CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE PRESSO IL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA

*** RASSEGNA STAMPA 7 maggio 2008

Titoli dei quotidiani

Avvocati

Il Sole 24 Ore Cassazione. Ordinanza n. 6534/2008

Italia Oggi Avvocato per 14 mila euro al giorno

Professioni

Il Sole 24 Ore Il notaio legge e spiega la scrittura alle parti

Giustizia

Italia Oggi Sicurezza, giustizia più rapida

La Repubblica La corsa a ostacoli di Berlusconi Fini: "Così An è insoddisfatta"

La Repubblica Da Agrigento a via Arenula l´attesa di Angelino il fedelissimo

Il Messaggero Giustizia e ministri, Napolitano chiede garanzie

Il Messaggero An punta i piedi: “Sui nostri ministri decidiamo noi”

Corriere della Sera Minorenni in carcere Uno su due è straniero

GIURISPRUDENZA

Il Sole 24 Ore Onorari, dopo l’Ordine la parola passa al Tar

Italia Oggi Parcheggi a giudizio

FLASH

Consiglio Nazionale Forense - via del Governo Vecchio, 3 - 00186 Roma - tel. 0039.06.977488 - fax. 0039.06.97748829 - *** Avvocati Legali e mercato

Ignazio Marno, Italia Oggi pag. 11 Avvocato per 14 mila euro al giorno

Poco più di 14 mila euro al giorno. Con i suoi 5 milioni di reddito dichiarato nel 2005, Roberto Cera, attivo in Bonelli Erede Pappalardo, si attesta come l'avvocato d'affari dal tempo più prezioso di tutti. Per trovare redditi più alti nelle law firm bisogna scomodare i due fondatori dello stesso studio: Franco Bonelli e Sergio Erede, rispettivamente posizionati a 10.944.168 euro e 11.695.427 euro. Cera, ai vertici della classifica dei legali più ricchi, è in compagnia di Michele Carpinelli, managing partner di Chiomenti, con i suoi 4,2 milioni di euro. Quest'ultimo, però, rappresenta un caso sui generis all'interno dello studio. Dato che in Chiomenti, stando ai dati diffusi e subito ritirati dall'Agenzia delle entrate, nessuno guadagna una cifra così alta. Nemmeno gli eredi del fondatore. Carlo Chiomenti, infatti, arriva a 762 mila euro. Mentre Filippo Chiomenti supera appena i 160 mila euro. Tornando in Bep lex, scorrendo la lista dei redditi resi noti si scopre che Genova, sede coordinata da Franco Bonelli, ha tutti soci ben remunerati. Fatto degno di nota se si considera che da sempre è Milano a essere ritenuta la capitale finanziaria del paese. Nel capoluogo ligure, infatti, Marco Arato e Andrea Bettini hanno portato a casa oltre 1,5 milioni di euro a testa in un anno. Addirittura Giovanni Domenichini ha sfiorato i 2,5 milioni di euro. Redditi pesanti anche per i gli avvocati usciti da Gianni Origoni Grippo per fondare Legance. Si va dai 2,3 milioni di Filippo Troisi ai 2 milioni di Alberto Giampieri, Bruno Bartocci e Giovanni Nardulli. Quest'ultimo, oggi, managing partner della nuova law firm dagli ambiziosi obiettivi. Passando in casa Gianni, è uno dei tre fondatori, Francesco Gianni, a stare in cima alla classifica con i suoi 6,6 milioni. Giovanbattista Origoni si attesta intorno ai 2,4 milioni. Mentre Eugenio Grippo scende a 1,5 milioni. In Dla Piper, invece, solo Olaf Schmidt con i suoi 1,5 milioni si avvicina al senior partner Federico Sutti, che ha dichiarato 1,8 milioni. Gli altri soci viaggiano su cifre molto più modeste. Nello studio il terzo in classifica, per esempio, è Sergio Anania con 310 mila euro. Lo studio Pedersoli conserva il nome di chi l'ha fondato, ma oggi Alessandro Pedersoli riveste il ruolo di Of counsel. Consulenza che nel 2005 ha fruttato all'avvocato 3,2 milioni di euro. A tenere le redini oggi è un altro Pedersoli, Carlo. Reddito dichiarato: 2,7 milioni di euro. In Freshfields, nonostante nessuno dei legali abbia il nome in bella vista, gli avvocati di razza viaggiano sopra il milione di euro. Fabrizio Arossa arriva a 1,3 milioni. Raffaele Lener (managing partner), invece, raggiunge 1,2 milioni. Come Mario Ortu ed Enrico Castellani.

Consiglio Nazionale Forense - via del Governo Vecchio, 3 - 00186 Roma - tel. 0039.06.977488 - fax. 0039.06.97748829 - Il Sole 24 Ore pag. 35 Cassazione. Ordinanza n. 6534/2008

“Il Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Napoli si costituiva a giudizio ed eccepiva, tra l’altro, il difetto di giurisdizione del giudice ordinario “rientrando nella giurisdizione del giudice amministrativo la controversie inerente il parere espresso in materia di liquidazione dei compensi dell’avvocato (…). Come chiarito nella giurisprudenza di legittimità, la domanda risarcitoria nei confronti della P.A deve essere rivolta al giudice amministrativo in quanto la condotta causativa di danno si riconnetta direttamente all’esercizio di attività provvedimentale (nel caso in esame si tratta del rilascio di un parere con effetti costitutivi e vincolanti), anche se il provvedimento sia stato annullato dallo stesso giudice in sede di giurisdizione di legittimità o a seguito di un ricorso straordinario (ordinanza 15/06/2006 n. 13911). In definitiva, applicando i detti principi al caso di specie, la domanda risarcitoria proposta nella presente causa nei confronti del consiglio dell’Ordine degli avvocati di Napoli deve ritenersi devoluta al giudice amministrativo, in quanto la condotta causativa del danno si collega direttamente all’esercizio di attività provvedimentale dell’ente pubblico consiglio del’Ordine degli avvocati di Napoli. Va pertanto dichiarata la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.

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Notai

Laura Cavestri, Il Sole 24 Ore pag. 35 Il notaio legge e spiega la scrittura alle parti

Obbligo di leggere a voce alta e spiegare le scritture private cosiddette “a raccolta” (ad esempio, la documentazione che accompagna un rogito) così come accade per un atto pubblico, a meno che non ci sia, in tal senso, un’esplicita dispensa delle parti. Assieme alla vigilanza sui notai “particolarmente zelanti” che hanno superato il doppio degli onorari di repertorio, quella della lettura con spiegazione è la principale modifica introdotta nel Codice deontologico notarile dal Consiglio nazionale, nelle riunioni del 3-5 aprile. Il testo, che dovrebbe essere pubblicato in G.U intorno alla metà di giugno recepisce una seconda parte di modifiche, rispetto a quelle già introdotte con il primo aggiornamento - deliberato il 15 dicembre 2006 ed entrato in vigore dal 1 gennaio 2007 – in conformità alle modifiche imposte dal decreto legge 223/06 (Dl Visco-Bersani, convertito in legge 248/2006). “le novità riguardanti la disciplina della presenza in sede e le attività in quelle secondarie, così come la lesione della terzeità dei rapporti troppo stretti con “procacciatori” erano state già introdotte con la revisione in vigore dal 1 gennaio 2007 – spiega Paolo Piccoli, presidente del Notariato -. Nella versione aggiornata del Codice “vengono introdotti gli articoli 35 bis e 42 lettera c) al capitolo “Prestazioni”. Come spiega lo stesso presidente nazionale “l’articolo 35 bis stabilisce che, al fine di garantire la qualità delle prestazioni, i consiglieri distrettuali, con i loro poteri di ispezione, devono esercitare un controllo sui notai che hanno superato il doppio della media degli onorari repertoriali”. Il notaio che dovesse superare questa “soglia” non sarò automaticamente sanzionato, ma sottoposto a vigilanza e, di conseguenza, chiamato a fornire spiegazioni. L’articolo 42, lettera c, spiega ancora Piccoli, prevede “l’obbligo di leggere e spiegare le scritture private “a raccolta” così come si fa per l’atto pubblico, a meno che non siano le parti a dispensare il notaio dal farlo. Anche in questo caso si tratta di una norma che tutela l’interesse della clientela attraverso una diffusa consapevolezza di tutta la documentazione conforme in base alla quale il notaio esercita il suo ruolo”. Quanto alle norme che riguardano il rapporto del notai con i cosiddetti “procacciatori”, il Notariato sottolinea l’intenzione di far valere il principio di terzeità del notaio. Infine, sul rapporto tra sedi principali e secondarie, si spiega che la necessità di disciplinare la presenza in studio del professionista era stata rivisitata in accordo con l’Antitrust.

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Livia Pandolfi, Italia Oggi pag. 15 Sicurezza, giustizia più rapida

La faccia feroce per garantire sicurezza a cittadini e imprese serve a poco. Ammodernare una volta per tutte questo paese garantendo una giustizia veloce, certezza della pena, manodopera regolare e accoglienza agli immigrati, questa la risposta più efficace. La ricetta di Roberta Pinotti, responsabile sicurezza del Pd, passa anche per quella riforma complessiva dello stato su cui tanto aveva insistito il Partito democratico durante le elezioni. «Avessimo approvato il pacchetto sicurezza», si rammarica Pinotti, «molte risposte giuste sarebbero già state date ai cittadini». Domanda. Invece è finita che questi temi sono diventati appannaggio della Lega e del Pdl. Sappiamo come sono andate le elezioni. Perché questo paese non si sente più sicuro? Risposta . Perché gli ultimi anni hanno portato grandi trasformazioni sia nella realtà urbane che nelle zone più ricche come il Nord. Noi non abbiamo più immigrati rispetto agli altri paesi europei, il fatto è che essi sono arrivati in fretta e si sono concentrati soprattutto nelle regioni al di sopra di Roma. D. Gli immigrati fanno paura? R . Sì, se delinquono. Ma non è questo il punto. Negli ultimi dieci anni complessivamente i reati non sono aumentati. Si sono però moltiplicati scippi, furti, rapine in casa. Proprio tutto ciò che minaccia la nostra sicurezza quotidiana. La percezione dell'aumento dei reati è molto diversa dalla realtà ma, come ha spiegato il capo della polizia Manganelli, è a questa sensazione che dobbiamo dare risposta. D. A Verona cinque ragazzi di famiglie normali hanno ucciso a botte un ragazzo normale. Cosa succede, siamo alla deriva dei valori? R. Questo è il classico esempio che dimostra quanto sia sbagliato ricondurre tutti i problemi della sicurezza alla paura di immigrati e clandestini. La verità è che i proclami propagandistici di certe parti politiche e la faccia feroce non bastano. Questi sono problemi complessi a cui vanno date risposte complesse. D. Quali? R. Maggior controllo del territorio, certezza della pena, una giustizia più rapida. Si tratta di mettere in atto una riforma complessiva dello stato finora mancante. D. Voi eravate al governo... R . Lo so bene. E infatti la mancata approvazione del pacchetto sicurezza, osteggiato dalla sinistra radicale, ha impedito di rispondere all'emergenza con i mezzi giusti. Parlo, per citare solo alcune parti di quel provvedimento, della banca dati del Dna, della lotta al crimine organizzato, del sostegno alla ribellione al pizzo. E ancora del supporto alle forze dell'ordine per combattere chi delinque e dei maggiori poteri dati ai sindaci per eliminare il degrado. O delle pene più dure e dell'intervento sulla legge ex Cirielli fatta dal governo Berlusconi che, non dimentichiamolo, accorcia i termini di prescrizione facendo uscire tanti delinquenti . D. Il Pd però non ha vinto le elezioni. Sta di fatto che una modernizzazione del paese non è più rimandabile. Ce l'abbiamo una classe dirigente all'altezza del compito? R. Io credo di sì. Almeno da parte nostra. Sono state elette persone di esperienza ma anche tanti giovani. E poi possiamo contare su numerosi amministratori di valore che stanno ben governando il territorio. Noi faremo la nostra parte in parlamento. D. Vuol dire che laddove il programma del Pd converge con quello del prossimo governo Berlusconi non farete mancare il vostro voto? R. Non credo che le nostre proposte siano così uguali alle loro. Faccio un esempio: in tema di tasse noi abbiamo proposto di detassare gli stipendi, loro gli straordinari. Noi volevamo incentivare il lavoro femminile, mentre il loro quoziente familiare va nella direzione opposta. Comunque, i nostri disegni di legge sui 12 punti del programma sono noti: è quella la base su cui ci confronteremo e cercheremo di migliorare l'azione di governo. L'Italia ne ha bisogno.

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Claudio Tito, La Repubblica pag. 3 La corsa a ostacoli di Berlusconi Fini: "Così An è insoddisfatta"

Nella corsa contro il tempo di per il varo del nuovo governo, ci sono ancora due o tre nodi da sciogliere. E uno di questi è quello del ministero della Giustizia. Al momento il nome più gettonato è quello di . Eppure anche a Palazzo Grazioli, non tutti sono convinti che sia quella la soluzione giusta. Lo stesso Cavaliere si è riservato di decidere entro oggi e non nasconde i suoi dubbi. Le perplessità, però, arrivano pure da An. E così la giostra ha ripreso a girare. Sono tornati in circolazione possibili alternative proprio sulla Giustizia. A cominciare da Donato Bruno, giurista ed ex presidente della commissione Affari costituzionali della Camera nel 2001-2006. Una soluzione, questa del fedelissimo del Cavaliere, sponsorizzata da Gianni Letta e avallata da An. Il partito di Fini per l´intera giornata aveva posto il problema del Guardasigilli. Bruno libererebbe la poltrona di viceministro all´Interno a favore di Andrea Ronchi ancora in bilico tra il dicastero delle Politiche giovanili e, appunto, il viceministero del Viminale. Ma la Giustizia è legata ad un´altra partita che si sta giocando dentro il centrodestra. Ossia il ruolo del leghista Roberto Calderoli. Il "colonnello" lumbard è sicuro di entrare nella squadra berlusconiana. Ma dentro - e anche dentro il Carroccio - in pochi escludono la possibilità che alla fine per Calderoli si apra la strada di un semplice "viceministero". Magari proprio alle Riforme, il dicastero che sarà guidato da Bossi. In quel caso, i leghisti potrebbero accendere di nuovo il disco verde per Roberto Castelli a Via Arenula. Sotto la lente di ingrandimento c´è anche il Welfare che tra qualche mese (con un disegno di legge e non con un decreto) potrebbe essere "splittato" in due o tre dicasteri (Lavoro, Sanità e Solidarietà sociale). Un modo per accontentare gli alleati. Anche perché la tensione con An fa perno sui dubbi relativi ad Alfano, ma punta a strappare un terzo dicastero per i "finiani", oltre a Matteoli (Infrastrutture) e La Russa (Difesa). In corsa ci sono Ronchi e Giorgia Meloni. «Guarda - è stato il ragionamento svolto da Matteoli a Palazzo Grazioli - che non possiamo essere mortificati. Tre ministri sono il minimo». Un fattore che complica ulteriormente il puzzle. Così la Carfagna è tornata in corsa per le Pari Opportunità, la Brambilla per l´Ambiente e la Prestigiacomo per le Politiche comunitarie. Rotondi aspira alla "futura" Solidarietà sociale.

Consiglio Nazionale Forense - via del Governo Vecchio, 3 - 00186 Roma - tel. 0039.06.977488 - fax. 0039.06.97748829 - Carmelo Lopapa, La Repubblica pag. 4 Da Agrigento a via Arenula l´attesa di Angelino il fedelissimo

A Sant´Angelo Muxaro, entroterra Agrigentino, il comitato di accoglienza è pronto a replicare. Banda del paese e una pioggia di petali di rosa ad accompagnare la passeggiata d´onore di Angelino Alfano, se davvero nelle prossime ore salirà al Quirinale per giurare da guardasigilli. Proprio come era accaduto nel ´96, quando a soli 25 anni l´enfant prodige veniva eletto all´Assemblea regionale, il parlamento dell´isola. Oggi che di anni ne ha 38, tre legislature nazionali all´attivo e la guida di Forza Italia in Sicilia strappata a Gianfranco Miccichè, ecco ancora Angelino pronto a rispondere sì all´ennesima proposta del Cavaliere. In dodici anni di folgorante carriera, nemmeno l´accenno di un forse, un ma, figurarsi un «ci penserò». Non oppose resistenza nemmeno, ricordano i maligni, quando nel 2005 gli suggerì un rinforzo al cuoio capelluto carente. «Un consiglio, ma provenendo da lui specialissimo» ammise lui prima di procedere al piccolo «ritocco». Già nella cerchia ristretta dei consiglieri di Palazzo Chigi nel 2001, relatore della Finanziaria 2003, infine l´incarico di coordinatore in Sicilia. Certo, stavolta Angelino assumerebbe volentieri altro incarico, sembra. E lo capisce scorrendo l´elenco dei ddl presentati nella scorsa legislatura in cui l´unico testo che sfiora alla larga il mondo delle toghe è una proposta su «trattamento e organico dei giudici di pace». Il fatto è che occorrono duttilità come la sua per reggere la giustizia nel Berlusconi-ter. Anche se la sua esperienza col diritto Alfano la apre e la chiude con la laurea in giurisprudenza alla Cattolica di Milano. «Se dovrò farlo mi impegnerò appieno per una pacificazione col mondo della magistratura» ha raccontato agli amici-colleghi più fidati nelle ultime ore. Poi sarà il Cavaliere a dettare la linea, ovvio, e chissà che non abbia cominciato a farlo ieri dopo pranzo quando, appena rientrato dal Quirinale, ha voluto incontrare proprio il fedelissimo. In politica Alfano entra sull´onda dei 8.975 voti di preferenza del ´96 («Novemila voti meno 25», come preferisce lui) che poi altro non sono che il pacchetto di famiglia. Figlio d´arte, Angelino. A 14 anni non si perde una seduta del Consiglio comunale di Agrigento, dove il papà, Angelo, fedelissimo del ras locale Dc Gaetano Trincanato, corrente Calogero Mannino, è prima consigliere, poi assessore, infine vice sindaco. «Papà mi ha insegnato che la politica è servire la gente, senza mettersi una lira in tasca, l´onestà quotidiana è il miglior antidoto alla mafia» ama ripetere. E in tv nel 2005 va a urlare dagli schermi di Rai2 che «la mafia fa schifo». L´uscita sarà apprezzatissima da Berlusconi che poco dopo gli affida la gestione del partito monstre siciliano. È una sorta di bufala la notizia saltata fuori nel 2002, un video che lo ritrae a un matrimonio del ´96 in Sicilia in cui Alfano bacia gli sposi e anche il padre di lei, tale Croce Napoli, capomafia di Palma di Montechiaro, morto nel 2001. «Ma ero invitato dallo sposo, non conoscevo né lei né il padre» ha chiuso lui il caso che nessuna procura d´altronde aveva aperto. Siciliano mai «mascariato», come si dice in gergo, mai coinvolto in vicende giudiziarie. «Appartengo a una generazione che andava alle elementari quando hanno ucciso Mattarella, alle media quando hanno ammazzato Dalla Chiesa, all´università quando sono saltati in aria Falcone e Borsellino. Noi abbiamo il marchio a fuoco dell´antimafia».

Consiglio Nazionale Forense - via del Governo Vecchio, 3 - 00186 Roma - tel. 0039.06.977488 - fax. 0039.06.97748829 - Paolo Cacace, Il Messaggero pag. 5 Giustizia e ministri, Napoletano chiede garanzie

«Caro Presidente, io sarei incline ad accelerare i tempi per formazione del nuovo esecutivo. La maggior parte delle caselle dei componenti la squadra è già riempita...». E’ mezzogiorno quando Silvio Berlusconi entra nello studio di Giorgio Napolitano per una ”ricognizione” di un’ora fuori programma; un anticipo informale e inusuale delle consultazioni avviate dal capo dello Stato ieri pomeriggio con i colloqui con i presidenti delle Camere, Schifani e Fini. Sulla richiesta di Berlusconi di accorciare i tempi Napolitano ovviamente si è detto d’accordo. D’altra parte, l’iter delle consultazioni questa volta è molto più rapido del passato. Dopo aver ascoltato tra ieri e stamane i gruppi parlamentari, Napolitano riceverà nel pomeriggio i tre presidenti emeriti. Quindi con ogni probabilità convocherà Berlusconi per affidargli l’incarico di formare il nuovo governo. A quel punto la palla passerà nelle mani del Cavaliere che dovrà sciogliere i nodi ancora insoluti della squadra. Nell’incontro di ieri mattina sul Colle è emerso con chiarezza che il problema ancora in sospeso riguarda la Giustizia. Sfumate le varie candidature, sembra rimasta in piedi solo quella di Angelino Alfano che, peraltro, suscita non poche perplessità. Berlusconi ha sondato Napolitano anche per conoscerne gli umori e quelli del Csm di cui egli è presidente. In realtà, il ministero della Giustizia è quello che più di ogni s’intreccia con le prerogative del capo dello Stato. Il gradimento di Napolitano in questo caso è particolarmente doveroso. Dal Colle non trapelano commenti. «Siamo tenuti al massimo riserbo», spiegano le fonti quirinalizie anche se è presumibile che Napolitano abbia chiesto a Berlusconi garanzie nonché di ponderare bene la sua proposta. Comunque le stesse fonti escludono l’esistenza di veti nei confronti dei nomi apparsi nella lista ufficiosa presentata da Berlusconi. E lo stesso Cavaliere, in serata, ha sostenuto che «è tutto a posto...anche per la Giustizia, bisogna fare presto il Paese non può attendere». Più complicato è il secondo problema portato da Berlusconi all’attenzione del Capo dello Stato: quello relativo al numero dei ministri e agli eventuali ”spacchettamenti” successivi di alcuni dicasteri. Due sono i numeri vincolanti fissati dall’ultima Finanziaria che ha ripreso la vecchia legge Bassanini: 12 ministri e 60 complessivi (tra ministri, ministri senza portafoglio e sottosegretari). Nel 2001 e nel 2006 (Ciampi e lo stesso Napolitano) avevano consentito deroghe a Berlusconi e Prodi facendo giurare alcuni ministri senza delega. I governi avevano successivamente utilizzato lo strumento del decreto legge per procedere allo ”spacchettamento” . Ora sembra che anche Berlusconi chiesto una medesima procedura appellandosi ai due precedenti e abbia prospettato un numero abbastanza alto tra ministeri da ”spacchettare” e vice-ministri.«Il numero di 12 ministri con portafoglio non si tocca», ha risposto Napolitano che ha invitato a non moltiplicare i dicasteri. Un’eventuale decisione sull’iter dello ”spacchettamento” tocca comunque al capo dello Stato anche se alcuni costituzionalisti hanno avanzato forti dubbi sui requisiti di urgenza e necessità indispensabili per giustificare un decreto legge anziché un ddl. «Bisognerà valutare al momento opportuno», spiegano sul Colle, «verificare anche eventuali esigenze funzionali».

Consiglio Nazionale Forense - via del Governo Vecchio, 3 - 00186 Roma - tel. 0039.06.977488 - fax. 0039.06.97748829 - Mario Conti, Il Messaggero pag. 5 An punta i piedi: “Sui nostri ministri decidiamo noi”

«Ci penserò stanotte». Le resistenze degli alleati e le perplessità colte nel colloquio con il capo dello Stato sul nome di Angelino Alfano, hanno convinto Silvio Berlusconi a rimandare ancora la scelta del Guardasigilli. La casella del ministero della Giustizia fatica ad essere riempita e, malgrado il fuoco di sbarramento dentro Forza Italia e i dubbi del Cavaliere, Marcello Pera continua ad essere la carta di riserva che potrebbe essere spesa se non si riuscirà a trovare un’intesa sul nome del giovane coordinatore siciliano di FI. La richiesta di un nome di «alto profilo», uscita ieri al termine del colloquio con il Quirinale e la sollecitazione dell’ex Guardasigilli Roberto Castelli ad individuare «un esperto» per via Arenula, spingono quindi il Cavaliere ad ulteriori riflessioni. Tanto che circola anche il nome dell’azzurro Donato Bruno. Dentro FI, comunque, in pochi si azzardano ad ipotizzare il nome di Pera per la poltrona di Guardasigilli e le amicizie Oltretevere non avrebbero sinora giovato. Ieri sera però il fuoco amico che ha colpito il ciellino Maurizio Lupi, eletto vicepresidente della Camera con meno voti di Rosy Bindi, ha riaccesso le perplessità della componente cattolica di FI che da tempo vede con qualche mugugno crescere il peso dell’area laica e socialista. Sul piede di guerra non c’è solo l’ex Udc Giovanardi, ma anche l’Mpa di Lombardo e la Dca di Rotondi che in serata è stata però tranquillizzata con la certezza del dicastero alla ”Solidarietà Sociale” per lo stesso segretario.Peraltro il nodo della Giustizia, affrontato anche in serata con Altero Matteoli, si intreccia con quello del peso reclamato da An nell’esecutivo. Il partito di via della Scrofa pretende pari dignità rispetto alla Lega e potrebbe spuntare, oltre alla Difesa e alle Infrastrutture, due dicasteri senza portafoglio per compensare la perdita del Welfare destinata a FI. E’ probabile che Berlusconi assegni a Ronchi la delega alle ”Politiche Comunitarie” lasciando fuori la Poli Bortone, mentre la Meloni andrebbe alle ”Politiche giovanili”. E’ però anche possibile che le richieste di An vengano accolte solo in parte e che abbiano un ulteriore effetto negativo sul ruolo di Roberto Calderoli che Berlusconi vorrebbe come viceministro di Bossi alle Riforme o magari con una delega più pesante di quella alla ”delegificazione”, proprio per evitare ulteriori reazioni oltreconfine. La trattativa a palazzo Grazioli è proseguita ad oltranza per tutta la notte, con Matteoli pronto a fare le barricate anche su un altro pacchetto di nomine che dovrebbero riguardare Mantovano, Urso e Landolfi. In nottata l’irritazione di via della Scrofa: «Sui nostri ministri decidiamo noi». Non c’è dubbio comunque che il colloquio al Quirinale ha dato a Berlusconi un argomento in più per frenare gli appetiti degli alleati. ”Spacchettamenti” non sono possibili subito e la quota di sessanta componenti in tutto, prevista dalla Bassanini, resta il limite massimo oltre il quale non si può andare.

Consiglio Nazionale Forense - via del Governo Vecchio, 3 - 00186 Roma - tel. 0039.06.977488 - fax. 0039.06.97748829 - Andrea Galli, Corriere della Sera pag. 12 Minorenni in carcere Uno su due è straniero

Sono finiti con la benzina alla gola. Tra pochi soldi, continui colpi di forbice, spese enormi per rimettere in sesto strutture secolari e, come già denunciato dalla Corte dei conti, non «conformi alle norme di sicurezza», nelle carceri minorili capita che manchi perfino il carburante per le auto che trasportano i detenuti ai processi. Eppure, dei 18 istituti, ne è stato chiuso soltanto uno — a Lecce, per una storiaccia di botte e agenti indagati —, nonostante alcuni abbiano una presenza media di carcerati risibile (4 a Caltanissetta, 6 a Catania, 11 a Treviso, 16 a Palermo) e nonostante il personale sia perennemente sott'organico: servirebbero 24 dirigenti e ce ne sono 17, ci vorrebbero mille poliziotti e ce ne sono 827. Dipendenti, a sentire i sindacati, «stanchi, demotivati, costretti a straordinari ». Per dire: alle «attività formative partecipa solo il 31% degli aventi diritto». Gli altri o se ne fregano oppure sono assenti perché, appunto, devono tappare i buchi . I cattivi ragazzi di casa nostra: Gli Stati Uniti, consapevoli che «tenere i ragazzi in carcere costa di più e rende meno» puntano sul lancio di programmi sociali e sulla modifica della normativa vigente: «Un giovanissimo inserito in un centro di detenzione ne esce spesso trasformato in peggio». In Germania si sono inventati le punizioni esemplari, con le gite-lager all'estero, come insegna il 16enne recidivo spedito in Siberia per un programma di recupero a 30 gradi sotto zero senz'acqua corrente, con la toilette fattagli scavare all'esterno, al gelo. Sì, americani e tedeschi, in un senso e nel-l'altro, sono assai netti. Meglio che niente, diranno alcuni, almeno se ne parla: da noi, in Italia, eccetto le sparute prese di posizione dell'associazionismo (come Antigone, che si batte per «centri di orientamento per i giovani usciti di cella») ed eccetto le proteste sindacali («Siamo al collasso» è una delle più frequenti), il dibattito sulle carceri minorili è quasi azzerato. Peccato: le carceri raccontano l'Italia sotto i diciott'anni. E dicono che le orde straniere calate dall'Est Europa, le bande dei latinos sulle quali tanto — «esagerando», si lamentano gli inquirenti — s'è romanzato, gli imprendibili maghrebini, insomma gli stranieri, non fanno troppa paura. E, più che altro, sono la metà della popolazione. L'altra metà la fanno gli italiani (nel meridione sono tre su quattro) che hanno un rapporto quasi morboso con la droga. A leggere le presenze negli istituti al 31 dicembre 2007 (ultimo dato disponibile del Dipartimento giustizia minorile del ministero), 231 erano immigrati e 215 italiani, e tra i minorenni con problemi di stupefacenti presi a carico nel 2007 dalla giustizia minorile gli italiani erano 746 su 997. Con il 77% assuntore di marijuana e il 9% di cocaina e/o oppiacei; con una frequenza nel drogarsi settimanalmente nel 41% dei casi e quotidianamente nel 31; con un periodo di assunzione che, per uno su tre, «dura da almeno due anni». Dai Balcani per rubare: Certo, poi, bisogna vedere dove uno vuol fermare gli occhi. Dovesse per caso prendersela con i romeni, ne troverebbe, di materiale. I romeni in cella, da soli, pareggiano il totale di Africa, Sudamerica e Asia. Dal 2001 sono aumentati di cinque volte. I romeni sono specialisti in rapine e furti, due reati che numericamente hanno contribuito a innalzare, tanto da farli diventare i primi due nella classifica generale delle statistiche. Prendiamo ancora la rilevazione al 31 dicembre scorso. Bene, prima dei 20 detenuti dentro per omicidio, altrettanti per tentato omicidio e dei 78 per violazione sulla legge degli stupefacenti, c'erano i 150 accusati di rapina e gli 81 di furto. E fin qui parliamo di detenzione. A marzo, il Dipartimento della giustizia minorile ha diffuso la cifra dei denunciati annui: 40 mila, 110 al giorno, il 71% dei quali italiani. Eppure Carmela Cavallo, a capo del Dipartimento, s'è soffermata sugli stranieri: c'è «una mancanza di misure specifiche dirette ai minori immigrati. Il nostro è un sistema penale sostanzialmente pensato per i nostri connazionali». E comunque, in generale, il sistema della giustizia minorile è «inadeguato» ha detto il sottosegretario agli Interni Marcella Lucidi, inadeguato a partire dalle fondamenta: quei dati di marzo, erano aggiornati al 2004.

Consiglio Nazionale Forense - via del Governo Vecchio, 3 - 00186 Roma - tel. 0039.06.977488 - fax. 0039.06.97748829 - Anche i computer, nelle carceri italiane, segnano il passo e recuperano dati con un ritardo biblico. Figurarsi, allora, il recupero sociale dei detenuti. Che infatti, scarcerati, tornano in prigione— certe volte anche dopo nemmeno un mese— «nel 20-30% dei casi». Non che per gli altri cominci un'esistenza tranquilla. C'è una stima che rimbalza dagli istituti: «Alla fine, riusciamo a salvarne sul serio, e dunque a recuperarne, appena uno su cinque». In cella anche i dodicenni : Eppure, c'è chi invoca l'abbassamento dell'età della punibilità a 12 anni. L'ha proposto Giuseppe Consolo, di quell'Alleanza nazionale che a Milano, con il vicesindaco Riccardo De Corato, tanto insiste sull'introduzione di pene più severe per i minori di 14 anni, con riferimento ai bimbi zingari specializzati in furti e borseggi lungo una geografia articolata e in movimento (stazione Centrale, stazione Cadorna, metrò Gobba). A oggi, per gli under 14 sorpresi a delinquere, al massimo ci sono le comunità protette. Da dove scappano nel giro d'un attimo, sempre ammesso che di comunità se ne trovi una. Prima di Natale, la polizia aveva sgominato una banda di aguzzini rom che, con base in una cascina dell'hinterland, costringevano 34 piccoli connazionali a rubare in piazze e metrò. Dei 34, nove vennero individuati. Per un giorno intero, rimasero in Questura. Solo a sera, dopo una fatica immane fatta di telefonate e mediazioni, i piccoli trovarono una sistemazione. L'indomani, s'intende, erano già scappati. Associazioni vicine ai nomadi raccontano che oggi sono di nuovo nella cascina. Liberi d'agire. Certo, tanto non sono punibili. Questione di (poco) tempo, però. Racconta un maresciallo dei carabinieri: «Le organizzazioni li tengono fino a tre mesi prima del compimento del quattordicesimo anno. Dopodiché, li abbandonano. I boss temono che, con un arresto e la detenzione, sotto pressione spifferino ai poliziotti nomi e cognomi dei capi ». Ma lasciati da soli, i rom una sola cosa sanno fare: rubare. «E privi di un'organizzazione che li protegge, non ancora pronti ad agire da cani sciolti, vengono subito presi».

Consiglio Nazionale Forense - via del Governo Vecchio, 3 - 00186 Roma - tel. 0039.06.977488 - fax. 0039.06.97748829 - GIURISPRUDENZA

Cassazione

Franco Abruzzo, Il Sole 24 Ore pag. 35 Onorari, dopo l’Ordine la parola passa al Tar

Le Sezioni unite civile della Cassazione, con l’ordinanza 6534/2008, hanno ritenuto che spetti al Tar decidere le controversie, anche solo risarcitorie, instaurate da un provato al parere espresso dal Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Napoli sulla liquidazione degli onorari di un proprio iscritto. La decisione si fonda sulla natura di ente pubblico del Consiglio e sulla natura di atto amministrativo del parere. L’ordinanza però investe i 28 Ordini e Collegi professionali che sono persone giuridiche di diritto pubblico (in base ai singoli ordinamenti) ed enti pubblici non economici (articolo 1, comma 2, Dlgs 165/01). Ventuno professioni regolamentate sono sottoposte alla vigilanza del ministero della Giustizia, sei a quello della Salute, una a quella del ministero del Lavoro. Ordini e Collegi sono assoggettati anche al controllo della Corte dei Conti. Natura pubblica degli Ordini: Non sussistono dubbi sulla natura di ente pubblico non economico del Consiglio dell’Ordine degli avvocati, che svolge funzioni di amministrazione mediante attività procedimentale. E’ evidente l’importanza dei molteplici compiti – ad esempio, la tenuta degli Albi, la funzione disciplinare, la vigilanza sulla condotta degli iscritti – affidati ai Consigli dell’Ordini forense nell’interesse dei professionisti e di quello statale in generale. Un ruolo che riguarda tutti gli Ordini. Tra i compiti degli Ordini c’è anche quello di esprimere il parere di congruità sulla liquidazione degli onorari. Questo parere “corrisponde a una funzione istituzionale” dell’organo professionale in vista “degli interessi degli iscritti e della dignità della professione, nonché dei diritti degli stessi clienti, ed è volto impedire richieste di onorari sproporzionati e comunque inadeguati all’obiettiva importanza dell’opera professionale”. Tutela degli interessi: la giurisprudenza delle Sezioni unite civili, con riferimento alla normativa collegata alla legge 205/00, è univoca: la giurisdizione sulla tutela dell’interesse legittimo, spetta, in linea di principio, al giudice amministrativo, “sia quando il provato invochi la tutela di annullamento, sia quando insista per la tutela risarcitoria”. Al giudice amministrativo, pertanto, “può essere chiesta la tutela demolitoria e, insieme o successivamente, la tutela risarcitoria completava, ma anche la sola tutela risarcitoria”. Le Sezioni unite civili, quindi, riconoscono che il Tar è compente a “conoscerete tutte le questioni relative all’eventuale risarcimento del danno”. Il risarcimento “può essere disposto non solo se investito della domanda di annullamento dell’atto amministrativo, quale effetto ulteriore della riscontrata illegittimità di esso, ma anche – purchè ricorra la giurisdizione generale di legittimità – nel caso in cui la parte interessata si limiti a invocare la sola tutela risarcitoria”. La domanda risarcitoria nei confronti della Pa va rivolta al giudice amministrativo “in quanto la condotta causativa di danno si riconnetta direttamente all’esercizio di attività provvedimentale, anche se il provvedimento sia stato annullato dallo stesso giudice in sede fi giurisdizione di legittimità o a seguito di ricorso straordinario”. Competenze ampliate: L’ordinanza rischia di aprire un vaso di Pandora in quanto le competenze degli Ordini sono state ampliate rispetto alle leggi originarie. La conseguenza è che possono nascere controversie civilistiche e i Tar rischiano un incremento del numero dei procedimenti.

Consiglio Nazionale Forense - via del Governo Vecchio, 3 - 00186 Roma - tel. 0039.06.977488 - fax. 0039.06.97748829 - Debora Alberici, Italia Oggi pag. 44 Parcheggi a giudizio

D'ora in poi i concessionari di gestione e sorveglianza dei parcheggi a pagamento per conto del comune avranno un'arma in più per riscuotere la tariffa oraria della sosta dagli automobilisti che hanno ignorato le strisce blu. Infatti, possono citare in giudizio il cittadino direttamente, al posto dell'ente locale, e possono farlo davanti al giudice di pace. Lo hanno stabilito le Sezioni unite civili della Cassazione che, con la sentenza n. 10827 del 29 aprile 2008, hanno respinto il ricorso di un automobilista condannato dal giudice di pace di Messina a versare non solo i 3 euro della permanenza non pagata ma anche altri 15 per le spese. Si tratta, ha spiegato la Cassazione nelle brevi motivazioni, di un rapporto tra privati. Infatti, non c'è dubbio che «la domanda di adempimento di un privato nei confronti di un altro privato trova la sua causa petendi nella presupposta sussistenza di un diritto soggettivo a ricevere una prestazione, come tale idonea a radicare la giurisdizione del giudice ordinario». La società concessionaria del servizio, nel caso esaminato dal Collegio esteso, aveva tutte le carte in regola. La Scarl aveva infatti ricevuto dal comune un regolare mandato nel quale era stato previsto «l'obbligo di recuperare, anche nei confronti dei proprietari, le somme versate dai conducenti degli autoveicoli parcheggiati». Non basta. Il giudice di pace, ha chiarito la Cassazione, non ha deciso sulla sanzione amministrativa per il mancato pagamento del parcheggio ma ha disposto che l'automobilista versasse alla società la tariffa oraria. «Sono sufficienti», si legge in sentenza, «i rilievi che nessuna sanzione amministrativa in materia di circolazione stradale è irrogata pervio vaglio da parte dell'autorità giurisdizionale della sussistenza della violazione e che è invece assolutamente in equivoco che la società ha agito per il pagamento di quando l'automobilista avrebbe dovuto versare per la sosta nell'area destinata a parcheggio e non per la somma corrispondente alla sanzione prevista per la sosta senza pagamento». Insomma l'uomo non ha chance: dovrà versare al concessionario i tre euro della sosta e gli altri 15 per le spese. Infatti anche il motivo del ricorso vertente su questa ulteriore somma che il cittadino voleva far passare per una sanzione è stato bocciato dal Collegio di legittimità. Si tratta solo di spese legali e per questo potevano essere stabilite dal giudice di pace.

Consiglio Nazionale Forense - via del Governo Vecchio, 3 - 00186 Roma - tel. 0039.06.977488 - fax. 0039.06.97748829 - FLASH Italia Oggi pag. 50

Concorrenza, focus a Pescara Il Consiglio superiore della magistratura, l'Ordine degli avvocati di Pescara e la Fondazione Forum Aterni organizzano a Pescara un convegno sul tema: «Il Diritto della concorrenza tra giurisdizione ordinaria e amministrativa». Nel corso del convegno, che si terrà giovedì 8 maggio presso il Tribunale di Pescara, verrà presentato, in anteprima in Italia, il libro dell'avvocato Aurelio Pappalardo uno dei massimi esperti di diritto comunitario e antitrust, sia a livello comunitario che nazionale, dal titolo Il Diritto Comunitario della Concorrenza.

Corriere della Sera pag. 2

Berlusconi all’ultima trattativa Alla Giustizia sembra ormai acquisito che vada il giovane coordinatore siciliano di Forza Italia, Angelino Alfano. Al Welfare torna in pole position Maurizio Sacconi. Stefania Prestigiacomo, indicata per quel dicastero, preferisce l'Ambiente e dovrebbe prevalere su Michela Vittoria Brambilla, per la quale si prospetta un incarico da sottosegretario. Il leghista Roberto Calderoli sarà ministro per la Delegificazione invece che dell'Attuazione del programma. Gianfranco Rotondi entra nell'esecutivo come responsabile degli Affari sociali. An ottiene, come compensazione per avere mollato la presa sul Welfare, le Politiche giovanili (per Giorgia Meloni) e tre vice ministri: uno agli Esteri per Andrea Ronchi, uno al Commercio estero per Adolfo Urso, e uno all'Interno per Alfredo Mantovano. Da segnalare che Paolo Romani (Forza Italia) dovrebbe prevalere, come vice alle Comunicazioni, su Mario Landolfi (An).La promozione del veneto (è di Treviso) Sacconi potrebbe nuocere a un altro veneto, il veneziano Renato Brunetta, in predicato per le Politiche comunitarie perché la regione che vanta già il responsabile per le Politiche agricole (il leghista Luca Zaia) difficilmente potrebbe ottenere una rappresentanza di tre ministri.Al momento, quindi, la compagine guidata da Berlusconi è costituita da 60 persone: 12 ministri con portafoglio, 8 senza, 10 vice e 30 sottosegretari. La composizione della squadra si è incrociata con la scelta dei capigruppo e dei loro vice (Cicchitto e Bocchino alla Camera e Gasparri e Quagliariello al Senato) e dei vicepresidenti dei due rami del Parlamento. A Palazzo Madama sono passati per la maggioranza la leghista Mauro e Nania (Pdl). A Montecitorio sono stati eletti Leone (Pdl) e Lupi, anch'egli Pdl

E il Colle suggerì: “un nome di peso per la Giustizia” Il colloquio chiesto da Berlusconi a Napolitano, ieri è stato un sondaggio sulla composizione del nuovo governo. L'ultima casella importante ancora in bilico è quella della Giustizia, uno snodo delicato sia perché le sue competenze s'incrociano con le prerogative del capo dello Stato (che guida anche il Csm), sia perché tra politica e magistratura è in corso ormai da 15 anni un lacerante conflitto. Ecco come mai il presidente della Repubblica ha raccomandato che il dicastero di via Arenula sia affidato a un titolare «di peso», in grado di gettare ponti di dialogo, senza comunque esprimere dinieghi preventivi sul nome del giovane Angelino Alfano, su cui punta il Cavaliere.

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Pronta la lista, accordo con An

Giorgio Napolitano e Silvio Berlusconi sono tornati ad incontrarsi per concordare il timing sulla formazione del nuovo governo. Ultimi nodi da sciogliere con la delegazione di An al governo. Il partito di Fini ha rinunciato al Welfare, ottenendo in cambio due ministeri senza portafoglio e tre viceministri, oltre alla Difesa e le infrastrutture già concordate per La Russa e Matteoli. Resta il nodo Guardasigilli. Il Capo dello Stato ha auspicato che del ruolo venga investita una personalità di alto profilo. Fino a ieri venivano date in ascesa le quotazioni di Angelino Alfano e in discesa quelle di Marcello Pera, ma non si escludono sorprese.

Corte militare al restyling. Inizia la cura dimagrante Dal 1 luglio il tribunale militare della capitale preposto a giudicare i componenti delle forze armate resterà uno dei tre operativi in Italia, insieme a quello di Napoli ( per il Sud) e Verona (per il Nord). La competenza degli uffici di viale delle Milizia si estenderà a tutte le regioni del Centro: Lazio, Marche, Umbria, Toscana, Abruzzo e Sardegna ma perderà le sezioni distaccate di Napoli e Verona con le relative procure. La riorganizzazione degli uffici porterà a una riduzione della componente giudicante: dagli attuali 103 ai 58 tribunali in funzione. Alla magistratura ordinaria sono destinati a passare 42 giudici militari che resteranno senza posto (altri 3 rimangono in soprannumero nei tribunali militari).

( a cura di Daniele Memola )

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