La Grande Bellezza (è meravigliosa)

Regia: Sceneggiatura: Paolo Sorrentino, Umberto Contarello Cast: Toni Servillo, Sabrina Ferilli, , , Carlo Buccirosso, Galatea Ranzi, Anna Della Rosa, Giovanna Vignola, Giorgio Pasotti, Giusi Merli. Durata: 150 minuti Genere: Drammatico Anno: 2013

TRAMA

Jep Gambardella è un famoso critico d’arte. Giunto al suo 65esimo compleanno, si accorge di aver in qualche modo sprecato la sua vita e il suo talento, rendendosi conto di essersi perso in un mondo di feste notturne, organizzate dalla casta vip romana. Comincia quindi un camino di purificazione di spirito, alla ricerca delle sue emozioni più pure che ha perso, le stesse emozioni che gli avevano permesso di scrivere il suo primo e unico romanzo di gioventù.

CRITICA

“And the Oscar goes to…”. è una frase che chiunque lavori nel campo cinematografico aspetta per una vita intera. 5 parole, una formula magica che sancisce l’obiettivo di una carriera, 5 parole che possono influenzare il mercato cinematografico, 5 parole che ti consegnano alla storia della settima arte. Domenica 2 marzo il turno di entrare nella storia è stato di Paolo Sorrentino, vincitore dell’Accademy Awards come Miglior Film Straniero. Un premio che molti registi italiani hanno ottenuto prima di lui, anche se l’ultima vincita risale al secolo scorso, nel 1999, quando vinse lo stesso premio con “la Vita è Bella”.

Dopo il capolavoro del cineasta toscano, l’Italia a livello internazionale ha cominciato a scomparire, producendo pochi film che possiamo definire di qualità e con poche possibilità di suscitare interesse nel mercato mondiale.

In quest’ultimo periodo però, c’è stata una grossa risalita, giunta al culmine con l’arrivo dell’Oscar e del Golden Globe per “La Grande Bellezza”.

Un film completamente italiano, sia per quanto riguarda la produzione e il cast, sia per i contenuti del film; c’è quindi da essere orgogliosi di questa meritata vittoria. Una vittoria che è appunto meritata visto lo straordinario virtuosismo tecnico usato da Sorrentino; la sua più grande abilità è quella di trasmettere forti emozioni con un’inquadratura, con un movimento di macchina o con i suoi incantevoli piani sequenza, elementi che lo accompagnano sin dall’inizio della sua carriera. La sua regia sembra musica, a tratti è una composizione romantica di Beethoven, a tratti sembra di ascoltare il contrappunto di Bach. Il regista partenopeo va al di fuori dello spazio e del tempo filmico costruito in maniera ordinaria, per raggiungere un livello d’interpretazione più profondo, intimo. Questa sua caratteristica, quindi, lo avvicina molto alla stile di Fellini, senza usare però il concetto di dimensione onirica che si lega a quella privata dell’autore, fondamentale per il regista di Rimini.

Se Sorrentino non inserisce nel film le proprie pulsioni più pure, non mancano di certo i suoi pensieri sulla società moderna, prendendo di mezzo il clero, l’arte moderna e soprattutto la vacuità del singolo che agisce nel contesto sociale. Questo film è infatti basato sul rapporto che Jep ha con Roma, cioè di come noi individui interagiamo con il nostro paese. Sorrentino ci dipinge quindi per quello che siamo: ipocriti, superficiali che si fingono colti, siamo una popolazione che non riesce a capire dove realmente sta la bellezza.

Il protagonista cerca di disincantarsi dal fascino dei vizi che la società gli impone, uscendo dalla caverna di Platone si accorge che la vera bellezza non si insegue in quello che la massa considera tale, ma siamo noi come individuo le nostre radici, la storia di ogni uomo, il nostro passato e il nostro stare qui, a vivere emozioni che non crediamo più d’avere. La vera poesia, quella che ha permesso agli artisti di costruire la nostra bellissima e triste Italia, è questa la sensibilità che stiamo perdendo.

All’emancipazione dalla società di Jep fa da contorno gente che ormai si è arresa a questa quotidianità, i vip dalla quale la gente prende esempio sono la rappresentazione più evidente di questo disfacimento culturale. Sorrentino ci vuole quindi richiamare ad una “morale” più umana, senza perdere tempo a cercare nel mondo un ispirazione per la bellezza, ma vivere la nostra grande bellezza: il sorriso della propria compagna, le chiacchere con un amico, l’abbraccio di un padre ad un bambino, il primo amore, la nostra infanzia.

Toni Servillo, con la sua ennesima grande interpretazione, da al film il suo fondamentale contributo; Jep Gambardella è fra i suoi personaggi meglio interpretati, meritevole di almeno una candidatura agli Oscar (altro che Di Caprio e McConaughey), accompagnato da una splendida Sabrina Ferilli e da un mediocre Carlo Verdone.

I dialoghi dell’attore campano si trasformano in monologhi interiori, la sua voce calma, scandisce le parole con ordine, creando spesso la base ritmica della pellicola.

La fotografia a cura di Luca Bigazzi, è semplicemente sbalorditiva; i tagli di luce, i colori che utilizza, in poche parole Bigazzi si conferma il miglior direttore della fotografia italiano in attivo, sperando che la sua collaborazione con Sorrentino, da sempre suo fidatissimo collaboratore, continui a lungo.

VALUTAZIONE

“La Grande Bellezza” è un prodotto cinematografico pressoché perfetto, grandi contenuti per una grande regia. Il pubblico e la critica italiana si sono divisi riguardo il giudizio del film, mentre il mercato estero ha subito il fascino della rappresentazione di Roma alla “Dolce Vita”, da sempre amatissimo all’estero. In Italia credo sia stato sottovalutato in quanto abituati ad un mercato filmico di basso/medio livello, perdendo quindi, il nostro gusto per la bellezza di quest’arte. Sorrentino critica proprio questo nel film, il fatto di non saper più riconoscere i sentimenti, che nel cinema classico italiano sono la base, perché affascinati da un mondo frivolo che però ha la pretesa d’essere magnifico. Il pubblico vuole la semplicità, il non pensare, l’amore che si vede solo nelle fiction, lasciando in disparte un pensiero viscerale, fatto d’emozioni concrete che si trasformano in riflessioni attente su di esse. Ma ormai, quando il pubblico incontra un muro, non decide di abbatterlo per vedere cosa c’è dall’altra parte, preferisce giragli le spalle, cercando la strada più semplice o insulta il muro che l’impedisce la vista dell’orizzonte.

La speranza che Sorrentino possa concretamente riportare in Italia il gran cinema dei bei tempi andati, è purtroppo vana. Spero solo che il mercato estero adesso ci guardi ancora con il rispetto dovuto ad una nazione che ha contribuito a creare il linguaggio cinematografico, ed è terra natia dei più importanti autori di sempre.

Quindi, fate largo gente, l’Italia del buon Cinema sta tornando (speriamo bene).

VOTO: 9

CITAZIONI

“Non volevo essere semplicemente un mondano, volevo diventare il re dei mondani. Io non volevo solo partecipare alla feste, io volevo avere il potere di farle fallire!”

Giulio Zancanella