Masarykova univerzita Filozofická fakulta

Ústav románských jazyků a literatur

Italský jazyk a literatura

Pavlína Raindlová

Il neorealismo nell’opera di Elio Vittorini Bakalářská práce

Vedoucí práce: Mgr. Zuzana Šebelová, Ph.D. 2009

Prohlašuji, že jsem bakalářskou práci vypracovala samostatně s použitím uvedených pramenů a literatury, a že tištěná verze se shoduje s verzí elektronickou.

………………......

V Brně 30. listopadu 2009 Podpis

Tímto bych chtěla poděkovat Mgr. Zuzaně Šebelové Ph.D. za odborné vedení a za všechny její cenné rady a připomínky při vypracování této bakalářské práce.

INDICE

Introduzione ...... 5

1. La vita e le opere di Elio Vittorini ...... 7

1.1 La vita di Elio Vittorini ...... 7 1.2 Le opere di Elio Vittorini ...... 11

2. Il neorealismo ...... 14

2.1 Il neorealismo nel cinema ...... 14 2.2 Il neorealismo nella letteratura ...... 16

3. L’opera neorealistica di Elio Vittorini ...... 19

3.1 «Il Politecnico» ...... 19 3.1.1 La nascita della rivista ...... 20 3.1.2 La chiusura della rivista ...... 22

3.2 Uomini e no ...... 24 3.2.1 Composizione e stile ...... 25 3.2.2 Trama ...... 27 3.2.3 Narratore e personaggi ...... 30 3.2.4 Temi ...... 33

Conclusione ...... 36

Bibliografia ...... 38 Introduzione

La Resistenza italiana, caratterizzata dalla lotta partigiana contro i nazi-fascisti durante la seconda guerra mondiale, rappresenta un evento importante nella storia dell’Italia. E proprio in quel tempo si sviluppa il neorealismo, il movimento culturale, che si manifesta soprattutto nel cinema e nella letteratura. Gli scrittori neorealisti hanno bisogno di comunicare esperienze vere, vissute durante la seconda guerra mondiale, perciò i temi che trattano nei loro romanzi sono la guerra e soprattutto la lotta partigiana. Uno di questi è proprio Elio Vittorini con il suo romanzo Uomini e no. Lo scrittore non viene oggi apprezzato soltanto per la sua narrativa ma anche per la fondazione della rivista «Il Politecnico», che in quel tempo ebbe un grande ruolo nell’ambiente culturale. caratterizza quel periodo, nella presentazione del suo romanzo, ambientato all’epoca della Resistenza partigiana, Il sentiero dei nidi di ragno, con le parole seguenti: «L’esplosione letteraria di quegli anni in Italia fu, prima che un fatto d’arte, un fatto fisiologico, esistenziale, collettivo.»1 Quindi nella presente tesi cercheremo di scoprire, sulla base delle opere neorealistiche di Elio Vittorini, il suo rapporto specifico con questo movimento che si sviluppa nel nuovo clima del dopoguerra e soprattutto durante la Resistenza, che fu il periodo più significativo della letteratura italiana neorealistica. Nel primo capitolo della nostra tesi cercheremo di riassumere in breve la vita di Elio Vittorini, una vita intensa, dedicata per lo più all’impegno culturale, e contemporaneamente presentiamo anche le sue opere principali. Il secondo capitolo della tesi è dedicato alla descrizione e spiegazione del termine “Neorealismoˮ, principalmente prestiamo attenzione al rapporto tra cinema e letteratura, definendo le caratteristiche principali del movimento. Ricorderemo anche i maggiori rappresentanti del neorealismo sia nella letteratura sia nel cinema con le loro opere più significative. Il terzo capitolo, il più esteso, è la parte principale della nostra tesi in cui analizziamo le opere neorealistiche di Elio Vittorini. Prima affrontiamo la rivista «Il Politecnico», che rappresenta proprio l’ideologia del neorealismo, svolgendo grande ruolo nell’ambito culturale del dopoguerra. Definiamo le caratteristiche fondamentali

1 Calvino, Italo, Presentazione de Il sentiero dei nidi di ragno, Mondadori, Milano, 1993, p. VI.

5 della rivista ed ovviamente menzioniamo anche la famosa polemica tra Vittorini e Togliatti. Di conseguenza, nella seconda parte di questo capitolo, presteremo attenzione al romanzo Uomini e no, il primo romanzo sulla Resistenza. Nei sottocapitoli della seconda parte di questo capitolo riassumeremo la struttura e la trama del romanzo, e proseguiremo con una analisi dedicata al narratore e personaggi e, infine, ai temi principali che emergono sia nel romanzo Uomini e no sia nelle altre opere di Elio Vittorini.

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1. La vita e le opere di Elio Vittorini2

In questo capitolo della presente tesi cerchiamo di riassumere la vita di Elio Vittorini e le sue opere più significative.

1.1 La vita di Elio Vittorini

Elio Vittorini nasce il 23 luglio 1908 a Siracusa da Lucia Sgandurra e Sebastiano Vittorini, primo di quattro figli. La maggior parte della sua infanzia trascorre in diversi paesi della campagna siciliana perché suo padre è ferroviere3 e si sposta spesso per lavoro. Nel 1921 fugge per la prima volta da casa utilizzando i biglietti gratuiti ai quali hanno diritto i familiari dei ferrovieri. Durante l’adolescenza fugge di casa più volte visitando Milano, Firenze e Roma. Nel 1924 Elio abbandona definitivamente la scuola tecnica per ragionieri di Siracusa, alla quale era costretto ad iscriversi dai genitori, e frequenta le locali biblioteche comunali e arcivescovili leggendo numerosi autori italiani e stranieri.4 Alla quarta fuga, ha diciotto anni, non torna più a casa e si stabilisce nel Friuli. Tra una fuga e l’altra conosce e si innamora di Rosa Quasimodo, figlia di Gaetano Quasimodo, l’altro capostazione di Siracusa, e sorella del poeta Salvatore Quasimodo5. Elio e Rosa si sposano il 10 settembre 1927 con la riprovazione dei genitori di lei che hanno promesso la ragazza ad un altro ragazzo. Disoccupato, subito dopo le nozze Vittorini si trasferisce con la moglie a Gorizia, dove il cognato ingegnere, Vicenzo Quasimodo, gli procura un lavoro come

2 I dati biografici sono tratti da Briosi, Sandro, Invito alla lettura di Elio Vittorini, Mursia, Milano, 1971; De Nicola, Francesco, Introduzione a Vittorini, Laterza, Bari, 1993; Crovi, Raffaele, Il lungo viaggio di Vittorini. Una biografia critica, Marsilio, Venezia, 1998; Ferroni, Giulio, Storia della letteratura italiana. Il novecento, Einaudi scuola, Milano 1991. 3 In tutta l’opera di Elio Vittorini è presente il fascino del treno e del viaggio. 4 L’opera più significativa che Elio Vittorini legge in quel periodo è il Robinson Crusoe di Daniel Defoe. Vittorini stesso dichiara: „Mi colpì profondamente: come una pietrata che mi fosse rimasta in testa; e che continuò a colpirmi anche più tardi, quando potei leggerlo, alcuni anni dopo, in una traduzione integrale; e poi quando potei leggerlo, ormai adulto, nell’originale inglese.“ Crovi, Raffaele, Il lungo viaggio di Vittorini. Una biografia critica, Marsilio, Venezia, 1998, p. 25. 5 Salvatore Quasimodo (1901-1968), poeta, traduttore, critico letterario; Nel 1959 ottenne il premio Nobel per la letteratura; Collaborò a vari giornali e riviste: « Solaria», «Circoli», «Letteratura», «Il Tempo»; Tra le sue opere principali citiamo: Acque e terre (1930), Oboe sommerso (1932), Giorno dopo giorno (1947), La vita non è sogno (1949) e Il falso e vero verde (1956). Cfr. Pelán, Jiří, Slovník italských spisovatelů, Libri, Praha, 2004, pp. 605-606.

7 assistente in un’impresa edile nella quale partecipa ai lavori per la costruzione di un ponte. Lo scrittore stesso parla di questo momento della sua vita con entusiasmo:

Nel 1927 partecipavo alla costruzione di un ponte che ha fatto epoca in me come nella mia prima infanzia la lettura del Robinson. Costruire un ponte non è lo stesso di costruire un tavolo o di costruire una casa. […] Si lavora di giorno e di notte senza darsi più il cambio, senza pensare più che si lavora per guadagnarsi il pane, e pensando invece a vincere, a spuntarla. Questo fece epoca in me […]. Ma avevo anche cominciato a scrivere. Prose varie, racconti.6

In Venezia Giulia svolge diversi lavori e soprattutto pubblica in varie riviste articoli di politica e critica ed i primi testi narrativi. In questo periodo Vittorini comincia a scrivere diversi articoli su «La Stampa» grazie all’amicizia con Curzio Malaparte7 che dirige questa rivista. Nello stesso anno scrive il racconto Ritratto di re Gianpiero, uscito sulla «Fiera letteraria», e si dedica alla lettura di Gide, Joyce e Kafka. Nell’agosto del 1928 nasce il suo primo figlio, che viene chiamato, in omaggio a Malaparte, Giusto Curzio. Il 13 ottobre 1929 Vittorini pubblica sull’«Italia Letteraria» un ampio articolo intitolato Scarico di coscienza in cui denuncia il provincialismo italiano e desidera un’apertura alla cultura europea. La pubblicazione di questo articolo gli causa problemi economici8 perché comincia ad essere considerato «uno scrittore antifascista» e perde le collaborazioni con i giornali per lui molto importanti. Nel dicembre 1929 si trasferisce da solo a Firenze, dove lavora come segretario di redazione di «Solaria»9. In breve tempo Vittorini stringe rapporti stretti con gli scrittori del gruppo di «Solaria» e soprattutto con Eugenio Montale10 che lo aiuta a

6 De Nicola, Francesco, Introduzione a Vittorini, Laterza, Bari, 1993, p. 17. 7 Curzio Malaparte (1898-1957), scrittore, giornalista, poeta; Insieme a Bontempelli fondò la rivista «900»; Tra le sue opere più importanti citiamo: Kaputt (1944) e La pelle (1949). Cfr. Pelán, Jiří, Slovník italských spisovatelů, Libri, Praha, 2004, pp. 458-459. 8 La difficile situazione economica esprime Vittorini nella lettera inviata ad Alberto Carocci: „In questi giorni, sono più che preoccupato, sono disperato. […] Tutti i giornali mi chiudono la porta in faccia. Malaparte, per consiglio di Titta Rosa, non mi pubblica pù articoli. […] Silenzio assoluto d’ogni parte. Il Resto del Carlino me ne ha rifiutati, in venti giorni, quattro, uno dopo l’altro. […] Non mi resta per adesso che il Lavoro Fascista, 100 lire al mese. Ciò significa affamare un uomo. Non ti sembra indegna odiosa vile questa campagna? […] Tutto per quel benedetto articolo dell’Italia Letteraria.“ De Nicola Francesco, Introduzione a Vittorini, op. cit., p. 27. 9 «Solaria» fu una rivista fondata nel 1926 da Alberto Carocci. Possiamo citare alcuni collaboratori: Alberti, Morra, Debenedetti, Franchi, Gromo, Garosci, Montale, Saba, Raimondi, Solmi, Ferrero, Ferrata, Vittorini, Gadda, Contini e Poggioli. Cfr. Ghidetti, Enrico, Luti Giorgio, Dizionario critico della letteratura italiana del Novecento, Editori riuniti di Sisifo, Roma, 1997, pp. 815-817. 10 Eugenio Montale (1896-1981), poeta, giornalista, critico letterario e musicale; Nel 1975 ottenne il premio Nobel per la letteratura; Collaborò con numerose riviste e giornali: «Solaria», «La Fiera

8 pubblicare i suoi scritti e gli raccomanda opere di autori a lui sconosciuti. Le serate trascorre con gli amici alle Gubbie Rosse, il noto caffè dei letterati e artisti, o in casa di Drusilla Tanzi11. Nel 1930 la moglie e il figlio lo raggiungono a Firenze . Vittorini comincia a lavorare come correttore di bozze al quotidiano «La Nazione», dove nelle ore notturne il collega Alessandro Chiari12 gli insegna l’inglese. Proprio nella tipografia nasce l’interesse di Vittorini per la narrativa anglo-americana:

Sbrigavo il mio lavoro in una gabbia di vetro posta al centro della sala dei linotipisti, e questo era piuttosto male per la mia salute: facevo turno di notte, dalle 21,30 alle 5,30 del mattino, e questo era pure male per la mia salute, ma ebbi la fortuna di stringere amicizia con un vecchio operaio che era stato all’estero e conosceva l’inglese […]. Il mio amico che conosceva l’inglese accondiscese a insegnarmi l’inglese. E fu in un modo molto speciale che cominciammo. Fu sul testo del Robinson Crusoe, leggendo e traducendolo parola per parola, scrivendo sopra ogni parola inglese la corrispondente parola italiana […] Poi continuai da solo, un po’ come sordomuto, su testi ancora di Defoe, e su autori del Settecento, su autori dell’Ottocento, su autori contemporanei anche americani fino al giorno in cui mi trovai in grado di poter tradurre correttamente.13

Per un’intossicazione polmonare da piombo Vittorini è costretto ad abbandonare il lavoro di correttore di bozze a «La Nazione» e di conseguenza comincia a collaborare al «Bargello»14. L’anno successivo vince ex aequo con Virgilio Lilli, il premio bandito dall’«Italia Letteraria», per un reportage su un viaggio in Sardegna.15 In quel tempo Vittorini frequenta spesso Giansiro Ferrata, il critico e scrittore, il quale gli presenta la moglie Ginetta Varisco. Tra i due nasce una forte simpatia e Vittorini decide di trasferirsi da solo a Milano. Nell’agosto del 1934 Vittorini torna a casa per la nascita del suo secondo figlio, Demetrio. Alla fine del 1938 si trasferisce definitivamente con la famiglia a Milano avendo trovato lavoro presso Bompiani. Durante la guerra Vittorini svolge attività antifascista e prende contatti con il

Letteraria», «Il Mondo», «Corriere della Sera»; Tra le sue opere principali citiamo: Ossi di seppia (1925), Le Occasioni (1939), La bufera e altro (1956) e Farfalla di Dinard (1956). Cfr. Pelán, Jiří, Slovník italských spisovatelů, Libri, Praha, 2004, pp. 496-498. 11 Drusilla Tanzi era in quel periodo la moglie di Matteo Marangoni, chiamata da tutti „Mosca“, ed era anche la futura compagna di Eugenio Montale. 12 Alessandro Chiari era il correttore di bozze e il collega di Vittorini al giornale «La Nazione». Parlava l’inglese, il francese, lo spagnolo ed anche il tedesco. Oltre a insegnargli l’inglese, parlava con Vittorini di tutta la letteratura europea perché era un appassionato lettore. Cfr. Crovi, Raffaele, Il lungo viaggo di Vittorini. Una biografia critica, Marsilio, Venezia, 1998, p. 89. 13 Crovi, Raffaele, Il lungo viaggio di Vittorini. Una biografia critica, op. cit., p. 89. 14 «Bargello» fu il settimanale della Federazione Fascista di Firenze, fondato nel giugno 1929 e diretto fino al maggio 1934 da Alessandro Pavolini. 15 Da questo diario nasce poi il libro Sardegna come un’infanzia che viene pubblicato nel 1936.

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Partito comunista. Il 26 luglio 1943 viene arrestato mentre con altri antifascisti comunisti sta preparando un’edizione speciale dell’«Unità» e rimane nel carcere di San Vittore16 fino a settembre.17 Tornato dal carcere partecipa alla Resistenza e si mette in contatto con Eugenio Curiel con cui fonda il Fronte della Gioventù18. In questo periodo si dedica alla preparazione e alla diffusione di fogli clandestini di propaganda antifascista e soprattutto alla composizione della rivista «Il Partigiano»19. Nel febbraio 1944 si reca a Firenze per organizzare uno sciopero generale e nel viaggio di ritorno a Milano rischia di essere arrestato dalla polizia tedesca. Per questo è costretto a nascondersi per un certo periodo presso la famiglia Varisco a Varese e sul vicino Sacro Monte.20 Dopo la liberazione dirige per alcuni mesi «L’Unità» di Milano e fonda il settimanale di cultura contemporanea «Il Politecnico», pubblicato tra il 1945 e il 1947. Nel 1950 viene annullato il suo matrimonio con Rosa Quasimodo. La sua nuova compagna è da tempo Ginetta Varisco. L’anno successivo fonda e dirige presso la casa editrice Einauidi la collana di narrativa «I gettoni»21. Nel 1959 fonda insieme a Calvino la rivista «Il Menabò», sulla quale vengono affrontati i problemi dei rapporti tra letteratura e industria. Nel 1963 Vittorini si ammala di cancro allo stomaco e subisce una grave operazione chirurgica. Malgrado la malattia, riprende a lavorare dirigendo la collana «Nuovi scrittori stranieri» per Mondadori e l’anno dopo la collana «Nuovo Politecnico» per Einaudi. In estate del 1965 si ammala di nuovo gravemente.

16 Vittorini è a San Vittore quando in agosto Milano viene colpita dai bombardamenti. La sua casa è distrutta e sono perduti i manoscritti, le lettere ed i documenti. 17 In libertà provvisoria in attesa di processo Vittorini scrive la lettera all’editore Bompiani: „[…] Sono soltanto in libertà provvisoria, senza documenti, e debbo aspettare a Milano la discussione del processo. Sono accusato di appartenenza a partito politico, organizzazione di comizio e preparazione di stampa clandestina. Peraltro, come uomo politico, ho un dovere di un uomo verso gli uomini in genere cui debbo dare la precedenza su tutti i miei doveri più personali: verso me stesso e verso i singoli. E fino a quando esisterà un pericolo di rivincita fascista o di imposizione straniera nell’Italia settentrionale non sarà ammissibile che mi muova da Milano.“ De Nicola, Francesco, Introduzione a Vittorini, op. cit., p. 85. 18 Fronte della gioventù fu l’organizzazione partigiana per la resistenza alla dittatura nazifascista. 19 „Quel foglio lo scrissi e stampai per mio conto con l’aiuto di un ragazzo che me ne tradusse la parte indirizzata ai soldati germanici. A mio intendimento il foglio doveva essere il primo numero d’un giornale clandestino che trattasse dei problemi e le azioni della guerra partigiana. Ma le autorità del movimento antifascista cui mi rivolsi a cose fatte per la distribuzione, considerarono inopportuno il nome di «Partigiano» che avevo dato al foglio e disapprovarono l’iniziativa come prematura e anarchica.“ De Nicola, Francesco, Introduzione a Vittorini, op. cit., p. 86. 20 In questo periodo scrive il romanzo Uomini e no. 21 In questa collana viene pubblicata la maggior parte degli scrittori italiani più importanti della seconda metà del Novecento. In molti casi Vittorini ha scoperto i nuovi talenti: Beppe Fenoglio, , Italo Calvino, Lalla Romano, Mario Rigoni Stern, Giovanni Arpino ed altri. Cfr. De Nicola, Francesco, Introduzione a Vittorini, op. cit., p. 132-133.

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Elio Vittorini muore il 12 febbraio 1966 nella sua casa a Milano, tre giorni dopo aver sposato Ginetta Varisco, sua compagna da oltre venti anni.

1.2 Le opere di Elio Vittorini

Elio Vittorini è uno dei grandi scrittori del Novecento. È conosciuto per le sue opere narrative ma apprezzabile è anche la sua attività di collaboratore a riviste e giornali, e soprattutto l’attività di traduttore. Il primo libro di Vittorini, Piccola borghesia, pubblicato nel 1931 presso le edizioni di «Solaria», è una raccolta di racconti, i cui personaggi sono trattti da ambienti piccolo-borghesi. Nel volume è presente anche il suo primo racconto Ritratto di re Gianpiero, pubblicato già il 12 giugno 1927 sulla «Fiera Letteraria» con presentazione di Enrico Falqui. Nel 1952 Vittorini pubblica l’opera intitolata Sardegna come un’infanzia22, che nasce da un reportage su un viaggio in Sardegna. Negli anni 1938-1940 sulla rivista «Letteratura» appare a puntate il romanzo migliore di Vittorini, Conversazione in Sicilia23. In volume l’opera esce per la prima volta presso l’editore Parenti nel 1941, sotto il titolo Nome e lagrime per illudere la censura fascista. E nello stesso anno il romanzo viene ristampato da Bompiani con il titolo originale. Con questo libro Vittorini intende chiamare tutti gli uomini della sua generazione alla lotta per liberare il mondo offeso dalla violenza e dall’assoggettamento ideologico.24 Il protagonista della vicenda è Silvestro, un povero tipografo di Milano, che ritorna al paese natale, in Sicilia, per trovare la madre, e durante il viaggio incontra numerose persone. La storia racconta in termini allegorico-mitici il viaggio del protagonista verso la terra della sua infanzia, come se si trattasse di un ritorno alle origini.

22 L’opera fu scritta tra il settembre e l’ottobre del 1932 e vinse ex aequo, il premio per il miglior „Diario del viaggio in Sardegna“. La prima edizione in volume esce nel 1936 con il titolo Nei Morlacchi, Viaggio in Sardegna. 23 Vittorini si esprime su Conversazione in Sicilia nel modo seguente: „Ora il “mio“ libro io l’avevo, o pensavo di averlo, in Conversazione. Io non ho mai aspirato “ai“ libri; aspiro “al“ libro; scrivo perché credo in “una“ verità da dire; e se torno a scrivere non è perché mi accorga di “altre“ verità che si possono aggiungere, e dire “in più“, dire “inoltre“, ma perché qualcosa non si metta mai di ricominciare a dirla.“ Vittorini, Elio, Appendice de Il garofano rosso, Mondadori, Milano, 1997, p. 192. 24 Cfr. Raimondi, Ezio, Fenocchio Gabriella, La letteratura italiana: il Novecento 2. Dal neorealismo alla globalizzazione, Paravia Bruno Mondadori, Milano, 2004, p. 73.

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Nel 1945 pubblica un nuovo romanzo, Uomini e no, ispirato alla guerra partigiana. L’opera di cui ci occuperemo nella nostra tesi nei capitoli successivi. L’altro romanzo, Il Sempione strizza l’occhio al Fréjus del 1947, considerato in un primo tempo da Vittorini il suo libro migliore, riflette sulle condizioni delle classi più povere attraverso la descrizione della vita di un giovane disoccupato, che appartiene a una famiglia operaia di Milano. Il garofano rosso, il primo romanzo di Vittorini, è una delle opere più riuscite dello scrittore. Il romanzo appare a puntate su «Solaria» nel 1933-34, ed in volume soltanto nel 1948, perché la pubblicazione è interrotta dalla censura fascista, che accusa il testo di essere contrario alla moralità.25 È la storia di Alessio Mainardi, un ragazzo che cresce e matura, negli anni dell’arrivo al potere del fascismo. Nella sua vicenda ha un’importanza centrale il suo amore per Giovanna, una compagna di liceo. Di quest’amore diventa simbolo un fiore, il garofano rosso, che Giovanna gli regala e che diviene poi il centro di una lotta tra Alessio e un gruppo di ragazzi. Nel 1949 esce in volume il romanzo Le donne di Messina, già pubblicato a puntate sulla «Rassegna d’Italia» tra il 1947 e il 1948 con il titolo Lo zio Agrippa passa in treno. Il libro descrive l’instaurazione di una nuova società democratica dopo la fine della guerra. L’altro romanzo, Erica e i suoi fratelli26 del 1956, Vittorini inizia a scrivere nel 1935 e subito nel 1936 interrompe la composizione a causa dello scoppio della guerra civile spagnola, dedicandosi alla scrittura di Conversazione in Sicilia. Le città del mondo27 è l’ultimo, incompiuto romanzo a cui Vittorini lavora dal 1951, pubblicato postumo nel 1969. L’opera è ambientata in Sicilia, e descrive il percorso dei personaggi che cercano una città dove potrebbero stabilirsi. Nel 1957 esce il Diario in pubblico, un saggio in cui Vittorini raccoglie i suoi interventi critici e teorici più significativi dal 1929 al 1956. Nell’altro suo saggio, Le due tensioni. Appunti per un’ideologia della letteratura, pubblicato postumo a cura di

25 Il 14 agosto 1934 Alberto Carocci scrive la lettera a Vittorini a proposito del suo romanzo: „Caro Vittorini, ormai sei ufficialmente riconosciuto per un pornografo. L’ultimo numero di «Solaria» è stato sequestrato in questi giorni con decreto prefettizio, a causa del tuo Garofano rosso. […] Siccome io non voglio sospendere la pubblicazione, ma d’altra parte bisogna far in modo di non incorrere in guai più grossi, mandami prestissimo la prossima puntata, più espurgata che puoi: devo sottoporla all’esame dell’Ufficio Stampa della Prefettura.“ Crovi, Raffaele, Il lungo viaggio di Vittorini. Una biografia critica, op. cit., p. 133. 26 Il titolo originale era Erica come delle brughiere. 27 Nel 1959, sulla richiesta di Fabio Corpi e di Nelo Risi, Vittorini scrive la sceneggiatura per un film tratto appunto dal romanzo Le città del mondo, al quale da diversi anni sta lavorando. Il film non sarà mai fatto.

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Dante Isella nel 1967, sono raccolte le riflessioni sulla letteratura nella società capitalistica. L’antologia più conosciuta di Vittorini è senz’altro Americana28, dove sono raccolte le opere di narratori statunitesi tradotti da Vittorini stesso e da altri scrittori. Il libro, pubblicato per Bompiani nel 1941, è subito bloccato dalla censura fascista per le note critiche di Vittorini che accompagnavano i testi antologizzati. L’anno successivo esce una nuova edizione di Americana che comprende un’introduzione critica assai antiamericana di Emilio Cecchi. Non soltanto la produzione di narrativa di Vittorini è considerevole ma anche il suo lavoro del traduttore è molto importante. Numerose sono le sue traduzioni.29 Nominiamo almeno alcuni scrittori tradotti da Vittorini: Lawrence, Maugham, Poe, Faulkner, Galsworthy, Powys, Roberts, Steinbeck ed altri.

28 I narratori presenti in America sono : Irving, Poe, Hawthorne, Melville, Twain, Harte, Bierce, Hovells, James, Crane, Henry, Norris, London, Dreiser, Cather, Cabell, Stein, Anderson, O’Neill, Lardner, Scott, Fitzgerald, Boyle, Callaghan, Faulkner, Hemingway, Wilder, Cain, Steinbeck, Wolfe, Caldwell, Saroyan e Fante. 29 La prima traduzione di Vittorini, in collaborazione con Lucia Rodocanachi, è quella del romanzo Il purosangue di D.H. Lawrence nel 1933.

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2. Il neorealismo30

Il neorealismo è un movimento culturale che nasce in Italia nel secondo dopoguerra e si manifesta soprattutto nel cinema e nella letteratura. Nel presente capitolo prestiamo attenzione al rapporto tra cinema e letteratura, che nel periodo del dopoguerra è più stretto che negli anni antecedenti, e definiamo anche le caratteristiche principali del movimento.

2.1 Il neorealismo nel cinema

Il termine neorealismo si comincia ad usare verso la fine degli anni Venti per definire le nuove tendenze artistiche e letterarie del movimento tedesco Neue Sachlichkeit (Nuova oggettività). L’espressione viene usata in Italia per la prima volta da Mario Serandrei, il montatore cinematografico, per il film Ossessione (1943) di Luchino Visconti. Di conseguenza il termine si diffonde rapidamente nell’ambito cinematografico ed anche letterario. I primi tentativi programmatici del neorealismo si possono osservare nel dettagliato articolo programmatico Verità e poesia: Verga e il cinema italiano di Mario Alicata31 e Giuseppe De Santis32, uscito il 10 ottobre 1941 sulla rivista «Cinema»:33

Vogliamo portare la nostra macchina da presa nelle strade, nei campi, nei porti, nelle fabbriche del nostro Paese: anche noi siamo convinti che un giorno creeremo il nostro film più bello seguendo il passo lento e stanco dell’operaio che torna alla sua casa, narrando l’essenziale poesia di una vita nuova e pura, che chiude in se stessa il segreto della sua aristocratica bellezza.34

30 Il contenuto è tratto da De Nicola, Francesco, Neorealismo, Editrice Bibliografica, Milano 1996; Kautský, Oldřich, Italský filmový neorealismus, Orbis, Praha, 1958; Raimondi, Ezio, Fenocchio Gabriella, La letteratura italiana: il Novecento 2. Dal neorealismo alla globalizzazione, Paravia Bruno Mondadori, Milano, 2004; Ferroni, Giulio, Storia della letteratura italiana. Il Novecento, Einaudi scuola, Milano, 1991. 31 Mario Alicata fu politico e critico letterario. 32 Giuseppe De Santis fu regista e sceneggiatore, considerato uno dei fondatori del neorealismo cinematografico. 33 Cfr. De Nicola, Francesco, Neorealismo, Editrice Bibliografica, Milano, 1996, p. 18. 34 Alicata, Mario, De Santis Giuseppe, Verità e poesia: Verga e il cinema italiano, in Ghidetti, Enrico, Luti Giorgio, Dizionario critico della letteratura italiana del Novecento, Editori riuniti di Sisifo, Roma, 1997, p. 548.

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I maggiori rappresentanti del neorealismo sono i registi Roberto Rossellini, Vittorio De Sica, Luchino Visconti e lo sceneggiatore Cesare Zavattini. Il primo film che rappresenta il movimento è Roma città aperta35 (1944) di Roberto Rossellini. Il film si ispira alla storia reale del sacerdote Luigi Morosini, tormentato e ucciso dai nazisti perché collaborava con i partigiani. Dopo il successo di Roma città aperta, Rossellini realizza altrettanti film sui temi della guerra e del dopoguerra. Il successivo film di Rossellini uscito nel 1946 è Paisà e la triologia rosselliniana si completa nel 1947 con Germania anno zero. Una delle caratteristiche decisive del neorealismo è sicuramente la stretta collaborazione tra scrittori e cineasti. L’esponente più significativo è senza dubbio giornalista e scrittore Cesare Zavattini. La collaborazione di Cesare Zavattini come sceneggiatore con Vittorio De Sica, uno dei grandi registi, porta alla realizzazione di alcuni dei capolavori del neorealismo: Sciuscià (1946), Ladri di biciclette36 (1948), Miracolo a Milano37 (1951) e Umberto D. (1952). Non meno importante è anche il film di Luchino Visconti, La terra trema38 (1948), girato in Sicilia e interpretato da pescatori che parlavano in dialetto. I registi spesso trattano il tema della realtà attuale e della problematica sociale e civile come disoccupazione, povertà e disperazione. Le caratteristiche principali dei film neorealisti sono l’uso di attori non professionisti, spesso presi dalla strada, e vengono utilizzati diversi dialetti39 ed espressioni popolari. I film sono girati in esterno, nei luoghi autentici. Il cinema neorealista è piuttosto rifiutato in quegli anni in Italia, soprattutto da parte del governo. Giulio Andreotti, rappresentante della classe politica democristiana, accusa il cinema neorealistico di espandere all’estero una raffigurazione negativa dell’Italia, mentre «i panni sporchi era meglio lavarli in famiglia».40 Comunque, il neorealismo italiano è uno dei più rilevanti movimenti cinematografici che ha grandi impatti nella storia del cinema.

35 I protagonisti del film sono due tra i più popolari attori di quel tempo, Anna Magnani e Aldo Fabrizi, mentre molti degli interpreti sono stati scelti tra la gente della strada. Nel 1946 il film ha vinto il premio Grand Prix al festival di Cannes. 36 Il film è tratto dal romanzo omonimo di Luigi Bartolini. 37 Il film è tratto dal romanzo Totò il buono di Cesare Zavattini. 38 Il film è ispirato al romanzo verista I Malavoglia di Giovanni Verga. 39 La presenza del dialetto anche nel titolo possiamo vedere nei film: Paisà e Sciuscià. 40 Cfr. De Nicola, Francesco, Neorealismo, Editrice Bibliografica, Milano, 1996, p. 26.

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2.2 Il neorealismo nella letteratura

Il movimento letterario si sviluppa tra gli anni ’43 e ’55 nell’Italia del dopoguerra. Però le origini del neorealismo si trovano abbastanza prima della guerra e della resistenza. Tra le opere antecedenti sono considerati i romanzi come Gli indifferenti (1929) di Alberto Moravia, Gente in Aspromonte (1929) di Corrado Alvaro e Fontamara (1930) di Ignazio Silone. È molto difficile specificare gli autori del neorealismo perché il movimento non ha un programma determinanto.41 Italo Calvino definisce il movimento nel modo seguente:

Il «neorealismo» non fu una scuola. […] Fu un insieme di voci, in gran parte periferiche, una molteplice scoperta delle diverse Italie, anche - o specialmente - delle Italie fino allora più inedite per la letteratura. Senza la varietà di Italie sconosciute l’una all’altra - o che si supponevano sconosciute -, senza la varietà dei dialetti e dei gerghi da far lievitare e impastare nella lingua letteraria, non ci sarebbe stato «neorealismo».42

Gli scrittori più rappresentativi del neorealismo sono sicuramente Elio Vittorini e Cesare Pavese per la loro raffigurazione del mondo popolare e per il loro impegno antifascista. Eppure tutti e due sfiorano il neorealismo solo in parte. I due romanzi, usciti nel 1941, Conversazione in Sicilia di Elio Vittorini e Paesi tuoi di Cesare Pavese, sono spesso considerati esempi tipici della narrativa neorealistica. Comunque, nel romanzo di Vittorini sono presenti gli elementi lirico-simbolici, e nel romanzo di Pavese gli elementi mitico-simbolici. Per questo le due opere non si possono paragonare con i successivi romanzi neorealistici e restano soltanto come degli archetipi della produzione neorealistica. La necessità di comunicare la realtà contemporanea del dopoguerra porta alla fondazione di numerosi periodici e riviste. La rivista più significativa è senz’altro «Il Politecnico» di Elio Vittorini, pubblicata dal 1945 al 1947. Con questa rivista, che ha interessi sia letterari sia politici, Vittorini viene indicato come uno dei massimi

41 Vittorini nella sua risposta ad una Inchiesta sul neorealismo di Carlo Bo sostiene: „In sostanza tu hai tanti neorealismi quanti sono i principali narratori mentre l’inclinazione innegabile dei più giovani a farne una cosa sola non ha ancora dato frutti tali da permetterci di considerare l’opera dei primi alla luce di quella dei secondi.“ Citiamo anche il commento di Alberto Moravia: „Ci sembra che il neorealismo possa chiamarsi una scuola o corrente unitaria soltanto a patto di restringere il significato ad un ritorno alla credenza in una realtà obiettiva, esistente all’infuori dello scrittore. Altrimenti non si può definire scuola o corrente un gruppo di scrittori di origini tanto diverse e di qualità cosí varie.“ Rosa, Alberto Asor, Storia d’Italia, Vol. 4. Dall’Unità a oggi, Einaudi, Torino, 1975, p. 1609. 42 Calvino, Italo, Presentazione de Il sentiero dei nidi di ragno, op. cit., p. VIII.

16 organizzatori della cultura del dopoguerra. Lo stesso Vittorini fonda, nel 1951, presso l’Einaudi, la collana narrativa «I Gettoni», in cui sono uscite molte opere neorealiste dei giovani scrittori italiani. I loro romanzi sono piuttosto brevi e trattano i temi sociali dell’Italia contemporanea. Gli scrittori del neorealismo non affrontano soltanto il tema della lotta partigiana contro i nazi-fascisti, ma anche il tema dell’olocausto e dei campi di concentramento, delle condizioni miserabili durante il fascismo e nell’immediato dopoguerra. Gli autori hanno bisogno di raccontare esperienze vere, vissute durante la seconda guerra mondiale e legate alla resistenza. Italo Calvino43, uno dei rappresentanti del neorealismo letterario, afferma:

Avevamo vissuto la guerra, e noi più giovani – che avevamo fatto appena in tempo a fare il partigiano – non ce ne sentivamo schiacciati, vinti, «bruciati», ma vincitori, spinti dalla carica propulsiva della battaglia appena conclusa, depositari esclusivi d’una sua eredità. Non era facile ottimismo, però, o gratuita euforia; tutt’altro: quello di cui ci sentivamo depositari era un senso della vita come qualcosa che può ricominciare da zero, un rovello problematico generale, anche una nostra capacità di vivere lo strazio e lo sbaglio. […] L’essere usciti da un’esperienza – guerra, guerra civile – che non aveva risparmiato nessuno, stabiliva un’immediatezza di comunicazione tra lo scrittore e il suo pubblico: si era faccia a faccia, alla pari, carichi di storie di raccontare, ognuno aveva avuto la sua, ognuno aveva vissuto vite irregolari drammatiche avventurose, ci si strappava la parola da bocca.44

Come abbiamo già detto, è molto difficile elencare gli autori che appartengono al movimento neorealistico, perché ognuno di loro ha una scrittura particolare, e molte opere toccano il neorealismo solo in parte. Per questo concentriamo la nostra attenzione sugli autori che hanno pubblicato le loro opere nel periodo del neorealismo sopraccennato. Tra i maggiori rappresentanti di questo movimento sono da ricordare scrittori come Vasco Pratolini, Cesare Pavese, Carlo Levi, Elio Vittorini, e Italo Calvino. Al neorealismo appartiene il romanzo Cristo si è fermato a Eboli di Carlo Levi, uscito nel 1945, e ispirato dalla problematica meridionale. Un altro romanzo dello stesso anno è Uomini e no di Elio Vittorini, di cui ci occuperemo dettagliatamente nel capitolo successivo. Nel 1947 vengono pubblicati i romanzi di Vasco Pratolini

43 Italo Calvino (1923-1985), scrittore; Nel 1943 partecipò alla guerra partigiana, da questa esperienza naque il suo romanzo resistenziale Il sentiero dei nidi di ragno (1947); Tra le sue opere principali citiamo: Ultimo viene il corvo (1949), Fiabe italiane (1956), I nostri antenati (1960), Il castello dei destini incrociati (1969), Le città invisibili (1972), Gli amori difficili (1970); Insieme a Vittorini fondò la rivista «Il menabò» e collaborò con «L’Unità» e «Il Politecnico». Cfr. Pelán, Jiří, Slovník italských spisovatelů, Libri, Praha, 2004, p. 215-217. 44 Calvino, Italo, Presentazione de Il sentiero dei nidi di ragno, op. cit., p. VI.

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Cronache di poveri amanti e Cronaca familiare. E nello stesso anno esce anche Il sentiero dei nidi di ragno di Italo Calvino e Il Compagno di Cesare Pavese. L’esperienza vissuta nel lager di Auschwitz è raccontata da Primo Levi nel suo romanzo Se questo è un uomo (1947). Altre opere neorealistiche sono L’Agnese va a morire (1949) di Renata Viganò, Le terre del sacramento (1950) di Francesco Jovine, L’oro di Napoli (1947) di Giuseppe Marotta e Dentro mi è nato l’uomo (1947) di Angelo Del Boca. Del resto, con il romanzo Metello (1955) di Vasco Pratolini si può concludere il periodo della letteratura neorealistica.

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3. L’opera neorealistica di Elio Vittorini

Nel presente capitolo vogliamo presentare l’opera neorealistica di Elio Vittorini. La sua rivista «Il Politecnico» è una tra le più famose che escono nell’Italia del dopoguerra e tratta i temi di cultura contemporanea. La nostra attenzione e poi dedicata anche al suo romanzo, Uomini e no, di cui Maria Corti45 sostiene: «l’unico romanzo che, almeno parzialmente, può rientrare nel neorealismo»46.

3.1 «Il Politecnico»47

La rivista «Il Politecnico» fondata da Elio Vittorini, viene pubblicata da Einaudi dal 1945 al 1947, con cadenza prima settimanale e poi mensile. In quel tempo «Il Politecnico» svolgeva un grande ruolo nell’ambito culturale del dopoguerra ed era considerato «il più diffuso portavoce dello slancio civile che accomunò molti italiani, e non solo intellettuali, usciti dalla guerra e animati dalla volontà di contribuire a rinnovare la società»48. Franco Fortini49 commenta l’accoglienza popolare della rivista:

Ricordo una sera verso piazzale Corvetto, una specie di hangar male illuminato, pieno di operai, di donne, con i bambini sulle ginocchia; e ascoltavano parlare del «Politecnico» come di una cosa loro […] e interrogavano, volevano sapere.50

45 Maria Corti (1915-2002), scrittrice e critica letteraria; Fondò e diresse riviste: «Strumenti critici», «Autografo» e «Alfabeta»; Tra le sue opere più importanti citiamo: L’ora di tutti (1962), Il ballo dei sapienti (1966), Il canto delle sirene (1989), Principi della comunicazione letteraria (1976), Il viaggio testuale (1978) e Dialogo in pubblico (1995). Cfr. Pelán, Jiří, Slovník italských spisovatelů, Libri, Praha, 2004, p. 267. 46 Corti, Maria, Il viaggio testuale, in De Nicola, Francesco, Neorealismo, Editrice Bibliografica, Milano, 1996, p. 66. 47 Il nome della rivista fu scelto da Vittorini per richiamarsi alla rivista dallo stesso titolo fondata nel 1839, da uno scrittore e politico, Carlo Cattaneo. Vittorini intendeva richiamarsi al periodico non soltanto per il forte impegno civile, ma anche perché: „Politecnico vuol indicare l’interesse che abbiamo per tutte le tecniche, sottintendendo che sia tecnica ogni attività culturale (della poesia stessa o delle arti oltre che della politica, delle scienze e degli studi sociali) quando si presenti come ricerca della verità e non come predicazione di una verità.“ Questo scrisse Vittorini sul numero 2 della rivista. Cfr. Crovi, Raffaele, Il lungo viaggio di Vittorini. Una biografia critica, op. cit., p. 236. 48 De Nicola, Francesco, Neorealismo, op. cit., p. 35. 49 Franco Fortini (1917-1994), poeta, scrittore e traduttore; Collaborò con numerose riviste: «Comunità», «Nuovi Argomenti», «Botteghe oscure», «Paragone» e «Officina»; Fu redattore delle riviste: «Il Politecnico» e «Avanti!»; Tra le sue opere più notevoli citiamo: Fogli di via e altri versi (1946), In una strada di Firenze (1955), Poesia ed errore (1959), Una volta per sempre (1963) e Questo muro (1973). Cfr. Pelán, Jiří, Slovník italských spisovatelů, Libri, Praha, 2004, pp. 340-341. 50 De Nicola, Francesco, Introduzione a Vittorini, op. cit., p. 101.

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3.1.1 La nascita della rivista

Il primo numero del «Politecnico» esce il 29 settembre 1945, composto di quattro pagine di formato giornale con il sottotitolo «Settimanale di cultura contemporanea». La rivista ha inizialmente cadenza settimanale e con il numero 29, del 1 maggio 1966, diviene mensile, ma con scadenze spesso irregolari. La grafica del settimanale è curata da Albe Steiner, invece la grafica del mensile da Giuseppe Trevisani. I redattori del settimanale sono Franco Calamandrei, Franco Fortini, Vito Pandolfi e Stefano Terra, mentre i redattori del mensile sono Silvio Menicanti e Michele Rago. Il manifesto programmatico del «Politecnico» appare dalla lettera inviata, il 24 settembre 1945, da Vittorini ai suoi possibili futuri collaboratori e lettori:

Questo settimanale intende realizzare un’opera di divulgazione culturale più popolare e immediata. Al tempo stesso, chiedendo il contributo degli intellettuali migliori, esso si propone di portare la cultura ad interessarsi di tutti i concreti problemi sociali in modo da giovare all’opera di rigenerazione della società italiana.51

La rivista presenta sistematicamente argomenti di politica, economia, storia contemporanea e storia della cultura. E contiene anche pagine di poesia, di narrativa, di saggistica, indagini sulle città ed i paesi del mondo, e una serie di interventi su libri e riviste. Non mancano neppure articoli di teatro, architettura, cinema e musica. La tendenza di Vittorini era di trasformare i lettori in collaboratori-scrittori e coinvolgere nella ricerca culturale della rivista intellettuali52 di varia provenienza.53 Tra i collaboratori più importanti figurano Saba, Montale, Gatto, Bo, Sereni, Bontempelli, Pratolini, Terra, Calvino e . Sulle pagine della rivista sono presentati anche numerosi autori stranieri come Majakovskij, Pasternak, Aragon, Sartre, Brecht, Stephen Spender e Richard Wright.

51 Vittorini, Elio, Gli anni del «Politecnico»: lettere 1945-1951, a cura di Carlo Minoia, Einaudi, Torino, 1977, p. 22. 52 L’insistenza di Vittorini a far scrivere sulla rivista anche Giacomo Debenedetti, si può osservare nella lettera del 5 novembre 1947: „È possibile che tu non abbia alcun bisogno dell’esistenza di «Politecnico»? Voglio dire: di scrivere su «Politecnico», servirti di «Politecnico» e portare «Politecnico» a servire anche dal tuo punto di vista? Se mi lasciate solo, «Politecnico» sarà per forza settario, perché sarà soltanto la «mia» rivista. Mentre in una Italia praticamente senza riviste, occorrerebbe che una fosse «rivista di molti», di un gruppo. Da parte mia posso dirti che «Politecnico» ha bisogno di te.“ Vittorini, Elio, Gli anni del «Politecnico»: lettere 1945-1951, op. cit., p. 142. 53 Cfr. Crovi, Raffaele, Il lungo viaggio di Vittorini. Una biografia critica, op. cit., p. 255.

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Comunque la pubblicazione della rivista ha vita breve. Non erano soltanto le difficoltà economiche a complicare il lavoro di Vittorini. Mario Alicata, critico e dirigente comunista, accusa54 la rivista di «non saper stabilire un proficuo contatto tra la cultura e i problemi concreti del popolo, e di avere pertanto mantenuto, di fatto, quel distacco tra le masse e gli intellettuali che invece la rivista si proponeva di annullare»55. Anche Palmiro Togliatti, segretario del Pci56, accusa Vittorini di fare una rivista piuttosto tradizionale, osservando che «Il Politecnico», contro i suoi programmi, «mostrava una strana tendenza a una specie di cultura enciclopedica, dove una ricerca astratta del nuovo, del diverso, del sorprendente prendeva il posto della scelta e dell’indagine coerenti con un obiettivo, e la notizia, l’informanzione sopraffaceva il pensiero»57. In una lettera ad Albe Steiner, inviata il 14 dicembre 1946, possiamo vedere come Vittorini accetta le discussioni provocate dalla sua rivista:

Intorno al «Politecnico» ora c’è un interesse culturale più vivo che intorno al settimanale. Se ne discute in tutta la stampa ogni numero che esce, e in questo momento ho una polemica sul problema dei rapporti tra politica e cultura, in cui è intervenuto Togliatti con una lunga lettera pubblicata contemporaneamente in «Rinascita» e in «Politecnico» come vedrai dal numero che ti mando. […] Il momento è molto vivo in Italia oggi: nel campo culturale protagonista «Il Politecnico», e in quello politico protagonista il Pci. Ormai tutti ammettono che «Il Politecnico» è l’unica manifestazione viva della cultura italiana attuale, e tra le più vive dell’europea.58

La celebre polemica59 tra Vittorini e Togliatti causa molte reazioni sia in Italia che all’estero e Vittorini poco dopo smette di considerarsi comunista. Peraltro, lo scambio di lettere tra Vittorini e Togliatti segna la fine dell’attività del «Politecnico».

54 Vittorini risponde all’accusa di Alicata nel modo seguente: „Col nostro invito a rinnovare la cultura italiana (nel quale è tutto il contenuto del «Politecnico») noi non abbiamo espresso un’esigenza di comunisti che fa politicamente comodo al Partito comunista; ma abbiamo espresso un’esigenza storica della cultura italiana stessa che non importa se fa o non fa politicamente comodo a un partito o a un altro. Il nostro lavoro non può certo ignorare il marxismo, perché nessun lavoro culturale può ignorarlo. Ma è lavoro di marxisti e non marxisti insieme.“ De Nicola, Francesco, Introduzione a Vittorini, op. cit., p. 107. 55 Ivi, p. 106. 56 PCI (Partito Comunista Italiano) 57 De Nicola, Francesco, Introduzione a Vittorini, pp. 107-108. 58 Vittorini, Elio, Gli anni del «Politecnico»: lettere 1945-1951, op. cit., p. 94. 59 La risposta di Vittorini alle critiche di Togliatti uscì, all’inizio del 1947, nel numero 35 di «Politecnico» con il titolo Suonare il piffero per la rivoluzione?, nella quale scrisse: „Rivoluzionario è lo scrittore che riesce a porre attraverso la sua opera esigenze rivoluzionarie, “diverse“ da quelle che la politica pone: esigenze […] dell’uomo ch’egli soltanto sa scorgere nell’uomo, che è proprio di lui scrittore scorgere, e che è proprio di lui scrittore rivoluzionario porre, e porre “accanto“ alle esigenze che pone la politica, porre “in più“ delle esigenze che pone la politica.“

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3.1.2 La chiusura della rivista

Le cause della fine della rivista non sono soltanto le difficoltà economiche60. Il primo numero del «Politecnico» viene stampato in 22.000 copie, e questo numero di conseguenza scende a circa 10.000 copie. Un grande ruolo ha soprattutto il conflitto61 di Vittorini con i dirigenti del Pci, ed anche il suo desiderio di dedicarsi pienamente alla narrativa. Però Vittorini stesso attribuisce la responsibilità della fine della sua rivista proprio al Pci. A proposito della chiusura della rivista, in una lettera a Michel Arnaud, mandata nel 1948, Vittorini scrive:

Ho avuto un mese molto duro di lotte e di perplessità per «Politecnico». Sono stato costretto, praticamente, a non farlo più. Perché avrei dovuto: o uniformarmi a una linea di attività non culturale (non critica, non scientifica); o lasciarmi spingere verso altre rive per me politicamente immonde. Ed entrambe le alternative sono per me inaccettabili. Il mio comunismo resta serio abbastanza per farmi preferire di tacere, forse anche in quanto ho nei miei libri il lavoro cui tengo di più.62

Invece in un’altra lettera, ad Angelo Fagnocchi, inviata il 4 aprile 1950, Vittorini afferma:

Perché «Politecnico» non fu più stampato dal dicembre ’47? Perché era diventato un fatto puramente personale. Perché non trovavo collaboratori che avessero «bisogno» di scrivervi. Perché una rivista ha ragione di vivere se vi sono dieci o dodici scrittori che non possano dire altrove quello che vogliono dire. «Politecnico» non era più il prodotto della

Vittorini, Elio, Diario in pubblico, in Rosa, Alberto Asor, Scrittori e popolo. Il populismo nella letteratura italiana contemporanea, Savelli, Roma, 1979, pp. 164-165. 60 A proposito delle difficoltà economiche, il I ottobre 1946, Vittorini scriveva la lettera a Sascia Villari: „Finanziariamente ho bisogno dell’aiuto di tutti i vecchi lettori, perché mi trovino degli abbonati. È soltanto con gli abbonati che potremo vivere. I rivenditori non ci pagano, non ci hanno mai pagato, cioè, o ci boicottano in partenza o ci boicottano in arrivo. Perciò mi tocca rinunciare alla vendita nelle edicole e stampare la rivista solo per gli abbonati. Mi tocca, dico, perché, qualunque cosa succeda, penso che sia indispensabile tener duro.“ Vittorini, Elio, Gli anni del «Politecnico»: lettere 1945-1951, op. cit., p. 75. 61 Ed in una intervista del 1965, pubblicata nel «Contemporaneo», Vittorini aggiunge: „ Mi riferisco allo scontro con i professionisti della politica. Abbiamo mollato presto, in quello scontro. Abbiamo detto: i politici non ci capiscono, non possiamo andare d’accordo […]. Anziché svolgere a fondo la battaglia, si è preferito rompere il contratto. È prevalsa la vecchia distinzione fra cultura e politica che veniva ancora dal crocianesimo, dall’influenza delle strutture tradizionali italiane. Non c’era stata scelta per un dibattito che portasse avanti la dinamicità delle forze politiche che sentivamo intorno a noi, maturate dalla guerra e dalla Resistenza, verso aspirazioni così vicine e così reali. È mancato l’impegno di dire ai politici: «siamo politici» anche noi.“ Crovi, Raffaele, Il lungo viaggio di Vitorini. Una biografia critica, op. cit., p. 267. 62 Vittorini, Elio, Gli anni del «Politecnico»: lettere 1945-1951, op. cit., p. 155.

22 necessità di un gruppo di scrittori. Era ormai solo il prodotto della mia necessità personale. E ho pensato che mi conveniva risolvere il mio fatto personale in libri personali: in romanzi.63

La rivista «Il Politecnico» cessa le pubblicazioni con il numero 39 del dicembre 1947, e quattro anni dopo Vittorini abbandona il Pci, salutato da Togliatti64 con un articolo, uscito su «Rinascita», intitolato Vittorini se n’è ghiuto e soli ci ha lasciato.65 «Il Politecnico», senza dubbio, svolse una funzione pubblica, e cercò di informare i lettori dei maggiori avvenimenti contemporanei, sia in ambito politico sia in ambito letterario.

63 Ivi, p. 316. 64 L’articolo di Togliatti esce sotto lo pseudonimo di Roderigo Castiglia. 65 Cfr. Luperini, Romano, Il Novecento: apparati ideologici, ceto intellettuale, sistemi formali nella letteratura italiana contemporanea, Loescher, Torino, 1981, p. 393.

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3.2 Uomini e no66

Il primo romanzo sulla Resistenza, Uomini e no, Vittorini scrisse nel periodo quando visse nascosto presso Varese.67 E poco dopo, nel giugno del 1945, il libro viene pubblicato presso l’editore Bompiani. La prima edizione del romanzo è accompagnata dalla nota programmatica che indica lo scopo di Vittorini e quello degli scrittori del neorealismo: «Il dovere di prendere parte alla rigenerazione della società italiana», nella coscienza dei «compiti sociali di chi scrive».68 Lo stesso Vittorini ammette che Uomini e no è nato da un «impegno premeditato» e scritto con «non piacere»69. E di conseguenza, il romanzo viene giudicato dallo scrittore, in una lettera del 1950, come «il meno valido e il più funzionale» dei suoi libri.70 Uomini e no non ha un grande successo presso il pubblico, neppure la critica accoglie il libro con favore. Il 12 settembre 1945 esce sull’«Unità» una recensione di Fabrizio Onofri, che definisce il romanzo di Vittorini come «il libro di un intellettuale che porta con sé tutti i difetti e le incongruenze della società in cui è vissuto, una società di privilegiati in cui la stessa cultura è stata oggetto e strumento di privilegio».71 Malgrado la critica negativa, il romanzo Uomini e no di Elio Vittorini, è una grande testimonianza della crudeltà della seconda guerra mondiale, e fa parte della produzione narrativa di argomento resistenziale.

66 Il senso del titolo è charito da Vittorini in una lettera al suo traduttore francese Michel Arnaud del 7 luglio ’47: „Il titolo di questo romanzo, Uomini e no, significa esattamente che noi, gli uomini, possiamo anche essere «non uomini». Mira cioè a ricordare che vi sono, nell’uomo, molte possibilità inumane. Ma non divide l’umanità in due parti: una delle quali sia tutta umana e l’altra inumana.“ Vittorini, Elio, Gli anni del «Politecnico»: lettere 1945-1951, op. cit., p. 124. 67 „Visto che la polizia tedesca mi aveva identificato ed era sulle mie tracce, gli uomini del Fronte decisero di mettermi a riposo per qualche tempo in montagna, e fu allora che scrissi, dalla primavera all’autunno del ’44, il romanzo Uomini e no […].“ Crovi, Raffaele, Il lungo viaggio di Vittorini. Una biografia critica, op. cit., p. 234. 68 Cfr. De Nicola, Francesco, Neorealismo, op. cit., p. 33. 69 „Uomini e no, difatti, non mi sono vietato di scriverlo, pur scrivendolo nella stessa condizione d’impegno premeditato in cui scrissi il Garofano, e pur accorgendomi che scriverlo era per me quasi la stessa solfa, cioè lo stesso non piacere, lo stesso patteggiare anche con cose estranee alla mia esperienza, lo stesso tipo di sforzo.“ Vittorini, Elio, Appendice de Il garofano rosso, Mondadori, Milano, 1997, p. 205. 70 Briosi, Sandro, Invito alla lettura di Elio Vittorini, Mursia, Milano, 1971, p. 66. 71 De Nicola, Francesco, Introduzione a Vittorini, op. cit., p. 97.

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3.2.1 Composizione e stile

La storia del romanzo si svolge su due piani, quello della lotta armata di alcuni operai comunisti e del loro capitano Enne 2, il protagonista del romanzo, e quello privato dell’amore tra Enne 2 e Berta. L’opera è composta da 136 brevi capitoli, di cui 23 sono scritti in corsivo.72 Questi capitoli, scritti in corsivo, sono presentati da dialoghi tra l’autore e il personaggio, e commentano le vicende con tono lirico e riflessivo, mentre i capitoli stampati in carattere tondo raccontano le azioni civili e guerriere. Il linguaggio del romanzo è semplice perché parlano persone umili. Ma in alcuni casi, quando l’autore inserisce nel testo una conversazione dei tedeschi, c’è la presenza di parole straniere, che segnano gli elementi di realismo:

«Fange ihn! Beisse ihn!» disse il capitano. Gudrun addentò l’uomo, strappando dalla spalla. «An die Gurgel» disse il capitano.73

Spesso vengono utilizzati anche i dialoghi del tutto surreali trattenuti da alcuni personaggi del libro, una volta con i caduti fucilati per rappresaglia, un’altra volta con i feroci cani del capitano Clemm. Esemplare è il dialogo tra Figli-di-Dio, il partigiano che opera nell’albergo dei tedeschi, dove lavora come cameriere, e il cane di Clemm, Kaptän Blut:

«Ti sembra onesto?» disse Figlio-di-Dio. «Bau. Bau. Pigli uno come me, e lo dai a loro. Ti sembra onorato?» Figlio-di-Dio parlava stando in terra con le mani, e Blut gli leccò la faccia. «Non verresti con me?» Figlio-di-Dio gli chiese. «Uh!» Blut rispose. «Ti do tempo fino a domani» Figlio-di-Dio continuò. «Pensaci e ne riparleremo.» Raccolse il recipiente dell’acqua, il piatto e si rialzò; andò verso la porta. «Bau, bau» disse Blut. «Bau, bau» Figlio-di-Dio rispose.74

72 Il romanzo nella prima edizione del 1945 era composto di 143 capitoli, 114 in carattere tondo, alternati con 29 in corsivo. Vittorini elimina qualche capitolo in corsivo, nella terza edizione del romanzo, perché si rende conto dell’insuccesso del suo progetto di struttura narrativa. Cfr. Crovi, Raffaele, Il lungo viaggio di Vittorini. Una biografia critica, op. cit., p. 271-272. 73 Vittorni, Elio, Uomini e no, Mondadori, Milano, 2001, p. 172. 74 Vittorini, Elio, Uomini e no, op. cit., p. 153.

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In tutto il corso della narrazione è molto usata la tecnica del rallentamento del dialogo, ottenuta tramite frequenti ripetizioni.75 Con questa tecnica Vittorini vuole rendere assoluti i personaggi, i dialoghi e le azioni, e metterli in un’atmosfera soprareale nella quale il tempo sembra fermarsi.76 Un chiaro esempio dell’uso della tecnica del rallentamento si può osservare in un dialogo tra Giulaj, un venditore ambulante, e il capitano Clemm:

«Ah!» il capitano disse. Lo interrogava, da chino, tra i due cani fermi sotto le sue dita. «Ventisette?» E andò avanti a interrogare. «Abiti a Milano?» «Abito a Milano.» «Ma sei di Monza?» «Sono di Monza.» «Ah! Di Monza! Sei nato a Monza?» «Sono nato a Monza.» «Monza! Monza! E hai il padre? Hai la madre?» «Ho la madre. A Monza.» «Una vecchia madre?» «Una vecchia madre.»77

Nel racconto compaiono anche numerose sospensioni, quando i personaggi rivolgono a se stessi o agli altri molte domande che restano, comunque, senza risposta. Queste sospensioni, troppo spesso utilizzate inutilmente, rendono il discorso piuttosto monotono:

Perché, ora, lottavano? Perché vivevano come animali inseguiti e ogni giorno esponevano la loro vita? Perché dormivano con una pistola sotto il cuscino? Perché lanciavano bombe? Perché uccidevano?78

Vittorini, nel suo romanzo Uomini e no, cerca di rappresentare e raggiungere la realtà con simboli e metafore attraverso il racconto di una verità assoluta. Comunque, la narrazione dello scrittore non è del tutto realistica, perché nei capitoli in corsivo appaiono elementi lirici e mitici legati soprattutto all’evocazione del mondo dell’infanzia.

75 Vittorini è probabilmente influenzato dai modelli della narrativa nord-americana (Saroyan, Faulkner, Hemingway). 76 Cfr. Briosi, Sandro, Invito alla lettura di Elio Vittorini, op. cit., p. 66. 77 Vittorini, Elio, Uomini e no, op. cit., pp. 169-170. 78 Ivi, p. 52.

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3.2.2 Trama

La storia del libro si svolge nell’inverno del 1944 a Milano, durante il periodo della Resistenza, quando la città era occupata dai tedeschi contro i quali lottavano numerosi partigiani. Il protagonista del romanzo è Enne 2, partigiano e comandante dei Gap79. Un giorno, Enne 2 incontra una sua amica, Berta, che si è trasferita via da Milano durante la guerra perché la sua casa è stata distrutta dai bombardamenti. I due si conoscono da dieci anni ed egli è legato da un sentimento molto profondo a Berta, con la quale vorrebbe mettersi insieme. Ma è impossibile, dato che la ragazza è sposata e vive fuori Milano. Si dirigono insieme verso la casa di Enne 2 quando incontrano, per caso, un gruppo di soldati. Costretti a cambiare strada, si recano a casa di Selva, un’anziana signora che aiuta i partigiani concedendo loro nascondiglio. Selva, che si prende cura di Enne 2, non l’aveva mai veduto con una compagna perciò desiderebbe che Berta fosse la sua ragazza, dicendo che un uomo è felice quando ha una compagna. E nello stesso tempo riesce a cogliere il signifiacato profondo della lotta contro i nazi-fascisti e più volte ripete:

Noi lavoriamo perché gli uomini siano felici. Non è per questo che lavoriamo? […] Che senso avrebbe il nostro lavoro se gli uomini non potessero essere felici? […] Avrebbero un senso i nostri giornaletti clandestini? Avrebbero un senso le nostre cospirazioni? […] C’è qualcosa al mondo che avrebbe un senso? Avrebbero un senso le bombe che fabbrichiamo? […] Bisogna che gli uomini possano essere felici. Ogni cosa ha un senso solo perché gli uomini siano felici.80

Lo stesso giorno Enne 2 prepara con i suoi compagni un attentato contro militari tedeschi e il capo del Tribunale. L’assassinio dei tedeschi riesce bene ma direttamente viene nominato un nuovo presidente, e il tribunale si radunerà l’altro giorno per scegliere da una lista di trecento nomi, quaranta prigionieri che saranno messi contro un muro e fucilati per rappresaglia. Senza interrogatorio, senza nemmeno una concreta accusa. La selezione dei prigionati si realizzerà secondo la regola dei tedeschi, che impone fucilare dieci uomini per ogni tedesco assassinato.

79 I GAP (Gruppi d’Azione Patriottica) erano piccoli gruppi di partigiani che facevano sabotaggi, fondati dal comando generale delle Brigate Garibaldi alla fine del settembre 1943. 80 Vittorini, Elio, Uomini e no, op. cit., pp. 12-13.

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La mattina dopo Lorena va ad avvertire Enne 2 che quel pomeriggio il comando dei patrioti si riuniva in una certa casa, e che lui doveva partecipare alla riunione. Lorena era l’unica persona che conoscesse dove ora abitava Enne 2 ed era anche la sua portatrice d’arma. Alla riunione Enne 2 viene a sapere del piano dei tedeschi ed allora decide insieme ai suoi compagni di portare l’attacco direttamente sul tribunale e distruggerli tutti. L’invasione dei partigiani nel corso del raduno causa un massacro. Durante questo secondo scontro rimangono uccisi non solo membri del gruppo dei partigiani e dei nazisti, ma anche persone incolpevoli, bambini e donne. Il giorno dopo Enne 2 e Berta si incontrano in piazza e vedono le conseguenze della cruenta fucilazione: l’esposizione dei cadaveri di alcuni inermi cittadini nelle strade della città. Questa manifestazione della brutalità dell’uomo viene commentata dall’autore:

Chi aveva colpito non poteva colpire di più nel segno. In una bambina e in un vecchio, in due ragazzi di quindici anni, in una donna, in un’altra donna: questo era il modo migliore di colpir l’uomo. Colpirlo dove l’uomo era più debole, dove aveva l’infanzia, dove aveva la vecchiaia, dove aveva la sua custola staccata e il cuore scoperto: dov’era più uomo. Chi aveva colpito voleva essere il lupo, far paura all’uomo.81

Il rapporto sentimentale tra Enne 2 e Berta si rafforza dopo aver visto i morti incolpevoli nelle strade della città. Berta capisce che il suo posto è a fianco di Enne 2 e promette di raggiungerlo tra qualche giorno, dopo di che spiega tutto al marito. Però, l’oppressione da parte dei gruppi tedeschi e del regime fascista prosegue. Giulaj, un venditore ambulante che ha ucciso per legittima difesa uno dei cani dell’ufficiale tedesco, viene portato dai militi tedeschi nella caserma più vicina, e tenuto per il capitano Clemm. Il giorno dopo, Giulaj viene trasportato a San Vittore, dove è costretto ad aspettare l’arrivo del capitano Clemm. Giulaj cerca di spiegare quello che era accaduto, il motivo dell’uccisione della cagna Greta, ma il capitano non lo ascolta. Egli invece libera i cani della museruola e butta ai cani la giacca di Giulaj. E nello stesso momento gli ordina di spogliarsi. Giulaj ingenuamente pensava che il capitano volesse vedere come lo avessero pestato in caserma.

81 Vittorini, Elio, Uomini e no, p. 103.

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Mentre Giulaj si spogliava, il capitano prendeva i suoi stracci e li gettava ai cani. Altri militi stavano a vedere, e uno di loro assicurava Giulaj che il capitano gli voleva solo mettere paura. Ma il capitano aveva altre intenzioni. Per attirare l’attenzione dei cani su Giulaj, lo ferisce al braccio, ed i cani sentendo il suo sangue, lo strappano. Nel frattempo, Enne 2 con i suoi compagni realizza un altro attentato, indirizzato verso uno dei massimi esponenti del gruppo nazista a Milano, il capo fascista Cane Nero. Ma lo scopo non viene raggiunto ed addirittura due partigiani muoiono. Durante l’assalto alla caserma di Cane Nero, Enne 2 è riconosciuto, ed il giornale pubblica nome e cognome di lui, promettendo un premio di molte migliaia di lire a chi fornisca indicazioni per la sua presa. I suoi compagni gli consigliano di abbandonare il suo rifugio e di andare via da Milano. Enne 2, però, rifiuta, anche quando il tabaccaio lo riconosce nella fotografia pubblicata nel giornale. Egli stava aspettando Berta e non voleva andare via da Milano prima che Berta tornasse. Barca Tartaro, uno dei partigiani, va a trovare Enne 2 e gli annuncia che El Paso, il finto consigliere d’ambasciata spagnola e informatore dei partigiani, è riuscito ad uccidere il capitano delle SS Clemm, e che Figlio-di-Dio, il partigiano che lavora come cameriere nell’albergo dei tedeschi, ha ucciso i cani di Clemm. Però, tutti e due sono stati presi. Enne 2 vuole fare qualcosa di simile, e decide di sacrificare la sua vita per uccidere Cane Nero, perché non credeva più che Berta ritornasse. Il romanzo si chiude con il racconto delle prime azioni compiute da un’operaio, il quale ha avvisato Enne 2 della denuncia del tabaccaio e di conseguenza si è messo in contatto con il suo gruppo di partigiani. Questo operaio cerca di imparare ad uccidere i tedeschi in motocarrozzetta. Comunque, nell’attimo in cui deve uccidere, trovandosi davanti agli occhi tristi di un soldato tedesco, non riesce a colpirlo,82 dicendo: «Imparerò meglio.»83

82 La scena finale del romanzo viene commentata da Vittorini, in una lettera del 1949, nel modo seguente: „[…] Io sono stato incapace, per esempio, di apprendere a sparare, e tuttavia posso stare benissimo in mezzo a dove si spara. Forse potrei dire, quanto a questo, che non ho abbastanza sensualità per andare a fondo; per sentire fisicamente il nemico a volergli sparare, volerlo uccidere […].“ Vittorini, Elio, Gli anni del «Politecnico»: lettere 1945-1951, op. cit., p. 232. 83 Vittorini, Elio, Uomini e no, op. cit., p. 219.

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3.2.3 Narratore e personaggi

La storia del romanzo è raccontata in terza persona dal narratore esterno che non entra mai con opinioni personali all’interno della vicenda, e neanche commenta i personaggi. Invece nei capitoli scritti in corsivo, in cui l’autore dialoga con il protagonista Enne 2, vengono commentati i comportamenti dei personaggi. Particolare è la quasi completa assenza di descrizioni, sia di paesaggi sia di personaggi, che vengono lasciate alla fantasia del lettore. Il protagonista del romanzo è Enne 284, un partigiano, capo di un gruppo di antifascisti a Milano. Enne 2 è un uomo di circa trenta anni del quale non è descritto l’aspetto fisico. Di lui sappiamo soltanto che organizza numerose azioni militari alle quali prende parte, e che vive in un nascondiglio nella periferia di Milano. Dal discorso tra i suoi compagni veniamo a sapere che anche loro non ne sanno quasi niente:

Anche il capitano forse ha una compagna. […] Chi può giurare che non l’abbia? Noi non sappiamo nulla del capitano. Che cosa sappiamo noi del capitano? Egli è il più vecchio di tutti noi, e magari ha tre o quattro figli, magari ha una grande famiglia.85

Enne 2 è un uomo coraggioso e determinato nelle azioni di guerra più rischiose, sebbene sembri piuttosto riservato e insicuro nel comunicare i propri sentimenti. Soprattutto in relazione al proprio rapporto con Berta, donna di cui è profondamente innamorato da più di dieci anni. Però il suo amore è impossibile, siccome lei è sposata con un altro uomo da cui non riesce a staccarsi. In seguito alla partenza di Berta e alla morte di alcuni compagni, Enne 2 cade in una crisi esistenziale, che lo conduce a meditare sull’impossibilità di aiutare gli amici persi durante la guerra, avendo «la voglia di perdersi con chi si perdeva»86, cioè, smettere di battersi. Quando viene riconosciuto dai tedeschi, decide quindi di non abbandonare il suo nascondiglio, sperando che lo raggiunga Berta, con la quale sarebbe

84 A proposito del nome del protagonista, Enne 2 è il soprannome con cui verrà identificato in tutto il brano. ( Enne è iniziale di Naviglio, sigla del gruppo dei Gap dei quali egli è il capo). Nei capitoli scritti in corsivo, dove l’autore dialoga con il protagonista, veniamo a sapere che Enne 2 doveva spesso cambiare il nome a causa del lavoro: „Questo è il suo nome di ora, come ora lo chiamano i suoi, ma egli ne ha avuti altri, e io li ho conosciuti, io l’ho chiamato, in dieci anni, con tutti i nomi che ha avuti.“ Vittorini, Elio, Uomini e no, p. 26. 85 Ivi, p. 50. 86 Ivi, p. 193.

30 andato via da Milano. Però lei non arrivava e per Enne 2 era inutile aspettare, «inutile cercare di sopravvivere, di non perdersi»87. La sua disperazione lo porta ad una decisione radicale. Sacrifica la propria vita per uccidere il capo fascista Cane Nero:

Faceva una cosa come la cosa che avevano fatto lo spagnolo e Figlio-di-Dio. Si perdeva, ma combatteva insieme. Non combatteva insieme? Mica c’era solo combattere e sopravvivere. C’era anche combattere e perdersi. E lui faceva questo con tanti altri che l’avevano fatto.88

Un altro personaggio importante del romanzo è Berta, una donna sposata di cui è innamorato Enne 2, ma che non riesce ad abbandonare il marito. Berta è più grande di Enne 2, ha trentasei anni. Neppure il suo aspetto fisico è descritto, ma dal testo si può capire che è una donna attraente. Berta ha conosciuto Enne 2 subito dopo essersi sposata, però durante la guerra si è trasferita via da Milano perché la sua casa è stata distrutta. Comunque, viene ogni due o tre giorni e si ferma dai suoi cognati che abitano ancora a Milano, e con questa scusa molto spesso va a trovare Enne 2 a cui è legata da un sentimento profondo. Si rende conto, però, che la sua vita non è felice. Il matrimonio non le ha dato quello che cercava, vorrebbe diventare compagna di Enne 2, ma nello stesso tempo, pur essendo decisa, non riesce ad abbandonare il marito. E proprio in questa situazione emerge la sua debolezza che impedisce ai due di essere felici. Le conseguenze della sua scelta sono fatali per Enne 2, che preferisce sacrificare la propria vita in un duello con il capo fascista, non potendo vivere con Berta. Berta non è l’unica donna del romanzo. Altri personaggi femminili che compaiono nella storia sono un’anziana donna, Selva, «la bella vecchia dai capelli bianchi»89, che si prende cura del protagonista e che offre ai partigiani il nascondiglio. E Lorena, una giovane e bella ragazza, di cui il protagonista dice che sia brava e in gamba, e con la quale cerca di allontanarsi dai problemi della vita quotidiana:

Lorena era l’unica persona che conoscesse dove ora abitava Enne 2; era la sua portatrice d’arma, l’addetta a lui; ed era, quando si toglieva cappello e cappotto, alta e giovane, una ragazza. Lorena, da Enne 2, si toglieva sempre cappello e cappottto.90

87 Vittorini, Elio, Uomini e no, op. cit., p. 205. 88 Ivi, p. 208. 89 Ivi, p. 92. 90 Ivi, p. 32.

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Figlio-di-Dio, il partigiano che lavora come cameriere nell’albergo dei tedeschi, El Paso, il finto consigliere d’ambasciata spagnola, e gli altri partigiani Barca Tartaro, Metastasio, Orazio, Gracco, Foppa, Scipione, Membrino, Pico Studente, Coriolano e Zama sono personaggi secondari, però, indispensabili per lo svolgimento della storia. Essi sono uomini onesti e coraggiosi che lottano contro i nazifascisti al fianco del protagonista Enne 2. Alcuni di loro muoiono, perché preferiscono sacrificare la loro vita, compiendo così il loro compito. Ma tutti sono legati dall’impegno comune nella lotta per la libertà. Dal testo veniamo a sapere che questi patrioti «erano uomini semplici, pacifici»91:

Coriolano era un uomo semplice: aveva una faccia aperta e buona, e spesso diceva: «Io non so». Ma anche Mambrino aveva una faccia buona, l’aveva tonda e buona. E Barca Tartaro l’aveva ferma e buona. Pico Studente l’aveva acuta e buona. Tutti questi uomini erano semplici, erano pacifici, semplici, e i due giovani delle macchine, Metastasio e Orazio, erano come loro. Essi avevano, ognuno, una famiglia: un materasso su cui volevano dormire, piatti e posate in cui volevano mangiare, una donna con cui volevano stare; e i loro interessi non andavano molto più in là di questo, erano come i loro discorsi.92

Gli antagonisti principali del romanzo sono Clemm e Cane Nero. Essi presentano i due maggiori esponenti degli eserciti nazifascisti a Milano. Vengono descritti mentre compiono azioni di rappresaglia contro i civili, e mentre fanno lacerare un venditore ambulante, Giulaj, dai cani Gudrun e Blut per avere ucciso un altro dei loro cani, Greta, che lo aveva aggredito. Entrambi sono uomini crudeli e tirannici. Clemm alla fine viene assassinato in un’operazione dei partigiani, invece Cane Nero è ucciso in un duello da Enne 2 che sacrifica la propria vita. L’inumanità del personaggio di Clemm viene presentata, in un discorso con il finto consigliere d’ambasciata spagnola El Paso, attraverso le sue proprie parole:

Se sono i nostri ultimi giorni sono gli ultimi giorni di tutto il mondo. Per ogni tedesco che muore noi uccidiamo dieci persone. Siamo novanta milioni di tedeschi. Prima di morire in novanta milioni noi dovremmo uccidere novecento milioni di persone. Ci sono nel mondo novecento milioni di persone? Non ci sono. La Germania non può morire […].93

91 Vittorini, Elio, Uomini e no, op. cit., p. 53. 92 Ivi, p. 51. 93 Ivi, p. 64.

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3.2.4 Temi

I temi principali che emergono nel romanzo di Elio Vittorini, Uomini e no, sono soprattutto l’umanità, la guerra e l’amore. Il tema fondamentale è naturalmente la guerra che indica il periodo storico, la seconda guerra mondiale, particolarmente la lotta partigiana per la libertà. La guerra viene descritta soprattutto come un conflitto perché in tutto il corso del racconto non appaiono spesso scontri a fuoco, carri armati o intrusioni, ma invece vendette personali, fucilazioni singole e conflitti tra partigiani e nazisti. Altro tema della storia è l’amore, che è evidente tra i personaggi principali Enne 2 e Berta. Però i due non riescono ad essere felici, avendo la diversa condizione, Enne 2 è libero, mentre Berta ha un marito. Essa non ha il coraggio di lasciare suo marito. Perciò questo amore impossibile di Enne 2 per Berta, lo porta a compiere gesti irrazionali, come il sacrificio della propria vita. Questo tema si può osservare anche nel caso del venditore ambulante Giulaj, lacerato dai cani dei tedeschi, che prima di essere giudicato parla con il capitano Clemm della sua giovane moglie. Il tema generale del romanzo, enunciato già nel titolo, è sicuramente una questione fondamentale dell’umanità, cioè, la differenza tra uomini e non uomini. Nel romanzo „uomini“ sono rappresentati dalla gente comune, da Enne 2 e i suoi compagni impegnati nella lotta partigiana, invece „non uomini“ sono i personaggi che nel libro simbolizzano il mondo fascista. Nel romanzo sono presenti alcuni episodi insegnativi, dai quali emerge la convinzione che l’unico modo per salvare l’uomo consiste appunto nella lotta contro i nazi-fascisti. Vittorini chiarisce la sua visione dell’umanità, divisa in uomini e non uomini, in una dei sei capitoli scritti in corsivo:

L’uomo, si dice. E noi pensiamo a chi cade, a chi è perduto, a chi piange e ha fame, a chi ha freddo, a chi è malato, e a chi è perseguitato, a chi viene ucciso. Pensiamo all’offesa che gli è fatta, e la dignità di lui. Anche a tutto quello che in lui è offeso, e ch’era, in lui, per renderlo felice. Questo è l’uomo. […] Il Gap anche? Perdio se lo è! Il Gap anche, come qui da noi si chiama ora, e comunque altrove si è chiamato. Il Gap anche. Qualunque cosa lo è anche, che venga su dal mondo offeso e combatta per l’uomo. Anch’essa è l’uomo. […] Noi abbiamo Hitler oggi. E che cos’è? Non è uomo? Abbiamo i tedeschi suoi. Abbiamo i fascisti. E che cos’è tutto questo? Possiamo dire che non è, questo anche, nell’uomo? Che non appartenga all’uomo?94

94 Vittorini, Elio, Uomini e no, op. cit., p. 174.

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Questa divisione dell’umanità in uomini e non uomini causa l’apparizione di problemi «metafisici».95 È proprio il male, nelle opere di Elio Vittorini, che si identifica con il nazifascismo:

[…] Sangue? Ecco l’uomo. Lagrime? Ecco l’uomo. E chi ha offeso che cos’è? Mai pensiamo che anche lui sia l’uomo. Che cosa può essere d’altro? Davvero il lupo? Diciamo oggi: è il fascismo. Anzi: il nazifascismo. Ma che cosa significa che sia il fascismo? Vorrei vederlo fuori dell’uomo, il fascismo. Che cosa sarebbe? Che cosa farebbe? Potrebbe fare quello che fa se non fosse nell’uomo di poterlo fare? Vorrei vedere Hitler e i tedeschi suoi se quello che fanno non fosse nell’uomo di poterlo fare. Vorrei vederli a cercar di farlo. Togliere loro l’umana possibilità di farlo e poi dire loro: Avanti, fate. Che cosa farebbero?96

Altri temi, che emergono sia nel romanzo Uomini e no sia nelle altre opere dello scrittore, sono la felicità naturale, l’infanzia e il male, l’«offesa al mondo». Nel romanzo Uomini e no, i capitoli scritti in corsivo sono interventi dell’autore che riportano un immaginario dialogo tra l’autore stesso e il personaggio di Enne 2. La funzione di questi capitoli in corsivo è quella di confrontare i due ambienti in cui si trova l’uomo, cioè, l’età adulta e l’infanzia:

«Vuoi un giorno della tua infanzia?» chiedo a Enne 2. «Grazie» mi dice. «Non ne ho bisogno.» «Non vuoi la tua infanzia, e insieme a lei?» «Lei nella mia infanzia?» «Lei bambina e tu bambino. Tu e lei insieme.» «Ma io non so niente di lei bambina.» «Non sai tutto di lei? Tu sai tutto di lei.» «Ma non l’ho mai incontrata, lei bambina.» «E non puoi incontrarla ora? Puoi incontrarla ora.» «Ora no» mi dice. «Come?» io gli dico. «Tu puoi fermarla se vai da lei bambina. Non vuoi fermarla?» «Fermarla?» egli dice. «Fermare ogni cosa che le è accaduto?» «Puoi impedire che incontri quell’uomo.» «Impedire ogni cosa che le è accaduto?» «Puoi» gli dico. «Puoi impedire ogni cosa, e fermare lei.»97

Altro tema che spesso ricorre nelle opere di Elio Vittorini è il male, l’«offesa al mondo». Con Uomini e no, il male prende forme più storicamente riconoscibili, rendendosi identico nel fascismo e nel nazismo. Esemplare è la figura di Cane Nero che viene proposto, nelle pagine finali del romanzo, come figura universale del male.

95 Cfr. Briosi, Sandro, Invito alla lettura di Elio Vittorini, op. cit., p. 92. 96 Vittorini, Elio, Uomini e no, op. cit., p. 180. 97 Ivi, p. 39.

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Quando Cane Nero entra nella stanza, nella quale sta aspettando Enne 2 per poter ucciderlo, egli non è più un uomo, ma il male:

E Cane Nero, quando entra, è tutti i cani che sono stati, è nella BIBBIA e in ogni storia antica, in MACBETH e AMLETO, in Shakespeare e nel giornale d’oggi. Ma lui di sette anni, io lo porto via. Non altro rimane, nella stanza, che un ordigno di morte: con due pistole in mano.98

Nei romanzi neorealistici, che trattano la realtà contemporanea e le problematiche sociali del dopoguerra italiano, appaiono generalmente uomini e donne semplici con i loro sentimenti e le loro miserabili condizioni di vita. La guerra e la lotta partigiana vengono descritti dettagliatamente, mentre i rapporti personali vengono presentati in modo differente, più modestamente. La stessa cosa avviene per quanto riguarda i protagonisti del romanzo Uomini e no. Sebbene Enne 2 e Berta siano legati da un amore fortissimo, la loro relazione sentimentale viene espressa con poche parole sia da parte di Enne 2 sia da parte di Berta. Nel romanzo si possono osservare soltanto alcuni fatti relativi al loro amore. All’inizio del romanzo Berta esprime il suo sentimento profondo per Enne 2, dicendo: «Tu sei nato perché io l’ho voluto. Io sono nata e subito ho voluto che anche tu ci fossi. Non volevo essere al mondo senza che tu ci fossi.»99 Mentre l’amore di Enne 2 è simboleggiato dal vestito di Berta che egli tiene appeso sulla porta della sua camera da dieci anni, da quando si innamorò di lei. E dopo che decide di sacrificare la propria vita, alla fine della vicenda, non potendo vivere con Berta che non riesce ad abbandonare il marito.

98 Vittorini, Elio, Uomini e no, op. cit., p. 211. 99 Ivi, p. 8.

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Conclusione

Il neorealismo ha un ruolo importante nella storia della letteratura italiana perché rispecchia l’atmosfera di quel periodo. Lo scopo della nostra tesi era di rilevare il rapporto specifico tra Elio Vittorini e il neorealismo, del quale è considerato uno degli esponenti più significativi. Nel primo capitolo abbiamo riassunto in sintesi la vita e l’opera di Elio Vittorini. Abbiamo menzionato gli inizi del suo scrivere, i frequenti trasferimenti che erano causati dalla ricerca del lavoro ed anche i suoi incontri con i personaggi significativi. Abbiamo presentato le sue opere principali, ricordando anche il suo lavoro di traduttore. Nel secondo capitolo abbiamo cercato di definire le caratteristiche principali del neorealismo, il movimento culturale che si sviluppa tra gli anni ’43 e ’55 nell’Italia del dopoguerra. Abbiamo spiegato il termine “Neorealismo“ e la sua funzione che esso svolse in quel periodo, elencando i maggiori rappresentanti del neorealismo che compaiono nell’ambito cinematografico e letterario. Nel terzo capitolo abbiamo prestato attenzione all’opera neorealistica di Elio Vittorini, presentando la rivista «Il Politecnico», diretta da Vittorini ed edita da Einaudi, e analizzando il suo romanzo resistenziale Uomini e no. L’obiettivo principale del «Politecnico» era dichiarato già nel primo numero della rivista, intitolato Una nouvoa cultura: «Non più una cultura che consoli nelle sofferenze, ma una cultura che protegga dalle sofferenze, che le combatta e le elimini».100 Elio Vittorini voleva, con la sua rivista, rinnovare la cultura italiana ed inserirla nel contesto mondiale ed europeo, cercando di informare i lettori dei maggiori avvenimenti contemporanei. «Il Politecnico», senza dubbio, fu una delle riviste più importanti del secondo dopoguerra. La seconda parte del terzo capitolo è dedicata al romanzo Uomini e no, che tratta il tema della lotta partigiana. Nei sottocapitoli abbiamo spiegato la composizione e lo stile del romanzo, abbiamo cercato di narrare in breve la trama ed anche analizzare i protagonisti ed i temi che compaiono nel romanzo. Come abbiamo già accennato, nei capitoli precedenti, Elio Vittorini appartiene sostanzialmente alla corrente del neorealismo. Però abbiamo scoperto che, pur essendo considerato lo scrittore più rappresentativo di questo movimento, in realtà tocca il

100 De Nicola, Francesco, Neorealismo, op. cit. p. 35.

36 neorealismo solo in parte. Alcune sue opere, utilizzate come esempi tipici della letteratura neorealistica, esemplare è il suo romanzo Conversazione in Sicilia, dimostrano infatti caratteri assolutamente differenti. Per concludere, Elio Vittorini, uno degli autori più significativi del Novecento, non viene oggi apprezzato soltanto per la sua produzione di narrativa, ma, viene considerato uno dei massimi organizzatori di cultura del dopoguerra.

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Bibliografia

I. Bibliografia primaria

Vittorini, Elio, Conversazione in Sicilia, Rizzoli, Milano, 2006.

Vittorini, Elio, Il Garofano rosso, Mondadori, Milano, 2001.

Vittorini, Elio, Gli anni del «Politecnico»: lettere 1945-1951, a cura di Carlo Minoia, Einaudi, Torino, 1977.

Vittorini, Elio, Uomini e no, Mondadori, Milano, 2001.

II. Bibliografia secondaria

Briosi, Sandro, Invito alla lettura di Elio Vittorini, Mursia, Milano, 1971.

Calvino, Italo, Il sentiero dei nidi di ragno, Mondadori, Milano, 1993.

Crovi, Raffaele, Il lungo viaggio di Vittorini. Una biografia critica, Marsilio, Venezia, 1998.

De Nicola, Francesco, Introduzione a Vittorini, Laterza, Bari, 1993.

De Nicola, Francesco, Neorealismo, Editrice Bibliografica, Milano, 1996.

Ferroni, Giulio, Storia della letteratura italiana. Il Novecento, Einaudi scuola, Milano, 1991.

Ghidetti, Enrico, Luti Giorgio, Dizionario critico della letteratura italiana del Novecento, Editori riuniti di Sisifo, Roma, 1997.

Kautský, Oldřich, Italský filmový neorealismus, Orbis, Praha, 1958.

Luperini, Romano, Il Novecento: apparati ideologici, ceto intellettuale, sistemi formali nella letteratura italiana contemporanea, Loescher, Torino, 1981.

Pelán, Jiří, Slovník italských spisovatelů, Libri, Praha, 2004.

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Rosa, Alberto Asor, Scrittori e popolo. Il populismo nella letteratura italiana contemporanea, Savelli, Roma, 1979.

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III. Sitografia http://library.thinkquest.org/28490/data/italiano/index_i.htm http://www.italica.rai.it/cinema/neorealismo/index.htm

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