RIVOLI VERONESE CONSORZIO B.I.M. ADIGE

Francesco Martinati Ricordi di vita rivolese

Gruppo Culturale “EL CASTELETO” 2010

Estratti da LA VALDADIGE NEL CUORE Francesco Martinati Ricordi di vita rivolese

Gruppo Culturale “EL CASTELETO” CONSORZIO B.I.M. ADIGE

Francesco Martinati Ricordi di vita rivolese Estratti da LA VALDADIGE NEL CUORE

Redazione Gruppo Culturale “El Casteleto” - Dolcè (VR) Via Castello, 90 A cura di: Renato Comerlati Hanno collaborato: Angelo Brusco, Giovanni Buio e Giuseppe Caurla

Consulenza fotografica e fotografie Francesco Martinati, Giovanni Buio, Archivio storico “El Casteleto”

Stampa Finito di stampare nel mese di ottobre 2010 REDAPRINT srl - Cavaion V.se (VR)

In copertina: - La Chiesa e il Forte - Batteria alta (foto di Giovanni Buio) - Fontana di Sopra (dipinto ad olio dell’autore) Indice

Mirco Campagnari Presentazione 4

Francesco Martinati Militari e Rivoli 7

Il Medioevo a Rivoli è durato fino al 1950 19

La vita religiosa 27

Passatempi, storie e giochi 35

Ricordi di vita rivolese 44

Pino Negri e Mario Gino Filippini Il Monumento alla Battaglia di Rivoli: la Guglia 55

Francesco Martinati Questo libro è dedicato a mio padre Arturo 58

Ringraziamenti 59 5 Presentazione ono onorato di poter fare la presentazione Sdi questo libro, per l’amicizia che mi lega al Gruppo Culturale “ El Casteleto” e per l’impron- Mirco Campagnari ta che Francesco Martinati ha dato a questo vo- Sindaco di Rivoli Veronese lume.

Il libro mi ha colpito ed impressionato per la semplicità del linguaggio usato e per il ricor- do dei vecchi detti dei nostri nonni come frasi, modi di dire e comportamenti, compresa la de- scrizione d’usi e costumi di allora.

Racconti diventati linee guida per l’insegnamen- to che ci hanno lasciato e per i valori che ancora trasmettono, per l’energia e la forza d’animo che venivano messe per combattere le insidie, le dif- ficoltà e la povertà di quel tempo. Nonostante queste veniva sempre messo al primo posto il bene , per gli aiuti che ci si scambiava, per il bisogno di fare comunità; ci si trovava nelle stalle, riuscendo così a creare un passaggio di testimone tra “el vecio” e “el bocia”, forme di aggregazione che nella nostra società, così mo- derna e tecnologicamente avanzata, con cellula- ri, internet, e-mail, ecc., si sono perse. Ognuno vive barricato nel suo perimetro, generando una barriera nelle relazioni interpersonali e creando e futuro, compresi i colori tenui pastello usati di fatto un mondo sempre più legato alla priva- per i suoi acquarelli, di cui ho potuto ammirare cy piuttosto che alla condivisione degli spazi co- la bellezza grazie a questo volume. muni per relazionarsi e rispettarsi gli uni con gli altri. Dal 2004 l’Amministrazione che presiedo pro- muove e distribuisce i volumi alla cittadinanza, Viene anche ripreso un vecchio scritto di Pino con l’aiuto della Biblioteca, che si dimostra en- Negri e Mario Gino Filippini del 1946, di cui po- tusiasta perché vi sono raccontati stralci di vita chi ricordano la pubblicazione; anch’esso ripor- passata che non tutti conoscono o ricordano, ma ta con semplicità e chiarezza molte informazio- che ugualmente li rendono partecipi ed orgo- ni storiche, tra le quali l’attuale collocazione dei gliosi. marmi originali della colonna del Monumento a Napoleone. I primi due volumi sono stati pubblicati attra- verso il lavoro del Comitato “Rivoli 97”; questo 7 Nel volume sono ricordate alcune figure di rife- è redatto dal Gruppo Culturale “El Casteleto”, rimento importanti per Rivoli e per il suo com- che pubblica la rivista annuale “La Valdadige nel prensorio, che in silenzio hanno operato per lo cuore”, patrocinata dai Comuni di Rivoli, Dolcè e sviluppo delle varie realtà civili, sociali ed eco- . nomiche; si rammenta anche l’efficienza nei col- legamenti, soprattutto con Ceraino; all’epoca, no- È importante poter lasciare traccia di tutti coloro nostante le poche risorse, c’erano due attracchi che hanno contribuito e fatto parte della storia per i barconi, uno a Battello e l’altro a Gaium. in ogni circostanza, e portare alla conoscenza di tutta la popolazione, in particolare delle nuo- Martinati inoltre, essendo Architetto, descrive ve generazioni, chi e in che modo ha messo un i dettagli costruttivi dei fabbricati; essi servono tassello più o meno rilevante nell’evoluzione del per ridare un filo conduttore edilizio tra passato nostro paese.

Militari e Rivoli

ivoli, per la sua posizione geografica, fu consi- il fiume Adige si prestava a molte insidie che ne Rderata, da sempre, la porta nord della pianura sconsigliavano il passaggio. padana. Questa realtà, ora solo accennata, è stata La via del lago di Garda peraltro non era la più indagata e trattata negli atti del convegno interna- agevole, le due sponde del lago non offrivano che zionale in occasione del bicentenario della batta- viottoli a mezza costa e valli impervie; per i tra- glia, dal prof. E. Turri e dall’arch. G. Perbellini. sporti di persone e cose tra i paesi rivieraschi si Il transito attraverso il pianoro di Rivoli, ci riferia- utilizzavano esclusivamente le imbarcazioni op- mo al transito di eserciti equipaggiati ed armati, portunamente attrezzate. era ricercato sia dalle formazioni che scendeva- Rivoli da nord si poteva raggiungere attraverso no da nord sia da quelle che risalivano da sud. Avio, Novezza, e la valle di Caprino oppure Percorsi alternativi, praticamente non ce n’erano. dalla sponda destra dell’Adige. Da sud il pianoro La Chiusa, costretta fra pareti verticali rocciose e di Rivoli si poteva guadagnare sia da sia da Peschiera del Garda. Si spiega così il ruolo strategico di Rivoli riconosciuto dai mili- 9 tari di ogni formazione fino alla prima Guerra Mondiale. La difen- dibilità di Rivoli fu interpretata, prima dagli Austriaci, e poi dagli Italiani, con la costruzione del maggior numero di fortezze nel- la zona, i primi per contrastare il passaggio verso nord, i secondi per impedire le calate da nord. In altri capitoli della nostra storia di Rivoli, sono riportati gli avve- nimenti militari che si sono suc- ceduti dall’epoca napoleonica al Risorgimento, fino alla seconda

Corte dei Foresti, acquerello dell’autore 10

Accampamento alla Chiusa; sullo sfondo a destra il Forte cancellato Guerra Mondiale. le regioni. Ora, attingendo dai ricordi dei residenti più an- Le parole e le espressioni del gergo militare en- ziani, ci proponiamo di evidenziare la “vocazione trano nel vocabolario dei nostri compaesani più militare di Rivoli”. anziani, specialmente quando volevano sottoline- Durante la costruzione del forte Wohlgemuth, are concetti di precisione, di puntualità con una intorno al 1850, e poi della Batteria bassa, della divertente ironia; eccone alcune: caserma Massena, dei forti di Incanale, della Pol- “sveglia, adunata, rapporto, guardia, servizio, ritira- veriera e delle strade militari intorno al 1870, i ta, silenzio, rancio, gavetta, pagnotta, ecc.” Rivolesi affiancarono prima i genieri austriaci e Durante la prima guerra, nella Ca’ Rizzoni fu alle- poi quelli italiani con servizi di manovalanza e tra- stito un ospedale militare da campo; nel sottotet- sporto di sabbia e marmi dalle vicine cave. to del municipio, fino al 1950, erano conservate Nel corso della prima Guerra Mondiale Rivoli di- ancora le attrezzature mediche di quel periodo: venne “zona di operazioni”, si poteva entrare e barelle, pompe per disinfestazione, attrezzi per uscire soltanto con passaporto interno. Le truppe medicazione, sussidi ortopedici, ecc. italiane e quelle degli alleati francesi affluirono Il Generale Grazioli, l’autore della più completa e 11 a Rivoli, nella caserma e nelle corti. Gli ufficiali documentata storia della battaglia di Rivoli decise alloggiavano presso i privati, quando non erano proprio qui di affrontare quella lodevole fatica ne- impegnati nei turni di servizio al fronte sull’Altis- gli anni’20 mentre era a Rivoli con i suoi reparti; simo. ma sentiamo come lo racconta Lui. Il rapporto tra militari e Rivolesi doveva essere Questo libro ha un’origine . molto stretto per trasferire nel nostro dialetto pa- L’idea prima di scriverlo mi balzò viva e piena role di varia origine che durano fino ai nostri gior- nello spirito sul declinare di una radiosa gior- ni. Ad esempio: nata invernale mentre ritornavo, a cavallo, da -dagli austriaci: “befè” (per ordine indiscutibile); una lunga escursione compiuta, per istudio e -dai francesi: “condir” (per il doppio significato: per diletto, sulle pittoresche colline costellate di “condire” o “come dire”); ville superbe, che dal degradano ”sefèr” (conduttore di automezzi); dolcemente fra la riva veronese del lago di Gar- “sanfason” (pasticcione arruffato); da e il corso dell’Adige. Così che, quando giunsi - dai dialetti italiani: i canti e le espressioni di tutte in vista del campanile del villaggio di Rivoli, dove una tiepida scuderia attendeva il mio ge- li costituì il proprio gruppo ANA per iniziativa di neroso compagno di viaggio, già le ombre fred- Lino Testi. de della sera scendevano sul vasto pianoro cir- L’Alfiere, per tanti anni, fu il compaesano Giusep- costante. Ed ecco parvemi allora veder sorgere pe Pietropoli reduce della 1a Guerra Mondiale e intorno a me una folla oscura di fantasmi di testimone diretto della tragedia che si consumò guerra, via trasvolanti pei monti e pei colli vici- nelle battaglie sull’Ortigara nella 1a Guerra Mon- ni ad aspra e sanguinosa battaglia, e come fol- diale. gore irrompere improvvisa sul piano e attraver- A Rivoli affluivano, tutti gli anni, reparti di ogni sare impetuosa la scena la leggendaria carica arma e specialità per i “campi estivi”. I militari ri- di Lasalle, mentre, alta a cavallo, parevami ve- empivano la caserma Massena, le balze dei prati der disegnata sullo sfondo maestoso del Baldo con i loro accampamenti e le corti con i depositi l’aquilina e diritta immagine del pallido Corso, ed i parchi macchine. così come ricordavo di averla vista un giorno, Capitava spesso che molti paesani mandassero i contemplando a Versailles la bella visione pitto- loro ragazzi a recuperare dalle cucine da campo 12 rica della battaglia di Rivoli, uscita dall’espres- pane e viveri che rimanevano dopo la distribuzio- sivo pennello di Enrico Philippoteaux. ne del rancio: il fornaio infatti preparava giornal- Così avvenne che, proprio in quella sera, tutto mente ceste di pagnotte e i contadini vendevano preso come ero da un tal pensiero e commosso vino ed altre derrate per la truppa e per le salme- per un senso di quasi religiosa venerazione ispi- rie. Durante la libera uscita quotidiana le osterie rata dai grandi ricordi storici che lo spettacolo si riempivano di militari, alimentando nuove co- insolito suscitava nell’animo mio, proposi a me noscenze ed informazioni. stesso di studiare a fondo, con severe indagi- Nel 1940 arrivò a Rivoli il 7° Reggimento Bersa- ni sui documenti esistenti, editi ed inediti, e di glieri per il campo estivo. I reparti sfilarono a pas- narrare poi con intelletto d’amore la battaglia so di corsa preceduti dalla fanfara. di Rivoli; una delle più fulgide gemme del genio, Si ricorda ancora lo sfortunato suonatore, con il tutto italico, del grande condottiero. trombone lucido a tracolla, che inciampò nella strada sterrata del paese e cadde; si rialzò di scatto Dopo la costituzione dell’ANA (Associazione Na- e raggiunse di corsa il proprio posto. zionale Alpini) a Milano negli anni’20, anche Rivo- La fanfara si esercitava in una baracca presso la caserma, già mensa-operai durante la costruzione Africa, Russia partecipando a tutte le tragedie del- del canale. I suonatori si disponevano in cerchio la guerra: Nikolajewka, Stalingrado, Don, Woiussa, e noi bambini facevamo da leggio sostenendo gli Ponte di Perati, Jugoslavia, Cefalonia e poi la Ger- spartiti appoggiati al viso. Il pavimento in legno mania e le prigionie in tutto il mondo. sobbalzava e alla fine uscivamo frastornati ed or- Durante la guerra tornarono a Rivoli soltanto i gogliosi per il servizio reso. Il parco motorizzato feriti ed i mutilati; c’erano poi le tragiche comu- disponeva di autoblindo e dei primi autocarri Fiat nicazioni dei caduti e dei dispersi. Una tragedia 26, con il muso piatto ed il motore dentro la ca- immane. Nel 1943 ci furono profondi cambia- bina di guida. Ogni bersagliere della compagnia menti nella presenza militare a Rivoli. Fin dall’in- ciclisti aveva in dotazione: zaino, carabina e bici- cletta pieghevole a scatto fisso, con gomme piene. Non esisteva percorso, per quanto accidentato, che li fermasse. La festa con i bersaglieri durò poco, venne presto l’ordine di partenza per il fronte dell’Africa set- 13 tentrionale; Cirenaica, Tobruch, El Alamein, nomi che emozionano ancor oggi. Per il Natale del 1942 fu concordata, tra le autorità locali ed il comando militare, la possibilità, per ogni famiglia, di invita- re a pranzo un militare. A noi toccò un simpatico giovane piemontese, grato per avergli sollevata la tristezza del Natale lontano da casa. La guerra, con i suoi tristi effetti, fu avvertita anche a Rivoli con la consegna delle vere d’oro e dei rami di casa, poi con la raccolta del ferro, il razionamento con le tessere annonarie ed infine con il famigerato mercato nero dei viveri di prima necessità. Tutti i giovani paesani arruolati, di leva e richiamati, par- tirono per tutti i fronti: Francia, Albania, Grecia, 14

Ingresso di Ca’ Rizzoni, acquerello dell’autore verno’42-’43 era presente la 57a compagnia di si attivarono per fornire abiti civili e biciclette ai fanteria, con un’infermeria sistemata nelle scuo- soldati che ritornavano alle loro case. La guerra le elementari. I militari della 57a intrattenevano però continuava, più temibile, più vicina, con la ottimi rapporti con i Rivolesi, specialmente con i presenza di nuove truppe: tedesche e militi della più giovani ai quali distribuivano cibo, zucchero e Repubblica di Salò. gallette. Un giorno la solita pattuglia di ragazzini, L’arrivo dei tedeschi fu traumatico. Durante la not- ormai abituata a maneggiare armi, esplosivi e mu- te ci fu uno scoppio sotto alla caserma Massena. nizioni, trovò sotto al forte una bomba a mano. Il I tedeschi, che temevano sempre gli attacchi dei più spericolato di loro, Ginetto, la lanciò per gio- “ribelli”, lo considerarono un atto di sabotaggio e co verso i compagni che fuggirono implorando pattugliarono subito il paese con ronde armate. l’amico di smetterla. Correndo arrivarono sfiniti In una baracca presso il canale, sotto alla caserma, alla fontana e qui raccontarono tutto ad Abele, il c’era il guardiano Arturo Bertaiola: fu prelevato e più giovane amico della 57a, questi si fece conse- costretto a seguire la ronda così come si trovava, gnare la bomba e, tolta la “sicura”, la fece esplode- in mutande di flanella e scalzo; dovette precedere re in una vicina depressione del prato, dimostran- i militari per tutta la notte fredda a braccia alzate. 15 do così quanto fosse stato pericoloso quel gioco. Il trauma gli procurò un ascesso ad un’ascella che Dopo la caduta del fascismo il 25 luglio 1943 i lo costrinse a stare per un mese con il braccio al- militari partirono con i loro reparti. La sera del zato. All’indomani una pattuglia di tedeschi giun- 25 luglio un gruppo di alpini richiamati, festeg- se in municipio per avere dieci nomi di residenti giò l’avvenimento nell’osteria di Castello. Uno di da fucilare per rappresaglia, se non fosse uscito il loro scagliò una misura colma di vino sul ritratto responsabile del sabotaggio. Ricordo ancora l’at- di Mussolini appeso alla parete; ne seguì un pa- mosfera di tragedia che si respirava in casa. Fu in- rapiglia indescrivibile, intervennero le ronde ed vocata la mediazione delle brigate nere che rifiu- i carabinieri che fecero chiudere l’osteria. Quegli tarono; gli unici a tentare di convincere i tedeschi alpini esuberanti furono trasferiti immediatamen- a ritirare la minaccia furono gli ufficiali cecoslo- te in Sardegna per punizione; fu la loro fortuna. vacchi che erano presenti a Rivoli già da tempo Tra questi c’era il compaesano Fioravante Testi. con altri ufficiali tedeschi. La fortuna ci aiutò: un L’8 settembre del ‘43 venne firmato l’armistizio; i militare tedesco, addetto alle pulizie, confessò che reparti militari presenti si sciolsero ed i Rivolesi lo scoppio era stato causato da un ordigno, fram- misto ai rifiuti del bidone che lui aveva scaricato giornalmente al forte Mollinary di Monte e agli dalla roccia della caserma. La temuta rappresaglia imbocchi della galleria ferroviaria nella Chiusa tedesca rientrò immediatamente, e non se ne fece per preparare i fornelli da mina. più parola con nessuno. Nella corte Rizzoni era acquartierato un reparto Dopo questi episodi ci fu l’ordine di consegnare di brigate nere impegnate in azioni di pattuglia- tutte le armi, anche da caccia. mento e rastrellamento dei disertori e dei giovani I reparti tedeschi, con mansioni diverse erano si- di leva renitenti; avevano con loro un manipolo di stemati nelle case private. ausiliarie. In corte Bramante c’erano i già citati ufficiali te- In questo periodo i Tedeschi sperimentarono a deschi e cecoslovacchi, questi ultimi in stato di Rivoli una nuova arma: il “panzer faust”; era un semilibertà. lanciarazzi anticarro, che in seguito gli alleati Nella corte Porton c’erano tedeschi e italiani ad- chiamarono “bazooka”; esso fu collaudato sulla detti alle linee di comunicazione. parete rocciosa sopra l’imbocco nord della galle- Un reparto attendeva ai lavori della Todt per la ria del canale che sottopassa il forte. Noi ragazzini 16 costruzione di una linea di fortificazione con trin- eravamo nascosti a pochi passi dietro i tedeschi; cee, fortini e camminamenti tra Montalto di Ga- dopo la prova salirono sul bersaglio per misurare ium e Fiffaro. la profondità del foro provocato dalla fragorosa Un altro reparto di guastatori, da Rivoli, andava esplosione perforante. Oltre 40 centimetri. Il foro è tutt’ora visibile. Vennero poi i bombardamenti, i mitragliamenti, il ricognitore notturno “Pippo”, le bombe a farfalla, ma questa è storia triste di tutta la provincia. Il primo bombardamento alla ferrovia a nord di Ceraino, a Soman, ebbe come prima vittima, Saiani Tullio di Rivoli: era l’ottobre del ’44. Gli obiettivi dei bombardamenti erano sempre gli stessi: Strada Statale n. 12 e ferrovia nella Chiusa dove le due infrastrutture corrono affiancate. Una bomba, sganciata da una fortezza volante, for- Ufficiali cecoslovacchi in stato di semilibertà se in avaria, in formazione di ritorno dalla Ger- passarono da Rivoli numerosi reparti di tedeschi mania, colpì Montindon a circa 50 metri dalla in ritirata. Due gruppi impressionarono in modo polveriera. In quella circostanza tutti i Rivolesi si particolare. Il primo era costituito da paracaduti- sentirono miracolati. sti giovani biondi armati con pistole, parabellum Nel pomeriggio del 21 novembre’44, tre caccia a e bombe a mano con il manico infilato nei gam- bassa quota vennero su Rivoli dal lago e qui vira- baletti. Erano esaltati ed ubriachi e si esercitava- rono a destra infilandosi in picchiata nella Chiusa no, per gioco, al tiro a segno con le lunghe pisto- uno dietro l’altro. Il primo colpì un treno di muni- le. Un secondo gruppo era composto da militari zioni, il secondo aereo fu coinvolto nello scoppio della Mongolia, aggregati ai tedeschi; indossava- e cadde. Volargne fu raso al suolo. A Rivoli, come no le loro uniformi con il colbacco e giubbotti. nei paesi vicini, ci furono molti danni per l’enor- Avevano gli occhi a mandorla e lunghi baffi sottili me spostamento d’aria. che scendevano fin sotto al mento; cantavano al Nella stagione dei bombardamenti iniziò a Rivoli, suono di una balalaica ritmando con battimani e dove abbondavano minatori e carpentieri esperti, tintinnio di bicchieri. Ballavano accucciati con anziani risparmiati dalla guerra, la costruzione di gli avambracci incrociati sul petto e stendevano 17 rifugi antiaerei. alternativamente le gambe in avanti sfiorando il Lo schema del rifugio era costante: una galleria a pavimento, al ritmo dei loro canti. Sentivano l’ap- ferro di cavallo armata con robuste puntellazio- prossimarsi della fine di un incubo. ni, con un’entrata ed un’uscita. I rifugi più estesi Nella notte del 26 aprile una camionetta di gua- avevano, lungo il percorso principale, alcune nic- statori tedeschi di retroguardia fece saltare i ponti chie laterali che potevano accogliere un’intera fa- sul Biffis ed il forte di Incanale. Qualcuno disse. miglia. Ogni contrada aveva uno o più rifugi così che erano gli stessi guastatori che avevano fatto organizzati. Nei giorni che precedettero la libera- saltare tutti i nove ponti di . Tentarono an- zione del 25 aprile la maggior parte dei Rivolesi che di far saltare la polveriera, ma i robusti cate- trascorse nei rifugi anche la notte. In paese regna- nacci e la fretta di risalire verso Trento li fece desi- va una grande confusione; ai militari presenti si stere, e Rivoli fu ancora salvo. Dall’imbocco nord univano altri in ritirata dal fronte, arrivato ormai del rifugio, sotto la costa dei Foresti, si vedeva la in sinistra Po. ritirata con ogni mezzo proprio nel “campo della In quei giorni della prima metà di aprile 1945 morte”, così chiamato dai tempi di Napoleone per le cariche risolutive della battaglia di Le Clerc e (Comitato di Liberazione Nazionale) appena co- Lasalle: nemesi storica. stituito e guidato dal dott. Umberto Simeoni. Un colpo di obice, sparato dal Campo Regio del- - Il primo episodio avvenne a Ragano. L’anziano la Sega colpì la facciata della Villa Tosadori dove Francesco Sartori non sentì i familiari che lo ri- aveva dormito Napoleone prima della battaglia chiamavano mentre attraversata la strada al so- la notte del 14 gennaio 1797. Alcuni affermarono praggiungere di un mezzo con militari tedeschi in che qualche ora prima era uscito da lì il comando ritirata. I tedeschi, senza una ragione, spararono e tedesco con il comandante supremo Kesserling. lo uccisero. Nella mattinata passarono mezzi corazzati con - Il secondo episodio avvenne alle Zuane. Alcuni americani di colore sporgenti dalle torrette che tedeschi, in ritirata, videro due persone, appena ridevano e lanciavano cioccolata. Noi lanciavamo uscite dall’osteria, che si erano ritirate nel vicino le prime rose. cortile al di là di un cancello. Forse temevano che La guerra era quasi finita. 18 Gli ultimi giorni che precedettero la liberazione fu- rono funestati da alcuni episodi di violenza. Regnava un’atmosfera di confusione e reci- proca paura tra gli ultimi tedeschi in precipitosa ritira- ta, e i paesani non organizzati né in formazioni parti- giane, né del CNL La Chiusa dopo i bombordamenti fossero partigiani, li raggiunsero e dopo alcune incomprensibili espressioni li colpirono con due fucilate. Caddero così Alberto classe’99 e Giuseppe Veronesi. - Il terzo episodio avvenne l’indomani, quando gli animi, da entrambe le parti, erano più tesi per i fatti appena accaduti. In quella circostanza cadde un graduato tedesco in fuga. Tutti gli episodi ora riferiti commossero l’intero paese, togliendo mol- ta gioia alla vera fine della guerra. Il ritorno a casa dei militari fu lento e quasi sem- pre avventuroso. I primi rientri avvennero dopo l’8 settembre 1943, erano i reduci del fronte che dovettero darsi alla macchia fino alla fine della guerra, per sfuggire ai 19 rastrellamenti dei fascisti e dei tedeschi. Più len- tamente tornarono i prigionieri dalla Germania e dalle prigionie oltremare. Ai giovani militari detenuti in Germania fu offerto dai tedeschi un immediato ritorno in Italia pur- ché accettassero l’arruolamento nella formazione fascista “Monte Rosa” che operava in Piemonte. La maggior parte, fiutato l’inganno, non accettò; qualcuno accettò e se ne pentì, altri accettarono aspettando l’occasione per disertare dalla “Monte Rosa”; tra questi ultimi c’erano i nostri compaesa- ni Dario Zerbini e Mario Dal Prete che riuscirono a raggiungere le formazioni partigiane piemontesi e rimanere con loro fino alla fine della guerra. La Chiusa oggi Renzo Villa fu tra i primi a rientrare dalla Germa- mentato anche dal notevole numero di militari nia, classe 1924, era partito a 19 anni, catturato a che hanno fatto famiglia qui, sia dopo la prima Bolzano neL’43, è rientrato alle Zuane il 15 aprile che la seconda guerra. 1945 percorrendo a piedi 500 km da Ternitz pres- - Il Colonnello Girolamo Busolli, con Bice, diven- so Vienna. Alla partenza pesava 80 kg, al rientro tato poi Generale, fu l’eroico comandante del bat- 52. taglione Levanna sull’Ortigara; venne a Rivoli nel L’ultimo reduce a rientrare fu Bruno Zanetti che primo dopoguerra e qui rimase fino alla morte. giunse a Fifaro dalla Russia nel 1949. Tutti i redu- Oggi è dedicato a lui il locale gruppo degli Alpini ci raccontavano le loro esperienze di guerra e di (ANA). prigionia, colme di sacrifici e dolori, con profonda - II Colonnello, poi Generale, Antonio Fabbroni, emozione. con Temide, ha fatto famiglia qui ed è stato un at- Un sentimento era comune a tutti i reduci: la gioia tivo coadiutore delle iniziative parrocchiali come incontenibile di ritrovarsi con i propri cari e con la fondazione e la regia delle filodrammatiche. gli amici compaesani. - Il Maresciallo Maggiore Antonio Ago, responsa- 20 L’allegria si esprimeva anche, nelle serate domeni- bile dei forti, ha vissuto qui molti anni con la sua cali, con suoni, canti e balli. famiglia. Si era formata in paese un’orchestrina con tre - Giuseppe Butitta con Bice giunto qui militare si suonatori che non conosceva pause. è fermato ed ha formato famiglia. Oltre ad essere - Aldo Testi alla fisarmonica. Grande invalido dalla ottimo barbiere del paese era un estroverso mu- Russia dove aveva perdute le gambe per congela- sicista. mento. - Rossi con Antilla, ha costruito con la numerosa - Giuseppe Butitta alla chitarra o al mandolino. Mi- famiglia un’importante società per la lavorazione litare a Rivoli e impossibilitato a rientrare nella dei marmi. sua Sicilia dopo l’otto settembre. - Guerrini, con Lilia, ha formato la sua famiglia ed - Nello Gandini con il violino, batteva il tempo pe- è rimasto qui. dalando a terra con l’enorme piedone. E così molti altri tralasciati soltanto per la nostra Spesso si univano a loro cantanti improvvisati e approssimativa affrettata ricerca. cori che riscuotevano calorosi applausi. Il buon rapporto tra militari e Rivolesi è docu- Il medioevo a Rivoli è durato fino al 1950

n’affermazione così perentoria può sem- dai muri di cinta perimetrali. Ubrare esagerata, ma il racconto di come si La tipologia edilizia tipica della corte comprende svolgeva la vita di tutti i giorni nelle nostre con- la casa d’abitazione delle famiglie dei contadini, trade ridimensiona l’apparente esagerazione e qualche volta la villa del proprietario, la stalla sor- rende più credibile il nostro medioevo. montata dal fienile ed un ampio portico ricavato I racconti seguenti sono stati scelti, fra tanti, per dalla estensione verso la corte del tetto del fienile. il significato emblematico dell’atmosfera nella Ci sono altre costruzioni minori, funzionali all’at- quale si sono svolti, ed anche per il loro valore tività agricola, che possono essere esterne al peri- retroattivo, nel senso che potrebbero collocarsi metro principale della corte come la porcilaia, il in epoche più lontane, data la lentezza del pro- pollaio, l’aia, la concimaia con la latrina domestica. gresso a Rivoli. L’acqua è attinta dal pozzo, niente energia elettri- ca. Le corti più ricche avevano la torre colombaia I tipi edilizi che sovrastava gli altri edifici ed era spesso deco- L’impianto architettonico delle nostre contrade è rata nel cornicione. Sotto l’edificio residenziale ci di tipo gotico, formato cioè da maniche abitabi- sono le cantine, coperte con una volta a botte in 21 li affiancate, con i muri laterali in comunione. Le muratura ed accessibili da scale in pietra o da am- case hanno un piano terreno per la zona giorno pie rampe per il passaggio delle attrezzature più ed un primo piano per la zona notte, raggiungi- ingombranti; qui si conservavano, oltre al vino, i bile con una scala in legno interna con il sotto- salumi e gli altri prodotti da stagionatura. I mate- tetto adibito a granaio o a legnaia. Il sottotetto riali da costruzione erano reperiti in loco ed era- ha piccole finestre senza serramento. Le facciate no il sasso per la muratura, raccolto nella bonifica principali prospettano sulla strada o su un cortile dei campi, la sabbia del luogo e la calce ricavata comune, il retro spesso su un piccolo orto con la dalle numerose “calcare” con forno a legna. I solai, latrina esterna. le travi e l’impiantito erano in legno di abete. Il Non c’è acqua potabile nè luce elettrica, l’unica tetto era coperto con coppi gialli della fornace di fonte di calore è il focolare. Nelle contrade abita- Porcino appoggiati su tavole in legno (sottopelle). no le famiglie dei salariati, degli operai e degli arti- I contorni delle aperture erano in pietra locale. giani. Le corti, circondate dai campi di pertinenza, Le pavimentazioni erano in terra battuta nei locali sono complessi edilizi isolati, chiusi dagli edifici e da lavoro, rivestiti con piastrelle di cotto nei loca- 22

Le Zuane, acquerello dell’autore li abitati del piano terreno, in acciottolato nelle battevano le suole sul sasso nero, quelle del fab- stalle. bro maniscalco e del falegname. Le donne di casa La produzione edilizia, a Rivoli, si interrompe cantavano mentre riassettavano le camere con le attorno al 1850 con la costruzione dei forti. Gli lenzuola appoggiate alle finestre. II fumo bianco spazi antistanti alle fortificazioni dovevano essere dei camini appena accesi si spandeva lento fra liberi da ogni ostacolo per ragioni militari. Ricor- le case. Nelle contrade e nelle corti rimanevano diamo che gli spazi davanti alle fortificazioni au- soltanto i bambini più piccoli e le donne che ini- striache di Verona furono liberati da ogni ostacolo ziavano le chiacchiere sulle previsioni del tempo, e denominati “la spianà” che ancor oggi conserva chiacchiere che proseguivano poi al lavatoio co- quel nome. munale. I rapporti di vicinato erano improntati Il divieto di nuove costruzioni, salvo rare eccezio- alla solidarietà ed al mutuo soccorso. Le donne di ni, durò fino a quando rimasero armati i forti e casa, specialmente le più giovani, potevano con- la polveriera, e vigeva anche il divieto di rappre- tare sui vicini per un pugno di sale, un uovo, una sentare su cartoline e carte topografiche gli inse- palettata di brace per lo scaldaletto. Per contro le diamenti militari, che non si potevano fotografare. donne più anziane erano disponibili per consigli, 23 Questo spiega il grande ritardo della ripresa edi- ricette per infusi e medicamenti, per la custodia lizia a Rivoli. dei più piccini e per l’assistenza agli ammalati. Fu una disgrazia? L’attività degli artigiani meriterebbe un racconto ad hoc, perché si tratta di mestieri ormai dimen- Lavoro e vita domestica ticati, non solo a Rivoli; è sufficiente ricordare Tutte le attività lavorative erano manuali eccetto che nella economia povera del nostro paese gli i lavori pesanti di aratura e di trasporto, nei quali artigiani, calzolaio, sarto, falegname, fabbro, erano si impiegavano gli animali. La manualità, nei cam- prevalentemente occupati nelle riparazioni per pi, nelle botteghe artigiane, ma anche nella vita prolungare a oltranza l’uso di ogni oggetto. domestica, raggiungeva livelli di eccellenza che si Un lavoro particolarmente pesante era quello del- esprimeva nel possesso della “regola d’arte” che la cava del marmo “la preàra”. significa “si fa così perché è il solo modo con- A Rivoli, in località Regano, si produceva il pie- veniente e giusto”. La vita nelle contrade inizia- trisco calcareo che veniva spedito con le barche va di buonora con le martellate dei calzolai, che sull’Adige. Nella Rocca si cavava il marmo bron- Alla fontana

piano, perennemente occupata, era mossa da una cordicella che scendeva attraverso il solaio fino al pedale, vicino al focolare, azionato dalla donna intenta a cucinare la polenta. Quando era tempo di acquisto delle calzature, il pater familias faceva un acquisto cumulativo al mercato di Caprino; rientrava con un sacco di zoccoli con tomaia alta (sgàlmare), lo rovesciava nell’ampia cucina e tutti i bambini annaspavano nel mucchio finchè trovavano la misura giusta: ce n’erano per tutti. Gli acquisti di tele e mercerie varie si facevano dal merciaio ambulante che, , pas- zetto, un marmo color ocra chiaro con una gra- sava col suo carretto, annunciato dal suono di una 24 na compatta e uniforme simile allo statuario di trombetta a corno. Il più antico merciaio ambu- Carrara. Ad Incanale si cavava un pregiato marmo lante, del quale si ha notizia, fu il Toli da Borghet- nero impiegato nelle pavimentazioni delle ville to, utilizzato da Napoleone come spia per saperne veneziane e nelle basiliche veronesi, e da ultimo di più sulla consistenza delle truppe Austriache, nell’ossario di Asiago. Alla sera il richiamo dei prima della battaglia. bambini per la cena era suonato con la paletta Le transazioni importanti, la paga degli operai, battuta sulla pietra del focolare, e poi a letto, per- avvenivano in piazza, sotto l’olmo, alla domenica ché “ariva i òmeni” che stanchi, non ammetteva- dopo le funzioni. I patti stipulati sotto l’olmo era- no disturbi. no solenni come alla presenza di un notaio. L’economia domestica era gestita dal “pater fami- lias”, che provvedeva agli acquisti, e prendeva le L’asilo infantile decisioni più importanti. L’asilo era formato da un’aula, un gabinetto e un La corte Campana, raccontava il Salvino, era abi- cortile. L’aula era uno stanzone sghembo con un tata da più fratelli sposati con prole per un to- pavimento in cemento e il soffitto altissimo e in- tale di 40 persone di ogni età. La culla, al primo clinato. C’erano due porte vetrate con uscio esterno e L’acqua era attinta alla fontana dalla maestra o da due finestre con inferriate e monachine interne. due bambini più grandicelli. Dall’aula si arrivava al “camerino” attraversando L’attività dell’asilo, classe unica, si svolgeva secon- un ripostiglio dove era stivato lo spartineve a trai- do l’andamento stagionale raggiungendo il massi- no animale. Il camerino era uno stanzino pensile mo livello di impegno, rumore, canti e recite con su una piccola fossa a cielo aperto. Il vento freddo l’avvicinarsi del saggio di fine anno. che saliva dal foro del pavimento lo rendeva inav- La nostra maestra era la signora Vìrginia che veni- vicinabile nei mesi invernali. va da Gazzoli a 5 km, ogni giorno con ogni tempo. L’arredamento dell’aula era costituito da banchet- Il marito Attilio, muratore, quando lavorava in ti a due posti, un tavolo, un credenzone, una la- zona, veniva a prenderla per rincasare assieme. At- vagna, attaccapanni alle parti e una stufa di mat- tilio aveva una mantellina grigioverde della gran- toni intonacati con alcune nicchie per riscaldare de guerra che non gli arrivava alle ginocchia; ne le colazioni. Appeso a un gancio a mensola c’era pizzicava i lembi formando, con le braccia aperte, un secchio d’acqua con un mestolo di alluminio. due ali a semicerchio e rivolto alla maestra diceva Molti non utilizzavano il mestolo per bere ma at- a voce alta “Virginia, amore mio!”. La maestra, 25 tingevano direttamente inclinando il secchio con ridendo come noi, ce lo indicava con la bacchet- il fondo pieno di briciole. ta “guardate bambini com’è brutto un uomo quando ha bevuto”. Nessuno ci credeva, nean- che Lei. Nella bella stagione si facevano le passeggiate, in fila per due verso il cimitero o nella strada fonda tra siepi alte fiorite e polverose; si evitava il centro abitato per non dare occasione di fuga verso casa ai più piccoli e per non mortificare i più grandi costretti in fila con i piccoli. Tutt’altra cosa erano le uscite per i funerali di bambini: ancora in fila per due, mano nella mano e nell’altra un mazzolino di fiori di stagione, canti- lenando orazioni al seguito di una portantina con Anno scolastico ‘38-’39 una cassetta bianca. re, vivo ancora adesso, sotto al quale si faceva il Il cortile era grande tre volte l’asilo, chiuso su due girotondo e, con la maestra distratta, si giocava a lati da alti muri, aperto verso il paese e la valle. Da dottore per i primi rudimenti di anatomia com- quest’ultima parte il panorama era incantevole. Si parata. vedeva l’Adige, la Rocca, il monte Pastello, la Val d’Adige e il Forte. Al mattino il vento era fortissi- Le scuole elementari mo e impediva di affacciarsi verso la valle. Blusa o maglione per i maschietti e grembiule Al passaggio dei treni, a Ceraino, sia che uscissero nero per le bambine; calzoncini corti per i bam- improvvisi dalla galleria verso Trento, sia che spa- bini e tutti con calze lunghe di lana durante l’in- rissero nella Chiusa verso Verona, la maestra into- verno. nava un canto che tutti eseguivano a squarciagola Cartella o borsa di stoffa a tracolla, con sillabario, stando aggrappati alla rete metallica. quaderno a quadretti, astuccio di legno con mati- ta, “fapunte” e gomma. Ecco il treno, lungo lungo Non erano allegri i bambini della prima classe, tut- 26 che percorre la città, ti in fila, spettinati dal vento, per andare alla messa lo sentite, lo vedete di inizio anno. L’atmosfera era quella delle proces- ecco il treno eccolo là. sioni per le “rogazioni” che si facevano in vista di Ha le ruote fa ciuf, ciuf, una incombente calamità. strada ferrata passa i vagoni Si capiva che stava per finire qualche cosa di bel- attenti signori a Verona si va lo: l’allegria, le coccole, la libertà. In fila, davanti alla porta dell’aula, in silenzio. Dalla finestra del Prima dell’inizio della seconda guerra, quest’ulti- vicino asilo, i compagni dell’anno scorso ci guar- mo verso fu sostituito così: davano divertiti e noi, muti, con gli occhi sgrana- ti. Si entrava in classe sfiorando la maestra, ferma attenti signori che a Roma si va sulla porta con il libri premuti sul petto. Sapeva di eia eia alalà! saponetta. Com’era grande l’aula! Conteneva due classi. Banchi grandi verniciati di grigio e nero, e si finiva tutti con battimani e gran risate. un calamaio di porcellana incastonato nel banco. L’unico albero del cortile era un cipresso secola- Alle pareti due grandi carte geografiche, un tavolo per l’insegnante, una lavagna girevole e una lunga con bandierine tricolori il passaggio del treno che canna minacciosa appoggiata al muro. trasportava Mussolini al Brennero per incontrare Nella parete opposta c’era una grande stufa a Hitler. palchi di ceramica rossa, con la scritta in rilievo Nel paese tutte le facciate ad est delle case, visibili “Becchi-Forlì”. Appena entrati si avvertiva un forte da Ceraino, furono imbiancate e rimossi tutti gli odore di inchiostro e polvere sollevata dal pavi- elementi che potessero deprimere il paesaggio, mento in legno spruzzato con acqua. furono issati pennoni con bandiere per occultare Seduti, composti, mani sul banco, silenzio: l’appel- legnaie e pollai, si consumarono così le prime bu- lo. gie del regime... Quasi tutti sentivano il proprio cognome per la La vita scolastica a Rivoli scorreva come nei paesi prima volta. vicini, a meno di certe intemperanze selvagge che Uno della seconda dà di gomito al compagno di la rendevano unica. banco sottovoce “te se ti! sèto’nsemenì? mètete Qualcuno, dalle contrade più lontane, portava in en piè e siga presente!”. Nessuno poteva imma- classe mazzi di bisce e serpentelli per liberarli ginare che Giuseppe Vicentini, in italiano, volesse furtivamente tra i banchi, con esiti immaginabili. 27 dire “Bepi”. Altri mettevano nel calamaio dei sassolini di car- Dopo mesi di aste, si affrontavano lettere, numeri buro, rubato ai padri minatori, sprigionando una e poi sillabe e parole. Soltanto negli anni successi- inarrestabile montagna di schiuma azzurra. vi si arrivava a “leggere e far di conto”. Altri attentavano alla bicicletta della maestra con Le bambine familiarizzavano prima con le inse- filari di spine attraverso la strada, fuori dall’abitato. gnanti, i maschietti preferivano l’autorità senza Spesso alla fine delle lezioni si costituivano ban- compromessi dei maestri. de che ingaggiavano sassaiole e liti con gli scolari Durante la guerra, non c’erano più maestri, tutti più lontani. al fronte, in quinta la nostra insegnante era una L’educazione fisica era praticata come discipli- anziana e dolce crocerossina marchigiana (si chia- na militare: marce, corse ed esercizi con bastoni mava Cioppi) con un pastrano grigioverde ed una colorati che simulavano il moschetto, in prepara- grande croce rossa cucita sul petto. zione del saggio di fine anno. Terminate le classi Nel 1940, all’inizio dell’anno scolastico, le scolare- elementari, chi poteva proseguire gli studi dove- sche furono inviate fino a Ceraino per applaudire va recarsi a Caprino per frequentare le “medie” e dopo queste, per continuare, doveva recarsi a Ve- siche. Ricordo l’arrivo di una corsa in bicicletta rona. Il mezzo di trasporto più vicino era il treno dove i corridori sbiancavano dalla fatica, tanto era delle Ferrovie dello Stato. Sveglia alle 5 e mezza, stato l’impegno fisico nella gara, e il medico, che traghettare l’Adige con la barca e a passo svelto era anche segretario del P.N.F., li tranquillizzava fino alla stazione di Ceraino. Alle 7 erano a Porta massaggiandoli. Nuova confusi tra le centinaia di studenti venuti Le stesse energie esuberanti i giovani le avrebbe- dalla provincia. ro spese di lì a pochi mesi su tutti i fronti.

Premilitari Gli storici dicono che il sole del medioevo è tra- Immediatamente prima della guerra e fino al 1941 montato dietro al torchio di Gutenberg a Magon- i giovani erano reclutati nelle formazioni dei gio- za nel 1450. A Rivoli il medioevo è finito quando vani fascisti e dei premilitari. Le pratiche ginniche nelle strade si sono sentiti gli scoppiettanti moto- e sportive (tamburello, calcio, corsa campestre e ri delle Vespe, delle Lambrette e delle prime Fiat corsa in bicicletta) si trasformarono in vere e pro- 600. Nelle cucine sono entrati i fornelli con la 28 prie esercitazioni militari (adunate, addestramen- bombola del gas liquido; nel paese sono stati in- to formale, regolamenti e pratica con le armi). In stallati i rubinetti d’acqua con il nuovo acque- tutte le pratiche sportive o premilitari i giovani dotto, liberando i paesani dal servizio di attinge- si impegnavano al massimo delle loro capacità fi- re alle fontane. Sul focolare si bruciarono le gerle ricurve e poi con la mazza si fecero a pezzi le pietre del focolare presi da un incontenibile ec- cesso di ira liberatoria: era il 1950 mezzo millen- nio esatto dopo Magonza.

Sabato fascista davanti alla cooperativa di consumo: eser- citazione ginnica sullo sfondo del tricolore con stemma sabaudo e i ritratti del Re e di Mussolini La vita religiosa

a nostra parrocchia nacque nel L1539, prima del Concilio di Trento (1545-1563). Il primo parroco fu don Giorgio Dalle Lettere. Inizialmente la chiesa parrocchiale era nell’attuale oratorio, accostata, con la facciata sud, al piccolo cimitero che sarà dismesso nei primi anni del 1800 in seguito alle leggi napoleoniche, e trasferito nell’at- tuale posizione. I più anziani tra noi ricordano com’era disviso l’attuale cimitero: a nord il piccolo campo per i bambini, al centro quello per i resi- denti, e a sud, oltre una piccola siepe di bosso, il cimitero militare, a riprova 29 dell’alta mortalità infantile da un lato, e dei tragici eventi bellici nell’epoca risorgimentale, dall’altro. La chiesa definitiva fu inaugurata nel 1766 mentre era parroco don Nicola Campostrini. La decorazione attuale, ormai bisognosa di rinnovo, fu esegui- ta ne1 1925. Il campanile accostato alla chiesa era accessibile, come adesso, dal locale op- posto alla sagrestia, adibito ad aula di catechismo e ripostiglio degli addobbi più voluminosi. Il campanile, alto 34 metri, costruito in muratura e pietra,

Rivoli, la chiesa parrocchiale è chiuso da due volte a padiglione, al primo pia- pane con la bocca all’insù (alle dritte), silenzio, si no e sotto la cella campanaria. I solai intermedi parte. sono tutti in legno. La cella campanaria, in pietra, Il capo coro chiamava le campane e dava il tempo: ospita un concerto di cinque campane, è sormon- terza, seconda, terza, grossa; terza, seconda, terza, tata da un tamburo ottagonale in pietra a sua volta quarta; terza seconda piccola, grossa e via così. Poi coperto da una cipolla in rame. All’ultimo piano, campane accoppiate fino alla scala finale. dai primi anni del 1800, c’era l’orologio mosso da Le campane restavano silenziose con le corde le- contrappesi di pietra con autonomia bigiornalie- gate fra loro il Giovedì ed il Venerdì Santo fino al ra. L’orologio batteva soltanto le ore. mattino del Sabato. Nei tre giorni della Passione si Il campanile, per le sue dimensioni e proporzioni andava per il paese con le raganelle (racole) per è bellissimo, il più bello di tutta la Vicaria. segnalare le prossime funzioni. Le campane intrattenevano un dialogo costante I parrocchiani vivevano la loro religiosità con po- con tutti i paesani dall’Ave Maria del mattino a chi ma sobri principi morali e nessuna bigotte- quella della sera. ria. I più assidui frequentatori della chiesa erano i 30 Dopo il segno del mattino “la grossa” dava il bol- bambini, le donne ed i contadini. lettino meteorologico; un botto significava sere- C’era l’Associazione delle Figlie di Maria con una no, due nuvoloso, tre piove, quattro nevica; que- bandiera azzurra ricamata, indossavano una stola sto era il segnale più atteso dai bambini che li fa- azzurra a tracolla. ceva sobbalzare dal letto; cinque temporale grave; C’era la confraternita del Santissimo che aveva campana a martello: incendio. I segni per i decessi uno stendardo rosso con la scritta “Rivole”; forse usavano campane diverse: grossa per uomo, quar- l’attuale “Riole” potrebbe derivare da li, con la eli- ta per la donna, piccola per i bambini. sione della “v”, all’usanza della vicina Valpolicella. C’erano poi i concerti campanari per le festività I confratelli indossavano un camice bianco stretto solenni. I suonatori suonavano dal 1° piano del in vita da un cordone ed una mantellina rossa; pre- campanile, seguiti spesso dai bambini rannicchia- senziavano alle funzioni solenni e alle processioni ti sotto alla scala (non sotto ai pesi dell’orologio portando la croce, il baldacchino e l’ombrellino che se cadono ti uccidono; che potessero cadere con il manico a collo d’oca per l’ostensorio del lo diceva il pavimento lì massacrato), un fiasco di Santissimo o per le reliquie del Santo festeggiato. vino nella nicchia, la finestra aperta, tutte le cam- Il compenso dei confratelli, previsto dalla regola, atteso con il massimo ritardo, consisteva nel fune- Napoleone per leggere le carte topografiche del- rale e la cassa da morto: gratis. lo Joubert prima della ricognizione notturna sul I parroci venivano sepolti nella fossa sotto alla campo di battaglia (alle 02 del 14 gennaio 1797). corsia centrale della chiesa. Nell’aula di accesso al In chiesa, quella notte, c’era il Parroco don Cam- campanile era custodito anche il catafalco; questo postrini, intabarrato, a implorare pietà per i suoi era uno scatolone da 3xl,50xl,20 m componibi- parrocchiani. le con sponde e coperchio di legno decorati; si Il catechismo, quello di Pio X, era impartito montava al centro della chiesa. Per i funerali si nell’ora di religione domenicale durante le fun- appoggiava il feretro sul catafalco e lo si ricopriva zioni pomeridiane ma soprattutto, con maggior con un drappo nero ricamato, agli angoli quattro efficacia, in casa, dalle nonne e dalle mamme, con candelieri neri. L’officiante girava attorno al cata- recita quotidiana delle orazioni. Le nonne attinge- falco con l’aspersorio e con il turibolo, si udiva il vano anche dal messalino delle “massime eterne” rumore delle catenelle sbattute fra loro e l’inten- che non tralasciavano mai. so odore di incenso; poi intonava “in paradiso I bambini arrivavano alla prima Confessione e Co- deducan te angeli” con quel che segue. Il canto, munione a otto anni; la prima comunione si face- 31 solenne e stentoreo, con le invocazioni e le aspet- va di buon mattino, digiuni dalla mezzanotte, poi tative della fede, rendeva meno triste il commiato tutti nell’oratorio per una speciale colazione con dal caro estinto. cioccolata calda e un dolce (la spongà). Per gli uffici dei defunti si metteva sul catafalco Per le cresime, raramente il Vescovo veniva a Rivo- un feretro finto di legno nero, che si usava anche li e allora si raggiungeva con il padrino (guàsso) per gli ufficetti (commemorazione più economi- un paese vicino dove si riunivano i cresimandi di ca) posto a terra, in prossimità della balaustra che più parrocchie. separava la chiesa plebana dal presbiterio. I più anziani ricordavano la visita pastorale del Ve- Sempre a proposito di catafalco, i più anziani ri- scovo al quale nell’omelia scappò di dire che “in cordavano ancora l’eccezionale e imponente paradiso non si va in carrozza”. A quella povera catafalco allestito nel luglio del 1900 per com- gente sfuggì un commento: “ma Lu a Riole l’è memorare re Umberto I di Savoia, assassinato a vegnù en carosa... Monza. Dicono anche che il pianale del catafalco Le festività più solenni concludevano la proces- appoggiato sui banchi della chiesa, sia servito a sione; ne possiamo ricordare alcune: - Il Venerdì Santo, dopo la predica-requisitoria gri- sfera nel buio era ancora più lugubre, con le teste data dal predicatore foresto, si usciva in proces- ed i quarti di bue appesi ai ganci della macelleria sione intorno al monumento o fino alla croce alla sul fondale bianco di una tovaglia e il canto reite- polveriera. Il vento spegneva subito le candele dei rato per tutto il percorso di “e viva la Croce”. confratelli e dei fedeli, resistevano quelle dei pal- - Il Corpus Domini, in maggio, si festeggiava con loncini a fisarmonica esposti alle finestre. L’atmo- la messa solenne e la processione del mattino. Tut- ti i bambini portavano un cestino colmo di petali di fiori da spargere durante il solito percorso. C’era chi vuotava il cestino nei primi tren- ta metri e chi riusciva a dosare lo spargimento per l’intero percorso. Il vento spazzava tutto. - S. Isidoro Agricola patrono in se- 32 conda con il titolare S. Giovanni Battista si festeggiava alla quarta domenica di luglio. La statuina del santo, con i buoi e l’aratro, com’è rappresentato nella bella pala dell’Ugolini in chiesa, veniva orna- ta con grappoli di uva lugliana e gambi di granoturco. I confratelli portavano in processione il santo con la partecipazione massiccia e devota dei parrocchiani. Le campa- ne suonavano a stormo: era la sagra. Dopo le funzioni iniziavano i gio- chi: l’albero della cuccagna, la corsa nei sacchi, la rottura delle pignatte Contrada Castello, acquerello dell’autore e qualche volta la corsa con gli asini cavalcati a strina e del “verticale” (un pianoforte con i tasti pelo. Tutto avveniva tra l’ilarità generale mentre i mossi da schede forate avvolte su un rullo, un pò più piccoli leccavano un bastoncino di liquirizia carillon e nonno del juke-box). La balera non era acquistato all’unico banchetto di dolci e trombet- gradita alla Chiesa e il parroco tralasciò la benedi- te della Palma. zione pasquale della casa. Dopo iL’22 ci fu, al mo- Le solennità religiose ed anche civili erano rav- numento ai caduti, la cerimonia per l’inaugurazio- vivate dal coro parrocchiale. Il primo coro di cui ne delle insegne del costituito Partito Nazionale si ha notizia diretta fu organizzato negli anni’20 Fascista. Il sagrestano, aderente alla neonata for- dal curato don Marsilio, mentre era parroco don mazione politica, attese inutilmente, col secchiel- Girolamo Vicentini (1902-’35). lo dell’acqua santa in mano, l’arrivo del parroco Anche allora, come nelle formazioni successive, per la benedizione dei gagliardetti ed allora disse: fino ai nostri giorni, i cognomi più ricorrenti nel “In mancanza di prete dò io la benedizione” e la coro erano Pachera e Testi animati da una spic- riunione fu sciolta. cata passione musicale. Qualcuno ricorda ancora Nel 1940 arrivò a Rivoli don Ernesto Mori (1940- l’inizio di una lirica composta dal curato che in- ’66), che era stato cappellano nella prima guerra 33 neggiava alle bellezze di Rivoli così: mondiale e curato nella chiesa cittadina di S. Nico- lò. L’ingresso solenne del nuovo parroco fu festeg- “ fra Castello Vigo e Villa giato soltanto il 27 ottobre 1946. In quell’occasio- e tra Fifaro e Zuane ne fu data alle stampe la prima storia di Rivoli a non son nomi di Sibilla cura di Pino Negri e Gino Filippini. Uno scultore, son parole son romane!” incaricato di modellare un busto di S. Giovanni Bosco, aveva chiesto a don Ernesto di posare per Capitava che i coristi, prima della messa cantata, lui, tanta era la somiglianza con Don Bosco, e del prendessero un bicchiere di vino bianco ed un’ac- Santo non aveva soltanto la somiglianza fisica ma ciuga salata, per migliorare la resa vocale. anche il tratto spirituale. Fin dall’inizio del suo Il curato era anche insegnante elementare, severo magistero a Rivoli Don Ernesto ricercò l’aggrega- ma molto amato dai suoi discepoli. Il parroco era zione dei più giovani con diverse iniziative e con apprezzato per il suo equilibrio ed intransigenza. le opere di carità verso i più poveri e bisognosi, A Porton, si ballava al suono di qualche orche- dando loro il conforto spirituale e tutto ciò che 34

Contrada Villa, acquerello dell’autore aveva, nel più limpido vissuto evangelico. to, colpa dell’incomprensibile latino che toglieva Aveva portato a Rivoli una lanterna magica con l’attenzione e si prestava a improvvisate storpia- cui proiettava cartoline delle missioni commen- ture nelle risposte dei fedeli all’officiante. tandole; organizzò poi il coro, le filodrammatiche Una per tutte: “ora pro nobis sancta Dei Gene- femminile e maschile, con la cooperazione del co- trix” cantava il sacerdote prima della benedizione, lonnello Fabbroni. e a Incanale una parrocchiana devota rispondeva Per i primi pellegrinaggi si usavano i mezzi abban- convinta “o che siamo o che non siamo ciclisti” donati dalle truppe in ritirata, alla fine della guer- in luogo del corretto “ut digne efficiamur pro- ra. C’era una corriera lunghissima per i viaggi più missionibus Christi”. Capitava spesso, al solito impegnativi fino al Lago Maggiore, ma dopo qual- gruppo di monelli, di salire furtivamente sul cam- che mese il legittimo proprietario toscano venne panile fino alla cella campanaria per presenziare a riprendersela. C’era un OM Taurus che, equipag- al suono delle ore o ispezionare il sottotetto sulla giato con balle di paglia per sedili, raggiungeva i volta della chiesa, fra capriate e pipistrelli e anco- santuari più vicini come la Madonna della Corona ra avventurarsi, carponi, sul cornicione all’interno e del Frassino. Non è chiaro se, in queste gite, pre- della chiesa, ed infine abbandonare il campanile 35 valesse lo spirito religioso o quello profano, certa- calandosi dal primo piano con una corda delle mente sprizzavano felicità. campane. Le comitive cantavano a squarciagola tante canzo- Il parroco preoccupato dei pericoli che i ragazzi- ni ma la più ricorrente diceva così: ni correvano, un giorno, annodò al piano terreno, le corde delle campane impedendo la fuga dal pri- “Se volì saèr ci sèn mo piano; dovettero uscire dall’unica porta da lui da che paese sèn presidiata al piano terra. Aveva in mano la chiave la squadra l’è da Riole del campanile lunga 20 centimetri e la picchiava paura no ghè n’è!” in testa ad ogni passante sillabando a denti stretti “bir- ban-te”! Una dichiarazione di identità così minacciosa oggi Le commedie interpretate dalla filodrammatica la sentiamo solo nelle curve degli stadi. nel cortile della canonica erano il divertimento Durante le celebrazioni religiose, tranne durante massimo, se si escludevano le zaffate maleodoran- la predica, in chiesa c’era un brusio generalizza- ti di una vicina porcilaia portate a tratti dall’aria serale. C’erano le coppiette del “primo amore” tramontana, chi le roccette ed il ghiaino per le che amavano stringersi, finchè il frullo della lunga stradine, chi i sacchi da cemento, dei cantieri del canna di don Ernesto imponeva loro di ricompor- canale, per i fondali e le montagne. si. Il Parroco preparava il pianale sistemando le tavo- In una scena della commedia comparve un dia- le di legno sui banchi dell’oratorio, usava velari az- volo in calzamaglia rossa, corna e coda. Tutti rico- zurri per il cielo, e spruzzava di calce le montagne nobbero l’interprete del diavolo e ci fu una fra- per la neve, fatte di carta stropicciata. Il presepio gorosa lunga risata, uno spettatore infastidito da finiva quando il Parroco con la cotta sbrindellata tanto chiasso sbottò: “Ignoranti l’ì mai visto?”. e sporca di colori raggiungeva, carponi, la grotta Il ricordo più dolce di quel periodo è quello del- reggendo in mano il Bambinello al quale dava un la preparazione del presepio con i bambini. Chi lungo bacio a labbra serrate sporte in avanti pri- portava cesti di muschio raccolto dalle rocce a ma di deporlo nella mangiatoia.

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Contrada Fifaro, acquerello dell’autore Passatempi, storie e giochi

L’osteria del Tigrè conquistando Adua e Macallè ma poi, nel ell’osteria si trovava tutto ciò che oggi ritro- 1896, i nostri subirono una pesante sconfitta dai Nviamo in tanti ambienti specializzati: bar, cir- guerrieri abissini guidati dal Negus Menelik. colo ricreativo, sala giochi, dibattiti, ricordi, politi- Gasparo ripeteva con chiarezza tutti i nomi tron- ca, canto, ecc. chi di quei posti, descriveva i paesaggi e ricordava Le osterie erano frequentate specialmente nelle i nomi dei comandanti e, anche dopo tanti anni, serate, negli orari extralavoro, e nelle domeniche quando la rabbia era sbollita, concludeva con il pomeriggio. I giochi più diffusi erano il tresette, suo solito intercalare: “porca la leor”. la briscola ed anche il gioco proibito della mor- Dai ricordi della prima guerra mondiale scegliamo ra. Gli argomenti normali, oltre al pettegolezzo di quello dell’Alpino Battista dal Pret, da Perara. Era paese, riguardavano l’attualità come l’andamento il luglio del 1916 e Battista combatteva sul monte meteorologico e stagionale, le previsioni sui rac- Corno in Vallarsa; scendeva da un ghiaione, con il colti, il lavoro e la politica. suo reparto, quando furono fermati dal crepitio Dopo la guerra i temi più ricorrenti erano i rac- di una mitragliatrice e lì furono catturati dagli Au- conti dei reduci sulle esperienze dei fronti e delle striaci. Con il Battista furono presi i suoi coman- 37 prigionie. E’ impossibile sintetizzare l’atmosfera danti Cesare Battisti e Fabio Filzi, le due massime dell’osteria, testimone dell’animo del paese, in figure dell’irredentismo Trentino. Il capitano Bat- così lunghi periodi storici e in situazioni diverse, tisti ed il tenente Filzi furono portati a Trento, pro- e allora è preferibile riferire alcuni racconti em- cessati e due giorni dopo giustiziati nella fossa del blematici, scelti fra molti, che meritano di non es- Castello del Buon Consiglio. Il Battista fu mandato sere dimenticati. prigioniero, in Galizia, all’estremo nord dell’Impe- Il racconto più remoto è quello di Gasparre Pa- ro Austroungarico e là rimase fino alla fine della chera (Gasparo) sulla spedizione in Africa nel guerra. Oggi il monte Corno della Vallarsa si chia- 1895. Il governo Crispi, nel tentativo di distrarre ma Corno Battisti. l’opinione pubblica dalle difficoltà interne, pro- I racconti della seconda guerra mondiale sono mosse una spedizione in Africa per conquistare così numerosi che diventa impossibile riferirli l’Eritrea. Gasparo, alpino, con scarponi e abiti di senza incorrere nella spiacevole situazione di far panno grigioverde, partì al comando del gen. Ba- torto ai moltissimi reduci. Ne accenniamo soltan- rattieri. Penetrarono con successo nell’altopiano to alcuni. 38

Corte Campana, pastello dell’autore Battaglia di Nikolajewka. Le truppe alpine della lui la raccontava così: “Gheto presente come ven Tridentina erano circondate da imponenti forze fora i mòcoli da la machina che sgrana le pano- russe e sarebbe finita nel peggiore dei modi se ce? Eco così le bombe a man da la me trincea!”. non ci fosse stata l’eroica iniziativa dei battaglio- Per quell’azione fu decorato al valor militare. ni Val Chiese, Verona, Vestone che ruppero l’ac- Nell’osteria però non si facevano soltanto raccon- cerchiamento con eroismo, su quel costone che ti di guerra. scendeva verso il paese: così aprirono la via del Umberto e Angelo (Umberto detto Tasso e Angelo ritorno in Patria. detto Bolpe) erano due anziani cacciatori di frodo Il ritorno non fu agevole, gli avvenimenti della se- che progettarono un giorno di catturare una vol- conda metà del’43 obbligarono molti alpini, giun- pe viva. Avrebbero fatto come altri, che portavano ti al Brennero in tradotte, a proseguire fino a casa la volpe in gabbia nelle corti, dove l’animale ave- a piedi percorrendo tutte le creste delle monta- va devastato i pollai, per ricevere un compenso gne in destra Isarco e Adige fino alle ultime del in natura. Il Tasso si spinse strisciando nella tana Baldo. Tra questi alpini era il nostro Luigi Falghera della volpe per sistemare le tagliole. Vide nel buio dai Sabbioni. della tana due luci rosse immobili; erano gli occhi 39 Eugenio, nostro sagrestano per tanti anni, era sta- della volpe. Cercò di uscire più in fretta che po- to sostituito dal fratello Luigi soltanto durante la tesse chiedendo al Bolpe di tirarlo per le gambe. prigionia in Germania. Eugenio, oggi ultranovan- La giacca gli si arricciò sulle pareti della tana ral- tenne, racconta di un bombardamento a Berlino lentando la ritirata. Finalmente uscì e lo scampato che lo aveva sepolto per due giorni in uno scanti- pericolo, per quella volta, gli bastò. nato sotto le macerie e conclude: “I ma tirà fora Alfonso (Cocio) era minatore emigrante all’estero parché ghera anca todeschi, se no saria ancora e in Italia, i suoi racconti erano divertentissimi, là soto”. iniziava sempre domandando all’ascoltatore se Castulo da Vigo spesso sfotteva gli alpini nostrani anche lui era stato là. “Seto stà ti a Lucerna?”. reclutati in massa, mentre lui vantava l’apparte- Là un giorno fu ripreso da due gendarmi per nenza al corpo dei granatieri: “A Riole i è tuti al- schiamazzi, e lui li portò fuori e li immerse con la pini, granatieri solo du, mi e el Corazza”. testa nella fontana che c’è al di là del bellissimo Anche Castulo partì per la Russia sul Don dove ponte in legno coperto. Due giorni dopo aveva il fu protagonista di una disperata azione militare; foglio di via per il rimpatrio coatto. “Seto stà ti a Porto Recanati?”. L’Argenide, avve- faccia, incollandogli naso labbra e mento. “L’era nente figliola, stava stirando con il ferro a carbo- tremenda l’Argenide!”. nella. Il Cocio le si avvicinò, da dietro, in silenzio, “Ricòrdete! Bon laoro, boni paroni e acqua per un complimento... non gradito. L’Argenide si bona, mai catè”. Spiccioli di saggezza. girò e gli appoggiò con forza il ferro da stiro sulla C’era Enrico (Richetto dalle Zuane) un lavora- tore che quando era brillo, ovunque si trovasse, fingeva di telefonare alle massime autorità del suo partito per raccontare le sue disavventure ed esporre i suoi problemi. “Pronto Saragat?”. E più tardi: “Pronto Craxi?”. Alla fine del colloquio, con una mano all’orecchio e l’altra a pugno sulla bocca per microfono, con- cludeva sempre con la stessa espressione: “par- ché el laoro l’è massa e la paga l’è bassa”. 40 C’era il Salvino che raccontava anche le barzellet- te suscitando le risate di tutti. La più antica era questa. Un padre rimprovera il fi- glio per le frequenti uscite per incontrare la fidan- zata. “Son sta zòeno anca mi, ma tute le sere che fa Dio...” e il figlio in tono giustificativo:“Discorì u bupà parché ghi la mama”. Quando nell’osteria diventavano scon- venienti o licenziosi alla presenza di minori c’era sempre un anziano che a voce alta diceva: “Ghe la finanza!” e i toni cambiavano immediatamente.

L’osteria normalmente non era frequentata da donne specialmente in presenza di uomini. C’era la Maria da Campana che portava al pasco-

Fulvio Testi, sindaco di Rivoli dal 1946 al 1951 lo la mucca, unica sua ricchezza, lungo le siepi Già prima della seconda guerra, con i lavori da polverose del paese. La Maria entrava nell’osteria mina era procurarsi sassolini di carburo. Si al mattino, si accomodava nel locale dove non faceva una piccola nicchia per terra, tutti accuc- c’era nessuno, e consumava un quartino di vino in ciati si sputava lì, poi si metteva qualche pezzetto silenzio. Aveva un fazzoletto nero stretto sul viso di carburo, lo si copriva con un barattolo di latta annodato nella nuca, un portamento eretto, carna- capovolto, con un foro nel fondo, si rincalzava con gione scura, occhi neri, da giovane doveva essere la terra il bordo del barattolo per non disperdere stata molto bella. Beveva a piccoli sorsi e si puliva il gas e dopo un po’ si sfiorava il foro del barattolo la bocca, dove convergevano le profonde rughe, con una carta accesa fissata su una bacchetta. Il con l’indice, con una mossa lenta; guardava fisso barattolo si innalzava fino a 10 o 20 metri con un la parete di fronte come se vedesse oltre. Sappia- botto fragoroso. La variante a questo gioco consi- mo cosa vedeva: i suoi due figli alpini dispersi in steva nell’usare quantità maggiori di carburo, un Russia. barattolo più grande, con dentro della paglia per trattenere il gas e poi farlo detonare tenendo il ba- I giochi rattolo orizzontale, con le mani scostate dal cor- 41 Il gioco, oggi lo sanno tutti, è l’attività formativa po: il botto e la meraviglia erano ancora maggiori. più importante per la crescita del bambino Venne la guerra, i soldati, i lavori nelle gallerie per A Rivoli i giochi erano considerati un perditempo, il canale Biffis, e per tutti i ragazzi divenne più che sottraevano forze per i servizi, anche modesti facile procurarsi micce, polvere nera, detonatori, come accudire agli animali domestici, raccoglie- tritolo, balistite, munizioni e armi. re la legna, attingere acqua con i secchielli. Ma i Mai detonatori vicini al tritolo! Normalmente bambini vincono in fantasia e sanno trasformare questo veniva bruciato in gran quantità. Sentiamo in gioco ogni momento libero dalla sorveglianza ancora il bruciore negli occhi e il pizzicorino in dei grandi. gola del fumo denso, nero e giallo, del tritolo. A Rivoli i giochi tollerati dai grandi erano quelli I detonanti si facevano esplodere sistemandoli su che si praticavano ovunque, nello stesso periodo, una pietra e colpendoli con un sasso lasciato ca- e quindi irrilevanti per la nostra storia. dere sulla verticale da un paio di metri. Avevamo I giochi che attraevano di più erano quelli vietati un fucile, un Mauser tedesco, senza calcio e senza e soprattutto pericolosi, ma erano i più praticati. otturatore. Per esplodere un colpo, anche senza pallottola, bisognava sostituire il percussore con longitudinale. Tutte e tre le pezzature, se accese, un chiodo battuto con un sasso. Un giorno con bruciavano rapidamente; liberate si muovevano a questo gioco si ferì alla guancia l’Aldo colpito dal reazione fischiando, con una coda di scintille, il rinculo del bossolo esploso. loro percorso era imprevedibile e proprio in que- Una domenica pomeriggio si giocava, come sem- sto consisteva il gioco, pericoloso ma divertente. pre, con le munizioni, sentimmo un’ esplosione, Un quadrettino acceso, una sera, mi si attaccò ad il Bepi si era ferito al palmo della mano sinistra. una palpebra. Tornato a casa si accorsero subito A passo svelto, tutti assieme, raggiungemmo il della ferita; dissi che mi ero impigliato in un filo medico condotto nella sua abitazione in Corte spinato, per avere una medicazione piuttosto che Simeoni. Seduto sulla porta esterna del tinello il una scarica di botte. Lanciavamo la balistite acce- medico indagava sulla causa dell’infortunio con sa nel gruppo di ragazze all’uscita del fioretto di il suo accento vicentino, tutti noi zitti e il Bepi in maggio seminando panico tra grida di spavento. piedi serio rispondeva solo con monosillabi si, no. La quantità maggiore di balistite si trovava nei Si vedeva nel tinello il fianco nero di un pianofor- proietti del carro armato “Tigre” abbandonato dai 42 te e lì vicino il tavolinetto bianco con le attrez- Tedeschi nei “sabbioni”. Bastava battere, sui cingo- zature mediche. Dopo aver pennellato abbondan- li del carrarmato, il proietto per allentare la morsa temente la mano con tintura di iodio il dottore del bossolo di ottone, poi si sfilava il proietto e lo iniziò a cucire la ferita con un ago ricurvo come si riponeva delicatamente lontano, si toglieva il la lesina del calzolaio. Niente anestetico, il Bepi mazzo di balistite e da ultimo si faceva esplodere zitto e serio, noi bianchi di spavento. L’ago infos- il detonatore tenendo il bossolo tra le ginocchia e sava la pelle prima di forarla perché il Bepi aveva colpendolo con un chiodo. Il vaso di ottone così già la pelle indurita dal lavoro nei campi. Alla fine ottenuto era un ambito reperto da usare come dell’intervento il Bepi con la mano abbondante- soprammobile. Ispezionare il carro, girare la tor- mente fasciata, il braccio al collo e noi tutti intor- retta, aprire e chiudere gli sportelli era il nostro no a parlottare, orgogliosi del’amico intrepido, ci passatempo preferito fino a scalzare la ralla della avviammo verso casa. torretta per togliere le sfere da tre centimetri di La balistite ricavata dallo scaricamento dei proietti diametro. Quante testate negli spigoli vivi di quel era reperibile in tre forme: a quadrettini, a stecche carro, finchè fu tagliato a pezzi, portati via da una come fettuccine e a cilindri con un piccolo foro ditta autorizzata ai recuperi bellici. I bagni famiglia che aveva la facciata nel cimitero ed il Tra i giovani di Rivoli c’è sempre stato un grande corpo della tomba nel brolo. Il tetto in cemen- timore di bagnarsi nell’Adige, e ce n’ erano validi to sopravanzava il terreno del campo di circa un motivi. Nel 1932 due giovani compaesani si accin- metro. Sul cemento lisciato disegnavamo la “trea” gevano a bagnarsi dalla sponda destra dell’Adige con un coccio di laterizio e giocavamo a “merler”, alla “moia”. Aldo Partelli fu catturato da un gorgo ci si stava al massimo in otto-dieci. e gridando chiese aiuto all’amico Carlo Villa, an- A nessuno di noi è mai capitato di pensare che il cora sulla riva. Carlo, pur non sapendo nuotare, nostro comportamento fosse irriverente del luo- si lanciò per soccorrere l’amico ma entrambi pe- go . rirono nei gorghi del fiume. Per quel gesto gene- Capitava invece che il Valentino (Valento) nonno roso Carlo Villa fu decorato alla memoria con la dei nostri amici mezzadri del fondo, ci portasse medaglia d’oro al valore civile. via i vestiti che stendevamo su un filare di viti, Nel 1945 anche Italo Arduini, appena tornato dal- mentre stavamo facendo il bagno o asciugando- la prigionia oltremare, trovò la morte nello stesso ci al sole. Cominciava allora una lunga e penosa punto dell’Adige e nello stesso giorno 15 agosto. trattativa con il Valento che si concludeva con il 43 Quell’ansa del fiume era così pericolosa che, chi prezzo di mezzo litro di vino. per scherzo minacciava il suicidio (soprattutto le donne) diceva “vago a la moia”. Ciò premesso Il motocarro per tutti noi ragazzini non restava che il “vascon Durante la seconda guerra, la famiglia dei fornai dei Tordèle” per cercare refrigerio e svago d’esta- Partelli aveva un motocarro. Quando i fratelli più te. Era una vasca larga circa 4 metri e lunga 10 e giovani Aldo e Marino riuscivano ad usarlo all’in- profonda un metro e mezzo circa, riempita d’ac- fuori degli impegni del loro lavoro, diventava il qua pompata dal vicino pozzo. La vasca era nel giocattolo più ambito per tutta la ciurma di ra- vertice sud-ovest del brolo, nel punto più alto, per gazzini della piazza. Bastava procurarsi un fiasco irrigare tutto il fondo per scorrimento. Lì tutti ab- di benzina. L’avviamento era a spinta e poi tutti biamo imparato, autodidatti, a nuotare, a tuffarci e aggrappati alle sponde si completava in un atti- a resistere più a lungo in apnea. mo il carico rovesciandoci nel cassone. Un giorno Ci asciugavamo e prendevamo il sole sostando l’avviamento fu particolarmente oneroso, dovem- sulla terrazzetta di copertura di una tomba di mo spingerlo in discesa fino a Regano, un chilo- 44

La contrada Vigo (vista dalla croce), acquerello dell’autore metro dalla piazza; già pensavamo alla disgrazia to. Infatti Aldo, già malridotto, avrebbe sorriso del- di spingerlo in salita per il ritorno, quando si mise le sue ferite se avesse saputo cosa l’aspettava al in moto; un miracolo. Risalimmo la strada a tutto suo rientro a casa. gas, arrivati a Castello, nella curva secca verso le Umberto dopo una settimana lamentava un forte Zuane la ruota destra si sollevò e percorse il muro dolore e un gonfiore alla nuca, si fece vedere da che stavamo evitando, mentre tutti i trasportati un’amica vicina di casa che lo medicò e gli cavò premevano sul muro con le mani in rapidissima con le pinzette una scheggia di legno grande successione finchè il motocarro si raddrizzò. come mezzo mignolo. Un altro giorno, dopo il solito avviamento difficile, partirono con il cassone zeppo di ragazzi, guidava Aldo. Il percorso era il solito: Piazza, Castello, Lia, Porton, Casetta , Vigo, Piazza. Arrivati alla polverie- ra Aldo doveva rallentare per affrontare la curva che immette nel rettilineo di Vigo. Non ci sono più freni! Mise i piedi per terra con gli zoccoli 45 per tentare di rallentare: inutile! Dritti nella siepe di rovi e filo spinato. La ruota anteriore si insaccò nella siepe e fece perno per scodellare, come una catapulta, il cassone con l’intero carico sulle per- gole di viti del campo sotto stante. Un disastro! Tutti ammaccati, anche quelli che si erano distesi sul cassone per non farsi vedere dai familiari pas- sando per Vigo. Alcuni si dileguarono, altri rimasero a raddrizzare il motocarro e spingerlo fino a casa attraverso i campi. Aldo aveva la canottiera a pezzi e il torace sfregiato da un filo spinato. Tutti erano più o meno malconci, ma tutti pensavano a come potevano peggiorare se a casa avessero saputo dell’accadu- Ricordi di vita rivolese

La comare di Rivoli. e “autorità civili”, nel nostro paese, compren- La signora Giuseppina iniziò ventitreenne il servi- Ldevano il Podestà, divenuto poi il Sindaco con zio di levatrice a Rivoli, nel luglio del 1895, lo so l’avvento della Repubblica, il Segretario Comuna- per certo, perché il primo parto che aiutò fu quel- le, per tanti anni in consorzio con Costernano, il lo di mia nonna materna Giustina che dava alla medico condotto che fino agli anni ‘80 si rinnova- luce mia madre. Per questa coincidenza la signora va spesso per il trasferimento da Rivoli a condotte Giuseppina conservò sempre una particolare af- più importanti; ed infine la levatrice la( comare). fettuosa attenzione per la nostra famiglia. Il nostro paese ha avuto la grande fortuna di avere Allora tutti nascevano in casa e quasi sempre di dal 1895 al 1945 la “comare” Giuseppina Lonardi notte. Giuseppina correva al capezzale delle par- e dal 1945 al 1968, la nipote Rina Lonardi: due torienti a piedi, se erano vicine, o con il suo bir- signore di altissima qualità professionale, di gran- roccio con cavallo, se erano lontane fino alle fra- de umanità, e innumerevoli meriti raccolti in due zioni di Gaium e Incanale. carriere che coprono più di un secolo della vita L’attività professionale della Levatrice non si esau- 46

Panorama di Rivoli riva con l’assistenza al parto ma proseguiva con re le giovani madri a servirsene, anche se molte l’informazione e l’assistenza alle giovani madri continuavano a preferire il parto in casa propria. fino allo svezzamento e oltre con una attività pe- Dal 1968 Rina iniziò a collaborare con l’ospedale diatrica. Giuseppina attraversò con rinnovato im- di Caprino con impegno crescente fino al 1980 pegno professionale le epidemie che funestarono anno in cui trasferì il suo servizio alla Clinica Pe- anche gli adolescenti del nostro paese come la derzoli di Peschiera fino al 1995. sindrome influenzale del 1919 (la Spagnola) e la I passaggi da Rivoli al reparto ospitaliero di Capri- laringite degli anni ‘30 (il Crup). La statura minuta, no e alla Clinica di Peschiera non hanno mai inter- il viso sorridente, la sempre pronta per rotto la disponibilità di Rina per le giovani madri i suoi piccoli, non velavano le altissime qualità compaesane che la interpellavano, come già ave- professionali e umane della Comare Giuseppina. vano fatto le loro nonne e le loro madri con la zia Nei 50 anni di attività ininterrotta Giuseppina Lo- Giuseppina e con Lei, per avere una preziosa ed nardi ha visto sbocciare la vita di due generazioni efficace assistenza. Ho chiesto a Rina quanti parti per un totale di oltre 2000 Rivolesi. nella sua carriera aveva assistito. Scoppiò in una Nel 1945 la Comare cessò la sua lunga attività, ma fragorosa risata e disse “i sarà 3000 o 4000”. In 47 per nostra fortuna, già dal 1940 la signora Giusep- questa risposta c’è tutta la grandezza ed il merito pina aveva trattenuto al suo fianco la nipote Rina, di Rina. alla quale non ha fatto un semplice passaggio del testimonio professionale, bensì una preziosa con- TARCISO COMETTI (EL CISO) segna di tutti i problemi connessi alla delicata El Ciso era un personaggio unico. Polivalente, con professione; e la signora Rina, li ha raccolti dando funzioni utili ed importanti per l’intera comunità. continuità armoniosa al servizio pubblico di Le- Camminava ricurvo in avanti, parlava poco e a vatrice. voce bassa, anche quando ricambiava i saluti di Rina si muoveva all’inizio in bicicletta, e subito tutti. dopo la guerra con la Lambretta e la Vespa fino al Le principali sue attività erano: il cantastorie, il 1960 quando acquistò con 600.000 lire la prima manutentore dell’orologio del campanile ed infi- Fiat 600 di Rivoli. ne il custode del cimitero ed il seppellitore comu- Nel 1968 nel nuovo ospedale di Caprino fu avvia- nale. to un reparto di maternità e Rina iniziò a consiglia- Nelle domeniche d’inverno, dopo le funzioni ci 48

Il Forte di Rivoli visto dalla Rocca, pastello dell’autore trovavamo in molti ragazzetti nella stalla della pregno, era insopportabile per tutti tranne che famiglia Marconi in Via Villa, seduti sulle balle di per me. paglia, si giocava a tombola, a carte, a trea e so- prattutto si ascoltavano in silenzio le storie del La ricarica dell’orologio del campanile, il Ciso la Ciso. L’ambiente delle storie era medievale: bo- faceva ogni 2 giorni. Egli doveva sollevare con le schi, castelli, campi di battaglia ed i personaggi funi i 2 pesi di pietra, quello per il funzionamen- erano: re, regine, principi e principesse, vincitori to dell’orologio e quello, molto più pesante, per e vinti appiedati o a cavallo. I racconti del Ciso azionare il martello che batteva le ore colpendo duravano fino a sera e duravano, con puntate set- una campana. I pesi attraversavano le botole aper- timanali. Se perdevi una puntata, non c’era verso te in tutti i solai in legno del campanile. Quando di riprendere il filo del racconto, peggio per te, salivamo sul campanile dovevamo fare molta at- la puntata era irripetibile anche in riassunto. Alla tenzione per evitare le botole nei solai ed i pesi. Il sera il buio giungeva presto, la stalla doveva es- Ciso ci ammoniva: “attenti puteleti se endè zò da sere ripulita e gli animali rigovernati. Io raggiun- le botole ve copè, e se quei lì se mola” e indicava i gevo i miei all’osteria della zia Amelia e con loro pesi, i ve copa”, conveniva non distrarsi. 49 tornavo in municipio dove abitavamo. Il rientro a casa era traumatico. Buio e freddo, raggiunge- La manutenzione straordinaria e le riparazioni vamo la cucina in silenzio dopo esserci armati di dell’orologio sul campanile competevano all’oro- scope, palette, bastoni ed attrezzi del focolare per logiaio specializzato “Sperio da Vilmezzano” assi- contrastare gli scarafaggi che correvano in ogni stito dal Ciso. direzione appena si riaccendeva la luce. I punti Lo Sperio era un personaggio interessante. Era cruciali erano attorno alla cassa della legna, vicino rosso di pelle e di capelli, baffi diritti, la voce ave- al focolare e al secchiaio. Terminata la mattanza va toni altissimi, si muoveva con una bicicletta degli scarafaggi con grida di gioia si accendeva il sportiva con un manubrio diritto e cerchioni in fuoco e si preparava la cena domenicale: un piatto legno; vestiva con una giacca di velluto marrone, di minestra con le tagliatelle della mamma, una calzoni di velluto stretti sotto al ginocchio, cal- fetta di bollito con patate lesse e prezzemolo. Per zettoni bianchi. Portava sempre in spalla uno zai- me non era ancora finita la domenica, nessuno mi netto dove raccoglieva gli orologi da riparare ed voleva vicino; il puzzo della stalla del quale io ero anche spesso una pendola da muro sormontata da un’aquila ad ali aperte, fuori dallo zainetto. Spesso era già rimosso in parte e si vedeva mezza salma: si fermava nelle osterie, intrattenendo i paesani era una donna. Quello che ci colpì maggiormente con diversi assennati discorsi di meccanica e di furono i capelli bianchi e diritti che si allargavano politica; era ascoltato con interesse e frattanto lui fino alle spalle con brevi estremità grigie. I capelli riprendeva fiato per affrontare le salite che lo ri- bianchi erano incollati sul fondo nero e verdastro portavano a Vilmezzano. del vecchio feretro. Un’immagine indimenticabi- le. Il Ciso interruppe il suo lavoro e ci disse: “nse- Il lavoro più faticoso per il Ciso era quello del sep- gnève e disighe na rechia e né via, mi go da finir pellitore, perché le fosse le scavava a mano, picco la busa per l’obito de doman”. Ci allontanammo e pala, 1,80 x 0,60 m x 2 m di profondità. Con i silenziosi; avevamo visto la morte da vicino. soliti ragazzetti della piazza abbiamo raggiunto un giorno il Ciso al cimitero intento a scavare una La guardia ai forti fossa già utilizzata in un passato remoto. Noi lì at- L ‘espressione “i forti” nel nostro paese compren- torno a guardare. Il coperchio del vecchio feretro deva le sguenti installazioni militari, dirette dalla 50

Ceraino: la cava, la fornace, la campagna; acquerello dell’autore Direzione di Artiglieria di Verona: la batteria alta, di esplosivo al fosforo riportando ustioni su tutto la batteria bassa, la polveriera, ed il forte di Cerai- il corpo. no. L’occupazione, impegnativa e pesante special- Nei forti si custodivano i depositi delle munizioni mente nelle stagioni invernali, era però ambita per l’Esercito e per la Marina. Prima del secondo per l’affidabilità del Datore di Lavoro Pubblico conflitto mondiale, ed anche durante la guerra, la che assicurava il reddito ad oltre 60 famiglie, in guardia armata dei forti era affidata a militari pro- un periodo dove il lavoro scarseggiava, senza il venienti da Verona alloggiati nella caserma Mas- rischio dell’emigrazione. sena, nel corpo di guardia della polveriera e nella Nel 1950 il M.llo Ago, raggiunti i limiti di età per il caserma-comando di Ceraino. servizio, fu sostituito dal M.llo Ugo Grimaldi che Terminata la guerra, la guardia è passata al per- rimase qui, con la sua famiglia, fino alla morte. sonale civile reclutato tra i combattenti e reduci La guardia dei forti è terminata con gradualità del Comune di Rivoli, sempre con la Direzione di nelle diverse postazioni; nel 1965 cessò alla pol- Artiglieria che aveva trasferito a Rivoli il M.llo An- veriera e da ultima, nei primi anni ‘80 al forte di tonio Ago per la gestione operativa del servizio. Ceraino. 51 Nei forti si svolgevano anche attività di manuten- zione e confezionamento dei colli di munizioni La barca che venivano spediti ad altre installazioni milita- Traghettare l’Adige nel tratto compreso tra i pon- ri attraverso: Peschiera, la stazione ferroviaria di ti di Rivalta-Peri e Sega-Ponton, era possibile sol- Domegliara, i depositi di La Spezia. Quest’ultimo tanto con il “Porto” tra le sponde di Incanale e la recapito era particolannente impegnativo perché Perarola, oppure con la “barca” giù al Battello di il trasporto avveniva con autocarri che dovevano Rivoli. C’era anche un servizio meno frequentato superare il passo della Cisa in assenza di autostra- tra Gaium e Volargne. de. Il “porto” era formato da due barche affiancate Ai forti erano occupati operai-artificieri e guardie rese solidali da un pianale in legno, con parapetti giurate, queste ultime con turni di 12 ore seguiti ed una piccola cabina; poteva trasportare una vet- da 24 ore di riposo. tura o un carretto con l’animale, oltre al barcaiolo Tra gli artificieri del Forte c’era Lido Testi che subì e numerose persone. un gravissimo infortunio lavorando su una carica La “barca”, massiccia, a chiglia piatta, poteva con- tenere una decina di persone. Prima di essere uti- allora questa, libera, veniva sospinta dalla zona di lizzata come traghetto, con la barca si trasportava calma verso il filone della corrente, provocando il pietrisco cavato a Regano, fino agli zuccherifici strappi e lesioni fino alla rottura della corda di del basso veronese. Il ritorno avveniva col traino ritenuta. Tralasciamo le feroci invettive dirette ai di un cavallo che percorreva, controcorrente, la “strada cavallara” in sinistra Adige. La barca era governata dal barcaiolo, incaricato dal Comune. Una robusta corda portante di acciaio scavalcava in alto il fiume e su questa scorreva la corda di ri- tenuta, con una puleggia, collegata alla barca con una catena nell’ultimo tratto. La forza motrice che muoveva la barca, da una sponda all’altra, era la corrente del fiume che investiva alternativamente 52 un fianco della barca inclinato dal timone. Quando l’Adige era in piena, il servizio si inter- rompeva e allora bisognava raggiungere in bici- cletta la stazione più vicina di Domegliara. I clienti della barca si possono riunire in due ca- tegorie: gli operai della fornace per la calce con le guardie del Forte di Ceraino, e i viaggiatori, in prevalenza studenti, che raggiungevano la Ferro- via dello Stato alla Stazione di Ceraino. Oltre agli utenti abituali c’erano gli abusivi che traghettavano extraorario per incontrare le fidan- zate sulle due sponde. Questi erano inaffidabili specie col fiume grosso. E’ successo più di una volta che i fidanzati-barcaioli non agganciassero in sicurezza la barca allo scanno della sponda e

Augusto e Rosetta Pachera in viaggio di nozze a Ceraino - 1946 traghettatori abusivi quando i soliti utenti, al mat- del pietrisco a Regano. , dovevano recuperare la barca col rischio di Niente tasse né affitto, né oneri e incombenze del ritardi e di un grave pericolo. sedicente “vivere civile”. Le gallerie (i busi de la I primi clienti del mattino erano gli studenti, con Roca) offrivano una confortevole isotermia sta- la torcia elettrica e una andatura svelta per non gionale, l’Adige forniva la legna e l’acqua potabile, perdere il treno. Alla sera, spesso si rientrava con sulle sponde del fiume si potevano raccogliere i gli operai della fornace, stanchi e bianchi di calce; giunchi per intrecciare con maestria ceste di ogni da loro veniva una silenziosa raccomandazione a tipo: per il bucato, per la vendemmia, per le dami- non scherzare con l’impegno scolastico; tra que- giane, per le culle, che gli venivano commissiona- sti c’era Fulvio Testi prossimo sindaco del nostro te in paese. Comune. In prossimità della scadenza di tributi vari, molti Nei primi anni ‘50 la vecchia, cara barca fu sosti- paesani invidiavano le scelte di vita del “Bonfiol” tuita con una più maneggevole e piccola costruita che laggiù trascorse lunghi anni tranquilli dal ‘47 nello squero di . al ‘60 anno della sua morte. La nuova barca fu varata con una cerimonia e 53 la benedizione del Parroco, le fu dato anche un La corriera nome: Agnese. Rimase in funzione fino agli anni Il collegamento di Rivoli con Verona era assicu- ‘70 quando fu soppresso il servizio del traghetto. rato anche dalla corsa giornaliera di due corriere della ditta Muzzi, da Ferrara di Montebaldo alla Dal Battello alla Chiusa piazzetta Emilei in città. Una corriera era azzurra e Il tratto dell’Adige compreso fra il Battello e la l’altra, un po’ più grande di un pulmino, era rossa. Chiusa era molto frequentato dai pescatori rego- L’orario delle corriere non era compatibile con lari e di frodo, per catturare trote, cavedani e an- quello scolastico ne con quello di lavoro e perciò guille. non se ne servivano né gli studenti né gli operai. Durante le piene del fiume, molti paesani si ap- I conduttori ed i bigliettai delle corriere, questi postavano alla “moia” per arpionare l’abbondante ultimi in attesa di diventare conduttori, erano abi- legna trasportata dalla corrente. Tra questi c’era lissimi e per una curiosa coincidenza durata molti l’anziano Giovanni Bonfioli el( Bonfiol) che aveva anni si chiamavano tutti Mario. scelto di abitare nelle gallerie della cava dimessa I viaggiatori li conoscevano personalmente e loro chiamavano per nome tutti i passeggeri. mazioni. Il tratto più difficile della corsa era quello, su stra- da bianca da Ferrara a Domegliara, ma quello più Lo scoppio della Rocca pericoloso andava da Spiazzi alla Castagnara, mol- Alla fine della seconda guerra, si costituirono mol- to ripido, con curve e con lastre di roccia affioran- te società per il recupero dei relitti bellici. ti sulla strada. I conduttori li percorrevano tutti A Rivoli, nell’area pianeggiante tra la Rocca e la con la stessa disinvolta sicurezza. Mesa iniziò l’attività del “Cantiere di scaricamento Un giorno scendevamo da Spiazzi, a bordo tra gli Mondini”. Le munizioni di ogni tipo, raccolte nei altri c’era il parroco di Pazzon Don Roncari che si campi di battaglia italiani ed esteri, formavano i sentì in obbligo di raccomandare a Mario, ad alta lotti che venivano assegnati ai cantieri di scarica- voce, di moderare la velocità per non finire nel mento con gare di appalto. burrone. Nel cantiere della Rocca le munizioni, seleziona- Mario, in tono scherzoso disse: “I preti i dis che se te per tipo, venivano accatastate in prossimità di starà mejo en paradiso, ma i ga paura de mo- trincee e casamatte corazzate in cemento armato 54 rir!” Don Roncari lo incalzò subito: “L’è vera, ma dove si faceva lo spolettamento per renderle inof- mi go paura de morir da coion!” Una risata e il fensive. La lavorazione successiva consisteva nella viaggio continuò alla velocità del Mario. separazione dell’esplosivo dai metalli con proce- Le moltissime curve e il puzzo insopportabile del- dimenti fisico-meccanici. Gli esplosivi più diffusi la nafta, usata anche per la pulizia interna del mez- erano la balistite ed il tritolo, mentre i metalli era- zo, costringeva qualche viaggiatore a sporgersi no il rame, l’ottone, il piombo, la ghisa ed il ferro dai finestrini per reprimere la nausea o il peggio. ed altri ancora. Giunti a Verona era d’obbligo una sosta nel vicino Il responsabile primo del cantiere era il sig. Salvi- Caffè Monte Baldo, per premiarsi dopo un viaggio no Testi, lo abbiamo già incontrato nei nostri ri- polveroso e scomodo, ed anche per organizzare cordi, uomo di grande competenza professionale, gli impegni da svolgere in città. Quest’ultima in- sensibile ai problemi della sicurezza e del buon combenza era agevolata da qualche oriundo di governo del personale. Caprino esperto in uffici e pratiche diverse, che Spesso riprendeva i suoi subordinati che dimo- al Caffè Monte Baldo aveva organizzato, sui tavo- stravano maggior attenzione ai problemi della lini, un efficiente ufficio di consulenze ed infor- produzione piuttosto che a quelli della sicurezza. L’attività del cantiere procedeva ben organizzata I paesi vicini, separati da Rivoli dalla corona e con la soddisfazione degli occupati ( 120 operai dell’anfiteatro morenico, furono impressionati da- di cui 100 uomini e 20 donne) che venivano, gior- gli scoppi e dal fumo nero che sopravanzava le nalmente, anche dai paesi vicini. colline, e immaginarono un disastro gigantesco. L’11 giugno del 1959 alcuni operai erano intenti I carabinieri formarono subito dei posti di blocco a disattivare un lotto di razzi segnalatori con la nelle strade di accesso al paese: agli Olivai, a Cere- separazione dell’esplosivo dai bossoli di zinco. dello, a San Pieretto, per impedire il passaggio agli Lì vicino c’erano i cassoni metallici con l’acqua estranei; passavano soltanto i rivolesi spaventati dove si immergeva la balistite. Si parla di migliaia che si trovavano fuori. di quintali di esplosivo. Da tutte le parrocchie della Vicaria giunsero su- Nella postazione dei razzi ci furono degli scoppi bito e spontaneamente i sacerdoti, convinti di e alcuni si levarono in volo accesi, uno di quelli dover dare conforto ai rivolesi sinistrati. I paesa- cadde nel cassone della balistite! Un inferno! ni ricordano, ancora emozionati, quel manipolo Una gigantesca deflagrazione sollevò una fiamma di preti in piazza, con al collo la teca da viaggio alta come il vicino Monte Pastello, seguirono altre con la Pisside del Santissimo e le ampolle dei Saci 55 detonazioni fortissime e poi gli scoppi per sim- Crismi, che si interrogavano disorientati, con le patia di altri depositi. Tutto il personale fuggiva vesti talari impolverate e sbattute dal vento. Per cercando probabili ripari nelle rocce e nei boschi. nostra fortuna i sacerdoti rimasero inattivi, ci fu In paese ci furono gravi danni per il violento spo- una sola vittima alla Rocca: il giovane Luigi Partel- stamento d’aria: caddero i vetri e i serramenti, si li di Incanale, e una anziana signora, che abitava aprirono crepe nelle case, un puntello che sbarra- nella Chiusa; era sofferente di cuore e non resse va un uscio si spezzò come uno stuzzicadenti. Gli allo spavento. abitanti abbandonarono le loro case con le mani Cessate le esplosioni iniziò una meticolosa rico- nei capelli pensando anche ai congiunti che lavo- gnizione e poi la bonifica dei terreni circostan- ravano nella Rocca; correvano in ogni direzione ti nel raggio di oltre un chilometro dalla Rocca. più lontano che potevano. Questa operazione durò oltre un anno, durante la L ‘aria ed il fumo bollenti provocati dagli scoppi si quale morì il compaesano Italo Filippini. innalzarono altissimi sulla Rocca richiamando là Dopo quella data, il cantiere fu chiuso e sgombe- nuova aria con un vento di intensità eccezionale. rato da ogni residuato bellico. Gli operai trovaro- no nuova occupazione nelle nascenti zone indu- Rivoli: la storia, il paesaggio, la gente: striali rivolte prevalentemente alla lavorazione un capolavoro della Natura! dei marmi.

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Corte Pozzol, pastello dell’autore Il Monumento alla Battaglia di Rivoli: la Guglia Dal volume Rivoli, di Pino Negri e Mario Gino Filippini (pubblicato in occasione dell’ingresso solenne di Don Ernesto Mori - Rivoli 27 ottobre 1946

“Napoleone Bonaparte quale premio della vitto- geva scolpita la seguente iscrizione: ria riportata sugli austriaci a Rivoli, concedeva al ALLE GESTA DELLA INVINCIBILE ARMATA D’ITA- Generale Massena il .titolo di Duca di Rivoli; chia- LIA E DELL’EROE CHE LA CONDUCEVA A TRION- mò una delle maggiori vie di Parigi, Rue de Rivoli, FI ORA AUGUSTO IMPERATORE DE’ FRANCESI E lunga 2575 metri sita nel sobborgo di Bellevue, e RE D’ITALIA. con una legge del Vice-Re d’Italia, Principe Euge- nio Napoleone, il territorio comunale di Rivoli ve- niva ingrandito con l’annessione del territorio di Gaion. Inoltre per esaltare il sacrificio dei suoi sol- dati ordinava la costruzione di un magnifico mo- numento. La prima pietra di questo, alla presenza di tutte le autorità della Provincia di Verona venne posta il 1° Luglio 1806 ed il 7 Ottobre dello stesso anno fu inaugurato, e l’opera costò ventiseimila lire. Il monumento trionfale di Rivoli, si innalzava 57 nella località chiamata le Torte (serie di monticoli piatti e rotondi) di Incanal frazione di Rivoli, dove fu lo sforzo principale di quella battaglia. Rappre- sentava una colonna di ordine dorico, fatta con massi di marmo rosso veronese, che si innalzava sopra un basamento quadrato rivestito di lastre di marmo bianco. L’altezza del monumento compre- si i tre gradini misurava metri 20: la colonna alla sua base aveva più di due metri di diametro; a due terzi quasi verso la cima, era cinta di corone d’al- loro in marmo bianco, e portava un vaso od urna alta più di tre metri, e dall’urna usciva l’allegorica fiamma. Sopra una delle faccie del basamento fra due daghe coronate d’alloro in bassorilievo, si leg- Il monumento di Rivoli che prospettava come un te posizioni. Infatti gli stessi entrarono in Rivoli faro la strada che metteva agli stati austriaci, era il 12 Febbraio 1814 e con delle mine fecero salta- un continuo spino agli occhi di coloro che furo- re in aria il monumento napoleonico. Il capitano no in tante battaglie sconfitti. Intanto si eclissava comandante il drappello dei guastatori vendeva i la stella napoleonica, ed allora una turma di vili resti marmorei del monumento ad un certo Luigi cani ringhiosi si faceva audace d’insultare il cadu- Silvestrelli per il vile prezzo di 40 Napoleoni d’ar- to leone. Esiliato Napoleone a Sant’Elena, finito il gento. L ‘atto vandalico mosse a schifo gli onesti suo Impero, gli austriaci rioccuparono le perdu- di ogni colore, per cui i devoti dell’ sparse- ro la voce che il capitano aveva agito per propria iniziativa, e che venne punito! Una storia hanno anche le rovine della Guglia di Rivoli. Alcune di quelle lastre di marmo che ne rivestivano il basa- mento, furono comperate da Giovan Battista Da Persico, con esse fece pavimentare una sala ter- 58 rena del suo palazzo di villeggiatura in (ora proprietà del Sig. Poggi) facendovi incidere nel mezzo, a memoria e quindi assai inesattamente l’effige del distrutto monumento; sul piedestallo del quale si leggono ancora le parole «FATORUM FIRMA VOLUNTAS». Il nominato Silvestrelli trasse profitto di quelle pietre adoperandole nella co- struzione di un porticato nel cortile della propria casa in Rivoli,Corte Bramante, dove si riscontrano anche presentemente dei pilastri dell’altezza di metri 1,60 tutti di un pezzo che formavano parte del monumento. La pietra sulla quale stava l’iscri- zione fu dal Silvestrelli capovolta e fatta servire da tavola nella sua Osteria alle Zuane; in tal modo esistette fino all’anno 1848, quando una truppa di sodati che bivaccavano in Rivoli la feci in pezzi per innata libidine di distruzione. Altre di quelle pietre furono portate a .”

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- Ufficiali cecoslovacchi alla “Guglia”- 1944 - Rilievo del fregio e del capitello della guglia - Il portico di Corte Bramante, dove vennero riutilizzati in parte i marmi della colonna Questo libro è dedicato a mio padre Arturo

Da L’Arena del 25 ottobre 1960

omenica, 16 ottobre, l’amministrazione comunale di Rivoli con Duna semplice, suggestiva e simpatica cerimonia, ha conferito un alto riconoscimento di benemerenza con la consegna della medaglia d’oro, per il lungo servizio prestato, ininterrottamente per 40 anni alle dipendenze del comune, ad Artuto Martinati. Arturo Martinati, nato a il 3 settembre 1893; sottufficiale d’artiglieria, combattente nella prima guerra mondiale, sull’Isonzo, sul Carso, Pasubio e Monte Grappa; decorato di croce al merito di guerra. Terminata la guerra combattè a Fiume fino all’ottobre 1919. Ferito in combattimento sul Carso (Monte San Michele) corse gravissimo peri- colo di essere amputato di una gamba. Assunto servizio provvisorio nel 1921, e di ruolo, dal 1° luglio 1922, 60 prestò ininterrottamente servizio nel comune, in qualità di impiegato, fino al 29 febbraio 1960. Domenica 16 ottobre alle ore 9.30 in municipio si è radunato il consi- glio comunale, presieduto dal sindaco cav. Giuseppe Pinamonte, con l’intervento dell’arciprete di Rivoli don Ernesto Mori, del comandante la stazione dei carabinieri di Caprino maresciallo cav. Burizzi, del co- mandante il nucleo depositi munizioni di Rivoli maresciallo cav. An- tonio Ago, del segretario comunale sig. Voi, dei dipendenti comunali e altre personalità e popolazione per la consegna della medaglia.

1937 - L’autore (a sinistra) e il cugino Antonio Andreolli Ringraziamenti

Al termine dei ricordi infantili su Rivoli, mi sorge un dubbio: quali fatti del periodo considerato sono stati dimenticati? Molti indubbiamente! Non ho ricordato gli amici che ci hanno lasciato anzitempo per cause di guerra (i loro nomi sono scolpiti nel monumento ai Caduti) per cause di lavoro e incidenti stradali come: Giuliano Giuliani, Alfredo Testi, Franco Bonafè, Antonio Callegaro, Ennio Camponogara, Domenico Testi e purtroppo, molti altri. Rivoli è il paese, tra i primi in provincia, che ha eretto un monumento ai caduti sul lavoro. I miei ricordi si interrompono negli anni ‘50 quando ho lasciato Rivoli per lavoro, colmo di tristezza. Sono certo che altri giovani, innamorati come me del loro Paese, ricorderanno prossimamente i fatti successivi allo scoppio della Rocca come: la ripresa economica, l’industrializzazione e i successi spor- tivi delle numerose associazioni calcistiche guidate da Ulderico Ragno e l’ex sindaco Gino Pachera oltre a quelli di altre discipline e soprattutto, i trionfi mondiali ed olimpici di Sara Simeoni.

Nei miei racconti ho ascoltato le confidenze e le interviste di Rivolesi anziani che qui ricordo e ringra- zio; Elide Martinati, Umberto Gandini, Lilia Testi, Igino Cristini, Alfonso e Ferruccio Zerbini, Renzo Villa, Luigi Falghera, Rosa e Augusto Pachera, Edoardo Arduini. 61

Francesco Martinati Fontana di Sotto, acquerello dell’autore