Diari Di Cineclub N. 38

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Diari Di Cineclub N. 38 n.3 Anno V N. 38 - Aprile 2016 ISSN 2431 - 6739 Giuliano Montaldo incontra la Sardegna e Nuovo Cinema del riceve il premio alla carriera Reale, una rivoluzione La magnifica leggerezza creativa di un autore dello sguardo “La cultura è speran- carriera, dei suoi sessantacinque anni di cine- za”. E' stata questa la ma, il regista ha parlato diffusamente nei due Riflettere su un feno- frase con cui Giuliano giorni in Sardegna, in un fine settimana di meno come quello del Montaldo ha concluso marzo dal tempo quasi invernale, incongruo ri- nuovo cinema del reale l'incontro con il pub- spetto alle alte temperature dei mesi preceden- italiano significa misu- blico sardo, il 12 Marzo ti. Il primo appuntamento si è svolto in uno dei rarsi con un quadro a Elmas (CA), dopo una saloni della Biblioteca Provinciale di Caglia- aperto e in pieno fer- serata emozionante, in ri, incentrato sulla presentazione del libro mento. Con una rivo- Elisabetta Randaccio cui gli è stato conse- segue a pag. 4 luzione dello sguardo i gnato un premio alla cui esiti non sono an- Chiara Gelato carriera. Quelle parole, dette da un maestro del cora scritti, ma che nel cinema italiano, un uomo intelligente e spirito- suo tracciato lungo quindici anni sembra tro- so, gentile e disponibile, carismatico, ma mai vare oggi un suo diritto di cittadinanza. Se ne arrogante, hanno colpito al cuore chi, tra gli sono accorti (da tempo) i festival di tutto il spettatori, crede ancora possibile la cultura co- mondo, attribuendo a questo cinema premi e me chiave di crescita personale, di arma contro riconoscimenti. Se ne sta accorgendo la stam- l'intolleranza e l'individualismo assoluto. D'al- pa italiana di settore (e non), oltre che le asso- tronde, durante la rassegna dedicata al regista ciazioni di categoria (il Sindacato Giornalisti di Giordano Bruno, organizzata con competenza Cinematografici che ha raddoppiato i Nastri dall'Associazione “L’Alambicco” e dalla “Mac- d’argento), mentre si moltiplicano i rimandi china Cinema” con la collaborazione di partner del cinema di finzione, quello mainstream, che istituzionali e culturali (con il patrocinio della in modo più o meno diretto ci si confronta. La Regione Sardegna) rivedendo i suoi film, è sua voce ha raggiunto i palazzi della politica emerso quello che Montaldo ha sempre affer- (87 ore di Costanza Quatriglio proiettato in Se- mato, ovvero la sua insofferenza per l'intolle- nato, Renzi al vertice Ue con 27 copie di Fuoco- ranza. Di questa scelta ideologica, della sua “Eclissi LULA” di Pierfrancesco UVA ammare di Gianfranco Rosi) e sta formando una nuova generazione di spettatori, più ma- tura e consapevole, che va a cercarsi il film così Marzullo e il suo Cinematografo ovvero il come i suoi autori lo fanno crescere e lo accom- pagnano assicurandogli lunga vita. Mettendo cabaret marzulliano insieme tasselli, film, sguardi, sensibilità, vie- Già da un po’ di anni – versa in uno stato comatoso, è giunta a un ne fuori un luogo aperto e multiforme, che co- da quando cioè dopo punto di non-ritorno (a meno di ridisegnare niuga autonomia di ricerca e di produzione, l’overdose dei dibattiti approcci, metodi e protagonisti, di porsi se- coraggio e libertà nell’affrontare temi poco paludati da cineforum, riamente il problema di una rinascita senza praticati o giudicati tabù, come denuncia Da- qualcuno per non con- formulette esorcistiche in stile renziano). Co- niele Vicari in un intervento su Facebook1 segnarsi alla critica mi- me è risaputo che da tempo se di approfondi- all’indomani della vittoria di Fuocoammare Alberto Castellano litante altrettanto palu- mento sui giornali neanche a parlarne (oltre dell’Orso d’oro a Berlino. Un racconto anticon- data, decise di allargare tutto lo spazio riservato alle recensioni su tut- venzionale dell’Italia, che trova nella costante lo sguardo sul cinema per andare oltre – le rifles- ti i quotidiani è stato ridotto drasticamente), e radicale interrogazione sul presente la sua sioni più interessanti, le analisi più stimolanti, l’informazione (almeno quella) un po’ più se- segue a pag. 6 le ricognizioni più audaci e stravaganti del ci- ria, rigorosa e stimolante che sarebbe prero- 1 “(...) Non credo sia secondario il fatto che Rosi nema commerciale e d’autore, destinato ai gativa culturale televisiva latita, non solo ma è sia un apolide, che si sia formato fuori dai confini dell'Ita- multiplex ma anche al piccolo schermo o addi- stata surrogata soprattutto sulla Rai con cro- lia. Infatti con il suo "gesto" cinematografico ha rotto una rittura alla rete vengono dai filosofi e da intel- nache di passerelle dai festival, servizi dei tg incrostazione culturale e produttiva insopportabile basata lettuali di altre discipline. Insomma chi oggi che sembrano quelli di vent’anni fa e, dulcis in sul pregiudizio tutto politico, che l'immigrazione al cinema vuole ancora trovare un contatto tra il cinema fundo, con il cabaret marzulliano. Meno male "non ha appeal". Ecco, l'immigrazione non ha appeal, il e il contemporaneo deve rivolgersi a filosofi insomma che nella desertificazione cinecultu- lavoro non ha appeal, il disagio sociale non ha appeal, la come Rancière e Žižek o a pensatori di cinema rale della tv generalista di stato (le tre reti protesta non ha appeal… a furia di praticare questa "filoso- come il francese Aumont e il nostro Ghezzi storiche per intenderci perché Rai Movie, Rai fia" asfittica il sistema produttivo-distributivo italiano ci sulla scia di Deleuze e Daney. In Italia poi la 4, Rai 5 non spostano più di tanto la questio- aveva condotto in un cul-de-sac”. D. Vicari, A proposito di questione naturalmente ha assunto contorni ne) c’è Marzullo e il suo “Cinematografo” che Rosi: viva Gianfranco e tutti i documentaristi!, 21 febbraio peggiori ed è risaputo che la critica cinemato- è diventato giocoforza il programma di punta 2016. Per l’intervento integrale si veda www.facebook.com/ grafica della carta stampata e della televisione segue a pag. successiva danielevicariofficial/posts/1152826778083738. [email protected] n. 38 segue da pag. precedente Dandini e i cicli presentati in prima o seconda kitsch e involontariamente postmoderno do- della (dis)informazione e della (anti)critica ci- serata dallo stesso Fava, Rondi, Cosulich, Pin- ve il cerimoniere dandy Marzullo (sempre im- nematografica dell’emittenza di Viale Mazzi- tus, Razzini ecc... del periodo migliore appar- peccabile e elegante con capigliatura lunga e ni. Ma non ci vuole molto vista la mancanza di tengono a un’altra epoca e oggi non sono ripro- curata da figlio di papà ribelle) deve arbitrare “concorrenza” nella stessa azienda. In realtà ponibili. Come sappiamo che “Cinematografo”, opinioni, resoconti, possibili ma soft polemi- Gigi Marzullo da Avellino, diventato in breve forte di consensi e audience crescenti negli an- che, collegamenti esterni spesso enfatizzati tempo con un’escalation politica inarrestabile ni, di un’ attrazione fatale tra conduzione te- come scoop, finti bilanciamenti tra i giudizi uomo di televisione furbo e professionalmen- levisiva e carta stampata, di un’abile perversa dei critici e il pubblico all’uscita dai cinema, te duttile e funzionale, ha cominciato “Sotto- formula trasversale che ha visto crescere gli ma anche dimensioni diverse (reali o evocate, voce” per poi gestire in lungo e in largo il palinse- interventi e le partecipazioni di critici, intel- tangibili o fuori campo) ritagliate abilmente sto notturno della Rete ammiraglia. Facendosi lettuali e direttori di festival insospettabili in uno spazio standard riservato agli incontri conoscere circa 20 anni fa con”Sottovoce”, poi (sapete quelli progressisti o radical chic della in studio e le relative tipologie umane che le si è “allargato” sempre di più inserendosi tem- serie “mai da Marzullo” o che storcevano il na- occupano. E quindi troviamo il talk show più pestivamente in un vuoto di idee, di palinsesti so appena ne sentivano parlare e poi puntual- cazzeggione, la televendita ammiccante, la con- e di programmi specifici e ritagliandosi quello mente ce li siamo ritrovati in studio o in colle- duzione cabarettistica che col mestiere di chi spazio notturno “rischioso”, quella zona fran- gamenti esterni) ma anche l’interesse e la fa spettacolo prevede rituali presenze di attori ca dei nottambuli, degli insonni, di quelli che curiosità di (pseudo)cinefili o spettatori colti e e registi dei film usciti in settimana ma che ri- fanno zapping in cerca di qualcosa di diverso, informati che aderiscono al programma o ne sultano innocue e anodine sovrastate come sbaragliando al tempo stesso senza problemi sono influenzati (della serie “l’ho sentito a “Ci- sono da quelle di critici e opinionisti (in stu- la potenziale “concorrenza” (figuriamoci se nematografo” ”, “lo hanno detto da Marzullo”) dio o in collegamento) maschili e femminili questa Rai che negli anni “d’oro” programma- è diventato un programma cult-trash e come dalle tonalità più diverse e funzionali a un va rubriche di cinema e presentazioni di cicli tale inattaccabile e blindato al punto che le gioco delle parti: c’è quello impettito e stento- nel tardo pomeriggio o in prima serata oggi frequenti bordate irriverenti dai numerosi reo da lezione universitaria, quello drastico ripescherebbe un format per la fascia nottur- blog e siti di cinema gli fanno il solletico, le lu- ma affabile, quello furbamente interlocutorio, na) con la consapevolezza dell’inoffensività cide critiche nei primi anni del programma di quello colloquiale per non rischiare di con- del ghezziano “Fuori Orario” di Rai3 , da anni Aldo Grasso sulle pagine del Corriere hanno traddire troppo certe direttive, quello cinefilo l’unico grande cineclub italiano, anche oltre il finito per il classico circolo vizioso mediatico dubbioso e problematico (tutti a volte per pa- piccolo schermo, con le sue maratone nottur- reri simultanei sono collocati in primo piano ne di cinema (spesso inedito) estremo e sofisti- in riquadri da installazioni sperimentali).
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