Bollettino Storico E $Yvncij>3$B Civras
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periodico semestrale di studi storici anno I - n. 2 - 1983 \ bollettino storico di e $Yvncij>3$b CiVras. ANNO I (1983) N. 2 • Redazione ed amministrazione : 84098 PONTECAGNANO (Salerno) - Via Toscana, 8 - Tel. (089) 228498/332476/848869 — Recapito in AGROPOLI: Via Diaz, 11 - Tel. (0974) 824692 • Aut. Trib. Salerno n. 565 del 6 ottobre 1982 • C/corrente postale n. 13230842 • Codice fiscale 9500761 065 2 • Partita IVA 0183287 065 1 • Direttore responsabile: GIOVANNI GUARDIA • Comitato di redazione: PIERO CANTALUPO; MARIA ANT. 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Tuttavia, a premessa di quanto appresso si esporrà, è opportuno ribadire e precisare le linee essenziali della storia della diocesi pestano-capaccese, nel cui ambito rientrava il feudo di Agropoli, venendone a costituire anche la strut tura economica più importante. Tenendo distinte le prerogative spirituali dei vescovi da quelle temporali, si possono individuare due diversi ritmi evolutivi di questa diocesi. In spiritualibus essa verso la fine del VI secolo, a seguito dell’invasione longobarda, si estese anche a comprendere i limitrofi territori delle scomparse diocesi di Marcellianum, Velia, Blanda e Buxentum. L’ambito territoriale allora raggiunto, a parte i successivi distacchi delle terre di Blanda, oggi Maratea (VII sec.) e di Policastro, l’antica Buxentum (temporaneamente nel VII e defi nitivamente nell’XI sec.), si mantenne immutato fino alla metà dello scorso secolo ', quando, con bolla di Pio IX del 1850, la diocesi l’anno successivo fu divisa in due: quella di Vallo e quella di Teggiano (vecchia Diano). Entro tale ambito la sede del vescovo ebbe varie vicende, connesse al mutare delle situazioni storiche: dall’originaria sede di Paestum si spostò ad Agropoli, dove rimase fino a circa la metà del secolo IX, allorché, occupata la cittadina dai Saraceni, essa fu trasferita a Caputaquis, attuale Capaccio vecchio. Il titolo del vescovo fu sempre e comunque quello di « pestanus » o «pestane sedis», finché nell’XI secolo assunse, in relazione all’allora sede di Capaccio, quello di Caputaquensis (capaccese), titolo che conservò fino alla summenzionata data del 1850, nonostante che la sede fosse fin dal 1586 tra sferita a Diano 2. Più complessa è invece la vicenda connessa ai possedimenti in tempora- lihus dei vescovi di questa diocesi; di ciò soprattutto tratteremo. *) Per il quadro storico più generale e le vicende della diocesi pestano-capaccese fino al Duecento, nonché per i riferimenti bibliografici e d’archivio che qui non vengono espressamente indicati nel testo o nelle note, si rimanda a P. Canta lupo, Acropolis. Appunti per una Storia del Cilento, I, (Dalle origini al XIII secolo), Agropoli, 1981, pp. 46-160, dove le notizie sono cronologicamente sistemate, ed inoltre alle pp. 104-109, che riguardano più spe cificamente i casali del feudo di Agropoli. 5 LA DIOCESI PESTANA DURANTE L’ALTO MEDIOEVO E’ noto che la legislazione giustinianea fece coincidere nel VI secolo, nel l’ambito dei territori bizantini d’Italia, la giurisdizione temporale con quella spirituale dei vescovi, concentrando nelle loro mani, soprattutto in assenza di funzionari imperiali, uno smisurato potere, sicché anche il vescovo pestano sovrappose a quello religioso il controllo politico dei territori a lui affidati. L’invasione longobarda, così come costrinse verso il 590 il vescovo a trapian tare la propria sede da Paestum ad Agropoli, roccaforte mantenutasi eccezio nalmente bizantina, così sottrasse al suo diretto controllo religioso, ma anche giuridico-amministrativo, la maggior parte del territorio della diocesi, sul quale si estese da un lato il gastaldato di Salerno, dall’altro si formò il gastaldato di Lucania. Sotto questo aspetto restò in suo immediato potere solo il tratto co stiero, ancora bizantino, che andava da Agropoli fino al fiume Alento e a Velia. Anche questo però subì in prosieguo di tempo una riduzione, ad opera del principe beneventano Sicardo (832 - 839), fatto che se, come sembra, non menomò il teorico diritto del vescovo su quelle terre, di certo ne restrinse allora la competenza al solo tratto fra Agropoli e Punta Licosa. L’occupazione saracena di Agropoli e la costituzione sul sito di un ribàt (882 - 915) allontanò il vescovo dalla sua nuova sede di giurisdizione, costrin gendolo a trasferirsi a Caputaquis, in territorio longobardo, dove potè sì con tinuare ad esercitare la sua funzione in spiritualibus, ma perdette compieta- mente la sua autonomia territoriale. Tuttavia la zona costiera, che la permanenza degli Arabi tolse tempora neamente alla sua diretta gestione, restò, sotto il profilo « legalistico » e teorico, bizantina e sottoposta alla sua giurisdizione, così come mantenne tutti i diritti sugli abitanti di Agropoli, che, fuggiti o comunque sopravvissuti all’occupa zione araba, popolavano i villaggi più interni, quali Eredita, Ogliastro, S. Pietro, Melito e, forse, Lucolo. Alla luce di questa basilare considerazione si può comprendere come da un concetto di « pertinenza territoriale » la curia vescovile pestano nel periodo di dominio musulmano ad Agropoli abbia maturato quello di « appartenenza » e sia passata, quindi, dal «possesso» alla «proprietà». Naturalmente nulla poteva opporre, nella particolare temperie storica, una legislazione d’accatto, frammentaria e vagamente legalitaria, quale quella longobarda, alle sofisticate e compiute teorizzazioni del diritto bizantino3. Sicché, quando i Saraceni sgombrarono Agropoli, liberando le terre co stiere dalla loro presenza, i longobardi di Salerno poterono sì da un lato scon giurare la diretta ingerenza di Bisanzio su queste terre, data la circostanza che 6 l’allora principe di Salerno, Guaimario II, portava il titolo di Patrizio imperiale, cioè di legittimo rappresentante dell’Impero d’Oriente, per annetterle in seguito come dato di fatto al Principato, ma dall’altro non poterono disconoscere al vescovo il possesso in totum di queste stesse terre. Cominciò però allora ad essere attuato un lento processo di condiziona mento dell’autonomia episcopale entro le leggi longobarde, che da un lato finì con l’annullare il concetto istituzionale e giuridico per il quale il vescovo era nei confronti del principe un autonomo « possessore » di terre, dall’altro portò il presule ad alienare completamente quel territorio che costituiva il supporto effettuale del « possesso ». In tal modo nella seconda metà del X secolo l’ultima zona bizantina della Lucania tirrenica entrò pacificamente a far parte del prin cipato salernitano per essere accorpata al gastaldato di Lucania. Vediamone più specificamente le fasi. LA DIOCESI FRA BIZANTINI E LONGOBARDI L’insediarsi dei Saraceni ad Agropoli (da anticipare probabilmente, come altrove avver timmo, all’849/50)4 produsse non solo la diaspora degli abitanti nelle località viciniori e lo scompaginamento, se non la distruzione, di un ceto borghese e militare bizantino, ma anche il pressocché contemporaneo trasferimento della sede diocesana a Caputaquis, un centro allora prevalentemente militare, fortificato dai longobardi per il controllo della parte meridionale della piana del Seie. Questo spostamento fu mediato e reso possibile da quelle circostanze politico-militari che portarono nell’887 il principe Guaimario I a farsi vassallo dellTmpero d’Oriente e all’insediamento permanente di una guarnigione bizantina a Salerno. Il lustro e l’importanza della nuova sede crebbe proprio in virtù della presenza della curia episcopale, per cui si sollevò da quelle oscure origini che solo una pseudo-tradizione volle poi collegare con la fine di Paestum5. Anche i vescovi però ebbero così modo di essere a più stretto contatto con la parte più viva del tessuto sociale longobardo, dal quale ottennero col tempo benefici e donazioni sia in sede locale che altrove, come a Campagna, a Salerno e nel gastaldato di Rota; un patrimonio del quale abbiamo solo una limitata cono scenza, dovuta per di più a documenti seriori6, ma che dobbiamo assumere come primo momento di un possesso in temporalibus separato, o perlomeno distinto, da quello in spiritualibus. Venendo al punto cruciale del nostro assunto, all’indomani della battaglia del Garigliano nel 915, anche Agropoli fu sgombrata dalla presenza dei Saraceni, probabilmente per merito della flotta bizantina che aveva preso parte a quell’azione sotto la guida del patrizio Nicola Picingli, lo stesso che tempo prima era stato a Salerno per convincere Guaimario II a parte ciparvi 7. Dato il clima dei rapporti coi Bizantini, il vescovo pestano potè far valere di fronte al principe salernitano, allora più che mai vassallo dellTmpero d’Oriente, i suoi diritti di « possesso » su Agropoli