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Anno V N. 38 - Aprile 2016 ISSN 2431 - 6739 Giuliano Montaldo incontra la Sardegna e Nuovo Cinema del riceve il premio alla carriera Reale, una rivoluzione La magnifica leggerezza creativa di un autore dello sguardo “La cultura è speran- carriera, dei suoi sessantacinque anni di cine- za”. E' stata questa la ma, il regista ha parlato diffusamente nei due Riflettere su un feno- frase con cui Giuliano giorni in Sardegna, in un fine settimana di meno come quello del Montaldo ha concluso marzo dal tempo quasi invernale, incongruo ri- nuovo cinema del reale l'incontro con il pub- spetto alle alte temperature dei mesi preceden- italiano significa misu- blico sardo, il 12 Marzo ti. Il primo appuntamento si è svolto in uno dei rarsi con un quadro a Elmas (CA), dopo una saloni della Biblioteca Provinciale di Caglia- aperto e in pieno fer- serata emozionante, in ri, incentrato sulla presentazione del libro mento. Con una rivo- Elisabetta Randaccio cui gli è stato conse- segue a pag. 4 luzione dello sguardo i gnato un premio alla cui esiti non sono an- Chiara Gelato carriera. Quelle parole, dette da un maestro del cora scritti, ma che nel cinema italiano, un uomo intelligente e spirito- suo tracciato lungo quindici anni sembra tro- so, gentile e disponibile, carismatico, ma mai vare oggi un suo diritto di cittadinanza. Se ne arrogante, hanno colpito al cuore chi, tra gli sono accorti (da tempo) i festival di tutto il spettatori, crede ancora possibile la cultura co- mondo, attribuendo a questo cinema premi e me chiave di crescita personale, di arma contro riconoscimenti. Se ne sta accorgendo la stam- l'intolleranza e l'individualismo assoluto. D'al- pa italiana di settore (e non), oltre che le asso- tronde, durante la rassegna dedicata al regista ciazioni di categoria (il Sindacato Giornalisti di Giordano Bruno, organizzata con competenza Cinematografici che ha raddoppiato i Nastri dall'Associazione “L’Alambicco” e dalla “Mac- d’argento), mentre si moltiplicano i rimandi china Cinema” con la collaborazione di partner del cinema di finzione, quello mainstream, che istituzionali e culturali (con il patrocinio della in modo più o meno diretto ci si confronta. La Regione Sardegna) rivedendo i suoi film, è sua voce ha raggiunto i palazzi della politica emerso quello che Montaldo ha sempre affer- (87 ore di Costanza Quatriglio proiettato in Se- mato, ovvero la sua insofferenza per l'intolle- nato, Renzi al vertice Ue con 27 copie di Fuoco- ranza. Di questa scelta ideologica, della sua “Eclissi LULA” di Pierfrancesco UVA ammare di Gianfranco Rosi) e sta formando una nuova generazione di spettatori, più ma- tura e consapevole, che va a cercarsi il film così Marzullo e il suo Cinematografo ovvero il come i suoi autori lo fanno crescere e lo accom- pagnano assicurandogli lunga vita. Mettendo cabaret marzulliano insieme tasselli, film, sguardi, sensibilità, vie- Già da un po’ di anni – versa in uno stato comatoso, è giunta a un ne fuori un luogo aperto e multiforme, che co- da quando cioè dopo punto di non-ritorno (a meno di ridisegnare niuga autonomia di ricerca e di produzione, l’overdose dei dibattiti approcci, metodi e protagonisti, di porsi se- coraggio e libertà nell’affrontare temi poco paludati da cineforum, riamente il problema di una rinascita senza praticati o giudicati tabù, come denuncia Da- qualcuno per non con- formulette esorcistiche in stile renziano). Co- niele Vicari in un intervento su Facebook1 segnarsi alla critica mi- me è risaputo che da tempo se di approfondi- all’indomani della vittoria di Fuocoammare Alberto Castellano litante altrettanto palu- mento sui giornali neanche a parlarne (oltre dell’Orso d’oro a Berlino. Un racconto anticon- data, decise di allargare tutto lo spazio riservato alle recensioni su tut- venzionale dell’Italia, che trova nella costante lo sguardo sul cinema per andare oltre – le rifles- ti i quotidiani è stato ridotto drasticamente), e radicale interrogazione sul presente la sua sioni più interessanti, le analisi più stimolanti, l’informazione (almeno quella) un po’ più se- segue a pag. 6 le ricognizioni più audaci e stravaganti del ci- ria, rigorosa e stimolante che sarebbe prero- 1 “(...) Non credo sia secondario il fatto che Rosi nema commerciale e d’autore, destinato ai gativa culturale televisiva latita, non solo ma è sia un apolide, che si sia formato fuori dai confini dell'Ita- multiplex ma anche al piccolo schermo o addi- stata surrogata soprattutto sulla Rai con cro- lia. Infatti con il suo "gesto" cinematografico ha rotto una rittura alla rete vengono dai filosofi e da intel- nache di passerelle dai festival, servizi dei tg incrostazione culturale e produttiva insopportabile basata lettuali di altre discipline. Insomma chi oggi che sembrano quelli di vent’anni fa e, dulcis in sul pregiudizio tutto politico, che l'immigrazione al cinema vuole ancora trovare un contatto tra il cinema fundo, con il cabaret marzulliano. Meno male "non ha appeal". Ecco, l'immigrazione non ha appeal, il e il contemporaneo deve rivolgersi a filosofi insomma che nella desertificazione cinecultu- lavoro non ha appeal, il disagio sociale non ha appeal, la come Rancière e Žižek o a pensatori di cinema rale della tv generalista di stato (le tre reti protesta non ha appeal… a furia di praticare questa "filoso- come il francese Aumont e il nostro Ghezzi storiche per intenderci perché Rai Movie, Rai fia" asfittica il sistema produttivo-distributivo italiano ci sulla scia di Deleuze e Daney. In Italia poi la 4, Rai 5 non spostano più di tanto la questio- aveva condotto in un cul-de-sac”. D. Vicari, A proposito di questione naturalmente ha assunto contorni ne) c’è Marzullo e il suo “Cinematografo” che Rosi: viva Gianfranco e tutti i documentaristi!, 21 febbraio peggiori ed è risaputo che la critica cinemato- è diventato giocoforza il programma di punta 2016. Per l’intervento integrale si veda www.facebook.com/ grafica della carta stampata e della televisione segue a pag. successiva danielevicariofficial/posts/1152826778083738. [email protected] n. 38

segue da pag. precedente Dandini e i cicli presentati in prima o seconda kitsch e involontariamente postmoderno do- della (dis)informazione e della (anti)critica ci- serata dallo stesso Fava, Rondi, Cosulich, Pin- ve il cerimoniere dandy Marzullo (sempre im- nematografica dell’emittenza di Viale Mazzi- tus, Razzini ecc... del periodo migliore appar- peccabile e elegante con capigliatura lunga e ni. Ma non ci vuole molto vista la mancanza di tengono a un’altra epoca e oggi non sono ripro- curata da figlio di papà ribelle) deve arbitrare “concorrenza” nella stessa azienda. In realtà ponibili. Come sappiamo che “Cinematografo”, opinioni, resoconti, possibili ma soft polemi- Gigi Marzullo da Avellino, diventato in breve forte di consensi e audience crescenti negli an- che, collegamenti esterni spesso enfatizzati tempo con un’escalation politica inarrestabile ni, di un’ attrazione fatale tra conduzione te- come scoop, finti bilanciamenti tra i giudizi uomo di televisione furbo e professionalmen- levisiva e carta stampata, di un’abile perversa dei critici e il pubblico all’uscita dai cinema, te duttile e funzionale, ha cominciato “Sotto- formula trasversale che ha visto crescere gli ma anche dimensioni diverse (reali o evocate, voce” per poi gestire in lungo e in largo il palinse- interventi e le partecipazioni di critici, intel- tangibili o fuori campo) ritagliate abilmente sto notturno della Rete ammiraglia. Facendosi lettuali e direttori di festival insospettabili in uno spazio standard riservato agli incontri conoscere circa 20 anni fa con”Sottovoce”, poi (sapete quelli progressisti o radical chic della in studio e le relative tipologie umane che le si è “allargato” sempre di più inserendosi tem- serie “mai da Marzullo” o che storcevano il na- occupano. E quindi troviamo il talk show più pestivamente in un vuoto di idee, di palinsesti so appena ne sentivano parlare e poi puntual- cazzeggione, la televendita ammiccante, la con- e di programmi specifici e ritagliandosi quello mente ce li siamo ritrovati in studio o in colle- duzione cabarettistica che col mestiere di chi spazio notturno “rischioso”, quella zona fran- gamenti esterni) ma anche l’interesse e la fa spettacolo prevede rituali presenze di attori ca dei nottambuli, degli insonni, di quelli che curiosità di (pseudo)cinefili o spettatori colti e e registi dei film usciti in settimana ma che ri- fanno zapping in cerca di qualcosa di diverso, informati che aderiscono al programma o ne sultano innocue e anodine sovrastate come sbaragliando al tempo stesso senza problemi sono influenzati (della serie “l’ho sentito a “Ci- sono da quelle di critici e opinionisti (in stu- la potenziale “concorrenza” (figuriamoci se nematografo” ”, “lo hanno detto da Marzullo”) dio o in collegamento) maschili e femminili questa Rai che negli anni “d’oro” programma- è diventato un programma cult-trash e come dalle tonalità più diverse e funzionali a un va rubriche di cinema e presentazioni di cicli tale inattaccabile e blindato al punto che le gioco delle parti: c’è quello impettito e stento- nel tardo pomeriggio o in prima serata oggi frequenti bordate irriverenti dai numerosi reo da lezione universitaria, quello drastico ripescherebbe un format per la fascia nottur- blog e siti di cinema gli fanno il solletico, le lu- ma affabile, quello furbamente interlocutorio, na) con la consapevolezza dell’inoffensività cide critiche nei primi anni del programma di quello colloquiale per non rischiare di con- del ghezziano “Fuori Orario” di Rai3 , da anni Aldo Grasso sulle pagine del Corriere hanno traddire troppo certe direttive, quello cinefilo l’unico grande cineclub italiano, anche oltre il finito per il classico circolo vizioso mediatico dubbioso e problematico (tutti a volte per pa- piccolo schermo, con le sue maratone nottur- reri simultanei sono collocati in primo piano ne di cinema (spesso inedito) estremo e sofisti- in riquadri da installazioni sperimentali). E cato per intellettuali e cinefili doc. Il Gigi na- poi dopo l’abbandono di Gian Luigi Rondi e la zionalpopolare (personaggio ineffabile che scomparsa di Gregorio Napoli, due veterani avrebbe meritato una “Fenomenologia di...” di autorevoli, sempre più largo alle giovani leve Umberto Eco) diventato il responsabile della femminili, ragazzine di qualche testata o di struttura Notte di Rai 1 dal 2013, quando viene siti di cinema online che hanno imparato la nominato capostruttura cultura della prima lezioncina e parlano come se stessero al co- rete Rai, ha praticamente occupato il palinse- spetto di una commissione d’esame (ma quasi sto notturno della prima Rete: i primi giorni sempre non sanno neanche di cosa parlano). feriali della settimana con “Sottovoce”, il gio- E, dulcis in fundo, le impareggiabili anziane vedì con “Settenote - Musica e musiche”, il ve- professoresse parruccone truccate e accon- nerdì con “Cinematografo”, il sabato con “Mil- ciate da Desperate Housewives della provin- leeunlibro - Scrittori in TV” e infine la cia italiana. Difronte a questo scenario è inutile domenica con “Applausi” e “L’appuntamento porsi troppe domande o meglio marzulliana- - libri in TV”. Una poliedricità culturale e una mente “fatevi una domanda e datevi una rispo- polivalenza informativa davvero invidiabili. Il sta”. problema è che proprio il programma sul ci- “Marzullo dandy” nella vignetta di Pierfrancesco Uva nema diventato di fatto “il fiore all’occhiello” Alberto Castellano del marzullo-style è il peggiore. Ma parados- salmente proprio il conduttore è il meno col- per fargli ulteriore pubblicità. E il fatto che pevole perché sono i materiali umani che deve circa dieci anni fa di una petizione online che gestire che parlano da soli e purtroppo fanno raccolse un centinaio di firme all’insegna del- dell’appuntamento settimanale un attendibi- lo slogan “Chiudete il Cinematografo di Mar- Chi è Gigi er le termometro/specchio della deriva della cri- zullo“ (alla quale il conduttore infastidito con fenomeno e perchè tica e dell’informazione cinematografica nel l’arroganza della vecchia Democrazia Cristia- nostro paese. Certo non glieli ha ordinati il na neanche replicò) ne parlò con l’adeguato si parla di lui! medico ma sono campioni emblematici e fun- spazio solo un giornale di destra come “il zionali per fare “spettacolo” e audience nono- Giornale”, la dice lunga su come Marzullo e i Luigi Marzullo detto Gigi (Avellino, 25 lu- stante l’orario (ufficialmente tra l’una e le due suoi “arruolati” siano diventati degli “Untou- glio 1953) giornalista e conduttore televi- di notte tra il venerdì e il sabato, ma spesso si chables ”. Né pensiamo a degli approfondi- sivo, Laurea in Medicina e Chirurgia a Pisa. sfora e in qualche caso si arriva anche alle 3 menti con Francesco Casetti, Paolo Bertetto, Entra in Rai su diretta segnalazione del cor- circa). Non siamo dei nostalgici ottusi. Sap- Gianni Canova, Enrico Ghezzi, Giorgio Agam- regionale Ciriaco De Mita (già presidente piamo che anche il mondo della comunicazio- ben, Remo Bodei, Maurizio Ferraris. Però, an- del Consiglio dei Ministri, segretario nazio- ne da anni è profondamente cambiato, che lo diamo, per l’unico settimanale di cinema di nale e presidente della Democrazia Cristia- scenario mediatico è stato stravolto, che oggi si è un servizio pubblico è lecito pretendere qual- na). È responsabile della struttura Notte di iperconnessi e si può sapere tutto di tutti in tem- cosa di più. Comunque resta il fatto che chi fa le Rai 1 dal 14 maggio 2013, quando viene po reale e quindi l’attesa per un programma tele- ore piccole e non gliene frega niente di certi di- nominato dal direttore generale RAI Luigi visivo (qualunque esso sia) non è proprio spa- stinguo, vuole rilassarsi, farsi quattro risate e Gubitosi capostruttura cultura della prima smodica. Come sappiamo che i programmi di scoprire qualcosa di surreale autoreferenzialità rete RAI. divulgazione tipo “Dolly e Set” di Claudio Fava, non trova di meglio di “Cinematografo”. Perché Placido & Chiaretti, Masenza & Bortolini, la viene catapultato in un contenitore/salotto 2 [email protected] L’impegno trasversale, da parte di tutte le forze politiche, per promuovere il ruolo della cultura nel nostro Paese e la sua rilevanza eco­ nomica e sociale. Prosegue lo spazio dedicato ai politici di buona volontà che vorranno impegnarsi su “La priorità dell’azione politica nell’ambito della cultura” La parola ai politici: Riforma del Cinema: un film già visto

Anche se non ho espe- uno di quelli che fa bene alla democrazia, an- sappiamo della proposta governativa, dunque rienze pregresse, cre- che a prescindere dall’uso che poi se ne fa. non mi dilungo in questo. Tante deleghe, anzi do di poter dire che Perché l’ascolto è sempre un bene, poi la poli- auto-deleghe (il governo delega se stesso), questa legislatura è tica fa le sue scelte e se ne deve assumere le re- l’Organo centrale alle dirette dipendenze del davvero “strana”. Due sponsabilità, rese ancor più evidenti proprio ministero (Consiglio Superiore del Cinema e presidenti della repub- perché si è ascoltato in precedenza. E’ stato dell’Audiovisivo), scarsa attenzione alla parti blica eletti, legge elet- detto: “si andava per le lunghe”, “la lista di au- più “fragili”, quelle più creative, quelle da pro- Fabrizio Bocchino torale incostituziona- diti era troppo vasta”. Il seme dell’insofferen- teggere dalle logiche di mercato. Aggiungo le, larghe intese, ed il za all’ascolto (vogliamo dire dell’intolleranza?) solo che a confronto del Consiglio franceschi- processo di delegittimazione degli organismi cerca sempre di insinuarsi anche laddove non te niano, persino il Centro Nazionale del Cine- intermedi ed assembleari a tutti i livelli, siano l’aspetti. Ma le audizioni proseguivano senza ma della proposta Di Giorgi, seppur criticato istituzionali che sociali, portato alle estreme intoppi. Fino all’arrivo di un fulmine a ciel se- durante le audizioni nella composizione e conseguenze pratiche, e, con la riforma Ren- reno. La sera del 28 Gennaio, dopo alcune set- nelle funzioni, sembra quasi un paradisiaco zi-Boschi, anche teoriche e formali. A mente timane dall’inizio delle audizioni ed a pro- strumento di democrazia diretta. Per il resto fredda dunque, ripensiamo alla vicenda par- gramma già quasi interamente svolto, i il confronto non è semplice. Nel ddl Di Giorgi lamentare della legge di riforma del cinema senatori della commissione apprendono dai non vi sono deleghe mentre nel ddl governati- della senatrice Di Giorgi e di quella, ad essa telegiornali di prima serata, che il Presidente vo, in perfetto stile renziano, ce ne sono addi- correlata, della proposta governativa France- del Consiglio ed il ministro Franceschini, con rittura quattro tra cui una particolarmente ri- schini, e non ci stupiamo più dello stravolgi- un grazioso siparietto a palazzo Chigi insie- levante, il “ Codice dello Spettacolo”, sarebbe mento delle prerogative parlamentari, del sov- me a 4 illustri personalità del mondo dello stato auspicabile che tale materia venisse af- vertimento dei percorsi costituzionalmente spettacolo e del cinema, hanno presentato un frontata nella sana dialettica parlamentare stabiliti, tante volte è successo in questa legi- disegno di legge di riforma del settore. E’ an- invece che nelle segrete stanze governative. E’ slatura. Ci siamo assuefatti, abituati. Insom- data così. Né più né meno. Nessun preavviso. un film già visto. E lo abbiamo visto tante vol- ma, il classico “film già visto”. Però, tenuto con- Niente di niente. “Ma tu ne sapevi niente?” te. Gli annunci in TV, l’intervento governativo to che già da queste stesse pagine dei Diari di “No, io no, tu”, “No !”. E che c’è in questo dise- a gamba tesa sul parlamento, la delegittima- Cineclub è stato denunciato come la proposta gno di legge? Mistero. Per svariati giorni, ci si zione del serio lavoro nelle commissioni, la governativa stia cominciando a riscuotere de- è dovuti rifare al comunicato stampa dell’e- sorpresa persino nei colleghi di maggioranza. gli apprezzamenti provenienti da direzioni vento, che ci rimandava dei contenuti che po- Altri esempi? Fra quelli che più riguardano la inaspettate, è bene dunque non rinunciare al co avevano a che fare con il ddl Di Giorgi. An- mia commissione, la c.d. “buona scuola” i cui proprio ruolo di “dissidenti”, e parafrasando cora oggi, mentre scrivo questo pezzo, il testo sviluppi erano illustrati nei salotti televisivi, ed la più consolidata tradizione cinematografica ufficiale del ddl non è reperibile, e ci dobbia- il caso da manuale della legge sul settore 0-6 an- fantozziana, alzare la mano ed intervenire tra mo avvalere delle copie ufficiose che ormai ni dell’istruzione, provvedimento abbondante- il conformismo generale dopo l’ennesima impazzano sul Web (AGGIORNAMENTO: il mente discusso e con emendamenti già pre- proiezione aziendale imposta, e pronunciare pezzo è stato inviato ai “Diari” il 16 Marzo e sentati ed illustrati in commissione, quando la celebre frase ormai scolpita nella storia del quello stesso giorno il ddl governativo è stato intervenne come una mannaia una bella dele- cinema nostrano, rivolta al famoso capolavo- finalmente annunciato in aula a fine seduta, ga nella medesima “buona scuola” che azzerò ro del maestro Eisenstein. Non so però se in ed il testo ufficiale è apparso infine il 24 marzo tutto il nostro lavoro. Alla legge del cinema, ad questo sonnacchioso paese, potranno seguire sul sito del Senato e non risulta ancora a oggi, manca solo il carattere di urgenza ed il i 90 minuti di applausi generalizzati. Gli ele- tutt’oggi 30 Marzo assegnato alla 7° commis- voto di fiducia. Ma arriveranno anche quelli. menti dello psicodramma della legislatura sione). La prima audizione del dopo-sipariet- Nell’incertezza più totale che ora avvolge la te- renziana ci sono tutti. Anzi, quasi. Perché sta- to arriva pochi giorni dopo, il 2 Febbraio, ed è matica cinema (non è neanche chiaro se il ddl volta ci avevamo creduto sul serio che un stata raccontata, per le nove Associazioni Na- governativo sarà incardinato al Senato, dove grande intervento su uno dei settori cultural- zionali di Cultura Cinematografica che il caso si porrà il problema di elaborare un testo base mente più significativi come quello del cine- ha voluto presenti in questa evenienza, da “unificando” le due proposte, oppure alla Ca- ma partisse e fosse interamente discusso in Candido Coppetelli nel numero 37 dei Diari di mera, cosicché non si avrà neanche questo parlamento. C’era la legge Di Giorgi, ed era Cineclub. La scena è surreale. Gli auditi stava- problema ed il governo non avrà l’impiccio di stata pure calendarizzata in commissione, no intervenendo su una legge del cinema che esaminare la proposta del Senato), sono sicu- quale onore!! Il programma della audizioni non conosceva nessuno al di fuori della com- ro che arriverà puntuale l’annuncio del nostro era ambizioso e dunque complicato da porta- missione, mentre il resto d’Italia sapeva che il ineffabile premier “legge del cinema entro un re avanti nell’affollato calendario della com- governo aveva avviato un’epocale riforma del mese !!!”, e così anche il finale del film già vi- missione. Eppure ce l’avevamo fatta. Associa- cinema, a noi totalmente preclusa. Presi la pa- sto e stravisto sarà completo. zioni di categoria e non, di imprenditori, rola piuttosto irritato e denunciai la cosa: a attori, sceneggiatori, musicisti, tecnici, dop- che serve ora questa audizione? A che sono Fabrizio Bocchino piatori, e così via , sono sfilati pazientemente servite le precedenti? Che fine fa il ddl Di davanti la commissione, una o due volte a set- Giorgi ora? Chi ha sentito il governo nell’ela- timana, costantemente, regolarmente, of- borare la sua proposta? Domande rimaste frendo a noi senatori uno spaccato preciso e inevase. Nel merito, il bellissimo articolo di (Erice, 1968) Laureato in Fisica, senatore della Repubbli- puntuale di questo mondo, di cui, diciamoce- Stefania Brai, anch’esso nel numero 37 dei ca della XVII legislatura essendo stato eletto nel 2013 nel- lo, in parlamento non si parla quasi mai. Un Diari di Cineclub, dà una rappresentazione la circoscrizione Sicilia. Segretario della VII Commissio- grande esercizio di condivisione e di ascolto, piuttosto accurata di quello che ad oggi ne Istruzione Pubblica e Beni Culturali del Senato. 3 n. 38

segue da pag. 1 né a destra. Al Festival di Venezia fui fischiato una collaborazione felice con il fratello Leo Un marziano genovese a Roma (Felici Editore) e pensai di abbandonare il cinema”. Per fortu- Pescarolo), appunto assistente alla regia; ha scritto da Caterina Taricano. Si tratta di un te- na, Giuliano Montaldo incontra Vera Pescaro- lavorato nell'ambiente del cinema in tutti i sto accattivante, che si legge d'un fiato, perché lo, una donna straordinaria, che diventerà settori, una figura che emana ancora libertà e l'autrice con abilità ha riportato le volontà. E' stata lei, quando si è le- memorie, i pensieri, i racconti (a gata sentimentalmente a Giuliano volte pure esilaranti) del regista li- Montaldo, a farlo desistere dalla gure, riuscendo a comporre un viva- scelta di abbandonare la regia dopo ce e interessante ritratto. La Tarica- Tiro al piccione e lo ha portato a no, presente all'incontro cagliaritano, orientarsi nella sua carriera con ha ricordato il percorso della scrittu- scelte adeguate e importanti. Lui ra del libro e come sia stata una scel- sorridendo ci dice “dato che era ta mirata quella di iniziare il “mo- una produttrice severa, ho preferi- nologo” del regista con l'evocazione to portarla dalla mia parte!” Il libro dei film non realizzati, i suoi “so- di Caterina Taricano, peraltro, ini- gni”, nati come tali (“quando li so- zia proprio con la dichiarazione del gno sono perfetti, affascinanti”). regista di L'Agnese va a morire, di Dunque, anche la serata ha preso il “quanto sia stata importante per la via ricordando i progetti cinemato- mia vita Vera Pescarolo, la mia Ve- grafici amati e mai compiuti. Come ra, con cui ho condiviso vita, lavo- quello esemplare che doveva ro- ro, amore”. Insomma, una donna Il Maestro Romeo Scaccia, pianista, nella caricatura di Luigi Zara manzare la vicenda di “Unidad Po- speciale, a cui possiamo attribuire pular”, nel Cile di inizio anni settanta. Era sta- sua compagna di vita e di lavoro, sua assisten- buona parte della riuscita dei capolavori del to lo stesso leader del partito, diventato te e sua moglie. Anche Vera Pescarolo era pre- marito. Eccoli, quindi, rispondere insieme al- presidente dello stato sudamericano, Salvator sente all'incontro alla Biblioteca Provinciale, le domande del pubblico, per esempio, su qua- Allende, a chiedere con una lettera (“la conser- partecipando con i suoi interventi acuti e spi- le tipo di film ancora li incuriosisca. Vera Pe- vo gelosamente”), dopo la visione di Sacco e ritosi. Il pubblico l'ha amata subito. Difficile, scarolo ha esclamato subito “Tutti i film belli”. Vanzetti, a Montaldo la possibilità di realizza- infatti, incontrare una donna così determina- Montaldo ha aggiunto, a questo proposito, co- re un film sul momento storico che il Cile sta- ta e appassionata nel mondo del cinema. Pro- me sia, per lui, un dispiacere vedere un'opera ta vivendo. Questo invito sollecitò il cinematografica riuscita male, per- regista, insieme al giornalista An- ché ne comprende le difficoltà di re- drea Barbato, a scrivere una sce- alizzazione, i problemi sorti all'im- neggiatura la quale, però, finiva provviso, gli ostacoli, a dispetto delle drammaticamente con un attenta- buone intenzioni. Sono situazioni to contro Allende. I due autori non che capitano nel mestiere del regista potevano sapere del dramma, avve- e ha ricordato come, per realizzare il nuto qualche mese dopo, provoca- suo più recente film L'industriale, to dal colpo di stato fascista e della avesse sulla carta otto settimane di morte dello stesso Presidente. La lavorazione, divenute drasticamente terribile notizia, l'11 settembre del sette, per questioni di produzione, 1973, sconvolse Montaldo e, di con- una difficoltà complessa per chi ha seguenza, il progetto non ebbe se- progettato il girato con tempistica guito. D'altronde, come ha detto diversa. Oppure, ha continuato, l'autore genovese “Il mestiere del spesso un film sembra non dover regista è tra i più precari del mon- nascere perché nessuno ci crede. do: si sa quando finirà la lavorazio- “Per Sacco e Vanzetti ho bussato mol- ne di un film, ma certamente non si te porte e solo, dopo tanti tentativi, è mai sicuri quando si riprenderà a ho trovato un produttore, Arrigo girare un nuovo progetto”. I mo- Colombo, che conosceva la vicenda, menti difficili, costellano, dunque, perché, esule negli Stati Uniti duran- la professione di autore cinemato- te il fascismo, aveva imparato l'ingle- grafico e Montaldo, a questo propo- se proprio leggendo le lettere di Van- sito, ha anche ricordato gli esordi zetti al comitato di difesa”. Sacco e della sua carriera autoriale, quan- Vanzetti rimane uno tra i lungome- do, la delusione per l'accoglienza traggi maggiormente popolari di del suo Tiro al piccione (1961), lo por- Giuliano Montaldo, un successo in- tò a pensare di abbandonare il me- ternazionale strettamente legato alla stiere. “Certo, in quegli anni era un colonna sonora di Ennio Morricone problema narrare per immagini con le ballate cantate da Joan Baez. una storia incentrata sulla scelta Peraltro, è stato fondamentale nel ri- superficiale di un giovane, attirato aprire il caso dei due italo-americani dagli ultimi bagliori del fascismo, condannati a morte ingiustamente. volontario della Repubblica di Salò. Come ha raccontato Montaldo, subi- Avevo, infatti, letto il libro omoni- Il Maestro Giuliano Montaldo, regista, nella caricatura di Luigi Zara to dopo la felice distribuzione del mo di Giose Rimanelli, e mi aveva lungometraggio, un gruppo di giova- colpito il percorso di un ragazzo il quale, solo veniente da una famiglia importante nella ni studenti di giurisprudenza di Boston riuscì, a dopo una serie di drammatici avvenimenti, storia dello spettacolo italiano (la madre era la conclusione di una ricerca ostinata e faticosa, a capisce da che parte combattere per la “vera” famosa attrice, un mito teatrale, Vera Verga- trovare i documenti evidenzianti le pecche del patria. Questa storia non piacque né a sinistra, ni), è stata interprete, produttrice (anche in segue a pag. successiva 4 [email protected]

segue da pag. precedente (“una musica morriconiana” ha sottolineato processo ai due e, da quel momento, iniziò la Scaccia) e alcune altre sue composizioni, Ritorno a Twin Peaks, riabilitazione definitiva di Sacco e Vanzetti. E Scaccia, su un suo personale montaggio di im- 26 anni dopo pensare che un critico cinematografico sul magini da opere di Montaldo, ha suonato so- Boston Globe, quando la pellicola fu distribui- Ad inizio aprile di 26 ta negli Stati Uniti, scrisse:”Non andate a ve- anni fa andava in onda derlo. E' tutto falso perché l'autore è italiano e il primo episodio di anarchico!” Citando il giornalismo cinemato- uno dei capolavori del- grafico, poi, è stata fatta a Montaldo una do- la serialità televisiva: manda su presunti esperti-intrattenitori tele- “Twin Peaks”, la serie visivi. “Vi state riferendo a Marzullo? Vi posso che ha avuto il merito dire che, avendo, durante il Festival di Vene- Laura Frau di importare anche in zia, partecipato a un suo programma, quando Italia il caffè america- mi chiese “Quale è stato il più grande errore no e la torta di ciliegie. Trasmesso tra il 1990 e della sua vita?”, gli risposi quello di aver aderi- il 1991 in due stagioni dal canale ABC, “Twin to al suo invito. Pensavo mi censurasse questa Peaks” ruotava intorno all’uccisione della gio- mia ironica affermazione e, invece, non tagliò Elmas (CA) teatro Comunale. La sera della vane Laura Palmer e alla ricerca del colpevole, niente. Beh, a questo punto, tanto di cappel- premiazione di Giuliano Montaldo: da sx Romeo potenzialmente celato dietro ogni personag- lo!” A questo incontro così partecipato, il gior- Scaccia, Vera Pescarolo, Alessandro Macis, Patrizia gio. Ideata da David Lynch e Mark Frost, la se- no dopo, è seguito il secondo appuntamento Masala, Giuliano Montaldo rie mostrava una chiara impronta lynchiana: sardo del regista ligure, a Elmas. Prima della consegna del premio alla carriera, il composi- pra l'originale colonna sonora con un effetto tore Romeo Scaccia ha dedicato un concerto a potente. Il momento più toccante è stato pro- Giuliano Montaldo per piano solo. E' stata una prio quello dedicato a Sacco e Vanzetti. Impos- esibizione intensa e emozionante, in cui il sibile, infatti, non commuoversi di fronte a Volontè che, prima di morire, grida “Viva l'a- narchia” e alle parole della canzone eseguita da Joan Baez. Il pubblico ha applaudito per molti minuti sia Montaldo sia Scaccia, il quale è sceso dal palco per abbracciare, commosso il “Twin Peaks” è una serie ideata da David Lynch e Mark regista. Il premio alla carriera è, poi, stato Frost e andata in onda tra il 1990 e il 1991 sulla ABC. consegnato da Alessandro Macis e Patrizia Masala (rispettivamente presidenti della As- la cittadina di Twin Peaks, all’apparenza tran- sociazione “L’Alambicco” e della “Macchina quilla, era in realtà imperniata dal Male e Cinema”) a Giuliano Montaldo. La motivazio- dall’ambiguità, rappresentati visivamente at- traverso l’uso sapiente di giochi di luce e la so- Biblioteca Provinciale di Cagliari, presentazione del vrapposizione di immagini che andavano a libro “Un marziano genovese a Roma” (Felici Editore) comporre scenari minacciosi. A Twin Peaks scritto da Caterina Taricano, la prima a sx nella foto, tutti nascondevano qualcosa, a partire da Lau- segue Alessandro Macis, Giuliano Montaldo, Vera ra, che con la sua morte diede avvio alla storia Pescarolo e che si scoprì ben presto non essere la ragazza musicista ha alternato suoni, parole (per com- perfetta dipinta agli inizi. Andando avanti con mentare con vivacità le sue scelte o alcuni epi- gli episodi si scopriva che a Twin Peaks nessu- sodi legati ai brani eseguiti), immagini. Infat- no era del tutto buono o cattivo, non c’erano ti, dopo aver interpretato la colonna sonora, eroi né antagonisti: scavando nelle storie dei da lui scritta, per il restauro e la proiezione del personaggi veniva a galla il torbido, il Male on- film muto La Grazia di Aldo De Benedetti nipresente. “Twin Peaks” faceva ampiamente ricorso alla citazione, diventata un leitmotiv Romeo Scaccia mentre commenta con il piano un film nelle serie tv degli ultimi decenni, con un’at- di Giuliano Montaldo tenzione verso gli aspetti visivi e formali e la combinazione di più generi. “Twin Peaks” era ne del premio recita:” A Giuliano Montaldo una detective story, un po’ horror, un po’ thril- che con levità ha percorso sulle ali della libertà ler, con influenze poliziesche e – soprattutto - i sentieri della poesia per immagini, con coe- cinematografiche (con chiari riferimenti a Hi- renza e passione civile e sociale. Da sempre tchcock e Buñuel) e personaggi ispirati al schierato dalla parte del torto, contro l'arro- mondo del cinema più che alla vita reale. “Twin ganza del potere. Portatore di un pensiero lai- Peaks” era un prodotto ispirato al cinema, che co di tolleranza e di fratellanza”. Bisogna an- ha avuto il merito di mostrare come la televi- che aggiungere come, durante le mattinata di sione già 26 anni fosse in grado di raggiungere sabato, il regista, Vera Pescarolo e Caterina livelli qualitativi assai vicini a quelli cinemato- Taricano, accompagnati dagli organizzatori grafici. “Twin Peaks” è capostipite di quelle se- della rassegna, siano stati ricevuti dal prefetto rie che, come anche “X-Files” e “I Soprano”, ne- di Cagliari, la dottoressa Giuliana Perrotta, la gli anni si sono distinte per qualità della quale aveva partecipato ad alcune proiezioni sceneggiatura e per complessità, inducendo inserite nella rassegna. Un incontro piacevole, gli spettatori ad una visione ripetuta degli epi- che, soprattutto, ha messo in evidenza quanto sodi, per comprendere appieno ciò che veniva Giuliano Montaldo sia amato in maniera tra- raccontato. “Twin Peaks” ha dato inizio alla se- sversale dal pubblico sardo. conda “Golden Age” della serialità televisiva, Elisabetta Randaccio segue a pag. 7 5 n. 38

segue da pag. 1 Frammartino e molti altri. Uno sguardo di- principale ragion d’essere. Costanza Quatri- chiarato che attraversa il cinema diretto come glio l’ha chiamato cinema dell’attenzione, quello che lavora sui repertori”. Complice una “quel cinema fortemente legato al sentimento tecnologia accessibile che ha concesso a que- del nostro tempo, che fa dell’ascolto la sua for- sta generazione di misurarsi più agevolmente za, dell’esperienza il proprio fondamento”2. con il cinema, trovando nel mezzo leggero Per affrancarlo dal puro cinema documenta- una maggiore immediatezza nel cogliere il rea- rio viene definito, di volta in volta, cinema del le e nel mettercisi in relazione, “perchè nel reale o fuoriformato, mettendone a fuoco – momento in cui un filmaker utilizza la mac- insieme alla fonte centrale d’ispirazione – la china leggera – dichiara Costanza Quatriglio tendenza a sfuggire alle codificazioni e l’es- – sta mettendo il suo corpo in relazione a ciò Patrizia Masala presidente dell’associazione “La senza profondamente innovativa sul piano che filma, molto più che attraverso un dispo- macchina cinema” (Ficc), Marco Asunis presidente linguistico, una sorta di azzeramento delle ca- sitivo pesante da gestire con una troupe”. Non nazionale Ficc. Presentazione della tavola rotonda tegorie del cinema classico a favore dell’ibri- un genere, ma una forma complessa di cine- cineaste come la Marazzi e la Quatriglio. Prose- dazione e della contaminazione (del tessuto ma (che semmai presenta al suo interno una guendo, sul piano di una rivisitazione del ruolo visivo quanto di quello sonoro, spesso altret- serie articolata di generi), il cinema del reale dell’attore, nel percorso compiuto da Claudio tanto ricco e ricercato). In questa veste, il film ripensa – nel segno della libertà creativa e lin- Giovannesi nel territorio del documentario e del diventa dichiarato percorso di ricerca esso guistica, come di quella produttiva e distribu- film di finzione nel dittico di Fratelli d’Italia e Alì stesso, nella doppia accezione contenutistica tiva – le categorie abituali e le figure tradizio- ha gli occhi azzurri, con il delicato passaggio di Na- e formale: come racconto in divenire e al con- nali della macchina cinematografica: il ruolo der-Alì da persona a personaggio; nel lavoro svol- tempo ininterrotta riflessione sulle sue infini- dell’autore e quello dell’attore (professionista to da Alina Marazzi nel misurarsi per la prima te possibilità di costruzione, sul senso del far e non); la posizione dello spettatore e quella volta, in Tutto parla di te, con il corpo dell’attore (di cinema e sulle pratiche di regia. A partire della critica; l’eredità dei maestri e la capacità Charlotte Rampling, di Elena Radonicich), conti- dall’abbattimento definitivo dei recinti tra fi- di incidere sui linguaggi e sulle forme del ci- nuamente posto in aperta dialettica con il corpo ction e non, come di quelli tra cinema diretto nema contemporaneo. La selezione di opere più che mai reale e in trasformazione delle (vere) e found footage o film d’archivio, proseguen- presentata nella rassegna itinerante Italia, Ter- donne in gravidanza che orbitano nel film; nelle do sulla linea di un cinema aperto che ridefi- reciproche invasioni del reale nella finzione e del- nisce i profili dello sguardo cinematografico la finzione nel reale presenti ne L’isola di Costan- degli anni zero. Su questo complesso e vitale za Quatriglio, che su quello sconfinamento tor- paesaggio in divenire ha voluto riflettere l’ini- nerà in tutta la sua filmografia, arrivando dieci ziativa targata ‘La macchina cinema (Ficc)’ te- anni dopo a mescolare, in Con il fiato sospeso, una nutasi a Cagliari a febbraio e a marzo 2016 dal gran quantità di livelli di rappresentazione; nella titolo Italia, Terzo Millennio: Nuovo cinema del felice introduzione della macchina cinema (gli at- reale3 attraverso l’opera e le suggestioni di al- tori Luli Bitri, Salvatore Cantalupo) nell’intatta vi- cuni fra i più interessanti autori - Michelan- talità del campo rom (e dei suoi abitanti) nel film gelo Frammartino, Claudio Giovannesi, Peter Da sx Boris Sollazzo critico cinematografico, Peter di Peter Marcias Dimmi che destino avrò. O ancora, Marcias, Alina Marazzi e Costanza Quatriglio Marcias regista, Costanza Quatriglio regista, Alina spostando l’attenzione sulla relazione con lo spet- - di quella che viene da più parti definita una Marazzi regista, Chiara Gelato coordinatrice tavola tatore, chiamato ad assumere un atteggiamento nouvelle vague della non-fiction. Protagoni- rotonda cooperativo inedito, nella proposta di una tempo- sta una generazione di cineasti, nata fra gli ralità altra compiuta da Michelangelo Fram- anni ’60 e ’70 dal nord al sud della penisola, zo Millennio: Nuovo cinema del reale4 ben esempli- martino nei suoi film, in cui le inquadrature si che “in un sistema chiuso, involuto – che ha fica questo processo di interrogazione costan- ripresentano, cicliche, per svelare diversi fram- partorito autocensura, oltre che censura – si è te dell’autore sul proprio rapporto con il menti di realtà, emblematiche di quella co- sobbarcata il racconto di ciò che viviamo, del mezzo, con il cinema e l’immaginario. A parti- stante “oscillazione irrisolvibile”6 tra reale e co- sentimento del nostro tempo”, sintetizza Co- re dal libero utilizzo di materiali preesistenti struito, documentario e finzione che è alla base stanza Quatriglio. Da quest’urgenza, questa smontati e rielaborati dai registi (il cinema segue a pag. successiva volontà comune di racconto, è emerso un pa- che ripensa l’archivio e le immagini dimenti- norama eterogeneo e diversificato, portatore cate), lavorando parallelamente su memoria, nonni: siamo fatti a strati di un immaginario indotto. Un di poetiche e sensibilità assolutamente perso- immaginario e presente5, terreno comune di immaginario che pesava molto, di cui ci siamo liberati, nali. Che trovano nell’esplicitazione dello 4 Quindici i titoli programmati nella retrospet- che abbiamo utilizzato come una trama su cui avere un sguardo dell’autore, secondo Alina Marazzi, il tiva, inaugurata con Comizi d’amore (1964) di Pier Paolo atteggiamento critico, come lo si può avere riutilizzando loro comun denominatore: “Nel dichiarare la Pasolini: Il dono (2003) e Le quattro volte (2010) di Mi- una certa immagine creata per un altro scopo. Non aven- propria presenza, palesando la relazione tra chelangelo Frammartino; Fratelli d’Italia (2009), Alì ha do la pretesa che quell’immagine nata e fruita allo stesso chi filma e chi viene filmato, il cinema del rea- gli occhi azzurri (2012) e Wolf (2013) di Claudio Giovan- modo per tanto tempo, continui ad avere la stessa destina- le compie il suo salto rispetto al passato. È nesi; Per sempre (2005), Vogliamo anche le rose (2007) e zione. Anche perchè nel momento in cui produciamo questa la vera novità, quella che lega registi pro- Tutto parla di te (2012) di Alina Marazzi; I bambini della un’immagine, quest’immagine non ci appartiene più, ap- fondamente diversi come Pietro Marcello, Gian- sua vita (2011), Dimmi che destino avrò (2012) e La nostra partiene a tutti e può essere letta secondo il punto di vista franco Rosi, Alice Rohrwacher, Michelangelo quarantena (2015) di Peter Marcias; L’isola (2003), Con il di chi la guarda. Fino ad arrivare a degli archivi che non 2 C. Quatriglio, Oltre la soglia. La nuova radi- fiato sospeso (2013) e 87 ore (2015) di Costanza Quatri- sono più solo quelli tradizionali, come ad esempio il Luce, ce del cinema italiano, “Cinema e Storia”, Stile Libero, glio. ma anche i nostri archivi quotidiani, quelli contempora- Rubbettino, 2013. 5 Così C. Quatriglio, in occasione della tavola nei di cui siamo circondati. Parlo della Rete, delle imma- 3 Il progetto, a cura di Chiara Gelato, ha visto rotonda Italia, Terzo Millennio: Nuovo cinema del reale, gini che prima o poi dovremo cominciare ad affrontare lo svolgimento di una rassegna cinematografica itineran- sul cinema di archivio: “Il materiale che si mette a nudo come cineasti, perchè ci riguardano”. Cagliari, 5 marzo te nei circoli Ficc del territorio e di una tavola rotonda alla nelle nostre mani ha a che fare con il definitivo affranca- 2016. presenza dei registi Alina Marazzi, Peter Marcias, Co- mento dal timore reverenziale nel porci di fronte all’im- 6 M. Frammartino, L’infinita oscillazione del stanza Quatriglio e del critico Boris Sollazzo. Un evento menso patrimonio iconografico custodito negli archivi uf- reale. Conversazione con Michelangelo Frammartino (a promosso da Regione Autonoma Sardegna in collabora- ficiali. Forse questo è potuto avvenire perchè siamo una cura di Daniele Dottorini), in D. Dottorini, Per un cinema zione con L’Alambicco, FICC-Federazione Italiana Circo- generazione un pò sbagliata, uscita fuori un pò sbilenca. del reale. Forme e pratiche del documentario italiano con- li Cinema, Cineteca Sarda. La nostra memoria è quella dei nostri genitori, dei nostri temporaneo, Forum, Udine 2013. 6 [email protected]

segue da pag. precedente segue da pag. 5 illustrativi, frammenti dei dialoghi, citazioni del suo cinema (da Il dono e Le quattro volte fino iniziata negli anni Ottanta e caratterizzata da scovate di film, romanzi, serie tv) e scambiarsi ad Alberi); negli spiazzanti scarti tra diversi trame sempre più complesse, una psicologiz- le puntate registrate sulle videocassette. At- linguaggi presenti nelle opere di Alina Maraz- zazione dei personaggi sempre più ricercata e traverso la visione ripetuta degli episodi, la ri- zi (Vogliamo anche le rose in primis) che solleci- la creazione di mondi così espansi da perder- cerca dei dettagli più microscopici e la condi- tano costantemente il pubblico a seguire dif- cisi dentro e che portano i fan ad utilizzare le visione di questi contenuti i fan unirono le ferenti piste; nella chiamata dello spettatore più svariate piattaforme a disposizione per forze nel tentativo di trovare una risposta al ad “elaborare le immagini dell’orrore”7 come ha scritto Pietro Montani a proposito di 87 ore di Costanza Quatriglio, che dalla “passione di Mastrogiovanni”8 apre ad una riflessione sul potere delle immagini che produce vittime e su cui dobbiamo innestare dei processi di ela- borazione. In questo cortocircuito che fa sal-

“Vogliamo anche le rose” film documentario del 2007 Il ritrovamento del cadavere della giovane e bella Laura Palmer è l’evento che dà avvio alla serie scritto e diretto da Alina Marazzi cercare di dare un senso a ciò che guardano. grande interrogativo della serie: chi aveva uc- tare linguaggi e schemi codificati, la prima fi- Con “Twin Peaks” è definitivamente cambiato ciso Laura Palmer? Questo lavoro collettivo a gura ad essere messa in discussione è quella il rapporto tra tv e spettatori. Sebbene le pos- lungo andare si perfezionò al punto tale da ri- del regista, come evidenzia Alina Marazzi: sibilità mediatiche dell’epoca ancora limitate uscire ad anticipare le mosse di Lynch e di “Per i mezzi limitati a disposizione, oltre che non permettessero un coinvolgimento tanto quanto accadeva nella serie. Così, mentre i per l’essenza stessa di questo cinema, l’autore diretto e massiccio dei fan come quello odier- critici reputavano “Twin Peaks” sempre più cresce la propria opera e l’accompagna fin contorto, i fan lo trovavano invece sempre più quando è sicuro che può camminare con le scontato e prevedibile, quasi fossero riusciti sue gambe. Oltre che registi, si deve essere ad entrare nella mente degli ideatori, per co-produttori, a volte montatori, e anche dif- comprenderne la logica e il modo di pensare e fusori, se non proprio distributori. E gli spazi prevedere cosa sarebbe successo nella storia. per riflettere a posteriori sui nostri film, se- Alla televisione si richiedeva ormai uno sforzo guendone le sorti in giro per l’Italia e non, ci di intenti e contenuti per stare al passo con gli hanno insegnato ad articolare meglio un di- spettatori più attenti ed esigenti. Non è un ca- scorso teorico, a mettere a fuoco meccanismi so che le serie moderne continuino a distin- talvolta inconsapevoli”. Una libertà che è an- guersi per la loro complessità, l’esperienza che sinonimo di solitudine, spiega Costanza immersiva offerta, la narrazione multistrand, Quatriglio, per cui l’esaltazione della produ- che le rendono dei prodotti estremamente zione low budget ha di fatto rappresentato Kyle MacLachlan è Dale Cooper, agente dell’FBI elaborati, tali da richiedere agli spettatori un uno scarico di responsabilità da parte dell’ap- incaricato del caso di Laura Palmer impegno di concentrazione assai elevato. Il parato industriale, incapace di costruire un no, con questa serie si poté intuire che qualco- network televisivo statunitense Showtime ha mercato vero, fatto di domanda e offerta, di sa stava cambian- deciso di produrre pluralismo. “E un cinema che non è supporta- do. A “Twin Peaks” un revival di “Twin to dall’industria – afferma Peter Marcias – ne va il merito di esse- Peaks” ambientato paga le conseguenze sulla sua pelle. In termini re stata tra le prime nel presente, sem- di sostegno economico e di circuitazione. C’è serie tv a sfruttare pre con Lynch alla ancora troppa distanza, bisogna trovare nuo- diversi espedienti, regia. Le riprese so- ve modalità, lavorando su più canali distribu- soprattutto narra- no iniziate a set- tivi. Non ha senso rivangare il passato, è ne- tivi, per indurre il tembre scorso, ma cessario ripartire da qui, dal grado zero”. pubblico a delle non è ancora chiaro pratiche di visione se la miniserie verrà Chiara Gelato immersive e parte- rilasciata entro il cipative: la trama 2016 o nel prossimo assai complessa anno. Intanto, ad Giornalista cinematografica romana (Paese Sera, Gior- spinse il suo fan- ottobre uscirà “The nale dello Spettacolo, 8 ½) e direttore della rivista di studi dom, poco dopo la Secret History of David Lynch Cinema e Storia (Rubbettino), è autrice di diversi volumi messa in onda del Twin Peaks” di sul cinema e di special di film per Cristaldi, Fox e Colum- primo episodio, a creare una community in Mark Frost, che racconterà la storia tra la fine del- bia. Con “L’alambicco” e “La macchina cinema” ha curato rete, alt.tv.twinpeaks, in cui tutti i fan della se- la seconda stagione e il presente. Non ci resta che rassegne e convegni su autori come Rosi, Monicelli, Scola rie potessero condividere materiali sulla serie attendere. e Avati. (articoli di giornali delle testate locali, grafici Laura Frau 7 n. 38 Biblioteca Umberto Barbaro. Il primo passo è fatto grazie alla SIAE A settembre Diari di Cineclub aprì la campagna per salvare la Biblioteca. Primi risultati Non pioverà sui 360 logistica Giancarlo Mori. L’8 marzo è avvenu- scatoloni che conten- to il trasloco da una delle sedi dell’Archivio di gono metà del patri- Stato che a Pomezia ospita i cellari dell’Archi- monio librario della vio Audiovisivo del Movimento Operaio. Me- Biblioteca Umberto ta: Ciampino magazzino della SIAE. La nuova Barbaro. Non più una casa provvisoria di 2000 mq consiste in uno tettoia protettiva all’a- spazio a noi riservato di tre metri di altezza e ria aperta, non più ri- 30 di lunghezza, un ambiente provvisto di schi, non più esposi- scaffalature, pulito, razionalizzato, ideale per zione alle intemperie. custodire i nostri contenitori. Dopo mesi di Mino Argentieri Il miracolo è avvenuto ambasce e tribolazioni finalmente c’è stato un e ha i suoi nomi: la Società Italiana degli Au- approdo che assicura una stabilità. E’ un esito tori ed Editori, il direttore generale Gaetano ragguardevole, tanto più che si è verificato Blandini e i suoi collaboratori, Danila Confalo- grazie a un’importante istituzione che si è di- nieri responsabile dell’Ufficio di Attività di Pro- stinta da numerose altre, che hanno brillato mozione Culturale e il responsabile dell’ufficio per indifferenza o, peggio ancora, per ostilità.

Gaetano Blandini, Direttore Generale della Siae

Con ciò non si vuole dire che i problemi della Biblioteca Barbaro siano stati risolti: il Comu- ne di Roma intende sfrattare la biblioteca dal- la palazzina Corsini a Villa Doria Pamphilj, il MiBACT Direzione Generale Cinema ha ne- gato la sovvenzione per l’anno 2015, non si hanno ancora notizie su come si intendono modificare le norme per il finanziamento pubblico alle iniziative di promozione della cultura cinematografica. Tuttavia qualche speranza è lecita. La Barbaro è affiancata in questo momento da Diari di Cineclub e dal suo direttore Angelo Tantaro; dalla FICC – Fe- derazione Italiana dei Circoli del Cinema pre- sieduta da Marco Asunis e da associazioni e persone che non accettano la nullificazione o I contenitori ordinati nello spazio riservato alla Biblioteca Sono stati trasportati 26 bancali con due viaggi da la dispersione di un bene comune accumulato Barbaro. Da sx Angelo Tantaro, Direttore di Pomezia a Ciampino Diari di in oltre mezzo secolo. Anche l’autorevolissima Cineclub e Giancarlo Mori, responsabile Logistica SIAE si è mossa e ha compiuto un gesto di ge- della SIAE nerosità esemplare. C’è da augurarsi che que- sta sia la premes- sa a una sinergia che possa garan- tire, nel rispetto delle singole au- tonomie, di acco- stare la Bibliote- ca Barbaro alla preziosa Biblio- teca Teatrale SIAE del Burcar- do così da creare nella capitale un solido centro cul- turale dello spet- tacolo, nell’insie- me delle sue articolazioni.

360 contenitori della Biblioteca Barbaro presi in Siae - Direzione Generale Viale della Letteratura, 30 Roma EUR Mino Argentieri custodia negli archivi della SIAE a Ciampino 8 [email protected] Il caso Spotlight Genere: Drammatico, Regia: Tom McCarthy, Cast: Michael Keaton, Mark Ruffalo, Rachel McAdams, Liev Schreiber, Stanley Tucci, Brian d’Arcy James. Anno: 2015, Durata: 128 min Nel 2001 uno delle più importanti testate gior- nalistiche di Boston il Boston Globe, subisce un cambio al vertice con l’arrivo da Miami di Marty Baron (Liev Schreiber). Marty vuole che il Team Spotlight, gruppo di giornalisti del Giulia Zoppi Globe specializzato in delicate inchieste di cro- naca, torni a lavorare su un caso già aperto in pas- sato e misteriosamente insabbiato e dimenticato. Oltre al caso John Geoghan, prete accusato di aver violentato un bambino di dieci anni, il te- am lavora per smascherare un intero sistema di abusi e violenze occultato dall’allora arcive- scovo della città Bernard Francis Law. Spotli- ght affronta con piglio investigativo l’indagine del Globe, operando delle scelte minime di problema che il racconto risulti monco, par- cronisti che vedono nel proprio mestiere non contenuto e di forma che favoriscono l’imme- ziale. Il piccolo gruppo di giornalisti che par- un salario ma una missione. La pellicola dun- desimazione dello spettatore e l’approfondi- teciparono all’inchiesta hanno già ricevuto la que ripercorre tutte le fasi dell’indagine, dai mento sull’inchiesta vista dalla parte dei gior- loro ‘prova di realtà’ con il Pulitzer vinto nel primi indizi fino alla pubblicazione dei fasci- nalisti. In questo senso non stupisce, per 2003 e non hanno certo bisogno che un film coli originariamente secretati sull’edizione di esempio, che gli antagonisti del racconto, i ne metta in discussione i risultati, creando gennaio 2002 del Globe. Sotto la guida di Wal- preti, siano relegati nell’ombra, fuori campo, dubbi nel pubblico. Spotlight è un pugno in ter “Robby” Robinson (Michael Keaton) i vari ad esclusione di un paio di apparizioni al limi- pieno viso che non ha pietà per chi, lungo i de- membri della squadra differenziano i loro te del grottesco: eludendo così una delle prati- cenni, ha meticolosamente insabbiato ogni obiettivi per raccogliere le testimonianze del- che più importanti del giornalismo, ovvero il prova di colpevolezza dopo aver abusato di ra- le vittime degli abusi, carpire informazioni ri- diritto al contraddittorio. Il film si schiera gazzini e ragazzine provenienti dagli strati servate dall’avvocato Mitchell Garabedian senza rimpianti dalla parte della ‘verità’, della più deboli della società ma è soprattutto un’o- (Stanley Tucci) e svelare i misteri di Eric Maclei- perdita di fede, della paura di un pericolo stri- pera rigorosa che utilizza al meglio il potere sh (Billy Crudup). La ricostruzione è puntua- sciante e potentissimo che abita a pochi metri delle immagini nel dipingere un mondo di re- le, i riferimenti precisi e l’indagine, seppur dalle case dei buoni “cristiani americani” e lo lazioni assenti (i giornalisti che hanno fami- molto scrupolosa e dettagliata, non risulta fa scegliendo uno stile registico che nulla re- mai pesante ma è anzi molto dinamica grazie gala alla spettacolarità e neppure ai colpi di ai frequenti cambi di fronte. Si passa rapida- scena, rimanendo invece (e qui sta la vera ed mente dalle indagini di Michael Rezendes importante novità di questa pellicola vincitri- (Mark Ruffalo) a quelle di Sascha Pfeiffer (Ra- ce dell’Oscar come Miglior film) sempre e solo chel McAdams), senza mai soffermarsi esage- dietro alla storia che racconta, sommessa- ratamente su un singolo filone. Le prove degli mente e senza alcun effetto speciale (né vezzi interpreti sono superbe, i profili psicologici interpretativi da parte dell’ottimo cast) crean- debitamente approfonditi, anche se salta im- do un precedente. Molti hanno accostato mediatamente all’occhio come il duo più inte- quest’opera al film dedicato allo scandalo Wa- ressante risulti subito essere quello tra Ruffa- tergate raccontato da Alan J. Pakula in Tutti gli lo e Tucci, capaci di dare continua vitalità uomini del Presidente ma, pur ritrovando se- glie e/o relazioni quasi inesistenti) di storture all’opera con i loro confronti. L’intento del quenze e luoghi che balzano subito alla mente burocratiche e politiche (nessun impiegato, film di sensibilizzare è evidente. Riferimenti per efficacia evocativa (uno su tutti la bibliote- nessun soldatino si smuove dal suo posto per ad inizio e a fine pellicola, oltre al contenuto ca), altri e più importanti sono gli elementi collaborare, opponendo la cieca obbedienza stesso di essa denotano come si voglia esten- che dividono queste due opere, ponendole su alla ricerca della verità) di tragiche fatalità dere al grande pubblico un’inchiesta di enor- due piani di genere molto distinti. Se Pakula e (l’attentato alle Torri Gemelle che blocca per me portata. E’ necessaria dunque una certosina lo sceneggiatore William Goldman, infatti, settimane l’inchiesta, l’inesperienza di un cura dei dettagli che Tom McCarty fa immedia- avevano giocato la carta dello spionaggio e giornalista che si lascia passare sotto il naso tamente sua. Spotlight infatti è il giusto com- controspionaggio con un occhio che indaga informazioni piccanti). E perché tutto questo promesso tra un’analisi strettamente tecnica osservato a sua volta da altri occhi che indaga- traspiri dallo schermo fino a noi è necessaria della vicenda ed un approccio “romanzesco”, no a loro volta, più simile a La conversazione di la prova assolutamente convincente dell’inte- con una forte tendenza verso la prima. A vol- Francis Ford Coppola, McCarthy fa del gior- ro cast, da Stanley Tucci a Micheal Keaton e te, soprattutto nei colloqui con le vittime, nalista il punto focale della storia, vero moto- Rachel McAdams, sul quale svetta però il te- sembra quasi di essere di fronte ad un repor- re attorno cui si muovono vittime, carnefici, stardo Michael Rezendes interpretato da tage, una documentaristica ricostruzione dei avvocati avidi, portavoce conniventi, senza Mark Ruffalo, figura emozionante nella sua fatti, scandita dalle sublimi ed inconfondibili mu- indugiare nemmeno per un attimo sull’altra abnegazione, capace di uscire dai confini del- siche del pluripremiato compositore Howard faccia della medaglia, senza porsi nemmeno il lo schermo per farsi portavoce di generazioni di segue a pag. successiva 9 n. 38

segue da pag. precedente YouTube Party #18 Shore (Il signore degli Anelli, The Aviator, Il silenzio degli innocenti). Spotlight è un film duro, dai to- ni diretti e nitidi. Non usa mezzi termini per Minecraft Redstone Computer descrivere gli orrori consumatisi nelle case e nelle parrocchie dei preti di Boston. “Non si Visualizzazioni - 1’311’334 (link) può essere generali in queste situazioni, utiliz- La trama - Il nostro au- confini filosofici e ci porta a considerarlo par- zare il termine “molestare” non è abbastanza” tore, LPG, ci mostra le te di una diversa categoria intellettuale. Già il puntualizza il personaggio di Sascha Pfeiffer proprietà del compu- celebre Game of Life di John Conway, nel lonta- ad una delle vittime, tuttavia il film si pone so- ter che ha costruito no 1970, spinse molti a chiedersi se quel pro- prattutto dalla parte del giornalismo libero di all’interno del video- gramma non potesse essere considerato, in denuncia, anche perché, è bene sottolinearlo, game Minecraft. Que- qualche modo, una forma di vita elementare. l’attività del gruppo è frutto di una pratica di sta impresa non può Recentemente, svariati pensatori (tra cui Ste- indagine che oggi non sarebbe più possibile. essere compresa in phen Hawking) sono giunti a considerare i vi- Con l’avvento del giornalismo digitale infatti, Massimo Spiga tutta la sua brillante rus informatici come una forma di semi-vita, niente è più come allora. Né i tempi di lavora- follia senza qualche proprio come i loro analoghi biologici: pur es- zione e nemmeno il messaggio veicolato dalle informazione di contesto. Minecraft è un gioco sendo privi di un loro metabolismo, sfruttano notizie, tutte oltremodo consumate nel giro di indie, sviluppato dai programmatori svedesi quello del loro sistema ospite, e sono capaci di 24 ore. Dalla pellicola emerge una visione for- Markus Persson e Jans Bergensten. Fu pubbli- riprodursi. Negli anfratti digitali di milioni di temente pessimistica della Chiesa, così radica- cato del 2011 dalla piccola casa di produzione computer sparsi in mezzo mondo è già pre- ta da risultare quasi inestirpabile, così potente Mojang. Ebbe un certo successo; la Microsoft sente un intero ecosistema di virus ormai sel- da poter insabbiare qualsiasi manovra sia iso- ne acquisì i diritti nel 2015 per due miliardi e vatici, che continuano a moltiplicarsi e muta- lata e non minuziosamente documentata. Il mezzo di dollari (per aiutarci a mettere le cose re in via indipendente, per sempre separati pessimismo straripa addirittura dallo scher- in prospettiva, si tratta di una cifra superiore dalla loro funzione originaria e dai loro crea- mo e rompe gli argini della quarta parete. “So- al PIL della Liberia). Minecraft è, in sintesi, una tori (i quali, in molti casi, sono da tempo finiti no scettico sul fatto che la Chiesa cambi il suo versione digitale del gioco dei Lego. Offre una in carcere per una deliziosa varietà di crimini atteggiamento, guarire da se stessa sarebbe un varietà di diversi “mattoncini” cubici, con cui informatici). Nulla ci impedisce di immagina- piccolo passo verso questa direzione”, senten- costruire qualsiasi cosa (mentre si sopravvive re un worm scritto con un codice di torce e zia Thomas McCarty, il regista. La Chiesa do- agli attacchi di arcieri scheletrici e blob esplo- tracciati di polvere rossa, all’interno di un vrebbe guarire, ma quello che Spotlight ci fa ca- sivi). Due di questi cubi hanno interessanti Redstone Computer. Minecraft ci porta a riflet- pire, è che lei stessa che oppone resistenza, proprietà: le torce e la polvere di pietra rossa. tere su quanto profonda sia la tana del Bian- Mentre la seconda può servire per tracciare coniglio digitale e su quanto i nostri giocattoli veri e propri circuiti, le prime possono “accen- racchiudano in sé la promessa che, fino al se- derli”. In questo modo, gli utili prodotti della colo scorso, apparteneva esclusivamente ai pietra rossa possono essere impiegati per co- primi capitoli del Vecchio Testamento. struire strutture dinamiche. LPG, sicuramen- Il pubblico - Lo stupore generalizzato è inevita- te aiutato da una certa dose di disturbo osses- bile. Tuttavia, superato il momento di sbigot- sivo-compulsivo, le ha usate per costruire un timento, lo spirito nerd trionfa. Pattuglie di computer funzionante. L’esegesi - Minecraft permette di costru- ire macchine virtuali Turing-comple- te. Questo significa che, all’interno di desiste. Per approfondire la tematica però è un videogioco, si può assemblare un bene segnalare Il Club, pellicola presentata a vero e proprio computer, capace di Venezia e girata dall’ottimo Pablo Larrain. Se risolvere qualsiasi elaborazione in Spotlight il nucleo del racconto gira intorno matematica. LPG l’ha dotato di un all’ antico e nobile mestiere del giornalista word processor, di una calcolatri- d’inchiesta, Il Club mostra senza censure e con ce, di un browser per internet e di molto coraggio l’abiezione, la violenza e la cru- tante altre piccole amenità (ed è deltà praticata da un gruppo di preti e da una bene notare come abbia “scritto” suora che seppur allontanati dalle proprie par- queste funzionalità con scie di pol- rocchie per aver perpetuato violenze su mino- vere rossa e torce). Molti altri ingegneri di Mi- giovanissimi ingegneri propongono modifi- ri, continua a considerare i propri abusi al ser- necraft hanno creato stampanti, montagne che e ampliamenti del sistema. Naturalmente, vizio di una particolare e personalissima russe, chitarre e, addirittura, hard disk fun- per loro, un computer Turing-completo non è liturgia delle fede e senza mai mostrare alcun zionanti. Data una quantità sufficiente di pre- sufficiente: pretendono che la CPU sia poten- segno di pentimento, sotto lo sguardo ambi- cisione, un hardware abbastanza sviluppato e ziata, i cubi di vetro tinto siano usati per for- guo di un emissario del Vaticano con intenti dell’infinito tempo libero, sarebbe teoricamente nire uno schermo a colori, il sistema sia forni- epuratori. Un’altra storia crudele su cui riflet- possibile costruire all’interno di Minecraft un to di RAM. La creatività espressa dai giocatori tere, un’altra faccenda scabrosa (se non si è computer capace di far girare una seconda ci offre, in un ambiente estremamente ridot- troppo sensibili) che McCarty accenna e che istanza del videogioco, dotata anch’essa di un to, la spiegazione del processo che ha portato Larrain ci sputa addosso senza remore o pre- Redstone Computer e di una terza iterazione delle scimmie spelacchiate a costruire reattori giudizi. del software; e così via, in un regresso infinito capaci di maneggiare il potere delle stelle. che, senza dubbio, comprometterebbe per sem- Sarà sufficiente qualche milionata di anni pre la sanità mentale di chi lo contempla. Que- perché i discendenti dei nostri virus informa- sta ipotesi è già stata vagliata (e battezzata tici erigano cattedrali di diamante nella Nebu- Minception) dagli utenti del gioco. A questo losa di Andromeda. punto, c’è da chiedersi se Minecraft possa esse- re considerato un gioco. Questa è solo l’ultima Giulia Zoppi occasione in cui un software dissolve i propri Massimo Spiga 10 [email protected] Associazionismo Nazionale di Cultura Cinematografica La FICC, una delle nove Associazioni Nazionali di Cultura Cinematografica, contro il blocco delle istanze, scrive al Ministro Diari di Cineclub ha di Cineclub non ha ricevuto alcuna risposta in e non solo. Di chi la colpa? Amministrativa? Po- preso visione dell’Or- merito. Ciò nonostante abbiamo ragione di rite- litica? E’ nostra intenzione continuare a chiede- dine del Giorno appro- nere che le persone a cui è indirizzata l’istanza, re chiarezza sui tempi, sul metodo e sulla sostan- vato in data 28 febbraio per il ruolo delicato di rappresentanza che esse za di ciò che “Gli Amministratori” vogliono u.s. dalla direzione na- svolgono, sapranno bene valutare la gravità di modificare. Nel riquadro a sinistra riproducia- zionale FICC – Fede- quanto rappresentato, vieppiù per un settore mo il comunicato pubblicato sul sito della razione Italiana dei così importante per la cultura e la sua promozio- DGC, da notare anche il termine “Utenti” …. in Circoli del Cinema, in- ne. Riportiamo di seguito l’esempio evidente di quello a destra la lettera inviata al Ministro dei dirizzata al Ministro confusione e incertezza da parte della Direzio- Beni Culturali Dario Franceschini. Dario Franceschini e ne Generale Cinema nei confronti delle Asso- Angelo Tantaro per conoscenza al Di- ciazioni Nazionali di Cultura Cinematografica Angelo Tantaro rettore Generale Cine- ma Nicola Borrelli. Tale OdG circostanzia e de- Al Ministro dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo nuncia le preoccupazioni per le criticità causate dall’attuale vuoto normativo e decisionale. Per On. Dario Franceschini pc. al Direttore Generale per il Cinema questo motivo abbiamo deciso di pubblicare il Dott. Nicola Borrelli documento della FICC. Ispirati al rispetto dei Oggetto: O.d.G. della Direzione nazionale della Federazione Italiana dei Circoli del Cinema principi della trasparenza e del giusto confronto democratico, abbiamo chiesto agli uffici del Il Consiglio Direttivo della Federazione Italiana dei Circoli del Cinema (FICC), alla presenza Ministro e del Direttore Generale una dichiara- dei segretari dei Centri Regionali della Federazione, riunito a Roma il 28 febbraio c.a., zione sulla questione sollevata, in modo tale che - esaminata la grave situazione di indeterminatezza derivante dal congelamento delle su un argomento così politicamente controverso istanze 2016, a cui sono soggette le nove Associazioni Nazionali di Cultura Cinematografica che interessa tanti nostri lettori, si possa avere riconosciute dalla normativa vigente sul cinema e quanti dovrebbero presentare domanda l’informazione più corretta e completa. Al mo- di contributo per le attività di promozione culturale cinematografica in Italia e all’estero per mento in cui il giornale esce, la redazione di Diari l’anno in corso; - preso atto del mancato rispetto da parte del MiBACT - Direzione Generale per il Cinema Dal sito del MiBACT - Direzione Generale Cinema del D. Lgs. 22 gennaio 2004, n. 28 tuttora in vigore; - Contributi e Riconoscimenti - Associazioni - considerata la giustificazione della D.G.C. per non avere reso praticabile il rispetto della ci- Nazionali di Cultura Cinematografica tata norma (in particolare quella riferita al D.M. 28 ottobre 2004 - “Modalità tecniche di ge- stione e di monitoraggio dell’impiego delle risorse, destinate alla promozione delle attività AVVISO AGLI UTENTI cinematografiche in Italia e all’estero”, che stabilisce per le Associazioni Nazionali di Cultu- Si comunica a tutti gli interessati che è in corso di appro- ra Cinematografica di presentare istanza di contributo all’inizio di ogni anno alla D.G.C. co- vazione il nuovo decreto recante “Modalità tecniche di municando la programmazione annuale prevista), disponendo la sospensione dei termini gestione e di monitoraggio dell’impiego delle risorse, previsti per la presentazione delle istanze nella modalità on line, in attesa di una non preci- destinate alla promozione delle attività cinematografi- sata emanazione di nuovo decreto che ridefinirebbe nuovi criteri in sostituzione di quelli che in Italia e all’estero”. Con tale decreto saranno ride- del già citato D.M. finiti modalità e tempi di presentazione delle relative - specificato che in questa disposizione si chiarisce che è concessa alle Associazioni la pos- istanze sulla base della modulistica aggiornata, in via sibilità di presentare tali istanze nel formato cartaceo e non on line; di predisposizione da parte dei competenti uffici della - precisato ulteriormente che tali istanze verranno però valutate alla luce di criteri nuovi Direzione generale Cinema, e che sarà orientativamente che saranno adottati dal nuovo decreto per la promozione cinematografica posto in attua- resa disponibile entro le prime settimane del 2016. Per- zione della normativa sulla legge cinema ancora vigente; tanto, fino al completamento delle suddette fasi, non sarà disponibile sul sito internet di questa Direzione per quanto sopra riportato, CHIEDE che venga riadottata urgentemente la possibilità, per generale la modulistica da utilizzare. Fatto salvo quan- la FICC e per tutte le Associazioni che ne hanno diritto, della presentazione delle istanze on to precede, si rende noto che anche le istanze che dovesse- line, indicando una aggiornata scadenza tale da non creare grave nocumento alla program- ro, comunque, pervenire prima della formale entrata in mazione delle attività culturali cinematografiche 2016, sulla base della normativa mai abro- vigore del nuovo decreto, saranno istruite e valutate gata tuttora in vigore e da esaminare in base alle suddette norme. sulla base delle disposizioni e modalità contenute nel medesimo. La direzione FICC, nel riaffermare il diritto di questa Associazione a svolgere le attività cul- turali che istituzionalmente le competono, invita il MiBACT - Direzione Generale per il Ci- nema a ripristinare la situazione di diritto gravemente lesa dai comportamenti denunciati, News al fine di far cessare ogni comportamento volto a violare una legge in vigore, denunciando Il disegno di legge “Disciplina del cinema, dell’audiovi- che ogni altra iniziativa del medesimo contenuto costituirà ulteriore e grave violazione di sivo e dello spettacolo e deleghe al Governo per la rifor- legge, restando inammissibile e impensabile che quanto riportato derivi da fatti e compor- ma normativa in materia di attività culturali” presen- tanti provenienti dal Ministero, organo centrale dello Stato e come tale posto a garante del tato dal Ministro dei beni e delle attività culturali e del rispetto delle norme di legge approvate dal legislatore e fino alla loro abrogazione. turismo Dario Franceschini di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze Pier Carlo Padoan al Se- (OdG – Approvato all’unanimità) - Marco Asunis (presidente), Antonino De nato della Repubblica il 16 marzo u.s., iniziando così il Pace (v. presidente), Vincenzo Esposito (v. presidente), Patrizia Masala (v. presidente), proprio iter parlamentare. Tiziana Spadaro (v. presidente), Marino Bergagna, Pasqualino Ariu, Gino Interi, Giorgio Documenti Lo Feudo, Laura Mancuso, Martina Mulas, Valentina Origa. Il disegno di legge Cinema, Audiovisivo e Spetta- colo presentato al Senato Roma, 28 febbraio 2016 11 n. 38 Montare la pellicola a passo ridotto nell’epoca del digitale C’erano una volta i di quelle girate da lui, ma per le altre, da un in cui ripara le vecchie attrezzature del passo film di famiglia a pas- certo punto in poi, ci sono solo alcune note ridotto, mentre sua figlia Sonia si occupa dei so ridotto, alzi la ma- manoscritte sulle bobine o sulle buste: date, telecinema. Arrivo in Prati, trovo l’indirizzo no chi avendo i capelli luoghi e persone, note lacunose e talvolta in- ed entro. Mi sembra di entrare in un film degli bianchi o almeno grigi decifrabili. Che fare? Se porto tutta questa ro- anni Trenta-Quaranta: un minuscolo e stipa- non ne ha girati a suo ba in un laboratorio per farla telecinemare tissimo anfratto seminterrato, a metà strada tempo. Poi, il nastro non può venir fuori che un gran casino. Biso- fra il laboratorio de Il dottor Jekyll e la libreria magnetico e il digitale gna vederle, metterle in ordine, montarle. Hai antiquaria legata alla resistenza polacca nel ne hanno decretato la detto niente. Di tutto ciò che utilizzavo un Vogliamo vivere di Lubitsch. Anche Umberto Corrado Farina morte. Qualcuno, più tempo qualcosa è passato a mio figlio Alberto, Cantoni mi sembra un segaligno personaggio avveduto, ha provve- che quando si è sposato ha lasciato in casa una duto a digitalizzare tutto, bambini, vacanze, quantità di detriti, come fanno le acque del case, giardini, battesimi, nozze, giochi e torte Nilo quando si ritirano dopo una inondazio- di compleanno; altri, in tutt’altre faccende af- ne. Vediamo un po’ che cosa è rimasto in sof- faccendati, li hanno chiusi in scatoloni e rele- fitta. La mia Paillardina, che commozione ma gati in soffitta e in cantina. Qui sono rimasti, adesso non serve; la giuntatrice Ferrania nella in attesa di passare fra le mani di un trasloca- sua scatola di plastica blu, questa sì che sarà tore frettoloso e finire in una discarica o sulle preziosa; ma soprattutto una moviola bipasso bancarelle di un mercatino: ed è difficile dire che lui si è procurato nelle breve fiammata su- quale delle due alternative sia più avvilente bito spenta di interesse per il passo ridotto. per la memoria di chi quei ricordi se li è lascia- Funzionerà ancora? Inserisco la spina e faccio ti indietro prima di andarsene. Io faccio parte scattare l’interruttore. La luce si accende, cin- Moviola Hanimex mod. Dual E 200 manuale per film di quelli “in tutt’altre faccende affaccendati”: que secondi esaltanti. Poi si sente un “pof” e la 8/S8mm anche se di film di famiglia ne ho fatti pochis- luce si spegne. Chi si esalta sarà umiliato, ha simi, impegnato com’ero a impressionare pel- detto Qualcuno. Prendo la lampadina brucia- di Lubitsch, mentre mi squadra sospettoso al licole di taglie più forti. Ma negli scatoloni, ol- ta e vado a cercarne una nuova. Ma i negozi di di sopra degli occhiali. Mi domando se per tre ai miei, ci sono finiti quelli del padre di articoli elettrici a cui mi rivolgo mi guardano parlare con lui ci voglia una parola d’ordine. mia moglie, girati fra il 1940 e il 1944, quando come si guarda un pazzo, manca poco che Ce ne vogliono più di una: Tantaro, Monteca- lui è stato trucidato sulla linea gotica dai sol- chiamino la polizia. La moviola di Alberto è tini, Nando Scanu e altri nomi dimenticati da dati nazisti, e quelli di un suo fratello scapolo, fuori gioco, me ne serve un’altra. Dove la tro- tempo. Ma a questo punto le paratie si aprono che a partire dal dopoguerra ha fatto da padre vo? L’unico filo che ormai mi lega al mondo e lasciano passare cateratte di parole: com- alle nipotine, e con l’8mm ha documentato la del passo ridotto si chiama Angelo Tantaro, presa la promessa di vedere che cosa ci si può loro crescita e la venuta al mondo dei loro fi- artefice princeps di questa rivista on line. Co- fare, con questa moviola. Sempre che non sia- gli. Che poi sono anche figli miei, per lo più. nosce qualcuno che mi possa prestare una no andati gli specchi, perché in questo caso La mia decisione di esumare i vecchi filmini moviola funzionante? Sì, un volontario dispo- puoi metterci una croce sopra. Passa qualche prende le mosse probabilmente dalla digi- giorno e ritorno nella tana di Cantoni, talizzazione a 2,3k dei miei 8mm a sogget- per scoprire che la sua vera natura non è to da parte della Camera Ottica di Gorizia, quella del dottor Jekyll ma quella del ba- un laboratorio dipendente dall’Università rone Frankenstein: ha sventrato la mo- di Udine specializzato nel passoridotto: viola, rimuovendo il portalampadina e una operazione condotta con mezzi così sostituendolo con uno più moderno che potenti che uno di questi film (Il figlio di possa supportare una lampada in com- Dracula, 1960) ha potuto essere proiettato mercio. Per fortuna gli specchi sono un sullo smisurato schermo dell’Auditorium po’ ossidati ma salvi, qualcosa ci vedrai. di Roma nel corso della cosiddetta Festa Sono arrivato in porto? Macché. La lar- del Cinema del 2014 senza nulla perdere ghezza dello scotch, per non farlo finire in definizione. La mia coscienza a questo sui piolini metallici che reggono i due punto ha incominciato a rimordere. E monconi di pellicola da unire, deve esse- tutte quelle bobine che hai nello scatolone re al massimo di 1,3 centimetri, non un in soffitta? Eh? Non ti vergogni? E tutte millimetro di più. E in commercio, qua- quelle altre che sono rimaste in una canti- lunque sia la cartoleria a cui mi rivolgo, na di Torino, sepolte vive che neanche Ed- dal centro storico agli angiporti di Traste- gar Allan Poe? Come la mettiano? Eh? Co- Incollatrice C.I.R Mod. 16mm 2T a nastro adesivo a 2 taglierine per vere, non esistono scotch più bassi di 1,5 sa direbbe lo zio Giovanni? Insomma, una film a lettura ottica (taglio diritto) e magnetica (taglio obliquo) cm. Disperazione. Ritorno dalla famiglia rottura di scatole che dovevo far cessare, in un nibile me lo trova, ma la coscienza torna a Cantoni, e questa volta affido le mie speranze modo o nell’altro. Devo per forza decidere di rompere le scatole: e se poi anche questa fa a Sonia: se lei fa i telecinema avrà ben bisogno far digitalizzare il tutto. Recupero gli scatolo- ”pof” e tu non trovi una lampada in sostituzio- di rifare delle giunte no? E dove lo trova, lo ni, li apro e mi sento morire. Sono più di un ne? Come faccio, a quel punto? Ah, dice Tanta- scotch? Ah, mi risponde gentilmente Sonia, in centinaio di bobinette da 4 minuti, in gran ro, speriamo che non succeda. Sì, ma se poi effetti è un casino: devo usare quelli in com- parte ancora racchiuse nelle scatole e nelle bu- succede? ribatte la coscienza. E non c’è verso mercio, ma ho trovato un tizio che ha la pa- ste originali gialle con le scritte rosse della Ko- di tacitarla, la rompiballe. A questo punto il zienza di metterli sotto una fresa e grattare dak. Quelle degli anni di guerra sono ancora diabolico Tantaro estrae dal suo cappello a ci- via i due millimetri in eccedenza. Splendido, metalliche, qualcuna è arrugginita ma le pelli- lindro un nuovo coniglio: c’è un tizio che forse allora mi puoi dare il suo indirizzo… No, da cole che ci sono dentro sembrano in buone con- ti può aiutare nel tuo recupero dei film di fa- qualche tempo non sta bene e per il momento dizioni; quelle del dopoguerra sono in plastica miglia, si chiama Umberto Cantoni, ha un non può più lavorare. Allora me ne puoi dare nera, grigia o trasparente. Mio suocero, da bra- glorioso passato di cineamatore dietro le spal- un paio di rotolini dei tuoi? Purtroppo no, mi vo ingegnere, ha redatto un elenco dettagliato le e adesso un laboratorio nel quartiere Prati segue a pag. successiva 12 [email protected] segue da pag. precedente Teatro dispiace, ho anch’io lo stesso problema e sto esaurendo le scorte. Avete presente il meccani- smo perverso dei giochi dell’oca? A questo Chi ha paura di Virginia Woolf? punto né Cantoni né Tantaro mi possono più aiutare. Ma mi viene in mente che in mezzo ai Nella rilettura di Arturo Cirillo, ben supportato da una flutti di Facebook ho visto far capolino un incontenibile Milvia Maragliano gruppo chiamato “Mercatino del passo ridot- to”. Per lo più vi si tratta di cedo-vendo-scam- E’ tornato sui palcosce- ordinario. Non fanno che bere, litigare e rin- bio, ma hai visto mai. Scrivo una mail di SOS: nici italiani il capolavo- facciarsi oscure colpe e lontane bassezze, can- dove diavolo posso trovare degli scotch da ro di Edward Albee “Chi ticchiando il ritornello “Chi ha paura di Virgi- 1,3mm? Metto la mail in una bottiglia e l’ab- ha paura di Virginia nia Woolf?”, giocando sull’assonanza in bandono tra le onde del web. Mi rispondono in Woolf?”, che oltre mez- inglese fra il cognome della nota scrittrice e la cinque o sei: chi dice che li si trova a Londra, zo secolo fa scosse nel parola “wolf”, che significa lupo e veniva im- chi dice in Svizzera, chi dice a Milano, ma per profondo la società sta- piegata in una molto più nota canzoncina fortuna c’è anche uno che mi parla di Roma, tunitense e occidentale, americana degli anni Trenta che si ispira alla dandomi un numero di telefono e una sigla: mettendone alla berlina fiaba di Biancaneve.. Ai due che, reduci da una CIR. Mi sembra improbabile che Carlo De be- in maniera impietosa festa organizzata dal padre di Martha, non nedetti si occupi di scotch per film a passo ri- Giuseppe Barbanti uno dei pilastri, l’istitu- hanno voglia di andare a letto ed, anzi , aggra- dotto, comunque telefono: e infatti scopro che zione matrimoniale. E lo vano il loro stato per così dire di scarsa lucidi- CIR non significa Compagnie Industriali Riu- faceva accomunando in un disagio esistenziale tà grazie ad alcolici e bicchieri, allocati nel nite ma Costruzione Incollatrici Rapide, ed è che dipingeva come irreversibile, generazioni di- mobile bar che campeggia al centro della sce- l’azienda che è stata fondata anni fa dal mitico verse. Allora si elogiò il drammaturgo statuniten- na, si unisce una giovane coppia formata da Leo Catozzo. Tombola! E’ un nome poco noto se, che aveva saputo confezionare un testo in un professore di biologia e la consorte. Da lì ai non addetti ai lavori, ma per me è familiare grado di rendere attuale, sul filo di una crude- in poi sarà un crescendo sapientemente con- da più di mezzo secolo, e cioè dai primissimi le e feroce reciproca disse- incontri allo Studio Testa con una moviola a zione dei personaggi, le 35mm: “la Catozzo”, una pressa maneggevole frustrazioni della letteratu- ma in metallo pesante, ne era un imprescindi- ra e del teatro di impianto bile accessorio, poiché tagliava tutti i tempi e naturalista sulla crisi della le complicazioni delle giunte ad acetone con coppia, con lo stupefacente cui fino a dopo la guerra si montavano i film. esito che il pubblico agli ini- L’ha inventata e brevettata un geniale perso- zi degli anni ’60 del ‘900 ap- naggio, musicista, sceneggiatore, aiuto regista plaudiva l’allestimento che e montatore, e per mezzo secolo non c’è più solo mezzo secolo prima stato montatore (di caroselli, documentari, avrebbe ferocemente conte- lungometraggi o servizi televisivi) che potesse stato. Cosa era cambiato? farne a meno. Quello che non sapevo è che Ca- Una generale condivisione tozzo ha costruito presse non solo per il 35 e il da parte dell’opinione pub- 16mm ma anche per l’8. Per l’8? Ma certo - mi blica di una prospettiva che dice la persona che risponde al telefono, e che vedeva senza rimedio la cri- si del matrimonio. E al cen- “Chi ha paura di Virginia Woolf” Artuto Cirillo, Milvia Maragliano (foto Diego poi si rivelerà essere la figlia di Leo - come Steccanella) quella per cui lei sta cercando gli scotch. Ma la tro della odierna ripresa di mia giuntatrice è targata Ferrania, dico. Sì, ma “Chi ha paura di Virginia Woolf?” cosa possia- dotto da Albee alla scoperta di quanto sia ha provato a guardare sotto? Prendo la giunta- mo trovare? Arturo Cirillo che, oltre ad inter- possibile cadere in basso. Martha, nei cui pan- trice e la capovolgo: e che il diavolo mi porti se pretare il ruolo di George, il marito della cop- ni troviamo una straripante Milvia Maraglia- sotto non c’è scritto a rilievo, sul metallo pres- pia più matura, ne ha curato pure la regia no, approfitterà dell’occasione per tradire per sofuso, Costruzione Incollatrici Rapide. Ovve- sposta l’attenzione sui singoli, sul graduale e l’ennesima volta il marito, perennemente esa- ro CIR, che esiste tuttora, ha sede in un piccolo scientifico processo di autodistruzione di cui cerbato per le frustrazioni accumulate nei centro della grande cintura romana e produce sono protagonisti ovvero lo stato d’animo del decenni di convivenza con una moglie e un ancora giuntatrici e nastri per giuntatrice. “non sapere più cosa fare dopo aver fatto fuori suocero così ingombranti: ovviamente l’adul- Problema risolto, dunque? Non del tutto: come tutto “come scrive nelle note di regia. Più che terio si consumerà con il giovane e piacente ciliegina sulla torta, la gentile signora Catoz- una partita di coppie quanto accade sotto gli professore di biologia, la cui smarrita consor- zo, che non ho mai incontrato, mi informa che occhi del pubblico finisce con il diventare una te, al di là del contesto inquietante in cui è pre- per ragioni aziendali i nastri non possono es- danza macabra a quattro individui, ciascuno cipitata, svelerà il suo rapporto malato con la sere venduti a meno di 30 per volta; e dopo dei quali in preda ad un inquietante delirio di maternità. Insomma Albee non ci risparmia aver tentato inutilmente di coinvolgere Sonia egocentrismo. E finiscono con l’essere così nulla, nemmeno un figlio inventato. Cirillo, Cantoni in una sorta di cordata, non mi resta spaventati per quanto hanno osato, che all’al- nella doppia veste di interprete e regista, non che trasformarmi in mendicante, perdendo ba (tutto si consuma nel giro di nemmeno 4 fa che caricare i toni sino alle sorprendenti ogni dignità per riuscire a ottenere in elemosi- ore, mentre la pièce ne dura poco più di una e battute conclusive, in cui si accenna all’aspi- na due o tre rotolini di scotch. Cosa che alla fi- mezza) si comportano come se nulla fosse ac- razione a “potersi prendere cura di sé, e dell’al- ne mi viene concessa per pura bontà d’animo, caduto. Ma veniamo alla vicenda. La scena si tro, con dolcezza e morbidezza”. Così, dopo basta naturalmente che la cosa non si sappia apre con l’ingresso dalla platea della coppia di essersi , come singoli e come coppia, così a in giro.Non lo dirò ad anima viva, tutt’al più ci mezza età formata da Martha e George, già su lungo “ trascurati” se non addirittura combat- scriverò qualche appunto per “Diari di Cine- di giri, per l’ora tarda (sono le due di notte ) e tuti. Accanto a Cirillo e Maragliano, calorosi club”. Grazie, Teresa Catozzo. Adesso posso per le abbondanti libagioni. Lei è la figlia del applausi per i non meno bravi Edoardo Ribat- incominciare a montare i vecchi 8mm… se an- rettore di una università americana, lui pro- to e Valentina Picello. cora mi ricordo come si fa. fessore di storia nello stesso ateneo che dopo Corrado Farina decenni non è ancora riuscito a diventare Giuseppe Barbanti 13 n. 38 Il cinema nelle biblioteche Presidi di socializzazione, formazione e autoformazione del pubblico attraverso il linguaggio degli audiovisivi Ruolo determinante termini previsti dalla nella crescita di un pae- circolare. Anche lo se è quello svolto dalle “scenario” di tutta la fi- biblioteche, gli istituti liera del cinema per il culturali per eccellenza, quale il Ministro aveva che private di quei fon- garantito un entusia- di necessari per garan- stico impegno e un effi- tire la corretta funzio- cace intervento di soste- nalità nell’assicurare il gno non è diverso. servizio pubblico al cit- Ritardi, indifferenza e Patrizia Masala tadino, fanno fatica ne- inerzia della politica “Il cinema nelle biblioteche”. Iniziativa a cura dell’ANAC in collaborazione con 4 poli gli ultimi anni a resiste- ministeriale nell’adot- bibliotecari della Regione Lazio re correndo anche il rischio di chiusura. Del tare le riforme del set- pericolo di chiusura delle biblioteche, Diari di tore (si faranno o nell’attesa si devono applicare degli audiovisi. Il ruolo attribuito alle bibliote- Cineclub ne ha ampiamente parlato e conti- quelle in vigore?) ci preoccupa perché se non che nel progetto sarà quello di colmare il vuo- nuerà a farlo segnalando in particolare il caso si provvede immediatamente potremmo an- to lasciato dalla chiusura di molte sale cine- della biblioteca “Umberto Barbaro” di Roma, dare a visitare “i luoghi della memoria” della matografiche e di rappresentare una rilevante specializzata in materia di cinema, che nel 2015 cultura perché ne è stata decretata prematu- risorsa per la distribuzione delle opere cinema- è stata privata di un esiguo finanziamento da ramente la morte. E’ stato aperto in questi tografiche cosidette “invisibili”. La lodevole ini- parte della Direzione Generale per il Cinema del giorni uno spiraglio di speranza dall’ANAC As- ziativa dell’ANAC non è passata inosservata al- Mibact. Si trattava di un irrisorio finanziamen- sociazione Nazionale Autori Cinematografici, la FICC Federazione Italiana dei Circoli del to utilizzato per il normale funzionamento e che preoccupata delle sorti delle biblioteche e Cinema che nel corso dell’ultimo direttivo na- mantenimento della struttura, l’organizzazione del cinema, sostenuta dalla regione Lazio zionale, tenutosi a Roma nel quartiere Qua- del premio Chaplin e la pubblicazione della sto- (non tutti gli enti sono distratti), ha presenta- draro il 28 febbraio, ha esaminato il progetto rica rivista Cinemasessanta. Ma c’è di più da to alla stampa il progetto Il cinema nelle bi- ritenendolo nei suoi contenuti un efficace raccontare sulla “U. Barbaro”. Come se non ba- blioteche. L’idea: far interagire le biblioteche strumento per la diffusione della cultura cine- stasse l’esclusione dai finanziamenti pubblici con gli autori di opere cinematografiche. Un matografica. Da evidenziare il fatto che sono la biblioteca ha seriamente rischiato negli ul- progetto sperimentale che prevede la diffu- numerosi i Circoli del Cinema aderenti alla timi tempi di cadere definitivamente nell’o- sione in 4 poli bibliotecari laziali di venti ope- Federazione e dislocati in tutto il territorio blìo. Gran parte del suo inestimabile materia- re cinematografiche che non hanno avuto nazionale che non fruiscono di spazi idonei le non ancora catalogato e preservato dentro grandi riscontri al botteghino pur essendo di per lo svolgimento della loro attività, soprat- scatoloni è stato sfrattato dai locali messi a di- qualità, alcune delle quali hanno ottenuto il tutto in piccole realtà, che già collaborano e sposizione dal comune di Roma. Ospitato riconoscimento di opere di interesse culturale organizzano con le biblioteche proponendo successivamente per alcuni mesi dalla fonda- da parte del Mibact – Direzione Generale per il proiezioni rivolte sia ad un pubblico adulto zione AAMOD, recentemente ha subìto un al- Cinema. Tutte opere, o quasi, trascurate dalla di- che a quello più giovane. Pertanto è auspicabi- tro sfratto per l’improvvisa indisponibilità a stribuzione e dai normali circuiti, che hanno avu- le che il dialogo iniziale intrapreso con il di- tenerne ancora la custodia nei locali di Pome- to scarsa visibilità al botteghino perché non com- rettore artistico dell’ANAC Alessandro Ros- zia. Benedetta sia la SIAE che grazie all’inter- petitive con le grandi major americane e poco setti possa a breve concretizzarsi, definendo vento del suo Direttore Generale Dr. Gaetano viste dal grande pubblico. In sintesi solo qual- le modalità del rapporto di collaborazione con Blandini e dei suoi stretti collaboratori Danila che titolo in elenco: Bella e perduta (2015) di gli operatori volontari di cultura cinematogra- Confalonieri e Giancarlo Mori, ai quali vanno Pietro Marcello premiato ai Nastri d’Argento fica e con le biblioteche per la diffusione capil- i ringraziamenti del direttore della “U. Barba- 2016; Non essere cattivo (2015) film postumo di lare dell’iniziativa rendendola di ampio respi- ro” Mino Argentieri e del presidente dell’asso- Claudio Caligari che ha “rischiato” di essere ro nazionale. La FICC, pur nell’incertezza ciazione Anna Calvelli insieme a quelli del pe- tra i nove titoli scelti dall’Academy per la corsa dell’erogazione dei contributi in tempi brevi riodico Diari di Cineclub e della FICC, i agli Oscar come miglior film straniero; La bel- da parte del Mibact - Direzione Generale per il materiali non catalogati hanno trovato in la gente (2009) di Ivano De Matteo vincitore Cinema è pronta ad impegnarsi con i propri questi giorni una accogliente dimora nei suoi del Gran Premio al festival del film italiano di Circoli del Cinema ritenendo che il cinefo- Archivi di Ciampino. E con cautela scriviamo Annecy 2009; Ridendo e scherzando (2015) l’o- rum dislocato nelle biblioteche può veramen- che non è improbabile che a breve potremo maggio a Ettore Scola delle figlie Paola e Sil- te rappresentare un momento di riflessione, comunicare che l’attività di funzionamento via; Patria (2014) di Felice Farina. Tra gli obiet- di elaborazione critica e occasione di confron- della biblioteca “Barbaro” risplende di nuova tivi, diffondere e promuovere la cultura to con le organizzazioni del pubblico affinchè luce perchè trasferita nella sede romana della cinematografica in quegli spazi normalmente venga sempre garantito il diritto all’arte e SIAE all’EUR in viale della Letteratura. Sul deputati per la lettura, luoghi le biblioteche all’arricchimento culturale. Diritto impre- fronte finanziamenti alle attività culturali come dichiarato dall’assessore alla cultura scrittibile che il cinema assolve pienamente. delle biblioteche invece tutto tace dalla Dire- della regione Lazio Lidia Ravera che svolgono La cultura quindi non si arrende e non sventola zione Generale per il Cinema impelagata una «funzione democratica fondamentale» biandiera bianca. Ci auguriamo invece che la com’è nella redazione delle nuove norme che soprattutto nei paesi e nelle periferie che politica possa adottare presto il ritornello di le impediscono di pubblicare i bandi 2016 (si- spesso non usufruiscono di una sala cinemato- una famosa canzone d’autore “com’è difficile ght!). L’unica speranza ora viene riposta sul grafica. Spazi che si propongono ora come presi- restare calmi e indifferenti mentre intorno tut- settore Biblioteche e Istituti Culturali, diretto di di socializzazione in cui la sera ci si incontra ti fanno rumore...”. dalla dott.ssa Rossana Rummo, al quale la libe- per vedere un film sviluppando successivamente ra fondazione senza scopo di lucro “Umberto un dibattito fra pubblico e autore. Formazione e Barbaro” ha presentato istanza di contributo nei autoformazione quindi attraverso il linguaggio Patrizia Masala 14 [email protected] La d’là di Munti d’Sabia Il Polesine degli ultimi anni ha sperimentato un graduale senso di riscoperta per la pas- sione cinematografica. Una passione orienta- ta sopratutto verso le Angelo Girardello produzioni locali e i film indipendenti che non si accontenta di in- dagare la scena contemporanea ma estende il proprio interesse ai lungometraggi del nostro ieri, quelli che, negli anni ottanta, venivano registrati su nastro magnetico e montati con l’ausilio di ingombranti centraline. Frutto del- la casualità o della semina culturale? Fatto sta che, grazie a tali premesse, tra gli spazi fisici del Circolo del Cinema di Adria e dell’Associa- zione Culturale “I Druidi”, (aderenti alla FICC) una nuova realtà locale sta prendendo forma: il Circolo del Cinema di Porto Viro. Real- tà per la cui inaugurazione si sta appunto cer- cando di attingere a quel campionario di pro- duzioni autoctone ed indipendenti che documentano in qualche modo la storia del nostro passato nonché il volto del nostro cine- ma, riportando sul grande schermo proprio Il vecchio ponte di Boccasette (foto di Ottavio Girardello) per l’occasione il film “La d’là di Munti d’Sa- bia” di Ottavio Girardello (Italia, 1988, colore, Il binomio terra-acqua rimane tuttavia forte- realizzandolo con l’aiuto di un cast composto 43’). “La d’là di Munti d’Sabia” è un viaggio mente radicato nella cultura popolare in da colleghi, amici e familiari. Le riprese ven- onirico attraverso un Delta del Po (tutt’ora la quanto riflesso di un fragile equilibrio che vie- gono montate sotto la sua supervisione nello più grande zona umida d’Europa) sospeso tra ne a mancare con l’alluvione del novembre studio dell’amico Pierluigi Fongaro, assieme storia e sogno, filastrocca e leggenda. Un viag- 1951, quando l’acqua si “riappropria” degli alla colonna sonora (che spazia da David Syl- gio di conoscenza e di riscoper- vian ad Erik Satie) mixata su di ta della propria identità, che una traccia mono. Del film (rea- condurrà il protagonista, l’ lizzato con una telecamera “Irokese”, ed il suo mentore, “el Blaunkpunkt VHS Compact) il Guru da Goro”, all’incontro con regista conserva ancora il gira- una serie di figure iconiche ed to non montato, un piccolo ar- illuminanti. Interamente in chivio fotografico, la sceneg- dialetto polesano, i dialoghi del giatura completa, nonché il film si rifanno alla tradizione ricordo di un’esperienza arti- orale senza il timore di chiama- stica intensa che, a distanza di re in causa figure di una realtà 28 anni, non ha smesso di su- più vasta che muove i passi dal scitare interesse. Interesse co- folklore locale fino ad inglobare me quello che ha animato la la mitologia greca e la filosofia stesura di questo stesso artico- dell’800. Le apparizioni, le epi- lo e che speriamo di poter con- fanie e i riti magici abbondano dividere con voi restituendo al in questo labirinto d’acqua dove presente un piccolo ma signifi- la storia si mescola con il mito cativo capitolo della cinemato- mentre antichi ricordi riaffiora- grafia indipendente polesana. no. Ultimo della sua gente, l’I- “La d’là dei Munti d’Sabia” è in rokese, ripercorre le memorie definitiva emblema di quell’a- dei suoi avi, i “vagantivi”, anti- matorialità che Stan Brackhage chi abitanti del Delta che vive- La Sacca di Scardovari, Polesine, negli anni 70 (foto di Ottavio Girardello) difendeva, anzi elogiava come vano di pesca spostandosi libe- punto più alto dell’espressione ramente attraverso valli, lagune e corsi spazi che le erano stati sottratti, mettendo a artistica cinematografica. Un percorso di vita e d’acqua, costruendo i tipici “Casùn” di canna. dura prova un Polesine già straziato dalla fa- di scoperta attraverso la propria “opera”, l’os- Il film porta così sullo schermo un Delta del me e dalla guerra (scenario ritratto nella cele- servazione profonda della bellezza mediata Po selvaggio dove acqua e terra si contendono bre ballata “Tera e aqua”, scritta dal poeta Gigi unicamente da una genuina passione. costantemente lo spazio in campo, uno scena- Fossati e musicata da Sergio Liberovici). Tutti rio destinato a scomparire con l’avvento delle questi elementi trovano eco nella visione di Angelo Girardello bonifiche di fine ‘800, quando le valli vennero Ottavio Girardello, insegnante di Discipline Nato a Rovigo il 7/12/1986. Laureato in DAMS – discipli- privatizzate e grandi specchi d’acqua furono Pittoriche che sul finire degli anni ‘80 decide ne del cinema presso l’Università degli studi di Bologna prosciugati per rendere disponibili nuove su- di condensare la sua grande passione per le collabora attualmente con l’associazione Culturale “I perfici agricole ai latifondisti (si ricordi la leg- arti visive con quella per il Delta del Po, scri- Druidi” per la creazione del Circolo del Cinema di Porto ge Baccarini del 1882 e la confisca dei terreni). vendo la sceneggiatura del lungometraggio e Viro. 15 n. 38

Centro Regionale F.I.C.C. Sardegna CORSO RESIDENZIALE DI AUTOFORMAZIONE 2016 18, 19, 20 marzo Hotel Mistral 2, via XX Settembre, 34 ORISTANO

VENERDÌ 18 MARZO

15.00 > arrivi e check-in camere; 15.30 > partecipazione all’evento dedicato a Abdelaziz Essid Maitre, Premio Nobel per la Pace 2015, organizzato dall’Avvocatura Oristanese; 19.00 > presentazione, proiezione e discussione del cortometraggio dedicato al tema della pace: Due soluzioni per un problema (Iran, 1975) di Abbas Kiarostami; 20.00 > cena;

SABATO 19 MARZO

09.00 > saluti, registrazioni e consegna dei materiali; 09.30 > autopresentazioni delle/i partecipanti e dei Circoli (attività, criticità e aspettative sul corso); 11.15 > pausa caffè; 11.30 > presentazione del tema del corso: Il Circoli del Cinema come presidio di democrazia. Strumenti e pratiche per la partecipazione pubblica, divisione nei gruppi di lavoro e inizio lavori; 13.00 > pranzo; 15.00 > ripresa lavori di gruppo; 17.00 > pausa caffè; 17.15 > esposizione sintetica delle normative riguardanti la proiezione di audiovisivi in pubblico (diritti di distribuzione, S.I.A.E., licenza ombrello, M.P.L.C., accordi con la F.I.C.C.) e discussione sull’attuale situazione del sostegno pubblico locale alle iniziative di promozione e organizzazione culturale, e problematiche inerenti; 18.30 > presentazione, proiezione e discussione de La sequenza del fiore di carta (in Amore e Rabbia, Italia, 1965) di Pier Paolo Pasolini, momento di chiusura del progetto Quell’usignolo cantava. Quarant’anni senza PPP; 20.00 > cena; 21.30 > analisi della discussione del film;

DOMENICA 20 MARZO

09.00 > Democrazia e comunicazione di massa: l’analisi del telegiornale (I); 11.00 > pausa caffè e check-out camere; 11.15 > Democrazia e comunicazione di massa: l’analisi del telegiornale (II); 12.30 > chiusura lavori di gruppo; 13.30 > pranzo; 15.00 > relazioni dei gruppi di lavoro e discussione; 16.30 > valutazione del corso rispetto alle aspettative iniziali, prossimi appuntamenti e saluti.

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16 [email protected] Corso di autoformazione FICC Sardegna Nessun uomo è un’isola: l’esperienza di un nuovo circolo del cinema subito ospite al corso della Ficc Sardegna L’appena nato Circolo democratiche più con- del Cinema Mark Film sistenti dei circoli: nella (by Senza Frontiere programmazione di Onlus), da subito è in- questi, si cerca di inse- vitato ad Oristano dal rire fin da subito ciò che suo centro regionale a ognuno vorrebbe vede- Luciano Saltarelli partecipare ad un cor- re. Dialogo e partecipa- so di autoformazione zione le parole d’ordine. rivolto agli animatori culturali dei circoli. Pri- Responsabilità e condi- vo di esperienza nel campo dell’associazioni- visione sono imperativi smo, della gestione e della vita quotidiana di categorici. La responsa- un circolo, Mark Film, non poteva lasciarsi bilità di farsi promotori sfuggire quest’importantissima occasione. di una realtà culturale Arrivati in Sardegna, noi tre romani del diret- cinematografica pre- tivo (il sottoscritto, Matteo Lunardi e Andrea sentata sotto una nuova Fabriziani) ci buttiamo nella nuova realtà con luce. Può sembrare un entusiasmo e curiosità. Dopo le prime ore, tra paradosso (anzi lo è), la L’attenzione di alcuni corsisti (foto di Luigi Zara) quelle amicizie che si solidificano e quelle che nostra esposizione alle nascono, tra le risate e gli scorci della penisola immagini, recepite in del Sinis, è come se fossimo un po’ dentro e al una sala cinematografi- contempo fuori dalla nuova situazione: il de- ca, nel salotto di casa, o siderio di conoscere e l’intraprendenza ci attraverso un videopro- spingono all’avventura, nel pieno del nuovo iettore o tablet, è cresciu- circuito dei circoli cinematografici; l’inespe- ta in maniera esponen- rienza ci tiene, solo per poco, distanti. Siamo ziale. Non è cresciuta affascinati, ma allo stesso tempo ancora insi- però la nostra capacità curi, incerti di essere all’altezza o meno. critica di leggere le im- Quest’insicurezza dura poco. Noi rappresen- magini. Le recepiamo tanti di Mark Film siamo catapultati in un’at- continuamente, ma mosfera di cordialità, disponibilità e simpa- spesso non riusciamo a tia, un’atmosfera composta, come un puzzle, comprenderne le rela- da vari rappresentanti dei circoli sardi e dalle zioni e conseguenze, loro esperienze, da Cagliari ad Oristano, fino né a percepire la stra- a Sassari. La discussione in atto è il valore de- ordinaria efficacia for- Un momento dell’Assemblea (foto di Luigi Zara) mocratico del circolo del cinema, il suo inseri- mativa e trasformativa mento in un contesto di socialità e di comuni- che esse hanno sul no- tà. Si parla tanto delle modalità di messa in stro stesso modo di es- pratica della democrazia, quanto del suo si- sere. Ecco allora l’im- gnificato più profondo. La scelta delle pro- portanza di un Circolo grammazioni e l’inserimento dei soci è fonda- del Cinema nel tessuto mentale in questo senso. Chi, come i soci dei sociale di una colletti- circoli oristanesi, coinvolge il pubblico fin dal- vità: un ponte tra il la programmazione, inserisce in rassegna di- sentire soggettivo e la versi film scelti direttamente con il pubblico comunità, uno stru- stesso. Alcuni sono addirittura scelti da singo- mento di democrazia, li soci che si impegnano per introdurli e di- luogo deputato al Dia- scuterli tutti insieme. La scelta, come concetto logo e Partecipazione, e come azione determinante, è una delle forme luogo dove favorire la

Il secondo gruppo di lavoro (foto di Luigi Zara)

crescita attraverso un arrivare a fare sintesi di fronte ad un contenu- processo di comunica- to mediale, allora possiamo vantarci di essere zione attiva rispettando i un mezzo per arrivare alle persone ed aprire tempi di ogni parteci- nuovi orizzonti di riflessione. Per Marino e pante. Nel prendere in per i marinesi, l’esperienza del Circolo Mark prestito la teoria di Mar- Film potrebbe tradursi in un importante mez- shall McLuhan “il mezzo zo di comunicazione, di azione culturale cine- è il messaggio”, è se ana- matografica e di nuova aggregazione attra- lizziamo la metodologia verso le generazioni. Questo ci insegna la dei circoli del cinema democrazia dei circoli: una democrazia che Uno dei tre gruppi di lavoro (foto di Luigi Zara) Ficc come mezzo per segue a pag. successiva 17 n. 38

segue da pag. precedente cineteca cagliaritana già negli anni ’70, con comunitaria dell’audiovisivo e per la condivi- parte proprio dal pubblico inteso come autore, un’analisi attenta e scientifica dei notiziari sione. Per la democrazia. “Nessun uomo è creatore dei contenuti e degli spazi culturali. più seguiti. Tenendo presente la posizione un’isola, intero in se stesso. Ogni uomo è un Una nuova dimensione comunitaria e sociale delle notizie, la loro durata e il loro corredo di pezzo del continente, una parte della Terra” di intendere il cinema e la sua fruizione, di es- immagini e foto, si poteva interpretare il giu- diceva John Donne. Una realtà di condivisio- sere pubblico e dell’essere spettatori, che pone sto peso della notizia fornita. Il lavoro operato ne e di appartenenza alla comunità finora al centro della sua attività il dibattito, il dialo- da questo gruppo di controllo dei telegiornali, sconosciuta nel comune di Marino. go piuttosto che il film stesso. Persino la lettu- con tutta la mole di materiale custodita gelosa- ra critica dei telegiornali, avvenuta durante mente, rappresenta oggi un’importante patri- Luciano Saltarelli l’ultima giornata del corso di autoformazione, monio per la Ficc e per tutti i circoli nazionali. E’ operatore culturale, Circolo del cinema Mark Film e risulta essere un importante e valido stru- Tutto contribuisce un po’ ad aprirci gli occhi e Presidente dell’Associazione Senza Frontiere Onlus. Lau- mento per la comprensione del cinema, della ad indicarci nuove strade da percorrere, nuove reato in Scienze Sociali con specializzazione in Comuni- società e per la decodificazione dell’audiovisi- porte che si aprono per la cultura cinematogra- cazione presso l’Università Gregoriana di Roma. vo nell’era smart. La pratica era in uso nella fica e l’associazionismo, per l’interpretazione

Oristano. Corso residenziale di autoformazione Centro Regionale FICC Sardegna 2016. Foto di gruppo a bordo piscina. (foto di Luigi Zara)

Il premio Nobel alla pace 2015 Abdelaziz Essid, a Oristano, incontra i Circoli del Cinema del Centro Regionale F.I.C.C. Sardegna Catturata l’attenzione del pubblico presente alla conferenza, il Nobel dedica il premio al popolo tunisino, vero vincitore del riconoscimento. “Aiutateci perchè c’è da percorrere ancora un lungo cammino per il raggiungimento di una democrazia duratura e matura” Venerdì 18 marzo, l’av- annuale del corso di au- verso la democrazia, at- vocato Abdelaziz Essid, toformazione preveden- traverso una transizione esponente del Consiglio do, nel programma in non violenta, dopo anni Nazionale Forense tu- apertura dei lavori, la di autoritarismo. Senza nisino, e componente partecipazione alla con- bisogno di interprete e in del “Quartetto per il ferenza dei suoi rappre- un italiano fluente, Abde- dialogo” insignito del sentanti. Accogliendo fa- laziz Essid ha catturato Premio Nobel per la vorevolmente l’invito, il l’attenzione del pubblico Pace 2015, è stato ospi- Nobel ha partecipato alla in sala, dedicando il pre- te, nel pomeriggio, proiezione e alla discus- mio Nobel al popolo tuni- nella sala convegni sione del cortometraggio sino ed evidenziando il lun- Alessandro Macis dell’Hotel Mistral 2 di Due soluzioni per un pro- go cammino che ancora Oristano, nella conferenza organizzata e pro- blema (Iran, 1975) di Ab- deve essere fatto per il rag- mossa dall’Unione Regionale degli ordini fo- bas Kiarostami, dedicato giungimento di una demo- rensi della Sardegna. In concomitanza all’e- al tema della pace. Il crazia duratura e matura. Il vento, nella stessa struttura, il centro “Quartetto del Dialogo” di riferimento alle tematiche regionale F.I.C.C. Sardegna ha riunito i Circo- cui fa parte Abdelaziz Es- Abdelaziz Essid ad Oristano durante la legate al terrorismo sono li del Cinema per il consueto appuntamento sid ha condotto la Tunisia conferenza (foto di Patrizia Masala) segue a pag. successiva 18 [email protected]

segue da pag. precedente del deserto. Il diritto all’acqua è un diritto sa- Anniversari state ricorrenti durante il suo articolato inter- cro. Ogni cittadino ha il diritto all’acqua. Ab- vento. «Non si parli di terrorismo islamico, i biamo anche instaurato il diritto alla coscien- terroristi sono tali e basta. Ogni volta che c’è za e tanti altri diritti». La giovane democrazia 1966-2016: Robert un attentato, noi continuiamo la nostra vita tunisina guidata da una classe dirigente illu- Bresson, Au Hasard che è cultura e gioia. L’economia tunisina è minata, ha ancora tanti problemi da risolvere. per gran parte sostenuta dal turismo, colpire i «La gioventù ha un grosso problema che si Balthazar turisti vuol dire colpire la transizione demo- chiama disoccupazione. Il momento è diffici- cratica. Far crollare l’economia significa ten- le. Due mesi fa abbiamo chiesto di aprire un Cinquantenario di un film tare di far cadere lo Stato». Oggi la Tunisia è nuovo dialogo nazionale per affrontare questa sublime una democrazia dove valgono i principi dello emergenza. E’ necessario studiare delle stra- stato di diritto, ottenuti grazie al dialogo e alla tegie per creare crescita, ricchezza, per offrire Alla cara memoria di mediazione. «Il dialogo è fondamentale per alla gente la possibilità di una vita migliore». Marco Melani, affrontare i gravi problemi che affliggono il Altro punto di vitale importanza, nel discorso Paolo Parigi, Robert mondo, e quando si confrontano religioni e del Nobel, è quello legato alla comunicazione. Bresson culture diverse, allora di- Irene Bignardi, su La venta uno strumento pri- Repubblica, ha scritto mario promuovere la pace tempo fa un arguto ar- e combattere la guerra». ticolo sugli anniversari Stefano Beccastrini «Quando abbiamo inizia- in campo cinemato- to il dialogo, non pensava- grafico (ma, logicamente, il discorso valeva più mo certo di arrivare a ri- in generale). Ella ha affermato: “Celebrare gli cevere un riconoscimento anniversari è forse una simpatica scemenza internazionale del genere, ma ha il pregio di riportare alla memoria cose, avevamo in mente la no- persone ed eventi che nell’amnesia generale stra gente e a voi dico di evaporerebbero nel frullatore della storia”. creare associazioni, di svi- Proprio per questo - ossia per una sorta di luppare iniziative». Il pro- commossa nostalgia del tempo che fu - cesso di normalizzazione quest’anno ho deciso, sulla nostra rivista, di e democratizzazione del parlare del 1966 ossia di ciò che avvenne, anzi Paese passa attraverso il che vedemmo sullo schermo, cinquant’anni fa. popolo e la sua classe diri- Grande anno per il cinema mondiale. Con gli gente che deve saperne Oristano. Il premio Nobel per la pace Abdelaziz Essid riceve i saluti dal presidente amici più cari - Marco Melani, i fratelli Paolo e guidare sogni e bisogni. della FICC Marco Asunis accompagnato dalla vice presidente Patrizia Masala Massimo Parigi e qualche altro- facevo parte «Dopo la rivoluzione tan- (foto di Luciano Saltarelli) ta gente chiedeva giustizia, perché in tanti an- «Ci sono tante cose che possiamo e dobbiamo ni aveva subito delle ingiustizie. Abbiamo al- fare insieme. La prima è fare una buona co- lora pensato a una giustizia tradizionale, municazione, non soltanto tra l’Italia e la Tu- fissando delle responsabilità storiche, indivi- nisia, tra il mondo Occidentale e quello Orien- duando chi ha fatto del male al nostro Paese e tale, ma tra tutti i cittadini del Pianeta Terra. alla sua gente, uccidendo, torturando. Ci sia- Dobbiamo per forza comunicare e trovare so- mo limitati a individuare i casi più gravi. luzioni ai nostri problemi comuni. Nel cuore Avremmo altrimenti rischiato di mettere in del Mediterraneo c’è una ferita aperta che si gioco tutta la popolazione. In trent’anni ci so- chiama Libia, dove circolano armi, dove i ter- no state un numero infinito di ingiustizie. roristi hanno trovato terreno fertile. L’Ameri- Inoltre abbiamo limitato il tempo della giusti- ca pensa di risolvere il problema con qualche zia tradizionale a tre anni, per poi poter pas- bombardamento o con interventi militari; noi Robert Bresson (1901 - 1999) regista francese e sare oltre. Questo è l’insegnamento: passare pensiamo che la guerra non risolva nessun maestro del minimalismo oltre». Le tematiche legate al problema del ter- problema e preferiamo il dialogo. Il terrori- rorismo ricorrono insistentemente nel di- smo non è da abbinare né a un Paese, né a una del circolo culturale “Luigi Russo”, fondato an- scorso del Premio Nobel. «Dopo l’attentato al religione. E’ sbagliato parlare di terrorismo ni prima presso la Casa del Popolo – ossia lega- museo del Bardo abbiamo deciso di lasciare islamico. L’Islam è nato millequattrocento an- to al PCI - di San Giovanni Valdarno. Era inat- tutto com’era. Abbiamo lasciato i vetri delle fi- ni fa, il terrorismo venti al massimo. I musul- tivo da tempo, come indicava il suo nome che nestre rotti, per urlare che non abbiamo paura mani sono quasi due miliardi, i terroristi forse comunque volemmo conservare. L’idea era del terrorismo, che sappiamo arginarlo. Vo- centomila. Per me la religione e la stessa; Dio quella di ridargli vita ed energia, occupandoci gliono impedirci di vivere, ma noi continuia- è uno solo, per voi e per noi. Non esiste un te- di filosofia (facemmo venire Eugenio Garin, a mo a vivere e non smetteremo mai. Siamo l’u- sto coranico che dice: vai a bruciare o a deca- parlare delle sue Cronache di filosofia italiana), nica Primavera che sta dando buoni risultati. pitare gli esseri umani». Abdelaziz Essid si di filosofia coniugata con la politica (Paolo Pa- Il mondo Occidentale deve essere con noi, de- congeda dal pubblico applaudente, con una rigi - che poi sarebbe diventato sindaco della ve aiutarci. Non è solo una questione di soldi. dichiarazione d’amore al suo popolo: «Vorrei città - era un convinto lettore di Sartre, addi- Abbiamo avuto delle emergenze e le abbiamo approfittare per dire che il mio popolo che rittura abbonato a Les Temps Modernes), della affrontate con le nostre forze». Un’altra tema- rappresento, è il vero vincitore del Nobel. Aiu- nascente semiologia (fra i primi conferenzieri tica che sta a cuore ad Abdelaziz Essid e che tateci. Spero di trovare la vostra volontà e di- che invitammo ci fu un non ancora famoso evidenzia con forza è quella del dialogo. «Do- sponibilità». Umberto Eco), di cinema appunto (la vera pas- po la rivoluzione e l’avviamento del dialogo sione, già da allora, di Marco Melani). Erano nazionale, abbiamo intrapreso una lunga bat- gli anni in cui l’egemonia culturale, nel campo taglia per redigere la “Nuova Costituzione”, della critica cinematografica di sinistra (prati- per promuovere i diritti della donna, il diritto camente, l’unica esistente in Italia: la destra all’acqua. Siamo un popolo che vive ai confini Alessandro Macis segue a pag. successiva 19 n. 38

segue da pag. precedente sentimenti e dalle profonde tentazioni, com- andava al cinema per ridere o per piangere, battuta tra il Bene e il Male ma non schiava in- non per pensare), della rivista Cinema Nuovo consapevole del secondo. Del film - e in riferi- - stucchevolmente ideologica, segnata dal mento a quel che di Bresson pensava lukaccismo contenutistico di Guido Aristarco un’eccelsa mente come quella di Paul Valery - - andava finalmente tramontando. Dietro ha scritto, nel suo Il volto di Gesù nel cinema, l’appassionato, quasi mistico, impulso di Guido Bertagna, teologo e critico cinemato- Marco Melani, noi leggevamo invece Filmcri- grafico: “La perfezione viene raggiunta sol- tica (da cui, di lì a poco, sarebbe nata la mitica tanto da colui che rinuncia ad ogni sorta di Cinema&Film di Adriano Aprà) e le opere mezzi che conducono all’esagerazione”. Della estetiche di Galvano Della Volpe, ogni tanto lunga gestazione del film, ha narrato lo stesso gettando uno sguardo Oltralpe per tenerci in- Bresson: “Dieci anni fa ho visto, tutto a un formati sulle idee dei Cahiers du Cinéma. tratto, una testa d’asino riempire lo schermo. Amavamo così Rossellini - il Sommo Incom- Gli umili occhi di un asino, il suo sguardo, la preso del cinema italiano - e la Nouvelle Va- sua pazienza, la sua serenità. Ho abbandona- gue ma anche - finalmente! - il fino ad allora to per vari anni l’idea. L’ho ripresa. Abbando- bistrattato cinema americano: il western, il nata e ripresa. E così, finchè non ho messo un melodramma, Alfred Hitchcock, Jerry Lewis. punto fermo a questo lavoro di composizione Fu una vera e propria liberazione da una asfis- e ho cominciato a girare”. Il problema mag- siante cappa ideologica (anche se, peraltro, giore che pose Bresson, in fase realizzativa, non giunse mai fantozzianamente a conside- venne rappresentato dalla questione di come rare La corazzata Potemkin una boiata). Deci- costruire un’opera fatta di tante storie e di demmo così, quella estate, di telefonare alla tanti protagonisti ma che non sembrasse un redazione di Filmcritica per invitare a San film a episodi staccati l’uno dall’altro. Le vi- Giovanni Valdarno qualche loro rappresenta- 1962. Tutti quanti espressione di una poetica e cende di tutti i personaggi finirono così con te che potesse parlare, con più cognizione del- di un’etica cinematografica - poi chiaramente l’intrecciarsi, con il diventare una storia sola, la nostra, delle nuove tendenze della critica definita in Note sul cinematografo, una delle corale, disperata. Gli fu utile la lettura de L’i- cinematografica italiana. Per la precisione, più lucidamente consapevoli e coerenti auto- diota di Dostoevskij ma anche i ricordi dei tan- era il settembre del 1966: ci fu promesso che, biografie di riflessioni sul proprio cinema ti asini che compaiono nella Bibbia: da quello di ritorno dalla mostra di Venezia, qualcuno d’un maestro del ‘900 - fondate sulla vocazio- di Balaam a quello di Betlemme a quello di loro si sarebbe fermato in Toscana. Di lì a ne profonda a fare un cinema spoglio; appa- dell’ingresso di Gesù a Gerusalemme. “La for- poco, giunsero davvero - su una misera 500 - rentemente tutto concreto in quanto in realtà za trascinante del film - scrive ancora Berta- Luigi Faccini, Maurizio Ponzi, Gianfranco Al- tutto spirituale; attento ai piccoli gesti e ai gna - è tutta nelle relazioni che legano... (l’asi- bano: tutti e tre diventati poi registi cinema- modesti particolari laddove un oggetto, un no)...agli uomini”. Balthazar passa tra le mani tografici. Parlarono, in Palazzo d’Arnolfo, dettaglio, uno sguardo rivelano la inesplicabi- di varie persone, tutte rappresentanti di un davanti a una sala gremita d’un pubblico di le espressione metafisica del destino; un uti- costrittivo vizio umano, e ne diventa un osser- “compagni” per buona parte perplessi nel sen- lizzo non-musicale della musica (un Kirie di vatore impietoso come il regista (il quale, pur tir dire che Psycho era più bello, appunto, de La Mozart in Un condannato a morte è fuggito, una commosso dal personaggio di Maria, sceglie corazzata Potemkin e che Howard Hawks era un sonata di Schubert in Au hasard Balthazar) che il suo punto di vista sia proprio quello di cineasta ben maggiore di Luchino Visconti. orientata non alla suggestione emotiva dello Balthazar). Sul povero asinello che, colpito dal Raccontarono anche un aneddoto che mi col- spettatore bensì alla sottolineatura del silen- fucile dei doganieri mentre alcuni contrab- pì molto. A Venezia, pochi giorni prima, ave- zio (il dialogo e la musica, in Bresson, servono bandieri lo stavano usando per trasportare vano tutti e tre fischiato con impeto la giuria appunto a far percepire allo spettatore il silen- merci illegali, muore lentamente circondato che aveva scioccamente premiato, a un festi- zio, la dimensione in cui si manifesta il desti- da poveri, inconsapevoli agnelli, si chiude val che vedeva in concorso Au hasard Balthazar no, la metafisica, talvolta - ma giansenistica- questo film meraviglioso. Come ha affermato di Robert Bresson, La battaglia di Algeri di Gillo mente non sempre - la Grazia). Un cinema Jean-Luc Godard: “Balthazar è veramente un Pontecorvo (film più che decoroso di un cine- essenziale, rigoroso, nudo: in esso non sono documento terribile sul mondo e sul male del asta più che stimabile ma, insomma, Bresson mai ricercati richiami pittorici bensì valoriz- mondo; tutto questo colpisce con una specie è tutt’altra cosa: sarebbe come dare il Nobel zate immagini modeste, di particolari appa- di dolcezza evangelica, che per me è favolo- per la letteratura a Dario Fo invece che a Jorge rentemente insignificanti: una mano, una sa... Tutti coloro che vedranno questo film e Luis Borges, Paul Celan o Mario Luzi!). Imme- schiena, delle gambe, uno sguardo. Le umili che hanno idee preconcette sul cinema, reste- diatamente circondati da gente di sinistra che piccolezze tramite le quali, seppur general- ranno sorpresi e meravigliati poichè in esso li voleva menare, scambiandoli per fascisti, mente inascoltate, ci parla la Salvezza. Gian- c’è veramente il Mondo contenuto in un’ora e erano stati costretti, per restare incolumi, a ti- senisticamente, a Bresson non interessa l’af- mezzo, il Mondo dall’infanzia alla morte”. E rar fuori di tasca le tessere del PCI, cui tutti e fermazione del Bene nel Mondo - invece tutto ciò ha luogo, sullo schermo, non attra- tre erano iscritti. Mi venne subito la voglia di tipicamente gesuitica, perseguita a costo di verso l’arte dell’addizione, del riempire lo correre a vedere Au hasard Balthazar, non ap- molti compromessi - bensì la domanda sul schermo, degli effetti speciali, del troppo pie- pena fosse uscito nelle sale fiorentine, ma perchè nel Mondo esista il Male. Quel Male no per stupire e sorprendere. Bresson è, al purtroppo potei farlo soltanto qualche mese che pervade - non tragicamente ma quasi fa- contrario, un cineasta della sottrazione: egli è dopo: un mese dopo, le sale cinematografiche talmente e persino banalmente - Au hasard infatti convinto e coerente sostenitore di una di Firenze erano finite sotto l’acqua e la mel- Balthazar, povera storia di destini male orien- poetica e di un’ etica - nei grandi cineasti sono ma dell’Arno. Au hasard Balthazar era un film tati, persi nella vana ricerca di turpi avidità, di sempre la stessa cosa - in cui l’economia dei grandioso ed umile a un tempo, come tutti misere lussurie, di mediocri ma crudeli im- mezzi utilizzati in fase realizzativa da criterio quelli di Robert Bresson. Era il suo settimo brogli. Soltanto Balthazar, asinello paziente e estetico si fa anche criterio morale. cortometraggio: aveva già realizzato, infatti, giudice supremo perchè oggettivo ed estra- capolavori quali, per esempio, Il diario di un cu- neo alla povera Commedia Umana, e Maria rato di campagna, del 1951 (tratto da un roman- (l’esordiente Anne Wiazemsky, futura musa e zo di George Bernanos), Un condannato a morte moglie di Jean-Luc Godard, uno dei maestri è fuggito, 1956, Il processo di Giovanna d’Arco, della Nouvelle Vague), giovanetta dai profondi Stefano Beccastrini 20 [email protected] 66° Berlinale Chi focu a mmari ca Dopo quattro anni un c’è stasira film italiano si aggiu- dica l’Orso d’Oro alla Rivive sul grande schermo, Berlinale. Nel 2012 era toccato a Cesare deve la vita quotidiana di morire dei fratelli Ta- Lampedusa e il dramma viani, quest’anno in- vece a Fuocoammare di dei migranti, grazie Gianfranco Rosi. Ed è a “Fuocoammare” di curiosa la coincidenza nella commistione tra Gianfranco Rosi, vincitore Simone Emiliani documentario e fi- dell’ Orso d’oro al festival di ction. Lì uno spazio chiuso (il carcere di Rebibbia con la messa in Berlino scena del Giulio Cesare di Shakespeare), qui uno apparentemente più aperto (l’isola di «Chi focu a mmari ca Lampedusa con la vicenda del dodicenne Sa- c’è stasira» (Che fuoco muele che s’interseca con lo sbarco dei mi- a mare che c’è stasera) granti). Con la doppietta Sacro Gra a Venezia è una canzone popola- nel 2013 e Fuocoammare quest’anno alla Berli- re (di cui è rimasto il nale, Rosi riesce ad eguagliare l’impresa di Mi- di ‘un grande freddo’ ambientato negli anni ’70. motivo, ma si sono chelangelo Antonioni ottenendo il massimo E lo stesso Jeff Nichols, che si era messo prepo- perse le parole), molto riconoscimento due film consecutivi nei mag- tentemente in luce con Take Shelter, appare in- nota agli abitanti dell’i- cartato nella sua fantascienza umanista che giori festival internazionali; il cineasta ferra- Nino Genovese sola di Lampedusa, ri- rese vinse infatti il Leone d’oro nel 1964 per guarda a Spielberg (Incontri ravvicinati del terzo ti- salente al 1943, quando Deserto rosso e poi due anni dopo la Palma d’o- po) e al cinema degli anni ’70 nel ripercorrere le i “fuochi a mare” erano quelli degli intensi ro a Cannes con Blow-Up. Al di là della vittoria forme del road-movie, ma dove l’omaggio non bombardamenti delle forze aeree britanniche italiana, questa di Berlino è stata un’edizione da una reale spinta ma anzi rischia anche di durante la Seconda Guerra Mondiale e – so- molto deludente. Chiuso nella sua ricerca au- spersonalizzare il suo sguardo. Si passa poi dagli prattutto – di una grande nave militare, la toriale, il festival non sembra più aprirsi verso esercizi di stile presuntuosi e inconsistenti del Maddalena, affondata di notte, il cui incendio le novità all’esterno oppure lo fa sporadica- bosniaco Danis Tanović (Death in Sarajevo) e del illuminò tutta l’isola. Ora i “fuochi a mare” so- mente. Impermeabile in un’organizzazione canadese Denis Côté (Boris sans Béatrice), a opa- no diversi; emblematicamente, sono quelli perfetta se non ci sono imprevisti , la Berlinale chi biopic come Genius di Michael continua ad avere un legame fortissimo con la Grandage con Colin Firth e Jude città come dimostrano i 337.000 biglietti ven- Law, esempio di un calligrafismo duti. Ma con una competizione del genere, a teatrale vecchio stile da usato Cannes o a Venezia la stampa si sarebbe scate- non sicuro. E anche registi che si nata. Qui no. Forse perché i giornalisti italiani erano imposti qui come l’irania- seguono di meno questo festival e perché la no Rafi Pitts che si era fatto cono- prima settimana l’evento – che si è svolto scere proprio con The Hunter, dall’11 al 21 febbraio – era in contemporanea stavolta hanno mancato clamo- col Festival di Sanremo. Ma dopo l’apertura rosamente il bersaglio con l’apo- con Ave, Cesare! dei fratelli Coen, portavoci or- logo politico Soy nero. E anche mai di una cinefilia funerea, il concorso ha quando grandi documentaristi mostrato pochissimi titoli interessanti. Van- come Alex Gibney appaiono me- no ricordati soprattutto Quand on a 17 ans di no ispirati del solito come Zero “Fuocoammare” (2016) diretto da Gianfranco Rosi André Téchiné, con al centro il passionale rap- Days, che parla della guerra in- porto di due compagni di classe molto diversi formatica raccogliendo tutte le informazioni delle “carrette del mare” che affondano o che tra loro e provenienti da estrazioni sociali dif- possibili a partire dalle tracce seguite dalle in- arrivano con grande difficoltà nell’isola (più vi- ferenti e il film-fiume di 8 ore A Lullaby to the chieste del New York Times e dalla rivelazioni di cina all’Africa che alla Sicilia), portando un ca- Sorrowful Mystery di Lav Diaz. E se anche lo Edward Snowden, ci si accorge che quest’anno i rico dolente di gente di altro colore, lingua e stesso film di Rosi appare più convincente conti non sono tornati. Anzi sono saltati tutti in nazionalità, ma non per questo “diversa” dai quando pedina e segue la quotidianità del gio- aria. Una Berlinale così brutta la si ricorderà a Lampedusani, che l’accoglie con generosità e vane protagonista piuttosto che quando filma lungo. Come esempio da non prendere da nes- partecipazione, come ha sempre accolto tutto gli immigrati, quasi con un sospetto voyeuri- sun festival. Oppure verrà dimenticata subito. E ciò che viene dal mare. Gianfranco Rosi ha co- stico, sono numerosi i cineasti, anche promet- il solo lampo viene fuori concorso. È Chi-raq di nosciuto questa canzone grazie a Pippo Fraga- tenti, che hanno mostrato di essere in crisi d’i- Spike Lee, presentato fuori concorso, musical pane, il dj della radio locale, e l’ha inserita nel spirazione. A cominciare da Mia Hansen-Løve indemoniato che rilegge La lisistrata di Aristofa- film, che da essa, anzi, trae il titolo. Càpita ra- con L’avenir, che vede protagonista Isabelle ne. Troppa energia, troppa rabbia per un festival ramente che un documentario riesca a vincere Huppert nei panni di una professoressa che che non ne ha. Passato quindi come un marzia- un festival internazionale. Ma a Rosi l’impresa improvvisamente si trova da sola, che spaccia no. Eppure è proprio da film come quelli di è riuscita per ben due volte, in due tra i festival le sue letture, i riferimenti filosofici i cinema- Spike Lee che la Berlinale deve ripartire per ri- più importanti al mondo: la Mostra del Cine- tografici (Rohmer) come se si fosse ancora in tornare al buonissimo livello dell’anno scorso ma di Venezia, in cui il suo film “Sacro GRA”, pieno fermento Nouvelle Vague. Passando poi (c’erano, tra gli altri, Panahi, Larraín, German jr. racconto della derelitta comunità che vive ai per Thomas Vinterberg che con The Commune, Wenders, Herzog). Per il momento ci sono solo margini del Grande Raccordo Anulare di Ro- inganna fingendo di metterci il cuore mentre le macerie. Di una Berlino anno zero. ma, ha vinto, nel 2013, il “Leone d’oro”; e il gioca solo d’astuzia nel ripercorre le atmosfere Simone Emiliani segue a pag. successiva 21 n. 38

segue da pag. precedente dell’isola il regista ha voluto immergersi con figura di Samuele, che vive sul mare, ma ama Festival di Berlino, in cui – com’è noto – “Fuo- sguardo acuto e penetrante, senza retorica e di più la terra perché soffre terribilmente di coammare” ha vinto quest’anno l’Orso d’oro: banalizzazioni, vivendo per oltre un anno in mal di mare, è un po’ ipocondriaco, ansioso ed «Abbiamo svegliato l’orso che era in letargo; mezzo alla gente, condividendone la quoti- ha un occhio “pigro”: come a dire che vive la ora spero che si svegli anche chi si ostina a dianità, fatta di piccole cose di tutti i giorni, e realtà che lo circonda solo con un occhio, non dormire», ha dichiarato Pietro Bartolo, il me- il suo rapporto con la realtà “altra” provenien- accorgendosi della “Storia” che gli sta passan- dico di Lampedusa, che assiste i migranti da te da un mondo “così vicino, così lontano”. do accanto; ma, proprio con l’aiuto del medi- oltre vent’anni, che ha un ruolo importante Quindi, da una parte c’è la gente (vera) di co, si sforza di “educare” anche l’altro occhio, nel film-documentario di Rosi. Il quale ha di- Lampedusa: Samuele, un ragazzino di 12 an- per vedere meglio, con entrambi gli occhi: co- mostrato come ancora oggi, nell’epoca della ni, che preferisce la fionda e i giochi all’aperto me dovremmo fare noi tutti, che siamo “cie- televisione, del computer e di internet, il cine- alla play-station o al tablet; lo zio pescatore; la chi” di fronte ad una realtà di cui non ci vo- ma possa continuare ad avere quella funzione nonna colta nella sua dimensione quotidiana; gliamo rendere conto, di fronte all’esistenza di carattere “politico sociale” che lo ha caratte- il sub alla ricerca di ricci; Pippo Fragapane, il di due mondi diversi, ma non contrapposti, rizzato dai primi tempi della sua nascita fino dj della radio locale, piena di nostalgiche can- che possono/potrebbero convivere pacifica- a pochi anni fa. Se le notizie su Lampedusa e zoni popolari siciliane, di dediche ed anniver- mente in nome di quell’umanità, che non co- gli sbarchi dei migranti sono quelle che vedia- sari; il più volte citato dott. Bartolo, medico nosce barriere linguistiche e razziali. Da nota- mo nei vari telegiornali e trasmissioni televi- della ASL locale, e tanti altri personaggi. re che i Lampedusani questo film che parla di sive, Fuocoammare, anche sull’onda del Premio Dall’altra parte, vi sono i migranti, provenien- loro stessi ancora non l’hanno visto, perché prestigioso vinto, ha il merito di approfondirle ti da diverse parti del mondo, alla ricerca del nell’isola non esiste più neanche una sala ci- scrutandole dal di dentro, immergendosi in esse, sogno di una vita migliore (anzi, più sempli- nematografica; una proiezione è prevista per rilanciandole e facendole conoscere a tutti, per cemente, di “una vita”); le navi militari, che il 15 aprile, all’aperto (si spera alla presenza cui, grazie a questo film, si è tornati a parlare di soccorrono le barche in difficoltà; le guardie del regista), ed allora sarà probabilmente una Lampedusa in modo diverso, tanto che il dott. che controllano i profughi, e spesso devono grande festa, con la gente del luogo e molti Bartolo è diventato quasi un “personaggio”, contare i cadaveri chiusi nel fondo delle stive, migranti, tutti insieme, a sancire emblemati- accolto in diverse trasmissioni televisive, e le persone i cui sogni sono finiti dentro sacchi di camente un bellissimo rapporto, che il cinema sue dolenti testimonianze – amplificate dalla plastica nera traslucida. Questi due mondi – e il film di Rosi – ha contribuito a rinsaldare, risonanza del mezzo televisivo e dei mass-me- entrano in contatto tra di loro grazie proprio con la speranza che possa costituire un esem- dia di oggi – hanno fatto tornare alla ribalta la al dott. Bartolo, che fa da trait d’union tra di pio per tutti!… gente di Lampedusa e la sua meritata candida- essi e che, da questo punto di vista, assume un tura al “Premio Nobel” per la Pace. Nella vita valore simbolico. Come avviene anche per la Nino Genovese Di Gianfranco Rosi, Fuocoammare e della critica lunare L’esercizio di criticare i Non potendo attaccare critici soprattutto se il film, contenutistica- sei un critico, è malsa- mente e formalmente no. Ti poni su un piedi- di alto livello, non vo- stallo, da cui giudicare lendo intervenire su al- i colleghi. Ma a volte è cuni problemi di scrit- necessario, magari ri- tura (è forse troppo Boris Sollazzo manendo in mezzo a manicheo nell’impo- loro, perché da quando la critica cinemato- stazione visiva e narra- grafica è diventata una fabbrica di pillole, un tiva, ma è anche la sua Gianfranco Rosi vincitore della Berlinale 2016 con “Fuocoammare” girato a Lampedusa minirecensionificio (o premificio, peggio), ve- forza), ecco arrivare la dendo i latori di poche stroncature e molte ca- valutazione etica, che speravamo di aver la- non in Fuocoammare. E lì troviamo l’obiettività rezze ai soliti noti dimenarsi tra incarichi sciato ai quaderni degli anni ‘70. Parliamo a tempo determinato: finché sei marginale ibridi, tutti intenti a consegnar riconosci- della discussione sulla color correction, e si- come il critico stesso, avrai la sua pacca sulla menti o lanci per i flani, a scrivere biografie, a mili. Partita, a quanto sembra, da uno status spalla, di fronte al successo, verrai dal suddet- correre in soccorso dei vincitori. Ma solo, sia social, dubitativo e fertile di riflessioni mi- to abbandonato (per ritrovarti, magari, quan- chiaro, se conviene. Sul vincitore Gianfranco gliori di quelle che ne sono seguite, di Pedro do potrò godere della tua luce riflessa, anche Rosi, un Leone d’Oro con Sacro GRA e un Orso Armocida, trasformatosi presto in un proces- solo per una prefazione). La voglia di emerge- d’oro con Fuocoammare, si può sparare. Perché so insensato, piuttosto lontano dalle intenzio- re è nella capziosità della valutazione: conte- non fa parte del sistema, non muove budget ni dell’autore, che sa spesso individuare gan- stare che il naufragio e la morte dei migranti ingenti né fa incassi travolgenti, è solo un ot- gli contraddittori del suo mondo e dar loro venga trattato con alta estetica cinematogra- timo regista che non si preoccupa di piacere luce. E quel processo sommario conferma tre fica. Forse lo snobismo degli addetti ai lavori troppo alla gente che piace. E nonostante que- problemi della critica italiana: la scarsa me- viene disturbato proprio dal fatto che il cinea- sto, ce l’ha fatta, senza fare l’occhiolino ai ci- moria, un’obiettività a tempo determinato, la sta consegni alle vittime, ai migranti morenti, nesalottini. E come ha ricordato tempo fa Ga- voglia di emergere dal ghetto dov’è relegata tale dignità artistica e umana, che si curi l’im- briele Muccino, uno che con Rosi condivide con facili e comode provocazioni. La prima è magine di quel momento drammatico con l’e- poco e nulla, in Italia si perdona tutto, tranne dimostrata dal fatto che se si devono davvero pica tragica che merita e non con la specula- la vittoria. Ecco così che l’accoglienza piena di fare valutazioni etiche su un’opera d’arte – zione etica ed estetica di una macchina a benevolenza al Lido diventa, a Berlino, già dif- che in generale in questo campo è esercizio mano, con un taglio documentaristico che fidenza e subdolo attacco. Rosi – come succes- piuttosto demenziale - allora varrebbe la pena tradirebbe l’impostazione data al resto del se anche a La Grande Bellezza (sono tra chi non capire perché gli stessi hanno valutato con be- lungometraggio. La critica deve riconquistare l’ha trattato bene, ma ho la presunzione di nevolenza l’ultimo lavoro di Minervini o Below il ruolo che merita con la forza teorica della averlo fatto in base a un’analisi attenta e cir- Sea Level e El Sicario, room 164 dello stesso propria preparazione e autorevolezza, non costanziata e non per una presa di posizione Gianfranco Rosi. In fondo, partendo da valu- con prese di posizione strumentali. Sono i cri- piuttosto pregiudiziale e diffusa altrove) – di- tazioni morali e moralistiche c’è più materiale tici a doversi smarcare dall’angolo in cui sono venta l’obiettivo di strali piuttosto cervellotici. per “indignarsi” in quei lungometraggi che segue a pag. successiva 22 [email protected]

segue da pag. precedente relegati. Anche e soprattutto da una televisio- Franco Enna, il Simenon italiano, ne che dopo aver massacrato la Settima Arte, dimenticato dal cinema ora usa loro come figurine: scegliere, per esempio, spazi come “Troppo Giusti”, rispetto Nel filone del “giallo distribuito nonostante l’interpretazione della d’arte” (ne ha scritti diva Ursula Andress (allora considerata pro- più di cento), che gli rompente sexysimbol, della quale viene sfrut- ha procurato l’epiteto tato il notevole appeal) e dei conosciutissimi di “Simenon italiano” Eli Wallach, Massimo Girotti, Fabio Testi e dopo aver creato la fi- Barbara Bach - vanta un plot piuttosto avvin- gura del commissario cente ma tutto sommato abbastanza conven- Federico Sartori, s’in- zionale (a seguito d’un sanguinoso colpo a nesta l’eclettica figura una gioielleria moriranno molte persone, ri- Franco La Magna dello scrittore-poe- marrà un solo superstite braccato dalla poli- ta-drammaturgo-gior- zia…), aggravato dallo scarso scavo psicologi- nalista di Franco Enna, al secolo co dei personaggi. Non molto Franco Cannarozzo (Enna 1921 - frequentato dal cinema italiano il allora denominata Castrogio- genere fantascientifico e quello vanni - Lugano 1990), romanzie- giallo-poliziesco (che comunque re siciliano di vastissimi ed vive una sua stagione d’oro negli eterogenei interessi culturali, anni ’70) sembrano aver chiuso precursore acclarato del “giallo con Enna, dopo la breve parente- di provincia” anticipatore quindi si di questi due film “minori”, di Sciascia e Camilleri (uno dei ogni proficuo rapporto di colla- suoi grandi estimatori), che nelle borazione. Trasferitosi in Svizzera, provincie siciliane hanno am- dove ha vissuto per molti decenni, bientato le loro intricatissime vi- narratore, poeta, drammaturgo, cende gialle. Per quanto rara- sceneggiatore e giornalista bril- mente accostato dal cinema, Franco Enna lante, Enna ha collaborato a rivi- “L’isola” (2003) Un film di Costanza Quatriglio. Con dalla copiosissima produzione ste e quotidiani sia nazionali che Erri De Luca. Drammatico, 97 min, colonna sonora letteraria di Enna la “settima arte” ha comun- esteri ed ha lavorato per la televisione svizzera musicale di Paolo Fresu, girato a Favignana. Turi e que attinto per due film, diretti tuttavia da re- e italiana. Ha pubblicato con Mondadori, Lon- Teresa sono figli di un pescatore che vive e lavora in gisti di “b-movies” che poco hanno aggiunto ganesi, Rusconi, Sonzogno, ecc…prediligendo un’isola siciliana alla sua fama di scrittore: “Omicidio per ap- “…investigatori antieroi e umani che, armati al vituperato “Cinematografo”, incapace di an- puntamento” (1967) del re- d’infinita pazienza e rifug- dare oltre una superficialità ormai divenuta gista-sceneggiatore e pittore gendo da gesta spettacolari, proverbiale. Deve pretendere un’attenzione romano Mino Guerrini, trat- operano in ambienti dove maggiore, non raccogliere le briciole della so- to dal romanzo “Tempo di pericoli mortali si annidano cietà dello spettacolo, non essere un predellino massacro” pubblicato da dietro superfici di confor- su cui ci si appoggia alla bisogna, ma un ba- Mondadori (1955), poi ripub- tante normalità…La Sicilia, luardo che sia spunto di riflessione per autori e blicato nella collana “Capola- presenza ossessiva nell’ima- spettatori. E su Gianfranco Rosi, sulla sua ri- vori dei gialli” Mondadori e ginerie di Enna, non è natu- voluzione in cui il cinema del reale si innesta “L’ultima chance” (1963) del ralità felice e rifugio rassi- come un lavoro sulla realtà dall’alto di una più noto regista-sceneggia- curante, paradiso d’infanzia chiara idea di cinema – un lavoro iniziato, in tore e montatore fiorentino perduta o luogo privilegiato questo millennio, con la forza estetica, conte- Maurizio Lucidi (alias Brigh di una personale mitologia. nutistica e teorica del lavoro di Costanza Qua- Maurice) dal romanzo “Asfal- Recuperata alla contempo- triglio, a partire da L’Isola fino a 87 ore, un con- to” (Piacenza, “La tribuna”, raneità storica, la realtà iso- tinuo e fondamentale processo creativo di 1965). Detective-story vaga- lana è assunta con il rigore trasformazione di linguaggio e grammatica mente imparentata con “Il dello studioso, con la preoc- cinematografica – come si è fatto, proprio a terzo uomo”, il famoso film cupazione di mantenere i Cagliari, nella tavola rotonda Italia, terzo mil- di Carol Reed del 1959 con Or- problemi sul piano politico lennio: nuovo cinema del reale. Non si deve cedere son Welles, “Omicidio per evitando ripiegamenti inti- alla tentazione di attaccarsi a una facile e steri- appuntamento” - sceneg- mistici ed evasioni idillia- le polemica. Certo, è il modo più difficile di af- giato dal pugliese Fernando Di Leo (tra gli al- che…” (G. Padovani). Scrittore dunque “anti- frontare un nobile e bistrattatissimo mestiere. tri regista de “La seduzione”, tratto dal ro- dilliaco” e poco incline a vaneggiamenti, Ma in fondo, chi decide di giudicare l’arte, non manzo “Graziella” di Ercole Patti) e lo stesso Franco Enna (che è stato anche tra i pochi nar- ha forse già scelto la via più impervia? E allora, Guerrini (che compare tra gli attori) - segue le ratori italiani a essere ospitato dalla famosa ne sia degno. non poche peripezie d’un detective americano collana della Mondadori “Urania”) ha pagato in vacanza in Italia nella capitale, alla ricerca l’abbandono della terra natìa con un oblio in- Boris Sollazzo d’un amico scomparso che alla fine verrà ucci- flittogli anche dalla sua Sicilia e, ancor più, so. Scarsamente distribuito e interpretato da dalla città dalla quale ha sentimentalmente un cast d’attori poco noto, resta però “con un (ma improvvidamente) assunto lo pseudoni- mo. Come spesso, anzi spessissimo, avviene: E’ un critico cinematografico, un cronista sportivo, uno uso acrobatico della macchina a mano, lampi “nemo propheta in patria”. scrittore, un tifoso del Napoli, un collezionista di fumetti, di umorismo nero... quanto di più simile al ci- un ex pallanuotista, un ex arbitro di calcio. E’ ed è rimasto nema di Lester (se non a quello di Suzuki) si tutte queste cose. Ha scritto per molte testate, non poche di sia mai fatto in Italia. Da recuperare” (Mereghet- esse hanno chiuso: nessuno, però, ha dimostrato un rap- ti). Il secondo (“L’ultima chance”) - “un film d’azio- porto diretto di causa-effetto. ne dai risvolti gialli”, anch’esso parzialmente Franco La Magna 23 n. 38

Associazionismo Nazionale di Cultura Cinematografica Assemblea Fedic 2016 Dal 26 al 28 febbraio la FEDIC (Federazione Italiana dei Cineclub) si è riunita a Montecatini per il tradizionale ritrovo di inizio anno, caratterizzato da vari “tavoli di lavoro” e culminante nell’Assemblea Generale dei Presidenti La splendida cornice dell’ ’’Inno FEDIC” e la presenta- dell’Hotel Adua e Re- zione di quattro nuovi Cineclub. gina di Saba, l’ottima Poi la “relazione morale” del Presi- cucina e, soprattutto, dente che, oltre a dare un quadro l’apporto costruttivo di quanto è stato fatto nel 2015, si è dei partecipanti, han- soffermato sull’importanza di far no contribuito a crea- crescere in tutti i Cineclub e in tut- re un clima sereno e ti i Soci un forte “senso di apparte- propositivo, da cui sor- nenza”. A seguire gli interventi dei gono interessanti pro- numerosi “Responsabili di Settore”, i quali con buoni-acquisto per materiale tecnico da Roberto Merlino spettive per il futuro. I hanno fornito un quadro complessivo molto mettere a disposizione dei rispettivi associati. primi due momenti variegato di una FEDIC viva, attiva e funzio- Dopo una pausa caffè, si è svolta la votazione d’incontro hanno avuto luogo nel delle opere esposte in due diverse pomeriggio del venerdì, rispettiva- mostre, una di “foto di scena”, l’altra mente col Responsabile della gestio- di “storyboard”. Poi sono stati visio- ne sito FEDIC (www.fedic.it) e col nati i corti (entro i 5 minuti) messi in dimissionario Presidente Cineteca Concorso da vari Cineclub. Anche in FEDIC. Ad entrambi gli incontri questo caso i Presidenti si sono hanno partecipato i Consiglieri FE- espressi con una votazione. Dopo DIC ed i Membri della Commissione cena, i lavori sono ripresi con una Scientifica FEDIC, che, pur sugge- “lezione”, da parte della Segretaria rendo alcuni “correttivi”, hanno FEDIC, sulla corretta compilazione molto apprezzato la funzionalità del delle documentazioni di fine anno. sito. Per quanto riguarda la Cinete- Dopo uno spazio dedicato agli inter- ca, è stato ribadito che si tratta di un venti dei Presidenti dei Cineclub, è patrimonio veramente importante, iniziato uno dei momenti più ap- da salvaguardare e potenziare, con prezzati e divertenti: fatte varie nuove idee e nuove strategie. Dopo “squadre” di 4 elementi, sono stati cena si è riunito il Consiglio FEDIC, forniti spezzoni filmati (di opere FE- facendo il punto della situazione, tra La consegna degli “assegni” ai tre Cineclub più “virtuosi” (Laura Biggi) DIC del presente e del passato) pri- vate della pista audio, con il compito

Consegna ai Cineclub di numerose compilation in dvd Un momento dell’Assemblea Presidenti dei Cineclub Alcune opere partecipanti al concorso per storyboard (foto di Lorenzo Caravello) della Fedic (foto di Giorgio Sabbatini) (foto di Ettore Di Gennaro) cose fatte e cose da fare, analizzando ed ap- nante. Questa prima parte di Assemblea si è di farne il doppiaggio. I partecipanti, coinvol- provando i bilanci (con il conforto dei Sindaci conclusa con l’esposizione (e conseguente ap- ti al di là delle più rosee previsioni, hanno fat- Revisori), organizzando l’accoglienza per il provazione) del Bilancio Consuntivo 2015 e di to le ore piccole per creare, pur con mezzi ru- giorno successivo e discutendo proposte arri- quello Preventivo 2016. Il Presidente del Colle- dimentali, prodotti veramente validi e vate da diversi Cineclub. La riunione si è con- gio Revisori ha letto una relazione in cui, oltre divertenti. La domenica, dopo la proclamazio- clusa attorno all’una e trenta di notte. La pri- alla correttezza dei dati contabili, veniva fatto ne dei vincitori dei vari concorsi, è stata dedi- ma parte del sabato, dedicata all’accoglienza un chiaro elogio alla “sana gestione patrimo- cata agli interventi dei Presidenti. Molto le dei Presidenti in arrivo, è stata riservata ai niale”. C’è stato un momento di grande com- problematiche messe in evidenza, tra cui un rinnovi-iscrizione, consegna tessere, acquisi- mozione, tutti in piedi con gli occhi lucidi, paio per le quali ci siamo già attivati: differen- zione delle compilation da distribuire, allesti- quando il Vicepresidente FEDIC ha ricordato ti “trattamenti” da parte della SIAE da una zo- mento di due mostre con materiale a cura dei che era l’anniversario della scomparsa di Gio- na all’altra e “studio sulla possibilità di coper- Cineclub, esposizione di depliant e locandine vanni Crocé. In base a uno “schema-punteg- tura assicurativa per i nostri Soci”. delle varie attività, ecc. L’Assemblea vera e gio” previsto nel Regolamento Interno della Roberto Merlino propria è iniziata con la proiezione del video Federazione, sono stati premiati tre Cineclub, Presidente FEDIC 24 [email protected] Con lo sguardo dritto e aperto nel futuro… Lo sai che più si invecchia più affiorano ricordi lontanissimi Questa volta comin- istituzioni come la Cineteca di Bologna, di- ciamo con una confes- venta vera e propria sfida culturale capace co- sione. Più passano gli me poche altre cose di spostare i margini dei anni e più mi accorgo nostri sguardi (www.cinetecadibologna.it). che chi mi ha precedu- Da Il grande dittatore a Todo modo, Amarcord, La to aveva ragione. Co- febbre dell’oro, Il Gattopardo, Rocco e i suoi fratelli, me fare a dargli torto? Aurora, Nosferatu e Il gabinetto del dottor Caligari, Mi dicevano che con Mani sulla città, Per un pugno di dollari e Ni- l’età si sarebbe tornati notchka e dal 4 aprile prossimo Ascensore per il al passato, al proprio patibolo e poi moltissimi altri titoli che com- pletano questa lista così ricca e imperdibile da Tonino De Pace passato, alla memoria infantile. Ma non è so- costituire da sola la storia del cinema non let- lo una questione di memoria personale, di- ta sui libri, ma possibilmente vista e acquisita “Nosferatu il vampiro” 1922 di Friedrich Wilhelm venta una vicenda che riguarda la memoria al patrimonio culturale collettivo. Ecco quindi Murnau collettiva, riguarda il modo in cui si è arrivati ad essere quello che si è. Nel bene e nel male. da questioni di profitto, se non per l’indispen- Ripassare la propria vita, non come esercizio sabile autosostentamento, è in grado di assi- proustiano di induzione alla memoria, ma co- curare. Anche il cinema, altrimenti, corre il ri- me esercizio continuo per trovare nel presen- schio di una irreversibile patologia da te che si vive le ragioni per continuare a crede- pensiero unico che costituisce un male che ha re in quello che le persone, i libri, il cinema e le già intaccato vasti strati delle nostre società e circostanze ti hanno insegnato e, quindi, con- dal quale il cinema non è immune, anzi ne è tinuano ad insegnarci. In questa elaborazione già in parte afflitto.Non penseremmo mai, in cui il passato si attesta come strada mae- d’altra parte, di eliminare dalle sale delle pina- stra per il futuro, ci si ritrova a rileggere i libri coteche un dipinto di Raffaello o di Tiziano, di letti oppure a leggere quelli non letti cercando Boccioni o di Balla, di Schifano o di Pollock nel classico odore di un passato pieno di sor- prese infinite, quella letteratura narrativa o “La febbre dell’oro” (1925) di Charlie Chaplin saggistica che oggi si fa fatica a trovare tra tutto ciò che (spesso inutilmente) si produce, che questo lavoro così capillare, ma nello stes- tra tutto ciò che (altrettanto spesso, inutil- so tempo così indispensabile per la vita del ci- mente) si scrive. Lo stesso accade per il cine- nema, serve non solo a rivitalizzare un circui- ma e per farla breve è per questa ragione che to distributivo, spesso troppo sonnolento che va apprezzata senza riserve l’iniziativa della si adagia sulle novità spettacolari (nulla mai Cineteca di Bologna che con il suo lavoro di contro questi film) escludendo il cinema che recupero sta ricostruendo una riserva di visio- più faticosamente si fa strada in queste corsie “Todo Modo” (1976) di Elio Petri ni di un cinema che sembrava dovesse rima- nere solo sui libri o tutt’al più distrattamente rivisto in televisione tra la stanchezza della anche se sono opere non proprio recentissi- terza serata. Con una iniziativa che ha ormai me. Se si tratta per questi dipinti di pezzi pre- preso avvio tre anni fa l’ente bolognese guida- giati e imprescindibili per l’attualizzarsi della to da Gian Luca Farinelli sta svolgendo un storia dell’arte, non si vede per quale motivo la grandissimo e meritorio lavoro di restauro di stessa attenzione non si debba avere per il ci- pellicole destinate ad essere trattate come pu- nema che svolge un ruolo altrettanto essen- ra archeologia del visibile, magari mitici titoli ziale per la crescita culturale di ogni Paese. recuperati accidentalmente copie di copie di Perdere un film che ha contribuito a dare im- vecchi nastri ormai consumati. Il recupero e il “Amarcord” (1973) di Federico Fellini pulso alla storia del cinema equivale alla per- restauro per lo più nel formato 4k ha restitui- dita di un pezzo d’arte, di un oggetto irripeti- to a questi film non soltanto una nuova vita e così intasate da titoli made in USA o da un ci- bile, così come assistere alla proiezione di una una nuova possibilità di circolazione in sala, nema più familiare, piacevole, magari diver- di queste opere equivale ad una visita ad una ma contribuisce ad un recupero culturale di tente, sicuramente professionale, ma forse un mostra, allo sguardo attento di una sala ricca immenso spessore che soltanto dando un’oc- po’ innocuo e un po’ tutto uguale a se stesso. È di tesori d’arte. Le nostre associazioni che vi- chiata ai titoli del Cinema ritrovato può dare il questa la malattia che ha colpito, in qualche vono e operano, purtroppo, nell’indifferenza senso di questa lodevole iniziativa. Un proget- misura, un certo cinema italiano che però ten- (tranne rari e isolati casi) se non con le avver- to che ha ormai superato la fase di rodaggio de ad oscurare tutta quell’altra produzione sità dalla politica, lavorano da sempre su que- per entrare a pieno titolo nel panorama del che in Italia pure esiste e però non si vede. È sti temi, in parallelo, magari senza saperlo, circuito distributivo avviato con la giusta otti- da questa considerazione che emerge ancora con altri soggetti come accade per la Cineteca ca da parte della Cineteca che considera il re- più forte l’esigenza di quei presidi culturali di Bologna. Su queste fondamenta speriamo stauro dei film e la loro messa in circolazione che sono le nostre associazioni, i nostri circoli si trovi la strada affinché lo sguardo dritto e per il circuito commerciale e culturale non del cinema, i nostri cineclub. Sempre di più aperto sul futuro trovi nelle antiche radici la soltanto come lo strumento più prezioso per questo cinema trova spazio nelle nostre rasse- forza dalla quale attingere la linfa necessaria conservare la visione dei film nel tempo, ma an- gne incontrando il favore del pubblico che è per la vita. che un modo per rilanciarli in un dialogo qualita- perfettamente in grado di discernere e di sce- tivo con gli occhi del presente. Un gioco di sponda gliere quando l’offerta si avvale di una consi- che, oltre a farsi bussola d’orientamento per derevole varietà che il nostro circuito, esente Tonino De Pace 25 n. 38

Cinema del reale La villetta di Riccardo Napolitano Il documentario mili- al loro servizio. La camera è in continuo movi- locali rispetto ad asili nido e scuole materne tante degli anni ‘70 mento, anche perché i genitori - come nor- lascia un sempre maggiore spazio alle struttu- non sembra godere, ai malmente avviene in una discussione colletti- re private, sensibili alle ragioni del profitto nostri giorni, di buona va - s’interrompono fra loro per fare delle più che a quelle della pedagogia e particolar- fama. La retorica più à precisazioni, per meglio evidenziare un con- mente esperte nel trattare i bambini come la page liquida quest’e- cetto. Il racconto si snoda quindi passando da “oggetti da parcheggiare”. sperienza, quanto mai un volto all’altro, ma sono soprattutto le don- Stefano Macera Stefano Macera sfaccettata, come espres- ne a spiegare come il tutto sia partito da po- sione del trionfo dell’i- chi, per poi allargarsi all’intero quartiere e a deologia sui valori formali e conoscitivi che persone di ogni ideologia, fortemente convin- dovrebbero contraddistinguere il “cinema del te nel sostegno alla creazione di una scuola “di Associazionismo Nazionale di Cultura reale”. Certo, è vero che alcuni prodotti con- Cinematografica fermano l’opinione prevalente risultando, og- gi, assai datati, ma sarebbe errato tacere di al- Adriana tre realizzazioni, che possono ancora stimolare riflessioni, soprattutto in chi non riduca il do- D’Innocenzo cumentario a quell’asettica registrazione di situazioni sociali, che può nascondere la pura e semplice accettazione dello stato delle cose. Pensiamo, ad esempio, all’attività svolta, nel Nella giornata del 2 marzo decennio in questione, dal regista Riccardo è venuta a mancare Adriana Napolitano (1928-1993), tra i fondatori dell’Ar- chivio Audiovisivo del Movimento Operaio e D’Innocenzo Democratico e presidente della FICC (Federa- zione Italiana Circoli del Cinema) a partire dal 1972 e sino alla morte. Nei suoi lavori tro- Riccardo Napolitano viamo la conferma che il rifiuto di un’equivo- Adriana è stata Presidente Nazionale dei ca “oggettività” e la volontà di essere “di par- tipo nuovo”. Ancora in ascolto delle voci dei CGS negli anni ’70 – ’80. Ha, con il suo ser- te”, non portano necessariamente a sacrificare grandi, veniamo pian piano introdotti nelle vizio di animazione, concorso alla forma- sull’altare della propaganda le possibilità aule riempite dai bimbi, che vediamo impe- zione di tanti dirigenti della nostra Asso- espressive dell’audiovisivo. Particolarmente gnati ad imparare giocando: un bel susseguir- ciazione. Ha contribuito a realizzare il indicativo, in tal senso, ci appare il cortome- si di espressioni e di gesti “colti in flagrante”, primo lavoro sistematico di coordinamen- traggio in bianco e nero La Villetta (1975), in- con cui entra in dialettica il testo scritto da to delle Associazioni Nazionali di Cultura centrato su un positivo episodio di protagoni- Pietro Maria Trivelli. Nel quale, a ben vedere, Cinematografica, collaborando attivamen- smo collettivo verificatosi a Reggio Emilia: ci si riallaccia alla precedente narrazione dei te con Riccardo Napolitano e tanti altri, of- l’occupazione di un’abitazione abbandonata genitori, rendendone espliciti alcuni risvolti. frendo al nostro comparto, riconoscimento (detta, appunto, la Villetta) - e la sua trasfor- Tra cui il fatto che, l’esser coinvolti sin negli politico. È stata fino agli ultimi tempi infa- mazione in scuola per l’infanzia informata ai aspetti più materiali di questo progetto, si tra- ticabile operatrice culturale e sociale fon- più avanzati criteri pedagogici - da parte dei duce in un processo educativo anche per gli dando associazioni a favore dei giovani. genitori del quartiere Ospizio. Un’iniziativa adulti. L’associazione di queste considerazio- nata dal basso e volta a superare un problema ni ad inquadrature di bimbi presi dallo sforzo Candido Coppetelli davvero pressante in quegli anni: la carenza creativo crea un gradevole parallelismo, in di scuole concepite come luoghi di autentica una sequenza che - come le altre realizzate formazione e non di mero deposito dei più all’interno della scuola - si avvale della musica A nome della FICC che rappresento espri- piccoli. Perseguendo tenacemente il proprio scritta dal maestro Egisto Macchi. Una parti- mo ai familiari e all’Associazione CGS le più scopo, i genitori hanno svolto i lavori di siste- tura scarna, essenziale, che non copre mai to- sentite condoglianze per la scomparsa della mazione degli ambienti, cercato i fondi ne- talmente le voci dei bambini, riuscendo però a carissima Adriana, nostra amica in tante cessari, contattato le maestre disponibili e, in- creare una “distanza”, ossia lo spazio in cui battaglie per la formazione del pubblico e la fine, si sono impegnati a far approvare il poi la voce fuori campo può intervenire senza crescita del movimento associazionistico progetto dalle istituzioni locali. Un percorso risultare meccanicamente sovrapposta alle culturale cinematografico nel nostro Paese. che il documentario riesce a restituire in circa immagini. Ora, in un lavoro così curato, non 18 minuti, attraverso scelte narrative e lingui- ci sembra casuale neanche un’altra scelta: Marco Asunis stiche in apparenza semplici, in realtà ampia- quella di concludere con le parole, davvero in- mente meditate. Di fatto, a sequenze girate cisive, di una mamma. Mentre in altri, coevi nel giardino della Villetta, in cui si ascolta il audiovisivi militanti, prevale il punto di vista L’amatissima e stimatissima Adriana è tra i racconto dei genitori, se ne alternano altre in dell’organizzazione politica committente, qui ricordi a me più cari dei tempi nei quali, cui si entra nella scuola e si vedono i bambini si dà spazio a discorsi che non nascono solo ancora giovani, è stata tra gli artefici delle in azione, assistiti dalle maestre, ma sostan- da partiti presi ma anche da vissuti concreti, battaglie delle nostre Associazioni, insieme zialmente liberi di esprimersi. Già nell’incipit, mantenendo perciò intatta la propria forza. Il a Riccardo; anche l’allora imberbe Carlo ne peraltro, colpisce il raccogliersi dei genitori richiamo ad una battaglia permanente, che è testimone. Personalmente e a nome della attorno al regista, dotato di microfono, come sarà necessaria fino a quando ci sarà una don- FIC sono partecipe e addolorato al lutto ad evidenziare una precisa filosofia: per resti- na che metterà al mondo un figlio, può suona- che ha colpito il CGS. Con grande affetto. tuire nella sua pienezza una vicenda così pe- re, in effetti, ancora attuale. Spingendo, ma- culiare, l’autore deve anzitutto dare voce ai di- gari, ad interrogarsi sul che fare in un Dino Chiriatti retti interessati, ponendosi in un certo senso momento in cui il disimpegno di Stato ed enti 26 [email protected] Integrazione e Integrità visuale Il discorso è una forma di segno, e pertanto se non chiarisce, non svolgerà la propria funzione (Aristotele) Segni defluiscono con ricercatezza visiva e stile congeniale all’e- spressione della tra- ma. Sono le sostanzia- lità di I turbamenti del giovane Törless – film diretto nel 1966 da uno dei massimi registi della scena contempo- ranea Volker Schlönd- Carmen De Stasio orff. Di numeri s’im- pregna la tessitura del nuovo ambito territoriale, relativo tanto all’integrità visuale che all’integrazione. In quanto sottoposto al continuo movimento combinatorio di ele- menti esistenziali – concreto-astratti, visibili, “I turbamenti del giovane Törless” (1966) di Volker Schlöndorff che ha tradotto in linguaggio cinematografico il appercepibili e invisibili si considera sovente romanzo di Robert Musil pubblicato nel 1906 finanche la serialità di immagini come una sorta di passerella di condizioni arbitraria- sequenza di segni mai sovrapposti e investe il tratto unitivo di intenzioni e articolate ri- mente consegnate come situazioni. (…) Leg- l’integrità sommativa e d’insieme dei conte- sposte, precarietà, dominanza totale di fatue gendo, avviciniamo alla luce ogni frase, ogni nuti, re-inventando un circuito labirintico svolte, rapprese solo in un’estenuante discesa, scena; perché la natura sembra averci inspie- che riporterà ciascuna circostanza a defluire mediata da simboli fallimentari in attrito con gabilmente provvisti di una luce interiore con verso il protagonista principale. Girato come una prospettiva d’ordine assimilato ai valori cui giudicare l’integrità o la mancanza di inte- estrinsecazione mobile di un bassorilievo, il dell’esser uomo in una comunità funestata da grità del romanziere1. Cinquant’anni son tra- film diviene luogo in cui esistenze sfilacciate, irradiante piattezza. Fossero quei colori tristi, scorsi da quando il regista tedesco Schlönd- prive di qualsiasi impronta pro- fosse la luce del sole pomeri- orff dirige I turbamenti del giovane Törless spettica di reciprocità quattro, diano, pallida. Stanca, svigori- rispetto all’omonimo libro che Robert Musil per l’esattezza, come gli angoli ta dai vapori: oggetti e persone pubblica nel 1906. Sessant’anni separano l’o- di un quadrato corrispondono avevano qualcosa di apatico, di pera prima dello scrittore austriaco dall’opera al vorticoso equilibrio-sbilan- fiacco, di meccanico, come tolti prima di Schlöndorff. Un film e un libro gio- ciamento ambientato nelle sin- dal palcoscenico di un teatro di vani, alle prese con un ambito anagrafico gio- gole condotte, riparate nella burattini3. Strattonata nelle si- vane. Uno scrittore e un regista alla loro opera cornice di rigoroso impegno tuazioni ambientate in un’or- prima. Due realtà che, in forma totalmente comune qual è un collegio mili- dinaria distanza, la dinamica sperimentale, compongono un quadro che tare. Nell’unità fittizia, tracce dell’azione ingenera nello spet- smorza (pur in maniera diversa) canoni atro- inarrestabili di aberrante (dis) tatore la sensazione di vivere in fizzati di gioventù legata all’entusiasmo e alla orientamento ricompongono presa diretta lo svolgimento. scoperta del sogno. Al contrario, il disvela- continuamente la dissoluzione. Avulso da teatralità, pertanto, mento di torsioni, storture, sbavature esisten- In un certo modo, il rifiuto dei tutto ciò risuona di maggior ziali sotto la coltre di calma compostezza2, pro- primi piani, se non quelli di- impatto rispetto alla trasmis- fana un dogma che continuamente ostacola retti a cogliere l’intuizione at- sione scenica di impulsivi mo- l’intelletto. Nel sistema dissociativo di criteri traverso zoom esponenziali su vimenti in facile deperimento: outsider rispetto al politically correct, l’integra- atteggiamenti simili a compar- è nell’assenza di esagerazione, zione tra presunte opposizioni in un denso sate di riempimento, sta pro- quanto nell’ordinarietà, che l’in- accento di variabilità combina il visibile con prio a includere l’assenza di quietudine vive accanto e den- esterni-interni valevoli di creatività intima e mutua solidarietà e confluisce Lo scrittore Robert Musil tro i soggetti, le vicende, le stes- indotta, in un esercizio d’ambientazione geo- nella germinazione di un passaggio che non se posizioni assunte (proprie o plastiche?). metrico-cinetica che suffraga l’intera struttu- distingue più la necessità del transitorio dal Così il male balzante4 compie la sua traiettoria ra scritturale, i cui punti di riferimento sono duttile (ed equivoco) superamento. L’azione d’integrazione e anche presunti inizi e com- coscienza d’utilizzo e complessità in elabora- registica decreta, quindi, un crescendo situa- plicate conclusioni coincidono, concependo zione. In un’atmosfera nouvelle vague (tanto zionale che prende forma sotto lo sguardo nelle inique movenze la tattilità di un disa- all’inizio del secolo, quanto nel periodo in cui coinvolto dello spettatore, basito per i silenzi stroso avanzamento in vulnerabilità e ipocri- il film fu girato), entrambe le opere sembrano che rifiutano la parola – castrata – e di essa ri- sia. O abulia. L’intelligenza serve loro soltanto scorrere lungo binari che si incrociano in una suonano nel conturbante rimbombo. Invero, a escogitare una spiegazione scientifica, ma, fase immaginativa, astratta e astrale, per certi sia il libro di Musil che il film di Schlöndorff appena fuori, essa si congela5. versi. Questo il motivo per cui il film di presentano il controllo quale elemento comu- Carmen De Stasio Schlöndorff sia tutt’altro che riduzione: sottra- ne e in esso si ravvisa non solo l’equilibrio mo- endosi alla traduzione totale del tema, il regi- dale-intenzionale-tecnico, quanto una forma * Prossimo numero: sta fa transitare le parole del libro in una che declina costantemente verso una gestione Il deragliamento esistenziale nella lettura cinematografi- delle riprese con una nettezza calibrata ad ca 1 V. Woolf, Una stanza tutta per sé (1929), evitare la verbosità e il sospetto. È un fatto Newton Compton, Roma, 1993, p. 67 3 ibi, p. 7 che, sia tra le pagine del libro che nella mobili- 2 R. Musil, I turbamenti del giovane Törl- 4 ibi, p. 163 tà cinematica, il giovane Törless configuri in sé ess (1906), Einaudi, Torino, 2002, p. 192 5 ibi, p. 107 27 n. 38 I film di guerra nel cinema italiano Quello dei film di guer- ultimo film di Mario Monicelli; e Il sangue dei ra è un genere sempre- vinti (2008) di Michele Soavi. L’America, inve- verde della cinemato- ce, impegnando le più famose star di Hollywo- grafia internazionale, od, ha sempre prodotto film di guerra. Alcuni soprattutto di quella retorici e nazionalisti ma tanti apertamente americana. In Italia fu antimilitaristi che, con ricostruzioni accurate e molto in voga durante spettacolari, hanno mostrato la brutalità della il fascismo, con film guerra e denunciato vecchi stereotipi e scomo- come 1860 di Alessan- de realtà, come Soldato blu (1970); Nato il 4 luglio dro Blasetti (1934); Lo (1989); Le bandiere dei nostri padri (2006). Soprat- Andrea David Quinzi squadrone bianco di Au- tutto alla Seconda guerra mondiale sono stati gusto Genina (1936); dedicati moltissimi film, ricordiamo Tora! To- Condottieri di Luis Trenker (1937); Scipione l’afri- ra! Tora! (1970), Patton (1970), Midway (1976), Raffaele Pisu e Riccardo Cucciolla in “Italiani brava cano di Carmine Gallone (1937); e Luciano Serra Memphis Belle (1990), La sottile linea rossa (1998), gente” (1964) di Giuseppe De Santis pilota (1938). Quando l’Italia entrò in guerra le Pearl Harbour (2001), Operazione Valchiria sale si riempirono di film di propaganda:Uomi - (2008); Monuments Men (2014); e due film dedi- ad oggi, solo due film sono stati dedicati al ni sul fondo (1941) di Francesco De Robertis; Gia- cati a vicende italiane, Il mandolino del capitano dramma del milione e mezzo di italiani inter- rabub (1942) di Goffredo Alessandrini; I 3 aqui- Corelli (2001) e Miracolo a Sant’Anna (2008). Film nati nei campi di prigionia durante la Seconda lotti (1942) di Mario Mattoli; Bengasi (1942) di spesso premiati al box office, che hanno rispec- guerra mondiale, dal Texas alla Siberia, dalla Genina; l’incompiuto I 4 di Bir el Gobi (1942) di chiato l’evolversi della cinematografia ameri- Germania all’India: Natale al campo 119, di Pie- Giuseppe Orioli; Gente dell’aria (1943) di Esodo cana. Si pensi solo alle differenze tecniche e tro Francisci (1947), e Texas 46, di Giorgio Sera- Pratelli; e i tre film di Roberto Rossellini:La na- narrative tra Il giorno più lungo, del 1962, e Salva- fini (2002). Inglesi e americani, invece, con un ve bianca (1941), Un pilota ritorna (1942) e L’uomo te il soldato Ryan, del 1998, entrambi dedicati al- numero inferiore di prigionieri, li hanno ricor- dalla croce (1943). Film che, più che accendere lo sbarco in Normandia. Il cinema ammanta di dati in celebri film comeStalag 17 (1953), Il ponte spiriti guerrieri, gettarono le basi del neoreali- leggenda anche le battaglie perse: Alamo (1960); sul fiume Kwai (1957); La grande fuga (1963), Furyo smo italiano. A questi aggiungiamo due dei po- La carica dei 600 (con i film del 1936 e del 1968); (1983), Sotto corte marziale (2002). La realtà è che chissimi film prodotti nella Repubblica Sociale Waterloo (1970): Gettysburg (1993); Braveheart il nostro cinema, anziché impegnarsi nei film fascista: Aeroporto, girato nel 1944 da Piero Co- (1995). Per non parlare degli oltre 80 film girati sta sull’aviazione della RSI; e Marinai senza stelle fino ad oggi dagli USA sulla guerra persa in di De Robertis, film girato in chiave anti-alleata Vietnam. Per questo motivo spesso sono pro- nel 1943 e uscito rimontato nel 1949 in veste an- prio i vinti a ricordare le loro sconfitte: gli au- ti-tedesca. Nel dopoguerra la cinematografia straliani con Gallipoli (1981); i francesi con Dien- italiana produsse film che, sorvolando sulle no- Bien-Phu (1992); i tedeschi con Stalingrad (1993). stre responsabilità di invasori e di alleati dei Emblematico è il caso di Little Big Horn, una nazisti, esaltavano il valore militare e l’umanità piccola battaglia del 1876 persa per l’incapacità dei nostri soldati, come Carica eroica di De Ro- del Colonnello Custer che costò la vita a 268 sol- bertis (1952); Siluri umani di Antonio Leonviola dati del suo 7° Cavalleggeri. Grazie ad Hollywo- (1954); Il cielo brucia di Giuseppe Masini (1957); I od è diventato un epico scontro famoso in tutto due nemici di Guy Hamilton (1961); Italiani brava il mondo. Nel 1896 l’Italia subì una sconfitta gente di Giuseppe De Santis (1964); e ben tre ben maggiore: Adua, in cui morirono circa 1 marzo 1896 Battaglia di Adua film sulla battaglia di El Alamein: Divisione Fol- 5000 nostri soldati e più di 2000 ascari. Per gli gore di Duilio Colletti (1954); El Alamein di Gui- eventi ed i risvolti politici sarebbe un soggetto di guerra che richiedono soldi ma soprattutto do Malatesta (1957), e La battaglia di El Alamein perfetto per un film, ma la nostra cinematogra- studi e documentazioni, preferisce fare casset- di Giorgio Ferroni (1969). Tutti gli altri film di fia non ha mai ricordato né i nostri soldati né il ta producendo film ridanciani privi di valore guerra, a parte i due capolavori La grande guerra nostro Custer: il generale Baratieri, che si mise educativo ed assolutamente sconosciuti all’e- (1959) di Mario Monicelli, e Uomini contro (1970) in salvo, scaricò la colpa sui soldati e, processa- stero. Non ci sono più produttori come Dino di Francesco Rosi, dedicati al conflitto del 15- to, fu assolto. Gli inglesi, invece, per ricordare il De Laurentis, Goffredo Lombardo, Carlo Ponti, 18, guardarono all’Italia del dopo 8 settembre, centenario della loro sconfitta di Isandlwana, che rischiavano i soldi in grandi produzioni quella dell’occupazione, della fame, delle stragi in cui gli Zulu uccisero più di mille soldati di storiche. Nel 1962 Lombardo spese miliardi di nazifasciste, della Resistenza. Film di grande Sua Maestà, nel 1979 girarono il filmZulu Dawn. lire per produrre Il Gattopardo. Gli scarsi incassi impegno civile, tra cui Roma città aperta (1945) e Eppure entrambe furono battaglie di impor- misero in ginocchio la Titanus, ma il capolavo- Paisà (1946) di Rossellini, girati all’epoca dei fat- tanza storica, le più grandi vittorie riportate da ro di Luchino Visconti vinse la Palma d’oro a ti; a cui seguirono capolavori come Achtung! indigeni africani contro potenze europee. Del Cannes, un David di Donatello, il Premio Fel- Banditi! di Carlo Lizzani (1951); Il generale della resto l’Italia non ha film che ricordino la sua trinelli e 3 Nastri d’Argento, oltre a una nomi- Rovere (1959) e Era notte a Roma (1960), di Rossel- storia coloniale, l’unico è un film arabo del 1981: nation all’Oscar, una al Golden Globe e 4 ai Na- lini; La ciociara di Vittorio De Sica (1960); Tutti a Il leone del deserto, sul patriota El Mukhtar che stri d’Argento. Oggi la questione dei costi casa di Luigi Comencini (1960); L’oro di Roma di combatté gli italiani in Libia, interpretato da potrebbe essere risolta con i contributi previsti Lizzani (1961); Le 4 giornate di Napoli di Nanny Anthony Quinn. Il film venne proibito in Italia dallo Stato per i film di interesse culturale, che Loy (1962); Dieci italiani per un tedesco di Filippo e solo nel 2009 è stato trasmesso in televisione. invece finiscono spesso ai soliti noti o in pro- Ratti (1962); I sette fratelli Cervi di Gianni Puccini Ma i caduti di Adua sono in buona compagnia. duzioni tutt’altro che culturali. Quest’anno il (1968). Poi il silenzio. A partire dagli anni ’70 il A 70 anni dalla fine della guerra non esistono Ministro Franceschini ha stanziato 400 milioni nostro cinema non ha mostrato più alcun inte- film italiani che ricordino i nostri 10.000 morti di euro per il cinema, chissà se una piccola resse per la Seconda guerra mondiale. Poche le in Etiopia; i 30.000 in Grecia; gli 80.000 in Rus- parte servirà a realizzare almeno un film sulle eccezioni, come Mediterraneo di Gabriele Salva- sia. E si perdonino le cifre arrotondate, usate guerre degli italiani tores (1991), vincitore dell’Oscar come miglior solo per dare un’idea immediata delle dimen- film straniero; e i più recenti El Alamein (2002) sioni di queste tragedie: dietro i numeri ci sono di Enzo Monteleone; e Le rose del deserto (2006), volti, individui, esseri umani. Si pensi che, fino Andrea David Quinzi 28 [email protected] Il doppiaggio: una necessità tutta italiana Ricondurre l’antica diatriba sul doppiaggio – doppiaggio sì, doppiaggio no – in uno spazio, dove la razionalità e il pragmatismo prevalgano su tutto il resto La rivoluzione del so- nel buio di umidi magazzini. Si dà fondo a es- noro (1927) porta con si! Gli esercenti delle sale incominciano a te- sé un problema di dif- mere per l’approvvigionamento, essendo la ficile soluzione per le produzione italiana non all’altezza di soddi- grandi case di produ- sfare la domanda, mentre quella straniera de- zioni cinematografi- ve subire l’onta della sonorizzazione. Le tema- che statunitensi che tiche proposte dalle altre cinematografie devono esportare le lo- affrontano problemi delicati; veicolarle attra- Gerardo Di Cola ro pellicole in Europa. verso le lingue straniere non conviene a nes- E’ necessario rendere suno in una Italia alle prese con ben altri pro- comprensibili i dialoghi in inglese a spagnoli, blemi: tanto vale togliere il parlato e aggiustare francesi, tedeschi, ai popoli scandinavi e slavi le didascalie esplicative rendendole funziona- e, soprattutto, agli italiani che sono da diversi li alla filosofia corrente. Dopo tutto il pubblico anni i migliori clienti. Per l’esportazione in italiano ha a disposizione i prodotti, ancorchè Italia c’é, poi, una difficoltà ulteriore: bisogna misera in quantità e qualità, della sua indu- superare lo scoglio di una legge emanata dal stria cinematografica che produce, in uno governo fascista alla fine degli anni ‘20 con la sforzo notevole e inimmaginabile soltanto quale si proibisce la proiezione di film in lin- qualche tempo prima, circa una trentina di gua straniera. La legge, il cui alibi é di evitare film nei due anni 1930 e 31, a fronte di quasi alla lingua italiana la contaminazione con trecento film programmati nelle oltre 2700 idiomi diversi, ha come unico scopo di blocca- sale. Tra i film più significativi prodotti sono re qualsiasi idea in contrasto con l’ideologia da ricordare: La canzone dell’amore (CINES) di fascista e i suoi insegnamenti. Non é semplice Gennaro Righelli, Corte d’assise (CINES) di trovare in tutta fretta una soluzione conve- Guido Brignone, Napoli che canta (FERT) di niente per i produttori americani e relativi di- Mario Almirante, Rotaie (SACIA) di Mario Ca- stributori in Italia, valida per gli autori, e ac- merini, Resurrectio (CINES) di Alessandro Bla- “Il cantante di jazz” (1927), musicale, di Alan Crosland. cettabile per il pubblico italiano che rischia di setti – il primo film sonoro portato a termine Il giovane Yussel Rabinovitch, figlio di un cantore non poter godere della più importante inno- in Italia, ma distribuito per volere di Pittaluga religioso ebreo, è irresistibilmente attratto dalla musica vazione attuata nel cinema dopo la sua inven- dopo La canzone dell’amore. Non c’é da stare al- dei neri di Harlem. Ostacolato dal padre, abbandona la zione. Durante la fase di transizione le pelli- legri con film di questa fatta, poi lo spettatore famiglia per far carriera, truccato da nero, nel mondo cole straniere vengono “sonorizzate”, cioè italiano si é abituato al cinema statunitense dello spettacolo private del parlato; ma adesso i film sono rea- che va sviluppando tutta una serie di generi lizzati in funzione di esso: vedere le bocche cinematografici i cui codici sono già penetrati tenta di riprendersi il primato con due mosse: muoversi senza poterne ascoltare la voce nei gusti del pubblico. Gli esercenti, forte- gioca anch’essa la carta del musical e realizza comporta per lo spaesato spettatore una cre- mente preoccupati, diventano il termometro di uno stesso film più versioni nelle diverse scente irritazione. Si odono soltanto le musi- della particolare situazione italiana, essendo lingue dei paesi in cui la pellicola sarà espor- che e i rumori. Per la comprensione del conte- essi a contatto con gli spettatori i quali sono tata. L’idea delle versioni plurime piace anche nuto dei dialoghi si ricorre a noiosissime e sempre meno disposti a sopportare film par- alla Paramount che ritiene, però, più conve- fastidiosissime didascalie; ne occorrono così lati, ammutoliti, o storie sdolcinate racconta- niente impiantare degli stabilimenti in Euro- tante che tanto vale leggersi un libro! Gli ita- te, oltretutto, in modo piatto, se la pellicola é pa. La MGM chiama a recitare nelle pellicole liani sono dei lettori molto pigri, a parte l’a- “made in Italy”. Sono preoccupati anche i pro- da esportare attori immigrati delle varie na- nalfabetismo, che si configura come una vera duttori statunitensi che rischiano di perdere zionalità residenti a Hollywood o casualmen- e propria piaga. Nel 1930 l’Italia conta circa il fiorente mercato italiano. Le altre nazioni te di passaggio con compagnie teatrali. La Pa- quarantuno milioni di abitanti. Il 35% é colti- europee si sono presto abituate alle didasca- ramount, che costruisce i suoi stabilimenti a vatore diretto e il 43% é operaio; di questi ulti- lie, anche per la ferma politica attuata dai ri- Joinville, vicino Parigi, può contare, invece, mi il 20% é salariato agricolo. Un altro 20% spettivi governi che ritengono di determinare sull’apporto di attori selezionati, i quali facil- comprende gli impiegati e gli artigiani; il re- in questo modo una forma di protezione per il mente possono raggiungere la località dai ri- stante 2% forma il blocco della borghesia che, prodotto cinematografico nazionale. La solu- spettivi paesi (Spagna, Italia, Germania, Sve- in pratica, guida il paese. Il 20% della popola- zione delle didascalie non piace neanche agli zia..…e, naturalmente, Francia). Questi zione, che ha una vita media di cinquanta an- spettatori degli altri paesi, di conseguenza la possiedono dizioni perfette a differenza degli ni (soltanto lo 0,3% può sperare di arrivare fruizione del film straniero e in particolare attori utilizzati dalla MGM, che hanno accenti agli ottanta anni) e la cui dieta é fatta preva- americano viene scoraggiata a tutto vantag- antichi e inflessioni desuete. Il sistema consi- lentemente di cereali e legumi, non sa legge- gio della produzione propria. L’Italia non può ste nel conservare intatta la scenografia del re; un’alta percentuale dei restanti lo fa male. seguire questa via per via. L’industria cinema- set cinematografico sul quale si alternano i re- C’é il rischio di vedere vanificata dal provvedi- tografica statunitense, che é passata indenne gisti e gli attori delle diverse nazionalità; ogni mento sciovinista la lieve ripresa del settore attraverso la grande depressione del ’29, sem- scena viene girata due, tre, quattro volte, se- cinema: le sale dove si proiettano i film sono- bra incapace di risolvere il problema dell’e- guendo una stessa sceneggiatura e con le rizzati, cioè “ammutoliti”, sono accuratamen- sportazione dei suoi film, girati in inglese, nel stesse maestranze, ma con troupe differenti. te evitate dagli spettatori in costante diminu- “bel paese” dove le lingue straniere sono av- La versione plurima si rivela un disastro dal zione. In altri cinema, in un primo momento, versate e le didascalie mal sopportate. La punto di vista finanziario, organizzativo e ar- si propongono pellicole italiane realizzate nel MGM, presa in contropiede dalla WB che, tistico. Il caos impera negli studi dove esse periodo del muto; sono film talmente scaden- grazie al sonoro e al film Il cantante di jazz vengono realizzate. Una moltitudine di attori ti che, appena completati, sono stati relegati (1927), é diventata la prima casa di produzione, segue a pag. successiva 29 n. 38

segue da pag. precedente deve essere alloggiata, rifocillata e guidata sui Luigi Capuana e il cinema set. I registi si ritrovano a lavorare in sceno- Più di cent’anni fa, con la grafie che non possono essere adattate alle trasposizione dalla pagi- proprie esigenze di creatività e con sceneggia- na allo schermo del dram- ture sulle quali non si può in alcun modo inter- ma Malia, e sulla scia di al- venire. La versione plurima fa nascere una ca- tri illustri letterati siciliani, tena di montaggio della produzione filmica quali Verga, Pirandello, dove tutto é cristallizzato, ripetitivo, poco sti- Martoglio e lo stesso De molante, come in una qualsiasi industria di Roberto, aveva inizio il macchine da cucire. Anche i dirigenti della rapporto tra Luigi Capua- 20th Century Fox decidono di tentare la via Sebastiano Gesù na e il cinematografo. Era della versione multipla; ma senza eccessiva il 1912 quando la Cines, convinzione essendo la società tutta protesa a l’importante casa romana di manifatture cinemato- sperimentare un nuovo sistema, il doppiaggio, grafiche, chiedeva al padre del verismo italiano i di- che promette di superare la barriera linguisti- ritti di adattamento per lo schermo del suo torbido ca dei film girati in inglese con estrema facili- dramma pastorale, lanciato sul palcoscenico dall’ir- tà. Essi hanno intuito che il nuovo metodo, da ruento Giovanni Grasso e dalla sensibile Marinella poco inventato da un fisico austriaco, Karol Ja- Bragaglia e musicato per la lirica dal compositore ca- cob, garantisce consistenti risparmi di tempo e tanese Francesco Paolo Frontini. La riduzione cine- denaro, una qualità superiore nel prodotto fini- matografica del potente lavoro del Capuana, defini- to, velocità di esecuzione. La Paramount pensa to dal Verga “un vero gioiello” e dal De Roberto di aver risolto il problema facendo arrivare a “un’opera forte e bella”– a detta della critica Joinville attori in possesso di dizioni perfette e del tempo – conservava intatte anche sulla tela capacità recitative legate alla consuetudine del palcoscenico. Ma i film non hanno il successo Luigi Capuana, (1839 -1915) scrittore, critico letterario sperato. Così, gli stessi attori chiamati a reci- e giornalista italiano, teorico tra i più importanti del tare per le versioni plurime, si ritrovano sem- Verismo. pre più spesso a doppiarli quei film, sotto la guida del primo direttore di doppiaggio della seppe cogliere le potenzialità artistiche anco- Paramount, Pier Luigi Melani. Questi attori, ra in nuce in quegli anni - basta leggere l’inter- vista che lo scrittore rilasciò il 17 Settembre 1913 alla rivista “La vita cinematografica” in merito alla polemica relativa alla concorrenza che il cinematografo potesse fare al teatro di prosa- lo spingeva a intravvedere le possibilità

“Malia” (1917) regia di Alfredo De Antoni con Francesca Bertini

bianca dello schermo le sue “virtù di efficacia, di possanza, di violenza, e anche di brutalità”. Così scriveva la rivista napoletana Cinema n.41 del 10 novembre 1912 «E un pregio che non è lieve: togliere la parola all’opera e otte- Alberto Sordi e Mauro Zambuto in cabina di doppiaggio nere che questa nulla perda in densità dram- presso gli stabilimenti di Scalera (Roma 1946) matica, commotiva e persuasiva. Il colpo di inconsapevolmente, hanno l’avventura di vive- coltello che sgozza il giovane Cola ci fa freme- re un’esperienza di frontiera, esaltante negli re e rabbrividire con lo stesso fremito e lo stes- aspetti di novità, anche se non sono ancora so orrore che in noi desta la rappresentazione ben definiti i contorni artistici della nuova at- parlata». E ancora sulla rivista torinese “La vi- tività del doppiare. Il più giovane doppiatore ta cinematografica” si legge – «È vero che gli di Joinville è Mauro Zambuto, futura voce di artisti furono superiori ad ogni elogio, ma è Stanlio – quando Alberto Sordi è già la voce di innegabile che la squisita cornice che il gusto Ollio da qualche mese – il quale diventerà un e la perizia che il direttore diede loro fu vera- professore di fisica nucleare; la più giovane è mente magnifica». Nel presentare il film la Ci- Miranda Bonansea Garavaglia, futura voce di nes sottolineava che molti attori erano sicilia- Shirley Temple, la quale è chiamata a prestare ni e per quello che la loro mimica e la loro la voce ad un bambino, Dickie Moore, nel film gestualità rivestivano di per se stesse un inte- Venere bionda di Josef von Sternberg, con Mar- resse notevole, così come i costumi fossero lene Dietrich doppiata da Andreina Pagnani. molto veritieri e le scene d’insieme sorpren- “Malìa” (1946) di Giuseppe Amato, girato in Sicilia, denti per la loro verità e la fusione dei movi- tratto da un romanzo di Luigi Capuana Gerardo Di Cola menti. Suggestivi e luminosi i paesaggi. In- somma un vero successo di critica e di di assestare le proprie finanze, sempre in infi- pubblico, che fa entrare Capuana dal portone nite tribolazioni. Il 7 Marzo del 1914 così scri- Per approfondire l’argomento trattato in quest’articolo, si principale, e non dalla porta di servizio, nel veva all’amico e sodale Giovanni Verga: «Pare può consultare il libro “Le voci del tempo perduto” di Ge- mondo della celluloide. Quel mondo di cellu- che i miei affari si mettano discretamente e il mi- rardo Di Cola, Edizioni èDICOLA, Chieti, 2004. loide, che tanto attraeva lo scrittore di Mineo, racolo lo dovrò in parte a San Cinematografo!». di cui, fin da subito rispetto ad altri letterati, segue a pag. successiva 30 [email protected]

segue da pag. precedente Adelaide Bernardini scri- In effetti proprio in quegli anni cominciano a ve a Nino Martoglio, nell’a- piovere a Capuana una serie di richieste di prile 1915. «…Mio marito po- trasposizione di sue opere per lo schermo, tra trebbe cedere alla Morgana cui quelle della casa catanese Etna Film di (Casa cinematografica ro- Alonzo e Consoli, con la quale lo scrittore mi- mana di cui fa parte lo scrit- neolo firma il 2 aprile 1914 un contratto per la tore catanese in qualità di cessione dei diritti di due sue opere letterarie: regista) il dramma Giacinta, L’inglese e Il Marchese di Roccaverdina, quest’ul- la commedia Lu Paraninfu, i tima il suo capolavoro letterario. Film che soggetti di tante lunghe no- non vedranno mai la luce forse a causa della velle paesane o no, dram- morte dello scrittore da lì ad un anno e alla in- matiche o comiche. Egli cipiente catastrofe della prima guerra mon- inoltre dispone di un baga- diale, che mise in crisi il cinema italiano. In- glio di soggetti per i proget- tanto il Nostro tiene contatti con una casa tati ‘Cinematografi scolasti- cinematografica di Bologna, con la Ambrosio ci’. E potrebbe anche e la Gloria Film di Torino. Sarà “La Gloria” a crearne di nuovi secondo il realizzare tra la fine del 1914 e i primi del 1915 Suo desiderio...Un contrat- il film Il vampiro, da un suo racconto che sve- to con la Morgana, un anti- lerà al grande pubblico un Capuana, inedito e cipo di mille, duemila lire, segreto: quello fantastico di numerose novelle due cose insomma, urgenti, dalle atmosfere gotiche e irreali, ricche di in- dignitose per chi le chiede e quietante orrore quotidiano, per le quali pur- per Colui che le concede, in troppo Capuana non viene riconosciuto. A tal questo momento sarebbe la proposito scrive Guido Davico Bonino: «La fa- pace per lui e per la sua fa- scinazione dell’assurdo, dell’angoscioso e del miglia». Il Cavalier Petagna è terrificante ha conquistato scrittori di ogni l’opera di Capuana che fa tempo. Così anche il siciliano Capuana, uno transitare lo scrittore sicilia- dei più ferventi adepti del credo positivista, no dall’epoca del muto a non ha resistito a raccontare quanto la scien- quella del sonoro. Una pri- za bandisce, giudica impossibile e orrendo: ma trasposizione della com- vampiri, strani casi di sonnambulismo, in- media teatrale Lu Cavaleri fluenze malefiche, sogni premonitori, forze Pidagna è del 1926 per ritor- nare sullo schermo con il ti- tolo Zaganella e il cavaliere nel 1932 con piccole varianti tra il testo scritto e quello fa il remake di Gelosia di Poggioli, restituendo visivo. Nel 1934 sarà Amleto Palermi a trasporre un Marchese di Roccaverdina sentimentale e per immagini la commedia Il paraninfo con drammatico in un melodramma dalle dense Angelo Musco, suo cavallo di battaglia sulle atmosfere, con uno smagliante bianco e nero tavole del palcoscenico fin dal 1915. La com- di quegli anni, che fa presa sul pubblico. Dal media fu una significativa prova sullo scher- romanzo di Capuana, Germi e gli sceneggia- mo dell’arte solare e ilare del grande attore ca- tori Mangione e Berto eliminarono quasi tutti tanese. Del personaggio dell’ex brigadiere di gli accenti veristi incentrando il racconto finanza don Pasquale Minnedda, mirabile in- sull’intreccio passionale, dove delirio amoro- venzione artistica di Luigi Capuana, anche al so e gelosia formano il turbine che inghiotte il cinema Musco dà una versione vivida e corru- protagonista e dà vita alla tragedia raccontata sca dentro una cornice paesana, intrisa di at- con troppa enfasi forse, ma funzionale alla vi- mosfere idilliache, di piccoli drammi e di av- cenda. Aspro e primitivo il paesaggio siciliano venture sentimentali. Francesco Maria Poggioli del palermitano ben si confà alla vicenda nar- in un clima che preannuncia il neorealismo rata. Il Capuana dei racconti per i ragazzi ar- porta sullo schermo Il Marchese di Roccaverdi- riva sullo schermo nel 1957 con I girovaghi di na, con i suoi tormenti, i suoi rimorsi e la sua Hugo Fregonese dal racconto Cardello con Ab- gelosia (sentimento quest’ultimo che darà il be Lane e Peter Ustunov. Ne viene fuori un titolo al film) che lo porteranno alla follia. film ibrido che non funziona né per gli adulti «Poggioli ne ha cavato un film pieno di vibra- né per i ragazzi. A riconciliare Verga con De zioni, lento e suggestivo, sorretto da una am- Roberto e Capuana, recentemente ci ha pen- bientazione precisa e sentita – scrisse Ercole sato Pasquale Scimeca col suo Rosso Malpelo, Patti – La Sicilia di questo film, i paesaggi, gli innestando sapientemente nella novella capo- occulte…» Il film rappresentava qualcosa di interni, le strade, i balconi, le processioni so- lavoro dello scrittore di Vizzini Il Rosario di De innovativo che la critica non seppe cogliere: si no immersi in un’aura evocativa e poetica». Roberto e di Capuana. Questa volta si tratta trattava proprio di quell’elemento gotico tipi- In pieno neorealismo, Giuseppe Amato, affer- di tre capolavori del verismo siciliano che ben co di quelle narrazioni. «Il lavoro, oltre a esse- mato produttore cinematografico arriva in Si- si amalgamano nel passaggio dalla pagina re poco originale, - scriveva il critico Pier Da cilia per debuttare nella regia con Malia. Un’o- scritta allo schermo. Castello – mi sembra tratto da qualche rac- pera che ormai ha il sapore di altri tempi, conto dell’epoca medievale, tanto sono anti- anche se aggiornata e rivisitata. Sarà l’occasio- chi gli usi, i costumi e i caratteri di quei perso- ne buona per Brancati sceneggiatore del film naggi». Ma ben presto il miracolo di San per consolidare il suo rapporto amoroso con la Cinematografo si esaurisce come appare chia- giovane protagonista, poi sua moglie, Anna ro dalla lettera che la moglie dello scrittore Proclemer. Negli anni Cinquanta Pietro Germi Sebastiano Gesù 31 n. 38 Il potere dell’autodeterminazione portato al paradosso: Predestination Ci sono pellicole sul te- ma del viaggio nel tem- po che affascinano per le loro speculazioni scien- tifiche, aggiornatissime agli ultimi progressi del- la tecnica; ce ne sono al- tre che utilizzano invece il tema del viaggio ex- tra-temporale come me- tafora per dire altro. E c’è infine questo film, che, Giacomo Napoli in un susseguirsi di virtuosismi cinematografici intessuti da un montaggio e da una fotografia che rasentano Predestination è un film del 2014 scritto e diretto dai fratelli Michael e Peter Spierig. È un thriller fantascientifico la perfezione, impiega il tema del viaggio nel con protagonisti Ethan Hawke e Sarah Snook, adattamento cinematografico del racconto Tutti voi zombie (...All tempo come deus ex machina per intrecciare You Zombies...) del 1959 di Robert A. Heinlein. un’incredibile, rocambolesca, assurda (eppu- re così impeccabilmente logica) vicenda che se non si vuole svelare troppo. Basterà sapere a causa di una serie di concomitanze decisa- porta lo spettatore direttamente all’interno di che il protagonista (Ethan Hawke) interpreta mente avverse. Tra queste, quella più crudele un paradosso temporale. In altri generi, vedi il ruolo di un agente temporale governativo pare esser stata l’abbandono da parte di un il giallo o il thriller, abbiamo il tentativo ricor- che dà la caccia a un misterioso terrorista uomo di cui la coprotagonista, all’epoca anco- rente di descrivere il “delitto perfetto”; qui in- bombarolo e solitario, di cui inizialmente si ra donna, era innamorata. Da questo punto in vece, trattandosi di una pellicola a tema pale- può percepire a malapena la sagoma indistin- poi lo spettatore comincerà a sentirsi decisa- semente fantascientifico, il fulcro della ta. Questo criminale, in un 1975 alternativo, mente disorientato e ogni tentativo logico di complicatissima trama diviene la ricerca del uccide (ha ucciso? Ucciderà?) con un’immen- comprendere e prevedere i successivi tratti “paradosso perfetto”, quel particolare caso sa esplosione centinaia di persone innocenti e della trama cadrà inevitabilmente nel nulla di ipotetico della fisica relativistica nel quale una per tale ragione deve essere fermato a tutti i fatto: ci troviamo ancora nella prima mezzora “impossibilità assoluta” diviene, paradossal- costi. Il nostro valoroso agente quasi ci riesce ma il film sta già destrutturando i nostri luo- mente appunto, l’unica possibilità realmente ma viene sopraffatto e gravemente ustionato, ghi comuni e li sta sostituendo con i suoi mec- esistente, l’unica strada concretamente per- perdendo totalmente il proprio volto e deve canismi occulti. Quando poi l’agente tempo- corribile. Predestination è un film del 2014 rale coinvolgerà lo scrittore di rubriche rosa scritto e diretto (molto bene) dagli originalis- nella sua caccia al terrorista, il film inizierà a simi fratelli Michael e Peter Spierig. Si po- divenire a tratti decisamente (ma solo appa- trebbe tranquillamente definire un thriller rentemente) criptico e spaesante, fino agli ul- fantascientifico con l’altissimo contributo at- timi catartici e scoppiettanti venti minuti in toriale di Ethan Hawke e Sarah Snook, parti- cui tutti i fili vengono tirati, il sipario si alza e colarissima e ambigua attrice australiana, ed lo spettatore, se è stato bene attento, capisce è un libero adattamento cinematografico di tutto quanto e si rende conto dell’incredibile un racconto del 1959 di Robert A. Heinlein. La gioco di specchi nel quale è caduto fin dalla coppia di registi, con una perizia veramente scena iniziale; una storia contorta ma solidis- da ingegneri, sono riusciti ad animare una sima che può esistere solo in quanto viene pellicola straordinaria, pensata come un vero scelto di raccontarla. Ci troviamo di fronte ad e proprio rompicapo filmico, non nasconden- un complicatissimo meccanismo cinemato- do fin dalla prima, fondamentale scena il grafico, che va oltre il mero tecnicismo in fa- meccanismo di svelamento parziale di ogni vore di un piacere del cinema per il cinema, movimento su cui si basa. Per adattare il testo un gusto quasi Tarantiniano. Un cinema di di Heinlein, i fratelli Spierig scelgono infatti architettura si potrebbe dire, un film concepi- la strada difficile del “gioco a nascondino” con to come un’immensa cattedrale, apparente- il pubblico. La stessa trama che su carta stam- mente semplice e lineare ma in realtà sorretto pata si avvantaggia dell’impossibilità per il da una serie di meccanismi complessi e na- lettore di sapere troppo più del necessario, la- scosti di cui è impossibile cogliere l’interezza sciando che descrizioni parziali creino quei con un solo colpo d’occhio. Questa cacofonia buchi necessari allo svelamento che verrà do- quindi ricorrere d’urgenza alla avanzatissima cognitiva genera spaesamento nello spettato- po, sullo schermo prende forma attraverso un chirurgia plastica dell’agenzia temporale per re e al tempo stesso rincara sempre di più l’at- processo lento e calcolato di inganni continui. la quale lavora. Lo ritroviamo poco dopo di tesa di trovare la chiave di volta dell’intero I volti, i corpi, le persone e i collegamenti che nuovo in caccia, col suo nuovo volto, stavolta marchingegno cinematografico; chiave che si lo spettatore potrebbe riconoscere da subito, sotto copertura all’interno di un bar, dove co- potrà trovare solo guardando il film con at- sono celati, mascherati, truccati o resi irrico- nosce (ma forse lo conosceva già) il triste John tenzione fino all’ultimissima scena. Decisa- noscibili con un armamentario di trucchi tec- (Sarah Snook), coprotagonista dal volto ange- mente consigliato a tutti gli amanti della fan- nici veramente impressionante. La trama, che lico sempre in bilico tra maschile e femminile tascienza e del giallo ma anche a chi ci presenta effettivamente un paradosso auto- che scrive storie per una rubrica di “confessio- semplicemente ama il cinema nella sua inte- generante (una storia impossibile che si crea ni intime” e che gli racconterà la sua incredibile rezza; un film potente, convincente, origina- da sola e si chiude da sola, esistendo soltanto e tragica vicenda personale, di come fosse nato le. Notevole. in virtù di se stessa), è di per sé indescrivibile donna e fosse poi stato costretto a divenire uomo Giacomo Napoli

32 [email protected] Cittadini e potere nel cinema (un breve excursus) Leviathan non è solo il l’altro il film è ispirato a una storia vera avve- anch’essa tutta volta a dare il senso della pro- nome di un terribile e gi- nuta in Colorado), per diventare metafora del gressiva angustia degli spazi e dell’oppressio- gantesco mostro biblico, discorso che si faceva prima, della distorsione ne di cui è vittima il protagonista. Lo vediamo ma è anche il titolo me- del potere politico capace di strozzare ogni fin dalle prime sequenze, con i soffitti bassissimi taforico della principale velleità di controllo e di intervento da parte che già sembrano opprimere il personaggio di Jo- opera del filosofo inglese dei cittadini. In un paesino sul Mare di Baren- seph K., fino alle claustrofobiche scene di del ‘600 Thomas Hob- ts nel nord della Russia, Nikolaj difende la sua quest’ultimo immerso nei meandri di un am- bes. In essa il filosofo casa e la sua officina dai ripetuti tentativi di biente giudiziario sempre ostile e minaccioso, Marino Demata utilizza il nome e l’im- esproprio del sindaco corrotto, pienamente con i suoi stretti corridoi e le aule intasate di magine biblica per da- appoggiato dal Tribunale locale. Il film ci mo- cittadini in eterna attesa di giudizio, come re un’idea del grande e terrorizzante potere che stra impietosamente l’inutilità di ogni lotta una sorta di girone infernale. Il tutto è dun- dovrebbe avere lo Stato assoluto nei rapporti con i contro il potere: si arriverà perfino ad accusa- que funzionale ad accrescere il senso di ango- cittadini, partendo dalla premessa che gli uomini, re il protagonista di un delitto mai commesso scia che riesce a trasmettersi dal protagonista lasciati a se stessi e senza freni, sarebbero preda re- e a imprigionarlo. Ove sorgeva la sua proprietà allo spettatore. Un discorso a parte merita ciprocamente degli istinti più distruttivi ed egoi- troviamo alla fine del film una lussuosa Chiesa l’incipit dell’intera vicenda, col dialogo tra il stici possibili in una sorta di guerra di tutti contro Ortodossa ove il Vescovo predica la bontà degli guardiano davanti alla porta della legge e l’uo- tutti. La visione pessimistica di Hobbes fu contra- uomini e la fiducia in Cristo.Leviathan è solo l’ulti- mo di campagna che vorrebbe varcarla. Ne mo esempio di un tipo di cinema che si fa metafo- viene impedito dal guardiano e dalla sua timi- ra del rapporto distorto, ma purtroppo sempre dezza e mancanza di iniziativa: non sa che la attuale, del rapporto tra i cittadini, le loro rap- porta era fatta proprio per lui. La indovinata presentanze e il potere. Orson Welles nel 1962 scelta delle note di Albinoni e la costruzione fu felicissimo quando gli fu proposto di dirige- dello schermo di spilli del regista russo re la trasposizione cinematografica de Il processo Alexandre Alexeieff creano una atmosfera ra- d Franz Kafka, perché avrebbe avuto l’opportuni- refatta, che si conclude con le parole, riferite tà di descrivere liberamente le vicende di un citta- all’intera storia de “Il processo”: “La sua logica dino in balia del potere delle legge e dei giudici. è la logica di un sogno. Di un incubo”. Martin Tra l’altro Welles ne fece un film come voleva lui: Scorsese nel 1985, in un momento particolar- “Leviathan” (2014) di Andrej Zvjagincev. Premio come un film indipendente, lontano dai canoni e dalle mente difficile e pessimistico della propria vi- miglior film straniero ai Golden Globe 2015 convenzioni hollywoodiane, che lui detestava e ta, girerà a sua volta un film indipendente, alle quali ricorreva solo per necessità economi- “Fuori orario”, un piccolo capolavoro meno stata da un altro grande filosofo inglese, John che. Egli ha poi dichiarato di aver finalmente fat- noto di tanti altri suoi film, che chiaramente Locke, e poi dagli illuministi francesi, in pri- to un film completamente secondo la sua volon- si ispira a Kafka e a Welles. Un’azione che si mis Voltaire e Rousseau, che, partendo dalla tà e lo definì il film più bello di quelli da lui svolge come un incubo in una unità di spazio premessa della naturale socialità degli uomini realizzati, assieme a Quarto potere. La stessa (Soho a New York) e di tempo (una sola notte). e comunque della necessità di Angosce notturne e metro- cooperare fra loro, ipotizzano politane di un uomo insegui- e preannunciano lo stato mo- to e braccato da tutti senza derno basato sulla divisione alcuna plausibile motivazio- dei poteri e sulla rappresen- ne, se non quella inverosimi- tanza del popolo esaltata dal le di essere considerato il ca- potere legislativo. La storia è pro espiatorio di qualsivoglia andata avanti dalla parte di crimine avvenuto quella not- questi ultimi e non di Hobbes. te in quel quartiere. Traspa- Eppure il problema degli abu- rente parodia dello stile hi- si del potere nei confronti dei tchcockiano, assistiamo anche cittadini non può dirsi affatto qui a una discesa agli inferi di risolto. Anzi potremmo dire un uomo comune: una metafo- che è purtroppo un problema ra delle persecuzioni “non-sen- di attualità, che si ripresenta se” cui può essere sottoposto ad esempio nel nostro Paese chiunque nella nostra società, tutte le volte in cui il potere all’interno di un quadro ove legislativo viene mortificato e per il regista deve avere prio- scavalcato dalle iniziative rità lo “sberleffo” al mondo dell’Esecutivo. Oppure quando “Il processo” (1962) di Orson Welles, tratto dal romanzo di Franz Kafka. Nella foto hollywoodiano, che mai decisioni fondamentali vengo- e Orson Welles avrebbe finanziato un simile no prese da organismi sopranazionali, sui scelta di Anthony Perkins al ruolo del protago- film. Nel 1994 il premio Oscar Giuseppe Tor- quali nessun controllo può essere esercitato nista, contestata da alcuni critici per la sua natore firma un altro intenso capitolo del rap- dai rappresentanti del popolo, che si trova co- presunta inespressività, si rivelò in realtà per- porto tra cittadino e potere in una delle sue stretto a subire decisioni che spesso modifica- fettamente funzionale al personaggio, sem- opere più riuscite: “Una pura formalità”. Lo no in peggio le proprie condizioni di vita. E pre in bilico tra lo stupore di quanto gli sta ac- scrittore Onoff (Depardieu) in una notte di non ci sembra un caso che Leviathan è anche il cadendo e la paura di quanto gli potrà ancora tempesta viene fermato dalla polizia e sottopo- titolo del bellissimo film russo del 2014 di An- accadere. Inoltre tutte le scelte stilistiche di sto a un inspiegabile e tormentato interrogato- drei Zvjagincev, già vincitore a Venezia nel Welles si rivelarono appropriate e finalizzate rio da parte di uno zelante commissario (Ro- 2003 con “Il ritorno”. Il film descrive la violen- alla descrizione dei soprusi e della cieca vio- man Polanski), che dapprima mostra di non za privata del potere politico nei confronti di lenza del potere. Fotografato in un bianco e credere di trovarsi di fronte proprio allo scrit- un cittadino. Lo scenario è la Russia di Putin, nero che evoca i capolavori dell’espressioni- tore Onoff, ma poi dimostra di conoscerne ma il discorso travalica i confini geografici (tra smo tedesco, è curatissimo nella scenografia, segue a pag. successiva 33 n. 38

segue da pag. precedente molti segreti. In una atmosfera che anche in E’ ora dell’intervallo. Tutti in biblioteca, alla questo caso possiamo definire kafkiana si con- ricerca di quella aperta suma il dramma di un uomo indifeso nelle ma- ni del potere, che sembra giocare al gatto e al Il mio lavoro si svolge topo, costringendo Onuff a una affannosa ri- in un centro commer- cerca della propria memoria, a inventarsi verità ciale di Corciano, vici- e a rivelarne altre che il commissario dimostra no Perugia, mi sono di conoscere già fin dall’inizio. Il colpo di scena trasferito da qualche anno da Roma in Um- bria. Il centro com- merciale ha un orario continuato di 12 ore di Fabio De Angelis apertura, quindi si fanno turni, turni che Biblioteca comunale Sandro Penna Viale S. Sisto, spesso sono “spezzati”, suddivisi in due grup- 06156 Perugia. Orario: tutti i giorni 09–13, 15:30–19; pi di 3 - 4 ore con una pausa di 3, sempre fra le Sabato 09–13. Domenica chiuso ore 13:00 e 16:00. Abito a 50 chilometri e sareb- be antieconomico e faticoso tornare a casa per all’interno del centro abitato. La cosa che col- quelle tre ore, quindi, devo trovare strategie pisce di più, però è l’aspetto, sembra un disco “Fuori orario” (1985) diretto da Martin Scorsese per riempire il “buco” delle tre ore. A volte volante di vetro rosa atterrato lì per caso, ma finale del film da un lato offre una spiegazione faccio la spesa (tutti i supermercati e centri pur così strana, offre un senso d’accoglienza e a molti passaggi precedenti dal clima sinistra- commerciali dei dintorni sono aperti in modo di silenzio, immediato. Mi viene in mente la mente persecutorio e dall’altro colloca l’intera continuato, come quello dove lavoro), molto fiaba “La torta in cielo” di Rodari! Contento vicenda in una dimensione inaspettatamente più spesso leggo in macchina nel parcheggio della decisione, parcheggio. Poche macchine metafisica. Nel 1998 il regista australiano del centro commerciale (ho riletto i Promessi in effetti, cinque compresa la mia, in un par- Craig Monahan firma un bellissimo film, Sposi, scoprendolo un vero capolavoro; a cheggio che ne può ospitare qualche decina. “The interview”, “L’interrogatorio”. L’inizio – da scuola non mi sembrava così!). Tempo fa su Raggiungo l’ingresso, curiosamente buio e, antologia i primi 7 minuti del film - è simile a “Il internet ho trovato che poco lontano dal mio sull’uscio serrato trovo appeso un cartello: processo”: tre poliziotti in borghese fanno irru- posto di lavoro c’è una interessante biblioteca, Orario di apertura 9:00-13:00 15:30-19:00 Sa- zione alle cinque del mattino nell’appartamen- la Sandro Penna, inaugurata nel 2004, costrui- bato 9:00-13:00. Non ci credo! La prima cosa to di Eddie (l’ottimo Hugo Weaving), che ripo- che mi viene in mente è che non potrò mai vi- sa sulla propria poltrona. Una sommaria sitarla, gli orari non coincideranno mai, e perquisizione dell’appartamento, le manette e questo mi provoca un certo disagio, ma forse poi, tra lo stupore e il terrore dell’arrestato, la potrei chiamarlo anche, rabbia. Poi le mie ri- corsa in auto fino al luogo ove avverrà il lungo flessioni superano il personale, e penso che sia terribile interrogatorio. Qui inizia il lungo incredibile che una biblioteca stia li, sia ricca duello dialettico che si protrae, claustrofobica- di contenuti, accattivante ed accogliente nelle mente, per l’intero film all’interno di una stan- architetture, pronta per svolgere il suo compi- za, con un tavolo e due sedie. La bellezza di to sociale di serbatoio e fonte di cultura e poi? questo film consiste nel fatto che allo spettato- E poi è vittima di orari d’apertura anacronisti- re vengono forniti gradualmente tutti i dati, ci e velleitari. Perché? Mi sono chiesto, i centri commerciali spingono per essere aperti in negli stessi momenti nei quali vengono sco- Interno della Biblioteca pubblica Sandro Penna di Perugia perti e accumulati dalla polizia, oppure affer- orari sempre più lunghi, continuati, senza so- mati da Eddie oppure da quest’ultimo rinfac- ste, cosi -dicono- da venire incontro a chi, du- ciati ai suoi accusatori. In un gioco in cui a un ta su un progetto davvero particolare, tanto da rante la settimana lavora ed ha solo il fine set- certo punto le parti sembrano ribaltarsi e l’ac- essere inserita fra le biblioteche più strava- timana per fare spese, a chi esce dall’ufficio e cusato diventa accusatore e viceversa. Il gioco ganti del mondo e, cito da wikipedia: “una del- deve trovare aperti i negozi dove fare spese, a è pesante. Potrebbe trattarsi di omicidio. Ci le 10 biblioteche in cui un amante di libri si de- chi non ha tempo e si ricorda solo all’ultimo sono degli indizi ma non prove. E quando, do- ve assolutamente recare una volta nella vita. momento di fare spese!? La risposta la so, la po otto ore di interrogatorio, l’indiziato viene Posti straordinari, pensati da designer strava- domanda è retorica, e la risposta è triste. Ma rimandato a casa, il gioco sembra come sospe- ganti che hanno trasformato le biblioteche in potremmo pensare anche che, così come il so. Ma al di là di tutto questo e della bellezza luoghi d’attrazione turistica.” Leggo da inter- mondo del commercio cerca di offrirsi a tutte intrinseca del film, purtroppo mai arrivato in net che possiede 19.800 volumi, 26 periodici, le ore per non farsi sfuggire nessun acquiren- Italia, restano le motivazioni per le quali il film 177 videocassette (poche in effetti, ne ho più te, anche la Cultura dovrebbe rendersi dispo- è nato, e che ci vengono illustrate dallo stesso io), 1300 DVD, 81 audiolibri, 50 libri in corpo nibile a tutte le ore, così da non lasciarsi sfug- regista in un’intervista: “l’idea nasce da un di- 16/18 per ipovedenti, 673 cd musicali, inoltre gire nessun potenziale utente. battito scatenato in Australia qualche anno fa nella biblioteca sono conservati il “fondo Sere- per i modi brutali della polizia, che nelle pie- ni” composto da circa 1000 libri e il “fondo Fabio De Angelis ghe dell’habeas corpus ha modo di operare in- Trani” costituito dalla collezione di 1000 di- terrogatori intimidatori, durante i quali si schi in vinile, di musica classica, operistica, confesserebbe di tutto”. (*) Che è nient’altro musica leggera italiana fino agli anni 60 circa. Nasce a Roma nel 1959. Studia come Geometra, Optome- che l’ennesimo atto di accusa delle iniquità del L’idea di poter passare le mie future pause leg- trista e Cosmetologo. Si occupa di formazione insegnando potere verso i singoli cittadini. Innocenti o col- gendo in biblioteca mi attrae molto. Beh, ce informatica e scrive su riviste di settore. Di recente si dedi- pevoli che siano. l’ho a due passi. Vado! In macchina ci metto ca alla professione di Optometrista. Per 28 anni abita a Marino Demata meno di dieci minuti per raggiungerla. In ef- Roma Quadraro dove si impegna per il recupero del quar- fetti è proprio particolare, arrivando la si vede tiere, fondando assieme ad altri, l’Ass. Cult. Amici del Vec- (*) Il riferimento all’intervista al regista è contenuto in un adagiata su una piccola altura verde con intorno chio Quadraro. Dal 2009 si trasferisce in Umbria dove, articolo di Adriano Boano su cinemah.com. panchine ed alberi d’alto fusto, pur trovandosi per hobby, si dedica agli ulivi ed agli avicoli.

34 [email protected] Il cinema nella pittura napoletana di Caravaggio, Battistello e Ribera Il Seicento è il secolo d’oro della pittura na- poletana. Potremmo dire che si tratta di un periodo in cui lavora- no grandi registi, per- ché oggi - di fatto - se questi artisti vivesse- ro, è molto probabile che si dedicherebbero Mario Dal Bello al cinema. Spettacolo cinematografico, potremmo azzardare a dire in bianco-e-nero, è infatti la loro produzione, caratterizzata da una ricerca specifica di spet- tacolarità, emotività, dialogo con le altre arti, dinamismo e senso narrativo. Il caposcuola è Caravaggio. Chi sale al museo di Capodimon- te e vede da lontano, in fondo al lungo corri- doio al secondo piano, la sua Flagellazione, avverte - man mano che avanza verso di essa - di stare per incontrare uno spettacolo chia- roscurato di vita e di morte. La vasta tela del 1607 è di una violenza impressionante. Non si tratta di un fatto fisico, perchè l’azione è so- spesa. Ma dell’atteggiamento dei personaggi: il Cristo statuario, dal fisico di uno scaricatore di porto, già sul punto di cedere, gli sgherri, l’uno con la faccia d’odio, un altro che lo lega, un terzo che prepara il fascio di verghe. E’ un dramma che attende di iniziare, una atmosfe- ra più tremenda della tortura, perché l’anima è già sopraffatta dall’angoscia. Questa scena di carcere reale, Caravaggio ce la lancia in fac- cia e ci lascia sbigottiti. Ma non ci succede co- me dopo aver visto scorrere i l sangue nei film di un Tarantino, che resta il nulla. Caravaggio ci inchioda l’anima, ci trasmette la pena, ci fa con-soffrire. E questa è grande arte della co- municazione, è moto spirituale , emotivo pri- ma che fisico. Il dramma che ci investe, nella tela dai colori scabri, dal chiaroscuro violento, con un “fermo immagine” inchiodato sul cor- po pallido del Cristo emergente dal fondo buio, è assoluto, spiazzante. Non si cessereb- be mai di andarsene via da questa immagine possente di morte e di vita, che dice la verità. Michelangelo Merisi da Caravaggio, “Flagellazione” (1607-1609) olio su tela, cm 266 x 213. Napoli, Museo Il “cinema” di Caravaggio e di tutta una scuola Nazionale di Capodimonte che deriverà dai suoi due soggiorni napoleta- ni (1606-07, 1609-10) è infatti cinema della ve- un dato acquisito per numerosi artisti italiani implorante. Tale clima si evidenzia ancor me- rità, e dell’uomo in particolare. Potremmo e stranieri, benché il Merisi non abbia mai glio nell’Ecce Homo, nella medesima sala e parlare anche di cinema ”neorealistico”, te- avuto allievi. Battistello interpreta il naturali- dello stesso autore, di circa dieci anni prima. nendo conto che Caravaggio proviene da una smo caravaggesco in modo molto personale. Qui il “primissimo piano” si focalizza in due lunga tradizione di pittura del reale, ossia Accentua il chiaroscuro drasticamente, porta volti: un Pilato barbuto e un Cristo curvo sot- quella dell’area lombardo-emiliana, e qui ba- i personaggi - in genere solo due – in primo to il peso del sangue. Mani e volti che si intrec- sterebbe pensare ai grandi Compianti in ter- piano, sbalzandoli dal fondo scuro come fos- ciano, sorriso e smorfia dolorosa che si appa- racotta dei fratelli Mazzoni sparsi nelle chiese sero di bronzo e lanciando nel Cristo un grido iano, quasi in un gusto del macabro e del dell’Emilia e a Bologna stessa. Caravaggio, di terrore. Potremmo dire che Battistello fa sangue, come fossimo in un film orrorifico dunque, artista che ci aggredisce e ci passa la assumere al suo cinema una tendenza espres- della violenza sugli innocenti, che è poi anche sua anima, quella di una immensa com-pas- sionistica marcata. Nella tela esaminata in- uno degli aspetti del barocco secentesco. Solo sione per il dolore dell’uomo, narrato con pi- fatti, il rapporto tra la luce fredda, i corpi pla- che Battistello non si ferma al gusto del sangue e glio deciso ed essenziale. Questa lezione pas- stici e in particolare il ”dialogo” tra il carnefice dello scherno, ma accumula pathos su pathos, sa direttamente ad un pittore come Giovan e il Messia creano una tensione palpabile così che la tela gonfia al massimo la propria Battista Caracciolo, detto Battistello. La sua spinta all’estremo. L’opera è un tumulto emo- espressività, aggiungendo l’effetto desiderato: la Flagellazione, sempre a Capodimonte, risale tivo tale da sentire quasi “parlare” i due perso- commozione del fedele, il coinvolgimento delle al 1630, quando lo stile di Caravaggio è ormai naggi: lo sgherro ghignante e cattivo e il Cristo segue a pag. successiva

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segue da pag. precedente “passioni” nella passione del Cristo. Non biso- gna infatti dimenticare la dimensione di spettacolo teatrale insita nell’arte di questo tempo, un teatro religioso beninteso, sincero e aderente alla vita reale. E, sotto questo aspetto, la personalità e l’opera di Josepe de Ribera, battezzato a Napoli come lo Spagno- letto, è quanto mai indicativa. Il suo San Seba- stiano – ancora alla Certosa di San Martino per cui fu dipinto nel 1651 – è assolutamente diverso dai neoclassici soggetti di un Guido Reni o di un Cavalier d’Arpino, ma pure da quello meno idealizzato del conterraneo Luca Giordano. Qui Ribera presenta un giovane vi- vo e reale, messo in posa a guardare il cielo, in attesa del premio paradisiaco. Nessun lan- guore, soltanto un dolore accettato, una fede non sentimentale da parte di un ragazzo dei vicoli napoletani in cui ognuno si poteva rico- noscere. E’ un teatro dell’immagine come in certi filmati sui racconti evangelici ove si uni- sce un realismo più o meno storicizzato a di- chiarazioni di fede, ma con l’occhio attento a non urtare le diverse sensibilità religiose. Ri- bera non ha questo problema. I suoi perso- naggi sono immediatamente comunicativi perché sono veri, autentici. La sofferenza di Sebastiano, colto come assoluto protagonista, si condensa in un monologo dove egli recita la sua aspirazione al cielo offrendo il corpo tra- fitto. Potremmo parlare, in certo qual modo, di un “corto”cinematografico di quasi non-a- zione, essenzializzata com’è questa nella mo- nodia del volto implorante e della mano offer- ta all’Alto. Accade lo stesso nel san Girolamo di Capodimonte (1626), che alza le mani in un gesto enfatico di fronte all’angelo che suona il corno del Giudizio. Un gesto “bloccato”, come avessimo fermato l’immagine per ridefinirla meglio o per contemplarla nel suo vigore in- sieme fisico e spirituale. Ribera è regista che sa raccontare, ed ama la sintesi, non si dilun- ga nella narrazione. Gli piace condensare in un gesto espressivo, nello sguardo del vecchio maestoso e fiero, nei tratti dell’angelo-ragaz-

Il capolavoro di Caravaggio “Le Sette Opere di Misericordia” della luce sulla pergamena arrotolata a terra, ad un morto di cui si vedono i piedi, alla ra- l’anfratto terroso della caverna e si noterà la gazza che allatta un vecchio in carcere al cava- qualità dell’immagine, tersa e ombrata al tem- liere che offre il mantello a un mendicante se- po stesso, con grande effetto teatrale. Un tea- minudo, sotto lo sguardo di una Madonna col tro vivo, perché i suoi attori sono gente comu- grosso bambino in braccio ed un angiolone ne, presa come modello per i suoi film-quadri. che svolazza sulla scena. Spettacolo teatral- E a questo proposito si possono osservare cer- mente grandioso di vita sulla morte, dove le ti ritratti di vecchi, come i Profeti nella Certo- diverse musiche – funebre, cantabile, glorio- sa, inquadrati in primo piano come figure sa- melodizzano tra i chiaroscuri nella città monumentali, per capire la vocazione al più più musicale del mondo, quale è Napoli. La te- spiccato realismo tipica del cinema pittorico la appare quasi un film sui film, uno sguardo napoletano. Al quale Caravaggio aveva dato dall’alto sulla infinita scena che è la vita di San Sebastiano dello Spagnoletto una spinta formidabile nella tela al Pio Monte questo mondo. Non poteva che diventare una zo, la scena della “rivelazione”. Sintetico, ma della Misericordia con le Sette Opere di Miseri- scuola per l’arte napoletana del Seicento, e raffinato come può essere un film di Zeffirelli cordia. Sette “corti” riuniti in una unica se- forse anche per certo cinema d’oggi. o Visconti, però senza il loro timbro estetiz- quenza ininterrotta a ritrarre uno spaccato di zante. Si vedano il manto rosso fuoco, il gioco vita dei vicoli: dal prete che celebra il funerale Mario Dal Bello 36 [email protected] Ustica e le verità nascoste Intervista con il regista Renzo Martinelli autore di Ustica, film uscito in questi giorni È uscito il 31 Marzo ha lasciato affiorare». Così Martinelli lascia nelle sale l’ultimo la- indietro ogni cautela e non ha paura nel riba- voro del regista brian- dire l’inequivocabilità delle prove e dei fatti zolo di film spesso di- che ne derivano: «secondo noi c’è stata una scussi quali, tra gli collisione in volo tra un F5 americano e il DC9. altri, Barbarossa, Vajont e Questa è l’unica verità su Ustica». Viene spon- Piazza delle cinque lune; taneo chiedergli perché, allora, non attenersi Giulia Marras militante controcor- alla rappresentazione documentaria per co- rente di un cinema al- municare concretamente i risultati di uno la ricerca delle verità sepolte tra le pieghe del- studio focalizzato e impegnativo come quello la storia e della politica italiana; Diari di di una strage non ancora metabolizzata? Per- Cineclub lo ha intervistato a proposito di Usti- ché trasformare una storia reale in fiction? Renzo Martinelli ca, il suo nuovo lungometraggio sulla strage «Perché il mio mestiere è quello del cineasta, che nel 1980 sconvolse l’Italia, già lacerata da- se fossi una storico avrei scritto un saggio, mentre negli Stati Uniti pellicole come JFK di gli anni di piombo, per le misteriose circo- fossi stato un giornalista televisivo avrei regi- Oliver Stone sul caso Kennedy hanno avuto la stanze con cui si consumò il disastro aereo: strato un reportage. Essendo un cineasta tra- forza di imporsi su una verità giudiziale già squarciato in due, il DC9 dell’Itavia precipitò sformo il materiale documentale in materiale diffusa. Ma nel nostro paese la richiesta pre- durante la rotta tra Bologna e Palermo, nelle drammaturgico, e ne faccio un film, proprio valente è quella di fare commedie; il pubblico acque tirreniche tra le isole pontine italiano è sempre più restio ad af- e l’isola siciliana, senza lasciare al- frontare temi su cui occorre pensa- cun superstite tra gli 81 passeggeri re, quindi preferisce spesso e vo- del volo 870. «Le ipotesi prevalenti lentieri il cinema di evasione. su Ustica sono tre» ricorda il regista Portare in sala e convincere gli «il cedimento strutturale del DC9, spettatori a vedere un film come una bomba nella toilette di coda o Ustica non è affatto semplice». Di- un missile che per errore anziché fatti la promozione per Ustica ha colpire un caccia aereo colpisce il scelto vie alternative, fisicamente e DC9; tra le tre teorie quella del mis- politicamente “ingombranti”: una sile è quella che ha incontrato mag- riproduzione identica del relitto giori favori nell’opinione pubblica». del DC9 ha occupato gli spazi del Ed è anche quella confermata dalla centro commerciale e multisala Corte di Cassazione nel processo della capitale Porte di Roma men- per il risarcimento dei familiari del- tre la seconda riproduzione sareb- le vittime ai danni dei Ministeri del- be dovuta essere a Milano, in via la Difesa e dei Trasporti. «Ci sono però un’al- perché il mio mestiere di cineasta comporta Mercanti. La giunta Pisapia ha però ritenuto tra serie di prove che portano in un’altra l’evocazione di una verità comunicandola at- che non fosse compatibile con la zona richie- direzione, inequivocabile» continua Marti- traverso lo strumento che conosco meglio, il sta e ha negato il permesso: «è stato un dispia- nelli «e che conducono a una serie di doman- cinema». Il compito del cineasta per Marti- cere, dato che il pubblico più giovane sa ben de tuttora senza risposta». Cosa l’ha condotto poco della strage di Ustica; secondo me co- a proseguire le ricerche e a farne un film di fi- stringere i ragazzi a confrontarsi con un do- ction, tra l’altro in linea con la sua precedente cumento forte come il relitto dell’aereo sareb- filmografia, ce lo racconta senza troppi rica- be stato motivo di grandissimo valore etico e mi: «Una delle ragioni è la mia passione per la culturale. Ma Ustica è evidentemente un tema storia; una delle mie lauree è in scienze politi- ancora scomodo; dopo la tragedia ci sono sta- che, mi interessava indagare su una verità che te sedici morti sospette; la ragione di Stato ha in qualche modo è stata rimossa o manipolata impedito con ogni mezzo che affiorasse la ve- dalla ragione di Stato, come è successo con rità su questa faccenda» - non si tratta di “so- Porzûs, il caso Moro, con Vajont. E l’altro motivo lo” cinema, quindi - «McLuhan diceva che il è che spesso non è il regista a scegliere il film, medium è il messaggio: se il mio fosse stato ma il film a scegliere il regista: tre anni fa ven- un libro, non se lo sarebbe filato nessuno, ma nero da me due ingegneri aeronautici con nelli è proprio questo: «come diceva Trotsky, se cambia il medium scoppia il putiferio». Ve- una mole enorme di materiale sul disastro di un intellettuale ha il dovere di cercare appas- dremo quindi come reagirà il pubblico alla Ustica. Mi hanno chiesto di dare un’occhiata a sionatamente la verità, di evocarla e di comu- presunta quarta verità su uno degli eventi più questi documenti, e da qui è nata l’urgenza di nicarla: io trovo che sia anche il dovere di un brucianti della storia recente italiana; intanto, farne un film». Dalle loro ricerche sono emer- cineasta, ricercare le verità e raccontarle at- tra i tanti progetti chiusi nel cassetto di Renzo se una serie di domande inquietanti sui ritro- traverso il cinema». Da tempo il regista di Martinelli, il regista ce ne rivela uno, forse il vamenti a seguire l’incidente, interrogativi a Vajont parla infatti di un potere maieutico del prossimo: «Sono 15 anni che tento inutilmen- cui Martinelli tenta di rispondere tramite la cinema, proveniente dal metodo socratico teo- te di fare un film sulla morte di Benito Musso- rielaborazione drammaturgica degli eventi di rizzato da Platone, «riesce cioè a tirare fuori la lini. Da settant’anni i nostri ragazzi studiano quel terribile 27 giugno. «Nel film non c’è nes- verità e a comunicarla perché ha la forza delle a scuola una storia che borghesianamente suna riflessione, bensì una vera e propria ri- immagini e del suono che nessuna forma non viene capita. Tentare di fare un film e ri- proposizione di una verità incontestabile: le d’arte ha; soltanto il cinema ha questa forza montare la storia è un’impresa epica perché si prove, i documenti, tutto ciò che abbiamo rac- potentissima di evocazione». Ma non è sem- va a remare controcorrente. Prima o poi lo colto ci porta verso un’unica conclusione che pre facile: «in Italia c’è una certa resistenza a farò, questo è poco ma sicuro». non è quella che la ragione di Stato per 35 anni questo tipo di offerta cinematografica; Giulia Marras 37 n. 38 Una Grande guerra tutta...da ridere Il cinema ha presa Alpino” (1916), “La guerra e il sul pubblico in pri- sogno di Momi”, di Segundo de mo luogo perché è Chomòn (1917). Fin dalla Gre- capace di coinvolge- cia classica, momento in cui il Enzo Pio Pignatiello e re, emozionare e di- teatro comico si è sviluppato Denis Zanette vertire. Gli spettato- ed ha raggiunto il successo, gli ri, già provati dagli autori di teatro hanno messo orrori del primo conflitto mondiale (1914- in scena il tema della guerra. E 1918), non sempre avevano voglia di assistere anche la figura del soldato – se- a storie tragiche sullo schermo. Per questo rio, crudele, spietato, armato motivo diversi film tentarono di mettere in fino ai denti – non ha fatto scena il tema bellico con i toni di commedia o sempre paura. Spesso ha fatto di comica. Un modo per “esorcizzare” la paura ridere, e molto: valga per tutti nel buio della sala. Ma può un genere come la il personaggio del “soldato fan- commedia, per sua natura improntato al riso, farone”, il “vantone” descritto al divertimento, alla battuta, affrontare argo- da Plauto nel Miles gloriosus, menti impegnati, addirittura drammatici? Lo ripreso da Terenzio nell’Eunu- stile comico e l’intento di far riflettere il pub- chus e divenuto una figura ben blico su temi importanti non sono affatto in- nota tra le maschere della com- compatibili: da sempre i comici hanno affron- media dell’arte italiana con Ca- tato argomenti serissimi e di attualità, non pitan Spaventa, e della letteratura moderna i proiettili, il filo spinato e la Terra di nessuno. ultimi, appunto, la guerra e la morte. E’ quan- con il Capitan Fracassa di Théophile Gautier. Non solo “Shoulder Arms” rappresentò la pri- to ha potuto constatare il pubblico di cinefili A proposito di Charlot soldato (Shoulder Arms) ma commedia sulla guerra, ma fu anche la ed appassionati intervenuto il 25 e 26 febbraio “Ero preoccupato di farmi venire una idea per prima commedia nera, introducendo un lato u.s. alla rassegna “Il cinema comico e la gran- il mio secondo film First National”, scrive di Chaplin che si sarebbe sviluppato compiu- de guerra”, realizzata a Roma dall’AAMOD – Charlie Chaplin nella sua autobiografia: “Poi tamente nel “Grande Dittatore” e in “Mon- Archivio Audiovisivo del Movimento Operaio ebbi una illuminazione: perchè non realizzare sieur Verdoux”. E’ difficile immaginare buona e Democratico, in collaborazione con la So- una commedia sulla guerra? Riferii a diversi parte dell’opera di Stanley Kubrick, ad esem- printendenza archivistica per il Lazio, la So- amici la mia intenzione, ma loro scossero la pio, in particolare film come “Orizzonti di glo- cietà Italiana di Storia Militare e la Cineteca testa. Cecil B. De Mille mi disse: E’ pericoloso ria” (1957) e “Dottor Stranamore” (1964) senza Nazionale, a cura di Enzo Pio Pignatiello e di di questi tempi prendersi gioco della guerra. il precedente di “Shoulder Arms”. La guerra Denis Zanette. Nel corso dell’evento sono stati Pericoloso o no, l’idea mi entusiasmava”. A ri- mondiale entra in “Charlot soldato” senza in- proposti numerosi filmati rari recuperati in prese ultimate, Chaplin avanzava ancora ri- fingimenti, senza edulcorazioni, senza conso- archivi e cineteche italiane ed estere e presso lazioni e senza riguardi per nessuno. Essa è alcuni collezionisti, con l’intento di valorizza- trattata con una ironia ed un sarcasmo affilati re fonti audiovisive ancora poco esplorate, ma come rasoi. Ciò che più sgomenta in questo assai utili ai fini della conservazione della me- capolavoro è che l’autore non ha tolto o ag- moria. La rassegna si è aperta giovedì 25 feb- giunto alcunché. La Prima guerra mondiale fu braio con una conversazione introduttiva tra proprio così: le gags di Chaplin non sono il ri- Sergio Bruno, archivista del Centro Speri- sultato dello sguardo deformante del loro Au- mentale e i curatori. A seguire, le proiezioni tore, bensì la spietata fotografia della realtà, del programma “Il punto di vista americano”: che appariva pervasa da una incomprensibile cartoni animati, documentari, Ridolini (Larry quanto allucinata comicità. Il cinema e la Semon), Charlot Soldato e Laurel & Hardy, con il Grande Guerra di fatto nascono inseme: tra le famoso “Compagno B”. Venerdì 26 febbraio, tante rotture di quel conflitto rispetto all’Ot- dopo la conversazione introduttiva tra Virgi- “Charlot soldato” (1918) interpretato, diretto e prodotto tocento, oltre alla modernità delle armi, c’è si- nio Ilari, presidente del SISM (Società Italia- da Charlie Chaplin curamente il modo in cui le battaglie vengono na Ricerche di Storia militare), è stato proiet- presentate per immagini. Il “racconto della tato un programma tutto italiano con le serve riguardo al film e fu sul punto di manda- guerra al cinematografo” si articola in produ- riprese della Sezione cinematografica dell’e- re tutto all’aria. Di contro la pellicola si rivelò zione cinematografica “di finzione” e “dal ve- sercito italiano, di Luca Comerio, “Maciste un successo, e ciò, probabilmente, in qualche ro”. I film bellici girati in Italia tra il 1915 ed il modo lo incoraggiò a spingersi più oltre, un 1918 – ben 127, a fronte dei soli 122 girati in 95 paio di decenni più tardi, con la sua suprema anni dalla fine della guerra al 2013 – vedono il satira di guerra “Il Grande Dittatore” (1940). Il cinema, protagonista degli eventi in corso, ri- film di Chaplin, oltre a condurre una riflessio- spondere ai bisogni consolatori, evasivi, spet- ne vertiginosa, quasi in tempo reale, sulla tacolari, oltreché agli interessi di propaganda. Grande Guerra, segna altresì l’ingresso nel D’altra parte, la produzione cinematografica mondo dell’arte del “conflitto mondiale”, due “dal vero” si concretizza in una ricchissima parole destinate a metterlo seriamente in cri- produzione dal fronte, grazie a speciali sezio- si, quel mondo, tanto da spingere taluni intel- ni militari che iniziano a documentare il con- lettuali a parlare di impossibilità di fare cultu- flitto, in particolare la Marina militare dal 1916 ra dopo quegli immani mattatoi. E come ed il Regio esercito dal 1917. Nel solo 1918 furo- soggetto comico, “Charlot soldato” era di un no girati 17.000 metri di negativo in pellicola, umorismo nero senza precedenti, non solo e, al cessare delle ostilità, risultavano impressi “Maciste alpino” (1916) di Luigi Romano Borgnetto per Chaplin, ma per l’intera storia del cinema. 120.000 negativi fotografici, e realizzati 38 nu- e Luigi Maggi con Bartolomeo Pagano nel ruolo di Nessuno prima d’allora aveva mai realizzato meri del “Giornale della della guerra d’Italia” Maciste una comica che includeva la guerra di trincea, segue a pag. successiva 38 [email protected]

segue da pag. precedente si ritrovano, in film dall’aspetto apparente- - dalle Alpi all’Isonzo e a Gorizia, dal Grappa mente ingenuo e innocente, tanta attualità, Tip-Tap d’autore al Piave, con le riprese della fine del conflitto a tanti elementi di costume del tempo e una Rovereto, Trento, Trieste, Pola e Fiume - , sorprendente spregiudicatezza nell’affronta- Quando il cinema si racconta nonché 26 documentari tra corti e lungome- re tematiche sociali e religiose. Il ribaltamen- in musica traggi, attestando gli spostamenti delle trup- to dei corpi sul piano della realtà fisica, in pa- pe, il lavoro delle retrovie e, quando possibile, lese violazione della legge di gravità, si traduce “Credo che il musical gli scenari delle linee avanzate. Queste cifre in un sovvertimento e una messa in discussio- debba trattare temati- servono per dare una seppur pallida idea della ne dei valori borghesi dominanti. Il rapporto che importanti”, soste- ricchezza degli archivi storici nei quali sem- tra uomo e donna e tra padrone e sottoposto, neva Vincent Minnelli, brano celarsi molti più materiali di quelli che il Paradiso e l’Inferno, le dinamiche sul posto uno dei più brillanti re- si possono immaginare riguardo i temi più di- di lavoro, gli echi della guerra sono solo alcuni gisti che hanno fatto sparati. E anche per formulare un appello a dei motivi che attraversano questo tipo di pro- del cinema oltre che la valorizzare gli archivi, affermando la necessi- duzione e la rendono così moderna. Il legame loro professione una tà di utilizzare tutte le tecnologie a disposizio- fra cinema, guerra e patriottismo avrebbe tro- Lucia Bruni sorta di palestra di vi- ne per archiviare in modo ordinato l’immensa vato, poi, il suo apice durante il fascismo, che ta; ma di quelle all’americana, vale a dire “dan- quantità di materiale storico che ci appartie- cercò di legare la tradizione alpina alla Marcia zando sopra le righe” per trattare con la dovuta ne. Il cinema italiano nato durante la Prima su Roma, in opere come “Vecchia Guardia” del disinvoltura ogni momento del nostro quoti- Guerra mondiale si è limitato, d’altro canto, 1934, per la regia di Alessandro Blasetti. Prima diano. Il che non vuol dire prenderla alla legge- ad una rappresentazione edificante della di arrivare ad una narrazione cinematografi- ra ma dare una dimensione a qualunque pro- guerra, basti pensare a “Maciste alpino” del ca antieroica e antiretorica bisogna aspettare blema. Ecco che giunge a proposito il suo film 1916, film di propaganda bellica antiaustriaca, diversi anni: solo dopo il secondo conflitto musicale d’esordio, Due cuori in cielo (Cabyn in in cui Bartolomeo Pagano, il gigante buono mondiale, cominciarono a sorgere i primi seri the Sky) del 1943. “Happiness is a thing called “Maciste”, già protagonista di altre pellicole, Joe”, canta Petunia Jackson (interpretata da prende, letteralmente, a “calci nel sedere” i ne- Ethel Waters) stendendo la biancheria. Si ri- mici . Maciste diviene prodotto e rappresen- volge al marito Little Joe che ozia nel cortile, su tante delle virtù del popolo italiano, dal mo- una sedia a dondolo. Finita la canzone, un len- mento che, nello scalare le vette, egli è il zuolo asciutto cade e rivela, come a teatro, due capocordata, ma tutti gli altri alpini gli stanno personaggi che minacciosamente si avvicina- dietro, come a dire: “I figli d’Italia sono tutti no a Joe per esigere un debito di gioco. Basato Macisti”. La morte non rientra mai nell’inqua- sull’omonima musical comedy (1940) di Lynn dratura e il film finisce per mostrare la guerra Root, John Latouche e Vernon Duke, è un mu- conferendole un volto umano, senza tuttavia sical all-black, cioè interpretato esclusivamen- restituire nulla del dramma e della verità del te da attori di colore e rivela il gusto classico fronte. La censura impediva, di fatto, ai cine- del regista che in seguito realizzerà una serie operatori di illustrare la distruzione di massa di apprezzatissimi film, come Meet me in S. provocata dalla guerra tecnologica, per non “La grande guerra” (1959) di Mario Monicelli Louis (Incontriamoci a Saint Louis) del 1944, spaventare i civili e affievolirne l’ardore pa- dubbi sul mito della Grande Guerra del ‘15-’18, con Judith Garland; Ziegfeld Follies del 1946, triottico. E, non a caso, in sede di revisione, al- che, attraverso opere di registi come Mario con Fred Astaire, Lucille Ball, Gene Kelly e an- la pellicola furono imposti numerosi tagli, tut- Monicelli e Francesco Rosi, andò rivelandosi cora Judith Garland; The pirate (Il pirata) del ti motivati dalla messa in ridicolo dei soldati in tutta la sua violenza di inutile strage di vite. 1948, con Gene Kelly e sempre Judith Garland austriaci. Ma ciò che al cinema è vietato, a “La Grande Guerra” di Monicelli costituì una (il vincolo artistico del regista con lei proseguì causa del “realismo ontologico” di baziniana autentica pietra miliare sancendo il passaggio nella vita sfociando nel matrimonio da cui è memoria - ossia del realismo di chi identifica da una narrazione cinematografica bellica pa- nata la cantante e attrice Liza, interprete an- il cinema come replica fedelissima, impronta triottica, edificante, retorica, infarcita di svi- ch’essa di musical); The Band Wagon (Spettaco- e proseguimento della realtà - è invece possi- luppi epici e di connotazioni militariste, quale lo di varietà) del 1953, con Fred Astaire, Cyd bile al cinema di animazione che, per sua na- si era protratta per un quarantennio nel cine- Charisse e Jack Buchanan; Kismet (Uno stra- tura, presenta uno scarto rispetto al reale. Ciò ma nazionale, ed una rappresentazione au- niero fra gli angeli) del 1955, film d’avventura risulta chiarissimo ne “La Guerra e il sogno di tentica del conflitto, antieroica ed antiretori- ambientato nell’antica Bagdad; solo per citar- Momi” nel quale un bambino si addormenta e ca, nella quale la guerra combattuta dagli ne alcuni. Partire da Minnelli per entrare an- sogna la guerra dei suoi pupazzi: qui gli “effet- Italiani è presentata sullo schermo non come cora nel mondo del musical, credo sia una buo- ti speciali” di Segundo de Chomòn mettono in una brillante parata, ma come una cosa terri- na occasione per dichiarare che questo genere scena tutti i congegni della modernità, dai bilmente seria, sporca, squallida quanto spa- cinematografico, più di qualsiasi altro, per i cannoni agli aerei e fino ai gas, rivelando la re- ventosa. mezzi usati e le diversità delle competenze ale natura tecnologica della Grande Guerra e Enzo Pio Pignatiello e Denis Zanette (coreografia, musica, testo/“libretto”, sceno- la condizione inumana che i soldati speri- grafia) sia sempre un’opera collettiva. Il regi- mentavano al fronte. Un simile livello appros- Denis Zanette, nato nel 1992 a San Donà di Piave, inizia sta molto spesso dà un tocco personale , ten- simativo della ricostruzione realistica di una a lavorare nel cinema come proiezionista. Appassionato dendo, diciamo, a privilegiare un “codice guerra da fumetto, più surreale che veridica- fin da giovane di recitazione, decide di aggregarsi con una costruttivo” anziché un altro. Nel caso di Min- mente attendibile, si riscontra in una breve nota compagnia teatrale. Archivista e ricercatore cinema- nelli, proprio per il suo concetto del “genere” comica che tanta fortuna ha portato al suo in- tografico ha collaborato con la Cineteca del Friuli, col Fe- specifico già accennato, tiene a curare partico- terprete: Andrée Deed, ideatore di uno tra i stival Internazionale del cinema e delle arti “I mille occhi” larmente la scenografia: il circostante ci avvol- personaggi più esilaranti e trasgressivi del e Radio RAI di Trieste. ge e ci coinvolge più di quanto crediamo e le muto: Cretinetti. L’esilità e l’agilità in termini relazioni collettive aiutano a intrecciare al me- economico-produttivi del genere comico, ca- Enzo Pio Pignatiello, classe 1985, foggiano di nascita, è glio le nostre relazioni con gli altri. Sempre fra ratterizzato da una lavorazione a basso costo, archivista e biblioteconomo nel settore dei Beni Culturali. i classici e nello stesso periodo (Anni Cinquan- consentono una libertà di espressione più di- Collabora con la Soprintendenza archivistica per il Lazio, ta-Sessanta) troviamo il regista Stanley Do- sinvolta nei contenuti, libertà negata a generi l’Istituto di ricerca per il teatro musicale, la Cineteca na- nen con On the Town (Un giorno a New York) considerati più importanti. Ecco spiegato perché zionale, l’AAMOD ed altri istituti culturali. segue a pag. successiva 39 n. 38

segue da pag. precedente rock nella storia della musica, pubblicato nel del 1949, con la massiccia e brillante partecipa- 1969. Al film partecipano attori e cantanti del Le sale zione di Gene Kelly accanto a ; firmamento pop fra i quali gli stessi Who, El- cinematografiche a oppure Royal Wedding (Sua altezza si sposa) ton John, Tina Turner. Un’altra rock-opera è del 1951, con Fred Astaire e Jane Powel; o il ce- Jesus Christ Superstar (1973) di Norman Jewi- Genova leberrimo Singin’ in the rain (Cantando sotto la son, adattamento cinematografico del celebre Oltre ai già citati cine- pioggia) del 1952 con Gene Kelly e Debbie Rey- musical di Andrew Lloyd Webber e Tim Rice; matografi di Sampier- il film voleva essere una rivisitazione hippy e darena, ben documenta- pacifista della saga evangelica. Ma il musical ti nel volume “I cinema trova anche terreno negli anni della contro- della Liguria”, nelle dele- cultura giovanile, delle contestazioni per la gazioni di Genova esi- guerra in Vietnam, e in generale, nei confron- stevano numerose altre ti del sistema dominante. Ecco che compare sale, generalmente di se- Hair (1979) di Miloš Forman, con le coreogra- conda visione, situate a fie di Twyla Tharp, basato sull’omonimo musi- ponente e a levante della cal di Broadway di dieci anni prima, scritto e città e nelle vallate im- Claudio Serra diretto dagli sceneggiatori e compositori Ge- mediatamente retro- rome Ragni e James Rado. E c’è altro. Nella se- stanti quali la Val Polcevera e Val Bisagno. conda metà degli Anni Settanta l’ambiente Questo raggruppamento di 19 Comuni nel notturno delle discoteche entra a far parte 1926 fu annesso e conglobato in uno unico, con dell’immaginario collettivo con La febbre del sa- la formazione della “Grande Genova”. Ma la bato sera (1977) diretto da John Badham, non concentrazione massima dei cinematografi, “Cantando sotto la pioggia” (Singin’ in the Rain) (1952) privo di riferimenti al sociale. Il film segnò il anch’essa ampiamente descritta nel volume, diretto da Stanley Donen e Gene Kelly, interpretato trionfo del gruppo musicale Bee Gees e dell’at- era localizzata nel centro città. Quasi conte- dallo stesso Gene Kelly tore John Travolta, che faticherà non poco a stualmente all’invenzione della “Lanterna Ma- scrollarsi di dosso il personaggio di Tony Ma- gica” da parte dei fratelli Lumière, il 30 maggio nolds, dove il regista deve tenere in equilibrio 1896 fu il Sivori, già operativo come teatro, il le doti acrobatiche e i virtuosismi tecnici di primo locale adibito alla proiezione di film in Kelly; o ancora Seven Brides for Seven Brothers pellicola. Dopo il successo ottenuto con la pro- (Sette spose per sette fratelli) del 1954, un mu- iezione di dieci scene animate della durata di sicale western, con Jane Powell e Hooward Ke- circa due minuti, iniziarono a sorgere nuovi ci- el, sempre citandone alcuni. E come il famige- nematografi quali il Moderno da 480 posti, si- rato ritmo del “tip-tap” abbia segnato un’epoca tuato nella via XX Settembre e aperto nel 1901 ce lo raccontano Ginger Roger e Fred Astaire per opera del piemontese Giuseppe Bertino. La che con i loro film hanno attraversato tutti gli sua particolarità consisteva nella scenografica anni Trenta con numerose pellicole impronta- esposizione esterna che catturava l’occhio dei te a un romanticismo di suggestiva coinvol- Jesus Christ Superstar (1973) di Norman Jewison passanti. Negli anni a seguire, furono aperti gente leggerezza, fatta di abili evoluzioni, all’esercizio altri locali come l’Universale (1904), spesso pervase da una sottile ironia, e di brani nero. Mi fermo qui non prima di aver dato un il Rex (1908), il Massimo (1911, poi diventato musicali firmati da grandi autori, come Irving posto al jazz attraverso Around Midnight (A Corso), l’Orfeo (1914), il Dioniso (1918), l’Astor Berlin e George e Ira Gershwin. A inaugurare Mezzanotte circa), un film del 1986 diretto da (1923), il Verdi (1924), tanto che negli anni Tren- nel 1933 il felice sodalizio artistico Gin- Bertrand Tavernier; la pellicola ha come vero ta del Novecento solo nella principale via XX ger-Fred, duo dal ritmo, classe e sintonia per- protagonista la musica jazz ed è ispirata alla Settembre, battezzata “la via dei cinema”, risul- fetti, sarà il film musicale Carioca diretto da vita dei jazzisti Lester Young e Bud Powell. In- tavano operative ben undici sale. Uno dei mi- Thornton Freeland. Seguiranno una decina di fine un musical interpretato interamente da glioramenti tecnologici apportati nel campo del film fra i qualiTop hat (Cappello a cilindro) del canzoni: Evita, film del 1996 diretto da Alan cinema fu senz’altro l’avvento del sonoro al 1935, diretto da Mark Sandrich che resta il loro Parker e interpretato da Madonna, adatta- quale si dedicò l’imprenditore genovese Stefa- film più significativo, e sono da ricordare al- mento cinematografico dell’omonimo musi- meno Swing time (Follie d’inverno) del 1935 di cal composto da An- George Stevens, e Follow the fleet (Seguendo la drew Lloyd Webber e flotta) del 1936 ancora di Sandrich. Numeri Tim Rice. E nel con- che restano nella storia e canzoni come “The temporaneo, uno per Way You Look Tonight” che ha ottenuto l’O- tutti, Across the Uni- scar nel film Swing Time (Follie d’inverno) del verse (2007) di Julie 1936 diretto da George Stevens; qui tip-tap ri- Taymor, regista e sce- petuti per il grande Fred in sketch musicali neggiatrice insieme dove le coreografie fanno da sfondo ad efficaci agli scrittori Dick effetti speciali. E quando il musical sposa la Clement e Ian La Fre- fiaba ecco comparire Wizard of Oz (Il mago di nais, realizzato su 33 Cinema Perla a Molassana Oz) del 1939 diretto da Victor Fleming con Ju- “Evita” (1996) con Madonna pezzi dei Beatles, ar- dith Garland nel ruolo della giovane Doroty di Alan Parker rangiati dal composi- no Pittaluga, già operativo nella gestione di di- trasportata da un tornado nello straordinario tore Elliott Golden- verse sale sotto la SASP, da lui diretta, e nel mondo fatato di Oz. E come non ricordare lo thal, che racconta un’epoca dominata da forti campo del noleggio, distribuzione e importa- straordinario Mary Poppins del 1964 diretto da ideali e utopie, in cui tutto sembrava possibile zione di film stranieri. Nel 1929 i primi locali a Robert Stevenson, esordio di Julie Andrews e manifestando e protestando; utile a trasmet- dotarsi delle nuove apparecchiature sonore fu- subito premio Oscar. A tempo di jazz e rock tere oggi un ottimismo consapevole e ostinato rono il già citato Verdi e l’Olimpia. La realizza- troviamo un visionario cult movie diretto da a una generazione apatica e sfiduciata come la zione di quest’ultimo locale, situato nei fondi Ken Russel, Tommy (1975) basato sull’album nostra. del Palazzo della Borsa e aperto nel 1912 come omonimo degli Who, una delle prime opere Lucia Bruni segue a pag. successiva 40 [email protected]

segue da pag. precedente ambienti un clima gradevole in qualsiasi sta- Associazionismo Nazionale di Cultura caffè concerto, fu commissionato al famoso gione. Durante il periodo bellico il Ministero Cinematografica architetto Adolfo Coppedé. L’accesso princi- impose alcuni limiti all’esercizio dei cinema- pale al piano sotterraneo immetteva in un tografi: dal 1942 furono vietate le proiezioni di percorso distributivo ad anello che circondava film americani, permettendo quelle di film Sapore di sale il grande spazio centrale della sala, il cui sof- italiani o tedeschi con qualche sporadico caso fitto era sorretto da otto colonne. Al dilà di diffusione di film svedesi, argentini o ceco- I cinema della Liguria in dell’originalità architettonica, in questi am- slovacchi; tutti preceduti dal Cinegiornale Lu- mostra e in un volume, al bienti emergeva soprattutto l’apparato deco- ce. Nonostante queste limitazioni, il periodo rativo a cui veniva affidato l’intento di stupire bellico fu comunque abbastanza florido per il Centro Civico Buranello lo spettatore. Tra gli anni Trenta e Quaranta si cinematografo, diventando un importante e organizzata da C.G.S. frequentato centro di aggregazione sociale. Questo “boom” portò, terminato il conflitto, La storia delle sale cine- ad un considerevole aumento di richieste di matografiche della Li- apertura di nuovi locali, spesso non accettate guria dal 1945 al 2015 è dalla Prefettura se già nella zona ne erano stata rievocata giovedì 3 operativi un numero minimo. E’ curioso ri- marzo alle 17,30 al Cen- portare quanto scrivevano nei primi anni Ses- tro Civico Buranello santa i due critici cinematografici genovesi, nell’ambito degli Incon- Tullio Cicciarelli e Mauro Manciotti: “La cosa tri della Mediateca or- che merita una riflessione è che nonostante ganizzati dal C.G.S. questa diffidenza del genovese, la città si se- Giancarlo Giraud Club Amici del Cinema. gnala invece per essere stata in proporzione Protagonisti dell’even- to: una Mostra Fotografica e la presentazione Cinema Verdi, Via Oberdan Nervi, 9-11-1965 (foto del volume I CINEMA DELLA LIGURIA, un Paolo Gregoris) progetto editoriale nato dalla collaborazione diede impulso alla realizzazione di grandi sale tra AGIS e Assessorato alla Cultura della Re- come l’Augustus, situato in corso Buenos Ai- gione Liguria che era stato presentato durante res e aperto il 16 dicembre 1930. Questo cine- una conferenza stampa presso la Regione il 29 ma-teatro, dotato di 1.650 posti tra platea e dicembre scorso. Il libro censisce quasi otto- galleria, alternava le proiezioni dei film agli cento sale attive e sparse in ogni angolo della spettacoli teatrali di rivista, ospitando celebri regione. «Grandi teatri – si scrive nelle note artisti come Totò, Josephine Baker, Wanda iniziali – con palchi e splendide decorazioni Osiris, Eduardo De Filippo, Gilberto Govi. Alla d’inizio ’900, piccole salette arroccate nei pae- sini più sperduti, locali che resistono dai tempi La sala del Teatro Universale ricostruito nel 1938, da dei fratelli Lumière e sono presenti ancora og- Genova rivista Municipale

alla sua densità di popolazione, una delle città italiane e non solo italiane, con il numero più alto di sale cinematografiche: fino a dieci anni fa c’erano 49 cinematografi a Genova contro i 51 di New York”. Verso la fine degli anni Ses- santa, con la sempre maggior diffusione dell’apparecchio televisivo nelle case degli ita- liani, iniziò la crisi dei cinematografi. Nel 1976 una sentenza della Corte Costituzionale aprì la strada alle televisioni locali che gradual- L’ingresso del cinema Orfeo in via XX Settembre mente si diffusero. Questo fu uno dei fenome- fine del 1938, conseguentemente alla ristruttu- ni che portò al crollo di biglietti venduti al ci- razione della zona di Ponticello, fu completa- nema: in Italia si passò dai circa 800 milioni di mente ricostruito il cinema-teatro Universale, biglietti venduti nel 1955, ai 550 milioni del con la capacità di 1.380 posti e caratteristico per 1976 per scendere ancora ai circa 140 milioni avere un moderno e vastissimo corridoio ester- del 1983. Questi numeri non permisero a molti no che si dipartiva dai Portici di via XX Settem- cinema di sopravvivere e portarono alla loro bre, con una fila di enormi pannelli luminosi chiusura definitiva e la trasformazione in box che traevano spunto dalle sale americane, ri- multipli, supermercati, esercizi commerciali chiamando il pubblico. Un altro cinema-teatro o, in taluni casi, in cinema “porno”. Oggi a Ge- genovese degno di nota era il Grattacielo, aper- nova sono rimaste solo alcune delle sale stori- to il 18 aprile 1940 e situato nel piano interrato che, opportunamente ristrutturate, tra cui il del grattacielo, all’epoca il più alto d’Europa, co- Sivori, il Corallo, l’Odeon, l’Ariston, il City, l’A- struito dall’architetto Marcello Piacentini. merica ed il Ritz, integrate dai due complessi gi, a oltre un secolo di distanza...». Il merito Questo locale disponeva di 1.200 posti e costi- multisala The Space Cinemas del Porto Antico della pubblicazione è soprattutto, però, quello tuiva quanto di meglio poteva offrire la tecno- e Uci Cinemas Fiumara. di restituirci attraverso interventi, testimo- logia dell’epoca. Collegavano i piani, oltre a nianze e foto la memoria e l’anima di quei luo- normali rampe comando per il rinnovamento ghi così importanti per la socialità e la cultura. dell’aria aspirava dall’esterno aria rinfrescata e Si è trattata di una vera “impresa letteraria” deumidificata d’estate e riscaldata e umidifica- costata oltre un anno di lavoro tra ricerche, ta d’inverno, consentendo di mantenere negli Claudio Serra segue a pag. successiva 41 n. 38

segue da pag. precedente nuova direttrice del interviste e sopralluoghi e il risultato è davve- Centro Civico, Santina ro apprezzabile e accessibile a studiosi e ap- Melizia, si è potuta ve- dere in anteprima la mostra I CINEMA DEL- LA LIGURIA, allestita per l’occasione da Mas- simo Rubano e Lino Za- nellato, comprendente le foto originali delle sale liguri. La Mostra sarà aperta ai visitatori da giovedì 10 a sabato 12 marzo 2016. Oltre a numerose foto, si ag- giunge una particolari- tà tutta da scoprire: l’e- sposizione per la prima volta di una serie di bi- Cinema Mameli glietti cinematografici storici raccolti da Gianni Canepa, collezioni- di Broadway cinematografica, con una con- sta sampierdarenese ed esperto di “cose di centrazione – unica in città – di cinema aperti carta” (biglietti da visita, cartoline, foto, ma- e vicinissimi tra loro. Nel corso dell’incontro nifesti, inviti e locandine). Nel libro i cinema del 3 marzo sono state ricordate le storie e i protagonisti di questi ci- nema ed in particolare del Cinema Teatro Splen- dor, per molto tempo una delle sale più grandi (con circa 1000 posti) e più prestigiose di Sampier- darena, aperta nel 1921 e di proprietà della Fami- glia Frugone. E ancora, dei grandi proiezionisti che hanno “fatto scuola”, da Uber Severi a Stefano Bognar. L’occasione però non voleva essere un’o- perazione nostalgica, un La Fortezza 2015 Cinema Teatro Splendor 1926 amarcord di un tempo passionati. Tutto ciò è potuto avvenire grazie di Sampierdarena so- irripetibile di quando andava- al felice e proficuo incontro dei tre autori e di no in grande eviden- mo al cinema; infatti si è par- Le Mani edizioni. Al Buranello erano presenti za, soprattutto le sale lato anche dell’oggi: delle nuo- i curatori del libro: Riccardo Speciale, segreta- di piazza Vittorio Ve- ve tecnologie digitali, della rio e “archivio vivente” dell’AGIS Liguria, Re- neto (Splendor, Asto- Multisala Fiumara, del Teatro nato Venturelli, critico cinematografico di ria, Modena, Excelsior, Modena, del Club Amici del «Repubblica-Il Lavoro» ed estensore della Sampierdarenese) che Cinema e dell’Arena Estiva La gran parte delle schede e note del testo, Stefa- per un lungo tratto di Fortezza. Sì, forse poche sale no Petrella, ricercatore e studioso delle sale ci- storia della delegazio- ma con ancora un buon “sapo- nematografiche liguri, Francangelo Scapolla, ne hanno rappresen- re” di spettacolo. presidente di Le Mani, la casa editrice genove- tato un polo di attra- se “appassionata” di cinema in tutte le sue de- zione eccezionale per Giancarlo Giraud clinazioni. Oltre alla presentazione del libro il pubblico del Ponen- condotta da Elvira Ardito e introdotta dalla te cittadino. Una sorta

Cinema Arcobaleno

Cinema Astoria Club Amici del cinema 42 [email protected]

Sassari dal 27 giugno al 2 luglio XI Sardinia Film Festival - International Short Film Award Il 10 marzo la chiusura del bando, più di 1000 i lavori ricevuti da tutto il mondo tra cui, oltre l’Italia, la Spagna la Germania, la Francia, il Brasile, il Messico ma anche dalla Chirghisia. Tra le novità, diverse le giurie. Anche i detenuti della casa circondariale di Sassari assegneranno un premio speciale Per il Sardinia Film Fe- (58 film) e il Messico (39). Da segnalare, infine, stival il cinema, oltre la presenza dell’Iran e di cinematografie re- che uno svago, è un in- mote e affascinanti, come l’islandese e quella vito a guardare il mon- della repubblica asiatica della Chirghisia. A do da prospettive sor- partire da giugno il Sardinia Film Festival prendenti. Magari per condurrà gli spettatori in un tour del mondo, immaginare una vita proponendosi ancora una volta come vetrina che più avanti si pro- importante a livello nazionale e internaziona- verà a costruire. Un in- le. A confermare il ruolo della manifestazione vito che quest’anno la organizzata dal Cineclub Sassari ci sono la re- manifestazione esten- te di rapporti stretti con altri festival europei, Grazia Brundu de a chi, pur amando i come quello di Schull (Irlanda) e di Edimbur- cortometraggi, non go (Scozia), e i tanti riconoscimenti attribuiti può assistere alle proiezioni. Sarà quindi il fe- da istituzioni quali L’Unesco, la Presidenza stival a far visita ai detenuti della casa circon- del Consiglio dei Ministri, il Ministero per i dariale di Sassari, portando decine di pellicole Beni e le Attività Culturali. Il Sardinia Film che tratteggiano storie vicine o ambientate in Festival è un polo d’attrazione anche a livello Il Direttore artistico Carlo Dessì, il primo a dx, con tutti paesi sconosciuti. Non solo; i detenuti asse- locale, grazie alla sua capacità di accostare al gli autori ospiti nella precedente edizione 2015 gneranno al corto più votato un premio spe- cinema forme espressive che vanno dalla mu- ciale accompagnato da una motivazione scrit- sica alla pittura, coinvolgendo così gli studen- ta: poche parole per raccontare, con il pretesto ti universitari e dell’Accademia di Belle Arti di di un film, anche desideri personali e progetti per il futuro. Nel frattempo, dopo la chiusura del bando, lo staff del Sardinia Film Festival è www.sardiniafilmfestival.it impegnato a selezionare una valanga di nuovi [email protected] cortometraggi. Sono più di mille, infatti, i la- vori inviati da tutto il mondo per questa nuo- Presidente: Angelo Tantaro va edizione del festival, la numero undici, che Direttore artistico: Carlo Dessì inizia a Sassari dal 27 giugno al 2 luglio, si sposta a Villanova Monteleone nella seconda metà di agosto e si chiude a Bosa all’inizio di Organizzazione: settembre. Come in passato, anche quest’an- Cineclub Sassari aderente FICC no tutti i lavori sono prime visioni per la Sar- Da sx: ospite del festival, Giuseppe Marco Via Bellini, 7 – 07100 Sassari degna e, in molti casi, anche per il resto d’Ita- Albano, vincitore David di Donatello 2015 Miglior www.cineclubsassari.com lia. Le fiction, le animazioni, i documentari, i cortometraggio (Thriller) con il presidente del Sardinia corti dei generi sperimentale e video-arte, tut- Film Festival Angelo Tantaro ti recentissimi, sono stati realizzati nell’ulti- mo biennio -molti da film makers che in me- Sassari, ai quali, anche quest’anno, è affidato dia non hanno più di trent’anni- e sono in il compito di premiare alcuni dei film in con- * Il Sardinia Film Festival è un evento d’ec- gran parte opere prime. Tra i paesi più rap- corso attraverso la costituzione di giurie stu- cezione ed è supportato da Diari di Cine- presentati ci sono, insieme all’Italia (187 cor- dentesche. club ti), la Spagna (277), la Germania (104), la Fran- cia (70). Si fanno notare, però, anche il Brasile Grazia Brundu 43 n. 38

I dimenticati #19 Ivor Novello Anche il cinema ingle- Hollywood: dove apparve ne «La rosa bianca», se ha avuto il suo Ro- diretto dal grande David Wark Griffith; l’anno dolfo Valentino: era dopo però era di nuovo in patria: qui scrisse gallese, si chiamava (con Constance Collier), produsse e inter- David Ivor Davies, ma pretò «The Rat» (’25), nella parte del ladro di lo si ricorda col nome gioielli Pierre Boucheron, e imitò Valentino d’arte di Ivor Novello. ballando una danza apache: il film ebbe tale Già, lo si ricorda: è un successo che ne vennero girati due sequel. De- ‘dimenticato’ soltanto finito «il più bell’attore cinematografico della Virgilio Zanolla come attore, perché Gran Bretagna», ma stroncato da molti critici, egli fu molto di più. grazie a un lucroso contratto con la casa di Nato a Cardiff il 15 gennaio 1893, era figlio di produzione Gainsborough Pictures poté ac- David Davies, esattore per il Consiglio Comu- quistare una dimora di campagna in Littlewi- nale, e di Clara Novello, insegnante di canto ck Green, presso Maidenhead: la Redroofs. Lo affermata a livello internazionale, premiata volle come interprete anche Alfred Hitchcock, con la commenda dalla regina Vittoria nel dirigendolo in due film nel 1927: «Il declino» 1894 e da Giorgio V nel 1928; ebbe un’educa- (da un lavoro teatrale della coppia Novel- zione musicale di prim’ordine: studiò canto, lo-Collier) e «Il pensionante»; Novello ebbe ot- armonia e contrappunto, e grazie a una borsa timo esito anche nel coraggioso film «The di studio potè perfezionarsi al Magdalen Col- Vortex» di Adrian Brunel, tratto da una com- lege School di Oxford, dove cantò da solista media di Coward. Nel ’28 fu a New York, a nel coro del collegio. Precocissimo, prese a Broadway, e ancora ad Hollywood, dove ot- comporre canzoni: a quindici anni ne aveva tenne un contratto come dialoghista presso la l’operetta con la rivista ed il musical. Durante già pubblicata una; nel 1913 si trasferì a Lon- Metro Goldwyn Mayer: collaborò con gli sce- la seconda guerra mondiale, Novello fu coin- dra con la madre, in un appartamento sopra neggiatori del film «Mata Hari» di George Fi- volto in un grave scandalo: venne condannato lo Strand Theatre che fu il suo domicilio nella tzmaurice, e scrisse i dialoghi per «Tarzan e scontò quattro settimane di carcere per aver capitale per il resto della vita; si mantenne l’uomo scimmia» di W. S. Van Dyke, con John- abusato di buoni benzina in tempo di razio- dando lezioni di pianoforte, trovando in Sir ny Weissmuller e Maureen O’Sullivan, inven- namento, anche se a quanto pare non era sta- Edward Marsh un influente mecenate. Nel ’14 tando la famosa battuta: - Io Tarzan... Tu Ja- to lui a sottrarli. La circostanza lo abbatté, an- musicò una lirica della poetessa americana ne... - Ma stufo di produrre «spazzatura», che per le aspre critiche venutegli da alcuni Lena Guilbert-Ford, «Keep the Home presto ritornò in patria. Con l’avvento del so- colleghi come Coward. Ma prestissimo seppe Fires Burning», che col richiamo al fo- tornare al successo, perché il pubblico colare domestico ebbe enorme suc- inglese non l’aveva mai dimenticato. cesso tra le famiglie inglesi con pa- Novello si spense improvvisamente a renti in guerra, dandogli l’agiatezza. Londra il 6 marzo del ’51, a cinquan- Arruolato come sottotenente in Avia- tott’anni, per una trombosi coronari- zione, dopo due incidenti aerei, gra- ca. Nonostante l’età matura, i suoi fu- zie a Sir Marsh fu trasferito a Londra nerali raccolsero migliaia di fans, con come segretario nel Ministero dell’Ar- scene di disperazione che rammenta- ma. Prese a scrivere anche per il tea- rono quelle per le esequie di Valenti- tro, imponendosi con la commedia no. Da allora, sopìti gli echi dei suoi musicale «Theodore & Co.», compo- successi come attore (lui, l’incontra- sta assieme a Jerome Kern. Nel ’17 Sir stata star maschile degli anni Venti), Marsh gli fece conoscere l’attore Bob- la sua fama quale musicista e uomo di bie Andrews, che divenne il suo com- teatro è cresciuta via via, tanto che pagno di vita e lo introdusse in un giro per il dizionario della musica Grove d’amicizie omosessuali, presentandogli egli fu «fino all’avvento di Andrew il commediografo Noël Coward e altri Lloyd Webber, il compositore britan- importanti autori. Ivor lavorò poi in nico di musicals dal più costante suc- coppia col compositore d’operette cesso». Nel ’55 la British Academy isti- Howard Talbot. Colpito dalla sua bel- tuì il premio per la composizione Ivor lezza, il regista svizzero Louis Mercanton lo noro interpretò ancora pochi film, chiudendo Novello Award, e nel ’72 una lapide che lo ri- fece esordire come protagonista nel cinema, la carriera nel cinema nel ’34. A partire dal ’29 corda fu apposta nella cattedrale di St. Paul; lo in «The Call of the Blood», dove Novello susci- aveva ripreso a comporre canzoni, continuan- Strand Theatre è stato ribattezzato Novello tò l’ammirazione di Sarah Bernhardt. Nel 1921 do con brillantissimi esiti l’attività di autore Theatre, e la sua residenza di campagna, la interpretò il conte italiano Andrea Scipione di musicals, giacché la sua figura primeggiò Redroofs, ospita oggi una scuola di teatro. Nel nel suo primo film inglese, «Carnevale» di nel teatro musicale inglese dei due successivi 2001, nel suo film «Gosford Park», che raccon- Harley Knoles, avviandosi a diventare l’idolo decenni: tra i suoi più grandi successi «Gla- ta d’un omicidio avvenuto in una villa di cam- delle platee femminili di quel decennio; esordì morous Night» (’35), «Careless Rapture» (’36), pagna inglese nel 1932, il regista Robert Alt- in palcoscenico come attore, in «Deburau» di Crest of the Wave» (’37), «The Dancing Years» man volle inserire la figura d’Ivor Novello Sacha Guitry, e lavorò poi in altre acclamate pro- (’39), «Arc de Triomphe» (’43), «Perchanche to (interpretata da Jeremy Northam), e usò per duzioni teatrali; e compose le musiche per «The Dream» (’45), «King’s Rhapsody» (’49), e «Gay’s colonna sonora alcuni brani musicati dall’au- Golden Moth», su testo di Thompson e P. G. Wo- the Word» (’50), in alcuni dei quali si produsse tore gallese. dehouse. Dopo altri due film che ne accrebbero anche come regista, attore e librettista: era mol- la popolarità, nel ’23 Novello fu chiamato ad to abile nel miscelare i vari generi di spettacolo, Virgilio Zanolla 44 [email protected] Mark Film circolo FICC: piccola storia del cinema a Marino (Roma) Durante lo scorso se- continente, stringe rapporti con una rete di impegnarla nuovamente. L’idea è quella di colo, le storie e la Sto- distributori che tocca il Belgio, la Germania, concentrarsi sull’impatto culturale dei media ria del cinema hanno la Francia e la Spagna. Richiamato all’ordine e sulle sue conseguenze nella formazione del- impegnato innumere- dal vescovo di Albano, Gennaro Granito Pi- le coscienze, ricalcando la lungimirante azio- voli studiosi e inchio- gnatelli di Belmonte, Grassi si concentra sul ne educativa di Mons. Grassi. Con l’aiuto dei strato le pagine di libri lavoro in parrocchia, lasciando la gestione marinesi, si allestisce nella sala, oggi dedicata Andrea Fabriziani su libri. Situazioni, della sua San Marco nelle mani di alcuni pri- a Giovanni XXIII, una piccola biblioteca ed luoghi e personaggi si vati che non riuscirono a mantenere vivi né i emeroteca specializzate nella critica e la tec- sono succeduti sul palcoscenico della cinema- contatti con le case di distribuzione, né tanto- nica cinematografica, e a questo patrimonio tografia, facendo crescere, ciascu- si aggiunge, nel 2013, il fondo di Pa- no a modo proprio, il cinema italia- dre Lloyd Baugh (insegnante alla no. Uno di questi personaggi, anche Pontificia Università Gregoriana di se poco noto, è Monsignor Gugliel- Roma), da lui stesso donato alla sa- mo Grassi, e uno di questi luoghi è la e costituito da oltre 3000 titoli in Marino, poco fuori Roma. Se il 26 Vhs, catalogati e documentati. In febbraio, proprio a Marino, abbia- memoria della società fondata da mo festeggiato l’inaugurazione del Guglielmo Grassi, il fondo costitui- nuovo circolo della FICC Mark sce oggi la Cineteca San Marco, re- Film, lo dobbiamo soprattutto a altà che ha dato lo slancio definiti- Mons. Grassi e all’eredità culturale vo per la fondazione di un Circolo che ha lasciato ai marinesi. Arrivato del Cinema, l’attuale Mark Film. a Marino nel 1908, s’impegna per la Ispirato all’idea pionieristica di fondazione della Cassa di Credito Grassi e animato dalla speranza di Cooperativo Agrario, per sostenere riportare la cultura cinematografi- le famiglie contadine in difficoltà, e ca nella città di Marino, nasce ora raduna un gruppo di volenterosi un nuovo polo culturale nei castelli nei locali detti “della Coroncina”, i La sala cinematografica di Marino gestita ora dal circolo FICC “Mark Film”. La ex romani che sogniamo avrà lunga sotterranei della basilica di San sala parrocchiale fu inaugurata nel 1909 dall’illuminato Mons. Grassi vita. Barnaba Apostolo. In questi stessi locali, il 16 ottobre del 1909, inaugura la Sala meno l’attività produttiva, portando così la Andrea Fabriziani Parrocchiale “Vittoria Colonna”, chiamata an- casa di produzione al fallimento. Nonostante cora dai marinesi “’u cinema de’ i preti”, dove ciò la sala parrocchiale ha continuato a vivere, sono realizzati spettacoli teatrali e proiezioni fornendo alla cittadinanza marinese decine cinematografiche, raccogliendo consensi so- di film, dai più commerciali alle produzioni prattutto tra i giovani. Da questo piccolo suc- documentarie più legate al territorio, con l’or- cesso, forte anche della sua abilità editoriale mai proverbiale programma delle sale parroc- con “Il Campanile” e chiali: messa al mattino, “L’Aspirante”, Grassi si al pomeriggio cinema. dedica alla creazione di Dopo anni passati a un polo di cinematogra- ospitare varie realtà po- fia educativa d’ispira- litiche locali e l’attività zione cattolica, e usu- teatrali proposte dalla fruendo dei capitali dei filodrammatica, la Sala produttori, nel 1919 fon- Vittoria Colonna cade da finalmente la società in disuso fino alla se- cinematografica “San conda metà degli anni Marco”, approvata an- ’80, quando le numero- che da Papa Benedetto se compagnie teatrali XV. Seguendo l’attività amatoriali di Marino si pionieristica di Filoteo impegnano, insieme al Alberini, la società ini- Parroco Giovanni Lovro- zia a occuparsi di sce- vich, a curare la ristruttu- neggiatura, a produrre razione dei locali “della Co- e a filmare i propri film, roncina”, terminata poi mentre con i soldi delle nel gennaio 1990. Nono- L’entrata della sala cinematografica in Via Garibaldi a proiezioni nella sala Co- stante la dedizione delle Marino (foto di Andrea Fabriziani) lonna si ammortizzava- compagnie teatrali, nes- no le spese per la distri- suna di esse riuscirà a buzione dei film nelle Mons. Guglielmo Grassi (1868 - 1954) aprì a impegnare con costan- parrocchie. Le prime Marino un cinema -teatro parrocchiale chiamato dai za la Sala Vittoria Co- pellicole prodotte furo- marinesi “u cinema de’ i preti” lonna, almeno fino agli no distribuite a partire anni 2000, quando ini- dal Teatro Capranica di Roma, ma Grassi si zia a essere utilizzato come magazzino per spinge addirittura agli Stati Uniti, dove strin- l’auditorium parrocchiale adiacente. La vera ge accordi e inizia a sognare una federazione riabilitazione della struttura inizia nel 2011, internazionale cinematografica di produzio- quando grazie ad un progetto regionale, l’As- ne e distribuzione. Nel frattempo, nel vecchio sociazione Senza Frontiere Onlus inizia ad 45 n. 38 E’ uscito il n. 324 di Cinemasessanta La rivista diretta da Mino Argentieri Sommario 3 Lettera aperta al mega ministero NUOVO Hanno dichiarato guerra alla carta stampata di ANNA MARIA CALVELLI e MINO ARGEN- Cinemasessanta TIERI annoCinquantaCinquenumerodueduemilaquindiCi 6 Sovvenzioni pubbliche e beni culturali Direttore: Mino Argentieri di FRANCESCA PALARETI Rivista fondata nel 1960 da PRIMAFILA Mino Argentieri, Tommaso Chiaretti, Spartaco Cilento, 8 “La legge del mercato” Lorenzo Quaglietti, Giovanni Vento di Stéphane Brizé Coordinamento redazione Fino a quale punto Gianfranco Cercone, Angelo Salvatori di ROBERTO CHIESI Comitato dei collaboratori fissi Claudio Bertieri, Sauro 12 “Suburra” di Stefano Sollima Borelli, Alessandra Calanchi, Stefano Coccia, Nel gorgo della corruzione Alessandra di FEDERICO GOVONI Fagioli, Roberto Farina, Renzo Gilodi, Franco La 14 “Francofonia” di Alexandr Sokurov Magna, Enzo Natta, Angelo Pizzuto, Tina Porcelli, Guerra e pace al Louvre Umberto Rossi, Anita Trivelli di SAURO BORELLI Redazione a cura della 16 “Chiamatemi Francesco” Biblioteca Umberto Barbaro di Daniele Luchetti Via Romanello da Forlì, 30 - 00176 Roma realizzata Il Papa dell’altro mondo con il contributo della Federazione Italiana Circoli del di SAURO BORELLI Cinema [email protected] copiaestampa@ 19 “Eden” di Mia Hansen-LØve” virgilio.it Un fuoco fatuo degli anni ‘90 Casa Editrice di ROBERTO CHIESI Città del Sole Edizioni s.a.s. 21 “Un labirinto di bugie” di Giulio Ricciarelli di Franco Arcidiaco & C. Via del Gelsomino, 45 CE.DIR. La Germania reticente 89128 Reggio Calabria di SAURO BORELLI Tel. 0965.644464 - Fax 0965.630176 ANGOLAZIONI e-mail: [email protected] [email protected] www.cdse.it 23 Addio a Ettore Scola Per la distribuzione, l’amministrazione abbonamenti e il 24 “Il piccolo principe” di Mark Osborne servizio arretrati rivolgersi all’Editore. Un piccolo principe e l’asteroide B-612 Iscrizione nel Registro degli Operatori di di CLAUDIO BERTIERI Comunicazione (ROC) n. 9262 U/02207/03/NA 28 “Diamante nero” di Céline Sciamma Abbonamento annuo Italia Euro 30,00; numero singolo Racconto di una formazione senza futuro Euro 7,50; numero doppio Euro 15,00; fascicolo di ROBERTO CHIESI arretrato: il doppio. 32 Quel che sapeva Eduardo Versare l’importo dell’abbonamento sul ccp n. di ANGELO PIZZUTO 55406987 intestato a: 35 Spazio, parole e coscienza in Carl Theodor Città del Sole Edizioni s.a.s. di Franco Arcidiaco & C. Dreyer Via del Gelsomino, 45 CE.DIR. di PAOLO LANDI e PAOLO LAGO 89128 Reggio Calabria 50 Greta Garbo e Keira Knightley: Impaginazione e stampa: Anna Karenina, uno e due Giotto Arte della Stampa di ANNA BILOTTA Via S. F. Bianchi, 16 - Messina Tel. 090 2400511 62 Il principe siciliano della cinepresa www.facebook.com/GiottoStampa di FRANCO LA MAGNA Supplemento a Laltrareggio - registrazione Tribunale di MOSTREFESTIVAL Messina n. 17 del 11.07.1991 MANIFESTAZIONI Direttore responsabile: Franco Arcidiaco 69 Cinema e Arti alla Biennale 2015 Periodico associato alla Unione Stampa Periodica Il neocapitalismo della guerra e della corru- Italiana zione di GIORGIO DE VINCENTI La Federazione Italiana dei Circoli del Cinema coordina e sostiene l’attività dei circoli dal 79 La complessità delle registe contempora- 1947. È la prima nata tra le associazioni nazionali di cultura cinematografica riconosciute dal nee, tra onirismo e poesia, interrogativi esi- Ministero per Beni e le Attività Culturali – Direzione Generale per il Cinema; ha avuto tra i suoi stenziali e dimensione politica protagonisti grandi cineasti come Antonio Pietrangeli, Cesare Zavattini, Carlo Lizzani. Da più di ANITA TRIVELLI di 50 anni contribuisce allo sviluppo della cultura cinematografica attraverso un lavoro di stu- 94 Il pensiero sottile del nuovo documentari- dio, di ricerca, di sperimentazione, di formazione; promuove la conoscenza critica del cinema smo e della comunicazione audiovisiva, la conservazione e la circolazione del patrimonio cinemato- di SILVIO GRASSELLI grafico. Aderisce, come membro fondatore, alla Federazione Internazionale dei Circoli del Ci- nema. Per informazioni sulla costituzione di un circolo del cinema: F.I.C.C., via Romanello da Forlì – 00176 Roma – tel. 06.86328288 – fax 06.45492902 e-mail: [email protected] - [email protected] - sito web: www.ficc.it 46 [email protected] Pavese in celluloide Il Centro Studi Gozza- un’anomalia acquorea nella terragna narrati- no-Pavese dell’Univer- va pavesiana, ha trovato un sensibile tramite sità di Torino, sotto la cinematografico nel regista portoghese Jorge sapiente guida di Ma- Silva Melo che nel 1988 ha diretto “Agosto”, riarosa Masoero, ha da tratto appunto da questo romanzo di cui ri- tempo aperto un por- specchia l’atmosfera con un fine lavorìo psico- tale in rete (www. logico dei personaggi coniugato ad un’am- hyperpavese.it) conte- bientazione seducente e calata nelle tipiche nente una serie di ma- estati pavesiane. “Ciau Masino”, la storia spe- teriali audio-video sul- culare dell’operaio e dell’intellettuale, è stata Manlio Todeschini la vita e le opere di resa cinematograficamente da due atipici Mario Vercellone e Pietro Germi in “Fuga in Francia” Cesare Pavese. In esperimenti della filmografia sudamericana: quest’ottica è stata recentemente inserita e re- in primo luogo segnaliamo “El realismo socia- incamminò invece il regista messicano Rafael sa fruibile una ricerca, curata da chi scrive, sui lista” di Raul Ruìz, un mediometraggio cileno Montero con il suo “Adiòs David” del 1973 che video legati allo scrittore piemontese. Si tratta del 1973 in piena epoca rivoluzionaria di Allen- sposa l’ispirazione giovanilistica di Pavese al- di oltre centoquaranta schede tecniche corre- de che risente fortemente dell’ispirazione ide- la temperie culturale regnante nel Messico di date da abstracts sinottici che illustra- fine anni Settanta. Un tipico roman- no altrettanti film, cortometraggi, do- zo langarolo è senza dubbio “Il diavo- cumentari e video in genere. Aldilà lo sulle colline” che ha trovato in Vit- della vasta produzione documentari- torio Cottafavi un fine ed ispirato stica e televisiva, succedutasi negli an- regista con il film omonimo del 1974 ni e recentemente implementata da che purtroppo non riesce a fornire contributi in rete, preme qui sottoline- un prodotto del tutto valido a causa are l’interessante messe di film (lun- di evidenti pecche recitative. Lo stes- gometraggi, corto e mediometraggi) so romanzo è stato oggetto anche di tratti da opere di Pavese, spesso inedi- una rivisitazione in formato di corto- ti e anche di produzione straniera. Il metraggio da parte del documentari- primo esempio è costituito da “Le ami- sta Gianfranco Mingozzi che nel lon- che”, il film del 1955 di Michelangelo tano 1955 ha girato appunto “Il Antonioni tratto dal romanzo “Tra nemico”. Sempre nel campo dei corti donne sole”, che fece scrivere a Italo vanno segnalati i lavori del tedesco Calvino queste commosse e illumi- Christian Cull del 1994 con “Der böse nanti parole: «siamo anche molto lieti blick” tratto dal racconto “Jettatura” e di aver ritrovato nel suo film quel noc- Un fotogramma dal film “Agosto” di Jorge Silva Melo dello spagnolo Cèsar Santos Fonten- ciolo morale che fu proprio di Pavese e la che nel 1965 ha girato “Marque tres al quale particolarmente ci piace dichiararci fe- ologica per consegnarci una maturazione cifras” ispirato al soggetto cinematografico deli. […] Le dirò che quando seppi che lei s’ac- classista del personaggio mutuandolo dal per- pavesiano “Breve libertà”. A proposito di sog- cingeva a fare un film da Tra donne sole, ho corso inverso compiuto dal Masino pavesia- getti cinematografici non possiamo sottacere provato qualche apprensione: mi pareva che di no. Su una linea diversa e più intimista si il mediometraggio “Un uomo da nulla” girato tutti i romanzi di Pavese quello fosse il meno da Aldo Fegatelli Colonna nel 2000 che pre- cinematografabile, centrato com’è su un fitto senta alcune gemme come la playlist canora contrappunto di dialoghi e di sensazioni a pavesiana curata da Massimo Mila, pur scon- mezz’aria, e su situazioni troppo tese e scabre tando cedimenti specie sul versante della reci- per essere portate sullo schermo senza travisa- tazione. Un capitolo a parte meriterebbe poi menti. Il suo film smentisce ampiamente le la vasta produzione di Jean-Marie Straub e mie apprensioni; l’abile sceneggiatura utilizza Daniele Huillet ispirata ai “Dialoghi con Leu- e sviluppa gli spunti del romanzo in un raccon- cò”, in cui il mito si sposa con le più autenti- to cinematografico compiuto, che ha una sua che istanze politiche dei registi francesi; per logica autonoma, e che pure conserva un suo approfondire queste complesse tematiche ci sapore “pavesiano”». La missiva calviniana su- pare utile un rinvio, con specifico riferimento scitò poi l’interessante risposta del regista in- al film “Dalla Nube alla Resistenza”, al corposo centrata sul sempre attuale tema del rapporto saggio di Paolo Spaziani dal titolo omonimo. di (in)fedeltà tra opera letteraria e film. Un al- Per finire un accenno al Pavese direttamente tro romanzo pavesiano visitato dai registi è impiegato nel cinema con due notevoli titoli “Prima che il gallo canti”, che narra il confino del primo dopoguerra: “Fuga in Francia” di calabrese dello scrittore. Un primo approccio è Mario Soldati, di cui lo scrittore fu co-sceneg- stato quello di Mauro Foglietti che girò appun- giatore con Ennio Flaiano e Carlo Musso e to nel 1993 un film dal titolo omonimo, con “Riso amaro” di Giuseppe De Santis che in ef- qualche asintonia di fondo dovuta a cadute fetti non riporta la firma dello scrittore, ma al biografiche di contaminazione fra lo scrittore e quale certamente contribuì come risulta da il personaggio che s’avvale peraltro di una pro- più fonti. Come si vede il rapporto tra Pavese fonda interpretazione di Giuseppe Pambieri. e il cinema, già stretto durante la vita dello Diverso lo stile del regista francese Bernard scrittore, è continuato in epoca postuma con una fecondità davvero inusuale e spesso forie- Bouthier che nel lontano 1974 realizzò “Stefa- La copertina di «Cinema nuovo» con quattro ra di ottimi esiti sotto il profilo estetico e cul- no” con accenti più compatti sotto il profilo protagoniste di “Le amiche”: Eleonora Rossi-Drago, turale. della narrazione filmica che non dà luogo a ce- , Anna Maria Pancani e Madeleine Manlio Todeschini dimenti letterari. Il romanzo “La spiaggia”, Fischer 47 n. 38 Dino Buzzati e il cinema: un amore, un omaggio a 110 anni dalla nascita Se è stato trascurato distinzione per questa apprezzata pellicola è da certa critica coeva, la collaborazione di Ennio Morricone per le che lo ha riscoperto musiche. Come il libro, la pellicola si caratte- solo postumo, non lo è rizza per essere intrisa di poesia e intensità stato dal cinema a cui drammatica, nonostante gli adattamenti ne- Dino Buzzati ha elar- cessari nella trasposizione per il grande scher- gito delle preziose mo, la cui complessità probabilmente aveva ‘chicche’ da trasporre fermato una serie di progetti cinematografici in immagini. La sua abortiti tra il 1968 e il 1974. Il Deserto dei Tartari letteratura immagini- di Zurlini, premio David di Donatello e ultima Michela Manente fica sembra già conte- prova del regista, è un’opera corale: mentre nere in sé quegli elementi narrativi, di seguito nel romanzo di Buzzati era la voce del tenente sintetizzati, utili per realizzarne una versione Drogo a raccontarci la ritualità della vita mili- cinematografica: l’allegoria inquietante, gli tare nella vana attesa di un attacco nemico, spunti surreali, le invenzioni fantastiche e i nel film conosciamo l’irresistibile germoglia- dati di cronaca, o presunti tali, che sembrano re della consapevolezza e della disillusione in rimandare a possibili realtà metafisiche. Il tutti i personaggi che, se nel romanzo rima- Dino Buzzati (1906 - 1972) racconto è per Buzzati un momento di inda- nevano vaghi ed ambigui, sulla pellicola pren- gine profonda ed emozionante avvolta da dono dimensioni psicofisiche ben definite, passione per l’arte, Buzzati si è dedicato alla un’atmosfera magica. Ed è così che la lettera- anche per aver ambientato la vicenda in un pittura, al teatro (con 12 pièce teatrali tra cui tura dell’autore bellunese - e di pari passo la luogo e in un’epoca precisi. Il quarto libro tra- La colonna infame del 1962 e La fine del borghese sua versione per il grande schermo - esplora il sportato al cinema è Il segreto del bosco vecchio, del 1966), all’illustrazione, alla scenografia mistero che circonda l’uo- (con 4 lavori tra cui quel- mo, le debolezze e i para- li per la Scala), alla mu- dossi che lo caratterizza- sica (5 i suoi libretti per no, la solitudine, le sue musica, quasi tutti in esperienze esistenziali e collaborazione col mae- sentimentali. In altri ter- stro Luciano Chailly), al mini nei suoi romanzi si cinema come sceneg- può già scorgere in nuce giatore, collaborando una matrice di sceneggia- anche con Federico Fel- tura che cineasti come Ol- lini per un progetto che mi o Zurlini, per citarne al- non vedrà mai la luce, Il cuni, non si sono fatti viaggio di G. Mastorna. scappare. Sono una venti- L’esordio per il cinema na i film tratti da opere di era avvenuto nel 1949 Buzzati. I primi cinque, re- con la partecipazione al alizzati a cavallo degli anni documentario Corso Sessanta e comprendenti Buenos Aires a Milano e due film di Fortunato Ma- nel 1951 con la realizza- razzi, sono stati per lo più “Il deserto dei Tartari” (1976) di Valerio Zurlini zione del testo per il film dimenticati. Nel 1965 Postino di montagna di Gianni Vernuccio realizza Un amore, tratto - nel film di Ermanno Olmi del 1993, dal secon- Adolfo Baruffi. Non poteva mancare, in una con alcune varianti - dall’omonimo romanzo do libro di Buzzati del 1935, che valse a Paolo carriera alquanto eclettica, una sua compar- del 1963, il più realista e tormentato della pro- Villaggio il Nastro d’argento come miglior at- sata come attore, nel 1971 nel film Vacanze nel duzione buzzatiana, in cui la scrittura asciut- tore. Seguì l’anno successivo Bàrnabo delle deserto di Valerio e Giancarlo Romani Adami. ta si alterna al monologo interiore. Di questo montagne di Mario Brenta (ma prodotto da Ol- La filmografia per la TV è succinta con la rea- film se ne voleva fare, oltre due decenni dopo mi), tratto dal primo romanzo di Buzzati del lizzazione nel 1962 di un’opera originale in at- dalla sua produzione, un remake firmato da 1933. Accanto all’attività di scrittore e giorna- to unico, Battono alla porta musicata da Riccar- Cesario Ferrario e mai realizzato. Segue nel lista (nel 1928 entrò come praticante al «Cor- do Malipiero, a cui seguirà l’anno successivo 1967 Il fischio al naso di e con Ugo Tognazzi dal riere della Sera» del quale diverrà inviato, cri- Bussano alla porta, opera televisiva in un atto, racconto Sette piani (pubblicato nella raccolta tico d’arte e redattore), in una profonda di Sandro Bolchi. Buzzati ha condotto alcune I sette messaggeri del 1942), di cui rimane l’u- trasmissioni televisive andate in onda nel morismo nero e l’impianto onirico e da cui fu 1967: Cortina vista da Buzzati di Ubaldo Paren- tratta anche una pièce trasposta a teatro dallo zo e Cent’anni della galleria di Ermanno Olmi. stesso autore intitolata Un caso clinico. Gli anni In diversi campi espressivi Buzzati, ce lo rac- Trenta e Quaranta sono stati per Buzzati conta anche Corrado Farina nel documenta- quelli dei suoi fortunati racconti brevi, talvol- rio biografico del 1971 Buzzati delle monta- ta pubblicati sulle pagine del «Corriere». Se è gne, si è manifestato un abile narratore, del 1939 il suo più grande successo letterario Il rievocatore di atmosfere magiche, con i suoi deserto dei Tartari, che verrà edito l’anno se- interventi misteriosi e allegorici e il suo guente, 37 anni dopo, nel 1976, Valerio Zurlini sguardo surrealista che in molti amiamo nel ne trarrà il film omonimo, interpretato da Vit- cinema italiano. torio Gassman, Giuliano Gemma, Helmut Griem e girato in Iran. Un’ulteriore nota di “Bàrnabo delle montagne” (1994) di Mario Brenta Michela Manente

48 [email protected] The Danish Girl Tom Hoper, Premio sontuosità degli inter- Oscar per Il Discorso ni ed il richiamo a De- del Re, noto al grande gas ed alle sue ballerine publico anche per il senza tempo costrui- filmLes Miserables, tor- scono fascinazioni vi- na a far parlare di sé sive, le mani del pittore con un’opera dai con- sfiorano i soffici tessuti tenuti estremamente femminili e i suoi gesti attuali, calati in am- tradiscono un’interio- bientazioni perfette e rità che già chiede di Paola Dei atmosfere ambigue di esprimersi e che la ri- grande fascinazione. Tratto dal romanzo- ve- trattista inconsciamen- rità di David Ebershoff, pubblicato in Italia te aveva già intuito. Da dalle Edizioni Guanda, sceneggiato per Tom qui un lungo viaggio Hoper da Lucinda Coxon, prodotto da Univer- che attraverso tre di- sal, il film fin dalle prime scene cattura con verse località conduce il primo transgender berlinese Magnus Hirschfeld, il pittore viene primi piani e sapienti narrazioni visive degli della storia a scoprire la sua vera natura, non sottoposto ad una serie di operazioni con le interni e delle città che i due coniugi protago- prima di esser scambiato da un numero con- quali tenta di conquistare le caratteristiche nisti attraversano durante il loro viaggio ver- siderevole di medici, per schizofrenico al qua- femminili che gli permetteranno di diventare so la libertà per essere se stessi fino in fondo. le vengono prescritte cure drastiche che han- donna e madre. La capacità di Eddie Redmay- Tutto ha inizio a Copenaghen dove all’Accade- no l’intento di ricondurlo verso quella che ne di calarsi dentro la fisicità dei personaggi è mia d’Arte, nasce l’amore fra Einar Wegener, viene ritenuta la sua vera natura. Moralismo, evidente anche in questo film fin dalle prime talentuoso pittore di pae- scene, tanto da permetter- saggi interpretato da Eddie gli per il secondo anno Redmayne, premio Oscar consecutivo di essere can- 2015, e Gerda, pittrice ri- didato all’Oscar con po- trattista, interpretata da Ali- chissime probabilità di cia Vikander, premio Oscar vincere per due volte di se- 2016. Noi li vediamo già guito, ce l’ha fatta invece compagni di vita fra intese Alicia Vikander, sua impa- di sguardi che osservano se reggiabile partner. Nella stessi o che riflettono veri- seconda parte il film si tà evidenti e nascoste den- regge sulle loro interpre- tro a dipinti e specchi che tazioni e ancor più su fondono l’aspetto esteriore quella di Alicia-Gerda, sui con l’interiorità dei perso- costumi, sulla fotografia, naggi. S’innesca un gioco sulla sontuosità delle am- intrigante di interrogativi bientazioni ma non riesce dove ciò che vediamo non a raggiungere quella pro- corrisponde a ciò che ci ap- fondità necessaria a far pare, lui é una lei ma deve comprendere fino in fon- ancora scoprirlo, lei é una lei ma vede in lui ignoranza, pregiudizi rendono il percorso di do il percorso interiore del protagonista, mo- una lei e in certi momenti sembra trasformar- Einar ancora più complesso ma durante il pel- menti di sentimentalismo lo rendono artifi- si in un lui, soprattutto quando il compagno si legrinaggio diviene sempre più Lili, impossi- ciale e da un certo punto in poi, il regista trova in un territorio di confine incerto men- bilitato a tornare indietro. “Cosa è successo?” sembra perdere il filo ambiguo e interessante tre l’identità maschile lascia lentamente spa- Chiede Gerda al marito in una delle scene, della prima parte connotandolo di una cifra zio a quella femminile, il regista vede lui come “Qualcosa è successo! Ho dimenticato me stilistica patinata. Un film d’amore più che protagonista ma in alcune scene, soprattutto stesso!” risponde Einar. I due artisti nel tenta- d’identità di genere che doveva inizialmente nella seconda parte, sembra osservare molto tivo di trovare soluzioni e sfuggire alle atmo- essere diretto da Lasse Hallstrom e interpre- più lei. In uno dei momenti più significativi sfere plumbee che si iniziano a respirare a Co- tato da Nicole Kidman, ma anche un film sulla della prima parte del film Gerda chiede a Ei- penaghen, si trasferiscono a Parigi, la Parigi libertà, concetto che nel finale viene richiama- nar di indossare un abito da ballerina femmi- dell’Art decó e qui Einar che trascura il suo la- to dal foulard di Gerda che vola in cielo subli- nile per terminare il ritratto di un’amica, la voro ma sostiene la moglie nella sua pittura e mando una difficile elaborazione di lutto gra- le fa da modella, partecipa a tutti gli eventi zie all’intervento della natura. In ognuna delle mondani con le vesti di Lili Elbe e viene pre- scene il cineasta tenta e cerca di farci digerire sentato a tutti come la cugina di Einar. “ Rivo- i contenuti pesanti del film attraverso musi- glio mio marito, ho voglia di stringermi a lui”, che e sontuose riprese ma l’operazione non ri- dice Gerda al compagno e da questo momento esce fino in fondo e l’intreccio di ambiguità, la sua figura sembra sovrapporsi a quella del amore, complicità, libertà di essere se stessi, protagonista, fra Mostre ed eventi in cui la non viene sapientemente orchestrato dal re- sua carriera raggiunge l’apice. É durante la gista, come invece gli era riuscito di fare né Il permanenza a Parigi che Einar decide di farsi discorso del Re, resta comunque molto interes- operare da un medico tedesco che per primo sante l’occhio puntato sull’essere donna e su comprende il vero problema di identità di ge- quanto da sempre sia difficile esserlo fino in nere del primo trangender della storia. Il regi- fondo. sta ci trasferisce nella Germania della bau- haus e qui sotto la supervisione del sessuologo Paola Dei 49 n. 38

Abbiamo ricevuto La finestra sul cortile Intimità violate, cattivi pensieri. di Mauro Marchesini. Prefazione di Gian Pietro Brunetta. Edizioni di Cineforum pagg. 240 Euro 12,00 Nei primi quattro capi- toli del volume, Mauro Mauro Marchesini Marchesini vivisezio- Eppure, oggi, quello che è ammirevole non è che La finestra sul cortile sia (evidentemente) un film sul cinema, un riassunto perfetto dell’arte poetica secondo Hitch, la più bella mise en abîme di quello che vuol dire consumare immagini nell’oscurità (come dei na il capolavoro hi- peccati), ma il fatto che, insieme a tutto questo, e malgrado tutto questo, il film abbia conservato il suo colore, la sua carne e la sua linfa. tchockiano alla ricerca Serge Daney Da Preambolo: Alfred cerca i giacimenti di sottotesti inesplo- Insomma, la lavorazione di Rear Window avanza sotto buoni auspici. L’unica grana sembrano essere le riserve della PCA (Production Code Administration), rati, dettagli inquie- l’ente che gestiva l’applicazione del codice di autocensura Hays. Dopo aver letto la Adriano Piccardi sceneggiatura i vertici, Joe Breen in testa, esprimono forti perplessità. Ad esempio, tanti, percorsi erme- ritengono che nella vicenda circolino troppe allusioni sessuali e non apprezzano violate, cattivi pensieri Intimità affatto la notte godereccia cui accenna Lisa. Né le nudità di Miss Torso, né alcune battute di Stella (corpi mutilati e dintorni), né l’infaticabile “ginnastica” degli sposini. neutici “impertinenti”. E ci conduce attraverso Per dimostrare che l’ottica prescelta, quella di un invalido che sbircia il mondo da

lontano attraverso una finestra, non consente indugi o soste macrolicenziosi, Hitchcock La finestra sul cortile una rete di détours sornioni, costellati di ipo- invita Mr. Breen sul set. Quando partono le riprese, il 27 novembre 1953 presso lo stage n.18, i censori verificano quindi di persona il reale assetto della scenografia. Sicuro, constatano. Senza però afferrare, ed è ovvio, il morboso voyeurismo che essa tesi, di domande, di illuminazioni che ci resti- esprime (anzi stimola) con tanta sottigliezza. Perciò, gran parte delle accuse cadono. E Hitch in pratica lascia intatta la sceneggiatura originale. tuiscono infine tutta la ricchezza significante Mauro Marchesini di cui è portatore questo film imprescindibile. (Ah, gli occhiali d’oro dell’assassino, illuminati nel buio dal chiarore intermittente di una sigaretta!). Un quinto capitolo è dedicato alle pagine ri- François Truffaut servate a La finestra sul cortile nella celeberrima intervista realizzata da François Truffaut,

pubblicata nel 1966: per illuminarne reticen- L’AUTORE Mauro Marchesini, giornalista, critico cinematografico, vive e lavora a Milano. Ha ze, lapsus, mancanze e le piccole bugie di cui è scritto telefilm per la Rai, ha collaborato con periodici e riviste, ha insegnato storia della settima arte, ha pubblicato una mezza dozzina di volumi. Tra gli altri: Jerry Lewis. Un comico a perdere (Editrice Mazziana, 1983), L’ombra del dubbio. Cinque disseminata. Mauro Marchesini, giornalista, trame per Alfred Hitchcock (Le Mani, 1996), Le grand noir. Mancamenti e corpi addolorati nel cinema di François Truffaut (Le Mani, 2008). critico cinematografico, vive e lavora a Mila- Prefazione di Gian Piero Brunetta no. Ha scritto telefilm per la Rai, ha collabora- Euro 12,00 to con periodici e riviste, ha insegnato storia EDIZIONI DI CINEFORUM Edizioni di Cineforum della settima arte, ha pubblicato una mezza 9 788889 653265 dozzina di volumi, dai quali emerge in parti- colare il suo amore per il cinema di Hitchcock e di Truffaut. dalla storia. Quello sessuale e quello investi- gativo. Faber in mente Adriano Piccardi Sette enigmi da camera Identikit del volume Smontando piano piano il film, ci si accorge Capire e prevenire il disagio che alcuni minuscoli misteri restano irrisolti. Ed ecco di cosa si occupano i cinque Ovvero: perché la porta di casa Jefferies rima- psicologico attraverso capitoli ne pressoché sempre aperta? Quale razza di l’opera e il pensiero di detective incarna il cane ficcanaso? Che ruolo Una notte afosa un perditempo giocano gli occhiali del sospetto uxoricida? Fabrizio De André Dove si narra quando come perché venne Chi urla in piena notte dopo il litigio tra i pro- “Non è tanto utile scoprire la verità quanto farne un adattata la short story di Cornell Woolrich che tagonisti? E perchè l’inizio e la fine della favo- nido di parole che poi diventerà cronaca, testimo- ispirò il film. Ma, soprattutto, dove si illustra la si assomigliano così tanto? nianza, canzone”. un magnifico esempio di Rispetto e Tradi- A tu per tu con l’oracolo Alda Merini mento. Un racconto che abbraccia diversi ter- Un viaggio controcorrente attraverso la cele- ritori: H. e le altalenanti fortune commerciali; bre intervista che François Truffaut realizzò “Con le canzoni si costruiscono delle realtà sognate. H. e le fonti letterarie; H. e il rapporto con il nel 1962 (quattro anni più tardi uscì Il cinema La realtà, quella vera, è invece quella che ci aspetta quasi esordiente sceneggiatore John Michael secondo Hitchcock). I fari, è ovvio, puntano le fuori dalle porte del teatro, e per modificarla, se Hayes. pagine riservate alla Finestra…Per illuminare vogliamo modificarla c’è bisogno di gesti concreti Cauto elogio dello scrutatore il multiforme teatrino sfoggiato dagli interlo- e reali.” Certo. Si è scritto e riscritto senza fine che Re- cutori nonchè le reticenze, i lapsus, le man- Fabrizio De André ar Window è un omaggio allo sguardo. Ma canze e le piccole bugie di cui è disseminata la In un’altra sua dichia- forse si è detto ancora poco sulla natura sin- conversazione-maratona. Senza trascurare, razione Faber confer- golare di questo sguardo. E, in particolare, beninteso, la paura di un ammiratore (F.T.) ma questo principio sulle mutazioni, i travestimenti, le “cadute” e che non volle inquisire fino in fondo il cinea- descrivendo in termini le sorprese che esso sfoggia nel corso della vi- sta che sentiva pericolosamente “troppo vici- più precisi qual’era il cenda. Perché il voyeur, va ricordato, è un’en- no”. suo modo di conside- tità estremamente capricciosa. rare la canzone: “Pen- Il fidanzato di gesso so che il fine della can- Il tema iperhitchcockiano della coppia viene , giornalista, critico cine- Gabriele Catania Mauro Marchesini zone sia quello, se non declinato con una stupefacente ricchezza po- matografico, vive e lavora a Milano. Ha scritto proprio di insegnare, almeno di indicare delle lifonica: un uomo allergico ai vincoli contro telefilm per la Rai, ha collaborato con periodi- strade da seguire, dei codici di comportamen- una donna too perfect. Il capitolo affronta il ci e riviste, ha insegnato storia della settima to […] ed è l’unico motivo che mi fa pensare che duello tra il fotografo Jeff e la modella Lisa arte, ha pubblicato una mezza dozzina di vo- questo possa essere anche un mestiere serio”[- analizzando nella fattispecie la triangolazione lumi, dai quali emerge in particolare il suo dal sito della fondazione De André - la biogra- vista-corpo-conoscenza. Per scoprire chi (e co- amore per il cinema di Hitchcock e di Truf- fia]. Fu sull’onda di questo convincimento che me) comanda i due percorsi capitali esplorati faut. segue a pag. succcessiva 50 [email protected]

segue da pag. precedente di non deludere i genitori. Così, in ragione di circa sei anni fa pensammo di utilizzare l’ope- quel dubbio e con l’intento di allontanare la ra e il pensiero di Faber per promuovere degli possibilità di sentirsi rifiutata, aveva basato la interventi di prevenzione e di cura nell’ambi- sua vita sull’obbligo di impegnarsi fino allo to della tutela della salute mentale. Il proget- stremo in tutto ciò che le veniva richiesto, tan- to, che chiamammo “Faber in mente”, è stato to da non accorgersi di aver sviluppato un pe- infatti sviluppato all’interno delle attività ricoloso senso di onnipotenza. Cominciò in- dell’associazione di volontariato “Amici della fatti a costruire un’immagine di Sé basata mente onlus” che opera in convenzione con il sull’idea che per lei nulla era impossibile. Pen- Dipartimento di Salute Mentale dell’ASST Fa- sava che con la volontà e con l’impegno potes- tebenefratelli-Sacco di Milano (Ospedale Lui- se raggiungere qualsiasi obiettivo, persino gi Sacco). Si tratta di un programma, allo stes- quello, davvero onnipotente, di poter fare a so tempo artistico, culturale e clinico, che ha meno di alimentarsi. Una mattina, mentre lavorative, attraverso le canzoni di De André come finalità sia quella di favorire la diffusio- stavo ascoltando La ballata dell’amore cieco (o ci permise di realizzare uno dei nostri più im- ne empatica, attraverso le forme d’arte (cine- della vanità) mi venne in mente quel caso. La portanti obiettivi: promuovere la prevenzione ma, spettacoli teatrali, canzoni, libri etc.), di cosa mi incuriosì e cominciai a riflettere su al- in ambito della salute mentale, raccontando informazioni utili a contrastare i pregiudizi cuni passaggi della storia di quella paziente. alla gente l’esperienza esistenziale di chi sof- sul disagio psicologico, sia di utilizzare l’ope- Cercavo qualcosa che potesse aiutarmi a tro- fre di queste patologie invece di limitarsi agli ra e il pensiero di De André nei percorsi riabi- vare dei collegamenti tra la sua drammatica aspetti clinici, perché conoscere la storia dei litativi e terapeutici delle persone affette da perdita di peso, la sua paura di sentirsi rifiuta- pazienti facilita la comprensione del loro di- disagio psicologico. Il progetto “Faber in ta e la costruzione di un Sé onnipotente. Im- sagio e aiuta a superare il pregiudizio. A quel mente” è costituito da una serie di iniziative provvisamente mi accorsi che quella storia punto decisi di parlarne alla Fondazione De che hanno come scopo quello di utilizzare l’o- aveva dei collegamenti di senso con la storia Andrè, e con mia inaspettata soddisfazione, pera e il pensiero di Fabrizio De André per raccontata da Fabrizio De André nella canzo- trovai un forte interesse da parte di Dori raccontare in modo empatico il disagio men- ne che avevo appena ascoltato. Mi accorsi che Ghezzi e dei suoi collaboratori nei confronti tale. Queste iniziative sono di due tipi: inter- in quella canzone De André tratta il tema di di questa iniziativa. Quel progetto ebbe allora venire nella cura (sia nei programmi di psico- come sia possibile dare all’amore un valore “di un titolo: “Faber in mente” e venne inserito in terapia che nella riabilitazione psichiatrica) e facciata”, legandolo e riducendolo al freddo una antologia curata da Elena Valdini per la organizzare eventi per combattere il pregiu- amor proprio; alla vanità. La donna della can- Fondazione De Andrè, dal titolo “Ai bordi dizio e lo stigma nell’ambito della salute men- zone, infatti, chiede all’uomo innamorato di dell’infinito”. Il libro fu pubblicato nel 2012 tale. Tra i progetti di cura va inserito il pro- lei un finto amore, un amore basato sulla cie- dall’editore Chiarelettere e presentato il 17 gramma di psicoterapia che prende spunto ca obbedienza e quindi sull’obbligo di soddi- maggio dello stesso anno nell’aula magna dall’opera di De André. Non si tratta di una sfare le sue richieste. Insomma gli chiede di dell’Ospedale L. Sacco di Milano. Da allora le specifica terapia, voglio precisare che non esi- non deluderla mai. E lui per evitare di essere attività del progetto “Faber in mente” realiz- ste nessuna “terapia De André”. Più semplice- rifiutato si spinge fino a portare a termine un zate dalla nostra associazione sono state tutte mente mi è capitato di utilizzare le sue canzo- progetto tanto onnipotente quando assurdo: patrocinate dalla Fondazione Fabrizio De An- ni in alcuni casi clinici. In quei casi nei quali donarle la sua stessa vita per sentirsi amato. dré e la collaborazione tra queste due organiz- ho potuto individuare delle analogie di senso Mi resi conto che attraverso il suo patologico zazioni non si è mai interrotta. Nel giugno del tra la storia del paziente in trattamento e dimagrimento anche la mia paziente anores- 2013 la Sperling & Kupfer ha pubblicato un quella di un personaggio di una canzone di De sica perseguiva un progetto autodistruttivo mio libro dal titolo “La terapia De André. Co- André. Nella pratica succede che quando mi simile a quello dell’innamorato della canzone me comprendere il disagio psicologico attra- accorgo dell’esistenza di una di queste analo- di De Andrè. Anche lei infatti si era messa alla verso le parole del grande cantautore”, nel gie, propongo al paziente di approfondire la ricerca inconsapevole della propria morte per quale ho raccontato nove storie di pazienti conoscenza della canzone individuata. Lo sco- la mancanza di un ritorno affettivo autentica- trattati con l’ausilio delle canzoni di De An- po è quello di favorire una sua possibile iden- mente affidabile. Decidemmo di ascoltare dré. Nella sua introduzione a questo libro Do- tificazione nel personaggio della canzone, in quella canzone e dopo una serie di riflessioni ri Ghezzi scrive: “Ho trovato interessante sco- modo da riuscire a “distanziarsi” dal suo pro- sulle analogie tra la sua storia e quella del per- prire come il pensiero di Fabrizio possa blema per assumere un punto di vista più sonaggio deandreiano, la paziente riuscì fi- trovare un’utilità concreta in attività che han- neutrale e rendersi conto meglio delle sue dif- nalmente a comprendere (nel senso di pren- no come scopo quello di aiutare le persone in ficoltà. In psicoterapia è molto importante dere-con) il suo intento inconscio di morte. La difficoltà. Memore della sua “ansia per una perché il fatto che il paziente raggiunga una canzone era riuscita in quello che le mie nu- giustizia sociale” sono felice che parte dei buona consapevolezza del suo problema è una merose spiegazioni precedenti non erano sta- suoi ideali e delle sue speranze vivano e ali- condizione assolutamente necessaria al fine te capaci di fare. Fu in quella circostanza che mentino progetti come questo, a favore di di raggiungere degli obiettivi di cura. L’esem- mi resi conto per la prima volta, che alcuni dei nuovi orizzonti”. pio seguente può rendere più semplice questa concetti interiorizzati attraverso l’ascolto del spiegazione. Qualche anno fa avevo in tratta- mio cantautore preferito potevano aiutarmi Gabriele Catania mento il caso di una giovane donna affetta da nella mia professione. Incoraggiato da questa anoressia nervosa. Un caso che mi impegnava curiosa scoperta, decisi di riproporre quella parecchio. Tra i diversi vissuti che quella don- esperienza ad altri pazienti. Così dopo qual- na aveva portato in seduta, uno mi tornava che tempo raccolsi una serie di casi clinici nei spesso alla memoria. Riguardava la sua con- quali ebbi modo di utilizzare, in aggiunta ai vinzione di non essere mai stata certa delle di- miei soliti strumenti terapeutici, l’uso delle Nato a Catania nel 1956, vive e lavora a Milano. Da più di mostrazioni di apprezzamento che riceveva canzoni di questo straordinario artista. Non vent’anni svolge la sua attività di psicoterapeuta presso Il dai suoi genitori. Mi disse di non sentirsi sicu- mi ci volle molto a capire che potevo utilizzare Dipartimento di salute mentale della ASST Fatebenefra- ra che, se le fosse successo di deluderli, loro i resoconti di quei casi come strumento di di- telli Sacco dove dirige un centro di psicoterapia. È profes- avrebbero continuato a manifestare il loro be- vulgazione in tutte quelle situazioni di inter- sore a contratto presso l’Università Statale di Milano dove ne e la loro stima nei suoi confronti. In sostan- vento psicoeducativo richiesti alla nostra as- insegna Psicologia clinica. È presidente dell’associazione za a quella paziente mancava la certezza di poter sociazione. Spiegare il disagio psicologico nelle di volontariato “Amici della mente onlus” essere amata “a prescindere” dalla sua capacità scuole, nelle università o nelle organizzazioni www.amicidellamente.org. 51 n. 38

Per la prima volta in vent’anni i palestinesi hanno una sala cinematografica a Gaza Le generazioni più giovani della Striscia godono della riapertura del teatro della Mezzaluna Rossa I palestinesi nella Striscia di Gaza godono del- perse interesse a causa della situazione eco- est di Gaza), in cui vennero violati i Diritti la loro prima notte al cinema. (Reuters/ nomica, psicologica e sociale, come segnala il Umani e si vissero i fatti peggiori della guerra Mohammed Salem). I palestinesi vanno per la produttore. “Però adesso dopo un lungo pe- e la brutalità, siamo riusciti a disegnare un prima volta ad un cinema commerciale dopo riodo il cinema è tornato a Gaza”, afferma con sorriso nei volti della gente con un tappeto vent’anni di assenza della settima arte in Ga- orgoglio Salem specificando che il principale rosso sul quale abbiamo iniziato a cammina- za, un territorio segnato dalle incursioni isra- obiettivo di questa sala è intrattenere e dare re”, ha commentato. Le pellicole furono pro- eliane, l’islamismo e le tensioni politiche che l’opportunità ai palestinesi di vedere pellicole iettate in un grande schermo collocato sulle portarono agli incendi di varie sale. Le gene- con forte messaggio nazionalista. I cinema macerie di quella che fu una casa. Con gli or- razioni più giovani della Striscia possono pro- iniziarono a proliferare negli anni cinquanta, ganizzatori anche il Ministero della Cultura vare una sensazione mai provata: andare al ci- quando la Striscia era sotto dominio egiziano di Gaza sostiene il risogere di quest’arte nella nema grazie alla recente riapertura del teatro e i residenti accorrevano a vedere pellicole Striscia costiera. “Il cine a Gaza allevia la pres- della Mezzaluna Rossa palestinese (equiva- arabe, occidentali e asiatiche. Però con lo sta- sione che opprime gli abitanti esposti al bloc- lente alla Croce Rossa). “Non ero mai stata in bilirsi della prima rivolta palestinese, l’Intifa- co e a situazioni economiche e politiche diffi- un cinema, è la prima volta che vedo un film da, alla fine degli anni ottanta, le sale furono cili”, ha assicurato a EFE il direttore di “Arte e con i miei amici in una sala vera.Tutto è incre- date alle fiamme, e, anche alcune di esse se Patrimonio della Palestina”, Atef Ascol. dibile e diverso, gli effetti sonori, le luci spen- con la occupazione militare israeliana venne- te e come il pubblico si appassiona alla trama, ro riabilitate, le proiezioni non si protrassero Fonte: Saud Abu Ramadàn, Agencia EFE mancavano solo i pop-corn”, ha spiegato Efe per molto tempo. Al termine di quel periodo e Traduzione dallo spagnolo Francesco Montis Smaya al Hatab, studentessa di 22 anni. Il nel pieno processo di pace con Israele nel pubblico entra ansioso alla sala di duecento 1993, un gruppo di intellettuali riaprì le sale posti. L’ingresso costa dieci shekels (2,5 dolla- della Striscia finchè le lotte interne tra secola- ri), grazie agli sforzi di un gruppo di giovani ri e islamisti fecero sì che questi spazi fossero Il tappeto rosso palestinesi per recuperare il cinema. Hussain nuovamente incendiati e distrutti nel 1996. Salem,produttore di audiovisivi di Ain Media Da allora l’apertura delle sale era divenuta una palestinese e promotore dell’apertura della sala, ha rac- chimera, per cui il ritorno del cine commerciale contato ad Efe che era pronta già dal 2002, a Gaza è stato applaudito da registi, esperti e Sul red carpet a Gaza non star ma palesti- quando il Consolato francese la creò per pro- amanti della settima arte. “Il cinema riveste una nesi senza casa in mezzo alle macerie iettare pellicole in 3D. In quegli anni il cinema importanza culturale e d’intrattenimento che è aveva un importante valore sociale e serviva tanto necessaria per gli abitanti di Gaza” ha Guarda questo Video quale piattaforma per la visione di pellicole affermato il regista palestinese Jalil Almzyan, Karama Gaza Human Rights Film Festival sull’Intifada, sulla cultura palestinese, e altri tra gli organizzatori del Festival del Tappeto “Red Carpet nastri di tematica araba. La Mezzaluna Rossa Rosso “Dignità di Gaza”, che si è celebrato lo https://www.youtube.com/ watch?v=c43d5CB3rt8 presentava un film alla settimana e raccoglie- scorso anno per sottolineare la necessità del ci- va grande audience, ma col tempo il pubblico nema a Gaza. “Nella zona di Shayaie (quartiere 52 [email protected] Cinema e letteratura in giallo Il poliziotto è marcio (Shoot First, Die Later) di Fernando Di Leo (1974) Cast: Luc Merenda, Delia Boccardo, Richard Conte, Vittorio Caprioli, Salvo Randone, Elio Zamuto, Gianni Santuccio, Raymond Pellegrin, Rosario Borelli Un film forte e crudo ove si racconta la sto- ria di un poliziotto spietato e corrotto brillante funzionario della questura milane- se ma colluso con la malavita da cui riceve Giuseppe Previti grosse somme di de- naro E il padre, mare- sciallo dei carabinieri, quando lo scopre lo al- lontana da se. Il commissario, ricattato dai malavitosi, cercherà di ribellarsi ma la vendet- ta della gang non darà scampo a nessuno. Un film che non fa sconti a nessuno e come in tut- te le pellicole di Di Leo vi è una eccellente squadra di comprimari. Tra i tanti spicca un sempre godibile Vittorio Caprioli nei panni di un vecchio rompiscatole che con una denun- cia per motivi di viabilità scatenerà una vera e propria mattanza. Ma accanto a Caprioli uno stuolo di eccellenti attori. Dalla faccia da duro ideale per queste pellicole di Luc Merenda al questore di Gianni Santuccio, all’onesto ma- resciallo di Salvo Randone che vede precipi- tarsi il mondo addosso quando scopre la vera natura del figlio, mentre tra i “cattivi” spicca- no due comprimari di nome come Richard Conte e Raymond Pellegrin. Tornando a Luc Merenda era tra i maggiori esponenti del “po- lizziottesco” all’italiana e lo avevamo visto protagonista di Milano trema la polizia vuole giustizia, un film che rientrava in quella cor- rente che voleva esprimere i sentimenti di quella maggioranza silenziosa che dopo le contestazioni del ‘68 e le loro conseguenze sul piano sociale e di costume si auguravano ii ri- pristrino di regole più ferree. In quel film lui impersonava un commissario dai modi bru- schi e spicci che vuole vendicare la morte di un collega. Invece in questo film di Di Leo pas- sa dalla parte dei criminali, interpretando un marcio è senza dubbio un individuo ambiguo e corrotto che ha cancella- film interessante, voglia- to ogni principio etico e morale. Ricordo ai mo però rivelare un fatto lettori che poco tempo prima aveva avuto un curioso: se ne erano perse gran successo Indagine sopra un cittadino al di le tracce. Si dice che la po- sopra di ogni sospetto di Pietro Germi con prota- lizia non avesse gradito il gonista un poliziotto altrettanto fanatico del personaggio e sembra proprio ruolo che dichiara “Nessuno può du- che la sua distribuzione bitare di me“. E da quel film Di Leo ha mutua- in Italia sia stata impedi- to anche due attori, Salvo Randone e Gianni ta o intralciata, le locan- Santuccio. Questi film da un certo punto di vi- dine sono scomparse e sta rispecchiavano il pensiero di molti. Così del film si sono ritrovate abbiamo il questore che esalta il ripristino del le tracce in Germania do- “fermo di polizia”, mentre nelle varie retate si ve aveva circolato libera- da sempre la caccia ai capelloni. Ma comun- mente. E’ una pellicola que questo compito era abbastanza negli ide- importante nel cammi- ali dei film , Petri e Di Leo sono no di Di Leo che già si autori di denuncia e certamente non fanno era fatto conoscere con la fare una bella figura alla polizia. Il poliziotto è segue a pag. successiva 53 n. 38

segue da pag. precedente “ Trilogia del milieu”. Molti segue da pag. prece- dente dicono che anche in questo caso non si può parlare di poliziottesco vero e proprio. Que- sta è la storia di un corrotto, possiamo dire che è l’estensione del personaggio del poliziotto che si è venduto. Un esempio lo avevamo già avuto nel commissario Torri de Il Boss. Merenda ci offre il ritratto di un poliziotto corrotto ancora più fero- ce, lui non esita ad ammettere i suoi comporta- menti anche di fronte al padre. Non è certo la prima volta che si puntano i fari su un poliziotto disonesto, ma qui Di Leo va alle estreme conse- guenze, non c’è nessuna redenzione, e l’autore regista prosegue nella sua forte critica verso la polizia. Il filone inizia con una forte scena tipo Milano Calibro 9, con il commissario assai elogia- to dai suoi superiori ma poi vediamo che non è così e quindi ci discostiamo dal poliziesco classi- co. Le bellissime colonne sonore, come in quasi tutti i film noir di Di Leo, sono del compositore Luis Enriquez Bacalov. Concludiamo questa breve serie su Di Leo, un regista sottovalutato e dimenticato troppo in fretta tornato alla ribalta grazie a Tarantino, sempre gran mentore del ci- nema all’italiana. Un regista Di Leo che nei suoi film ha privilegiato anche i contenuti. Questo ci sembra importante. Giuseppe Previti

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