Labastide Laborde, Jean-Joseph De Storia Dell'arte Einaudi
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L Labastide La grotta di L (Alti Pirenei) è uno dei rari santuari paleo- litici in cui gli scavi archeologici hanno portato alla luce numerose lamine incise e sagome tagliate a forma di testa di stambecco. La decorazione parietale (in più punti assai rovinata da vandali), annunciata da una serie di bastoncel- li dipinti in nero, ha inizio con una zona di incisioni so- vrapposte, nella quale possono distinguersi un cavallo, un bisonte e due palchi di corna di cervo. Un bellissimo ca- vallo dipinto in nero e ocra ricorda i cavalli di Altamira, ed essendo assai vicino al Cavallo cinese del diverticolo as- siale di Lascaux, presenta tutte le caratteristiche dello stile IV antico. Di fronte ad esso un fregio di cavalli ac- compagnati da un bisonte attesta un’evoluzione nello stile IV verso il realismo. La composizione è conclusa da una figura umana frontale, da una testa di felino con zanne minacciose e da una sorprendente figura di animale dal lungo collo. I bisonti incisi, come quelli delle lamine, sono trattati nello stile IV recente. Il complesso della decora- zione sembra appartenere al Magdaleniano medio e recen- te. (yt). Laborde, Jean-Joseph de (Jaca (Aragona) 1721 - Parigi 1794). Proveniente da una famiglia di negozianti di Berna emigrati in Aragona, tornò giovanissimo a Bayonne, dove, associatosi a un pa- rente banchiere, mise insieme una grande fortuna dive- nendo, secondo i contemporanei, l’uomo più ricco di Francia. Nel 1758 si stabilì a Parigi accettando la carica di banchiere di corte, e nello stesso tempo seguì i propri Storia dell’arte Einaudi affari privati (in particolare lo sfruttamento di piantagio- ni di canna da zucchero a Santo Domingo). A Parigi ac- quistò numerose dimore, in cui raccolse opere d’arte, a quanto sembra a scopo essenzialmente decorativo, e non nell’intento di costituire un vero e proprio «gabinetto d’amatore». Il suo primo palazzo, in rue de la Grande- Batelière, era ornato da dipinti di François Lemoyne (due di essi, sui dieci originari, Bagnante e Pigmalione,si trovano oggi in museo a Tours), Desportes, Greuze (che in particolare dipinse una sorta di ritratto collettivo della famiglia Laborde nel suo quadro La cara madre), e da ri- tratti di Roslin e Ducreux. Per il palazzo che si fece in seguito costruire in rue d’Artois, L commissionò dipinti a Lagrenée, Vigée-Lebrun, Carle Vernet (Trionfo di Paolo Emilio: New York, mma), F.-X. Fabre (Morte di Abele: in museo a Montpellier) e Hubert Robert, che sarebbe diventato il suo pittore preferito. Nelle sue dimore di campagna nella regione parigina esibì altrettanto lusso; Joseph Vernet eseguì otto tele per il castello di La Ferté – Vidame, le Quattro ore del giorno sulla terra e sul mare (cinque sono oggi conservate ad Avignone); e i Lagrenée e Callet dipinsero composizioni mitologiche e decorative (non meno di cinquantasei opere di Lagrenée il Vecchio). Infine, nel 1784, L acquistò la proprietà alla quale dove- va restare maggiormente legata la sua memoria, il castello di Méréville presso Etampes. Il parco, ornato di edifici, venne progettato, si dice, da Hubert Robert, il cui nome è legato anche alla decorazione interna. Accusato di cor- rispondenza e traffici col nemico, L venne ghigliottinato nel 1794. Il figlio maggiore, François de L. de Méréville (Parigi 1761 - Londra 1802), spirito liberale, combatté nella guer- ra d’indipendenza americana e nel 1789 venne eletto de- putato del Terzo Stato per il baliato di Etampes. Egli amava appassionatamente la pittura, ancor più del padre; questo lo spinse a riacquistare nel 1791 dal visconte di Walkuers di Bruxelles, prima ancora che fossero disponibi- li, i quadri italiani e francesi della Galleria del Reggente, che Philippe Egalité aveva appena venduto per 750 ooo li- vres. Per conservare alla Francia quest’inestimabile colle- zione, ne ottenne la cessione al prezzo di 900 ooo livres e progettò di collocarla in una galleria adiacente al suo palaz- zo. Nel 1792, ritenendosi in pericolo di vita, emigrò a Londra, portando con sé le sue collezioni. Nel 1798, privo Storia dell’arte Einaudi di altre risorse, fu costretto a disfarsi dei suoi 396 quadri; venduti a Londra tramite il mercante Bryan, essi andarono dispersi nelle collezioni dell’aristocrazia inglese. (gb). Labruzzi, Carlo (Roma 1748 - Perugia 1817). Ha occupato un posto di rilie- vo a Roma nel panorama artistico cosmopolita dell’ultimo quarto del xviii sec. In particolare, era molto apprezzato dai Grand Tourists come «pittore topografico». Per questa ragio- ne i suoi paesaggi (con echi sia da Claude che da Hackert) sono in gran parte fuori d’Italia, soprattutto in collezioni private inglesi. In anni recenti la critica ha messo in rilievo anche il suo ruolo di pittore di «scene di conversazione», genere piuttosto raro nella storia dell’arte italiana: La cola- zione della famiglia Ruspoli (1807) e La famiglia Ruspoli nel giardino di Vignanello (1815 ca.: Roma, coll. priv.), Isabella e Alessandra Potocka (1780: Varsavia, Museo di Wilanów). Della sua cospicua attività grafica sono particolarmente ap- prezzati i circa 400 acquerelli che illustrano i monumenti antichi della Via Appia, da Roma a Benevento, commissio- natigli nel 1789 da Richard Colt Hoare per la sua raccolta d’incisioni Classical Tour through Italy and Sicily. Dipinse anche soggetti mitologici: Apollo e Diana (1782) per una sala del Casino Borghese; Telemaco e Minerva (1776: Museo di Compiègne); La venditrice di Amorini (Roma, coll. priv.) e temi sacri: Lo sposalizio della Vergine (1814: Perugia, Museo del Duomo); Riposo durante la fuga in Egitto (conservato a Epinal). Si segnala inoltre come buon ritrattista: Ritratto dell’archeologo Zoega (1809: Roma, Museo di Roma); Ritrat- to di Antonina Anna Krasinska (1808: Varsavia, Museo di Wilanów); molti ritratti della moglie di Vincenzo Monti Te- resa Pichler (1807: Firenze, gam; Roma, gnam; Roma, Museo Napoleonico). Fu accolto nel 1781 tra i Virtuosi del Pantheon e nel 1796 all’Accademia di San Luca. Dal giugno 1813 alla morte (dicembre 1817) fu direttore dell’Accade- mia di belle arti di Perugia. (mvc). Labruzzi, Pietro (Roma 1739-1805). Allievo di Marco Benefial e fratello maggiore di Carlo L, è buon ritrattista e autore di numerose pale d’altare. Dipinge la sua prima opera religiosa per la chiesa romana di Santa Maria della Luce: La Madonna, sant’Anna e san Gioacchino (1753). Seguiranno La Madonna Storia dell’arte Einaudi del Rosario tra i santi Domenico e Teresa e San Lorenzo per la chiesa di San Michele a Castel Madama (1775 ca.); Il mira- colo della Pentecoste per la chiesa del Pantheon; La morte di santa Scolastica per Sant’Andrea a Subiaco (1788); Un mira- colo di san Bernardino per l’oratorio del Santo a Perugia. Particolarmente importante è il nucleo di opere per il Duomo di Spoleto (1790-1796): Il beato Gregorio da Spoleto; La manna nel deserto; Elia confortato dagli angeli; L’angelo custode; Il sacrificio di Melchisedec; Il sacrificio di Abramo. Sempre a Spoleto, nella chiesa di San Filippo, è oggi conser- vata la pala d’altare con La Madonna e i sette santi fondatori dell’ordine dei Servi di Maria. Se è forse lecito giudicare ab- bastanza severamente i dipinti chiesastici, opere di routine quasi sempre prive d’ispirazione, degni di nota sono invece i suoi ritratti: citiamo solo, tra gli altri, il celebre Ritratto di G. B. Piranesi (1779: Roma, Palazzo Braschi), quello di Vin- cenzo Pacetti (1779: Accademia di San Luca), di Padre Gar- nier (1780: Digione, mba), della poetessa Bandettini Landuc- ci (1794: Roma, Bibl. Angelica di Sant’Agostino), di Sir J. B. Burges (1774: Londra, coll. priv.), dell’incisore Giovanni Folo (Roma, coll. priv.). Nel 1780 fu accolto nella Congre- gazione dei Virtuosi al Pantheon. (mvc). Lacasse, Joseph (Tournai 1894 - Parigi 1975). Figlio di un cavapietre e lui stesso avviato allo stesso mestiere, s’ispirò in alcune com- posizioni a pastello, eseguite negli anni ’10, alle forme mi- nerali; queste opere rappresentano le prime realizzazioni d’arte non figurativa in Belgio (Studio I, 1911: Bruxelles, coll. priv.). Nel 1912 entrò all’Accademia di Tournai sco- prendo il movimento cubista, poi a quella di Bruxelles nel 1919 e, passando attraverso una fase figurativa, pervenne poi all’astrazione totale. Stabilitosi a Parigi nel 1925, fu l’animatore della Galleria l’Equipage, aperta a Montpar- nasse nel 1913. Le sue ricerche sulla materia-colore si chiariscono dopo il 1945 (Pittura, 1936: coll. priv.). Le sue ultime opere sono generalmente di grande formato e vi dominano colori verdi, blu o rossi; presentano anche analogie con le sue composizioni geometriche precedenti il 1914. La Galleria Jacques Massol a Parigi ha organizza- to dal 1969 al 1971 una retrospettiva delle sue prime ri- cerche. Opere di L sono presenti nei musei di Parigi (mnam e mamv), Bruxelles, Tournai, Tel-Aviv, Pittsbour- gh, Melbourne (ng). (mas). Storia dell’arte Einaudi Lacaze, Denis Charles Henry Gauldrée Boilleau marchese de (1773-1830). Percorse l’Europa in qualità di commissario agli approvvigionamenti di guerra, approfittando di tali viaggi per soddisfare la propria passione di collezionista, sia acquistando quadri che ricevendoli in dono. Poté così premettere al catalogo del proprio gabinetto, quando lo offrì alla città di Bordeaux, questa nota: «Catalogo dei quadri da me acquistati durante i miei viaggi o donatimi da sovrani» Tra i sovrani cui L accennava, vanno citati in particolare il re di Baviera e il principe Enrico di Prus- sia. Nel 1822 il marchese, che abitava nel suo castello di L presso Gabaret (Roquefort-des-Landes), e che era già membro del Consiglio generale, venne eletto deputato; si ritirò a vita privata nel 1827. Nel 1822 offrì in vendita la propria coll., al Museo di Bordeaux; ma benché avesse acconsentito a ridurre il prezzo di quasi la metà, la man- canza di fondi obbligò la città a sospendere le trattative.