1713 viene infatti chiamato dal- le in Isola, un Ritratto di san Lorenzo Giusti- la Scuola Grande di San Rocco a racconcia- niani nella sacrestia della chiesa di Santa

Per Ambrogio Bon: un documento inedito e un nuovo dipinto 69 1 - Ambrogio Bon, La Vergine con il Bambino incorona san Filippo Neri. Venezia, chiesa di San Giuseppe di Castello

70 AFAT 31 Maria della Fava, due teleri – un’Adorazione in Isola. Li accomunano l’intonazione cal- dei pastori nella Scuola Grande dei Carmi- da, quasi infuocata nell’esplosione di luce ni e un Miracolo di san Lorenzo Giustiniani che accompagna l’epifania, e il crepuscolare a San Pietro di Castello – e una rara opera slargo paesaggistico nel secondo piano. La profana, Semiramide riceve l’annuncio della stesura sempre molto pastosa e un’eviden- rivolta, già in palazzo Carminati e oggi de- te vivacità formale non sembrano distanti positata a Ca’ Farsetti6. Due pale di sicura neppure dalla pala di Conegliano, risalente autografia si ritrovano nel trevigiano7; al- al 1686, potendo così prospettare anche per tre opere sono disseminate nel territorio la nostra opera una datazione nella seconda istriano8. metà del nono decennio. Vi si può ora aggiungere un’ulteriore Rimane problematica la provenien- presenza veneziana, restituendogli la pala za, sulla quale non si ha attualmente alcu- raffigurante la Vergine con il Bambino incoro- na notizia. La presenza di san Filippo Neri na san Filippo Neri (fig. 1, tav.iii) 9, di pro- non comporta di per sè una committenza venienza sconosciuta e oggi impropriamen- oratoriana, e sembra improbabile che la te collocata nella cassa dell’organo di destra pala provenga dalla chiesa veneziana offi- della chiesa di San Giuseppe di Castello, le ciata dall’ordine, ovvero Santa Maria del- cui originarie portelle sono state inspie- la Fava (in cui peraltro esiste una celebre gabilmente spostate nella cassa dell’orga- opera di medesimo soggetto, dipinta da no di sinistra10. Facile ravvisare nel dipin- Giambattista Piazzetta); per di più, non vi to i tipici contrassegni stilistici del pittore: è traccia della tela nelle guide veneziane i volti grassocci e sorridenti dei cherubini, settecentesche. Rimane il possibile dub- le strizzature serpentine dei drappi, la ta- bio che si trovasse, in origine, in una del- volozza derivata da Loth ma con accenti di le chiese prossime a San Giuseppe di Ca- più esuberante colorismo, il tutto filtra- stello, quali Sant’Antonio, San Nicola o San to da una ricercatezza formale che fa rite- Domenico, distrutte come noto all’inizio nere l’opera non lontana dal Cristo consegna del XIX secolo per far spazio ai giardini na- la corona al beato Michele Pini di San Michele poleonici11.

Note

1 A.M. Zanetti, Della Pittura veneziana e delle Ewald, Johann Carl Loth, Amsterdam 1965, opere pubbliche de’ veneziani Maestri, Libri V, pp. 43-47. Venezia 1771, p. 523. Il testamento del pit- 2 M. Lux, L’inventario di Johann Carl Loth, “Arte tore si trova all’Archivio di Stato di Venezia, Veneta”, 54, 1999, pp. 146-164. Esecutori Notarile Testamenti, notaio Francesco Sim- testamentari e committenti del busto in me- beni, b. 605, n. 182; è stato pubblicato da G. moria furono, accanto a Bon, i mercanti – ri-

Per Ambrogio Bon: un documento inedito e un nuovo dipinto 71 spettivamente tedesco e fiammingo – Paolo ra è datata verso il 1693, quando Loth e Bon Jäger e Adrian Vestenapel. si ritrovano nella stessa chiesa per la stima 3 P. Rossi, La Scuola Grande di San Rocco com- dei dipinti appartenenti al pittore Ermanno mittente di artisti (Antonio Smeraldi, Enrico Stroiffi. Il telero della Scuola dei Carmini e Merengo, Antonio Molinari, Giovanni Antonio quello di San Pietro di Castello sono stati re- Fumiani, Ambrogio Bon, Santo Piatti), “Arte stituiti a Bon da Lino Moretti (Antonio Mo- Veneta”, XXXIX, 1985, pp. 198-199, 203. Nel linari rivisitato, “Arte Veneta”, XXXIII, 1979, 1712 l’artista viene anche dispensato dal pa- pp. 66-67). Il primo dei due è opera docu- gamento della ‘tansa’ al Collegio dei pittori mentata risalente al 1697; il secondo ha avu- (E. Favaro, L’Arte dei Pittori in Venezia e i suoi to un iter attributivo più dibattuto, essendo statuti, Venezia 1975, p. 222). stato lungamente assegnato ad Antonio Mo- 4 A.M. Zanetti, Della Pittura…, cit., p. 523, an- linari; è stato confermato al catalogo di Am- nota: “Non potei rinvenire di qual paese fos- brogio Bon da A. Craievich, Antonio Moli- se questo Pittore. V’è nulla di meno più d’una nari, Soncino 2005, pp. 297-298, cat. R.49, ragione per non crederlo Veneziano”. In se- segnalandone al contempo il disegno prepa- guito, Giannantonio Moschini (Guida per la ratorio nel Museo di Plymouth. Il medesi- città di Venezia all’amico delle Belle Arti, II, Ve- mo studioso ha assegnato al pittore anche la nezia 1819, p. 567) interviene nella questio- Semiramide già Carminati (ivi, pp. 296-297, ne notando che “Se ne teneva contenziosa la cat. R.45). patria; ma nella chiesa della villa di Caeran ne 7 Per le due pale di Conegliano e di Caera- vidi una tavola, dove si segnò Ambrogio Bon ve- no San Marco si rinvia a G. Fossaluzza, Una neto”. La tela di Caerano San Marco, raffigu- pala inedita…, cit., pp. 193-197. La tela della rante L’Assunta con i santi Giovanni Battista chiesa coneglianese è databile tramite docu- e Antonio Abate (su cui si veda G. Fossaluzza, menti al 1686; quella di Caerano, invece, ri- Una pala inedita di Ambrogio Bon a Conegliano, sale al 1696, come si ricava dal contratto di ‘Arte Veneta’, XXXVII, 1983, p. 195), è tuttora allogazione trascritto sul retro del disegno esistente, ma pare non esservi rimasta traccia preparatorio della collezione Janos Scholz della firma letta da Moschini. (cfr. T. Pignatti, Disegni veneti del Seicento, in 5 Venezia, Archivio della parrocchia di San La pittura del Seicento a Venezia, catalogo del- Salvador, parrocchia di San Bartolomeo, la mostra, Venezia 1959, p. 183). Morti 1655-1765, c. 157v: “Adì 26 Ap[ri]le 8 Un dipinto, firmato, raffigurante la Cacciata 1720. Ambrosio Bon Pitor d’anni 76 amala- dei mercanti dal Tempio si trova nella chiesa to da mal di petto già giorni 12 in c[irc] a Me- di San Giorgio a Pirano (si veda, in propo- dico Galici fa seppellir Angiela sua sorella sito, la scheda di A. Craievich, in Istria Cit- c[on] capitolo”. tà Maggiori. Capodistria Parenzo Pirano Pola, Per l’elenco della Fraglia veneziana cfr. E. a cura di G. Pavanello, M. Walcher, Trieste Favaro, L’Arte dei Pittori..., cit., p. 215. 1999, pp. 201-202; inoltre, V. Kamin Kaifež, 6 Per l’opera in San Michele in Isola si rimanda Spregledana signatura na Izgonu trgovcev iz a R. Pallucchini, La pittura veneziana del Sei- templja Ambrogia Bona v piranski župnijski cento, Milano 1981, pp. 264-265, e a G. Fos- cerkvi sv. Jurija, “Zbornik za umetnostno zgo- saluzza, Una pala inedita…, cit., p. 194. Per dovino”, XLV, 2009, pp. 142-153). Altre ope- il Ritratto di san Lorenzo Giustiniani si veda F. re nell’Istria veneziana sono state recente- Pedrocco, in L’immagine di San Lorenzo Giu- mente attribuite a Bon da Nina Kudiš Buric´ stiniani nell’arte. Documenti di cultura e vita al convegno scientifico internazionale Pa- religiosa nel suo tempo, catalogo della mostra trimonio culturale veneziano sull’alto Adriati- di Venezia, Venezia 1981, p. 21, cat. 13: l’ope- co: contatti artistici fra Terraferma, Istria e Dal-

72 AFAT 31 mazia nel Sei e Settecento (Isola-Pirano, 9-11 11 È da tener presente che la pala potrebbe es- ottobre 2009). sere stata spostata dalla sua collocazione ori- 9 Olio su tela, 210×130 cm. L’unica menzio- ginaria anche in tempi antecedenti le sop- ne dell’opera, a quanto mi consta, si trova in pressioni napoleoniche: si ricordi, a titolo Restauri a Venezia, 1967-1986, “Quaderni del- di esempio, che la chiesa di Sant’Antonio di la Soprintendenza ai Beni Artistici e Stori- Castello aveva già iniziato a perdere parte del ci di Venezia”, 14, 1986, p. 63, ov’è attribuita a proprio patrimonio artistico a seguito delle “Scuola veneta della seconda metà del secolo determinazioni del Senato veneziano pro- XVII”. mulgate a partire dal 1768 (su cui si veda il 10 Sugli organi di San Giuseppe di Castello si contributo di A. Schiavon, La dispersione e il veda adesso M. Bisson, Meravigliose macchi- recupero delle opere d’arte, in Dopo la Serenissi- ne di giubilo. L’architettura e l’arte degli orga- ma. Società, amministrazione e cultura nell’Ot- ni a Venezia nel Rinascimento, Venezia-Vero- tocento veneto, atti del convegno [27-29 no- na 2012, pp. 151-155. vembre 1997], Venezia 2001, pp. 197-212).

The personality of Ambrogio Bon, perhaps Johann Carl Loth’s closest collaborator, raised the interest of various scholars in recent years, who tried to focus his profile in relation to that of his more famous master, but the scarcity of documents and works has so far confined him in the role of a minor artist, not yet well defined. The present contribution reveals the date of his death, hitherto unknown, and adds a new work to his catalogue, an interesting altarpiece depicting “San Filippo Neri kneeling in front of the Virgin and Child”, kept in the Venetian church of San Giuseppe di Castello, which can be put alongside the few certain works of the painter. [email protected]

Per Ambrogio Bon: un documento inedito e un nuovo dipinto 73

Federico Bencovich: la fortuna critica, un itinerario

Gabriele Crosilla

La figura di Federico Bencovich continua quali aleggia una profonda tristezza interio- a rimanere controversa e dibattuta. Nono- re, non furono particolarmente apprezzate stante il lavoro di indagine degli studi no- dai contemporanei che a quei tempi, ripor- vecenteschi, il suo nome viene spesso evo- tando le parole di Zanetti, non ricercavano cato, in modo anche piuttosto confuso, in “che rallegramenti e giovialità”2: egli rico- discussioni riguardanti il Piazzetta e il gio- nobbe subito però la singolarità del Dal- vane Tiepolo. L’alone di oscurità che avvol- mata, riconoscendone la severità con cui ge il Bencovich è dovuto al fatto che la ri- operava e difendendolo dalle accuse che gli costruzione della sua carriera artistica si è venivano rivolte3. La sua vis polemica for- resa possibile sulla base di pochi documenti se venne provocata dai giudizi taglienti e e su un numero di opere certe davvero esi- moraleggianti di Pietro Guarienti (“…tra- guo, mentre altre opere documentate dalle viò dal buon sentiero, che lo conduceva alla fonti risultano disperse o attendono ancora perfezione…”4), ripresi anche dal Füssli un di riemergere dall’oblio. La sua attività pit- decennio più tardi5. In ogni caso le parole di torica risulta inoltre di difficile compren- Guarienti6 fanno capire quanto l’artista fos- sione, in quanto influenzata dagli incontri se isolato e controcorrente a Venezia, come con aree culturali diverse che hanno rinno- testimoniato anche dalle lettere del pitto- vato ripetutamente il suo stile, rendendolo re a Rosalba Carriera7. Se Lanzi rielaborò di difficile dominio per la critica. idee già espresse (“…corretto in disegno, Bencovich, nato nel 1677, riuscì a far- forte nella macchia, intelligente delle buo- si spazio a Venezia in apertura di secolo, ne teorie dell’arte.”8), introducendo però in quella stagione folgorante nella quale, il concetto di “caricato”, Mariette, che fu il come osservava Anton Maria Zanetti, in la- suo maggior biografo, dopo aver racconta- guna esistevano tante maniere quanti era- to della sua formazione, rimproverò a Ben- no quelli che dipingevano; in questa mol- covich la mancanza di disegno che “lo con- titudine di voci il pittore si distinse per il dusse in un abisso”9: il clima culturale stava “carattere strettamente soggettivo della sua cambiando. pittura, specchio e confessione di un tem- Con il trionfo del neoclassicismo e l’av- peramento turbato”1. Le sue opere, nelle vento dell’Ottocento il pendolo del gu-

Federico Bencovich: la fortuna critica, un itinerario 75 sto fece mutare l’atteggiamento della criti- ricalcare i più autorevoli testi del passato13, ca verso la pittura veneziana del Settecento, si alimentò addirittura la confusione attor- e per quasi un secolo non si osò parlare di no ai suoi estremi biografici, per non parla- questa, a tal punto che si confusero le per- re della dispersione delle sue opere. L’opera sonalità degli artisti: iniziava anche l’eclis- di Bencovich stava cadendo nel dimentica- si di Bencovich. toio. Si dovette aspettare quasi un secolo Nonostante la scarsa considerazione ri- prima della resurrezione di un mondo arti- servata dai conoscitori, un giudizio riferito stico inabissato, che, come un torrente car- al Dalmata in apertura di secolo condizionò sico, riemerse in superficie. gran parte degli apprezzamenti dei poste- L’impulso decisivo per la riscoper- ri, allorché Moschini, annotando l’impor- ta di Bencovich si deve a Rodolfo Palluc- tanza che egli aveva avuto nella formazione chini, che, con la sua serie di studi pubbli- del primo Tiepolo, affermò che questi “avi- cati negli anni Trenta, si può considerare, do d’imitare quanti godeano a’ suoi giorni in sede critica, il padre scopritore del Dal- di riputazione ora emulò la maniera caricata mata. Questi lavori vanno contestualiz- del Bencovich, ora il forte ombreggiamen- zati nella ricognizione del Settecento ve- to del Piazzetta”10: conferire questo giudizio neto, operazione che prese il via all’inizio a Bencovich nel 1806 significava affidargli del Novecento con il solo artista che allo- il primato del mondo dell’estro pittoresco ra emergeva dall’oblio, Giambattista Tie- settecentesco, di cui il Tiepolo si può con- polo, e che proseguì, sull’onda della grande siderare uno dei protagonisti, se non il pro- mostra della Pittura italiana del Sei e Sette- tagonista assoluto, e riconoscergli un ruolo cento tenuta a Palazzo Pitti nel 1922, con gli chiave nell’istruzione del giovane venezia- studi di Fiocco sulla figura di Giambattista no. Questo binomio “Bencovich - giovane Piazzetta e della sua scuola. Proprio all’in- Tiepolo” diventò con il tempo inscindibi- terno di questa attività di ricerca e riordi- le, a tal punto che diventò raro trovare uno no che portò Pallucchini, allievo di Fiocco, dei due termini non associato all’altro, tan- alla monografia L’arte del Piazzetta (1934), to che la critica, anche novecentesca, lo ha va inserito l’inizio degli studi sul Dalma- usato comodamente nella risoluzione del- ta. Questi lavori sistematici, già inaugurati le intricate vicende artistiche veneziane tra dalle ricerche di Donati alla fine degli anni il 1710 e il 1720. Moschini ritornò sull’arti- Venti14, furono preceduti da uno dei giudi- sta nella sua opera del 181511, occasione nel- zi più noti e riportati sulla personalità arti- la quale l’abate illustrò il testamento pitto- stica del pittore, pronunciato da Longhi nel rico lasciato dal pittore nella chiesa di San suo scritto riguardante la Galleria di Pom- Sebastiano a Venezia12. Nel prosieguo del mersfelden del 1922, opera pubblicata solo secolo Bencovich venne citato in numero- nel 1950 e da lui chiamata “divertimen- se fonti enciclopediche (Zani, Nagler, De to retrospettivo”, nella quale il critico, fin- Boni, Ticozzi, Bryan, Le Blanc, Kukuljevic´ gendo di essere un amatore del Settecento, Sakcinski), nelle “voci” dei quali progressi- corrispondente dell’abate Lanzi dalla qua- vamente, a fronte di una quantità di infor- dreria di Pommersfelden, soffermandosi mazioni sempre più esigua, o che tendeva a sulla personalità di Bencovich, affermava:

76 AFAT 31 1 - Federico Bencovich, Il sacrificio di Ifigenia. Pommersfelden, collezione von Schönborn

“Questo Federigo ch’io tengo fermamen- co materiale che Ivo Benkovic´ di Lubiana te per uno degli ingegni più vasti dell’ulti- aveva scovato negli archivi austriaci e te- mo secolo, in Venezia, riconoscesi per un deschi, nel saggio Profilo di Federico Benco- cacciar d’ombre acutissime, opposte, di- vich, uscito nel 1936 ne “La critica d’arte”, rei velocemente, ad altrettante luci di stes- lo studioso tentò di delineare un primo svi- so vigore, di stessa piazza; le tinte, ridotte a luppo artistico del Dalmata. L’iter iniziava pochissime salvo alcuni azzurri e tané, ri- dalla giovanile Giunone di Forlì, “satura di sultandone una macchia, una cromatica, di elementi cignaneschi”16, e continuava con stupore fin oggi non visto”15. la Madonna del Carmine della parrocchiale Pallucchini, come detto, operò in ma- di Bergantino, opera di raccordo che porta- niera ripetuta nella ricostruzione della va direttamente ai due capolavori di Pom- personalità artistica del Nostro: se nel pri- mersfelden, la tela con Agar nel deserto e il mo articolo comparso sulla “Rivista d’arte” soffitto con Il sacrificio di Ifigenia (fig. 1), del 1932 lo studioso si limitò a porre le basi dove “la sintesi del chiaroscuro con l’im- per il nascente catalogo bencoviciano, e nel pianto plastico, di tendenza lineare, attua 1934 pubblicò nel Contributo alla biografia gli accenti più drammatici del sentimen- di Federico Bencovich in “Atti del R. Istitu- to del Bencovich”17. Soprattutto nell’opera to veneto di Scienze, Lettere ed Arti” il ric- mitologica Bencovich si espresse in modo

Federico Bencovich: la fortuna critica, un itinerario 77 convinto che “le novità del Bencovich sem- brano fatte a posta per commuovere il Tie- polo, in quegli anni giovanissimo”20, ri- prese e rilanciò la valutazione già espressa da Moschini a inizio Ottocento. Pallucchi- ni poi evidenziò come l’accettazione “del guizzante linearismo del Magnasco”21 ab- bia spinto Bencovich al raggiungimento di modi più sciolti e liberi, evidente nei due disegni di Nudo della Biblioteca Marucel- liana di Firenze. Questo collegamento con il maestro genovese sarebbe rintracciabi- le anche nella mezza figura di San Gaeta- no incisa dai fratelli Schmutzer su disegno, perduto, del Dalmata, dove “un fremi- to continuo disgrega i volumi e frantuma la forma”22. In questa figura, caratterizzata da deformazioni ardite, Pallucchini vide un punto di partenza per il rococò austriaco, che avrà le sue ripercussioni più eviden- ti nell’opera di Maulbertsch. Dopo la tap- pa viennese e il soggiorno lombardo, Ben- covich tornò a Venezia negli anni tra il 1725 e il 1728 per l’esecuzione della pala del Be- 2 - Federico Bencovich, Il beato Pietro ato Pietro Gambacorti di Pisa (fig. 2) nel- Gambacorti. Venezia, Chiesa la chiesa di San Sebastiano, dove “il gusto di San Sebastiano del volume è più sentito, attuato mediante un fragrante impasto di origine crespiana, dirompente nei confronti della cultura fi- ma immerso in un chiaroscuro tanto più gurativa del tempo, per l’audacia delle sue intenso, secondo l’insegnamento piazzet- soluzioni compositive e per la sapiente re- tesco”23. Guardando a quest’opera, Palluc- gia luministica, creatrice di “un’allucinante chini era convinto che ancora a metà degli fantasia da saga nordica”18. L’Agar nel deser- anni Venti l’arte di Tiepolo, che pure si sta- to è invece definita un’opera in cui “l’ispi- va evolvendo, fosse debitrice al Dalmata nel razione è meno violenta, direi più arcadica raggiungimento di effetti drammatici e pa- e melodiosa”19. Nello stesso studio Palluc- tetici. Pallucchini poi notò una fase dell’ar- chini segnalò un Sacrificio d’Isacco ora a Za- te di Bencovich connotata da una più viva- gabria, che lo studioso aveva visto sotto l’e- ce libertà di espressione, prossima all’arte tichetta di Piazzetta e per il quale propose piazzettesca: fanno parte di questo mo- l’attribuzione a Bencovich. Dall’esame di mento il modellino di pala con la Vergine e questi dipinti lo studioso, dichiarandosi Santi, ora agli Staatliche Museen di Berli-

78 AFAT 31 no, e la Maddalena dello stesso museo, ma con proposte attributive e letture critiche soprattutto il quadretto del Museo del Ca- che ebbero alterne fortune. Aggiunte fon- stello Sforzesco di Milano con Sacra Fa- damentali per la ricostruzione dell’attività miglia e tre santi francescani (fig. 3), opera di Bencovich vennero date invece dai con- che secondo lo studioso rivela la sensibili- tributi di Fernanda Wittgens e di Valcano- tà del Bencovich per “l’aspra deformazio- ver: la studiosa nel numero del 1938 de “La ne che rende tanto allucinata l’invocazione critica d’arte”31 pubblicò la grande pala con dei tre frati attorno alla Vergine che pre- il Cristo deposto adorato da Santi (fig. 4, tavv. senta Gesù”24. Nel 1733 è accertata la pre- iv-v), identificata nella chiesa del Castel- senza del pittore a Vienna, da dove scri- lo di Borgo San Giacomo, (dove “l’effettiva vendo a Rosalba Carriera si lamentava della protagonista del dipinto è la sensibilità pit- scarsa considerazione riservatagli dai col- torica di un artista che da una visione chia- leghi veneziani25. Ma a Vienna, come atte- roscurale trapassa ad una visione cromati- stato dai documenti pubblicati da Palluc- ca”32, in un’opera che testimonia la completa chini nel 1934, la sorte gli fu benevola se il maturità raggiunta dall’artista33); Valcano- Vicecancelliere Federico Carlo di Schön- ver, nel 1954, alla Mostra di Pittura del Set- born, vescovo di Bamberga e di Würzburg, tecento nel bellunese34, assegnò al Dalma- lo nominò pittore di corte. Di questo pe- ta l’ovale con il Riposo nella fuga in Egitto di riodo dell’attività bencoviciana Pallucchini Tomo di Feltre, di cui sin dal 1932 Palluc- presentò due tele: il Sacrificio di Jefte e Mosè chini aveva pubblicato il disegno prepara- ed Aronne. Esse “rappresentano un chia- torio esistente al Museo Correr di Venezia35. ro e determinato punto di arrivo dell’arte Arslan tornò a interessarsi di Bencovich nel di Bencovich. Il pittore ha dissipato le om- 1962 con un articolo uscito in “Commenta- bre, ha messo da parte gli effetti chiaroscu- rii”, dove presentò il San Francesco di Pao- rali, ambientando la scena in un’atmosfera la, pala che orna un altare della chiesa della luminosa”26. Trinità a Crema, testimonianza del soggior- Nonostante si debba allo studioso, come no lombardo del Dalmata, ma avvicinabi- abbiamo visto, la completa rivendicazio- le alla pala di San Sebastiano a Venezia, dal ne artistica del pittore, Bencovich man- momento che “…nell’una e nell’altra è quel cò all’appuntamento con la grande mostra comporre a linee spezzate che, pur mante- organizzata nel 1945 dallo stesso studio- nendo il vivace contrasto chiaroscurale del so intitolata Cinque secoli di pittura veneta, Crespi, del Piazzetta, rompe (come avevano ma ugualmente venne nominato da Longhi già sperimentato i lombardi, cito l’Abbiati e nel suo Viatico per cinque secoli di pittura ve- il Magnasco) il complesso unitario, i volumi neziana del 1946: parlando della formazio- bloccati di ascendenza caravaggesca”36. ne di Tiepolo, Longhi ad un certo punto af- Dopo questa prima ondata di proposte fermò che Gian Battista “studia da giovane e riscoperte, la figura di Bencovich trovò l’eccentrico e geniale Bencovich”27. una sistematizzazione nel volume di Pal- La curiosità suscitata dalla prima se- lucchini La pittura veneziana del Settecento rie di studi coinvolse molti storici dell’ar- del 1960. In questo lavoro lo studioso creò te, tra cui Goering28, Arslan29 e Donzelli30, delle correnti di gusto su base stilistica, e

Federico Bencovich: la fortuna critica, un itinerario 79 “un mondo lontano ed angosciato, qua- si d’anima malata”38, ci venne fornito an- che da Martini nel suo La pittura veneziana del Settecento del 1964: il pittore fu nuova- mente inserito all’interno della stessa cor- rente di Piazzetta e del giovane Tiepolo i quali, con le loro esperienze chiaroscura- li provocarono, a detta dello studioso, un momento di arresto provvisorio della na- scente pittura rococò39. Il 1966 rappresentò un anno decisi- vo per la formazione di una certa idea cri- tica sulla personalità del pittore dalmata, contrassegnata dalla creazione di due cli- ché storiografici, uno dovuto alla propo- sta del nome di Bencovich per due opere del Museo Bruckenthal di Sibiu, l’altro in seguito alla presentazione, alla Mostra del- la Pittura Veneta del Settecento in Friuli al- 3 - Giambattista Tiepolo, Sacra Famiglia lestita a Udine nel 1966, di un piccolo di- e tre santi francescani. Milano, pinto raffigurante Il Miracolo dell’ostia (fig. Museo del Castello Sforzesco 5), rivendicato a Bencovich da Pallucchini e da Fiocco. Aldo Rizzi, curatore della mo- in base a questa classificazione Bencovich stra, commentando l’opera, non ebbe esita- affiancò Piazzetta (raggiunti presto dal zioni a parlare, con termini che lasciarono giovane Tiepolo) nella corrente “patetico– il segno sulla critica successiva, “di una ec- chiaroscurale”, appendice della cultura dei cezionale testimonianza pittorica dell’arti- tenebrosi seicenteschi, sorta come reazio- sta veneto-dalmata, il quale, dopo aver nu- ne al nascente filone rococò, impersona- trito il Tiepolo, ne rimane profondamente to da Ricci, Pellegrini e Amigoni. Il ruolo abbagliato”40. Lo stesso studioso, ponendo del Dalmata in quel momento così fertile l’accento sull’“allucinante atmosfera mira- della pittura veneziana non dovette esse- colistica”41, sottolineò il pathos della sce- re secondario, se il Pallucchini asserì che na, esaltata anche “attraverso la sensibi- “spetta al Bencovich di aver suscitato, in le intavolazione cromatica: abbandonato il questo momento tanto notevole dello svi- chiaroscuro denso e fumoso, il Bencovich luppo della pittura veneziana, quell’aspra si esprime attraverso una inedita prezio- ansietà patetica che caratterizza la giovi- sità di accordi”42. Se nella recensione della nezza del Tiepolo, e che spinse il Pittoni, stessa mostra, apparsa su “Arte Veneta” nel partito dai modi del Balestra, ad una ca- 1966 e firmata Giuseppe Maria Pilo, l’ope- ratterizzazione così nervosa della forma”37. ra del Dalmata venne definita eccellente43, Un bel ritratto del Bencovich, creatore di Il Miracolo dell’ostia, riproposto al pubblico

80 AFAT 31 4 - Federico Bencovich, Cristo deposto adorato da santi. Borgo San Giacomo, chiesa del Castello

Federico Bencovich: la fortuna critica, un itinerario 81 sotto il nome di Bencovich in altre due re- trospettive di quegli anni44, continuò a ri- cevere consensi: anche in queste ultime oc- casioni si rimarcarono quelle componenti estrose e bizzarre ritenute caratteristiche fondamentali del linguaggio figurativo del pittore, e quei toni eccitati tanto graditi alle fonti figurative austriache. Sempre nello stesso anno Jonescu ave- va presentato in “Arte Veneta” due dipinti del Museo Bruckenthal di Sibiu, accostan- doli al nome di Bencovich: il San Pietro che guarisce un ammalato e il pendant con So- crate incitato ad evadere dal carcere (fig. 6), opere apparentate all’arte di Magnasco e che sottolineano “il senso suggestivo del fanta- stico bencoviciano”45. Le due tele tradizio- nalmente portavano l’etichetta del Mildor- fer, e ovviamente la nuova attribuzione non faceva che rafforzare l’idea del legame tra il Dalmata e i rappresentanti del rococò vien- nese, già prospettata negli anni Trenta da 5 - Giambattista Crosato, Il miracolo Pallucchini46. Dagli anni Sessanta l’altale- dell’ostia. Pordenone, collezione privata, na del catalogo bencoviciano registrò de- in deposito al Museo Civico gli ingressi e delle uscite, con i contributi di Gamulin47, Pallucchini48, Rosenberg49, Ma- rinelli50 e Zeri51; fortunatamente ci furono anche delle acquisizioni certe, che permi- sero di comprendere più a fondo lo svilup- po artistico del nostro pittore, grazie ai fon- damentali articoli della Gregori, di Ruggeri e della coppia Rosenberg - Bréjon de Laver- gnée. Mina Gregori, nel numero di “Para- gone” del 1977, ripropose il San Francesco di Paola della chiesa della SS. Trinità di Crema, rivendicando alle proprie ricerche del 1955 riguardanti la pittura del territorio crema- sco il merito della riscoperta di questa pala. 6 - Joseph Ignaz Mildorfer, La studiosa, parlando dei rapporti con Piaz- Socrate incitato ad evadere dal carcere. zetta, e ricordando il comune apprendi- Sibiu, Museo Bruckenthal stato bolognese dei due, mise in rilievo la

82 AFAT 31 posizione preminente del Fedrighetto nel connota il dipinto: un puntello fondamen- momento del ritorno dal soggiorno felsi- tale quindi nel passaggio dall’acerba e im- neo, che riuscì a fornire “con un medita- pacciata Giunone di Forlì ai capolavori di re alto e introspettivo, capace di esplorare Pommersfelden. Negli stessi anni però, con il nuovo e il non certo, le visioni più geniali l’avanzare degli studi, il corpus pittorico del nei due dipinti di Pommersfelden e nel Sa- Nostro accusò delle defezioni importanti, crificio d’Isacco di Zagabria, puntando su che minarono alle fondamenta l’impalcatu- risultati di astrazione della forma, non già ra su cui la critica aveva costruito la sua idea di animazione organica, vitale e normaliz- sul pittore, soprattutto quella di Bencovich zante, come il Piazzetta. Quest’ultima, tut- che forgia l’arte del giovane Tiepolo. Vedia- tavia, era la strada che consacrava le ragio- mo di seguito tre casi significativi. ni dell’accademia, e la vittoria sarebbe stata Il primo riguarda il San Francesco in di chi la seguiva”52. Ugo Ruggeri, inoltre, in meditazione (fig. 8) della Pinacoteca del- “Arte Veneta” del 1978 ebbe l’occasione di la Fondazione Querini Stampalia, al qua- far conoscere un’Adorazione dei Magi passa- le nel 1979 veniva ribadita la tradizionale ta qualche anno prima sul mercato antiqua- attribuzione a Bencovich, opera ritenu- rio di Colonia con il nome di Pittoni, attri- ta della sua fase giovanile, ancora influen- buendola al Federighetto “sia per l’aspetto zata dalla lezione formale del Crespi, “tut- spaziale terremotato[…]che infine per le ta pervasa da un violento misticismo nello tipologie dei vecchi barbati, drammatiche e sbattimento delle luci sulle ombre dense e grifagne, e del volto femminile, regolato in profonde che scavano il profilo e le mani un puro ovale che appare identico nell’Ifi- del santo”55. Il San Francesco, che era servi- genia e nell’Agar”53. to a Pallucchini nel suo fondamentale ar- Infine, nel 1981, Rosenberg e Bréjon de ticolo del 1936 a motivare la paternità di Lavergnée pubblicarono un articolo in “Arte Bencovich della pala di Bergantino, ancora Veneta”54 relativo alla scoperta e all’identi- nel 1995 era ritenuto dallo stesso studioso ficazione della pala raffigurante Sant’Andrea, opera autografa del Dalmata56, e con questa san Bartolomeo, san Carlo Borromeo, santa Lu- attribuzione fu pubblicato nella monogra- cia e sant’Apollonia (fig. 7), già nella Chiesa fia di Krückmann57, mentre Egidio Martini, della Madonna del Piombo a Bologna, e ri- nel 1996, spostava la tela nel catalogo del trovata in Francia, nella Parrocchiale di Se- giovane Tiepolo58, con una datazione pros- nonches: si trattò di un recupero eccezio- sima al 1713, osservando che il Dalmata nale, di un’opera cardine non solo per la nelle sue opere giovanili “dipinge in modi ricostruzione della giovinezza artistica del più dolci, con delle forme e superfici più Bencovich, ma anche per la storia della pit- lisce e pulite che ricordano il Cignani”59, tura veneziana del Settecento (si giustifi- mentre in quest’opera, “il modo di mo- ca così la sua esposizione alla mostra Giam- dellare, di costruire la forma è ben diver- battista Piazzetta. Il suo tempo, la sua scuola, so da quello del Bencovich”60. Il secondo allestita a Ca’ Vendramin Calergi nel 1983). caso di dipinto da assegnare alla giovinez- La datazione dell’opera, da porre attorno al za del Tiepolo è il modelletto raffigurante 1710, è sostenuta dal timbro bolognese che la Sacra Famiglia e tre santi francescani (fig.

Federico Bencovich: la fortuna critica, un itinerario 83 3) del Castello Sforzesco di Milano, fin dal logie stilistiche con il Transito di san Giu- 1936 ritenuto opera di Bencovich da Pal- seppe di Crosato (di collezione privata di lucchini61. Lo studioso, che a ragione con- Budapest), ebbe il merito di restituirla allo siderava la paletta di Milano una summa stesso Crosato, attribuzione accolta in se- di estro pittorico, quasi cinquant’anni più guito favorevolmente dalla critica65. La pa- tardi, nel suo articolo Un Tiepolo in più, un rabola discendente continuò nel volume di Bencovich in meno uscito nel 1984, rive- Marini La pittura del Settecento veneto del dendo la sua posizione restituì a Tiepo- 1982: egli, pur profilando una lusinghiera lo il quadretto sulla base di confronti sti- descrizione del Dalmata che ricalca quella listici con una serie di opere giovanili del tratteggiata nella sua opera del 1964, con- grande maestro veneziano, tutte “condot- siderando la scarsità di opere lascate dal te con una furia abbozzante, con la quale pittore in laguna minimizzò il suo apporto l’immagine sembra scardinata mediante artistico nella Venezia di inizio Settecen- una dinamica chiaroscurale, talvolta addi- to66. Pallucchini tornò invece ad occuparsi rittura negromantica”62: qualità che attor- del pittore nel 1980 al convegno italo-ju- no al 1715 non sono certamente peculiari goslavo di Venezia, con la relazione (Con- dell’arte di Bencovich. Venendo a mancare suntivo su Federico Bencovich) che confluì questo caposaldo fondamentale, dalla ele- nel volume Il Barocco in Italia e nei paesi vata sensibilità coloristica e dalla vena me- slavi del sud, uscito nel 1983. In questo in- lodrammatica, con una reazione a catena tervento, e nel profilo delineato all’inter- si sgretolò l’idea di una certa componen- no del volume del 199567, la principale sin- te creativa dell’arte bencoviciana, e Pal- tesi della pittura veneziana del Settecento, lucchini non appoggiò più neanche l’attri- la posizione di Bencovich si innalzava–alla buzione della Scena d’un assassinio ai piedi pari di Piazzetta-, nel ruolo di guida del- della croce del Museo di Clamecy, proposta la corrente dei neo-tenebrosi sulla scena del Rosenberg del 1971, che a suo tempo veneziana nella seconda decade del secolo. lo stesso Pallucchini aveva accolto63. L’ul- Dal 1988 l’opera del pittore dalmata timo caso eclatante di paternità errata ri- può finalmente vantare una monografia: guarda la tela raffigurante Il miracolo dell’o- si tratta del volume di Krückmann. Que- stia (fig. 5), tradizionalmente considerata sto studio è da vedersi come il coronamen- una delle opere più significative di Benco- to di un risvegliato interesse verso l’ope- vich. Abbiamo già tratteggiato la fortuna di ra di Bencovich, anche se la monografia si questo modelletto, considerato un punto rivela un po’ controversa soprattutto nei di riferimento dell’arte del Dalmata per la capitoli riservati alle attribuzioni, dove lo sua caricata espressività e gestualità, e ab- studioso, rivelandosi forse un po’ troppo biamo visto come la critica, sbizzarrendosi avventato nei giudizi, rivoluziona il cata- in letture formali piene di entusiasmo, vi logo delle opere dell’artista. Krückmann, avesse colto “spunti da Mazzoni, Magnasco sottolineando efficacemente il tessuto cul- e Tiepolo, nonché anticipazioni su Maul- turale in cui il pittore operò nella sua car- bertsch e il rococò austriaco”64. Pavanello riera, focalizza il suo interesse sia verso però, notando in essa delle stringenti ana- la tradizione figurativa locale, sia verso i

84 AFAT 31 7 - Federico Bencovich, Sant’Andrea, san Bartolomeo, san Carlo Borromeo, santa Lucia e sant’Apollonia. Senonches, parrocchiale

Federico Bencovich: la fortuna critica, un itinerario 85 tre non è documentabile l’opposto; trasfe- risce inoltre dipinti da sempre considerati di Piazzetta al Dalmata (i bozzetti di Por- denone, I-20 e Los Angeles, I-12, ritenu- ti copie del Dalmata da originali del ma- estro veneziano)68. Adeguato spazio trova nella monografia il rapporto di Bencovich nei confronti della pittura viennese, anche se Krückmann tende a sminuire la porta- 8 - Giambattista Tiepolo, San Francesco ta dell’influsso del Dalmata su artisti come in meditazione, particolare. Troger e Maulbertsch. Nell’ultima parte, Venezia, Pinacoteca Querini Stampalia dedicata al catalogo ragionato delle opere, Krückmann declassa dipinti finora ritenu- ti fondanti dell’arte del Bencovich69. Ma è soprattutto la sezione dello studio con le opere che lo studioso riconosce come au- tografe quella che ha fatto discutere di più la critica: a prima vista emerge, ad esem- pio, il modelletto con Venere e Marte (I-20) di Pordenone (fig. 9), che l’autore toglie a Piazzetta70. Questo tentativo di Krückmann di fissare il catalogo bencoviciano ha pro- vocato e stimolato un vivace dibattito71. Una trattazione a parte, anche in seguito alle origini dalmate di Bencovich, merita- no le opere assegnate dagli studi novecen- teschi a Bencovich nelle terre che diedero i natali alla sua famiglia: Lucchese, nel suo recente contributo nel volume Il Settecento di terraferma, cerca di mettere ordine, rifiu- tando l’assegnazione di una serie di opere in Dalmazia al Nostro, “che pare nulla abbia 72 9 - Giambattista Piazzetta, Venere e Marte. lasciato nella terra d’origine” . Pordenone, collezione privata Lo studioso che recentemente si è occu- pato maggiormente e a più riprese di Ben- covich, cercando di arricchire il suo mo- modi ‘controriformistici’ romani e bolo- desto catalogo, è Sergio Marinelli, che nel gnesi. Lo studioso analizza l’interdipen- 2010 nel suo articolo Ritorno su Federico denza del rapporto Piazzetta-Bencovich, e Bencovich si propone di fare un breve bi- rammenta che esistono varie copie di ope- lancio degli studi sul pittore, pubblican- re di Bencovich tratte da Piazzetta, men- do anche degli inediti, come il David (qua-

86 AFAT 31 dro già pubblicato da Annalisa Scarpa come mata, e presenta un Busto di san Gerolamo, di opera giovanile di Sebastiano Ricci73) e Il collezione privata, che ritiene di poter asse- concerto di due pastorelli, un dipinto passa- gnare con certezza al Bencovich, trattandosi to nel 2010 a un’asta genovese, che presen- di una redazione di un modello già utilizza- ta, pur tra i molti richiami alla Bologna di to dal Nostro nella figura di San Bartolomeo Crespi, “una materia filamentosa e traslu- nella pala di Senonches. cida che può sembrare ancora quella della Il 2011 può considerarsi l’anno nero del pala di Senonches”74. Marinelli sposta poi Bencovich, che vede assottigliarsi il suo l’attenzione su un Riposo nella fuga in Egitto, catalogo con la perdita di tre opere chia- comparso sul mercato antiquario, “imma- ve, ritenute fondamentali per la compren- gine originale e al tempo stesso psicologi- sione di alcuni lati della sua poetica: il Dal- camente interessante e coerente col profilo mata si vede sottrarre le due tele del Museo tramandato del pittore”75, rappresentazio- Bruckenthal di Sibiu (sempre additate dal- ne nella quale la figura del vecchissimo San la critica come documentarie per l’attivi- Giuseppe “sembra oggi riproporre l’attri- tà viennese del Bencovich e indicate come buzione a Bencovich delle due tele del Mu- opere ponte con il Rococò austriaco), ope- seo Bruckenthal di Sibiu, pure rigettate da re che la Leube-Payer, nella sua monografia Krückmann e, in passato, anche dallo scri- su Mildorfer80, crede di dover riassegnare al vente”76, dal momento anche che “la libera maestro austriaco. Inoltre anche il catalo- pennellata sembra risentire dell’ultimo ba- go della grafica ha subito una partenza ec- rocco austriaco e quindi il dipinto dovreb- cellente, riguardando l’esemplare di qua- be appartenere al momento tardo di Benco- lità più elevata: stiamo parlando del Fauno vich…”77. Lo studioso, in un altro intervento seduto con clava (fig. 10) dell’Ambrosiana, su Bencovich in “Nuovi Studi”, rimarcando disegno attribuito a Bencovich nel 1976 da la sua personalità sfuggente e la sua sfortu- Ruggeri81, confermato nella monografia di na artistica, omaggia il Dalmata paragonan- Krückmann82, che nel 2011 Pavanello fa mi- dolo a un altro pittore “maledetto” del No- grare nel corpus grafico del giovane Tiepo- vecento: “il fascino moderno di Bencovich lo83. Anche in virtù di questo passaggio, e è quello infatti di sembrare, in qualche mo- ricordando l’esemplare vicenda critica del mento, il Francis Bacon del Settecento”78. quadretto del Castello Sforzesco, lo studio- Una delle ultime proposte critiche è firmata so ha cercato di riconsiderare la posizione da Ugo Ruggeri, che torna a parlare di Ben- del Bencovich: “ci si è a lungo interrogati covich all’interno del suo contributo Giulia sulla figura di Bencovich e di quale sia sta- Lama tra Piazzetta, Tiepolo e Bencovich79 del to il suo apporto originale alla civiltà figura- 2010, nel quale, partendo dal fitto intrec- tiva veneziana del primo Settecento, e lo si ciarsi dei rapporti tra questi artisti, ten- è generalmente individuato in quelle decli- ta di districare alcuni problemi attributivi nazioni estrose, in quelle abbreviazioni ta- non completamente risolti: in quest’ottica glienti che caratterizzano, invece, le opere Ruggeri restituisce a Giulia Lama il San Roc- del primo Tiepolo. Va da sé che se ricono- co in preghiera di collezione privata, pubbli- sciamo a quest’ultimo, com’è d’obbligo, il cato da Martini come opera del pittore dal- ruolo di leader in quello che si è definito il

Federico Bencovich: la fortuna critica, un itinerario 87 mondo dell’estro pittoresco, occorre ribal- tare quell’assunto”84. A questo punto sorge spontanea la do- manda: chi è stato Federico Bencovich? Espunte dal suo catalogo le opere contras- segnate da una creatività sopra le righe, e conseguentemente eliminata dalla sua arte quella componente estrosa che le caratte- rizzava, quale ruolo dobbiamo quindi rico- noscergli? E inoltre, quale è stata la sua at- tività antecedente al 1707, anno della prima opera documentata e nel quale Bencovich aveva già trent’anni? In attesa di darci delle risposte conser- viamo l’immagine di un Bencovich uomo inquieto, solitario, enigmatico, sinistro, ri- cordato per capolavori come la pala di Bor- go San Giacomo o le tele di Pommersfeld- en, opere accomunate dalla medesima cifra fantastica, visionaria, allucinata, che som- mata alla sua vita tormentata, da vero arti- 10 - Giambattista Tiepolo, Fauno seduto sta ‘saturnino’, rende la sua figura estrema- con clava. Milano, Biblioteca Ambrosiana mente affascinante.

Note

1 A. Mariuz, Il Settecento, La Pittura (I), in Sto- lenco dei pittori viventi meritevoli di es- ria di Venezia, L’Arte, II, a cura di R. Palluc- sere ricordati. chini, Roma 1995, p. 324. 4 P.A. Orlandi, Abecedario pittorico… accresciu- 2 A.M. Zanetti, Della pittura veneziana e delle ope- to da Pietro Guarienti, Venezia 1753, p. 162. re pubbliche de’ veneziani maestri libri V, p. 451. 5 Cfr. J.R. Füssli, Allgemeines Künstler- Le- 3 Cfr. le parole di Zanetti nell’opera già cita- xikon, Zurigo 1763, I, p. 44: “Seine ausseror- ta: “Valente fu questo pittore, dica ognuno dentliche Einbildungs-Kraft verleitete ihn che vuole” (p. 451). Bisogna però ricorda- zu einer ausschweifenden Manier”. re che lo stesso Zanetti, nell’aggiornamen- 6 P.A. Orlandi, Abecedario pittorico…, cit., p. to della guida del Boschini pubblicato nel 162: “…e diede in una maniera, che ad altri, 1733, pur citando le pale della Fava e di San fuorché a lui, non piacque, egli fece perdere Sebastiano, non inserì Bencovich nell’e- il credito e la riputazione acquistata”

88 AFAT 31 7 R. Pallucchini, Contributo alla biografia di di contributi, presentò alcune produzioni di Federico Bencovich, “Atti del Reale Istitu- Bencovich: da segnalare alcuni disegni che si to Veneto di Scienze, Lettere ed Arti”, xciii, trovano all’Albertina di Vienna -tra cui il San p. 1497: “…A pittori venetiani l’auguro ogni Francesco di Paola-, la stampa rappresentan- onore ancor che s’ingegnano (benché mi sia te il Beato Pietro Gambacorti, riproduzione in un onore in tanta distanza) screditarmi con controparte della pala dello stesso Bencovich la calunnia che le mie uniche opere in publi- che si trova nella chiesa di San Sebastiano a co a S. Bastiano e alla Fava si levano per esser Venezia e l’incisione con il ritratto di Aposto- tropo indegne…”. lo Zeno, eseguita da Andrea Zucchi dietro dise- 8 L. Lanzi, Storia pittorica dell’Italia, Bassano gno del Dalmata. Commentando queste opere 1795-1796, II, p. 195. Donati sottolineò gli influssi dell’arte tiepole- 9 J.P. Mariette, Abecedario de P.J.M…, a cura sca: Bencovich non seppe però raggiungere le di Ph. De Chenneviéres, A. De Montaiglon, vette del grande maestro veneziano, difettan- Parigi 1858-1859, p. 118. do le sue opere di “linfa vitale”. 10 G. Moschini, Della letteratura veneziana del 15 R. Longhi, Un ignoto corrispondente del Lanzi secolo XVIII fino a’ nostri giorni, III, Venezia sulla Galleria di Pommersfelden, “Proporzio- 1806, p. 75. ni”, III, 1950, pp. 229-230. 11 G. Moschini, Guida per la città di Venezia…, 16 R. Pallucchini, Profilo di Federico Bencovich, II, Venezia 1815, p. 563: “Bencovich Fede- “La critica d’arte”, I, 1936, p. 209. rigo, vissuto nella prima metà del secolo 17 Ivi, p. 219. XVIII, alla scuola del Cignani apprese la so- 18 Ivi, p. 206. dezza, e riuscì corretto del disegno, e forte 19 Ibidem. della macchia, benché talora un po’ caricata 20 Ivi, p. 207. degli scuri”. 21 Ivi, p. 213. 12 Ivi, p. 306: “nella tavola del primo altare 22 Ibidem. in chiesa Federigo Bencovich rappresentò 23 Ivi, p. 214. nell’eremo il beato Pietro da Pisa, fondatore 24 Ivi, p. 217. dell’ordine de’ così detti Geronimini. Nelle 25 Cfr. nota 7. pareti laterali vi sono due fatti della vita del 26 R. Pallucchini Profilo di Federico Benco- santo a chiaro-scuro, ma presso a perdersi”. vich…, cit., p. 215. 13 Cfr. A. Petti, Guida pittorica, Napoli 1855, 27 R. Longhi, Viatico per cinque secoli di pittura p.111, che inserisce il Bencovich nella scuo- veneziana, Firenze 1946, p. 39. la bolognese del xviii secolo e lo ricorda con 28 Cfr. M. Goering, Unbenkannte Werke von Fede- queste parole: “Non tanto prese costui dal rico Bencovich, “La critica d’arte”, II, 1937, pp. Cignani l’amenità, quanto la sodezza; fu cor- 177-181. Lo studioso attribuisce al Bencovich, retto in disegno, forte nella macchia, ed in- sulla base di motivi stilistici, due opere: il Sa- telligente delle buone teorie dell’arte, però crificio di Polissena del Museo di Bruxelles e la sua maniera talora è alquanto caricata di l’Annunciazione del Castello Wawel di Craco- scuri, ma non è mai da sprezzarsi”. via; entrambe non resteranno a lungo nel ca- 14 Cfr. L. Donati, Federico Bencovich detto “Fe- talogo del pittore dalmata. Per la nuova pa- righeto Dalmatino”, “Archivio storico per la ternità del quadro di Cracovia, già rifiutato da Dalmazia”, IV, 1927, pp. 106-119; Id., Federico Arslan nel 1943, si veda la nota 47. Il Sacrificio Bencovich, “Archivio storico per la Dalmazia”, di Polissena invece, accettato da Arslan (cfr. E. VI, 1929, pp. 492-494; id., Ancora di Federico Arslan, Inediti di Federico Bencovich, “Empo- Bencovich, “Archivio storico per la Dalmazia”, rium”, XCVIII, 1943, p. 160, nota 2) e Palluc- VIII, 1930, pp. 522-530. Egli, in questa serie chini (cfr. R. Pallucchini, La pittura venezia-

Federico Bencovich: la fortuna critica, un itinerario 89 na del Settecento, Venezia-Roma 1960, p.59), 32 Ivi, p. 113 verrà espunto dal catalogo bencoviciano da 33 Per un’incursione aggiornata nell’attivi- Martini (cfr. E. Martini, La pittura veneziana tà del Bencovich nei territori periferici ve- del Settecento, Venezia 1964, p. 200, nota 123) neti si veda il volume La pittura in Veneto. Il e da Krückmann (cfr. P.O. Krückmann, Federi- Settecento di Terraferma, a cura di G. Pavanel- co Bencovich 1677-1753, Hildesheim – Zürich – lo, Milano 2010. Anche in questa occasione, New York 1988, cat. VI-4, p. 330). come già nella letteratura precedente, si ri- 29 Cfr. E. Arslan, Inediti di Federico Benco- marca come nella pala di Crema e in quella di vich…, cit., pp. 158-163. Lo studioso pubbli- Borgo San Giacomo “Federico Bencovich ac- ca una serie di inediti, in primis una Deposi- quisti in profondità psicologica, sentimento zione nel duomo di Vicenza; egli, osservando religioso e mistico”(C. Alpini, Crema, in La la pala, mette in dubbio gli elementi cigna- pittura in Veneto. Il Settecento di Terraferma… neschi della poetica bencoviciana, per lui cit., p. 348). più riconducibili a testimonianze docu- 34 Cfr. Valcanover F. (a cura di), Mostra di pit- mentarie che a effettivi riflessi stilistici, ed tura del Settecento nel Bellunese, catalogo del- è convinto che “una più attenta precisazio- la mostra (Belluno, Palazzo dei Vescovi), Ve- ne di elementi lombardi nella formazione nezia 1954, cat. 31, pp. 66-68. del Bencovich” possa aiutare, “limitando al- 35 Cfr. R. Pallucchini, Federico Bencovich, “Ri- quanto la portata dell’educazione emiliana, a vista d’Arte”, XIV, 1932, p. 306. chiarire maggiormente il linguaggio di que- 36 E. Arslan, Contributo al Bencovich e al Bazza- sto artista”(p. 160). L’attribuzione a Benco- ni, “Commentarii”, XIII, 1962, p. 162. vich dell’opera vicentina verrà respinta da 37 R. Pallucchini, La pittura veneziana del Sette- Martini (cfr. E. Martini, La pittura venezia- cento…, cit., p.58. na del Settecento…cit., p. 200, nota 123) e da 38 E. Martini, La pittura veneziana del Settecen- Krückmann (cfr. P.O. Krückmann, Federico to…, cit., p. 55. Bencovich 1677-1753…cit., cat. VI-53, p. 350). 39 Cfr. Ivi, pp. 55-56: “Egli infatti non era un co- 30 Cfr. C. Donzelli, I pittori del Settecento, Fi- lorista, ma piuttosto un pittore di luce e di renze 1957. Lo studioso definisce le ope- ombra. E si serviva di questi elementi non per re di Bencovich “spesso pervase da un senso esprimere e costruire delle immagini robuste di drammatica angoscia, che si esprime at- e serene, come farà il Piazzetta, ma per darci traverso un forzato chiaroscuro ed una esa- invece un suo stato drammatico e patetico. Le cerbata deformazione formale”(p. 21); oltre sue figure[…]ci suggeriscono un mondo lon- ai dipinti già noti alla critica, ascrive al Dal- tano ed angosciato, quasi d’anima malata[…] mata l’Ercole e Onfale ora al Museo della Re- Sembra quasi che di quel suo turbamento in- sidenz di Würzburg, circoscrivendolo negli teriore non risenta la superficie delle im- anni tra i 1710 e il 1716. magini, spesso levigata e pulita, ma piutto- 31 Cfr. F. Wittgens, Un nuovo dipinto di Fede- sto l’anima che ci vive dentro. Per questo suo rico Bencovich, “La critica d’arte”, III, 1938, carattere introspettivo, per questa sua atten- pp.113-114. Nello stesso numero della rivi- zione ad un mondo soggettivo e misterioso, sta (pp. 114-115), Pallucchini segnala l’inci- più che alla realtà viva e presente, il Benco- sione di Gaetano Bianchi datata 1730, che lo vich pare talvolta discenda non dai sereni bo- studioso ipotizza possa essere la traduzione lognesi, ma dai tragici secentisti lombardi”. della pala raffigurante Santa Maria dei Servi 40 A. Rizzi (a cura di), Mostra della pittura vene- morente, opera di Bencovich documentata da ta del Settecento in Friuli, catalogo della mo- Bartoli (1776-77) nella omonima chiesa mi- stra (Udine, chiesa di San Francesco), Udine lanese e andata perduta. 1966, p. 16.

90 AFAT 31 41 Ibidem. d’Arte di Spalato, già reso noto dal Prijatelj, di 42 Ibidem. cui esiste la relativa stampa di Pitteri e il dise- 43 Cfr. G.M. Pilo, La mostra della pittura ve- gno preparatorio all’Albertina. neta del Settecento in Friuli, “Arte Veneta”, 49 Cfr. P. Rosenberg, Venise au-dix huitième XX, 1966, p. 307-308: “un acceso brano di siècle, catalogo della mostra (Parigi, Oran- espressionismo visionario[…]Si tratta in- gerie des Tuileries), Paris 1971. Lo studioso, fatti, quasi di certo, di un Bencovich tardo, supportato da analisi stilistiche, suggerisce forse a cavallo del 1740, come propone il Pal- il nome di Bencovich per la Scena d’un assas- lucchini, situandolo giustamente in anticipo sinio ai piedi di una statua del Museo di Cla- sul Rococò austriaco: per il quale il richiamo mecy (cat. 4). può puntualizzarsi, per analogia di qualità e 50 Cfr. S. Marinelli, Per Federico Bencovich, di visione, in direzione del Maulbertsch”. “Paragone”, 323, 1977, pp. 84-88. Marinel- 44 L’opera venne ripresentata al pubblico alla mo- li attribuisce al Bencovich una pala raffi- stra Dal Ricci al Tiepolo: i pittori di figura del Set- gurante l’Adorazione dei pastori, rinvenuta tecento a Venezia, organizzata nel 1969 a Palaz- a Verona nei depositi del Museo di Castel- zo Ducale, e nel 1973 alla mostra I maestri della vecchio. Il riferimento è avanzato solo sul- pittura veneta del Settecento tenuta a Gorizia. la base di dati stilistici. Pur intravedendo gli 45 T. Jonescu, Tre dipinti di Bencovich al Museo ultimi echi caravaggeschi, per lo studioso gli Bruckenthal di Sibiu, “Arte Veneta”, XX, 1966, agganci stilistici più forti restano però quel- p. 269. li emiliani: con i Sacramenti di Crespi, e, an- 46 Per un’indagine approfondita di questa fit- dando a ritroso, fino a Cavedoni, Schedoni, ta trama di rapporti si rimanda a F. Zava Boc- Reni e Correggio. cazzi, Episodi di pittura veneziana a Vienna nel 51 Cfr. F. Zeri, Tuji slikarji od 14. Do 20. stoletja, Settecento, in Venezia Vienna, Milano 1983, catalogo della mostra (Lubiana, Narodna pp. 25-88. Galerija), Ljubljana 1983, p. 125. Zeri con- 47 Cfr. G. Gamulin, Qualche aggiunta al Sette- ferma l’opinione secondo cui La liberazione cento: per G.B. Tiepolo, “Arte Veneta”, xviii, di San Pietro dal carcere sia un’ opera del Dal- 1964, pp. 186-189. Lo studioso, tre anni mata, presentando caratteri stilistici “tipici dopo aver assegnato a Bencovich il Sant’An- di Federico Bencovich, anche per la partico- drea della Galleria Nazionale di Lubiana (che lare interpretazione dei modi del Piazzetta. nel 1972 crederà invece più opportuno as- Rispetto a questi, tuttavia, la pennellata ri- segnare a Troger), in un articolo apparso sulta più fluida e pittorica, e la composizione su “Arte Veneta” toglie due opere al pittore più intensa e drammatica”. per aggiungerle al catalogo di Tiepolo. Trat- 52 M. Gregori, Un dipinto del Bencovich a Crema, tasi della Caduta sotto la croce della Galleria “Paragone”, 323, 1977, p. 90. Strossmayer di Zagabria e dell’Annunciazio- 53 U. Ruggeri, Nuove opere di Federico Benco- ne del Castello Wawel di Cracovia. vich, “Arte Veneta”, xxxii, 1978, p. 390. Ol- 48 Nello stesso numero di “Arte Veneta” del 1966 tre all’opera di Colonia, Ruggeri nell’articolo nel quale lo Jonescu aveva pubblicato le tele di segnala due dipinti della chiesa parrocchiale Sibiu, Pallucchini, nel suo intervento Postil- di Madone (Bergamo), per i quali propone il la al Bencovich (pp. 271-274), fa il punto sul- nome di Bencovich: un’ Agar nel deserto e un lo stato delle ricerche sul Dalmata: lo studio- Sacrificio di Isacco, da ricollegare ai dipinti di so presenta anche una mezza figura di Diogene Pommersfelden e della Galleria Strossmayer della collezione Mordasini di Lugano, omag- di Zagabria, dei quali costituiscono delle va- gio alla cultura dei tenebrosi seicenteschi, va- rianti. Nella stessa occasione Ruggeri rifiu- riante del San Francesco di Paola della Galleria ta perentoriamente l’assegnazione al pittore

Federico Bencovich: la fortuna critica, un itinerario 91 dalmata dell’Adorazione dei Pastori del Museo fermato questa attribuzione: cfr. D. Ton, di Castelvecchio (parere già espresso da Pal- Giambattista Crosato: pittore del Rococò euro- lucchini). peo, Verona 2012, cat. 5, pp. 184-185. 54 Cfr. P. Rosenberg-A. Bréjon De Lavergnée, 66 Cfr. E. Martini, La pittura del Settecento vene- Un tableau de Bencovitch retrouvé, “Arte Vene- to, Udine 1982. Martini nel profilo di Benco- ta”, XXXV, 1981, pp. 187-191 vich pubblicò inoltre alcune sue opere ine- 55 M. Dazzi-E. Merkel, Catalogo della Pinacote- dite, tra cui un San Rocco in preghiera, già di ca della Fondazione Scientifica Querini Stam- collezione veneziana, e un Achille che scopre il palia, Vicenza 1979, p. 82. corpo di Patroclo. 56 Cfr. R. Pallucchini, La pittura nel Veneto. Il Set- 67 Cfr. R. Pallucchini, La pittura nel Veneto. Il tecento, a cura di M. Lucco-A. Mariuz-G. Pava- Settecento…, cit., pp. 286-296. L’unico ine- nello-G. Zava, I, Milano 1994-1995, p. 295. dito accostato (già nel 1983) a Bencovich è 57 P.O. Krückmann, Federico Bencovich 1677- un Mosè che calpesta la corona del faraone, di 1753…, cit., cat. I-30, p. 267. collezione privata a Roma. 58 Attribuzione confermata in seguito nel cata- 68 La personalità di Federico Bencovich è pro- logo completo dell’opera pittorica di Tiepo- blematicamente intrecciata con quella del lo (F. Pedrocco, Giambattista Tiepolo, Milano Piazzetta. Un rapporto fra i due è attestato 2002, cat. 4, p. 194), accettata pure nell’ul- dal dipinto che si trovava nella collezione di timo resoconto su Bencovich (S. Marinelli Francesco Algarotti: “Una Pastorella sedente Federico Bencovich, “Annales”, 20, 2010, 2, p. che si spulcia, ed un Giovane Pastore che la 350) e avvallata anche da Lucchese (E. Luc- osserva: Quest’ultimo vi è stato aggiunto da chese, in Mino Rosi artista e collezionista, ca- Gio: Battista Piazzetta”. La pastorella, come talogo generale della Collezione Mino, Giusep- precisa l’inventario, è di mano di Bencovich. pina e Giovanni Rosi della Fondazione della Non ci si deve stupire che fra i due siano in- Cassa di Risparmio di Volterra, a cura di P. tercorsi degli influssi culturali e degli scam- Carofano, Pisa 2011, p. 65). bi attributivi; un tipico esempio di paternità 59 E. Martini, Non Bencovich, ma Tiepolo, “Arte controversa è Il sacrificio d’Isacco di Zagabria, Documento”, 10, 1996, p. 224. opera che correttamente Pallucchini nel suo 60 Ibidem. saggio del 1936 assegna al Dalmata, ma che 61 La paternità tiepolesca è stata confermata vent’anni più tardi, dopo non poche esita- recentemente: cfr. D. Ton, in Il giovane Tie- zioni, crede di trasferire a Piazzetta, per poi polo. La scoperta della luce, catalogo della mo- rettificare il suo giudizio e convincersi defi- stra (Udine, Castello), a cura di G.Pavanello- nitivamente che la sua realizzazione pittori- V. Gransinigh, Udine 2011, cat. 16, p. 152. ca spetti al Bencovich (cfr. R. Pallucchini, 62 R. Pallucchini, Un Tiepolo in più, un Benco- Miscellanea piazzettesca, “Arte Veneta”, XXII, vich in meno, in Studi in onore di Giulio Carlo 1968, pp. 106-130). Alcune sue opere già Argan, I, Roma 1984, p. 368. nel Settecento passarono per lavori di Piaz- 63 Cfr. Ivi, p. 366-374. zetta: è il caso, ad esempio, del modellet- 64 G. Pavanello, Schedule sei e settecentesche; to per una pala d’altare raffigurante Santi in Non Bencovich, ma Crosato, “Arte in Friuli preghiera innanzi la Madonna di Berlino, ap- Arte a Trieste”, 16-17, 1997, p.77. partenuto a Joseph Smith, che come opera di 65 La paternità di Crosato è stata ribadita più Piazzetta venne disegnato da Fragonard. Al- volte: si veda F. Magani, in Il Museo civico cune di queste opere contese tra i cataloghi d’arte di Pordenone, a cura di G. Ganzer, Vi- dei due artisti sono elencate da Adriano Ma- cenza 2001, cat. 59, p. 128. Anche nella re- riuz ne L’opera completa di Giambattista Piaz- cente monografia su Crosato, Ton ha con- zetta (1982): la Maddalena (A11) e i Santi in

92 AFAT 31 preghiera innanzi la Madonna (A13) di Ber- ckenthal di Sibiu proposte nel 1966 da Jo- lino, la Madonna in estasi davanti al crocefis- nescu (la Guarigione del vecchio Tobia VI-16, so (A102) già in una collezione privata di To- il San Pietro che guarisce un malato VI-17 e il rino (con una tela simile, ma di qualità più Socrate incitato ad evadere dal carcere VI-18), debole, già nella collezione Dal Zotto di Ve- già rigettate dal Marinelli nel 1981 (in Fede- nezia), l’Ercole e Onfale (A148) della Galle- rico Bencovich: un disegno della pala di San Se- ria della Residenz di Würzburg e il Sacrificio bastano, in Per A.E. Popham, Parma 1981, pp. d’Isacco della Galleria Strossmayerova di Za- 235-241), il Miracolo dell’ostia (VI-40) del gabria (A149). Ugo Ruggeri invece, nel pro- Museo Civico di Pordenone, l’Adorazione dei filo del Piazzetta presente nel catalogo del- pastori (VI-52) del Museo di Castelvecchio di la mostra Giambattista Piazzetta, il suo tempo, Verona e l’Achille e Patroclo (VI-3 bis) di col- la sua scuola, organizzata nel 1983 a Venezia lezione privata bolognese. tende a ridimensionare la portata del lega- 70 La paternità piazzettesca è stata recente- me artistico che si può essere instaurato tra i mente riconfermata: cfr. F. Magani, in Bor- due; quando viene affrontato il problema dei toloni Piazzetta Tiepolo: il ’700 veneto, catalogo rapporti tra il grande veneziano e il Benco- della mostra (Rovigo, Pinacoteca di Palazzo vich, Ruggeri afferma che : “…per quanto è Roverella), a cura di A. Vedova-F. Malachin, possibile ricavare dalla lettura dei testi pit- Cinisello Balsamo (MI) 2010, cat. 74, p. 232. torici più giovanili del dalmata… ben poche 71 Vanno segnalati a tal proposito gli interventi somiglianze si colgono tra la cromia chiara, della Lipoglavšek-Cimperman, che nel suo quasi alla Brentana e alla Dorigny, del Fede- intervento su “Venezia Arti” del 1992 ha ri- righetto e il più fondo e vigorosamente con- badito la paternità bencoviciana per La li- trastato colorismo del Piazzetta, così come berazione di San Pietro dal carcere di Lubia- tra la astrattiva selezione formale del pri- na (VI-21), di Bergamini, che – nella scheda mo e il più risentito plasticismo di Giambat- del Miracolo dell’ostia nel catalogo della mo- tista, certo più deferente, tramite il Crespi, stra Giambattista Tiepolo forme e colori…del al Guercino e a Ludovico che non al Cigna- 1996 – ha assegnato a Pittoni il San Giuseppe ni, pur tenuto presente per alcune soluzioni col Bambino (I-26) dei Musei Civici di Udine, particolari” (p. 47). del Martini che nel suo studio Non Bencovich, 69 Non sono considerati autografi di Bencovich ma Tiepolo ancora del 1996 considera l’On- la Madonna del Carmine di Bergantino (VI- fale e Ercole (I-17) opera del Bellucci, il Vene- 2), (che esposta alla mostra del 1969 Dal Ric- re e Marte (I-20) di collezione privata di Por- ci al Tiepolo. I pittori di figura del Settecento a denone di Piazzetta, un San Rocco (I-31) già Venezia sotto l’etichetta del Bencovich, alla della collezione Ravà di Venezia di Pittoni, mostra del 1983 Giambattista Piazzetta. Il suo la Maddalena (I-32) della collezione Sonino tempo, la sua scuola viene invece presentata di Venezia di Piazzetta, un Giacobbe e Rache- con l’attribuzione al Crespi, opinione con- le al pozzo (I-27) e una Fuga in Egitto (I-33) divisa già da parte della critica preceden- di uno dei Cignaroli di Verona. Marinelli in- te e che diventerà comunemente accettata: vece, nell’articolo apparso su “Annales” nel come opera del Crespi sarà presentata alla 2010, restituisce a Tiepolo il San Pietro (I-9) mostra di Bologna dedicata allo Spagnoletto di Jackonsville, il bozzetto con Venere e Marte del 1990), la Liberazione di San Pietro dal car- (I-20) di Pordenone a Piazzetta, il San Giu- cere (VI-21) di Lubiana e l’Autoritratto (VI- seppe con Gesù Bambino (I-26) a Pittoni, l’E- 23), ancora di Lubiana. Krückmann non ha stasi di San Francesco (I-30) della Pinacote- esitazione ad espungere dal catalogo benco- ca Querini Stampalia pure a Tiepolo, mentre viciano neanche le tre tele del Museo Bru- ritiene la Santa Cecilia di Stams (I-23) una

Federico Bencovich: la fortuna critica, un itinerario 93 copia tarda, e considera il Riposo nella fuga in 74 S. Marinelli, Federico Bencovich, “Annales”, Egitto (I-33) di un pittore giordanesco e l’al- 20, 2010, 2, p. 355. tra versione dello stesso tema (I-34), pub- 75 Ivi, p. 353. blicata come autografa, ancora più aliena a 76 Ibidem. Bencovich. 77 Ibidem. 72 E. Lucchese, Istria e Dalmazia, in La pittu- 78 Ivi, p. 354. ra in Veneto. Il Settecento di terraferma…cit., 79 Cfr. U. Ruggeri, Giulia Lama tra Piazzetta, p. 410. Lucchese continua così: “si dimo- Tiepolo e Bencovich, “Studi di storia dell’arte”, stra derivazione dal disegno dell’Albertina 21, pp. 227-234. di Vienna e dalla stampa di Marco Pitteri il 80 Cfr. E. Leube-Payer, Joseph Ignaz Mildorfer, fiacco San Francesco di Paola della Galleria 1719-1775, Wien 2011, pp. 81-82. d’arte di Spalato, così come non gli appar- 81 Cfr. U. Ruggeri, Disegni veneti del Settecen- tengono neppure il San Luigi Gonzaga, già to nella Biblioteca Ambrosiana, Vicenza 1976, nella collezione Strmic´ sempre a Spalato e cat. 31. ora presso la chiesa cittadina della Madon- 82 Cfr. P.O. Krückmann, Federico Bencovich na della Salute, da riferire meglio, per cer- 1677-1753…, cit., cat. II-10, p. 282. te anatomie polite e cura chiaroscurale, a un 83 Cfr. G. Pavanello, in Il giovane Tiepolo. La pittore veronese di metà Settecento”. scoperta della luce…, cit., cat. 3, p. 118. 73 Cfr. A. Scarpa, Sebastiano Ricci, Milano 84 Ibidem. 2006, cat. 565, pp. 345-346.

This paper aims to provide a summary of the fortuna critica of the Dalmatian painter Federico Bencovich (1677-1753), beginning with some biographical notes published in the 18th century finishing with some 21st century studies. The author wants to demonstrate how the successful cliché which consists in the common opinion that Bencovich is responsible for Tiepolo’s art’s formation, was largely created by Moschini’s opinion on Bencovich. Consequently, in the 20th century a lot of paintings, characterized by a genius and a sprightli- ness rococo’, were ascribed to the Dalmatian painter; but recently most of them have been assigned to other painters (young Tiepolo, Crosato, Mildorfer). The catalogue of Bencovich is becoming increasingly poorer than it already was, and maybe we should correct his role in the venetian survey of the 18th century. [email protected]

94 AFAT 31 Due dipinti di Antonio Pellegrini in Carinzia e una pala di Mattia Bortoloni in villa Valmarana ai Nani

Enrico Lucchese

Schatzhaus Kärntens, ‘Tesoro della Carin- infastidito, dall’assenza di solidi aiuti critici zia’: l’abbazia benedettina di Sankt Paul im (in primis un catalogo) e di una vera struttu- Lavanttal, fondata dal conte Engelberto I di ra ideologica ‘forte’, pure nel senso cristiano Spanheim nel 10911, organizza ogni anno visto il luogo, mentre il curioso, il turista nel esposizioni temporanee di parti di un patri- senso esatto del termine, si ritrova ad aver monio artistico ingente, formato principal- visto tante cose senza forse averne compresa mente da dipinti, stampe, oggetti d’orefice- o semplicemente apprezzata alcuna. ria, manoscritti miniati, produzioni tessili2. A parte le amare osservazioni, estendi- L’attuale mostra abbaziale, intitolata bili naturalmente a casi nostrani di simili “Hubsch Hässlich!”, è dedicata al tema del- mostre iconografiche4, non è stato possibi- la Bellezza, per la precisione alla storia di le stavolta vedere a Sankt Paul im Lavanttal questa categoria estetica e del suo necessa- l’Adorazione dei pastori di Pietro Paolo Ru- rio contrario3: il percorso nelle ampie sale bens5: un’omissione spiacevole. In com- del cenobio, ordinato secondo una concezio- penso, è stato possibile ammirare la serie ne molto differente da quella alla quale sia- di grandi tele, alcune di sapore già neo- mo abituati in Italia, si sforza di avvicinare classico, di Johann Martin Schmidt, detto all’arte e alla storia anche, se non soprattutto, Kremserschmidt, con soggetti dal Vecchio e il pubblico poco avvezzo alle manifestazioni Nuovo Testamento, e molte incisioni: dagli culturali. Il risultato dell’iniziativa non pare studi di fisiognomica leonardesca di Wenzel raggiunto, anzi: perdono di qualsiasi valo- Hollar (1645) ai Quattro Continenti tratti dai re le opere di una collezione così interessan- disegni rococò di Jacopo Amigoni. te (di cui è esemplare testimonianza la fulgi- Senz’altro, uno dei ‘pezzi forti’ della mo- da Adelheidkreuz, croce tempestata di gemme stra in Carinzia è il mezzo busto femminile e rilievi, databile tra undicesimo e dodicesi- esposto nella prima sala (fig. 1, tav. vi)6, da mo secolo) accostate, con il solo fine di illu- considerare raffigurazione – per la presen- strare un particolare tema legato al soggetto za del diadema e di una coppa, presumibil- portante dell’esposizione, a oggetti di quali- mente con il veleno fatto recapitare da Ma- tà e significato più banali. Alla fine della vi- sinissa, mestamente osservata dalla giovane sita, il conoscitore rimane scontento, se non donna – della regina africana Sofonisba7.

Due dipinti di Antonio Pellegrini e una pala di Mattia Bortoloni 95 1 - Antonio Pellegrini, Sofonisba. Sankt Paul im Lavanttal, abbazia

96 AFAT 31 2 - Antonio Pellegrini, Testa di vecchio (Servo di Masinissa). Sankt Paul im Lavanttal, abbazia

Due dipinti di Antonio Pellegrini e una pala di Mattia Bortoloni 97 L’opera è attribuita a Franz Joseph Spie- un’antica iscrizione tracciata sul retro del te- gler, con cronologia verso il 1740: a questo laio della Sofonisba, valutata evidentemente pittore, attivo nella Germania meridiona- pura indicazione di orientamento cultura- le, e al suo ambito sono stati riconosciuti, le e non, come invece è, la testimonianza del da Bruno Bushart, alcuni dipinti del Museo vero autore delle tele di Sankt Paul im La- Civico di Gemona del Friuli, provenien- vanttal: “Ant. Pelegrini fe:”. ti dalla collezione Baldissera-Fantoni8. Uno Palesemente, la Sofonisba e il Servo di di essi, considerato fino a non molto tem- Masinissa non condividono nulla con le po fa della cerchia di Spiegler, è identifi- opere certe di Franz Joseph Spiegler, fre- cabile, invece, con il modello preparatorio scante per l’abbazia benedettina di Zwie- per una pala, oggi a Linz, di Antonio Belluc- falten e per il monastero cistercense di San ci per una chiesa viennese9; del resto, i de- Fridolino a Säckingen: è un artista sempre cisi rapporti tra il tedesco, alla pari di altri fedele a una cifra stilistica nordica seppur maestri d’oltralpe di quel tempo, con la cul- barocca, fatta di tagli improvvisi delle for- tura artistica veneziana sono provati dalla me, accelerati da luci abbaglianti, con colo- dipendenza, in una piccola Madonna del Ro- ri chiari, a volte quasi dilavati. sario e santi del museo friulano attribuitogli Rivela invece sensualità cromatica tutta da Bushart, dal dipinto con lo stesso sogget- veneziana l’epidermide della sfortunata re- to di Antonio Pellegrini per la chiesa di San gina, accesa delicatamente sulle gote, qua- Magno a Füssen10. si un belletto per questa meravigliosa ver- L’appartenenza al catalogo di Franz Jo- sione melodrammatica delle Cortigiane: i seph Spiegler del dipinto carinziano – e del gioielli a evidenziare una leggera, accenna- suo notevole pendant (fig. 2, tav.vii) 11, raffi- ta, scollatura; sull’altra spalla i capelli sciol- gurante il “servo fidato”, per usare le paro- ti, la cui morbida sostanza è sottolineata le di Tito Livio, mandato da Masinissa con dall’incresparsi dei panneggi; nulla, se non il veleno per la moglie – è stata avanzata in lo sguardo abbassato della giovane, fa presa- maniera problematica nel 1969 da Günther gire il drammatico epilogo, ben noto invece Heinz, il quale preferiva, comunque, con- a un pubblico avvezzo alle tragedie operisti- siderare le opere di anonimo maestro “te- che tratte dalla letteratura antica. Come a te- desco meridionale” influenzato da model- atro, il dramma è amplificato dalla figura del li italiani12. servitore, un uomo anziano al quale è stato La cautela attributiva di Heinz si dimo- assegnato l’improbo incarico di recare alla stra abbandonata negli studi successivi: nel- giovane un dono nuziale infausto e di since- la recente monografia di Michaela Neubert rarsi che l’infelice destino di costei sia com- su Spiegler, le due tele, restaurate nel 1993, piuto: risolto in tinte quasi monocrome, il sono inserite tra i lavori autografi del pitto- vecchio, i cui lineamenti gravi sono incorni- re, avvicinando la Sofonisba (reputata, come ciati da una fluente barba canuta, è reso con il compagno, una generica immagine devo- materia pittorica sciolta, caratteristica delle zionale, una Santa) alla Santa Elisabetta di migliori opere di Antonio Pellegrini. Unlingen (1726) e alla Sant’Orsola di Wangen Allegoria della Bellezza e della sua cadu- (1733-34)13. Entrambi gli studiosi riportano cità, Sofonisba trova un riferimento imme-

98 AFAT 31 sfelden, il fedele servitore del re di Numi- dia è un coetaneo della regina, con elmo e lancia, turbato dal contenuto della missiva di Masinissa e quasi partecipe del fiero do- lore della donna, nel grande dipinto di me- desimo soggetto a Schleissheim (fig. 4)17, del 1727, la patetica iconografia sembra più aderente al racconto di Livio, trasposto – si potrebbe dire – su un boccascena barocco: Sofonisba è assoluta protagonista, risoluta a bere il veleno dopo aver gettato, la mano sinistra ancora aperta, la lettera crudele del marito; il servo è ora un calvo anziano, con il volto in ombra secondo un espediente sce- nico escogitato nel 1722 per il San Nicola da Bari eseguito per la chiesa padovana di San Tommaso apostolo18. I dipinti di Sankt Paul im Lavanttal ap- paiono, dunque, terza variante, in forma- to da ‘Teste di fantasia’, di un tema trattato 3 - Antonio Pellegrini, Sofonisba riceve la da Pellegrini in un triennio, grossomodo, di coppa di veleno. Pommersfelden, attività: chiaramente, il prototipo di riferi- collezione von SchÖnborn mento è da circoscrivere nelle figure, ripre- se al naturale, della Sofonisba riceve il veleno diato nell’Euterpe, simile per il formato a tre dal servo di Masinissa del ’27. Dal modello di quarti e nella scelta del fondo scuro, della Schleissheim appaiono, tuttavia, espunti i collezione di ‘Teste di carattere’ fatta cono- caratteri più retorici, eliminando financo i scere da Renzo Mangili14. Rispetto a quell’o- gesti delle mani e concentrando tutto nel- pera, posta al 1722-24, quando il pittore la resa dei volti dei due veri protagonisti del è a Venezia di ritorno dai soggiorni a Lon- dramma, la malinconica Sofonisba (fig. 1) e dra, Düsseldorf, Parigi, e già pronto a nuo- il Servo di Masinissa (fig. 2), virilmente sgo- ve partenze per l’Europa centrale, le tele ca- mento tra rispetto degli obblighi assunti e rinziane si approssimano, per la stesura naturale pietà per la morte di un’innocente, pittorica raddensata “in un gioco più serra- secondo un procedimento creativo, in cui è to di ombreggiature”15, ai lavori del perio- prevista la ripresa ravvicinata e un’illumi- do seguente, come i dipinti eseguiti per gli nazione misurata, mutuato dalla nuova ri- Schönborn a Würzburg nell’estate del ’24, trattistica della cognata Rosalba. tra cui, di nuovo, una Sofonisba riceve la cop- L’ipotesi di una datazione verso la tela pa di veleno (fig. 3)16. del 1727 (l’anno della decorazione, in esta- Se nella versione appena menzionata, te, della cupola della chiesa delle Salesiane oggi al castello di Weissenstein a Pommer- di Vienna) collimerebbe, d’altronde, con la

Due dipinti di Antonio Pellegrini e una pala di Mattia Bortoloni 99 4 - Antonio Pellegrini, Sofonisba riceve la coppa di veleno. Schleissheim, Bayerische Staadtsgemäldesammlungen

100 AFAT 31 provenienza delle opere, di cui sarebbe in- no di fondazione della minuscola chiesa, il teressante scoprire l’originaria e originale cui carattere stilistico riconduce però ine- committenza profana: gran parte della col- quivocabilmente allo scorcio del XVII seco- lezione di Sankt Paul im Lavattal giunse, in- lo od ai primi del successivo”21. fatti, in Carinzia appena nel 1809, portata L’inedita pala della chiesetta della Ro- dai benedettini di San Biagio (St. Blasien) tonda spetta a uno dei più interessanti in- nella Foresta Nera che, dopo la soppressio- terpreti del Settecento veneziano, Mat- ne voluta dall’imperatore Giuseppe II, s’e- tia Bortoloni: l’attribuzione è confermata rano trasferiti per alcuni anni nella sede di dalla caratteristica maniera di comporre Spittal am Pyhrn, nell’Austria Superiore19. le figure, specialmente nelle anatomie in- È, invece, sicura la destinazione del- fantili, coniugata a una condotta pittori- la pala, raffigurante Sant’Antonio da Padova ca zuccherosa che denuncia un’esecuzione con il Bambino (fig. 5)20, appesa attualmen- nella maturità del pittore, si direbbe non te sulla parete di un corridoio della Foreste- lontano dalle tele, databili dalla metà de- ria di villa Valmarana ai Nani, a pochi passi gli anni Trenta del Settecento, per la par- dal Mondo novo di Giandomenico Tiepolo: la rocchiale di Fratta Polesine e per le chiese tela centinata ha il compito di decorare, in- di Ferrara22. fatti, l’altare dell’oratorio – in corso di re- Più vicino all’omonimo santo nel- stauro architettonico – della palladiana villa la grandiosa pala di Latisana, che a quello Almerico-Capra, da tempo pertinenza della messosi inginocchioni nel dipinto giovani- vicina proprietà Valmarana. le di Selve, in Dalmazia, opere di Bortoloni Compete a Renato Cevese aver rico- di cui si è potuto rendere conto per primi23, struito le vicende di questa poco conosciu- il Sant’Antonio vicentino deve essere impu- ta architettura, nota con il nome di chieset- tato al mecenatismo settecentesco della fa- ta della Rotonda: “Paolo Almerico, l’illustre miglia Capra, patroni dell’oratorio ora dei canonico che aveva dato incarico al Palladio Valmarana. Verso l’inizio dell’ultimo de- di erigere la villa della Rotonda, morendo cennio del XVII secolo, i proprietari della nel 1589 lasciava erede di tutto il suo patri- Rotonda avevano, infatti, chiamato il fran- monio il figlio naturale Virgilio Bartolomeo cese Louis Dorigny ad affrescare gli inter- con l’obbligo che questo erigesse una ‘cap- ni palladiani24: è una recente acquisizione pella honorata accanto alla Rotonda, in loco la precisazione cronologica e la ricostruzio- opportuno a giudicio dei periti’. Senonché ne dell’albero genealogico dei committen- la volontà del testatore non venne rispet- ti dell’intervento, Marzio e Cecilia Capra25. tata, avendo Virgilio Bartolomeo venduta A quella stessa epoca o poco più tardi, se- al Conte Odorico Capra nel 1591 la villa con guendo la lettura stilistica di Cevese, do- tutto il terreno adiacente. Ed i Capra, for- vrebbe allora corrispondere l’edificazione se ad evitare pericolosi accostamenti stili- della chiesetta poco distante. stici, eressero ben lontana dalla villa la cap- Fu molto probabilmente l’erede di pella nel cui prospetto fecero campeggiare, quell’unione, il secondogenito Mario nato enorme, l’arme del casato. Nessuna lapide, nel 1693 e battezzato, terzo patronimico, nessuna seria fonte storica accenna all’an- Antonio26, che chiese a Mattia Bortoloni di

Due dipinti di Antonio Pellegrini e una pala di Mattia Bortoloni 101 5 - Mattia Bortoloni, Sant’Antonio da Padova con il Bambino. Vicenza, villa Valmarana ai Nani

102 AFAT 31 innesca a sua volta l’ipotesi di considerare l’incisione, anonima ed eseguita nel solco delle splendide stampe di Antonio Faldoni, compiuta sul modello di un pastello, oggi irrintracciabile, di Rosalba Carriera, ver- so la metà del terzo decennio del Settecento effettivamente impegnata – senza eguali in quel torno di anni – in ritratti di simile im- postazione compositiva e psicologica, come quelli di Sebastiano e Marco Ricci31: un ra- gionamento che sostanzia una committen- za religiosa di pretto spirito settecentesco, in uno scorcio di secolo che vede Vicenza sede prescelta per importanti pale d’altare di Piazzetta e di Giambattista Tiepolo per i francescani dell’Aracoeli, capitolo finale di una produzione sacra locale che vide im- pegnati artisti di rilievo (Antonio Balestra, maestro di Bortoloni, il napoletano France- sco Solimena, Sebastiano Ricci, Giambatti- 32 6 - Ritratto di Mario Capra, in O. Bertotti sta Pittoni) . Scamozzi, Il forestiere istruito, 1761 Nella guida del 1761 di Ottavio Bertotti Scamozzi, redatta in forma dialogica e cor- redata da tavole incise, la descrizione delle decorare l’altare dell’oratorio patrizio. Di- architetture risulta, fatto ben noto, prepon- lettante di poesia ed erudito27, Mario Capra derante, lasciando, come da dichiarazio- è noto agli studi di storia dell’arte soprat- ne sul frontespizio, poco spazio ad “alcune tutto per essere stato protettore del giovane pitture” di Vicenza; la Rotonda, villa subur- Ottavio Bertotti e artefice per quest’ultimo bana del proprio protettore, “fabbrica sen- dell’usufrutto dei beni del lascito testamen- za contradizione dal Palladio disegnata, ed tario di Vincenzo Scamozzi, nel dicembre eseguita”33, è uno degli ovvi protagonisti del del 175628. Cinque anni dopo, Bertotti Sca- libro. Alessio Pasian ha giustamente evi- mozzi dedicò al marchese Capra il Forestiere denziato come la damnatio memoriae di Do- istruito, preziosa guida della città di Vicen- rigny, frescante chiamato dai genitori di za che reca in antiporta proprio un ritratto Mario Capra, inizi proprio in queste pagi- del nobile vicentino (fig. 6)29, all’epoca ses- ne: “una maniera di pensare tutta diversa da santottenne: l’effige incisa è presumibil- quella del Palladio”, per questo motivo non mente tratta da un ritratto più antico, forse riprodotta nel “Disegno dello Spaccato”34. Il risalente al matrimonio nel 1725, quindi a pregiudizio classicista deve aver reso invi- trentadue anni, con la contessa Cecilia Tris- sibile, agli occhi di Leandro e Guglielmo, i sino30. La constatazione, piuttosto pacifica, personaggi del dialogo di Bertotti Scamozzi,

Due dipinti di Antonio Pellegrini e una pala di Mattia Bortoloni 103 pure la chiesetta della Rotonda e il suo arre- to precedente alla fonte di norma indicata, do, dimenticati inoltre nelle edizioni suc- la Descrizione del 177936, degli affreschi ese- cessive del Forestiere istruito. guiti nel 1757 per il corpo centrale della villa I due interlocutori preferivano, inve- di Giustino Valmarana, defunto il 20 giugno ce, fermarsi, lungo la via per il Monte Beri- di quell’anno37. A un lustro dall’apertura ef- co dove li attendeva una Cena di Paolo Vero- fettiva dell’Accademia veneziana con presi- nese, nella villa “de’ nobili Conti Antonio, dente proprio Tiepolo38, le invenzioni tardo e Gaetano Fratelli Valmarana Vicentini. Al barocche di Dorigny e i virtuosismi sette- di dentro ella è tutta dipinta a fresco da que’ centeschi, un po’ ‘lagrimosi’, del Sant’Anto- valentissimi Pittori Girolamo Colonna, e nio di Bortoloni, morto a Milano alla metà Giambattista Tiepolo detto Tiepoletto […]. del secolo, erano rapidamente diventati, Veramente sono belle cose, e le Storie sono agli occhi di Bertotti Scamozzi e di un mo- si bene simboleggiate che anche a’ meno derno gusto rinnovato, ‘maniere di pensa- instruiti danno ad intendere il loro signifi- re tutte diverse’, relitti di un recente passa- cato”35. Si tratta della prima menzione, mol- to condannati a un irriducibile oblio.

Note

1 W. Telesko, Sankt Paul in Lavanttal, in En- conservazione delle opere, rassegne icono- ciclopedia dell’Arte Medievale, X, Roma 2008, grafiche dai contenuti generici, nonostante pp. 328-329, con bibliografia. il parterre di studiosi chiamati a intervenire. 2 Sommariamente descritte nella recente 5 M. Jaffé, Rubens. Catalogo completo, Milano guida Benedediktinerstift St. Paul im Lavant- 1989, p. 266 cat. 674 tal. Schatzhaus Kärntens, Klangenfurt s.d, 6 Olio su tela, 52×44,5 cm. Collezione dell’ab- pp. 31-45, le collezioni artistiche dell’ab- bazia benedettina di Sankt Paul im Lavant- bazia sono schedate filologicamente in Die tal. Kunstdenkmäler des benediktinerstiftes St. Paul 7 Piuttosto che Antica romana, forse una Ve- im Lavanttal und seiner Filialkirchen, a cura di stale, come invece indicato nel cartellino a K. Ginhart, Wien 1969, pp. 201-339. fianco del dipinto. 3 “Hubsch Hässlich!” Die Geschichte der Schöneit, 8 Cfr. F. Merluzzi, schede, in Il Museo Civico dal 4 maggio al 27 ottobre 2013. L’esposi- di Gemona. Catalogo delle opere, a cura di F. zione, realizzata sulla falsariga dei fortuna- Merluzzi, Gemona del Friuli 2007, pp. 120- ti volumi divulgativi curati da Umberto Eco 127 cat. 75-79, pp. 128-129 cat. 82. (2004 e 2007), non ha catalogo. 9 E. Lucchese, Un bozzetto di Antonio Belluc- 4 Cfr. le periodiche mostre del Comitato di ci nella collezione Baldissera-Fantoni al Mu- San Floriano, ideate a suo tempo con l’enco- seo Civico di Gemona del Friuli, “AFAT. Arte in miabile intento di sviluppare le conoscen- Friuli Arte a Trieste”, 30, 2011, pp. 73-78. ze sull’arte sacra in Carnia e troppo presto 10 Cfr. F. Merluzzi, scheda, in Il Museo Civi- tramutatesi in inutili, quindi dannose per la co…, cit., pp. 120-121 cat. 75; M. Neubert,

104 AFAT 31 Franz Josef Spiegler (1691-1757). Die künstleri- vigo a cura di F. Malachin e A. Vedova, Milano sche Entwuickung des Tafelbildmalers und Fre- 2010, pp. 216-217 cat. 40-41, p. 220 cat. 48. skanten, Weissenhorn 2007, p. 555 cat. ÖS 7. 23 E. Lucchese, Una proposta dalmata per Mat- 11 Olio su tela, 52×45 cm. Collezione dell’ab- tia Bortoloni, “AFAT. Arte in Friuli Arte a bazia benedettina di Sankt Paul im Lavant- Trieste”, 25, 2006, pp. 189-192; Idem, Una tal. pala di Mattia Bortoloni a Latisana, “AFAT. 12 G. Heinz, Die Gemälde, in Die Kunstdenkmäler Arte in Friuli Arte a Trieste”, 30, 2011, pp. des benediktinerstiftes…, cit., p. 312 cat. 106- 307-312. 107. 24 Cfr. A. Pasian, scheda, in Gli affreschi nelle 13 M. Neubert, Franz Josef Spiegler…, cit., pp. ville venete. Il Seicento, a cura di G. Pavanel- 525-526 cat. 119-120. lo e V. Mancini, Venezia 2009, pp. 409-415 14 R. Mangili, scheda, in Teste di fantasia del cat. 108. Settecento veneziano, catalogo della mostra di 25 A. Pasian, Asterischi per Louis Dorigny: novità, Venezia a cura di R. Mangili e G. Pavanello, correzioni, proposte, “Saggi e memorie di sto- Venezia 2006, pp. 84-85 cat. 11. ria dell’arte”, 31, 2007, pp. 185-187. 15 R. Pallucchini, La pittura nel Veneto. Il Sette- 26 Cfr. A. Pasian, Asterischi per Louis…, cit., cento, I, Milano 1994, p. 92. pp. 230-231 n. 68: fu battezzato il 19 giugno 16 Cfr. G. Knox, Antonio Pellegrini 1675-1741, Ox- 1693 con il nome di Mario Francesco Anto- ford 1995, p. 181; A. Bettagno, scheda, in nio Maria Capra. Antonio Pellegrini. Il maestro veneto rocoò alle 27 Cfr. S. Rumor, Gli scrittori vicentini dei sec. corti di Europa, catalogo della mostra di Pa- XVIII e XIX, Venezia 1905, pp. 368-369; L. dova a cura di A. Bettagno, Venezia 1998, pp. Olivato, Ottavio Bertotti Scamozzi studioso di 176-177 cat. 37. Andrea Palladio, Vicenza 1976, p. 18. 17 Cfr. R. Kultzen - M. Reuss, Venezianische 28 L. Olivato, Ottavio Bertotti Scamozzi…, cit., p. Gemälde des 18. Jahrhunderts, München 1991, 20. pp. 78-79. 29 O. Bertotti Scamozzi, Il Forestiere istruito del- 18 Cfr. A. Mariuz, Antonio Pellegrini a Padova, in le cose più rare di architettura, e di alcune pit- Antonio Pellegrini…, cit., pp. 28-29. ture della città di Venezia, Vicenza 1761, anti- 19 Cfr. M. Neubert, Franz Josef Spiegler…, cit., porta. pp. 525-526 cat. 119-120; W. Telesko, Sankt 30 Per le nozze del marchese Mario Capra e della Paul…, cit. contessa Cecilia Trissino, Verona 1725. 20 Olio su tela, 200×100 circa. L’opera si pre- 31 Cfr. B. Sani, Rosalba Carriera 1673-1757. Ma- senta in discreto stato di conservazione, bi- estra del pastello nell’Europa ancien régi- sognoso di una corretta pulitura e verni- me, Torino 2007, pp. 180-181 cat. 178-179; ciatura. Ringrazio i conti Valmarana per la da segnalare la vicinanza del Ritratto di Ma- cortese collaborazione. rio Capra con i contemporanei pastelli a pp. 21 R. Cevese, in F. Barbieri, R. Cevese, L. Ma- 217-218 cat. 220-221. gagnato, Guida di Vicenza, Vicenza 1956, p. 32 Cfr. A. Pasian, Vicenza, in La Pittura nel Ve- 402: “l’animazione che la breve facciata as- neto. Il Settecento di Terraferma, a cura di G. sume per l’aggetto delle membrature ed il Pavanello, Milano 2011, pp. 153-163; la da- particolare trattamento delle sagome, fanno tazione della pala vicentina di Giambattista pensare all’intervento di Carlo Borrella”, ar- Pittoni al 1729 spetta ad A. Mariuz, L’opera chitetto attivo a Vicenza tra XVII e XVIII se- completa del Piazzetta, Milano 1982, pp. 86- colo. 87 cat. 49. 22 Cfr. A. Vedova, schede, in Bortoloni Piazzetta Tie- 33 O. Bertotti Scamozzi, Il forestiere istruito…, polo. Il ’700 veneto, catalogo della mostra di Ro- cit., p. 28.

Due dipinti di Antonio Pellegrini e una pala di Mattia Bortoloni 105 34 O. Bertotti Scamozzi, Il forestiere istruito…, re e scolture di Vicenza con alcune osservazioni, cit., p. 34 e tav. VII. A. Pasian, scheda…, II, Vicenza 1779, p. 113. cit., p. 411 segnala, inoltre, che il primo a 37 Cfr. A. Mariuz, scheda, in Gli affreschi nelle indicare la paternità di Dorigny degli affre- ville venete. Il Settecento, II, pp. 391-392. schi a villa Almerico-Capra è Muttoni nel 38 G. Fogolari, L’accademia veneziana di pittura e 1740-8. scoltura del Settecento veneziano, “L’Arte”, XVI, 35 O. Bertotti Scamozzi, Il forestiere istruito…, 1913, p. 246. Com’è noto, tra gli accademi- cit., p. 39. ci fondatori compaiono Tiepolo padre e figlio 36 E. Arnaldi, P. Baldarini, O. Vecchia, L. (non citato da Bertotti Scamozzi nel 1761), as- Buffetti, Descrizione delle architetture, pittu- sieme al quadraturista Mengozzi Colonna.

St. Paul in Lavanttal Abbey, Austria, is proposing an exhibition on the “History of Beauty”: a Sofonisbe, present- ed as by Franz Josef Spiegler, is attributed here, with his pendant, to Antonio Pellegrini. The author connects the new works with other versions of the same theme by the Venetian painter (Pommersfelden, Schleissheim). Another painting by another old Venetian master, Mattia Bortoloni, is discovered in Villa Valmarana ai Nani, Vicenza. It decorated the altar of he oratory of the nearby ‘Rotonda’ (Villa Almerico-Capra); his patron was the Marquis Mario Capra. Ottavio Bertotti Scamozzi’s Forestiere istruito (1761) doesn’t quote this work, men- tioning instead the frescoes in Villa Valmarana ai Nani, painted four years before by Giambattista Tiepolo and Girolamo Mengozzi Colonna. [email protected]

106 AFAT 31 Giuseppe De Gobbis frescante nella Scuola degli Orefici e Gioiellieri

Francesca Stopper

Pressoché ignorata dalle fonti e dalla criti- Batta: Canal, e Costantino Cedini”3. Arti- ca moderna, l’attività artistica di Giuseppe sta eclettico e versatile, De Gobbis, come De Gobbis è ancora da ricostruire. Al pit- molti pittori contemporanei, si dedicò an- tore, considerato un “imitatore scoper- che all’illustrazione libraria, partecipando to di Pietro Longhi sebbene tanto più roz- con alcune vignette raffiguranti prospetti- zo e con inflessioni linguistiche veronesi”1, ve architettoniche alle edizioni delle Opere sono state attribuite varie scene di gene- di Pietro Metastasio, uscite a Venezia per i re, da ultime A music party in the interior of tipi di Antonio Zatta all’inizio del nono de- a Palazzo e Masked figures gaming and dan- cennio del Settecento4. cing in a Venetian casino, passate recente- Solo negli ultimi anni il catalogo dell’au- mente sul mercato antiquario londinese2. tore è stato arricchito dalla coppia di teste di Tale produzione, come chiosava Pallucchi- carattere di collezione privata, raffiguranti ni, ha plausibilmente valenza “di incursio- un Ragazzo cacciatore e una Contadinella con ni sporadiche nel campo della pittura ge- gallina, e dal Ritratto dell’inquisitore all’Arse- nere”, dal momento che il nobile erudito nal Marco Balbi dei Musei Civici Veneziani5. Pietro Gradenigo nei suoi Notatori inseriva Accanto a una produzione da cavalletto, ora si De Gobbis nell’alveo dei pittori di storia, ri- può accostare un’attività di decoratore d’in- cordando nel gennaio 1771 l’esposizione di terni. Siamo nella Scuola degli Orefici e Gio- “quattro gran Quadri dimostranti altrettan- iellieri di Venezia. Pur vantando una storia ti istorici avvenimenti di Alessandro ma- plurisecolare, soltanto allo scadere del XVII gno Re di Macedonia contro Dario Monarca secolo l’Arte degli Oresi, acquisì degli immo- della Persia, espressi in battaglie, vittorie, e bili in Campo Rialto Novo per realizzare una trionfi. Ognuna di esse Azioni sono di dif- propria sede sociale6. La fabbrica, ricordata ferenti Auttori, che incontrarono l’univer- da Tassini in Edifici di Venezia distrutti o vol- sale aggradimento da Veneti compatrioti, ti ad uso diverso da quello a cui furono in origine et esteri intendenti di sì bell’arte, a meri- destinati, non ha goduto di grande notorietà to de’ quali noi pure crediamo giusto regi- nella pubblicistica periegetica e nella lette- strare li nomi negl’Annali nostri, vale a dire ratura storico-artistica; anzi, svuotata com- Vincenzo Scoccia, Giuseppe Gobbis, Gio: pletamente dagli arredi originari, ha subi-

Giuseppe De Gobbis frescante nella Scuola degli Orefici e Gioiellieri 107 1 - Giuseppe De Gobbis, Trionfo di sant’Antonio abate. Venezia, ex Scuola degli Orefici e Gioiellieri (fotografia d’epoca)

108 AFAT 31 to significative manomissioni nel corso degli mento artistico per la fraterna artigiana, anni, anche di recente, che hanno compro- che affidò a Giovanni Battista Franceschini, messo la leggibilità del complesso7. tagliapietra a San Severo, la realizzazione di L’esigenza di possedere uno stabi- una scala “composta di due Rami di Scalle le di proprietà per gli Orefici si concre- di Scalli n.° 40 è questi dovera esser di pie- tò nel 1696, durante il priorato di Giacinto tra viva di Rovigno di perfetta qualitta”13, sul Doglioni, quando fu deliberato di “far una cui pianerottolo “di pietre colorite”14 vi era- Scola per li Capitoli generali, e per far le al- no delle colonne in legno e una pilella per tre funzioni necessarie”, così da porre fine l’acqua santa15. E ancora, sempre nel 1718, allo stato di ‘indecenza’ dell’Arte8. Acqui- il priore Giacinto Doglioni donò all’Arte un state cinque vôlte, ossia “la Soffita delle Fa- dipinto di mano dell’ignoto Giambattista briche in Rialto Novo”, dal nobiluomo To- Damin, figlio di un confratello, raffigurante maso Querini quondam Angelo9 e ricevuta la “Nassita del Bambin Giesù, con molte al- l’approvazione del Senato, nel 1698 inizia- tre Figure”, largo “brazza n.° 12 e alto braz- rono i lavori per l’erezione del nuovo edifi- za n.° 3”, che era collocato “sopra li scenali cio, cui seguirono alcuni interventi di ab- sora il bancho”16. bellimento10. Oltre a questa tela, un inventario dei La Scuola, quale sodalizio religioso, era beni della corporazione, datato 1729, per- provvista di un altare dedicato a sant’An- mette di ricostruire abbastanza fedelmen- tonio abate, protettore dell’Arte, lavora- te l’apparato decorativo della fabbrica degli to, stando alle fonti documentarie, sul sor- Orefici e Gioiellieri, ove si osservavano una gere del XVIII secolo dal tagliapietra Pietro “Palla con S.n Ant.o Abb.te una detta Sotto Il Fadiga, che stava al Malcanton. Il contratto Sofito di d.a Scola”, due quadri raffiguranti tra gli Orefici e il lapicida, cui spettano più Sant’Eligio e San Fazio di Cremona, entrambi interventi all’interno del cantiere, fornisce santi orefici17. E ancora, un dipinto di Santa precise indicazioni sui particolari architet- Caterina con tre ritratti, sotto il quale vi era tonici, scultorei, cromatici: l’altare com- un altro quadro con una triade di ritratti; missionato doveva essere affine nei ma- due tele “con due Agioli Alle bande due Fri- teriali e nelle soluzioni all’altare maggiore seli pur di Angioli”, due effigie di confratel- della chiesa della Pietà e, in alcuni dettagli, li orafi entro cornici dorate, un quadro con a quello dedicato a san Pietro d’Alcantara in Sant’Antonio abate posto in una cornice nera San Francesco della Vigna11. Secondo gli ac- e uno raffigurante la Nobiltà dell’Arte, rap- cordi, l’opera avrebbe dovuto essere con- presentata verosimilmente secondo i det- clusa entro due mesi lavorativi, ma i docu- tami dell’Iconologia di Cesare Ripa18. Vi era- menti attestano che per lungo tempo rimase no inoltre quattro tele “imprimide” grandi in uno stato imperfetto e fu completata nel- e otto piccole, indice che l’assetto decorati- la “parte sopra la mensa” solo nel 1718, gra- vo non era ancora ultimato. zie alla generosità di Ciprian Caime, orefice Tra il settimo e il nono decennio del se- all’insegna del San Francesco di Paola12. colo, la corporazione si era impegnata a più La fine del secondo decennio del Set- riprese, complice la costante contribuzione tecento segna un momento di intenso fer- dell’orefice Bernardo Moscheni, in inter-

Giuseppe De Gobbis frescante nella Scuola degli Orefici e Gioiellieri 109 2 - Giuseppe De Gobbis, Santa Scolastica, san Benedetto e san Brunone. Cividale del Friuli, chiesa di San Giovanni in Valle

110 AFAT 31 venti di restauro, migliorie e acquisti. Nel tributi del patrono, arricchiscono la com- 1766 il tagliapietra Zuanne Fasina e il mu- posizione: quelli sul bordo del cornicione, rer Carlo Girardi erano pagati per dei lavo- recano una campanella e un codice volumi- ri non specificati nella Scuola, mentre per noso, quello che fa capolino tra le nubi por- l’arredo dell’altare della chiesa di San Gia- ge una mitra preziosa. como di Rialto, che gli Oresi possedevano Pur nel cattivo stato di conservazione in fin dal XVII secolo e che vantava “la nobile, cui vessa la superficie pittorica, pregiudi- e bella Statua di bronzo di S. Antonio abate, candone la lettura, l’opera manifesta i carat- la quale è riuscita uno dei più bei getti, ch’e- teri stilistici del pittore Giuseppe De Gobbis. gli [Girolamo Campagna] abbia mai fatto”, Le pose e le fisionomie delle figure angeli- Antonio Astolfoni realizzava quattro vasi che, riprese con una non casuale fedeltà, ri- portapalma con composizioni floreali fis- chiamano quelle della pala raffigurante San- se e Bastian Perini lavorava dei candelieri, ta Scolastica, san Benedetto e san Brunone che dei vasi, una croce e una lampada d’ottone19. si conserva nella chiesa di San Giovanni in Nel 1770 si accomodavano quattro qua- Valle a Cividale del Friuli (fig. 2)23. L’affresco, dri della chiesa, mentre l’altare della Scuo- ponendosi sulla scia della fiorente stagione la veniva dotato di “Brazza 10 Costanza per della grande decorazione tardobarocca, ri- due Tovaglie”, di “due Tolete ed una gran- vela nella semplicità compositiva la povertà de p: fornimento del Sud:o Altar con Soa- d’inventiva del pittore. Siamo nell’orbita del za Ottone è Suo Spechio; cosi pure due Vasi, gusto accademico24, e le figure, persa la bril- è Quatro Candelieri”20. E ancora, nel 1777, lantezza e ogni virtuosismo cromatico, risal- come si desume da un’iscrizione, ricordata tano per un marcato grafismo, tratto distin- anche dall’erudito ottocentesco Emanuele tivo dell’artista, che emerge anche nelle teste Antonio Cicogna, si completava il restauro di carattere di gusto protoclassicista25. dell’altare della chiesa di San Giacomo per Le affinità con la pala friulana permet- mano del tagliapietra Carlo Rossi21. Ma il tono di assegnare il raro intervento deco- momento culminante di questa stagione di rativo all’ultimo periodo noto dell’attivi- rinnovamenti è la decorazione della Sala del tà di De Gobbis, più precisamente al 1781, Capitolo, la cui superstite esistenza, già se- come risulta dall’iscrizione a lettere capitali gnalata quale unica testimonianza artistica nella parte inferiore del comparto, che re- dell’ambiente originario, ha goduto di scar- cita “ANNO DÑI 1781 / REÆDIFICATVM”26 so rilievo all’interno della letteratura sulla (fig. 3). Conferma la paternità qui proposta pittura veneziana settecentesca22. una notula documentaria, in cui si menzio- Al centro della volta è raffigurato il na un emolumento “Ad Giuseppe Gobis Pit- Trionfo di sant’Antonio abate (fig. 1). Entro tor […] per aver fatto Trè Quadri nel sud.o un comparto mistilineo, il santo protetto- Suffitto”, saldato il 18 luglio di quell’anno27. re esibendo un fuoco, elemento necessario Come si evince dalla testimonianza archi- all’arte orafa, si libra nel cielo trapuntato vistica, il piano decorativo della volta do- di cherubini, accompagnato da una coppia veva esser composto di tre riquadri – di cui di angeli, in atto di sorreggergli la veste e il si conserva soltanto quello illustrato –, che, pastorale. Alcuni angioletti, recanti altri at- secondo una moda allora assai in voga, era-

Giuseppe De Gobbis frescante nella Scuola degli Orefici e Gioiellieri 111 3 - Giuseppe De Gobbis, Trionfo di sant’Antonio abate, particolare. Venezia, ex Scuola degli Orefici e Gioiellieri no attorniati da ornati in stucco, modellati Soltanto sulla pala d’altare è possibi- da Giuseppe Dal Ben28. le indugiare ancora un poco. Trasportata, a Con la soppressione delle confraternite seguito delle soppressioni, presso il depo- nel 1806, gli arredi e i preziosi della Scuola sito della Commenda di Malta, venne cedu- degli Orefici e Gioiellieri vennero dispersi. ta nel 1824 all’episcopio di Treviso, per una Le due croci d’argento con applicazioni in sua cappella interna31, ove la vide il cano- rame, i due segnali processionali raffigu- nico Lorenzo Crico, che, giudicandola “ele- ranti Sant’Antonio abate, il calice con la sua gante”, ne ricordava il soggetto, ossia “B.V. patena, il reliquiario e gli altri argenti pre- col bambino sulle ginocchia, al quale s. Ca- sero la via di Milano29. Allo stato attuale de- terina presta divota adorazione”, e l’attri- gli studi, non si conosce quale sia stato il de- buzione al veronese Antonio Balestra32. stino dell’altare, probabilmente smontato e Dell’opera si sono perse le tracce, ma si au- asportato, e delle opere pittoriche, consi- spica che queste note siano un tassello pre- stenti all’epoca in “Sedici pezzi di Quadro”, zioso da cui ripartire per completare le co- in una pala e nel Sant’Antonio appartenente noscenze sulla Scuola degli Oresi e sulla sua all’arredo della sacrestia30. decorazione33.

112 AFAT 31 Note

1 Per un profilo sull’artista – da cui è stata trat- 114-117. L’ex Scuola degli Orefici (San Polo ta anche la citazione – si rimanda a R. Pal- n. 554), già sede sussidiaria dell’Archivio di lucchini, La pittura nel Veneto. Il Settecento, Stato di Venezia, è oggi sede del Punto Lagu- II, Milano 1995, pp. 399-400, e al recen- na del Magistrato alle Acque. te saggio di F. Giannini, Presenze forestiere a 7 Oltre alle indicazioni fornite da Giusep- Cividale nel XVIII secolo: Ercole Graziani, Giu- pe Tassini (Edifici di Venezia distrutti o volti seppe Diziani, Giuseppe De Gobbis, Pier Anto- ad uso diverso da quello a cui furono in origi- nio Novelli, in L’Anima e il Mondo. Arte sacra ne destinati, Venezia 1885, p. 56), l’edificio in dal XIV al XVIII secolo, catalogo della mostra esame è stato oggetto di riflessioni presso- di Cividale del Friuli a cura di R. Costantini, ché soltanto da parte di Piero Pazzi (La Scuo- Premariacco 2010, pp. 18-25. la degli Orafi oggi nelle recenti trasformazio- 2 Bonhams, London, 4 luglio 2012, lotto 88. ni e “restauri” che ne hanno alterato e stravolto 3 Biblioteca del Museo Correr, Venezia, ms. l’immagine, in Contributi per la storia dell’ore- Gradenigo-Dolfin, 67/XXVII, cc. 75v-76r, già ficeria, argenteria e gioielleria, Venezia 1996, in L. Livan, Notizie d’arte tratte dai notatori e pp. 318-320). dagli annali del N. H. Pietro Gradenigo, Vene- 8 Archivio di Stato di Venezia [d’ora in avanti zia 1942, pp. 204-205. ASVe], Arti, b. 420, Libro della Prima Introdi- 4 F. Stopper, scheda, in Tiepolo Piazzetta Novelli. cione pel far la scolla del Arte di Orefici Zogelie- L’incanto del libro illustrato nel Settecento vene- ri, c. 1v. to, catalogo della mostra di Padova a cura di 9 ASVe, Arti, b. 420, Libro della Prima Introdi- V.C. Donvito, D. Ton, Treviso 2012, pp. 278- cione pel far la scolla del Arte di Orefici Zogelie- 281, cat. V.6/7. ri, c. 4r. 5 Per le teste di carattere: R. Mangili, La te- 10 Nel giugno del 1699 l’Arte acquistò inoltre sta di carattere a Venezia nel Settecento: l’inedi- la bottega e la casa già dell’orefice Giovanni to paradigma di una raccolta coeva, “Arte Ve- Maria Trevisan, poste nella contrada di San neta”, 59, 2002, pp. 156-157, cat. 39-40; R. Giovanni Elemosinaro sotto la Scuola, giac- Mangili, schede, in Teste di fantasia del Sette- ché era “ristretta, nelle quali possi fare che il cento veneziano, catalogo della mostra di Ve- Masser nostro le habiti, che dovrà servire… nezia a cura di R. Mangili, G. Pavanello, Ve- di custodia agl’effetti della Scola stessa; ol- nezia 2006, pp. 146-149, cat. 43-44. Per il tre che avanza un gran magazeno, nel qua- ritratto: P. Delorenzi, La Natura e il suo dop- le potrebbe l’Arte, comi hanno fatto li Pre- pio. Ritratti del Sei e Settecento nelle raccolte dei decessori nostri far un congruo deposito di Musei Civici Veneziani, “Bollettino dei Musei Carbon, per tener l’Arte proveduta di Car- Civici Veneziani”, s. III, 4 (2009), pp. 91-92. bon necessario, per il suo consumo, et solle- De Gobbis dipinse anche un ritratto postu- var li poveri anco dell’Arte nel pagarlo a mi- mo di Giambattista Rezzonico, avo del pro- nor prezzo di quello giornalmente lo pagano curatore Ludovico Rezzonico (P. Delorenzi, al minuto” (ASVe, Arti, b. 420, Libro della Pri- La Galleria di Minerva. Il ritratto di rappresen- ma Introdicione pel far la scolla del Arte di Ore- tanza nella Venezia del Settecento, Somma- fici Zogelieri, cc. 15-17). Alle cc. 8-9, 148a- campagna 2009, pp. 191, 410). 149 dello stesso registro (in data 20 marzo 6 Per un’introduzione sull’Arte degli Orefici e 1697) si conserva l’accordo tra la Scuola e i dei Gioiellieri, cfr. A. Manno, I mestieri di Ve- muratori impegnati nella fabbrica. nezia. Storia, arte e devozione delle corporazio- 11 Presso l’Archivio di Stato di Venezia si con- ni dal XIII al XVIII secolo, I, Venezia 2010, pp. serva il contratto datato 25 settembre 1700

Giuseppe De Gobbis frescante nella Scuola degli Orefici e Gioiellieri 113 (ASVe, Arti, b. 420, Libro della Prima Introdi- Viva Da Confratelli Divoti, Sotto Al’ Priorato del cione pel far la scolla del Arte di Orefici Zogelieri, Sig:r Giacinto Dolgioni, Año 1718, cc. 1v, 13v. c.157v). Si vedano anche i pagamenti: ASVe, 17 ASVe, Arti, b. 420, 1694. Inventario De Mobili, Arti, b. 420, Libro della Prima Introdicione pel e Stabili dell Arte Orefici, Giojeliei & c., c.s., dd. far la scolla del Arte di Orefici Zogelieri, c.25v- 29 luglio 1729. 27r, 153, 158r. 18 Queste ultime due opere sono ricordate per 12 La deliberazione sull’altare del Capito- la prima volta nell’inventario dd. 25 marzo lo Generale degli Orefici e Gioiellieri pre- 1672 (ASVe, Arti, b. 420, 1694. Inventario De sa in data 5 novembre 1717, venne confer- Mobili, e Stabili dell Arte Orefici, Giojeliei & c., mata con decreto del Senato l’8 aprile 1718 c. 21r); nello stesso inventario è menziona- (ASVe, Senato, Deliberazioni, Terra, filza 1535, to “Un quadro dela Madona con el Bambin, dd. 5 gennaio 1718). Si veda anche: G. Tas- et Santa Rosana con soaza dorada alla anti- sini, Edifici di Venezia distrutti…cit., p. 56. cha con suo fero da Coltrina, et il suo brazza- Su Ciprian Caime, cfr. Dizionario biografi- letto sotto un candelier d’intaglio dorato”. co degli orefici, argentieri, gioiellieri, diaman- 19 ASVe, Arti, b. 425, 1766. Cassa Giusto la Par- tai, peltrai, orologiai, tornitori d’avorio nei ter- te Parte Presa in Capitolo Generale per la Esen- ritori della repubblica veneta dal Medio Evo alla zione di Domino Bernardo Mosche:ni Della Fiera fine della Repubblica aristocratica di Venezia, a di Sensa, c. 3r. Per la citazione su Girolamo cura di P. Pazzi, Treviso 1998, p. 206. La voce Campagna: T. Temanza, Vite dei più celebri ar- biografica succitata può ricevere delle preci- chitetti e scultori veneziani che fiorirono nel se- sazioni: l’orefice morì nell’aprile 1738 all’età colo decimosesto, Venezia 1778, ed. a cura di L. di 58 anni incirca; l’anno di nascita pertan- Grassi, Milano 1966, p. 524. to si può collocare attorno al 1680 (cfr. Ar- 20 ASVe, Arti, b. 425, 1766. Cassa Giusto la Parte chivio Storico del Patriarcato, Venezia, Par- Parte Presa in Capitolo Generale per la Esenzio- rocchia di San Giuliano, Registro dei morti, reg. ne di Domino Bernardo Mosche:ni Della Fiera di 10, c. 4). Sensa, c. 4r. 13 Sulla scala, si rimanda al Registro Della Scrit- 21 Per il pagamento, si rinvia a ASVe, Arti, b. tura Et Riodolo, Per La Fabricha Della Scala, 425, 1766. Cassa Giusto la Parte Parte Pre- Di Pietra Viva Da Confratelli Divoti, Sotto Al’ sa in Capitolo Generale per la Esenzione di Do- Priorato del Sig:r Giacinto Dolgioni, Año 1718, mino Bernardo Mosche:ni Della Fiera di Sensa, in ASVe, Arti, b. 420. Per gli orefici che c. 10r; già nel 1766 il tagliapietra Carlo Bon hanno contribuito alla realizzazione della aveva aggiustato l’altare (ASVe, Arti, b. 425, scala, cfr. P. Pazzi, La scuola degli Orafi ve- 1766. Cassa Giusto la Parte Parte Presa in Ca- neziani, in Contributi per la storia dell’orefice- pitolo Generale per la Esenzione di Domino Ber- ria, argenteria e gioielleria, Venezia 1996, p. nardo Mosche:ni Della Fiera di Sensa, c. 3r). Per 17; P. Pazzi, La scuola degli Orafi oggi…cit., p. l’iscrizione, E.A. Cicogna, Corpus delle iscri- 318. zioni di Venezia e delle isole della lagune veneta, 14 ASVe, Arti, b. 420, Registro Della Scrittura Et a cura di P. Pazzi, I, Venezia 2001, p. 520. Riodolo Per La Fabricha Della Scala, Di Pietra 22 P. Pazzi, La Scuola degli Orafi oggi…cit., pp. Viva Da Confratelli Divoti, Sotto Al’ Priorato del 318-320. Della decorazione pittorica è stata Sig:r Giacinto Dolgioni, Año 1718, c.1r. pubblicata, per quanto ci è noto, solo l’im- 15 ASVe, Arti, b. 420, 1694. Inventario De Mobili, magine di un dettaglio. e Stabili dell Arte Orefici, Giojeliei & c., c.s., dd. 23 Sulla pala di Cividale, cfr. Mostra della pittu- 29 luglio 1729. ra veneta del Settecento in Friuli, catalogo del- 16 ASVe, Arti, b. 420, Registro Della Scrittura Et la mostra a cura di A. Rizzi (Udine, chiesa di Riodolo Per La Fabricha Della Scala, Di Pietra San Francesco), Udine 1966, pp. 48-49, cat.

114 AFAT 31 22; F. Giannini, Presenze forestiere a Civida- pato nel 1799 ai lavori di restauro dell’ap- le…, cit., p. 23; C. Crosera, Friuli, in La pittu- partamento di Zuan Domenico Almorò ra nel Veneto. Il Settecento di terraferma, a cura Tiepolo (cfr. G.A. Popescu, Riferimenti tiepo- di G. Pavanello, Milano 2011, p. 381. leschi nel palazzo Coccina-Tiepolo-Papadopoli 24 R. Pallucchini, La pittura nel Veneto…cit., e il restauro Guggenheim, in Giambattista Tie- pp. 464-465. polo nel terzo centenario della nascita, atti del 25 R. Mangili, La testa di carattere a Venezia… convegno internazionale di studi a cura di cit., p. 130. L. Puppi [Venezia-Vicenza-Udine-Parigi, 29 26 Purtroppo, lo stato attuale delle ricerche non ottobre-4 novembre 1996], I, Padova 1998, offre dati sufficienti sulla precedente deco- p. 378). razione della Scuola, il cui rifacimento fu 29 ASVe, Direzione dipartimentale del Dema- reso possibile dalla magnanimità dei con- nio, b. 424, fasc. Arti di Venezia: degli Orefici e fratelli (ASVe, Arti, b. 425, 1766. Cassa Giusto Giojellieri; ASVe, Statistica demaniale, reg. 18, la Parte Parte Presa in Capitolo Generale per la cc. 30-32. Esenzione di Domino Bernardo Mosche:ni Della 30 ASVe, Direzione dipartimentale del Dema- Fiera di Sensa, cc. 14v, 15v). nio, b. 424, fasc. Arti di Venezia: degli Orefici e 27 ASVe, Arti, b. 425, 1766. Cassa Giusto la Par- Giojellieri. te Parte Presa in Capitolo Generale per la Esen- 31 A. Zorzi, Venezia scomparsa, II, Repertorio de- zione di Domino Bernardo Mosche:ni Della Fiera gli edifici veneziani distrutti, alterati o mano- di Sensa, c. 15r. In precedenza, il documento, messi, Milano 1972, p. 555. Si veda anche: non ignorato dalla critica (I punzoni dell’ar- ASVe, Direzione dipartimentale del Demanio, genteria e oreficeria veneta: ovvero Breve com- Buste Edwards, b. 2, elenco XX. pendio di bolli e marche dell’argenteria e ore- 32 L. Crico, Indicazione delle pitture ed altri og- ficeria veneta e alcune notizie al loro riguardo getti di belle arti degni d’osservazione esisten- considerate a partire dalle origini di Venezia ti nella R. città di Treviso, Treviso 1829, p. 20. fino alla caduta della Repubblica aristocratica, Quanto all’attribuzione, i documenti archi- e più esattamente fino al giorno di Natale del vistici sono discordi: persa verosimilmente 1810 quando cessa ufficialmente il sistema ve- memoria dell’autore, il quadro è variamen- neto di punzonatura, a cura di P. Pazzi, I, Pola te indicato come opera di Antonio Balestra o 1992, p. 17, nota 2; P. Pazzi, I gioielli nella ci- di Bortolo Litterini (ASVe, Direzione diparti- viltà veneziana o sia contributo alla Storia del- mentale del Demanio, Buste Edwards, b. 2). la Gioielleria Veneta considerata dall’età delle 33 La pala è ricordata ancora da Antonio San- origini di Venezia alla caduta della Repubblica talena (Guida di Treviso, Treviso 1894, p. Aristocratica, Treviso 1995, p. 110; P. Pazzi, La 116). Allo stato attuale nella cappella priva- Scuola degli Orafi oggi…, cit., p. 318), era stato ta dell’Episcopio di Treviso, vi è una Nativi- oggetto di interpretazioni errate. tà con il beato Benedetto XI e il beato Enrico da 28 Documento di data 20 agosto 1781, ASVe, Bolzano, già attribuita a Gaetano Zompini (L. Arti, b. 425, 1766. Cassa Giusto la Parte Par- Coletti, Catalogo delle cose d’arte e di antichi- te Presa in Capitolo Generale per la Esenzio- tà d’Italia. Treviso, Roma 1935, p. 134). Nel ne di Domino Bernardo Mosche:ni Della Fiera di ricostruire gli avvicendamenti delle sud- Sensa, c. 15r; in precedenza, il cognome del- dette opere, le ricerche all’Archivio Dioce- lo stuccatore era stato equivocato in Dabben sano di Treviso sono risultate poco fruttuo- (cfr. I punzoni dell’argenteria…cit., p. 17, nota se, causa l’incompleto riordino dei materiali 2). Si ricorda che Giuseppe Dal Ben, stucca- documentari. Ringrazio per la collaborazio- tore la cui attività è da scoprire, ha parteci- ne Chiara Torresan.

Giuseppe De Gobbis frescante nella Scuola degli Orefici e Gioiellieri 115 Based on new archival discoveries, this article reconstructs the various phases of the decoration of the interior of the Scuola degli Orefici e Gioiellieri in Venice. Only at the end of the XVII century, the confraternity bought some properties from Tomaso Querini quondam Angelo in Rialto’s area to make its headquarters. Goldsmiths and Jewellers commissioned restores and adorned their building. In 1781 the ceiling of the Sala Capitolare was painted by Giuseppe De Gobbis. [email protected]

116 AFAT 31 Disegni per i mobili dell’appartamento neoclassico di palazzo Papafava

Giuseppe Pavanello

Se lo studio della mobilia in Italia registra e un antiquariato miope, di rapina, hanno interventi, per quanto significativi, anco- dissolto complessi coerenti come quello di ra sporadici rispetto all’immenso lavoro palazzetto Gaudio in via Belzoni, che si era da fare, l’indagine sull’età neoclassica è, se conservato intatto sino agli anni settanta possibile, ancor più lacunosa, stante la ri- (fig. 7)2. Per chi, come lo scrivente, ha avu- valutazione recente di uno ‘stile’ che, tut- to la fortuna di ammirarlo, è doloroso con- to sommato, si data dalla grande mostra di statare che chi ha l’autorità di farlo nulla ha Londra The age of Neo-classicism del 1972, compiuto per la salvaguardia di beni tanto dove un’ampia sezione dedicata alle arti delicati che, fuori dal loro contesto, diven- decorative intendeva proprio gettare uno tano, d’improvviso, oggetti qualsiasi. sguardo mirato su tale settore, coltivato da Le fotografie scattate negli anni settan- uno studioso preveggente, il grande Mario ta per una ricerca sulla decorazione d’in- Praz. terni a Padova patrocinata dalla cattedra di Si conserva in una collezione padova- Storia dell’arte moderna tenuta da Rodol- na un album che comprende una serie di fo Pallucchini rimangono testimonianze disegni per mobili che si rivela, oggi, pre- uniche della situazione originaria di quelle zioso, stante la rarità di documenti visivi stanze, nelle quali gli inserti di mobilia si di tal genere. È Gaetano Manzoni, il mag- ponevano come presenze necessarie e di- gior mobiliere, con Antonio Carnera, atti- screte, nel contesto del progetto d’arredo vo nella Padova neoclassica, a tracciare qui complessivo, in cui l’affresco era una del- alcune sue invenzioni. Lo conoscevamo le componenti, non l’esclusiva come acca- già, pur con notizie sporadiche, e lo sap- de quando un interno viene spogliato de- piamo attivo in quelle stanze di palazzo Pa- gli arredi. pafava che si possono legittimamente in- Gettiamo uno sguardo sui nostri dise- dicare fra le imprese di rilievo del primo gni (figg. 8-15). Fortunatamente, in due fo- Ottocento, non solo in ambito veneto: le gli è tracciata la firma dell’artista “Gaetano immagini che Bruno Brunelli ha pubblica- Manzoni”, che descrive anche alcuni pezzi: to in “Dedalo” nel 1928 rimangono memo- nel dettaglio, una psiche da tavolo e un “se- rabili (figg. 1-6)1. Purtroppo, l’ignoranza gretaire”3. Da quanto vi è schizzato, risul-

Disegni per i mobili dell’appartamento neoclassico di palazzo Papafava 117 1, 2 - Interni dell’appartamento neoclassico di palazzo Papafava a Padova (da “Dedalo”, 1928) ta l’adesione a un gusto neoclassico ormai una sedia, un tavolo da muro e un portava- maturo, sia in pezzi usuali, come sedie o ta- so tracciati nel nostro album. Forse il pezzo voli, sia in oggetti più inconsueti, come una di maggior impegno è il grande tavolo ova- culla o una seggetta. Ma il nostro si cimen- le con zampe e protomi leonine, in cui tra- ta pure a tracciare la sagoma di un tendag- spare la conoscenza dei modelli di Giuseppe gio, a indicare un’incombenza di carattere Borsato, che dalla cattedra d’Ornato all’Ac- generale affidatagli dai Papafava, dal conte cademia di Belle Arti dettava legge anche Alessandro verosimilmente, la ‘mente’ del- nel campo della mobilia. Infine, a Rinaldo la ristrutturazione degli interni dell’edifi- Rinaldi si può ricondurre il foglio con il Pro- cio. Nella fotografia pubblicata a pagina 43 getto di un camino con le erme di Minerva e di dell’articolo di Brunelli sono riconoscibili Apollo (fig. 16)4.

118 AFAT 31 3 - Una sala dell’appartamento neoclassico di palazzo Papafava a Padova (da “Dedalo”, 1928)

Disegni per i mobili dell’appartamento neoclassico di palazzo Papafava 119 4 - Una sala dell’appartamento neoclassico di palazzo Papafava a Padova (da “Dedalo”, 1928)

120 AFAT 31 5, 6 - Interni dell’appartamento neoclassico di palazzo Papafava a Padova (da “Dedalo”, 1928) 7 - Stanza di palazzetto Gaudio a Padova nella situazione originaria

Disegni per i mobili dell’appartamento neoclassico di palazzo Papafava 121 8, 9 - Gaetano Manzoni, Progetti per i mobili dell’appartamento neoclassico di palazzo Papafava a Padova. Padova, collezione privata

122 AFAT 31 10, 11, 12 - Gaetano Manzoni, Progetti per i mobili dell’appartamento neoclassico di palazzo Papafava a Padova. Padova, collezione privata

Disegni per i mobili dell’appartamento neoclassico di palazzo Papafava 123 13, 14, 15 - Gaetano Manzoni, Progetti per i mobili dell’appartamento neoclassico di palazzo Papafava a Padova. Padova, collezione privata

124 AFAT 31 16 - Rinaldo Rinaldi, Progetto di camino con erme di Minerva e Apollo. Padova, collezione privata

Disegni per i mobili dell’appartamento neoclassico di palazzo Papafava 125 Note

Ricerca finanziata con fondi PRIN 2010-11 gretaire si sono segnati i cambiamenti che si desiderano. / Il cassetto superiore si vorreb- 1 B. Brunelli, Un appartamento neoclassico a be di tutta lunghezza almeno in apparenza, / Padova, “Dedalo”, anno IX, fasc. I, giugno perché formasse come un fregio sotto la ci- 1928, pp. 41-63. masa e un poco sporgente, e ciò / per dimi- 2 G. Pavanello, La decorazione neoclassica a nuire la lunghezza dei pilastri che si faranno Padova, “Antologia di Belle Arti”, n. 13-14, scanalati come / quelli dei comò e i scifoni. 1980, pp. 59, 70, nota 29, fig. 10. Per l’ap- Invece dei due cassetti che prima vi erano partamento neoclassico di Palazzo Papafava, / si sono sostituiti dei battenti da aprirsi, e ivi, p. 72, nota 38. l’interno può esser diviso / in due spazi o due 3 Nel disegno con la psiche, l’iscrizione: “Ga- cassettini, se si crede, da potervi mettere dei etano Manzoni / Non si comprende cosa sia cappellini. / Per il porta catino si sostituisce la tavola, / indicata sotto il candelabro che il disegnino qui sotto / Gaetano Manzoni”; regge le […] / innalza inutile anzi non a pro- “Del marmo si spedisce la prevista lunghez- posito dovendosi lo specchio muoversi qua za grossezza e larghezza / se la prima, cioè la e là per la stanza / col mezzo delle rotelle. lunghezza si trovasse maggiore dell’uso, può Per l’uniformità con / tutto il resto le foglie diminuirsi a piacere / Gaetano Manzoni”. saranno intagliate dello stesso / legno, e di 4 L’Erma di Minerva in passato è stata attribu- bassissimo rilievo”. Nel foglio con il secre- ita a Canova (G. Pavanello, L’opera completa taire le iscrizioni: “All’unito disegno del se- del Canova, Milano 1976, cat. 371).

The paper discloses a group of drawings from a private collection, sketched by the furniture maker Gaetano Manzoni, to be turned into furniture intended to embellish the neoclassical apartment in the Papafava palace in Padua, one of the most interesting houses in Italy during the same period. This finding is of the uttermost importance, since there are very few sheets of this kind remaining, which at- test to the care given to every detail in that apartment, whose original state is documented in an article by B. Brunelli published in the journal “Dedalo” in 1928. [email protected]

126 AFAT 31 Giuseppe Tominz: inediti, recuperi, rimandi e nuove attribuzioni

Alessandro Quinzi

È transitata sul mercato antiquario una mi- Stiria slovena3. Nelle memorie dei Šantel, niatura firmata “Gius. Tominz” e indicata consanguinei ai Tominz4, era ricordata l’e- nella scheda d’asta come “Ritratto di cardi- sistenza del ritratto miniato di Marianna nale” (fig. 1)1, un titolo che va subito pre- Janežicˇ, la madre del pittore morta nel 1802. cisato. Il prelato è un pontefice, come de- Si sarebbe trattato del piccolo tondo mon- nuncia chiaramente il solideo bianco, e i tato sulla tabacchiera che il padre Giovan- marcati tratti somatici del volto, colto di ni esibisce nel ritratto oggi conservato alla profilo, consentono di identificarlo con il Narodna galerija di Lubiana. Rintracciata benedettino Gregorio Chiaromonti, sali- in una collezione privata ed esposta in mo- to al soglio petrino nel 1800 con il nome di stra, la miniatura è stata giustamente cata- Pio VII. L’avorio si affianca dunque all’altro logata come opera di anonimo (fig. 2)5. Pur ritratto miniato dello stesso papa, firmato somigliando alla miniatura della tabacchie- per esteso da Giuseppe Tominz e datato al ra, il volto di Marianna è privo di una con- 1802 guadagnandosi in questo modo l’aper- vincente indagine psicologica ed è pure as- tura del catalogo ufficiale dell’artista2. Dal- sente la screziatura cromatica dello sfondo, la data menzionata non dovrebbe discostar- entrambe caratteristiche che si ritroveran- si nemmeno l’opera in esame: analogo in no nella produzione ritrattistica tominziana entrambe le miniature è il trattamento del- di maggiore formato e fortuna. La presen- lo sfondo, risparmiato al centro del campo za, infine, del sepolcro prova che si tratta di pittorico e scurito a brevi tocchi di pennel- una miniatura eseguita post mortem e sul- lo verso la cornice, o delle lumeggiature che la scorta dell’originale probabilmente per- fanno emergere il ricamo della stola. An- duto6. che la grafia delle due firme pare all’eviden- I ritratti di altre donne e altri uomini, za identica. che in vita hanno varcato la soglia dell’a- Un’ulteriore conferma dell’attività del telier tominziano, sono nel frattempo rie- giovane Tominz nel campo della miniatura mersi ad accrescere il catalogo del pittore è emersa in occasione della mostra dedica- goriziano. Per ragioni legate alla volontà dei ta alla famiglia Šantel, allestita l’anno scor- proprietari si può, nell’occasione, solo pre- so nel castello di Slovenska Bistrica nella sentare un ritratto virile (fig. 3), di eccel-

Giuseppe Tominz: inediti, recuperi, rimandi e nuove attribuzioni 127 1 - Giuseppe Tominz, Ritratto di papa Pio VII. Già Sabbio Chiese, Sesart’s lente fattura, databile ai primi anni Trenta to (fig. 4) esposto quarant’anni fa a Porde- e da affiancare idealmente a un Francesco none e accompagnato in catalogo da una Holzknecht o a un Filippo Amodeo, entram- descrizione che si direbbe cucita su misu- bi rappresentati di quella borghesia, opero- ra per Tominz, non fosse per l’errata attri- sa e integerrima, che aveva trovato fortuna buzione della tela all’udinese Odorico Po- nella città porto franco. liti: agli anni “fra il 1835 e il ’40, anche per Anonimo è purtroppo un altro perso- i riferimenti che il costume suggerisce, ve- naggio maschile, protagonista di un dipin- risimilmente appartiene questo Ritratto di

128 AFAT 31 vento di pulizia, presenta una patina scura che tuttavia non impedisce di riconoscere i tratti schiettamente tominziani dell’ope- ra. Il marittimo, ritratto dietro una scriva- nia, pare aver lasciato temporaneamente il sestante e la carta nautica, rivolta verso lo spettatore, per concedersi al pennello del ritrattista e allo sguardo dell’ipotetico spet- tatore. Sullo sfondo, oltre un basso para- petto, si apre un breve scorcio di mare sol- cato dal brigantino Maria Caterina, recante i vessilli della casa d’Austria. Per il tratta- mento morbido delle ombre del volto pare pertinente il confronto tra il capitano So- pranich e l’architetto Valentino Valle, rea- lizzato dopo il 1825, o con Antonio Cassina, 2 - Giuseppe Tominz (copia da), Ritratto del 1832, al quale è accomunato anche dalla di Marianna Janesig. Lubiana, Slovenski concezione compositiva. Con quest’ultimo Etnografski Muzej e col pittore Giuseppe Gatteri il capitano Sopranich condivide pure l’abbigliamento, gentiluomo (olio su tela, cm 57×48), impas- il frac di velluto scuro con i grossi bottoni sibile nella fermezza acuta, penetrante e dorati, il panciotto giallo paglierino, la ca- severa dello scrutinio formale, dove […] micia bianca con i colletti inamidati, la nera prevale la franca intenzione di una diret- cravatta. ta presa dal vero, non senza echi della sug- In collezione privata triestina si con- gestione purista recepita a Roma dall’In- serva l’inedito Ritratto femminile (fig. 6)9 gres”7. Una descrizione da accogliere con la dalla pingue statura, espressione della sola eccezione della datazione, che si po- propria agiatezza economica e dello status trebbe benissimo anticipare di un lustro, sociale occupato al pari dello scialle di ca- a cavallo tra terzo e quarto decennio, stan- chemire, del ventaglio pieghevole, del ve- te la stesura nitida, diafana, che rimanda stito di raso o della esuberante cuffia di a importanti capisaldi della prima attivi- pizzi e nastri che imbozzolano, a mo’ di tà triestina del Tominz, giusto il confronto cornice, il volto dall’espressione compo- con i ritratti di Francesco Holzknecht, dei sta. Vi si può riconoscere quella “durezza coniugi di Demetrio, de Brucker o di un Jo- n’è contorni” imputata a Tominz in un arti- han Baptista Cloetta. colo dell’Osservatore triestino pubblicato in Allo stesso torno d’anni dovrebbe risa- occasione della prima personale triestina, lire pure l’inedito Ritratto del capitano Anto- che il pittore allestì nel luglio del 1830 alla nio Sopranich (fig. 5), identificabile grazie al sala Miglietti. Per altro verso, quella stessa sommario albero genealogico appuntato sul mostra consacrò il pittore goriziano pres- telaio8. Il dipinto, bisognoso di un inter- so l’adottivo pubblico triestino, ammaliato

Giuseppe Tominz: inediti, recuperi, rimandi e nuove attribuzioni 129 3 - Giuseppe Tominz, Ritratto virile. Collezione privata e conquistato dal carattere “parlante” dei casa Porta alla quale rimandano gli effet- suoi ritratti10. ti di trasparenza dei tessuti, come nel caso L’effigiata può essere accostata ad altre dei due nastri che ricadono sul petto, e i esponenti dell’agiata borghesia dell’em- rialzi di tono, spesso resi in punta di pen- porio triestino, alla coetanea Fanny Top- nello, a restituire il minuto disegno dei po Herzog, fattasi ritrarre nell’ottobre del merletti e i riverberi della luce sui fiocchi 1835, ma anche alla più giovane dama di della cuffia.

130 AFAT 31 4 - Giuseppe Tominz, Ritratto di gentiluomo. 5 - Giuseppe Tominz, Ritratto del capitano Collezione privata Sopranich. Collezione privata

Rappresenta un’importante recupero no richiede poi un’ambientazione adeguata, per il catalogo tominziano il ritratto di due fintamente en-plen-air, con una veduta pa- bambini (fig. 7), stretti in un abbraccio, ri- esistica appena abbozzata da una luce soffu- mando esplicito alla sfera degli affetti fa- sa. La fattura sostenuta del doppio ritratto, migliari come l’abbraccio che unisce le so- che si lascia apprezzare per i ricercati effet- relline Ernestine e Rosalie (o Rosalinde) ti materici e il candore dei due visi, nonché Paris fattesi ritrarre verso il 1830 da Mi- la data “1841-1843”, leggibile su un cartelli- chelangelo Grigoletti, assieme ai genitori, no incollato sulla parte posteriore della tela alle due sorelle maggiori e alla nonna ma- e purtroppo in gran parte abraso, spingo- terna11. Il bambino più anziano indossa una no a riconoscere nel dipinto in esame quel camicia bianca dal largo colletto a punta, un Gruppo di due fanciulli, che il pittore espo- abito blu stretto in vita da un’alta cintura e se in occasione della mostra della Società in mano regge un capellino alla greca, allo- Triestina di Belle Arti del 1841 unitamente ra di moda. Il fratello minore porta un abi- al Ritratto di un uomo in costume greco ancora to grigio a scacchi e stringe nella sinistra un non individuato12. mazzolino, una spiga dorata con dei sem- Al primo lustro degli anni Quaranta si plici fiori di campo, delle piante spontanee, può collocare anche l’esecuzione del poco come spontaneo e innocente era l’amo- noto Ritratto di Maria Grabroviz (fig. 8)13, di re fraterno nella concezione della cultura un’austera semplicità, che promana anche borghese ottocentesca. Lo stesso mazzoli- dallo sguardo, pacato ma fermo, dell’effi-

Giuseppe Tominz: inediti, recuperi, rimandi e nuove attribuzioni 131 6 - Giuseppe Tominz, Ritratto femminile. Collezione privata

132 AFAT 31 7 - Giuseppe Tominz, Gruppo di due fanciulli. Collezione privata 8 - Giuseppe Tominz, Ritratto di Maria Grabroviz. Collezione privata giata. La donna, ritratta a mezzo busto, in- Il dipinto era stato acquistato nel 1935 dossa un abito di raso nero dalla generosa da Ranieri Mario Cossar, all’epoca diretto- scollatura e un boa di pelliccia appena di- re dei musei goriziani, ma la ricevuta rila- stinguibile sullo sfondo scuro del dipinto. sciatagli dall’antiquario Giovanni Miche- Alla pettinatura elaborata, con i capelli tira- lazzi, che aveva la “grande sala esposizioni” ti all’indietro e raccolti in ciocche inanella- nella centralissima Piazza Unità, certifica te dietro l’orecchio, si contrappone la sem- l’origine triestina del dipinto15. Il dato au- plice corolla fiorita dell’orecchino, piccolo e torizza ad avvicinare il ritratto di Maria Gra- sobrio. Esile è pure il filo di perle che reg- broviz a quello di Giuseppe Grablovitz, oggi ge una croce a braccia patenti, “esempio del nelle collezioni dei Civici Musei di Storia e gusto neogotico tanto diffuso, soprattutto a Arte di Trieste, praticamente sovrapponi- partire dagli anni Trenta, quasi fino alla fine bile nelle dimensioni e coevo nella realiz- del secolo”14. zazione. Gli effigiati, tuttavia, non essendo Puntuali riferimenti tanto per la fog- rivolti l’una verso l’altro, non concorrono a gia dell’acconciatura e dell’abito quanto per formare quel dittico matrimoniale, affat- il dato formale si possono individuare nei to ricorrente nella tipologia ritrattistica to- personaggi femminili della famiglia Se- miniziana16. Piuttosto sembra di poter co- nigaglia, raffigurati nel 1844, e nei ritratti gliere alcune somiglianze fisionomiche tra i singoli di Teresa Deperis Alimonda o Anna due, accomunati dalla prominenza del naso Bozzini Birti. o dal carnoso labbro inferiore, indizi, forse,

Giuseppe Tominz: inediti, recuperi, rimandi e nuove attribuzioni 133 9 - Giuseppe Tominz, Ritratto di giovane dama. Collezione privata 10 - Giuseppe Tominz, Ritratto di Giuseppina Holzknecht. Trieste, Museo Revoltella di un qualche rapporto parentale al quale gli orecchini a pendaglio abbinati alla lun- rinviano pure i cognomi, sulla cui corretta ga catenella e al devant-de-corsage e il brac- grafia andrebbero condotte apposite inda- ciale baciamano dorato, ingemmato e im- gini d’archivio. preziosito da piccole perle. Il corpetto di In una collezione privata lubianese si velluto verde che scende a punta verso la trova oggi il Ritratto di giovane dama (fig. vita, le maniche a ciambella e l’acconcia- 9)17, un dipinto senz’altro licenziato a Trie- tura dei capelli raccolti in trecce indiriz- ste. Dovevano far parte dello studio del zano verso gli anni centrali del quinto de- pittore, allestito nella famosa casa “delle cennio. bisse”, gli elementi d’arredo che concorro- L’esame dei dipinti si chiude con un bre- no alla messa in scena del ritratto: la se- ve appunto su un ritratto famoso, quello di dia biedermaier, il grande cuscino di vellu- Giuseppina Holzknecht (fig. 10), che doveva to rosso bordato con un nastro giallo oro sentirsi à la page non solo per l’abito indos- e il tavolino ovale tirato a lucido. Tominz, sato e i complementi alla moda18. La posa come in altri casi, è ricorso a un’inquadra- della giovane è infatti ricalcata sulla mezza- tura quasi perfettamente frontale e a un’il- tinta Une Tragédienne (fig. 11), traduzione, a luminazione appena spiovente da sinistra, sua volta, dell’olio di Claude Marie Dubufe in modo da attenuare i contrasti chiaro- (Parigi 1790 - La Celle-Saint-Cloud 1864) scurali e far risaltare il candore di una gio- che ritrae l’attrice teatrale inglese Harriet vanissima ragazza, non del tutto a proprio Smithson (1800-1854), oggi nota anche agio nel dover esibire i gioielli indossati: come madame Berlioz avendo sposato nel

134 AFAT 31 rio, tracciato a penna da Tominz e conser- vato presso i Musei Provinciali di Gorizia. Si può così ripercorrere idealmente gli snodi principali che hanno portato alla realizza- zione del ritratto della giovane Holzknecht, che si differenzia dal modello a stampa per elementi meramente esteriori, individua- bili, ad esempio, in alcuni dettagli dell’abi- to, nell’acconciatura o nella direzione del- lo sguardo. Per abbreviare i tempi di posa e concentrarsi sulla sola “interpretazione del volto”20, Tominz ricorreva a soluzioni com- positive mediate da incisioni, esponendo- si coscientemente ai rischi insiti in questo processo di traslitterazione: al volto reso con una “limpida acutezza di contorno”21 si contrappone il gesto della mano con il maz- zolino di fiori “smaccatamente artificiale” come lo sfondo22. La Tragédienne è stata pubblicata il 1° 11 - G. Maile da Claude Marie Dubufe, maggio 1829, verosimilmente a conclusio- Une Tragédienne (Miss Harriet Smithson), ne della fortunata trasferta parigina del- incisione la Smithson. Il foglio si offre dunque come un utile termine post quem per il dipinto del 1833 il celebre compositore francese19. Tra Museo Revoltella e conferma l’attenzione di l’incisione francese e il dipinto triestino va Tominz per la pittura francese a lui contem- inframezzato anche uno schizzo preparato- poranea.

Note

L’articolo sarebbe stato più povero di novità sen- 1 Il “Ritratto di cardinale”, tempera su avo- za le preziose indicazioni dei colleghi Cristina rio, diam. 6,5 cm, firmato “Gius. Tominz” è Bragaglia Venuti (Fondazione Palazzo Coroni- andato in asta da Sesart’s il 31 maggio 2012 ni Cronberg), Enrico Lucchese (Università di (lotto 33). Trieste), Miha Preinfalk (Accademia slovena di 2 Se non altrimenti specificato, tutte le ope- Scienze e Arti) e Ferdinand Šerbelj (Narodna ga- re di Giuseppe Tominz citate a confronto nel lerija Slovenije), ai quali va la mia sincera rico- presente contributo sono pubblicate in A. noscenza. Quinzi, Giuseppe Tominz, Trieste 2011.

Giuseppe Tominz: inediti, recuperi, rimandi e nuove attribuzioni 135 3 Umetniška družina Šantel s predniki in po- 10 “Più fondata parrà l’accusa di qualche durez- tomci, catalogo della mostra, Slovenska Bi- za quà e là nel colorito, e n’è contorni […] in strica 2012. alcune teste non forse a bell’agio ritratte”: 4 Maddalena Tominz, sorella di Giuseppe, era Varietà. Esposizione di lavori pittorici, “Os- nonna materna di Augusta Eigentler (1852- servatore triestino”, 31 luglio 1830, p. 1972 1935) che nel 1873 sposò Anton Šantel (pubblicato in: Quinzi 2011, p. 262). (1845-1920). Dal loro matrimonio nacque- 11 V. Gransinigh, La nobile Isabella Fossati con ro sette figli, dei quali sopravvissero quattro. la figlia Maria Clorinda, il genero e le nipoti, in Tutti ebbero una formazione pittorica e mu- Michelangelo Grigoletti, catalogo della mostra sicale. di Pordenone, a cura di G. Ganzer, Pordeno- 5 Olio su avorio, diam. 6 cm: Umetniška ne-Trieste 2002, pp. 174-175. družina Šantel…, cit., p. 31 cat. 3. 12 Quinzi 2011, p. 240 cat. P33, P34. 6 Al Goriški Muzej di Nova Gorica sono in- 13 Olio su tela, 58,5×47,5 cm. La riproduzio- vece depositate le copie del Ritratto del pa- ne fotografica del dipinto è stata pubblica- dre Giovanni e del Ritratto di Maddalena Tom- ta nell’articolo di Ranieri Mario Cossar, Una niz (Quinzi 2011, p. 242 cat. P49), entrambe gloria goriziano del primo Ottocento. Il ritrat- provenienti dal lascito della famiglia šantel. tista Giuseppe Tominz, “Il Piccolo”, febbraio 7 Inediti d’arte friulana, catalogo della mostra 1942. Cossar cita anche altre opere tomin- di Pordenone a cura di G.M. Pilo, Pordeno- ziane: la copia tratta da un’incisione di Ul- ne 1972, p. 38. derico Moro del 1809, la pala d’altare di San 8 Olio su tela, 78×68 cm. Da una prima som- Giovanni Nepomuceno che viene datata al maria indagine è stato possibile individuare 1812, il ritratto delle “tre sorelle Fröhlich” diversi appartenenti alla famiglia Sopranich datato al 1820, l’Autoritratto con il fratello che intrapresero la carriera marittima rag- Francesco, il ritratto “del bevitore in mani- giungendo il grado di capitano su brigantini che di camicia, del 1824”, i ritratti dei mem- austriaci: Marco Giacinto a bordo de Il Giusto bri delle famiglie Zampieri, Alimonda, Boz- e Marco G. sul Minosse (Portata de’ bastimen- zini, Petrovich e infine quelli d’un Allodi, di ti arrivati nel porto-franco di Trieste nell’an- Maria Gabroviz, dell’Arcivescovo Luschin, di no 1827, Trieste 1828, pp. 307, 355); France- Sofia Nicolai-Heutschl, del parroco di Pre- sco sull’Accorto (Portata de’ bastimenti arrivati vacina, del barone Pasquale Revoltella. nel porto-franco di Trieste nell’anno 1828, Trie- 14 M. Malni Pascoletti, Aureo Ottocento. La col- ste 1829, p. 138); ancora un Marco capita- lezione di gioielli dei Musei Provinciali di Gori- nava l’Eolo (“Giornale del Lloyd Austria- zia, catalogo della mostra, Udine 1989, p. 85 co di notizie commerciali e marittime”, 27 cat. 106. marzo 1835, p. 3); e infine il nostro Antonio 15 Gli attuali proprietari del dipinto conserva- il Maria Caterina (“Giornale del Lloyd Au- no sia la fattura d’acquisto rilasciata in data 9 striaco di notizie commerciali e marittime”, maggio 1935 sia il “conto” per il restauro del 30 gennaio 1835, p. 2; Portata de’ bastimen- 25 maggio successivo. Presso lo stesso anti- ti arrivati nel porto-franco di Trieste nell’anno quario il Cossar, nella veste di direttore dei 1840, Trieste 1841, p. 33). Vi era poi un Filip- musei goriziani, aveva acquistato nel 1932 i po Sopranich che però dirigeva un più mo- ritratti a figura intera degli imperatori d’Au- desto pielego (Portata de’ bastimenti arrivati stria Francesco I e Ferdinando. nel porto-franco di Trieste nell’anno 1828, Trie- 16 Esemplificativi di una tale soluzione sono le ste 1829, p. 160). coppie Leopold Schiff-Johanna Wollheim, 9 Olio su tela. Giuseppe de Toppo-Fanny Herzog, Pietro

136 AFAT 31 Melchiorre Alimonda-Teresa Deperis, Gu- pose sono fedelmente replicate nel Ritrat- stavo Birti-Anna Bozzini sino ai tardi ritratti to di Piergiacomo e Maria Leva. Merita nota- di Pandély Mavrogordato e Zennoù Vlasto. re che l’atteggiamento di Piergiacomo Leva 17 Olio su tela, 77,5×67,5 cm. è stato riproposto anche da Augusto Tominz 18 R. Sgubin, Oblacˇilna kultura na Tomincˇevih nel ritratto di Pasquale Revoltella conserva- slikah, in Jožef Tominc. Fiziognomija slike, ca- to presso la Camera di Commercio di Trieste talogo della mostra di Lubiana, a cura di B. (cfr. L. Ruaro Loseri, Ritratti a Trieste, Roma Jaki-M. Brešcˇak, Ljubljana 2002, p. 54. 1993, p. 43). 19 L’originale Ritratto di Harriet Smithson è con- 20 S. Benco, Il pittore Giuseppe Tominz, “Pan”, 4, servato presso il Musée Magnin di Dijon, 1934, p. 710. mentre l’incisione è nota da una copia con- 21 G. Coronini, Giuseppina Holzknecht, in Mo- servata presso il Victoria & Albert Museum stra di Giuseppe Tominz, catalogo della mo- di Londra (S.6219-2009) con l’errata attri- stra di Gorizia, a cura di G. Coronini, Gorizia buzione del dipinto a Edouard Luois Dubu- 1966, p. 122. fe (1820-1883). Di quest’ultimo era noto a 22 R. Barilli, Ritratti alla lente, “FMR”, 131, Tominz almeno il Ritratto di due sorelle, le cui 1999, pp. 29-30.

Giuseppe Tominz: inediti, recuperi, rimandi e nuove attribuzioni 137 The article enriches the catalog of the works of Giuseppe Tominz (1790-1866) surveyed in the monograph pub- lished in 2011. The miniature, signed, with the portrait of Pope Pius VII and the nineteenth century copy of the illuminated portrait of the painter’s mother confirmed the activity of Tominz in this particular field of art. Among other paintings, little-known, unpublished or new assignment, stands the portrait of two children, to identify with what was shown at the Trieste 1841. The reference to engraving “Une Tragédienne” for the “Portrait of Giuseppina Holzknecht” (Trieste, Museo Revoltella), is further evidence of the attention of Tominz for his contemporary French painting. [email protected]

138 AFAT 31 Domenico Fabris, Angelo Cameroni e Luigi Tommasi nel teatro L’Armonia di Trieste

Massimo De Grassi

La presenza di un salone a doppia altezza in funzione, si estende anche all’area adiacen- un palazzo triestino dell’Ottocento è certa- te al trapezio irregolare, lungo e stretto, che mente un fatto piuttosto insolito, limitato ospita la sala principale2, uno spazio dalla in genere alle sedi governative, se poi que- pianta più regolare che prospetta sull’attua- sto è affrescato e fregiato da riproduzioni in le corso Saba, allora via della Stanga vecchia, gesso di statue classiche la sua esistenza di- dove esisteva da anni un palazzo di cospicue venta un fatto più unico che raro (fig. 1). dimensioni non privo di dignità architetto- Da una prima analisi, del tutto superficiale, nica. Una circostanza ben evidente anche in risulta che l’edificio che lo ospita, noto con il una sezione dei due corpi di fabbrica con- nome di palazzo Sordina, sia completamen- servata presso l’Archivio del Museo Teatrale te indipendente dall’altra costruzione, ben Carlo Schmidl (III/129 reg.; fig. 5). più recente, che insiste sulla particella cata- Occorre quindi far riferimento all’Ar- stale contigua, entrambe strette tra l’attuale chivio Storico del Comune di Trieste per piazza Goldoni, corso Saba e largo Barriera avere l’evidenza della situazione: le pratiche Vecchia. Tuttavia, almeno fino agli inizi del per la realizzazione del nuovo teatro han- Novecento, la realtà era ben diversa. Accan- no inizio il 31 maggio 1855, quando il pro- to al palazzo in esame era infatti attivo il tea- prietario del fondo, Giovan Battista Scrinzi, tro Goldoni, inaugurato nel 1857 con il nome avanza una richiesta di erezione di un nuo- di teatro L’Armonia1. È proprio analizzando vo teatro, dove gli aspetti ‘planimetrici’ era- le piante del teatro (figg. 2-3), progettato da no già ben esplicitati. In quel documento si Andrea Scala, che si riscontrano alcuni det- leggeva infatti che “essendomi determina- tagli piuttosto anomali per il contesto edili- to di eriggere nel fondo del mio stabile N.° zio cittadino: il corpo di fabbrica del teatro 850, e su intera parte di quello N.° 849 en- vero e proprio insiste infatti su di un sito ir- trambi di mia proprietà formanti isola un regolare, ma notando la pianta del pianter- nuovo edificio ad uso di Teatro, ed essen- reno e del primo piano dei progetti deposi- domi all’uopo posto di concerto coll’infra- tati presso l’archivio comunale si nota come scritto Sig. Francesco Hermet […] produ- la superficie del teatro (fig. 4), per quanto co qui annesso il relativo piano in duplo in riguarda ambienti di servizio di vario tipo e 10 tavole supplicando onde siami concesso

Domenico Fabris, Angelo Cameroni e Luigi Tommasi nel teatro L’Armonia di Trieste 139 1 - Andrea Scala, Salone. Trieste, palazzo Sordina (già Ridotto del teatro L’Armonia)

140 AFAT 31 il permesso politico per tale fabbrica e ciò nizzetti eseguito l’otto agosto 1857, “L’Os- colla massima possibile sollecitudine trat- servatore Triestino” non mancherà di evi- tandosi di lavoro che deve essere pronta- denziare come “il bravo architetto sig. Scala mente intrapreso”3. La risposta alla sup- fu reiteratamente chiamato fuori dagli ap- plica arriverà alla fine di luglio, quando il plausi della folla entusiasta e comparve, ac- magistrato civico avanzerà osservazioni ri- compagnato eziandio dai sigg. Fabris e To- guardo l’ornato delle facciate, richiedendo masi, che con tanta perizia lo coadiuvarono, maggiore uniformità4. Il successivo invio, il primo nella parte pittorica, l’altro nella datato 4 settembre 1855, dei disegni modi- decorativa”8, richiamando con questo l’at- ficati porterà al sospirato permesso di fab- tenzione sugli autori della decorazione in- brica, che verrà concesso il 17 settembre terna. Al friulano Domenico Fabris, con- dello stesso anno5. terraneo di Scala, era stata infatti affidata la Le proposte di modificazione della fac- realizzazione dell’affresco del soffitto, che ciata del secondo edificio, l’attuale palaz- come il resto dell’edificio sarà improvvi- zo Sordina, dove si trova la sala oggetto del damente distrutto nel 19129. Dell’interno e presente contributo, verranno invece avan- dell’esterno del teatro restano soltanto una zate in un momento successivo, nel novem- litografia (fig. 6), alcune immagini scatta- bre 1855, e ne resta traccia anche in un di- te da Pietro Opiglia (figg. 7-10) poco prima segno conservato nell’archivio comunale di della distruzione e due lacerti del soffitto Trieste6, dove appare evidente il tentativo di attualmente conservati al Civico Museo Te- armonizzare il partito decorativo con quello atrale Carlo Schmidl10. dell’adiacente teatro; la proposta non ver- Così veniva descritta la scena dalla stam- rà però accolta dalla commissione all’orna- pa, ancor prima che i lavori di decorazione to, visto che la facciata non pare aver subi- fossero portati a termine: “Ed anzi, tornan- to modificazioni, se non per alcune piccole do al Teatro, – sono in vena di scuoprir tut- varianti approvate però nel secondo Nove- to – vi aggiungerò, come sapete, il distinto cento. La pratica sarà poi scartata e non ne pittore signor Fabbris pure di Udine dipin- rimane traccia tra le carte dell’archivio se gerà a fresco il soffitto del più detto Teatro, non per una breve nota nell’apposito regi- ma quello che non sapete e che ora vi spif- stro degli esibiti dove si legge: “G. Batta Dr ferò si è che sarà un dipinto degno e dell’ar- Scrinzi produce i disegni delle tre facciate tista e dello sfarzoso teatro e dell’arte, e che del suo stabile N 849 sito nella piazza del- il soggetto è il genio del commercio che in- la Legna che desidera riformare”, il tutto ac- coraggia le scienze e le arti, le quali inghir- compagnato dal timbro “scartato 1908”7. landate gli danzano intorno e vanno rotean- La costruzione del nuovo teatro trove- do in mezzo a puttini e angioletti che la è, rà larga eco nelle cronache cittadine, che cioè, la sarà una delizia di vederli: tutto poi rimarcheranno la bontà della realizzazio- si perderà in un Olimpo di parvenze illumi- ne di Andrea Scala, anche alle prese con un nate e sfumanti fin sotto al vano del lampa- sito non particolarmente felice dal punto di dario. O’tredici di Giugno, io te lo chieggo vista planimetrico. Nel recensire la prima in ginocchio, vorrai tu privarci dal vedere si rappresentazione, il Poliuto di Gaetano Do- belle cose? Mai no!”11.

Domenico Fabris, Angelo Cameroni e Luigi Tommasi nel teatro L’Armonia di Trieste 141 2 - Alberto Rieger, da Andrea Scala, Teatro L’Armonia in Trieste. Prospetto, litografia 3 - Alberto Rieger, Teatro L’Armonia, litografia

142 AFAT 31 4 - Andrea Scala, Pianta del primo piano. Trieste, Civico Museo Teatrale Carlo Schmidl 5 - Andrea Scala (?), Prospetto laterale del teatro L’Armonia. Trieste, Civico Museo Teatrale Carlo Schmidl

Domenico Fabris, Angelo Cameroni e Luigi Tommasi nel teatro L’Armonia di Trieste 143 6 - Alberto Rieger, Teatro L’Armonia in Trieste, litografia

8 - Domenico Fabris, Mercurio incoronato dalle Muse (fotografia d’epoca)

144 AFAT 31 7 - Andrea Scala, L’interno del teatro L’Armonia verso il palcoscenico (fotografia d’epoca)

Domenico Fabris, Angelo Cameroni e Luigi Tommasi nel teatro L’Armonia di Trieste 145 9 - Domenico Fabris, Mercurio incoronato dalle Muse, particolare (fotografia d’epoca)

Più misurato l’intervento del non me- tonazione e felice impasto dei colori, ren- glio identificato dottor Flumiani sulle pa- dono un tutto così bello e attraente, da far gine de “L’Annotatore Friulano”: “rinchiu- degno compimento alla sottoposta leggia- so entro ricchissima cornice si mostra il drissima sala”12. magnifico affresco del Fabris, rappresen- Dalle immagini sopravvissute il soggetto tante sopra un fondo di cielo Mercurio, il principale, Mercurio, evidentemente scelto dio del commercio, che viene incorona- in omaggio a Trieste, città dei commerci, si to dalle muse, e festeggiato da una lun- scorge appena, ma dall’esame degli eleganti ga schiera di baccanti seminude, che me- nudi femminili che si apprezzano dalle foto diante ghirlande di fiori tra loro unite, ravvicinate si capiscono gli entusiasmi dei intrecciano balli in giro; mentre in par- recensori dell’epoca: si trattava infatti sen- te del cielo più alta una brigatella di angio- za alcun dubbio dell’opera più ‘licenziosa’ letti partecipa con altra danza alla comune mai realizzata dal pittore osovano, in que- letizia. Questo dipinto riesce d’un effetto gli anni concentrato sul ciclo ‘purista’ per meraviglioso: avvegnacché la bella propor- la chiesa dei Santi Ilario e Taziano di Ene- zione e distacco delle figure, la squisitezza monzo, giocato com’è intuibile su tutt’altro delle loro forme seducenti, l’armonica in- registro compositivo13.

146 AFAT 31 10 - Domenico Fabris, Mercurio incoronato dalle Muse, particolare (fotografia d’epoca)

Grande importanza era stata riserva- terni ma ben visibili nelle incisioni dell’e- ta anche all’esecutore dei ricchissimi ap- poca e nelle foto Opiglia. parati decorativi, quel “Tomasi” ora indi- Molto interessante sotto il profilo cri- cato come friulano14, ora come vicentino15. tico è l’attenzione riservata al teatro da un Verosimilmente si trattava di Luigi Tom- giornale filoaustriaco “diabolico, politico, masi, che negli anni successivi si segnale- umoristico, comico, critico, e se occorres- rà sulla piazza triestina per le sue presen- se pittoresco” come “Il Diavoletto”, all’epo- ze alle mostre della Società di Belle Arti16, ca diretto da Adalberto Thiergen, che oltre e per suoi interventi nel principale cam- a dare esaurienti notizie sul procedere della posanto cittadino, come la non identifi- fabbrica19, si cimenterà in una lunga e fran- cata tomba Ruzzier, descritta dalla stampa camente poco comprensibile disquisizione dell’epoca perché presente all’esposizione sulle cariatidi decorative della facciata20: del 187317, e il sepolcro per la famiglia Car- un intervento che, al di là del suo contenu- ris Lanza, datato 187218. A lui spettano an- to polemico, ha però il pregio di evidenzia- che le tre statue colossali che sovrastavano re il nome dell’autore, il veneziano Angelo il palcoscenico, la Musica, la Commedia e la Cameroni, già noto in città per numero- Tragedia, distrutte come tutti i decori in- si interventi di prestigio, dalla Madonna dei

Domenico Fabris, Angelo Cameroni e Luigi Tommasi nel teatro L’Armonia di Trieste 147 temperie, fanno da tempo bella e incongrua mostra di se davanti a una casa privata, già trattoria (fig. 11), sulla strada che conduce al confine di Rabuiese22. Uno dei dati più frequentemente rile- vati, anche nei contributi successivi, sarà quello relativo alla sontuosità degli am- bienti collaterali, dal foyer alle scalinate agli ambienti annessi, senza però che ne venisse fatta menzione nel dettaglio. Tor- nando all’oggetto principale di questo con- tributo, va quindi notato come la magnifi- ca sala a doppia altezza cui si è accennato in apertura, con tanto di palchetto percorri- bile lungo la parte alta della parete di fon- do, fosse probabilmente stata pensata per essere utilizzata come ‘ridotto’ o come sala di riunione per le molte associazioni trie- stine: non va infatti dimenticato che l’in- tero teatro, sin dalla sua nascita, poteva essere attrezzato anche per serate danzan- ti e ricevimenti e affittato a chi ne faceva richiesta. In questo senso si leggono bene anche le ragioni che avevano spinto gli im- prenditori a creare una sala come quella in esame. Pur nel silenzio delle fonti e dei contri- 11 - Angelo Cameroni, Cariatide. buti successivi23, già dal primo sguardo ap- Noghere (Trieste), pare evidente che la paternità del brano ad casa Sartori affresco, molto ben conservato, non possa che spettare a quello stesso Domenico Fa- naviganti del castello di Miramare, rivolta bris che aveva portato a termine la decora- verso il mare quasi a sorvegliare il princi- zione del soffitto del teatro. Le fisionomie pale accesso alla città, alla Fanciulla in pre- delle due figure allegoriche femminili, for- ghiera realizzata per Nicola Bottacin, per se allusive alla Primavera (figg. 12-13) che arrivare alle allegorie della Giustizia e della spargono fiori appaiono infatti identiche a Pace con il medaglione di Ferdinando I per quelle dipinte sul soffitto del teatro e coin- l’edificio dedicato al sovrano dalla città, il cidono anche con altri brani firmati dal pit- cosiddetto Ferdinandeo21. tore osovano. Com’è noto da tempo, quattro di quelle Più delicata l’attribuzione dei fregi de- cariatidi, effettivamente corrose dalle in- corativi in stucco e delle riproduzioni del-

148 AFAT 31 le sculture antiche, dove non ci soccorro- no testimonianze dirette dei cronisti. Per i primi, strutturati sull’alternanza di me- daglioni con teste di personaggi maschili e femminili in abiti cinquecenteschi e me- tamorfici cavalli marini alati (fig. 14), ac- compagnati da plafond di girali fitomorfi e da una cornice a palmette stilizzate bian- che alternate a fiori a campana dorati che corre lungo tutto il perimetro della stan- za, il nome più spendibile pare quello di Luigi Tommasi, che come si può appura- re dalle citate foto Opiglia aveva utilizza- to motivi simili nel decorare le balaustre dei loggioni. Più difficile formulare ipotesi proban- ti per le riproduzioni di statue antiche, un unicum nella decorazione d’interni triesti- na: l’ipotesi più sensata che si può avanza- re nel silenzio dei documenti è quella che siano state chiamate in causa maestranze specializzate fiorentine, visto che i model- li riprodotti provengono essenzialmen- te dalle collezioni medicee24. Oltre alla cosiddetta Venere de’ Medici, si allineano infatti sul registro superiore l’altrettanto celebre Fauno danzante (fig. 15), da sem- pre ornamento della Tribuna degli Uffizi 12 - Domenico Fabris, Allegoria come anche l’Apollino (fig. 16); della stessa della Primavera. collezione facevano parte anche il Mercu- Trieste, palazzo Sordina rio a gambe incrociate e le meno note Atena panneggiata (figg. 17-18), una Musa con il Chiude la serie una scultura che all’epoca braccio sinistro alzato e una Hora che por- poteva ormai essere definita classica come ta in grembo un cesto di frutta autunnale il Bacco ebbro di Jacopo Sansovino (fig. 23), (figg. 19-20). allora come oggi conservata presso il Mu- Sempre a collezioni fiorentine appar- seo del Bargello. Scelte ritenute eviden- tengono una copia del cosiddetto Idolo (fig. temente all’altezza di una sala che rimane 21) del Museo Archeologico fiorentino e tra le testimonianze più importanti del- una variante dell’Antinoo (fig. 22), oggi in la decorazione d’interni di metà Ottocen- parte deturpata da improvvidi restauri. to a Trieste.

Domenico Fabris, Angelo Cameroni e Luigi Tommasi nel teatro L’Armonia di Trieste 149 13 - Domenico Fabris, Allegoria della Primavera, particolare. Trieste, palazzo Sordina

150 AFAT 31 14 - Luigi Tommasi, Fregio decorativo, particolare. Trieste, palazzo Sordina

15, 16, 17 - Manifattura fiorentina, Fauno danzante, Apollino, Mercurio. Trieste, palazzo Sordina

Domenico Fabris, Angelo Cameroni e Luigi Tommasi nel teatro L’Armonia di Trieste 151 18, 19, 20 - Manifattura fiorentina, Atena, Musa, Hora. Trieste, palazzo Sordina

21, 22, 23 - Manifattura fiorentina, Idolo, Antinoo, Bacco. Trieste, palazzo Sordina

152 AFAT 31 Note

Ricerca finanziata con fondi FRA 2011, ture del plafone ripetute negli specchi con responsabile prof. Giuseppe Pavanello stelle dorate che sembrano un firmamento; tutto ciò ti rapisce e t’inebria; mentre quel- 1 Sulle vicende storiche del teatro si veda so- le bellezze spiccavano ancor maggiormen- prattutto: R. Kraus, Grandezza e decadenza te per la corona fiorita di leggiadre signo- d’un teatro scomparso, “La Porta Orientale”, re che allienavano le loggie, e la galleria. Il I, 7-8, agosto 1931, pp. 672-690; P. Quazzo- bravo architetto sig. Scala fu reiteratamente lo, Un teatro scomparso: L’Armonia di Trieste, chiamato fuori dagli applausi della folla en- “Archeografo Triestino”, s. IV, LXIII (CX), tusiasta e comparve, accompagnato eziandio 2003, pp. 313-330. Il teatro cambierà nome dai sigg. Fabris e Tomasi, che con tanta peri- nel 1902: Vita cittadina. Ricordi storici del- zia lo coadiuvarono, il primo nella parte pit- l’“Armonia”, “Trieste”, 29 febbraio 1902. torica, l’altro nella decorativa. Dovremmo 2 Per la pianta del pianoterra cfr. Archivio poi parlare della magnifica loggia imperia- Tecnico Disegni del Comune di Trieste (d’o- le, della sala di conversazione, o Foyer, del- ra in poi ATDCT), n. 11513, tav. I. Una co- la platea, delle scale, e di tutti gli accessorii, pia della pianta del primo piano è conserva- che non lasciano proprio nulla a desiderare; ta presso l’Archivio del Museo Teatrale Carlo ma già ci chiama lo spettacolo che incomin- Schmidl, III 129 reg. (fig. 4 del presente in- cia, e i bei nomi di quegli artisti che debbono tervento). prendervi parte, non ci permettono di dire 3 Archivio Generale Comune di Trieste (d’o- di più, per occuparci dell’opera il Poliuto, in- ra in poi AGCT), Magistrato Civico, esibito signe lavoro del sommo ed infelice Doniz- 8098/1855, b. 1252 3/8-1. zetti. […]”. 4 Ivi. 9 Già prima dell’annuncio ufficiale l’even- 5 AGCT, Magistrato Civico, esibito 11513/1855, to troverà copertura da parte della stampa b. 1252 3/8-1. locale, univocamente indirizzata a stigma- 6 ATDCT, n. 14338, tav. VII. tizzare il fatto, giustamente considerato un 7 AGCT, Registro dei documenti scartati. forte impoverimento culturale della città: Un 8 Apertura del nuovo teatro l’Armonia, “L’Osser- teatro che scompare, “L’Arte”, agosto 1911; La vatore Triestino”, 10 agosto 1857: “Quale ma- demolizione del Teatro Goldoni, “Il Piccolo”, 15 gnifico spettacolo fu la sera di sabato quello marzo 1912. dell’apertura del nuovo teatro! La penna dif- 10 Le fotografie riprodotte alle figg. 7-10 si ficilmente si presta alla descrizione di quel conservano a Trieste, Civici Musei di Storia nobile convegno, e di quella sala ricca e gen- ed Arte, F PC 5 49; F PC 5 51; F PC 5 52; F PC tile, dove le arti tutte si diedero, a così dire, 5 53. M. Visentin, Domenico Fabris 1814.1901. la mano per creare una mirabile visione. Noi Pittore di storia e di sacro, Udine 2008, pp. abbiamo descritto altra volta le bellezze di 107, 170-171. questo teatro, dal lato architettonico; ma al 11 Belle arti, “Il Diavoletto”, X, 20 aprile 1857, vederlo ora così bene dipinto ed addobba- 108, p. 430. to, tutto adorno di ricche stoffe, di sculture 12 Flumiani, Il nuovo Teatro l’Armonia e l’archi- e di dorature, sfavillante della luce del gas, tetto D.r Andrea Scala, “Annotatore Friu- che piove da mille fiammelle, con quel ric- lano”, 20 agosto 1857, pp. 312-314: “L’ar- co e leggiero lampadario, con quella gran- chitetto adunque occupandosi in prima diosa boccascena e le colossali statue dorate della parte esterna diede all’intero fabbri- delle Muse nel mezzo, e le magnifiche pit- cato quella impronta architettonica che ba-

Domenico Fabris, Angelo Cameroni e Luigi Tommasi nel teatro L’Armonia di Trieste 153 sta ad indicare a chiunque che quello li è un trovano le colonnette di ferro fuso a faccie teatro. Peccato che la facciata rimanga in angolari che vanno dal basso in alto dei pal- parte nascosta da una casa che le sta dinanzi. chetti, di cui ve n’ha quattro ordini, pel da- E fu per questo inconveniente, comune an- vanzale sporgente, lavorato a traforo con fi- che al lato posteriore, che l’architetto tenne letti dorati, di cui tutti vanno forniti. Solo alta la parte decorativa, onde sia più in vista; che la parte di faccia del quarto ordine si è dal che ne avvenne che parecchie statue sot- lasciata internamente indivisa e ridotta a to forma di cariatidi si dovettero collocare galleria per servire di aggiunta alla platea. in alto, cosa che da taluni viene biasimata, Al dissopra dei palchetti poi si ammira una perché ignaro della causa che così richiese. seconda e bella galleria riservata a coloro, i Ora, entrando le porte della facciata trovia- quali, amando il teatro devono limitarne la mo un’atrio fatto ad archivolti, i quali sono spesa. Vedonsi pure con soddisfazione i ci- sostenuti da doppia fila di pilastri ottago- gni che vi sono collocati alla base di ogni co- ni di belle proporzioni, dove archi e pilastri lonnetta, ed in corrispondenza ai palchetti ricevono dall’ornato grazia e magnificenza. del piepiano; così del pari i puttini portan- Da qui per una scala grandiosa si ascende ad ti una cornucopia, che stanno tra i palchetti altro atrio, formante una sala quadrilunga, del primo ordine. Questi cigni, dal cui bec- semplicemente addobbata, al cui fianco de- co pende un anello dorato, e questi bambi- stro ed alquanto fuori della linea mediana si nelli presentano nel loro insieme un aspet- apre l’ingresso alla platea, ciocché si è pra- to così gradito, che non si po’ staccarne lo ticato per necessità e non per elezione. Agli sguardo. E l’occhio dilettano altresì alcune angoli poi cominciano le scale che guidano statuine in gesso poste ad ornamento della ai palchetti. Messo il piede entro il recinto seconda galleria; come pure le tre figure co- della platea quando è rischiarata dal gas, la lossali allegoriche rappresentanti la Musi- prima sensazione che si prova è quella d’u- ca, la Commedia e la Tragedia, che poggia- na soave compiacenza nel trovarsi in luogo no sul frontone o architrave del proscenio, si riccamente addobbato e splendidamente opera d’un altro artista di Udine, conosciu- decorato: si rimane attoniti contemplando to sotto il nome di Canova. Tra l’architra- parte a parte il magnifico edificio. Si guar- ve e un arco che va fino al soffitto s’innalza da la curva che è di una bellezza incensu- un muro che divide la platea dalla scena: ma rabile; la struttura del teatro svelta ed ele- questo muro nessuno lo scorge perché l’ar- gante, la tinta generale chiara ed omegenea; chitetto con nuovo ed ingegnoso artificio lo tinta che contrasta quanto può col rosso ca- ha fatto svanire, coprendole di specchi, ed rico delle pareti interne dei palchetti: ros- ha isolato così anche le tre statue: procuran- so smagliante che contro l’opinione dell’ar- do nel tempo stesso una piacevole illusione chitetto fu versato senza modo né misura: e agli spettatori, i quali credono a prima giun- di cui l’occhio se ne offende pel troppo di- ta prolungato il fondo del teatro […]”. stacco tra la leggerezza e giocondità che spi- 13 M. Visentin, Domenico Fabris…, cit., pp. 101, ra la superficie, e la pesantezza e serietà che 106. impone l’interno. Volgendo indi lo sguardo 14 Flumiani, Il nuovo Teatro l’Armonia…, cit., p. alla parte decorativa, non si può a meno di 213; dove il nome non è trascritto e la deco- ammirare la ricchezza e belle distribuzione razione è indicata come “opera d’un altro ar- degli ornati, ed il maestoso soffitto, dipinto tista di Udine, conosciuto sotto il nome di dal nostro Domenico Fabris, abilissimo fre- Canova”. scante, e che ormai con questo pregiato la- 15 R. Kraus, Grandezza e decadenza d’un teatro…, voro consoliderà la sua fama. Belle pure si cit., p. 675.

154 AFAT 31 16 Strettamente legata alla sua attività di scul- dirigente sarà affidato al nostro concittadino tore ornatista sarà la sua presenza alla prima signor Hermet, il quale diede già tante prove mostra della Società di Belle Arti di Trieste di distinta intelligenza, in questo ramo diffi- del 1870, dove esponeva un “Lavoro in pla- cile ed importante. Vedete in fine che le sale stica: Parte superiore: Il Tempo con dodi- di spettacolo non mancano”. ci ninfe che gli fanno corona rappresentanti 20 Belle arti…, cit., pp. 429-430. Visto il suo in- le dodici ore Parte inferiore: Caccia di fiere”, teresse, si propone di seguito la trascrizione un’esercitazione significativamente non in completa del contributo: “lo sappiamo an- vendita (cfr. M. De Grassi, “Diffonderà sem- che noi, sissignori, e premettiamo appunto pre più tra noi il gusto e l’amore per le belle arti”: che non toccheremo di tutto ciò – e rispet- la scultura alle esposizioni della Società di Belle teremo i morti, e più i vivi per la ragione che Arti di Trieste (1870-1882), “Arte in Friuli Arte i contemporanei vanno sempre trattati coi a Trieste”, 29, 2010, p. 295). guanti… chi voglia vivere in pace col pros- 17 Pubblica Mostra delle Belle Arti in Trieste. IV, simo suo? E sappiamo anche noi che Trieste, “L’Osservatore Triestino”, 16 giugno 1873. non è né Roma, né Firenze, né Venezia, e che “Luigi Tommasi espose al N. 178 ‘il bozzetto il secolo XIX non pretende di essere quello d’un monumento sepolcrale’, che verrà ese- di Pericle, né meno il XVI, comunque assai guito in marmo per la famiglia Ruzzier e col- di que’ nomi celebrati siano suoi figli, e re- locato nel nostro camposanto cattolico, ed il spirino a dispetto del molto fumo delle va- N. 177 è il modello della figura nelle propor- poriere, e del ferro fuso le decimononesche zioni che verrà eseguita in marmo. Il monu- aure di vita! mento presenta un sarcofago, da cui sover- Ma così di sbircio, e alla buona, è senza pre- chiato il coperchio, una giovane donna in tensioni di sorta non si può forse parlare un paludamento ondeggiante, col segno della poco de’fatti suoi, e chiacchierare anche un croce in mano, s’eleva speranzosa cogli occhi tantino, nei tempi che corrono sgambettan- rivolti al cielo, personificazione della resur- do su per gli elettrici fili di ferro, delle Arti rezione. Il suo insieme è di buono stile ar- Belle? Le quali se alla fin fine non sono più monico e fa testimonianza del progresso che tanto belle, è colpa del tempo che fa tutto in- l’autore fece nell’arte”. Sull’artista anche M. vecchiare, e imbruttire – anche le belle don- De Grassi, “Diffonderà sempre più tra noi il gu- ne, che peccato! - e non risparmia, se non sto e l’amore per le belle arti”…, cit., pp. 295, gl’immortali: (dei quali, fra parentesi, tran- 308, 310. ne la classica Calipso – che maledì la sua gio- 18 Si veda a questo proposito L. Bellocchi, Le vinezza e crediamo ora sia morta – e i qua- sculture dei cimiteri triestini, “Archeografo ranta dell’Accademia francese che muoiono Triestino”, s. IV, LXI (CIX), 2001, p. 23; dove sempre, io non conosco alcun altro). però il nome puntato viene sciolto in “Lu- Noi avevamo sempre opinione che il sig. cio”. Angelo Cameroni, scultore indefesso, in- 19 Lettera del compare Giusto, “Il Diavoletto”, X, faticabile, sollecito esecutore e accurato, 22 marzo 1857, 81, p. 323: “Venite meco a ve- pronto nel concepire, più pronto nel man- dere il nuovo Teatro Sociale, pressoché ter- dare a compimento le tante e svariate com- minato, lì dietro al fu Circolo […] Le pittu- missioni che specialmente gli allogaro- re verranno affidate al valente pittore signor no per noto merito alcuni cospicui triestini Fabris, per cui non dubito che quel nuo- – i quali incoraggiano efficacemente le Arti vo Teatro diverrà bello assai, come pure gli più coi fiorini che col mecenatismo (è buo- spettacoli vi saranno scelti, se è vero quan- na la parola?) da cattedra – avevamo dunque to mi viene detto, che il posto di segretario- opinione (maledetto dente) che accoppiasse

Domenico Fabris, Angelo Cameroni e Luigi Tommasi nel teatro L’Armonia di Trieste 155 a tali egregie doti di ingegno e bravura, an- to vi valgano solo le ragioni dell’arte, e la più che un cuore tenero e umano, e non così cru- valida, che l’architetto cioè così aveva dispo- delmente fecondo nell’inventare ed applica- sto nel suo disegno ad abbellire e aggraziare re la tortura alle creazioni della sua fantasia, il cornicione dell’edifizio, e così sia; ci pen- come abbiamo veduto ad esso praticarsi in si, del resto la vostra coscienza!. Il teatro So- presenza di tutto un popolo (o dove è l’in- ciale adunque poiché ci siam messi dentro a quisizione?) e precisamente lungo le mura cagione di quelle sventurate e da noi com- del nuovo Sociale Teatro, ch’è già quasi bel- piante cariatidi, opiniamo riescirà lavoro lo e costruito in Piazza della Legna! Che ve squisitamente compito, tale quale – le con- ne pare? Abbiamo noi tutto il torto nell’ac- dizioni ineluttabili e varie, l’angustia del- cusare il prelodato signor Angelo di catti- lo spazio, trionfalmente in parte domata, la veria e durezza di viscere? Guardate un po’ collocazione non felice perché obliqua, e la quelle quattordici graziose e candide caria- perdita dell’insieme lineare della facciata – tidi che disposte artisticamente lungo il cor- lo renderanno, a merito dell’egregio archi- nicione del nuovo edifizio a tre a tre come le tetto signor Scala di Udine, che trasse pre- grazie, vi scendono a così dire dalle nuvo- zioso profitto da ogni favorevole circostanza le con in capo un cuneo sporgente dai mo- e dal buon gusto che ne ispirava e ne guidò diglioni e che pare (horribile visu!) confitto l’arduo lavoro. Sarà piccolo, ma sarà bello. entro quegli amabili cervellini pel solo gu- Oh! Quante cose piccole sono squisitamente sto del prossimo che guarda dal basso indif- belle a questo mondo! ferente quelle care fanciulle poggiate sopra Le facciate, oltre alle sullodate cariatidi, che, mensoloni riquadrati, e che sembra si curi- come parci aver detto, in numero di quat- no tanto di quel tormento come il gobbo di tordici sono bellamente disposte di tre in Rialto dalla scala che sopporta da tanto tem- tre sopra basi riquadrate ad ogni angolo del- po sulle larghe e forti clavicole! Ma tant’è: il le medesime – vanno adorne di bei fregi a vedere la dolce posa, quegli schietti e ben stucco delle finestre, in parte ovali superior- scolpiti visini, que’ semplici paludamenti, mente, ad arco al di sotto, sia tutto lungo la quelle movenze composte a riposo, e varia- metà del fabbricato a guisa di rilevata zona te, e pudicamente scoperte, riposar l’occhio che ne cinga il complesso. Di più. V’han- in quei morbidi e pur spiccati contorni - e no ancora quattro nicchie ovali, e quattro soprattutto quel mite insieme, riescito ar- oblunghe, atte, crediamo, a contenere le sta- tisticamente felice e pella prospettica ese- tue grandi oltre il vero dei quattro più grandi cuzione e pella disposizione dell’aggruppa- tragici del mondo: Alfieri – Schiller – Sha- mento - più dilatate essendo le masse delle kespeare – Corneille, - le ovali poi corri- laterali, e più gentilmente snella quella del sponderebbero i busti dei quattro maggiori mezzo - ci mosse a sdegno contro lo scultore poeti italiani: gentile e generoso pensiero! - e la sua spietata compiacenza che volle pro- Ove ciò sia, speriamo il lavoro venga allogato prio conficcarti là quelle vaghe innocenti, al Cameroni stesso il quale, benché soprac- sospese tra cielo e terra ed esposte per giun- carico d’altre e importanti missioni, non ta a tutte le vituperevoli escandescenze del- verrebbe, crediamo, meno anche a questa. E le stagioni, che si compiaceranno far strazio dissimo sopraccarico sapendo come sia stata di quelle tenere membra - e che siano tenere di recente ad esso affidata la esecuzione del lo dichiarano esse medesime, poiché vengo- monumento da erigersi a S.M. L’Imperato- no dalle cave di Vicenza. re Ferdinando I sul frontale dell’edifizio, che Signor Cameroni, non ve la perdoneremo si per cura del nostro Municipio si sta erigen- facilmente, e checchè ne diciate. Per intan- do sulla vetta del Jager. E noi che ne abbia-

156 AFAT 31 mo veduto il disegno, affrettiamo col desi- di P. Goi, Pordenone 1988, pp. 312, 320, 355; derio di vederne l’eseguimento. Eccolo: due L. Bellocchi, Le sculture dei cimiteri…, cit., figure, la Pace a sinistra, la Giustizia alla de- pp. 26-27, 30-31; F. Grippi, Angelo Cameroni, stra di un medaglione che racchiude in ghir- in Il Museo Storico del Castello di Miramare, a landa mezzo intrecciata di quercia, mezzo di cura di R. Fabiani, Venezia 2005, pp. 96-97. olivo, l’augusta sembianza in rilievo del Mo- 22 Cfr. P. Quazzolo, Un teatro scomparso…, cit., narca, sormontata dalla imperiale corona. p. 330. La Pace, che ne stringe con fervoroso atto 23 I giornali dell’epoca non fanno infatti men- e sostiene il medaglione ha nella destra un zione di questa sala e i contributi successi- ramo del simbolico albero, mentre la Giusti- vi al 1912, dopo cioè la distruzione del teatro, zia appoggiato il destro braccio sul vasto zoc- si sono naturalmente limitati a rievocare le colo su cui stassi scolpito l’immortale Recta vicende relative al teatro stesso, trascurando tueri tiene le bilance in equa pendenza, e af- l’analisi delle adiacenze. ferra col manco uno scudo: semplice, gran- 24 Per il riconoscimento delle figure si è fatto dioso, e veramente simbolico monumento”. riferimento a G.A. Mansuelli, Galleria de- 21 Sulla figura di Cameroni cfr. G. Pavanello, gli Uffizi. Le sculture. I, Roma 1958, passim; L’Ottocento, in La scultura nel Friuli-Venezia F. Haskell, N. Penny, L’antico nella storia del Giulia. II. Dal Quattrocento al Novecento, a cura gusto, Torino 1984, passim.

The essay shows a room decorated in 1857 by Domenico Fabris and Luigi Tommasi and by a series of reproduc- tions of ancient statues. The room was part of the wider complex of theater Armonia, designed by Andrea Sca- la and divided between two buildings, the main one of which will be demolished in 1912. The latter belonged also fourteen Caryatids in Vicenza’s stone that you can now assign to Angelo Cameroni. [email protected]

Domenico Fabris, Angelo Cameroni e Luigi Tommasi nel teatro L’Armonia di Trieste 157

Tra calchi, bozzetti e opere finite. Leonardo Bistolfi in villa Contarini-Camerini

Daniele D’Anza

L’intervento riprende e approfondisce al- ge nel 1891, con una tesi dal titolo significa- cuni temi emersi durante la recente campa- tivo, I doveri del ricco proprietario di fronte alla gna di catalogazione delle sculture in gesso ricchezza nazionale e ai lavoratori del suolo2. di villa Contarini – Camerini a Piazzola sul Al pari del suo predecessore, il padre Luigi, Brenta, condotta dallo scrivente su incari- egli diede il proprio contributo alla risiste- co della Regione del Veneto. Tale iniziativa, mazione del complesso padovano, allesten- propedeutica alla costituzione della Gipso- do una ricca biblioteca e un’interessan- teca Cameriniana quale spazio espositivo te pinacoteca, convertendo altresì le risaie autonomo all’interno della villa, ha coinvol- contermini in parco con lago e isoletta sulla to quasi cento opere, il cui arco realizzativo quale trovò felice sistemazione il Cristo del- si compie dalla seconda metà dell’Ottocen- le acque, opera tra le più celebri di Leonardo to fino ai primi decenni del secolo successi- Bistolfi (figg. 1-4, tav. viii). Se la commis- vo. Tra queste, risaltano per qualità e inte- sione della statua risale presumibilmente resse storico artistico alcune testimonianze allo scadere del 1895, il completamento del dell’arte di Leonardo Bistolfi, espresse non modello in gesso dovette avvenire nell’esta- solo in gesso ma anche in bronzo, sotto for- te dell’anno successivo, poiché nella recen- ma di busti, figure al vero e modellini per sione alla Prima Esposizione Triennale di Belle monumenti celebrativi, nonchè una tar- Arti di Torino del giugno 1896, pur lamen- ga raffigurante L’Amore e l’Amicizia, calco in tando la sua assenza si fa preciso riferimen- gesso del bronzo anch’esso un tempo in vil- to allo stato avanzato del lavoro: “Leonar- la, la cui paternità era andata dimenticata1. do Bistolfi il più fantasioso e pittorico degli Tale approfondimento critico, pur in- scultori nostri avrebbe potuto dare un’o- centrato sullo scultore piemontese, non può pera nuova: un Cristo concepito con criteri prescindere dalla figura di Paolo Camerini, tutt’affatto moderni. Ma all’ultimo momen- che quelle opere commissionò o acquistò to non soddisfatto di alcuni particolari ri- direttamente dall’artista. Erede a ‘soli’ ven- nunciò ad un trionfo sicuro e se lo trattenne tun anni dell’intero patrimonio famiglia- nello studio per dargli le ultime finitezze”3. re, comprendente il complesso di Piazzola Poco dopo, al suo apparire, il Cristo “divise i sul Brenta, Paolo Camerini si laureò in leg- critici in due campi: chi favorevole, che ri-

Leonardo Bistolfi in villa Contarini-Camerini 159 1 - Leonardo Bistolfi, Il Cristo delle acque. Piazzola sul Brenta, villa Contarini-Camerini

160 AFAT 31 2, 3 - Leonardo Bistolfi, Il Cristo delle acque. Piazzola sul Brenta, villa Contarini-Camerini conobbe in esso una rappresentazione del- cisione del committente di collocare la sta- le inquietudini religiose moderne, un Cri- tua, in data 23 settembre 1901, al sommo sto quasi ‘socialista’ che ‘va incontro ad un dell’isolotto al centro del laghetto artifi- popolo a morire per un’idea’; chi, invece, lo ciale presente nel parco della villa. L’isola- condannò per la sua teatralità e spinto este- ta sistemazione, di accesso non immedia- tismo”4. A colpire maggiormente la critica to, conferisce ulteriore fascino alla visione fu l’abbandono dell’icona di “un Cristo mite di un’opera che acquista oggi un’aura di rac- e semplice e la sua sostituzione con un’im- coglimento maggiore, in virtù di quella ri- magine moderna di un Cristo che compen- gogliosa verzura, assente in origine, che in dia nel suo volto le nuove teorie di Marx e qualche misura ne occlude la vista ‘da lon- Nietzsche”5. tano’, preservando per converso l’incanto Coperto da una semplice veste a sacco, il della visione istantanea. Salvatore incede su un basso basamento ret- Dal punto di vista iconografico, è sta- tangolare simulante flutti marosi intrisi di to notato come la statua risenta della lettura racemi fioriti. Pur nell’accentuata umaniz- delle pagine del Bel Ami di Guy de Maupas- zazione del personaggio, l’opera sprigiona sant dedicate al dipinto omonimo dell’un- un’aura fortemente ieratica in quell’avanza- gherese Michael Munkacsy, nel roman- re maestoso, a testa alta, e in quell’espres- zo Karl Marcowitch, eseguito a Parigi nel sione mite e consapevole dello sguardo. 18816. La veste a sacco invece, al pari della Tale proposito trova consonanza nella de- ricercata teatralità del personaggio, era già

Leonardo Bistolfi in villa Contarini-Camerini 161 4 - Leonardo Bistolfi, Il Cristo delle acque, particolare. Piazzola sul Brenta, villa Contarini-Camerini

162 AFAT 31 5 - Leonardo Bistolfi, L’Amore e l’Amicizia. Piazzola sul Brenta, villa Contarini-Camerini stata adottata da Bistolfi nel Cristo della Sali- Giunto fra le lagune assieme alla fami- ta al Calvario della cappella di Crea, esegui- glia per assistere alla propria ‘celebrazione’, to tra il 1892 e il 18957. Similmente al saio da lo scultore casalese, sulla via del ritorno, domenicano del Balzac di Rodin essa palesa decise di fermarsi a Piazzola al fine di rive- la medesima “volontà di uscire dalle cinci- dere il Cristo delle acque. In quell’occasio- schiature veriste degli anni Novanta”8. ne, proprio da Piazzola, il 21 ottobre 1905, La statua fu particolarmente cara allo scrisse una lettera a Giovanni Pascoli, suo scultore piemontese, che qui “riteneva, for- estimatore. In questa, Bistolfi sembra al- se, di essere riuscito a realizzare la tanto va- ludere alla genesi e alla successiva vicen- gheggiata trascrizione dal divino all’umano da critica dell’opera: “Siamo passati di qui e a trasformare l’idea e il sogno in mate- per rivedere il mio ‘Cristo’ che il conte Ca- ria”9. L’esecuzione, peraltro, si colloca in un merini ha idealmente collocato sopra un’i- momento particolarmente felice della sua sola nel quieto e solitario lago di un parco. produzione, tanto che il largo consenso rag- Come vorrei che voi foste con me di fronte giunto in quegli anni spinse gli organizzato- a quest’umile certo, ma profonda e dolorosa ri della Biennale veneziana del 1905 a riser- opera del mio cuore!”12. vargli un’esposizione personale di ventun È pensabile che in questa circostan- sculture e alcuni disegni10. In piena sinto- za il duca abbia acquistato la menzionata nia con gli ideali simbolisti plasmati da Bi- targa raffigurante L’Amore e l’Amicizia, da- stolfi, Gabriele d’Annunzio, dopo averla vi- tata 1905, il cui calco in gesso si conser- sitata, gli dedicò il sonetto Maestro! Quando va in Gipsoteca Cameriniana (fig. 5). Di Apolline di Delo…11. quest’opera, la Gipsoteca Bistolfi di Casa-

Leonardo Bistolfi in villa Contarini-Camerini 163 6 - Leonardo Bistolfi, Il Sogno. Piazzola sul Brenta, villa Contarini-Camerini

164 AFAT 31 7 - Leonardo Bistolfi, Il Sogno. Piazzola sul Brenta, villa Contarini-Camerini

Leonardo Bistolfi in villa Contarini-Camerini 165 8 - Leonardo Bistolfi, Monumento equestre a Giuseppe Garibaldi. Piazzola sul Brenta, villa Contarini-Camerini le Monferrato conserva il modello in ges- rini del 1926, in cui si segnala la presen- so e un altro calco senza iscrizione. Opere, za della versione in bronzo, poi dispersa, quest’ultime, alle quali mancava fino a oggi nella Sala delle Villeggiature14. il riferimento alla versione nobile. Nel ca- All’interno della produzione di Bistolfi, talogo della mostra casalese del 1984, in- l’opera si pone quale naturale prosecuzione fatti, ci si chiedeva se la targa fosse mai delle soluzioni formali divulgate dallo scul- stata tradotta in bronzo13. Interrogativo la tore nel celebre Manifesto per l’Esposizione di cui risposta è stata rinvenuta all’interno Arte Decorativa Moderna di Torino del 1902, della Guida della villa Contarini – Came- esempio cogente della sua aderenza estetica

166 AFAT 31 9 - Leonardo Bistolfi, Monumento equestre a Giuseppe Garibaldi, particolare. Piazzola sul Brenta, villa Contarini-Camerini

Leonardo Bistolfi in villa Contarini-Camerini 167 al gusto diffuso dal movimento Arts & Crafts. Opera dal significato chiaro, L’Amo- Impostata seguendo dettami simbolisti, re e l’Amicizia, condivide gli intenti socia- la targa evidenzia una resa stilisticamente listi diffusi da molti artisti dell’epoca, so- consimile al gusto floreale allora dominan- stenendoli mediante figure allegoriche te, in un’estenuata accezione simbolista, intrinsecamente socialiste nella loro fun- che avviluppa entro racemi rosati le figu- zione consolatrice. È stato notato, infat- re muliebri inginocchiate. Tutta la poesia è ti, come il proponimento di Bistolfi fos- racchiusa in quel tanto di sublime indolen- se quello di “portare l’Arte, nella sua forma za che muove le mani delle due giovani fino ideale, di Bellezza ed Armonia eterne ad un al congiungimento centrale. In questo caso pubblico più vasto e meno elitario, non, per lo scultore, nel riprendere un tema caro agli contro, ad eleggere soggetti umili a tema di scapigliati – la simbolica contrapposizio- quest’arte con uno scopo di denuncia e di ne tra vita e morte incarnata da due giovani polemica, che sarebbe invece quello pro- fanciulle, che ritorna nella Fosca del conter- prio dei naturalisti soprattutto francesi”20. raneo Igino Ugo Tarchetti, uno dei romanzi Un ulteriore ma diverso intento simboli- più rappresentativi della scapigliatura mi- sta impronta un altro gesso tra quelli in villa, lanese15 – lo ripolarizza nel completamento, Il sogno, calco dell’opera che lo scultore ideò più che nella contrapposizione, delle due fi- per la Tomba della signora Erminia Cairati-Vogt gure, che qui assurgono a ideale rappresen- posta nel Cimitero Monumentale di Milano tazione di puri valori. (figg. 6-7). Inaugurata il giorno dei morti del Si tratta di un’iconografia che risen- 1900, l’opera conobbe rapida diffusione an- te evidentemente del gusto dei Preraffael- che grazie alla recensione apparsa nel gen- liti, diffuso in Italia allo scadere del XIX se- naio del 1901 nella rivista Emporium21. In colo dalle pagine della rivista Emporium16, questo caso l’artista afferma “il motivo del- ma condotta mediante un appiattimen- la vita rampollante coi fiori dal suolo”22, in- to formale, che sembra accogliere e rilan- dagando vieppiù “il concetto dell’ambigua ciare, con le varianti del caso, le elegan- separazione tra morte e vita”23. Parte ancora ti linee illustrative di Aubrey Beardsley o di del sonno e parte già dei pensieri della ve- Walter Crane, anch’esse promosse in que- glia, l’avvitata figura femminile, di cui si ri- gli anni nelle pagine di Emporium17. La so- conoscono soltanto il volto idealizzato, il luzione delle due donne inginocchiate, le braccio sinistro e i piedi, sembra emerge- cui mani congiungendosi formano un cer- re con fatica dalla pietra grezza, che la trat- chio molle, conosce un precedente nel Mo- tiene avvolgendola in veli fluttuanti. Si trat- numento sepolcrale per Hermann Bauer a Ge- ta di un’immagine che tende allo spirituale nova, Cimitero di Staglieno, realizzato tra il più che al reale, intrisa di quel sensuale sim- 1902 e 1904, il cui gesso, peraltro, fu espo- bolismo che Bistolfi contribuì a diffondere sto alla citata Biennale veneziana del 190518. in Italia quale alternativa al dilagante reali- Quest’ultima soluzione figurativa fu ripresa smo ottocentesco. Una poetica che lo stesso da Bistolfi con qualche variante nell’analo- scultore mise a fuoco nelle sue conversazio- ga Tomba di Yole Moschini Biaccini per il Ci- ni con Ugo Ojetti: “Io volevo che la scultura mitero Monumentale di Padova19. rappresentasse noi, esprimesse con inten-

168 AFAT 31 10 - Leonardo Bistolfi, Erma di Andrea Mantegna. Piazzola sul Brenta, villa Contarini-Camerini

Leonardo Bistolfi in villa Contarini-Camerini 169 Sempre di Bistolfi, la Gipsoteca Came- riniana vanta il modellino in gesso del Mo- numento equestre a Giuseppe Garibaldi; opera giovanile presentata al concorso indetto dal Comune di Milano nel 1887 per l’erezione di un monumento all’eroe risorgimentale (Fig. 8). La mancata assegnazione dell’incari- co, che andò allo scultore Ettore Ximenes e all’architetto Augusto Guidini, non permise a Bistolfi di tradurre “in grande” il presente bozzetto, che venne tuttavia fuso in bronzo grazie a una pubblica sottoscrizione indetta dagli artisti milanesi ed esposto al pubblico per l’apertura del Museo Artistico Munici- pale nel Castello Sforzesco26. Nel corso dell’Ottocento i gessi acquisi- rono una crescente importanza in relazio- ne al fenomeno delle mostre d’arte, in cui gli artisti presentavano i prototipi delle loro opere in vista di possibili commissioni. In altri casi, i modellini in gesso venivano ri- chiesti per partecipare ai concorsi indetti per l’esecuzione di opere monumentali, fu- 11 - Leonardo Bistolfi, Cippo del busto di nerarie o commemorative. Andrea Mantegna. Piazzola sul Brenta, Palesando una piena fusione tra scultura villa Contarini-Camerini e architettura, il Monumento equestre a Giu- seppe Garibaldi appare vivace nella resa agi- sità non solo la nostra forma fugace ma quel tata delle figure, che girano attorno al basa- che è, di durevole in noi, le nostre emozioni mento su cui si impone la statua equestre e le nostre passioni, la nostra ragion di poe- dell’eroe. L’alto basamento istoriato pre- sia”24. Affermazioni che attingono da quella senta sui lati lunghi due rilievi raffiguran- cultura romantica tipicamente letteraria, ri- ti rispettivamente uno sbarco e dei soldati presa dagli scapigliati milanesi e che trova in romani con una figura femminile, forse la Ernst T.A. Hoffmann espressione compiu- Vittoria, che conduce un eroe ignudo. Nel ta. La chiusura di una sua celebre novella, Il rilievo di testa invece l’Allegoria dell’Ita- vaso d’oro, fonte letteraria a cui molti attin- lia sembra trainare l’intero monumen- sero, esprime la medesima convinzione: “La to in quel suo slancio in avanti, branden- felicità di Anselmo è forse qualcosa di diver- do una bandiera i cui svolazzi retrostanti si so dalla vita nella poesia, cui la sacra armo- riallacciano alla base del monumento. Per nia di tutti gli esseri si manifesta come il più quest’ultima raffigurazione l’autore si ispi- profondo mistero della natura?”25. rò ai versi iniziali dell’Inno di Mercantini,

170 AFAT 31 12, 13, 14, 15 - Leonardo Bistolfi, Coppie di putti. Piazzola sul Brenta, villa Contarini-Camerini

Leonardo Bistolfi in villa Contarini-Camerini 171 il cui incipit viene riportato in calce al ba- dal celebre busto visibile entro la sua tom- samento: “Si scopron le tombe, si levano i ba nella basilica di Sant’Andrea a Mantova, morti / I martiri nostri son tutti risorti: / Le rispetto al quale si distingue per una seni- spade nel pugno, gli allori alle chiome, / La lità maggiormente accentuata. Scoperto nel fiamma ed il nome — d’Italia sul cor. / Ve- 1931, fu pensato in origine al sommo di un niamo! Veniamo! Su, o giovani schiere, / Su cippo, ancora presente nell’area occiden- al vento per tutto le nostre bandiere, / Su tale del parco, con lastre bronzee anima- tutti col ferro, su tutti col fuoco, / Su tutti col te da Coppie di putti (figg. 11-15). Nel chiaro fuoco — d’Italia nel cor”. Versi che suona- riferimento all’arte del pittore esse rinvia- no come imperativo patriottico e che si ri- no idealmente alle coppie di angioletti che flettono nei rilievi perimetrali in quel con- Donatello predispose per il suo altare nel- citato assieparsi di “giovani schiere” di eroi la Basilica del Santo. L’incidenza di quelle ignudi, due dei quali, “risorti” dalla tomba, soluzioni sulla poetica di Mantegna è cosa compaiono dietro la figura dell’Italia elma- nota e questi puttini, pensati da Bistol- ta (fig. 9). fi quale omaggio al pittore, sembrano tra- A conclusione di un prolungato rap- guardare nella contemporaneità gli angio- porto instauratosi tra committente e arti- letti donatelliani, filtrandoli attraverso la sta, Paolo Camerini chiese all’anziano scul- grazia settecentesca. Con l’omaggio a Man- tore di realizzare l’erma in bronzo di Andrea tegna termina il sodalizio artistico tra Leo- Mantegna (fig. 10, tav. ix), pittore che i do- nardo Bistolfi e Paolo Camerini, i cui frutti, cumenti rinvenuti nel 1908 da Vittorio Laz- fortunatamente, ancora oggi si possono as- zarini decretarono nato a Piazzola sul Bren- saporare all’interno del percorso espositi- ta, al tempo Isola di Carturo27. Il ritratto, vo del complesso di Piazzola sul Brenta, in oggi custodito in villa, si appoggia all’ico- quella varietà di tecniche e di tematiche ap- nografia consolidata del pittore, derivata pena illustrata.

Note

1 Negli ultimi inventari della villa l’opera non conserva il calco in gesso, mentre un boz- è stata presa in considerazione e anche Ca- zetto in terracotta si trova in una collezio- millo Semenzato nella sua guida non ne fa ne privata torinese (S. Bernini, in Bistolfi cenno (Guida alla visita di Villa Simes già 1859-1933: il percorso di uno scultore simbo- Contarini, XVI secolo, Milano 1973). lista, catalogo della mostra [Casale Mon- 2 S. Cella, Camerini, Paolo, in Dizionario Bio- ferrato, Chiostro di Santa Croce - Palaz- grafico degli Italiani, 17, Roma 1974, p. 186. zo Langosco, 5 maggio-17 giugno], Casale 3 G. Martinelli, All’Esposizione di Torino, Monferrato 1984, p. 75). “Emporium”, III, 18, 1896, p. 459. Nel- 4 S. Bernini, in Bistolfi 1859-1933…, cit., p. 76. la biblioteca di villa Contarini-Camerini si 5 S. Bernini, in Bistolfi 1859-1933…, cit., p. 76.

172 AFAT 31 6 M. Migliorini, Strofe di bronzo. Lettere da moriam), “Emporium”, VIII, 43, 1898, pp. uno scultore a un poeta simbolista. Il carteggio 68-74. Bistolfi-Pascoli, Nuoro 1992, p. 104, nota 65. 17 G.B., Artisti contemporanei: Aubrey Beardsley, 7 S. Bernini, in Bistolfi 1859-1933…, cit., p. 76. “Emporium”, II, 9, 1895, pp. 192-204; V. 8 F. Fergonzi, Auguste Rodin e gli scultori italiani Pica, Attraverso gli albi e le cartelle. VIII. Gli (1889-1915).2, “Prospettiva”, 95-96, 1999, p. albi inglesi pei bambini (Caldecott-Crane-Gre- 25. La riproduzione del Balzac fu pubblicata enaway), “Emporium”, VII, 37, 1898, pp. 50- in P.B., Artisti contemporanei: Augusto Rodin, 55; P.B., Artisti contemporanei: Walter Crane, “Emporium”, VIII, 44, 1898, pp. 82-90. “Emporium”, VIII, 48, 1898, pp. 403-433. 9 M. Migliorini, Strofe di bronzo…, cit., p. 29. 18 Sesta Esposizione internazionale d’arte…, cit., 10 Sesta Esposizione internazionale d’arte della p. 80, n. 5. città di Venezia, 1905: catalogo illustrato, Ve- 19 R. Bossaglia, in Bistolfi 1859-1933…, cit., pp. nezia 1905, pp. 79-80. 92-93. 11 S. Fiducia, Un sonetto di D’Annunzio per lo 20 D. Taverna, Leonardo Bistolfi dalla formazio- scultore L. B., “La Sicilia”, 9 febbraio 1956; ne a Brera alla grande esposizione di Torino nel G. Di Genova, Bistolfi, Leonardo, in Diziona- 1902, “Studi piemontesi”, 12, 1983, p. 342. rio biografico degli italiani, 10, Roma 1968, p. 21 Due monumenti funerari, “Emporium”, XIII, 709. 73, gennaio, 1901, pp. 74-75. Nello stesso 12 M. Migliorini, Strofe di bronzo…, cit., p. 60. numero della rivista, in apertura, si celebra- 13 S. Berresford, Repertorio delle opere scultoree, va l’arte di Gaetano Previati, la cui poetica al in Bistolfi 1859-1933…, cit., p. 258. pari di quella di Bistolfi, tende alla trasfigu- 14 Guida del Palazzo di Piazzola sul Brenta. Vil- razione simbolica degli elementi visivi (D. la Camerini, Piazzola sul Brenta 1926, p. 29. Tumiati, Artisti contemporanei: Gaetano Pre- Di questa targa, la Gipsoteca Bistolfi di Casa- viati, “Emporium”, 13, 1901, pp. 3-25). le Monferrato conserva il modello in gesso e 22 G. Cena, L.B., “La Nuova Antologia”, 1 mag- un calco sprovvisto dell’iscrizione dedicato- gio 1905, p. 14. ria a Guido Giovanni (La Gipsoteca Leonardo 23 R. Bossaglia, Bistolfi, Roma 1981, p. 9. Bistolfi, a cura di G. Mazza, Casale Monferra- 24 U. Ojetti, Ritratti d’artisti, Milano 1911, p. to 2001, cat. III.30). 137. 15 Iginio Ugo Tarchetti, nato a San Salvato- 25 E.T.A. Hoffmann, Il vaso d’oro e altri raccon- re Monferrato nel 1839, si formò a Casa- ti, traduzione E. Pocar, Milano 1969 (IX edi- le Monferrato e si trasferì definitivamente zione 1992, p. 173). a Milano nel 1865. Leonardo Bistolfi nacque 26 S. Bernini, in Bistolfi 1859-1933…, cit., p. 62. a Casale Monferrato nel 1859, compiendo i Il bronzo attualmente si conserva presso la primi studi artistici a Milano, all’Accademia Galleria d’Arte Moderna di Milano (L. Ca- di Brera, dove entrò in contatto con il grup- ramel-C. Pirovano, Galleria d’Arte Moderna. po dei pittori scapigliati; nel 1880 si trasferì Opere dell’Ottocento A-E, i, Milano 1975, p. 31, a Torino per frequentare l’Accademia Alber- cat. 290). tina (V. Vicario, Gli scultori italiani dal Neo- 27 V. Lazzarini - A. Moschetti, Documenti rela- classicismo al Liberty, I-II, Lodi 1994, p. 146.) tivi alla pittura padovana del secolo XV, Vene- 16 U. Ortensi, Artisti contemporanei: Dante Ga- zia 1908, pp. 62-64. Nell’occasione fu pub- briel Rossetti, “Emporium”, 4, 1886, pp. 3-14, blicato un opuscolo, a firma di Gino Fogolari 83-95; G.B., Artisti contemporanei: Sir Edwa- (Per lo scoprimento del bronzo di Leonardo Bi- dr Burne-Jones, Emporium, III, 13, 1896, pp. stolfi nel parco della villa Camerini di Piazzola 36-56; P.B., Sir Edward Burne-Jones (In me- 17 maggio 1931, Piazzola 1931).

Leonardo Bistolfi in villa Contarini-Camerini 173 The author takes up and explores some themes that emerged during the recent catalog of plaster sculptures of Villa Contarini - Camerini in Piazzola sul Brenta (Padova), conducted by the writer on behalf of the Vene- to Region. Among these stand out for quality and historical and artistic interest, some sculptures by Leon- ardo Bistolfi expressed in bronze or gypsum, in the form of busts, figures and models for the true commemo- rative monuments, as well as a plaque depicting the Love and Friendship, plaster cast of a bronze which is also a time in the villa, whose paternity had been forgotten. This critical study, while focused on the Pied- montese sculptor, also highlights the figure of Paolo Camerini, that those works commissioned or acquired di- rectly from the artist. [email protected]

174 AFAT 31 Vignola in America

Maria Walcher

Nella vicenda architettonica americana un di esperienze strutturali legate all’archi- posto a parte meritano i grattacieli1, edifi- tettura commerciale del New England il cui ci con funzione commerciale le cui origi- fine era quello di coprire per un grattacie- ni vanno ricercate nella Scuola di Chica- lo di più piani a sviluppo verticale una su- go2 e in particolare di John Root che aveva perficie corrispondente al venticinque per studiato all’Ecole des Beaux-Arts a Parigi cento di una casa di quattro o cinque piani e, tornato in patria nel 1886, aveva aperto e che ha trovato in Manhattan e Wall Stre- uno studio a New York, trovandosi di fronte et, centro storico di New York, il suo terre- a due strade allora di moda: il gotico vitto- no più favorevole. riano già affermato in America e il neoclas- Le Corbusier, visitando l’America nel sico nella versione francese. Egli disprezzò 1936, aveva scritto: “i grattacieli di Wall tutte le due soluzioni e preferì rivolgersi al Street i più antichi ripetono fino alla loro romanico ma nel contempo ebbe quello che sommità gli ordini sovrapposti di Bramante Bruno Zevi definisce un “genio strutturale”. con una nettezza nella modulazione e nella Egli riuscì a risolvere, infatti, il problema modanatura che mi rapiscono. Vi è qui una delle fondazioni di alti edifici commercia- perfezione acquisita propriamente ameri- li nei paludosi terreni di Chicago sostituen- cana”3. do a una tessitura continua di pietrame un Quando Le Corbusier parlava degli “or- gioco preciso di rotaie ferroviarie immerse dini sovrapposti di Bramante”, ignora- nel cemento. Il suo nome rimane legato tra va indubbiamente che Bramante non aveva gli altri al Monadnock Block di Chicago, che lasciato scritto nulla al riguardo e che, vice- si è affermato come uno dei primi grattacie- versa, il suo successore Jacopo Barozzi da Vi- li degli Stati Uniti. gnola, più noto come ‘Il Vignola’ dal suo pa- Se questi sono gli antefatti, è da suppor- ese d’origine, aveva pubblicato, fin dal 1562, re che, siccome Root aveva lo studio a New un trattato (Regola delli cinque ordini d’archi- York, abbia svolto un ruolo di primo pia- tettura) che ha avuto in Europa uno strepi- no nella progettazione dei primi grattacie- toso successo lungo quattro secoli, come lo li di Manhattan le cui origini vanno peral- ha avuto, a partire dall’Ottocento, anche in tro meglio ricercate nel più vasto contesto America. Per essere più precisi, sono sta-

Vignola in America 175 1 - Home Insurance Building. Già Chicago 2 - The New York Stock Exchange. New York te date alle stampe quarantadue edizioni a va affievolendo, mentre in America assume Roma, centotrentotto a Parigi, centoventi- nuovo slancio come elemento fondamen- due a Milano, diciassette a Cleveland, ven- tale della decorazione architettonica. Per titré a Londra, tre a Verona, trentanove a questi motivi si può parlare di componente Norimberga, nove a Firenze, tre a Barcel- vignolesca nell’architettura americana degli lona, sette a Mosca, tre a Utrecht, quattro ultimi decenni dell’Ottocento e dei primi a L’Aja, tre a Città del Messico, ventisei ad del Novecento riconoscendo che solo dopo Amsterdam, tre ad Arnhem, quattro a New Frank Lloyd Wright, l’architettura america- York, undici a Boston, cinque a Lipsia, ven- na afferma la sua totale originalità. tidue a Madrid, quattro a Cadice, quattro ad Del resto non son solo i più antichi grat- Amburgo, una a Lisbona. tacieli a presentare caratteri vignoleschi. Se queste sono le principali edizioni che Basta passeggiare per Wall Street per incap- mi è stato possibile rintracciare, una con- pare in esempi originali di ordine dorico siderazione particolare va fatta per le edi- come l’Arco trionfale alla confluenza di due zioni di Cleveland, di Boston e di New York, strade di due livelli diversi o la facciata, di che compaiono all’improvviso sul fini- un capriccioso ordine corinzio, della Borsa, re dell’Ottocento, quando ormai in Europa le cui disposizioni fanno tremare il mondo l’interesse per la Regola del Vignola si anda- finanziario.

176 AFAT 31 3 - Casa di abitazione con sovrapposizione di ordini. New York (da L. Benevolo, Storia dell’architettura, 2002)

Vignola in America 177 4 - Washington Square Arch. New York

5 - Ordine toscano 6 - Ordine corinzio (da J. Vignola, Regola, 1562) (da J. Vignola, Regola, 1562)

178 AFAT 31 Note

1 L. Benevolo, Storia dell’architettura moderna, 3 Cfr. M. Walcher Casotti, Giacomo Barozzi da Roma-Bari 2002, pp. 642 e ss. Vignola, Regola, in Trattati, Milano 1985, pp. 2 B. Zevi, Storia dell’architettura moderna, Tori- 540-577. no 1950, al capitolo La Scuola di Chicago, pp. 388 e ss.

According Le Corbusier (1936), Wall Street skyscrapers repeat “Bramante’s architectural order”. Indeed, im- portant references for the first Chicago School can be found in the book Regola delli cinque ordini d’architet- tura, by Jacopo Barozzi called Il Vignola: after the first edition in 1562, the Regola was published in U.S.A. at the end of 19th century, when John Root opened his atelier in New York City. [email protected]

Vignola in America 179

Maillol e l’Italia: diffusione dell’opera e fortuna critica dal Salon d’Automne al 1930

Fabiana Salvador

Aristide Maillol1, nato nel 1861 a Banyuls- Octave Mirbeau pubblica un lungo arti- sur-Mer, piccolo porto francese del Medi- colo nell’aprile del 1905 su “La Revue”3, dif- terraneo sul confine spagnolo, si stabilisce fusa anche in Italia ma priva di immagini. Il a Parigi nel 1882, mantenendo i contatti con critico riconosce in Maillol “un maître in- il suo paese natale dove trascorre i mesi in- comparable de la sculpture moderne” e cer- vernali2. I suoi interessi iniziali sono rivol- ca di dimostrare come nessuno meglio di lui ti alla pittura; verso il 1890 stringe amici- sia in grado di esprimere “la majesté de la zia con Emile-Antoine Bourdelle e intorno matière et la splendeur de la forme”, recu- al 1895 inizia a scolpire il legno e a model- perando la forma umana equilibrata e armo- lare la terracotta. Nel 1902 tiene la prima niosa dagli “splendeurs primitives de la na- mostra personale alla galleria del mercan- ture” ripetuti all’infinito; identifica l’ideale te d’arte Ambroise Vollard presentando una di Maillol nella donna del popolo, una don- varietà eterogenea di opere: tappeti, manu- na “en pleine santé de la race”, che ritiene fatti in cuoio dorato, rilievi, statue di pic- aver conservato la purezza della forma etni- colo formato in gesso, legno o bronzo; solo ca4. La Femme in gesso di Maillol esposta nel nel 1903 al Salon de la Societé nationale des 1905 al Salon d’Automne, risulta singolare beaux arts, Maillol figura per la prima volta per la sua assenza di soggetto in un contesto come scultore e non più come artista di arti abituato alle allegorie e ai temi simbolisti e decorative. Nel 1904 inizia a esporre al Sa- letterari. André Gide ne percepisce la no- lon d’Automne, fondato l’anno precedente, vità e sulla “Gazette des Beaux Arts”5, dove e negli anni seguenti vi invierà le sue ope- viene riprodotta una fotografia dell’opera, re fondamentali: nel 1905 una grande Fem- si sofferma a elogiarla. Il resoconto della me in seguito conosciuta come Méditerranée passeggiata dello scrittore attraverso le sale (fig. 1); nel 1907 il rilievo Désir (fig. 2); nel dell’esposizione diventa il pretesto per vi- 1909 Le Cycliste (fig. 9) eLa Nuit; nel 1910 sualizzare un cambiamento sostanziale nel- Pomone (fig. 3). Al 1905 risalgono i più im- la scultura moderna e nell’arte in generale; portanti scritti dedicati a Maillol e alla sua Gide scrive di lasciare la sala del pianoter- opera, ritenuta innovativa, che determine- ra dedicata alle opere di Rodin “pantelan- ranno la fortuna dell’artista. te, inquiète, signifiante, pleine de pathèti-

Maillol e l’Italia: diffusione dell’opera e fortuna critica dal Salon d’Automne al 1930 181 1 - Aristide Maillol, Méditerranée 2 - Aristide Maillol, Désir (da W. George, Aristide Maillol, 1924) (da M. Denis, Aristide Maillol, 1909) que clameur” e di giungere al primo piano spetto ai primi, risulta più impenetrabile, dove, in contrasto con le visioni tumultuo- più solida, di maggior peso9. se precedenti, in una sala non molto gran- Contemporaneamente a Gide, su “L’Oc- de, al centro è collocata la grande donna di cident” Maurice Denis, legato allo scultore Maillol, seduta, che riposa6. “Elle est belle; da una profonda e duratura amicizia, pub- elle ne signifie rien; c’est une oeuvre silen- blica il suo primo fondamentale contributo cieuse”, scrive Gide e, alludendo alla classi- all’opera di Maillol qualificandola, con una cità greca, sostiene che solo risalendo molto fortunata intuizione, “un art de synthèse”10. indietro nel tempo si può ritrovare un così Una traduzione in tedesco dello scritto, cor- completo disinteresse dell’artista verso un redata di foto di opere scultoree e di disegni, soggetto che non sia la semplice manifesta- viene pubblicata in due parti sull’autorevole zione della bellezza7. Segue poi quella che è rivista berlinese “Kunst und Künstler” nel considerata la migliore definizione dell’ar- 190611. Nel gennaio del 1909 Denis in forma te di Maillol8: lo scrittore oppone in modo più divulgativa presenta poi lo scultore sul- emblematico a Beethoven, Michelangelo le pagine di “L’Art et les artistes”12, riman- e Rodin, “haletants dans l’effort d’asservir dando il lettore al suo precedente saggio e a une forme rebelle”, gli artisti “silencieux”, quello di Mirbeau. Denis riconosce a Mail- tranquilli, Bach, Fidia, Raffaello e Maillol, lol di esser stato il primo a compiere un’o- che “ne veulent rien précisément traduire pera scultorea conforme alle ambizioni di et ne cherchent point à leur oeuvre d’autre una rinascita classica e lo indica come l’au- nécessité que sa beauté”; la loro opera, ri- tentico manifesto di un’arte, caratterizzata

182 AFAT 31 dalla forma piena, che continua la pura tra- dizione della statuaria greca. Il critico insi- ste molto sul vero classicismo dell’artista: da un lato, come i Greci e i grandi classici, è capace di sintetizzare ovvero semplificare la natura complessa riconducendo gli ele- menti a un’idea di bellezza intellegibile ed architettonica del corpo umano che con- templa tuttavia la vita e l’emozione della re- altà; dall’altro lato, l’artista è classico per il rispetto che ha del suo mestiere: rifugge il lavoro frettoloso, rifinisce pazientemente le opere, dona l’esempio di una volontà che si regge sull’ordine, prendendo le distanze da un atteggiamento dell’epoca ritenuto ir- razionale e basato sul non finito. Negli anni Venti i saggi di Mirbeau et Denis, completati e riccamente illustrati, sono riediti sotto forma di libri rispettiva- mente nel 1921 e nel 192513. In questo pe- riodo si registra sulla stampa francese una notevole concentrazione di articoli dedicati a Maillol: fra i maggiori si ricordano quello di Marc Lafargue pubblicato su “L’Amour de l’Art” nel 1920; nel 1923 compare sulla stes- sa rivista l’articolo di Waldemar George che scrive anche nel 1924 su “Les Arts”; e an- cora nel 1924, l’articolo di Robert Rey pub- 3 - Aristide Maillol, Pomone blicato da “Art et décoration”; di particolare (da W. George, Aristide Maillol, 1924) rilevanza nel 1925 la rivista “L’Art d’aujou- rd’hui” consacra all’artista un numero spe- ciale a cura di Christian Zervos, riportando te del periodo come lo scultore che incarna in coda numerosi omaggi letterari di criti- l’ideale di classicismo francese16. La conno- ci e storici di tutta Europa14. Inoltre, negli tazione politica di carattere nazionalistico stessi anni, a favorire maggiormente la dif- dell’opera, che viene identificata con i valo- fusione e la conoscenza dello scultore, Marc ri del ritorno all’ordine, si afferma soprat- Lafargue (1925), Alfred Kuhn (1925), Pierre tutto con George. Il critico nel 1925 pre- Camo (1926) e nuovamente Waldemar Ge- senta Maillol come l’unione della bellezza orge (1927) pubblicano libri su Maillol15. antica mediterranea e dello spirito france- L’artista, molto più che Bernard e Bour- se: “Ce latin qui affirme son attachement delle, viene celebrato dagli storici dell’ar- à la latinité reste dans la ligne d’une tradi-

Maillol e l’Italia: diffusione dell’opera e fortuna critica dal Salon d’Automne al 1930 183 4 - Il padiglione dell’arte decorativa francese all’Esposizione di Torino (da R. Koechlin, Exposition Internationale, 1911) tion française”17; due anni più tardi, insi- La sua fortuna iniziale deve molto ai cri- stendo sul carattere nazionale dell’artista, tici e ai collezionisti tedeschi che sostenne- aggiunge: “[Il] est un sculpteur français, il ro economicamente la sua opera e contri- n’y a aucune trace de italianisme dans son buirono a farla conoscere e a valorizzarla in oeuvre”18. Nel 1938, Jean Girou, per valo- ambito internazionale20. rizzare un’idea esclusivamente francese Nel 1904 Julius Meier-Graefe, quando dell’arte classica, eliminerà anche il riferi- Maillol non aveva ancora raggiunto la ce- mento al modello greco-romano presente lebrità in Francia (al Salon d’Automne nel- in Maillol19. lo stesso anno ottenne rifiuti e rimproveri), Scomparsi Bourdelle nel 1929 e Bernard dedica all’artista un’attenzione ecceziona- nel 1931 (ma questi aveva smesso di lavora- le; nell’opera al tempo più importante con- re già nel 1925), Maillol negli anni Trenta sacrata all’arte contemporanea, Entwic- sarebbe stato considerato lo scultore fran- klungsgeschichte der modernen Kunst (tre cese vivente più importante. volumi sulla storia e l’evoluzione dell’arte

184 AFAT 31 5 - Il padiglione dell’arte decorativa francese all’Esposizione di Torino (da R. Koechlin, Exposition Internationale, 1911) moderna), trattando dell’arte moderna in Fra i principali sostenitori di Maillol è il Francia, scrive un intero capitolo su Mail- conte Harry Kessler: prima ancora di veni- lol21. La sua pubblicazione, tradotta in in- re in contatto con l’artista, seguendo le se- glese nel 1908, è più volte riedita in Ger- gnalazioni di Rodin, forse di Meier-Graefe, mania negli anni Venti. Meier-Graefe, che ma soprattutto di Maurice Denis, nel 1903 a Parigi dal 1895 aveva scoperto le opere aveva già acquistato alcuni lavori del fran- di Maillol esposte allora nella sezione ‘arti cese presso la galleria Vollard. A Kessler va decorative’ dei Salons, lo indica assieme a il merito di aver commissionato le maggio- Bourdelle, Brancusi e Modigliani come l’ar- ri opere di Maillol, a partire dalla Méditer- tista della reazione a Rodin. È lui a definir- ranée; di aver introdotto nell’atelier dello lo per primo lo scultore delle rotondità, ed scultore nuovi visitatori, tedeschi ma an- ai suoi scritti si deve l’immagine che associa che di altre nazionalità, fra i quali Gabrie- le origini meridionali dell’artista alla Gre- le D’Annunzio23; e di aver incoraggiato l’ac- cia antica22. quisto delle sculture di Maillol fra amici e

Maillol e l’Italia: diffusione dell’opera e fortuna critica dal Salon d’Automne al 1930 185 conoscitori, avendo in comune con loro lo organizza una cruciale esposizione inter- stesso decoratore di appartamenti, Henry nazionale, decidendo di separare i prodot- van de Velde. ti dell’industria da quelli considerati opere Fra il 1905 e il 1913, molti musei priva- d’arte e di destinarli alle sedi distinte ri- ti e pubblici in Germania comprano ope- spettivamente di Torino e di Roma. A causa re dell’artista francese24. Nell’inverno del di un’interpretazione erronea, contrasta- 1905-1906, la galleria Cassirer propone ta dagli artisti francesi che tuttavia non ri- al pubblico berlinese sette bronzi, mol- escono a modificare il regolamento ufficia- to probabilmente messi a disposizione da le, gli artisti decoratori vengono classificati Vollard. Nel 1906 Kessler riesce poi a con- come industriali e le loro opere sono desti- vincere Maillol, accollandosi le spese, a nate a Torino26. Fra questi è Maillol, che nel partecipare con sei opere alla Secessione padiglione francese dedicato all’arte deco- di Berlino che, in contemporanea all’usci- rativa, all’Esposizione Internazionale delle ta dell’articolo già citato di Denis su “Kunst Industrie e del Lavoro di Torino, riceve tut- und Künstler”, rappresenta un momento tavia un posto d’onore. fondamentale per la diffusione delle ope- Un articolo sul quotidiano “Excelsior” di re e dell’arte di Maillol. Parigi illustra con due fotografie scattate da La carriera espositiva dello scultore co- Luca Comerto l’esterno e l’interno dell’edi- nosce momenti rilevanti nel 1907, quan- ficio (figg. 4-5); progettato dall’architetto do all’esposizione internazionale d’arte di Charles Plumet come una sorta di “cabinet Mannheim un’accoglienza particolare vie- d’amateur”, offre al pubblico la produzio- ne dedicata ai modelli in gesso della Médi- ne più rappresentativa di quello che viene terranée e della Baigneuse aux bras levés; e definito il “jeune et vaillant modern-style” soprattutto nel 1913 al Kunstkring di Rot- francese27. Al centro della struttura ottago- terdam, dove viene organizzata la prima nale, su i cui lati sono disposte delle picco- esposizione personale di Maillol all’este- le logge che raccolgono i lavori degli artisti, ro con la presentazione di otto sculture in è visibile il Coureur di Maillol, meglio noto formato grande, di modelli in gesso, i due come Le Cycliste (fig. 9); attorno a lui, sopra bronzi Pomone e Flora, cinque disegni e più a degli sgabelli la Maternité e la Pastoure en di sessanta fotografie che Eugène Druet prière di Bourdelle, la Grande Soeur (Frère et aveva realizzato delle opere di Maillol25. In- soeur) di Rodin, la Valse di Camille Claudel fine, risulta indicativo che la più grande e la Fuite des Heures di Alexandre Charpen- mostra consacrata all’opera scultorea, con tier. Nel rapporto sull’esposizione, l’orga- l’artista ancora vivente, è organizzata a Ba- nizzatore Raymond Koechlin, pubblicando silea nel 1933, dove vengono esposte opere le medesime immagini, rivela che avreb- mai uscite prima dal suo studio. be preferito che il centro della sala fosse In Italia l’attenzione della critica nei occupato da Rodin, definito “le prince des confronti di Maillol non denota enfasi e sculpteurs” o da Bartholomé, considerato avviene con un certo ritardo. Nel 1911, in l’autore delle più belle decorazioni in pietra occasione del cinquantenario della pro- del tempo; ma entrambi (selezionati pure clamazione del Regno d’Italia, il governo per la più prestigiosa esposizione scultorea

186 AFAT 31 di Roma) avevano aderito solo con dei la- venne alle sculture più quadre e più sinte- vori di dimensioni limitate28. Maillol viene tiche di Bourdelle e Maillol”33. A entrambi, presentato da Koecklin come un artista che da lui avvicinati anche per aver in comune non gode presso il pubblico francese della lo studio della scultura greca arcaica, attri- gloria che meriterebbe. Il suo Coureur è de- buisce un ruolo fondamentale; tuttavia nel finito l’opera di un classico, generalmen- 1913, recensendo la Secessione romana, in te affezionato alle forme ampie “d’une ma- un ulteriore elogio agli scultori francesi, a nière d’idéalisme étrangement puissant” e, cui riconosce di aver ristabilito l’obbedien- in questo caso, “exact interprète de la natu- za della scultura all’architettura, pone Mail- re”29. Si tratta effettivamente, come era so- lol e Bernard al secondo posto dopo Rodin e lito definirlo Maillol, di un ritratto d’atleta e Bourdelle34. È evidente che Ojetti nel 1913, non di una statua ideale; realizzato su com- già impegnato a organizzare la mostra per- missione di Kessler nel 1907, e grazie a lui sonale di Bourdelle per la Biennale, è in- destinato nello stesso anno dell’esposizio- teressato a dare massimo rilievo alla sua ne torinese al Museo del Luxembourg30, sa- opera, ancora da valorizzare nel contesto rebbe tuttavia stato il primo lavoro dell’arti- internazionale e completamente svincolata sta a far parte di una collezione pubblica in da ogni legame con l’ambiente tedesco e con Francia. la Secessione di Berlino. In generale il padiglione francese a To- Gli artisti italiani, che per primi e in rino non riceve la dovuta attenzione sulla modo considerevole vengono suggestiona- stampa italiana (anche il catalogo non risul- ti dai lavori di Maillol sono quelli che sog- ta essere mai stato stampato), e comunque giornano a Parigi prima del 1914: prin- l’opera inviata da Maillol non è rappresen- cipalmente Libero Andreotti e Romano tativa del suo stile più innovativo31. Romanelli; a quel periodo risalgono le loro Vittorio Pica è fra i primi, in Italia, a fare opere che risentono dell’esperienza fran- il nome di Maillol: commentando la sezione cese vissuta direttamente, ma che vengono delle opere d’arte presente all’esposizione proposte al pubblico italiano solo negli anni mondiale di Roma, e forse ignorando quel- Venti. È nell’ambiente cosmopolita romano la decorativa contemporanea a Torino, scri- di Villa Strohl-Fern, sulla scia del successo ve che l’assenza dello scultore, come pure di Mestrovic e in un contesto strettamente quella di Bourdelle, “non può non rincre- legato al movimento della Secessione e alla scere ad ogni intelligente conoscitore e sin- cultura tedesca, che gli scultori, a partire da cero estimatore dell’arte francese contem- Attilio Selva, iniziano a misurarsi special- poranea”32. Ugo Ojetti, fervido sostenitore mente nelle arti decorative e nel nudo fem- delle idee neotradizionaliste e sintetiste di minile con la ricerca di forme sintetiche e Denis e sicuramente aggiornato sugli scrit- architettoniche collegabili all’artista fran- ti entusiastici di quest’ultimo su Maillol, nel cese (fig. 7) e tuttavia non riscontrate dal- 1912, in occasione della Biennale veneziana, la critica del tempo. ragionando sulla storia della scultura, affer- Sono Margherita Sarfatti e Carlo Car- ma che “da Rodin e dalla sua passione per la rà i primi ad avvicinare in modo esplicito il grandiosità e il ‘terribile’ di Michelangelo si nome dell’artista francese alle opere di Ar-

Maillol e l’Italia: diffusione dell’opera e fortuna critica dal Salon d’Automne al 1930 187 che compie in Francia Aristide Maillol”35. Alcuni mesi più tardi, Carrà, nel presentare in catalogo la personale di Martini sempre alla Galleria Arte, mette in rilievo nell’arti- sta la ricerca di “forme prime” sull’esempio di Barlach e Maillol36. Lo stesso Martini nei Colloqui scrive che le opere di questo perio- do rappresentano l’esperienza della teoria del “sasso” che implica la sempre maggiore semplificazione dei volumi fino a giungere a figure primarie37; nella conferenza che tie- ne nel dicembre del 1920, intitolata Il mon- do visto plasticamente, teorizza una scultura come “grembo plastico”, inteso come pie- nezza di forme naturali e primordiali. Se da un lato il corpo umano inteso attraverso il volume di un tronco “tutto rotondo e com- patto”, la forma ancestrale della colonna, spesso ritorna negli scritti su Maillol38, non mancano pure, a partire da Mirbeau, i rife- rimenti al “sasso” e al “grembo”39. È dunque evidente che ci si muove in un ambito di produzione artistica e critica aggiornata sul lavoro svolto dallo scultore francese e sul suo riscontro letterario, in un anno, il 1920, in cui la sua fondamentale opera, il bozzet- 7 - Aristide Maillol, Action to per il Monument à Cézanne (fig. 8), viene (da W. George, Aristide Maillol, 1924) esposta alla Biennale40, senza tuttavia rice- vere un rilievo adeguato. Francesco Sapori turo Martini esposte nel 1920. Sulle pagine sembrerebbe l’unico ad accorgersi dell’e- de “Il Convegno” la Sarfatti, recensendo la vento: su “Emporium” lamenta che la scul- collettiva inaugurale della Galleria Arte in tura nel padiglione della Francia sia assen- via Dante a Milano, scrive: “L’artista aspira te ritenendo polemicamente che il bronzo ad un sintetismo della forma, senza devia- di Maillol, definito bozzetto, non abbia al- zioni aneddotiche, interpretando il corpo tro che “un valore episodico e commemora- umano alla guisa di un tronco d’albero, tutto tivo”, legato alla importante retrospettiva su rotondo e compatto nel suo getto essenzia- Cézanne; pubblica l’immagine dell’opera e le. E il gesto umano non è che la direzione e la descrive come “una donna ignuda e ada- l’anima visibilmente espressa di questa lin- giata, in attitudine semplice, naturale, che fa profonda: uno sforzo e un tentativo non è simbolo riassuntivo delle opere del mae- dissimili da quello robusto e nobilissimo stro”41.

188 AFAT 31 8 - Aristide Maillol, Progetto per il Monumento a Cézanne (da F. Sapori, La xii Mostra, 1920)

Nel 1924 Maillol figura alla Biennale del Louvre), sette studi di Rodin (apparte- con due sanguigne raffiguranti nudi fem- nenti al Museo Rodin), quattro acquerelli minili42. La sua completa assenza all’edi- di Bernard, e otto studi di nudo di Maillol47. zione veneziana successiva, in cui mancò Calzini ritiene che niente sia più istrutti- anche Bourdelle, viene denunciata da An- vo e interessante di vedere l’interpretazio- tonio Maraini che identifica Maillol con il ne dei volumi nei “semplici disegni a ma- classicismo e l’altro scultore con il gotici- tita o acquerellati”; ma la sua attenzione smo, definendoli insieme “i due sommi ca- si pone su quelli di Rodin, “tipico e famo- poscuola”43. so”, e si compiace di terminare la rassegna Il Museo del Luxembourg invia a Vene- dell’arte europea contemporanea con il suo zia nel 1928 il Corridore ciclista (fig. 9)44, di nome, definendo la sua opera ancora esem- cui Ugo Nebbia sottolinea in modo sempli- plare “perché pur appoggiandosi alla tradi- cistico “l’agile realismo”45, mentre più ba- zione suprema di Fidia e di Michelangelo se nalmente Raffaele Calzini su “Emporium”, ne sa liberare. Massima utile per gli artisti lo recensisce “ottimo”, senza aggiungere al- di tutti i paesi e per l’arte di tutti i tempi”48. tro commento46. Calzini mette poi in evi- Su un piano completamente diverso denza “la mostra originale di scultura” co- si pone Carrà che, su “L’Ambrosiano” nel stituita dai disegni di artisti francesi che, a settembre del 1928, colloca nuovamente suo parere, rivelano il segreto della loro vi- Maillol “per importanza e nome europeo” sione plastica e della loro scultura. Fra gli dopo Bourdelle, ritenendo tuttavia che sia altri sono presenti i disegni di Carpeaux e stimato più di quest’ultimo “un tipico rap- di Rude (entrambi provenienti dal Museo presentante dell’arte plastica francese”49.

Maillol e l’Italia: diffusione dell’opera e fortuna critica dal Salon d’Automne al 1930 189 Carrà si scaglia aspramente contro colo- ro che si rivolgono all’arte di Maillol come a un esempio di classicismo. Pur consi- derando la produzione dell’artista france- se “meno intellettualistica e meno deca- dente di quella di Bourdelle”, si interroga sulla novità da lui apportata alla scultura post-rodiniana, richiamando l’attenzio- ne su quella che venne definita la “gauche- rie de Maillol” (il periodo primitivista), che a suo avviso persiste e viene chiama- ta ancora negli anni Venti, “cette bienheu- reuse naïvité”50. Carrà ritiene che per l’arte del francese non si possa parlare di “bel- lezza di linee, di perfezione geometrica dei volumi, di sintesi perfetta, di plenitudi- ne della forma, di grande classicità”; que- sti termini sottintendono un superamento effettivo del “concetto del caratteristico- gotico a cui ogni idea di gaucheries può le- gittimamente appartenere”51. Per il critico realizzare la “grande classicità” significa “toccare la grazia suprema”, mentre nel- lo scultore egli riscontra una grazia più co- munemente sensibile, e la bellezza e l’ar- monia sue gli appaiono relative52. Un possibile riferimento al polemi- co articolo di Carrà è visto in quello uscito solo un mese prima sulla rivista “Dedalo” di Ojetti, ampiamente illustrato e da con- siderarsi fondamentale per la divulgazione dell’opera del francese in Italia53. L’autore, Jean Alazard, storico dell’Istituto francese di Firenze54, che a distanza di poco avreb- be scritto anche su Bourdelle, è uno studio- so dell’arte del Rinascimento italiano e del- la modernità, in cui ricerca il rispetto per la natura e per la tradizione, secondo gli stessi principi alla base del classicismo denisia- 9 - Aristide Maillol, Le Cycliste no. Nell’articolo presenta l’opera di Mail- (da M. Denis, Aristide Maillol, 1909) lol facendo riferimento agli scritti di Mir-

190 AFAT 31 beau e di Denis nelle edizioni degli anni ressa, o comunque ha diversamente inte- Venti; vengono così sottolineate nello scul- ressato, la maggioranza degli scultori ita- tore francese la predilezione per una com- liani, affermati o meno. posizione equilibrata e tranquilla e la per- Nel 1930, anno in Italia di importanti fezione di un’arte che esprime nella sua bilanci e aperture sulla scultura, è eviden- ampiezza le forme dell’ideale classico. Nel te che i maggiori critici riconoscono a Mail- 1930 lo scultore invia a Venezia un bron- lol un ruolo fondamentale nel rinnovamen- zo intitolato Torso55, che nuovamente passa to dell’arte moderna, non necessariamente inosservato dalla critica e che è documenta- legato all’affermazione del classicismo. Lio- to solo dalla citazione in catalogo56. nello Venturi, in un compendio su “L’Arte”, Quale fosse dei vari torsi realizzati da può in tal senso affermare: “Difficile im- Maillol quello esposto alla Biennale, a maginare uno scultore d’oggi senza riferir- fronte di un disinteresse così palese del- lo a Maillol”, e ancora “Il senso del volume la critica, appare quasi irrilevante. Fulcro quasi scomparso nell’arte di Medardo Ros- per Maillol delle ricerche sulla forma, vin- so e di Rodin, fu restaurato dal Maillol”59. colata a leggi estetiche e architettoniche, il Antonio Maraini in Scultori d’oggi sottoli- torso rappresenta la strada che dal fram- nea “il valore architettonico” nell’opera del mento conduce all’oggetto autonomo, iso- francese “insito nel tondeggiare stesso del- lato dal mondo esterno. Un torso realizzato la membratura umana isolata e spoglia d’o- dall’artista e intitolato Nu era stato pub- gni pensiero”, e soprattutto “la forma sol- blicato da André Levinson su “L’Amour de tanto fine a sé stessa”60. l’Art” nel 1924 in un articolo dedicato agli Michele Guerrisi, nei Discorsi su la scul- scultori francesi del momento57; la stessa tura, suggerisce invece un modo diver- opera aveva poi illustrato in modo emble- so di guardare a Maillol, nel quale ravvi- matico la prima pagina dell’articolo di Ge- sa un rappresentante di un rinnovamento orge nel 1925 sotto il titolo di Maillol. Un nell’arte plastica, che va oltre il classici- sculpteur classique français58. È probabile smo e oltre l’impressionismo. Il critico che rispetto a uno scultore così politica- scrive che negli ultimi anni “si ritorna a mente connotato, proposto come espres- guardare la forma con occhio puro da qua- sione di una nazione e di cui, tra l’altro, lunque appiccicatura stilistica e si va cer- pochissimi lavori erano transitati in Ita- cando nell’aspetto sempre nuovo e sempre lia, la critica preferisse porre l’attenzione vivo della realtà la nuova emozione plasti- sull’espressione italiana di classicismo e ca e la nuova possibilità di una costruzio- ritorno all’ordine, nella ricerca di un pro- ne di stile, che non sia formalismo ma ade- prio modello di arte patria. Nelle recen- sione alla vita e al sentimento”61. Maillol, sioni alle opere degli scultori italiani non in tal senso, è per Guerrisi, l’esempio di mancano le allusioni al lavoro dell’artista uno scultore che “ritorna alla forma chiusa francese che si colgono prevalentemente e salda, ma non per sigillare e forzare en- nell’utilizzo di una terminologia descritti- tro schemi prestabiliti aspetti della vita, va che lo ha reso celebre. La ricezione o un ma unicamente perché ispirato dalla pla- confronto con Maillol, a questa data, inte- sticità della carne, soda, piena”62.

Maillol e l’Italia: diffusione dell’opera e fortuna critica dal Salon d’Automne al 1930 191 Note

1 Su Maillol (1861-1944) lo studio più aggior- io 1924, pp. 84-109; R. Rey, Maillol, “Art et nato a cui si fa riferimento è U. Berger-J. décoration”, 2, 1924, pp. 129-136; C. Zervos, Zutter, Aristide Maillol, Paris 1996. Presso Aristide Maillol, “L’Art d’aujourd’hui”, 1925, la fondazione Dina Vierny-Musée Maillol di pp. 33-48. Parigi è conservata una parte molto impor- 15 M. Lafargue, Aristide Maillol. Sculpteur et li- tante della documentazione archivistica re- thographe, Paris 1925; A. Kuhn, Aristide Mail- lativa all’artista; il materiale, non usufruibile lol, Leipzig 1925; P. Camo, Aristide Maillol, al pubblico, è in stato di riordino e inventa- Paris 1926; W. George, Maillol, Album d’Art riazione; attualmente non sono stati rinve- Druet II, Paris 1927. nuti documenti che riguardano i rapporti di 16 La fortuna di Maillol nella scultura francese Maillol con l’Italia, corrispondenza ed espo- fra le due guerre è stata studiata da P. L. Ri- sizioni comprese. nuy, Maillol dans la sculture française de l’en- 2 La vita di Maillol è ricostruita da U. Berger, tre-deux-guerres, in U. Berger-J. Zutter, Ari- Maillol. Sa vie, son oeuvre in U. Berger-J. Zut- stide…, cit., pp. 167-173. ter, Aristide…, cit., pp. 9-16. 17 W. George, Un sculpteur classique français. 3 O. Mirbeau, Aristide Maillol, “La Revue des Maillol, “L’Art vivant”, 3, 1 febbraio 1925, revues”, 1 aprile 1905, pp. 421-344. pp.1-2. 4 Idem, p. 327. 18 W. George, Un sculpteur classique..., cit., p. 5 A. Gide, Promenade au Salon d’Automne, “Ga- 4. La citazione è tratta da P. L. Rinuy, Maillol zette des Beaux-Arts”, dicembre 1905, pp. dans la sculture…, cit., p. 170. 475-485; in seguito in A. Gide, Oeuvres com- 19 Cfr J. Girou, Sculpteurs du midi: Bourdelle, plètes, Paris 1933, IV, pp. 421-431. Maillol, Despiau, Darde, Malacan, Costa, Pa- 6 Ivi, p. 476. rayre, Iche, Paris 1938, p. 71. 7 Ivi. 20 La carriera internazionale di Maillol e il ruo- 8 Cfr A. Le Normand-Romain, Maillol et Rodin, lo dei collezionisti e dei mecenati stranieri è in U. Berger-J. Zutter, Aristide…, cit., pp. ricostruito da U. Berger, La carrière interna- 119-125. tionale de Maillol in U. Berger-J. Zutter, Ari- 9 A. Gide, Promenade au Salon…, cit., p. 478. stide…, cit., pp. 151-165. 10 M. Denis, Aristide Maillol, “L’Occident”, no- 21 J. Meier-Graefe, Maillol in Entwicklungsge- vembre 1905, pp. 241-249. “L’Occident” è schichte der modernen Kunst, Stuttgart 1904, una rivista di impianto restauratore fonda- III, pp. 395-400. ta da Andrien Mithouard. 22 Cfr. U. Berger-J. Zutter, Aristide…, cit., p. 151. 11 M. Denis, Aristide Maillol, “Kunst und Kün- 23 Ivi. stler”, luglio 1906, pp. 469-477; agosto 24 Fra il 1903 e il 1904 Karl Ernst Osthaus ac- 1906, pp. 519-523. quista alcune statue di piccolo formato 12 M. Denis, Aristide Maillol, “L’Art et les arti- per la sua collezione destinata al Museum stes”, 1909, pp. 156-160. Folkwang, allora a Hagen; Hugo von Tschu- 13 O. Mirbeau, Aristide Maillol, Paris 1921; M. di, tra il 1905 e il 1906 per la Nationalgalerie Denis, Aristide Maillol, Parigi 1925. di Berlino sei bronzi; nel 1906 la Kunsthalle 14 Si vedano dunque: M. Lafargue, Aristide di Brema riceve un primo bronzo e altri due Maillol, “L’Amour de l’Art”, 1920, pp. 186- nel 1910 e la Städtische Galerie di Franco- 191; W. George, Les terres-cuites de Maillol, forte acquista un bronzo; tra il 1912 e il 1913 “L’Amour de l’Art”, 1923, pp. 695-700; W. la Kunsthalle di Mannheim ne compra due George, Aristide Maillol, “Les Arts”, febbra- (cfr. U. Berger-J. Zutter, Aristide…, cit.).

192 AFAT 31 25 È interessante notare che Druet, il fotografo Gli amanti. Rispetto a Martini e a un colle- delle opere di Rodin e di Bourdelle, sembra gamento della critica coeva con Maillol, nel avere in questo periodo il monopolio anche 1930 Lionello Venturi con un’attenzione re- delle immagini relative alle opere di Maillol. trospettiva, ne legge gli esordi attraverso l’o- Una nota nell’articolo di Denis del 1909 spe- pera del francese, affermando senza remo- cifica la proprietà Druet delle fotografie ri- re che “Arturo Martini ha risentito l’influsso prodotte in quell’occasione come anche nei del Maillol” (cfr. L. Venturi, Arturo Martini, suoi articoli precedenti. Un importante la- “L’Arte”, XXXIII, IV, Torino, novembre 1930, voro di spoglio delle lastre di vetro presen- p. 562). ti nella collezione Druet-Vizzanova, condot- 37 G. Scarpa, Colloqui con Arturo Martini, a cura di to dalla documentazione della scultura del M. Mazzolà, N. Mazzolà, Milano 1968; Artu- Museo d’Orsay, permette di supporre qua- ro Martini. Colloqui sulla scultura. 1944-1945, a li immagini delle opere di Maillol fossero in cura di N. Stringa, Treviso 1997, passim. commercio e disponibili alla pubblicazione. 38 Lafargue, per esempio, scrive di Maillol: “Il 26 R. Koechlin, Exposition Internationale des a volu faire ces statues et belles comme des Industrie et du Travail de Turin 1911, Groupe colonnes” e facendo poi riferimento a “son XIII, classe 71.b, Paris 1911, p. 1. incomparable sens décoratif”, aggiunge: 27 Le Pavillon de l’Art décoratif français à l’Exposi- “On sent, devant un Maillol, qu’une statue à tion de Turin, “Excelsior”, 11 settembre 1911. son sens ne devrait pas être faite pour l’ex- 28 Cfr R. Koechlin, Exposition Internationale…, pression unique d’un seulement, mais pour cit., p. 50. compléter une architecture d’arbres, de 29 R. Koechlin, Exposition Internationale…, pierres, de briques”. (Cfr, M. Lafargue, Ari- cit., p. 51. stide…, cit., pp. 188-189). 30 Ivi. 39 Scrive Mirbeau, insistendo sulla rotondi- 31 La vicinanza stilista nella prima produzione tà della donna in Maillol e, in modo impli- di Maillol con l’opera di Rodin e il rappor- cito, sulla sua fecondità: “Tout en elle est to fra i due artisti sono stati studiati da A. Le puissant, plein, ferme et rond, comme sont Normand-Romain, Maillol et…, cit., pp. 119- ronds les bourgeons e les bulbes, comme 125. sont ronds les oeufs, comme est rond tout 32 V. Pica, L’arte mondiale a Roma nel 1911, Ber- qui contient une force et un germe” (cfr O. gamo 1912, p. 90. Mirbeau, Aristide…, cit., p. 328). 33 U. Ojetti, La decima Esposizione d’Arte a Vene- 40 XII Esposizione internazionale d’arte della cit- zia 1912, Bergamo 1912, p. 13. tà di Venezia 1920, catalogo, seconda edizio- 34 U. Ojetti, Le Esposizioni di Roma, ovvero i Ca- ne, Venezia 1920, p. 126, “n. 81 Progetto per il puleti e i Montecchi, “Corriere della Sera”, 18 monumento a Cézanne – bronzo”. aprile 1913. 41 F. Sapori, La XII Mostra d’Arte a Venezia. II. 35 M. G. Sarfatti, Considerazioni sulla pittura La scultura straniera, “Emporium”, LII, 307- a proposito dell’Esposizione “Arte”, “Il conve- 308, luglio-agosto 1920, pp. 3-14; la citazio- gno”, 3, aprile 1920. Martini in quell’occa- ne è di p. 4, la fotografia è riprodotta a p. 6. sione espone tre gessi: Busto, Fanciulla sere- Non si conoscono le dimensioni dell’opera na e Gli amanti. esposta. 36 C. Carrà, Martini, catalogo della mostra 42 XIV Esposizione internazionale d’arte della città di Milano, Galleria Arte, Milano 1920. In di Venezia 1924, Venezia 1924, p. 189, “n. 215a quest’occasione Martini espone: Mia ma- Nudo di donna - sanguigna e n. 216b Nudo dre, Pulzella, Le stelle, Maternità dispera- giacente – sanguigna”. Le opere non sono ta, Fanciulla melanconica, Testa di fanciulla, identificate.

Maillol e l’Italia: diffusione dell’opera e fortuna critica dal Salon d’Automne al 1930 193 43 A. Maraini, Alla XV Esposizione di Venezia. La 54 L’Istituto era stato fondato nel 1907 da Julien scoltura straniera, “La Fiera Letteraria”, 18 Luchaire, amico di Ojetti che a sua volta ri- luglio 1926. sulta fra i sostenitori dell’iniziativa; sull’ar- 44 XVI Esposizione internazionale d’arte della città gomento e sulla figura di Alazard si veda G. di Venezia 1928, Venezia 1928, p. 208, “n. 173 De Lorenzi, Firenze, la Francia e le arti figu- Corridore ciclista – bronzo”. rative fra Otto e Novecento, “Artista”, 2007, pp. 45 U. Nebbia, La XVI esposizione internazionale 58-73. d’arte di Venezia, Roma 1928, p. 91. 55 XVII Esposizione Biennale internazionale d’ar- 46 R. Calzini, La XVI biennale di Venezia. II - te 1930, catalogo, prima edizione, Venezia Gli stranieri, “Emporium”, LXIII, 403, luglio 1930, p. 199, “n. 187 Torso – bronzo”. 1928, pp. 3-23; la citazione è di p. 23. 56 Nessuna notizia e nessun commento sull’o- 47 XVI Esposizione internazionale d’arte…, cit., p. pera emerge dallo spoglio della ricchissima 210: “Maillol Aristide, n. 213a-g Otto studi di documentazione conservata all’ASAC, basata nudo-disegni”. Le opere non sono identificate. sugli articoli dei quotidiani pubblicati in se- 48 R. Calzini, La XVI biennale di Venezia…, cit., guito all’evento. p. 23. 57 A. Levinson, Sculpteurs de ce temps, “L’Amour 49 C. Carrà, XVI Biennale di Venezia. La scultu- de l’Art”, 1924, pp. 377-391. ra straniera, “L’Ambrosiano”, 14 settembre 58 W. George, Un sculpteur classique…, cit., p. 1. 1928. 59 L. Venturi, Arturo Martini, “L’Arte”, XXXIII, 50 Ivi. Le citazioni in francese sono tratte da IV, novembre 1930, p. 561. Denis e precisamente dal settimo capitolo 60 A. Maraini, Scultori d’oggi, Firenze 1986, pp. relativo alla Gaucherie de Maillol. 6-7. 51 Ivi. 61 M. Guerrisi, Discorsi su la scultura, Torino 52 Ivi. 1930, p. 185. 53 J. Alazard, Aristide Maillol, “Dedalo”, 1927- 62 Ivi. 1928, agosto, pp. 178-198.

The success of Aristide Maillol originates at the Salon d’Automne in 1905. He owes much to the German critics and collectors who value his work internationally. The French artist is almost absent from the Italian exhibitions and does not receive any particular attention from the critics and the press. However, he is well- known by the Italian sculptors thanks to the diffusion of illustrated art magazines and to personal experiences of some in the French capital. At the end of the Twenties, a fundamental role is recognized to Maillol in the classicist renovation of the arts in Italy. [email protected]

194 AFAT 31 Napoleone Martinuzzi, scultore veneziano, e Gabriele d’Annunzio: il carteggio inedito

Valerio Terraroli

Molto si è scritto sui rapporti tra Gabriele sto secessionista: una Testa di Apollo in pro- d’Annunzio e la cultura veneziana e veneta filo (fig. 1, ora al Vittoriale, nella Stanza di degli anni Dieci-Venti e sulla declinazione Leda) e un Centauro saettante (ora al Vitto- prettamente déco degli ambienti della Prio- riale, nella Stanza di Gasparo o della Musi- ria all’interno de Il Vittoriale degli Italiani, ca)4, alle quali fa apporre delle modifiche, caratterizzati da un grandioso, quanto ini- come risulta da una lettera non datata, ma mitabile eclettismo collezionistico nel qua- ad evidenza della primavera del 1917: “Mio le la scultura occupa un posto privilegiato1, e caro giovine Amico, mi duole di non aver- tra i veneziani la figura dello scultore mura- La veduta. Il domestico non ha saputo di- nese Napoleone Martinuzzi emerge con vi- stinguer Lei, amatissimo artista, fra tanti gore in un sodalizio con il Poeta durato cir- seccatori pomeridiani! Mi perdoni. Sono ca un ventennio e testimoniato da un ricco felice di avere il mio Centauro. La dora- carteggio2. tura è bella. Tutto lo sbalzo ha acquista- La conoscenza tra i due risale al mo- to più d’energia e di poesia. Grazie. Mi ci mento della residenza veneziana di d’An- vorrà una cornice adatta. Io partirò lune- nunzio, durante la Prima Guerra Mondia- dì pel Carso. Non c’è tempo né modo di co- le, nella cosiddetta Casetta Rossa in San minciare il busto [che non fu mai realizza- Maurizio affittata sul Canal Grande. Nei to]. Ma spero che tornerò sano e più forte, primi mesi del 1917, in aprile, il capitano quindi più degno dell’arte Sua. Le strin- d’Annunzio aveva visitato lo studio di Mar- go la mano, con grandi auguri. Il Suo Ga- tinuzzi a Murano, presso il Convento del- briele d’Annunzio”. La stima nei confronti le Agostiniane3. La madre del Poeta, Lui- di Martinuzzi è evidente, confermata dalla sa De Benedictis, era morta a Pescara il 28 commissione per il mausoleo materno, per gennaio e il figlio intendeva commissio- il quale aveva consegnato a Napoleone una nare allo scultore il progetto architettoni- cartella rivestita di damasco con l’iscrizio- co-plastico di un mausoleo per ella e per ne “Matris Sepulchrum” contenente fo- sé da erigersi alle foci del fiume Pescara. tografie delle tombe ad arca dei glossato- Nell’occasione egli acquista due placchet- ri bolognesi ed esempi di sepolture regali te in argento sbalzato di uno squisito gu- francesi come motivo di ispirazione.

Napoleone Martinuzzi, scultore veneziano, e Gabriele d’Annunzio: il carteggio inedito 195 la prua di una nave, con le braccia sollevate a reggere corone di alloro e le ali rigidamen- te simmetriche, in verticale sul capo, per il tipo di modellazione, per la rigida fron- talità e, soprattutto, per la particolare or- namentazione del manto a cappe circolari (evocanti la pelle della capra Amaltea, det- ta Egida) rimanda con precisione al model- lo elaborato negli anni Dieci da Angelo Za- nelli (presso il quale Martinuzzi lavora tra il 1912 e il 1914) per la figura della Dea Roma, da collocarsi nella nicchia centrale dell’Al- tare della Patria, e sostituito negli anni Ven- ti da un secondo modello dalle forme neo- 1 - Napoleone Martinuzzi, Placchetta michelangiolesche. in argento con la testa in profilo Risulta evidente dal carteggio quanto lo di Apollo (fotografia d’epoca) scultore punti non solo ad una legittima- zione del proprio lavoro da parte dell’au- La prima traccia di una ripresa dei rap- torità indiscussa del Comandante d’An- porti, interrotti dall’ultimo anno e mez- nunzio, ma quanto egli vi si appelli per zo di guerra, è una lettera di Martinuzzi, del dirimere difficoltà e questioni con la pub- 23 luglio 1919 “Mio Maestro, mi perdoni se blica amministrazione in merito alla rea- le rubo qualche minuto. Ho bisogno di far- lizzazione di monumenti dedicati ai cadu- Le vedere schizzi dei monumenti a Basi- ti di guerra6. le e a Fra Ginepro: Può dirmi quando non La conclusione dell’avventura fiuma- sarò importuno? Domani giovedì passerò a na (Natale 1920), il trasferimento sul lago sentire la risposta, abbia la bontà di dirla a di Garda, nella tenuta di Cargnacco (primi Dante. Grazie. Felicitazioni per tutti i suc- mesi del 1921), l’avvio del grandioso pro- cessi di Roma! Murano 23-7-19”; seguita getto de Il Vittoriale, con l’opera proget- da una seconda, datata 4 agosto, dalla quale tuale di Gian Carlo Maroni, induce Gabriele si evince che il lavoro per la predisposizio- d’Annunzio, ormai divenuto per antono- ne dei modelli per le sculture del sepolcro masia Il Comandante, a convocare a Gardo- sono già avanzati (le Cariatidi che avrebbero ne artisti per il compimento del progetto, dovuto rappresentare le nove Muse) e che, e in particolare i veneziani della cosiddet- contemporaneamente, egli ha modella- ta “avanguardia capesarina”, il cui trami- to una piccola Vittoria (fig. 2)5. Si tratta del- te è proprio Napoleone Martinuzzi, ancora la Vittoria collocata su un rocchio di colon- impegnato nel progetto del sepolcro e del na nell’Arengo dei Giardini privati, a fianco monumento a Basile: “Mio caro Martinuz- dello scranno lapideo del Comandante (fig. zi, il mio Cartosio, anima alata anche quan- 3): la figuretta ignuda della Vittoria, rappre- do non vola con rombo, viene a parlarLe di sentata in posizione frontale, sormontante ‘segni’ da dedicare ai nostri morti. Io desi-

196 AFAT 31 3 - La Vittoria di Napoleone Martinuzzi collocata nell’Arengario degli Eroi nel Vittoriale degli Italiani a Gardone Riviera (fotografia d’epoca)

Napoleone Martinuzzi, scultore veneziano, e Gabriele d’Annunzio: il carteggio inedito 197 sile. La prego di attendere specialmente al tipo delle Cariatidi, e ai particolari dell’ar- ca. Mi mandi una parola in proposito. Gar- done 28.II.1921”. Lettera alla quale, il 4 marzo, lo scultore risponde “Mio Maestro, l’aviatore Cartosio mi ha portato la Sua pa- rola e mi ha parlato con grande ardore dei compagni caduti e del cippo da collocare a Pisino. In questi giorni appronterò un di- segno secondo le Sue intenzioni comunica- temi dall’amico comune Cartosio, e subito dopo attenderò alla riproduzione fotogra- fica delle cariatidi e ai disegni del monu- mento per Fiume, che Le porterò io stes- so a Gardone. Richiedendo questi lavori un certo tempo credo che difficilmente saran- no pronti per la settimana prossima e che non potrò partire prima della metà di que- sto mese. Solo allora potrò portarLe un cer- to numero di schizzi tale da poter vagliare e scegliere. Il disegno per la Tomba di Basi- le è all’Ufficio Tecnico; ma procurerò di ri- averlo e glielo porterò con gli altri”. Oltre a Martinuzzi, altri giovani artisti lagunari cercano una relazione con Gabrie- le d’Annunzio, tant’è che egli porta perso- nalmente al Poeta un dono del pittore Gui- do Cadorin, già conosciuto dal Poeta negli anni veneziani, così come testimonia la let- tera di ringraziamento inviata a Cadorin il 23 maggio 1922: “Mio caro Guido Cadorin, come la ringrazierò delle due ‘stazioni’ che il nostro Napoleone da Murano mi porta in 2 - Napoleone Martinuzzi, Modello dono? Le ho guardate e riguardate, svolgen- della Vittoria (fotografia d’epoca) do con delicatezza la troppo fragile carta, e ho scoperto ogni volta nuovi accorgimen- ti e nuove energie di stile, e ho ammira- dero di vederLa, e La pregherò di venire a to come profondamente Ella abbia ‘il sen- Gardone nella settimana prossima. Ma bi- so della materia’ e in questa così rude e così sogna che mi porti i Suoi studii per la tomba fiera arte dell’incidere su legno, da me tan- di mia madre e per la tomba di Andrea Ba- to amata e tanto gustata. Ho detto a Napole-

198 AFAT 31 one che i compagni della nuova brigata mi con d’Annuzio e che rivela un artista capace avranno amico e aiutatore volenterosissi- di coniugare la lezione neomichelangiole- mo. Egli riferirà il mio pensiero in proposi- sca di Angelo Zanelli con il rigore espressi- to. Mi ricordi alla signorina gentile. Ringra- vo di Adolfo Wildt e l’originalità secessioni- zi per me Brenno del Giudice, che imagina sta/espressionista di Ivan Mestrovic, che è chiese campestri dove sarà dolce sostare e senza dubbio il suo modello di riferimen- pregare. Mi saluti il bizzarro Astolfo, e lo to assoluto, seguito nei pieni anni Trenta da solleciti a mandarmi la fotografia del ritrat- Arturo Martini. Il 1924 è anche l’anno in cui to recente, che so mirabile”7. La “nuova bri- sia Martinuzzi sia Cadorin vengono invitati gata” non si fa attendere e il 4 giugno 1922 al al Vittoriale, ospiti nella Maona (la foreste- Vittoriale giunge la richiesta ufficiale di una ria predisposta da Gian Carlo Maroni per gli legittimazione del gruppo dei giovani artisti artisti coinvolti nell’allestimento della Pri- per i quali i modelli secessionisti, la fusio- oria), poiché si sono avviati i lavori di deco- ne tra le arti, l’impegno nel recuperare mo- razione della Stanza dei sonni puri o Stanza dalità tecniche tradizionali per l’arte con- del Lebbroso9. temporanea, l’idea dell’arte totale, sono le Nel medesimo anno lo scultore viene ragioni fondanti di un nuovo sistema delle coinvolto dal Poeta in un’altra impresa scul- arti italiane8. Ma i pensieri del Vate, al di là torea (restando sempre sotteso il mai con- delle promesse e delle ardenti dichiarazio- cluso progetto per il mausoleo): un mo- ni, sono tutti per la Santa Fabbrica del Vit- numento dedicato alla Beffa di Buccari da toriale e in realtà non ci sarà mai una con- erigersi sulle Fondamenta Zattere ai Salo- creta risposta alla richiesta di sostegno ni sulla Giudecca. La stele tuttavia non sarà ufficiale del gruppo. realizzata per una serie di difficoltà insorte Nel frattempo lo scultore continua a ri- con il Comune di Venezia, anche se nel 1926 chiedere a d’Annunzio una parola definitiva pare ritornare in auge nel carteggio tra Mar- sul progetto del mausoleo, per il quale non tinuzzi e d’Annunzio (telegramma 23 feb- riceve concrete risposte. Nominato dal Co- braio 1926 “È risorto in Venezia il deside- mune di Murano direttore del Museo Vetra- rio di perpetuare nel marmo l’eroismo degli rio e, sempre nel 1922, fondatore del Cir- eroi di Buccari giunga pertanto a chi ha ide- colo Artistico Veneziano in collaborazione ato e compiuto la gesta vittoriosa il mio de- con Ilario Nesi, Martinuzzi, tra il 1923 e il voto saluto unito ai più vivi auguri / Marti- 1924, oltre ad essere assorbito dalla proget- nuzzi”), per poi sparire definitivamente10. tazione del Monumento ai caduti a Mura- Il 24 settembre 1924 Martinuzzi scrive: no, si impegna nella produzione vetraria di “Mio Comandante, si avvicina il giorno del- cui invia esemplari a Gardone Riviera, ben la mia partenza e prima di ritornare a Mu- conoscendo l’amore che d’Annunzio nutre rano vorrei iniziare i lavori della statua an- per il vetro veneziano. L’impresa murane- golare della Casa. Le sarei perciò grato se se, iniziata nel 1923 e conclusasi nel 1927, volesse comunicarmi quale dei due bozzet- è certamente da considerarsi il capolavoro ti desidera che sia sviluppato ed eventual- scultoreo di Napoleone Martinuzzi, benché mente quali modificazioni vuole apporta- ideata indipendentemente dalla relazione re a quello prescelto. Sto tentando oggi di

Napoleone Martinuzzi, scultore veneziano, e Gabriele d’Annunzio: il carteggio inedito 199 4 - La Canefora/Pomona di Napoleone Martinuzzi collocata nel Vittoriale degli Italiani a Gardone Riviera (fotografia d’epoca) comporre un bozzetto per l’Annunciazione caro a d’Annunzio che desiderava ‘chiude- Le saprò dire in seguito con quali risultati… re’ la facciata con una scultura o un grup- La Maona che in passato imbarcava e sbar- po scultoreo (ispirandosi ad esempi aulici, cava sulle rive del lago tutti e sette i pecca- come la soluzione angolare di Palazzo Duca- ti mortali oggi trasformata per mano Sua in le a Venezia) ispirati alla figura di san Fran- Bottega Antica e divenuta la culla della de- cesco, al quale la Prioria è dedicata. Non cima Musa”. sappiamo quali fossero le proposte di Mar- Dalla lettera di evince che lo scultore, tinuzzi11, ma ad un certo punto la richie- oltre ad essere impegnato nella modella- sta di una ‘soluzione angolare’ viene rivolta zione di un bozzetto per un’Annunciazione, allo scultore bresciano, ma operoso a Roma, è in attesa dell’approvazione di uno dei due Giacinto Bardetti e poi al parmense Renato bozzetti predisposti per la soluzione plasti- Brozzi, senza mai trovare una soluzione de- ca dell’angolo della Prioria: un tema molto finitiva.

200 AFAT 31 La permanenza a Gardone continua in tà, la nostra fatica”. Nel gennaio del 1925 attesa dell’autorizzazione del Comandan- Martinuzzi scrive: “Mio Comandante, par- te almeno fino al 12 novembre 1924 “Mio to per Venezia dolentissimo della Sua indi- Comandante, Giancarlo mi ha portato la sposizione e dolente di non averLa potuto Sua lettera preziosa che mi reca tra l’altro il salutare a viva voce. Giancarlo mi ha ospi- Suo desiderio di avere i disegni del sepol- tato con la consueta generosità tutta parti- cro per la pubblicazione. Già al tempo ave- colare del Vittoriale. Mille grazie. Spero tra vo pensato di apportare ad essi delle mo- breve poterLe dare notizie concrete del- dificazioni, e nel riguardarli giorni or sono la vetreria e annunciarLe l’inizio dei nuovi con occhio fresco ho sentito più che mai il studi per il sepolcro”. bisogno di innovare alcune parti della de- Tra il 1925 e il 1926, Martinuzzi risul- corazione e rivedere la costruzione del- ta totalmente assorbito nella conduzio- le scalinate per un migliore assestamen- ne della vetreria Venini, anche se il suo to che nel mio nuovo concetto renderà più animo di scultore resta in attesa del pla- evidente dall’esterno il preciso ufficio che cet dannunziano per la realizzazione del avrà la mole che stiamo progettando. Di ciò mausoleo materno a Pescara, ma proprio ho già tracciato qualche segno che Maro- all’inizio del 1926, il Poeta gli comunica ni ha visto. Sarebbe mia intenzione anche di aver individuato in quello che era chia- di corredare i disegni di alcuni studi e per mato il Colle delle Arche (la sommità del- questa somma di lavoro mi occorrereb- la proprietà di Cargnacco dove erano sta- be un certo tempo e un po’ di tranquillità ti collocati quattro sarcofagi tardo antichi che ora purtroppo non posso avere. Sono e due obici della prima guerra mondiale) legato da due contratti a scadenza fissa con il luogo dell’erigendo mausoleo12. Nel frat- un Comitato per un Monumento ai caduti tempo Martinuzzi porta a Gardone, oltre a in guerra e lavoro per dieci da mane a sera nuovi oggetti in vetro, i disegni, o forse il per liberarmi al più presto. È con vero do- bozzetto, per il grande bronzo della Cane- lore, mio Comandante, che Le dico tut- fora. La monumentale scultura, dall’evi- to ciò, pensando alla squisita bontà ed ai dente impostazione martiniana, giunge al grandi riguardi che Ella ha sempre avuto Vittoriale nel maggio del 1927 (telegram- per me e un po’ anche perché amo immen- ma il 17 maggio 1927: “Ho il piacere infor- samente il lavoro del ‘Sepolcro’ al quale ho marLa che il quattordici corr ho spedito già dedicato tanto tempo di studio e di la- Canefora in bronzo per il Vittoriale salu- voro. Non dispero però. Ho grande fiducia ti affettuosi Martinuzzi”) con grande sod- nelle mie braccia e nella salute che mi ha disfazione del Poeta (“Carissimo Fra Na- ridonato l’atmosfera del Vittoriale. Conti- peo, avevo già detto la mia parola d’amore nuerò a fare del mio meglio per liberarmi e d’annunciazione a una canefora tua mes- quanto prima dagli impegni assunti a mia saggera. Ed ecco tu medesimo mi giun- volta, libero, il che spero sia tra breve, ver- gi: giungi al mio desiderio di rivederti e di rò con Suo permesso, al Vittoriale ove po- stringere le tue mani ‘plasticatrici’. 8 ago- tremo rivedere e ripulire con calma e dare sto”) che la fa simbolicamente collocare su quindi alle stampe, con tutta tranquilli- un rocchio di colonna in pietra d’Istria al

Napoleone Martinuzzi, scultore veneziano, e Gabriele d’Annunzio: il carteggio inedito 201 centro dell’hortus conclusus coltivato con ricevere la Sua lettera ed i Suoi preziosi ri- piante di melograno (“Mio Comandan- cordi. Quanto avremmo desiderato di sen- te. Sono giunto ieri sera da Venezia, desi- tire dalla Sua voce tutto intero il racconto dererei domandarLe e vedere come sta la della Sua vita anteriore e l’espandersi della Canefora nella sua nuova e definitiva resi- Sua affettuosa confidenza. Le siamo perciò denza. me lo permette?”; 12 agosto). Il 10 gratissimi di averci fatti partecipi del Suo settembre Martinuzzi scrive “Ho ricevuto spirito sia pure per un solo momento. Ac- a mezzo della Signora Baccara l’acconto di cogliamo con viva gioia l’invito a ritorna- lire 15000 per l’acquisto della Canefora in re tra breve. Cercheremo di renderci degni bronzo, mille grazie. A Murano provvede- lavorando con sempre maggiore amore, di rò subito al busto di Michelangelo in mar- avvicinarLa e godere della Sua compagnia. mo e gliene darò notizia tra breve”13: busto Vogliamo esternarLe la nostra ammirazio- che a sua volta, verrà collocato come nume ne per i lavori del Vittoriale e specialmente tutelare nella Loggia del Parente, dedicata per la stanza dell’Angelo. In essa vediamo a Buonarroti. rivivere lo spirito e la forma regale de- Tra la fine del 1928 e le prime settima- gli artefici della Gloria della Serenissima. ne del 1929 Martinuzzi e Cadorin ritor- In Lei, sempre più, si realizza la continua- nano al Vittoriale, più nella veste di visi- zione naturale di questo spirito e pensia- tatori e ospiti di Maroni, che di artisti, e mo che se la Repubblica non fosse morta e ammirano la conclusione dei lavori di de- si fosse continuata in Palazzo Ducale a de- corazione della nuova sala da pranzo chia- corare o trasformare delle sale per il gusto mata Cenacolo dell’Angelo o Sala dell’An- moderno, si sarebbe certamente fatto così, gelo, poi Stanza di Cheli: “Comandante, con quello stile così antico e moderno allo nella ricorrenza anniversaria della Santa, stesso tempo. Dobbiamo ancora elogia- in segno di devozione siamo riuniti in si- re in Lei lo steso amore per la scelta del- lenzio per tributo doveroso. Sappiamo che le materie – sempre pure e preziose – e l’o- da qualche tempo lavora accanitamente e dio contro tutto ciò che è falso, imitativo e ciò ci da grande gioia pensando alla felici- convenzionale. Venezia 29.gennaio.1929”. tà del Suo stato di perfezione. Lei intuisce Bisogna attendere più di un anno, l’a- il nostro desiderio di verderLa, ma noi da- gosto del 1930, affinché lo scultore ricon- vanti al Suo ardore di lavoro ci inchiniamo tatti il Vittoriale ma, con la scusa di parlare devotamente. Domani noi partiamo, feli- ancora una volta del gruppo angolare (mai ci di saperLa in ottima salute e in così fe- realizzato), per chiedere una raccomanda- lice momento e ammiratissimi dei magni- zione al Poeta presso il ministro Galeazzo fici lavori del Vittoriale, testimoni ancora Ciano: “Mio Comandante, sono a Murano una volta della Sua grandezza. Devotissimi chiamato d’urgenza dai miei vetrai. Desi- N. Martinuzzi Guido Cadorin Vittoriale 27- dero comunicarLe che Giancarlo, che ha gennaio- 1929”, subito seguita, il 29 gen- fatto tra l’altro in modo inappuntabile gli naio, da una seconda missiva: “Coman- onori di casa, mi ha dato su di Lei deside- dante, siamo stati così lieti ieri notte di rio lire quindicimila per i sospesi dei noti

202 AFAT 31 5 - Napoleone Martinuzzi, Bozzetto per la Testa di Michelangelo (fotografia d’epoca)

Napoleone Martinuzzi, scultore veneziano, e Gabriele d’Annunzio: il carteggio inedito 203 6 - Napoleone Martinuzzi, Canefora/Pomona. Gardone Riviera, Il Vittoriale degli Italiani, giardino dei melograni

204 AFAT 31 lavori della canefora e del busto di Miche- per la Stazione ferroviaria di Venezia San- langelo. La ringrazio molto Comandante, la ta Lucia (1930-1935). Un’ultima traccia del somma è venuta assai a proposito, i tem- rapporto tra il Poeta e l’artista risale al 5 pi sono mutati e i lavori non abbondano! Il ottobre 1933 quando Martinuzzi fa ritor- Ministro della Comunicazione in quest’ul- no al Vittoriale:“Mio Comandante, torno a timo periodo ha preso la encomiabile ini- Gardone oggi dopo tanti anni, non ricor- ziativa di costruire adatti e decorosi Palazzi do più quanti, ma non ho dimenticato la Poste e Telegrafi per le Stazioni ferroviarie, Sua antica passione per i vetri. Le ho por- lavori che sono sempre affidati ad architet- tato due mie cose tra le ultime uscite dal- ti di chiara fama, tra i quali trovano largo la mia nuova fornace sperando che Le pos- appoggio gli scultori. Io ho già lavorato per sano riuscire gradite”. La nuova fornace è il Palazzo delle Poste di Ferrara e so che al quella allestita in collaborazione con Fran- Ministro sono stati graditi i miei stucchi di cesco Zecchin e probabilmente le “due mie grandi proporzioni. cose tra le ultime uscite dalla mia nuo- Ora sorgono in Palermo e in Grosseto va fornace” sono i due splendidi elefanti due Palazzi per la Posta che saranno deco- blu che oggi si trovano sulla scrivania del- rati di molta scultura, ma tanti miei colle- la Zambracca: quella stessa scrivania dove ghi si sono precipitati con raccomandazio- Gabriele d’Annunzio, colpito da emorragia ni di varie personalità e le Commissioni cerebrale, muore nella notte del 1° marzo che mi erano state affidate dagli architet- 1938. Da quel momento anche i rapporti ti sono in pericolo. Una Sua riga diretta al con Gian Carlo Maroni, già tesi e sporadi- Ministro Ciano avrebbe un grande effetto ci da qualche anno, si interrompono defi- ed io potrei fare il lavoro che sto per per- nitivamente a causa dell’avvio del cantie- dere. Potrebbe, mio Comandante, fare il re per il mausoleo (terminato nel 1952) grande sacrificio di dare a Giancarlo una che rivela fin troppe affinità con il pro- lettera per il Ministro? Le sarei veramen- getto mai realizzato di Napoleone Marti- te grato se risolvesse per me un grave pro- nuzzi per risultare casuali. L’amareggia- blema. Mi scusi pel disturbo che Le creo e to scultore inviò un risentito esposto allo accolga con nuovi ringraziamenti, devotis- scultore Antonio Maraini, segretario del simi ossequi. Il Suo Napoleone Martinuzzi sindacato fascista per le belle arti, per far p. s. Tra breve appronterò il gruppo deco- valere la propria paternità progettuale, ma rativo per l’angolo della ‘Casa’ al Vittoriale. la richiesta non ebbe seguito14. La secon- Gliene darò notizia. Murano 21.8.30”. Non da guerra mondiale, il primo dopoguerra, sappiamo se d’Annunzio accondiscese alla il disinteresse per l’epopea dannunziana e richiesta di Martinuzzi, in ogni caso l’arti- per il Vittoriale, fecero dimenticare la dia- sta da quell’anno viene coinvolto nei can- triba e Martinuzzi morì senza vedersi rico- tieri gestiti dall’architetto fiorentino An- nosciuta la paternità del progetto che aveva giolo Mazzoni per il Palazzo delle Poste di considerato il più importante della propria Bergamo (1931), di Palermo (1930-1934) e vita.

Napoleone Martinuzzi, scultore veneziano, e Gabriele d’Annunzio: il carteggio inedito 205 Note mozione. Suo Devo.mo Napoleone Marti- nuzzi 4-10-17” Le fotografie ’epocad si conservano presso gli 5 L’arrivo al Vittoriale dello scultore sia con i Archivi de Il Vittoriale degli italiani a Gardone bozzetti per il sepolcro, sia con il modello Riviera. della Vittoria, è confermato da due telegram- mi (10 ottobre) “Martedì 11 sarò Gardone 1 V. Terraroli, Il Vittoriale degli italiani. Percor- recherò Vittoria progetto Matrix Sepulcrum” si simbolici e collezioni d’arte di Gabriele d’An- e (21 novembre) “Sarà pronta la Vittoria in nunzio, Milano 2001, passim. bronzo con piedistallo entro trenta giorni 2 Per la ricostruzione del rapporto fra d’An- desidero per cortesia conferma per ordina- nunzio e Martinuzzi ci si è basati su un car- re la fusione” e da una lettera del dicembre teggio molto ricco, sostanzialmente inedito di quell’anno “Mio caro Martinuzzi, ho rice- (specie per la parte di Martinuzzi) conser- vuto la bella Vittoria che protegge ora la vec- vato nell’Archivio corrispondenti, cartel- chia casa. Grazie…”. la Martinuzzi, Napoleone, presso Il Vittoriale 6 Così il 10 settembre ricorda al Poeta il tema degli Italiani a Gardone Riviera, che si è in- del monumento ad Andrea Basile “Mio ma- tegrato con parte del carteggio intercorso tra estro, sono dolente nell’apprendere che è Martinuzzi e l’architetto Gian Carlo Maroni, indisposto, nutro fede tuttavia che sia cosa e con alcune lettere di Guido Cadorin a Ga- passeggiera e ritorni presto in Lei il Suo abi- briele d’Annunzio, sempre conservati pres- tuale buon umore e la Sua ferrea energia. so Il Vittoriale. Ringrazio la Fondazione de Il Ho chiesto più volte di Lei in questi gior- Vittoriale per aver concesso la pubblicazione ni e mi dolgo di avere cercato di disturbar- di questi documenti e il personale degli ar- La. Volevo comunicarLe una cosa di una cer- chivi e della biblioteca per la costante e at- ta importanza: l’Ufficio Tecnico ha respinto tenta collaborazione nel corso della ricerca. il progetto per monumento di Andrea Basi- 3 P. Martinuzzi, Napoleone Martinuzzi. Il mo- le, adducendo, che questo nel suo sviluppo numento ai Caduti di Murano e altri studi ar- verrebbe a coprire una superficie maggiore a chitettonici dello scultore, Venezia, 1990, p. 28 quella concessa a chi non acquista l’area che 4 Vedi anche, lettera del 4 ottobre 1917 (bu- questa è impossibile acquistarla perché fa sta inviata al Maggiore G. D’Annunzio 7 Co- parte di un campo comune. Ho fatto osser- mando regg. Squadriglia da bombardamen- vare alla commissione che il Sindaco Grima- to / Pordenone) “Illustre Maestro, più volte ni aveva assicurato allorché Lei aveva chiesto ho dato l’assalto alla Casa Rossa di Hohen- che quell’angolo di terra ove sono le salme lohe, ma i miei attacchi sono stati respinti di Miraglia e di Bresciani sarebbe stato ri- dagli arti di polipo del terribile Dante, tutti, servato agli eroi che più direttamente han- immantinente. Era per chiederLe il permes- no difeso Venezia, e che tra Lei e il Sindaco so, dovendo esporre una copia in bronzo del c’è quindi questa intesa. Quella mi ha rispo- ‘Centauro’ di attaccare alla targhetta stessa sto che al suo ufficio non è giunto alcun atto un biglietto dicente che l’originale appartie- riguardante questa concessione e che cer- ne al Maggiore d’Annunzio: cosa che comu- chi di chiarire la cosa. Verrò un giorno a far- nemente si fa quando si espone un’opera che Le visita con Suo permesso e quando crede- appartenga ad un uomo illustre oppure una rà opportuno, mi chiarirà bene la cosa e mi copia della medesima. Le sarò sommamente recherò poi dal Sindaco per ottenere il per- grato, se venendo a Venezia mi dirà una pa- messo”. rola. Accolga con i saluti grandi auguri e le 7 Dei progetti di Brenno del Giudice, cogna- più vive congratulazioni per la recente pro- to di Guido Cadorin, per la ricostruzione di

206 AFAT 31 chiese nel Carso e in Veneto distrutte dalla maestri ma i più umili ingegni, i più modesti guerra si conserva nell’Officina della Prioria artefici. Rammentiamo ad esempio dei ma- la serie di fotografie di cui si parla nella let- gnifici dipinti anche di grandi moderni, rac- tera; mentre il “bizzarro ritratto” di Astolfo chiusi in cornici estranee al contenuto rit- de Maria cui si accenna, si riferisce proba- mico e decorativo e stilistico del quadro; o bilmente al Ritratto di vecchia dogaressa, poi delle buonissime sculture completamen- acquisito dal Poeta e collocato al fianco del te disorganiche con l’architettura di cui fan- letto nella stanza di Leda. no parte. Più abbiamo compreso un grande 8 “Comandante, Napoleone ci ha riferito l’e- sebbene semplicissimo segreto che appar- sito lusinghiero del colloquio avuto con Lei tiene a tutte le antiche epoche – sconosciu- circa il nostro Gruppo. Saremo ben felici to alla maggior parte degli artisti moderni; di formare questa ‘Brigata’ sotto l’Alto pa- cioè la libertà individuale e intuitiva dell’in- trocinio di Lei, padre vivente dell’Italiani- terpretazione del particolare architettoni- tà, poiché abbiamo sentito le magnifiche in- co e ornamentale sia scultoreo che pittorico; tenzioni che La animano a nostro riguardo. senso meraviglioso che tutti abbiamo trova- Vorremmo attraverso a diverse esposizio- to nel più umile operaio romanico ed in Mi- ni dimostrare il coordinamento tra le diver- chelangelo ancora. Così che l’opera d’Arte di se arti che esiste già in noi potenzialmente; qualsiasi natura e di qualsiasi mole risultava partire cioè con lo stesso spirito con il qua- conseguente e unita come cristallo. È inutile le gli Antichi maestri le coordinavano. Vor- ripetere ciò che Ella ha sempre meraviglio- remmo cioè ritentare l’unione intima delle samente compreso ed espresso. Per tenta- tre grandi arti figurative. Unione che come re ciò bisognerà esporre come Ella ha con- si vede purtroppo è dai moderni negletta. Da sigliato, prima a Milano nella ‘Bottega di un secolo questa unità manca nella sua es- Poesia’ dove le nostre opere non più disper- senza. Prima di arrivare a questa aspirazio- se fra una farraginosa congerie quale pur- ne abbiamo, ognuno nella propria arte, cer- troppo nelle solite esposizioni; ma presen- cato di conoscere nell’intimo il proprio rude tate sobriamente ed armonicamente quali mestiere. E infatti Del Giudice è costrutto- esponenti di un’unica tendenza artistica, re, Napoleone è realmente scultore di marmi potrebbero, solo allora, trovare nel pubbli- e di bronzi, i nostri pittori hanno sviscerato co una facilità di comprensione ed una sere- le antiche tecniche, studiato i sistemi delle nità di giudizio. Ma questo solo il primo pas- vecchie ‘tavole’, delle ingessature, delle ver- so sarebbe, e poi e più ancora all’estero, nei nici, adattandole alla nuovissima sensibili- centri dove più pulsano e si adunano gli spi- tà e visione. Ora noi, benché giovanissimi, riti amanti e le intelligenze più pure e spas- ci sentiamo in pieno possesso del mestiere sionate; vorremmo portare, modestamen- e anche maturi spiritualmente, maturazione te, ma seriamente la nostra parola, il nostro avvenuta sulle opere antiche, nel vero e sul intento – la tradizione che ci è Madre e vera vero, aspiriamo di formare, unendo le nostre Madre, amata – amatissima e perciò com- energie, uno stile organico e vitale nel qua- presa. E quindi Parigi, anzitutto, e la Germa- le le nostre possibilità si fondano e si sotto- nia e tutti i centri intellettuali dove non con- mettano a quelle che erano leggi supreme vengono solo snobismi mentali, ma i severi per gli antichi: l’Armonia, la Misura e la Bel- studi e le contemplazioni dell’arte. A lei, Co- lezza della materia. I moderni generalmente mandante, che solo seppe dirci, tra scherni hanno trascurato queste leggi e queste for- ed incomprensioni innumerevoli, che solo me di cui ben sappiamo quanto fossero com- seppe dirci una parola paterna di fede, ci ri- penetrati gli antichi Maestri; anzi non solo i mettiamo con tutta l’anima – Andrà ciò? -

Napoleone Martinuzzi, scultore veneziano, e Gabriele d’Annunzio: il carteggio inedito 207 Attendiamo un’altra Sua parola. I Suoi de- innestato al centro, otterremo un insieme votissimi Venezia 4 giugno 1922 Astolfo de organico e monumentale bene accordan- Maria, Bartolomeo Sacchi, Napoleone Mar- te coll’architettura di fondo. La nostra Ste- tinuzzi, Guido Cadorin, Brenno del Giudice, le avrà così nel Giorno del Redentore, festa Mario Marmesi”; pubblicata in V. Terraroli, venezianissima, anche la funzione di sparti- Gabriele d’Annunzio, Guido Cadorin e la “Stan- re netto le due correnti pellegrini che van- za dei sonni puri”, in Guido Cadorin, catalo- no a visitare la Chiesa e che ritornano sopra go della mostra a cura di R. Bossaglia e G.D. il ponte costruito su barche, ponte che s’ap- Romanelli, Milano 1987, p.109 poggia proprio al centro di questa scalinata. 9 Vedi V. Terraroli, Gabriele d’Annunzio, Guido La Stele è di squadratura romana. Sulla som- Cadorin..., cit., passim. mità ho posto due leoni che guardano ver- 10 “Mio Comandante, ho ricevuto a mezzo di so il mare l’uno, verso la Terraferma l’altro. Giancarlo la Sua lettera. Mille grazie. Sono Più giù sotto un breve arco che taglia tutto lo ancora qui, non sono partito ieri sera per una spessore della pietra porremo una lampada indisposizione. Partirò domani e mi reche- di bronzo o di ferro. Sulla faccia della Stele rò subito alla Giudecca per scegliere il posto prospiciente l’acqua sono rappresentati: so- ove porre la Stele. Credo infatti felice l’idea pra il timpanetto che inquadra l’arco due ge- di porre una Stele di buona mole: da me- nietti marini armati di tridente e nella cor- tri 3.50 a 4 sulla fondamenta della Giudec- nice che chiude il timpano stesso un motivo ca, specie se messa in armonia con qualche di cavalli marini alati e di sirene in fuga ver- elemento architettonico circostante e me- so il mare. Nel pannello centrale la pianta glio ancora se appoggiata in modo che pos- della baia di Buccari e le tre imbarcazioni in sa servire a qualche cosa ai buoni naviganti rotta verso al meta. Questo motivo ricorda la che approdano a quella riva. Penso appunto pianta di Zara di S. Maria del Giglio [una co- di introdurre qualche motivo decorativo che pia del bassorilievo, realizzata da Martinuz- formi in qualche modo il classico anello del- zi, è oggi murata nell’esedra d’ingresso alla le fondamenta e delle scalinate veneziane. piazzetta Dalmata]. Chiude la Stele un riqua- L’amico Giancarlo mi suggerisce l’idea, ch’io dro per l’epigrafe. Sulla testata della scalina- accolgo con entusiasmo, d’introdurre cioè in ta in una nicchia profonda, la testa di Medu- un cavo della pietra apposta eretta una lam- sa dalla bocca e dagli occhi cavi il cui nodo pada di metallo. E farò pervenire quanto pri- di serpi avrà funzione di anello e servirà per ma un disegno completo e subito dopo fare- l’ormeggio delle barche. Intorno alla nicchia mo domanda al Comune per la concessione sette teste di marinai a forte rilievo. Sul ter- dell’area. Gardone 11-2-1924”. L’opera vie- go, sopra il timpano, due genietti con le faci ne descritta con precisione dallo scultore accese e nel pannello centrale un sudario so- nell’agosto di quell’anno per avere il placet stenuto da due angeli. Chiude la Stele un se- del Poeta “Murano 7-8-24 / Mio Comandan- dile, pure di pietra, il cui dossale è ornato te, ho visitato tutta la riva della Giudecca che da una pianta di alloro, dove tra foglia e fo- guarda la Città ed avrei scelto, per colloca- glia potrà esser incisa l’epigrafe che dedica al re la Stele che ricorderà ‘La beffa di Bucca- Redentore la lampada la fatica e l’alloro con- ri’, la vasta scalinata sita davanti la Chiesa del quistato. Nella nicchietta dei pianori i segni Redentore. Il posto mi sembra felice anche dello Zodiaco. Questo è quanto ho pensato al per il suo significato spirituale. Modificata riguardo, mio Comandante. In questi gior- la scalinata, come risulta nel disegno che Le ni appronterò il preventivo di spesa e subito spedisco contemporaneamente alla presen- dopo penseremo alla domanda di concessio- te, con un corpo massiccio, pure da gradini, ne al Comune, essa a mio avviso, dovrebbe

208 AFAT 31 esser fatta da Lei direttamente al Commis- risponde: “Mio Comandante, infinite grazie sario straordinario Giordano, onde evita- dell’invito mille volte fraterno. I medici mi re i molti uffici, e se crede a mio merito. In assicurano che sono guarito, ed io mi sen- tal caso avrei il modo di spiegare a viva voce to in verità abbastanza bene. Grazie alle cure gli intendimenti con cui vogliamo costruire sostenute ed al riposo più assoluto. La Sua quest’opera e di caldeggiare la concessione lettera affettuosissima portatami da Gui- dell’area. In attesa di una Sua riga Le stringo do ha aggiunto all’energia ed alla fiducia che forte la mano. Coi più cordiali saluti / Il Suo rinascono in me con la salute che torna un N. Martinuzzi”. non so quale fermento che mi fa sentire ca- 11 Si deve a Gian Carlo Maroni una lettera in pace di grandi cose: mi sento ringiovanito e cui si parla della pietra che lo scultore aveva come purificato. Sono forse in grazia del Si- chiesto per poter realizzare il San Francesco gnore? Sono forse il Lazzaro ridestato a nuo- da collocare nell’angolo della Prioria: “Vit- va vita? Io non lo so. So soltanto che la Sua toriale, 31.VII.1924 Caro Martinuzzi, vorrai parola accelera il corso regolare della mia perdonarmi il ritardo nel risponderti. Non è guarigione. Si avvera forse immediatamente tutta colpa mia. Già in passato ti avevo scrit- per virtù di una forza misteriosa la Sua pro- to una lettera informandoti delle difficol- fezia? Non mi so rispondere. Grazie ancora, tà per la pietra, essendo le cave da qualche Comandante. Pochi giorni di vita al Vittoria- tempo abbandonate. Dalla tua lettera vedo le mi faranno certamente bene; io conto di che la mia ultima non ti è giunta. Ho aspetta- venire la settimana prossima con Cadorin e to a risponderti in attesa di una risposta dei trattenermi per poco. In attesa di riveder- padroni della cava, i quali non si fanno vivi. La per dirLe la mia riconoscenza Le stringo Io spero di andare a Riva fra qualche giorno, forte la mano coi più affettuosi saluti. Il Suo così personalmente mi informerò. Sarei a Napoleone Martinuzzi Murano-28-8-24”. pregarti di un favore, cioè di voler chiedere a Immediatamente Maroni risponde: “Vitto- Cadorin di venire a Cargnacco per decorare riale, 30.VIII.1924 Carissimo amico, ho ri- la stanza del Comandante. Già in precedenza cevuto la tua lettera. Sento con piacere che Cadorin si era offerto al Comandante. L’oc- stai meglio. Ti raccomando di essere pru- casione credo buona…”. Lettera alla qua- dente e avere riguardo. Se ora te lo racco- le segue l’invito da parte del Poeta: “Mio ca- mando quando verrai qui ti metterò sotto il rissimo, da qualche amico dolente, in questi regime mio, quale Protomedico Curante del ultimi tempi, ho notizie di te non liete. Ma Comandante. È inutile che tu voglia ringra- tu conosci la mia tenace resistenza contro il ziarmi di quanto ho fatto, perché tra amici destino. Non ho voluto credere, non voglio il grazie non deve esistere. Tutto faccio per credere. So che la mirabile forza radicata in piacer mio. Oggi ho ultimato il piccolo ta- te deve essere salva, deve rimanere immu- bernacolo in pietra rossa nella piazzetta del ne da ogni male. Confida in questo profe- Vittoriale. Il Comandante di questo non lo ta della volontà solitaria. Desidero rivederti. sa nemmeno, e perciò non so ancora a chi Ho qui una foresteria improvvisata, alla Ma- sarà dedicato. Però io ho già visto nell’arca a ona. Credo che ti gioverebbe venire a passa- giorno largo 33 cm alto 70 cm un S. France- re qui qualche settimana, accanto alla Deci- sco circondato da colombi. Forse era il tuo. ma Musa. Ti aspetto. Gian Carlo ti prepara L’impressione è ottima e l’ambiente adatto. quel che occorre. Abbi fede, e lasciati cura- Ti unisco lo schizzo del tempietto. È inutile re da me. Ti abbraccio, con le braccia ope- che mi dilunghi a scriverti, certo di vederti rose e leali di Guido. Il tuo Gabriele d’An- fra non molto al Vittoriale. Se credi opportu- nunzio 26.VIII.1924”. Alla quale Martinuzzi no, porta al Vittoriale il tuo S. Francesco per

Napoleone Martinuzzi, scultore veneziano, e Gabriele d’Annunzio: il carteggio inedito 209 fare l’atto compiuto. Così porterà fortuna a così roboante, al minimo ti faranno podestà noi disperati. Affettuosamente ti saluto Tuo di Murano. Questo tanto per incominciare. (GCM)”. La scultura angolare dedicata a San La testa di Michelangelo è arrivata in buone Francesco è citata in una lettera del 2 maggio condizioni di salute e così spero di te. L’ho 1924: “Mio Comandante, ecco la riprodu- sballato, l’ho collocato più alto che potevo, zione della statua di Frate Sole che mi aveva ho chiamato il Comandante, che l’ha visto chiesto. Sono dolente che in essa non risul- e gli è piaciuto. A tutta prima è rimasto sor- tino gran parte delle sue qualità, non del mi- preso per il volume, avendo egli la concezio- nuto particolare, giacché trattasi d’un boz- ne che il Michelangelo storpio brutto picco- zetto, ma del movimento dell’insieme. Una lo e maggiormente meraviglioso per quello sensibile curva in avanti del busto e il di- che ha potuto creare di grandioso e infinito, stacco da esso del braccio libero non solo qui doveva essere piccolo. Però dopo un’accura- non si avvertono non essendo riuniti ma ac- ta osservazione ha detto ‘mi piace, è buono. corciano e deformano l’insieme da render- Ne voglio uno anche in bronzo per mette- lo quasi rigido; mentre nella plastica hanno re in biblioteca’. Io ho detto: Allora rispe- un profondo senso mistico che nobilita ed disco a Martinuzzi il gesso. ‘Va bene’ ha ri- elabora tutta la figura. Comunque spero che sposto. E così farò a un tuo cenno. Dimmi se qualche cosa essa possa dirLe della mia nuo- devo spedirlo a Venezia o a Carrara. Restia- va fatica e Le sarò riconoscente se vorrà co- mo intesi uno in marmo e uno in bronzo. Ad municarmi le Sue impressioni e se vorrà che ogni modo, se è possibile, sarebbe bene mo- sviluppi la statua alla grandezza del vero”. dificare la quadratura d’imposta sulla base, 12 “Caro Napoleone, la macchina ti ha aspet- per rendere il busto rivolto verso il torso del tato a Desenzano. Io e Gian Carlo abbiamo Belvedere come desidera il Comandante. pranzato dinanzi al tuo posto vuoto! Quan- Sarebbe cosa da poco. Se è possibile scrivi- ti contrattempi quanti giochi degli Gnomi mi e ti manderò tutte le indicazioni a chia- ferrovieri! Gian Carlo ti parlerà della rivela- rificazione, così tu vedrai se è il caso di ac- zione notturna che m’impone di elevare sul condiscendere. In attesa tue nuove, ti auguro colle funebre il Mausoleo di mia madre Ma- di gonfiare molte bosse. Ti saluto affettuosa- tris Sepulcrum A domattina. Ti abbraccio. Il mente. Tuo (GCM)”. La spedizione non av- tuo Gabriel. 26.1.1926” e aggiunge “MATRIS viene e il 24 aprile l’architetto scrive: “Ca- SEPULCRUM. Vedo il Sepolcro composto di rissimo Napoleone, ho tardato a rispedirti due Arche e quattro statue gigantesche. L’Ar- il busto di Michelangelo, per accidenti e in- ca della Madre è collegata in modo mistico e cidenti. Come ti ha annunciato Ruggero, la plastico che bisogna trovare con la Statua che spedizione sarà fatta colle mie osservazioni esprime la forza della stirpe, lo spirito del- per la sistemazione. Come va la canefora? Io la terra natale, il comandamento dell’altezza a dirti al verità non ho fatto ancora niente, espresso dalla montagna Madre che per ogni perché, ritengo opportuno ovvero indispen- parte domina l’orizzonte. L’Arca è vegliata e sabile che la statua arrivi qui, e così prova- contemplata dal grande Arcangelo chiuso re la giusta altezza e sentire dalla canefora il nelle chiuse ali. L’Arca del Figlio è collegata suggerimento dell’inquadramento. Questa con la Statua che esprime la Volontà del Sa- mia scrupolosità credo ti sia gradita, e perciò crificio. È guardata dalla Decima Musa”. ti ringrazio. Ti scriverò più presto che tu non 13 Lettera di Gian Carlo Maroni a Martinuzzi: creda, per una commissione di Lampade per “Carissimo Napoleonenaonenapè, oppure S. Damiano ora chiamato ‘La Mirabella’. Sa- a cavallo, non importa. In tempi che le no- luti affettuosissimi 1927 / 4 /24 (GCM)”. biltà risorgono credo che davanti a un nome 14 “Venezia 18.8.39.XV / Esposto sulla que-

210 AFAT 31 stione della paternità per il progetto per il modesta, perché mi disse, le sue condizio- sepolcro del Comandante Gabriele D’An- ni non gli permettevano di fare grandi cose. nunzio / Al C. N. Antonio Maraini / Segre- La cartella e le fotografie sono sempre nel- tario Nazionale Sindacato Fascista Belle Arti le mie mani. Preparai vari studi e dei boz- Roma. zetti delle Muse e solo più tardi presentai il Nel 1926 dopo la compilazione di tre mesi progetto. I rapporti su questo argomento fu- di progetti, il Comandante Gabriele D’An- rono interrotti dalla spedizione di Fiume, e nunzio, mi dava disposizione per l’erezio- in Fiume quando ebbi occasione di veder- ne sul Colle del Vittoriale del Suo Sepolcro, lo non ne parlai, Al Suo ritorno, a Gardo- e mi faceva depositario materiale e spiritua- ne, Egli mi scrisse (lettera 28 febbraio 1921 le del suo progetto, e, se si può dire della Sua in mie mani) perché gli portassi i disegni. aspirazione, consegnandomi in quattro fogli Qualche giorno dopo parlammo a lungo, e scritti di Suo pugno la descrizione del Sepol- tutti e due fummo concordi di non dare ese- cro stesso. Ma ecco com’è sorta la necessità cuzione a quei progetti. Nel lungo periodo di di pensare al sepolcro e come Egli è perve- sospensione del lavoro per la festa Fiumana nuto alla decisione del 1926. Nell’aprile del si era maturato in me un nuovo progetto, più 1917, due mesi dopo al morte della Sua pove- grande e più costoso, che le nuove speran- ra Madre, il Comandante, in una visita fatta ze del Comandante più che mutate Sue con- al mio studio di scultura di Murano, mi co- dizioni mi spinsero ad esporre. Piacque as- municava la Sua idea, riguardante un mo- sai la nuova idea e mi disse di concretarla numento funerario che Egli desiderava co- con dei disegni. Il progetto risultò compo- struire sulla sommità di una delle colline sto di un tempietto a forma di cupola, per- delle Foci del Pescara, in vista del mare, e mi corsa verticalmente da nove costoni ai quali pregava di farGli visita alla casetta rossa di erano addossate le nove Muse due delle quali S. Maurizio per parlarmi più diffusamente. costituivano le spalle dell’ingresso, l’ester- Il giorno appresso mi consegnò una cartel- no presentava tre gironi interrotti da cip- la, sulla cui coperta apparve subito la scritta pi abbinati sui quali dovevano essere incise ‘Matris Sepulchrum’ contenente alcune fo- le date delle tappe più salienti della vita del tografie dei monumenti dei Glossatori Bo- Comandante, e presentava un’ampia scali- lognesi: Rolandino de’ Romanzi, Rolandino nata. Nell’interno, al centro di una conca di Passagerio, Accorso ed altri, siti intorno alla pietra si innalzava una grande arca quadrata chiesa di S. Francesco di Bologna. Egli mi contenente le due piccole arche, quella della disse che il Sepolcro doveva essere foggiato a Madre e quella del Figlio. Tra l’arca e la par- simiglianza di codesti monumenti, e che do- te interna della conca un rivolo d’acqua do- veva contenere due arche: una per la madre e veva correre perennemente quasi a sepa- una per sé, e che alle nove colonne inferio- rare la pace dell’asilo dei morti dal tumulto ri di detti monumenti fossero sostituite le quotidiano dei vivi. Piacque al Comandante nove Muse, ammantate di lunghi panneggi, questa idea e più volte insistette per lo stu- piangenti e portanti la tavola di pietra, base dio e lo sviluppo. L’interno presentava anco- delle due arche. Mi parlò a lungo di come do- ra sotto ad un’arcata un altare di pietra. vevano essere foggiate le Muse e a tale pro- A seguito di una relazione fatta dall’ing. Li- posito mi rammentò i Piagnoni Borgognoni beri Suo cognato sulla natura del terreno, dei monumenti del Duce di Berry e di Fi- terreno di natura arenaria, facile ai tagli ed lippo Pot, che Egli aveva ammirato in Fran- alle squadrature, sempre d’accordo col Co- cia e dei quali conservava dei calchi nel rifu- mandante, preparai un nuovo progetto nel gio dell’Arcachon. Egli desiderava una cosa quale il tempietto appariva scavato dentro

Napoleone Martinuzzi, scultore veneziano, e Gabriele d’Annunzio: il carteggio inedito 211 alla collina e da esso si accedeva a mezzo di cartella ove con altri scritti, in quattro pagi- due gallerie, una rettilinea e una circolare. ne mi diceva come doveva essere il monu- In questo progetto le Muse erano colloca- mento sul Colle del Vittoriale. Nella sua de- te sopra la collina e costituivano un motivo scrizione il mausoleo risulta composto non aereo al centro del quale era posto un altare più di due ma di quattro grandi statue e delle di alabastro. L’esterno appariva composto di due arche. La cartella con gli scritti datati dal tre gironi intorno alla collina ai quali erano 27 gennaio 1926 è nella mie mani. Pertanto, aggiunti dei tempietti dedicati ai compagni dovendo l’opera sorgere al Vittoriale, e poi- del Comandante periti per la causa di Fiume ché in quel tempo il Maroni aveva già inizia- e nella grande guerra, le masse delle Muse e to i lavori di sistemazione e si occupava delle l’ampia scalea. L’interno risultava compo- varie cose del Vittoriale, ritenni opportuno, sto come nell’altro progetto, della conca con anche per l’amicizia che mi legava allo stes- l’acqua, della grande arca e dell’altare in fon- so di proporre di progettare assieme il Mo- do della cripta. Detti progetti sono stati pre- numento, cosa che egli lusingato accettava di sentati al Comandante nel 1922 e, quest’ul- fare, rimandando però l’inizio della proget- timo descritto, ha avuto la sua approvazione tazione più avanti. Lasciai il Vittoriale pochi per l’esecuzione nel 1924. Egli annunciava giorni dopo e per quante sollecitatorie io ab- alla stampa (Il resto del Carlino, il 2 febbraio bia fatte a tale scopo non fu mai più possibile 1924) che si sarebbe recato a Pescara con me iniziare tale progettazione che però io ormai per scegliere il sito definitivo per l’erezione. non potevo incominciare da solo per l’impe- Vedasi anche lettera 10 febbraio 1924. gno assunto con lui. E purtroppo anche i con- Nel novembre dello stesso anno Egli si pre- tatti col Comandante che prima erano fre- occupava di trovare i fondi necessari e dopo quenti e sollecitati dal Comandante stesso aver incaricato qualcuno di studiare un pia- divennero inesplicabilmente rari. Infatti tut- no mi sollecitava con lettera il 14 novem- te le volte, e furono numerose, in cui mi recai bre, di preparare ‘gli elementi e documenti’ a Gardone venni tenuto lontano con un pre- per la pubblicazione dell’opuscolo di propa- testo qualunque o con un inutile attesa. In- ganda. L’opuscolo non è mai uscito al pubbli- tanto la salute del Comandante declinava e la co per varie difficoltà prospettate dalle per- Sua volontà non era più ferma come una vol- sone incaricate della organizzazione. Il 27 ta: tanto che Egli finì col’aderire alle iniziative gennaio del 1926, anniversario della mor- d’altri che proposero di tumulare le spoglie di te della Madre, mi comunicava che una rive- Sua Madre, che Egli aveva sempre aspirato di lazione notturna Gli imponeva di elevare il avere vicine a sé dopo il trapasso, in una chie- mausoleo “sul colle funebre del Vittoriale” e sa di recente costruzione in Pescara, toglien- il giorno appresso prima e durante la colazio- do in tal modo per sempre la possibilità della ne mi ripeteva la Sua impressione per la vi- realizzazione di quanto il Comandante stes- sione notturna e mi disse della necessità di so aveva disposto. Della sepoltura provvisoria dover abbandonare l’idea di erigere il mau- del Comandante è superfluo ogni commento: soleo a Pescara e per le difficoltà di procurar- debbo ricordare che per dichiarazione stes- si i mezzi, mi ordinava di studiare un nuo- sa del Maroni, negli ultimi mesi di vita il Co- vo progetto che trovasse la sua sede sul colle mandante si doleva per la non avvenuta an- del Vittoriale. Il monumento doveva risulta- cora costruzione sul Colle. Il 1 giugno 1938 è re assai più modesto di quelli già progettati e apparso sul Corriere della Sera un articolo di decise che fosse composto di due grandi sta- Orio Vergani sulla sua ultima visita al Vitto- tue e delle due arche. Durante la notte il Co- riale, nella quale rilevava come a ogni dichia- mandante scrisse, e la mattina mi dava una razione del Maroni, sarà sistemato definiti-

212 AFAT 31 vamente il Sepolcro e diceva testualmente: il Maroni ed è risultato come esso fosse com- colle sarà recinto da tre anelli di pietra, che in posto dei miei progetti già descritti, fusi in- alto sarà costruito un bacino rotondo colmo sieme e spogliati soltanto della scultura… d’acqua al centro del quale sorgerà al tomba Ho scritto al Maroni in una forma che la- del Comandante. Non era difficile in questa sciava intendere che ero pronto a lasciar descrizione ravvisare i miei progetti presen- correre su tutto se mi fosse stata riserva- tati al Comandante nel 1922 per l’esecuzio- ta la parte scultorea ripristinata alla quale ne in Pescara, ben noti a Maroni e sorpassati il comandante tanto teneva, e che egli ave- dal Comandante con l’incarico espresso nello va abilmente sottratto ai miei progetti. Non scritto del 27 gennaio 1926. ha risposto…[seguono ulteriori rimostran- Il 20 novembre 1938, sempre sul Corriere è ze e richiesta di riconoscimento della pater- apparso il progetto del Sepolcro a nome del nità del progetto].

The essay presents copy and analysis of the unpublished letters between Napoleone Martinuzzi and Gabriele d’Annunzio in the years 1917-1933, which are kept in the archives of Il Vittoriale degli Italiani in Gardone Riviera (Brescia), last residence of the Poet. The study of these letters has pointed out the relationship between the artist and the poet and the deep inter- est of d’Annunzio in modern sculpture and the works that he commssioned Martinuzzi. In particular, the design of the mausoleum for the poet’s mother, Luisa d’Annunzio, which had first to be built in Pescara and later on the “Colle delle Arche” at Il Vittoriale. The idea of the mausoleum, which was never realized, was an important characteristic of the long and deep relationship of Martinuzzi and d’Annunzio. In 1925 Martinuzzi became artistic director at Venini in Murano and supplied Il Vittoriale with fantastic glass objects (sculp- tures, lamps, vases, glasses); he shaped, for the poet, the small Vittoria, still in Jugendstil (1919), the Cane- fora/Pomona, the huge bronze sculpture which follows the style of Arturo Martini, and the Busto – ritratto di Michelangelo. These works reveal who influenced him: first Angelo Zanelli, then Ivan Mestrovic and finally Arturo Martini. [email protected]

Napoleone Martinuzzi, scultore veneziano, e Gabriele d’Annunzio: il carteggio inedito 213

Momenti cruciali tra Venini e la Biennale: lettere inedite di Napoleone Martinuzzi

Matteo Gardonio

È l’anno di Napoleone Martinuzzi. La gran- bio con Antonio Maraini, all’epoca segreta- de mostra all’isola di San Giorgio ineren- rio generale della prestigiosa ‘vetrina’. te la sua avventura di direttore artistico alla La vicenda tra Napoleone Martinuzzi e Venini tra il 1926 e il 1931 e il convegno in- gli altri soci della “Vetri soffiati murane- ternazionale tenutosi il 5 giugno presso la si Venini & C.” è stata ben riassunta nel re- Fondazione Giorgio Cini, ne hanno decre- centissimo catalogo della mostra da Marino tato la consacrazione1. Barovier e Carla Sonego, i quali portano alla Eppure, essendo personalità presen- luce diverse dinamiche, completamente te in molteplici contesti nella storia dell’ar- ignote sino ad oggi, come la creazione della te del Novecento, rimangono ancora molti S.A.V.A.S. nel 1925 (Società in Accomandi- angoli bui della sua articolata e affascinante ta Vetro Artistico Soffiato) con l’amico inge- parabola esistenziale. gnere Francesco Zecchin, l’ingegnere Rug- Come spesso accade ad artisti di non gero Maroni, Alberto Francini e i maestri primissimo piano, le scoperte possono es- vetrai Oreste Toso, Ferdinando Toso e Gia- sere sostanzialmente all’ordine del giorno, como Toffolo3. e Martinuzzi, in questo senso, non fa ecce- La figura centrale per i cambiamenti, zione. anche della sua stessa personalità, di Na- A chiusura del catalogo e degli atti del poleone Martinuzzi all’interno della Veni- convegno, si è giunti ad una inaspettata sor- ni è da riconoscere nell’ingegner Francesco presa: un gruppo di lettere inedite appar- Zecchin (1894-1985)4. tenute allo scultore e vetraio, risalenti alla Conosciuto in occasione dell’importan- fine degli anni Venti2. te commissione del Monumento ai Caduti di Le lettere trattano, in particolare, il dif- Murano (1923-27) ebbe un ascendente for- ficile momento vissuto da Martinuzzi nel tissimo nei confronti dello scultore, che lo passaggio che lo porterà dalla Venini alla seguirà sino alla loro definitiva cesura – an- creazione della Zecchin-Martinuzzi e getta- che umana – della “Zecchin-Martinuzzi Ve- no luce sul prestigioso lavoro (non realizza- tri Artistici e Mosaici” avvenuta nel 19365. to) per la tribuna nell’edificio centrale della Dal nucleo di lettere, risalenti al dicem- Biennale di Venezia del 1930 in uno scam- bre 1928, si percepisce come l’ingegnere

Momenti cruciali tra Venini e la Biennale: lettere inedite di Napoleone Martinuzzi 215 1 - Martinuzzi prima dell’inaugurazione del Monumento ai Caduti di Murano (fotografia d’epoca) volesse un ruolo di maggior spicco in Ve- “Caro Napoli” scrive Francesco Zecchin nini, tanto da chiedere all’amico Martinuz- “Ti comunico brevemente le mie impres- zi – mettendosi contro l’altro gruppo di soci sioni: 1. I caratteri di tutta la ragione socia- capeggiato da Paolo Venini – di rivedere la le dovrebbero essere uguali. 2. La firma so- ragione sociale della ditta: ciale dovrebbe essere usata col sottotitolo al

216 AFAT 31 2 - Lettera di Antonio Maraini a Napoleone Martinuzzi su carta intestata della Biennale. Venezia, Archivio privato completo. 3. È inammissibile l’esclusione spensabile la tua presenza qui a Murano e ti del sottotitolo dagli affari con banche con avverto che stasera scrivo all’avv. Ravizza in gli agenti n/ rappresentanti (esclusa natu- questo senso e do disposizioni a mio fratel- ralmente la bottega del vetro e la V.V.V.) ecc. lo perché salvaguardi per via legale i n/ in- Così stando le cose nel mentre ritengo indi- teressi”.

Momenti cruciali tra Venini e la Biennale: lettere inedite di Napoleone Martinuzzi 217 Quel “nostri interessi” aveva ormai por- to non si trattava di prendere un immediato tato Martinuzzi a una difficile convivenza in impegno ma di riflettere su uno schema in- Venini. sieme discusso”. All’interno del carteggio esiste lo sche- Il rapporto tra Martinuzzi e Maraini, ma (si veda l’appendice documentaria) che invece, diviene cruciale in quel 1930, per Martinuzzi e Zecchin, attraverso l’avvocato spiegare pure l’interesse del temuto critico Ravizza, sottoposero a Paolo Venini e soci, nei confronti del muranese. dove per “sottotitolo” usato da Zecchini si Lo scambio tra i due dimostra il tono intendeva: “VETRI SOFFIATI MURANESI cordiale ma la diffidenza generale, in que- VENINI E C. di venini zecchin martinuzzi”. sto caso, imposta dalla richiesta esorbitante Si specificava, altresì, che il sottotitolo di Martinuzzi – anche a nome di Cadorin e “verrà usato solamente” per: 1. Nella iscri- Del Giudice – presentata nel gennaio 1929. zione esterna della fabbrica in Murano. 2. Gli risponde da par suo Maraini: “Caro Nei fogli di corrispondenza della sede. 3. Martinuzzi, ricevo la lettera di tuo pugno e a Nelle fatture commerciali della sede. firma anche di Cadorin e Del Giudice, in cui Alberto Francini, anch’egli socio in Ve- mi esprimi il desiderio vostro di collabora- nini e che aveva avuto il merito di far cono- re nella decorazione eventuale della TRI- scere Martinuzzi a Paolo Venini, scriveva da BUNA nel palazzo dell’Esposizione di Vene- Roma allo scultore, prima che la situazione zia per la prossima Biennale. Non so’ ancora si complicasse e prendesse una brutta pie- come verrà disposto di quella Sala e a qua- ga: “Non mi spiego cosa tu voglia intendere le scopo: non posso quindi per ora prendere con la ripresa delle trattative per la questio- alcun impegno. Ma voi potete star sicuri che ne della ragione sociale poiché mi pare sia sin d’ora tengo presente la vostra doman- una questione completamente risolta”. Ma, da e che sarò ben lieto di valermi dell’opera evidentemente, per Martinuzzi e soprattut- vostra per il miglioramento del palazzo, se to, per l’ingegnere Francesco Zecchin, la si- sarà necessario”. tuazione era tutt’altro che risolta. Lo scambio fra i due, al di là dell’esi- I fatti sono poi noti; i rapporti iniziaro- to negativo, avvalora il fatto che in quel tor- no a incrinarsi definitivamente e sul finire no d’anni i rapporti erano stretti, tanto che del 1931 – anche se formalmente i rappor- Maraini spese parole d’elogio nei confron- ti tra Paolo Venini e Napoleone Martinuzzi ti di Martinuzzi nel suo Scultori d’oggi che do- si chiusero il 28 gennaio 1932 – i due si se- veva esser pubblicato proprio nel 19307; a ciò pararono per sempre6. si noti, inoltre (appendice documentaria) la Mentre Martinuzzi, alla fine di dicembre vicinanza di Martinuzzi con Guido Cadorin e 1928 si trovava con Francini a Roma, l’in- Brenno Del Giudice anche in termini artisti- gegnere Zecchin lo incalzava, con il chia- ci, alla ricerca di un’unità di intenti fra scul- ro intento di fare la voce grossa in Venini: tura, pittura e architettura. I tre erano già “Avverti della gravità della situazione an- comparsi insieme nel 1922 in una lettera a che Francini che aveva ben ragione di but- Gabriele d’Annunzio, il quale, li aveva scher- tare giù uno schema prima di partire; io ero zosamente soprannominati (con Astolfo De completamente della sua opinione in quan- Maria e Bortolo Sacchi) l’“allegra brigata”8.

218 AFAT 31 Note

1 Napoleone Martinuzzi. Venini 1925-1931, cata- zione, in Napoleone Martinuzzi. Venini…, cit., logo della mostra (Venezia, Isola di San Gior- p. 31. gio) a cura di M. Barovier, Milano, 2013; Na- 5 Per il Monumento ai Caduti di Murano, cfr. P. poleone Martinuzzi: dalla scultura al vetro, atti Martinuzzi, Napoleone Martinuzzi. Il monu- del convegno internazionale di studi a cura mento ai Caduti di Murano e altri studi architet- del Centro Studi del Vetro, Venezia, Fonda- tonici dello scultore, Venezia 1990; per il perio- zione Giorgio Cini, 5 giugno 2013, “Saggi e do della Zecchin-Martinuzzi cfr. R. Barovier memorie di storia dell’arte”, 37 (in corso di Mentasti, I vetri di Murano: “L’alito umano vi è stampa). rimasto in forma di bagliore”, in Napoleone Mar- 2 Un particolare ringraziamento a Giorgio tinuzzi. Vetraio del Novecento, a cura di M. Ba- Dissera Bragadin per l’amicizia e la stima di- rovier, Venezia 1992, pp. 28-34. mostrata nei miei confronti. 6 C. Sonego, La Vetri Soffiati Muranesi Venini e 3 M. Barovier, Napoleone Martinuzzi: dal- C. Antefatti e sviluppi tra arte e architettura, in la scultura al vetro tra tradizione e innovazio- Napoleone Martinuzzi. Venini…cit., 2013, pp. ne, in Napoleone Martinuzzi…, cit., pp. 19-32 33-47. e C. Sonego, La Vetri Soffiati Muranesi Venini e 7 M. De Sabbata, Napoleone Martinuzzi e la C. Antefatti e sviluppi tra arte e architettura, ivi, Biennale di Venezia, in Napoleone Martinuzzi pp. 33-47. dalla scultura al vetro, cit. 4 Un bel medaglione sull’ingegnere è deline- 8 V. Terraroli, Napoleone Martinuzzi, Gabriele ato da M. Barovier, Napoleone Martinuzzi: D’Annunzio e l’arte vetraria, in Napoleone Mar- dalla scultura al vetro tra tradizione e innova- tinuzzi. Venini…, cit., 2013, pp. 47-59.

Appendice documentaria Credo che si tratti di questioni di indirizzo gene- rale e perciò importanti. Documento 1 Dopo di ciò mi auguro di vederti a Roma il 20 Venezia, Archivio privato mattina. Lettera dattiloscritta su carta intestata della sede Non mi spiego cosa tu voglia intendere con la ri- Venini di via Condotti a Roma di Alberto Franci- presa delle trattative per la questione della ra- ni a Napoleone Martinuzzi gione sociale poiché mi pare sia una questione completamente risolta. Roma, 13 dicembre 1928 Anzi, in argomento, prendo occasione per co- Caro Martinuzzi, municarti e per comunicare a Zecchin a mezzo rispondo subito alla tua del 12. tuo, che l’altro ieri a Milano parlai con l’avv. Ra- Pare che la seduta del Direttorio Nazionale sia di vizza con il quale si rimase d’accordo che avrebbe importanza non indifferente perciò sarebbe, mi scritto a Voi una lettera con l’impegno di quan- si dice, opportunissima, se non assolutamente to si convenne per evitare di fare una seduta di necessaria la tua venuta come quella degli altri. Assemblea apposita e sanzionare invece la que-

Momenti cruciali tra Venini e la Biennale: lettere inedite di Napoleone Martinuzzi 219 stione della nuova ragione Sociale nella Seduta di Avverti della gravità della situazione anche Fran- Assemblea per il Bilancio. Seduta che come sai cini che aveva ben ragione di buttare giù uno faremo certamente prima del 20 di Gennaio. schema prima di partire; io ero completamen- Ti saluto cordialmente e salutami Zecchin. te della sua opinione in quanto non si trattava di Tuo prendere un immediato impegno ma di riflette- A. Francini re su uno schema insieme discusso. Cordiali saluti a te e Francini. Scusa la fretta. Francesco Zecchin Documento 2 Venezia, Archivio privato Lettera dattiloscritta di Francesco Zecchin a Na- Documento 3 poleone Martinuzzi Venezia, Archivio privato Schema della nuova ragione sociale “Vetri Sof- Ing. Francesco Zecchin fiati Muranesi Venini e C.” allegata alla lettera di Venezia – Murano Francesco Zecchin Fondamenta Navagero 31 – Tel. 2182 NUOVA RAGIONE SOCIALE = secondo la propo- Venezia – Murano, 19 dicembre 1928 sta Ravizza

Caro Napoli, VETRI SOFFIATI MURANESI E C. di venini zec- chin martinuzzi Ti confermo il mio telegramma urgente dal qua- le avrai rilevato che la situazione anziché chiarir- L’articolo I° dovrebbe essere così modificato: si si è aggravata. Ti unisco uno schema perfetta- mente eguale a quello inviatomi dall’avv. Ravizza E costituita in Murano una Società in accoman- che ti dimostrerà chiaramente come il mio tele- dita semplice colla seguente denominazione so- gramma avesse fondate ragioni. ciale: Ti comunico brevemente le mie impressioni: I= I caratteri di tutta la ragione sociale dovrebbe- VETRI SOFFIATI MURANESI VENINI E C. ro essere eguali di venini zecchin martinuzzi II= La firma sociale dovrebbe essere usata col sottotitolo al completo La ragione sociale col sottotitolo (venini zecchin III= È inammissibile l’esclusione del sottotitolo martinuzzi) verrà usata solamente: dagli affari con banche con gli agenti n/ rappre- sentanti (esclusa naturalmente la Bottega del ve- I) Nella iscrizione esterna della fabbrica in Mu- tro e la V.V.V.) ecc. rano Così stando le cose nel mentre ritengo indispen- II) Nei fogli di corrispondenza della sede sabile la tua presenza qui a Murano e ti avverto III) Nelle fatture commerciali della sede che stasera scrivo all’avv. Ravizza in questo sen- so e do disposizioni a mio fratello perché salva- Il sottotitolo dovrà sempre figurare in caratteri guardi per via legale i n/ interessi. minuscoli. Attendo tua risposta telegrafica con la data del tuo ritorno. La denominazione sociale senza sottotitolo con-

220 AFAT 31 tinuerà ad essere usata in tutte le altre occorren- ricevo la lettera di tuo pugno e a firma anche di ze nessuna esclusa e così; Cadorin e Del Giudice, in cui mi esprimi il de- nei rapporti con le banche = sui negozi di rap- siderio vostro di collaborare nella decorazione presentanti od agenti esclusivi = società figliali eventuale della TRIBUNA nel palazzo dell’Espo- ed agenzia = nella firma sociale = nelle esposizio- sizione di Venezia per la prossima Biennale. Non ni e manifestazioni commerciali ed industriali = so’ ancora come verrà disposto di quella Sala e a nei biglietti reclame = sulle casse di imballo ecc. quale scopo: non posso quindi per ora prende- ecc. re alcun impegno. Ma voi potete star sicuri che sin d’ora tengo presente la vostra domanda e che Nelle esposizioni e manifestazioni d’arte la de- sarò ben lieto di valermi dell’opera vostra per il nominazione senza sottotitolo dovrà essere ac- miglioramento del palazzo, se sarà necessario. compagnata dalla seguente dicitura; Direzione Con i più cordiali saluti artistica: Napoleone Martinuzzi od altra equiva- Antonio Maraini lente d’accordo con l’interessato. All’estero potrà essere usata per semplificazione la dicitura abbreviata Venini e C. Documento 5 Venezia, Archivio privato Lettera manoscritta di Napoleone Martinuzzi ad Documento 4 Antonio Maraini Venezia, Archivio privato Lettera dattiloscritta su carta intestata della Caro Maraini, Biennale di Venezia di Antonio Maraini a Napo- ti scrivo anche a nome di Cadorin e di Del Giu- leone Martinuzzi dice. Prendo atto, anche per Cadorin e Del Giudice, Antonio Maraini della tua promessa per l’eventuale decorazione Via Benedetto Castelli n. 6 della ex tribuna della scultura nel Palazzo dell’E- Torre di Sopra sposizione. Firenze Ti faccio presente che noi siamo disposti, se fos- Firenze, 15 gennaio 1929 se possibile ordinare la tribuna, sistemare una sola unendo pittura scultura all’architettura, Caro Martinuzzi, creando un ambiente che possa rappresentare una grande cosa.

Momenti cruciali tra Venini e la Biennale: lettere inedite di Napoleone Martinuzzi 221 Napoleone Martinuzzi was the artistic director at Venini glass factory from 1925 to 1931. Some new letters discovered during the research for the great exhibition at San Giorgio in Venice but unfortunately after the publication of the catalogue and also after the symposium organized by the Glass Study Centre at Fondazione Giorgio Cini on 5th June, are important to understand the role of him inside the Venini’s organization. There are also some letters related to Biennale of 1930, written to obtained the decoration of the central hall. [email protected]

222 AFAT 31 Napoleone Martinuzzi per la chiesa di Santa Maria di Lourdes a Mestre

Alvise Pace

La chiesa di Santa Maria di Lourdes a Me- vate solamente scolpendo e modellando i stre, sorge a circa metà di via Piave, è co- mattoni di facciata. struita interamente in mattoni rossi a vista, Anche l’interno della chiesa, apparen- e si sviluppa su di una pianta ad una sola na- temente, sembra essere spoglio privo di vata. Presenta una fabbrica di recente co- ornamenti ed opere d’arte di pregio. L’at- struzione, poiché la chiesa precedente (co- tenzione del visitatore viene catturata sola- struita nel 1923 e intitolata alla Madonna di mente da un enorme Crocifisso moderno in Lourdes1 nel 1925) venne rasa al suolo du- legno che campeggia nell’abside. Lungo la rante uno dei numerosi bombardamen- navata vi sono due altari, uno a destra dedi- ti alleati che martoriarono Mestre sul fini- cato alla Madonna di Lourdes (con la statua re della Seconda Guerra Mondiale. Subito collocata sopra l’altare della cappella, di- dopo la guerra, per volontà dell’impren- segnata dall’architetto Renosto, i cui muri ditore e illustre benefattore mestrino Do- sono rivestiti da tessere di mosaico dora- menico Toniolo e su disegno dell’architetto te) e uno a sinistra dedicato al Sacro Cuo- Renato Renosto venne riedificata e consa- re di Gesù. In questa cappella, campeggiano crata il 1 maggio 19522. Si scelse di ricostru- tre statue in gesso bianco quasi a grandezza ire la nuova chiesa in stile neoromanico con naturale dello scultore muranese Napoleo- la facciata composta da un esonartece a tre ne Martinuzzi3. Relegato tra gli artisti mino- alti fornici alzati da terra da cinque scalini ri da grande parte della critica del secondo in pietra bianca che contribuiscono a con- dopoguerra, solo a partire dagli anni no- ferire all’edificio, nel suo complesso, una vanta dello scorso secolo ha iniziato ad es- forma slanciata verso l’alto. sere oggetto di attenzione e di studio, so- Non presenta abbellimenti esterni, fatta prattutto per quel che riguarda il suo ruolo eccezione per una corona di spine in pietra di designer/scultore del vetro. d’Istria, lungo la trabeazione alla base del Ben noto è il suo Monumento ai Caduti timpano dove, a sinistra e a destra di cin- di Murano, unico nel suo genere a Venezia, que finestrelle poste al centro di esso, cam- quindi il Pilo della Beffa di Buccari alla Giu- peggiano due bassorilievi con San Domenico decca, commissionato da Gabriele D’An- e Sant’Antonio da Padova: decorazioni rica- nunzio, dove è raffigurata a volo d’uccello

Napoleone Martinuzzi per la chiesa di Santa Maria di Lourdes a Mestre 223 la baia di Buccari, analogamente alle raffi- figure, può essere stata presa a modello da gurazioni di città scolpite sulla facciata del- Martinuzzi per impostare il suo gruppo sta- la chiesa di Santa Maria del Giglio, le stesse tuario. Elia e Mosè, come accade anche per che riprodurrà per il tempietto all’interno le statue di S.M. di Lourdes, sono di dimen- del Vittoriale degli Italiani a Gardone. Su di sione minore in posizione frontale, legger- un lato del pilo vi è anche un’interessante mente rivolte verso Gesù, a convogliare ver- interpretazione di Leone marciano in moeca so il centro l’attenzione dello spettatore. che, sulla scia dell’iconografia classica mar- Le mani di Gesù sono raccolte al petto, ciana, viene qui scolpito con linee profonde e sembrerebbero tenere l’ostia, nell’inti- a segnarne più marcatamente i tratti e con mo atto che precede l’elevazione, durante la una silhouette più allungata, conferendo al consacrazione del pane e del vino; in real- leone una postura elegante e fiera. tà ad uno sguardo più attento e ravvicinato, E, ancora, ricordiamo il Leone di San le mani di Gesù sembrano quasi proteggere Marco andante sulla facciata della stazio- ma anche svelare il suo cuore di vetro color ne ferroviaria di Santa Lucia, il Monumen- giallo. Sant’Antonio e san Domenico reggo- to agli studenti a Ca’ Foscari caduti nell’ul- no entrambi tra le mani un libro, loro spe- tima guerra, con la figura di Niobe affranta cifico attributo. Si tratta di statue realizzate che piange i figli morti (considerata da gran in gesso bianco, raffigurate in piedi, ierati- parte della critica il suo capolavoro da scul- che, con una solidità plastica di veneziana tore), quattro Angeli in pietra sul ponte dei quattrocentesca ispirazione, come emerge Giardini di Venezia ed infine anche al Ci- anche in alcuni rilievi del Monumento ai ca- mitero Comunale di Mestre, arricchiti da duti di Murano. Ma anche, per alcune solu- bassorilievi con scene della Flagellazione zioni stilistiche con, non lontane, influenze di Gesù e Gesù guarisce gli infermi. Ma anche bizantine tratte dai mosaici marciani e ra- all’interno di chiese veneziane troviamo sue vennati. sculture: la statua di San Pio X in bronzo do- Influenze e suggestioni nate, molto pro- rato in un altare della basilica di San Mar- babilmente, dalla visione di modelli spesso co, un Busto di Tintoretto nella chiesa della di facile ed involontaria consultazione, dato Madonna dell’Orto, e, a Mestre, un gruppo che alcuni di essi, come ad esempio una Ma- bronzeo nel battistero del duomo. donna Blachernitissa, situata esternamente La scultura presente nella chiesa di sopra la porta d’entrata ovest della basilica Santa Maria di Lourdes raffigura Cristo tra di San Marco, quella che dà sulla Piazzet- sant’Antonio da Padova e san Domenico. La ta dei Leoncini, o nella Madonna delle Gra- figurazione sembra ripresa dalla trasfigu- zie all’interno della stessa basilica. La lastra razione di Cristo descritta nel Vangelo, con marmorea bizantina presenta una Madonna il Cristo affiancato da Elia e Mosè e rappre- con le braccia aperte e i palmi delle mani gi- sentata da numerosi artisti tra i quali an- rati verso l’alto leggermente rotati in avan- che Giovanni Bellini. La sua Trasfigurazione ti, nella tipica iconografia cristiana dell’o- conservata al Museo di Capodimonte, che rante. Essa sembra, data la posizione e la raffigura Gesù, orante, in posizione cen- postura, accogliere con un abbraccio il vi- trale leggermente più grande delle altre due sitatore all’entrata della basilica, e forse è

224 AFAT 31 1 -Napoleone Martinuzzi, Altare del Sacro Cuore di Gesù. Mestre, chiesa di Santa Maria di Lourdes stata per l’artista, mutatis mutandis, motivo Martinuzzi, inoltre, essendosi cimen- di ispirazione per L’Ospitalità, statua con la tato nei primi anni trenta anche nella la- quale Martinuzzi partecipa alla diciannove- vorazione del vetro-mosaico studiando e sima Biennale di Venezia nel 19344. riproponendo tecniche della tradizione ve-

Napoleone Martinuzzi per la chiesa di Santa Maria di Lourdes a Mestre 225 2 - Napoleone Martinuzzi, Altare del Sacro Cuore di Gesù, particolare. Mestre, chiesa di Santa Maria di Lourdes neziana, non deve essere stato digiuno dei Museo Archeologico, dove si conserva una principali capolavori musivi veneziani e ra- delle più importanti collezioni di ritrattisti- vennati, punto di partenza per tutti i mae- ca antica, busti e statue. Non è da esclude- stri mosaicisti. Le punte dei piedi in posi- re che i marmi (ed anche i vetri antichi) del zione frontale che spuntano dalla tunica del museo possano essere stati, come per altri Gesù nel gruppo scultoreo di Santa Maria di scultori, inesauribile motivo di ispirazione: Lourdes, potrebbero essere, infatti, una re- la severità del modellato reso con linee si- miniscenza di quelli visti in santi e impera- cure e lineari, l’impostazione decisamente tori nei mosaici bizantini. unitaria, insieme alle dimensioni maggio- Martinuzzi reinterpreta in chiave mo- ri di Gesù rispetto alle altre due figure che derna motivi antichi visti da sempre nei lo affiancano, attribuiscono alla nostra ope- monumenti veneziani, in particolare nel ra una monumentale solennità. Lo sguar-

226 AFAT 31 do di ciascuna statua è fisso verso avanti e mai si incrocia con quello dell’osservatore; le grandi mani appaiono enormi rispetto al resto del corpo e fanno un involontario ri- chiamo alle mani sproporzionate del Croci- fisso in cirmolo dell’altar maggiore. L’attribuzione del gruppo di statue al maestro muranese è resa possibile dalla fir- ma che egli stesso ha posto sul fronte destro della base, che reca incisa la scritta “N. Mar- 3 - Napoleone Martinuzzi, Altare del Sacro tinuzzi”. Per quanto riguarda invece la data- Cuore di Gesù, particolare della firma. zione, la si può fare risalire con certezza al Mestre, chiesa di Santa Maria di Lourdes 1963, poiché l’inaugurazione dell’altare av- venuta il 23 gennaio di quell’anno è riporta- ta da una Cronistoria della Parrocchia che ri- vato assieme da altre opere in gesso (Nudo porta i fatti più importanti della comunità a di donna, Nudo di donna con cappellino) a Ca’ partire dal 1949, interrompendosi brusca- Pesaro. mente il 27 febbraio 1967. In essa si men- Martinuzzi è attivo a Mestre anche ziona che “l’esecuzione del gruppo statuario qualche anno prima e precisamente nel è stato commesso al Prof. N. Martinuzzi. La 1960, data alla quale risalgono le statue in parte marmorea è stata eseguita dalla ditta bronzo, scarne ed allungate. di San Giovan- Zanchetta di Pove del Grappa”. ni Battista e di Cristo realizzate per il fon- Corrispondenze si possono riscontra- te battesimale del duomo di Mestre. An- re tra il Sant’Antonio realizzato da Martinuz- che in questo caso non può non tornare zi per la nicchia nella facciata della basilica alla mente il San Giovanni Battista di Do- del Santo a Padova (per sostituirne il prece- natello presente in basilica dei Frari. Le dente quattrocentesco ormai distrutto) e il influenze mariniane e martiniane che da- Sant’Antonio di Santa Maria di Lourdes, nei gli anni Cinquanta sembrano accentuarsi tratti della testa e del volto e nella realizza- in Martinuzzi, qui si incrociano anche con zione dell’aureola, che sembra poggiare sul spunti tratti dall’opera di Adolfo Wildt, so- cappuccio del saio. Anche la statua in bron- prattutto nell’intensa espressione dei vol- zo della Partigiana del 1964, ora al Museo ti di Gesù e del Battista. Nel 1931 i due arti- d’Arte Moderna di Ca’ Pesaro a Venezia, ha sti partecipano alla Prima Quadriennale di tratti somatici molto simili. Arte Nazionale a Roma, e appaiono citati in Non deve stupire l’uso del gesso per il un celebre articolo5 di Roberto Papini sul gruppo statuario di Santa Maria di Lou- futuro dell’arte contemporanea, dove Mar- rdes, infatti Napoleone Martinuzzi, oltre al tinuzzi6 appare già un’affermata personali- marmo, il bronzo, il vetro, la terracotta, usa tà della scultura italiana moderna, assieme spesso il gesso, fin quasi dagli inizi della sua ad Arturo Martini, Arturo Dazzi, Medar- attività di scultore, con risultati eccellenti do Rosso, Sirio Tofanari e appunto, Adol- come il Busto di bambino del 1917, conser- fo Wildt.

Napoleone Martinuzzi per la chiesa di Santa Maria di Lourdes a Mestre 227 Note

1 Si possono confrontare le suggestive e dram- dendo ad esse una calda vita ricca di infles- matiche fotografie prima e dopo il bombar- sioni”. Nel 1917 incontra Gabriele D’Annun- damento di Mestre, in Mestre Novecento, Ve- zio, che in una lettera lo definisce “Maestro nezia 2007, p. 266. Muranese che con la stessa misura d’Arte fog- 2 Cfr. Il Patriarcato di Venezia, situazione al 15 gia il vetro e il marmo, che con lo stesso fuoco ottobre 1974, Venezia, Archivio Storico del tratta il vetro e il bronzo”. Nei primi anni ’20 Patriarcato di Venezia, c. 579. Martinuzzi raggiunge una discreta visibilità in 3 Napoleone Martinuzzi, nato a Murano il 31 ambito nazionale ed internazionale parteci- maggio 1892, da un’antica famiglia di vetrai, pando a mostre importanti: a Parigi (1928), viene iniziato alla scultura e allo studio dell’a- Bruxelles, Bucarest, Sofia, Vienna e Buda- natomia dallo scultore Tamburlini di Venezia. pest (1935), all’Esposizione Universale di Pa- Frequenta poi le lezioni di Antonio Dal Zotto rigi del 1937. Nel 1923 lo troviamo alla Quat- all’Accademia di Belle Arti. Martinuzzi espo- tordicesima Mostra di Ca’ Pesaro, organizzata ne con i cosiddetti “ribelli di Ca’ Pesaro” – tra da Nino Barbantini, con Incipit vita nova, una i quali troviamo, ad esempio, A.Martini, T. statua in marmo di giovane uomo in posa pla- Wolf Ferrari, U. Boccioni, V. Zecchin. Mar- stica. Questo il giudizio encomiastico di Ugo tinuzzi, negli anni 1910-1911, si trasferisce a Nebbia: “Di Napoleone Martinuzzi, giova- Roma, dove partecipa assieme ad Angiolo Za- ne scultore muranese, che offre saggi svaria- nelli alla decorazione dell’Altare della Patria. ti e multiformi – forse un po’ troppo – d’ol- Durante il soggiorno romano Martinuzzi ar- tre un decennio della sua attività, sento pure ricchisce e matura il suo linguaggio artistico si deve parlar con favore; non tanto perché ha da un lato consolidando il gusto secessioni- cominciato bene, quanto perché nelle ultime sta mitteleuropeo, dall’altro aprendosi ad in- sue cose, mostra d’aver raffinato la sua perso- fluenze dell’art nouveau. Nel 1914 all’alber- nalità e d’aver fede per procedere oltre e più go Excelsior del Lido di Venezia, partecipa sicuro di sé”. Nel 1967 partecipa alla Biennale alla Mostra dei Rifiutati, nata in opposizione d’Arte Triveneta di Padova, e, negli anni ses- agli ostracismi della Biennale, dove espon- santa, restaura prima l’Eva del Rizzo e poi al- gono anche altri giovani artisti come Arturo cune statue in pietra nella Porta della Carta di Martini e Guido Cadorin, presentando Testa Palazzo Ducale. d’uomo. L. Serra nella sua Cronachetta Artisti- 4 Cfr. “Emporium”, XII, 1934, pp. 329 e 388. ca all’interno della rivista Emporium, scri- 5 “Emporium”, LXXIII, n. 435, 1931, pp.154-163. ve che “Il Martinuzzi è artista di sicuro avve- 6 Martinuzzi partecipa alla Prima Quadrien- nire. Egli è un modellatore sagace e raffinato nale di Arte Nazionale di Roma nel 1931 pre- che plasma le figure con virile grazia infon- sentando La donna del circo.

Reading the impressive plaster sculptural group of Martinuzzi (1963, signed) inside the Santa Maria of Lourdes Church, at Mestre – an unicum in the artistic production of our sculptor – the author finds stylistic references to the long course of the venetian plastic art, from Byzantine influences to that 15th century ones, and more recent formal consonances to the main avant-garde movements of the 1900 first decades. [email protected]

228 AFAT 31 Afro Basaldella per l’E 42 a Roma: storia di un’occasione mancata

Vania Gransinigh

“La prima gioventù di Afro pittore fu tutta zio del decennio successivo. Dal 1936, l’an- spesa in affreschi e in composizioni a tem- no delle pitture murali realizzate per l’atrio pera, da cavalletto: sui muri, scene ispirate d’ingresso del collegio dell’Opera Nazionale a miti o a temi di fantasia; su tavola, gli stes- Balilla a Udine (oggi Scuola Media “E. Fer- si temi o, per lo più, paesaggi e ritratti, dei mi” in via Pradamano), tale attività si svi- quali fece un’esposizione alla Galleria della luppava attraverso gli interventi di Casa Ca- Cometa nel 1936. In tali dipinti colore e di- vazzini a Udine, dell’Albergo delle Rose e segno si compiacevano a vicenda con una li- della Villa del Profeta a Rodi nel 1938 per bera espansione di mezzi e insieme con una giungere ai lavori, purtroppo mai esegui- serrata fuga coloristica, che denunciava- ti, progettati per il complesso architettoni- no del pittore interessi immediati e per lui co dell’E 42 a Roma. Si tratta di pochi epi- indiscutibili; direi di quantità d’estro, tut- sodi, ma particolarmente significativi, che ti giocati nelle architetture, negli spazi che traducono nella dimensione individuale del le figure traevano da quelle architetture. Il fare artistico da un lato il dibattito teorico in pittore vi arrischiava le vicinanze più dispa- corso nell’Italia di quegli anni sul rappor- rate: Tintoretto, Veronese, Magnasco e cer- to tra l’architettura e la pittura murale e il ti capricciosi minori della sua patria friu- nuovo ruolo sociale che quest’ultima anda- lana, che genialmente riassunti sortivano va acquisendo, dall’altro permettono di re- effetti di calligrafia barocca, assolutamen- gistrare i passaggi salienti di un’evoluzione te personali. Era una concertazione liberis- personale che riguardò il linguaggio pitto- sima, ampiamente riuscita per una capacità rico di Afro in quel periodo di intensa con- del suo istinto che andava ormai allenando- centrazione creativa. si sulla via del carattere”1. Le esperienze a cui ci si riferisce, furo- Con queste affermazioni precise e cali- no sviluppate a livello regionale e non solo brate, il poeta e animatore culturale Libero ma mostrano di incardinarsi strettamen- de Libero ricordava, molti anni dopo la sua te con quanto andava avvenendo nel tea- conclusione, il periodo più fecondo dell’at- tro assai più vasto dell’arte italiana dell’e- tività decorativa di Afro, tutta compressa tra poca, ancora alla ricerca di un linguaggio la seconda metà degli anni Trenta e l’ini- unitariamente rappresentativo dell’identi-

Afro Basaldella per l’E 42 a Roma: storia di un’occasione mancata 229 1 - Afro, Bozzetto per il mosaico Le attività umane e sociali per il Palazzo dei Congressi all’EUR. Collezione privata tà nazionale. Nella prospettiva indicata, ri- e contemporanea cittadino, ospitato sta- considerare la decorazione murale di Afro bilmente a Casa Cavazzini dall’ottobre del significa sostanzialmente passare da una 20122. Nel breve volgere di tempo tra il 1936 rilettura neoquattrocentesca del “primor- e il 1938, Afro porta a maturazione il suo dio” inteso nell’accezione di Corrado Cagli, originale stile pittorico, nutrito delle espe- per giungere all’elaborazione di un linguag- rienze più diverse e tutto orchestrato sul li- gio originale modulato sulla rimeditazione bero armonizzarsi del colore lasciato flui- dei testi pittorici sei e settecenteschi, vene- re sulle superfici a ricomporre i temi di un ti in particolare. Nell’arco cronologico rap- racconto che, solamente nel corso degli presentato dagli anni Trenta, segnato dal anni Quaranta, diverrà superfluo alle esi- trasferimento a Roma, dalla frequentazione genze espressive dell’artista. degli ambienti legati alla Scuola di via Ca- Esulano da questo tracciato evolutivo vour prima e alla cosiddetta Scuola Romana solo le progettate decorazioni per il Palazzo poi, nonché dai viaggi a Milano e dai conti- dei Ricevimenti e dei Congressi del mai rea- nui e reiterati rapporti con la provincia udi- lizzato complesso architettonico dell’E 42 a nese, si assiste nel pittore di origini friula- Roma. Pensate nei minimi dettagli sin dal ne alla maturazione di modalità artistiche 1939, queste ornamentazioni furono sog- nuove. Esse paiono debitrici tanto allo stu- gette a tante e tali pressioni e richieste del- dio dei modelli quattrocenteschi quanto la committenza governativa da apparire, nei all’adesione al tonalismo di matrice roma- risultati finali oggi documentati dai bozzet- na per attestarsi infine sul confronto con i ti, dai modelli e dalle foto d’epoca esistenti grandi maestri antichi da El Greco, a Ru- del tutto snaturate rispetto alla più genuina bens e Rembrandt, per non parlare di Vero- vena creativa di Afro. Esse, infatti, subiro- nese, Tintoretto e Tiepolo. no nel corso del tempo, dal momento in cui Un filo rosso ininterrotto collega, dun- l’incarico fu assegnato all’artista fino alla que, le tempere dell’atrio d’ingresso nel preparazione dei cartoni che precedono la collegio dell’ONB, solo parzialmente esi- realizzazione dell’opera, un processo di nor- stenti e frutto di un recupero risalente al malizzazione stilistica che si desidera foca- 1989, alle altre ancora perfettamente con- lizzare nel presente intervento con il ricorso servate e oggi inserite nel percorso espo- a nuovo materiale documentario rintracciato sitivo del nuovo museo di arte moderna in occasione di una recente mostra3.

230 AFAT 31 Gli antefatti di questi pur importantis- tri, il dipinto raffigurante il Ritratto di Aldo simi interventi rimasti allo stato progettua- Merlo (1937, collezione privata). Tra apprez- le, devono dunque essere individuati nei zamenti e note d’interesse, l’esposizione fu lavori di pittura murale già menzionati in accolta anche da qualche critica focalizzata precedenza e che si inquadrano nel conte- soprattutto sull’influenza cagliesca che ta- sto raccolto intorno alla VI Triennale di Mi- luni intesero preponderante nei saggi pit- lano del 1936 e al VI Convegno Volta, te- torici di Afro, a scapito della sua autonomia nutosi a Roma in Campidoglio nell’ottobre creativa. A rispondere, tra gli altri, a queste dello stesso anno4. Intorno ai due distin- osservazioni non troppo benevole era Lui- ti eventi si era sviluppato il dibattito rela- gi Aversano che dalle pagine de “La Pana- tivo ai rapporti tra pittura murale e archi- rie” annotava: “Qualche reminiscenza ca- tettura con una accentuazione, da parte del gliesca in questa ben selezionata raccolta, si governo fascista, dell’attenzione rivolta alla può riscontrare ancora in qualche composi- decorazione monumentale, intesa sempre zione di soggetti; ma è reminiscenza di gu- più come un veicolo privilegiato di propa- sto: ché la pittura, la materia sonora traspa- ganda. A tutte queste discussioni era seguita rente viva, è ben sua”7. un’impennata retorica dei contenuti e dello A fronte di questi rilievi su cui proba- stile che si attestò sul recupero di elemen- bilmente Afro ebbe modo di riflettere, la ti fortemente realistici, uniti a una com- sua pittura cominciò ad arricchirsi di echi ponente simbolica delle forme, funzionale diversi e ad irrobustire la sua vena storici- alla dittatura e ai suoi scopi promozionali. stica tornando a riflettere sui testi pittori- Fu questa fase del dibattito e i suoi river- ci della sua formazione veneziana con un’at- beri nella lontana provincia a consigliare, tenzione particolare per il manierismo e il in ambito locale, la cancellazione dei lavo- barocco tra Tintoretto e Veronese, non sen- ri portati a termine da Afro presso l’edificio za palesi richiami a Tiepolo. Ma non solo. È dell’ONB a Udine. in questo momento che egli tornò a servir- Nel loro complesso le tempere, distrut- si del disegno come strumento d’indagine e te nel 1938, documentavano la piena fasci- di ricerca, mentre la sua biblioteca cresce- nazione dell’artista per la pittura dell’amico va con l’acquisto di volumi che rivelavano il Cagli, aiutato e affiancato nel portare a com- suo rinnovato interesse per artisti come Ve- pimento imprese importanti tra cui quella lazquez, Rubens, Rembrandt, per non par- dei pannelli decorativi per il Padiglione ita- lare di El Greco, già acquisito quale model- liano alla Esposizione Universale di Parigi lo pittorico nel più recente passato, ma che del 19375. A testimoniare la fervente ammi- si prestava ora a più approfondite medita- razione di Afro per il pittore marchigia- zioni formali8. Risalgono a questo periodo no interveniva la mostra che, nell’aprile di una serie di disegni e di piccoli dipinti che quello stesso anno, il giovane artista friula- si qualificano come copie di questi antichi no aveva allestito alla Galleria della Cometa maestri o elaborazioni formali sulla scorta a Roma, presentato personalmente da Libe- di quegli stessi exempla. Le fonti sono tut- ro de Libero6. Molteplici furono i commenti te libresche e facilmente rintracciabili tra a questa personale che includeva, tra gli al- i volumi ancora facenti parte della sua bi-

Afro Basaldella per l’E 42 a Roma: storia di un’occasione mancata 231 2, 3 - Afro, Arte e Filosofia; Medicina e Scienze Naturali, cartoni per Le attività umane e sociali (fotografia d’epoca) blioteca: sugli scaffali trovavano posto, le di Roma, noti solo da alcune foto d’epoca, ad esempio, la monografia dedicata a Ve- esibiscono ancora influssi caglieschi, ben- lazquez da G. Rouches nel 1935 e quella di J. ché temperati da una tavolozza più ricca e Allende Salazar edita in Germania nel 1925, densa di impasti cromatici. Completamen- ma che una nota ci dice acquistata nel 1937; te rinnovati, invece, dovevano presentarsi i su El Greco Afro possedeva il volume di L. pannelli murali esposti alla Mostra autar- Goldscheiber del 1938, su Tiziano la mono- chica del Minerale Italiano nel 1938 (colle- grafia del Suida risalente al 19369. zione privata). Tale inversione di tenden- Gli effetti di questi studi e di questi nuo- za, che non raccoglieva il consenso di tutti, vi rovelli espressivi non si tradussero subi- fu segnalata con toni entusiastici da Cesa- to in immagini, ma continuarono ad agire re Brandi che in un articolo dedicato ad al- in maniera sotterranea, rispuntando qua e cuni giovani artisti tra cui compariva Afro, là, inaspettatamente nelle occasioni più di- del suo dipinto raffigurante i minatori in verse. Se dei lavori compiuti nella Centra- una miniera di carbone scriveva di “un fi- le Idroelettrica di Salisano non rimane più lone abbandonato e solenne della tradizio- traccia e quindi è impossibile esprime- ne veneta quella che si onora dei nomi di re un giudizio sulla loro veste compositiva, Tintoretto e di Bassano; chi l’ha vista, quel- i pannelli realizzati per il Carcere minori- la tempera violenta e abbondante, deve per

232 AFAT 31 4, 5 - Afro, Artigianato e Navigazione; Storia e Diritto, cartoni per Le attività umane e sociali (fotografia d’epoca) forza accorgersi che, non fosse altro, è roba del passato rimaneva assolutamente valida di casa nostra. E deve anche accorgersi che anche se usciva dai canoni indicati dal più non risulta da una detrazione museografica, avveduto filone della critica novecentista. ma da un continuo e nuovo documentarsi, Ma è nella dimensione privata e familia- da una riassunzione libera e disincagliata, re delle tempere murali per Dante Cavazzini da una padronanza di mezzi che non è af- che Afro portò a piena maturazione la svol- fatto facilità”10. Nel fare riferimento a Tin- ta stilistica già segnalata. Nella primavera toretto e a Bassano il critico coglieva acu- del 1938, il giovane artista fu chiamato a in- tamente le nuove fonti d’ispirazione a cui tervenire sulle pareti dell’appartamento pa- il pittore friulano mostrava di guardare, ri- dronale che il commerciante udinese aveva collegandosi a quella che era stata la sua for- appena fatto ristrutturare da Ermes Mide- mazione veneziana degli anni giovanili. Per na. In questo caso il tema è ispirato alla vita quanto in questa fase della sua pittura – ed è in campagna e in città, tra attività quotidia- ancora il commento di Brandi – Afro dimo- ne e stagionali, giochi e momenti di sva- strasse di aver rinnegato gli iniziali richia- go. A dominare, qui, è la pittura nel senso mi a Giotto, Paolo Uccello e Mantegna che più profondo del termine, una pittura tut- pur avevano contraddistinto il periodo pre- ta rielaborata sul rapporto con la tradizione cedente, la rielaborazione della tradizione del passato, veneziana essenzialmente, che

Afro Basaldella per l’E 42 a Roma: storia di un’occasione mancata 233 6, 7 - Afro, Religione e Geografia; Industria e Commercio, cartoni per Le attività umane e sociali (fotografia d’epoca) rintraccia i proprio punti di riferimento tra in pennellate fratte e ravvicinate, la sontuo- Veronese e Tiepolo. A rilevarlo per primo fu sa materia pittorica intrisa di luce e di aria. Licio Damiani che scrivendo di questo ciclo Analoghe influenze storicistiche si evi- decorativo ne sottolineava appunto la ma- denziano nei dipinti che Afro lasciò nell’Al- trice “veronesiana e tiepolesca” sulla quale bergo delle Rose (oggi Casinò) e nella Vil- “si modella il ritorno idealizzato e idilliaco la del Profeta a Rodi, risalenti all’estate del alla vita campestre friulana. È un ritorno, se 1938. A segnalare il nome dell’artista era si vuole, intellettuale, compiaciuto delle ci- stato Cesare Brandi in virtù del suo ruo- tazioni erudite e di un lessico che ama la ra- lo e dei suoi rapporti con la Soprintenden- rità e i preziosismi, ma motivato da un sen- za all’arte dell’isola12. Sui pannelli di cui si timento che è di panica gioiosità, in cui è la compongono i due distinti cicli decorati- stessa storia della pittura a diventare ogget- vi, Afro dispiegava il racconto di un tem- to di poesia”11. Come già era avvenuto nei la- po mitico e attuale insieme, vivificato dalla vori per il Collegio dell’ONB qualche anno stessa opulenza cromatica che aveva con- prima, Afro affrontò la composizione a pa- traddistinto già l’intervento a Casa Cavazzi- rete senza progettarla in anticipo, ma trac- ni. Nelle decorazioni della Villa del Profeta, ciando veloci e sommarie sinopie imme- scene di vita campestre si alternavano a rie- diatamente sotto la superficie cromatica e vocazioni bibliche con incursioni nel mon- procedendo poi speditamente a stendere, do mitologico legato all’antichità classica.

234 AFAT 31 8,9 - Afro, Virtù famigliari ed Eroismo; Chimica e Matematica, cartoni per Le attività umane e sociali (fotografia d’epoca)

Nel frattempo a chiudere l’esperien- talogo di Afro e rappresenta, al contempo, za muralista era intervenuto l’episodio le- un’occasione mancata che avrebbe potuto gato alla realizzazione, mai portata a com- avere sviluppi inaspettati anche sull’evo- pimento, del complesso architettonico luzione personale dell’artista. dell’E 42 a Roma. Di quell’impresa, distin- Nel 1939, dunque, Afro eseguì una se- ta in fasi diverse, ci rimangono oggi alcu- rie di bozzetti finalizzati alla decorazione ni bozzetti e un modello che costituiscono dell’Atrio dei Ricevimenti, nel Palazzo dei un importante arricchimento alla storia di Ricevimenti e dei Congressi del futuro e quelle decorazioni mai realizzate13. Insie- mai portato a termine complesso dell’E 42 me alle foto d’epoca degli ultimi modelli a Roma. A darne notizia ufficiale fu un pe- (fig. 1-10, tav. xii) è possibile ricostruire le riodico udinese che, commentando il pri- vicende di quella sfortunata impresa, par- mo premio del concorso “Si fondano le cit- tita nel 1939, con l’assegnazione ad Afro di tà” assegnato proprio al pittore friulano, un incarico che nel tempo si tramutò nel- sottolineava le rare capacità pittoriche di la richiesta di un grande mosaico raffigu- quest’ultimo a cui era stato affidato “pro- rante le Attività umane e sociali per l’Atrio prio in questi giorni di illustrare un grande posteriore del Palazzo dei Congressi. La vi- portico in un edificio della E 42”14. La no- cenda costituisce, nel suo insieme, un ad- tizia risale alla primavera del 1939 e per- dendum importante benché virtuale al ca- mette di collocare cronologicamente i pri-

Afro Basaldella per l’E 42 a Roma: storia di un’occasione mancata 235 anni in cui superato il richiamo al primor- dio egli si volse progressivamente al filtro museale costituito dal repertorio cinque e seicentesco, non solo veneto. Queste pro- poste, però, non dovettero essere accolte con favore per il loro carattere scarsamen- te retorico e celebrativo. I documenti con- servati presso l’Archivio Centrale dello Sta- to e pubblicati da Simonetta Lux nel 1987 hanno permesso di dimostrare che il ci- clo di affreschi fu infine affidato ad Achil- le Funi, mentre Afro fu incaricato della rea- lizzazione di un grande mosaico per l’Atrio posteriore del Palazzo dei Congressi. Le or- namentazioni avrebbero dovuto compor- si di una serie di figure allegoriche in rife- rimento alle attività umane e sociali. Anche in questo caso l’incarico giunse all’artista friulano sulla base di rapporti personali e implicò nuovi contatti che risalgono cer- 10 - Afro, Archeologia e Stampa, tamente alla fine del 1940 quando egli ese- cartone per Le attività umane e sociali guì un bozzetto sul tema assegnatogli. Fino (fotografia d’epoca) a questo momento la concezione compo- sitiva di tale lavoro era conosciuta soltanto mi contatti tra Afro e Cipriano Efisio Oppo da alcune foto della piccola tavola conser- che, in tempi abbastanza precoci, avreb- vate presso il fondo relativo all’E 42, esi- be richiesto all’artista una prima idea per stente presso l’Archivio Centrale dello Sta- la serie di affreschi destinati agli ambien- to di Roma e rese note da Simonetta Lux nel ti di rappresentanza di uno dei più impor- contributo già citato. Alle immagini d’epo- tanti edifici del complesso architettonico ca si può oggi affiancare l’originale model- all’Eur. La commissione, che giungeva sen- letto dipinto da Afro in quella circostanza, za l’effettuazione di alcun concorso si basa- opera conservata in una collezione priva- va sui rapporti personali tra i due, rapporti ta. La piccola tavola, che aggiunge un tas- mediati verosimilmente dal fratello di Afro, sello importante all’attività murale e mo- Mirko. A testimoniare di questa prima fase numentale di Afro al principio degli anni dell’impegno, intervengono tre bozzet- Quaranta, rispetta fedelmente quello che ti interpretabili come rappresentazioni di era il dettato dello “schema per le decora- fasi diverse della Civiltà di Roma (collezio- zioni ad affresco” datato 11 ottobre 1940 a ne privata). Nel loro complesso le tre ope- firma dell’architetto Adalberto Libera. Se- re documentano il passaggio stilistico che condo le indicazioni, il disporsi sequenzia- interessò la pittura di Afro in quel torno di le delle figure doveva avere al ““centro filo-

236 AFAT 31 sofia ed arte = civiltà (raziocinio ed istinto) la tavolozza e inondarla della luce argen- < UOMO DONNA (numero e amore = uni- tea che pervade di sé la scena di Si fonda- verso (Pitagora)” e come nucleo della sce- no le città del 1939. Le figure che prece- na centrale una “fiamma della civiltà”; la se- dentemente sembravano quasi perdere quenza delle allegorie da rappresentarsi è la consistenza nel colore, si ricompongono seguente: eroismo; scena costeggiante il ri- pur continuando a mantenere riferimenti quadro della porta sulla scala, con “canto”, barocchi nel modo di atteggiarsi. Il senso “teatro”, “poesia”, “danza”; stampa, naviga- di movimento presente nei primi model- zione, industria, lavoro, commercio, dirit- li si raffredda qui nel dispiegarsi paratat- to, astronomia, geografia, fisica, matemati- tico delle figure, con una accentuazione ca, filosofia / e, simmetricamente dall’altro ben evidente del loro significato didascali- lato: arte, genio inventivo, chimica, storia, co. La tavola raffigurante Il Commercio sot- medicina, ordinas [?], religione, artigiana- to le spoglie del dio Mercurio (collezio- to, agricoltura, scienze naturali, scolastica e ne privata, courtesy Fondazione Archivio – intorno all’altro riquadro della porta sca- Afro) fa parte del medesimo ciclo decora- la – architettura, scultura, cinematografia, tivo e costituisce il modello in scala di una pittura; nell’ultimo riquadro a destra virtù delle figure allegoriche inserite nella serie familiari” (Lux 1987, p. 349). Come eviden- delle Attività umane e sociali. Essa ripropo- zia il confronto fra bozzetto e testo scritto, ne, con buona approssimazione, la stessa Afro si attenne scupolosamente alle pre- allegoria del bozzetto di collezione privata scrizioni anche se le foto conservate pres- con minime varianti nella posa della figura so l’Archivio Centrale dello Stato mostrano e nella foggia dell’elmo alato. Come il Mer- una versione ancora diversa della compo- curio di più piccole dimensioni, il sogget- sizione, frutto forse di un fotomontaggio di to di questo dipinto sta versando denaro da altre tre scene allegoriche che furono poi una cornucopia sopra la silohouette di una eliminate. In apertura a sinistra, compa- città che non è possibile identificare. Sulla re l’episodio dedicato all’eroismo, figurato base di questi rilievi, si può ipotizzare che iconograficamente con la citazione di Da- il modello appartenga alla fase intermedia vide che sta per mozzare la testa del gigante dei lavori commissionati ad Afro nel 1940, Golia, episodio già inserito nelle decorazio- datazione questa che appare plausibile an- ni di Casa Cavazzini anche se con toni com- che per la tavola in questione. pletamente differenti. A seguire compaiono Il contratto per la realizzazione del- tutte le allegorie richieste, mentre a chiusu- le decorazioni fu sottoscritto da Afro il ra, nell’immagine riferita alle virtù familia- 17 giugno 1941; con esso il pittore si im- ri, Afro riprende la scena della filatrice già pegnava a seguire la direzione e a conse- dipinta a Udine nella sala da pranzo di Casa gnare bozzetti e cartoni per l’esecuzione di Cavazzini. un grande mosaico policromo raffiguran- Rispetto ai primi tre bozzetti presen- te appunto le Attività umane e sociali che tati per l’Atrio dei Ricevimenti, la pittu- avrebbe avuto le ragguardevoli dimensio- ra dell’artista sembra dismettere i toni ni di 73×8,35 metri. Stando ai documenti, rubensiani e tintoretteschi per schiarire Afro consegnò regolarmente tutti i mate-

Afro Basaldella per l’E 42 a Roma: storia di un’occasione mancata 237 riali richiesti in via preliminare, ma l’esi- cristiano. In effetti l’iconografia dell’opera to finale di quel processo creativo doveva attinge a piene mani al repertorio romano risultare ancora diverso rispetto a quanto e tardo-antico e – come è stato giustamen- inizialmente prospettato. In un promemo- te sottolineato da Simonetta Lux – il com- ria datato 20 maggio 1942, infatti, Adal- plesso decorativo rimanda all’esempio berto Libera avanzava alcune osservazioni delle pitture della Villa dei Misteri a Pom- sul progetto decorativo di Afro, riflessio- pei. Evidentemente i condizionamenti im- ni che dovettero avere un peso sulla suc- posti dalla committenza e dall’architetto cessiva elaborazione degli ultimi bozzet- Libera influirono pesantemente sull’ope- ti, individuabili con i tre oggi conservati rato di Afro e coincisero, fatalmente, con presso l’Ente Eur a Roma. Questa ulterio- la crisi che egli stava affrontando in quel re fase esecutiva rimane documentata an- preciso momento del suo percorso artisti- che in una serie di fotografie d’epoca (figg. co. Negli anni tra il 1938 e il 1941, infatti, il 2-10) che ci mostrano i modelli in sca- pittore andava ormai orientando il suo lin- la presentati in dirittura finale. Il risul- guaggio espressivo in direzione dell’antica tato è un ridimensionamento complessi- matrice veneta risalente agli anni della sua vo del progetto e un mutamento dello stile formazione, ma la veste iconografica degli che appare ora molto più sintetico, men- ultimi modelli presentati alla committen- tre alcune figure allegoriche sono comple- za palesano tutt’altri riferimenti stilistici tamente cambiate: Davide è ora raffigurato rendendone i risultati figurativi completa- con la testa mozza di Golia in una mano, la mente eccentrici nella produzione di Afro spada sguainata nell’altra e un’espressio- in quel periodo. ne del viso sovranamente indifferente alla La divergenza stilistica che allontana il grande impresa compiuta: un’immagine primo pensiero per queste opere dall’ese- ben diversa da quella inserita nel contesto cuzione dei modelli che avrebbero dovuto decorativo di Casa Cavazzini a Udine solo essere utilizzati per l’ingrandimento del- qualche anno prima, trionfante di virile la composizione sulla parete non è assolu- eroicità. Le Virtù famigliari, dal canto loro, tamente ricomponibile in unità e si spiega si sono trasformate in una matrona roma- solo con le enormi pressioni subite da Afro na con il fuso in mano e il figlio accanto: nel corso della vicenda. L’imbambolata un velo di banalizzazione sembra essere fissità delle figure allegoriche che avreb- calato sulle allegorie, allineate come dili- bero dovuto essere tradotte infine in mo- genti scolaretti a esibire gli attributi da cui saico non ha nulla in comune con le stesse appaiono identificate. Sulla rappresenta- allegorie pensate da Afro pochi anni pri- zione originaria, testimoniata dal bozzet- ma con diversa freschezza e libertà creati- to di collezione privata, sembra essere in- va nel bozzetto di piccole dimensioni qui tervenuta una normalizzazione visiva, un presentato, segno che l’imposizione della processo di sintesi formale che rende la “ragion di stato” fascista aveva compiuto il teoria di figure simile a un corteo paleo- suo corso.

238 AFAT 31 Note

1 L. de Libero, Afro, Roma, 1946, pp. 111-112. 7 Cfr. L. Aversano, Afro Basaldella a Roma, “La 2 Per l’operazione di recupero si veda quanto Panarie”, maggio-giugno 1937, p. 221. relazionato da P. Casadio-I. Reale, La risco- 8 L’attenzione rivolta a El Greco, del resto, non perta delle tempere murali di Afro nel collegio era suggestione nuova nell’arte di Afro che dell’ONB di Udine - La cronaca e il primordio l’aveva appresa nel rapporto con Cagli fil- - La tecnica esecutiva e il restauro, “Bolletti- trandola dall’interesse di cui lo aveva fatto no d’Arte”, novembre-dicembre 1989, pp. oggetto anche un pittore come Scipione; lo 73-86 e successivamente I. Reale-P. Casa- si evince in Scipione, Carte segrete, a cura di dio, Udine Scuola Media “E. Fermi”, in La tu- E. Falqui, Firenze 1943. tela dei beni culturali e ambientali nel Friuli 9 Le informazioni sono raccolte nel saggio Venezia Giulia (1986-1987). Bollettino dell’at- di M. Fagiolo Dell’Arco, “Impara a leggere i tività della Soprintendenza, Udine 1991, pp. quadri antichi prescindendo dalla forma…”. 302-306. Afro e l’antico: memoria e riduzione, in Afro 3 Ci si riferisce a M. De Grassi-V. Gransinigh, un Album Antico degli anni di guerra, catalo- Afro Basaldella e Carlo Sbisà: l’elegia del quo- go della mostra di Roma a cura di M. Fagiolo tidiano. La decorazione murale negli anni ’30, Dell’Arco, Roma 1992, pp. 5-10. catalogo della mostra di Udine a cura di M. 10 C. Brandi, Su alcuni giovani: Afro Mafai De Grassi, Udine 2013. Manzù Mirco, “Le Arti. Rassegna bimestra- 4 G. Ginex, Il dibattito critico e istituzionale sul le dell’arte antica e moderna”, a. I, fasc. III, muralismo in Italia, in Muri ai pittori. Pittura febbraio-marzo 1939, p. 288. murale e decorazione in Italia 1930-1950, cata- 11 L. Damiani, Gli affreschi di Afro in casa Cavaz- logo della mostra di Milano a cura di V. Fago- zini, “La Panarie”, n. 23, dicembre (1978), ne, G. Ginex, T. Sparagli, Milano 1999, pp. pp. 23-29. 25-43. 12 L. Caramel, La pittura come realtà del senti- 5 G. Ganzer, Corrado Cagli all’Expo di Parigi, in mento, in Afro dipinti 1931-1975, catalogo del- Ado Furlan nella scultura italiana del Novecen- la mostra di Milano a cura di L. Caramel, Mi- to, a cura di F. Fergonzi-C. Furlan, Atti del lano 1992, p. 21. Convegno di Studio (Pordenone, 2-4 dicem- 13 Per ogni approfondimento si rimanda al bre 2004), Udine 2005, pp. 329-338. Alcu- contributo di S. Lux in E 42 Utopia e scena- ni di questi pannelli raffiguranti uomini il- rio del Regime, vol. II, Urbanistica, architettu- lustri che ebbero un ruolo importante nella ra, arte e decorazione, catalogo della mostra storia italiana sono oggi conservati presso il di Roma a cura di M. Calvesi-E. Guidoni-S. Museo Civico d’Arte di Pordenone. Lux, Venezia 1987, pp. 348-352. 6 L. de Libero, Pitture di Afro, catalogo della 14 Si fondano le città, “La Panarie”, 87-88, mag- mostra di Roma, Roma 1937. gio-agosto (1939), pp. 166-167.

Afro Basaldella per l’E 42 a Roma: storia di un’occasione mancata 239 In 1939 Afro Basaldella was commissioned to paint one of the decorations for the hall of the Palazzo dei Con- gressi in the so-called “E42” architectural complex in Rome. The sketches presented by the painter - depicting the Civilization of Rome - did not satisfy Cipriano Efisio Oppo who decided, instead, to entrust Basaldella with the execution of a huge mosaic - depicting the Human and Social Activities - for the back hall of the Palazzo dei Congressi. The work was never completed and it was known only thanks to some pictures and models which were pre- sented by the artist to architect Adalberto Libera (they are currently stored in the Central State Archive and in the Ente Eur Archives, both in Rome). Only the recent discovery of a sketch and other vintage photos in private collections has allowed us to fully appreciate the creative phases of this important decorative project and how it was subject to a painful process of stylistic normalization from its very beginning until the completion of the latest models in 1941. [email protected]

240 AFAT 31 Filologia versus filosofia. L’opera di Andy Warhol interpretata da Argan, Baudrillard e Thomas Crow

Maurizio Lorber

L’eternità dell’arte è una frottola, il vero problema è la sopravvivenza della civiltà dopo la fine dell’arte. E questo dipenderà anche dal modo in cui l’arte avrà vissuto la propria fine, che sarà ancora un momento della storia, di tutti il più illuminante. G.C. Argan

“L’arte a sistema tecnico tradizionale era un Il tema è questo: la morte dell’arte, l’ul- modello di produzione artigianale con un tima fermata e il relativo capolinea della massimo di qualità e un minimo di quanti- storia dell’arte come finora si era concepi- tà; stava al vertice di una piramide che aveva ta2. Sono conclusioni nelle quali non è dif- alla base la produzione di oggetti d’uso co- ficile imbattersi ogni qualvolta si affronti mune con un minimo di qualità e un mas- il tema della contemporaneità e che hanno simo di quantità. Ma se questo andava bene trovato anche nel testo The Transfiguration of nel quadro di una cultura materiale domina- the Commonplace3 di Arthur Coleman Danto ta da simmetrie ed equidistanze di qualità e un’ulteriore e diversa base argomentativa. quantità, per l’appunto, non va più bene in Ma la fine dell’arte e la conseguente- un mondo della produzione industriale ca- mente liquidazione della storia dell’arte è ratterizzata da una spirale di variazione in- proprio l’inevitabile conclusione? finita. Ora, se puoi variare e produrre all’in- Per rispondere a tale domanda è parti- finito, cosa avviene della qualità? Si riduce colarmente fruttuoso affrontare la lettura a zero: lo stesso concetto di valore scompa- comparata di due testi coevi: l’uno di un fi- re. Questo nuovo modello è il progetto […]. losofo, Jean Baudrillard – Le snobisme ma- Così si è passati dalle opere d’arte finite alla chinale4 – e l’altro di uno storico dell’arte progettualità estetica. E dove la progettuali- contemporanea, Thomas Crow – Saturday tà estetica ha modo di meglio di estrinsecar- Disasters. Trace and Reference in Early Warhol5 si? Nell’urbanistica e nel design, connessi – dedicati all’artista Pop che rappresenta- con la tecnologia industriale, e nei mass me- no un Case study concreto sul tema. Il loro dia. Ecco perché dico che l’arte trapassa nel- confronto permette, da un lato, di fruire di la comunicazione di massa ma, come arte, è due diverse interpretazioni delle medesime morta”1. opere e, dall’altro, di constatare un esito op-

L’opera di Andy Warhol interpretata da Argan, Baudrillard e Thomas Crow 241 1 - Andy Warhol, Liz come Cleopatra in blu, serigrafia

242 AFAT 31 posto per le sorti della storia dell’arte. Con ni aberranti ma che Walter Gropius, con te- una fine esiziale per l’arte e la sua storia nel orie e opere, avesse imposto una svolta, un caso di Jean Baudrillard e con prospettive cambiamento di intendere non solo rispet- di continuità in quello di Thomas Crow che to all’operare artistico ma nei confronti del- sviluppa le sue argomentazioni nel solco di la stessa società. Proprio la Bauhaus si pre- una tradizione di ricerca filologica e icono- sta, per le sue ambizioni didattiche ad alto logica. È una comparazione utile in quanto impatto sociale, a una lettura che ne colga ci permette di capire perché nell’arte con- la filosofia di fondo che costituì l’ossatura di temporanea si è giunti a quell’impasse evi- quel progetto pedagogico e creativo: dente che Arthur C. Danto ha riassunto nel titolo di un altro testo dedicato al tema “[Gropius] crede ancora, come la genera- Beyond the Brillo Box: The Visual Arts in Post- zione che l’ha preceduto, in una redenzio- Historical Perspective6. ne del mondo per mezzo dell’arte; ma poiché Baudrillard, a suo modo, non giunge a l’arte stessa è malata, propone la redenzio- conclusioni assai diverse rispetto a Dan- ne dell’arte per mezzo della ragione […] Se to partendo però non dall’esposizione alla la formazione dell’artefice consiste nel pas- Stable Gallery del 1964 e dalla conseguente sare dalla padronanza dell’utensile a quel- riflessione sullo statuto ontologico dell’o- la della macchina, il suo processo formativo pera d’arte7 – “The Transfiguration of the Com- riproduce il processo evolutivo dall’artigia- monplace was essentially a contribution to the nato all’industria: la scuola artistica è dun- ontology” – bensì da ciò che le realizzazio- que una società in nuce perché il processo ni e la figura stessa di Warhol lo inducono didattico riproduce il processo dell’evolu- a pensare relativamente alla mentalità del zione sociale […] La didattica della Bauhaus suo tempo. La sua analisi è simile a quella nasce appunto dalla constatazione che, per la di un antropologo che, analizzando dei ma- prima volta, un ideale internazionale ha as- nufatti, tenti di penetrare nel pensiero col- sunto una precisa consistenza storica. Come lettivo di una società. Tale lettura dell’opera la nuova coscienza della realtà rivendica un è indubbiamente rischiosa ma, qualora sia campo di esperienze infinitamente più vasto condotta con sagacia, indubbiamente frut- della ‘natura’, così la vita moderna si espli- tuosa. Questa modalità interpretativa è ri- ca in una sfera infinitamente più vasta del- scontrabile anche nella storia dell’arte di la ‘nazione’”9 matrice filosofica come è lucidamente inte- sa da Giulio Carlo Argan: “Ricordo una con- L’operazione interpretativa di Baudril- versazione che ebbi con Gropius. Mi disse: lard non è molto diversa. Egli fa affiorare “Io avrei voluto pensare tutte le cose che lei dall’opera di Warhol alcune caratteristiche mi ha attribuito, ma non le ho mai pensa- fondamentali che gli permettono di mettere te”. Io ho risposto: “Caro Gropius, non me a fuoco la visione antropologica che si è im- ne importa niente; mi importa che Lei le posta. Per Crow invece, come vedremo, si abbia fatte pensare a me”8. Ciò non signi- tratta di un’interpretazione fuorviante poi- fica che Argan avesse posto in essere delle ché prescinde da quelli che sono i significa- sovra-interpretazioni o delle interpretazio- ti culturali delle immagini che costituisco-

L’opera di Andy Warhol interpretata da Argan, Baudrillard e Thomas Crow 243 della visione naturale. Un metodo raffigu- rativo che Warhol disabilita per una strada diversa da quella del cubismo o dell’astrat- tismo. Baudrillard sostiene che se il dipin- to prima era un modello della realtà, secon- do una tradizione classica della pittura, con Warhol il modello figurativo è divenuto re- altà, o meglio ha sostituito il reale ed è il pa- rametro di ciò che chiamiamo reale. Così Danto stesso giustifica il ruolo fon- damentale fatto assumere da Andy Warhol alle sue opere che “rendevano impossibi- le una demarcazione tra arte e realtà (tra le scatole Brillo del supermercato e le sue Brillo Box). Perciò, a partire dagli anni Ses- santa, il futuro dell’arte coincideva con il superamento di quel confine che ne de- terminava il distacco dalla vita comune. Ed io pensai che fosse proprio quella la fine dell’arte, perché era la fine della possibilità di una narrazione evolutiva. Eravamo giun- ti nell’era post-moderna, o post-storica11”. 2 - Andy Warhol, Tuna fish disaster, serigrafia Per Baudrillard questa caratteristica ri- assume una condizione antropologica. Se no l’enciclopedia iconografica di Warhol. nella società dei consumi non è la realtà che Baudrillard ravvisa la grandezza dell’arti- verifica il modello ma sono le immagini che sta americano e la sua affermazione solo fungono da modello per il reale, Warhol di- alla luce della capacità di cogliere la strut- mostra di comprendere questo meccani- tura nascosta del pensiero che caratterizza smo proprio dell’era nella quale cinema, la contemporaneità10. televisione e immagini fotografiche inizia- In alcuni periodi della storia dell’arte no a costituire l’enciclopedia visiva di ri- il confronto con la realtà visiva è stato uno ferimento delle masse. Crow obiettereb- dei metri di giudizio attraverso il quale giu- be a questa presa di posizione radicale una dicare la rappresentazione. Dagli aneddo- superficialità filologica e assegnerebbe alla ti di Plinio, alle riprese Vasariane, molte- storia dell’arte il compito di comprende- plici sono i casi in cui è menzionata l’abilità re quali siano i riferimenti visivi e cultura- dell’artista di evocare le apparenze. È un’e- li, plausibilmente fondati, di Warhol. Co- redità che muore con le avanguardie e che sicché, nell’analisi di Crow, si ritiene che i coincide con la fine della rappresentazio- prodotti artistici di Warhol siano compren- ne prospettica dello spazio, l’unico sistema sibili in un’ottica tradizionale di conte- in grado di simulare le invarianti proiettive sto e significato con un lavoro interpretati-

244 AFAT 31 vo analogo a quello che la storia dell’arte ha ria dell’arte in quanto cessa di appartene- svolto per il passato. Baudrillard invece ri- re al mondo dell’arte per diventare parte di scontra, e come dargli torto, un sistema di quel mondo che, riflettendolo icasticamen- pensiero che riflette quell’estetica feticista te, decreta la fine dell’arte. Che Baudrillard del quotidiano, divenuta modalità inconsa- attribuisca intenzioni che non sono pro- pevole di godere dell’esistenza: prie a Warhol? Ne dubitiamo, poiché le frasi apodittiche dell’artista contribuiscono si- “Tutti gli artefatti moderni, industriali, im- curamente a confermare queste intenzio- magini di Marilyn, della lattina Campbell o ni, tanto che l’autore francese cita spesso la della sedia elettrica, tendono a divenire per definizione dell’arte dell’artista americano: noi naturali, talmente sono banali. Ora, il “L’arte esiste (forse), ma io non ci credo”, mistero di questi artefatti di Warhol, così tuttavia un rischio in questo genere di ana- come il mistero della sua gloria che ci fa in- lisi è sempre possibile, tanto che lo stesso goiare stupidamente moda e pubblicità, non Giulio Carlo Argan ricorda nell’intervista a ha altro segreto che questa artificialità pura, Tommaso Trini che “quando Gropius les- quello che emerge da qualsiasi significato se il mio libro, mi disse: “Ma lei mi ha fatto naturale, sensuale, per prendere una inten- plus grand que nature”. Voleva dire insom- sità spettrale, vuota di senso, che è quella del ma che gli avevo conferito un significato feticcio”12. ideologico e filosofico maggiore di quanto ne avesse”14. Una storiella surreale citata da David Il filosofo francese fa un esempio chia- Foster Wallace13 racconta di due giovani pe- rificatore del balzo messo in atto da Warhol sci che, mentre stanno nuotando, incontra- chiedendoci di immaginare la situazio- no un pesce anziano che va nella direzione ne della scienza più avanzata. Non dimen- opposta il quale, dopo un cenno di saluto, tichiamo che il riferimento è alle “imma- chiede loro: “Com’è l’acqua?” I due pesci gini” scientifiche che, nel momento in cui proseguono per un altro po’, poi uno guar- scrive Baudrillard, sono quelle prodot- da l’altro e lo apostrofa: “Che cavolo è l’ac- te dagli acceleratori di particelle elemen- qua?”. tari del Tevatron del CERN di Ginevra o del L’acqua in cui nuotiamo e respiriamo Fermi LAB di Chicago e soprattutto quel- non ci è nota fino a che qualcuno non ce la le che, sui giornali di tutto il mondo, illu- rivela, in questo modo Warhol avrebbe reso stravano la scoperta delle particella W e Z di evidente la dinamica parossistica del con- Carlo Rubbia. Sono immagini nelle quali la sumo. L’interpretazione di Baudrillard tra- concretezza dell’oggetto – si pensi ai para- valica tuttavia questa interpretazione ico- dossi della fisica quantistica – e la posizio- nologica e approda ad una sorta di nemesi ne critica del soggetto – solo una macchina storica au contraire. È Warhol a renderla può rielaborare visivamente l’invisibile – evidente; una visione lucida e, al contem- spariscono simultaneamente e dove la sola po, complice del mondo contemporaneo fa realtà dell’oggetto è quella dello schermo di Warhol una figura che non può più essere del calcolatore. Questo spazio è uno spa- letta con i parametri tradizionali della sto- zio paradossale ed è in questo ambito che,

L’opera di Andy Warhol interpretata da Argan, Baudrillard e Thomas Crow 245 3 - Andy Warhol, Little Electric Chair, serigrafia per Baudrillard, si muove Warhol metten- te superficiali dietro le quali non c’è nulla. do fine all’arte attuale. Non c’è un referen- Insomma dichiarazioni che lasciano ampio te oggettuale dietro quelle immagini, non margine ai filosofi – liquidazione dell’origi- più che dietro lo schermo che traccia le tra- nale, riproduzione illimitata, nullificazione iettorie delle particelle che non si riferisco- dell’autore – per svolgere il loro lavoro. no a qualcosa di tangibile, concreto, reale Warhol realizzerebbe un’estetica che nel senso di percepibile con i sensi comu- pone fine alla storia poiché, spiega Baudril- ni. Così come non c’è più il soggetto Warhol lard, non si tratta di una nuova estetica o di dietro l’effetto Warhol. C’è solo una superfi- una nuova modalità di narrare per immagi- cie di raffigurazione. È lo stesso Warhol ad ni ma si tratta di una metafisica, che è parte avvallare questa posizione, sottolinea Bau- del nostro mondo attuale. drillard, quando afferma che il suo sogno La differenza è che anziché deplorarla, consiste nell’essere una macchina imper- o di viverla come una condizione alienante sonale che produce immagini totalmen- e depressiva, Warhol la vive con esaltazio-

246 AFAT 31 ne gioiosa. Egli dissolve la sua opera nella è affatto irrilevante nella scelta del sogget- totale trasmutazione in immagine del no- to. Dal nostro attuale punto di vista tendia- stro mondo. Una realtà sociale che margi- mo a sopravvalutare il mito Marilyn, una nalizza, con sempre maggiore insistenza, il sorta “reduction of a woman’s identity to a reale per sostituirlo con l’illusorio. Nell’e- mass-commodity fetish”, facendo oscillare laborare una serie d’icone estatiche e insi- la nostra percezione emotiva rispetto all’in- gnificanti fa si che l’immagine sia una raf- tera serie di serigrafie da un estremo rap- figurazione pura, senza la benché minima presentato da una sorta di monumento po- trasfigurazione. stumo ad un passato irripetibile, a quello La via d’uscita da questa impasse che dell’eterna e immutabile presenza dell’i- non permette di verificare o confutare cona. La scelta di altre due figure femmini- quanto affermato è seguire le tracce, gli in- li – Liz Taylor e Jacqueline Kennedy – l’u- dizi, attraverso un lavoro di confronti e raf- na legata nel ricordo collettivo alla malattia fronti che contestualizzi storicamente l’o- che la obbligò ad abbandonare il set di Cle- pera? È quanto crede Thomas Crow il cui opatra e l’altra al lutto più drammatico del- lavoro consiste nel mettere a fuoco le exter- la storia americana, non rimanda a fatti di nal determinations che contribuiscono a cronaca ma a quegli elementi che sono in stimolare la realizzazione delle opere. Crow palinsesto al trittico: la morte, il lutto e la è esplicito nell’affermare che, senza questo malattia. E ancora Crow pone in luce come tipo di analisi, la fascinazione stessa delle nel caso delle serigrafie dedicate alla vedova opere stesse rimane occulta e inesplicabile. Kennedy l’artista abbia messo in scena una drammatizzazione del sentimento e, al con- “Egli iniziò i dipinti [di Marylin] nelle set- tempo, abbia rielaborato un tipo particolare timane successive il suo suicidio nell’agosto di pittura di storia. del 1962 ed è rimarchevole quanto questo Il lavoro di Crow ci obbliga così a pren- semplice fatto così importante non sia sot- dere in considerazione il contesto nel qua- tolineato nella letteratura specifica. La sua le avviene la scelta del soggetto; questo re- morte fu qualcosa con la quale Warhol chia- cupero di significati connessi alle immagini ramente doveva fare i conti. E i dipinti rap- ha una lunga tradizione nella storia dell’ar- presentano un lungo atto di cordoglio addo- te e si definisce iconologia. Crow sottoli- lorato del quale molta della motivazione va al nea come precedentemente alle lattine di di là della nostra comprensione”15. Campbell’s Soup, nel 1963, Warhol realiz- zò una serie di serigrafie dal titolo Tunafish Crow sottolinea come numerose scelte Disaster. Il tonno contenuto in queste lat- formali facciano riferimento alla scompar- tine fu sospettato di aver avvelato e ucci- sa della diva, quasi che il suo volto ritratto so alcune persone e Warhol produce delle su fondo oro fosse un’icona sacra (Gold Ma- immagini in cui avvicina le fotografie del- rilyn Monroe, Museum of Modern Art, New le vittime tratte dai giornali alle scatolette. York). Inoltre, la fascinazione erotica che Quei ritratti fotografici tipici delle istanta- suscitò in molti intellettuali dell’epoca – da nee ci comunicano, attraverso il vestiario, Willem de Koonig a Norman Mailer – non gli occhiali, le acconciature, l’immagina-

L’opera di Andy Warhol interpretata da Argan, Baudrillard e Thomas Crow 247 rio stereotipo della classe media america- ai film noir che appartengono alla cultura ci- na. La traslazione appiattita dell’immagine nematografica degli anni Quaranta e primi ripetuta, secondo il tipico stile Warhol, tra- Cinquanta del XX secolo. Una visione del di- sforma le figure in una neutra astrazione. Le singanno, pessimistica dell’american way of immagini fissano iconicamente il momen- life, prodotta dal montaggio di materiali pulp to nel quale fu disastrosamente distrutto il da parte di un artista che non scelse sogget- sogno del supermarket che promette sicu- ti banali e facili a trattarsi né fece dell’iro- rezza attraverso l’abbondanza festante del nia accondiscendente17. Non diversamente cibo confezionato. Ma analogamente “un Argan, nel 1970, asseriva che Warhol: “non collegamento può essere fatto con alcune è affatto un entusiasta della cultura di mas- serie che utilizzano fotografie di automo- sa e del ‘modo di vita americano’ […] Il suo bile incidentate. Questi eventi commemo- versante è quello dell’obsolescenza, il pro- rano eventi nei quali il simbolo supremo del cesso di assorbimento e dissolvimento del- consumo affluente, la macchina americana la notizia nella psicologia di massa. Analiz- degli anni Cinquanta, ha cessato di essere za gli effetti della ripetizione della notizia: un’immagine di piacere e libertà ed è dive- l’incidente d’auto, la sedia elettrica, Marylin nuta un concreto strumento d’inaspettato e Monroe e Che Guevara veduti sul giornale, irreparabile infortunio”16. al cinematografo, dappertutto. Studia come Le stesse immagini della sedia elettri- quelle immagini-notizia vengano ‘digerite’ ca non possono essere disgiunte dalla po- nell’inconscio, si schematizzino, si trasfor- litica di quegli anni nei quali, per la prima mino in slogan visivi”18. volta negli Stati Uniti, le esecuzioni bru- Posizione affine, seppur non identica, a tali divennero oggetto di un aspro dibatti- quella del mondo dei simulacri e della du- to politico. Nel 1960 infatti, a seguito della plicazione del reale ravvisata da Baudril- esecuzione di Caryl Chessman in Califor- lard. D’altra parte, una decina di anni dopo, nia, ebbero luogo numerose contestazioni Crow ha sentito l’urgenza di scrivere un te- nei confronti della pena di morte cresciu- sto dal titolo significativo: The Intelligence of ta a livelli di intensità senza precedenti. E lo Art, con l’intenzione esplicita di esplorare stesso si può affermare per quanto riguarda le condizioni che rendono la spiegazione di la serie dedicata alla fase più violenta del- manufatti artistici possibile non sulla base le manifestazioni a favore dei diritti civili. di teorie ma attraverso “the concrete neces- In The Race Riots del 1963, la realtà politi- sities of art-historical research”. Insomma ca è trasfigurata, secondo il linguaggio visi- un ritorno a quella comprovata serie di re- vo proprio di Warhol, attraverso la maggiore lazioni costruita da raffronti formali, testi- accentuazione della saturazione coloristica. monianze e contestualizzazioni storiche che Crow conclude, dopo avere esaminato i l’autore ritrova nel modello metodologico significati e le scelte stilistiche di Warhol, di Meyer Schapiro. Si tratta di riprendere il che questo corpus di opere, appartenenti alla bandolo della matassa dopo la sbornia post- prima fase della sua produzione, è ascrivibile moderna che asseriva che la storia non ave- a un genere noir: una sorta di peinture noir nel va i requisiti necessari per rendere il passa- senso in cui questo termine viene applicato to intelligibile19.

248 AFAT 31 Crow, nelle numerose versioni del suo menti formali dell’artista che trovano ri- articolo Saturday Disasters: Trace and Refe- scontro in alcuni procedimenti stilistici rence in Early Warhol20, più o meno simili nei di Warhol22. De Kooning infatti, dal pun- contenuti ma diverse nei riferimenti e nelle to di vista formale, aveva attuato un pro- precisazioni, non entra mai in aperta pole- cedimento che si basava sulle ridipinture e mica con Baudrillard, sebbene nella prima sul raschiamento della superficie pittorica, versione dell’articolo, pubblicata nel 1987 utilizzando anche un’immagine di labbra di in “Art in America”, faccia un riferimento donna che aveva ritagliato da una rivista. esplicito alla versione inglese del testo Si- Senza entrare nei dettagli descritti da Crow mulations di Baudrillard, pubblicata a New ripresi dalla monografia di Hess è evidente York nel 1983. che queste tecniche sono rilevanti sul piano Crow dichiara la sua perplessità relati- dell’analisi dell’operare artistico di Warhol. vamente all’interpretazione della “spari- Per Baudrillard, come abbiamo anti- zione del reale” e riporta l’argomentazione cipato, Warhol è il vessillo di una presa di su di un piano di referenze visive proprie coscienza gioiosa ed estatica dello Zeitgeist dell’indagine storico artistica: odierno, contrariamente a quanto sostie- ne Crow. Un mondo nel quale tutto viene ri- “Egli professa un’incapacità nel fare una di- prodotto in immagini. Una sorta di profezia stinzione fra ciò che è reale e ciò che è simu- – questi scritti di Baudrillard appartengono lato, a penetrare al disotto della superficie all’era della televisione di poco preceden- indifferenziata dei segni. Alla luce dell’al- te ad internet – che si è potenziata con gli lusione a una ‘proliferazione di sensazioni smartphone, il world wide web, e i più dispa- visive le quali causano duplicati da appari- rati mondi e realtà virtuali che l’elettronica re fra loro indifferenziati’ questi commenti e l’informatica producono a getto continuo: potrebbero anche plausibilmente essere di- “viviamo in un mondo di simulazione, cioè chiarati da qualsiasi giovane artista che la- in un mondo in cui la più alta funzione del vorava in quel periodo, qualche professio- segno è di fare scomparire la realtà e di ma- nista di duplicazioni o repliche, entusiasta scherare al tempo stesso questa sparizione. dell’idea di una moltiplicazione dei simula- L’arte non fa altro. I media oggi non fanno cri (tale pratica nonché i testi che ne fanno altro. È per questo che sono votati allo stes- da riferimento hanno conferito alle opere di so destino”23. Warhol un nuovo valore aggiunto [a new cur- Come non concordare con il filoso- rency] nella metà degli anni ’80). Ma l’artista fo francese quando scrive che “a ben vede- le cui rappresentazioni sono state elaborate re è il destino della tecnica rendere il mon- in questo caso non è un artista Pop o un ‘si- do ancora più illusorio”24 e come trascurare mulazionista’ [‘simulationist’]; è infatti Wil- il fatto che Warhol fece parte di un mondo lem de Koonig. Lo scrittore è Thomas Hess, nel quale le tecnologie della duplicazione25 e la data è 1953”21. – pellicola, polaroid, fotocopie e stampe serigrafiche – erano parte integrante della Fu infatti proprio lo studioso di de Ko- vita quotidiana e motore attraverso il qua- oning, Thomas Hess, a spiegare i procedi- le attivare e incentivare il meccanismo dei

L’opera di Andy Warhol interpretata da Argan, Baudrillard e Thomas Crow 249 consumi. Un mondo ove, per dirla con Bau- di Crow, non solo diverge ma giunge a con- drillard, il consumatore – di immagini e so- clusioni di ordine filosofico esiziali che lo gni prima che di prodotti concreti – lavora storico dell’arte contemporanea non può senza sapere di lavorare: “Ciò cui assistia- ignorare. mo al di là del materialismo mercantile è Per Baudrillard l’affaire Warhol non è una materializzazione semiotica, semiolo- risolvibile sul piano dell’indagine storica: gica di tutto attraverso la pubblicità, i me- “rimane in lui qualche cosa di definitiva- dia, le immagini”26. E non diversamente si mente enigmatico e che lo strappa al para- esprime Argan: “Viene il momento in cui digma dell’arte e della storia dell’arte”. l’oggetto fa tutt’uno con la propria pubbli- L’artificialità pura delle sue immagini, cità, che è già modo di consumo simbolico in quest’ottica, libera l’oggetto da ogni si- dell’oggetto: un oggetto divulgato attraverso gnificato naturale – nel senso che ne obli- la pubblicità è un oggetto pre-consumato”27. tera la referenza oggettuale – per prende- D’altra parte, Andy Warhol non ha tra- re, sono parole di Baudrillard, un’intensità sformato se stesso nell’icona kitsch e sgar- spettrale, vuota di senso, che è quella del fe- giante di questo way of life? Che fosse critico ticcio. Così Warhol è l’illustrazione di quel su quanto lo circondava o che fosse accon- simulacre inconditionnel che si pone contro discendente ha una relativa importanza. la regola del gioco dell’arte, contro la con- Era un uomo del suo tempo e questo ba- venzione estetica che era propria della no- sta per dare materia sufficiente agli storici stra cultura: “Warhol è il primo che intro- dell’arte, e Crow è sicuramente un esempio duce al feticismo moderno, transestetico, convincente, per fornire un’interpretazio- quella immagine senza qualità, di una pre- ne storica attendibile, seppur controversa, senza senza desiderio”28. È una condizione della sua opera. che va al di là dell’estetica poiché, secon- È evidente che la posta in gioco nel con- do quest’interpretazione, non fa parte del- fronto fra le due interpretazioni dello stesso la storia dell’arte ma fa parte dello stato del fenomeno artistico non è una questione di mondo, di una condizione antropologica formazioni culturali, di analisi o di corret- che è quella dell’uomo moderno: “egli non tezza interpretativa. La sfida è nelle conclu- lo rappresenta, egli ne è semplicemente un sioni alle quali si giunge percorrendo stra- frammento, un frammento allo stato puro”. de diverse. Ma perché Warhol, dato che appartiene La strada di Crow è esemplificativa di un al suo tempo, come tutti gli artisti del resto, metodo che ha una lunga tradizione. L’ana- non può essere collocato e compreso sto- lisi che si costruisce passo passo per raf- ricamente? Ecco l’asso nella manica che è fronti visivi, consonanze stilistiche e con- stato calato sul banco non solo da Baudril- testualizzazioni storiche: fatti ed eventi che lard ma anche da Arthur C. Danto: perché ebbero un significato e che giocarono un Warhol rappresenta la fine dell’arte quin- ruolo nella scelta di determinati soggetti e di non può essere analizzato e categorizza- di soluzioni formali da parte dell’artista. to come se fosse un artista del passato. È il La strada di Baudrillard, seppur parzial- personaggio che ha fatto scacco matto nel mente integrabile e compatibile con quella gioco dell’arte. Una dinamica che aveva in

250 AFAT 31 sé, intrinsecamente, i germi della sua di- Così facendo conclude il ciclo dell’utopia struzione una volta imboccata la strada del- critica, la annulla. le rivoluzioni permanenti – le avanguardie Cosicché agli artisti non resterebbe che – e della concettualizzazione – Duchamp – una forma di citazionismo che ricapitoli ciò dei fatti dell’arte. che è già stato fatto: “La distinzione tra l’arte Le immagini di Warhol infatti non sono e la produzione d’immagini, comuni, bana- semplicemente banali in quanto sempli- li, è sempre meno netta. Il solo ad aver pre- ce riflesso di un mondo banale, esse sono so atto e a gestire con radicalità questa bana- piuttosto l’elevazione dell’immagine alla fi- lizzazione totale dell’estetica […] è Warhol. gurazione pura, senza il mondo trasfigurato. A mio avviso, all’infuori di lui si ha a che In termini semiotici si tratta di una trasmu- fare con delle forme artistiche ed estetiche tazione feticistica del segno. Per tale moti- che sono più animate dalla disillusione che vo Baudrillard, e in maniera analoga anche non da altro”29. O per dirla diversamente: Danto, hanno a cuore di separare l’espe- “non esiste una nuova direzione che la sto- rienza di Duchamp da quella di Warhol. Il ria dell’arte debba imboccare”30. È Warhol maestro del Dada appartiene a quella schie- che mette fine alla storia dell’arte. Conclu- ra di artisti che hanno contribuito a deco- sione alla quale giunge anche Argan: “Si può struire la rappresentazione e a fare implo- chiedere che cosa c’entri l’arte, la pittura col dere l’opera d’arte – la semiotica degli anni lavoro grafico di Lichtenstein o il lavoro fo- Sessanta parlava di ‘fissione’ del significa- totipico di Warhol. C’entra, ma è la sua ulti- to – tuttavia questi esperimenti si rivelano ma apparizione, tant’è vero che Warhol l’ha ancora delle utopie critiche. Correttamen- abbandonata per fare il cineasta”31. te Baudrillard pone l’accento sul fatto che è In maniera non molto difforme Arthur possibile leggere la storia dell’arte moderna C. Danto ritiene che si sia giunti, attraver- come se fosse insito il concetto di progres- so queste esperienze, ad una totale frantu- so e di contrapposizione. L’artista si prefig- mazione dell’idea unitaria di stile che ha ge il compito di rivoluzionare ciò che lo ha guidato la categorizzazione e comprensio- preceduto. Imboccando tale strada gli arti- ne dell’arte nel passato: “Oggi si produce sti hanno cessato di creare illusione per in- arte in un universo artistico non strutturato traprendere un cammino analogo alla fi- su alcuna grande narrazione, anche se na- losofia. Non è più un prodotto artigianale, turalmente persiste nella coscienza artisti- anche nei casi in cui si professa tale (si pen- ca la conoscenza delle narrazioni che non si si alla scuola della Bauhaus) poiché diviene applicano più”32. Warhol, in tal senso, è una un’idea critica, un’utopia. dead line: da ora in avanti non ci sarà più uno L’operazione concettuale di Duchamp stile identificabile, alto e basso si mescola- demistificò il suo oggetto d’un sol colpo, no e tutto, anche le esperienze formali del estetizzando qualsiasi oggetto. Ma il salto passato o le realizzazioni concettuali, sarà concettuale ulteriore e finale lo fa Warhol riciclato nel frullatore postmoderno. Ecco poiché egli s’impossessa di questa utopia: il senso di quanto affermato da Baudrillard: “lui s’installe directement au coeur de l’u- “A mio avviso, all’infuori di lui si ha a che topie, c’est-à-dire au coeur du nulle part”. fare con delle forme artistiche ed estetiche

L’opera di Andy Warhol interpretata da Argan, Baudrillard e Thomas Crow 251 che sono più animate dalla disillusione che la storia lo stile è una manifestazione del- non da altro”. Questa condizione di entro- la cultura nella sua interezza, il visibile se- pia estetica totale ha gettato la storia dell’ar- gno dell’unità”35. te, e di conseguenza i suoi metodi e le sue Se Danto pone il problema della diso- domande tradizionali, in un panorama con mogeneità e multiformità stilistica, che lui un orizzonte nuovo, del quale si scorgono a chiama entropia estetica, Argan lo sposta, malapena i contorni. È per tale motivo che forse più saggiamente, sul piano della pro- Danto dichiara: “Io sono per una fine del- duzione che Warhol, in effetti, aveva porta- la storia dell’arte, non per la fine dell’arte”33. to al parossismo: l’abolizione dell’originale Quella dimensione narrativa che periodiz- e la duplicazione seriale di qualsiasi manu- zava e categorizzava gli stili, costituendo una fatto abolirono il valore che l’unicità confe- una sorta di direzione che, a partire dall’an- riva all’oggetto creato dall’artista (nel con- tichità giungeva alle avanguardie, s’inter- creto così non fu e non è, poiché esistono rompe con Warhol il quale esaurisce ogni Brillo Boxes e Marilyn originali che hanno esperienza possibile nel giro d’orizzonte un cospicuo valore di mercato e copie che della tradizione storico artistica. si possono acquistare per pochi danari). Le Tuttavia alle volte si dimentica che il Brillo Boxes in realtà sono diventate il sim- primo preannuncio di morte dell’arte si bolo della crisi paventata da Argan poiché deve a Paul Delaroche, sottolinea Danto, il pittore accademico che nel 1839 sentenziò “[…] la concezione della morte dell’arte […] che l’esperienza della pittura, quale abili- vuol semplicemente dire che all’arte è suc- tà mimetica, era cessata34. La fotografia ne ceduta una ricerca estetica con altri mezzi aveva decretato, a suo dire, la fine. Che dire […] tutto il passato si fondava sul valore: Era oggi, dopo il tripudio di squali in formalina quell’unicità dell’io, quella qualità, quel- di Damien Hirst, la fotografia iperrealista di la singolarità, quella irripetibilità insita in Gregory Crewdson e la pittura informale di un’opera d’arte che ci faceva dire: ecco, que- Cy Twombly? Sono tre artisti – l’ultimo re- sta è l’espressione più assoluta dell’io, la sola centemente scomparso – che ci permettono che mi dia il senso del mio essere io. Ebbe- di mettere a fuoco come l’arte non sia mor- ne, il concetto tradizionale di valore oggi ta ma sia divenuta più simile alla trama di non funziona più”36. un film di David Lynch. Entrata nel frulla- tore dei media, l’arte non ha più una collo- Molto di quanto sostenuto tanto da Bau- cazione precisa, né caratteristiche che per- drillard quanto da Danto su Warhol ha una mettono di categorizzarla, né una logica, se fondatezza, tuttavia il problema si impo- non quella del mercato, che supporti una ne nel momento in cui si iniziano a tratta- narrazione coerente dei suoi sviluppi. Per re problemi artistici come se fossero pro- comprendere ciò che Danto intende con blemi filosofici. Questo gioco parzialmente entropia totale dobbiamo pensare che essa perverso, ove artisti e studiosi collaborano rappresenta l’abolizione dell’idea di stile il- attivamente, non poteva che condurre a so- lustrata da Meyer Schapiro nel 1953: “per luzioni paradossali poiché le realizzazioni uno storico della cultura o un filosofo del- artistiche, nell’epoca contemporanea, sono

252 AFAT 31 divenute la palestra argomentativa per ri- ca e quindi, attraverso i mezzi che sono loro spondere a domande di ordine generale – propri, stimolano delle associazioni e del- che cos’è l’arte – mentre i prodotti artisti- le intuizioni ma non producono dimostra- ci sono per loro natura, nel senso più esteso zioni né confutazioni. Possono sicuramente del termine, ‘immagini’ e quindi non pos- intuire empaticamente, come sicuramen- sono esprimere categorie generali. Un volto te è accaduto a Warhol, una condizione esi- di donna o una sedia sono quella sedia spe- stenziale collettiva, o porre in luce aspetti cifica o quello specifico volto e non possono contraddittori della nostra vita quotidiana, mai essere categorie astratte come se fosse- ma non fanno sillogismi né indagano con ro delle parole (questo aspetto nominalisti- i mezzi della logica. D’altra parte è lo stes- co, concretamente referenziale può essere so Arthur C. Danto ad aver affermato che superato soltanto con l’aggiunta di didasca- Warhol “nell’ambito della metafisica fun- lie o con l’elaborazione convenzionale di un zionò, a ogni stadio della sua produzione, linguaggio simbolico dove le icone diven- come uno strumento di filosofiche dimo- gono ideogrammi). Le opere non possono strazioni, anche se non fu mai consapevole dirci che cosa sia l’arte né possono confuta- delle teorie che confermava o confutava”37. re nulla, sono i ragionamenti, condotti per Se uso un esperimento artistico – le Brillo mezzo del linguaggio, a permettere la cate- boxes – per spiegare un problema filosofi- gorizzazione e le deduzioni logiche. Nel mo- co non posso pensare che tutto ciò che sarà mento in cui penso che le immagini siano la prodotto dopo quel manufatto seguirà la lo- visualizzazione di argomentazioni è possi- gica della mia filosofia e, come spesso acca- bile anche decretare la fine dell’arte da par- de nella realtà, capiterà l’unica cosa preve- te delle esteticamente affascinanti Brillo Bo- dibile: l’imprevisto. xes. Poiché esse non narrativizzano nulla, Anche i percorsi generativi rischiano, rappresentando il grado zero dell’eloquen- in barba agli storici, di essere meno astru- za, divengono un agile strumento a suppor- si di quanto si creda, seppure meno ingenui to delle teorie filosofiche. di quanto si voglia far credere. Come appa- In realtà i due autori posti a confronto re, con un’evidenza disarmante proprio in evidenziano come il paradigma filosofico – un’intervista a Andy Warhol del 1985. Alla opere intese quali Zeitgeist – e quello filolo- domanda del perché i suoi primi dipinti, gico – contestualizzazione storica, confronti che avevano come soggetto Popeye e Dick visivi – benché possano integrarsi a vicen- Tracy, nati come fotogrammi ripresi dal- da non collimano nelle conclusioni quan- le comic stripes, siano stati abbandonati nei do l’approccio filosofico forza la mano al si- primissimi anni Sessanta per rivolgersi gnificato delle immagini. È indubbio che gli verso la riproduzione seriale, egli rispose: artisti cercano soluzioni visive che traduca- “Io immagino sia accaduto perché io… io no le loro emozioni e trasfigurino il mon- non lo so. Ognuno stava provando una cosa do secondo una propria concezione estetica diversa. Io ho fatto le comic stripes, e allora con l’intento di produrre emozioni. Spes- vidi i piccoli punti di Roy Lichtenstein che so essi suscitano interrogativi esistenzia- erano fatti così perfettamente. Così io pen- li ma non usano l’argomentazione linguisti- sai che non potevo fare le comic stripes, per-

L’opera di Andy Warhol interpretata da Argan, Baudrillard e Thomas Crow 253 ché egli le faceva così bene. Così io iniziai a Non è un caso se abbiamo richiamato fare altre cose”38. più volte la figura di Giulio Carlo Argan, il La contestualizzazione storica, il re- quale avvertiva che: cupero dei testi, l’uso di fonti visive, pro- pri di un metodo filologico hanno l’indub- “L’informazione abbondante ed esatta aiu- bio vantaggio, come ci insegna l’approccio ta senza dubbio a impostare, ma non risol- di Thomas Crow, di argomentare in ma- ve il problema del significato e della portata niera più sicura e verificabile. A diffe- di un fatto. Lo si vede quando si studia l’ar- renza dell’approccio filosofico, da questo te contemporanea: malgrado la compiutezza punto di vista, non si coglie alcuna morte dell’informazione, essa ci appare, dal punto di dell’arte né sono presi in considerazione vista dell’interpretazione, ancor più proble- i problemi ontologici poiché non rientra- matica. È comune, del resto, la distinzione tra no nel novero delle domande che lo stori- una storia esterna, che accerta la consisten- co si pone. Dobbiamo tuttavia attentamen- za dei fatti e raccoglie e controlla le testimo- te valutare che si tratta di temi comunque nianze, ed una storia interna, che rintraccia i importanti, che non devono essere mar- motivi ed i significati dei fatti nella coscien- ginalizzati poiché erroneamente conside- za di chi li ha comunque vissuti; ed anche nel- rati rispondenti al solo bisogno ozioso del lo studio delle opere d’arte si ammette da tutti filosofo. Come si è cercato di manifesta- che l’indagine filologica o erudita, occupan- re negli esempi precedenti hanno ampio dosi specialmente di accertare o restituire diritto di essere parte della storia dell’ar- l’autenticità dei testi e delle fonti, non sia fine te, quand’essa include il valore dell’opera a sé stessa ma preparatoria ed ausiliaria del- d’arte e le forme di pensiero che le imma- la vera ricerca storica, che si propone l’inter- gini producono. pretazione dei significati e dei valori39”.

Note

1 G.C. Argan, Intervista sulla fabbrica dell’arte, La trasfigurazione del banale nell’arte, Roma- a cura di T. Trini, Roma-Bari 1980, pp. 55- Bari 2008. 56. 4 J. Baudrillard, Le snobisme machinale, “Les 2 Per un inquadramento complessivo del pro- cahiers du Musée National d’Art Moderne”, blema della fine dell’arte rimandiamo al te- 34, 1990, pp. 34-43. sto recente, con bibliografia dettagliata sul 5 T. Crow, Saturday Disasters. Trace and Refe- tema, di F. Vercellone: Dopo la morte dell’ar- rence in Early Warhol, “Art in America”, 75, te, Bologna, 2013. 1987, 128-136. L’articolo risale a una con- 3 A.C. Danto, The Transfiguration of the Com- ferenza del 1986 e ha una redazione defini- monplace, Cambridge (Mass.) 1981, trad. it. tiva nel 1990 con numerose versioni inter-

254 AFAT 31 medie. Abbiamo sempre citato e tradotto dai 16 T. Crow, Saturday Disasters…, cit., 1990, p. testi originali ma una traduzione di Elio Gra- 322. zioli, da un’edizione francese del 1990, è sta- 17 T. Crow, Saturday Disasters…, cit., 1990, p. ta pubblicata recentemente in Andy Warhol 324. Si vedano anche le pagine, nel testo di- (a cura di E. Grazioli), numero monografico vulgativo, dedicate a Warhol in: T. Crow, The di “Riga n. 33”, Milano 2012, pp. 108-117. Le Rise of the Sixties. American and European Art molteplici versioni e traduzioni dell’articolo in the Era of Dissent 1955-69, London 1996. Su sono elencate dettagliatamente alla nota 20. questo tema anche la posizione di Hal Foster 6 A.C. Danto, Beyond the Brillo Box: The Visual quando riprende dal testo di Crow la frase “le Arts in Post-Historical Perspective, New York, piaghe della vita americana lo attiravano”: H. 1992, trad. it. Oltre il Brillo Box. Il mondo Foster, Morte in America, in Andy Warhol (a dell’arte dopo la fine dell’arte, Milano 2010. cura di E. Grazioli), numero monografico di 7 A.C. Danto, Ontology, Criticism, and the “Riga n. 33”, Milano 2012, pp. 231-246. Riddle of Art Versus Non-Art in The Trans- 18 G.C. Argan, L’arte moderna 1770-1970, Firen- figuration of the Commonplace, Published ze 1970, ed. cons. 1980, p. 533. March 8, 2008 (http://www.contempaes- 19 T. Crow, The Intelligence of Art, Chapel Hill thetics.org/). and London 1999. 8 R. Bossaglia, Parlando con Argan, Nuoro 20 La prima versione risale al 1987 (T. Crow, Sa- 1992, p. 21. turday Disasters. Trace and Reference in Early 9 G.C. Argan, Walter Gropius e la Bauhaus, To- Warhol, “Art in America”, 75, 1987, 128-136) rino 1957, p. 28 e pp. 42-43. ed è l’unica che fa riferimento a Baudrillard 10 Sui percorsi critici e interpretativi dell’ar- (p. 132 e nota 7). Versioni successive: Satur- te di Warhol si veda l’utile sintesi bibliogra- day Disasters: trace et réference de la première fica di A. Mecacci, Andy Warhol, Roma-Bari pèriode de Warhol, “Artstudio”, 8, 1988, pp. 2008, pp. 157-168. Per un confronto fra in- 82-92; Saturday Disasters. Trace and Referen- terpretazioni diverse – Barthes, Baudrillard, ce in Early Warhol, in Reconstructing Moderni- Crow – il capitolo dedicato a I tredici uomini sm…, cit., pp. 311-326; Saturday Disasters: più ricercati di Andy Warhol in H. Foster, R. trace et réference chez le Warhol des débuts, “Les Krauss, Y.A. Bois, B.H.D. Buchloch, Art sin- Cahiers du Musée National d’Art Moderne”, ce 1900. Modernism, Antimodernism, Postmo- 34, 1990, pp. 34-69 con traduzione italia- dernism, London 2004, trad. it. Arte dal 1900, na di E. Grazioli, “Saturday Disasters”: trac- Bologna 2006, pp. 486-491. ce e referenze nelle prime opere di Warhol, in 11 A.C. Danto, Una conversazione (post-storica), Andy Warhol (a cura di E. Grazioli), “Riga n. intervista di Manrica Rotili, in A.C. Danto, 33”, Milano, 2012, pp. 108-117. Saturday Di- Oltre il Brillo Box. Il mondo dell’arte dopo la fine sasters. Trace and Reference in Early Warhol, dell’arte, cit., pp. V-XIV [p. VI]. Modern Art in the Common Culture, New Ha- 12 J. Baudrillard, Le snobisme…, cit., p. 35. ven and London 1996, pp. 49-65 e pp. 247- 13 Discorso di David Foster Wallace per la ce- 249; Saturday Disasters. Trace and Reference in rimonia delle lauree al Kenyon college, 21 Early Warhol, in Warhol. October Files 2, a cura maggio 2005. di A. Michelson, Boston 2001, pp. 49-60 e 14 G.C. Argan, Intervista…, cit., p. 43. pp. 64-66. Quest’ultimo contributo contie- 15 T. Crow, Saturday Disasters. Trace and Refe- ne anche sintesi di una serie di domande ri- rence in Early Warhol, in Reconstructing Mo- volte a Thomas Crow (pp. 60-64). dernism: Art in New York, Paris and Montre- 21 T. Crow, Saturday Disasters. Trace and Refe- al 1945-1964, Cambridge (Mass.) 1990, pp. rence in Early Warhol, “Art in America”, 75, 311-326 [p. 313]. 1987, 128-136 [p. 132].

L’opera di Andy Warhol interpretata da Argan, Baudrillard e Thomas Crow 255 22 Pur senza citare De Kooning, dal punto di vi- 29 J. Baudrillard, Al di là della fine (2002), in sta formale, già Argan aveva parlato di tec- Pataphysique (2006) ed. it., Patafisica e arte nica espressionista di Warhol e d’immagi- del vedere, Firenze 2009, p. 28. ne prelevata dai circuiti dell’informazione 30 A.C. Danto, After the End of Art. Contempora- di massa presentandola però “logora, sfatta, ry Art and the Pale of History, Washington 1997, consumata”. Su Warhol le pagine presenti in trad. it. Dopo la fine dell’arte. L’arte contempora- G.C. Argan, L’arte moderna…, cit., pp. 531- nea e il confine della storia, Milano 2008, p. 37. 535 e p. 600. 31 G.C. Argan, L’arte moderna…, cit., pp. 534- 23 J. Baudrillard, Verso il vanishing point 535. Ma così anche Baudrillard: “Quando dell’arte (1987), in J. Baudrillard, La spari- Warhol dipinge le zuppe Campbell negli anni zione dell’arte (a cura di E. Grazioli), Milano ’60 è un colpo da simulatore e uno shock per 2012, p. 34. È interessante che Argan recen- tutta l’arte moderna, l’oggetto – la merce, il sisca il testo di René Berger (La télé-fission. segno della merce – si trova ironicamen- Alert à la télévision, Bruxelles 1976). Questo te sacralizzato. Questo è il solo rituale che ci saggio è fondamentale poiché è su questa resta, il rituale della trasparenza. Ma quando base che Argan teorizza che l’arte sta finendo egli dipinge i barattoli di zuppa nell’Ottan- o è finita: “La televisione […] è la macchi- tasei, non è più nel chiarore, egli è nello ste- na mostruosa e tentacolare che trasforma la reotipo della simulazione”; cfr. J. Baudril- cultura in informazione, la storia in notizia”: lard, De la marchandise absolue, “ArtStudio”, G.C. Argan, Raffaello parla in TV, “L’Espres- numero speciale dedicato a Andy Warhol, n. so”, a. XXII, n. 16, 18 aprile 1976, ripubblica- 8, 1988, pp. 6-13 [p. 9]. Si noti che sul me- to in G.C. Argan, con il titolo La telefissione, desimo numero è collazionato anche il testo in Occasioni di critica, Roma 1981, pp. 93-95 di Thomas Crow, Saturday Disasters… in tra- [p. 93]. In un testo successivo (Che scultore! duzione francese (vedi nota 20). Ha 24 pollici, “L’Espresso”, a. XXIV, n. 42, 22 32 A.C. Danto, Dopo la fine dell’arte…, cit., p. 47. ottobre 1978 presente nel testo Occasioni di 33 A.C. Danto, Una conversazione…, cit., p. VI. critica con il titolo Televisione e arti visive, (pp. 34 A.C. Danto, Dopo la fine dell’arte…, cit., p. 75. 179-181) Argan scrive: “…poiché non c’è 35 M. Schapiro, Style, in A.L. Kroeber, Antro- dubbio che la tv è una malattia di cui è morta pology today, Chicago 1953, pp. 287-312 [p. l’arte. Al più si può dire che la tv è succeduta 287]. all’arte come la chimica all’alchimia e il da- 36 G.C. Argan, Intervista…, cit., pp. 54-56. gherrotipo alla pittura di ritratto, ma il pro- “Una disciplina muore quando, caduti i nes- cesso di surrogazione è ancora in atto e non si col sistema globale della cultura, cessa si sa come andrà a finire (p.180). la sua funzione. Così è stato dell’alchimia, 24 J. Baudrillard, Le snobisme machinale, cit., dell’astrologia […] L’eternità dell’arte è una p. 42. frottola, il vero problema è la sopravviven- 25 “La stampa sancisce il principio che la pittu- za della civiltà dopo la fine dell’arte. E que- ra interessa per l’immagine e non più come sto dipenderà anche dal modo in cui l’arte oggetto pregiato. Il quadro diventa, in un avrà vissuto la propria fine, che sarà anco- certo senso, il prototipo delle sue riprodu- ra un momento della storia, di tutti il più il- zioni”. G.C. Argan, Intervista…, cit., p. 96. luminante”. G.C. Argan, Ritratti di opere e di 26 J. Baudrillard, Transestetica (1987), in La artisti, a cura di A. Roca De Amicis, Roma sparizione…, cit., p. 47. 1993, dal paragrafo Le tendenze dell’arte, pp. 27 G.C. Argan, Intervista…, cit., p. 142. 151-153 [p. 152]. Ma sul concetto di valo- 28 J. Baudrillard, Le snobisme machinale, cit., re cancellato dalla produzione potenzial- p. 43. mente infinita nella fabbrica degli oggetti, e

256 AFAT 31 delle immagini, contemporanea si veda an- tiva del valore, che è anche l’estasi negativa che l’articolo di Baudrillard, De la marchan- della rappresentazione” cfr. De la marchan- dise absolue: “Quando Andy Warhol sostie- dise absolue…, cit., p. 11. ne questa esigenza radicale di divenire una 37 A.C. Danto, Who was Andy Warhol, “ART- ‘macchina’ assoluta, più meccanico anco- news”, 86, n. 5, may 1987, pp. 128-132 [129]. ra delle macchine, perché egli mira alla ri- 38 B.H. Buchloh, An Interview with Andy Warhol, produzione automatica macchinale di og- in October Files Andy Warhol, a cura di A. Mi- getti già fabbricati, già prodotti (che siano chelson, Boston 2001, pp. 119-128 [p.120]. una scatola di zuppa o il viso di una star) [… 39 G.C. Argan, La storia dell’arte, “Storia dell’ar- giunge] al diniego di sé stesso, l’estasi nega- te”, 1-2, 1969, pp. 5-36 [p. 5].

The interpretations of Andy Warhol’s works represented a turning point in the history of art. From the Exhibi- tion at the Stable Gallery Arthur C. Danto drew considerations about ontology of the artwork. From Camp- bell’s soup Jean Baudrillard has strengthened his philosophical provocation that the real is disappearing. From the image reproduction and consumer culture G. C. Argan cames to the conclusion that it was the end of art. A philological point of view has been adopted by Thomas Crow to interpret the Warhol’s early works and connect them into an historical and iconological dimension. The history of art can draw useful lessons from these different points of view and reflect on its future. [email protected]

L’opera di Andy Warhol interpretata da Argan, Baudrillard e Thomas Crow 257 indagini sul collezionismo triestino

Francesco Pezzicar e L’abolizione della schiavitù

Massimo De Grassi

“L’abolizione della schiavitù! Concetto subli- collocata nello studio, situato nella casa Ma- me da infiammare del sacro fuoco dell’arte yer (via Solitario (ora M.d’Azeglio) angolo la fervida mente d’un artefice in cui riflet- via Alfieri) ove rimase fino alla morte di mio tonsi gli umanitari sensi d’un anima nobi- padre avvenuta li 6 gennaio 1890. Se questo le e grande! La mente del Pezzikar concepì fatto amareggiò grandemente l’artista, non arditamente così sublime pensiero. Come fiaccò però la sua forte tempra di lavoratore egli lo abbia tradotto in atto con sapienza instancabile e tenace. Si mise alacremen- artistica, con studio, con filosofia, lo vedre- te al lavoro e portò in quello stesso torno di mo tosto. È la figura d’un negro americano tempo, a compimento […] molti altri lavori dai muscoli pronunciati pel soverchio lavo- di minore importanza”3. ro, che afferrato con mano febbrile il decre- Come si vedrà, gli appunti mossi all’au- to abolizionista si slancia anelo per dire agli tore dalla stampa statunitense erano sta- uomini: son vostro pari!”1. ti tutti di ordine squisitamente ‘politico’ o Così, con toni appassionati, il cronista de di politica culturale; come raccontava il fi- “Il Cittadino” aveva descritto la scultura che glio: “suscitò in America disparate critiche, più di ogni altra segnerà la carriera artisti- la maggior parte delle quali però, sebbene ca di Francesco Pezzicar (fig. 1), anche per le erano concordi nel riconoscere all’autore vicissitudini che ne accompagneranno i de- doti artistiche non comuni pure ne critica- stini fino al suo tardivo approdo nelle col- vano il soggetto della statua esposta perché lezioni del Civico Museo Revoltella2. A que- toccava un po’ troppo la suscettibilità degli sto proposito un dato molto interessante è americani di razza bianca. Infatti, l’opera quella offerto dal figlio dello scultore, Ame- come tale fu anche premiata”4. rino Pezzicar, che in una nota manoscrit- La scelta di presentare la scultura in ta del 16 giugno 1911, indirizzata ad Attilio bronzo e non in una meno dispendiosa reda- Gentile, raccoglierà la biografia del padre e, zione in gesso, magari patinato, se da un lato dopo aver raccontato le vicissitudini dell’o- appariva come un chiaro segnale dell’im- pera presso il pubblico e la critica degli Sta- portanza che l’artista riservava alla sua cre- ti Uniti, annoterà: “Sicché l’opera […], ri- azione, dall’altro era senz’altro una forzatura mase invenduta e ritornò a Trieste. Quivi fu delle consolidate prassi di mercato, che pre-

Francesco Pezzicar e L’abolizione della schiavitù 261 1 - Francesco Pezzicar, L’abolizione della schiavitù. Trieste, Museo Revoltella

262 AFAT 31 2 - Fernando Miranda, “The statue of ‘The Freed Slave’ in Memorial Hall” (da “Frank Leslie’s Illustrated Newspaper”, 1876)

Francesco Pezzicar e L’abolizione della schiavitù 263 Com’è noto, grazie alla testimonianza del figlio e delle note della stampa triestina, la scultura era stata pensata per essere pro- posta all’Esposizione Universale di Vienna del 1873, ma a quella data non era stata an- cora ultimata:

“Questa statua, mirabilmente modellata e destinata alla fusione in bronzo, fu già am- mirata, nello studio di Pezzikar in via Ama- lia, dai molti intelligenti della città nostra. Contemplandola ieri con religione, non ab- biamo potuto a meno di recriminare contro il tempo, all’abile artista mancato, per con- durla a termine prima d’ora. Sarebbe sta- to un peregrino lavoro di più fra i più belli dell’Esposizione di Vienna. Pazienza!”7.

Occorrerà attendere il successivo ap- puntamento internazionale di Filadelfia per vedere Pezzicar presentare la sua ‘cre- atura’, firmata e datata 1873, questa volta con attese e speranze se possibile ancora più grandi, vista la platea cui era destina- ta in occasione del centenario della Di- chiarazione di indipendenza degli Sta- ti Uniti d’America. La presenza dell’opera 3 - Thomas Ball, Monumento ad Abramo alla rassegna statunitense sarà sottolinea- Lincoln, Washington D.C., Capital Hill ta con grande enfasi dalla stampa triestina: “la statua del bravo scultore nostro con- vedevano maggiore prudenza per la fusio- cittadino, trovasi all’Esposizione di Fila- ne in bronzo di opere di quella rilevanza e di delfia, ove sin dal primo suo giungere rac- quelle dimensioni, al fine di evitare all’auto- colse larga messe di meritate lodi, e venne re pericolose esposizioni finanziarie visti gli collocata in uno dei più bei posti nella Gal- alti costi della fusione stessa5. Nel caso del- leria di Belle Arti. Dopo quanto se ne oc- la scultura in esame, a prestar fede alle affer- cupò la stampa tedesca e l’inglese troviamo mazioni della stampa cittadina6, lo scultore inutile spendere una sola parola sui meri- era stato ‘supportato’ almeno in parte da un ti particolari della modellazione, dell’ana- committente, verosimilmente la stessa ba- tomia, del fuso: noi attendiamo che lo spi- ronessa Rittmeyer che aveva in larga parte fi- rito americano faccia giustizia all’ingegno nanziato i suoi studi accademici. del nostro artista e lo schiavo del Pezzicar

264 AFAT 31 trovi un piedistallo in una delle libere città ciabile nella guida umoristica Going to the del Nuovo Continente!”8. Centennial, and a Guy to the Great Exhibi- La scultura sarà citata con il titolo com- tion13, che offriva una visione irriveren- pleto “The Abolition of Slavery in the United te delle molte attrazioni dell’esposizione States” nel catalogo ufficiale della mostra, di Philadelphia. Nella vignetta disegna- dove com’è ovvio era stata inserita nelle pa- ta da Thomas Worth (fig. 4) il protagonista gine riservate all’Austria9. Certo doveva es- della statua di Pezzicar diventava una sor- sere stata molto gradita dall’autore anche la ta di folle ballerino, guardato con sospetto collocazione nella frequentatissima Memo- da una coppia di afro-americani che si al- riam Hall. lontanava circospetta e un po’ spaventata, L’abolizione della schiavitù colpirà pro- incapace di comprendere sino in fondo il fondamente il pubblico americano, so- profondo significato dell’opera14. prattutto grazie all’incisione pubblicata da Ben più severi gli appunti di William Frank Leslie, tratta da un disegno di Fer- Dean Howells, che sul numero di luglio del- nando Miranda (fig. 2)10, che leggeva la sta- l’“Atlantic Monthly” troverà la statua di Pez- tua di Pezzicar come possibile punto foca- zicar addirittura offensiva, ritenendo la fi- le della partecipazione degli afro-americani gura alla stregua di un “most offensively alle celebrazioni per il Philadelphia Cen- Frenchy negro, who has broken his chain, tennial Exposition. L’incisione, e la statua and spreading his arms and legs abroad, di Pezzicar, potevano certo rappresentare is rioting in a declamation of something (I un segnale importante dell’effettiva affer- should say) from Victor Hugo; one longs to mazione della dignità e dell’uguaglianza de- clap him back into hopeless bondage”. gli afro-americani, un’affermazione dei di- Del resto rimanevano ben presenti in ritti acquisiti che contrastava non poco con alcune delle recensioni alla mostra le riser- la realtà contingente11. Basti a questo pro- ve riguardo la possibilità da parte del pub- posito l’eloquente confronto con il monu- blico, che pure non poteva mancare di ri- mento eretto a Lincoln in quello stesso 1876 levare l’eccellente esecuzione, di recepire all’estremità ovest della Capital Hill di Wa- l’effettiva portata del tema proposto dallo shington: l’opera, eseguita da Thomas Ball scultore triestino: (fig. 3), rappresentava il presidente nell’at- to di promulgare il suo editto, ma lo schiavo “leaving out some absurdities, like Pezzicar’s liberato, anziché ergersi al suo fianco a ce- negro with a frontal development worthy lebrare l’evento, era inginocchiato ai suoi the most gifted poet or statesman, and a piedi, un dato che, anche al netto della rico- calf that would make the fortune of a foot- noscenza che pur la popolazione afro-ame- man, brandishing aloft a written document ricana doveva al grande statista, non poteva which he never read, the average of concep- certo rassicurare sugli effetti reali del prov- tion and treatment is good. That of techni- vedimento12. cal knowledge and execution is high-mar- L’immagine delle schiavo che orgo- kedly above the standard of statuary among gliosamente spezza le catene sarà ogget- the other nations as shown by their exhibits to anche di parodie, come quella rintrac- here”15.

Francesco Pezzicar e L’abolizione della schiavitù 265 La scultura di Pezzicar, oggi pressoché negletta in patria17, avrà invece grande for- tuna nella pubblicistica d’oltre oceano gra- zie soprattutto all’incisione di Miranda, che continua a essere riprodotta in molti testi relativi a quelle vicende storiche e in blog dedicati alla questione. Già dall’anno successivo quell’immagi- ne comincerà a trovar posto in testi dedica- ti alla storia americana come ad esempio A popular history of the United States of Ameri- ca di John Clark Ridpath, uscito a New York nel 1877, dove, all’interno del capitolo dedi- cato all’amministrazione Grant, l’autore ri- cordava nel padiglione dell’Austria tre busti dedicati ai regnanti “The Freedman, by Pez- zicar – a bronze statue emblematical of the emancipation of the slaves by Lincoln”18. 4 - Thomas Worth, Statue of Emancipation, Altre e ben più recenti citazioni si (da Going to the Centennial…, 1876) avranno in seguito, a partire dalla circo- stanziata analisi di Hugh Honour19, che in- Se l’eccellenza dell’esecuzione era stata seriva la scultura nel novero delle imma- segnalata sin dalle prime apparizioni del- gini più incisive nel racconto del processo la scultura, le amare riflessioni del figlio di emancipazione. In questo quadro appa- riguardo la mancata allocazione dell’opera re quantomeno superficiale la lettura ope- paiono sufficientemente illuminanti sulle rata da David Hackett Fischer20, che vede sue ragioni: nella scultura “a muscular and nearly naked male slave in a militant posture, with strong “l’opera come tale fu anche premiata, ma tones of sexuality and violence”: aspetti che non trovò nessun acquirente tra i ricchi certamente erano ben lontani dalle inten- Americani che pure in fatto d’arte spendono zioni di Pezzicar. In altre segnalazioni si farà talvolta delle somme favolose. E questo fa- notare il fatto che quella di Pezzicar fosse la cilmente trova una spiegazione nel fatto che sola scultura presente in mostra con riferi- la statua, se nel suo significato rappresenta- menti alla cultura afro-americana insieme va un fatto glorioso per la storia dell’uma- alla Morte di Cleopatra di Edmonia Lewis e nità; nel medesimo tempo, aveva il torto di al dipinto Under the Oaks di Edward Banni- rappresentare agli Americani un’epoca ne- ster, questi ultimi gli unici, tra quelli pre- fasta: la guerra civile, le cui tracce erano in senti all’esposizione di Filadelfia, realizzati quell’epoca recentissime e, si può dire anco- da artisti appartenenti a quella comunità21. ra sanguinanti”16. Per Pezzicar i riscontri ottenuti in patria saranno invece ben diversi, almeno sul pia-

266 AFAT 31 5 - Francesco Pezzicar, L’abolizione della schiavitù, (da “Libertà e Lavoro”, 1876)

Francesco Pezzicar e L’abolizione della schiavitù 267 no della critica, visto che la scultura rimar- sposizione di Filadelfia, ove sin dal primo rà a lungo invenduta anche, a quanto pare, suo giungere raccolse larga messe di meri- per la reiterata indisponibilità dell’autore a tate lodi, e venne collocata in uno dei più bei trattare sul prezzo d’acquisto. posti nella Galleria di Belle Arti. Dopo quan- Del resto lo scultore giuliano aveva pie- to se ne occupò la stampa tedesca e l’ingle- na coscienza che si trattasse di un autentico se troviamo inutile spendere una sola paro- capolavoro e come tale lo aveva salutato an- la sui meriti particolari della modellazione, che Giuseppe Caprin, che ne aveva apprez- dell’anatomia, del fuso: noi attendiamo che zato l’accurato realismo, unito alla potenza lo spirito americano faccia giustizia all’in- evocativa del soggetto scelto. “Libertà e La- gegno del nostro artista e lo schiavo del Pez- voro” gli dedicherà così uno dei rari inser- zicar trovi un piedistallo in una delle libere ti illustrati inseriti nel giornale a tutta pa- città del Nuovo Continente!”24. gina22: una litografia, invero poco riuscita, preparata dalla Tipografia Linassi su di un Il mancato acquisto dell’opera da parte disegno siglato “AG”, che mostra la statua di un mecenate o di un’istituzione statuni- perfettamente frontale (fig. 5). tense, che molto peserà sullo scultore come Come abbastanza ovvio in un periodi- racconta la nota biografica redatta dal figlio, co di ispirazione vagamente socialista, sarà non mancherà di suscitare stupore anche proprio il foglio capriniano a rimarcare i tra la stampa triestina che a lungo aveva gri- valori umani e politici che la creazione di dato al capolavoro. Pezzicar sottintendeva, soprattutto nel lun- La stessa stampa sarà però anche in gra- go poema di Cesare Rossi, pubblicato nel do di ‘leggere’ i motivi del mancato acqui- dicembre del 187323, dove l’interesse ap- sto, così “L’Adria”: pare focalizzato soprattutto sugli aspetti di fratellanza universali che l’editto di Lincoln “Quando l’Abolizione della schiavitù prese la sottintendeva, trascurando del tutto le dif- via d’America, tutti credevano fermamente ficoltà oggettive di applicazione dello steso che vi sarebbe rimasta, e quando si leggeva- editto su di un piano squisitamente prati- no gli elogi che all’opera insigne del nostro co. Rientrava nell’ottica di questo approc- concittadino tributavano concordi i giorna- cio quasi fideistico nell’aspetto rivoluziona- li di laggiù, e si sapeva che verso di essa vol- rio di quel provvedimento anche l’auspicio, gevano di preferenza gli Americani appena con il senno di poi piuttosto ingenuo, rac- posto il piede nell’edifizio dell’Esposizione, colto pochi mesi prima da A. Marchi sul- da un momento all’altro si attendeva indu- le pagine della stessa rivista, che elogiava la bitata la notizia che se la sarebbero disputa- scultura di Pezzicar e ne auspicava la vendi- ta a peso d’oro, città, corporazioni e mercanti ta negli Stati Uniti senza peraltro averla vi- ricchi sfondolati come non ve ne sono che in sta dal vivo, dato che parlava di un’opera re- America, ove si è trovato un signor Stewart alizzata in marmo: capace di pagare 300,000 franchi un qua- dretto di Meissonier. La generale aspettativa “All’ora che scriviamo, la statua del bravo fu delusa; e, riflettendoci con mente pacata, scultore nostro concittadino, trovasi all’E- troviamo che non poteva essere altrimen-

268 AFAT 31 ti. L’emancipazione degli schiavi costituisce kar dovrebbe far pratiche per ottenere la sala un titolo di gloria per Abramo Lincoln e per terrena dell’edifizio di Borsa e ivi esporre il quanti con lui persistettero nel volerla; ma suo ‘Moro’ persuasi che i triestini correreb- sventuratamente segna anche il principio bero in folla ad ammirarlo”26. della più grande sciagura che abbia mai col- pito la Grande Repubblica, la guerra civile. Una richiesta che troverà riscontro nei Oggi l’America è tutta assorta nella grand’o- fatti, visto che il 10 maggio dello stesso anno pera della pacificazione, nell’attutire gli odi, la statua verrà effettivamente presentata al nel far dimenticare ai vinti la loro sconfitta. pubblico cittadino, accompagnata dalla rac- La statua di Pezzicar avrebbe servito ad eter- comandazioni della stampa locale, e sarà nare la memoria del sangue fraterno ver- proprio un giornale saldamente conservato- sato a torrenti da mani farterne… Ed ecco re come “L’Adria” a cercare di calamitare l’at- perchè, nessuno volle, facendone acquisto, tenzione sulla scultura: “Non fa certo d’uopo guadagnar traccia di cattivo cittadino, impe- di raccomandare ai nostri concittadini, che rocchè nessun paese eleva monumenti a tri- non dimentichino di fare una visita al Ne- ste ricordo di civili dissensioni; e l’abolizione gro di Pezzicar, poiché già sappiamo che è vi- della schiavitù, dall’altra parte dell’Oceano, vissimo desiderio di tutti di ammirare com- avrebbe questo significato”25. piuto un lavoro d’arte che oltre l’Atlantico ha fatto tanto onore a Trieste come a città nel- In conseguenza della mancata vendita la quale le arti belle hanno cultori di singo- dell’opera, vissuta da parte della critica come lare perizia”27; al di là dell’utilizzo di termini una sorta di ingiustizia nei confronti dell’in- che oggi appaiono ‘politicamente scorretti’, tera comunità artistica locale, non manche- l’invito era con tutta evidenza focalizzato su- ranno iniziative importanti per valorizzare e gli aspetti artistici ma soprattutto su palmari far conoscere la scultura e magari assicurarla rivendicazioni campanilistiche. Un dato che alle collezioni civiche. A tal proposito “Il Cit- sarà ancora più evidente in un intervento di tadino” si esprimerà in questi termini: cinque giorni successivo:

“L’altro ieri arrivò a Filadelfia a Trieste, sana “Sarebbe però doloroso ed umiliante per e salva per miracolo perché incassata alla Trieste che un’opera d’arte di tanto valo- buona di Dio, la statua del nostro valente re, la prima opera di uno scultore triesti- Pezikar rappresentante ‘L’abolizione della no che meritò le lodi del mondo intero, ab- schiavitù in America’ opera pregiata assai dai bia a giacer abbandonata in un angolo dello diari del nuovo mondo, ed una di quelle che studio dello scoraggiato artista che, imbri- più attrassero all’esposizione la generale cu- gliato il genio creatore, sarà obbligato, do- riosità e l’ammirazione degl’intelligenti. Ora vendo viver dell’arte sua, a scolpir busti doz- diciamo noi; se i visitatori dell’esposizio- zinali di defunti pizzicagnoli ad orgoglio più ne ebbero agio di vedere ed apprezzare così che a conforto d’inconsolabili vedove… ri- bel lavoro, perché non dovrebbero i con- maritate prima dello spirar dell’anno. Du- cittadini dell’autore vederlo ed apprezzar- prè, l’encomiato scultore fiorentino, povero lo anch’essi? Noi opiniamo che il sig. Pezi- e sconosciuto, trovò un Mecenate che lo aiu-

Francesco Pezzicar e L’abolizione della schiavitù 269 tò per la fusione in bronzo del suo Abele e chi Se si eccettua la stravagante proposta di lo comprò per decorarne la splendida galle- collocare la scultura nel Giardino Pubbli- ria di Palazzo Pitti. E Duprè da quel momen- co31, poco praticabile anche sul piano am- to fu conosciuto, diventò celebre e ricco”28. ministrativo, intorno all’eventuale appro- do della scultura nelle collezioni civiche Lo scopo, dichiarato, era quello di far ap- si formano soprattutto attenzioni di ma- prodare la scultura “nel nascente civico Mu- trice squisitamente localistica, legate alla seo Revoltella che, se non è ricco ancora di creazione e all’incremento di un’istituzio- tele, è poi di statue poverissimo. I fondi di ne museale che sia documento di una real- cui dispone il Curatorio sono insufficienti; vi tà essenzialmente cittadina. Sembra sfuggi- deve supplire l’amor patrio e la generosità de’ re ai cronisti, e di fatto sfuggirà, la portata cittadini. S’inizi dunque una sottoscrizione universale del significato della scultura, che per far dono al Museo della statua, od alme- invece Pezzicar rivendica con forza rifiutan- no per completare in concorso del Curatorio, dosi orgogliosamente, come traspare an- l’occorrente somma. Qualche nobile cuo- che dalla voce biografica redatta dal figlio, re, e tra i nostri ricchi ve ne sono parecchi, si di svendere la sua ‘creatura’ pur di vederla metta alla testa dell’impresa ed inciti gli altri esposta al museo cittadino. con l’esempio all’emulazione. Si costituisca Il dibattito sorto intorno all’Abolizio- un Comitato; né si dimentichi di farvi parte- ne dalla schiavitù in seno ai giornali e alle cipare le più distinte signore quelle che non principali istituzioni cittadine pare tipi- mancano mai di prestar volenterose la loro co delle difficoltà di indirizzo culturale che influenza quando si tratti di opera grande, attraversano il Museo Revoltella in que- lodevole, santa. Tutta la stampa, senza badar gli anni; manca e mancherà per molto tem- a partito, che qui i partiti non c’entrano pun- po una precisa strategia sulla visione a lun- to né poco, converga unanime i suoi sforzi ad go termine delle collezioni. In questo senso ottener l’intento e batta e ribatta finchè lo si la decisione, molto contestata da una parte ottenga. Noi v’invitiamo formalmente tutti i della stampa, di procedere in quello stesso confratelli; e ci chiameremo ben fortunati di 1877 all’acquisto di una scultura importan- aver gettato un seme che speriamo fecondo te come il gruppo a grandezza naturale La di nobilissimo frutto”29. vita che tenta di arrestare il tempo di Dona- La proposta prenderà effettivamen- to Barcaglia, presentata all’annuale mostra te corpo, perlomeno a livello giornalistico, della Società di Belle Arti e anch’essa pre- anche se il pessimo stato di conservazio- sente all’Esposizione Universale di Filadel- ne di una parte significativa delle collezioni fia32, impedirà di fatto di compiere un’ana- di periodici della Biblioteca Civica di Trie- loga operazione nei confronti dell’opera di ste non consente di avere piena coscienza Pezzicar e, con lo scemare dell’attenzione del dibattito, ma certo la natura dello slan- dell’opinione pubblica, negli anni succes- cio che animerà per tutto il 1877 i giornali, sivi non si ripresenteranno altre occasioni. appare evidente dai brani de “L’Adria” e de Così si esprimerà a questo proposito “L’A- “Il Cittadino” che si riportano integralmen- dria”: te in appendice documentaria30.

270 AFAT 31 soli mille fiorini di contributo offerti per la statua del concittadino, e dedurne poi illa- zioni aventi l’apparenza del vero, quantun- que dal vero lontane”33.

Non è un caso poi che in seguito le vi- cende relative alla scultura di Pezzicar di- venteranno per la stampa cittadina una sor- ta di paradigma per definire le difficoltà di approccio al pubblico che poteva incontra- re la scultura ‘impegnata’; così il cronista de “L’Adria” nel recensire l’Esposizione della Società di Belle Arti del 1878:

“Non vi sono che pochissimi artisti i quali ab- biano già con la celebrità raggiunta la fortu- na, che si possono permettere di porre mano, senza averne avuta preventiva commissione, ad un grandioso lavoro, a rischio di vederse- lo, per anni ed anno, giacere in un angolo del- lo studio, ammirato ma non comperato… Il no- stro bravo, modesto e coraggioso Pezzicar ha forse trovato chi acquisti la sua stupenda sta- tua, l’emancipazione degli schiavi in America, che fu pur tanto ammirata e lodata al di qua 6 - Giacomo Ginotti, L’emancipazione e al di là dell’Atlantico? Scommetto che se il della schiavitù, incisione Pezzicar, invece di quella sua grandiosa sta- tua, avesse modellato una statuina, un sogget- “Un’osservazione ci permettiamo poi di as- to, come si dice, da pendolo, ne avrebbe ven- soggettare alla saviezza del benemerito Cu- duto venti repliche… […]”34. ratorio del civico Museo. La somma ch’esso offre di contribuire (sotto la condizione, che Il cronista de “L’Adria” ribadirà quindi troviamo giustissima, che la statua si collo- il concetto l’anno successivo: chi nel Museo) è veramente troppo esigua. Trattasi dell’opera d’un concittadino, e d’o- “[…] Quando poi uno scultore, a forza di sa- pera che ottenne all’estero l’apprezzamen- crifizi inauditi e sudando sangue, arriva a dar to più favorevole. Sarebbe il caso di largheg- vita, nel marmo o nel bronzo, ad una splen- giare piuttosto che di lesinare. Il pubblico dida creazione della sua mente, senza aver- non può far a meno di stabilire confronti tra ne avuto preventiva commissione, gli succede il prezzo pattuito e per l’acquisto del gruppo come il nostro bravo Pezzicar, la cui Emancipa- del Barcaglia, del quadro di Tiratelli ecc. ed i zione de’ negri, oggetto, in America e in Euro-

Francesco Pezzicar e L’abolizione della schiavitù 271 ridotta all’Esposizione della società triesti- na di Belle Arti dello stesso anno, con il ti- tolo originale Emancipazione della schiavitù (fig. 6), quasi identico a quello della scul- tura di Pezzicar36. A differenza di quest’ul- tima, la schiava del torinese aveva però tutt’altro tono e un profilo molto più ‘terre- no’, e nonostante i cronisti cittadini modu- lassero diversamente i loro giudizi37, doveva essere evidente anche al pubblico il caratte- re spiccatamente ‘licenzioso’ di quella pro- va, che peraltro verrà più volte riprodotta in vari formati per diverse collezioni italiane. Tornando alla scultura di Pezzicar, non ci sono notizie sulle motivazioni che avevano spinto l’artista triestino a scegliere un sogget- to così impegnativo, si può ipotizzare a pro- posito che non dovevano essere state estranee spinte provenienti dagli ambienti ‘progres- sisti’ della Trieste dell’epoca, primi tra tut- ti quelli che facevano riferimento a un perso- naggio come Giuseppe Caprin, non è infatti 7 - David Lucas, da Alexander Rippingille, un caso che saranno le pagine del capriniano Commemoration of Slave Emancipation “Libertà e Lavoro” a riservare le principali at- in the British Empire, incisione tenzioni alla statua e al suo autore. È indubbio che il proclama di emanci- pa di platoniche ammirazioni, aspetta sempre pazione firmato da Lincoln il 22 settem- il mecenate che voglia, e possa, toglierla dal- bre 1862 avesse avuto larga eco nel panora- lo studio dell’autore… Col denaro e col tempo ma culturale europeo38, senza però trovare che il Pezzicar ha impiegato in quel suo grande riscontri artistici di rilievo, nemmeno da lavoro, quanti putti e busti e macchiette non parte di artisti che per sensibilità e vena avrebb’egli modellato e venduto?”35. polemica avrebbero potuto trarne spun- to. In questo senso uno dei possibili riferi- Un segno eloquente dell’indirizzo- menti visivi era l’incisione Commemoration tutt’altro che univoco della ‘critica’ trie- of Slave Emancipation in the British Empire stina può essere individuato nel singola- del 183439, che commemorava l’abolizione re apprezzamento ricevuto da una statua della schiavitu in Gran Bretagna e in tutte le come la celebre Schiava di colore del tori- colonie inglesi sancita nel 1833, anno in cui nese, ma romano d’adozione, Giacomo Gi- la legge per l’emancipazione degli schiavi notti, già esposta all’Esposizione Universa- fu votata in Parlamento; anche se occorrerà le di Parigi dl 1878 e presentata in versione attendere il 1838 per la sua definitiva entra-

272 AFAT 31 ta in vigore. L’incisione di David Lucas (fig. 7), tratta da un’illustrazione di Alexander Rippingille, mostra uno schiavo che appe- na liberato alza le braccia al cielo in segno di giubilo, ai suoi lati la famiglia intenta a sep- pellire le catene spezzate dell’oppressio- ne. Se risulta difficile avere riscontro della circolazione della stampa appena descrit- ta negli ambienti frequentati dallo scultore triestino, va sottolineato che il tema tratta- to e soprattutto l’eloquenza del gesto dello schiavo liberato di Pezzicar, con le braccia alzate a mostrare i polsi liberati dall’antico giogo, lascia aperta perlomeno una possibi- lità in tal senso. Certo qualcosa della lezione di Duprè, il cui studio era stato a lungo frequentato da Pezzicar, doveva essere rimasto nella pra- tica scultorea dell’artista giuliano40, se non altro per la virtuosistica modellazione del nudo, attentamente rifinito in ogni suo det- taglio anatomico, degno in questo senso del- le prove più impegnative dello scultore to- 8 - Francesco Pezzicar, Busto di Bartolomeo scano come il Caino, nel quale si può forse Biasoletto. Trieste, Orto Botanico individuare qualche ascendenza per quanto riguarda l’ex schiavo dell’opera in esame. Si taco di Vincenzo Vela, che condivideva con tratta appunto di assonanze più che di pre- il lavoro del triestino il ruolo di schiavo li- cise derivazioni, ma comune era la posa tea- berato, e, più velatamente, il Davide di Pie- trale delle due figure, più artificiosa e costru- tro Magni, che Pezzicar aveva sicuramen- ita quella del toscano ma certo non priva di te visto dal vivo, anche se in una redazione forzature quella di Pezzicar, e il modo di af- di dimensioni ridotte, alla grande Esposi- frontare alcuni particolari come la ‘prensi- zione Triestina del 1871. L’Abolizione della lità’ delle dita dei piedi, o ancora il dettaglio schiavitù sembra però animata da un’enfasi dell’addome contratto per far risaltare l’am- narrativa meno misurata e composta e dalla piezza della cassa toracica. Quanto basta per volontà di creare un ‘immagine più ‘struttu- far ipotizzare che lo scultore triestino avesse rata’ sul piano narrativo, visto anche il tema a lungo meditato sulla statua di Duprè prima complesso e denso di significato che dove- di intraprendere la sua impresa. va illustrare. Altre possibili fonti cui fare riferimen- Esaurita la ricognizione della fortu- to, e certamente a conoscenza del panora- na critica de L’emancipazione dalla schiavi- ma artistico locale, potevano essere lo Spar- tù, è il caso si soffermarsi su alcuni aspetti

Francesco Pezzicar e L’abolizione della schiavitù 273 9 - Francesco Pezzicar, Tomba Bletta. Trieste, cimitero Greco-Orientale

274 AFAT 31 10 - Francesco Pezzicar, Tomba Economo. Trieste, cimitero Greco-Orientale

Francesco Pezzicar e L’abolizione della schiavitù 275 ranno allo scultore di essere chiamato a rea- lizzare alcune delle immagini dei benefattori dell’istituto dei poveri di Trieste destinate all’atrio dell’istituzione44, in quello che sarà definito “il Pantheon della carità cittadina”45. La prima opera commissionatagli sarà com’è noto il ritratto di Vittorio Oblasser, che, or- dinatogli nel 187246, sarà consegnato soltan- to quattro anni dopo con notevole riscontro da parte della stampa locale:

“L’atrio della pia casa dei poveri s’è arricchi- ta in questi giorni d’una vera opera d’arte, la statua del defunto Oblaser, benemerito dei poveri, uscita dallo scalpello maestro del no- stro Pezzikar, il simpatico autore dell’Aboli- zione della schiavitù, peregrino lavoro che farà grande onore a Trieste nella esposizione di Filadelfia. Pezzikar appartiene a quel nove- ro di eletti ingegni pei quali l’arte è un culto; e ce ne porge indubbia prova in quest’ultimo suo lavoro, il quale benché destinato alla mo- destissima pompa decorativa, riunisce in se 11 - Francesco Pezzicar, Tomba Salbares. tanti pregi che maggiori non si possono de- Trieste, cimitero Greco-Orientale siderare in statuaria; e basti accennare alla rassomiglianza, alla posa felice, all’espres- poco noti del percorso artistico di France- sione del volto, ed aggiungervi per soprappiù sco Pezzicar, come la sua partecipazione a una esecuzione accuratissima. La statua ven- un Omaggio artistico dedicato all’Imperato- ne commessa al Pezzikar dalla direzione della re dagli artisti triestini nel 186441, una pro- pia casa; sappiamo però che la signora vedova va certo non particolarmente appariscente. Oblaser, altamente soddisfatta di così bel la- Un capitolo a parte può essere riservato voro in cui è fedelmente ritratto il di lei con- alla ritrattistica celebrativa, che vedrà Pezzi- sorte, dimostrò all’autore tutta la sua compia- car più volte impegnato in commissioni uf- cenza e gl’inviò un ricco dono quale tributo di ficiali; la prima in ordine di tempo, datata stima per così valente artista”47. 1874, sembra quella per il busto di Antonio Gazzoletti, destinato alla Società di Miner- Dello stesso tono il commento del cro- va42, che sarà accolto con una certa freddezza nista de “L’Adria”, che definiva la scultu- dalla stampa, che non mancherà di rilevare ra “opera insigne del valentissimo quanto qualche imperfezione di caratterer squisita- modesto scultore triestino Pezzikar, il cui mente tecnico43. Appunti che non impedi- nome non tarderà molto ad essere cono-

276 AFAT 31 sciuto ed apprezzato come merita, ben oltre la cerchia del paese natio. Ognuno sa quan- to il prosaico abito moderno aumenti le dif- ficoltà dello statuario, che per l’effetto este- tico tenne sempre gran conto delle ampie pieghe e de’ ricchi panneggiamenti. Il Pez- zikar superò l’ostacolo da vero maestro; la somiglianza poi è perfetta, e dalla marmo- rea effigie traspare la virtù che tanto rese caro il defunto. Senza volere istituire con- fronti o toglier pregi ad altri lavori, ci sem- bra di poter affermare che la statua in di- scorso forma il più bell’ornamento di quel grandioso atrio”48. Più grande del vero, la scultura riprende- va nella posa disinvolta le più moderne ten- denze della ritrattistica italiana del momen- to, e certo la stampa aveva ben ragione nel ritenerla di gran lunga superiore alle presso- ché coeve e piuttosto modeste prove di Gio- vanni Depaul, autore dei ritratti a figura in- tera di Pasquale Revoltella e Giuseppe Prey49. Non incontreranno altrettanta fortu- na i due pur pregevolissimi busti-ritratto 12 - Francesco Pezzicar, Tomba Nordis-Ko- che lo scultore dedicherà a Maria Covace- stantinos. Trieste, cimitero Greco-Orientale vich, anch’esso del 1876, e la più tarda effi- ge di Carlo Regensdorf, datata invece 188150. Una prova ulteriore dei riscontri ot- Opere caratterizzate da una minuta atten- tenuti da Pezzicar tra il pubblico cittadi- zione ai dati fisionomici e agli accessori, no nella seconda metà degli anni settanta è secondo i dettami di una convenzionale ri- data dal busto di Masino Levi commissio- trattistica borghese molto apprezzata dalla natogli dalle Assicurazione Generali e con- società triestina. In questo senso si iscrive segnato nel giugno 1879. In quell’occasio- anche la commissione che l’autorità comu- ne “Il Cittadino” ricorderà un aneddoto che nale affiderà a Pezzicar per la realizzazione suona come evidente riconoscimento delle di un busto di Bartolomeo Biasoletto da col- doti dell’artista: locarsi nel giardino botanico di cui era stato il fondatore51. Il busto, oggi non molto leg- “Or è qualche anno lo scultore Pezzicar tro- gibile a causa della lunga esposizione alla vavasi in un gruppo d’amici al caffè Specchi, intemperie (fig. 8), va comunque annove- ma non prendeva parte alla animata loro di- rato tra le prove migliori dello scultore trie- scussione: il suo sguardo era fisso sopra un stino in questo specifico campo. signore seduto ad un tavolo vicino. - Che

Francesco Pezzicar e L’abolizione della schiavitù 277 13 - Francesco Pezzicar, Tomba Fraghialoy. Trieste, cimitero Greco-Orientale

278 AFAT 31 cosa fissi con tanta insistenza? Gli fu chie- contrastabile maestria con cui è plasmata sto. - Mi colpì, rispose, la caratteristica ed la figura dell’angelo che quieto, sereno, sta intelligente fisionomia di quel signore là - a difesa dell’avello attendo l’ora solenne di indicando il sig. Masino Levi placidamen- schiuderlo. L’espressione veramente ange- te intento alla lettura d’un giornale - ed ardo lica di quel celeste custode della tomba, la dal desiderio di riprodurla in marmo ed im- veste in maestose pieghe cadente che l’am- primerle col mio scalpello la vita che l’ani- manta, la posa dell’imperturbabile vigile ma, l’intelligenza che l’irradia”52. che par collocato ad arrestare solo col guar- do chiunque concepisse il pravo pensiero di Piuttosto nota è anche la produzione tangere quella tomba; fanno di quel monu- dello scultore nel campo cimiteriale, che mento, benchè non appariscente per ampie lo vedrà a lungo attivo per i principali cam- proporzioni, una delle migliori opere che il posanti cittadini, in particolare per quello camposanto alberga”55. In prospettiva sono cattolico di Sant’Anna e per quello Greco- ancora più interessanti le righe seguen- Orientale. La citata biografia del figlio Ame- ti, una sorta di prefigurazione della di poco rino e alcune notizie tratte dai giornali loca- (1881) successiva commissione della tom- li aiutano a precisare meglio alcuni aspetti ba Economo, la più maestosa del campo- cronologici e attributivi53. santo (fig. 10), che secondo il figlio Ameri- Una nota de “Il Cittadino” consente no completerà “poco prima della morte”56: di attribuire definitivamente a Pezzicar la tomba della famiglia Bletta nel camposanto “E dopo averlo veduto ed ammirato, scor- della comunità greco-orientale (fig. 9), già gendo il vuoto che ancora è lasciato sopra i assegnatali per via attributiva54, e di preci- resti mortali del tanto compianto sig. Eco- sarne la datazione al 1878. nomo, benemerito della città per la munifi- “In questa settimana ricorreva pei gre- cenza a pro’ dei nostri poveri poveri e ope- ci l’annuale commemorazione dei morti, e rai, fa naturalmente sorgere il desiderio che non pochi di essi, malgrado i cattivi tempi ad un triestino e ad uno tanto capace come si recarono a porger tributo di fiori e lagri- il Pezzicar sia dato col suo poderoso ingegno me al camposanto che in quest’anno conta coprire quel vuoto con opera che tramandi ai due pregevoli opere artistiche in più, cioè i posteri il nome dell’illustre benefattore in monumenti Bletta e Giannichesi, quest’ul- un a quello dell’artista egregio e sulla necro- timo dovuto allo scalpello dello scultore poli ellenica ricada lustro maggiore”. Spaventi e del quale ci siamo già esaurien- temente occupati; fattura egregia il pri- Secondo Amerino Pezzicar risale inve- mo del nostro concittadino Pezzicar, artista ce al 1877 la tomba della famiglia di Giorgio tanto valente quanto modesto e forse troppo Salbares (fig. 11), che, oltre a un pregevole modesto. Se il monumento dello Spaven- angelo a bassorilievo, praticamente iden- ti si estolle superbo per mole e originalità, tico a quello del poco discosto sepolcro dei quello del Pezzicar va lodatissimo per il ca- Nordis-Kostantinos (fig. 12)57, mostra an- rattere veramente religioso, per la finitezza che il titolare immortalato da un efficace scrupolosissima dell’esecuzione, per la in- busto-ritratto58.

Francesco Pezzicar e L’abolizione della schiavitù 279 Sul piano stilistico l’opera più pregevo- dal toscano alla fine degli anni cinquanta e poi le sembra essere l’angelo portacorona del- riproposte nella Flora del 186960, che però ben la tomba di Emanuele Fraghialoy, data- difficilmente Pezzicar aveva potuto vedere. ta anch’essa 187759, dove si possono ritrovare Una ‘rimembranza’ che aveva dato all’o- tracce della giovanile frequentazione da par- pera del triestino una grazia inusuale nel te di Pezzicar dell’atelier di Duprè, questa volta contesto della sua produzione, solitamen- con riferimenti alla sua fase neo-ellenistica. te indirizzata a un realismo robusto e ben L’angelo con la ghirlanda di fiori (fig. 13) trova strutturato anche nel campo della scultura infatti precisi addentellati tipologici e fisio- cimiteriale: un episodio che non fa che ar- nomici con le analoghe creature che popolano ricchire il solido e articolato profilo artisti- la cosiddetta Base per la tazza egizia, realizzata co di Francesco Pezzicar.

Note

1 Lo scultore Pezzikar e l’abolizione della schiavi- essere comperate da amatori che sieno sem- tù, “Il Cittadino”, 11 settembre 1873. La tra- plicemente agiati e non milionari; le grandi scrizione integrale all’Appendice 3. statue, i gruppi storici, sarebbero certamen- 2 La scultura infatti giungerà al Museo Revol- te da preferirsi; difficilmente però, in causa tella dopo la morte dello scultore (1890), e del prezzo, trovano acquirenti. E le loro di- resterà esposta per vent’anni prima che ne mensioni male si adattano alle esigue sale venga formalizzato l’acquisto da parte del delle abitazioni moderne, nelle quali si fa museo (1913). tanta economia di spazio. Un blocco di mar- 3 Archivio di Stato di Trieste, Fondo Attilio mo di Carrara costa un occhio della testa, un Gentile, f. 755/30. Il documento è stato se- altro occhio deve spendere il povero arti- gnalato da M. Gardonio, Ottocento alla A alla Z: sta che voglia dar libero campo alle creazio- contributi da Agujari a Zammatio, “AFAT. Arte ni della sua fantasia, in lavoro materiale di in Friuli Arte a Trieste”, 29, 2010, pp. 106-108. segatura, sbozzatura ecc. ecc. La fusione in 4 Cfr. Appendice 1. bronzo costa ancora di più”; L’Esposizione di 5 Il problema sarà ricordato anche dalla stam- belle arti, “L’Adria”, 11 ottobre 1878. pa triestina; così il cronista de “L’Adria” nel 6 “A Trieste si è pur trovato un egregio patri- recensire l’annuale Esposizione della Socie- zio che, fiducioso nell’avvenire dell’auto- tà di Belle Arti del 1878: “Graziosa è la pic- re dell’Abolizione della schiavitù, lo aiutò ad cola fioraia (N. 5) di Angelo Argenti di Mila- eternare nel bronzo la fragile creta”: La sta- no, artista dal cui scalpello sono uscite opere tua di Pezzicar, “L’Adria”, 15 maggio 1877. di maggior lena. È uno di quei soggetti da 7 Lo scultore Pezzikar e l’abolizione…, cit., (Do- caminetto dei quali si rimprovera la sover- cumento 3, in appendice). chia produzione agli scultori italiani. Biso- 8 A. Marchi, L’abolizione della schiavitù statua gna però riflettere, che simili statuette pos- in marmo di F. Pezzicar, “Libertà e Lavoro”, II, sono collocarsi in un salotto qualunque, ed 12 giugno 1876, p. 90.

280 AFAT 31 9 International Exhibition 1876. Official Catalo- not help laughing as a pair of colored visi- gue. Art Gallery and Annexes. Department IV, tors came along and viewed it. They evidently Philadelphia 1876, p. 91, n. 163. did not know what it represented, and seeing 10 Fernando Miranda, The Centennial Exposi- its bronze nudity they were shocked, or at le- tion - The statue of ‘The Freed Slave’ in Memo- ast she was, and my artist friend sketched rial Hall, riprodotta in Frank Leslie’s Historical them at the moment. ‘Who dat, Charles?’ she Register of the Centennial Exposition. “Frank asked, glancing at it and then turning away. Leslie’s Illustrated Newspaper”, 5 august ‘Dat? Dat am some great colored man; Fred 1876, p. 1, 133. Douglass, I guess’ replied her escort. “Pshaw! 11 Importanti considerazioni in questo sen- who ever hearn tell ob Fred Douglass cuttin’ so in http://picturinghistory.gc.cuny.edu/? up dat way wid no clothes on?” and she pul- p=1045, consultato il 4 settembre 2013. led him away to something less allegorical”: 12 Ibidem. L’atteggiamento dello schiavo libe- Going to the Centennial…, cit., p. 34. rato nella scultura di Ball era molto simile 15 The Century – Its fruits and its festival, “Lip- a quello scolpito tra il 1812 e il 1822 da Ri- pincott’s Magazine of popular literature and chard Westmacott per il monumento fu- science”, XVIII, october 1876, p. 395. nebre di Charles James Fox nell’abbazia di 16 Cfr. Documento 1, in appendice. Westminster a Londra. Fox era stato il pro- 17 L’opera non è nemmeno riprodotta nel re- motore di molte altre cause “illuminate”: cente catalogo del museo che la ospita: cfr. nell’Inghilterra degli inizi del XIX secolo, Il Museo Revoltella di Trieste, Vicenza - Trieste come la limitazione del potere della corona, 2004, passim. Per una segnalazione in que- la valorizzazione della liberta di stampa, il sto senso cfr. F. Firmiani, S. Molesi, Catalo- riconoscimento degli Stati Uniti e soprattut- go della Galleria d’Arte Moderna del Civico Mu- to uno dei fautori dell’abrogazione della leg- seo Revoltella, Trieste 1970, pp. 118-119, 264. ge sul commercio degli schiavi da parte della 18 J. C. Ridpath, A popular history of the United corona britannica. La scelta di Westmacott, States of America, from the aboriginal times to che inseri la figura di un nero seminudo in the present day, New York 1877, p. 625. ginocchio nel monumento alla memoria di 19 H. Honour, The Image of the Black…, cit., pp. Fox, era evidentemente legata a quest’ulti- 256-258, 355. mo aspetto. Secondo Honour: “the black is 20 Cfr. D. Hackett Fischer, Liberty and Free- […] the personification of Africa mourning dom. A Visual History of America’s Founding Fox who dies in the arms of Liberty with Pea- Ideas. Oxford 2005, p. 339. L’autore, a quan- ce weeping at his feet” (H. Honour, The Ima- to si legge, conosceva l’opera solo attraverso ge of the Black in Western Art, From the Ame- l’incisione di Miranda e chiama lo scultore rican Revolution to World War I, Part. 1, Slaves “Joseph”. and Liberators, IV, Cambridge (Mass.) - Lon- 21 Cfr. G.B. Nash, First City - Philadelphia and don 1989, p. 98). the Forging of Historical Memory. Philadelphia 13 Going to the Centennial, and a Guy to the Great 2001, p. 271. Su questi aspetti tornerà anche Exhibition, New York 1876, p. 34. Carol Gelderman (A Free Man of Color and His 14 Questo il testo che accompagnava la vignet- Hotel Race, Reconstruction, and the Role of the ta, non privo di forti pregiudizi di razza: “In Federal Government, Dulles 2012, p. 86). one of the halls stands the bronze statue of L’immagine di Miranda compare anche Emancipation, representing a negro dan- nell’intestazione di una pagina web dedi- cing, and holding aloft the Emancipation cata al Proclaiming Emancipation cfr. http-/ Proclamation. It is a rare work of art, and www.clements.umich.edu/exhibits/online/ must be seen to be appreciated. But I could proclaiming_emancipation/emancipation-

Francesco Pezzicar e L’abolizione della schiavitù 281 abolition3.php consultato il 10 agosto 2013. 30 Documento 6, in appendice. 22 L’abolizione della schiavitù statua in bronzo di F. 31 Così riferisce “Il Cittadino” del 31 maggio Pezzicar, “Libertà e Lavoro”, X, 11, 1876, s.n. 1877, riportando una notizia del “Triester 23 C. Rossi, Il moro Statua di Francesco Pezzicar, Zeitung”, un periodico attualmente incon- “Libertà e Lavoro”, VII, 20, 1 dicembre 1873, sultabile: cfr. Documento 6, in appendice. pp. 158-159. Per la trascrizione si veda l’Ap- 32 Catalogo degli oggetti d’arte costituenti la nona pendice 4. Esposizione attivata dalla Società di Belle Arti 24 A. Marchi, L’abolizione della schiavitù sta- in Trieste nell’ottobre 1877, Trieste 1877, p. 3. tua in marmo di F. Pezzicar, “Libertà e Lavoro”, Sarà ancora “L’Adria” (L’Esposizione di Belle II, 12 giugno 1876, p. 90. Per la trascrizione Arti. II., 6 ottobre 1877), con atteggiamento completa si veda il Documento 5, in appendice. quantomeno contraddittorio, a caldeggiar- 25 La statua di Pezzicar, “L’Adria”, 15 maggio ne l’acquisto: “Ci siamo dilungati sul Tem- 1877. po del Barcaglia assai più di quanto ci sem- 26 “Il Moro” di Pezikar, “Il Cittadino”, 31 marzo bra avremmo dovuto dire. I lettori però non 1877. potranno farci carico di soverchia prolissità, 27 Il passo era così introdotto: “Oggi, nella Sala imperocchè un’opera scultoria come questa terrena dell’edifizio di Borsa, verrà esposta non la si può ammirare che di rado. Ester- la statua in bronzo, rappresentante l’aboli- niamo il fervido voto che l’insigne grup- zione della schiavitù in America, opera dell’e- po del Barcaglia non parta da Trieste, ma vi simio scultore triestino F. Pezzicar, che fu rimanga a decoro del Civico Museo che ne oggetto dell’ammirazione generale e dei più acquisterebbe grandissimo lustro. E que- sentiti elogi per parte della stampa america- sto voto non lo esterniamo in nostro nome na, alla recente Esposizione mondiale di Fi- soltanto, ma in nome di distinti, intelli- ladelfia”,Belle arti, “L’Adria”, 10 maggio 1877. gentissimi cittadini, che amando sincera- 28 La statua di Pezzicar, “L’Adria”, 15 maggio mente e con tutta la potenza dell’anima la 1877. Il contributo era stato così introdotto: patria, ambiscono vederla prosperare viep- “La magnifica statua dello scultore triestino più ne’ commerci e vieppiù ingentilirsi nel Francesco Pezzicar, L’abolizione della schia- culto del Bello. Ci lusinghiamo che lo spet- vitù negli Stati Uniti, eccita da alcuni giorni tabile Curatorio del Civico Museo, che così l’ammirazione di quanti – e sono molti – si lodevolmente si occupa indefesso all’incre- recano a vederla nella sala terrena dell’edi- mento della patria Istituzione affidata alla fizio di Borsa. La statua è quella di un ne- sua savia tutela, vorrà tener conto de’ desi- gro che, spezzate le catene, solleva il decreto deri della cittadinanza, i quali non possono presidenziale d’emancipazione, ed è super- in argomento non essere conformi a’ suoi, e fluo descriverla nei suoi particolari, perché vorrà adoperarsi perchè l’acquisto del grup- qui fu veduta modellata in gesso da quanti po per conto del Museo stesso sia bentosto si dilettano di belle arti, e durante l’Esposi- un fatto compiuto”. Sulla scultura cfr. M. De zione mondiale di Filadelfia, la più parte dei Grassi, “Diffondera sempre piu tra noi il gusto e giornali illustrati, così al di là come al di qua l’amore per le Belle Arti”: la scultura alle esposi- dell’Atlantico, ne hanno riprodotto il dise- zioni della Societa di Belle Arti di Trieste (1870- gno, accompagnato da articoli di critica, può 1882), “AFAT. Arte in Friuli Arte a Trieste”, dirsi senza eccezione, sempre lusinghiera. 29, 2010, pp. 271-273. Limitiamoci a notare che la statua, egregia- 33 La statua di Pezzicar, “L’Adria”, 30 novembre mente fusa in bronzo, colpisce assai di più, 1877. sembra più naturale, più viva, più parlante”. 34 L’Esposizione di belle arti, “L’Adria”, 11 ottobre 29 Ibidem. 1878.

282 AFAT 31 35 L’Esposizione di Belle Arti, “L’Adria”, 14 otto- ongoing need for the culture and the gui- bre 1879. dance of their liberators. Thus emancipation 36 La scultura era stata proposta per la pri- is shown to have occurred under controlled ma volta all’Esposizione di Napoli del 1877 e conditions that muted the idea of self-suffi- premiata con medaglia d’oro all’Esposizio- ciency and independence” (A. Boime, The Art ne Universale di Parigi dell’anno successivo of Exclusion. Representing Blacks in the Ninete- (cfr. A. Panzetta, Dizionario degli scultori ita- enth Century, London 1990, p. 171). liani dell’Ottocento e del primo Novecento, To- Per l’immagine dell’incisione cfr. http-// rino 2004, p. 435). hitchcock.itc.virginia.edu/Slavery/details. 37 Così la stampa triestina: “È una mulatta che, php?categorynum=17&category con supremo sforzo, spezza i ceppi che le an- Name=&theRecord=6&recordCount=13, nodano i polsi […] uno dei migliori, se non consultato il 3 settembre 2013. il migliore addirittura (fatta eccezione della 40 “Tre anni egli rimase a Firenze nello studio Confidenza) dei lavori di scultura esposti”; del Duprè, il quale fu per lui largo d’incorag- L’Esposizione di belle arti, “L’Adria”, 12 otto- giamento e più che maestro fu per lui un pa- bre 1878. dre!”: cfr. Documento 1, in appendice. “Meno felice nell’idea se non nell’esecuzio- 41 Gli artisti dell’Album, “L’Osservatore Triesti- ne parmi la figura di donna con cui il Ginot- no”, 15 aprile 1864. A Pezzicar erano tocca- ti di Roma vorrebbe esprimere L’emancipa- ti “i bassi rilievi in avorio sono opera dei si- zione dalla schiavitù (n. 20). Quella schiava gnori Giov. Bianchini intagliatore e del sig. colle catene del piede già rotte, e che ora Franc. Pezzicar scultore”. Per la trascrizione tenta rompere quelle dei polsi, mi sembra completa cfr. Documento 2, in appendice. non rispondere o meglio non bastare all’in- 42 Sul busto cfr. A. Gentile, Il busto minervale di tera estrinsecazione del concetto. L’espres- Antonio Gazzoletti, Trieste 1910. sione del volto, fiera e addolorata è forse più 43 “Fin da sabato u.s. Figurano all’esposizione riuscita, che non la contrazione che le brac- di Belle Arti, nel civico Museo Revoltella, i cia dovrebbero disegnare”; N. Nix, L’Esposi- busti in marmo dei poeti Dall’Ongaro, Som- zione al Museo Revoltella, “L’Indipendente”, 7 ma e Gazzoletti, che dovranno quindi fregia- ottobre 1878. re la sala della Minerva […] Il nostro Pezi- 38 Occorre precisare che Pezzicar farà riferi- kar, che tutti sanno quanto valente egli sia; mento, riportandone fedelmente il testo in Pezikar che levò di se tanto grido con la sua lingua originale sul foglio che lo schiavo li- ultima opera: L’abolizione della schiavitù, ove berato brandisce con la mano sinistra, al mirabilissimi sono il concetto e l’esecuzio- secondo dei due atti firmati dal presidente ne, col suo Gazzoletti lasciò anch’esso qual- americano, quello che il primo gennaio 1863 che cosa a desiderare. Cotesto busto è ese- elencava formalmente una lista di dieci sta- guito con cura, con diligenza, non c’è che ti nei quali doveva essere avvenire la libera- dire, l’arte soverchia forse l’ispirazione; ma zione di tutti gli schiavi. a nostro modo di vedere ha qualche picco- 39 Si trattava in ogni caso di un’immagine che, la menda in fatto di disegno: l’orecchio si- al contrario di quella di Pezzicar, enfatizza- nistro ci sembra un pochino spostato, del vano indirettamente la superiorita della mo- pari che il labbro inferiore; né fedelissima rale e della cultura bianca. A questo propo- riscontriamo la rassomiglianza con l’auto- sito Albert Boime puntualizzava: “Images of re del S Paolo. Appariremo soverchiamente emancipation […] were designed to empha- pedanti forse, agli occhi del nostro Pezikar, size the dependance of the emancipated sla- ma egli che è vero artista deve comprende- ves upon their benefactors as well as their re che se l’indulgenza ci arrotonda talvolta la

Francesco Pezzicar e L’abolizione della schiavitù 283 pillola della critica, questo avviene per inco- letto, “L’Adria”, 19 maggio 1878, “Ieri venne raggiare i giovani artisti, per spronarli a far solennemente inaugurato, sull’ameno Colle meglio. Ai provetti, fra i quali mettiamo Pe- de’ Pini, il Busto eretto alla memoria dell’in- zikar in prima linea, dobbiamo franchezza e signe botanico Dr. Bartolomeo Biasoletto, verità mai sempre congiunte, com’è nostro egregiamente scolpito dal nostro bravo Pez- costume, a cortesia; ma franchezza e verità zicar […]”. T. Verri, Corriere, inaugurazione in prima linea. Amicus Plato sed magis amica del monumento a Bartolomeo Biasoletto di Pez- veritas!”; Dall’Ongaro, Somma e Gazzoletti, “Il zicar, “Libertà e Lavoro”, 10, 28 maggio 1878, Cittadino”, 21 ottobre 1874. p. 73, “Me grato iniziare l’odierna rassegna 44 A questo proposito si vedano L. Bellocchi, col ragguaglio di una solennità cittadina, in- La celebrazione artistica della beneficenza nel- tesa ad onorare la memoria di Bartolommeo le collezioni dell’ITIS, in Dalla beneficenza al Biasoletto, dotto ed assiduo studioso di bo- welfare. Dall’Istituto generale dei poveri di Trie- tanica. Il giorno 18 corr. veniva scoperto ed ste all’Azienda pubblica di Servizi alla Persona inaugurato il di lui busto sovra l’ameno col- ITIS (1818-2009), Trieste 2009, pp. 37-48; le dei Pini. Ameno adesso; poco tempo fa gli M. Gardonio, Una battaglia fra scultori trie- era un arido e sassoso monticello. L’egregio stini dentro e fuori l’Istituto, in D. D’anza, M. botanico ebbe il pensiero di tramutare quel Gardonio, Le collezioni d’arte dell’ITIS, Trieste sito abbandonato e infecondo in una salubre 2012, pp. 67-78, 82, 87. pineta. Così la scelta del luogo ove stabilire 45 Belle arti, “L’Adria”, 23 maggio 1876. un monumento a lui dedicato non poteva ri- 46 M. Gardonio, Una battaglia fra scultori triesti- uscire al certo più ragionata ed opportuna. ni…, cit., p. 68. E che il monumento sia poi anche riuscito 47 Statuaria, “Il Cittadino”, 4 maggio 1876. bene, lo si capirà senza sforzo quando avrò 48 Belle arti, “L’Adria”, 23 maggio 1876. detto ch’ esso è dovuto all’esercitato e valen- 49 Datati rispettivamente 1873 e 1875, cfr. L. te scalpello del nostro Pezzicar, il quale sep- Bellocchi, La celebrazione artistica…, cit., p. pe espressivamente e con fedeltà rendere in 38. marmo la venerata effigie dell’illustre uomo. 50 L. Bellocchi, La celebrazione artistica…, cit., La Delegazione municipale fece apporre al p. 43; M. Gardonio, Una battaglia fra scultori monumento un’iscrizione”. triestini…, cit., p. 87. 52 Il brano poi continuava: “Il sig. Masino Levi 51 La vicenda avrà ampia copertura da parte dei direttore segretario dell’i. r. Società di as- periodici locali: Scoprimento del monumen- sicurazioni generali, soggiacque, come tut- to Biasoletto, “Il Cittadino”, 18 maggio 1878, ti sanno, al comune fato, e la direzione per “Oggi, al Colle dei Pini, presso il Ferdinan- onorare la memoria di colui che tanto ave- deo, si scopre il busto innalzato al beneme- va cooperato allo sviluppo della società, de- rito Dr. Biasoletto, il fondatore di quell’ame- cretava di fregiare del suo busto in marmo la nissimo passeggio, ch’è un bel ornamento sala della sede centrale di Trieste e ne affi- della nostra città. Furono invitati alla ceri- dava la esecuzione allo stesso Pezzicar il qua- monia il podestà dr. D’Angeli, il presiden- le, in brevissimo tempo, condusse a termi- te della camera di commercio signor Igna- ne un vero capolavoro, mantenendo e forse zio Brüll, il podestà di Dignano, città natale superando la promessa fatta a se medesimo del defunto, il capo del consorzio dei farma- di riprodurre palpitante di vita la simpatica cisti istriani, il bravo artista Pezzicar al cui immagine che tanto lo impressionò. Il busto scalpello è dovuto il busto scoperto, i rap- del sig. Masino Levi fu recentemente collo- presentanti della stampa e molti altri vene- cato al posto designato e desta l’ammirazione ratori dell’estinto […]”. Monumento Biaso- di quanti lo conobbero in vita e ne venerano

284 AFAT 31 la memoria”, Pezzicar e Masino Levi, “Il Citta- 56 Cfr. Documento 1, in appendice. dino”, 6 giugno 1879. 57 Circostanza rilevata da L. Bellocchi, Le scul- 53 Un’importante novità attributiva, riguar- ture dei cimiteri…, cit., p. 110. dante la tomba Gilardini, era stata segnala- 58 Sulla tomba cfr. L. Bellocchi, Le sculture dei ta da Matteo Gardonio (Ottocento alla A alla cimiteri…, cit., p. 112; che la datava intorno Z…, cit., p. 108). al 1880. 54 Cfr. L. Bellocchi, Le sculture dei cimiteri 59 La precisazione cronologica spetta al figlio triestini, “Archeografo Triestino”, s.IV, LXI Amerino: cfr. M. Gardonio, Ottocento alla A (CIX), 2001, pp. 104-105. alla Z…, cit., p. 108. 55 Al camposanto greco, “Il Cittadino”, 17 no- 60 Cfr. E. Spalletti, Giovanni Duprè, Milano vembre 1878. 2002, pp. 118-120, 158-160.

Appendice documentaria Aveva compiuto appena i quattordici anni quando i suoi genitori lo mandarono a Trieste Documento 1 e lo collocarono in qualità di apprendista pres- Archivio di Stato di Trieste, fondo Attilio Gentile, so un tale Antonio Sussek che teneva laboratorio f. 755/30 da tornitore in via S. Lazzaro. Da poco tempo si trovava colà che già diede Chiarissimo Signor Professore prova di non comune talento scolpendo, nelle Scuserà se prima d’ora non ho potuto accon- ore che gli erano concesse pel riposo, alcune fi- discendere al Suo gentile invito, dando cioè i gurine nell’avorio, le quali esibite ad alcuni arti- dati più estesi chiestimi intorno alla nascita, alla sti che frequentavano la bottega del Sussek, fu- carriera artistica e sulle singole opere del defun- rono da questi molto lodate ed ammirate. to mio padre. Presso il Sussek, mio padre finì il tirocinio Avute in questi giorni le informazioni che an- di apprendista, dopo che passò in qualità di la- cor mi mancavano, fornitemi da mio zio e poste vorante tornitore nel laboratorio di un certo Go- in ordine di data e di luogo, mi faccio in dovere di stet, sempre qui a Trieste; presso quest’ultimo darle tosto comunicazione. pure non tralasciò di dedicare tutte le sue ore li- Francesco Pezzicar ebbe i natali a Duino il bere allo studio di quell’arte per la quale sentiva giorno 4 ottobre dell’anno 1831 da Matteo Pezzi- di possedere una speciale disposizione: la scul- car, oste e Orsola, nata Padovan, nati pure a Du- tura in legno. E fece in breve tempo tanti pro- ino, benché ambedue le famiglie dei nonni non gressi che il Gostet, ammirato per la straordi- fossero da Duino. La famiglia del nonno è oriun- naria disposizione del suo giovane dipendente, da da Cervignano, quella della nonna da Chiog- lo fece iscrivere alla Scuola degli artisti, la quale gia, le quali però presero stabile dimora a Duino mio padre, nelle domeniche e feste frequentava ancor alla fine dell’anno 1700. con rara assiduità. La sua infanzia la passò presso i genitori e Fu in quella scuola che Francesco Pezzicar fino ai quattordici anni frequentò la scuola del diede alcuni brillanti saggi che dimostrarono luogo, dove imparò quel tanto che si può ap- qual forte tempra d’artista egli possedesse e che prendere in una scuola da villaggio./ attrassero l’attenzione della defunta bar.a Ritt-

Francesco Pezzicar e L’abolizione della schiavitù 285 meyer, la quale ebbe la buona idea, che in segui- di monumenti d’arte, e vi rimase fino allo spi- to attivo, di iniziarlo, dirò così, ai principi della rare dell’anno 1868, studiando con somma lena scultura. Mentre aveva luogo questo ini/ ed ottenendo sempre molte distinzioni; ritornò ziamento mio padre non cessò di frequen- quindi a Trieste, dove prese definitiva dimora. tare la scuola ed alla fine d’ogni anno, quando i Nella sua città d’adozione, Trieste, egli ebbe i diversi lavori fatto dagli allievi erano esposti al primi successi artistici con l’esecuzione del mo- pubblico, lui era sempre tra i primi, premiato numento sepolcrale per la famiglia Zebochin da con medaglie e diplomi. Si fu appunto in una di lui eseguito nell’anno 1871. Successivamente, queste esposizioni scolastiche che la principes- nell’anno 1873 fece un monumento sepolcrale, sa Hohenlohe di Duino, vedendo i lavori esegui- pure molto ammirato, per la famiglia Benvenuti. ti dal giovane allievo e scorgendovi in lui delle Nel corso di quello stesso anno eseguì e non comuni attitudini artistiche, volle interes- mandò all’esposizione che si teneva a Filadelfia, sarsi e difatti dispose, cooperata dalla barones- il suo “Schiavo che spezza le catene”. La bellissi- sa Rittmayer, per mandarlo a studiare la scultu- ma statua, fusa in bronzo, che trovasi tuttora al ra in una scuola superiore. E le due distintissime Museo Revoltella, suscitò in America disparate nobildonne, provvedendo alle spese, mandaro- critiche, la maggior parte delle quali però, seb- no mio padre all’Accademia di Belle Arti di Ve- bene erano concordi nel riconoscere all’auto- nezia. Questo succedeva l’anno 1856. re doti artistiche non comuni pure ne criticava- A Venezia egli ebbe alloggio nella casa che la no il soggetto della statua esposta perché toccava principessa Hohenlohe teneva in Campo S. Ste- un po’ troppo la suscettibilità degli americani di fano e dalla stessa gentildonna ebbe pure il vitto razza bianca. Infatti, l’opera come tale fu anche durante tutto il tempo di sua permanenza nella premiata, ma non trovò nessun acquirente tra i città lagunare, cioè sino alla fine dell’anno 1860, ricchi Americani che pure in fatto d’arte spen- anno in cui finì i quattro corsi dell’Accademia, dono talvolta delle somme favolose. E questo fa- ottenendo molti premi e distinzioni. cilmente trova una spiegazione nel fatto che la Finiti, come detto, in quell’anno i quat- statua, se nel suo significato rappresentava un tro corsi dell’Accademia, fu dalla direzione del- fatto glorioso per la storia dell’umanità; nel me- la stessa proposto al Consiglio della città affin- desimo tempo, aveva il torto di rappresentare ché fosse mandato a spese della città medesima agli Americani un’epoca nefasta: la guerra civile, a Firenze e colà potesse proseguire gli studi sot- le cui tracce erano in quell’epoca recentissime e, to la guida di uno fra i più celebri scultori di quel si può dire ancora sanguinanti. tempo: il Duprè. Sicché l’opera, per il motivo più sopra espo- Mio padre, infatti, annuente il Comune di sto, rimase invenduta e ritornò a Trieste. Quivi Venezia, che gli assegnò uno stipendio,/ si recò fu collocata nello studio, situato nella casa Mayer a Firenze e quivi entrò nello studio del retrocita- (via Solitario (ora M.d’Azeglio) angolo via Alfie- to scultore, dove si fece subito notare dal celebre ri) ove rimase fino alla morte di mio padre avve- suo maestro, il quale lo prese in considerazione nuta li 6 gennaio 1890. e del quale divenne poi il migliore degli allievi. Se questo fatto amareggiò grandemente l’ar- Tre anni egli rimase a Firenze nello studio tista, non fiaccò però la sua forte tempra di la- del Duprè, il quale fu per lui largo d’incoraggia- voratore instancabile e tenace. Si mise alacre- mento e più che maestro fu per lui un padre! E mente al lavoro e portò in quello stesso torno di fu a Firenze che diede la prima e forte promes- tempo, a compimento fra i molti altri lavori di sa del suo ingegno d’artista con il gruppo: “Una minore importanza,/il bassorilievo per la tomba lotta di galli”. della famiglia Righetti-Hueln al Cimitero catto- Da Firenze passò a Roma e colà si perfezionò lico ed una statua del cav. Mauser de Marquando vieppiù nell’arte sua inspirandosi tra quei gran- per l’atrio della Pia Casa dei Poveri.

286 AFAT 31 L’anno successivo eseguì il monumen- igi Conti, formavano un gruppo architettoni- to per la tomba di Emanuele Fraghialoy co torreggiante sul corpo centrale dell’edificio (ΦραφΚιαΙον) nel Cimitero greco – orienta- suddetto. le. Nello stesso recinto havvi pure di suo i mo- L’ultima statua che il Pezzicar eseguì fu quel- numenti per le tombe delle famiglie di Gior- la che trovasi nel vestibolo del Palazzo del Lloyd gio Salbares (Σαιβαρης), compiuta nell’anno e che rappresenta “Il Lavoro”. La fece quan- 1877, quella di Costantino Sgiliano (ΣγνΙιαυω) do già il male, la tisi, aveva posto in isfacelo il eseguita nel 1881 nonché quello colossale per suo corpo. Sino che ebbe un po’ di forza maneg- la famiglia Economo, che terminerà poco pri- giò lo scalpello e con sforzo supremo adempì al ma di morire. suo impegno consegnando il lavoro interamente Anche nel Cimitero cattolico havvi ancora compiuto,/ Ma infine il male, che faceva passi da moltissimi lavori, tra i quali merita attenzione gigante, atterrò l’uomo che voleva opporre resi- particolare quello per la tomba el cav. Mauser stenza e lo costrinse a letto che, purtroppo, non de Marquando (anno d’esecuzione 1883) lavoro doveva abbandonare, vivo, mai più. di concettosa e insieme maestosa elaborazione. Il 6 di gennaio dell’anno 1890 mio padre All’ingresso di un sepolcro, un angelo con in esalò l’ultimo respiro. E due giorni dopo, larga- mano la tromba chiama a raccolta le anime dei mente compianto da quanti lo conobbero, e fu- trapassati, ivi ranchiuse, al momento del giu- ron molti, ebbero luogo i funerali, modestis- dizio, mentre ai suoi piedi sta scritta l’epigra- simi, non certo degni dell’artista e della città, fe ammonitrice seguente: “O mortali non pro- ch’egli abbellì ed arricchì di opere di indiscuti- fanate il Tempio della Morte perché a Codesta bile pregio. Il feretro, seguito da tutti gli artist e si dovranno inchinare anco i più forti”. Que- da molti amici, dimenticato però dal Com une, il sta tomba trovasi al limite estremo destro del- quale non volle o non si degnò di rendere omag- le vecchie arcate e si scorge, a motivo della sua gio nemmeno in quella luttuosa circostanza, con mole, ad una certa distanza. Pure nel Cimitero l’invio d’una semplice corona o col mandare un cattolico sono di lui i monumenti per le tombe rappresentante ai funerali; all’artista che fece delle seguenti fa/ miglie: onore a Trieste e che l’amò come una vera patria, Muzio de Tommasini (1884), Gilardini si diresse al Cimitero e le spoglie mortali ebbe- (1883), Bombarelli (1887), Camus (1889) e qual- ro sepoltura di fronte all’ingresso principale del che altra ancora di poca importanza. Cimitero cattolico. Per l’Esposizione di Trieste del 1882 ese- Ancora degli altri lavori fece mio padre e guì una statua allegorica rappresentante Mercu- precisamente a Roma, a Firenze ed a Fiume, ma rio. Questa statua sorgeva all’ingresso principale con tutta la mia buona volontà non ho potuto dell’Esposizione (Edificio N° 1) accanto a quel- avere dei dati precisi. la raffigurante “La Navigazione” dello scultore Se nelle due città del vicino Regno sono la- Giovanni Depaul. vorucci di poca importanza, non così è a Fiume La critica d’allora lodava ambedue le sta- nel cimitero cattolico. Ma per quanto ho cerca- tue classificandole quali lavori pregevolissimi di to d’avere delle informazioni precise in proposi- statuaria decorativa. to non m’è stato possibile, nemmeno dalla vicina Per l’edificio N° 3 (padiglione in ferro) che Fiume. Ad ogni modo voglio occupar/ mi anco- aveva la facciata sulla strada della stessa Espo- ra ed appena avrò qualche notizia non manche- sizione, mio padre modellò anche una statua rò di farle noto. simboleggiante “la Pace” con in mano il ramo Coprì per molti anni la carica di direttore d’olivo e nell’altra una corona d’alloro, statua del Circolo Artistico, carica che tenne fino a tan- questa che insieme a due genietti, simbolo del- to che il male lo costrinse a non accettare più il le arti industriali, modellati dallo scultore Lu- mandato che i colleghi volevano conferirgli.

Francesco Pezzicar e L’abolizione della schiavitù 287 Ecco, chiarissimo Signor Professore, tutti i si è avuto il felice pensiero di fare la fotografia dati che posso finora darle e che ho potuto ave- di quest’album. Desideriamo che sia posta in re su mio padre. vendita, affinchè il pubblico possa farne ac- Ritengo d’aver adempiuto – sebbene forse quisto, come di un caro ricordo. con un po’ di ritardo – alla promessa fattale tem- po addietro e ringraziando per il Suo cortese in- teressamento in riguardo al mio defunto geni- Documento 3 tore, s’abbia i miei più sentiti ringraziamenti e Lo scultore Pezzikar e l’abolizione della schiavitù, “Il la mia perenne riconoscenza da parte anche di Cittadino”, 11 settembre 1873 mio fratello per tutto ciò che Ella è intenzionato di fare onde poter così rivendicare la memoria Se è intima compiacenza dello scrittore in- di un artista troppo presto e a torto dimenticato. coraggiare gli artisti facendo note le opere loro, Con i sensi della più alta stima e riconoscen- particolarmente quando animosi imprendono la za, di Lei devotissimo spinosa via dell’arte che alla gloria conduce, in- Amerino Pezzicar calcolabile è la di lui soddisfazione quando può dire con voce alta e ferma: oggi registro un’opera Trieste, li 16 giugno 1911 veramente stupenda. Degli encomi nostri non ha bisogno il Pezzikar: il mondo artistico lo cresimò fra i suoi eletti, Trieste lo annovera primo tra gli Documento 2 egregi artisti a cui fa culla; e non sono pochi. […] Gli artisti dell’Album, “L’Osservatore Triestino”, Questa statua, mirabilmente modellata e desti- 15 aprile 1864 nata alla fusione in bronzo, fu già ammirata, nel- lo studio di Pezzikar in via Amalia, dai molti in- Dacchè S.M. L’Imperatore sì degnò di tan- telligenti della città nostra. Contemplandola ieri to aggradirne la presentazione, dichiarando di con religione, non abbiamo potuto a meno di re- averlo ancora più caro perchè eseguito da ar- criminare contro il tempo, all’abile artista man- tisti triestini, ci sentiamo in dovere di fare co- cato, per condurla a termine prima d’ora. Sareb- noscere al pubblico i loro nomi. Gli ornamenti be stato un peregrino lavoro di più fra i più belli vennero eseguiti dietro il disegno dell’egre- dell’Esposizione di Vienna. Pazienza! L’opera gio ingegnere signor Maciachini. Dagli opifi- del Pezzikar segna un grande progresso in sta- zii del sig. Leopoldo Janesich uscirono i lavori tuaria: l’autore si staccò completamente dal clas- di bigiuterie, eseguiti dall’artista Rodolfo Lam- sicismo, uniformandosi alla moderna aspirazio- precht, dal cesellatore Antonio Liberi e dal lega- ne che vuole il vero in tutto e per tutto. Tanto è tore di gioie Giov. Vianello. Dal laboratorio del ardito il concetto, altrettanto ardita è la tradu- signor Gius. Danneker sortì la chatulle, lavoro zione; contenuta peraltro nei limiti del vero vero dell’operaio Ant. Ustenick, mentre la serratura – e qui sta la difficoltà massima: ottenere effet- è opera di Corrado Kropp, maestro fabbro del- to grande, esaltare l’osservatore senza la risor- la sezione delle arti della casa dei Poveri. Fi- sa del teatrale, a cui pure ricorsero valenti artisti. nalmente nello opifizio del signor Giov. Porzia Questa figura isolata, nuda, con le braccia levate, venne eseguita la legatura del libro, mentre i con le catene spezzate al polso destro, ed il de- bassi rilievi in avorio sono opera dei signo- creto abolizionista nella manca, è tutta una sto- ri Giov. Bianchini intagliatore e del sig. Franc. ria: non più lo schiavo che “Libertà va cercan- Pezzicar scultore. L’acquerello rappresentan- do ch’è si cara… ma l’essere che diventa uomo! te la città di Trieste veduta da Miramar è ope- Viva e la pupilla, e dalla semichiusa bocca pare ra del sig. B. Fiedler e la scrittura dell’indiriz- stia per uscire un grido di gioia dalla troppa gioia zo, opera del signor Magnaron. Sentiamo che rattenuto nella strozza. Il nudo è trattato con sa-

288 AFAT 31 pienza anatomica, e al ciarpa che avvolge i fian- antichi/ E di quelli di mezzo escon dal marmo/ E chi – unico ornamento di quello schiavo, dal tipo alla commossa ardente fantasia/ Parlano le me- rigorosamente fedele al vero – è con molto garbo morie e le giganti/ Figure. O Clio, dimmi tu il e con non minor sobrietà composta. Altro pregio vero: io canto! -/ Nella terra divina a cui primie- da noi riscontrato in quest’opera è che da qua- re/ Sorrisero le grazie, e presso l’are/ Laurëate lunque lato la si osservi uguale sempre è l’im- d’Apollo, in sul Parnaso,/ Albergo delle muse, in pressione del bello che si riceve. S’abbia l’egre- sulle rive/ Del celeste Peneo,*) presso l’Olimpo/ gio sig. Pezzikar le nostre congratulazioni anche Reggia di falsi ma leggiadri numi,/ Nel sacro suol per quel grazioso gruppetto in marmo del putti- della gentile Atene,/ Nella palestra della ferrea no defraudato nel pasto da una gallina. La mente Sparta,/ In mezzo agli inni di guerrieri vati/ E ingombra di pensieri gravi e severi dopo la con- alle musiche eroiche agitatrici/ Di non vendute templazione dello schiavo vendicato a libertà, si cetre, e fra i trionfi/ Dei vincitor d’una immortal esilarava in quello che amiamo chiamare scherzo battaglia,/ Veggo errabonda una sinistra larva, gentile con tanta grazia composto. Sappiamo che Livido il volto e la persona scarna,/ Che ha scrit- questo lavoro gli fu commesso dal sig. cav. Ritt- to in fronte “Schiavitù.” S’aggira/ Ancora là, dove meyer, e desidereremmo che molti la città no- cantava Omero,/ All’aure il pianto e il sepolcral stra vantasse di simili mecenati, ad incremento lamento/ Della languente, che nel libro d’oro/ delle arti ed a compenso dei coscienziosi artisti. Dei fasti ellenii, o Libertà, segnava/ Una pagina nera… e tu piangevi;/ Sulle sponde del Tevere famoso,/ Che vide con assidua vicenda/ Vizi in Documento 4 copia e virtù, lauri e ritorte,/ Glorie e vergogne, C. Rossi, Il moro Statua di Francesco Pezzicar, “Li- liberi e tiranni,/ Trema il superbo, il disdegno- bertà e Lavoro”, VII, 20, 1 dicembre 1873, pp. so, il forte/ Popol di Roma al congiurato grido/ 158-159 Della vendetta, che dall’Alpi manda/ Spartaco il prode, alla pallida Roma/ In faccia ei squassa la Ah! Chi può dire quanto arduo sia l’arram- servil catena,/ Minace gladiator, eco concorde/ picarsi sul mondo dove risplende il nobile tem- Al truce invito, dei gementi oppressi/ La legion pio della fama!” risponde, e all’armi, all’armi/ Chiama, e ne tre- Beattie. ma la giapezia terra./ Muore un Giusto innocen- Canto. te! - O Nazareno,/ Legislator, filosofo divino,/ E Mira, oh! Mira, la vivida pupilla/ Che fulmi- tu dovei, per aver troppo amato,/ Insanguinar na di gioia: ha crespo e nero/ Il crine; pallidissi- del Golgota le zolle,/ Mentre la schiava Umanità me le gote,/ Chè tutto il sangue si raccolse al stendea/ A te le braccia tremule sperando./ Teco core/ E negli occhi sfavilla; oh! mira oh! mira/ moriva Amor! - Guarda, o mia Musa,/ Nelle Tutto dell’uomo il giubilo, cha alfine/ Del ser- spendide sale, infra i profumi/ Dell’odorosa vaggio spezzata ha la catena./ Quando contemplo Arabia, in sui tappeti/ Persi distesa mollemente questo altero marmo,/ Cui die man te gestina al modo/ Di Cleopatra la crudel matrona/ Roma- anima e vita,/ Quando medito il genio alto na, d’agi e di dovizie stanca/ Ed alla noia d’opu- dell’arte/ Che la pietra sublima, il mio pensiero/ lenza in braccio,/ Per un error lievissimo furen- Sorge più grande, ed alla mente in folla/ Corrono te/ Delle ancelle nel sen piantar lo spillo,/ Degli tutti i secoli trascorsi./ Gli occhi, le braccia, le amori gentili e dei guerrieri/ Cortesi e delle catene infrante/ Spiran vittoria e libertà, Din- dame e delle gaie/ Canzon dei menestrelli e del- nanzi/ Tutta si schiude al guardo mio la grande/ le pugne/ Della fede nel secolo beato,/ Miseri Di questa Diva memoranda istoria,/ Che alfin servi, e d’ogni effetto ignari,/ Sudan sui campi di redense i popoli. Scolpita/ Veggo non solo l’a- un superbo crudo/ Feüdale signor: sugli arsi mericana aurora/ Di libertà; ma insiem di giorni capi/ Del sole a piombo battono le vampe/ E

Francesco Pezzicar e L’abolizione della schiavitù 289 gl’infelici quai giumenti sudano,/ Sudano, a cui litti dell’uom. La mala pianta/ Del mondo primo grave è sul collo il giogo./ Torri sinistre di cuoi, nel novello mondo/ Crebbe gigante, e dispiegò i rapaci/ Cavalieri ignobili, sudate/ Glebe di suoi rami,/ Di lagrime dovizia… e insiem con schiava ed affamata plebe,/ E il Diritto prostrato, essa/ Crebbe la somma delle tue vergogne./ Ma e prepotente/ Sul curvo tergo della Forza il pie- alfin dispiega poderosi i vanni/ Sulla Colombia de./ E v’ha chi narra – un genio arcano forse/ Lo Libertà: si desta/ Di Washington alla parola il rivelava a lui nelle tue selve -/ Che allor vinta da mondo./ Egli moriva, ma lo spirto e il genio,/ te, fredda Germania,/ Fu la patrizia crudeltà di Davanti a cui, siccome nebbia la sole,/ Di ponte- Roma./ Dona Colombo, Galileo dei mari,/ Al fici e re qual più adulata/ Sparia gloria nel nulla, mondo antiquo generoso un mondo./ Grande ancor fecondo/ Moltiplicò nei secoli sé stesso./ infelice, e dei destini esempio/ Del genio! - Nel- Odi, o Musa: no senti in lontananza,/ Come le vergini conrade/ Americane del riscatto il se- mugghio del mar quando è burrasca,/ Come l’al- gno,/ Di amor, di pace e fratellanza al cielo/ Al- to fragor della battaglia/ Che la vita portar deve o teramente umile erge la fronte;/ Ma risuonar nei la morte,/ Uno strepito?… Là certo si pugna/ Per secoli odiata/ Odo una voce! - E chi consiglia i destini dell’umana schiatta./ Dalle sponde re- un’onta?/ E chi consiglia il barbaro mercato/ Del mote n’ ‘l sol tramonta/ D’un popolo di schiavi fratello al fratello? E chi seduce/ Di natura a odo il lamento/ Che, sorvolando il pelago infini- spezzar l’eterna legge?/ Fremerne ascolto l’oce- to,/ Agli altri mondi ripercosso arriva;/ Poi quel an… la madre/ Nera, serrando al sen la nera lamento di bestemmia un grido/ E di rabbia di- prole,/ Dalle viscere impreca ai maledetti 1)/ Un vien. Giganteggiando/ Sugli altri Grandi, onde disperato grido. Eco d’Atlante/ L’oceano solcar va lieta e altera/ Umanità, Lincoln s’avanza: ei mesto un naviglio,/ Ecco un altro, ecco un altro, splende/ Come un genio d’amore e di speranza:/ e un altro ancora,/ Mille navigli di venduta gen- E la Giustizia ha ispiratrice al fianco./ Fremon gli te,/ Che spande pianti e inesaudite preci/ Alla schiavi, le catene antiche/ Echeggiano squassate deserta immensità del mare,/ Alla deserta im- orribilmente…/ Sono insorti… Di Marte odi la mensità del cielo./ Un lento funeral di moribon- tromba?/ È la battaglia: 2) – Pugnano le due/ Osti di/ Par che trapassi a u cimitero ignoto,/ Lontan, schierate fieramente, pugnano/ Lionesse in fu- lontano. E qual Caron la barca/ senza speranza ror! - Tetra succede/ Al fiero düellar funerea cal- dell’afflitta gente/ Mena alle pene su per l’onda ma,/ E silenzio feral! - Di sangue e morte/ Orri- bruna,/ Tale un barbaro demone conduce/ A una do è il monte e la campagna e il fiume…/ fiera agonia che eterna dura/ Quel lento funeral Caddero i prodi sorridendo, i vili/ Maledicendo di moribondi./ Ma nel volume delle umane col- caddero. Il silenzio/ Rompe un labbro divin. pe/ Un genio dalle bianche ali, dimesse/ Le Voce di un nume,/ Quel Magnanimo parla. Udi- piangenti pupille, il gran peccato/ Repugnante te: uguali/ Tutti ei proclama, liberi e fratelli./ notava e la sentenza/ Di quei sciaurati a lettere di Levan gli schiavi della gioia il grido,/ L’America sangue./ Era il genio d’amor che tutto nota!/ Ahi! si scote, in sulle penne/ Dell’elettrico vola a tutti Le menti dell’or la sacra fame/ E i cori ammalia- i venti/ La parola d’amore, Umanitade/ Al sol di va… era un feroce/ Incalzarsi di genti, una fata- libertà manda un saluto./ Di schiavitù spezzata è le/ Dimenticanza d’ogni affetto umano,/ D’ogni la catena./ Che in suo corso travolve l’ozeàno./ senso gentil… Qual mai di fumo/ Colonna im- Forse i figli lontani del futuro/ La trattan con le mane s’alza di faville/ Da una terra beata? Erran perle e coi coralli/ Dagli imi fondi. Allor forse le fiamme/ Per le ville pacifiche, morenti/ Grida non fia/ Conosciuto il suo nome a noi fatale,/ soffoca il fumo… ah! voi fumate,/ Povere Antil- Però che allor non vi saran tiranni,/ Però che al- le, d’innocente sangue…/ O scellerata Iberia, lor non vi saran catene…/ Ma posa alfin, o fervi- havvi nel regno/ Del tempo un occhio a cui nulla do pensiero,/ Dimentica il passato un sol mo- si cela;/ Havvi un dito terribile, che scrive/ I de- mento,/ Pensa al presente e l’avvenir vagheggia?/

290 AFAT 31 O santa, o diva Libertade, salve!/ Figli dell’ira e t’arrestar, non t’arrestar nel preso/ Cammino dell’amor, del pianto/ O del riso, non siam tutti onrato, e che t’adduce al monte/ Subblime, una sola/ Vïatrice famiglia?O forse il Negro/ È n’splende della gloria il tempio./ Sì, molte spine del Bianco più vil? forse la terra/ Tutti i suoi figli ti faranno intoppo/ Nell’arringo dell’Arte, ma la non accoglie in grembo,/ Poi che la morte ha tua/ Meta è nobile, è santa: entusiasmi/ E scon- loro dato il bacio/ Che li affratella uguali? Ugual forti, speranze e disinganni,/ Subite gioie e poi retaggio/ Non diede a tutti la natura in suo/ Pro- subiti pianti,/ E una sete di gloria, e un inquïeto/ fondo, spesso amaro troppo, indarno/ Interro- Disperar del trionfo, e un dubbio atroce,/ Vite e gato sapiente arcano:/ Gioie e sventure, lagrime morti dell’anima, ed il sogno/ Della immortalità, e sorrisi?/ Chi disse mai che un popolo coman- queste saranno/ L’onda del mar del tuo pensiero di/ E che un altro strascini la catena?/ Non siamo ardente./ Nobile e santa è la tua meta: è grande,/ tutti fartei, liberi, uguali?/ Chi contesta dettò È onnipossente il generoso, ch’opra/ Con la ma- barbara legge/ Abbominanda, che inimica i figli/ gia dell’arte alti portenti./ E Buonarroti, con l’a- D’un’istessa famiglia? E sulla fronte/ Del suo more e l’ira/ Della perduta in cor patria tradita,/ fratel chi ardì scolpire il primo/ Il marchio di Nell’avel del Magnifico tiranno/ Scolpia tremen- Caino e la condanna?/ E chi dannollo a consu- do una immortal vendetta./ E sorge e parla ai mar la vita/ Maledicendo ai padri suoi? Chi mai/ suoi sordi nepoti/ Di non codarde età dai monu- Scrisse col sangue l’inuman decreto,/ Sì che, menti/ Una voce, che i popoli governa./ Pensa d’amore, rinnegando il culto,/ Ripudiasse Natu- che dato è allo scalpello il freddo/ Marmo o illu- ra i figli suoi?/ Non siam tutti fratei, liberi ugua- strar, sì che la gente impari/ Virtù al pie’ d’un li?/ O Libertà, che i popoli fecondi,/ Siccome avello, o vile e infame/ Renderlo si, che inorri- suon di guerriera tuba/ Voli tua voce ai più re- disce e fugga/ Da quel sasso, che abbiette ossa moti lidi:/ E favelli d’amore e di speranza, / Tu il rinserra./ Spirto gentil, della Bellezza il tempio/ mondo abbella, allegra e lo governa:/ La tua stel- Entra, sull’ara ove libò Canova/ E tu liba alle la è immortal! Sì, sorgeranno/ Per te sempre a Grazie, e arrideranno/ All’opre tue col loro almo pugnar sui sacri campi/ A mille e mille generosi sorriso./ Non ti sgomenti l’aspra e forte via,/ eroi,/ E fian dispersi, come polve al vento,/ Quel L’alba t’annunzia del trionfo il sole,/ E il braccio che un’empia ti fan barbara guerra./ Stendi le infaticabile nel marmo,/ Creando, informi le tue penne del materno amore/ Sovra la terra, e le nove idee,/ Che della patria fiano inclito alloro./ universe genti/ Raccogli sotto il tuo manto di E tu ama una Musa! Oh! già ben sai/ Che sorelle stelle./ Non disertar la famosa prole/ Della spo- son l’Arti: oh! Non ti spiaccia/ Nelle tacite notti sa di Giove 1), a cui dal fato/ Già lo scettro di diè al fido lume/ Della compagna al vegliante inge- sul mondo intero;/ Nè le vergini floride sorelle/ gno/ Lampada dell’artista, meditando,/ Della Americane, che al tuo nume incensi/ Mandano storia cercar l’eterne carte,/ E le libere udir ma- ed inni; anco alle genti brilla/ Che van pel foco schie armonie/ Dei civili Poeti. Anora ti piaccia/ del deserto errando,/ Brilla all’antiqua misterio- Bere alla fonte, a cui tanto s’attinse,/ E t’attinge, sa madre/ Degli aromi, che fier sente bisogno/ inesausta, alla gran fonte/ Della sacra epopea. Della tua luce; e alla lontana arridi/ Del gran pa- T’ispira a quelle/ Figure di giganti, alle soavi/ dre Oceàno ultima figlia 2)./ Che a te piega le Piccarde, alle Canizze, alle Francesche/ Più infe- mani. Onnipossente/ È il tuo braccio, riscuoti, lici che ree, gentili e insieme/ Severe creazioni, alza e accendi/ I popoli che languono, e ai tiran- onde i tre mondi/ Con arte popolò che non ha ni/ Sulla fronte l’anatema suggella./ Sei vita del- pari,/ Non ha seconda, né avrà forse mai,/ Ali- le vite, anima e moto/ Dei più felici popoli futu- ghiero. E tu ama una Musa!/ Chè se lo spirto ri/ O santa, o diva Libertade, salve! -/ E tu, spirto crëator, divino/ Del genio guida lo scalpello, un gentil, che la divina/ Arte di Michelangelo colti- marmo/ Mostrar ne può la poesia sublime/ E la vi,/ A’ tuoi marmi spirando anima eterna,/ Non bellezza della greca forma,/ Che una pagina a noi

Francesco Pezzicar e L’abolizione della schiavitù 291 mostra d’Omero./ E tu ama una Musa! Oh! Allor jah Lovéjoy, di Walker, Birney, Tappau, Angelina saranno/ I tuoi pensier nobili e forti, e l’opre/ e Sara Grimke, Maria Chapmann, chè ove c’è Alte maestre di gagliardi sensi/ E sculto allor nei un’idea generosa non può mancare la donna. tuoi splendidi marmi/ Vedrassi il bello eterno, il E sulla fronte increspata di questo negro mo- qual s’incarna/ D’ogni arte nei portenti, e che dellato dal Pezzicar l’immaginazione nostra ci nel tuo/ Moto di vita palpita, sfavilla,/ Cui con- lascia leggere a caratteri di luce i nomi dell’Enri- templando la gentil Trieste,/ Del figlio tuo va no- chetta Beecher-Stowe, di Granville Sharp, Clar- bilmente altera./ Ama dunque, o Scultor, pensa e kson, Wilberforce, Brougham, Buxton, di quan- lavora. ti infine coll’opera o colla penna s’adoperarono a *) Il Peneo, fiume della Tessaglia, padre di togliere dall’umanità l’obbrobrio della Schiavi- Dafne, che fuggendo da Apollo, fu trasformata tù de’ Negri, e in cima a tutti il nome care e vene- in Lauro. rato di Abramo Lincoln. Più degno soggetto non 1) I Gesuiti. poteva esser scelto da un artista di cuore; e il si- 2) Richmond. gnor Pezzicar mostrò di averlo profondamen- 1) Europa, figlia di Fenice, rapita da Giove, fu te sentito, e l’ha reso nel modo il più eloquente. sua sposa. All’ora che scriviamo, la statua del bravo 2) Australia. scultore nostro concittadino, trovasi all’Esposi- Trieste Cesare Rossi zione di Filadelfia, ove sin dal primo suo giunge- re raccolse larga messe di meritate lodi, e venne collocata in uno dei più bei posti nella Galleria Documento 5 di Belle Arti. Dopo quanto se ne occupò la stam- A. Marchi, L’abolizione della schiavitù statua in pa tedesca e l’inglese troviamo inutile spendere marmo di F. Pezzicar, “Libertà e Lavoro”, II, 12 una sola parola sui meriti particolari della mo- giugno 1876, p. 90 dellazione, dell’anatomia, del fuso: noi atten- diamo che lo spirito americano faccia giusti- Egli ci sta dinanzi nella viva confessione del- zia all’ingegno del nostro artista e lo schiavo del la sua legittima gioia: lo schiavo spregiato e con- Pezzicar trovi un piedistallo in una delle libere culcato, il bruto, rinconquistò alla fine la sua di- città del Nuovo Continente! gnità d’uomo. Le catene, vergogna dei bianchi che gliele strinsero ai polsi, giacciono infrante ai suoi piedi; gli occhi spalancati mirano all’alto Documento 6 con lieto orgoglio; le labbra tumide e semiaperte La statua di Pezzicar, “Il Cittadino”, 23 maggio sembrano dare il varco ad un sospiro di sodisfa- 1877 zione, ad un grido di contentezza; le mani levate al cielo sembrano affermare: giustizia è fatta! La Un giornale locale, l’Adria, encomiando sinistra va pure agitando il memorabile decre- giustamente la magnifica statua dello scultore to di Lincoln, che rivendicò la libertà a milioni triestino Francesco Pezzicar, “L’abolizione del- di individui. Alla vista di questa figura espres- la schiavitù in America”, che eccitò nei passati siva, dalla fisionomia animata, cui fa cornice di l’ammirazione dei molti che furono a vederla una chioma crespa e irsuta, vero tipo dell’ener- nella casa dell’edifizio di Borsa, buttò senza pre- gia e della robustezza della razza negra, il pen- tese un’idea che incontrò, a quanto ci si assicura, siero corre alle lotte fratricide che desolarono l’adesione dei non pochi Mecenati della nostra tanti anni la terra dell’Unione, ed al trionfo della città. Si tratterebbe adunque di assicurare alla causa santa dell’Umanità. Propugnatori e marti- statua del Pezzicar un posto nel nascente civico ri di questa causa furono William Lloyd, Garri- museo Revoltella, che certo in fatto di statuaria son, May, Goodell, Krapp, Mac-Intosch, d’Elii- non è in grado di cantar vittoria. Ma i fondi di cui

292 AFAT 31 dispone il curatorio non sarebbero sufficien- Triester Zeitung fosse esaudito, noi non saremmo ti all’acquisto; vi potrebbero però supplire ef- mai per farvi la minima opposizione. Tuttavia ci ficacemente municipio, camera di commercio, piace sperare che anche lo stimato periodico in l’amor patrio e la generosità dei cittadini. Pre- parola si compiaccia piegarsi alla n osra opinio- sa l’iniziativa dal curatorio del Museo e dalle due ne, che fu pur accolta e suffragata nel modo più rappresentanze cittadine, si troverebbe presto esplicito e cortese dal Cittadino. Siamo poi lie- fra i nostri ricchi, costituiti in comitato e chia- ti di far conoscere che parecchie distinte per- mate le distinte nostre signore a parteciparvi, sone si sono affrettate di farci pervenire la loro il modo di completare la somma necessaria per adesione al progetto, con promessa di contribu- far dono al Museo d’un’opera che i forestieri ve- ire pecuniaramente alla sua attuazione, quan- dranno con invidia, e i triestini additeranno ad do venga concretato. Crediamo poter afferma- essi con orgoglio. Volere e potere: nell’appoggia- re, che anche al Cittadino siano state indirizzate re la proposta del nostro confratello, ricordiamo lettere adesive allo stesso senso; e che perciò, ai nostri facoltosi quelle due magiche parole che quando appunto si tratterà di dar corpo all’i- furono spesso l’origine di magnanime imprese dea, la faccenda sarà sbrigata tosto. Ed è nostra e più spesso ancora le condussero a compimen- opinione, che esprimiamo nella fiducia che non to. Dunque vogliano, o signori, e il Museo civico venga smentita, che l’egregio Pezzicar, qualo- avrà una insigne opera d’arte in più. ra la sua statua dovesse rimaner a fregio del pa- trio Museo, cosa per lui onorevolissima, sareb- Belle arti, “L’Adria”, 31 maggio 1877 be disposto a limitar le sue pretese ed a sacrificar e, per quanto possibile, l’interesse materiale ad Abbiamo con al più grande soddisfazione con- una legittima soddisfazione artistica ed all’affet- statato che l’idea da noi esternata circa l’acqui- to verso la città natia. sto e la destinazione della bellissima statua dello Riepilogando: la statua di Pezzicar dovreb- scultore triestino F. Pezzicar ha trovato l’appog- be venir comperata dal Curatorio del civico Mu- gio di tutta o quasi tutta la stampa triestina, i cui seo Revoltella, devolvendovi i fondi di cui può organi più diffusi e influenti l’hanno caldeggiata disporre. Attesa la notoria insufficienza di que- vivamente. Se qualcuno, dei meno letti, ha ser- sti, il Curatorio deve richiedere il sussidio, a bato il silenzio, per motivi facili a capirsi, nessu- completare la somma che il Pezzicar ridurrà per no ebbe però il coraggio di combatterla. La Trie- quanto possibile, I. del Consiglio della Città, II. ster Zeitung che in fatto di belle arti è un’autorità, Della Camera di Commercio, III. De’ privati cit- e che non eccede mai nelle lodi, fece il più lu- tadini. singhiero elogio della abolizione della schiavi- Senza voler menomamente recriminar su tù, e suggerì come luogo opportuno a collocarla cose passate, ci permettiamo rammentare allo il Pubblico Giardino. Per certo quel geniale ri- spettabile Curatorio che nel provocar l’acqui- trovo, che va sempre abbellendosi, ricevereb- sto di un lavoro di artista triestino tanto favo- be lustro non piccolo da quella statua; osservia- revolmente giudicato anche all’estero, trove- mo però che non essendovene altre, quella del rà il mezzo più opportuno di far dimenticare Pezzicar, per il suo soggetto, come monumen- l’errore commesso nel lasciarsi sfuggire il qua- to isolato affatto, non troverebbesi forse al po- dro di Lonza, il più bello di quanti figurasse- sto che meglio le convenga. A ciò si aggiunge che ro nell’ultima nostra Esposizione di belle arti, il Curatorio del civico Museo non potrebbe con- e che attualmente a Parigi, ove fu mandato dal tribuire alla spesa di acquisto d’un opera d’arte fortunato ed intelligente compratore, è uno dei da collocarsi fuori del Museo stesso. Fatte que- più ammirati. È notorio che all’annuale Espo- ste osservazioni, ci affrettiamo a dichiarare che sizione di Parigi concorrono i più rinomati ar- qualora vi fosse probabilità che il desiderio della tisti della Francia e del’Europa tutta. Ci sembra

Francesco Pezzicar e L’abolizione della schiavitù 293 poi, che con l’acquisto della statua di Pezzicar, La statua di F. Pezzicar, “L’Adria”, 23 giugno 1877 il prelodato Curatorio interpreterebbe perfet- tamente le intenzioni del benemerito testatore, A quei cortesi corrispondenti che ci domanda- poiché doterebbe il civico Museo di un’opera no se il progetto relativo all’acquisto della statua d’arte bellissima ed in pari tempo incoragge- dello scultore triestino F. Pezzicar fu buttato nel rebbe un artista triestino. dimenticatojo, possiamo assicurare che la cosa è del tutto diversa. La discrezione non ci consente La statua di Pezzicar, “L’Adria”, 5 giugno 1877 entrare pel momento in ulteriori dilucidazioni perchè, appunto giusta il nostro desiderio, alcu- Una persona distinta per censo, coltura e gene- ni onorevoli cittadini si sono assunti il compito rosa protezione alle arti ci scrive: “Il progetto, di condurre a buon fine l’impresa. A suo tempo, appoggiato da parecchi giornali, risguardante e ciò speriamo succederà in breve, i nostri sul- l’acquisto della statua del nostro triestino Pez- lodati corrispondenti saranno anch’essi invitati zicar, mi piacque. Ne ho parlato ad alcuni ami- a deporre, nelle mani dell’apposita Commissio- ci e tutti si mostrarono disposti a contribuire ne, il loro spontaneo contributo. moralmente e materialmente, cioè a sottoscri- vere ed a far sottoscrivere altri. Mi pare però La statua di Pezzicar, “L’Adria”, 11 agosto 1877 che si dovrebbe entrare sul terreno pratico cioè che il sig. Pezzicar facesse conoscere il prezzo A chi ci domanda se la proposta per l’acqui- al quale sarebbe disposto di cedere la sua sta- sto della statua dello scultore triestino Pezzicar tua al Museo: sapere se lo spettabile Curatorio è acduta nel mare dell’obblio, rispondiamo che aderisce al progetto e di quanto può disporre, no. Come altra volta dicemmo, la cosa fu presa come pure se le on. Rappresentanze sono dal a cuore da persone che hanno influenza e mez- canto loro propense a favorire con un contri- zi; abbiamo perciò ferma lusinga che riesciran- buto questo patriottico progetto. Quando tutto no nel nobile compito, e che l’egregio lavoro del ciò fosse noto, si saprebbe, dirò così, in quan- valente artista triestino rimarrà qui a decoro del ti piedi d’acqua navighiamo, vale a dire quanto patrio Museo o di un altro pubblico edificio. si dovrebbe domandare alla privata generosità dei cittadini, ecc ecc. Belle Arti, “Il Cittadino”, 10 novembre 1877 Ci permettiamo di osservare all’egregio no- stro corrispondente (delle cui lodevolissime Parecchie sono le opere d’arte messe in pubbli- disposizioni intanto prendiamo atto) che tutto ca mostra in questa settimana, ma prima di far- quello ch’egli desidera verrà senza dubbio fatto, ne menzione, giacchè siamo trascinati a parla- poiché, come speravamo, vediamo che il pro- re di belle arti dalla bontà delle opere succitate, getto incontra il generale favore. Quando sarà ci permetteremo di rinfrescare la memoria alla costituito un Comitato, esso avrà il compito di rispettabilissima Società per le arti e l’indu- trattar l’affare col sig. Pezzicar, di prendere gli stria, la quale, forse controvoglia, ha messo nel opportuni concerti con lo spettabile Curatorio dimenticatoio una faccenda che l’arte interes- e di ufficiare mediante analoghe istanze le ono- sa ed insieme ad essa uno dei nostri più valen- revoli Corporazioni per invocarne un grazio- ti e stimati artisti. Se non prendiamo abbaglio, so contributo. Tutto questo verrà fatto; almeno la società prefata, diversi mesi sono, avreb- ne abbiamo ferma lusinga, ed il nostro egregio be presa la lodevolissima iniziativa di dotare – corrispondente sarà tra i primi a esserne infor- mercè il concorso suo, quello del curatorio del mato. museo Revoltella, del comitato della società di Belle Arti e di privati cittadini – il civico Museo Revoltella della bella statua in bronzo di F. Pezzi-

294 AFAT 31 car: L’Abolizione della schiavitù in America. Quan- coro della città nostra. E siccome il prezzo del- do l’iniziativa fu presa, il momento non era guari la statua, per quanto l’autore per affetto al paese opportuno per compierla, essendo la stagione in natio potesse essere disposto a sacrifici, doveva cui i nostri signori più che all’arte pensano agli pur sembrare relativamente elevato, trattando- allettamenti della campagna, dei viaggi ed ai ge- si di fusione in bronzo, abbiamo proposto che niali passatempi nelle stazioni balnearie. Ma ora alla spesa concorressero, insieme col Museo, tutti rientrarono in città; ci pare sarebbe adun- le corporazioni cittadine ed i facoltosi cittadi- que propizio il momento di scaldare i ferri e bat- ni sempre pronti a Trieste a sciogliere larga- terli a dovere. L’influenza della Società d’arti ed mente i cordoni della borsa, quando si tratti di industria è grande, e, purchè voglia, la pregia- opere di beneficenza o destinate ad aumentare ta statua del Pezzicar potrà far di se bella mostra il lustro del paese. Ed abbiamo anche suggerito nel patrio museo, anziché restare invisibile ai che l’iniziativa delle pratiche e della sottoscri- più nello studio dell’artista. zione fosse assunta da qualche Associazione, cui si offriva bel campo di attività e beneme- Museo Revoltella, “Il Cittadino”, 24 novembre renza; esprimendo in pari tempo la speranza 1877 che tutta la stampa locale si associasse all’Adria per appoggiare il progetto. E se non tutti, pa- Veniamo informati che il curatorio del civi- recchi giornali, e tra questi i più diffusi, hanno co museo Revoltella ha acquistato il bel quadro cortesemente risposto al nostro appello. Giu- del Tiratelli, che figurava all’ultima esposizio- sta poi il desiderio da noi manifestato, la spet- ne, Un carro di bufali della Maremma. Sappiamo tabile Associazione per le Arti e el Industrie, altresì che il predetto curatorio sta decidendo- fatta sua l’idea, affidò ad apposita commissio- si sull’acquisto del quadro di Beuerlin, Bosco di ne l’incarico di studiarne e sollecitarne l’attua- pini nella Carinzia. Se poi le nostre informazio- zione. Da quel momento il nostro compito era ni sono esatte, c’è un’altra buona notizia da co- finito, e ci sembrò debito di delicatezza serba- municare ai lettori. Il sullodato curatorio sareb- re il silenzio, per lasciare al sullodato Consor- be disposto a concorrere con la somma di fiorini zio piena libertà di azione. Non abbiamo volu- 1000 per l’acquisto della statua di Pezzicar, L’a- to rispondere ad un appunto, fattoci da taluno, bolizione della schiavitù in America. Sarebbe que- perchè abbiamo caldeggiata l’idea, felicemen- sta una bella spinta per animare municipio, ca- te tradotta in fatto, dell’acquisto del bellissimo mera di commercio, Società di belle arti, Società gruppo del Barcaglia; quasichè in tal modo noi per le arti e l’industria, e privati cittadini a coro- avessimo mostrato di aver disertata la causa del nare l’opera. Tutto sta nell’incominciare. Pezzicar. L’appunto l’abbiamo considerato as- surdo. L’acquisto anzi del gruppo del Barcaglia La statua dello scultore Pezzicar, “L’Adria”, 25 no- formava, secondo noi, un precedente favorevo- vembre 1877 lissimo all’acquisto della statua del Pezzicar. Il nostro incipiente museo non è tanto dovizioso Senza volerne far titolo di vanto, ci giova ram- di opere scultorie, perchè due sieno di troppo! mentare ai lettori che l’Adria fu la prima a pro- D’altronde la nostra idea era ed è che non il porre che l’egregia opera scultoria dell’artista solo Museo si sobbarcasse la spesa; anzi, pro- triestino Francesco Pezzicar fosse acquistata pendendo sempre pel collocamento della sta- per essere collocata nel civico Museo Revoltella tua nel Museo, non abiam per nulla escluso che od in altro luogo che fosse considerato acconcio non potesse essere collocata altrove. Ora, che allo scopo: affinchè un lavoro così bello e che altri ritorna sull’argomento troviamo conve- venne tanto favorevolmente giudicato anche niente di riprender la parola per sollecitare la all’estero, avesse a rimanere per sempre a de- spettabile Associazione d’Arti e d’Industrie a

Francesco Pezzicar e L’abolizione della schiavitù 295 non lasciar dormire il progetto. Le Commis- La statua di Pezzicar, “L’Adria”, 30 novembre 1877 sioni furono dette la tomba de’ progetti; questa sentenza pronunciata da uno scettico, sarà per Vediamo con piacere all’ordine del giorno del- certo smentita dalla Commissione incaricata la seduta odierna del Consiglio della città, la do- di far sì che l’Abolizione della schiavitù in Ame- manda di contributo del Comitato promotore rica rimanga a Trieste mediante equo compen- per l’acquisto della statua del Pezzicar, l’abolizio- so all’egregio concittadino che ne ha concepito ne della schiavitù agli Stati-Uniti. Questo fatto vie- il pensiero e l’ha si felicemente tradotto dalla ne a confermare cosa della quale non abbiamo creta nel bronzo. mai dubitato, lo zelo cioè del Comitato e della As- Apprendiamo che lo zelante quanto intelli- sociazione, dalla quale il Comitato stesso ema- gente Curatorio del Civico Museo Revoltella sia na, per la felice riuscita del compito lodevolissi- disposto a concorrere per 1000 fiorini. È una mo. È probabile però che nella seduta di questa bella spinta; però siamo convinti che il Cura- sera, attesa la quantità degli oggetti da trattarsi, la torio prelodato non avrà scrupolo, quando sia domanda del prelodato Comitato non sia posta in necessario, di raddoppiare la cifra. Non dubi- discussione e sia rinviata ad altra seduta. Ciò sa- tiamo un momento delle Corporazioni e del- rebbe forse meglio, affinchè la cosa potesse esser le Associazioni; queste faranno per certo tutto nel frattempo più maturata. Ci permettiamo far quanto potranno nel limite delle rispettive ri- osservare che per venir al concreto sarebbe stato sorse. Il resto lo faranno con la maggiore lar- preferibile che prima di rivolgersi al Municipio, ghezza e spontaneità. La spett. Associazione si raccoglierebbero sottoscrizioni private, perchè per le Arti e le Industrie facendosi iniziatri- l’inclito Consiglio avesse campo di valutare esat- ce del progetto, si è fatta garante della riuscita. tamente la cifra del contributo che gli si richiede. L’Associazione stessa non soltanto affermerà Se però l’affare verrà trattato, non dubitiamo che con un fatto luminoso la sua efficace operosi- più d’una voce autorevole si farà udire in appoggio tà e l’utilità grandissima della sua esistenza, ma alla domanda. […] Nutriamo fiducia che, in base si acquisterà titolo imperituro alla riconoscen- a questi riflessi, ai quali riteniamo superfluo dar za di quanti amano la gloria artistica della cit- maggiore sviluppo, così lo spettabile Curatorio tà natia. prelodato, quanto la distinta Commissione con- sultiva, giudicheranno opportuno di aumentare congruamente l’offerta di contributo.

The document analyzes the critical success of the sculpture The abolition of slavery, made by Francesco Pez- zicar and exhibited with great evidence at the Universal Exposition of Philadelphia in 1876. The examination of the newspapers from Trieste and a biography written by his son and kept in the State Archives of Trieste has also enabled some important clarifications on the activities of the sculptor in the regional capital. [email protected]

296 AFAT 31 studi e ricercHe d’arte veneta in istria e dalmazia

Costantino Cedini a Dobrota nelle Bocche di Cattaro

Radoslav Tomic´

Dobrota, la cittadina marittima nelle Boc- conografia della Madonna del Carmelo, ma che di Cattaro (Boka Kotorska), alla fine del in qualche modo anche alla figura di san Settecento visse un periodo di prosperità Giuseppe come ad un modello della ‘buo- economica e culturale. Siccome il numero na morte’, rifugio dei moribondi e protet- dei fedeli cresceva sempre di più, si comin- tore di tutti coloro che cercano la redenzio- ciò ad ampliare le vecchie chiese e cappel- ne dell’anima. le, e a costruirne di nuove, tra cui anche la Secondo la tradizione locale, l’altare e la nuova chiesa di Sant’Eustachio (Sv. Stasije), pala furono realizzati su committenza del- costruita dal 1762 al 1773 secondo il proget- la “famiglia” (ovvero la fratellanza) dei ca- to di Bartolo Riviera, ideata come il centro pitani navali Dabinovic´. In quell’epoca, le della nuova parrocchia fondata nel 1753 per famiglie illustri di Dobrota (Dabinovic´, Iva- la parte ovest del paese. All’interno della novic´ e Tripkovic´) solevano comprare anche chiesa a una sola navata con le cappelle la- gli altri altari e le pale, finanziando in modo terali, si trovano sette altari marmorei. L’al- cospicuo la costruzione della chiesa, il suo tare maggiore fu costruito da Michele Gi- allestimento e la decorazione2. rardi nel 1772 e completato con le sculture La pala raffigurante la Madonna del Car- di Sant’Elena e Sant’Eustachio di Giusep- melo con san Giuseppe, san Gioacchino e pe Bernardi detto il Torretti. Nelle cappel- sant’Anna fu realizzata dal pittore venezia- le laterali ci sono sette altari della stessa ti- no Costantino Cedini (Padova, 1741 - Ve- pologia. L’altare dedicato a san Giuseppe si nezia, 1811). Il punto d’appoggio per l’at- trova nella cappella laterale situata nel cen- tribuzione è il quadro con la Madonna col tro nord-ovest della chiesa. Secondo il libro Bambino, san Domenico e san Vincenzo Ferre- delle spese, nel 1782 fu pagato un anonimo ri, di recente pubblicato da Giuseppe Pava- maestro per realizzare la pala con la Madon- nello3. Se in entrambi i quadri si compara- na del Carmelo, san Giuseppe, san Gioacchino no le figure della Madonna col Bambino, è e sant’Anna1. possibile affermare che sono stati utilizza- Nell’antependio dell’altare, sul bassori- ti gli stessi modelli e le medesime soluzioni lievo sono rappresentate le Anime del Purga- formali. L’unica differenza riguarda l’ico- torio, scena da mettere in relazione con l’i- nografia (Madonna del Rosario; Madonna

Costantino Cedini a Dobrota nelle Bocche di Cattaro 299 1 - Costantino Cedini, Madonna del Carmelo, san Giuseppe, san Gioacchino e sant’Anna. Dobrota, chiesa di Sant’Eustachio 2 - Costantino Cedini, San Luca, san Marco, san Giacomo Maggiore, san Giorgio e angelo. Liuta (Dobrota), chiesa di San Pietro del Carmelo) e l’impostazione delle figure duta’ dalla nicchia dell’altare dello sfondo. dei santi. Nella pala di Dobrota, la Madonna La composizione del primo piano fu realiz- sta seduta su una nuvola, mentre nella pala zata in modo simile, con identici pavimenti, pubblicata da Pavanello, essa viene rappre- scale profilate e mensa d’altare sullo sfondo. sentata in tutta la sua altezza mentre ‘cam- La terza ‘variazione’ sul tema della Ma- mina’ sulla nube, su cui sembra essere ‘ca- donna di Cedini è rappresentata dalla pala

300 AFAT 31 raffigurante la Madonna del Carmelo con chia di Sant’Eustachio fu fondata per questa sant’Ignazio di Loyola e sant’Antonio di Pado- parte di Dobrota una cappellania separata7. va (ubicazione ignota) in cui la Madonna se È ovvio quindi il fatto che i capitani di Do- ne sta seduta sulla mensa d’altare ed è par- brota, probabilmente nello stesso tempo, zialmente coperta dalla nuvola4. Se solo, in nel 1782, commissionarono due pale d’alta- breve, si presta attenzione ai colori del di- re per le chiese costruite proprio in quegli pinto di Cedini, bisogna mettere in risalto anni, decorandole con gli altari marmorei e le sfumature trasparenti e chiare, tra cui ap- i dipinti che compravano a Venezia. Il com- pare il verde chiaro come una caratteristica mittente dell’altare marmoreo e del quadro costante. La stessa sfumatura è visibile an- della chiesa di San Pietro fu il capitano Luka che sulla cortina attorno al pilastro dell’al- Radimir (Dobrota, 1727-1806)8. tare dietro alla figura della Madonna col È possibile stabilire altre analogie con Bambino, mentre a Dobrota denota il man- gli affreschi di Cedini per confermare la to che cinge il volto anziano e le spalle di paternità dei quadri di Dobrota: comun- sant’Anna. Le distinte variazioni del colo- que le pale d’altare citate presentano già re verde si possono osservare anche nei nu- un forte punto d’appoggio per l’attribuzio- merosi affreschi (per esempio, nello Zefiro e ne menzionata, grazie alla quale continuò a Flora, a villa Lion da Zara a Casalserugo, nel diffondersi la conoscenza della pittura set- padovano, o nel Ballo dei giovanni travesti- tecentesca nelle Bocche di Cattaro. Occor- ti da contadini, in palazzo Emo Capodilista re, poi, sottolineare che i colori freschi e le a Padova5) realizzati da Cedini a Padova, Ve- pennellate agili delle pale di Dobrota sono nezia e nelle ville di campagna. conseguenza della specializzazione di Ce- Oltre al quadro nella chiesa di Sant’Eu- dini nella tecnica dell’affresco. Alla serie stachio, alla produzione artistica di Cedi- dei pittori veneziani (Antonio Arrigoni, ni appartiene pure la pala nella chiesa di Jacopo Marieschi, Pietro Antonio Novelli, San Pietro a Liuta (Ljuta), nella parte più Giovanni Venanzio, Fabio Canal, Bernar- occidentale di Dobrota. Seguendo lo stes- dino Castelli…), di cui si sono identifica- so schema, nella parte inferiore del qua- te opere nelle chiese delle città delle Boc- dro sono rappresentate le figure dei quattro che di Cattaro, bisogna aggiungere anche il santi, mentre la parte superiore è occupa- nome di Costantino Cedini, il pittore co- ta dalla presenza angelica. Al centro si trova nosciuto in primo luogo per i suoi affreschi san Luca Evangelista, seduto con un libro e nelle chiese, nei palazzi e nelle ville di Ve- una penna in mano, con il bue a suo fianco. nezia, Padova e nei loro dintorni9. Cedini, Nella parte destra è rappresentato san Mar- però, fu anche pittore sacro. Nelle sue pale co con il leone, mentre sullo sfondo dell’o- d’altare di Dobrota, i santi, quasi spaven- pera vediamo san Giacomo il Maggiore e san tati, perdono la loro forza drammatica e il Giorgio in groppa a un cavallo bianco. Al di peso, caratterizzandosi innanzittutto per le sopra, sulla nuvola se ne sta seduto un ange- soluzioni coloristiche chiare e sottili pro- lo, con un pesce in mano6. prie del tardo Settecento. Oltre i quadri, le La chiesa di San Pietro fu costruita nel chiese del territorio sono ricche di altari e 1780, quando nel complesso della parroc- di sculture di maestri veneziani del Sette-

Costantino Cedini a Dobrota nelle Bocche di Cattaro 301 cento (Bernardo Tabacco, Francesco Ca- Bocche di Cattaro si trovarono in quell’e- bianca, Giovanni Bonazza, Francesco Bo- poca in diretta dipendenza dalla produzio- nazza, Giovanni Maria Morlaiter, Gregorio ne artistica di Venezia. Morlaiter, Giuseppe Bernardi, Francesco Gai), per cui è possibile concludere che le Traduzione dal croato di Marta Tomic´

Note

1 A. Tomic´, Crkva sv. Eustahija u Dobroti, Neki manje proucˇavani primjerci grad-ans- “Godišnjak Pomorskog muzeja u Kotoru” ke i crkvene arhitekture spomenicˇkog karakte- XXVII-XVIII, 1979-1980, p. 95; A. Tomic´, ra u kotorskoj opštini, “Godišnjak Pomorskog Dobrotski pomorci zaslužni za izgradnju i opre- muzeja u Kotoru” XXXV-XXXVI, 1987-1988, mu crkve sv. Eustahija u Dobroti, “Godišnjak p. 118; A. Tomic´, Dobrota povijesnica…, cit., Pomorskog muzeja u Kotoru” XXVII-XXVIII, passim. Il capitano Luka Radimir fu mem- 1979-1980, p. 143. bro della Scuola di San Giorgio degli Schia- 2 A. Tomic´, Dobrota povijesnica bokeljskog po- voni (Scuola Dalmata di San Giorgio e Tri- morstva, Pomorska i kulturna povijest Dobtore fone) a Venezia dal 1756 al 1796. Negli anni XVI-XIX st., 2009, p. 204. 1756 e 1796 fu membro del Consiglio Mag- 3 G. Pavanello, Dipinti sacri di Costantino Ce- giore. Svolse anche la funzione del decano dini, “AFAT. Arte a Friuli Arte a Trieste” 30, (1778, 1780, 1781, 1791) e più volte fu mem- 2011, p. 317 fig. 4. bro del Senato. Devo la mia gratitudine al 4 G. Pavanello, Dipinti sacri…, cit., p. 319. signor Zoran Radimir di Dobrota per i dati 5 R. Pallucchini, La pittura nel Veneto. Il Set- consegnati. tecento, II, Milano 1996, pp. 279-281, figg. 9 G. Pavanello, Costantino Cedini (1741-1811), 421, 423-424. “Bolletino del Museo Civico di Padova” LXI, 6 L’angelo con il pesce dovrebbe essere l’ar- Padova 1972, pp. 179-278; R. Pallucchi- cangelo Raffaelle, anche se nel quadro non è ni, La pittura nel Veneto…, cit., pp. 276-284; rappresentato Tobiolo. Gli affreschi nelle ville venete. Il Settecento, I, a 7 Sulla facciata si trova l’iscrizione: “D.O.M./ cura di G. Pavanello, Venezia 2010; Gli affre- ET/DI. P.E. AP. MDCCLXXX”. schi nelle ville venete. Il Settecento, II, a cura di 8 G. Brajkovic´ -A. Tomic´ -R. Miloševic´ -Z. Radimir, G. Pavanello, Venezia 2011.

The painting Lady of Carmel with St Joseph, St Joachim and St Anna of the altar of St Joseph in the parish church of St. Eustace/Sv. Stasije (Dobrota, Boka Kotorska) is attribuited to Costantino Cedini (1741-1811). He is also author of the altar painting St Luke, St Mark, St James, St Georg and angel in the church of St Peter in the same city. Both the paintings date from the early eightieth of the eighteenth century. [email protected]

302 AFAT 31 Alcune vedute delle Antichità di Pola di Anton August Tischbein

Laura Paris

Presso il Dipartimento di Studi Umanistici In particolare, tra le vedute raffiguranti dell’Università degli Studi di Trieste si con- la città di Pola e le sue antichità, si segnala servano diversi fondi di carattere prevalen- una litografia a colori raffigurante Vedute di temente documentario e librario; spicca tra Pola4 (fig. 1; tav. x) edita da H. F. Favarger5, questi, per l’abbondanza del materiale ico- stampata da Bartolomeo Linassi6 ed esegui- nografico, il Lascito Antonio Fonda Savio. ta da Anton August Tischbein. Esso fu donato da Letizia Svevo Fonda Sa- Essa misura 440×605 millimetri e con- vio (per intercessione di Stelio Crise1 e grazie tiene 9 immagini di Pola racchiuse in ri- all’aiuto della signora Marina Zennaro) all’al- quadri mistiformi intervallati da elementi lora Dipartimento di Italianistica e Discipli- fitomorfi di gusto rococò. ne dello Spettacolo2 tra il 1991 e il 1994. Le singole vedute (da sinistra verso de- È stato parzialmente esposto in occasio- stra e dall’alto verso il basso) raffigurano: ne delle mostre Antonio Fonda Savio (1895- il Tempio di Augusto, Pola vista dallo scoglio 1973) la figura civile, l’uomo di cultura, il col- degli ulivi, il Tempio di Giove e di Augusto, la lezionista (allestita a cavallo tra il 2004 e il Porta Gemina, l’Anfiteatro, la Porta Aurea, le 2005 presso la sala delle esposizioni della Cave romane, Pola vista dall’entroterra e la Biblioteca Statale di Trieste) e Libri e im- Porta Erculea. magini di casa Svevo dalle collezioni di Anto- Sono soggetti diffusi e molto comuni nio Fonda Savio (svoltasi dal 7 ottobre al 30 nella produzione artistica dell’epoca, degna novembre 2011, presso la sala delle esposi- di interesse è tuttavia la presenza, all’inter- zioni della Biblioteca Statale di Trieste) ed è no dello stesso Lascito, di sei dei disegni entrato a far parte di recente del patrimo- preparatori di tale litografia. nio3 del Sistema Museale d’Ateneo dell’U- Essi sono eseguiti a matita, ripassati a niversità degli Studi di Trieste (smaTs). seppia e biaccati, il loro aspetto e le loro di- Date le origini piranesi di Antonio Fon- mensioni combaciano perfettamente con la da Savio, buona parte del materiale è relati- trasposizione litografica (vedasi il confron- vo all’Istria; abbondano soprattutto le rap- to proposto nelle figure 2-7; tav. xi), sono presentazioni di usi e costumi locali, non- inoltre presenti alcuni tratti di matita servi- ché gli scorci e le vedute di quel territorio. ti da studio per la disposizione delle cornici

Alcune vedute delle Antichità di Pola di Anton August Tischbein 303 delle singole vedute (evidenti soprattutto editoriale in cui si colloca la stampa di cui nelle figure 3a e 5a). si è data notizia, nonché l’arrivo a Trieste Questo tipo di raffigurazioni si inse- di molti artisti stranieri, nordici perlopiù8, risce in una lunga e ricca tradizione7 di attratti dal vivace clima culturale che ani- viaggi pittorici, di documentazioni e di mava la città e dalle numerose committen- rappresentazioni delle antichità classiche. ze9 presenti. Tra questi artisti figura anche Questa tradizione raggiunge il suo apice l’autore dei disegni analizzati, la cui bio- attorno alla metà dell’Ottocento, periodo grafia e produzione risultano sinora poco dalla straordinaria produzione artistica ed indagate10.

1 - Anton August Tischbein, Vedute di Pola. Trieste, Sistema Museale d’Ateneo dell’Università degli Studi di Trieste

304 AFAT 31 2a, 2b - Anton August Tischbein, Il Tempio di Augusto. Trieste, Sistema Museale d’Ateneo dell’Università degli Studi di Trieste

Alcune vedute delle Antichità di Pola di Anton August Tischbein 305 3a, 3b - Anton August Tischbein, Il Tempio di Giove e di Augusto. Trieste, Sistema Museale d’Ateneo dell’Università degli Studi di Trieste

306 AFAT 31 4a, 4b - Anton August Tischbein, La Porta Gemina. Trieste, Sistema Museale d’Ateneo dell’Università degli Studi di Trieste

Alcune vedute delle Antichità di Pola di Anton August Tischbein 307 5a, 5b - Anton August Tischbein, La Porta Aurea. Trieste, Sistema Museale d’Ateneo dell’Università degli Studi di Trieste

308 AFAT 31 Biografia di Anton August Tischbein ratasi ai Kustvereine tedeschi o delle Societés des Amis des Arts francesi) il cui scopo prin- Anton August Tischbein nacque il 9 ottobre cipale era quello “di dar luogo ogni anno ad 1805 a Rostock, importante centro dell’allo- una Esposizione di opere distinte di Belle ra Granducato di Mecklemburg-Schwerin, Arti di autori viventi”18 dove l’anno precedente si era stabilito il Tischbein dovette apprezzare questo padre August Albrecht Christian (Amburgo, contesto e ben presto si integrò in città, 29 luglio 1768-Rostock, 10 settembre 1848), come dimostra il fatto che già sullo scadere ritrattista e pittore di genere, discendente del 1838 partecipò ad un’esposizione d’arte da una famiglia che annovera svariati arti- presentando “quattro quadretti di genere sti11 attivi in area tedesca nel XVIII e XIX se- lavorati alla maniera fiamminga”19 e pochi colo e definito dalla fonti “pictor et professor mesi dopo contrasse matrimonio20 con Te- academicus”12. resa Skwor, una 23enne21 boema. Proprio presso la bottega del padre rice- Presa la residenza presso il numero 748 vette i primi rudimenti artistici; in seguito cittadino (corrispondente22 alla Contrada studiò all’Accademia di Belle Arti di Berlino San Nicolò), negli anni a seguire Tischbein (1824-1826) e di Dresda. fu attivissimo tanto nell’ambito familia- Intraprese quindi una serie di viaggi re (ebbe ben otto figli: Anna23, Giovanna24, formativi che lo condussero a Roma, Rot- Chiara25, Augusto26, Alberto27, Teresa28, An- terdam, Londra, lungo il corso del fiume gelina29 e Giovanni30), quanto in quello lavo- Reno ed in Svizzera. Nel 1833 si stabilì un rativo, prese infatti parte a tutte le mostre31 periodo a Monaco di Baviera per approfon- organizzate dalla Società di belle Arti di cui dire lo studio della ritrattistica, da qui in- fu peraltro socio azionista32 dal 1841 al 1846. traprese molteplici escursioni verso il Tiro- Non limitò la sua attività espositiva alla lo ed il nord Italia. sola città di Trieste, ma partecipò anche alle Fu quindi a Roma (1837)13, in Abruzzo esposizioni annuali dell’I.R. Accademia di e in Calabria, visitò Milano e Venezia fin- Arte figurativa di Vienna del 1842, 1844 e ché si stabilì a Trieste14, porto dell’impero 184633. asburgico, città aperta e multiculturale, Fu artista richiesto, apprezzato34 (otten- dove poteva respirare un clima “italiano” ne per esempio una medaglia d’oro al meri- pur esprimendosi correntemente nella sua to, da parte del Re del Belgio, per un albo di lingua madre. acquerelli35) e collezionato dalla borghesia Trieste proprio in quegli anni conosce- locale, come si evince dalla presenza di sue va uno straordinario momento di interes- opere nelle collezioni dell’arciduca Fran- se per le Belle Arti15: nel 1836 era nata la cesco Carlo, del Barone Revoltella, di Carlo rivista “La Favilla16” che grazie al direttore d’Ottavio Fontana, di Leone Hirschel, delle Dall’Ongaro, fece una strenua propaganda famiglie Sartorio, Coronini-Cronberg, Te- delle “arti figurative intese come principa- odorovich e Scaramangà. le motore d’incivilimento”17 e qualche anno Si cimentò nella ritrattistica per espo- dopo fu fondata la Società filotecnica trie- nenti della borghesia di allora, come te- stina (nota come Società di Belle Arti e ispi- stimoniano alcune opere presenti ai Civici

Alcune vedute delle Antichità di Pola di Anton August Tischbein 309 6a, 6b - Anton August Tischbein, Pola vista dallo scoglio degli Ulivi. Trieste, Sistema Museale d’Ateneo dell’Università degli Studi di Trieste

310 AFAT 31 Musei di Storia ed Arte di Trieste (Ritratto nere e nel 1840 l’editore Giovanni Mollo gli dei bambini della Famiglia Franer36, Ritratto commissionò una serie di tavole55 illustran- delle sorelle Elena e Calliope Czorzy37, Ritratto ti i costumi triestini. di Giovanni Battista Lettis38 e Ritratto di Giu- Raffigurò anche le uniformi dei Soldati seppina Fontana Sartorio39), presso il Civico della Real Veneta Marina56, come testimo- Museo Revoltella (Ritratto di Emma Teodo- niano 5 disegni della Fondazione CRTrieste. rovich Circovich con la figlia40), la Comunità L’opera per cui è maggiormente noto greco-orientale di Trieste (Gruppo di Fa- al pubblico locale è l’album Memorie di un miglia41) e la Fondazione Palazzo Coronini viaggio pittorico nel Litorale Austriaco57 reso- Cronberg di Gorizia (Ritratto della contessa conto grafico di un viaggio intrapreso nel Carolina Ritter de Zàhony Coronini Cronberg42, 1842 assieme al pittore e litografo August Ritratto di Emma Maria Nugent Ritter de Zàho- Selb, nonché sua prima collaborazione con ny43, Ritratto della contessina Emma Ritter44 e il Lloyd Austriaco che ne fu editore. Ritratto di Emma Nugent45). Dovette essere un’occasione ideale per La sua cospicua produzione di vedute creare un repertorio di immagini cui attin- incontrò il gusto di quella crescente classe gere negli anni successivi, come dimostra- piccolo-borghese che vedeva nelle opere no i numerosi disegni compiuti in quell’oc- d’arte poco più di un mero complemento casione58. dell’ambiente domestico. È probabile che gli stessi schizzi di Pola Lo testimoniano numerose vedute di qui presentati siano stati ‘colti’ durante quel Trieste e dintorni (si pensi alla splendida viaggio e poi rimaneggiati o riproposti nella Trieste46 del Museo Thyssen-Bornemisza di litografia edita da Linassi il cui termine post Madrid, alle numerose opere47 dei Civici quem sarebbe quindi il 1842. Musei di Storia ed Arte di Trieste, alla Ma- Nel 1844 partecipò con due stampe59 alla rina48 del Museo Revoltella e ad altri disegni pubblicazione Ferdinand I und Maria Anna di proprietà del Sistema Museale d’Ateneo Carolina im Küstenlande im September 184460, quali Atrio della Basilica Eufrasiana di Paren- voluta dal Lloyd Austriaco per commemorare zo49, Veduta di Albona50 e l’Arco di Riccardo di le manifestazioni indette in occasione della Trieste51) che furono talora trasposte litogra- visita a Trieste dell’Imperatore Ferdinando I ficamente (la Biblioteca Civica Attilio Hor- e della consorte Maria Anna Carolina. tis di Trieste conserva per esempio due ve- Lo stesso Lloyd Austriaco, nell’autunno dute di Trieste52 ed un Panorama di Trieste53). 1849, gli commissionò61 l’esecuzione del ri- La moda del paesaggio, seppur ritenuta tratto del monarca Francesco Giuseppe, da dai critici “segno di grave decadenza dell’ar- collocare nella sala di lettura dell’istituto. te (…) ridotta a un fatto puramente privato Egli chiese come compenso 300 fiorini, ma e ornamentale”54, giunse al culmine proprio l’incarico fu assegnato ad un artista vienne- in quegli anni. Crebbe pertanto la presenza se che, stando a quanto segnala il segreta- sul mercato di pittori tedeschi, quali lo stes- rio della società Ignazio Papsch, offrì il suo so Tischbein, inclini e dediti a tale genere. operato per 200 fiorini62. Tischbein si dedicò anche alla produ- La collaborazione con quest’ente dovet- zione di pregevoli e dettagliati dipinti di ge- te però proseguire, come testimonia la pre-

Alcune vedute delle Antichità di Pola di Anton August Tischbein 311 7a, 7b - Anton August Tischbein, Veduta dell’anfiteatro di Pola. Trieste, Sistema Museale d’Ateneo dell’Università degli Studi di Trieste

312 AFAT 31 senza, nel 1952, di tre sue illustrazioni (Il Tischbein venne prematuramente a Morlacco63, Duino64 e Pola65) all’interno della mancare il 26 gennaio 185567 alle ore 4 e rivista Letture di Famiglia. trenta del mattino. Nel 1854 propose un suo bozzetto per La sua data di morte, sinora impreci- la realizzazione della Pala per l’Altare della sata68, è emersa da ricerche eseguite pres- chiesa di San Giacomo, ma gli fu preferito il so l’Archivio Diocesano del Comune di pittore Edoardo de Heinrich66. Trieste.

Note

Fotografie di V. Marcovaz dell’Acquedotto. Nel 1870 gli subentrò quale direttore Antonio Marangon, cui seguirono 1 “Era stato proprio Stelio Crise a suggerire Emilio Sambo, Gustavo Crocu, Enrico Honig a Letizia Fonda Savio questa destinazione e Natale Zanardini. della collezione costruita in un intera vita di 7 Tra i primi che viaggiarono alla scoper- amorose ricerche di Antonio Fonda Savio”, ta dell’Istria e di Pola per documentarne la in P. Sessa, E. Guagnini, P. Quazzolo, R. Pel- composizione demografica, descriverne la legrini, Antonio Fonda Savio (1895-1973). La popolazione, gli usi e i costumi, figura il ve- figura civile, l’uomo di cultura, il collezionista, neziano Marin Sanudo che nel 1483, dicias- Trieste 2004, p. 16. settenne, tenne un diario (pubblicato a Pa- 2 Dipartimento allora diretto dal professor dova nel 1847 con il titolo Itinerario di Marin Elvio Guagnini e afferito nell’attuale Dipar- Sanuto per la terraferma veneziana nell’anno timento di Studi Umanistici. MCCCCLXXXII) del viaggio compiuto al se- 3 Per informazioni riguardo la consistenza e guito del cugino Marco, sindico inquisito- l’inventariazione di tale lascito si rimanda a re inviato in missione dalla Repubblica di L. Paris, La sezione iconografica del lascito An- Venezia nei territori di terraferma ad essa tonio Fonda-Savio nel sistema museale dell’A- assoggettati. Il Sanudo descrisse Pola come teneo triestino, “Archeografo Triestino”, serie “cità [sic] antiquissima, (…) de l’Histria et IV, vol. LXXIII, in corso di pubblicazione. tuta Italia ultima cità”. 4 Un esemplare non colorato della medesima Altri viaggi si svolsero con precisi intenti litografia si conserva presso la Bibliote- artistici come testimoniano due disegni (ri- ca Civica di Trieste “Attilio Hortis”. Misura prodotti in G. Caprin, Istria nobilissima, Trie- 400×525 mm e reca quale numero di inven- ste 1905, volume I, pp. 20-21) raffiguranti tario 168578. l’Arco dei Sergi: il primo, conservato presso il 5 Editore e libraio in lingua italiana e tedesca Gabinetto di Disegni e Stampe degli Uffizi di attivo a Trieste, in piazza della Borsa 717, dal Firenze, ad opera di Fra’ Giocondo ed il se- 1840 al 1855. Pubblicò stampe, opere let- condo, conservato al Musée des Beaux-Arts terarie, manuali di navigazione e di lingue di Lille, di Michelangelo Buonarroti. straniere. Dopo il 1520 anche il pittore-architetto Gio- 6 Direttore dell’omonimo stabilimento lito- vanni Maria Falconetto si recò “a Pola d’Istria grafico attivo a Trieste dal 1839 in Contrada solamente per disegnare e vedere il Teatro,

Alcune vedute delle Antichità di Pola di Anton August Tischbein 313 anfiteatro et Arco che è in quella città anti- Il francese Louis-François Cassas, sovven- chissima, e fu questi il primo che disegnasse zionato dall’imperatore Giuseppe II, intra- teatro ed anfiteatro e trovasse la pianta loro” prese tra i mesi di luglio ed agosto del 1782, (G. Vasari, Le vite de’ più eccellenti architetti, un viaggio in Istria e Dalmazia. Ne trasse nu- pittori et scultori italiani, da Cimabue insino a’ merosi disegni che pubblicò vent’anni dopo tempi nostri, Vita di Falconetto architetto vero- (1802) in un testo di Joseph Lavallée dal ti- nese, 1568). tolo Voyage pittoresque et historique de l’Istrie I medesimi soggetti furono riprodotti (cfr. G. et de la Dalmatie redigé d’après l’itineraire de Zorzi, I monumenti antichi di Pola nei disegni Louis François Cassas, volume che compren- di Falconetto, del Serlio et del Palladio,“Pagine deva ben 17 calcografie su Pola ed i suoi mo- Istriane”, anno X, ottobre 1959, nn. 36-37, numenti (Cfr. B. Nassivera, Louis-François pp. 9-36), sempre nel corso del XVI secolo, Cassas. Il ‘Voyage pittoresque et historique de da Sebastiano Serlio (nel III libro della sua l’Istrie et de la Dalmatie’, “Atti e memorie Architettura) e da Andrea Palladio (nell’ulti- della Società Istriana di Archeologia e Storia mo dei suoi Quattro libri dell’Architettura). Patria”, n.s., vol. XLVII, 1999, pp. 169-206). Anche il marchese Scipione Maffei, nella Verso la metà del diciottesimo secolo le rap- sua opera del 1731 Verona Illustrata, all’inter- presentazioni delle antichità di Pola inizia- no del trattato Degli Anfiteatri, rappresentò e rono ad abbandonare il carattere eminen- documentò minuziosamente l’Arena di Pola. temente architettonico per diventare delle Nel XVIII secolo la riscoperta dell’architet- vere e proprie vedute; ne sono un esempio tura classica dilagò in tutta Europa e, anche alcune splendide incisioni di Giovanni Bat- in Istria e in Dalmazia, si susseguirono nu- tista Piranesi (l’Arco di Pola in Istria vicino merosi viaggi di uomini di cultura ed arche- alla Porta, l’Anfiteatro di Pola in Istria vicino ologi inglesi, francesi e tedeschi. al mare, il Rovescio del Tempio di Pola di Istria, Gli inglesi James Stuart e Nicholas Revett, Rovescio di un Altro Tempio e il Tempio di Pola nel 1748 partirono alla volta di un viaggio in Istria) o due dipinti del vedutista e pro- che si dipanò tra Napoli, i Balcani e la Gre- spettico Antonio Joli (Cfr. G. Pavanello, Due cia; al loro ritorno a Londra pubblicarono vedute di Pola di Antonio Joli e una pala di Gio- The Antiquities of Athens (1762), opera fon- vanni Scajario ad Arbe, “Arte in Friuli Arte a damentale per il revival dell’architettura Trieste”, 16-17, 1997, pp. 333-338). classica, in cui compaiono alcune tavole Allo stesso tempo aumentarono i viaggiatori, dedicate ai monumenti di Pola (volume IV, molti dei quali lasciarono interessanti e det- capitolo 1: Descrizione e disegni delle Antichità tagliate cronache di viaggio (Cfr. M. Petro- di Pola; capitolo 2: Tempio di Roma e Augusto; nio, Signor, il marinaio l’aspetta. Cronache di capitolo 3: Arco dei Sergi) ricavate da disegni viaggio in Istria e Dalmazia, Gorizia 1996; A. conservati presso la collezione di disegni del Battistella, Un viaggio d’un secolo fa nell’Istria Museo Victoria and Albert di Londra (Cfr. J. e nelle Isole del Quarnero, “Le Panarie. Rivista Bryant, James ‘Athenian’ Stuart: The architect illustrata d’arte e cultura”, 40, luglio-agosto as landscape painter, “V&A Online Journal”, 1930, pp. 213-221; R. Chevallier, La decou- 1, 2008). verte des antiquites de Pola par les voyageurs du Nel 1757 partirono da Venezia diretti a Spala- XIIe au XIXe s., in Studi in memoria di Giuseppe to il progettista scozzese Robert Adam e l’ar- Bovini, I, Ravenna, 1989, pp. 147-159). chitetto francese Charles-Louis Clérisseau. Il conte Carlo de Zinzendorf e Pottendorf, Frutto del loro viaggio fu il volume, edito governatore di Trieste dal 1776 al 1782, il 10 a Londra nel 1764, Ruins of the Palace of the giugno 1778, giungendo a Pola, visitò l’anfi- Emperor Diocletian at Spalatro in Dalmatia. teatro “un monumento rispettabile della più

314 AFAT 31 alta antichità” e ne diede un’accurata descri- Durante il primo quarto del XIX secolo visitò zione nel suo diario personale: “Tutta la sua l’Istria anche l’architetto ticinese Pietro No- parte esterna esiste ancora ed è abbastanza bile, in seguito, per un trentennio, direttore poco danneggiata: mancano soltanto le pietre della Scuola di Architettura dell’Accademia che congiungevano il primo piano. La porta delle Belle Arti di Vienna; questi giunse nel- principale a nord ha perduto il suo arco in- la penisola istriana nel 1809, quando “ebbe feriore; e il superiore non si appoggia più che l’incarico di verificare un progetto per una sul pilastro, molto danneggiato dell’inferio- nuova strada costiera che doveva unire Ca- re. Questo edificio superbo, addossato da un podistria a Pola. Egli colse l’occasione per lato alla montagna, non aveva da questa parte fare un sopralluogo a Pola e, fermatosi là che due piani, mentre dalla parte del mare, per qualche giorno, fece degli scavi, misurò a ovest, ne aveva quattro, di cui si vedono e disegnò l’Anfiteatro, il Tempio di Augusto tre”. Dovette rimanerne piacevolmente im- e l’Arco dei Sergi allora chiamato Porta Au- pressionato come rivelano le sue parole: “Un rea” (S. Dellantonio, Pietro Nobile Archeolo- monumento di questa magnificenza, che ci è go, “Archeografo Triestino”, serie IV, volume stato tramandato dopo più di quindici secoli, LIX, 1999/II, p. 343). ha di che stupire lo spirito umano” (Cfr. C. Fino al 1818 soggiornò spesso a Pola, città Pagnini, Un viaggio in Istria nel 1778 del gover- alla quale si legò e che raffigurò in plurime natore Zinzendorf, “Quaderni Giuliani di Sto- occasioni, come testimonia una corposa ria”, anno IV, 2, dicembre 1983, pp. 93-107). collezione di suoi disegni conservati pres- Un altro viaggiatore che esplorò la penisola so l’archivio di Stato di Fiume (Rijeka) e di Istriana nel 1803 fu Karl Friedrich Schinkel, recente esposti in occasione della mostra architetto, pittore, scenografo ed incisore itinerante Pietro Nobile. Motivi istriani del XIX che nel suo Raisen nach Italien, al capitolo secolo (Cfr. M. Bradanovic´, Viaggio artistico “Istrische Reise Pola” racconta: “Raggiun- attraverso l’Istria di Pietro Nobile, “Archeogra- gemmo la meta del nostro viaggio, Pola, fo Triestino”, serie IV, volume LIX, 1999/II, sull’estrema punta dell’IstrIa. Si arriva dal pp. 83-119). mare a questa città meravigliosa per la grande Agli studi di Nobile seguirono lo splendido quantità delle sue antichità, tra innumerevo- volume di Thomas Allason, Picturesque Views li scogli emergenti dall’Acqua. Entrando nel of the Antiquities of Pola in Istria (1819) ed il grande porto, formato da isolotti e promon- saggio di Pietro Stancovich Dello Anfiteatro torii, si rimane stupiti alla vista delle rovine di Pola, dei gradi marmorei dello stesso, nuovi che ora a destra ora a sinistra appaiono sulle scavi e scoperte e di alcune epigrafi e figuline isole…” (Cfr. C. Pagnini, Diario di un viag- [sic] inedite dell’Istria con 8 tavole. gio nell’Istria dell’anno 1803, “Atti e memorie Nel 1823 Girolamo Agapito rende noto che della Società Istriana di Archeologia e Storia “Continuamente perfino dalle più rimo- Patria”, n. s., vol. IV, 1956, pp. 165-171). te [sic] parti del mondo, Principi letterati, Anch’egli descrive con precisione l’Arena di artisti, viaggiatori distinti si recano a Pola Pola “che consta di tre piani ed è costruita unicamente per vedervi i tre più cospicui su pianta ovale secondo la norma degli an- monumenti per cui anche nello squallore fiteatri, è conservata quasi completamente. delle sue rovine essa è famosa nell’universo: Essa ha nei due piani inferiori centoqua- l’Anfiteatro, il tempio d’Augusto e l’arco de’ rantaquattro archi, nel superiore duecen- Sergj” e precisa che “le recenti scavazioni tosettanta finestre quadrate, è lunga nel suo dirette dall’eruditissimo Sig. Consiliere Au- diametro maggiore più di cinquecento piedi, lico Pietro Nobile, direttore dell’Accademia e nel minore quattrocentocinquanta”. di Belle Arti in Vienna nel ramo di archi-

Alcune vedute delle Antichità di Pola di Anton August Tischbein 315 tettura servirono vieppiù ad assicurare che carta incollata su cartoncino, 219×192 mm, l’interno di questo anfiteatro fosse costruito numero di inventario: 10/448 b) e Ritratto di pietra” (G. Agapito, Le grotte di Adlersberg, di donna in costume ciociaro (matita nera su di S. Canciano, di Corniale e di S. Servolo, la carta incollata su cartoncino, 217×168 mm, miniera di mercurio d’Idria, il lago di Cirknitz, numero di inventario: 10/81). le terme di Monfalcone, antichità romane d’A- 14 “Altri artisti vennero a dimorare nella no- quileja e Pola, ed altri notevoli oggetti nelle vici- stra città: Carlo Gillio da Milano, il ferra- nanze di Trieste, Cap. 8: “Anfiteatro, Tempio rese Giovanni Pagliarini, i tedeschi Augu- d’Augusto ed arco de’ Sergj in Pola”, pp. 79- sto Tischbein, Augusto Selb e il bavarese 101). Meyerhoffer”, in C. Wostry, Storia del circolo Dalla metà del XIX secolo in poi le cronache artistico di Trieste, Udine 1934, p. 14. di viaggio diventano numerosissime e dedite 15 Per un approfondimento dell’argomento si agli argomenti più disparati, arrivano persi- rimanda a D. Levi, Strutture espositive a Trie- no ad assumere un taglio da vere e proprie ste dal 1829 al 1847 in “Annali della Scuola guide turistiche. Normale Superiore di Pisa”, serie III, vol. 8 Cfr. S. Sorrentino, I pittori d’Oltralpe e il gene- XV, 1985, p. 233-301; L. Crusvar, Note sul re paesaggio in Punti di vista: il paesaggio dalle collezionismo triestino, “Arte in Friuli, Arte a collezioni del Revoltella alla cultura contempo- Trieste”, 3, Udine 1979, pp. 85-100; O. Basi- ranea, Mariano del Friuli 1994, pp. 27-29. lio, Saggio di storia sul collezionismo triestino, 9 Cfr. L. Crusvar, Note sul collezionismo triesti- “Archeografo Triestino”, serie III, vol. XIX no, “Arte in Friuli, Arte a Trieste”, 3, 1979, (1934), p. 157-229; G. Caprin, Tempi Andati, pp. 85-100; O. Basilio, Saggio di storia sul Trieste 1926. collezionismo triestino, “Archeografo Triesti- 16 Cfr. G. Negrelli, Una rivista borghese (“La Fa- no”, serie III, vol. XIX (1934), p. 157-229. villa”) nell’Austria metternichiana, “Rassegna 10 Quando si è deciso di intraprendere un ap- storica del Risorgimento”, LXV, n. 3 (luglio- profondimento della vicenda artistica di An- settembre 1978), pp. 270-285. ton August Tischbein, persino i suoi estremi 17 D. Levi, Strutture espositive a Trieste dal 1829 al biografici non risultavano definiti chiara- 1847, “Annali della Scuola Normale Superio- mente; si è ritenuto pertanto utile tracciare re di Pisa”, serie III, vol. XV, 1985, p. 257. una sua dettagliata biografia. Si auspica che 18 Articolo I dello Statuto della Società filotec- in futuro possa arricchirsi di dati, grazie al nica, pubblicato nel Supplemento al n. 19 de prezioso lavoro degli studiosi. “La Favilla” dell’8 dicembre 1839. 11 Il più famoso di essi fu Johann Heinrich 19 F. Dall’Ongaro, Di alcuni artisti triestini, “La Wilhelm Tischbein (Haina, 15 febbraio Favilla”, n. 17, 25 novembre 1838. 1751-Eutin, 26 febbraio 1829), autore del ce- 20 Il matrimonio si svolse il 15 gennaio 1839 lebre Ritratto di Goethe nella campagna roma- presso la chiesa di Santa Maria Maggiore na, conservato presso la Städtische Gallerie come testimonia il Libri Matrimoniorum Pa- di Francoforte. rochiae Civitatis veteris Tergesti de anno 1839. 12 Libri Matrimoniorum Parochiae Civitatis veteris 21 La sua età è riportata nel Libri Matrimoniorum Tergesti de anno 1839. Parochiae Civitatis veteris Tergesti de anno 1839, 13 Lo si evince anche da alcuni disegni di pro- apprendiamo inoltre, dal Foglio di Famiglia prietà dei Civici Musei di Storia ed Arte: Ri- 23266 conservato presso la sezione storica tratto di donna in costume ciociaro (Acquerel- dell’ufficio anagrafe del Comune di Trieste, lo su carta incollata su cartoncino, 218×192 che nacque nel 1815 a Ledesch (Boemia) e mm, numero di inventario: 10/448 a), Ritrat- morì a Trieste, di polmonite, il 22 febbraio to di donna in costume ciociaro (acquerello su 1878, all’età di 62 anni.

316 AFAT 31 22 Prospetto della città porto franco di Trieste sorti- se una Veduta di Pola coll’Arena e fu inserito to nel novembre 1832, Trieste 1832. tra le vincite dell’estrazione effettuata tra gli 23 Nata nel 1840 e andata in sposa a Romualdo azionisti, un suo dipinto ad olio: Una bur- Przyblysky il 30 ottobre 1869. rasca. Nel 1845 (VIa mostra della Società di 24 Nata nel 1841 e sposatasi nella Chiesa di Belle Arti) espose un Ritratto e Costumi dell’I- Sant’Antonio con Giacomo Dominighini sola di Veglia; nel 1846 (VIIa mostra della So- 25 Nata nel 1843 e deceduta nubile il cietà di Belle Arti) un Quadro di genere e nel 24/06/1865. 1847 (VIIIa ed ultima mostra della Società di 26 Agente di commercio e negoziante nato nel Belle Arti) Un pastore. 1844 e sposatosi l’1/10/1879 con Luigia Ze- Cfr. Catalogo delle opere esposte dalla Società boghin. Triestina di Belle Arti, Trieste 1840, numeri di 27 Nato il 31 dicembre 1847 e rimasto celibe. cat. 161, 229 e 230; Ragguaglio sui risultamen- 28 Deceduta il 4 febbraio 1855 all’età di 4 anni ti della Società Triestina di Belle Arti durante (protocollo di sepoltura n. 70966 all’interno l’anno secondo 1841, Trieste 1842, numeri di del protocollo di sepoltura del Vicario del ci- cat. 277, 291, 292, 308 e 344; Catalogo delle mitero che va dal 16/11/1854 al 23/9/1855.). opere esposte dalla Società Triestina di Belle 29 Nata nel 1852 e sposatasi con Eugenio Treche Arti, Trieste 1842, numeri di cat. 107 e 108; il 24 gennaio 1880. Esposizione straordinaria di quadri moderni di 30 Nato nel 1854 e deceduto il 28 gennaio 1855 privata proprietà, aperta per festeggiare il fausto a soli 10 mesi (protocollo di sepoltura n. evento della presenza in Trieste di sua Altezza 70890 all’interno del protocollo di sepoltura Imperiale e Reale l’Arciduca Francesco Carlo del Vicario del cimitero che va dal 16/11/1854 in Catalogo delle opere esposte dalla Società al 23/9/1855.). Triestina di Belle Arti, Trieste 1842, nume- 31 Nel 1840 (Ia mostra della Società di Belle ri di cat. XIII, LXVIII, XCII, XCIX; Catalogo Arti) espose una Veduta di Trieste al chiaro di delle opere esposte dalla Società Triestina di luna, Una cappella ed Un chiozzotto, nel 1841 Belle Arti, Trieste 1843, numeri di cat. 157 e (IIa mostra della Società di Belle Arti) Marina 173; Ragguaglio sui risultamenti della Socie- di Trieste, Costume tirolese con effetto di lume, tà Triestina di Belle Arti durante l’anno quinto La Riva Carciotti di Trieste, La Riva Carciotti 1844, Trieste 1845, n. di cat. 227; Ragguaglio disegnata sulla pietra (litografia derivante dal sui risultamenti della Società Triestina di Belle quadro omonimo e distribuita come premio Arti durante l’anno sesto 1845, Trieste 1846, d’obbligo a dieci azionisti) e Costume bavare- numeri di cat. 37 e 257; Ragguaglio sui ri- se; nel 1842 (IIIa mostra della Società di Belle sultamenti della Società Triestina di Belle Arti Arti) Veduta di Pola coll’Arena (che l’Arciduca durante l’anno settimo 1846, Trieste 1847, n. acquistò per 100 fiorini), Cicci con carro di di cat. 193; Catalogo delle opere esposte dalla carbone e Costumi delle vicinanze di Trieste. Società Triestina di Belle Arti, Trieste 1847, n. Quello stesso anno fu organizzata una espo- 211. sizione straordinaria in onore dell’arciduca 32 Possedette un’azione doppia (dal costo an- Francesco Carlo presso cui furono esposte nuale di 8 fiorini) dal 1841 al 1846. Una contadina di Trieste, Marina, Paesaggio 33 Una sua opera fu presentata anche alla mo- negli Abruzzi ed Un pastorello. stra del 1867 e tale presenza fece credere Nel 1843 (IVa mostra della Società di Belle che il 1867 potesse costituire un termine Arti) espose Veduta di Trieste colla i.r. fregata post quem per la data del decesso dell’artista la Guerriera ed Una burrasca che fu acqui- (credenza avallata dall’erronea indicazione stata dalla Società per 110 fiorini, nel 1844 di morte fornita nel Dictionnaire del Bénézit, (Va mostra della Società di Belle Arti) espo- cfr. nota 68).

Alcune vedute delle Antichità di Pola di Anton August Tischbein 317 34 “Verso la fine degli anni Trenta si guada- 42 Acquerello e biacca su carta, diametro 13,5 gnarono una notevole fama a Trieste anche cm, cornice 36.5×38 cm, numero di inventa- il ferrarese Giovanni Paglierini, autore di rio: 1810. Cfr. (a cura di) C. Bragaglia Venu- quadri storici e il tedesco August Tischbein, ti, Miniature e silhouette (facente parte della specializzato in marine”. in M. Masau Dan, collana Le collezioni della Fondazione Palazzo Pasquale Revoltella: le vicende di un collezio- Coronini Cronberg di Gorizia), Torino 2010, nista nella Trieste dell’Ottocento, Punti di vista. pp. 78-80. Il paesaggio dalle collezioni del Revoltella alla 43 Matita, acquerello e rinforzi di biacca su car- cultura contemporanea, Mariano del Friuli ta, 23×19 cm, numero di inventario: 1803. 1994, p. 15. Cfr. S. Ferrari Benedetti, P. Rosazza Ferra- 35 G. Caprin, Tempi andati, Trieste 1926, p. 120. ris, Neoclassico e Biedermeier dalle collezioni 36 Tempera su carta, 360×294 mm, numero di Coronini Cronberg di Gorizia, Gorizia 2004, inventario: 13/2323. pp. 63-64. 37 Olio su tela, numero di inventario: 13/2906. 44 Olio su tela, 36.8×31 cm, numero di inventa- Cfr. W. Abrami e L. Resciniti, I grandi vecchi rio: 829. – Affetti. Ritratti di coppie e quadri di gruppo a 45 Matita, acquerello e tempera su carta, Trieste, Trieste 1998, pp. 42-44 e S. Ferrari 31.1×24 cm, numero di inventario: 2058. Benedetti, P. Rosazza Ferraris, Neoclassico e 46 Olio su tela, 41.5×78.7 cm, numero di in- Biedermeier dalle collezioni Coronini Cronberg ventario: CTB1997.16, acquistato ad un’asta di Gorizia, Gorizia 2004, p. 64, nota 14. svoltasi da Christie’s London (sede di King 38 Acquerello su carta, numero di inventario: Street) il 13 giugno 1997. 13/2855. Cfr. S. Ferrari Benedetti, P. Ro- 47 Veduta di Trieste (tempera su carta, 152×232 sazza Ferraris, Neoclassico e Biedermeier dalle mm, numero di inventario: Quadreria 2/5), collezioni Coronini Cronberg di Gorizia, Gorizia Veduta di Trieste da Terstenico-Terstenik (olio 2004, p. 64, nota 14. su cartone, 240×350 mm, numero di in- 39 Acquerello su carta, numero di inventario: ventario: Quadreria 2/106), Veduta di Trieste 18177S. Cfr. S. Ferrari Benedetti, P. Rosazza dalla strada Napoleonica (olio su cartone, Ferraris, Neoclassico e Biedermeier dalle col- 200×250 mm, numero di inventario: Qua- lezioni Coronini Cronberg di Gorizia, Gorizia dreria 2/107), Il Blocco Albini (matita e ac- 2004, p. 64, nota 14. querello su carta, 49×80 cm, numero di in- 40 Olio su tela, 188×150 cm, numero di inven- ventario: 14/1216, esposto al Civico Museo tario: 4577, pervenuto al museo nel 1974 con del Risorgimento e sacrario Oberdan. Cfr. il legato Angelina Duna. Cfr. W. Abrami e L. Ruaro Loseri, E. Coppola Di Canzano, Il L. Resciniti, I grandi vecchi – Affetti. Ritratti paesaggio nella pittura triestina, Roma 1994, di coppie e quadri di gruppo a Trieste, Trieste p. 50; L. Ruaro Loseri, A. Bernheim, Scene 1998, pp. 37-39 e M. Bianco Fiorin, L. Re- storiche nella pittura triestina, Trieste 1996, p. sciniti, M. Messina, Genti di San Spiridione: i 38; L. Ruaro Loseri, Marine, Carso e dipinti di serbi a Trieste, 1751-1914, Trieste 2009, p. 150. montagna nella pittura triestina, Trieste 1997, 41 Olio su tela, 55.3×44.4 cm. Cfr. M. Bianco p. 43; L. Ruaro Loseri e B.M. Favetta, Il civico Fiorin, I greci. Quadreria. Dipinti della comu- museo del Risorgimento ed il sacrario Oberdan a nità Greco-Orientale di Trieste. Catalogazione Trieste, Trieste 2008, pp. 50-51. completa. Una prima analisi, “Atti e Memo- 48 Olio su tela, 30×39 cm, numero di inven- rie della Società Istriana di Archeologia e tario: 42 (presente sin dalla fondazione del Storia Patria”, vol. CV-1 della raccolta (LIII- museo grazie al legato del barone Pasqua- 1 della nuova serie), 2005, pp. 110-111, le Revoltella del 1872). Cfr. M. Masau Dan, Scheda 21. Pasquale Revoltella (1795-1869). Sogno e con-

318 AFAT 31 sapevolezza del cosmopolitismo triestino, Udi- (Venditrici di erbe e di pane-Vendeuses de pain ne 1996, p. 111; L. Ruaro Loseri, Eugenio e des herpes) fu eseguita da F. Locatello, le ri- Coppola di Canzano, Il paesaggio nella pittura manenti cinque sono opera del Tischbein: triestina, Roma 1994, p. 51; L. Ruaro Loseri, Lavandaie e venditrici di latte-Blanchisseuses Marine, Carso e dipinti di montagna nella pit- et laitieres, Carbonaj (Tchichi)-Charbonniers tura triestina, Trieste 1997, p. 45. (Tchitchi), Contadini dei dintorni-Paysans des 49 Sistema Museale d’Ateneo, Lascito Antonio environs, Venditrici di Pane-Vendeuses de Pain, Fonda Savio, inv. Ve042, disegno acquerel- Feste nuziali nei vicini villagi (sic)-Noces des lato su carta, 30×42 cm. Pubblicato in “Pagi- paysans des environs. ne Istriane”, Serie III, Anno I, n. 4 (novem- 56 M. Gardonio, La Collezione d’Arte della Fonda- bre 1950), p. 242. zione CRTrieste, Trieste 2012, pp. 40-41. 50 Sistema Museale d’Ateneo, Lascito Antonio 57 L’album raccoglie una serie di vedute di Trie- Fonda Savio, inv. Ve061, disegno a matita ste, dei suoi dintorni e dell’Istria, litografate con tracce di tempera bianca, 28.5×44 cm. da August Selb ed Anton August Tischbein 51 Sistema Museale d’Ateneo, Lascito Antonio ed intervallate da un testo esplicativo scritto Fonda Savio, inv. Ve063, disegno acquerel- in italiano da Pietro Kandler e tradotto in te- lato, 11.8×15.7 cm. desco da Jacob Lowenthal. Esso è composto 52 Litografia Linassi, litografia in nero su sep- da 11 fascicoli con 4 stampe ciascuno: ogni pia, 327×627 mm. Cfr. F. De Farolfi, Catalo- foglio descrivente una stampa riporta il nu- go delle stampe triestine dal XVI al XIX secolo, mero del fascicolo a cui appartiene e il pro- Trieste 1994, n. 71 e Trieste nelle stampe del prio numero da 1 a 4 all’interno del fascico- Lloyd, Trieste 1986, p. 125 e Lit. Linassi, li- lo. Alle 44 stampe distribuite in 11 fascicoli tografia, 445×610 mm. Cfr. F. De Farolfi, si aggiungono il frontespizio, un ritratto di Catalogo delle stampe triestine dal XVI al XIX Stefano d’Asburgo Arciduca d’Austria a cui secolo, Trieste 1994, n. 354. l’album è dedicato, e la tavola-dedica: in tut- 53 A Fesca sc., stabilimento artistico del Lloyd to perciò l’album contiene 47 litografie. Austriaco, acquaforte, 177×682 mm. Cfr. F. 58 Nel patrimonio dei Civici Musei di Storia ed De Farolfi, Catalogo delle stampe triestine dal Arte di Trieste si trova un nucleo di disegni XVI al XIX secolo, Trieste 1994, n. 304. che ha diretta corrispondenza con le tavole 54 M. Masau Dan, Pasquale Revoltella: le vicende delle “Memorie di un viaggio pittorico nel lito- di un collezionista nella Trieste dell’Ottocento rale austriaco”, ovvero Inv. 12/964: Maria Lu- in Punti di vista. Il paesaggio dalle collezioni pettina-Milena Zain di Peroi-Costumi di festa del Revoltella alla cultura contemporanea, Ma- (acquerello che ritrae le due donne presenti riano del Friuli 1994, p. 16. sulla destra della litografia Peroiesi danzanti), 55 Album di costumi triestini disegnati dal vero inv. 12/977: Rovignese campagnolo (disegno a da Augusto Tischbein, Trieste 1840. Serie di matita, servito da schizzo per la litografia tavole che, secondo l’annuncio apparso sul dal titolo Un campagnolo di Rovigno), inv. n. 437 dell’“Osservatore Triestino” del 21 12/987: Pozzo antico vicin di Veruda (disegno marzo 1840, sarebbero state pubblicate in a matita e seppia che trova riscontro ne Le 4 fascicoli composti da tre fogli ciascuno, e Cave romane presso Pola), inv. 12/1010: dise- vendute al prezzo di 6 fiorini se a colori, 3 gno a matita ed acquerello che ritrae alcuni se in bianco e nero. Le litografie sono a cura personaggi presenti nella litografia Le Cave di Bartolomeo Linassi, esse portano in alto romane presso Pola, inv. 12/1044: disegno a al centro la dicitura “Costumi Triestini”, matita ed acquerello che ritrae alcuni perso- in basso vi è il titolo a sinistra in italiano, naggi presenti nella litografia Le Cave romane a destra in francese. Delle sei tavole, una presso Pola, inv. 12/1047: Antignana (disegno

Alcune vedute delle Antichità di Pola di Anton August Tischbein 319 a matita ed acquerello che ritrae un uomo e serito tra le pagine 30 e 31. Cfr. F. De Farol- una donna presenti nell’omonima litogra- fi, Catalogo delle stampe triestine dal XVI al fia), inv. 12/1048: Pozzo antico vicin di Veruda XIX secolo, Trieste 1994, n. 258 e Trieste nel- (schizzo a matita che, come l’inv. 12/987, tro- le stampe del Lloyd, Trieste 1986, p. 129. Un va riscontro ne Le Cave romane presso Pola), esemplare è reperibile alla Civica Biblioteca inv. 12/1049: Albona (disegno a matita ed Hortis di Trieste col numero di inventario acquerello che ritrae la donna presente nella 181734, due esemplari si conservano anche litografia Contadini di Albona), inv. 12/1050: all’interno del Lascito Antonio Fonda Savio disegno a matita privo di indicazioni corri- catalogati come Ve134 e Ve135. spondente alla litografia Comitiva nuziale di 65 “Letture di Famiglia”, Vol. I, Trieste 1852, in- Slavi, 12/3259: Tempera siglata A.T. e datata serito tra le pagine 126 e 127. Tre esemplari 1848 (sei anni dopo la pubblicazione dell’Al- si conservano all’interno del Lascito Anto- bum) che rappresenta la Contadina di Servola nio Fonda Savio con numeri di inventario presso Trieste. Ve096, Ve097 e Ve098. Sono inoltre presenti cinque disegni in re- 66 “L’11 agosto 1854 il pittore Edoardo de Hein- lazione con il nucleo precedente, ma da cui rich presentava al Magistrato civico un boz- non furono tratte illustrazioni per la pub- zetto per la pala d’altare del legato Persich blicazione Lloydiana: inv. 12/963: Donna con una raffigurazione conforme al deside- Dalmata (disegno a matita ed acquerello che rio testamentario della defunta: la Madon- rappresenta in realtà un’istriana), 12/965: na col Bambino fra S. Antonio di Padova e Costume d’inverno di panno verde o celeste-azu- S. Vincenzo Ferrer. Il 23 agosto il canonico ro-Angela Lubat di Peroi (disegno a matita ed D’Andri, per conto dell’Ordinariato vescovi- acquerello), 12/995: Donna del contado trie- le, dimostrava la sua preferenza per un altro stino (carboncino su carta lucida), 12/1011: presentato dal Tischbein in quanto ritenu- Dignano (disegno a matita raffigurante una to iconograficamente più vicino ai desideri bambina in costume), 12/1030: Raspo nella della defunta vedova Persich. Entrambi ven- Ciceria (disegno a matita con figure davanti nero trasmessi il 20 settembre alla Luogote- ad un’abitazione). nenza per un parere definitivo; ma, nono- 59 Ingresso delle Loro Maestà il 5 settembre 1844 e stante l’opinione dell’Ordinariato, il lavoro Gita delle LL. MM. con dieci piroscafi a Capodi- venne affidato al de Heinrich che il 3 ottobre stria. 1855 aveva “già in prima mano dipinta la pala 60 La pubblicazione comprendeva 17 stampe tutta” in G. Cuscito, La chiesa parrocchiale di (litografate da Linassi e acquistabili in bian- S. Giacomo a Trieste, Trieste 1987, p. 17. co e nero o a colori) ad opera di vari artisti ed 67 Fu sepolto il 28 gennaio 1855 presso la II un testo di commento. classe del cimitero di Sant’Anna a Trieste e al 61 G. Gerolami, La Sezione Culturale del Lloyd momento del decesso risultava residente in Triestino in Le istituzioni di cultura della Trie- piazza Gadola n. 816. Cfr. Protocollo di se- ste moderna, numero speciale di “Umana: poltura n. 70866 in Protocollo di sepoltura del panorama di vita contemporanea”, anno VII Vicario del cimitero dal 16/11/1854 al 23/9/1855. (1958), n.1-8, pp. 115-116. 68 Alcune fonti riportavano un generico 1855, 62 Trieste nelle stampe del Lloyd, Trieste 1986, altre, a causa di un’errata informazione con- pp. 12-13. tenuta nel Dictionnaire critique et documen- 63 “Letture di Famiglia”, Vol. I, Trieste 1852, in- taire des peintres sculpteurs, dessinateurs e gra- serito tra le pagine 24 e 25. veurs de tous les temps et de tous les pays curato 64 “Letture di Famiglia”, Vol. I, Trieste 1852, in- da Emmanuel Bénézit, (1867).

320 AFAT 31 Presentation of a lithography by the German painter Anton August Tischbein representing the Antiquities of Pola and a series of six preparatory drawings for this artwork. Both are part of Trieste’s University art collection and they arrived there thanks to a legacy by Antonio Fonda Savio. This focus is furthermore an occasion to resume the history of Pola’s representation from XVI to XIX century and to outline the neglected biography of Anton August Tischbein. [email protected]

Alcune vedute delle Antichità di Pola di Anton August Tischbein 321

AFAT Arte in Friuli Arte a Trieste periodico annuale 31 (2012)

Direttore responsabile Giuseppe Pavanello

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Ottobre 2013

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