158 Rassegna bibliografica dica all’evoluzione tecnica del quotidia­ Recensione no, alle sue capacità di comunicare — e qiundi di influenzare — un pubblico- sempre più vasto e composito. Nella prima fase post-unitaria, leggia­ Valerio Castronovo, La stampa ita­ mo, « la stampa italiana era ... espressio­ liana dall'unità al fascismo, Bari, La- ne più o meno immediata e contingente: terza, 1970 pp. 468, L. 5.500. di determinati, ristretti gruppi politici emersi in Piemonte durante il decennio Con questo studio Castronovo tenta cavouriano e della minuta rete di rela­ un profilo complessivo del giornalismo zioni personali intercorrenti fra i singoli italiano prefascista che è, insieme, la esponenti del mondo politico e fra co­ sistemazione, il confronto, l’arricchimen- storo e le autorità tutorie del governo to — attraverso il ricorso alle carte d’ar­ centrale » (p. 4). Da ciò l’estrema fram­ chivio — della letteratura sull’argomento mentazione delle iniziative, ciascuna del­ e la proposizione di alcuni problemi le­ le quali — si può dire — riflette un gati a una più sicura intelligenza della angusto spaccato di vita politica locale, nostra storia unitaria. Politici, pubblicisti che dalla ristrettezza del proprio oriz­ e studiosi dell’Italia liberale non si sono zonte fa anche scaturire ostacoli insor­ mai rivolti con sovrechio interesse alla montabili all’esercizio dei più elemetari stampa del proprio tempo, preferendo compiti informativi. personale,, riassorbirne l’analisi a livello di rievoca­ il ’foglio di idee’ — secondo un vieto zione, spesso intrisa di aneddottica e di schema retorico che trova piena corri­ polemica « corporativa », quasi un pro­ spondenza nelle condizioni politiche e lungamento della stessa battaglia gior­ sociali del nuovo stato — delinea l’ossa­ nalistica. Il primo merito dell’A. sta tura del giornalismo italiano, ne scan­ proprio nell’aver individuato i motivi non disce i ritmi, ne fissa i limiti provin­ occasionali di questa disattenzione, nel­ ciali (si vedano, ad esempio, la parabola l’averla utilizzata come spia per inten­ della torinese Gazzetta del Popolo: pp- dere i rapporti (e il loro progressivo mo­ 14 sgg. o le battaglie legittimistiche della dificarsi) tra classe politica e opinione stampa napoletana: pp. 37 sgg.). Sono pubblica, tra gruppi di potere e quadro questi limiti a trasformare la stampa po­ sociale complessivo. Questo problema è litica in eco amplificata dalle concezioni in effetti al centro del libro, e viene « oligarchiche » che guidano la classe di­ articolandosi su diversi piani. Castro­ rigente nell’esercizio del potere. Il ma­ novo non si limita a classificare le testate turare, dopo il 1880, di una dialettica più importanti di ciascun periodo in politica meno chiusa incide direttamente base alla loro matrice politica, al livello sugli sviluppi della pubblicistica. E’ il di diffusione raggiunto, alla personalità periodo in cui si registra la comparsa delle principali ’firme’, ma organizza la o l’affermazione di quotidiani (dal Se­ materia in modo da illuminare alle ra­ colo al , dalla Stampa dici le connessioni tra lo strumento gior­ alla Tribuna, dal Resto del Carlino al nalistico da una parte, i modi e gli orien­ Mattino') destinati a durature fortune;, tamenti della lotta politica dall’altra. E’ sono gli anni in cui l’affinamento delle soprattutto in questa direzione che ha tecniche editoriali amplia e rende più svolto ampie e minute esplorazioni d’ar­ puntuale i servizi, in cui, infine, comin­ chivio, accentuando via via, nel passag­ ciano a manifestarsi i primi consistenti gio dall’Otto al Novecento, le indagini segni di interesse del capitale industriale sulle fonti di finanziamento. E questo per le aziende giornalistiche (p. 121 sgg.). non per identificare meccanicamente nel­ Eppure tutte queste aperture su prospet­ la proprietà editoriale la linea del gior­ tive più moderne, più sensibili alle espe­ nale (il discorso, come vedremo, è assai rienze e alle trasformazioni che sta co­ più complesso), bensì per sottolineare le noscendo la grande stampa straniera,, tappe di un processo che giungerà a sono ancora un fenomeno limitato e set­ piena maturazione negli anni del primo toriale. La fitta trama della stampa lo­ dopoguerra, quando la corsa all’accapar­ cale (nel 1887 escono ben 145 quotidiani) ramento delle testate vedrà mobilitati è più che mai saldamente ancorata, at­ tutti i principali gruppi industriali e fi­ traverso la rete dei prefetti, alle oscilla­ nanziari. Nello stesso ambito si colloca zioni delle sovvenzioni e delle influenze anche l’attenzione che Castronovo de­ governative e i quotidiani in genere sog­ Rassegna bibliografica 159 getti a discriminazioni che toccano un dimensioni, alla curva dello sviluppo so­ arco assai vasto di aspetti: dall’affitto cio-economico, col declino della stampa delle linee telegrafiche alla circolazione centro-meridionale (eccettuata la capita­ delle notizie sull’attività ministeriale. le) e, al Nord, con la rarefazione dei fo­ Sembrano emergere, e il discorso di Ca­ gli di provincia, schiacciati dalla con­ stronovo è estremamente persuasivo al correnza di quelli cittadini. riguardo, due costanti che ora si inte­ Tutti questi elementi trascinano in grano ora divergono: da un lato il cre­ primo piano il problema della proprietà scere di alcune testate in grado di svi­ dei giornali. Le partecipazioni del grande luppare in modo continuativo una pro­ potere economico alle maggiori imprese pria linea politica; dall’altro il perpe­ editoriali, le dosature tra queste parteci­ tuarsi, spesso in forme assai virulente (si pazioni e i tradizionali sistemi di con­ veda lo scandalo Oblight, pp. 86 sgg.) trollo degli ambienti politici sulla stam­ della cattura della stampa da parte del pa, l’impiego massiccio del quotidiano per « sottogoverno ». mobilitare l’opinione pubblica in occa­ Questi legami, del resto, sono favoriti sione di importanti avvenimenti interni e protetti dall’insufficienza delle garan­ o internazionali, sono il terreno sul quale zie statutarie che spalancano la strada prendono corpo alcune delle esperienze agli interventi repressivi. Nel pieno della centrali del giornalismo prefascista, dal crisi di fine secolo, da Crispi a Di Ru- Corriere di Albertini, alla Stampa di dinì, le norme sulla libertà di stampa Frassati, al Giornale d’Italia di Berga­ (che Castronovo, riportando il problema mini. alle sue naturali dimensioni storiche, A ciascuna di queste testate Castro­ identifica costantemente con la ’libertà novo da il giusto rilievo, giusto soprat­ di stampare’) subiscono progressive re­ tutto perchè la personalità dei singoli strizioni di fronte alle quali il mondo direttori — compreso il caso esemplare giornalistico, proprio per le sue docu­ di Albertini — non viene mai isolata mentate sudditanze al potere politico, non dal contesto politico e dal retroterra so­ sa esprimere una adeguata reazione: an­ cio-economico che alimentano la loro ope­ che la falcidia della stampa milanese nel ra. Ma senza dubbio più nuove, più maggio del ’98 provoca limitate conver­ ricche di stimoli critici, sono le pagine genze. La svolta aperta dal Novecento che FA. dedica ad altri aspetti della (e consumata, fra l’altro, sulla stampa, stampa del periodo, quali il trust dei dal durissimo scontro tra La Stampa e giornali cattolici e la nascita dell’Idea il Corriere della Sera, pp. 140-149) apre nazionale (pp. 194 sgg.). Si tratta di due una stagione nuova. L’A. analizza orga­ osservatori utili a intendere, in parallelo nicamente i fattori di questa crescita nel con gli incipienti elementi di crisi della contesto del riformismo giolittiano. Qua­ costruzione giolittiana, le nuove aggre­ si ovunque ormai — e principalmente gazioni di forze che cominciano a pren­ nei centri del Nord dove il processo di dere corpo e che trarranno dal clima e industrializzazione sta modificando pro­ dai problemi della guerra la spinta a fondamente il quadro sociale — l’azien­ esercitare un ruolo di protagoniste. Il da giornalistica tende a « trasformarsi in discorso storico sotteso a questa analisi è una unità di produzione a ciclo comple­ esplicito : la « manipolazione » della to » (p. 154), i servizi si moltiplicano, stampa non più su base di collegio o nasce la ’terza pagina’: « cronaca, ideo­ per sorreggere le fortune di questo o logia, intrattenimento-istruzione e pub­ quel ministero, ma per premere sulle blicità — osserva Castronovo — i quat­ strutture dello stato e piegarle alla di­ tro elementi fondamentali del quotidia­ fesa di interessi particolari è già in se no moderno, cominciano così, sia pure stessa rivelatrice dei termini della lotta con dosature diverse e gradazioni inter­ politica e sociale del dopoguerra. Certo il medie, a far la loro comparsa sui princi­ ventaglio dei grandi temi dibattuti dai pali organi di stampa, anche se l’infor­ quotidiani è assai più vasto, e tuttavia mazione politica rimane sostanzialmente il clima di regolamento dei conti che ca­ alla base del giornale » (p. 157). I nuovi ratterizza la stampa liberal-democratica investimenti di cui la stampa è fatto og­ nei mesi che precedono l’intervento (pp. getto danno vita ad un accelerato pro­ 216 sgg.) dimostra, secondo quanto os­ cesso di concentrazione editoriale. Misu­ serva Castronovo, come « in realtà, die­ rata sui decenni precedenti, la distanza tro le quinte del dibattito sulla con­ è grande e obbedisce, ner direzioni e per dotta della politica estera, agivano assai 160 Rassegna bibliografica più decisamete, e continueranno a esser che degli ambienti industriali. Forse Ca­ presenti ancor oltre le « radiose gior­ stronovo ha dato troppo credito al ca­ nate » del maggio 1915, concrete preoc­ rattere democratico della politica finan­ cupazioni di politica interna » (p. 219). ziaria giolittiana, ma è fuor di dubbio La contesa per raccogliere l’eredità del­ che l’analisi puntuale del ruolo sostenuto lo stato liberale è di fatto già aperta e dalla stampa in quei mesi decisivi con­ lo sviluppo coosciuto, durante e dopo la ferma quanto il libro contribuisca ad guerra, dalla stampa politica, il pullulare ancorare lo strumento giornalistico al­ di fogli nuovi (la cui scontata precarietà l’individuazione delle forze che di esso commerciale non troverebbe spiegazioni si servono con una incisività ed una senza il riferimento a più complessi spregiudicatezza che va di pari passo obiettivi politico-economici), i tentativi con il disgregarsi della vecchia classe di­ di scalata alle testate maggiori documen­ rigente e delle strutture dello stato libe­ tano il crescere delle forze centrifughe rale (significativo, a questo riguardo, è rispetto al ’vecchio ordine’ e la ricerca anche l’affossamento del progetto socia­ di nuovi assestamenti. Il tumultuoso ar­ lista per porre sotto controllo le fonti di rembaggio dell’Ilva e dell’Ansaldo alle finanziamento dei giornali: pp. 282-288). aziende giornalistiche, l’ingresso della L’ultima parte dello studio riguarda in­ Fiat nella proprietà della Stampa, l’in­ fine l’allineamento della stampa al fa­ tervento dell’Uva a sostegno del Popolo scismo al potere, e FA. si sofferma sia d’Italia negli ultimi mesi del 1919 (cir­ sui rimescolamenti intervenuti nella pro­ costanza che sbriciola ulteriormente il prietà editoriale sia sull’azione condotta piedestallo di un Mussolini ’rivoluzio­ del regime per soffocare gli ultimi esem­ nario’ sino alla discesa in campo dello plari di giornali autonomi. squadrismo) sono episodi saldamente Le notazioni sin qui svolte credo con­ concatenati nella minuziosa ricerca di sentano qualche osservazione conclusiva. Castronovo, il quale, se avverte che « la Riguardato nel suo insieme, lo studio di situazione della stampa e del dibattito Castronovo è soprattutto l’analisi dei pubblicistico negli anni del dopoguerra rapporti tra stampa e centri di potere. è troppo complessa per pensare di esau­ Potere politico e potere economico, se­ rirla in un rapporto schematico, mecca­ condo una successione di tempi che ade­ nico, fra interessi economici e program­ risce agli sviluppi della società italiana mi politici e ideologici dei vari giornali » e cerca di individuare le trasformazioni (p. 286), sottolinea non di meno il ca­ subite dallo strumento giornalistico. rattere organico di questo processo, il Va da sè che, in questa prospettiva, fatto che il quotidiano si trasformi, con l’attenzione maggiore cade sugli organi sempre maggiore frequenza, in sede di che più direttamente esprimono le vo­ contrattazione tra i centri del potere eco­ lontà di gruppi dirigenti. La stampa d’op­ nomico e le autorità dello stato. A mo­ posizione esercita un ruolo marginale (nel­ mento di verifica di questa tesi di fon­ le pagine sul dopoguerra 1918-26, ad do l’A. assume, fra l’altro, il dibattito esempio, non trova posto che per accen­ svoltosi sulla stampa intorno alla poli­ ni collaterali), almeno fintanto che — è tica economico-finanziaria dell’ultimo mi­ il caso di quella cattolica — esce dal nistero Giolitti. Mentre una parte del limbo dell’intransigentismo e si annoda vecchio schieramento interventista atte­ per diverse vie ai ceti dominanti. E’ una nua il proprio antigiolittismo fidando caratteristica che va rilevata perchè se sulle promesse in politica estera, un’al­ lascia in ombra alcune zone, lo fa a tra — guidata dai giornali portavoce dei ragion veduta, scegliendo in partenza un maggiori gruppi siderurgici — conduce ben definito ambito problematico. Da sin dall’inizio una dura campagna contro esso discende anche, a mio avviso, un le misure finanziarie. E’ un fronte che robusto contributo ad ampliare oltre i tende notevolmente ad ampliarsi dopo tradizionali limiti delle battaglie parla­ l’occupazione delle fabbriche e muove mentari e ministeriali la storia del ’par­ verso obiettivi che vanno ben oltre la tito liberale’, mettendo in luce non solo sostituzione di Giolitti: tra la fine del le rifrazioni in sede locale e particolare 1920 e l’inizio del 1921 la crisi econo­ di taluni orientamenti di governo, ma mica opererà la saldatura tra i vari in­ anche, e soprattutto, le spinte messe in teressi minacciati e lo stesso Giolitti la- atto dai singoli gruppi e il loro coagu­ scerà il governo, a metà anno, dopo una larsi intorno agli organi di stampa. Il completa resa alle richieste protezionisti­ problema della proprietà editoriale (che Rassegna bibliografica 161 •certo per la prima volta, lo si è detto, e impegnativa appare la parte del libro viene affrontato con tanta ricchezza di effettivamente dedicata al lavoro di Speer, notizie e di puntuali accertamenti) di­ all’organizzazione dell’economia tedesca venta così — specie se si tien conto durante la guerra e ai progetti e all’opera della rinuncia ad ogni controllo pubbli­ di sfruttamento dell’intera economia e co — un momento essenziale e i risul­ della manodopera europea. Sotto questo tati conseguiti da Castronovo un invito profilo le memorie di Speer sono fran­ a utilizzare con maggiore senso critico le camente deludenti, più utili possono es­ fonti giornalistiche, le più saccheggiate sere al riguardo lavori come quello di dagli studiosi di storia contemporanea. Gregor Janssen Das Ministerium Speer. Die deutscbe Rüstung im Krieg (Berlin, Massimo Legnani Ullstein, 1968), anche se decisamente viziati da una implicita esaltazione della personalità di Speer, che proprio le sue memorie contribuiscono — e in misura Albert Speer, Erinnerungen, Berlin, Pro- non esigua — a ridimensionare. Ed è pylaen Verlag, 1969, pp. 610. certamente difficile vedere dietro le sue pagine l’uomo che a 37 anni divenne Tra le tante opere memorialistiche di dopo Hitler l’esponente più potente della esponenti politici e militari del Terzo Germania nazista, l’uomo che fu addirit­ Reich questi ricordi di Speer erano forse tura in predicato come delfino e succes­ tra i più attesi; e non solo perchè il sore del Führer. fatto stesso che uscissero a tre anni di Speer ascese al vertice della gerarchia distanza dal congedo di Speer dal carcere nazista, con la fama di tecnico di pro­ di Spandau, nel quale scontò i venti vate capacità nel mondo dei politici e anni di prigione inflittigli dal Tribunale degli uomini di partito, in anni decisivi interalleato di Norimberga, aveva fatto per la sorte della Germania e del nazi­ sperare in una attenuazione delle ragioni smo, nel pieno della guerra, ai primi di immediata autodifesa personale che segni di ruggine della macchina bellica furono tipiche della prima ondata di me­ tedesca: alla morte di Todt, nel febbraio morialistica degli anni immediatamente del 1942, fu nominato ministro degli successivi al 1945. Ma anche perchè tra armamenti e delle munizioni e capo del­ i tanti dirigenti nazisti Speer aveva la l’organizzazione Todt, per diventare nel fama di essere un outsider, il tecnico, settembre del 1943, con la trasformazione se non l’intellettuale, del vertice nazista del dicastero in ministero per gli arma­ e certo il più capace cervello organizza­ menti e la produzione bellica, in pratica tore. Non diremmo però che l’attesa sia il controllore generale dell’economia te­ stata ripagata; la testimonianza di Speer desca, scontrandosi dapprima con Goring, non manca di qualche tratto interessante il capo del piano quadriennale e come ma certo seicento pagine sono troppe per capo degli armamenti aereonautici per quello che mostra di avere da dire molto tempo il più potente datore di la­ l’architetto di Hitler e il dittatore del­ voro nel campo militare, e imponendosi l’economia di guerra del Terzo Reich, poi anche nei suoi confronti con l’esten­ stando almeno al consuntivo di questa sione progressiva delle sue competenze lettura. Ancora una volta anche in queste (i dati forniti dal Janssen e dal Boelcke memorie prevale la parte decisamente confermano il primato del dicastero di troppo lunga e prolissa dedicata allo Speer anche nel numero dei funzionari entourage di Hitler, alla vita privata sua alle sue dipendenze). Una ascesa appa­ e dei suoi collaboratori, scene di stucche­ rentemente enigmatica per un uomo che vole intimità ripetute sino alla noia, che non era stato espresso direttamente dal­ finiscono per sdrammatizzare lo sfondo l’apparato del partito nazista e che so­ storico del nazismo e della guerra e per prattutto non aveva il piedistallo di darci l’immagine di un Hitler piccolo­ potere che caratterizzava ad esempio un borghese, nel quale forse molti lettori Goring. tedeschi ritroveranno un’immagine tutto In realtà le memorie riflettono molto sommato congeniale al loro modo di pen­ bene l’ambiguità stessa del rapporto che sare e di vivere. fece la fortuna di Speer nei confronti Rispetto a queste pagine di rievoca­ di Hitler; riaffiora qua e là una spiega­ zione d’ambiente, della corte che gravi­ zione di questa fortuna in chiave di psi­ tava intorno a Hitler, molto meno ricca canalisi da quattro : Hitler, l’archi- :ll 162 Rassegna bibliografica tetto mancato, vedeva in Speer lo spec­ qualsiasi follia gli venisse ordinata sempre- chio, la realizzazione delle sue aspirazioni che gli desse modo di esibire la sua fallite, delle sue frustrazioni. L’ascesa di competenza tecnica e quindi in defini­ Speer fu comunque effettivamente legata va il suo servilismo. alla sua posizione di architetto personale Lo stesso Speer oggi può non avver­ e ufficiale del Führer, in una singolare tire le contraddizioni di fondo del suo congenialità di megalomania architettoni­ modo di comportarsi, per cui oscilla ca, la quale per Hitler costituiva la ma­ continuamente tra la tentazione di giusti­ teriale e monumentale rappresentazione ficarsi a posteriori con il ricorso al fasci­ e proiezione nella fisionomia urbanistica, no catturante del Führer (che spesso negli edifici, nelle quinte della capitale probabilmente era solo un alibi che co­ del Reich o negli scenari di cartapesta priva sconfinate ambizioni personali) e di Norimberga, della supremazia e del il tentativo di razionalizzare il conflitto primato di potenza del Reich (si leggano tra gli enormi poteri che cumulò nelle le note sparse in proposito nelle Con­ sue mani e la sua passiva accettazione versazioni a tavola di Hitler), mentre per e collaborazione ai crimini nazisti (e ogni Speer era soltanto il modo di rispon­ tanto la consapevolezza della contraddit­ dere, fornendo loro solo la soluzione e torietà della sua posizione affiora aperta­ l’esecuzione tecnica, alle sollecitazioni e mente, come quando scrive ad esempio agli ordini di Hitler, senza alcuna par­ a p. 127, che in fondo « a decidere la ticolare opzione nè politica nè ideologica: misura del mio isolamento, l’intensità circostanza, questa, che dà anche una ben delle mie evasioni e il grado della mia più modesta dimensione alla stessa figura ignoranza ero pur sempre io stesso »), di architetto di Speer, che del resto è spostandolo fatalisticamente, e non senza l’aspetto più noto della sua personalità accenti che ricordano da vicino il mondo (ripreso anche di recente dall’americana culturale di uno Spengler e la sua critica Barbara Miller Lane. Architecture and reazionaria alla civiltà delle macchine, Politics in Germany 1918-1945, Harvard tra le conseguenze incontrollabili e inelut­ University Press, 1968). E non avremmo tabili del connubio tecnica-dittatura. Ri­ richiamato questo aspetto del comporta­ torna cioè la stessa linea che egli aveva mento di Speer se esso non facesse in­ già seguito nella sua difesa al processo travedere un lato più generale della per­ di Norimberga: « In epoche precedenti sonalità e del carattere di Speer, quello le dittature avevano bisogno anche a che determinò probabilmente la sua de­ livello di dirigenti inferiori di elevate finitiva acquisizione al rango di confi­ capacità, di uomini che potessero pensare dente di Hitler: la sua totale insensi­ e agire autonomamente. Il sistema auto­ bilità, se non addirittura indifferenza po­ ritario nell’epoca della tecnica può ri­ litica, al limite del cinismo che riecheggia nunciarvi, se non altro perchè i mezzi di ostentatamente anche in queste memorie comunicazione lo pongono in grado di (si v. a pp. 66 tutto ciò che riesce a meccanizzare il lavoro dei dirigenti in­ dire a proposito di uno degli uccisi del feriori. Tra le conseguenze ne deriva la 30 giugno 1934: « [...] In una delle stan­ figura di colui che riceve acriticamente ze vidi una grande macchia di sangue gli ordini » (p. 522). asciugata sul pavimento. Lì il 30 giugno È noto che l’economia di guerra tedesca era stato ucciso a colpi d’arma da fuoco raggiunse il culmine della sua efficienza Herbert von Bose [...]. Guardai oltre e sotto Speer (toccò paradossalmente il da allora evitai quella stanza. Altro non traguardo massimo della produzione nel mi toccò [...];» e tra i tanti passi dedi­ luglio del 1944) e di questo risultato, cati al problema dei lavoratori forzati ci che se servì a ritardare il crollo della limitiamo a questa sola citazione, da Germania non poteva comunque modi­ p. 385: « Uno storico americano ha ficare le sorti del conflitto, egli mena detto di me che io avrei amato le mac­ vanto tuttora facendo appello allo stile chine più degli uomini. Non ha torto; di lavoro e ai metodi di razionalizzazione mi accorgo che la vista degli uomini sof­ che egli avrebbe introdotto nella gestione ferenti influenzò soltanto i miei senti­ economica (p. 225: « Già sei mesi dopo menti, non il mio modo di comportarmi la mia entrata in carica noi avevamo [...] viceversa nella sfera delle decisioni considerevolmente accresciuto la produ­ continuarono a regnare i criteri dell’op­ zione in tutti i settori produttivi che portunità [...] »), la sua docilità e il suo ci erano affidati [...] »). In realtà gli spirito subalterno, la sua disponibilità a elementi che egli porta a sostegno del Rassegna bibliografica 163 suo operato (a parte poi il discorso namenti organizzativi, il fatto che io che egli fa su come ingannava Hitler applicai i metodi di una direzione demo­ presentandogli cifre della produzione di cratica dell’economia », vale a dire « re­ armamenti superiori ai risultati effetti­ sponsabilizzando » gli industriali stessi, vamente raggiunti, senza accorgersi della attuando, come si esprimeva poco innanzi, pericolosa ambivalenza del discorso, che il principio della « responsabilità auto­ lungi dal portare al risultato di placare noma dell’industria » (p. 223). In realtà il capo dei nazisti lo esaltava a sempre non c’è motivo di stupirsi: la guerra rap­ più pericolose avventure e comunque a presentò un’ottima occasione per rinsal­ sempre più abbandonare ogni dimensione dare i rapporti tra l’industria pesante reale delle cose) lasciano intravedere in e il nazismo, che del resto non erano lui più l’abile ed esperto organizzatore mai stati cattivi, altrimenti il nazismo non che un cervello dotato di una visione sarebbe arrivato neppure al potere. Le politica, di una dimensione strategica parole di Speer significano soltanto che nella guida dell’economia bellica tedesca. che l’equilibrio dei poteri e delle forze Oggi egli è anche in grado di formulare all’interno del regime nazista si spostò giudizi autocritici certamente validi nei sotto la sua gestione ulteriormente a confronti della gestione dell’economia favore dei grandi gruppi industriali, altro durante la guerra (quando scrive ad che gestione democratica dell’economia! esempio, a p. 374: « Noi soffrivamo Anche qui, basta scorrere la documenta­ addirittura di un eccesso di progetti di zione pubblicata dal Boelke per incon- sviluppo [di armamenti]; mentre se ci trre ad ogni piè sospinto i nomi dei fossimo concentrati su pochi tipi ne grandi complessi in gara per realizzare avremmo certamente portato a conclu­ i nuovi progetti di armamenti proposti sione qualcuno con maggiore tempesti­ o sollecitati da Hitler e dai capi militari, vità »), ma di una sua iniziativa in tal da Krupp a Messerschmitt, ai capi della senso negli anni nei quali ricoperse così IG Farben, a Rochling, a Vogler, a grandi responsabilità non risulta traccia. Heinkel, ai dirigenti della Daimler-Benz, Diremmo anzi di più: se si leggono que­ a Porsche e via di seguito. L’unica preoc­ ste memorie comparandole con la raccolta cupazione che muoveva tutti costoro era dei protocolli delle conferenze tenute tra quella di salvare e possibilmente ingi­ Speer e Hitler dal febbraio del 1942 al gantire i loro possessi, non per nulla marzo del 1945, raccolta uscita quasi avevano partecipato alla rapina e al sac­ contemporaneamente alle Erinnerungen cheggio dei territori occupati. Lo stesso (Willi A. Boelcke, Deutschlands Riis- Speer ci dà involontariamente la riprova tung im Zweiten Weltkrieg Hitlers Kon- di questa conclusione, quando racconta ferenzen mit Albert Speer, 1942-1945, come intervenne presso Hitler (nel giu­ Frankfurt a.M., Athenaion, 1969), si ha gno del 1944) per farsi portavoce della un’idea precisa dello stato di subordina­ preoccupazione degli industriali di veder zione che legava Speer a Hitler, per cui rispettata la loro libertà imprenditoriale l’esasperato interesse con il quale Hitler sia in guerra sia a guerra finita: « gli interveniva in ogni benché minimo par­ scrissi — racconta Speer (p. 369) •— di ticolare tecnico si trasformava immedia­ dare ai collaboratori della responsabilità tamente in altrettanti ordini esecutivi da autonoma dell’industria la promessa che parte di Speer. Se direzione strategica vi sarebbero stati aiutati nei momenti di fu, essa fu largamente determinata da gravi crisi che dovevamo attenderci, e Hitler e difatti di Hitler essa ripetè e inoltre che sarebbero stati garantiti con­ fece propri gli errori (e valgano a propo­ tro gli interventi di autorità locali del sito di errori in fatto di armamenti al­ partito, nonché di fare un energico rife­ cune delle puntualizzazioni del Boelke, rimento alla inviolabilità della proprietà op. cit., pp. 34-35). privata delle aziende, anche nella mo­ Ma ancora su due aspetti dei risultati mentanea fase di trasferimento di esse della sua direzione economica rivendicati in sotterranei come aziende di Stato; da Speer vale la pena di soffermarsi. Il alla libertà dell’economia dopo la guerra primo di questi apre uno spiraglio sui e al rifiuto in linea di principio della sta­ rapporti tra Speer e l’industria tedesca, tizzazione dell’industria ». Un discorso in termini quanto meno mistificatori; che non lascia molti equivoci sulla natura scrive infatti Speer a pp. 225-26: « De­ dei rapporti che intercorsero tra l’indu­ cisivo del sorprendente aumento della stria e il nazismo. Ma un discorso che produzione fu, al di là di tutti i riordi­ ridimensiona anche decisamente le chiac­ 164 Rassegna bibliografica chiere di Speer sulle innovazioni da lui un’unica terra bruciata, come viene am­ introdotte nella gestione dell’economia, piamente rievocato nei capitoli dal 27 che si risolsero unicamente nel tentativo alla fine. di rendere ulteriormente compartecipi e Naturalmente le nostre osservazioni cointeressati alle sorti del Reich i grandi miravano soltanto a sottolineare alcuni gruppi industriali. degli aspetti più generali che vengono E l’altro aspetto che va messo in evi­ sollevati delle memorie di Speer. Non denza è che neppure la gestione Speer, abbiamo e non potevamo evidentemente per grande che fosse la sua genialità toccare tanti altri particolari o riferire organizzativa, avrebbe potuto assicurare anche soltanto molte notizie che, unita­ il momentaneo successo della produzione mente a quelle che emergono dalla rac­ bellica tedesca se non avesse potuto di­ colta documentaria del Boelcke e dallo sporre del saccheggio della produzione e stesso libro del Janssen, concorrono a delle scorte dei territori occupati del­ dare un quadro abbastanza completo l’Europa occidentale e dell’Europa orien­ dell’attività dell’apparato guidato da Speer tale e soprattutto della manodopera coatta e della politica di sfruttamento nell’Euro­ razziata sull’intero continente. È noto pa soggiogata dal nazismo, contribuendo che la corresponsabilità di Speer nella al tempo stesso a ridimensionare la stessa razzia dei lavoratori stranieri affidata rilevanza tecnica dei successi conseguiti esecutivamente a Sauckel fu in sostanza dalla Germania, almeno temporaneamente, il capo d’accusa più pesante sollevato nei nel campo degli armamenti nel corso della suoi confronti a Norimberga. Oggi Speer seconda guerra mondiale (dalle vicende non può fare a meno di riconoscere della bomba atomica tedesca a quelle questa sua responsabilità (scrive in parti­ della missilistica, alle più generali inno­ colare a p. 548 nota 12: « Mi sento cor­ vazioni nel campo dell’artiglieria e delle responsabile della sciagurata politica del­ armi corazzate). la manodopera di Sauckel. Infatti ad Enzo Collotti onta di ogni divergenza d’opinione io fui sempre d’accordo con le deportazioni in massa di lavoratori stranieri in Ger­ mania da lui effettuate »). Ma noi sap­ G. Neppi-Modona, Sciopero, potere po­ piamo, e lo confermano le carte pubbli­ litico e magistratura. 1870-1922, Bari, cate dal Boelcke e le sue stesse memorie, Laterza, 1969, pp. 486, L. 4.700. che negli anni della guerra il suo com­ portamento si ispirò unicamente a criteri L. Bianchi d’Espinosa, M. Celoria, di opportunità in relazione all’utile della D. Greco, R. Odorisio, G. Petrella, produzione bellica tedesca; i suoi scontri D. Pulitanò, Valori socio-culturali del­ con Sauckel o con altri dirigenti nazisti la giurisprudenza, Bari, Laterza, 1970, (la stessa nascita delle cosidette Sperrbe- pp. 229, L. 2.600. triebe nei territori occupati) derivarono unicamente da ragioni di efficienza pratica Le cronache della repressione (cfr. o di opportunità; difronte a questi cri­ l’ampia casistica fornita da Angelo d’Orsi, mini la sua sordità morale non fu minore in Resistenza, n. 1, gennaio 1970, pp. 7-8) di quella di un Sauckel o di un Himmler, comprovano il naturale impatto di queste essa risulta semmai aggravata dalla stru­ due opere con la più viva e dibattuta mentalizzazione tecnocratica con la quale attualità. Il lettore — chiamato dagli uno Speer forniva ideologicamente e pra­ autori, tutti magistrati, ad una incur­ ticamente la giustificazione razionale ai sione in un mondo che era di pramma­ crimini puri e semplici del regime nazista. tica sottrarre rigidamente alla curiosità Troppo tardi lo stesso Speer cominciò dei non addetti ai lavori, sublimandolo a dubitare della vittoria finale e della nella sfera inattingibile del « sacro » — bontà della causa del Terzo Reich, e forse comprende agevolmente che de re sua soltanto quando si accorse di non godere agitur. più l’illimitato favore di Hitler e soltanto Uno degli esiti della « contesta­ quando vide la guerra colpire e travol­ zione » — e tra i più latamente apprez­ gere direttamente il Reich, nelle sue cit­ zabili — sta nell’aver arricchito il dibat­ tà, nel suo apparato industriale. Almeno tito culturale promuovendo l’analisi dei allora l’istinto di conservazione del capi­ diversi ruoli sociali e un inconsueto grado talismo tedesco lo spinse a paralizzare di coscienza e autocoscienza che nè l’in­ gli ordini di Hitler di fare della Germania segnante, nè il giudice, nè il militare, nè Rassegna bibliografica 165 il funzionario, nè il tecnico in genere, La tesi fondamentale di Neppi-Modona sono mai la cultura, la giustizia, la difesa, è infatti questa: non solo c’è continuità la tecnica, ma sempre una cultura, una tra liberalismo e fascismo — per i con­ giustizia, una difesa, storicamente incar­ tenuti e le modalità dell’attività giuri- nate e ideologicamente non neutre, ma sdicente relativa ai conflitti del lavoro — condizionate da e funzionali a specifici ma la magistratura ha svolto un ruolo rapporti tra le classi sociali. Delle due di punta nel programmare da lunga mano opere in questione, quella che affonda lo stato neo-autoritario: in particolare con maggiore determinazione il bisturi organizzando via via, in feconda e dialet­ d’una rivelatrice analisi storica nell’antico tica unità d’intenti con il potere politico, mito della neutralità del diritto, è quella nuove risposte giuridiche e nuove moda­ di Neppi-Modona. Essa comprende un lità repressive al crescere dei reati con­ vasto saggio di oltre trecento pagine e tro l’ordine proprietario e contro i rap­ un’appendice documentaria di cento. Il porti di potere: una crescita che è, pa­ saggio e i documenti raccolti sull’attività rallelamente, della struttura industriale e giudiziaria tra il 1870 e il 1922 — e del movimento operaio e contadino, spon­ su ciò che politicamente la precede e ne taneo e organizzato. L’autore sottolinea consegue — enucleano in particolare i quello che, alla luce della documentazio­ seguenti punti nodali: il rapporto (che ne proposta, « sembra essere il traguar­ dalle pagine di Neppi-Modona risulta do cui mira la Cassazione in questi anni: un vero e proprio connubio) tra autorità la punibilità della mera astensione dal politica e giudiziaria (pp. 24, 68-69, lavoro, a prescindere da qualsiasi episo­ 98, 130, 159-163, 238, 354-356, 368-372, dio di violenza o minaccia effettive » 388-389, 407); il controllo politico e (p. 158). Ribadisce con nettezza che: « La gerarchico sui magistrati (pp. 36, 87, punibilità dello sciopero pacifico, a pre­ 138, 162-163, 363-365, 390-392, 403404); scindere da effettivi episodi di violenza lo sforzo per adeguare via via il diritto o minaccia, ha sempre costituito una del­ positivo e l’attività giudiziaria allo svi­ le mete della giurisprudenza [...] » (p. luppo industriale e alla crescita del 328). E, giunto alla fine del lavoro, al­ movimento operaio e contadino (pp. 6, largando l’orizzonte fino al codice Rocco, 9, 30-31, 101, 146, 186, 235, 242, 382-383, può coerentemente presentarlo come il 396-397, 421422); la spinta all’unifica­ logico punto d’arrivo — in età di più zione dei criteri e degli orientamenti maturo sviluppo economico — d’una dot­ nell’azione penale contro i reati sociali, trina, d’una attività giurisdicente e d’un attraverso una coordinazione che parte tipo di interrelazioni tra potere politico dai ministeri dell’Interno e della Giusti­ e potere giudiziario, che hanno come pun­ zia e ridiscende tutta la scala gerarchica to di partenza — alle soglie dell’era in­ dei prefetti e dei procuratori fino a con­ dustriale — il codice Zanardelli. dizionare a priori e a sindacare a poste­ « Il totale cambiamento operato sul riori il giudizio sin dell’ultimo pretore terreno normativo nei confronti del codice di provincia (pp. 39, 40-41, 77-78, 80-81, Zanardelli non deve però indurre a 138. Documenti particolarmente probanti credere che le nuove disposizioni abbiano sono quelli relativi agli anni 1873, 1885, importato una sostanziale rivoluzione nel­ 1886, 1894, 1898, 1908, 1920, 1921). la repressione dei conflitti di lavoro: la Oltre che il frutto d’una più rigorosa maggior parte delle figure di reato pre­ coscienza del ruolo oggettivamente poli­ viste dal codice penale 1930 o dalla legge tico di determinati istituti e professioni, del 1926 non costituiscono infatti una l’opera del giovane giudice torinese si novità per la giurisprudenza dello Stato inserisce anche a buon diritto — portando liberale, che in via interpretativa aveva nuove pezze d’appoggio — nella recente fatto rientrare o nelle norme speciali del tendenza storiografica che va revisionando codice Zanardelli in tema di delitti con­ la tradizionale periodizzazione della storia tro la libertà del lavoro o in altre gene­ d’Italia nel Novecento: e così sciogliendo riche disposizioni pressoché tutte le fat­ definitivamente la concezione del fascismo tispecie ora sanzionate positivamente dal come « parentesi », attraverso la messa nuovo ordinamento. in discussione delle stesse usuali cesure A ben vedere quindi le nuove norme, storiche del ’22 e del ’43-45 e la risco­ lungi dal rappresentare una innovazione perta dei nessi interni — cioè della con­ profonda del sistema repressivo di fatto tinuità autoritaria — della società italia­ sino ad allora in vigore, ne costituiscono na prima, durante e dopo il fascismo. un semplice perfezionamento o, meglio, 166 Rassegna bibliografica un riconoscimento sul terreno del diritto da quella del regime sono assai più fre­ positivo » (p. 327). quenti » (p. 19) che in altri campi, rico­ Da questa tesi non discordano gli autori nosce anche schiettamente: « Però tale — anch’essi dei giudici — dell’altro volu­ indirizzo mostra di opporsi al sistema me in esame: Valori socio-culturali della ’ corporativo ’ del regime fascista, ed al­ giurisprudenza. Questo libro rientra, come l’ideologia che esso riflette, da posizioni quello precedente, nell’ampia indagine su schiettamente ’ liberali ’ nel senso tradi­ « L’amministrazione della giustizia e la zionale della parola; in quanto la sia pur società italiana in trasformazione », pro­ relativa apertura sociale che il sistema mossa dal « Centro nazionale di preven­ corporativo comportava, incideva sull’as­ zione e difesa sociale »; finanziata dal soluta ’ libertà ’ del datore di lavoro, sov­ CNR, essa è affidata a vari gruppi di vertendo il principio di autorità nell’orga­ ricercatori e ne sono già usciti vari vo­ nizzazione dell’impresa » (p. 19). lumi. Il presente comprende, oltre a L’opera non consente tuttavia al lettore un’introduzione del procuratore L. Bian­ di giungere ad un chiaro giudizio d’assie­ chi d’Espinosa e una premessa di Dino me sul grado di identificazione dei magi­ Greco, ricerche sulle implicazioni ideolo­ strati nel regime fascista, poiché R. Odo­ giche delle sentenze sui problemi del risio, l’autore a cui è affidata la ricerca lavoro (autore Roberto Odorisio), sul­ specifica sui reati di lavoro, sottolinea — l’erica familiare (autori M. Cristina Celo- all’opposto del prefatore d’Espinosa — ria e Generoso Petrella), sul buon co­ proprio « il notevole grado di omogeneità stume (autore Domenico Pulitanò). Le dei giudizi di valore nell’adesione ai prin­ ricerche hanno come base documentaria cipi ideologici del corporativismo. Tale 10 spoglio di 8.000 sentenze edite, dalle adesione solo in parte appare dovuta al quali si prendono in considerazione oltre clima di costrizione autoritaria del regi­ 1.800 passi; le epoche prescelte per que­ me. Il più delle volte essa sembra assu­ sto esame-campione sono tre e tali da mere gli accenti di una partecipazione permettere significativi confronti, che ci convinta, soprattutto là dove si tende a riportano alla questione dei robusti nessi sottolineare l’ingiustizia sociale insita nel interni della storia d’Italia tra Otto e precedente ordinamento » (p. 120). È, Novecento: l’età giolittiana, il fascismo, d’altronde, la caratteristica dichiarata dei 11 postfascismo fino al 1963. La stessa brevi saggi antologici che compongono caratteristica strutturale di un’opera a questa ricerca d’équipe quella di pro­ più voci rende in questo secondo volume cedere per sondaggi, fornire stimoli, il giudizio meno netto e più frammen­ aprire la strada a ricerche da compiere, tario e controverso che nel primo; nella piuttosto che costruire un discorso com­ sostanza, però, almeno un punto essen­ piuto, quale invece aspira — e riesce ziale risulta comune e cioè il ruolo effettivamente — ad essere l’opera di d’ordine affidato e volonterosamente fatto più saldo e organico impianto del Neppi- proprio dalla magistratura, che esce con­ Modona. Ed è certamente un merito di fermato per tutte e tre le epoche prese non poco conto che quest’ultima, con­ in considerazione. Il ruolo d’ordine dei temporaneamente, sia un’opera di rile­ giudici trova una significativa conferma vante respiro storico e d’altra parte ri­ proprio in quell’« antifascismo » — ma senta implicitamente del dibattito odier­ « di destra » — che i curatori del volume no e si presti ad un uso politico nel­ riconoscono in una parte, almeno, della l’oggi, dal momento che gli avvenimen­ magistratura. È una delle precisazioni più ti d’ogni giorno vanno via via renden­ fertili che esiste un antifascismo conser­ do più cruda e realistica l’ottica solita­ vatore proprio sulla problematica legata mente riguardosa, per non dire inibita, all’organizzazione del lavoro: una duplice con cui era d’uso guardare alla magi­ resistenza di una significativa parte dei stratura. Ad una tale visione — meno magistrati a rendersi conto sia della nuo­ mistica e più razionale -— del ruolo della va dimensione pianificatrice e interven­ magistratura, la ricerca di Neppi-Modona tista dello stato capitalistico, sia dei nuovi fornisce un apprezzabile retroterra stori­ compiti di tutela del lavoratore che in co: visto che la fermezza dei giudizi non questa fase non più essenzialmente pri­ va a detrimento della solidità dell’impal­ vatistica anche lo stato corporativo aspira catura documentaria. Una fermezza di ad assumere. Bianchi d’Espinosa, notando giudizio, sia detto di passata, di cui la che in materia di lavoro, « manifesta­ lettura di certa storiografia contempo­ zioni di un’ideologia dei giudici difformi ranea —■ tanto analitica, sfumata e, quasi, Rassegna bibliografica 167 terrorizzata dal giudizio d’assieme da ri­ cipando le innovazioni legislative e per­ sultare alla fine evasiva — fa maggior­ seguendo una politica non solo conver­ mente apprezzare, per contrasto, lo gente con la volontà del potere esecutivo, schietto sapore. In particolare, sembra ma talvolta autonomamente indirizzata davvero istruttiva la documentazione che verso un’azione di difesa degli interessi il Neppi-Modona fornisce circa il ruolo delle classi borghesi, che vengono pun­ creativo esercitato dalla magistratura per tualmente fatti coincidere con quelli rispondere con continuità e duttilità alla dello Stato, della conservazione dello sua funzione di legittimare giuridicamente status quo e della società intiera » l’ordine e la difesa dell’ordine di fronte (p. 333). ai reati di classe, anch’essi via via evol- Di fronte alla documentata schiettezza ventisi e creativi lungo l’arco degli anni con cui Neppi-Modona fa giustizia del e il crescere della società industriale. Non mito dell’autonomia e neutralità dei giudi­ intendo tanto porre l’accento sul ruolo ci e di quello complementare del carat­ di classe della magistratura: assunto ideo­ tere meramente esecutivo della loro fun­ logico, questo, che certo dalla presente zione di custodi delle leggi, i contributi ricerca riceve un forte appoggio docu­ dei diversi autori di Valori socio-culturali mentario, tale anzi da far quasi risco­ della giurisprudenza appaiono, almeno a prire — anche a chi vi fosse preventi­ tratti, più impigliati in omaggi alle vec­ vamente orientato, e con un grado per­ chie certezze: benché Dino Greco, nella sino inatteso di adesione della prassi sto­ sua premessa, di metodo, palesi il suo rica al principio teorico — la carica rive­ scetticismo di fronte al tentativo di indi­ latrice di tale assunto. Piuttosto — alla viduare attraverso l’analisi delle singole luce della discussione in atto, dentro e sentenze l’« ideologia della magistratura » fuori della magistratura, sulla questione (titolo di un’opera del Moriondo), e pon­ dei rapporti tra legislazione d’origine fa­ ga in rilievo come gli scarti interpretativi scista e costituzione repubblicana e quin­ dipendenti dagli orientamenti ideologici di sul ruolo esecutivo ovvero interpreta­ del giudice siano contenuti e incanalati tivo ed evolutivo dei giudici, chiamati verso una presunta oggettività (pp. 43^14) all’applicazione di leggi non abrogate — dalla preventiva accumulazione di schemi questo preme mettere in rilievo, sulla di riferimento consuetudinari « i quali scorta di Sciopero, potere politico e magi­ fanno sì che l’atto interpretativo non sia stratura: come, in realtà, alla legalità il risultato di una scelta (anche dove fatiscente dell’età preindustriale e poi li­ potrebbe esserlo) ma avvenga invece con berale i magistrati abbiano dimostrato riferimento a schemi dati (dottrina, orien­ coi fatti, dalla Cassazione ai pretori, di tamento interpretativo ecc.) senza impli­ non farsi scrupolo di collaborare a sosti­ care alcuna adesione ideologica da parte tuire una nuova legalità, costruendola a del suo soggetto, il quale, pertanto, opera poco a poco a seconda delle esigenze e allo stesso modo in cui opera quando dei rapporti di forza reali: abbiano cioè applica la norma positiva al caso concre­ decisamente rivendicato alla magistratura to » (p. 41). Premessa significativa, poi­ un ruolo creativo, nei confronti della leg­ ché tende a spostare l’attenzione del let­ ge scritta, dimostrando — con le figure tore dal tema dell’opinabilità soggettiva -di reato, le incriminazioni e le sentenze dei « valori » e dei giudizi processuali — la permeabilità dei codici e della legge che ne conseguono, a quello politicamente positiva alle diverse sollecitazioni inter­ di maggior rilievo dell’ancoraggio « og­ pretative suggerite dalla dinamica sociale; gettivo » fornito dalla dottrina tradizio­ e facendo così del potere giudiziario, per nale e dalla gerarchia al singolo giudice. un verso, un permanente elemento di sta­ Comunque, dato il terreno d’indagine bilizzazione (anche nei momenti di ri­ prescelto, quest’opera fornisce prove del formismo a livello economico e politico), condizionamento socio-politico dei giudici per l’altro un’ala marciante nella costru­ su un piano diverso da quello di Neppi- zione dello stato neo-autoritario (su Modona e inevitabilmente più vago e questo punto cfr. ora anche di Federico sfuggente: poiché il ruolo dei giudici in Governatori, Stato e cittadino in tribunale, quanto funzionari di un sistema non viene Bari, Laterza, 1970, pp. 55-96). qui studiato attraverso il linguaggio cru­ « Sembra quindi potersi concludere do e incontestabile delle lettere « riser­ che la magistratura, nel settore dei con­ vate alla persona » o delle circolari del flitti di lavoro, ha sempre svolto una ministro dell’Interno, della Giustizia e ben individuata e coerente funzione, anti­ dei procuratori del regno; bensì nel­ 168 Rassegna bibliografica l’opera di interpretazione e di difesa dei giolittiano. L’autore infatti conclude la cosiddetti « valori sociali correnti », del sua ricerca osservando che « la giurispru­ « sentimento etico-medio », del « senti­ denza [...] non solo svolge una funzione mento comune » ecc. Sull’opinabilità di fiancheggiatrice degli indirizzi governativi, tali valori (d’altronde relativa, come si ma si addossa responsabilità che tocche­ è detto) richiama in linea pregiudiziale rebbero al potere legislativo, creando in l’attenzione Greco e l’antologia di sen­ via interpretativa nuove figure di reato, tenze fornita nei saggi sul lavoro, l’etica sì da raggiungere gli stessi risultati che familiare, il buon costume, da Odorisio, si sarebbero ottenuti con l’emanazione di Celoria, Petrella e Pulitami, ne fornisce apposite norme incriminatrici, specie qualche — a volte sconcertante — prova quando l’esecutivo non ha nè la conve­ documentaria. nienza nè la forza politica di dichiarare Torniamo al Neppi-Modona e alla pro­ apertamente i suoi intenti repressivi » grammazione dello stato neo-assolutista (p. 333). attraverso la mediazione dello stato libe­ Sembrerebbe un’impostazione corretta- rale-autoritario: la magistratura partecipa mente applicabile anche all’età giolittiana. attivamente a tale processo di trasfor­ Invece l’autore non sembra alieno dal mazione delle strutture dello stato, agen­ tentativo di salvaguardare dignità auto­ do sia come strumento ispirato e control­ noma all’esperimento politico riformatore lato dal potere politico, sia come corpo di Giolitti, come se fosse possibile isolar­ autonomo spontaneamente orientato verso ne la dimensione politica, con il suo se­ la difesa dell’ordine. Sulle modalità poli­ gno riformatore, dalla dimensione giudi­ tiche del rapporto tra gerarchia di gover­ ziaria, della quale egli non manca di no­ no e gerarchia giudiziaria, fornisce una tare puntualmente il segno reazionario. stimolante documentazione Sciopero, pote­ Ora, è lo stesso Neppi-Modona a rilevare re politico e magistratura; alle ragioni che « malgrado le dichiarazioni conci­ sociologiche dello spontaneo orientamento lianti di Giolitti, l’intervento delle forze conservatore dei giudici fa ricorso invece armate e le repressioni sanguinose delle Valori socio-culturali della giurisprudenza. agitazioni operaie e contadine costitui­ « Si è visto che la giurisprudenza svol­ scono ancora, almeno nel Mezzogiorno, ge, nei confronti dei mezzi di lotta della la conclusione normale dei conflitti più classe operaia, una coerente funzione di acuti tra capitale e lavoro » (p. 94); a difesa delle istituzioni e delle classi do­ cogliere come una costante della politica minanti, aderendo, sia pure inconsciamen­ giolittiana la « rigida discriminazione tra te e molto spesso spontaneamente, cioè le rivendicazioni del proletariato del nord senza necessità di pressioni dirette da e le proteste delle zone agricole del Mez­ parte dell’esecutivo, alle tesi suggerite zogiorno » (p. 97); e, ancora, a sottoli­ dal potere politico, nel tentativo di ar­ neare la netta distinzione giolittiana tra ginare le nuove forme di manifestazioni scioperi economici e scioperi che in qual­ che il proletariato mano a mano sostitui­ che modo possano mettere in pericolo sce o affianca allo sciopero tradizional­ i rapporti di classe e l’ordine pubblico, mente inteso» (Neppi-Modona, p. 171). tra i quali il « bolscevico dell’Annuzia- Avviandosi verso la conclusione logica ta » pone senz’altro gli scioperi nei ser­ della sua ricognizione sull’età liberale, vizi pubblici (pp. 134-136); e inoltre a l’autore accenna — con indicazione dra­ segnalare le pronte prese di posizione stica, che certo trarrà vantaggio da una contro una nuova forma di lotta delle ulteriore e approfondita documentazione classi subalterne, il sabotaggio (p. 153), — che la giustizia alle soglie del regime e la stretta di freni intorno al 1904, quan­ è « ridotta al rango di docile strumento do le agitazioni si politicizzano e il con­ del potere esecutivo e delle esigenze trollo dei socialisti riformisti sulle masse contingenti di tutela dell’ordine pubblico, appare messo in discussione dall’entrata di sostegno deH’illegalismo fascista e in azione dei sindacalisti (p. 100). Ed è degli interessi di classe che ne costitui­ proprio sulla scorta dei dati da lui stesso scono il presupposto » (p. 260). forniti sui precisi limiti politici entro cui Ma se sul nodo del dopoguerra l’approc­ si inquadra il riformismo giolittiano che cio, pur rapido, non solleva dubbi d’im­ mi sembra una forzatura quella dell’auto­ postazione, un dubbio invece sembra le­ re, quando, da una parte, spiega l’intran­ cito sollevare per quanto riguarda l’ana­ sigente interventismo della magistratura lisi dei rapporti tra potere politico e po­ — anche in caso di scioperi rivendicativi tere giudiziario all’interno del sistema e « legalitari » — ripiegando sulla sua. Rassegna bibliografica 169'

« autonoma vocazione conservatrice tena­ Alistair Horne, Come si perde una bat­ cemente difesa, al di 6opra e contro gli taglia, Francia 1919-1940: storia di una indirizzi politici generali del paese » disfatta, Milano, Mondadori, 1970, pp. (p. 92); e, d’altra parte, giustifica l’inso­ 652, L. 3.500. lito « assenteismo politico del potere esecutivo » — che non certo a caso per la prima volta si manifesta proprio di È stato osservato che l’inglese Horne fronte a tale scarto tra l’azione repres­ racconta « come » la Francia perse la guer­ siva dei giudici e l’azione integratrice ra ma non ne spiega il « perchè ». Il dei politici — semplicemente affermando rilievo, entro certi limiti, coglie nel segno. che: « Giolitti non aveva nè la conve­ E ciò non tanto perchè l’A. abbia dedicato nienza nè la forza politica di suscitare ed molte pagine ai fatti puramente militari, affrontare la reazione dell’opinione pub­ ma soprattutto perchè, anche quando ha blica conservatrice che, trovando fecondi voluto indagare sulle componenti più pro­ spunti nell’ambiente piuttosto retrivo del­ fonde del crollo della Terza Repubblica, la magistratura, avrebbe certamente de­ lo ha fatto con relativa ampiezza ma nunciato le indebite ingerenze dell’ese­ senza distacco fra i vari piani. Sicché il cutivo nell’amministrazione della giusti­ lettore, sommerso da una copiosa offerta zia, facendo appello al comodo feticcio di notizie strategiche, politiche ed econo­ dell’autonomia e dell’indipendenza del­ miche nonché di materiale aneddotico e l’ordine giudiziario » (p. 93). Ora, la memorialistico, difficilmente giunge a un ricerca stessa di Neppi-Modona fornisce giudizio di sintesi. Perchè il risultato ricchi e solidi dati per comprovare come fosse diverso, sarebbe occorso che l’A., le varie articolazioni di un sistema poli­ invece di lasciarsi dominare dai fatti, li tico interagiscano, certo, con gradi vari avesse ordinati secondo un criterio in­ di resistenza o mobilità, ma nella sostanza terpretativo legato ad una più decisa convergano nella formazione, appunto, di angolazione politica. Par quasi che Horne, un equilibrio, di un « sistema », al quale rendendosi conto di questo vuoto, vi il segno di direzione è impresso dalla abbia supplito alla meno peggio, rispol­ volontà politica del governo: e tanto più verando lo schema della secolare rivalità di un governo forte e autorevole come franco-tedesca (della quale, in altre opere, quello di Giolitti. Da questo punto di egli ha colto due diverse tappe: Verdun vista, l’« assenteismo » del governo di e Sedan). Ma si tratta, come ognun vede, fronte all’azione repressiva della magistra­ di una chiave tanto ovvia quanto tauto­ tura nei conflitti del lavoro, dopo che logica e non appagante. Certo un’analisi anni di « interventismo » ne avevano della situazione francese fra le due guerre creato le condizioni e la mentalità, non offre una così grande complessità di appare affatto un’omissione o un segno motivi da sgomentare lo storico. Tuttavia di debolezza, ma una scelta precisa: l’ac­ ci sembra che due fatti fondamentali, cettazione, vale a dire, come componente la saignée del 1914-18 e la rivoluzione dei determinante dell’equilibrio giolittiano — Soviet, offrano le strutture portanti at­ diversamente, ma non meno determinante torno alle quali si ordina naturalmente delle riforme — dell’ancoraggio stabi­ la molteplice catena delle cause, delle lizzatore e repressivo fornito dalla magi­ concause e degli effetti: crisi di valori stratura. morali riflesso della crisi economica e Il nesso tra azione politica integratrice del guasto degli strumenti politici inido­ e azione giudiziaria repressiva è sostan­ nei a sopportare il solo pericolo di una ziale sia per leggere Sciopero, potere poli­ messa in discussione del regime della pro­ tico e magistratura come un’opera di sto­ prietà; crisi dei partiti rivoluzionari che, ria riguardante il passato, sia per leggerlo dopo il trionfo della reazione in Italia, come un testo di chiarificazione politica Austria, Ungheria, Germania e Spagna, indiretta, riguardante il presente. Per fidano esclusivamente nel molto dubbio questo spiace che un libro così utile e internazionalismo sovietico; tentazioni fa­ nuovo presti il fianco ad equivoci pro­ sciste, Fronte popolare, non intervento prio su questo nodo essenziale. in Spagna, Monaco (qui l’A. è partico­ larmente sfuggente) e, sullo sfondo, il de­ Mario Isnenghi clino demografico, l’alcoolismo e l’anti­ semitismo. In questo pabulum prosperano i germi della disfatta con i suoi corollari del petenismo e della collaboration che 170 Rassegna bibliografica non sono accidenti piovuti dal cielo, ma tariato francese anche se ovviamente sa­ rappresentano la grande occasione cercata rà esso a sopportare i sacrifici maggiori dalle forze più retrive per dar scacco al della guerra pure non sanguinosissima. regime parlamentare seppellendo con esso Lo smarrimento conseguito al patto non solo lo spettro del comuniSmo, ma Hitler-Stalin metterà in quarantena la anche il laicismo, il vecchio radicalismo classe operaia che si ritroverà unita nelle dreyfusardo, il riformismo, insomma tut­ file della Resistenza solo un anno più ti gli incomodi resti della rivoluzione tardi quando le posizioni all’Est saranno cosiddetta « borghese ». I predicatori del chiarite per iniziativa dei nazisti. Questo retour à la terre sono gli stessi che quat­ ritardo sarà pagato con la perdita del­ tro anni prima sussurravano mieux Hi­ l’opportunità di confiscare a favore della tler que Blum. Le disquisizioni sui mez­ lotta contro il nemico di classe i con­ zi corazzati e sul loro impiego diran­ tenuti patriottici e popolari della guerra no al più « come » il fiore dell’eserci­ all’imperialismo nazista: De Gaulle, a to francese sia rimasto in pochi gior­ Londra, avrà già precostituito l’alibi della ni intrappolato a nord della Somme, parte più scaltra della borghesia. Nel ma non illuminano le ragioni di una legame pedissequo al pragmatismo so­ rivoluzione industriale mancata, o rima­ vietico vi sono le radici delle successive sta a mezzo, che si riflette in una scuola sconfitte della classe operaia e del mara­ militare obsoleta, intorpidita e ottocen­ sma della quarta e della quinta repubbli­ tesca. La debolezza dell’apparato militare ca. Taluni elementi di quanto abbiamo francese rispecchia fedelmente il volto frettolosamente accennato invero non invecchiato di una classe dirigente che mancano nel libro di Horne. non ha saputo nè mettersi sulla via delle Essi anzi sono offerti con brillante riforme, nè diventare apertamente fasci­ arte del porgere ma, nello stesso tempo, sta. Solo l’analisi di questi temi consente annegati in una congerie di altri dati di individuare il comune denominatore poco significativi o di dubbia conclu­ che sta alla base tanto della drôle de denza, il tutto secondo una tecnica che, guerre quanto del fatto che, più tardi, sia detto senza offesa, ricorda un po’ la prospettiva di continuare a combattere quella dei supermercati. Come a chi sui mari e nelle colonie sia stata scar­ entra in un supermercato può capitare tata di fronte all’opportunità di trasfor­ di acquistare tutto all’infuori di ciò di mare la disfatta in una grossa operazione cui ha veramente bisogno così il lettore repressiva interna. Ma già in tutta la di Horne rischia, a libro chiuso, di tro­ storia francese del secolo XIX è facile varsi ricco di nozioni non coordinate e cogliere il filo « nero » di una borghesia perciò povero di idee. che, nata giacobina, rinnegherà ben presto Tanto premesso, bisogna però ricono­ i principi dell’89, che nel 1871 mobili­ scere che le parti strettamente militari terà la vieille France provinciale per pu­ del libro, pur non arrecando vere novità, nire con il ferro e con il fuoco la capitale offrono una disamina di prim’ordine per rivoluzionaria, che chiamerà a raccolta chiarezza espositiva e ricchezza di parti­ le forze quando — con l’affaire Dreyfus colari. La battaglia di accerchiamento nel­ — si sentirà messa in discussione, che le Fiandre, dal punto di vista professio- eliminerà Jaurès al momento opportuno, nale-militare, resta forse insuperata. È che cercherà di fiaccare ogni pericoloso interessante riviverla dalle fasi prepara­ dinamismo nella tragica revanche del torie fino all’attuazione dello straordina­ 1914-18. Dopo il ’18 non vi sono più rio piano di Manstein. Gli alleati si « falsi scopi » a disposizione: lo scontro precipitano attraverso il Belgio per in­ frontale con il nemico interno è possibile vestire quella che essi ritengono l’ala o almeno temuto. Altro che rivalità fran­ marciante avversaria (mentre invece è il co-tedesca! È il Fronte popolare che, perno), ma i tedeschi collocano lo schwer- se fallisce come alternativa di potere, punkt in corrispondenza al perno fran­ basta ad imprimere una paura che non cese ed imprimono agli eserciti il moto sarà dimenticata. È ancora lo stesso fi­ di una porta girevole che i franco-in­ lone nero che trionfa a Monaco e che glesi, con il loro stesso impeto, aiutano nel 1940, sulla scia dei panzer tedeschi, a chiudere alle proprie spalle. Ottima la cancella finalmente il trinomio liberté, ricostruzione particolareggiata della corsa égalité, fraternité ed inalbera l’agricolo al mare dei panzer. Probabilmente da e cattolico travail, famille, patrie. Grande condividere l’apprezzamento che, se an­ assente nel 1939-40 è in fondo il prole­ che il piano geniale non avesse fruttato Rassegna bibliografica 171 •ai tedeschi successi più rapidi di quel tamente a costruire un discorso non acca­ che essi si attendevano, in nessun caso demico, e la cosa è tanto più chiara in gli anchilosati cervelli militari francesi quanto — in diverse sedi — egli ha avrebbero retto il confronto con gli uomi­ colto l’occasione per polemizzare contro ni nuovi tedeschi: i Guderian, i Rein­ la sterile storiografia dei santoni del­ hardt, i Rommel, gli spregiudicati con­ l’italica repubblica delle lettere; o — se dottieri della Panzerwaffe, prodotto ul­ si preferisce — dell’italica feudalità uni­ timo della moderna tecnocrazia germani­ versitaria. Quando egli ci parla dell’Italia ca. Ma anche qui sorge invincibile il de­ tra il 1940 e il 1943, il suo interesse va siderio del « perchè », la necessità di al quadro d’insieme, alle motivazioni di risolvere i troppi punti interrogativi che fondo; non intende nemmeno affrontare, circondano ancora la celebrata, ma, in ad esempio, un esame critico delle fonti fondo, non ben spiegata efficienza te­ o impegnarsi per il rinvenimento di nuove desca. Naturalmente non di tutto si può fonti documentarie. far colpa a Horne ed anzi sembra equo Se una ricostruzione del genere di quel­ riconoscere che il tema da lui scelto è la che, con questo libro, Bocca intendeva così appassionante e inesauribile che dif­ darci fosse possibile allo stadio attuale ficilmente ci si sentirebbe appagati della ricerca — stadio che è un punto quand’anche egli fosse immune dalle di partenza indubbiamente condizionante manchevolezze che ci è parso di po­ per tutto il lavoro — potrebbe anche tergli addebitare. essere un modo di affrontare la discus­ La versione italiana è scorrevole ed sione; ma poiché non sempre la validità esatta salvo per alcuni termini militari di una ricostruzione storica discende dai di fronte ai quali le traduttrici sono suoi apporti documentari, non è in que­ ricorse al vocabolario con risultati scon­ sto senso che vale la pena di procedere. certanti: così le artiglierie semoventi di­ Del resto, su questo terreno, il cammino ventano «cannoni [...] autopropellenti sarebbe assai breve; e basterebbe forse montati su binari », gli Stukas si tra­ il paragone tra la povertà della base do­ sformano in « caccia-bombardieri » ecc. cumentaria diretta e la ricchezza delle Ma si tratta di piccoli infortuni ai quali fonti memorialistiche per giungere a con­ il lettore rimedia facilmente da solo. clusioni sicuramente negative: il divario tra le prime e le seconde conferisce a Lucio Ceva tutta l’analisi un vizio di fondo perchè, se da una parte molti dei giudizi mutuati dalla memorialistica sono per lo più ovvi e scontati, d’altra parte là dove Bocca G iorgio Bocca, L’Italia nella guerra fa­ vorrebbe introdurre nuove valutazioni si scista 1940-43, Bari, Laterza, 1969, sente la mancanza di riferimenti docu­ pp. 540, L. 5.000. mentari adeguati. Tuttavia, in questo caso, l’apporto in­ Ad onta di quanto suggerirebbe il ti­ terpretativo del libro è più rilevante di tolo, non è l’Italia nel suo complesso, ma quello documentario; ed è in tal senso il fascismo, con i suoi gerarchi, il suo che vale la pena di individuare le dire­ esercito, i suoi dirigenti industriali, il zioni in cui l’autore si è mosso, per di­ vero protagonista del libro; masse popo­ scuterne la collocazione e valutarne il lari — classe operaia e contadini — ed significato. opinione pubblica emergono solo di scor­ Non a caso il libro di Bocca si apre cio, e quasi sempre unicamente in fun­ con la parata delle più note frasi storiche zione subalterna. mussoliniane: un filo conduttore che via Una storia dell’Italia fascista, quindi, e via s’irrobustisce fino a riverniciare a niente di più. Tuttavia un discorso cri­ nuovo, gonfiare e far troneggiare su tutto tico sull’opera di Bocca non può pre­ il mito del dittatore da burla. Sullo sfon­ scindere da una considerazione prelimi­ do degli avvenimenti tragici, l’imbecillità nare: siamo di fronte all’opera di uno e la debolezza del duce e della sua cer­ storico non professionista, di un giorna­ chia, di tutta la classe politica espressa lista che descrive e discute il recente dal regime, continuano a richiamare l’at­ passato; ma che non pretende di affron­ tenzione del lettore; e proprio per que­ tare quei problemi critici e filologici che sto si può affermare che è un ritratto toccherebbero a un uomo — per così dell’Italia fascista — e solo di quella — -dire — del mestiere. Egli mira esplici­ ciò che ci sta davanti. L’osservazione, 172 Rassegna bibliografica tuttavia, può essere spinta anche più a il secondo binario su cui corre l’inter­ fondo: si può dire addirittura che qui pretazione di Giorgio Bocca. Accanto al confluiscano e trovino la loro consacra­ regime, nella veste di corresponsabile di zione storiografica le battute mordaci e tutte le carenze politiche, economiche i giochi di parole, gli slogan un po’ qua­ e sociali che hanno portato il paese alla lunquistici di quello che fu chiamato l’an­ sconfitta, sta infatti l’industria. Un’indu­ tifascismo della barzelletta; e che questo stria che ha messo l’Italia in grado di ultimo anzi riannodi le sue tesi con quelle staccarsi dai paesi poveri mediterranei d’un altro antifascismo, quello di chi e di agganciarsi, sia pure con fatica, al non seppe vedere nel regime altro che la gruppo delle grandi potenze» (p. 61); mancanza di serietà morale, la povertà ma che rimane sempre imprigionata ne­ di cultura e l’ignoranza. Lo mostra chia­ gli schemi di un capitalismo « imma­ ramente il fatto che l’autore — peraltro turo », legata « mani e piedi » alla poli­ ardito nel polemizzare (p. 143) contro tica economica protetta. Il discorso del­ coloro che vogliono fare la storia con i l’autore è — su altri temi — più lim­ « se » — sia costretto da questa sua lo­ pido, mentre su questo punto s’avvertono gica a sottolineare con puntiglio gli errori contraddizioni e incertezze; ma un fatto politici e militari del regime, e soprat­ certo emerge con chiarezza dalle pagine tutto la miopia intellettuale di Mussolini; dedicate a questo argomento: l’industria come avviene quando vuol dimostrare che va posta allo stesso livello del regime; la guerra a fianco di Hitler era tutt’altro è anch’essa una costruzione da operetta, che inevitabile, che Mussolini non seppe anch’essa è limitata e miope, incapace di nemmeno aspettare, non seppe « prolun­ grandi disegni: « anche nelle maggiori gare di qualche mese la non belligeranza » imprese l’attrezzatura è ridotta al mini­ per « avere maggiori elementi di giudi­ mo, basta la rottura di un maglio, di uno zio »; ma — aggiunge poi — Mussolini stampo per fermare una catena» (p. 121). era « da sempre uomo impaziente » Certo è difficile contestare — se si ac­ (p. 152), e l’avidità, l’orgoglio, la me­ cetta il metro di giudizio di Bocca — galomania lo spinsero al conflitto. Non l’insipienza di tutta la condotta dell’in­ siamo, a questo punto, quasi alla bana­ dustria italiana, la sua connivenza con lità del: « se Mussolini non avesse fatto tutti gli errori del fascismo. Quello che la guerra... »? conta tuttavia non è il fatto che — ad Una sistemazione abilmente (se non esempio — « nè la Fiat, nè l’Isotta proprio solidamente) documentata delle Fraschini — come afferma il Bocca — più scontate affermazioni sulle incapacità hanno la struttura tecnica e finanziaria politiche, economiche e militari del fa­ per decidersi ai grandi' investimenti ne­ scismo: questo il succo che il lettore non cessari alla programmazione produttiva *• può non spremere dall’opera. Un punto di (p. 138). vista che ha certo un peso non indiffe­ Come per il regime fascista la caricatu­ rente nei correnti giudizi sul fascismo e ra del duce, il pettegolezzo qualunquista che molti, anche tra i protagonisti del­ di Ciano sulla corruzione del regime, la l’opposizione al regime, sono ancor oggi documentazione sull’imbecillità dei ge­ disposti a condividere. Ma quanto a que­ rarchi ci interessano poco proprio per­ sto argomento, la lezione gaddiana in chè nulla dicono sulle radici profonde merito a « que’ due mascelloni del te- della dittatura e sul suo significato nella trocefalo e rachitoide babbeo, e l’esof­ storia d’Italia; così è difficile acconten­ talmo dello spiritato » ha raggiunto vette tarsi, in tema di analisi delle strutture inattingibili per la stentata, ahimè, al produttive, della denuncia dell’arretra­ paragone, penna del Bocca. tezza tecnica e scientifica, e della descri­ E pertanto osservazioni di questo ge­ zione della ottusità — che ben pochi nere non varrebbero la pena d’una detta­ sono disposti a mettere in dubbio — gliata esposizione se l’autore non avesse della dirigenza industriale italiana. avuto ben altre ambizioni, se non ci fos­ Il libro si limita infatti a ripeterci se stato da parte sua il tentativo di guar­ che l’industria ha in Italia carattere- dare più a fondo nella situazione del pae­ parassitario, e che mai è stata capace di se per indicarne carenze sociali ed econo­ uscire dalle sue crisi se non scaricando­ miche, e per denunciare le responsabilità ne il peso sulla classe operaia e sul­ storiche della sua classe dirigente. l’intero paese, grazie all’aiuto del regime; Quest’analisi è sicuramente la parte e sottolinea — giustamente del resto — più interessante del libro e costituisce che i miti ruralistici del fascismo (ne Rassegna bibliografica 173 fosse Mussolini « consapevole o incon­ fascista di essere imperialisti » (p. 247) è sapevole », poco importa) servirono ad eludere i problemi; occorreva, caso mai, alimentare una « conservazione a livello compiere l’operazione inversa e com­ inferiore, con la disciplinata Vandea con­ prendere per quali ragioni la guerra fa­ tadina, serbatoio di mano d’opera a buon scista rientri di pieno diritto nella fe­ mercato e di carne da cannone » (p. 33). nomenologia dei paesi capitalisti, Ma quando poi deve spiegare i motivi v L’equivoco maggiore della ricostruzione del consenso dato di fatto al regime, che Bocca ci offre nasce, su questo ter­ malgrado le incertezze e le speranze del­ reno, dalla convinzione di poter far sca­ l’ultima ora, al momento dell’entrata in turire il giudizio storico-politico solo dal­ guerra, l’autore non sembra disposto a la considerazione dell’arretratezza tecnica trarre da quanto egli stesso ha detto le e culturale: lo sfondo politico e sociale conseguenze logiche e necessarie. Se la ne viene appiattito e declassato. La via dirigenza industriale giocò col regime il che è stata così scelta per descrivere suo bluff, nascondendo il reale stato di l’Italia nel primo triennio della guerra arretratezza che la caratterizzava, e se mondiale risulta perciò una strada a questo bluff fu ampiamente ripagato a fondo cieco, che può offrire lo spunto tutti i livelli dell’organizzazione statale per alcune pagine anche brillanti, per e militare, Giorgio Bocca — che pure alcuni scorci anche gustosi di situazioni s’affanna a chiarire che mai la sconfitta e di personaggi miserabili e goffi; ma a italiana fu dovuta semplicemente all’in­ cui manca indiscutibilmente la possibilità sufficienza occasionale, ma fu (come nel di cogliere in prospettiva la linea di svi­ caso dell’attacco inglese a Taranto) luppo del paese, lo stesso autonomo moto « colpa dell’intero paese, del suo basso che portava il fascismo alla guerra (al di livello tecnico-industriale » (p. 276) — là delle follie del dittatore), o magari avrebbe dovuto spiegarci su quali riserve il reale enuclearsi di nuove forze d’oppo­ il regime, l’esercito e l’industria, ciascuno sizione. a suo modo, contavano per supplire a Quale sia la chiave per così dire ideo­ quel baratro d’inefficienza di cui erano in logica da cui nasce questo orientamento ultima analisi ben consci. In un certo storiografico non è difficile a indivi­ senso, la risposta è a grandi linee pre­ duarsi: « ... nei paesi capitalistici arre­ sente, in modo implicito e schematico, trati — scrive candidamente l’autore — nel libro stesso: quando l’autore, ad chi ha il denaro ha il potere... » (p. 49). esempio, ci parla della retorica del corag­ In questa frase si riassume l’ispirazione gio con cui i soldati furono mandati al di fondo del libro: qui sta tutto l’apporto macello (si vedano le pagine sulla guerra interpretativo di Bocca. E’ chiaro che di Grecia) oppure — come sopra ricor­ per lui, severo giudice di questo capita­ dato — accenna al « serbatoio di mano lismo arretrato, la via alternativa alla d’opera a buon mercato e di carne da condotta imposta dal regime e dagli in­ cannone ». Era sempre la logica diretta dustriali poteva essere rappresentata dal­ al massimo sfruttamento delle classi l’adozione dei « metodi imprenditoriali di subalterne: la logica immanente del si­ avanguardia » (p. 48), come quelli ad stema capitalistico; ma, su questa linea, esempio che Adriano Olivetti avrebbe era necessario indagare in ben altre di­ voluto importare, o come il sistema Be­ rezioni, far parlare altre testimonianze, deaux per la razionalizzazione produttiva. affrontare problemi più vasti. L’autore, E’ dubbio che queste scelte avrebbero al contrario, si accontenta di molto meno: permesso che il potere cambiasse di ma­ e se è per certi aspetti divertente leggere no; ma rimane certo — sul piano sto­ le pagine dedicate alla « diplomazia del­ riografico —- che questo è un modo ben l’impotenza » — come Bocca battezza i strano per giudicare un paese intero, una reciproci inganni tra comandi militari, intera società; tanto più che l’autore sem­ sfere politiche e industriali, tutti preoc­ bra ignorare che il sistema Bedeaux ■— ad cupati di barare nei confronti dei com­ esempio — non cadde solo perché gli in­ pagni di guerra, nell’intento di respin­ dustriali italiani non ne capirono l’utili­ gere ogni responsabilità e di guadagna­ tà (posto che ciò sia dato per vero), ma re posizioni di potere all’interno — bi­ anche perché la classe operaia (si vedano sogna riconoscere che tutta questa ana­ in proposito anche solo le annate di lisi è una serpe che si morde la coda; e « Stato Operaio » tra il 1932 e il 1936) che approdare a un giudizio che cataloghi si batté per rifiutarlo, con una lotta te­ le vicende della guerra come « il modo nace e difficilissima. E questa non è solo 174 Rassegna bibliografica una pecca nella tecnica della ricerca; è tra i due regimi possa reggere a un esa­ piuttosto il portato di una profonda fe­ me approfondito. de nella perfettibilità del capitalismo, è Del resto, nel seguire l’autore su que­ l’inevitabile limite di un’analisi fonda­ sto terreno, si è concesso anche troppo ta esclusivamente sul processo alle capa­ alla validità di un’impostazione domina­ cità della classe dirigente, senza tener ta ad ogni passo dalla preoccupazione di conto delle tendenze più profonde e più sottolineare l’inefficienza produttiva, la generali che accompagnavano lo svolgi­ corta prospettiva del fascismo italiano; e: mento della guerra fascista. ispirata in ultima analisi al culto dell’ef­ Del resto, per misurare quanto sia ficienza produttivistica. labile ed infido il metro di giudizio adot­ Va anche chiarito che la parte sulla tato da Bocca basta prendere in con­ quale ci si è fin qui soffermati è in defi­ siderazione il termine di paragone di cui nitiva la meno ampia. L’autore — se lo egli fa costantemente uso per giudicare si vuol misurare a nostra volta sul piano l’Italia fascista: la Germania — o meglio produttivo, in base cioè al numero delle « ... la tenace, metodica politica economi­ pagine che dedica a ciascun argomento — ca tedesca » — è per lui non solo un si mostra appassionato soprattutto alle fattore determinante nella storia dell’Ita­ vicende militari; le quali sono ovviamen­ lia in questi anni, ma il campione addi­ te un magnifico terreno di caccia per chi rittura della tecnica produttiva e della voglia dimostrare che « l’errore capitale- sua finalizzazione agli scopi militari. E di Mussolini » fu « partecipare alla guer­ Giorgio Bocca non ha timori di spingersi ra non per combatterla ma per racco­ troppo in là — senza simpatie, questo è gliere gli avanzi del bottino tedesco » fuori discussione —- nell’ammirare la (p. 198) o che « pochi, da noi, amano il macchina dell’economia nazista. Ma sem­ lavoro modesto e ingrato dell’istruttore bra dimenticare che questo paradigma di subalterno, del sergente che urla coman­ organizzazione e di razionalizzazione del di dal mattino alla sera » (p. 103), o sistema ai fini bellici conobbe anch’esso, che, infine, « tutto il costume dell’eser­ grazie all’accelerata concentrazione mono­ cito [...] si è ridotto così per stare al polistica e alle bardature burocratiche ne­ gioco del regime, per adattarsi al suo cessarie per assicurare su di essa il con­ bluff, per secondare la politica persona­ trollo dello stato, forme di malcostume e le del dittatore » (p. 108). di corruzione forse diverse, ma non per Rispetto a tutto questo, che è l’asse questo meno gravi e pesanti, anche (evi­ centrale, il resto conta poco; e se è de­ dentemente) come remora per un pieno ludente la parte dedicata alle strutture rendimento, rispetto a quelle che carat­ sociali ed economiche, poco più che no­ terizzano la ' situazione italiana; una cor­ te di colore rimangono gli accenni sche­ ruzione — scrive in proposito lo Shirer matici alla situazione delle masse nelle che in altre parti documenta l’impoveri­ campagne, o al « riaffiorare » dei « con­ mento culturale tedesco sotto il nazi­ trasti e rancori di classe » (p. 494) tra le smo -—- che « assunse, poco prima del masse operaie (quasi che nel corso del 1940, proporzioni astronomiche » (cfr. ventennio la pace sociale avesse realmen­ W.L. Shirer, Storia del Terzo Reich, tr. te dominato in Italia); ed è anche molto it. Torino, Einaudi, 1963, p. 287). Certo significativo che il capitolo dedicato al- non si può negare che lo sfruttamento l’« Italia del dubbio » (nel quale tra l’al­ del lavoro raggiunse nella Germania hi­ tro si discorre di uno scritto di De Ga­ tleriana vette notevoli; ma non si può speri sul primo numero clandestino del dimenticare — se proprio si vuol vedere Popolo, « pubblicato sul finire del ’42 » la cosa sotto il profilo dell’efficienza fi­ — p. 442 —-; prezioso inedito, questo, nalizzata alla politica di guerra — che che tutti gli studiosi amerebbero certo l’apparato statale nazista « non incideva finalmente poter leggere) si chiuda con minimamente sulle strutture dell’econo­ una panoramica delle preoccupazioni di mia tedesca », limitandosi a rafforzare i Mussolini e dei suoi parenti nei con­ vecchi monopoli, aiutandoli a superare la fronti dell’« alleato infido ». grande crisi e a favorire la sempre mag­ Anche l’esame dell’opposizione si con­ giore concentrazione (cfr. E. Collotti, clude così con Timmagine del regime: La Germania nazista, Torino, Einaudi, una scelta quanto mai qualificante e che 1962, p. 126). Sotto questo profilo — che segna, a tutti gli effetti, i limiti ristretti è quello determinante — le analogie so­ entro cui si muove questa storia d’Italia. no troppe perché una contrapposizione Luigi Ganapini